Informazione


(NB: la versione di questo documento corredata da fotografie può essere scaricata al sito del Coord. RSU, indicato più sotto, oppure al nostro link: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz1206.doc )


From: gilberto . vlaic @ elettra . trieste . it
Date: December 27, 2006 3:05:31 PM GMT+01:00
Subject: Relazione viaggio a Kragujevac


Care amiche cari amici, vi mando la relazione del viaggio concluso due settimane fa a Kragujevac.
Per illustrare meglio il contenuto, ho pensato fosse utile inserire alcune foto.
Per non eccedere nelle dimensioni di questa relazione le ho rimpicciolite; non sono quindi di qualita' eccezionale.
Stiamo iniziando a distribuire i regali ricevuti, che sono moltissimi, visto che erano rimasti in Serbia quelli ricevuti a settembre scorso.
Il prossimo viaggio e' pianificato per il periodo 15-18 marzo prossimi.

I miei piu' sinceri auguri per un felice 2007.
Gilberto Vlaic



RITORNO DALLA  ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 7-10 dicembre 2006

(resoconto di viaggio  a cura di Gilberto Vlaic del gruppo ZASTAVA Trieste)

Questa relazione e’ suddivisa sette parti.
1 Introduzione
2 Un nuovo camion di aiuti
3 Delegazione in visita e materiale trasportato
4 Cronaca del viaggio 
5 I progetti in corso e le possibilita’ future
6 Informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava 
7 Conclusioni

Contiene inoltre una novita’ importante: ho introdotto alcune foto per illustrare meglio i singoli paragrafi.


1 - Introduzione

Vi invio la relazione del viaggio svolto due settimane fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle (Gruppo Zastava di Trieste e sezione del Veneto) e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Vi ricordo che il sito del coordinamento RSU, sul quale trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative, ha cambiato indirizzo; 
si e’ spostato da
a:
Trovate tutte le informazioni seguendo il link 
Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:
L'ultima relazione relativa al nostro viaggio di settembre 2006 si trova all'indrizzo
e in ordine cronologico potete trovare tutte le altre.
Vi invito a leggere su questo sito l’articolo “L’inferno secondo la NATO” di William Bowles del 29 settembre, che potete scaricare all’indirizzo 

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:
che contiene migliaia di articoli sulla situazione nei Balcani difficilmente reperibili sulla stampa nazionale.


2 – Un nuovo camion di aiuti 

A novembre scorso siamo riusciti a inviare un nuovo camion di aiuti (il sesto da luglio 2005, quando abbiamo cominciato queste spedizioni).
La spedizione e’ stata effettuata in collaborazione con:
Cooperazione Odontoiatrica Internazionale 
Fondazione Luchetta, Ota, D'Angelo, Hrovatin di Trieste
Comunita' Serba Ortodossa di Trieste
Associazione di Solidarieta' Internazionale Triestina
Il carico era costituito da:
8 lampade operatorie odontoiatriche Siemens 
16 biclclette 
2 passeggini per neonati 
1 lettino per bambini 
1 deambulatore 
3 personal computers
180 colli di vestiario, scarpe, biancheria per casa e letto e giocattoli usati
21 scatoloni contenenti 2180 pannoloni per adulti, dono della Caritas Trieste.
Per spedire tutto questo materiale abbiamo speso 900 euro e, come al solito, abbiamo potuto contare sull’aiuto della Fondazione Luchetta, Ota, D'Angelo, Hrovatin, che ha contribuito con 500 euro.
I computers erano destinati all'associazione volontaria di genitori Lokalni Tim “Put u srecno odrastanje” (Viaggio nella crescita felice).
I pannoloni sono stati consegnati all’associazione malati di sclerosi multipla di Kragujevac che ce ne aveva fatto richiesta a settembre scorso; abbiamo poi saputo, e la cosa non puo’ che farci molto piacere, che sono stati suddivisi tra le tre associazioni di Kragujevac, Nis e Gornji Milanovac.

A proposito delle nostre spedizioni via  camion, nella relazione inviatavi a settembre scorso avevo dimenticato di inserire la seguente lista di materiali:
1 ecografo 
1 appareccho radiografico dentale 
1 macchina polimerizzatrice per resine 
1 macchina ad ultrasuoni per la rimozione del tartaro dentale 
il tutto destinato al Centro Medico della Zastava e che abbiamo spedito profittando del passaggio da Trieste di un camion inviato a Kragujevac dalla Camera del Lavoro di Torino. Il volume di questi oggetti era piuttosto limitato, e non abbiamo avuto costi aggiuntivi per la spedizione.
Questa strumentazione medica ( in parte nuova, in  parte usata) e' stata acquistata con i fondi messi a disposizione dal progetto finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia.


3 - Delegazione in visita e materiale trasportato

La delegazione era formata da Alessandro, Francesca, Gabriella, Gilberto, Linda, Marco, Paolo, Tiziana e Valentina da Trieste, Beatrice e Giandomenico da Conegliano Veneto, Alessandra da Venezia e Gino da Montereale Valcellina.
Abbiamo usato il pullmino della ASIT (finalmente e’ stato riparato dopo l’incidente che aveva subito durante l’estate) ed un’auto.
Gli affidi a distanza da distribuire erano 173, di cui 3 nuovi, per un valore complessivo di 16620 euro, per la maggior parte in quote trimestrali da 75 euro o da 85 euro.
Avevamo anche farmaci per il Centro Medico Zastava per piu’ di 15.000 euro e materiale di consumo per dentisti (circa 4.000 euro).
Abbiamo caricato anche molti scatoloni di regali da parte di famiglie italiane per le famiglie jugoslave, ed alcuni pacchi di gomitoli di lana e cotone per i ragazzi ospiti del centro per disabili “21 ottobre”.


4 - Cronaca del viaggio

Siamo partiti  da Trieste verso le 9 del mattino di giovedi’ 7 dicembre e siamo arrivati  a Kragujevac alle 8 di sera, senza alcun problema durante il viaggio, a parte l’attraversamento di Belgrado in ora di punta, con il solito traffico assolutamente caotico.
Abbiamo avuto sempre tempo bellissimo, molto caldo per il periodo.
Appena arrivati abbiamo verificato le liste delle adozioni e preparato le buste con il denaro per l’assemblea che abbiamo tenuto la mattina del sabato 9 dicembre. 

Mi limito ora a descrivere sommariamente gli incontri che abbiamo avuto.
Nel prossimo paragrafo li illustrero’ in dettaglio collegandoli ai progetti in corso.

Venerdi’ 8 al mattino come primo appuntamento abbiamo incontrato in Comune Slavica Saveljic, assessore ai servizi sociali del Comune per un esame dello stato dei lavori del centro di accoglienza per ragazzi autistici e per discutere di progetti futuri.
Il Comune ci ha informato di aver finalmente trovato un locale idoneo per la realizzazione di un centro di aggregazione giovanile in un quartiere periferico della citta’, abitato prevalentemente da operai e le loro famiglie. E’ stata anche individuata una scuola primaria dotata di giardino recintato presso la quale si potrebbe realizzare un parco giochi per bambini.

Successivamente siamo andati al presidio sanitario della Zastava, dove abbiamo illustrato il nuovo progetto che la Regione Friuli Venezia Giulia ci ha cofinanziato e preso gli accordi iniziali per renderlo operativo.
Ci siamo recati poi al centro di accoglienza diurno per ragazzi con sindrome Down e piu’ in generale con disabilita’ psichiche, che avevamo inaugurato a luglio 2005, dove abbiamo lasciato in regalo la lana e il cotone che avevamo portato da Trieste.

Nel pomeriggio abbiamo avuto un importante incontro presso la Scuola Tecnica Za Masinstovo I Saobracaj, dove abbiamo firmato l’accordo per la realizzazione di un ambulatorio dentistico destinato agli studenti.

Infine nel tardo  pomeriggio abbiamo incontrato nelle loro case due delle famiglie che sosteniamo. 
Ho visto ormai decine e decine di case, ed ormai ho fatto l’abitudine a situazioni di forte disagio, ma una di queste mi ha particolarmente colpito.
Si trova a lato di uno degli svincoli della strada di scorrimento che attraversa Kragujevac; ci saremo passati negli anni almeno cento volte ma non mi ero mai accorto dell’esistenza di queste case (che sono al di sotto del piano stradale). La famiglia che abbiamo visitato e’ composta da marito, moglie e due figli; il marito e’ ingegnere e lavora alla Zastava camion con uno stipendio di circa 300 euro ma questa famiglia ha la sfortuna (come tante altre, del resto…) di non possedere una casa propria; per questo abitano in una di queste casupole, circa trenta metri quadrati, pagando un affitto di 120 euro al mese!

La mattina di sabato 9 dicembre si e’ tenuta l’assemblea per la consegna delle quote di affido, nella  grande sala della direzione. L’atmosfera e’ stata come sempre molto festosa e, complici le festivita’ di fine anno, abbiamo ricevuto una imponente  quantita’ di doni da parte delle  famiglie jugoslave ai loro amici italiani. Tenuto conto che a settembre non eravamo riusciti a portare con noi i regali ricevuti, alla fine il pullmino era stracarico; cercheremo di consegnare tutti questi regali nel piu’ breve tempo possibile,anche se ci saranno alcune difficolta’ “geografiche”: ci sara’ senz’altro impossibile ad esempio consegnare le tante bottiglie di rakja ricevute per i sottoscrittori che riusciamo a raggiungere solo per posta! 

Il pomeriggio, dopo una rapido attraversamento del parco della rimembranza di Sumarice, abbiamo visitato altre due famiglie con figli in affido.

(le foto: Una nostra delegazione / Assemblea / Consegna affido/ Il monumento ALI SPEZZATE, a Sumarice, a ricordo della strage nazista del 21 ottobre 1941 )

A conclusione di questi due giorni la sera del 9 dicembre abbiamo incontrato a cena una folta delegazione (circa 20 persone) delle tre associazioni di malati di sclerosi multipla citate in precedenza (al paragrafo un nuovo camion di aiuti); e’ stato un incontro molto bello con questi nuovi amici, con i quali  speriamo di potere collaborare d’ora in avanti con continuita’; la serata si e’ conclusa con musica serba tradizionale e gli immancabili trascinanti balli collettivi.


5 - I progetti in corso e di possibile realizzazione

Ormai da tre e’ stata presa la decisione di collaborare a progetti che vadano incontro a reali bisogni sociali esistenti in citta’, unendo eventualmente i nostri sforzi a quelli di altre associazioni. A questo proposito si conferma la collaborazione con l’associazione Zastava Brescia e con la Cooperazione odontoiatrica Internazionale (COI); si e’ aggiunta nel 2006 l’associazione ABC, Solidarieta’ e Pace di Roma. 
Questi sono gli indirizzi dei siti delle associazioni:

A) Collaborazioni con il Comune di Kragujevac: centro autismo e un nuovo centro di aggregazione giovanile.

Durante l’incontro con Slavica Saveljic, assessore alle politiche sociali del Comune, abbiamo verificato lo stato dei lavori nei locali destinati al centro di accoglienza diurno per ragazzi autistici. Il problema dell’umidita’ capillare non e’ stato ancora risolto; inoltre ci sono molte perplessita’ sul suo utilizzo, dovute al fatto che questi locali si affacciano direttamente su una strada di grande traffico (Via Knez Mihajlo 39), senza zone di rispetto. 
Quindi presumibilmente i locali potranno essere utilizzati in un’altra maniera, ad esempio come centro di aggregazione giovanile. Non e’ piu’ attuabile l’ipotesi di utilizzarli come centro per la vendita degli oggetti di artigianato prodotti dai ragazzi dell’orfanotrofio e di altre associazioni, in quanto la Regione Abruzzi ha finanziato con 16.000 euro la realizzazione di questo negozio in altra sede, sempre in centro citta’.
Nell’attesa di risolvere il problema dei ragazzi autistici, la signora Saveljic ha proposto di ospitarne due presso il Centro 21 ottobre. Del resto dovrebbe essere la Cooperativa Sociale VIVERE, che gestisce il Centro 21 ottobre, ad occuparsi anche degli autistici. La discussione su questo argomento e’ poi continuata durante la visita al Centro, dove e’ stata individuata una possibile soluzione (vedi al punto C di questo paragrafo).
L’assessore ci ha poi proposto di prendere in carico un grande locale (piu’ di 100 metri quadrati) di proprieta’ pubblica, posto al centro di un quartiere operaio sito alle spalle della Zastava auto. Il segretario nazionale del COI ed io abbiamo visitato l’edificio: e’ in buone condizioni edilizie, e’ costituito da un grande salone molto luminoso, ed un ampio ripostiglio. Ne abbiamo parlato a lungo con l’associazione Zastava Brescia, durante la loro assemlea d’inverno che si e’ tenuta a Brescia domenica 17 dicembre, alla quale ho partecipato.
Abbiamo deciso di rispondere positivamente a questa offerta ed abbiamo quindi scritto una lunga lettera alla signora Saveljic dove, a poposito di questo progetto, si dice:

Innanzitutto dichiaro anche a nome del COI e di Zastava Brescia che accettiamo la proposta di costituzione di un centro di aggregazione per giovani nei locali di proprieta' pubblica che ci avete fatto visitare il giorno 8 dicembre.
Riteniamo che siano idonei allo scopo e situati in un quartiere che risponde alla tipologia da noi prevista per questo tipo di interventi.
La preghiamo quindi di voler far predisporre i preventivi dei lavori necessari per rendere agibili questi locali in tempi ragionevolmente brevi.
Ci e' sembrato che lo stato complessivo dei locali sia sufficientemente valido e che non siano necessari grandi interventi alla struttura.
Cio' che noi desideriamo e' che si possa realizzare
a)una biblioteca ed eventualmente una emeroteca
b)una sala informatica con diversi collegamenti internet, possibilmente veloci, e gratuiti per gli utenti
c)una videoteca con proiettore
Cio' che noi vorremmo offrire ai bambini e ai ragazzi di quel quartiere e' la possibilita' di usufruire di strumenti culturali i piu' vari che li aprano almeno virtualmente al mondo. 
Naturalmente siamo aperti a qualunque suggerimento che la vostra conoscenza del territorio e dei suoi bisogni vorra' suggerire.
Il progetto e' senz'altro impegnativo e per questo motivo potra' essere modulato nel tempo.
Restiamo quindi in attesa di sue notizie e le inviamo cordiali saluti.
  
(le foto: Esterno dell'edificio per il nuovo centro di aggregazione giovanile / Interno, vista parziale / Quartiere circostante)

 B) Collaborazione con il presidio sanitario della Zastava. 

Si tratta di una collaborazione iniziata quasi due anni fa presidio sanitario della Zastava (Zavod Za Zdravsvenu Zastitu Radnika): vi lavorano 326 persone, due terzi dei quali operatori sanitari (piu’ di 60 sono i medici) ed un terzo di amministrativi. 224  lavoratori sono iscritti al sindacato Samostalni (dato di marzo 2006).
Il suo bacino di utenza e’ rappresentato attualmente da circa 50.000 lavoratori e loro familiari e da circa 7.000 pensionati.
Il problema del presidio sanitario e’ che la strumentazione in uso ha un’eta’ media di piu’ di 20 anni, ed e’ quindi fortemente inadeguata. 
Insieme al COI (Cooperazione Odontoiatrica Internazionale) abbiamo iniziato il rinnovo della strumentazione degli ambulatori dentistici, con la donazione a luglio del 2005 di due poltrone (una recuperata a Napoli dalla nostra attivissima Boba).
La collaborazione si e’ poi potuta espandere grazie al finanziamento ricevuto  dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, Assessorato all’istruzione, cultura, sport e politiche della pace e della solidarieta’, che a novembre 2005 aveva approvato un nostro progetto, relativo alla prevenzione e cura stomatologica nell’infanzia. La Regione FVG ci aveva erogato un finanziamento  di 17.400 euro per il 2006, con il quale sono state acquisite le strumentazioni descritte e nelle relazioni precedenti.
A marzo 2006 abbiamo presentato un nuovo progetto alla Regione FVG; quest’anno  prende il nome di “Un sorriso agli anni”. La Regione ha finanziato questo nuovo progetto con 31.500 euro; il 70% di questa cifra (pari a 22.050 euro) ci sono gia’ consegnati il 2-9-06.
Gli assi principali del progetto sono la formazione del personale, l’epidemiologia e la fornitura di apparecchiature per la fabbricazione di protesi. Inoltre e’ previsto uno studio dentistico mobile, in modo da poter curare a domicilio anche i non  autosufficienti.

(le foto: Centro medico vista parziale / Vecchia poltrona dentistica / Nuova poltrona / Ambulanza donata a luglio 2006 dalla Misericordia Bassa Friulana (targata UD 601398) / L’ambulanza con la nuova targa KG 906-80 )

     
C) Centro 21 ottobre  per l’accoglienza diurna di ragazzi con sindrome Down ed altre disabilita’ psichiche

Il Centro e’ stato inaugurato nel luglio 2005; e’ gestito dalla  cooperativa sociale VIVERE ed accoglie al momento 15 persone. E’ la prima (e per ora unica) Cooperativa Sociale in Serbia.
Questa volta avevamo con noi molta lana e molti gomitoli di cotone per il laboratorio di tessitura; inoltre dovevamo ritirare la ricevuta relativa ai 150 euro lasciati come dono a settembre; usando questo denaro e 110 euro lasciati a novembre dall’Associazione Zastava Brescia hanno acquistato una videocamera per documentare le loro attivita’.
Abbiamo discusso a lungo con Jelena, la giovane ed entusiasta difettologa che lo dirige, della possibilita’ di inserire nel 21 ottobre anche due ragazzi autistici, nell’attesa che il centro a loro dedicato inizi a funzionare. Ci ha spiegato in modo molto preciso e dettagliato tutti i motivi che rendono impossibile la convivenza tra autistici e Down; questi ultimi mutuerebbero comportamenti da autistici ed subirebbero una importante regressione. 

(le foto: Centro 21 ottobre ingresso / Sala soggiorno / Macchine per cucire / Telaio per tessitura )             


Durante la discussione e’ emerso che la situazione ottimale sarrebbe quella di realizzare un unico centro per ragazzi con disabilita’ e problemi psichici, ma con una rigorosa separazione tra down ed autistici.
A questo punto abbiamo avuto una enorma sorpresa. Siamo sempre arrivati al centro 21 ottobre dalla strada a lato dell’ingresso, ed abbiamo sempre creduto che si trattasse di un edificio ad un piano, come e’ chiaramente visibile nella seguente foto (scattata a luglio 2005)



Ex Jugo: la miseria dei pensionati

09.11.2006   

La drammatica condizione degli anziani nei paesi dell'ex Jugoslavia. In Slovenia sopravvivono, in Croazia sono al di sotto della soglia di povertà, in Bosnia Erzegovina e Serbia sono alla fame. I dati dell'inchiesta di Novi List. Nostra traduzione

Di Ladislav Tomičić e Bojana Oprijan Ilić, Novi List, 6 novembre 2006 (tit. orig. U Sloveniji skromni, u Hrvatskoj siromašni, u Srbiji i BiH gladni) 

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak 

I pensionati croati, con una pensione media di 250 euro, sono il doppio più poveri di quelli sloveni (500 euro al mese) e ricchi più del doppio dei pensionati della Bosnia Erzegovina (112 euro). Se paragonati ai pensionati della Serbia, che mediamente ricevono 160 euro al mese, si potrebbe anche dire che i pensionati croati non se la passano male. Tuttavia, nessun paragone può cancellare il fatto disastroso che i pensionati dei paesi della ex Jugoslavia sono la categoria sociale messa peggio. Negli ultimi dieci anni le metropoli di questi paesi risplendono della stessa immagine: i vecchi che, nel tardo pomeriggio, si recano ai mercati per raccogliere i resti della verdura che potrebbero essere commestibili. Se escludiamo la Slovenia, l’unico membro dell’Unione europea di tutti i paesi del territorio della ex Jugoslavia, in realtà la media dello standard pensionistico nei paesi che sono nati sul territorio della ex Jugoslavia, è fra la miseria e la “sopravvivenza tiratissima”. 

In Serbia solo un pensionato su dieci percepisce entrate più alte della soglia di povertà, mentre il 35% vive sotto la soglia della fame e il 55% sotto la soglia di povertà. Il numero totale di pensionati in Serbia è di 1,2 milioni di persone. In Croazia la situazione è solo un po' meglio: il 60%dei pensionati riceve una pensione di poco più alta della soglia ufficiale di povertà, fissata a circa 1.850 kune [poco più di 250 euro, ndt] 

La cosa interessante è che i pensionati serbi e croati hanno problemi quasi identici: il calo continuo della pensione media rispetto allo stipendio medio, la restituzione del debito pensionistico e la continua lotta per un modello coordinato di pensioni sempre più adeguato. 

I nuovi pensionati - il grande problema 

Ricordiamo che, sulla base della raccomandazione dell'FMI (Fondo Monetario Internazionale), il Governo di Ivo Sanader recentemente ha cambiato il modo di armonizzare le pensioni, e una cosa identica è successa anche in Serbia, in base alle raccomandazioni della stessa organizzazione. I due governi, quello serbo e quello croato, ovviamente hanno ricevuto dall'FMI le stesse raccomandazioni per risolvere “le questioni pensionistiche”, così è stata spostata in modo parallelo anche l’età per andare in pensione. Da non molto in Serbia gli uomini vanno in pensione a 65 anni, come in Croazia. Per il calcolo della pensione non viene presa in considerazione la media dei dieci anni migliori come si faceva una volta, ma il totale degli anni lavorati, che abbassa in modo significativo il livello della pensione. Per questo un grande problema attende entrambi i paesi, e si tratta dei nuovi pensionati, che lo Stato alla fine del periodo lavorativo ringrazia con la formula: più hai lavorato meno prenderai. 

Per quanto riguarda lo standard dei pensionati della Bosnia Erzegovina (BiH), la situazione è disastrosa. La pensione media di 112 euro al mese mette tutti i pensionati della Bosnia Erzegovina nella categoria sociale più a rischio di tutta la popolazione, così i governi della Federazione e della Republika Srpska sono costretti a ingannare i pensionati con delle misere aggiunte di una decina di marchi convertibili. Siccome il valore del paniere in BiH si aggira attorno ai 240 euro, è chiaro che i pensionati di quel paese con le loro entrate non riescono a coprire nemmeno la metà dei loro bisogni primari. 

La tendenza agli standard sloveni 

Di tutti i paesi in transizione del territorio della ex Jugoslavia, la meglio l’hanno avuta i pensionati sloveni, che riescono a mantenere il livello della pensione addirittura ad un valore del 60 percento dello stipendio medio. In tutti gli altri paesi della regione il valore della pensione rispetto allo stipendio medio è in continuo calo. 

Il motivo principale del “benessere pensionistico” che c’è in Slovenia è dovuto al fatto che il paese non è stato appesantito dalle conseguenze degli avvenimenti bellici, ma i meriti per un funzionamento efficace del sistema pensionistico vanno certamente attribuiti anche al fatto che i pensionati sloveni sono politicamente organizzati già dall’indipendenza della Slovenia. Fino al giorno d’oggi, il DeSUS pensionistico agisce come un partito ben organizzato, con cinque, sei rappresentanti in parlamento. Il partito pensionistico croato per svolgere il proprio lavoro si basa in modo particolare sull’esperienza dei pensionati sloveni. 

“Il nostro scopo è raggiungere lo standard pensionistico che hanno i pensionati sloveni e credo che possiamo riuscirci se realizziamo tutti i programmi che abbiamo accordato con il Governo”, dice il presidente del Partito croato dei pensionati, Vladimir Jordan. 

Inadeguati modelli di armonizzazione 

Tuttavia, per i pensionati croati un importante ostacolo nel raggiungere gli standard pensionistici sloveni è rappresentato dalle pensioni privilegiate e dalle pensioni con importo determinato da leggi particolari, percepite dai veterani croati e dagli impiegati dell’Esercito croato in pensione. 

A differenza dei semplici pensionati, con una pensione media di circa 250 euro, i veterani croati in pensione hanno già raggiunto gli standard sloveni. Di loro circa 44 mila riceve una pensione di un importo medio di 5,5 mila kune [circa 750 euro], l’importo più alto della pensione slovena media. Un brigadiere croato in pensione, per esempio, riceve circa 6.500 kune al mese [circa 880 euro]. Ci sono anche compensi occasionali per i volontari croati pari ad un importo di 3.900 kune [circa 530 euro], percepiti da 5.500 veterani. 

Nell’Esercito croato ci sono circa 11 mila pensionati con una pensione media di 3 mila kune. Queste uscite non sono riconosciute dal fondo pensionistico sloveno. 

Prendendo in considerazione tutto questo, è chiaro che le maggiori vittime dei paesi in transizione creatisi dopo il crollo dell’ex Jugoslavia sono proprio i pensionati, fatto che non impedisce alle nomenclature dei governi dei paesi menzionati di trovare il modo di risparmiare ulteriormente a spese delle pensioni. Il modo migliore per risparmiare sui pensionati sono certamente i modelli non adeguati di armonizzazione delle pensioni, un fatto che sulla propria pelle è sentito di più dai pensionati della Serbia e della Croazia. Nessun modello di armonizzazione, nemmeno il migliore può salvare i pensionati della Bosnia Erzegovina dalla povertà, mentre i pensionati sloveni benestanti attraverso i programmi parlamentari del DeSUS richiedono nuovi sistemi per un ulteriore miglioramento degli standard. 

Importo medio della pensione 

Slovenia - 500 euro 
Croazia - 250 euro 
Serbia - 160 
Federazione BiH - 112 
Republika Srpska - 86 

Sopravvivere con 160 euro 

Quasi il 90 percento dei pensionati serbi ogni giorno lotta con i principali problemi basilari. Secondo gli ultimi dati, dal mese di febbraio di quest’anno, la pensione media era di 160 euro, anche se negli ultimi mesi le pensioni sono state aumentate, così come gli stipendi medi che sono arrivati a 250 euro. I cittadini più vecchi della Serbia non ricevono abbastanza per potersi permettere neppure i generi del il paniere, e la statistica (e la vita) dicono che “la parte principale” della pensione va per il cibo (38 per cento), per le spese comunali (17,3 per cento) e per i trasporti (10, 2 per cento). In Serbia ci sono 1 milione e 250 mila pensionati, non calcolando i pensionati militari, e si tenga presente che 100 lavoratori mantengono 77 pensionati. Inoltre bisogna sapere che entro il 2010 la pensione media scenderà dal 67,59 percento attuale al 57,78 percento dello stipendio medio, non calcolando le tasse. 

I pensionati militari stanno un po’ meglio perché la media delle loro entrate è più alta di 300 euro. Per esempio, un colonnello in pensione riceve circa 440 euro, che è pari all’80 percento dello stipendio di un ufficiale attivo dell’Esercito serbo. 



http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2002-04-03%
2018:11:40&log=invites

Les agences (de presse) du Nouvel Ordre Mondial

Geoffrey Geuens

4 grandes agences de presse contrôlent aujourd’hui l’essentiel de
l’info internationale. En 1992, dans Attention, médias ! ( http://
www.michelcollon.info/attention_medias.php - pp. 208-209), nous
avions analysé leur quasi-monopole mondial. Aujourd’hui, Geoffrey
Geuens montre l’intégration toujours plus poussée de ces agences
dites « d’information » dans les rouages du pouvoir économique et
politique.
Michel Collon


Structurellement intégrées aux dispositifs de maintien de l’ordre
politique, idéologique et symbolique du capitalisme, les agences
internationales de presse demeurent, aujourd’hui, l’un des principaux
relais des intérêts des multinationales et le cœur même du complexe
médiatico-industriel. Haut-parleur de la haute finance, « lubrifiant
du capital », selon l’expression désormais célèbre de Marx,
l’information est plus que jamais sous contrôle du pouvoir économique.

En mai 2000, le Révérent Sun Myung Moon, principal dirigeant
de la secte du même nom, annonçait avoir acheté, par l’entremise de
sa société de médias News World Communications, longtemps perçue
comme une arme de propagande « occidentale » au service de la cause
anti-communiste, l’agence United Press International (UPI). La Secte
Moon complétait ainsi son Empire industriel, lequel comptait déjà,
parmi ses nombreuses propriétés, des écoles, des hôtels, des banques,
des journaux et magazines ainsi qu’une usine d’armement.
Aujourd’hui, UPI est dirigée par quelques-unes des figures
les plus marquantes du monde de la finance et de la politique de ces
dernières années. Son rédacteur en chef, John O’Sullivan, a été
conseiller privé de Margaret Thatcher et le fondateur du New Atlantic
Initiative, l’un des plus puissants think tanks travaillant
simultanément au renforcement des relations transatlantiques, à la
défense inconditionnelle de l’OTAN ainsi qu’à l’établissement d’une
zone commerciale de libre échange et de commerce entre les deux blocs
nord-américain et européen. Les dirigeants de cet influent organisme
sont, entre autres, Vaclav Havel, Margaret Thatcher, Helmut Schmidt,
Henry Kissinger et Edwin Feulner, le président de la Fondation
Heritage, considérée par d’aucuns comme la plus influente boîte à
idées des Etats-Unis et cataloguée par certains à l’extrême-droite de
l’échiquier politique. D’ailleurs, O’Sullivan est aussi directeur
d’études dans cette même institution. Ian Campbell, correspondant
économique pour UPI, a été, quant à lui, chef économiste pour la
banque néerlandaise ABN Amro. Martin Walker, directeur de la
correspondance internationale, est un ancien membre du comité de
rédaction de la revue International Affairs, le journal de l’Institut
pour les Affaires Internationales (RIIA). Mieux connu sous le nom de
Chatham House, cet organisme travaille, lui aussi, à la promotion et
au soutien des relations entre les Etats-Unis et le Royaume-Uni. Au
service des multinationales américaines et britanniques, ce club de
l’élite mondiale est présidé par Lord Marshall of Knightsbridge, le
président de British Airways, vice-président de British Telecom et
administrateur de l’oligopole financier HSBC. Quant à Martin
Hutchinson, rédacteur « économie » chez UPI, il a longtemps travaillé
pour la Citibank. Enfin, on précisera que le responsable « maison »
pour la politique nationale, Peter Roff est l’ancien directeur
politique de Newt Gingrich, la figure désormais légendaire de l’ultra-
droite américaine, bien connu pour avoir incité « les propriétaires
des médias et les annonceurs les plus importants à attaquer
vigoureusement les socialistes dans les salles de rédaction »(1).

Reuters, au cœur de la Triade

Reuters est elle aussi particulièrement représentative des
relations qui se nouent, au niveau mondial, entre l’information et
les principales puissances économiques, diplomatiques et militaires
que sont les Etats-Unis, l’Europe et le Japon. Présidée par Sir
Christopher Hogg, aujourd’hui administrateur de GlaxoSmithKline et
Air Liquide, après avoir été président des multinationales de
l’industrie alimentaire Courtaulds et Allied Domecq, l’agence Reuters
compte parmi ses administrateurs Roberto Mendoza, ancien vice-
président de JP Morgan Chase & Co, ancien directeur de la banque
d’affaires Goldman Sachs ; Ed Kozel, administrateur de Cisco
Systems ; Richard Olver, directeur de la compagnie pétrolière BP
Amoco ; John Craven, administrateur-délégué de la compagnie
financière Merrill Lynch International, ancien directeur de la
Deutsche Bank et vice-président de SG Warburg ; ou encore Ian
Strachan, ancien directeur d’Exxon Mobil et président d’Esso Hong-
Kong et Chine.
Il existe également une structure interne au groupe dont
l’objectif est d’assurer, à long terme, l’indépendance, l’intégrité
et la liberté de l’agence à l’égard des pressions gouvernementales ou
encore financières. Créée pour faire barrage à une éventuelle prise
de contrôle « hostile » de l’agence, la société privée Reuters
Founders Share est aujourd’hui présidée par le Suédois Pehr
Gyllenhammar. Fondateur de la Table Ronde des Industriels européens,
ami personnel d’Etienne Davignon et d’Henry Kissinger, cet ancien
patron de Volvo est aujourd’hui à la tête de CGNU, administrateur de
Lagardère et de la banque d’affaires Lazard. Par ailleurs,
Gyllenhammar est membre du conseil international de la Chase
Manhattan Bank, de Renault-Nissan et de Toshiba. Siège également au
conseil de Reuters Founders Share, le Norvégien Uffe Ellemann-Jensen.
Président du Parti Libéral Européen et ancien vice-président de
l’Internationale Libérale, il est actuellement administrateur de
plusieurs filiales du holding A.P. Möller Group (pétrole, gaz,
aéronautique, armement). On citera également le nom de Jacques de
Larosière de Champfeu. Ancien directeur général du FMI et ancien
président de la BERD (Banque Européenne pour la Reconstruction et le
Développement), actuel administrateur de France Telecom, Alstom et
Power Corporation of Canada, il est aussi, depuis peu, le conseiller
du président de la banque BNP Paribas. Quant à Toyoo Gyohten,
également administrateur de Reuters Founders Share, il n’est autre
que l’ancien vice-ministre des Finances du Japon et l’actuel
président de l’Institut pour les Affaires Monétaires Internationales.
Conseiller de la Bank of Tokyo-Mitsubishi, Gyohten est également
membre du comité exécutif de la Commission Trilatérale et du comité
international du Council on Foreign Relations (CFR), deux
institutions majeures du « Nouvel Ordre Mondial ».

Reuters, le porte-parole du complexe militaro-industriel

Le CFR est, en effet, aujourd’hui considéré comme le
véritable secrétariat d’Etat américain aux classes dominantes. Son
président honoraire n’est autre que David Rockefeller, le président
du conseil international de la Chase Manhattan Bank ; quant à son
actuel président, Peter G.Peterson, il est administrateur de Sony et
ancien Secrétaire d’Etat au Commerce sous Nixon. On retrouve
également parmi les dirigeants du CFR des personnalités telles que
Carla A.Hills (ancienne Secrétaire au Commerce des Etats-Unis,
administratrice d’AOL Time Warner et de Chevron), Martin Feldstein
(ancien conseiller économique du Président Reagan), John Deutch
(ancien directeur de la CIA, aministrateur de Raytheon, Schlumberger
Petroleum et Citigroup) ou encore George Soros. Par ailleurs, le
conseil international du CFR compte dans ses rangs Percy Barnevik
(patron du Forum Economique Mondial de Davos et administrateur de
General Motors), Peter Sutherland (président de Goldman Sachs
International et de BP Amoco, ancien directeur général de l’OMC et
ancien commissaire européen), Michel Rocard (ancien Premier Ministre
français), Moshe Arens (ancien Ministre de la Défense et ambassadeur
d’Israël) ou encore Moeen Qureshi (ancien dirigeant de la Banque
Mondiale, ancien Premier Ministre du Pakistan et actuel membre du
conseil de surveillance de General Electric).
En réalité, comme on le voit, l’agence Reuters est
directement placée sous la tutelle du capital et de ses relais
politiques. Elle compte en son sein non seulement des représentants
des principales organisations économiques internationales (FMI,
Banque Mondiale) et des plus puissants oligopoles financiers (HSBC,
Golman Sachs, JP Morgan Chase, Merrill Lynch, etc.), mais également
quelques-unes des figures les plus marquantes de l’impérialisme
contemporain (Rockefeller, Gyllenhammar, Gyohten), « organisé » sur
le modèle de la triade Etats-Unis – Europe - Japon . Enfin, les
principaux secteurs du nouveau complexe militaro-industriel sont, eux
aussi, représentés au sein des instances dirigeantes de l’agence
internationale de presse qu’il s’agisse de l’aéronautique et de
l’armement (United Technologies, Lagardère, British Aerospace), de
l’électronique de défense et des télécoms (Cisco System, France
Telecom), de l’industrie chimique (GlaxoSmithKline) ou encore de
l’industrie énergétique (Exxon Mobil, BP Amoco, Alstom, Air Liquide,
AP Möller Group).
Ces liaisons entre Reuters et certains des acteurs les plus
en vue de la militarisation croissante de l’économie, en tête
desquels les industriels de la défense et du pétrole, permettent
d’expliquer, dans une large mesure, la couverture médiatique des
derniers grands conflits militaires laquelle, on le sait, repose sur
le flot d’informations déversées par les grandes agences
internationales. En mettant à jour l’infrastructure masquée des
agences de presse, nous avons tenté d’éclairer l’opinion publique sur
les pressions qui peuvent s’exercer sur les rédactions et mettre à
mal, consciemment et avec certaines complicités, la liberté
d’informer dans le monde. Infiltrées au cœur des agences de presse,
les multinationales ont tissé leur toile, par-delà l’entrelacement
des directoires et des alliances.


Geoffrey GEUENS

Assistant à l’Université de Liège, auteur de deux ouvrages :
Tous pouvoirs confondus (Anvers, EPO) et Le Complexe médiatico-
industriel. Le journalisme belge sous contrôle (Bruxelles, Labor/
Espace de libertés)


(1) CHOMSKY Noam et McCHESNEY Robert, Propagande, medias et
démocratie, Montréal, Ecosociété, 2000, p.185.
(2) Nous utilisons le terme de « triade » sans que cela ne suppose, à
l’instar des thèses professées par Toni Negri, l’existence d’un seul
et même Empire. Cette dernière représentation, partagée par une
fraction des « anti-mondialistes », est une mystification répondant
au fantasme néolibéral du grand marché mondial. En réalité, l’analyse
détaillée des relations entre les multinationales et leur Etat
respectif ainsi que l’évidente exacerbation des tensions entre
grandes puissances mettent en évidence la nature des relations de
concurrence profonde et de complicité tacite entre les trois
principaux blocs.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6418/1/51/

Reportage uranio (1)

20.11.2006   


Dopo le denunce relative alla morte di decine di militari italiani impegnati nei Balcani, due ricercatori cercano di ricostruire quali effetti hanno avuto i bombardamenti all'uranio impoverito sulla popolazione bosniaca. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa* 

Il documento che segue è la rielaborazione di una serie di interviste svolte tra dicembre 2005 e novembre 2006 e finalizzate a verificare se e come la salute della popolazione bosniaca è stata influenzata dalla contaminazione dell’ambiente conseguente all’esplosione dei proiettili all’uranio impoverito utilizzati nel 1995 nel corso dell’operazione Nato “Deliberate Force” 

(FOTO: L'interno della fabbrica di Hadzici, Sarajevo (foto L. Morfini, dic 05))

Di fronte al fenomeno delle numerose morti dei soldati italiani che hanno preso parte alle diverse operazioni di decontaminazione del territorio bosniaco dopo la fine della guerra nella ex Jugoslavia, viene da domandarsi quale sia lo stato di salute della popolazione bosniaca che abita o abitava nelle stesse zone in cui hanno operato i nostri soldati. Non è solo una curiosità, è anche uno degli obiettivi della nuova Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, recentemente istituita dalla Commissione difesa del Senato1, la cui principale novità risiede nella possibilità di indagare non solo sui militari colpiti ma anche “sulle popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale”. 

Un’analisi della diffusione delle patologie tumorali in Bosnia (in termini quantitativi e con riferimento alla provenienza geografica dei malati) potrebbe fornire elementi anche per verificare l’eventuale correlazione tra l’insorgere delle malattie e le condizioni ambientali che si sono create come conseguenza dell’esplosione di proiettili all’uranio impoverito. Come si evince dalla letteratura recente sull’argomento2, a cui si rimanda, non è né dimostrato né negato il legame diretto tra l’insorgere dei tumori e la presenza di radioattività da uranio impoverito nell’ambiente; tuttavia alcuni ricercatori3 stanno verificando che lo sviluppo di numerosi tumori (linfomi e leucemie) che si riscontrano nei nostri soldati è correlabile all’inalazione e all’ingestione delle nano-particelle di metalli pesanti; si tratta dei metalli pesanti contenuti nei proiettili e che, alla elevata temperatura che si genera nell’esplosione proprio in virtù dell’uranio impoverito, si riducono alla dimensione di non-particelle cancerogene. 

Verificare e denunciare con più evidenza il legame tra malattie e condizioni ambientali potrebbe servire alla causa della richiesta di decontaminare il territorio. 

Attraverso le interviste realizzate abbiamo quindi cercato risposta alle seguenti domande: 

- è aumentato in Bosnia il numero dei malati e dei morti per linfomi e leucemie, cioè per le stesse malattie di cui sono stati vittime i nostri soldati? 

- dove vivevano le persone che si sono ammalate? 

- l’ambiente bosniaco risulta contaminato ed eventualmente da che cosa (radiazioni e/o nano-particelle)? 

Non è semplice trovare risposta a queste domande; o meglio, non è semplice trovare qualcuno che risponda. Per diversi motivi. Ma qualcosa emerge. 

L’aumento della mortalità 

Al Ministero della Salute della Bosnia Erzegovina non esistono registri dei malati prima della guerra confrontabili con i registri dei malati dopo la guerra. Questo è dovuto al fatto che, dopo gli accordi di Dayton della fine del 1995, una parte significativa della popolazione di origine serba si è spostata in altre zone e in particolare in Republika Srpska, dove è stata inserita nei registri delle relative istituzioni sanitarie; allo stesso modo in Federazione sono arrivate altre persone di origine bosniaca e croata che prima vivevano in altre zone. Dunque le Autorità sanitarie bosniache non possono verificare se tra le persone che abitavano le zone bombardate al momento delle esplosioni con l’uranio impoverito c’è stato un aumento della mortalità. 

Questo per quanto riguarda il confronto tra dati raccolti prima e dopo le esplosioni. Ma, poiché l’ambiente potrebbe essere ancora contaminato (da radiazioni, ma anche da nano-particelle) sarebbe utile conoscere lo sviluppo dei tumori nella popolazione che ormai da 11 anni abita nelle zone bombardate (le zone sono abitate da bosniaci e anche un certo numero di serbi che hanno scelto di rimanervi). Ma anche questi dati non sono in possesso del Ministero della Salute. Goran Cerkez, assistente del Ministro, dice che questa specifica verifica non è stata fatta perché ci sono altre priorità di cui il Ministero si deve occupare per la Bosnia. 

All’Ospedale Kosevo di Sarajevo, dove l’indicazione dell’eventuale aumento della mortalità per tumori dovrebbe poter essere accessibile, un appuntamento già concordato con la professoressa Nermina Obralic dell’Istituto di Oncologia, ci viene negato all’ultimo minuto; la professoressa dice che a novembre 2005 ha incontrato una Commissione medica italiana e che ha già detto tutto quello che aveva da dire. 

In effetti durante tale incontro sono stati stabiliti contatti importanti tra alcuni medici di Sarajevo e dei ricercatori italiani. In particolare la dottoressa Antonietta Gatti dell’Università di Modena, colei che ha individuato la probabile responsabilità delle nano-particelle nell’insorgenza dei diversi tumori nei nostri soldati, sta collaborando con alcuni medici dell’Ospedale Kosevo che, in modo informale, le mandano i dati clinici di alcuni malati per un confronto con i dati dei soldati italiani. Le verifiche di analogie patologiche sono in corso. Ma questo tipo di collaborazione non è tra le attività prioritarie dell’Ospedale che è in forti difficoltà economiche e al momento ha altre priorità (la disponibilità di medicinali, ad esempio: fino a pochi anni fa erano forniti gratuitamente dagli americani, ma adesso scarseggiano). 

Poniamo la stessa domanda relativa alla verifica dell’aumento della mortalità al professor Slavtko Zdrale dell’Ospedale Kasindo: l’ospedale si trova nella parte serba di Sarajevo (Sarajevo Est, che qualcuno chiama Srpski Sarajevo) e dovrebbe avere in cura malati prevalentemente serbi, quindi in teoria la parte maggiormente “lesa” dall’esplosione dei proiettili all’uranio impoverito. Il dottor Zdrale però è restio a fornire dati; gli interessa di più dire che a Belgrado i medici sono riusciti a curare con successo un uomo affetto dai tipici tumori legati all’esplosione di uranio impoverito. 

Un interlocutore più disponibile a dare informazioni sull’aumento delle malattie è l’associazione “Il cuore per i bambini malati di cancro nella Federazione di Bosnia Erzegovina” (“Srce za djecu koja boluju od raka u FBiH”) e il suo presidente, Sabahudin Hadzialic. L’associazione è stata fondata a Sarajevo nell’aprile del 2003 e riunisce genitori e amici di bambini malati; essa ha verificato che dopo la guerra la situazione dei bambini malati di cancro ha assunto dimensioni molto maggiori rispetto a prima, per motivi diversi; in particolare nella Federazione la malattia è raddoppiata rispetto al periodo precedente alla guerra, cioè rispetto alla diffusione della malattia tra il 1990 e il 1992; è raddoppiata soprattutto nel periodo 2000-2004: in tale periodo nella sezione di Oncologia e di Ematologia della Clinica Pediatrica a Sarajevo sono stati ricoverati 230 bambini con forme varie di cancro: leucemie, linfoma, cancro delle ossa, eccetera. 

Questo dato, nella sua drammaticità, è importante ma è troppo semplice, è incompleto e non consente di individuare un legame diretto tra tumori e presenza di uranio impoverito o di nano-particelle nell’ambiente; bisognerebbe sapere di quali tumori sono malati i bambini e in quali aree di Sarajevo vivevano per poter eventualmente mettere in relazione la malattia con la contaminazione da uranio impoverito. Ma all’Associazione non è stato possibile fare questa verifica. Sabahudin Hadzialic ha chiesto da anni al governo della Federazione di effettuare degli studi indipendenti, ma non gli sono stati concessi. Al momento l’informazione può essere accolta come un dato di fatto: nell’area di Sarajevo la mortalità dei bambini è aumentata dopo la guerra. 

L’unico lavoro oggi disponibile di verifica dell’aumento della mortalità collegabile alle esplosioni di proiettili all’uranio impoverito è quello di Slavica Jovanovic, dottoressa della Dom Zdraljie di Bratunac, la Casa della Salute. Il suo studio riguarda la popolazione direttamente esposta alle esplosioni, poiché ha analizzato l’aumento di tumori tra i profughi che vivevano ad Hadzici. Hadzici è una località a 27 km da Sarajevo che durante la guerra era in mano ai serbi, i quali anche da tale postazione assediavano la città: la località, e in particolare una fabbrica di manutenzione di armamenti, è stata bombardata dalla Nato nel settembre del 1995 con proiettili all’uranio impoverito. Ora i profughi serbi di Hadzici si sono spostati a Bratunac, cittadina che gli accordi di Dayton hanno attribuito alla Repubblica Srpska. 

La dottoressa Jovanović ha analizzato i dati relativi alla mortalità nella popolazione proveniente da Hadžići (tra le 4.500 e 5.500 persone) e da altre regioni del Cantone di Sarajevo. In particolare ha analizzato e confrontato la percentuale di mortalità su tre gruppi di popolazione del territorio del Comune di Bratunac dal 1996 al 2000: 

- popolazione residente a Bratunac già prima della guerra 
- profughi arrivati a Bratunac da Hadzici 
- profughi arrivati a Bratunac da altre zone della Bosnia Erzegovina. 


Fonte: “Mortalitet kod raseljenih sa područja opštine Hadžići i drugih opština sarajevske regije u periodu 1996-2000g” - Slavica Jovanović, Dom Zdraljie di Bratunac

L’analisi dimostra che la mortalità tra i profughi di Hadzici è 4,6 volte più alta rispetto a quella della popolazione di Bratunac, mentre la mortalità dei profughi che arrivano da altre parti della Bosnia è 2,2 volte maggiore rispetto a quella dei cittadini di Bratunac. 

Ci sono diversi possibili motivi per spiegare l’alta percentuale di mortalità nella popolazione che si è spostata da una parte all’altra del territorio: lo stress durante e dopo la guerra, la perdita di familiari e di beni, la cattiva alimentazione, le cattive condizioni igieniche, ma anche la vita in un territorio contaminato da radiazioni o da nano-particelle di metalli pesanti. Dalla stessa analisi svolta dalla dottoressa Jovanovic è possibile estrapolare la percentuale di mortalità dovuta a tumori e verificare come la popolazione di Hadzici presenti la percentuale maggiore rispetto agli altri due gruppi. Purtroppo non viene fornito il dato di dettaglio circa la tipologia di tumori, dato che potrebbe confermare il legame con la contaminazione dell’ambiente da parte dell’uranio. Però intanto si registra che la mortalità da tumore di questa popolazione è più del doppio rispetto a quella della popolazione locale e supera di un terzo la mortalità per tumore degli altri profughi. 


Fonte: “Mortalitet kod raseljenih sa područja opštine Hadžići i drugih opština sarajevske

Dopo il 2000 l’analisi non è stata più proseguita perché il gruppo target di Hadzici non era più in condizione di essere seguito, avendo subito ulteriori grandi migrazioni. 

Il lavoro della dottoressa Jovanovic indica che le persone che abitavano nelle zone dove è avvenuta l’esplosione dei proiettili si sono ammalati di tumore e sono morti in percentuale maggiore rispetto alla popolazione non esposta. 

Invece, per quanto riguarda l’aumento della mortalità nella popolazione attualmente residente, l’unica segnalazione è quella proveniente dal dato del raddoppio della mortalità nei bambini che vivono intorno a Sarajevo. 

Ma quali sono le condizioni ambientali attuali delle zone bombardate nel 1995? (1 – continua) 

*Centro di Documentazione di San Donato Milanese 

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http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6419/1/51/

Reportage uranio (2)

22.11.2006   


Continua il nostro dossier di aggiornamento, realizzato in occasione della giornata internazionale per la messa al bando delle armi all'uranio impoverito, con la pubblicazione della seconda parte del reportage dalla Bosnia Erzegovina di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa

di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa* 

La contaminazione dell’ambiente secondo l’Istituto di Igiene di Sarajevo 


(FOTO: Hadzici (Sarajevo), la fabbrica bombardata (foto L. Morfini, dic 05))

L’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina di Sarajevo ha svolto una ricerca nel corso della quale ha analizzato 37 luoghi in cui si sospettava la presenza di uranio impoverito; i ricercatori Suad Dzanic e Delveta Deljkic hanno trovato tracce di uranio impoverito solo ad Hadzici, in prossimità della fabbrica bombardata. La tabella che segue sintetizza i risultati delle rilevazioni a Hadzici. 

I rilevamenti sono stati fatti a partire dal 2004 e per tutto il 2005. Non ci sono dati relativi agli anni immediatamente successivi ai bombardamenti. Il ritardo nelle analisi è dovuto - rispondono i ricercatori – al fatto che negli anni precedenti non c’erano i fondi per fare tale lavoro. La verifica è comunque importante perché sia nell’ipotesi che ad essere nociva sia la radiazione dell’uranio impoverito, sia nell’ipotesi che lo siano le nano-particelle di metalli pesanti, entrambe le possibili cause hanno durata nel tempo, non decadono. 

Purtroppo l’Istituto di Igiene ha verificato la presenza di radiazioni solo nell’acqua; i ricercatori hanno analizzato l’acqua nei punti esatti delle esplosioni, subito a lato di tali punti e lontano da essi; e non hanno trovato tracce significative di radiazioni. Ma perché le verifiche sono state fatte solo nell’acqua? La risposta è che, siccome nell’acqua non hanno trovato tracce significative, non hanno analizzato il terreno. Questo anche perché, secondo i ricercatori e Goran Cerkez, il terreno attualmente non è contaminato. Non lo è, dicono, sia perché negli anni precedenti il governo federale ha dato dei fondi per decontaminare le aree, sia perché l’uranio impoverito si potrebbe essere diluito. 
Vedremo che quest’ultima valutazione è in contraddizione con quanto rilevato da altre istituzioni. 

(FOTO: Rilevazioni di radiazioni nell’acqua (fiumi, pozzi e acqua potabile) a Hadzici (Istituto di Igiene - Facoltà di Medicina dell’Università di Sarajevo))

Per quanto riguarda la possibile contaminazione dell’ambiente da parte di nano-particelle di metalli pesanti, vi ha lavorato un laboratorio all’Istituto di Sanità di Sarajevo: per il momento nell’acqua non sono state rilevate tracce di metalli pesanti; ma anche in questo caso non è stato analizzato il terreno; le ricerche, dati i fondi a disposizione, per il futuro andranno avanti solo per il rilevamento delle radiazioni, non delle particelle, e solo nell’area di Hadzici. Se in futuro dovessero essere segnalate altre località, anch’esse saranno analizzate. 

La contaminazione dell’ambiente secondo la Commissione parlamentare 

La Commissione parlamentare sull’uranio impoverito in Bosnia Erzegovina è stata istituita nel febbraio del 2005; essa era presieduta dalla serba Jelina Djerkovic e composta da medici, da fisici nucleari, da chimici e da veterinari. 

La Commissione ha acquisito alcune informazioni sull’influenza delle radiazioni dell’uranio impoverito sulla salute delle persone e sull’ecosistema; in particolare ha collaborato con gli Istituti di Salute di Sarajevo, di Sarajevo Est e di Bratunac (si veda il citato lavoro della dottoressa Jovanovic) e ne ha assunto i risultati; ha poi collaborato con un Istituto di Ingegneria genetica di Sarajevo che è arrivato alla conclusione che la radiazione provoca modifiche genetiche. 

Un altro degli obiettivi della Commissione è stato quello di individuare quali aree erano state decontaminate e quali restano ancora contaminate. Sono stati quindi raccolti i dati relativi al lavoro di decontaminazione delle istituzioni bosniache e della Republika Srpska, i rilievi che l’UNEP ha realizzato presso la fabbrica di Hadzici e presso altre località, e i dati che la Nato ha messo a disposizione circa le coordinate dei bombardamenti. I dati rilevati non sono completi: la Nato, per esempio, ha dato solo le coordinate di 16 località sul totale delle 21 bombardate. In ogni caso le tre località maggiormente colpite a oggi risultano Hadzici, Han Piesak in Repubblica Srpska e Kalinovik. 

(FOTO: Hadzici (Sarajevo), un proiettile ancora sul terreno (foto L. Morfini, dic 05))

Di queste tre località solo una parte di Hadzici (non tutta la fabbrica) è stata decontaminata, le altre no. Così esse sono ancora minate e vi sono ancora i proiettili all’uranio impoverito nel terreno e negli edifici; gli esperti della Commissione hanno espresso il parere che per decontaminare queste località sia necessario togliere definitivamente questi proiettili perché, se è vero che dopo 10 anni la radiazione superficiale non è più presente nell’aria, essa permane nell’acqua e nel terreno. Inoltre i proiettili rimasti inesplosi nel terreno sono pericolosi perché, dice Jelina Djerkovic, nei prossimi 30-40 anni si possono ossidare e liberare le particelle di metalli pesanti che contengono e quindi inquinare terra e acqua ed entrare nella catena alimentare. 
Anche Zijad Fazlagic, direttore della fabbrica di Hadzici bombardata, conferma che non tutto il terreno della fabbrica è stato decontaminato. C’è un rapporto UNEP che segnala i punti bombardati di Hadzici, ma i proiettili sono entrati a fondo nel terreno e, dice Fazlagic, “quando guardi con gli occhi non li vedi; ma ci sono”. 

La Commissione ha concluso i lavori a novembre 2005 arrivando ad alcune raccomandazioni: 

- ha suggerito che il governo della BiH crei un istituto per la sicurezza finalizzato ad affrontare a questo problema e che potenzi gli Istituti che si occupano di salute; 
- ha suggerito un set di leggi per la protezione dalla radiazione nucleare in caso di nuova contaminazione per l’uranio non ancora esploso (per evitare di trovarsi impreparati come ai tempi di Chernobyl); 
- ha chiesto che si completi in modo esaustivo il censimento delle località ancora minate da uranio e metalli pesanti. 

(FOTO: Terreno "decontaminato" con un po' di ghiaia all'interno della fabbrica di Hadzici (foto L. Morfini, dic 05))

Nel marzo 2006 l’Agenzia atomica europea ha messo a disposizione 60.000 euro per i problemi connessi con la decontaminazione da uranio. La Commissione ha chiesto che siano formulati precisi programmi per la decontaminazione e che siano formate squadre di esperti per utilizzare questi fondi per curare le conseguenze dell’uranio sull’ambiente e sulla salute. 

Perché 

L’impressione che si ricava dall’insieme di questi contatti è che le autorità bosniache non si possano ancora permettere di affrontare il problema in modo esaustivo. A tratti sembrano anche cercare di ridimensionarlo. Cerkez, per esempio, Assistente del Ministro della Salute, dice che “si fa troppa ricerca e si parla troppo di uranio mentre bisogna cercare anche altre cause”; in particolare, con riferimento alle morti dei nostri soldati, Cerkez domanda: “Cosa hanno mangiato i vostri militari quando erano qui? Io so che i cittadini della Bosnia per tutta la guerra hanno mangiato cibo in scatola per tre anni, con molti conservanti: questi sono fattori di rischio. Anche lo stress è un fattore di rischio, molto più dei bombardamenti. Secondo le nostre fonti ci sono altre cause per le numerose morti”. 

E’ vero che le cause dell’aumento della mortalità potrebbero essere diverse, è vero che non si può pretendere troppo da un Paese che sta lentamente riprendendosi dalla guerra tra mille difficoltà di natura economica e legate alle esigenze di ricostruzione. E’ vero che ci sono molti altri problemi prioritari da affrontare tutti i giorni (come la disoccupazione al 40%, tanto per dirne una). Però, negare la “responsabilità” della contaminazione ambientale correlata con l’esplosione dell’uranio impoverito ha conseguenze pericolose per la popolazione, e intralcia l’avvio del necessario percorso di ulteriore decontaminazione del territorio. 

Intervista a Zvonko Maric 

Abbiamo raccolto il parere di Zvonko Maric, giornalista di “Bosnia-Hercegovina Federacija TV”; Maric lavora ad un programma televisivo che si occupa di quei problemi di cui nella stessa Bosnia si parla poco, di problemi che tanti hanno paura di affrontare, come il caso dell’uranio impoverito. 

Perché le autorità bosniache non possono dedicare energie al problema dell’uranio impoverito? 

Uno dei motivi è il fatto che le Nazioni Unite non hanno controllato bene, non hanno avvisato bene ed hanno anche fatto una grande pressione presso il Parlamento bosniaco, presso la Commissione parlamentare, chiedendo di non parlare, di non mettere in evidenza questo problema. Anche il Parlamento bosniaco è sotto pressione. 

Un secondo motivo è l’intenzione di tenere la popolazione bosniaca più serena, perché se si cominciasse a parlare di questo problema, la popolazione si preoccuperebbe molto e forse ci sarebbe ancora un ulteriore spostamento di popolazione. 

Sarebbe necessario portare in tribunale i responsabili delle Nazioni Unite che hanno lasciato eseguire questi bombardamenti all’uranio impoverito. Qua potete parlare con i giornalisti che hanno coraggio e che vogliono che si scopra la verità e che qualcuno risponda per essa. Quelli che sono meno curiosi non parlano mai, cercano di evitare il problema perché temono di non resistere nel portarlo avanti. 

Secondo lei qual è la vera dimensione del problema nei dintorni di Sarajevo e nei campi profughi serbi in Republika Srpska? 

Il problema ha delle dimensioni che si cerca di nascondere. Solo quelli che non vogliono essere e non sono informati non sanno che pericolo esiste; ma tutti quelli che sono un po’ informati, non possono non vedere sia il dato del numero di soldati italiani che sono stati qua in missione di pace e che sono morti, come anche il dato dell’elevato numero di persone che abitavano a Hadzici, e che ora vivono nei campi profughi di Bratunac e che si ammalano e muoiono. Stanno morendo molti giovani. Ma si ammalano e muoiono tante persone che vivono ora a Hadzici. 

Jelina Djerkovic ha detto che molti posti non sono ancora stati decontaminati... 

E’ vero e non si può negare, ma la cosa peggiore è che nessuno fa qualcosa per decontaminare quei terreni che rappresentano ancora oggi un pericolo per le bombe ancora non esplose nel terreno. La Bosnia Erzegovina non è ancora uno Stato normale. Non voglio che si pensi che la popolazione non sia normale, sono i politici a non essere normali, non so se si arrabbiano a sentire dire questo, ma lo posso mettere per iscritto: non sono normali. Non hanno fatto proprio niente per proteggere la popolazione, per garantire il diritto alla salute. 

L’unica loro preoccupazione è la criminalità, ma non per eliminare quel problema. Come giornalista ho verificato tante volte che non fanno niente per proteggere il diritto alla salute della popolazione, che è uno dei diritti più importanti. 

Secondo lei, anche la Commissione parlamentare ha subito pressioni nei suoi lavori? 

Sicuramente le commissioni che si formano in Bosnia hanno l’obiettivo specifico di non fare niente, vengono messe le persone che non vogliono fare niente. 

Lei hai la libertà di dire queste cose nella sua televisione? 

Io le dirò sempre queste cose; vivo da 4 mesi protetto da poliziotti perché ci sono delle persone che mi minacciano, ma io le dirò sempre. 

Ma la sua trasmissione va in onda su questo argomento? 

Sicuramente, sì. Vorrei però dire ancora una cosa sulla Commissione: essa è sempre sotto la pressione dei politici e delle Nazioni Unite e funziona sempre sotto quelle pressioni; la Commissione non ha tanta forza, ta

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