Informazione

ORDE TITINE


"Io faccio parte di quelle generazioni che hanno liberato Trieste
dalle orde titine. Non vorrei essere costretto a liberare Trieste una
seconda volta da queste nuove ondate bolsceviche"

Giancarlo Gentilini su “Il Piccolo” del 9/12/06, con riferimento agli
strenui difensori delle... panchine nei parchi pubblici a Trieste
(sic), noto rifugio per barboni e zozzoni vari, tutti pericolosi
slavo-comunisti. (Segnalato da Claudia Cernigoi)

From: forumpalestina @ libero.it
Subject: Olmert è "persona non gradita" in Italia. Mercoledi
manifestazione a Roma
Date: December 8, 2006 6:37:45 PM GMT+01:00

Olmert è "persona non gradita" in Italia

Mercoledi 13 dicembre, ore 17.30
manifestazione a Piazza SS. Apostoli a Roma

Il governo italiano intende ricevere mercoledi 13 dicembre il premier
israeliano Olmert ossia il responsabile della mattanza dei palestinesi
a Gaza (456 uccisi solo da giugno a oggi) e del mattatoio di questa
estate in Libano (centinaia di morti e migliaia di sfollati). Pochi
giorni fa il governo italiano ha negato il visto di entrata in Italia
al ministro palestinese dell'informazione. Il governo Prodi continua a
rendere vigente l'accordo di cooperazione militare tra Italia e
Israele siglato dal governo Berlusconi mentre mantiene in vigore
l'embargo contro la popolazione palestinese. Siamo ben oltre i due
pesi e due misure. Noi, al contrario, riteniamo che l'Italia non debba
essere in alcun modo complice con l'occupazione israeliana della
Palestina e con uno Stato militarista e aggressivo contro i popoli e i
paesi confinanti.
Mercoledi 13 dicembre saremo in piazza con una manifestazione in
piazza SS. Apostoli. Ci faremo sentire con le nostre parole e con un
cacerolazo. Proietteremo in pubblico i documentari sugli effetti delle
nuovi armi utilizzate dall'esercito israeliano a Gaza e in Libano.
Invitiamo tutti a essere in piazza con noi per far sapere che Olmert
in Italia è una "persona non gradita".

P.S. Per la stampa

Sulle base delle esperienze accumulate in questi anni e in base alle
richieste che perverranno dalla varie redazioni sarà possibile
assistere e riprendere a:
- bruciatura di una o più bandiere (di vari tagli e di vari paesi a
secondo delle richieste)
- bruciatura di uno o più pupazzi (di varia fattura e dimensione)
- slogans irripetibili (in coro)
- slogans indicibili (in coro)
- slogans desueti (in coro e in assolo)

Inoltre, saranno disponibili e già pronti i modelli per i comunicati
stampa che prevedono:
- fac simile comunicato stampa di esecrazione per le bandiere bruciate
- fac simile comunicato stampa di indignazione per i pupazzi bruciati
- fac simile comunicato stampa di stigmatizzazione per gli slogans
indicibili, irripetibili o desueti

I comunicati saranno già pronti e conformeranno i servizi dei tg
serali e delle pagine dei giornali il giorno successivo. I dichiaranti
dovranno solo apporre la propria firma al fac simile del comunicato.
La possibilità di poter usufruire dei servizi "telegiornale unico" e
"giornale unico" sono rigorosamente bipartizan.

Cari giornalisti ma perchè vi dovete far trattare così?!!

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Mail: forumpalestina @...
Sito: http://www.forumpalestina.org

La coda della vipera

Continua la campagna per la revoca della cooperazione militare tra
Italia e Israele.
Mercoledì 13 dicembre mobilitazione contro la visita di Olmert in Italia

Report dell'assemblea pubblica promossa dal Forum Palestina

Roma. – Sala piena, posti in piedi, interventi di tutti gli invitati e
circa tre ore di discussione. Gli ingredienti per una iniziativa
riuscita ci sono stati tutti. A Roma ieri pomeriggio il Forum
Palestina ha rilanciato la campagna per la revoca dell'accordo
militare Italia e Israele e gli altri obiettivi della manifestazione
del 18 novembre pesantemente criminalizzata e oscurata nei suoi
contenuti da un killeraggio politico-mediatico decisamente bipartizan.

"Denunciando politicamente e pubblicamente l'esistenza e le
conseguenze di questa collaborazione militare tra Italia e Israele, è
stato come pestare la coda di una vipera" hanno detto gli
organizzatori aprendo la discussione. E' scattata una reazione
durissima dei poteri forti militari, economici e della lobby
bipartizan che sostiene a tutti i livelli il rafforzamento delle
relazioni tra Italia e Israele a scapito dei diritti dei palestinesi.
"L'embargo dell'Unione Europea e dell'Italia contro i palestinesi è
una vergogna, un crimine contro l'umanità che non può essere
accettato" è stato ribadito. Allo stesso modo è stato lanciato
l'allarme sulla crescente militarizzazione dell'economia e della
ricerca e sul militarismo che sta impregnando anche la politica
italiana e di cui si è avuta dimostrazione con le sporporzionate e
strumentali reazioni alla manifestazione del 18 novembre.

La petizione popolare che chiede al governo la revoca dell'accordo
militare sta circolando e raccogliendo firme in tutta Italia ben al di
sopra delle aspettative. Su questo si costituirà a breve un comitato
di garanti e si avvieranno iniziative capillari in tutte le città.
L'obiettivo è quello di far emergere la questione della cooperazione
militare Italia-Israele in tutti i suoi risvolti concreti, politici,
diplomatici. Analogamente partirà la campagna "BoicotTelecom.
Telefoni rosso sangue" che chiede il disinvestimento dei rilevanti
investimenti della azienda italiana sul mercato israeliano per mettere
in campo nuovi strumenti di pressione sulle autorità israeliane. Su
questo sono pronti gli adesivi da utilizzare per la campagna e che
possono essere richiesti al Forum Palestina.

Il primo appuntamento di mobilitazione sarà comunque il prossimo
mercoledì 13 dicembre quando il premier israeliano Olmert verrà in
visita in Italia per incontrarsi con Prodi, un Prodi reduce di
dichiarazioni gravissime (riportate oggi sul Corriere della Sera)
sulla rivendicazione dell'ebraicità dello Stato israeliano, una tesi
che mette una lapide sopra le rivendicazioni dei palestinesi residenti
in Iraele o espulsi nei campi profughi del Medio Oriente, mentre resta
ancora in vigore l'embargo contro una popolazione già stremata
dall'assedio israeliano e che vede l'Italia ricevere ufficialmente
Olmert ma negare il visto di ingresso addirittura ad un ministro
palestinese che doveva partecipare ad un convegno in una sala del
Senato. La dichiarata equivicinanza del governo italiano su Palestina
e Israele somiglia ormai sempre più alla complicità che ha
caratterizzato la politica estera del governo Berlusconi. E' stata
convocata una manifestazione di protesta in piazza SS. Apostoli dalle
ore 17.30 sotto la sede dell'Unione.

Al dibattito, dopo le introduzioni curate dai compagni del Forum
Palestina, hanno preso parte Manlio Dinucci, Angelo Baracca, Shoukri
Hroub, Nella Ginatempo, Jacopo Venier, Ferdinando Rossi, Lucio
Manisco, Fosco Giannini, Roberto Taddeo, Giovanni Franzoni, Bassam Saleh.

Roma, 7 dicembre

(francais / english / deutsch)

Il noto scrittore H. Boell, ed importanti centri culturali e case editrici tedesche, sono state sul libro paga della CIA. Lo ha documentato un servizio trasmesso dalla rete franco-tedesca ARTE. Tra cinquant'anni, forse, sapremo chi dei nostri "intellettuali" italiani contemporanei è sul libro paga della CIA ancora oggi...

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QUAND LA CIA INFILTRAIT LA CULTURE

INFO PROGRAMME

samedi, 2 décembre 2006 à 18:05 
Rediffusions : 
pas de rediffusions



QUAND LA CIA INFILTRAIT LA CULTURE 
(Allemagne, 2006, 52mn)
ZDF
Réalisateur: Hans-Rüdiger Minow

Fruit de trois ans de recherches, ce documentaire montre comment les services secrets américains ont manipulé les milieux artistiques et intellectuels européens pendant la guerre froide. Beaucoup d'écrivains travaillèrent ainsi pour la CIA, très probablement à leur insu.


Dans les années de l'après-guerre, les services secrets américains lancent une vaste opération d'infiltration des milieux européens de la culture. Ils lui consacrent plusieurs millions de dollars et s'appuient sur un organisme, le "Congrès pour la liberté de la culture", dont le siège se trouve à Paris. La capitale française est un lieu stratégique pour publier des revues lues jusqu'en Afrique, en Amérique latine et dans les pays arabes. Le Congrès pour la liberté de la culture s'intéresse aux artistes et intellectuels de gauche, qu'il essaie de soustraire à l'influence marxiste et de gagner à la cause américaine. En France, la revue Preuves dirigée par Raymond Aron constitue le fer de lance de cette diffusion de la pensée anticommuniste. En Allemagne, le "Kongress für kulturelle Freiheit" naît en juin 1950 à Berlin, en zone d'occupation américaine. La revue Der Monat reçoit les premiers subsides de la CIA vers 1958. Elle compte parmi ses collaborateurs d'éminents journalistes et les principaux représentants des maisons d'édition en Allemagne fédérale. Le Congrès dispose ainsi de relais à Berlin, Munich et Francfort. Il s'établit aussi à Cologne où il développe des relations privilégiées avec les rédactions de la presse écrite et de la télévision. Heinrich Böll, futur Prix Nobel de littérature (en 1972), est approché et travaillera - plusieurs documents le confirment - pendant plus de dix ans pour le Congrès et ses différentes organisations. Sans savoir qu'il oeuvre en fait pour la CIA ? C'est ce que pense Günter Grass, autre cible de l'agence américaine. Au-delà de ces deux personnalités, toute la fine fleur des arts et des lettres a été approchée par les services secrets américains et leur a apporté son soutien, le plus souvent sans le savoir. C'est ce que montre très bien ce documentaire, fruit de trois ans de minutieuses recherches.

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Newsletter vom 24.11.2006 - Heinrich Böll: "Staatlich gesteuert"

BERLIN/KÖLN/PARIS (Eigener Bericht) - Der deutsche Schriftsteller Heinrich Böll hat für mehrere Tarnorganisationen des US-Auslandsgeheimdienstes gearbeit. Dies behauptet eine TV-Dokumentation des deutsch-französischen Senders ARTE, die gestern in Berlin der Presse vorgestellt wurde. "Wir alle haben für die CIA gearbeitet", bekennt darin die ehemalige Geschäftsführerin des Kölner Kulturstützpunktes, die Böll für europaweite Aktionen der CIA heranzog. Man habe aber diese Hintergründe nicht gekannt, sondern an eine Finanzierung durch die Ford-Stiftung (USA) geglaubt. Auch der in dem Film interviewte Böll-Kollege Günter Grass hält eine wissentliche CIA-Tätigkeit Bölls für unwahrscheinlich. Wie Dokumente des Films belegen, bezahlte die CIA Bölls Reisekosten und bezuschusste auch andere Schriftsteller bei Auftritten in der internationalen Kulturszene. Böll "war ein Diamant in der Sammlung der CIA", sagt der Autor des Films im Gespräch mit dieser Redaktion...


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Newsletter vom 26.11.2006 - Heinrich Böll: Im Geheimdienstgestrüpp

PARIS/LODZ/KÖLN (Eigener Bericht) - Die europaweite Tätigkeit einer CIA-Tarnorganisation im Umfeld des Schriftstellers Heinrich Böll wurde vom Bundesverband der Deutschen Industrie (BDI) mit bedeutenden Beträgen unterstützt. Dies ergeben Recherchen von german-foreign-policy.com. Aufgabe der Organisation war es, osteuropäische Intellektuelle mit offenen und geschmuggelten Druckerzeugnissen zu versehen und sie als Dissidenten zu gewinnen. Als deutsche Mitglieder des geheimdienstlich organisierten CIA-Ablegers fungierten neben Böll die Verleger Klaus Piper ("Piper Verlag") sowie Joseph C. Witsch ("Kiepenheuer und Witsch"). Im Kölner Witsch-Verlag, der auch Bölls Werke betreute, arbeitete die frühere US-Agentin Carola Stern als Lektorin. Im Dünndruck hergestellte Verlagsprodukte wurden nach Ostdeutschland oder nach Polen geschleust, osteuropäische Künstler an die CIA-Kulturzentrale in Paris herangeführt. Geldtransfers für eine Nachfolgeorganisation liefen ab 1967 unter anderem über die Friedrich-Ebert-Stiftung...


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Newsletter vom 29.11.2006 - Heinrich Böll u. Co: "Manche CIA-Wässerchen"

BERLIN/WASHINGTON/BERN/ROM (Eigener Bericht) - Mehrere Chefkorrespondenten der führenden deutschen TV-Anstalten standen bei Beginn ihrer Karrieren in ARD und ZDF mit CIA-Vorfeldorganisationen in Kontakt. Treffpunkt war eine "geheimdienstlich finanzierte Villa in Rheinnähe", sagt der Autor eines für heute angekündigten Dokumentarfilms des deutsch-französischen Senders ARTE im Gespräch mit dieser Redaktion. Die Spitzenjournalisten wurden in Washington eingesetzt. Ihre Berichte aus der US-Hauptstadt beeinflussten das Millionenpublikum der öffentlich-rechtlichen TV-Kanäle. Mitglied der CIA-Vorfeldorganisationen sei auch der spätere Nobelpreisträger für Literatur, Heinrich Böll, gewesen. Arbeitsaufträge erteilten demnach CIA-Führungsoffiziere mit Sitz in Paris, die in regelmäßigen Abständen ihre Kultur-Niederlassungen (unter anderem Köln, Hamburg, Westberlin und München) zu Prüfzwecken aufsuchten. Die bis in die späten sechziger Jahre nachweisbaren CIA-Aktivitäten erstreckten sich auch auf die Schweiz, Österreich und Italien. Dabei kam es zur Zusammenarbeit mit ehemaligen Spitzeln und hohen Amtsträgern des deutschen NS-Regimes und der Mussolini-Diktatur, belegt die Dokumentation an prominenten Beispielen. Auch auf das Nobelpreiskomitee nahm die CIA Einfluss...


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Lettre d'information du 29/11/2006 - Heinrich Böll et compagnie: "Quelques petites vodkas de la CIA"

BERLIN/WASHINGTON/BERNE/ROME (Compte-rendu de la rédaction) -- Plusieurs correspondants en chef des principales stations de télévision furent, dès le début de leurs carrières, à l'ARD et à la ZDF (les principales chaînes de télévision publiques allemandes) en contact avec des organisations de façade de la CIA. Le lieu de rencontre était "une villa proche du Rhin, financée par les services secrets", explique le réalisateur du documentaire diffusé sur ARTE mercredi soir, lors d'un entretien avec cette rédaction. Les grands journalistes étaient des correspondants à Washington. Leurs rapports depuis la capitale des Etats-Unis influençaient les millions de téléspectateurs des chaînes publiques allemandes. Le futur prix Nobel de littérature, Heinrich Böll, était également membre de cette organisation de façade. Les officiers dirigeants de la CIA au siège de Paris donnaient des ordres de travail, ils se rendaient régulièrement à leurs filiales culturelles (entre autres Cologne, Hambourg, Berlin-Ouest et Munich) pour des visites de contrôle. Les activités de la CIA, documentées jusqu'à la fin des années soixante, s'étendaient également à la Suisse, l'Autriche et l'Italie. Il y avait des collaborations avec d'anciens agents secrets et de hauts fonctionnaires du régime nazi allemand et de la dictature de Mussolini, ce qui est prouvé par de nombreux exemples documentés...


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Newsletter 2006/11/24 - Heinrich Boell: "State Directed"

BERLIN/COLOGNE/PARIS (Own report) - The German writer Heinrich Boell had worked for several front organizations of the US secret service. This is alleged in a TV documentation of the French-German television channel ARTE, which was introduced to the press in Berlin. "We all worked for the CIA", admitted the former business administrator of the base of cultural operations in Cologne, that enlisted Boell's services for CIA actions all over Europe. But this background was unknown. It was believed that the Ford Foundation (USA) was doing the financing. Also Boell's colleague, Guenter Grass, who was interviewed in the film, considers improbable that Boell was deliberately engaged in CIA activity. As proven by documents in the film, the CIA paid Boell's travel expenses. It also subsidized appearances in the international cultural scene of various other writers. Boell "was a diamond in the CIA's collection", says the author of the film in a discussion with german-foreign-policy.com...


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Lettre d'information du 06/12/2006 - Heinrich Böll: dans les méandres des services secrets

PARIS/LODZ/COLOGNE (Compte-rendu de la rédaction) -- L'activité européenne d'une organisation de camouflage de la CIA dans l'entourage de l'écrivain Heinrich Böll a été encouragée par l'union fédérale de l'industrie allemande (Bundesverband der Deutschen Industrie, BDI) par un soutien financier conséquent. Ceci a été établi par des recherches de german-foreign-policy.com Le but de cette organisation a été d'approvisionner des intellectuels d'Europe de l'Est avec des écrits ouvertement et clandestinement et ainsi les inciter à la dissidence. En tant que membres allemands de l'antenne de la CIA, on trouve outre Böll les éditeurs Klaus Piper ("Piper Verlag") ainsi que Joseph C. Witsch ("Kiepenheuer und Witsch"). Chez l'éditeur Witsch, basé à Cologne, qui traitait également les Å“uvres de Böll, l'ancienne agente américaine Carola Stern travaillait comme lectrice. Des livres imprimés sur du papier mince furent introduits en Allemagne de l'Est et en Pologne, et des artistes d'Europe de l'Est furent approchés par la CIA. Des transferts de fonds pour une organisation chargée de relever cette première transitèrent dès 1967 entre autre par la fondation Friedrich Ebert...


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Newsletter 2006/12/10 - Heinrich Boell and Co: "Drinking CIA Brandies"

BERLIN/WASHINGTON/BERNE/ROM (Own report) -- At the beginning of their careers, several top correspondents of German television's prominent First (ARD) and Second (ZDF) channels were in contact with CIA front organizations. The meeting place was a "mansion close to the Rhine, financed by the secret service", says the author of a documentary film broadcast by the French-German channel, ARTE, in a discussion with german-foreign-policy.com. The key journalists were appointed to Washington. Their reports from the US capital influenced the millions of viewers of the public television channels. Heinrich Boell, the future literature Nobel Prize laureate, was also a member of the CIA front organization. Assignments were issued by CIA case officers stationed in Paris, who, at regular intervals, went to inspect their cultural subsidiary stations (in Cologne, Hamburg, West Berlin, Munich and elsewhere). The CIA activities, that verifiably lasted into the late sixties, encompassed also activities in Switzerland, Austria and Italy. The documentation substantiates with prominent examples, that this included also cooperation with ex-agents and high officials of the Nazi regime and Mussolini's dictatorship. The CIA had an influence even on the Nobel Prize Committee...





GLI ANNIVERSARI DELL'URSS


1) D. Kovacevic: 8 dicembre 1991

2) A. Catone: 7 novembre 1917


=== 1 ===

8 DICEMBRE 1991

L'8 dicembre 2006 si sono compiuti 15 anni dal formale
scioglimento dell'URSS.

Dopo una serie di mosse sbagliate di Gorbiaciov, in data
del 8/12/1991, i leaders della Russia, Bielorussia ed Ucraina
firmarono l'accordo sulla creazione della Comunità degli Stati
Indipendenti (CSI). In questo modo, cessò la sua esistenza
l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, fondata nel
1922. Nel corso del 1991, tante repubbliche sovietiche già avevano
lasciato autonomamente l'Unione.

I rappresentanti dei suddetti Stati firmarono questo "accordo", se
ben ricordo, in una dacia in Bielorussia, bevendo pesantemente,
parlando di tutto il resto dei possibili temi di questo mondo
- dato che avevano raggiunto l'intesa già da prima, si capisce...
Dopo aver messo le firme, si ubriacarono tutti e caddero assopiti.
Eltsin per primo, perdette coscienza e si addormentò nei fumi
dell'alcool e nell'amnesia che gli ha fatto dimenticare quei 71
anni precedenti di uno Stato glorioso.

Gli anni seguenti furono i peggiori possibili per la Russia e
gli altri paesi dell'ex-URSS. La crisi economica sprofondò
ancora nell'ulteriore caos. Tanta gente rimase per strada,
diventando veri senza-tetto, fino a morire congelati. La durata
media della vita si accorciò di un decennio, se non di più. Ed è così
tuttora.

Nel contempo, i nuovi leaders recitarono i ruoli dei tutori di
tanti nuovi "imprenditori democratici". I capitali uscivano dal paese
con un ritmo di 100 miliardi di dollari annui, e di più. Le
imprese da privatizzare, di una grandezza di 600 operai in media,
erano messe in vendita a non più di 500 dollari. Un appartamento a
Mosca si offriva per 1,5 dollari, giusto per coprire le spese di
compravendita. Il fondo della crisi arrivò dopo qualche anno,
verso il 1995 o 1996, nell'autunno. Fu il momento in cui, come
al solito, mentre si intravvedeva un spiraglio di luce, di minima
prosperità, si sprofondò nella crisi del raccolto, la crisi delle
patate.

Ci sono tanti che valutano che l'Unione Sovietica avrebbe
potuto r/esistere ancora per un buon periodo. E ci sono
quelli che considerano la sua caduta naturale, insieme con
la "naturale" scomparsa del socialismo, dove questi ultimi, mi
sembra, ragionano come se fossero eterni e immortali il che darebbe
loro il diritto di esprimere dei giudizi definitivi, come se il
XX secolo fosse stato il periodo ultimo e conclusivo di tutti i
processi sociali in questo mondo, e come se, guardando dalla
postazione odierna, nel XXI secolo, varianti diverse non possano
più esserci!

Oggi, i souvenir ex-sovietici, dopo un periodo di loro perdità
del "fascino" commerciale e per via della stessa amnesia "alla
Eltsin", vanno a ruba nuovamente. Ci sono prodotti di tutti i tipi.
Anche E. Evtushenko, invano, cantò più o meno questi versi:

"non sono un comunista / ma quando vedo la bandiera sovietica /
in vendita sul mercato dei pulci di Pietrovka / per un dollaro /
non posso far altro / che piangere."

Forse, piangere, potrebbero farlo ora in tanti.

D. Kovacevic


=== 2 ===

Il nostro Ottobre

Commemorare l’Ottobre sovietico da tempo non è più di moda né
politically correct per la “sinistra”. Si preferisce piuttosto
tributare onori ad altri “ottobre”: la “caduta del muro di Berlino”
nel 1989 o l’insurrezione anticomunista di Budapest nel 1956,
salutata dal presidente della repubblica Napolitano e dal presidente
della camera Bertinotti – l’uno ex comunista, l’altro leader di un
partito che si richiama alla rifondazione comunista - come la vera
rivoluzione anticipatrice delle “rivoluzioni” del 1989-91 che
segnarono la fine delle democrazie popolari e dell’URSS, di quel
lungo ciclo storico che percorre il “secolo breve”, inaugurato
appunto dalla rivoluzione d’ottobre. Il cerchio sembra chiudersi. Il
giudizio della storia – si dice – è stato indiscutibilmente
pronunciato: quella rivoluzione (ma qualcuno tra i pentiti del
comunismo ha sposato persino la tesi del putsch, del colpo di stato)
ha prodotto indicibili orrori ed è finita in un cumulo di macerie. Da
qui una condanna senza appello, la rimozione di quella storia, la sua
cancellazione dal calendario degli anniversari che occorre ricordare
alle nuove generazioni per la loro formazione comunista. E chi
pretende di richiamarsi alla storia delle rivoluzioni comuniste del
‘900 aperta dall’Ottobre sovietico viene etichettato di nostalgico,
irrimediabilmente incapace di leggere le sfide del tempo presente.
Questa è al momento la tendenza prevalente – salvo meritorie
eccezioni – nella cultura politica della “sinistra”, degli eredi di
quel che fu il partito comunista italiano e della “nuova sinistra”
sessantottina e post-sessantottina, in Italia e in molti paesi del
mondo. Questa situazione è ben presente ai comunisti che resistono,
che non accettano la cancellazione di una storia, di un progetto di
società, di un’identità che ha segnato profondamente la storia del XX
secolo e che ora si vuole condannare al silenzio e all’oblio.
Di contro a questa tendenza maggioritaria e devastante, che tutto
sembra travolgere nella sua furia iconoclasta, da cui non si salvano
non solo i bolscevichi – va da sé – ma neppure Marx, anzi, neppure
Rousseau e i giacobini francesi e chiunque abbia odore di
rivoluzionario (l’unica “rivoluzione” oggi ben accetta è la
controrivoluzione!), la prima reazione immediata e appassionata è
quella di sollevare alta al vento la propria rossa bandiera e gridare
con quanta voce si ha in corpo: viva Lenin! Viva la rivoluzione
d’Ottobre, che ha aperto la strada alla liberazione dei popoli dal
giogo coloniale e imperialistico! Viva il partito bolscevico che ha
saputo – unico tra i partiti socialisti della II Internazionale –
dire guerra alla guerra e rovesciare la guerra imperialista in guerra
rivoluzionaria! Viva l’Internazionale comunista, che ha formato una
generazione di comunisti capaci di lottare nella clandestinità contro
il fascismo e di guidare le resistenze in Europa! Viva l’Unione
sovietica, che con l’armata rossa e la resistenza dei suoi popoli è
stata determinante nella sconfitta del nazifascismo! viva l’URSS che
nel secondo dopoguerra ha saputo fronteggiare l’imperialismo
americano e ha favorito, con la sua sola esistenza la resistenza
vietnamita, la liberazione di Angola e Mozambico, le lotte
anticoloniali, la rivoluzione cubana e le lotte popolari in America
Latina! Viva la rivoluzione che, prima nella storia, ha provato a
costruire una società senza privilegi di casta, senza proprietà
capitalistica, fondata sull’idea di uno sviluppo razionale ed
equilibrato dell’economia attraverso il piano!
E questo diciamo e ricordiamo a chi vuole cancellare dalla storia il
comunismo del ‘900. Ma non basta, e anzi, se rimane soltanto un grido
esacerbato nel deserto contro l’infamia e la calunnia, può essere
anche una reazione impotente, l’indice di una debolezza strategica.
La commemorazione fine a se stessa non ha mai interessato i
comunisti. Il giovane Gramsci in uno dei suoi articoli appassionati
accusava il partito socialista di aver ridotto Marx ad un’icona, un
santo al capezzale, da rispolverare per le occasioni, le
commemorazioni, le ricorrenze, per poi lasciarlo marcire in soffitta
per tutto il resto dell’anno, evitando scrupolosamente di trasformare
in azione politica vivente il suo pensiero critico.
Ricordare, difendere, approfondire la memoria storica è utile e
necessario nella misura in cui riusciamo a tradurre questa memoria in
azione culturale e politica, in consolidamento e accumulazione delle
forze comuniste, in formazione comunista per le nuove generazioni.
Non siamo qui per agitare bandiere o icone, non siamo i nostalgici
(anche se questa “nostalgia” comunista è sentimento che merita
rispetto) di un paradiso perduto, di illusioni non realizzate, di un
nobile sogno, di un’utopia irrealizzabile. Se il 7 novembre 1917 è
ancora una data che riteniamo di dover ricordare e onorare non è solo
per un doveroso omaggio agli eroici furori di un tempo che fu, non
intendiamo essere gli avvocati d’ufficio della rivoluzione. L’Ottobre
sovietico non ne ha bisogno né di questo hanno bisogno i comunisti oggi.
Di altro c’è urgente bisogno. In primo luogo di riappropriarsi della
propria storia comunista, contro ogni demonizzazione, ma liberi anche
da ogni mitizzazione. Il comunismo nasce come critica – critica
teorica dell’economia politica borghese nel “Capitale” di Marx e
critica come prassi (e anche l’agire teorico è un’azione pratica
nella misura in cui influisce sulla trasformazione dei rapporti
sociali), pratica politica per l’abolizione dello stato di cose
presente, per il rovesciamento dei rapporti di proprietà borghese
nella proprietà comunista. Occorre sapersi riappropriare criticamente
della propria storia comunista del ‘900. Sono gli altri, la parte
borghese e anticomunista a scrivere oggi questa storia – in parte
molto rozzamente, in parte con mezzi più raffinati che fanno leva
anche sulle centinaia di migliaia e milioni di documenti di storia
sovietica e dei paesi che furono democrazie popolari resi oggi
accessibili agli studiosi. Su questo terreno noi oggi siamo rimasti
indietro. Chiunque abbia provato a scrivere di storia sa che è
attraverso la selezione che lo studioso opera della documentazione
d’archivio che si può delineare un quadro in un modo o nell’altro. I
documenti – verificatane filologicamente l’autenticità – riportano i
fatti, ma all’interno di una massa che come nel caso russo è davvero
straordinaria (6 milioni di documenti all’archivio centrale russo) si
possono selezionare alcuni elementi e ometterne altri. Così la storia
dell’URSS può anche essere ridotta a quella di un immenso Gulag e la
carestia in Ucraina negli anni trenta può essere attribuita a un
qualche diabolico piano staliniano di eliminazione fisica di una
nazione. È tempo di commemorare l’Ottobre dotando i comunisti degli
strumenti adeguati per rispondere all’azione denigratoria e alla
demolizione dell’esperienza storica del comunismo del ‘900.
Ma non si tratta solo di risposta alla diffamazione storica. Il
lavoro che i comunisti possono e debbono intraprendere oggi nella
conoscenza della storia delle rivoluzioni non può essere
principalmente “reattivo”, non deve nascere cioè solo come risposta
agli attacchi. Lo studio appassionato e critico della nostra storia
deve saper giocare d’anticipo – per dirla con una battuta: non
bisogna aspettare agosto 2008 per lavorare su un’adeguata
comprensione di ciò che portò i carri armati dell’URSS a Praga. I
comunisti devono concepirsi e organizzarsi come soggetto autonomo,
che assume l’iniziativa anche sul terreno insidioso e fondamentale
della lotta culturale, senza attendere che siano altri a scegliere e
determinare il terreno sul quale misurarsi.
La storia – in tutti i suoi aspetti - delle rivoluzioni comuniste del
‘900 va studiata e approfondita dotandosi di tutti gli strumenti
adeguati per un lavoro critico collettivo non solo per battere il
“revisionismo storico”, ma perché in essa vi è un bagaglio di
esperienze fondamentali per la lotta politica di oggi, per le sue
prospettive. Per citarne solo un aspetto: il terreno della
costruzione di una nuova organizzazione economica fondata su una
proprietà prevalentemente pubblica, statale, e in diversi casi
sociale. Quell’organizzazione economica, tanto ammirata anche dai
paesi in via di sviluppo poiché riuscì a dotare l’URSS in pochi anni
di un grande apparato industriale, portandola a competere in alcuni
campi con i più avanzati paesi capitalistici, non riuscì a passare
alla fase superiore di un’economia intensiva ad alta produttività. E
ciò fu certamente una delle cause che condussero il paese
dell’Ottobre all’ingloriosa fine del 1991. Ma intanto i bolscevichi e
i comunisti delle democrazie popolari la questione della
organizzazione e gestione di un’economia socializzata la posero e con
essa si misurarono, conseguendo alcuni successi accanto a pesanti
sconfitte. Questo grande patrimonio di esperienze, di teoria
dell’economia politica del socialismo, di pratiche, non può essere
gettato nel dimenticatoio da chi si propone il fine del superamento
della proprietà borghese in proprietà socialista. Solo chi ha
abbracciato un nuovo bernsteinismo e ritiene che il movimento sia
tutto e il fine nulla - e che nulla si può e si deve dire circa una
società socialista, ma aspettare che qualcosa sgorghi da sé, dalle
contraddizioni della società – può eludere il riferimento a questa
esperienza. Ma le contraddizioni del capitalismo, come Walter
Benjamin aveva ben intuito, non portano inevitabilmente al
socialismo, e senza l’azione cosciente e organizzata, diretta a un
fine, possono portare alla distruzione della civiltà: socialismo o
barbarie…
Il frutto peggiore dell’ideologia della fine delle ideologie e della
rimozione della storia comunista è il totale oscuramento delle
prospettive della trasformazione futura della società. La tattica, in
un presente senza storia, senza passato e senza futuro, è diventata
il pane quotidiano di buona parte del personale politico ex comunista
o pseudocomunista. A ben guardare, non è altro che apologia del
capitalismo presente. La coltre di oblio che copre la storia aperta
con l’Ottobre mira anche – e soprattutto - a questo: non solo a non
fare i conti con la storia comunista, ma ad eludere soprattutto la
questione della prospettiva comunista. Il ceto politico nichilista ex
comunista o pseudocomuista non è in grado e non vuole andare al di là
della tattica quotidiana.
Studiare l’Ottobre - e ricordarlo oggi, come si è chiarito, non
intende agitare bandiere ma costruire scienza comunista per la
costruzione di una società socialista - ci consente invece di pensare
ed agire strategicamente, senza elevare la tattica a fine in sé.
Pensare in termini strategici e non solo reattivi. Questo oggi ci
manca, di questo abbiamo bisogno, a questo ci induce oggi la
commemorazione di quel grande spartiacque della storia che fu il 1917
russo. La grandezza dei nostri grandi maestri – di Lenin in primo
luogo – è stata quella di aver saputo collocare ogni scelta tattica
all’interno di una grande prospettiva, ponendo in primo piano la
questione strategica. Pensare strategicamente significa costruire le
condizioni perché siano i comunisti a determinare il terreno su cui
porre le grandi questioni. Reagire, rispondere agli attacchi e alle
provocazioni dell’avversario è doveroso e giusto, ma la sola reazione
non ci fa compiere il salto di qualità di cui i comunisti hanno oggi
più che mai bisogno. L’agenda del mondo, l’agenda delle grandi
questioni culturali di importanza strategica non devono imporcela
altri, ma deve essere posta dai comunisti.
Commemorare oggi l’Ottobre significa allora pensare strategicamente
per la ricomposizione e il rilancio su scala mondiale del movimento
comunista. Un fattore importante per questo pensiero strategico è la
costruzione, coordinando forze e intelligenze, capaci di leggere la
nostra storia e di analizzare le contraddizioni mondiali e il loro
sviluppo, pensando la rivoluzione, il che significa individuare nelle
contraddizioni dell’imperialismo le premesse non solo per una
resistenza dei popoli alle aggressioni, ma anche della possibile
trasformazione della guerra in rivoluzione, della resistenza
nazionale in percorso di transizione socialista. Commemorare oggi
l’Ottobre significa passare dalla resistenza reattiva alla
“resistenza strategica”. Non si può essere soltanto “anti”:
anticapitalisti, antifascisti, antimperialisti. L’Ottobre russo non
fu solo contro la guerra, non fu “pacifista”, non fece solo “guerra
alla guerra”, ma trasformò la guerra in rivoluzione sociale.
Pensare strategicamente significa sapersi dotare oggi anche degli
strumenti culturali per la trasformazione socialista nel XXI secolo.
Non guarderemo allora alla storia del comunismo novecentesco come una
testimonianza del passato da salvaguardare dalle intemperie e
intemperanze dei nuovi barbari, come monaci amanuensi che salvano i
tesori perduti dei classici antichi, ma come una miniera preziosa, un
tesoro di esperienze da cui apprendere, un patrimonio di inestimabile
valore in cui affondano le radici della nostra identità e del nostro
futuro. Non vivremo così immersi nella tattica quotidiana di un
presente senza storia, ma nella prospettiva strategica della
costruzione delle condizioni della rivoluzione, che è nelle cose
presenti.

Andrea Catone

Fonte: www.resistenze.org