Informazione

(deutsch / italiano)

Sta finalmente per uscire anche in lingua italiana l'ultima fatica 
di Juergen Elsaesser

L'ASSALTO DELLE LOCUSTE

(Zambon Editore - Frankfurt 2007)


1) Naechste Lesungen und Termine in Berlin

2) Una scheda del libro

3) Jürgen Elsässer: Angriff der Heuschrecken. 
Zerstörung der Nationen und globaler Krieg. (Verlag Pahl-Rugenstein, 2007)


=== 1 ===

NAECHSTE LESUNGEN U. TERMINE MIT JUERGEN ELSAESSER IN BERLIN

Von: J.E.

Die Thesen meines aktuellen Buches "Angriff der Heuschrecken. Zerstörung der Nationen und globaler Krieg" werde ich am Sonntag bei zwei Streitgesprächen verteidigen:

Sonntag, 30.09., 

11.45 Uhr, "Die Linke und die Nation"; Diskussion Winfried Wolf und J.E., 
Franz-Mehring-Platz 1 (ehem. ND-Gebäude),
Willi-Münzenberg-Saal 
(Im Rahmen des gleichnamigen Kongresses, der schon Samstag Mittag beginnt und wo hochrangige Referenten - Domenico Losurdo, Sabine Kebir, Ludwig Elm u.a. - auftreten werden.)

Sonntag, 30.9.07, 

19 Uhr, "Wieviel Populismus verträgt die Linke?",
Diskussion J.E. mit Bernard Schmid, 
Haus der Demokratie, Greifswalder Straße 4, 10405 Berlin

Weitere Auftritte in nächster Zeit:

10.10.07, 

Berlin, 19 Uhr Hotel Hilton (im Saal "Durieux"), Gendarmenmarkt
(zu "Angriff der Heuschrecken")

26.10.07, 

Braunschweig, 20 Uhr
im Jugoslawischen Verein "Sloboda" e.V., 
Petzvalstraße 50 (2. Obergeschoß, links) ab 19.00 Uhr
(zum Kosovothema)


=== 2 ===

Juergen Elsaesser

L’assalto delle locuste

Distruzione delle nazioni e guerra globale 

Casa editrice Pahl-Rugenstein, 230 pp., € 17,90, gennaio 2007

Richiedere in libreria (ISBN 3-89144-376-5) oppure direttamente dall’autore (info@...).

---

All’inizio degli anni novanta, il Presidente George Bush (padre) annunciò l’arrivo del  Nuovo Ordine Mondiale. Non passarono due decenni ed ecco il nostro pianeta avvolto da scenari che fanno pensare ad un assalto globale da parte di alieni: apertura di sempre nuovi fronti di belligeranza, centinaia di migliaia uccisi, milioni in fuga, oltre un miliardo che non riescono più a sfamarsi.

L’unica superpotenza sopravissuta, non tollera alcun’ altra nazione sovrana al suo fianco. Le locuste del capitalismo ingoiano e svuotano tutto, devastando anche economie notoriamente fiorenti. Chi osa ribellarsi, viene dichiarato fuori-legge, per potere essere eliminato militarmente. Chi si sottomette, deve supportare basi militari offrendo la propria sovranità all’Impero. Come cento anni fa, si stanno creando colonie e semi-colonie tutt’intorno al pianeta – attrezzate di prigioni e centri di tortura per gli indigeni recalcitranti.

Questo libro non fa bene alla salute. La sua lettura stressa i nervi e potrebbe causare insonnia. Qui non si presenteranno analisi secche e sterili, ma invece, emerge un quadro di battaglie sanguinose che accompagnano l’avanzata di un armada apparentemente invincibile, così come i primi contraccolpi della resistenza, andati a segno.


Indice

Capitolo 1: L’impero degli alieni

Come il capitalismo divora le sue basi produttive espellendo la forza lavoro umana e facendo nascere un ultra-imperialismo denazionalizzato. 
L’esordio di un’epoca anti-nazionale rimanda a profonde fratture nelle fondamenta economiche del sistema mondiale. Nel primo capitolo, l’autore mette in evidenza che il fenomeno della globalizzazione non sottintende affatto un progetto di ottimizzazione dell’allocazione, bensì di suicidio del capitalismo. Le fondamenta della relazione merce-denaro sono andate in frantumi. Dal 11 settembre 2001, la Federal Riserve – banca nazionale USA – ha messo in circolazione più dollari che non nei duecento anni precedenti. Il valore del biglietto verde è coperto solamente dal ricatto militare – finché non andrà in frantumi la baracca intera.

Capitolo 2: I collaboratori

Qualcosa su Michel Foucault e Toni Negri, ma anche su Britney Spears: come i sessantottini impararono ad amare l’Impero:

Viaggiatori senza bussola – fantasmi post-nazionali – un tour d’horizon dal 1968 ai giorni d’oggi – con una critica esauriente del bestseller pseudo-sinistro, “Empire”, e commenti provocatori sulla strategia capitalista del multiculturalismo.

Capitolo 3: La saggezza dei samurai

La globalizzazione come “processo irreversibile” ? Lo negherebbe la teoria di Carlo Marx – ma anche la saggezza dell’Estremo Oriente.

Il filosofo giapponese Toyota ha messo a punto una teoria dell’economia che non dista più di tanto da quella di Carlo Marx. Entrambe smentiscono il mantra di una globalizzazione “senza alternativa” che attualmente viene recitato fino al lavaggio dei cervelli, da compagnie multinazionali, passando per la sinistra moderata, per raggiungere perfino qualche ambiente di autonomi.

Capitolo 4: Topolino incontra Adolfo Hitler

Il fascismo nazionalista è superato – il suo figlio bastardo è globalista. 

Questo capitolo chiave mette a nudo le maschere caratteriali del nuovo ultracapitalismo in azione: per i neoconservatori americani negli USA, la fazione dominante nel Pentagono, il 11 settembre 2001 ha dato l’avvio per una campagna che punta dritto e con tenacia ad una guerra mondiale. In Germania, questi interessi trovano sostegno pubblicitario anche dalla parte di determinati gruppi della sinistra (i cosiddetti “anti-tedeschi”). Negli USA, la democrazia viene smantellata pezzo per pezzo – vi è in agguato un golpe sferrato dal governo-ombra che fa capo a Dick Cheney. A differenza dal fascismo storico, la nuova barbarie non ha un aspetto nazionalista, bensì globalista. Ed ancora: l’anti-islamismo che sta dilagando, costituisce oggi la più importante ideologia foriera d’odio – mentre l’antisemitismo è roba d’altri tempi. Questo avrà necessariamente le sue conseguenze per la lotta antifascista.

Capitolo 5: Tutto il potere al popolo

Bisogna farla finita con il realismo di comodo, ma ugualmente con il dogmatismo fondamentalista. 

Il capitolo 5 mette a confronto le varie strategie adoperate da governi progressisti, tra Pechino, Basilea e Caracas, per difendersi contro l’assalto neoliberista. 

Anche in Germania i socialisti potrebbero tornare ad essere una forza della storia, a condizione che smettano di amoreggiare con il dogmatismo fondamentalista da una parte, con il pseudo-realismo di comodo dall’altra, per decidersi di rivolgersi, finalmente, alla maggioranza della popolazione anziché farsi risucchiare dai problemi di gruppi emarginati. Infatti, con una strategia basata sull’azione diretta, potrebbero reclutare l’esercito degli sfiduciati dalla politica, abbandonati da tempo dagli altri partiti politici: Tutto il potere al popolo, fuori le locuste, fine all’ubbidienza nei confronti delle politiche USA – questa è la musica che farà tornare a ballare.

Capitolo 6: Cosa fare ?

Nell’epoca della globalizzazione, la  questione nazionale si ripropone con forza – anche in Germania. Chi non si lascia spaventare da questo pensiero, sarà ricompensato con escursioni a Marx e Lenin, incontri con Peter Hacks ed Oskar Lafontaine – e con valide proposte per la messa in pratica. “La banda va colta di sorpresa”, raccomanda Peter Hacks.

Allegato:

Il meglio di Elsaesser 2001-2006
Testi per confrontare gli anti-nazionali.


=== 3 ===

Jürgen Elsässer

Angriff der Heuschrecken. 
Zerstörung der Nationen und globaler Krieg. 

Verlag Pahl-Rugenstein, 230 Seiten, 17,90 Euro (ISBN 3-89144-376-5)


Zu Beginn der neunziger Jahre verkündete Präsident George Bush der Ältere die Neue Weltordnung. Keine zwei Jahrzehnte später herrschen auf dem Planeten Zustände, als ob ein Angriff von Aliens stattgefunden hätte: Eröffnung immer neuer Fronten, Hunderttausende getötet, Millionen auf der Flucht, über eine Milliarde hungert. 

Die einzig verbliebene Supermacht duldet neben sich keine andere Nation. Wer sich nicht fügt, wird zum Schurkenstaat erklärt und militärisch zerschlagen. Wer sich fügt, muß Militärbasen dulden und seine Souveränität dem Imperium abtreten. Wie vor hundert Jahren entstehen rund um den Globus Kolonien und Halbkolonien – und Folterlager für die renitenten Eingeborenen.

Gegen diesen Weltkrieg, so fordert der Autor, muß die nationale Souveränität verteidigt werden: in Libanon und Iran wie in Frankreich und Deutschland.


(Inhaltsübersicht)


Kapitel 1: Angriff der Aliens

Wie der Kapitalismus seine Produktionsgrundlagen vertilgt und die menschliche Arbeitskraft ausspuckt – und einen denationalisierten Ultra-Imperialismus zeugt

Der Anbruch einer antinationalen Epoche verweist auf tiefe Brüche in den wirtschaftlichen Grundlagen des Weltsystems. Im ersten Kapitel wird aufgezeigt, daß es sich bei der Globalisierung nicht um ein Optimierungs-, sondern um ein Selbstmordprogramm des Kapitalismus handelt. Die Fundamente des Ware-Geld-Verhältnis sind zerrüttet. Seit dem 11. September 2001 hat die US-Notenbank Federal Reserve mehr Dollars in den Umlauf gepumpt als in den über 200 Jahren zuvor. Der Wert des Greenback ist nur noch durch militärische Erpressung gedeckt – bis alles in Scherben fällt. 

Kapitel 2: Im Imperium der Minderheiten

Über Michel Foucault und Toni Negri und ein bißchen über Britney Spears: Wie die Achtundsechziger lernten, das Imperium zu lieben

Postnationalen Geisterfahrer – ein Tor d'horizon von 1968 bis heute mit einer ausführlichen Kritik des pseudo-linken Bestsellers "Empire" und einen Provokationen über die Multikulti-Strategie des Großkapitals. 

Kapitel 3: Die Klugheit der Samurai

Die Globalisierung als "nicht umkehrbarer Prozeß"?  Dagegen steht die Theorie von Karl Marx – und fernöstliche Weisheit

Der japanische Philosoph Toyota hat eine Ökonomik entwickelt, die gar nicht so weit von der Ökonomie Karl Marx' entfernt ist. Beide dementieren das Gerede von der "alternativlosen" Globalisierung, das derzeit von den Großkonzernen über die linke Mitte bis hin zu manchen Autonomen nachgebetet wird. 

Kapitel 4: Micky Mouse trifft Adolf Hitler

Der nationalistische Faschismus ist passé – sein postmoderner Bastard ist globalistisch 

Dieses Schlüsselkapitel zeigt die Charaktermasken des neuen Ultraimperialismus in Aktion: Die US-amerikanischen Neokonservativen, die tonangebende Fraktion im Pentagon, arbeiten seit 9/11 gezielt auf einen Weltkrieg hin. In Deutschland werden sie publizistisch auch durch ehemalige Linke (sogenannte "Antideutsche") unterstützt. Im Innern der USA wird Demokratie Zug um Zug abgeschafft – ein Putsch der Schattenregierung um Vizepräsident Dick Cheney droht. Im Unterschied zum klassischen Faschismus hat die neue Barbarei kein nationalistisches, sondern ein globalistisches Profil. Und: Antiislamismus ist heute die wichtigste Haßideologie – nicht mehr Antisemitismus. Dies muß Auswirkungen haben auf den antifaschistischen Kampf.

Kapitel 5: Alle Macht dem Volke

Die Linke muß die Regierung übernehmen – aber nicht als Anhängsel von Sozialdemokraten und Grünen 

Das Kapitel vergleicht verschiedene Möglichkeiten, wie sich progressive Regierungen zwischen Peking, Brasilia und Caracas gegen den Neoliberalismus wehren. Auch in Deutschland könnten die Sozialisten wieder eine geschichtsmächtige Kraft werden, wenn sie mit Fundi-Dogmatismus ebenso brächen wie mit Realo-Spielereien und sich endlich der Mehrheit der Bevölkerung zuwendeten, statt sich auf die Probleme von Randgruppen zu kaprizieren. Mit einer populistischen Strategie könnten sie die Politikverdrossenen ansprechen, die die anderen Parteien längst aufgegeben haben: Alle Macht dem Volke, verjagt die Heuschrecken, Schluß mit dem Gehorsam gegenüber Washington – das ist die Melodie, die die Verhältnisse zum Tanzen bringen wird.   


Kapitel 6: Was tun?

Im Zeitalter der Globalisierung muß sowohl der internationalistische Gedanke als auch die nationale Frage neu formuliert werden. Völkerverständigung und Frieden entstehen nicht aus dem Abbau nationaler Souveränität, sondern aus ihrer Stärkung. Die Organisationen des Imperiums – NATO, EU, WTO, IWF – müssen aufgelöst werden. Vielleicht könnte man eine gute alte Losung etwas abwandeln: "Proletarier aller Länder und bedrohte Staaten – vereinigt Euch!" 

http://www.chiffonrouge.org/spip.php?article101

http://www.voltairenet.org/article151597.html


Maladies non diagnostiquées et guerre radiologique

par Asaf Durakovic*

L’expérimentation et l’usage de la bombe atomique, puis des munitions et blindages à l’uranium appauvri, ont irradié les lieux d’expérimentation et les théâtres d’opération. Des maladies nouvelles ont atteint aussi bien les soldats de l’Alliance atlantique qui maniaient ces armes, que leurs ennemis, ou que les populations civiles. Longtemps après le retour de la paix, les radiations continuent à contaminer ceux qui y sont exposés. Bien que les gouvernements « occidentaux » aient volontairement entravé le plus longtemps possible la recherche médicale en cette matière, une abondante documentation a été amassée au cours des ans. Nous publions une longue synthèse dans laquelle Asaf Durakovic dresse le bilan des connaissances actuelles de cette catastrophe sanitaire. Désormais, la manière dont les pays de l’OTAN font la guerre peut aussi tuer leurs propres ressortissants en temps de paix.

21 SEPTEMBRE 2007


Une contamination interne par des isotopes d’uranium appauvri (UA) a été constatée parmi les anciens combattants britanniques, canadiens et états-uniens de la guerre du Golfe neuf ans encore après leur exposition à de la poussière radioactive lors de la première guerre du Golfe. Des isotopes d’UA ont été également observés dans des échantillons d’autopsie de poumons, de foie, de reins et d’os prélevés sur des vétérans canadiens. Dans des échantillons de sol prélevés au Kosovo, on a trouvé des centaines de particules de diamètre généralement inférieur à 5 _m pesant des milligrammes. La première guerre du Golfe a laissé dans l’environnement 350 tonnes d’UA et dans l’atmosphère 3 à 6 millions de grammes d’aérosols d’UA. Ses conséquences, le syndrome de la guerre du Golfe, consistent en troubles complexes multiorganiques, progressifs et invalidants : fatigue invalidante, douleurs musculo-squelettiques et articulaires, maux de tête, troubles neuropsychiatriques, changements de l’humeur, confusion mentale, problèmes visuels, troubles de la démarche, pertes de mémoire, lymphadénopathies, déficience respiratoire, impuissance et altérations morphologiques et fonctionnelles du système urinaire.

Ce que l’on sait actuellement sur les causes est totalement insuffisant. Après l’Opération Anaconda menée en Afghanistan (2002), notre équipe a examiné la population dans les régions de Jalalabad, Spin Gar, Tora Bora et Kaboul et a constaté que les civils présentaient des symptômes semblables à ceux du syndrome de la guerre du Golfe. Des échantillons d’urine de 24 heures ont été prélevés sur 8 sujets symptomatiques choisis selon les critères suivants :
1. Les symptômes ont commencé juste après le largage des bombes.
2. Les sujets étaient présents dans la région bombardée.
3. Manifestations cliniques.
Des prélèvements ont été effectués sur un groupe témoin d’habitants asymptomatiques de régions non bombardées. Tous les prélèvements ont été examinés quant à la concentration et au ratio de quatre isotopes U234, U235, U236 et U238. À cet effet, nous avons utilisé un spectromètre de masse multicollecteur à source d’ionisation par plasma à couplage inductif. Les premiers résultats de la province de Jalalabad ont prouvé que l’élimination d’uranium total dans l’urine était significativement plus importante chez toutes les personnes exposées que dans la population non exposée. L’analyse des ratios isotopiques d’uranium a révélé la présence d’uranium non appauvri. L’étude de prélèvements effectués en 2002 a révélé, dans les districts de Tora Bora, Yaka Toot, Lal Mal, Makam Khan Farm, Arda Farm, Bibi Mahre, Poli Cherki et à l’aéroport de Kaboul des concentrations d’uranium 200 fois plus fortes que celles de la population témoin. Les taux d’uranium dans les échantillons de sol des sites bombardés sont deux à trois fois plus élevés que les valeurs limites mondiales de concentration de 2 à 3 mg/kg et les concentrations dans l’eau sont significativement supérieures aux taux maximums tolérables fixés par l’OMS. Ces preuves toujours plus nombreuses font de la question de la prévention et de la réponse à la contamination par l’UA une priorité.

« Rien ne protège de cette force fondamentale de l’univers. »
Albert Einstein

La réalité de la guerre thermonucléaire se résume le mieux par l’affirmation d’Albert Einstein selon laquelle cette énergie suffit pour faire sauter la Terre [1]. Le champ de bataille nucléaire ne se limite plus à un pays ou à un continent, il dépasse de beaucoup les frontières politiques et géographiques et fait de chaque région une grande zone de guerre. Si une guerre nucléaire stratégique impliquant un arsenal de dix mille mégatonnes avait lieu, un milliard de personnes mourraient immédiatement de leurs blessures directes combinées (explosion, chaleur, radiations), un autre milliard succomberaient aux maladies dues au rayonnement [2] et les survivants devraient vivre dans un environnement exposé à des retombées radioactives qui exerceraient des effets somatiques et génétiques aux conséquences probablement irréversibles pour la biosphère.


La course aux armements nucléaires

Le premier essai de bombe atomique, baptisé Trinity, a eu lieu le 16 juillet 1945 à Alamogordo, aux environs de Los Alamos, au Nouveau- Mexique (États-Unis). En un millionième de seconde, la chaleur de la première bombe atomique a atteint plusieurs millions de degrés centigrades, cette bombe dégageant plus de 400 isotopes radioactifs et une grande énergie de liaison dont la pression était de plusieurs milliers de tonnes par centimètre carré. Pendant une fraction de seconde, le noyau de la bombe a été onze fois plus chaud que la surface du soleil. La taille de la boule de feu a atteint des centaines de mètres, car le noyau de la bombe s’est mélangé avec des atomes d’oxygène et d’azote, dévoilant le noyau intérieur brillant de l’explosion. En une seconde, la terre vaporisée s’est transformée en un champignon atomique d’une hauteur de 3000 m. A 150 milles de là, dans l’Arizona, les voyageurs de l’Union Pacific Railway ont pu voir la boule de feu. Les témoins ont donné différentes interprétations de ce phénomène, d’aucuns décrivant ses effets comme ceux de la chute d’un bombardier, d’autres comme un incendie de l’atmosphère ou l’arrivée d’une météorite. Des témoins habitant Gallup, ville située à 235 milles au nord du lieu de l’explosion, ont pensé assister à l’explosion d’un dépôt de munitions de l’armée [3]. 20 jours après l’essai Trinity, le 6 août 1945 à 8 h 15, une bombe atomique a été larguée sur Hiroshima. Elle a explosé à environ 633 mètres au-dessus de la ville, a voilé le soleil, tué 130 000 personnes, causé 80 000 invalides et rendu malades 90 000 personnes en raison des retombées radioactives ultérieures. En quelques heures, une pluie noire est tombée, des cendres blanches ont recouvert l’épicentre et causé des brûlures dermiques. La plupart des victimes primaires sont mortes des effets combinés de la chaleur, de la pression et d’une maladie aiguë des rayons. Hiroshima a été pratiquement rayé de la carte [4].

Deux jours plus tard, le 8 août 1945 à 11 h 01, une bombe au plutonium baptisée Fat Man a été larguée sur Nagasaki. Comme à Hiroshima, le soleil a disparu lorsque le champignon atomique s’est élevé. La population de la ville rayée de la carte est morte des mêmes blessures combinées qu’à Hiroshima. Il en est résulté la fin de la Seconde Guerre mondiale et des gains territoriaux pour l’Union soviétique. Quand une équipe de recherches sur les armements de Khrouchtchev a commencé, à l’automne 1948, à développer une bombe russe, ce fut le début de la course aux essais nucléaires. Les essais se sont poursuivis parallèlement aux États-Unis et en Union soviétique. Après la mort de Staline en 1953, l’Union soviétique a fait exploser, le 12 août, la première bombe mobile à hydrogène. Il s’agissait de sa deuxième bombe thermonucléaire. Réalisant que les Soviétiques étaient en train de gagner la course aux armements nucléaires, les États-Unis ont commencé à accélérer leurs programmes d’essais.

En 1955, il est devenu évident que les essais endommageaient irrémédiablement la biosphere [5]. Plus de 400 isotopes radioactifs libérés par chaque essai ont été identifi és comme cause de pollution. 40 de ces isotopes mettent en danger la santé humaine. Toute kilotonne libérée génère quelques grammes de radioisotopes aux propriétés toxiques pour l’organisme. En raison de sa longue demi-vie, de sa désintégration bêta et de ses propriétés spécifiques de l’os, le strontium-90 constitue le risque principal. De surcroît, les essais d’armes nucléaires ont provoqué des accidents. En 1958, un B-57 des Forces de l’air états-uniennes a largué la première bombe atomique dans les environs de Florence, en Caroline du Sud. La bombe, non armée, n’a pas explosé mais a parsemé le pays de matériaux radioactifs. La même année, un B-52 a largué une bombe atomique de deux mégatonnes dans les environs de Goldsboro, en Caroline du Nord. L’aviation états-unienne a enregistré par la suite d’autres accidents, notamment à Toula, au Groenland, et à Palomares, en Espagne. À Palomares, deux bombes au plutonium ont contaminé une grande partie du territoire et de la côte atlantique.

En 1958, après la catastrophe de Tchelyabinsk-40, l’Union soviétique a suspendu ses essais nucléaires. Toutefois, elle a bientôt repris ses essais de bombes de plusieurs mégatonnes dans la région arctique de Novaya Zemlya et a largué, le 9 septembre 1961, une bombe d’une puissance explosive de 50 mégatonnes. Entre-temps, aux États- Unis, les indices d’une contamination de l’environnement s’accumulaient, tout comme ceux d’une augmentation de l’incidence des cancers, des leucémies et d’autres troubles parmi ceux qui avaient travaillé dans le nucléaire. Conjointement aux problèmes posés par la sécurité radiologique, ces faits ont incité à démanteler l’énorme appareil bureaucratique incompétent que constituait l’Atomic Energy Commission. Elle a été remplacée, en 1974, par l’Energy and Research Administration and Nuclear Regulatory Agency (NRC).

En 1955, Bertrand Russell, Albert Einstein et neuf autres scientifiques réputés ont fondé le Mouvement Pugwash, qui s’est occupé de la prolifération et de la guerre atomiques. En organisant depuis 1957 des rencontres annuelles, Pugwash a commencé ses travaux qui ont abouti à un traité d’interdiction des essais d’armes atomiques et la production de nouveaux arsenaux et systèmes de transport [6]. En 1969, Pugwash a contribué à la mise en place des Négociations sur la limitation des armes stratégiques (SALT). Cette initiative a été soutenue par la campagne que Linus Pauling a menée contre les armes atomiques et la pollution de l’environnement. Après la crise de Cuba, la menace d’un confl it nucléaire a incité Kennedy et Khrouchtchev à signer, en 1963, un traité d’interdiction des essais nucléaires. Néanmoins, les essais nucléaires souterrains se sont poursuivis, ce qui a fait échouer le Traité d’interdiction complète des essais nucléaires. L’assassinat de Kennedy, la chute de Khrouchtchev et la guerre du Vietnam ont mis fin à la détente nucléaire.

La possibilité, réaliste, que l’Union soviétique dépasse les États-Unis dans ses essais et le développement d’armes nucléaires a conduit finalement, en 1972, au Traité SALT I qui interdisait partiellement le déploiement de systèmes de défense antimissile. L’Union soviétique avait déjà un tel système autour de Moscou et les États-Unis en avaient un dans le Dakota du Nord. Huit ans plus tard, le gouvernement Reagan a entamé les négociations SALT II, qui ont entraîné une réduction des armes (START), mais non une limitation. Le président du Comité exécutif de la Conférence Pugwash, Bernard Field, a qualifié cette situation de « repetitious stupidity of this futile charade. » [7] Paul Warnke, principal négociateur du Traité SALT II, a déclaré : « La triste histoire du contrôle des armements peut devenir le dernier chapitre de l’histoire de l’humanité. » [8] Depuis que le Traité d’interdiction partielle des essais nucléaires a été signé, en 1963, quelque 50 essais ont été effectués chaque année, soit 55 % par les États- Unis, 30 % par la Russie et le solde de 15 % par la France, l’Angleterre, la Chine, l’Inde et le Pakistan. Comme la technologie des communications par satellite se développe très rapidement, la prolifération d’armes nucléaires implique que plus de 90 % de la surface terrestre constituent un objectif potentiel. La sécurité des nations n’est plus garantie par le nombre d’armes nucléaires. Même après l’effondrement de l’Union soviétique, les armes nucléaires demeurent un problème de sécurité essentiel, abstraction faite d’initiatives de collaboration entre Washington et Moscou. Les scénarios politiques internationaux comprennent de nouveaux risques de conflits nucléaires. Parmi ces risques figurent le retrait à court terme des États-Unis du Traité sur les systèmes de défense antimissile, la nouvelle doctrine de la « première frappe » et l’apparition récente de nouveaux pays en possession d’armes nucléaires [9]. La menace nucléaire subsiste en raison de la prolifération nucléaire, avec sa liste toujours plus longue de scénarios d’usage de la force, d’activités terroristes, de catastrophes nucléaires et écologiques et de doctrine de la « destruction mutuelle assurée ».


Terrorisme nucléaire et radiologique

Après le 11 septembre 2001, la possibilité d’attaques terroristes nucléaires et radiologiques a suscité davantage d’attention. Avant la catastrophe de New York, de telles possibilités étaient plutôt négligées. Ou la formation en matière de soins à apporter aux victimes des catastrophes nucléaires et radiologiques n’existait pas, ou elle n’était effectuée que très sporadiquement, même dans les institutions gouvernementales chargées de préserver les capacités de réaction. L’amélioration de la préparation des pays à faire face aux effets aigus et chroniques des radiations, la contamination de l’environnement, l’impact psychologique et social et les conséquences financières d’une attaque terroriste nucléaire apparaissent de nouveau comme une priorité des nations industrialisées [10]. Certains préconisent la doctrine de Clausewitz selon laquelle il convient de charger les forces armées de prévenir les attaques d’ennemis extérieurs ou de les repousser et d’attaquer d’autres pays si l’on estime que c’est dans l’intérêt international [11]. Les dommages chroniques causés par les radiations ont été réévalués à la lumière des conséquences possibles du terrorisme nucléaire pour des masses de victimes. La préparation à des accidents et à des attaques nucléaires et radiologiques doit aussi envisager les conséquences psychologiques en raison du fait bien établi que, dans un scénario de terrorisme nucléaire, il y aurait, pour chaque victime directe, 500 personnes sujettes à des troubles psychologiques et psychosomatiques qu’il serait difficile de distinguer des victimes véritablement contaminées [12]. Bien que des interventions médicamenteuses aient été examinées à titre de protection contre les radiations, les professionnels de santé devraient être conscients des lamentables échecs antérieurs dans le domaine des moyens de protection contre les radiations. On étudie actuellement le fait que les cellules vasculaires et parenchymales se régénèrent au lieu de mourir sous l’effet du rayonnement, cela en vue de développer des mécanismes visant à modifier la réponse de l’organisme, parallèlement à d’autres stratégies thérapeutiques telles que les corticostéroïdes, les inhibiteurs de l’enzyme de conversion, la pentoxyfi lline et la dismutase superoxyde [13]. Dans la gestion des dommages nucléaires et pathologiques, on est passé de conséquences ingérables d’un conflit nucléaire stratégique à des moyens de faire face à un grand nombre de victimes. Cette réponse doit se dégager d’efforts interdisciplinaires. Il faut immédiatement fournir de gros efforts pour développer des concepts de gestion clinique des victimes des radiations [14]. Simultanément, la recherche doit continuer à s’efforcer de comprendre et de gérer la contamination par les radionucléides, les effets radiotoxiques, la destruction des liaisons chimiques, les radicaux libres, les dommages à l’ADN cellulaire et aux enzymes [15]. Les efforts multidisciplinaires doivent comprendre la planifi cation, le tri des blessés, la décontamination, la décorporation, la thérapie de chélation et la gestion traditionnelle des symptômes des patients.

En raison des contraintes financières et du manque presque total de formation, de connaissances techniques, une éventuelle attaque terroriste constitue un sérieux défi [16]. On n’a pas encore tiré de manière adéquate les leçons de la première guerre du Golfe et du conflit des Balkans pour être préparé à s’occuper des victimes des radiations [17]. Une attaque terroriste subite nécessite une réponse effi cace du système sanitaire. Or la plupart des pays qui pourraient être la cible d’une attaque terroriste ne disposent guère de la logistique nécessaire, surtout dans les grandes villes où l’affectation des moyens financiers nécessiterait une restructuration des priorités afin de répondre aux conséquences pour la société. Dans un scénario de terrorisme nucléaire, il est particulièrement important d’être conscient que des terroristes pourraient recourir à des actinides, en mettant l’accent sur le plutonium, agent de contamination de masse.

Le plutonium est considéré comme la substance la plus dangereuse qui soit pour les êtres humains [18]. Si on le disperse sous forme de poussière radioactive ou s’il parvient dans les réseaux d’eau potable, seuls quelques grammes suffisent à contaminer une grande ville. Le plutonium a été vendu illégalement sur des marchés clandestins, en particulier dans l’ancienne Union soviétique. Grâce à un trafic illégal, il a fait son chemin dans diverses parties du monde. La dispersion de plutonium est considérée comme le pire scénario terroriste [19]. Si le cas se présente, les professionnels de santé devraient mettre l’accent sur la prévention plutôt que sur la gestion thérapeutique de masses de victimes du terrorisme nucléaire. Récemment, des médecins du monde entier ont adhéré à un groupement de plus de 1 000 organisations pour coopérer, soutenir l’élimination des armes nucléaires et réduire les risques des conséquences effroyables du terrorisme nucléaire et radiologique [20].


Guerre radiologique

C’est en mai 1991, dans le golfe Persique, que des armes radiologiques ont été employées pour la première fois. Elles ont inauguré un nouveau scénario de guerre CBRN (chimique, biologique, radiologique et nucléaire). Le recours à des armes qui frappent aussi bien les soldats que les civils n’est pas nouveau. À la fin de la Seconde Guerre mondiale, les États-Unis craignaient sérieusement que les Japonais ne larguent sur le territoire états-unien des milliers de ballons remplis d’uranium et ne contaminent ses mégapoles [21]. Lors de la première guerre du Golfe, les munitions à l’UA ont répandu dans l’atmosphère des millions de grammes de poussières radioactives [22]. Leurs conséquences pour la santé et l’environnement restent controversées et le débat dépasse de loin le cadre de la communauté scientifique. Toutefois, de nombreuses études récentes ont confirmé deux siècles de preuves scientifiques de la toxicité somatique et génétique de l’uranium [23] [24] [25].

Le coût de la décontamination des sites touchés par des armes à l’uranium utilisées par des armées ou des terroristes reste un grave sujet d’inquiétude. L’expérience suédo-canadienne de décontamination radiologique effectuée récemment à Urnea, en Suède, a montré que deux méthodes courantes de décontamination de blindés légers extérieurement contaminés par le Na étaient inefficaces : la vapeur d’eau à haute pression et le jet d’eau à haute pression [26]. Cela montre clairement la nécessité d’une meilleure capacité des structures sanitaires publiques à réagir en cas de guerre radiologique ou d’attaque terroriste [27]. Le manque actuel de stratégie d’ensemble pour faire face à une menace d’utilisation terroriste d’engins de dispersion de matières radioactives (RDD) (ou « bombes sales ») souligne la nécessité d’une meilleure coordination de la capacité de réaction aux dangers chimiques, biologiques, radiologiques et nucléaires, au croisement actuel des armes classiques et des armes inédites [28].

Dans le scénario bien particulier d’une attaque radiologique, le cadre de la gestion de la guerre et du terrorisme radiologiques s’étend non seulement au-delà du domaine de la santé publique mais également de celui de la réserve des forces armies [29] [30]. La défense médicale contre la guerre radiologique reste un des aspects les plus négligés de l’enseignement médical actuel [31]. Le terrorisme radiologique et nucléaire constitue la plus grande menace de la société moderne, car la prolifération nucléaire a permis aux organisations subversives de se procurer facilement du matériel nucléaire [32].

En 2000 seulement, les États-Unis ont dépensé 10 milliards de dollars pour la lutte contre l’utilisation terroriste d’armes de destruction massive, et les dépenses ont augmenté considérablement après le 11 septembre 2001. Des études actuelles révèlent la vulnérabilité des sociétés occidentales au terrorisme nucléaire et mettent l’accent sur le fait que les organisations terroristes possédant des armes de destruction massive peuvent provoquer plus de destructions avec les engins nucléaires et radiologiques qu’avec tout autre type d’armes. La capacité des États-Unis à faire face à une attaque radiologique ou nucléaire est censée dépendre de quatre domaines d’action : l’amélioration du renseignement sur les organisations terroristes, l’amélioration de la sécurité des installations nucléaires dans l’ex- Union soviétique, la neutralisation des effets nucléaires et radiologiques et l’amélioration des capacités de réaction aux organisations clandestines déjà en possession d’armes nucléaires et radiologiques [33].

Le risque d’une attaque nucléaire et radiologique contre les États-Unis est accru par la technologie, l’accès aux matières nucléaires et radiologiques, l’instabilité économique de la Russie et le mécontentement suscité dans de nombreux pays par la politique étrangère états-unienne. Des mesures de sécurité inadéquates dans l’ancienne Union soviétique, combinées à une détermination accrue des terroristes et au caractère de plus en plus meurtrier de leurs attaques augmentent considérablement la probabilité de l’utilisation de RDD dans un proche avenir [34]. La question des effets sur l’environnement et la santé doit amener à aborder la question de la décontamination et de l’affectation de budgets visant à sauver des vies, à réduire les risques sanitaires et à préserver la culture, la biodiversité et l’intégrité des sites contaminés [35]. Les efforts dans ces domaines ont laissé à désirer dans le passé. On a notamment négligé d’indemniser de manière équitable les victimes des retombées radioactives dans l’Utah et le Nevada. Un dépistage et une indemnisation insuffisantes des victimes de cancers provoqués par l’exposition aux radiations et la controverse persistante sur l’interprétation par le gouvernement des radiations de faible niveau ont provoqué le mécontentement des populations contaminées lors des essais nucléaires [36].

Un récent rapport britannique est également suspect quant à son analyse de la mortalité et de l’incidence des cancers chez ceux qui ont participé aux essais atmosphériques d’armes nucléaires et aux programmes expérimentaux. Il contient une conclusion provocatrice : la mortalité générale chez les survivants aux essais nucléaires britanniques serait inférieure à celle de la population générale [37] .


De la comparution de Galilée devant l’Inquisition aux recherches sur l’uranium

Actuellement, la liberté de la science indépendante n’est guère différente de ce qu’elle était dans le passé. Ce que vivent les scientifi - ques aujourd’hui fait penser au procès de Galilée instruit par l’Inquisition en 1610. La controverse concernant les résultats des études du Dr Ernest Sternglass relatives aux taux de mortalité infantile et juvénile dans l’État de New York influencés par les essais nucléaires et les retombées radioactives a brisé sa carrière universitaire et scientifique. Lorsque son article classique [38] sur la mort d’enfants due aux conséquences des radiations parut en 1969 dans le Bulletin of Atomic Scientists, le rédacteur en chef de la revue lui confi a que Washington avait exercé des pressions pour qu’il ne le publie pas. L’éminent physicien Freeman Dyson écrivit dans une lettre de lecteur adressée à la même revue : « Si les chiffres avancés par Sternglass sont justes, et je crois qu’ils le sont, il y a là un bon argument contre la défense antimissile. » Sternglass considérait que la mort des enfants était due au strontium des retombées radioactives. Lorsque son estimation de près de 400 000 morts fut soumise au Dr John Gofman, directeur médical du Lawrence Livermore National Laboratory, celui-ci réévalua son rapport. Ayant corrigé certains chiffres, il conclut que même en utilisant un modèle stochastique, les directives concernant le risque par unité de radiation étaient 20 fois trop élevées pour être fiables. Il concluait également que le risque était plus important en cas de doses de radiations faibles qu’en cas de doses élevées. Il ajoutait que les décès par cancer dus aux essais nucléaires et aux retombées radioactives dépassaient 30 000 par année. Son rapport fut remis au Committee on Underground Nuclear Testing présidé par le sénateur E. Muskie. Celuici le transmit au président du Joint Committee on Atomic Energy, le sénateur C. Holifield. Ce dernier fit venir Gofman à Washington et le menaça ouvertement : « Nous les avons eus et nous vous aurons. » En 1973, victime de son intégrité, Gofman perdit son emploi dans son laboratoire. L’Atomic Energy Commission fut dissoute en 1974 [39].


Réexamen de la toxicité de l’uranium

Le risque fatal que présentent les isotopes d’uranium pour l’environnement et la santé humaine a été précisé au cours de deux siècles de recherches. Toutefois, les spécialistes de la santé sont mal formés en matière de radiotoxicité de base et de toxicologie chimique des isotopes d’uranium [40]. Les analyses récentes des effets potentiels des RDD sur la santé sont fondées essentiellement sur les données concernant les survivants japonais aux bombes atomiques, les essais nucléaires et les recherches de laboratoire. La littérature spécialisée, en particulier celle concernant les recherches de ces cinq dernières années, abonde en comptes rendus de travaux interdisciplinaires sur les effets des actinides et des isotopes d’uranium. La confirmation des cas de cancer de la thyroïde [41], de carcinome hépatocellulaire [42], de leucémie [43] et des risques que représente l’exposition aiguë ou chronique à l’uranium [44] a mis en lumière l’importance des conséquences somatiques et génétiques de la contamination par les isotopes d’uranium. Leur corrélation avec les essais atmosphériques d’armes nucléaires a été confirmée une nouvelle fois dans des rapports récents sur les taux d’actinides chez les mammifères marins du Pacifique nord, qui sont nettement associés à des années d’essais nucléaires et de retombées radioactives [45]. Le réexamen des études sur les survivants d’Hiroshima et de Nagasaki montre non seulement l’impact physique, mais aussi l’effet psychologique qu’exercent les armes atomiques sur les personnes présentes dans ces villes au moment de l’explosion : troubles psychiatriques, anxiété, somatisation de symptoms [46]. Ce réexamen indique clairement qu’il existe des effets psychologiques à long terme qu’il faut prendre en considération lors de la préparation à de futurs conflits.

Un autre rapport récent à propos des survivants de Nagasaki indique que les effets des radiations sur les survivants devront représenter un aspect essentiel de la gestion des soins médicaux lors de futurs conflits [47]. Les données actuelles sur les essais nucléaires montrent que la mortalité infantile, les naissances prématurées et les morts foetales sont associées, aux États-Unis, à l’exposition aux radiations [48]. Les conséquences pour la santé et l’environnement de la contamination radioactive ont été réévaluées sur de nombreux sites d’essais dans le monde entier. Ces études font état d’effets négatifs de la contamination radioactive sur les sites d’essais nucléaires, notamment ceux de Krasnoyarsk, en Sibérie [49], du Kazakhstan [50], des monts Altaï [51], de Semipalatinsk, au Kasakhstan [52], de la Techa, dans l’Oural [53], parmi le personnel du complexe nucléaire de Mayak [54], en République de Sakha (Yakutia) [55], sur l’île d’Amchitka, en Alaska [56], en Finlande et en Norvège [57]. Ces informations permettent d’évaluer convenablement les risques quand il s’agit de se préparer à réagir à une crise sanitaire extrême provoquée par l’usage d’armes nucléaires et radiologiques en cas de guerre ou d’attaque terroriste [58]. La connaissance actuelle de la dispersion de radionucléides [59] libérés dans la biosphère, dans le monde entier, dépasse de beaucoup le cadre de la recherche expérimentale et des soins à apporter aux victimes des radiations. Elle a des implications sur l’avenir de la planète [60] .


Recherches actuelles sur les conséquences sanitaires des armes à l’uranium

La plus importante contamination aux radionucléides a eu lieu en 1991 lors de la première guerre du Golfe. L’uranium appauvri (UA) utilisé dans des armes antichars a contaminé le territoire de l’Irak en exposant chroniquement la population et les soldats à la poussière, aux vapeurs et aux aérosols d’UA. Un petit nombre de soldats des Forces de la coalition ont été blessés par des éclats d’obus à l’UA.

L’alliage des armes à l’UA contient 99,8 % d’U238 émettant 60 % des radiations alpha, bêta et gamma de l’uranium naturel. L’UA est un métal lourd, 1,6 fois plus dense que le plomb. Il est organotrope, c’est-à-dire qu’il se fixe sur les organes cibles, tels que les tissus squelettiques où il demeure longtemps. Se dissolvant peu à peu, les isotopes d’uranium sont éliminés. On en a détecté dans l’urine d’anciens combattants de la guerre du Golfe 10 ans après qu’ils aient été absorbés par inhalation ou blessures résultant d’éclats d’obus. Des études sur leur répartition dans les tissus font état d’accumulation d’UA dans les os, les reins, le système reproducteur, le cerveau, les poumons, ce qui entraîne des effets génotoxiques, mutagènes et cancérogènes, ainsi que des altérations reproductrices et tératogènes [61].

On a détecté une contamination interne par les isotopes d’UA chez des anciens combattants britanniques, canadiens et américains de la première guerre du Golfe encore 9 ans après leur exposition à la poussière radioactive. On a également identifié des isotopes d’UA dans les poumons, le foie, les reins et les os d’un ancien combattant canadien au cours de son autopsie. Ces organes contenaient de fortes concentrations d’uranium, les ratios isotopiques révélant la présence d’UA. Des études effectuées en 1991, année de la première guerre du Golfe, à partir de comptages corps entier suggèrent la présence d’uranium dans l’organisme et l’urine d’anciens combattants contaminés [62]. Des contraintes logistiques et la controverse sur l’UA ont retardé les études approfondies jusqu’en 1998, date où les vétérans de la première guerre du Golfe furent soumis à un dépistage par activation neutronique. Bien que cette méthode soit vouée à la détection de petites quantités d’uranium, son usage précoce a permis de constater une contamination importante. Ces études ont été présentées au Congrès international de la Radiation Research Society qui a eu lieu à Dublin en 1998.

Les recherches expérimentales se sont poursuivies grâce au recours à la méthode la plus moderne, la spectrographie de masse, à la Memorial University of Newfoundland (St John’s, Terre-Neuve, Canada) et plus tard au British Geological Survey (Nottingham, Angleterre). Les deux séries d’études ont confirmé des concentrations et des ratios isotopiques d’UA plus élevés dans 67 % des échantillons. La première présentation, basée sur les données de la spectrométrie de masse, fut faite au Congrès européen de médecine nucléaire qui a eu lieu à Paris en 2000. Les recherches ont continuellement progressé, depuis la détection et la mesure de l’UA dans les organismes des anciens combattants jusqu’à l’évaluation actuelle des effets cliniques de la contamination par l’uranium chez des vétérans de la première guerre du Golfe, des civils irakiens, des soldats et des civils des Balkans, des civils afghans et, plus récemment, de la bande de Gaza et de Cisjordanie.

L’UA, déchet faiblement radioactif de l’enrichissement isotopique de l’uranium naturel, a été identifié comme un contaminant incontestable présent dans les zones de conflit militaire mentionnées. Son rôle étiologique dans la genèse du syndrome de la guerre du Golfe a fait l’objet de controverses continues depuis cette guerre. Les preuves bien documentées de la toxicité aussi bien chimique que radiologique des isotopes d’uranium ont fait l’objet récemment d’un grand nombre de recherches et de rapports scientifiques sur leurs effets organotoxiques, mutagènes, tératogènes et cancérogènes [63]. Des études récentes de biodistribution chez des animaux de laboratoire dans le corps desquels on avait implanté des boulettes d’UA ont confirmé les résultats d’études de biodistribution antérieures selon lesquelles les reins et les os sont des cibles visées par les isotopes d’uranium, de même que d’autres sites des systèmes lymphatique, respiratoire, reproducteur et nerveux central [64].

Depuis presque deux siècles, on connaît les effets toxiques de l’uranium en matière de chimiotoxicité rénale qui ont été confirmés par des études récentes sur des cellules rénales in vitro. Les études concernant les effets de l’UA sur le système nerveux central ont confirmé sa rétention dans des zones de l’hippocampe. De plus, on a observé des modifi cations électro-physiologiques du système nerveux de rats dans lesquels ont avait implanté des boulettes d’UA [65]. Des effets mutagènes potentiels de la contamination interne par l’UA ont récemment été suggérés par la corrélation temporaire entre l’uranium implanté et l’expression oncogène des tissues [66], ainsi que par une instabilité génomique [67]. La transformation néoplastique des ostéoblastes humains dans une culture cellulaire contenant de l’UA confirme le risque de cancer provoqué par l’UA [68]. Cela correspond à ce que l’on sait des risques cancérogènes que fait courir l’UA aux cellules endobronchiales, de même qu’aux évaluations quantitatives récentes – déterminées par la charge pulmonaire lors de l’inhalation des aerosols [69] – des risques cancérogènes subis par les poumons des anciens combattants de la première guerre du Golfe. Le risque était évalué en appliquant la méthode de Battelle de simulation de liquide pulmonaire interstitiel et l’analyse de l’échantillon d’urine de 24 heures d’un vétéran contenant 0,150 mg d’UA 9 ans après l’exposition par inhalation [70]. Il s’est avéré que la charge pulmonaire correspondait à 1,54 mg d’UA au moment de l’exposition, avec une dose de radiations alpha de 4,4 millisieverts (mSv) pendant la première année et de 22,2 mSv 10 ans après l’exposition. Ces valeurs dépassent les doses d’inhalation maximales tolérables d’UA et justifient de nouvelles recherches sur la possibilité de modifi cations malignes des poumons.

Ces données humaines sont très importantes lorsqu’on les envisage à la lumière des preuves récentes des effets mutagènes des particules alpha sur les cellules souches et les instabilités chromosomiques des cellules de la moelle osseuse humaine dues aux radiations alpha [71] [72]. L’instabilité chromosomique due aux particules alpha explique clairement les effets mutagènes observés chez les vétérans britanniques de la guerre du Golfe positifs à l’UA, comme l’a montré récemment l’étude des lymphocytes périphériques présentée à l’université de Brême [73]. Ce résultat correspond à celui d’études antérieures sur les instabilités chromosomiques provoquées par une faible dose de particules alpha comparées aux effets identiques de l’irradiation aux photons [74]. Les études sur les effets des particules alpha et les progrès récents de l’irradiation par microfaisceau des cellules de mammifères permettent d’évaluer précisément le parcours d’une particule unique à travers le noyau cellulaire et de mesurer son effet cancérogène [75].

Bien que les mécanismes de la mutagénité et des effets cancérogènes des particules alpha inhalées restent obscurs, on a observé que de faibles doses de particules alpha peuvent provoquer des modifications des chromatid

(Message over 64 KB, truncated)


(castellano: 
Planes de atentados terroristas en Alemania: ¿amenaza real o imaginaria?
El cuento de «Fritz, el terrorista» - por Jürgen Elsässer



Les projets d’attentats déjoués en Allemagne : menace réelle ou imaginaire ?


« Fritz le terroriste », un conte à dormir debout


par Jürgen Elsässer*


Le 5 septembre 2007, les autorités de Berlin ont annoncé l’arrestation de trois islamistes, deux Allemands et un Turc, accusés de préparer un attentat de grande ampleur contre des intérêts états-uniens en République fédérale. Cette nouvelle a suscité une hystérie médiatique et une généralisation du soupçon : de bons Allemands, peut-être des voisins, peuvent se transformer en dangereux terroristes. Cependant, observe Jürgen Elsässer, les éléments connus de cette affaire permettent de conclure que les suspects ne représentaient aucun danger réel et que leurs agissements sont un grossier montage destiné à être repéré et interrompu.

24 SEPTEMBRE 2007

Depuis Berlin (Allemagne)


Juste au moment de la commémoration du 11-Septembre, des terroristes islamiques voulaient commettre un « attentat atroce » avec « un nombre très élevé de morts » (Spiegel Online) qui aurait « fait surgir en Allemagne une dimension de la terreur jamais connue auparavant » (Frankfurter Allgemeine Zeitung – FAZ) et qui a pu être évité seulement « à la dernière minute » (Lausitzer Rundschau) grâce à l’action résolue des forces de sécurité. Il y a un an, de telles prophéties avaient déjà eu lieu autour de la prétendue valise à la bombe découverte à la gare principale de Cologne. Pourtant, depuis, la situation s’est aggravée comme le résume l’éditorialiste du FAZ, Berthold Kohler : « Les bombes deviennent plus grandes et leurs poseurs apparemment plus professionnels. C’est une réalité à laquelle on doit faire face également dans notre pays. Elle est depuis la récente opération policière si évidente que Schäuble [1] a pu se passer d’ajouter son éternelle revendication pour une perquisition online. »

Cependant, pour le malheur du ministre de l’Intérieur et de ses ventriloques de Frankfort, l’attentat a prouvé le contraire : les prétendus poseurs de bombes font preuve de plus en plus d’amateurisme et d’idiotie. Fritz G., le prétendu meneur du trio, appréhendé le 11 septembre à Oberschledorn dans le Sauerland, rappelle involontairement le personnage principal de la comédie de Woody Allen Prends l’oseille et tire-toi.

Dans Wikipedia, le dictionnaire sur internet, il est écrit sur ce malchanceux personnage de cinéma : « Né dans un environnement pauvre, il a dû s’exposer très tôt déjà aux difficultés rencontrées dans un milieu défavorisé. On lui casse toujours ses lunettes. Plus tard, on lui détruira également son cher violoncelle. C’est pourquoi, il décide de prendre ce qu’il veut. Certes, il devient très vite évident, que Virgil est plein d’énergie criminelle mais que la réalisation de ses plans hardis échoue toujours à cause de sa maladresse. Après s’être évadé plusieurs fois de prison et avoir essayé de s’améliorer, Virgil est condamné finalement à 800 ans de détention, mais il espère, pour son bon comportement, n’en devoir faire que la moitié. »


0,7 tonnes d’un seul coup

« Le terroriste Fritz et ses dangereux complices » —tel est le titre de Die Welt du 8 septembre— ont en tout cas fait preuve d’une semblable maladresse. Bien qu’ils aient été prétendument instruits dans un camp de formation dans le Nord du Pakistan pour répandre la terreur, ils voulaient précisément mixer leurs bombes avec un produit chimique qui n’est absolument pas approprié pour cela : le péroxyde d’hydrogène est jusqu’à aujourd’hui plutôt connu comme substance de base pour la fabrication de produits décolorants pour les cheveux des blondes artificielles de mauvaise réputation. Le Frankfurter Allgemeine Zeitung forgea déjà l’expression de « bombes au péroxyde d’hydrogène » ce qui est complètement insensé, mais paraît très dangereux du fait de la résonance ressemblant au terme : « bombe à l’hydrogène ». En se référant aux attentats de la capitale espagnole du 11 mars 2004, qui ont fait près de 200 morts, on sait que le trio aurait déjà préparé « une quantité vingt fois plus grande que l’explosif utilisé à Madrid ».

Ce qui est prouvé, c’est seulement que le groupe a acheté douze tonneaux avec en tout 730 kilogrammes de péroxyde d’hydrogène et les a stockés provisoirement dans une maison près de Freudenstadt dans la Forêt noire. Cependant, cette substance en elle-même n’est pas dangereuse. Cela change seulement lorsque le produit chimique réagit avec de l’acétone et d’autres acides ; alors, il en résulte du triacétone tripéroxyde (TATP) ou l’apex. Le mélange est toutefois tout à fait inutilisable pour la construction de bombes car il explose trop facilement et de manière incontrôlée. Le Frankfurter Allgemeine Zeitung doit même avouer que « l’apex est très sensible en particulier à un coup, au frottement et à la chaleur. Si l’explosif est conservé dans un récipient avec une fermeture à vis, le frottement lors de l’ouverture peut déjà provoquer l’explosion. L’important c’est que le mélange soit au moment même de la production suffisamment froid, sinon il explose. » Comment les auteurs auraient-ils pu sortir leurs bombes à l’apex du garage de leur maison de vacances, et encore plus vouloir les transporter à leur prétendue destination dans un établissement états-unien quelconque sans qu’elles leur explosent à la figure ?

D’ailleurs, l’apex n’a rien à voir avec l’attentat à la bombe de Madrid —là, on sait que de la dynamite issue des mines d’Asturie a été utilisée. En ce qui concerne les attaques sur le réseau du tramway de Londres le 7 juillet 2005, le TATP est toujours désigné par les médias comme l’explosif utilisé, mais les rapports officiels de la Chambre des Communes britannique et des services de renseignement se taisent là-dessus.

Bien qu’aucun attentat dans les métropoles occidentales n’ait été jusqu’à maintenant commis au moyen du péroxyde d’hydrogène, cette substance surgit toujours dans les histoires de chasseurs de terroristes : comme il appartient aux produits chimiques en usage dans le commerce, on provoque facilement la crainte du « terroriste d’à côté » qui peut se procurer, dans une droguerie, tout ce dont il a besoin pour commettre un massacre.

Malgré l’effet du péroxyde d’hydrogène, inoffensif dans le meilleur des cas et même contreproductif dans le cas d’un mélange, le terroriste Fritz et ses compagnons se sont procurés sucessivement plus de 0,7 tonnes du produit chimique chez un grand distributeur d’Hanovre et les ont charriées lors de plusieurs transports à travers la République vers leur cachette dans la Forêt noire. Comme s’ils voulaient mettre les enquêteurs sur la bonne piste...


Fritz fait ce qu’il veut

Même en ce qui concerne d’autres éléments, Fritz G. en particulier, le meneur présumé du trio, n’oublia rien afin d’attirer l’attention sur lui et sur son plan. Bien qu’on ait enquêté sur lui déjà en 2005 pour formation d’une association criminelle et incitation populaire et qu’on l’ait arrêté pour une courte durée, il ne sombra pas dans la clandestinité, ne changea pas son apparence, ne se procura pas d’autre identité.

Au plus tard au printemps 2007, il aurait dû remarquer que le Service de la protection de l’État était de nouveau derrière lui : son appartement à Ulm avait été perquisitionné. Le Frankfurter Allgemeine Zeitung s’étonne du fait « que Fritz G. et ses complices présumés ne se soient pas laissés effrayer par la perquisition de leur maison, qu’au contraire, ils commencèrent seulement après à se procurer, jerrycan après jerrycan des substances explosives, à louer des maisons et des garages, à se pourvoir de détonateurs militaires et même à insulter les enquêteurs soi-disant par emails (interceptés). Cela soulève des questions sérieuses. »

Début mai est apparu un rapport alarmant dans le magazine Focus. « Le groupe y était décrit de manière assez détaillée, on rendait compte de ses relations au Pakistan et en Ousbékistan et de fait que les hommes auraient déjà tourné des vidéos d’adieu à la façon des auteurs d’attentats suicide. Pour les services de sécurité, ce rapport de Focus était une petite catastrophe. Ils s’attendaient à ce que le groupe tombe dans la clandestinité... ».

Toutefois, le contraire s’est produit encore une fois : Fritz et Cie ont continué en toute tranquillité. Finalement, le trio choisit précisément Oberschledorn, un village idyllique du Sauerland, pour fabriquer leurs bombes. Sur cet endroit, la Frankfurter Allgemeine Zeitung écrit que « dans le village, où vivent environ 900 personnes, tout le monde se connaît ainsi que les vacanciers ». Dans cet environnement, au milieu des estivants et des excursionnistes, ces hommes obscurs certains aux cheveux longs et barbus, d’autres chauves, devaient attirer l’attention comme les Rapetou lors d’une fête d’anniversaire d’enfants chez Donald Duck. Pourquoi n’ont-ils pas loué un appartement dans un immeuble anonyme avec un garage souterrain et accessible par l’autoroute, comme l’ont fait les membres de la RAF [Fraction armée rouge] en leur temps ?

L’histoire précédant directement la saisie policière du 4 septembre est également très informative : le 3 septembre, tous les trois circulaient en voiture en plein jour, leurs feux de distance allumés, et c’est pourquoi ils ont été arrêtés lors d’un contrôle routier. Bien qu’un policier de patrouille ait dit imprudemment à haute voix à son collègue lors du contrôle que les passagers du véhicule sont inscrits « sur la liste du BKA [Office fédéral de la police criminelle] », ils ont pu continuer leur route.

L’exemple le plus net du comportement des prétendus poursuivants et poursuivis a été révélé finalement par Spiegel Online, malheureusement sans indiquer le moment exact de la situation. En tout cas, un jour, les trois se seraient fâchés contre les policiers qui les filaient et « l’un des islamistes [...] serait descendu à un feu rouge et aurait éventré les pneus de la voiture du service de renseignement intérieur qui les poursuivait. »

Beaucoup de points sur l’histoire du terroriste Fritz et de ses deux complices seraient encore à éclaircir. Mais une chose est sûre : à la manière dont ils s’y sont pris, ils n’auraient jamais pu commettre un attentat de grande ampleur.

Trois théories mènent à la solution de l’énigme. Soit la troupe était trop idiote pour employer son énergie criminelle vers le but visé —comme cela est montré dans le film de Woody Allen. Soit —c’est ce que suppose le journaliste de la FAZ, Peter Carstens— ils voulaient, en se faisant remarquer dans leurs agissements, détourner l’attention des services de sécurité d’autres cellules terroristes qui entre-temps ont pu continuer à mener sans gêne leurs propres activités. Soit les trois se sentaient préservés d’une arrestation parce qu’ils accomplissaient un travail d’initiés et croyaient profiter d’une protection de haut rang.

Au vu de l’état actuel des informations, on ne devrait exclure aucune de ces possibilités. Peut-être qu’elles sont vraies toutes trois : trois types particulièrement fous ont été embauchés par un groupe du Service de renseignement pour tenir en haleine le reste des services de sécurité et les détourner des véritables terroristes dangereux. D’une manière perverse, la déclaration de Wolfgang Schäuble, comme quoi la fin de l’alerte ne peut être donnée, serait donc correcte.



Journaliste allemand. Dernier ouvrage publié Comment le Djihad est arrivé en Europe, préface de Jean-Pierre Chevènement. Xenia, 2005.




Cette affaire n’est pas sans rappeler une autre opération de propagande, celle des « explosifs liquides » lancée le 10 août 2006 à Londres : 

 « Complot terroriste au Royaume-Uni : que se passe-t-il vraiment ? », par Craig Murray, Réseau Voltaire, 18 août 2006 
 « Londres : terrorisme fictif, guerre réelle », par Jürgen Elsässer, Réseau Voltaire, 17 août 2006 
 « Fabriquez vous-mêmes votre bombe au TATP », par Thomas C. Greene, Réseau Voltaire,21 août 2006 
 « L’alerte terroriste inquiète les Britanniques, sauf Tony Blair », Réseau Voltaire, 14 août 2006. 

 « Les certitudes de Nicolas Sarkozy : “Un faisceau d’éléments permet de penser que la nébuleuse Al Qaïda n’est pas très éloignée de ce qui aurait pu se passer” », Réseau Voltaire, 17 août 2006.


[1] Wolfgang Schaüble est ministre de l’Intérieur de la République fédérale allemande.



(diffondiamo una importante notizia, ormai risalente ad una settimana fa, per evidenziare come essa sia stata coperta da censura sui grandi media e sui telegiornali del nostro paese)


"Esercitazione di routine". E si rischia la strage

Un aereo militare partito dalla base americana di Aviano si è schiantato a terra martedì sera, a pochi metri da un centro abitato. Subito imposto il segreto militare, ma secondo indiscrezioni l'incidente sarebbe stato causato da un'avaria al motore. Cittadini e sindaci scrivono al prefetto: «A rischio la nostra sicurezza»

Orsola Casagrande
Aviano

A due giorni dalla conferma da parte del Natural Resources Defence Council di Washington che nella base Usaf di Aviano sono dislocate 50 bombe termonucleari martedì sera si è sfiorata la tragedia in Val di Zoldo (provincia di Belluno) quando un aereo militare F16 americano decollato proprio dalla base di Aviano è precipitato a poca distanza dal centro abitato. Il pilota, stando a quanto dichiarato dalle autorità militari statunitensi, sarebbe riuscito ad evitare le case e quindi si sarebbe lanciato con il paracadute mentre l'F16 precipitava. In effetti il pilota è stato recuperato qualche chilometro più in basso da un automobilista che l'ha soccorso e portato alla caserma dei carabinieri. Al soccorritore sarebbe stato intimato di non dire nulla dell'incidente, coperto da segreto militare. Nel frattempo la zona in cui si trovano i resti dell'aereo è stata subito blindata. Erano le sei e mezza di martedì sera quando un forte boato ha spaventato gli abitanti della zona. Un terremoto, hanno pensato quelli che si trovavano in casa, ma tantissime persone hanno visto l'aereo precipitare. Nella zona a quell'ora stava piovendo ma ieri dalle indiscrezioni si è appreso che l'incidente sarebbe stato causato da un'avaria al motore dell'F16. I militari hanno assicurato che a bordo dell'aereo, che stava effettuando una «esercitazione di routine», non si trovavano armi. Sulle prime le autorità militari statunitensi hanno dichiarato che l'aereo era precipitato in una zona disabitata. Ma le testimonianze degli abitanti contrastano e fanno crollare la versione Usa. 
Un ragazzo ha raccontato alle telecamere del tg3 regionale di essere uscito con i cani e di aver visto l'aereo sbucare all'improvviso. «E' passato a un metro dal tetto di casa. Ho pensato che sarebbe precipitato e dopo qualche secondo lo schianto e il boato». Immediate le reazioni di cittadini e amministratori del Friuli e del Veneto. Decine di consiglieri, sindaci, associazioni, sindacati, esponenti della sinistra radicale hanno scritto al prefetto di Pordenone per esprimere la loro preoccupazione, ma anche per chiedere delucidazioni in merito all'incidente. «Noi cittadini che da tanti anni viviamo vicino alla base Usaf di Aviano - scrivono nella lettera i firmatari - con questo ennesimo incidente che fa parte di una lunga lista di altri incidenti imputabili alla presenza di questa base di guerra nel nostro territorio (jet caduti, pezzi persi per strada, bombe e serbatoi in orti e giardini) oltre alla presenza delle cinquanta testate nucleari, senza dimenticare la tragedia del Cermis, esprimiamo una forte e sentita preoccupazione per la sicurezza di tutti i cittadini della provincia di Pordenone». Gli amministratori quindi chiedono spiegazioni sulla richiesta «da parte dei carabinieri italiani e dei militari americani di far firmare un documento all'uomo che ha incontrato il pilota statunitense sulla strada, perché non riveli nulla sull'accaduto». Mentre cercano un incontro con il prefetto i firmatari della lettera chiedono anche al governo Prodi di fare «un passo indietro sulla costruzione di nuova basi di guerra come a Vicenza e anzi si impegni a ridurre quelle attualmente presenti nel territorio italiano». E da Vicenza il presidio permanente No Dal Molin denuncia «l'ennesimo episodio che mette a nudo la pericolosità delle installazioni militari». Dal presidio ricordano anche il misterioso incidente avvenuto nel '92 all'interno dei bunker di Site Pluto.

Il Manifesto 20 sett 2007 pag. 9

---

Lavoriamo uniti perché gli F16 U.S.A. non si alzino più in volo sui cieli di Aviano.

 

21.09.2007 - Comunicato della Rete nazionale Disarmiamoli!

 

Un F16 decollato dalla base di Aviano, precipitando, ha sfiorato le abitazioni di Fusine e Soramaè, piccole frazioni di Zoldo Alto, in provincia di Belluno, per poi disintegrarsi, sotto gli occhi sbalorditi dei residenti, in un bosco vicino.

 

Ancora una volta si è sfiorata una strage, come quella del Cermis che il 3 febbraio 1998 costò la vita a 20 ignari sciatori. Ancora una volta i nostri cieli violati da un sistema bellico infernale, in procinto di scatenare nuove e devastanti guerre contro l’Iran, la Siria, il Libano.

 

Il movimento italiano contro le basi militari USA/ NATO ha intrapreso in questi anni un percorso di coordinamento nazionale con l’obiettivo di rendere più efficace la sua azione. 
La lotta di Vicenza contro la base al Dal Molin, quella di Novara contro la costruzione degli F35, la resistenza dei tanti comitati presenti sui territori occupati dagli insediamenti militari sono il tessuto connettivo di questo coordinamento, intersecatosi naturalmente con il più generale movimento NoWar, espressosi in forme chiare ed indipendenti lo scorso 9 giugno a Roma contro Bush e le politiche belliciste del governo Prodi.

 

Da questo processo di unificazione sono emerse in questi mesi proposte di mobilitazione costante sui territori, in grado di sostanziare una linea condivisa di resistenza attiva alle basi della guerra.
La Legge di iniziativa popolare su trattati internazionali, basi e servitù militari presentata in Corte di Cassazione il 19 settembre va in questa direzione, indicando un percorso concreto di consultazione di massa su questa oppressiva e pericolosissima presenza, che devasta ampie fette del nostro territorio nazionale.

 

Chiamiamo tutto il movimento contro la guerra italiano a far proprio questo percorso di consultazione, costruendo in ogni città Comitati Promotori che scendano in piazza, tra la gente, a raccogliere le 50.000 firme necessarie per imporre di nuovo nell’agenda politica nazionale la questione dirimente dell’allontanamento delle basi USA/NATO dai nostri territori.

 

La Rete nazionale Disarmiamoli!

 

www.disarmiamoli.org  info@...  3381028120