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www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 15-05-07 

Da BELTA

 

Lukashenko chiama a preservare la memoria dell'atto di valore del popolo sovietico e a non permettere nessuna distorsione della storia. 

 

10.05.2007 

 

Il 9 maggio scorso il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko ha preso parte alle celebrazioni per il Giorno della Vittoria, alla parata dei veterani di guerra e alla cerimonia di posa dei fiori al Monumento della Vittoria di Minsk.

 

Partecipavano alti ufficiali, rappresentanti dello stato, di organizzazioni pubbliche, CIS, diplomatici, ecclesiastici, militari, soldati, giovani, ospiti stranieri - è quanto BELTA ha appreso dall'ufficio stampa presidenziale - in tutto pressoché 10.000 persone.

 

In Piazza della Vittoria il capo di stato e le altre autorità hanno deposto ghirlande ai piedi del Monumento alla Vittoria. Il corteo ha quindi osservato un minuto di silenzio in tributo a quelli che morirono durante la Grande Guerra Patriottica. 

 

Durante il discorso Alexander Lukashenko ha insistito sulla grandiosità e l'importanza storica del Giorno della Vittoria, che non è mutata negli anni. 

 

“Per noi questa è una festa della vita, un simbolo dell'immortalità dell'atto di valore dei difensori della madrepatria che pagarono un caro prezzo per la libertà e l'indipendenza. Oggi noi celebriamo il 62mo anniversario della vittoria sulla Germania nazista. Questa non solo è una data sacra per il nostro popolo ma per l'umanità intera. Noi non possiamo certo dimenticare che l'aggressore nazista puntò alla dominazione del mondo. 

 

Il presidente ha ricordato che fu qui, in Bielorussia, che la macchina militare nazista si inceppò per la prima volta. “Chiunque poté imbracciare un'arma andò a combattere contro i nazisti. Questa guerra divenne veramente grande e patriottica. C'erano un milione e mezzo di bielorussi nell'Armata Rossa e circa mezzo milione di nostri compagni contadini nel movimento di resistenza”, ha rilevato. Dal 1943 i partigiani controllavano metà del territorio del Bielorussia e furono create dozzine di zone libere partigiane. 

 

“Noi ricordiamo il sacrificio che la Bielorussia ha compiuto. Un bielorusso su tre morì durante la guerra”, ha fatto notare Lukashenko, aggiungendo che non tutti sono disposti a ricordare le lezioni che la storia ci ha impartito dal momento che ci sono stati più di 250 conflitti armati dopo la guerra. 

 

“Coloro che placarono le pretese di dominio sul mondo, oggi tentano di usare la guerra come strumento della loro politica estera. Ricorrono alla forza per difendere i loro disegni geopolitici e i loro interessi economici depredatori. Sopprimono i paesi che scelgono un percorso di sviluppo indipendente”. 

 

“Essi travestono il loro animo aggressivo con parole ingannevoli su democrazia, tutela dei diritti umani e libertà. Le azioni di questi 'peacekeepers' lasciano ferite aperte nelle varie regioni del pianeta, come ad esempio nell’ex Jugoslavia, in Afghanistan ed in Iraq”.  

 

“Particolarmente allarmante è la rapidità di questa corsa agli armamenti. La Nato si è estesa in piena violazione dei trattati e degli accordi internazionali. Nuove basi militari stanno nascendo lungo i confini di paesi pacifici, in primo luogo vicino i nostri confini”. 

 

“Questi cosiddetti difensori della democrazia fanno affidamento sulle forze distruttive all'interno di un paese. Ci sono stati ripetuti tentativi di innescare una 'rivoluzione colorata' nella pacifica Bielorussia. In Bielorussia comunque, queste tattiche hanno ricevuto un secco e giusto rifiuto popolare” ha continuato Lukashenko. 

 

Il saggio e coraggioso popolo bielorusso ha scelto la pace e la stabilità e nessuno ci farà deviare dal cammino intrapreso, assicura il presidente, spiegando che la Bielorussia sta prendendo le misure necessarie per proteggere l'indipendenza e l'integrità territoriale del paese, i confini dello Stato dell'Unione. “Le nostre forze armate sono, insieme con la fraterna Russia, pronte a dare una risposta appropriata a tutte le minacce e le sfide del 21 secolo”. 

 

Il Presidente ritiene la politica estera della Bielorussia “un importante fattore nell'assicurare la sicurezza internazionale”. La voce del paese risuona fiduciosamente in così prestigiose organizzazioni come le Nazioni Unite e il Movimento dei non allineati. 

 

Lukashenko ha proseguito ricordando l'importanza del non permettere la revisione di un passato eroico. “Il nostro dovere è conservare una sacra memoria per quelli che sacrificarono le loro vite per la libertà della madrepatria, essere successori degni della generazione dei Vincitori, non consentire che la storia eroica venga distorta, dissacrando così il più grande atto di valore del popolo sovietico”. 

 

“Il mondo intero può vedere con che rispetto la Bielorussia onora la memoria di coloro che salvarono la civiltà dal nazismo - proseguiva il capo di stato - perciò noi condanniamo atti come la rimozione del Monumento al Guerriero-Liberatore Sovietico in Estonia o la chiusura da parte delle autorità polacche dell'esposizione sovietica nel museo del campo di concentramento di Auschwitz. I tentativi di falsificazione storica sono inutili perché non si può riscrivere la storia.” 

 

“La Grande Vittoria dimostrò la forza e l'unità del popolo nella lotta contro l'aggressore, nella difesa del diritto alla vita. Oggi è importante che le persone che amano la pace siano unite”. 

 

Il capo di stato ha indirizzato quindi parole di profonda gratitudine ai veterani: “Voi avete adempiuto al vostro dovere difendendo il paese contro l'aggressore. Voi avete difeso il diritto di essere cittadini di uno stato sovrano e indipendente. Voi siete ancora soldati. Voi siete per noi un esempio di indomabile coraggio e forza di volontà”. 

 

Dopo la parata il presidente ha parlato con i veterani e con i rappresentanti del corpo diplomatico accreditati in Bielorussia. Di seguito ha condiviso con i giornalisti le sue impressioni sulle celebrazioni del Giorno della Vittoria.  

 

“Le mie impressioni ed emozioni riguardano i molti bambini che hanno partecipano alla celebrazione. Questa è divenuta parte della vita delle generazioni più vecchie e gradiremmo che il Giorno della Vittoria rimanesse nella memoria delle persone per sempre. La partecipazione di un grande numero di bambini e giovani: in questo vedo la successione delle generazioni”. 

 

Allo stesso tempo il presidente avvertiva che la mancanza di rispetto per la memoria dei soldati della Grande Guerra Patriottica in alcuni paesi ha svelato il sentimento patriottico dei bielorussi. 

 

“Questi atti brutali nei paesi vicini dell'ex Unione Sovietica di cui siamo testimoni, hanno rimescolato il sentimento patriottico delle persone spingendole a cambiare il loro atteggiamento verso il Giorno della Vittoria. La gente ha capito che questa festa rischia di essere portata via, che la Vittoria è sotto attacco. E questa folla enorme nella piazza centrale di Minsk oggi afferma che noi non rinunceremo la Vittoria. Noi salveremo quello che i nostri nonni e padri hanno conquistato”, ha dichiarato Lukashenko. 

 

“Al contempo credo che oggi troppa attenzione è data a quelli che, rimuovendo monumenti e simboli, si prendono gioco della memoria degli eroi.” 

 

“Quello che sta avvenendo nei paesi vicini - la derisione della memoria dei soldati liberatori - credo che non abbia niente a che fare col popolo. Io credo che in Estonia e negli altri paesi che simpatizzano con l'Estonia ed in Polonia il popolo capisca e sappia tutto. Io credo che per questi paesi verranno tempi migliori quando le persone celebreranno questa festa nobile - il Giorno della Vittoria - insieme coi loro governanti”.

 

Traduzione per resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare



L’Italia torna al 1940

1) Svegliati Europa, l’Italia è tornata al 1940 (SucarDrom)

2) PIANO SICUREZZA DEL MINISTRO AMATO: Un passo indietro sul terreno dei diritti, dell’inclusione e della lotta alla discriminazione.
Dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci


=== 1 ===

Riceviamo e volentieri giriamo questo comunicato dell'Associazione SucarDrom.
Cogliamo comunque l'occasione per notare amaramente che il richiamo all'Europa è forse troppo ottimistico: come infatti dimostra la cronaca di tutti i giorni, che quotidianamente ci tocca rendere nota attraverso questa lista JUGOINFO, non è solo l'Italia a ritornare al 1940, ma è proprio l'Europa! È l'Europa "unita", l'Unione Europea, quella che ha squartato la Jugoslavia, quella che ogni giorno distrugge le conquiste di chi ha lottato contro il nazifascismo ed il razzismo, e che arriva fino ad accanirsi contro i monumenti ed i sepolcri di quei combattenti.
(Andrea Martocchia, responsabile politico CNJ)

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http://sucardrom.blog.tiscali.it/cn3280338/


Svegliati Europa, l’Italia è tornata al 1940 


11 settembre 1940, il Ministro dell’Interno da mandato ai Prefetti di internare di tutti i Sinti e i Rom Italiani e di allontanare di tutti i Rom Europei. 18 maggio 2007, il Ministro dell’Interno da mandato ai Prefetti di internare in "speciali campi" alcuni Sinti e Rom ed allontanare i Sinti e i Rom in "esubero". Nella sola Roma il Prefetto Serra è pronto alla cacciata di 10.000 persone (fonte, la Repubblica, pagina 6, 19 maggio 2007).

Alla fine è successo l’inevitabile. Il Ministro Amato e il Viceministro Minniti firmano gli accordi tra governo ed enti locali per contrastare la criminalità (fonte, Ministero dell’Interno : http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza/2007_05_18_Patti_sicurezza_Roma_Milano_.html ).

I Cittadini Italiani ed Europei, residenti in Italia e appartenenti alle minoranze sinte e rom, da oggi sono dei criminali e lo Stato Italiano sancisce questo assioma ufficialmente con il Governo Prodi che doveva impegnarsi a riconoscerne lo status di minoranze etniche linguistiche a queste popolazioni. 

Romahttp://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/13/2007_05_18_Patto_per_Roma_sicura.pdf ) e Milano ( http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/13/2007_05_18_Patto_per_Milano_sicura.pdfsono solo le prime due città a sottoscrivere gli accordi ma presto se ne aggiungeranno altre, trasformando l’Italia nella prima nazione occidentale dove viene calpestata con un atto ufficiale la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ( http://www.sucardrom.eu/internazionale.html#universale ). Poteri speciali alle forze di polizia che avranno le “mani libere” di infrangere tutti i diritti costituzionali per controllare i "campi", dove saranno concentrati i Sinti e i Rom.

Nella tragedia c’è anche chi getta benzina sul fuoco come l’articolo di Repubblica ( http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/cronaca/rom-sinti-chi-sono/rom-sinti-chi-sono/rom-sinti-chi-sono.html ), dove esprime il suo punto di vista l’Opera Nomadi Nazionale: "Oltre ai 160 mila tra rom, sinti, camminanti e rom romeni già presenti in Italia, potrebbero aggiungersi nei prossimi mesi almeno altri 60 mila rom romeni che andranno a modificare quei già difficili equilibri raggiunti dopo lunghi anni di compromessi e fallimenti".

La giornalista Claudia Fusani si “impegna” e di seguito scrive: “In Romania c'è una "bomba" potenziale di due milioni e mezzo di rom in partenza verso l'occidente per cui si stanno spalancando le porte dell'Europa”.

A Milano tutto questo costerà allo Stato diversi milioni di euro, la prima stima per il 2007 è di 132 milioni. A Roma non si sa nulla e per questo Alemanno (Alleanza Nazionale) contesta il protocollo d’intesa e chiede che siano previste nuove norme per sanzionare: il vagabondaggio, l’accattonaggio e l’occupazione abusiva.

Interessante uno dei commenti dell’autore di questa vergogna nazionale, il Ministro Amato: “Il tragico errore della sinistra è che pensa che il problema della sicurezza sia un problema dei ricchi che hanno qualcosa da difendere. Il problema della sicurezza, oggi, nella società, lo sente chi ha pochissimo da difendere e che, per questo, si difende ancora più aspramente, diventando nemico di chi gli sarebbe simile.” (fonte, la Repubblica, pagina 6, 19 maggio 2007). 

Il ministro continua e si raggiunge il paradosso: “Questa è la peggiore azione che si può fare e che ha l’effetto di «desolidarizzare», di allontanare coloro che hanno difficoltà l’uno dall’altro”. E infatti pensa, insieme a Serra, di costruire quattro “campi” isolati nella campagna romana, dove rinchiudere cinque mila persone, sotto stretto controllo di una forza speciale di polizia; il resto sarà cacciata e si ritroverà disperata e braccata nel resto dell’Italia. 

Certo la stangata elettorale in Sicilia ha fatto male al centro-sinistra e per questo non perde tempo nel confezionare un “pacchetto sicurezza” che farebbe arrossire qualsiasi esagitato razzista che nemmeno nei suoi sogni più arditi ha mai osato considerare. 

Le parole d’ordine nel centro sinistra sono altre: tutti pronti per le prossime elezioni amministrative (uno sguardo al nuovo governo francese di destra non farebbe male agli amiconi dei nascenti: partito democratico e sinistra europea) nella speranza che superando arditamente gli esagitati di alcune formazioni politiche di centro-destra nostrane, si possa stravincere e riportare il Paese al 1940.

A questo punto chiediamo: Europa dove sei?

 

Associazione Sucar Drom

 

___________________

 

Associazione Sucar Drom, sucardrom@...
Sede Nazionale: via don Enrico Tazzoli n.14 - 46100 Mantova
telefono (0039) 0376 360643
fax (0039) 0376 318839

 

Sede Legale: viale Learco Guerra n.23 – 46100 Mantova
telefono e fax (0039) 0376 325440 


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ARCI Immigrazione

UFFICIO STAMPA
Andreina Albano
Tel. 06 41609267 – 3483419402
e-mail: albano@...


COMUNICATO STAMPA

PIANO SICUREZZA DEL MINISTRO AMATO
Un passo indietro sul terreno dei diritti, dell’inclusione
e della lotta alla discriminazione

Dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

Il piano sicurezza del Ministro degli Interni, Giuliano Amato, ci
sembra un  segnale preoccupante, perché il governo rischia di
intraprendere la strada della persecuzione e della criminalizzazione
dei migranti e dei rom.

Facendo leva sulla ormai abusata retorica della sicurezza, si
vogliono creare nuovi spazi di esclusione, ricorrendo all’abusata e
ingiusta sovrapposizione tra immigrazione e problemi di ordine
pubblico. Una rappresentazione distorta che rischia di rendere ancora
più difficile la vita agli stranieri e di consolidare la percezione
negativa nei loro confronti.

E’ ovvio che la sicurezza, come la legalità, siano problemi reali e
necessitino di una risposta adeguata, anche con mezzi straordinari se
occorre, ma un provvedimento come quello che andrà al varo domani con
la firma del Ministro, e che prevede vigilanza dei campi rom e
attribuzione di poteri straordinari ai Prefetti, serve solo ad
alimentare l’isteria che identifica lo straniero come criminale. Se
di lotta alla criminalità si tratta, si intervenga allora in maniera
più efficace sul disagio urbano, sull’esclusione sociale e sulla
discriminazione, le piaghe su cui la criminalità prospera e recluta
la sua manodopera.

Le prime vittime dei criminali nelle aree di disagio urbano, come
dimostrano le statistiche, sono proprio stranieri e rom e
bisognerebbe proteggerli anziché criminalizzarli.

Una risposta alla richiesta di più sicurezza della popolazione va
trovata sul piano culturale con misure specifiche di costruzione di
relazioni locali e interventi di prossimità, attraverso momenti di
incontro e di dialogo, non indicando facili capri espiatori.

Esprimiamo la nostra forte preoccupazione per quella che sembra
essere una risposta repressiva alla domanda di diritti della  la
fascia più debole della popolazione. I problemi sociali vanno
affrontati con le giuste riforme legislative (ed il ddl Amato/
Ferrero, nel suo percorso di consultazione, sembra averne tutti i
requisiti), con un impegno forte e inclusivo che parli di accesso
alla casa, al sistema sanitario, alla scuola.

Le soluzioni dei tanti problemi delle comunità locali, compresa la
localizzazione e il degrado di molti campi rom, vanno costruite con
le istituzioni, i soggetti sociali e le associazioni che operano sul
territorio, dando la parola ai diretti interessati. L’attribuzione di
poteri speciali ai Prefetti verrebbe letta anche da noi, come una
scelta che esclude la  partecipazione e il protagonismo sul territorio.

Bisogna trovare risposte equilibrate, che rispettino le esigenze e i
diritti di tutti.

Roma, 17 maggio 2007


Filippo Miraglia
Responsabile Immigrazione ARCI
Via dei monti di pietralata 16
00151 Roma+
tel. +39.3484410860




( Questa intervista a Daniele Ganser effettuata dalla coraggiosa giornalista svizzera italiana che vive in Palestina, Silvia Cattori, è disponibile sul sito Reseau Voltaire anche nelle lingue:

français : http://www.voltairenet.org/article144415.html

Deutsch : http://www.voltairenet.org/article144708.html

русский : http://www.voltairenet.org/article144725.html

English : http://www.voltairenet.org/article144748.html

Português : http://www.voltairenet.org/article145221.html

Sul libro di Daniel Ganser "Gli eserciti segreti della Nato" (Fazi editore, 2005) si veda:

http://www.fazieditore.it/catalogo/categorie/scheda_libro.asp?id=598
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5121

Sul lavoro di questo studioso si vedano anche:





La strategia della tensione 

Il terrorismo non rivendicato della NATO

Daniele Ganser, professore di storia contemporanea all’università di Basilea e presidente dell’ Aspo-Svizzera, ha pubblicato un libro "sugli eserciti segreti della NATO". Secondo lui, gli Stati Uniti hanno organizzato in Europa dell’Ovest durante gli ultimi 50 anni attentati che sono stati attribuiti alla sinistra e alla sinistra estrema per screditarli agli occhi dei loro elettori. Questa strategia dura ancora oggi per suscitare il timore dell’islam e giustificare le guerre per il petrolio.

Silvia Cattori: Il suo lavoro dedicato agli eserciti segreti della NATO [1], spiega come la strategia della tensione [2] e le operazioni “False Flag” [3]- operazioni "false bandiere", è l’espressione usata per descrivere atti terroristici, portati avanti segretamente da governi o organizzazioni, per essere poi imputate ad altri) implicano dei grandi pericoli. Spiega come la NATO, durante la guerra fredda - in coordinamento con i servizi di informazioni dei paesi dell’Europa occidentale ed il Pentagono - si è servito di eserciti segreti, ha reclutato spie negli ambienti di estrema destra, ed ha organizzato atti terroristici attribuiti poi alla sinistra estrema. Apprendendo ciò, ci si può interrogare su quello che può passare a nostra insaputa.

Daniele Ganser: È molto importante comprendere ciò che la strategia della tensione rappresenta realmente e come ha funzionato durante questo periodo. Ciò può aiutarci ad illuminare il presente ed a vedere meglio in quale misura è sempre in azione. Poca gente sa ciò che l’espressione “strategia della tensione” vuole dire. È molto importante parlarne, spiegarlo. È una tattica che consiste nel commettere degli attentati criminali ed attribuirli a qualcuno di altro. Con il termine tensione ci si riferisce alla tensione emozionale, a ciò che crea una sensazione di timore, di paura. Con il termine strategia, ci si riferisce a chi alimenta le paure della gente riguardo ad un gruppo determinato. Queste strutture segrete della NATO erano state equipaggiate, finanziate e addestrate dalla CIA, in coordinamento con l’MI6 (i servizi segreti britannici), a combattere le forze armate dell’Unione sovietica in caso di guerra, ma anche, secondo le informazioni di cui disponiamo oggi, per commettere attentati terroristici in diversi paesi [4].
Così, fin dagli anni 70, i servizi segreti italiani hanno utilizzato queste armate segrete per fomentare attentati terroristici con lo scopo di causare la paura in seno alla popolazione e, in seguito, accusare i comunisti di essere gli autori. Era il periodo dove la parte comunista aveva un potere legislativo importante al Parlamento. La strategia della tensione doveva servire a screditarlo, indebolirlo, per impedirgli di accedere all’esecutivo.

Silvia Cattori: Apprendere quello che sta dicendo è una cosa. Ma resta difficile credere che i nostri governi abbiano potuto lasciare la NATO , i servizi d’intelligence d’Europa occidentale e la CIA ad agire in modo da minacciare la sicurezza dei loro cittadini!

Daniele Ganser: La NATO era il cuore di questa rete clandestina legata al terrore; il Clandestine Planning Committee (CCP) e l’Allied Clandestine Committee (ACC) erano sottostrutture clandestine dell’Alleanza atlantica, che sono chiaramente identificate oggi. Ma, ora che ciò è stabilito, è sempre difficile sapere chi faceva cosa. Non ci sono documenti per provare chi comandava, organizzava la strategia della tensione, e come la NATO , i servizi di informazioni dell’Europa occidentale, la CIA , il MI6, e i terroristi reclutati negli ambienti di estrema destra, si distribuivano i ruoli. La sola certezza che abbiamo è che c’erano, all’interno di queste strutture clandestine, elementi che hanno utilizzato la strategia della tensione. I terroristi di estrema destra hanno spiegato nelle loro deposizioni che erano i servizi segreti e la NATO che li avevano sostenuti in questa guerra clandestina. Ma quando si chiedono spiegazioni ai membri del CIA o della NATO - ciò che ho fatto durante molti anni - si limitano a dire che potrebbero esserci stati alcuni elementi criminali che sono sfuggiti al controllo.

Silvia Cattori: Questi eserciti segreti operavano in tutti i paesi dell’Europa occidentale?

Daniel Ganser: Con le mie ricerche, ho dimostrato che questi eserciti segreti esistevano, non soltanto in Italia, ma in tutta l’Europa dell’Ovest: in Francia, Belgio, Olanda, Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Turchia, Spagna, Portogallo, Austria, Svizzera, Grecia, Lussemburgo, Germania. Inizialmente si pensava che ci fosse una struttura di guerriglia unica e che, quindi, questi eserciti segreti avevano tutti partecipato alla strategia della tensione, dunque ad attentati terroristici. Ma, è importante sapere che questi eserciti segreti non hanno tutti partecipato agli attentati. E comprendere ciò che li differenziava poiché avevano attività distinte. Quello che appare chiaramente oggi è che queste strutture clandestine della NATO, generalmente chiamate Stay Behind [5], erano concepite, in origine, per agire come una guerriglia in caso d’occupazione dell’Europa dell’Ovest da parte dell’Unione sovietica. Gli Stati Uniti dicevano che queste reti di guerriglia erano necessarie per superare l’impreparazione nella quale i paesi invasi dalla Germania si erano allora trovati.
Numerosi paesi che hanno conosciuto l’occupazione tedesca, come la Norvegia , volevano trarre le lezioni dalla loro incapacità di resistere all’occupante e si è detto, che in caso di nuova occupazione, dovevano essere meglio preparati, disporre di un’altra opzione e potere contare su un esercito segreto nel caso in cui l’esercito classico venisse distrutto. C’erano, all’interno di questi eserciti segreti, persone oneste, patrioti sinceri, che volevano soltanto difendere il loro paese in caso d’occupazione.

Silvia Cattori: Se comprendo bene, questo Stay behind il cui obiettivo iniziale era quello di prepararsi in caso di un’invasione sovietica, è stato deviato da questo scopo per combattere la sinistra. Di conseguenza, si è penato a comprendere perché i partiti di sinistra non hanno indagato, denunciato queste deviazioni prima?

Daniele Ganser: Se si prende il caso dell’Italia, appare che, ogni volta che la parte comunista ha sfidato il governo per ottenere spiegazioni sull’esercito segreto che operava in questo paese sotto il nome di codice Gladio [6], non ci sono state risposte con il pretesto di segreto di Stato. È soltanto nel 1990 che Giulio Andreotti [7] ha riconosciuto l’esistenza di Gladio ed i suoi legami diretti con la NATO , la CIA e il MI6 [8]. È in questo periodo che il giudice Felice Casson ha potuto provare che il vero autore dell’attentato di Peteano nel 1972, che aveva scosso l’Italia, e che era stato attribuito a militanti di estrema sinistra, era Vincenzo Vinciguerra, apparentato Ordine Nuovo, un gruppo di estrema destra. Vinciguerra ha riconosciuto di aver commesso l’attentato di Peteano con l’aiuto dei servizi segreti italiani. Vinciguerra ha anche parlato dell’esistenza di questo esercito segreto chiamato Gladio. E ha spiegato che, durante la guerra fredda, questi attentati clandestini avevano causato la morte di donne e di bambini [9].
Ha anche affermato che queste armate segrete controllate dalla NATO, avevano ramificazioni ovunque in Europa. Quando quest’informazione è uscita, ha provocato una crisi politica in Italia, ed è grazie alle indagini del giudice Felice Casson che siamo stati messi al corrente degli eserciti segreti della NATO. Nella Germania, quando i Socialisti del SPD hanno appreso, nel 1990, che esisteva nel loro paese - come in tutti gli altri paesi europei - un esercito segreto, e che questa struttura era legata ai servizi segreti tedeschi, hanno gridato allo scandalo ed incolpato la parte democristiana (CDU). Questi hanno reagito dicendo: se voi ci accusate, diremo pubblicamente che, anche voi, con Willy Brandt, avevate preso parte a questa cospirazione. Questo coincideva con le prime elezioni della Germania riunificata, che gli SPD speravano di vincere. I dirigenti del SPD hanno capito che non era un buono argomento elettorale; per finire hanno lasciato intendere che quest’eserciti segreti erano giustificabili. Al Parlamento europeo, nel novembre 1990, voci si sono alzate per dire che non si poteva tollerare l’esistenza di eserciti clandestini, né lasciare senza spiegazione degli atti di terrore la cui origine reale non era delucidata, e che occorreva indagare. Il Parlamento europeo ha dunque protestato per iscritto alla NATO ed il presidente George Bush senior. Ma nulla è stato fatto. Soltanto in Italia, in Svizzera ed in Belgio, che indagini pubbliche sono state iniziate. Sono del resto i tre soli paesi che hanno fatto un po’di ordine in quest’affare e che hanno pubblicato una relazione sui loro eserciti segreti.

Silvia Cattori: Cosa ne è oggi? Questi eserciti clandestini sarebbero ancora attivi?

Daniele Ganser: Per uno storico, è difficile rispondere a questa domanda. Non si dispone di un rapporto ufficiale paese per paese. Nei miei lavori, analizzo fatti che posso provare. Per quanto riguarda l’Italia, c’è una relazione che dice che l’esercito segreto Gladio è stato eliminato. Sull’esistenza dell’esercito segreto P 26 in Svizzera, esiste anche un rapporto del Parlamento, nel novembre 1990. Dunque, quest’eserciti clandestini, che avevano conservato esplosivi nei loro nascondigli ovunque in Svizzera, sono state sciolte. Ma, negli altri paesi, non si sa nulla. In Francia, mentre il presidente François Mitterrand aveva affermato che tutto ciò apparteneva al passato, si è appreso successivamente che queste strutture segrete erano sempre attive quando Giulio Andreotti ha lasciato intendere che il presidente francese mentiva: "Voi dite che gli eserciti segreti non esistono più; ma, nel corso della riunione segreta dell’autunno 1990, anche voi francesi eravate presenti; non avete detto che ciò non esiste più".
Mitterrand fu molto contrariato con Andreotti poiché, dopo questa rivelazione, egli dovette rettificare la sua dichiarazione. Più tardi l’ex direttore dei servizi segreti francesi, l’ammiraglio Pierre Lacoste, ha confermato che questi eserciti segreti esistevano anche in Francia, e che anche la Francia aveva avuto delle implicazioni in attentati terroristici [10].
È dunque difficile dire se tutto è passato. E, anche se le strutture Gladio sono state sciolte, potrebbero avere create delle nuove pur continuando a utilizzare la tecnica della strategia della tensione e del “False flag”.

Silvia Cattori: Si può pensare che, dopo il crollo dell’URSS, gli Stati Uniti e la NATO abbiano continuato a sviluppare la strategia della tensione e “False flag” su altri fronti?

Daniele Ganser: Le mie ricerche si sono concentrate sul periodo della guerra fredda in Europa. Ma si sa che ci sono state altrove delle “False flag” dove la responsabilità degli stati è stata provata. Esempio: gli attentati, nel 1953, in Iran, inizialmente attribuiti a comunisti iraniani. Ma, è risultato che la CIA e il MI6 si sono serviti di agenti provocatori per orchestrare la caduta del governo Mohammed Mossadeq, questo nel quadro della guerra per il controllo del petrolio. Altro esempio: gli attentati, nel 1954, in Egitto, che si erano inizialmente attribuiti ai musulmani. Si è provato successivamente che, nell’affare chiamato Lavon [11], sono stati agenti del Mossad gli autori. Qui, si trattava per Israele di ottenere che le truppe britanniche non lasciassero l’Egitto ma vi rimanessero, per garantire la protezione di Israele.
Così, abbiamo esempi storici che dimostrano che la strategia della tensione e la “False flag” sono state utilizzate dagli USA, la Gran Bretagna e Israele. Ci occorre ancora proseguire le ricerche in questi settori, poiché, nella loro storia, altri paesi hanno utilizzato la medesima strategia.

Silvia Cattori: Queste strutture clandestine della NATO, create dopo la Seconda Guerra Mondiale, sotto l’impulso degli Stati Uniti, per dotare i paesi europei di un esercito capace di resistere ad un’invasione sovietica, sono serviti soltanto per condurre operazioni criminali contro cittadini europei? Tutto porta a pensare che gli Stati Uniti guardavano a qualcosa d’altro!

Daniele Ganser: Avete ragione a sollevare la questione. Gli Stati Uniti erano interessati al controllo politico. Questo controllo politico è un elemento essenziale per la strategia di Washington e di Londra. Il generale Geraldo Serravalle, capo di Gladio, la rete italiana Stay-behind, lo spiega nel suo libro. Egli racconta che ha compreso che gli Stati Uniti non erano interessati dalla preparazione di una guerriglia in caso d’invasione sovietica, quando ha visto che, cosa che interessava agli agenti dell’CIA, che assistevano alle esercitazioni d’addestramento dell’esercito segreto che dirigeva, era di assicurarsi che questo esercito funzionasse in modo da controllare le azioni dei militanti comunisti.
Il loro timore era l’arrivo dei comunisti al potere in paesi come la Grecia , l’Italia, Francia. Ecco a cosa doveva servire la strategia della tensione: orientare ed influenzare la politica di alcuni paesi dell’Europa dell’Ovest.

Silvia Cattori: Avete parlato dell’elemento emozionale come fattore importante nella strategia della tensione. Dunque, il terrore, la cui origine resta sfocata, dubbia, la paura che provoca, serve a manipolare l’opinione pubblica. Non si assiste oggi agli stessi metodi? Ieri, si utilizzava la paura del comunismo, oggi non si utilizza la paura dell’islam?

Daniele Ganser: Sì, c’è un parallelo nettissimo. In occasione dei preparativi della guerra contro l’Iraq, si è detto che Saddam Hussein possedeva armi biologiche, che c’era un legame tra il Iraq e gli attentati dell’11 settembre, o che c’era un legame tra l’Iraq e i terroristi di Al Qaida. Ma tutto ciò non era vero. Con queste menzogne, si voleva fare credere al mondo che i musulmani volevano spargere il terrorismo ovunque, che questa guerra era necessaria per combattere il terrore. Ma, la vera ragione della guerra è il controllo delle risorse energetiche. A causa della geologia, le ricchezze di gas e petrolio si concentrano nei paesi musulmani. Quello che vogliono accaparrarsi, deve nascondersi dietro questo tipo di manipolazioni.
Ora non si può dire che non c’è più molto petrolio poiché il massimo della produzione globale - "picco di petrolio" [12] - si verificherà probabilmente prima del 2020 e che occorre dunque andare a prendere il petrolio in Iraq, perché la gente direbbe che non occorre uccidere bambini per questo. Ed hanno ragione. Non si può nemmeno dire che, nel Mar Caspio, ci sono riserve enormi e che si vuole creare una conduttura verso l’oceano indiano ma che, siccome non si può passare per l’Iran al sud, né passare per la Russia al nord, occorre passare per l’est, il Turkmenistan e l’Afghanistan, e dunque, occorre controllare questo paese.
È per questo che si definiscono i musulmani come "terroristi". Sono grandi menzogne, ma se si ripete mille volte che i musulmani sono "terroristi", la gente finirà per crederlo e per accettare che queste guerre antimusulmane sono utili; dimenticando che ci sono molte forme di terrorismo, che la violenza non è per forza una specialità musulmana.

Silvia Cattori: Insomma, queste strutture clandestine sono state sciolte, ma la strategia della tensione ha potuto continuare?

Daniele Ganser: È esatto. Possono avere sciolto le strutture, e averne formato delle nuove. È importante spiegare come, nella strategia della tensione, la tattica e la manipolazione funzionano. Tutto ciò non è legale. Ma, per gli Stati, è più facile manipolare persone che dire loro che si cerca di mettere le mani sul petrolio di altri. Tuttavia, tutti gli attentati non derivano dalla strategia della tensione. Ma è difficile sapere quali sono gli attentati manipolati. Anche coloro che sanno che la maggioranza deli attentati sono manipolati da Stati per screditare un nemico politico, possono scontrarsi con un ostacolo psicologico. Dopo ogni attentato, la gente ha paura, è confusa. È molto difficile farsi all’idea che la strategia della tensione, la strategia del “False flag”, è una realtà. È più semplice accettare la manipolazione e dirsi: "Da trenta anni mi tengo informato e non ho mai sentito parlare di questi eserciti criminali. I musulmani ci attaccano, è per questo che si combatte".

Silvia Cattori: Fin dal 2001, l ’Unione europea ha instaurato misure antiterroriste. È sembrato in seguito che queste misure hanno permesso alla CIA di rapire gente, di trasportarli in luoghi segreti per torturarli. Gli Stati europei non sono diventati un po’ ostaggi e sottomessi agli Stati Uniti?

Daniele Ganser: Gli stati europei hanno avuto un atteggiamento abbastanza debole in relazione agli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Dopo avere affermato che le prigioni segrete erano illegali, hanno lasciato fare. Stessa cosa con i prigionieri di Guantanamo. Delle voci si sono alzate in Europa per dire: "non si possono privare i prigionieri della difesa di un avvocato". Quando la signora Angela Merkel ha evocato la questione, gli Stati Uniti hanno chiaramente lasciato intendere che la Germania è stata un po’ implicata in Iraq, che i suoi servizi segreti avevano contribuito a preparare la guerra, dunque dovevano tacersi.

Silvia Cattori: In questo contesto, in cui ci sono ancora molte zone d’ombra, quale sicurezza può portare la NATO al popolo che presumibilmente dovrebbe proteggere se permette a servizi segreti di manipolare?

Daniele Ganser: Per quanto riguarda gli attentati terroristici manipolati dagli eserciti segreti della rete Gladio durante la guerra fredda, è importante potere determinare chiaramente qual è l’implicazione reale della NATO là dentro, di sapere ciò che è realmente avvenuto. Si trattava di atti isolati o di atti organizzati segretamente dalla NATO? Fino ad oggi, la NATO ha rifiutato di parlare della strategia della tensione e del terrorismo durante la guerra fredda, rifiuta ogni questione che riguarda Gladio. Oggi, ci si serve della NATO come un’una armata offensiva, mentre quest’organizzazione non è stata creata per svolgere questo ruolo. E’ stata attivato in questo senso, il 12 settembre 2001, immediatamente dopo gli attentati di New York. I dirigenti della NATO affermano che la ragione della loro partecipazione alla guerra contro gli Afgani è di combattere il terrorismo. Ma, la NATO rischia di perdere questa guerra. Ci sarà, allora, una grande crisi, dibattiti. Che permetterà allora di sapere se la NATO conduce, come afferma, una guerra contro il terrorismo, o se ci si trova in una situazione simile a quella che si è conosciuta durante la guerra fredda, con l’esercito segreto Gladio, dove c’era un legame con il terrorismo. Gli anni futuri diranno se la NATO ha agito esternamente alla missione per la quale è stata fondata: difendere i paesi europei e gli Stati Uniti in caso d’invasione sovietica, evento che non si è mai verificato. La NATO non è stata fondata per impadronirsi del petrolio o del gas dei paesi musulmani.

Silvia Cattori: Si potrebbe ancora comprendere come Israele, che ha interessi ad allargare i conflitti nei paesi arabi e musulmani, incoraggi gli Stati Uniti in questo senso. Ma non si vede quale può essere l’interesse degli stati europei ad impegnare truppe in guerre decise dal Pentagono, come in Afghanistan?

Daniele Ganser: Penso che l’Europa è confusa. Gli Stati Uniti sono in una posizione di forza, e gli europei hanno tendenza a pensare che la migliore cosa sia di collaborare con i più forti. Ma occorrerebbe riflettere un po’ di più. I parlamentari europei cedono facilmente alla pressione degli Stati Uniti che richiedono sempre più truppe su questo o quel fronte. Più i paesi europei cedono, più si sottomettono, e più si troveranno con problemi sempre più grandi. In Afghanistan, i tedeschi e i britannici sono sotto comando dell’esercito statunitense.
Strategicamente, non è una posizione interessante per questi paesi.
Ora, gli Stati Uniti hanno chiesto ai tedeschi di impegnare i loro soldati anche al sud dell’Afghanistan, nelle zone in cui la battaglia è più cruenta. Se i tedeschi accetteranno, rischiano di farsi massacrare dalle forze afgane che rifiutano la presenza di qualsiasi occupante. La Germania dovrebbe seriamente chiedersi se non fosse il caso di ritirare i suoi 3000 soldati di Afghanistan. Ma, per i tedeschi, disubbidire agli ordini degli Stati Uniti, di cui sono un po’ vassalli, è un passo difficile da fare.

Silvia Cattori: Cosa sanno le autorità che ci governano oggi della strategia della tensione? Possono continuare come ciò a lasciare guerrafondai fomentare colpi di Stato, rapire e torturare gente senza reagire? Hanno ancora i mezzi per impedire queste attività criminali?

Daniele Ganser: Non so. Come storico, osservo, prendo nota. Come consigliere politico, dico sempre che non occorre cedere alle manipolazioni che mirano a suscitare la paura e fare credere che i "terroristi" siano sempre i musulmani; dico che si tratta di una lotta per il controllo delle risorse energetiche; che occorre trovare mezzi per sopravvivere alla penuria energetica senza andare nel senso della militarizzazione. Non si possono risolvere i problemi in questo modo; li peggiorano.

Silvia Cattori: Quando si osserva la diabolizzazione degli Arabi e dei musulmani a partire dal conflitto israeliano-palestinese, ci si dice che ciò non ha nulla a che vedere con il petrolio.

Daniele Ganser: Sì, in questo caso sì. Ma, nella prospettiva degli Stati Uniti, si tratta di una lotta per prendere il controllo delle riserve energetiche del blocco eurasiatico che si situa in questa "ellisse strategico" che va dall’Azerbaigian passando per il Turkmenistan ed il Kazachistan, fino all’Arabia Saudita, Iraq, Kuwait e Golfo Persico.
È precisamente là, in questa regione in cui si svolgono le pretese guerre "contro il terrorismo", che si concentrano le importanti riserve in petrolio e gas. Secondo me, non si tratta di altra cosa che di una sfida geostrategica dentro la quale l’Unione europea può soltanto perdere. Poiché, se gli Stati Uniti prendono il controllo di quelle risorse, e la crisi energetica peggiora, diranno: "volete gas, volete petrolio, molto bene, in cambio vogliamo questo e quello". Gli Stati Uniti non daranno gratuitamente il petrolio ed il gas ai paesi europei. Poche persone sanno che il "picco del petrolio", il massimo della produzione, è stato già raggiunto nel mare del Nord e che, quindi, la produzione del petrolio in Europa - la produzione della Norvegia e della Gran Bretagna - è in declino. Il giorno che la gente si renderà conto che queste guerre "contro il terrorismo" sono manipolate, e che le accuse contro i musulmani sono, in parte, della propaganda, rimarranno sorpresi. Gli Stati europei devono svegliarsi e comprendere infine come la strategia della tensione funziona. E devono anche iniziare a dire no agli Stati Uniti. Inoltre, negli Stati Uniti anche, c’è molta gente che non vuole questa militarizzazione delle relazioni internazionali.

Silvia Cattori: Avete anche fatto ricerche sugli attentati dell’11 settembre 2001 e scritto un libro [13] con altri intellettuali che si preoccupano delle incoerenze e delle contraddizioni nella versione ufficiale di questi eventi come le conclusioni della Commissione d’indagine delegata da Mister Bush? Non temete di essere accusati di "teoria del complotto"?

Daniele Ganser: I miei studenti e altra persone mi hanno sempre chiesto: se questa "guerra contro il terrorismo" riguarda realmente il petrolio ed il gas, gli attentati dell’11 settembre non sono stati anch’essi manipolati? O è una coincidenza, che i musulmani di Osama bin Laden abbiano colpito esattamente nel momento in cui i paesi occidentali iniziavano a capire che una crisi del petrolio si annunciava? Ho dunque iniziato ad interessarmi a ciò che era stato scritto sull’11 settembre ed a studiare anche la relazione ufficiale che presentata nel giugno 2004. Quando ci si immerge in quest’argomento, ci si accorge di primo acchito che c’è un grande dibattito planetario attorno a ciò che è realmente avvenuto l’11 settembre 2001. L ’informazione che abbiamo non è precisa. Quello che chiede precisazione nel rapporto di 600 pagine è che la terzo torre che è crollata quel giorno, non è neppure citata. La Commissione parla soltanto del crollo delle due torri, "Twin Towers". Mentre c’è una terza torre, alta 170 metri , che è crollata; la torre si chiamava WTC 7. Si parla di un piccolo incendio in quel caso. Ho parlato con i professori che conoscono perfettamente la struttura degli edifici; dicono che un piccolo incendio non può distruggere una struttura di una simile dimensione. La storia ufficiale sull’11 settembre, le conclusioni della commissione, non sono credibili. Questa mancanza di chiarezza mette i ricercatori in una situazione molto difficile. La confusione regna anche su ciò che è realmente avvenuto al Pentagono. Sulle fotografie che abbiamo è difficile vedere un aereo. Non si vede come un aereo possa essere caduto là.

Silvia Cattori: Il Parlamento del Venezuela ha chiesto agli Stati Uniti di avanzare ulteriori spiegazioni per chiarire l’origine di quegli attentati. Ciò non dovrebbe essere un esempio da seguire?

Daniele Ganser: Ci sono molte incertezze sull’11 settembre. I parlamentari, gli universitari, i cittadini possono chiedere conto su ciò che è realmente avvenuto. Penso sia importante continuare ad interrogarsi. È un evento che nessuno può dimenticare; ciascuno si ricorda dove si trovava in quel momento preciso. È incredibile che, cinque anni più tardi, non si sia ancora arrivati a vedere chiaro.

Silvia Cattori: Si direbbe che nessuno voglia rimettere in discussione la versione ufficiale. Si sarebbero lasciati manipolare con la disinformazione organizzata da strateghi della tensione e False flag? Daniele Ganser: Si è manipolabile se si ha paura; paura di perdere il proprio lavoro, paura di perdere il rispetto della gente. Non si può uscire da questa spirale di violenza e di terrore se ci si lascia manipolare dalla paura. È normale avere paura, ma occorre parlare apertamente di questa paura e delle manipolazioni che la generano. Nessuno può sfuggire alle loro conseguenze. Ciò è tanto più grave in quanto i responsabili politici agiscono spesso sotto l’effetto di questa paura. Occorre trovare la forza di dire: "Sì ho paura di sapere che queste menzogne fanno soffrire la gente; sì ho paura di pensare che non ci sia più molto petrolio; sì ho paura di pensare che questo terrorismo di cui si parla è la conseguenza di manipolazioni, ma non mi lascerò intimidire".

Silvia Cattori: Fino a che punto paesi come la Svizzera partecipano, attualmente, alla strategia della tensione?

Daniele Ganser: Penso che non ci sia strategia della tensione in Svizzera. Questo paese non conosce attentati terroristici. Ma, la cosa vera è che, in Svizzera come altrove, è che i politici che temono gli Stati Uniti, le loro posizioni di forza, tendono a dire: sono buoni amici, non abbiamo interesse a batterci con loro.

Silvia Cattori: Questo modo di pensare e coprire le menzogne che derivano dalla strategia della tensione, non rendono tutti complici dei crimini che comporta? A cominciare dai giornalisti e partiti politici?

Daniele Ganser: Penso, personalmente, che tutti i giornalisti, universitari, politici devono riflettere sulle implicazioni della strategia della tensione e del “False flag”. Noi siamo evidentemente in presenza di fenomeni che sfuggono a qualsiasi comprensione. È per questo che, ogni volta che ci sono attentati terroristici, occorre interrogarsi e cercare di comprendere cosa si nasconde dietro. È soltanto il giorno in cui si ammetterà ufficialmente che le False flag sono una realtà, che si potrà stabilire una lista delle False flag che hanno avuto luogo nella storia e mettersi d’accordo su ciò che occorrerà fare.
La ricerca della pace è il tema che m’interessa. È importante aprire il dibattito sulla strategia della tensione e prendere atto che si tratta di un fenomeno reale. Fintantoché non si accetterà di riconoscere la sua esistenza, non si potrà agire. È per questo che è importante spiegare quello che la strategia della tensione significa realmente. E, una volta compreso, non di lasciarsi prendere dalla paura e odio contro un gruppo. _ Bisogno dire che non è soltanto un paese implicato; che non sono soltanto gli Stati Uniti, Italia, Israele o gli iraniani, ma che questo si produce ovunque, anche se alcuni paesi vi partecipano in modo più intenso di altri. Occorre comprendere, senza accusare tale paese o tale persona. Il timore e l’odio non aiutano ad avanzare ma paralizzano il dibattito. Vedo molti accuse contro gli Stati Uniti, contro Israele, la Gran Bretagna , o alternativamente, contro l’Iran, la Siria. Ma la ricerca della pace insegna che non occorre abbandonarsi a delle accuse basate sul nazionalismo, e che non serve né odio né paura; è più importante spiegare. Questa comprensione sarà benefica per noi tutti.

Silvia Cattori: Perché il vostro libro sugli eserciti segreti della NATO, pubblicato in inglese, tradotto in italiano, in turco, sloveno e presto in greco, non è pubblicato in francese?

Daniele Ganser: Non ho ancora trovato un editore in Francia. Se un editore è interessato a pubblicare il mio libro sarò felicissimo di vederlo tradotto in francese.


[1] Nato’s secret Armies : Terrorism in Western Europe par Daniele Gabnser, préface de John Prados. Frank Cass éd., 2005. ISBN 07146850032005

[2] C’est après l’attentat de Piazza Fontana à Milan en 1969 que l’expression stratégie de la tension a été entendue pour la première fois.

[3] False flag operations (opérations faux drapeaux) est l’expression utilisée pour désigner des actions terroristes, menées secrètement par des gouvernements ou des organisations, et que l’on fait apparaître comme ayant été menées par d’autres.

[4] « Stay-behind : les réseaux d’ingérence américains » par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 20 août 2001.

[5] Stay behind (qui veut dire : rester derrière en cas d’invasion soviétique) est le nom donné aux structures clandestines entraînées pour mener une guerre de partisans.

[6] Gladio désigne l’ensemble des armées secrètes européennes qui étaient sous la direction de la CIA.

[7] Président du Conseil des ministres, membre de la démocratie chrétienne.

[8] « Rapport Andreotti sur l’Opération Gladio » document du 26 février 1991, Bibliothèque du Réseau Voltaire.

[9] « 1980 : carnage à Bologne, 85 morts », Réseau Voltaire, 12 mars 2004.

[10] « La France autorise l’action des services US sur son territoire » par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 8 mars

[11] Affaire Lavon, du nom du ministre de la Défense israélien qui a dû démissionner quand le Mossad a été démasqué comme ayant trempé dans ces actes criminels

[12] Voir : « Odeurs de pétrole à la Maison-Blanche », Réseau Voltaire, 14 décembre 2001. « Les ombres du rapport Cheney » par Arthur Lepic, 30 mars 2004. « Le déplacement du pouvoir pétrolier » par Arthur Lepic, 10 mai 2004. « Dick Cheney, le pic pétrolier et le compte à rebours final » par Kjell Aleklett, 9 mars 2005.« L’adaptation économique à la raréfaction du pétrole » par Thierry Meyssan, 9 juin 2005.

[13] 9/11 American Empire : Intellectual speaks out, sous la direction de David Ray Griffin, Olive Branch Press, 2006

Da: http://www.voltairenet.org/article144711.html




NELLA UNIONE EUROPEA IL REVANSCISMO NAZISTA È "UN LEGITTIMO DIRITTO"


<< Barroso (...) ha commentato la decisione di Tallin di togliere un
monumento ai soldati sovietici della seconda guerra mondiale, che ha
fatto infuriare Mosca, come "un diritto di uno stato sovrano. Ma la
mia opinione è che certi provvedimenti, per quanto legittimi,
dovrebbero essere discussi". >>

( Repubblica online, 18 maggio 2007
http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/esteri/russia-ue-tensione/
putin-negoziati/putin-negoziati.html )