Informazione

[ Visto l'approssimarsi delle elezioni presidenziali statunitensi,
Diana Johnstone ci invita a riflettere su una questione decisamente
trascurata: la politica di guerra dei Democratici e' - qualitativamente
e/o quantitativamente - diversa da quella dei Repubblicani? Oppure, ad
ispirare la "logica del bombardamento preventivo" sono sempre le stesse
ragioni strutturali e la stessa delirante convinzione di avere ogni
diritto sulla vita e sulla morte di interi paesi e popoli? Non sono
domande solo retoriche: mentre il candidato Democratico Kerry dichiara
che, in caso di una sua vittoria, non ritirerà le truppe di
occupazione dall'Iraq, la lobby pan-albanese sostiene la campagna
elettorale dei Democratici. Il Kosovo colonia degli USA, governato
dalle mafie che trafficano in droghe, armi ed esseri umani, e ridotto a
lager nazista per i serbi e le altre minoranze, e' infatti un prodotto
genuino delle politiche dei Democratici Clinton e Tenet.
Un articolo importante, questo della Johnstone, di quelli che i
commentatori della “sinistra” italiana non scriverebbero mai... ]

http://www.counterpunch.org/johnstone06242004.html

24 giugno 2004

Clinton, Kerry e il Kosovo
L’Impostura di una “Guerra Buona”

di DIANE JOHNSTONE
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Per i politici Statunitensi, se tutte le loro guerre sono “buone”,
alcune sono più “buone” delle altre.
I Democratici preferiscono le guerre di Clinton, mentre le preferenze
dei Repubblicani vanno alle guerre di Bush. Comunque, alla fine, tutti
insieme, in completa unanimità danno appoggio a tutte le loro guerre.
Le differenze riguardano solamente la scelta della specifica
giustificazione logica ufficiale…

Mentre esprimono un elusivo ed astuto critismo contro la guerra
repubblicana all’Iraq, ma mettono in chiaro che questo non significa
un’opposizione alla guerra come tale, coloro che conducono la campagna
Democratica per le elezioni Presidenziali del 2004 sono sempre pronti
alla glorificazione della guerra in Kosovo. A fare questo, in modo
assolutamente lampante nel campo Democratico, ci pensa il Generale
Wesley Clark.

Il consigliere per la politica estera di John Kerry, Will Marshall
dell’Istituto per le Politiche Progressiste, autore di “Democratic
Realism: the Third Way – il Realismo Democratico: la Terza Via",
sottolinea la natura esemplare dell’intervento del 1999 in Kosovo con
alla testa gli USA.
Si trattava di “una politica consapevolmente basata su un mix di valori
morali e di interessi per la sicurezza con gli obiettivi paralleli di
arrestare una tragedia umanitaria e di assicurare credibilità alla NATO
come forza efficace per la stabilità della regione.”

La giustificazione “umanitaria” suona meglio delle “armi di distruzione
di massa” o dei “collegamenti con Al Qaeda", che non sono mai esistiti.
Ma nemmeno è mai esistito il “genocidio” dal quale la guerra della NATO
si supponeva dovesse salvare gli Albanesi!

Però, mentre il ritrovamento di armi di distruzione di massa è stato
smascherato, si presta fede ancora completamente all’impostura sulla
quale si è basata la guerra del Kosovo. In effetti si viene distolti
dalla vera esistenza di quello che Marshall definisce come “obiettivo
parallelo”, il rafforzamento e il radicamento della NATO. A parte la
distruzione materiale rovinosa inflitta alla regione presa come
bersaglio, la menzogna sul Kosovo ha prodotto danni ancor più
irreparabili alle relazioni fra le popolazioni Serba ed Albanese del
Kosovo.

La situazione in quella piccola provincia della Serbia multietnica era
il risultato di una lunga storia complessa di conflitti, frequentemente
incoraggiati e sfruttati da potenze esterne, in particolare con
l’appoggio al nazionalismo Albanese da parte delle potenze dell’Asse
nella Seconda Guerra Mondiale. Una comunità accusava l’altra di mettere
in atto la “pulizia etnica”, fino al “genocidio”. Ma in entrambe le
fazioni vi erano persone ragionevoli che tentavano di elaborare
progetti per conseguire soluzioni di compromesso. Il ruolo costruttivo
di esterni avrebbe dovuto essere quello di calmare le tendenze
paranoidi presenti in entrambe le etnie e di appoggiare le iniziative
costruttive. Invece, l’esistenza del problema del Kosovo, che avrebbe
potuto essere facilmente gestito e col tempo risolto, era desiderata
fortemente dalle Grandi Potenze. Come nel passato, le Grandi Potenze
hanno sfruttato e aggravato i conflitti etnici per i loro propri
interessi. In totale ignoranza della storia complessa della regione,
politici pecoroni e i mezzi di informazione hanno fatto da cassa di
risonanza alla più estremista
propaganda nazionalista degli Albanesi. Questo ha fornito il pretesto
alla NATO di dimostrare la sua “credibilità”.
Le Grandi Potenze hanno appoggiato gli Albanesi, riconoscendo che le
loro peggiori accuse contro i Serbi erano vere. Perfino gli Albanesi
noti per conoscere meglio la verità (come Veton Surroi) venivano fatti
oggetto di intimidazioni e ridotti al silenzio dai nazionalisti
razzisti manovrati dagli Stati Uniti.

Il risultato è stato disastroso. Autorizzati dal loro status ufficiale
di uniche vittime dell’iniquità Serba, gli Albanesi del Kosovo – e in
particolar modo i giovani, fatti oggetto di un decennio di miti
nazionalisti – hanno potuto dare libero sfogo al loro odio ben
coltivato sui Serbi.
I nazionalisti Albanesi hanno proceduto con le armi a scacciare fuori
della provincia la popolazione Serba e gli zingari. I pochi rimasti non
osano avventurarsi fuori dei loro ghetti. Gli Albanesi che desiderano
vivere assieme ai Serbi corrono il rischio di venire massacrati.
Sin da quando la KFOR, forza armata a guida NATO, si è introdotta in
Kosovo nel giugno del 1999, si è scatenata la persecuzione violenta
contro i Serbi e i Rom, regolarmente descritta come “vendetta” –che
nella tradizione Albanese viene considerata il massimo di un
comportamento virtuoso. Descrivendo l’assassinio di donne anziane nelle
loro case, o di bambini mentre giocano, come atti di “vendetta”, questo
è un modo per giustificare la violenza, o addirittura di approvarla.

Il 17 marzo ultimo scorso, in seguito alla falsa accusa che i Serbi
erano responsabili dell’annegamento avvenuto accidentalmente di tre
piccoli Albanesi, bande organizzate di Albanesi, che vedevano la
presenza di molti giovinastri, avevano scorazzato per il Kosovo,
distruggendo 35 chiese Serbe Cristiano-Ortodosse e monasteri, molti di
questi dei veri gioielli d’arte risalenti al quattordicesimo secolo.
Per di più, ben oltre un centinaio di chiese erano state assalite con
il fuoco ed esplosivi negli ultimi cinque anni. L’obiettivo è
assolutamente chiaro, di cancellare qualsiasi traccia secolare della
presenza Serba, per meglio rivendicare il loro diritto ad un Kosovo
Albanese etnicamente puro.

L’autocompiacimento della “comunità internazionale” veniva severamente
scosso dalle violenze di marzo. Le unità KFOR che saltuariamente
tentavano di proteggere i siti Serbi dovevano esse stesse impegnarsi in
scontri armati con le bande Albanesi.
Nel corso dello scatenarsi della furia, l’uomo politico Finlandese
Harri Holkeri rassegnava le dimissioni due mesi prima dello scadere del
suo mandato rinnovabile annualmente come capo della Missione ONU in
Kosovo (UNMIK), che supponeva essere l’ente amministratore della
provincia. Egli era il quarto ad uscirsene dall’incarico il più
velocemente possibile. Evidentemente sull’orlo di un esaurimento
nervoso, in una conferenza stampa Holkeri si lamentava che l’UNMIK
fosse priva di un suo proprio servizio di intelligence, e che perciò
non aveva ricevuto in anticipo alcun segnale dei pogroms di marzo.
In breve, la massa di funzionari amministrativi internazionali, le
forze militari di occupazione e le agenzie non-governative non avevano
l’idea di quello che stava per capitare nella provincia, cosa che
teoricamente doveva avvenire. Indicando la loro inconsapevolezza, che
il solo ruolo lasciato all’UNMIK era quello di capro espiatorio,
Holkeri metteva in guardia dei “giorni difficili a venire”. Questa
risultava una facile predizione!


I giorni difficili a venire

L’11 giugno, l’ex comandante dell’Esercito di Liberazione del Kosovo,
Hashim Thaci, il protetto di Madeleine Albright e del suo portavoce
James Rubin, denunciava l’UNMIK come un “completo fallimento” e
dichiarava che, se lui fosse risultato vincente alle prossime elezioni
di ottobre 2004, avrebbe dato realizzazione alla sua “visione di un
Kosovo, stato indipendente e sovrano”.

Le circostanze suggeriscono che non solo Thaci, ma ogni altro nuovo
eletto possono fare la medesima cosa. La proclamazione
dell’indipendenza del Kosovo alla vigilia delle elezioni del Presidente
degli Stati Uniti può risultare di un astuto tempismo. Con l’Iraq in
esplosione, i leaders Americani hanno la necessità di conservare il
mito del “successo” in Kosovo. Gettarsi in un conflitto aperto con gli
Albanesi potrebbe risultare politicamente un disastro!

Allo stesso tempo, molti Europei hanno visto i pogroms di marzo contro
i Serbi come la prova provata che il Kosovo è ben lontano dal
conseguire gli “standards” di diritti umani democratici e l’armonia
etnica che costituivano il mandato che l’UNMIK doveva assolvere prima
di qualsiasi decisione finale sullo status di questa provincia.
Esistono serie ragioni per non accogliere la richiesta Albanese di un
“Kosovo indipendente e sovrano”.

1. Legalità.

Prima di tutto, vi è la questione… minore della legalità: minore, visto
che i poteri della NATO hanno ignorato questa problematica fin
dall’inizio. La guerra stessa era completamente priva di ogni base di
legittimità secondo il diritto internazionale. La guerra ufficialmente
si concludeva nel giugno del 1999 con un accordo di pace che veniva
incorporato nella Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1244,
che, fra le altre cose, obbligava le Potenze di occupazione a:

-- “assicurare condizioni per una vita normale e pacificata per tutti
gli abitanti del Kosovo” – che logicamente doveva significare “per
tutti”, e non solamente per gli Albanesi;

-- “assicurare la sicurezza e il ritorno libero per tutti i profughi e
le persone sfollate” – probabilmente i negoziatori USA pensavano che
costoro fossero solo gli Albanesi che erano fuggiti durante i
bombardamenti, ma visto che questi era immediatamente ritornati alle
loro case, senza difficoltà, questa clausola in realtà doveva far
riferimento ai Serbi, ai Rom e agli altri non-Albanesi costretti ad
andarsene;

-- stabilire una struttura politica ad interim “ che preservi
completamente i valori dei principi di sovranità e integrità della
Repubblica Federale di Yugoslavia” – che equivale a riconoscere che il
Kosovo rimane parte di una entità politica più larga costituita da
Serbia e Montenegro;

-- consentire il ritorno di un convenuto numero di funzionari Yugoslavi
e Serbi, compresi poliziotti per il controllo dei confini e agenti di
dogana;

-- ottenere il mantenimento della legge e dell’ordine civile e la
protezione dei diritti umani.

In realtà, da quando gli Stati Uniti hanno inserito la loro grande
zampa militare attraverso la porta, la Risoluzione 1244 ha assunto
valore a mala pena pari a quello della carta sulla quale è stata
scritta.
Gli Stati Uniti avevano altre priorità:

-- Prima di tutto, a tempo di record, il Pentagono ha costruito
un’enorme base militare,”Camp Bondsteel”, su migliaia di campi di
fattorie espropriate illegalmente, localizzata nei pressi di strade di
comunicazione trans-Balcaniche, che permettono il trasporto di petrolio
dal Medio Oriente e il Mar Caspio.

-- L’altra ovvia priorità degli USA era di conservare l’alleanza
clandestina del tempo di guerra con l’”Esercito di Liberazione del
Kosovo-KLA”, non solo contro i Serbi, ma anche, implicitamente, contro
qualsiasi alleato Europeo che cercasse di imporre nel Kosovo
post-conquista la propria influenza.
Dopo un “disarmo” fittizio che eliminava poche armi leggere obsolete,
la KLA veniva ribattezzata come “Forza di Protezione del Kosovo” e
posta sul libro paga dell’ONU.
Alcuni dei suoi ufficiali hanno provveduto ad organizzare azioni armate
per allargare “la Grande Albania” sui confini della Macedonia e su zone
nel Sud della Serbia vicino al Kosovo. Queste operazioni sono state
lanciate dal settore Americano, in prossimità di Camp Bondsteel.

-- Rispetto all’organizzazione interna dello stesso Kosovo, la priorità
degli USA è, come al solito, la privatizzazione dell’economia. In
pratica, la privatizzazione ha inizio con lo smantellamento di
qualsiasi servizio sociale governativo esistente, in base alla teoria
che senza interferenza del governo e dello Stato l’iniziativa privata
diventerà fiorente.

In questa occasione veramente emblematica, tutto questo non ha fornito
proprio un’utile dimostrazione della teoria. Il Kosovo, già zona di
transito per la maggior quantità di eroina contrabbandata dalla Turchia
verso l’Europa Occidentale, è diventato rapidamente il centro di un
nuovo commercio di schiave del sesso. La mafia Albanese è di molto
l’operatore più grosso in questi traffici. Gli “internazionali”, che
erano arrivati per “civilizzare” la provincia, hanno costituito un
mercato locale floridissimo per le prostitute. Anche se dovessero
ritornarsene a casa, la mafia Albanese può contare su una rete che si è
sviluppata in tutta l’Europa Occidentale che consentirebbe di
continuare nell’affare.

2. Economia.

Nella Yugoslavia socialista, il Kosovo era di gran lunga l’area più
povera della Yugoslavia, con il più alto rapporto di disoccupazione
cronica. Questo sussiste ancora. Ma allora, il Kosovo beneficiava
dell’apporto della quantità più ampia di fondi per lo sviluppo
provenienti dal resto della nazione. Sebbene l’opinione che la sua
povertà fosse il risultato di sfruttamento abbia contribuito al sorgere
del nazionalismo Kosovaro Albanese, resta il fatto che il Kosovo sempre
in modo pesante aveva ricevuto sovvenzioni dal resto della Yugoslavia,
e il risultato era che il suo sviluppo era decisamente più elevato
rispetto alla confinante Albania.

Dal momento dell’occupazione della NATO, il Kosovo vive sfruttando
altre fonti di reddito, principalmente i traffici fiorenti di droghe e
del sesso. La “comunità internazionale” ha messo ha disposizione un
mosaico rabberciato di servizi sociali, dalla polizia UNMIK fino ai
cooperatori delle Organizzazioni Non Governative ONG, che vanno a
sostituire provvisoriamente i funzionari espulsi dei settori locali
dell’amministrazione Serba. Camp Bondsteel fornisce il numero più
importante di impieghi legali agli Albanesi, e questo potrà continuare
a farlo anche dopo che la richiesta di autisti ed interpreti andrà ad
esaurirsi, quando le ONG si ritireranno. Possono contare sui
finanziamenti dell’Arabia Saudita per la costruzione di moschee. Ma con
un reddito pro capite di circa 30 dollari$ al mese, è difficile vedere
dove un “Kosovo indipendente” possa racimolare la tassazione di base
per sostenere finanziariamente un governo, specialmente poi se molto
del reddito reale è di provenienza illecita, fuori della portata di
esattori delle imposte.

Il Kosovo è solo un caso estremo della “transizione” dal socialismo al
libero mercato, così come imposto all’Europa dell’Est dalla “comunità
internazionale”. Lo Stato e i suoi servizi sono stati eliminati
attraverso la forza militare della NATO, mentre altrove il processo di
demolizione è avvenuto in modo più graduale e meno drammatico, come
risultato delle pressioni del Fondo Internazionale Monetario FIM, la
Banca Mondiale e l’Unione Europea. La massa di giovani disoccupati
hanno poche prospettive di guadagnarsi da vivere, se non quella di
gettarsi in affari criminosi. Risulta difficile prevedere quello che
potrà impedire ad un “Kosovo indipendente” di diventare un centro
incontrollabile del crimine.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, allo scopo di sconfiggere i
Fascisti e combattere i Comunisti, i servizi dell’intelligence USA con
una buona dose di cinismo avevano riportato la Mafia in Sicilia. Il
parallelo con il Kosovo non ci porta molto lontano da questo. Ma, a
differenza del Kosovo, la Sicilia è un’isola effettivamente piena di
ricchezze, con un’economia diversificata e numerosi centri urbani
raffinati vecchi di secoli, dove larghi settori di una popolazione
altamente educata hanno coraggiosamente fatto resistenza alla
corruzione e alla violenza della mafia. Questo aspetto della società
Siciliana non è sufficientemente apprezzato in ambienti esterni, dove è
molto più “romantico” glorificare i gangsters. Per confronto, la
società Albanese del Kosovo semplicemente non possiede tali risorse
materiali e culturali per resistere al potere delle nuove mafie che,
mentre si alimentano di certe tradizioni tribali, comunque risultano
tutte prodotto del globalismo neoliberista.

3. Diritti umani

La protezione dei “diritti umani” è stata il pretesto per la guerra del
1999. In termini di relazioni umane quotidiane, la situazione odierna è
ben peggiore di quella precedente. Questo non viene opportunamente
messo in evidenza per due ragioni. La prima, dal momento che Milosevic
è sotto accusa in carcere, l’interesse dei media della “comunità
internazionale”rispetto al Kosovo si è decisamente volatilizzato. La
seconda, le vittime delle persecuzioni e delle vessazioni, i bambini i
cui scuola-bus sono stati presi a sassate, i vecchi che sono stati
bastonati e le cui case sono state date alle fiamme, i contadini che
non osano più andare a coltivare i loro campi, le centinaia di migliaia
di profughi a causa della “pulizia etnica”…sono Serbi! O, a volte,
Zingari.
I media occidentali hanno immediatamente identificato “i Serbi” come i
nemici della “società multi-etnica” e gli esecutori materiali della
“pulizia etnica”. Il risultato curioso sembra essere che l’assenza dei
Serbi viene intesa come la migliore garanzia di una
società…multietnica. Questa, in ogni caso, è la logica del
comportamento tenuto dalla comunità internazionale nei riguardi della
valle dell’Ibar, la regione del Kosovo a nord di Mitrovica.

Questa regione, che forma una sorta di punta che si immerge nel centro
della Serbia, è la più vasta parte rimanente del Kosovo dove i Serbi
conservano una maggioranza tradizionale sufficiente a difendersi dalle
intimidazioni Albanesi. Quando appartenenti a milizie Albanesi
provenienti dalla regione purificata etnicamente della valle sud
dell’Ibar hanno tentato di attraversare il fiume, ogni volta che è
accaduto, sono stati bloccati dalle guardie Serbe. In questa
situazione, i portavoce della “comunità internazionale” quasi
invariabilmente hanno assunto la linea che erano…gli estremisti Serbi
ad opporsi ad un Kosovo “multietnico”.
Il fatto viene deliberatamente trascurato che, mentre un certo numero
di Albanesi vivono tranquillamente a nord di Mitrovica sotto controllo
Serbo, tutti i Serbi e i Rom sono stati cacciati via dalla regione a
sud di Mitrovica, e che se agli attivisti Albanesi fosse garantito il
libero accesso al nord, il risultato probabile sarebbe quello di una
ulteriore pulizia etnica di quello che rimane della popolazione Serba.

Per qualcuno della “comunità internazionale”, questo potrebbe essere la
soluzione ideale.Una qualvolta i non-Albanesi fossero stati cacciati
via, gli umanitari di professione avrebbero la possibilità di
dichiarare il Kosovo “multietnico” e non resterà nessuno a contestare
questa trionfale asserzione!

Ora la preoccupazione Occidentale prevalente è di uscire dal disordine
del Kosovo in una maniera che sia permesso ancora di continuare a
celebrare la guerra in Kosovo come un grande successo umanitario. Dopo
aver ridotto i Balcani in un mattatoio, i guerrieri per i diritti umani
allora possono andare verso altre vittorie. La sola cosa che li può
fermare, forse può essere il riconoscimento, comunque tardivo, della
verità.


Diane Johnstone è l’autrice di “Fools' Crusade: Yugoslavia, Nato, and
Western Delusions – La Crociata degli Inganni: Yugoslavia, Nato e
Allucinazioni Occidentali” pubblicato da Monthly Review Press.

11 Settembre

”Dando evidenza alle menzogne” sull’11 settembre si rende eterna la
“Grande Menzogna”

by Michel Chossudovsky
(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Michel Chossudovsky è l’autore di “War and Globalization”, “The Truth
behind September 11” a
http://globalresearch.ca/globaloutlook/truth911.html
 
Testo della relazione conclusiva di Michel Chossudovsky alla sessione
pubblica plenaria del 27 maggio 2004 presso la Commissione
Internazionale d’Inchiesta dei Cittadini sull’11 settembre, a Toronto
(Canada), 25-30 Maggio 2004.  
http://www.globalresearch.ca 27 may 2004/

L’URL di questo articolo a:
http://globalresearch.ca/articles/CHO404C.html
L’amministrazione Bush ha avuto numerosi avvertimenti di intelligence.
"L’esternazione di menzogne" da parte dei funzionari di Bush, questi
"avvertimenti di intelligence" sono serviti a sostenere che Al Qaeda
costituisce un’autentica minaccia, un "nemico esterno", che minaccia la
sicurezza dell’America, quando di fatto Al Qaeda è una creazione degli
apparati di intelligence USA.

L’11 settembre ne è la giustificazione.

Secondo la Sicurezza Nazionale "attacchi a scadenza ravvicinata saranno
della stessa entità o addirittura superiori agli attacchi dell’11
settembre ".
Un "attacco terroristico” sul territorio Americano porterebbe in
effetti alla sospensione del governo civile e all’instaurarsi della
legge marziale. Ecco le parole del Ministro alla Sicurezza Nazionale,
Tom Ridge: "Se noi arriviamo al Rosso [codice di allerta]... è
fondamentale chiudere i battenti della nazione."
"Tu ti potrai chiedere, 'È seria questa cosa?' Sì, è in gioco la nostra
esistenza. La gente non fa questo se non si trattasse di una situazione
seria." (Donald Rumsfeld)
La "Criminalizzazione dello Stato", avviene quando criminali di guerra
occupano in modo legittimo posizioni di autorità, che consentono loro
di decidere "chi sono i criminali", nel momento in cui di fatto sono
proprio loro i criminali.

Smascherare una menzogna non necessariamente conduce a stabilire la
verità.

Di fatto la Commissione per l’11 settembre, che ha il mandato di
investigare sugli attacchi dell’11 settembre, ha dimostrato esattamente
l’opposto.
Noi sappiamo che l’amministrazione Bush aveva avuto numerosi
“avvertimenti dall’intelligence”. Sappiamo inoltre che l’"intelligence"
aveva confermato che i terroristi avevano la capacità di dirottare
aerei e di usare questi velivoli per colpire edifici pubblici.
Il Procuratore Generale era stato chiaramente messo in guardia dall’FBI
nell’agosto 2001 di evitare aerei di linea commerciali, ma questa
informazione non era stata resa pubblica. (Vedi Eric Smith a
http://www.globalresearch.ca/articles/SMI402A.html)
Il Pentagono aveva svolto un’esercitazione, del tutto sotto copertura,
di un aeroplano che andava a schiantarsi sul Pentagono. (Vedi
http://globalresearch.ca/articles/RYA404A.html)
Sappiamo inoltre che funzionari di Bush, come Donald Rumsfeld e
Condoleezza Rice hanno mentito sotto giuramento alla Commissione per
l’11 settembre, quando hanno affermato di non aver avuto nessuna
informazione, o preavviso alcuno, tali da impedire attacchi
terroristici.

Ma noi sappiamo anche da una ricerca attentamente documentata che:
sono stati impartiti ordini di allentare la guardia per quell’11
settembre. Infatti la Forza Aerea USA non è intervenuta.
(Vedi http://www.globalresearch.ca/articles/ELS305A.html,
Szamuely a http://www.globalresearch.ca/articles/SZA112A.html)

é avvenuto l’insabbiamento delle inchieste sul World Trade Center (WTC)
e sul Pentagono. Le macerie del WTC sono state messe sotto sequestro.
(Vedi Bill Manning a http://www.globalresearch.ca/articles/MAN309A.html)

i rottami dell’aereo al Pentagono sono scomparsi.
(Vedi Thierry Meyssan a
http://www.globalresearch.ca/articles/MEY204C.html)

come risultato dell’11 settembre, sono stati realizzati massicci
guadagni finanziari attraverso operazioni di Borsa sulla base di
informazioni riservate che riconducevano all’11 settembre.
(Vedi Michael Ruppert,
http://www.globalresearch.ca/articles/RUP110A.html .)

esiste tuttora un imbroglio finanziario che sta sotto alla richiesta di
7.1 miliardi di dollari di assicurazioni reclamati dal locatario del
WTC, in seguito al crollo delle due Torri.
(Vedi Michel Chossudovsky,
http://www.globalresearch.ca/articles/CHO403B.html)

un mistero circonda l’edificio 7-WTC, che è collassato (o è stato
“buttato giù” misteriosamente) nel pomeriggio dell’11/9
(Per i particolari su WTC-7 vedi Scott Loughrey a
http://www.globalresearch.ca/articles/LOU308A.html).
La Casa Bianca è stata accusata dai suoi critici di "criminale
negligenza", per avere trascurato con indifferenza le informazioni di
intelligence fornite al Presidente Bush e alla sua squadra per la
sicurezza nazionale e per non essersi messi in azione per prevenire
l’attacco terroristico dell’11/9.
L’opinione prevalente che si sta diffondendo è: "Loro sapevano, ma non
hanno fatto nulla per agire".
A questa linea di ragionamento si appellano molti critici sull’11/9 e
"i picchiatori di Bush", e sempre più in modo palese vengono mosse
accuse all’amministrazione Bush.

Ora, per amara ironia, il processo reale che porta a smascherare queste
menzogne e ad esprimere il pubblico sdegno ha contribuito a rinforzare
gli insabbiamenti sui fatti dell’11 settembre.
"Smascherare le menzogne" serve a presentare Al Qaeda come una minaccia
effettiva, come un "nemico esterno", che minaccia la sicurezza
dell’America, quando di fatto Al Qaeda è una creazione della struttura
di intelligence USA.

La congettura è che questi avvertimenti e i documenti di intelligence
emanati dall’organizzazione spionistica hanno costituito una vera ed
obiettiva rappresentazione della minaccia terroristica.
Nel frattempo, la storia di Al Qaeda e della CIA è stata tenuta
schiacciata nel retroscena. Del fatto che governi successivi USA,
dalla guerra Sovietico- Afgana in poi, abbiano sostenuto e incoraggiato
la rete terroristica Islamica non se ne fa da tempo cenno, per ovvie
ragioni.

Risulta necessario stroncare l’opinione generale riguardante Al Qaeda
come nemico esterno dell’America, che costituisce il costrutto
fondamentale dell’intera dottrina per la Sicurezza Nazionale.
Questa proposizione centrale che i terroristi Islamici siano i
responsabili per l’11 settembre serve a giustificare qualsiasi cosa,
quindi il Patriot Act, le guerre contro l’Afghanistan e l’Iraq, i
bilanci in crescita vertiginosa per la difesa e la sicurezza nazionale,
la detenzione di migliaia di persone di fede Musulmana con accuse
inventate, l’arresto e la deportazione a Guantanamo di presunti “nemici
combattenti”, ecc.

Il ruolo centrale di Al Qaeda nella Dottrina Bush sulla Sicurezza
Nazionale e nella Dottrina militare USA.


Come spiegato dettagliatamente nella Strategia per la Sicurezza
Nazionale (NSS), la dottrina della “guerra di difesa” preventiva e la
“guerra al terrorismo” contro Al Qaeda costituiscono i due fondamentali
costrutti della campagna propagandistica del Pentagono.
"Il Pentagono deve prepararsi per ogni possibile evenienza,
specialmente adesso che dozzine di paesi e molti gruppi terroristici si
sono impegnati in programmi segreti di sviluppo di armamenti."
(riportato da William Arkin, Secret Plan Outlines the Unthinkable - Un
Piano Segreto delinea l’Inimmaginabile, Los Angeles Times, 9 Marzo 2002)
La dottrina nucleare dell’Amministrazione post 11 settembre indica Al
Qaeda come una qualche sorta di potenza nucleare.

La effettiva esistenza di Al Qaeda fornisce la giustificazione per una
guerra preventiva contro gli Stati canaglia e le organizzazioni
terroristiche. Questo è la parte centrale dell’indottrinamento delle
truppe USA che combattono in Medio Oriente. Inoltre così si possono
giustificare i cosiddetti “abusi” sui prigionieri di guerra.

L’obiettivo è di presentare l’ "azione militare preventiva"- vale a
dire la guerra - come un atto di "auto-difesa" contro due categorie di
nemici, gli " Stati canaglia" e i " terroristi Islamici":
"La guerra contro i terroristi ad estensione globale è una impresa
globale di incerta durata. …L’America si muoverà contro queste minacce
emergenti prima che queste possano completamente essere messe in atto.

…Stati canaglia e terroristi non cercano di attaccarci usando mezzi
convenzionali. Loro sanno bene che questi attacchi andrebbero incontro
ad un fallimento. Invece, fanno affidamento su azioni terroristiche e,
potenzialmente, sull’uso di armi di distruzione di massa (…)
Gli obiettivi di questi attacchi sono le nostre forze militari e le
nostre popolazioni civili, in diretta violazione di una delle
principali norme del diritto in situazioni di guerra. Come è stato
dimostrato dal numero di perdite subite l’11 settembre 2001, lo
specifico obiettivo dei terroristi è causare il maggior numero di
vittime civili e queste vittime potrebbero aumentare esponenzialmente
in modo molto severo se i terroristi entrassero in possesso e usassero
armi di distruzione di massa.

Gli Stati Uniti già da tempo hanno tenuta salda l’opzione di azioni
preventive per parare i colpi di un’efficace minaccia alla loro
sicurezza nazionale. La minaccia più grande, il rischio più grande è
l’inazione – e diventa sempre più impellente entrare anticipatamente in
azione per difendere noi stessi, (…). Per anticipare o prevenire
questi atti ostili da parte dei nostri avversari, gli Stati Uniti, se
necessario, agiranno preventivamente." (da Strategia per la Sicurezza
Nazionale, Casa Bianca, 2002, http://www.whitehouse.gov/nsc/nss.html)
Per giustificare queste azioni militari preventive, compreso l’uso di
armi nucleari in teatri di guerra convenzionale (con approvazione del
Senato nel 2003), la Dottrina per la Sicurezza Nazionale esige la
"costruzione" di una minaccia terroristica, cioè di "un nemico
esterno." Inoltre risulta necessario vincolare queste minacce
terroristiche a "Stati che le sponsorizzano ", ai cosiddetti "Stati
canaglia".
Ma allora questo significa che i vari "eventi che hanno prodotto
vittime in massa", che vengono addossati ad Al Qaeda (il Nemico
Costruito), fanno parte di una manovra propagandistica che consiste nel
sostenere La Leggenda di un Nemico Esterno.

Nessuna Al Qaeda
Nessuna guerra al terrorismo
Nessuno stato canaglia che sponsorizza Al Qaeda
Nessun pretesto per scatenare la guerra
Nessuna giustificazione per invadere ed occupare l’Afghanistan e l’Iraq
Nessuna giustificazione per l’invio di forze speciali USA in tante
regioni in tutto il mondo.

Nessuna giustificazione per lo sviluppo di armi nucleari tattiche da
usare nei teatri di guerra convenzionale contro i terroristi Islamici,
che secondo documenti ufficiali costituiscono una minaccia nucleare.
(Vedi  http://globalresearch.ca/articles/CHO405A.html).

L’11 settembre e la propaganda di guerra
In altre parole, gli avvertimenti di intelligence hanno dato sostegno
alla leggenda di Al Qaeda, leggenda che costituisce la pietra angolare
della “guerra al terrorismo”. E quest’ultima serve come giustificazione
per le “guerre preventive” dell’America, con l’obiettivo di “proteggere
la Patria!”

Un anno prima dell’11 settembre 2001, il Progetto per un Nuovo Secolo
Americano (PNAC) invocava “qualche evento catastrofico e catalizzante,
del tipo un nuovo Pearl Harbor,” che avrebbe dovuto galvanizzare
l’opinione pubblica USA in favore di una agenda di guerra. (Vedi
http://www.globalresearch.ca/articles/NAC304A.html)
Gli architetti del Progetto PNAC sembravano aver anticipato con cinica
accuratezza l’uso degli attacchi dell’11 settembre come “un pretestuoso
incidente per la guerra.”
L’obiettivo dichiarato dal PNAC è “La Difesa della Patria” e
“Combattere e vincere in modo definitivo guerre di teatro molteplici e
simultanee”, complessivamente esercitare funzioni di polizia e azioni
militari punitive in tutto il mondo, ed operare per la cosiddetta
“rivoluzione negli affari militari”, che essenzialmente significa
sviluppare nuovi tipi di sistemi d’arma, come la militarizzazione dello
spazio esterno, lo sviluppo di una nuova generazione di armi nucleari,
ecc. (su armi nucleari, vedi
http://globalresearch.ca/articles/CHO405A.html,
sul PNAC, vedi  http://www.globalresearch.ca/articles/NAC304A.html)
Il riferimento del Progetto PNAC ad un "evento catastrofico e
catalizzante" fa eco ad una dichiarazione del tutto simile di David
Rockefeller alla Commissione per il Commercio delle Nazioni Unite nel
1994:
"Noi ci troviamo ai limiti di una trasformazione globale. Tutto quello
di cui noi necessitiamo è una crisi sicuramente di maggior spessore e
le nazioni allora accoglieranno con favore il Nuovo Ordine Mondiale."
Ugualmente, nelle parole di Zbigniew Brzezinski nel suo libro, La
Grande Scacchiera:
 "…può risultare molto difficile costruire un consenso [in America] su
problemi di politica estera, se non in presenza di circostanze di una
minaccia proveniente dall’esterno, veramente massiccia e ampiamente
percepita."
Zbigniew Brzezinski, che è stato Consigliere per la Sicurezza Nazionale
del Presidente Jimmy Carter, è stato uno degli architetti chiave della
rete organizzativa di Al Qaeda, creata dalla CIA all’attacco in
occasione della guerra Sovietico-Afghana (1979-1989).
(Vedi Brzezinski a
http://www.globalresearch.ca/articles/BRZ110A.print.html)
L’"evento catastrofico e catalizzante", come stabilito dal Progetto
PNAC, risulta parte integrante della pianificazione
spionistico-militare degli USA.
Il Generale Franks, che ha condotto la campagna militare nell’Iraq,
recentemente ha sottolineato il ruolo di un “evento che produce
moltissime vittime” (ottobre 2003) per raccogliere il consenso ad
imporre la Legge Marziale in America.
(Vedi il Generale Tommy Franks invoca l’abrogazione della Costituzione
USA, novembre 2003, a
http://www.globalresearch.ca/articles/EDW311A.html).
Franks identifica lo scenario preciso in cui si potrà instaurare la
Legge Marziale:
"un evento terroristico, da qualche parte del mondo Occidentale - forse
anche negli Stati Uniti d’America –, con una impressionante quantità di
vittime, dovrebbe indurre la popolazione a mettere in forse la nostra
stessa Costituzione e ad accettare l’ inizio della militarizzazione del
nostro Paese, in modo da evitare il ripetersi di un altro evento con
grandi quantità di vittime." (Ibid)
Questa affermazione da parte di un soggetto, che è stato attivamente
coinvolto nella pianificazione militare e di intelligence ai più alti
livelli, suggerisce che la “militarizzazione del nostro Paese” è un
assunto operativo in sviluppo. Questo fa parte della più estesa
“opinione prevalente a Washington”, che può essere identificata con la
"roadmap" di guerra dell’Amministrazione Bush e con la “Difesa della
Patria.” Inutile dire che è anche parte integrante dell’agenda
neoliberal.

L’”evento terroristico che produce un’impressionante quantità di
vittime” viene presentato dal Generale Franks come punto cruciale del
cambiamento politico. La crisi e il disordine sociale che ne
deriverebbero vengono intesi come facilitazioni ad una più rilevante
deriva antidemocratica nelle strutture politiche, sociali ed
istituzionali degli USA.
La dichiarazione del Generale Franks riflette la generale opinione
all’interno dell’Esercito USA relativamente a quello che gli eventi
terroristici potrebbero scatenare. La “guerra al terrorismo” fornisce
la giustificazione per abrogare la Norma di Legge, la Costituzione, con
l’obiettivo ultimo di “preservare le libertà civili”.

L’intervista di Franks suggerisce che un attacco terroristico messo in
atto da Al Qaeda verrà usato come “meccanismo di innesco” di un colpo
di stato militare negli Stati Uniti. L’”evento tipo Pearl Harbor” del
Progetto PNAC dovrebbe essere usato come giustificazione per dichiarare
lo Stato di emergenza, con il conseguente insediamento di un governo
militare.

Dopo molte considerazioni, si può concludere che la militarizzazione
delle istituzioni civili dello Stato negli USA può certamente essere
operativa sotto la facciata di una falsa democrazia.

Effettivi attacchi terroristici

Per essere “effettiva”, la campagna di terrore e di disinformazione non
può fare affidamento unicamente su “avvertimenti” inconsistenti di
futuri attacchi, essa richiede anche accadimenti terroristici “reali” o
“incidenti” che producano credibilità ai piani di guerra di Washington.
Questi eventi terroristici vengono usati per giustificare la messa in
atto di “misure di emergenza”, accompagnate ad “azioni militari di
rappresaglia”. Questi eventi terroristici sono necessari, nel contesto
presente, per creare la falsa idea di “un nemico esterno” che sta
minacciando la Patria Americana.

Lo scatenamento di “incidenti pretestuosi di guerra” fa parte della
strategia del Pentagono. Di fatto risulta parte integrante della storia
militare degli USA.
(Vedi Richard Sanders, War Pretext Incidents, How to Start a War,
Global Outlook, - Incidenti pretestuosi di guerra, Come scatenare una
guerra, Panoramica globale, capitoli 2 e 3, 2002-2003).
Nel 1962, i Capi di Stato Maggiore Riuniti avevano considerato un piano
segreto, sotto il titolo di "Operazione Northwoods", per provocare
deliberatamente vittime civili, in modo da giustificare l’invasione di
Cuba:
"Noi potremmo far saltare in aria una nave USA nella Baia di Guantanamo
ed accusare di questo Cuba," "Potremmo sviluppare una campagna
terroristica da imputare ai Comunisti Cubani nell’area di Miami, in
altre città della Florida ed anche a Washington" "gli elenchi delle
perdite pubblicati nei quotidiani USA potrebbero produrre una
vantaggiosa ondata di indignazione nazionale." (Vedi il documento
declassificato Top Secret 1962 dal titolo "Justification for U.S.
Military Intervention in Cuba - Giustificazione per un intervento
militare a Cuba")
(Vedi Operation Northwoods a
http://www.globalresearch.ca/articles/NOR111A.html).
Non vi sono prove che il Pentagono o la CIA abbiano giocato un ruolo
diretto nei recenti attacchi terroristici, come quelli in Indonesia
(2002), India (2001), Turchia (2003) e Arabia Saudita. (2003).
Secondo i rapporti, questi attacchi sono stati condotti da
organizzazioni (o da cellule di queste organizzazioni), che operano in
maniera del tutto indipendente, con un certo grado di autonomia. Questa
indipendenza caratterizza la vera natura di un’operazione segreta di
intelligence. La “struttura di intelligence” non è mai in contatto
diretto con i suoi sponsors segreti, e non necessariamente è a
conoscenza del ruolo che sta giocando a vantaggio dei suoi sponsors di
intelligence.

Le domande fondamentali sono:
Chi sta nel retroscena?
Attraverso quali fonti arrivano i finanziamenti?
Da chi è costituita la rete di base dei collegamenti?

Per esempio, nel caso dell’attentato a Bali del 2002, la presunta
organizzazione terroristica Jemaah Islamiah aveva legami con il
servizio di spionaggio militare Indonesiano (BIN), che a sua volta era
in collegamento con la CIA e l’intelligence Australiana.
Gli attacchi terroristici del dicembre 2001 al Parlamento Indiano – che
hanno contribuito a spingere India e Pakistan sull’orlo di una guerra –
con molta probabilità sono stati condotti da due gruppi di rivoltosi
con basi in Pakistan, il Lashkar-e-Taiba ("Esercito della Purezza") e
lo Jaish-e-Muhammad ("Esercito di Maometto"), entrambi appoggiati
dall’ISI Pakistano, secondo la Commissione per le Relazioni con
l’Estero (CFR).
(Commissione per le Relazioni con l’Estero, Washington 2002 a
http://www.terrorismanswers.com/groups/harakat2.html).
Quello che la CFR trascura di mettere a conoscenza è la relazione
cruciale che intercorre fra l’ISI e la CIA e il fatto che l’ISI
continua a supportare il Lashkar, lo Jaish e il militante Jammu e
Kashmir Hizbul Mujahideen (JKHM), che collaborano tutti con la CIA.
(Per ulteriori particolari, vedi Michel Chossudovsky, Fabricating an
Enemy – Come fabbricare un nemico, marzo 2003, a
http://www.globalresearch.ca/articles/CHO301B.html)
Un fascicolo classificato nel 2002, redatto come guida per il
Pentagono, " raccomanda la formazione di un cosiddetto “Gruppo di
Azione per Operazioni Preventive” (P2OG), atto ad innescare operazioni
segrete rivolte a "stimolare reazioni " fra i terroristi e gli Stati in
possesso di armi di distruzione di massa – per esempio, sollecitando
cellule terroristiche all’azione ed esponendo poi gli stessi terroristi
ad attacchi “a risposta rapida” da parte delle forze USA." (William
Arkin, The Secret War-La Guerra Segreta, The Los Angeles Times, 27
ottobre 2002)
L’iniziativa del P2OG non è assolutamente nuova. Essenzialmente, viene
estesa una struttura già esistente per operazioni segrete. Come
ampiamente documentato, la CIA ha appoggiato gruppi terroristici già
dai tempi della Guerra Fredda.

Per "indurre gruppi terroristici" a compiere operazioni sotto copertura
di intelligence, spesso vengono richieste infiltrazioni e addestramento
di gruppi estremisti collegati con Al Qaeda.
A questo riguardo, l’appoggio di copertura da parte delle strutture
militari e spionistiche Statunitensi è stato incanalato verso diverse
organizzazioni terroristiche Islamiche attraverso una rete complessa di
intermediari e di agenti dello spionaggio. (Vedi più avanti, in
relazione con le questioni Balcaniche)

Prevedere (attentati terroristici) costruisce una pista falsa.

La previsione di attentati implica e richiede l’esistenza di questo
"nemico esterno", che è sempre sul punto di aggredire l’America.
Come ampiamente documentato, le brigate Islamiche ed Al Qaeda, le
scuole coraniche madrassas e i campi di addestramento in Afghanistan
sono una creazione della CIA. I Talebani erano i "laureati" delle
scuole religiose madrassas, e sono loro che hanno formato un governo
nel 1996, con l’appoggio degli USA.

Durante la Guerra Fredda, ma anche in tempi successivi, la CIA, usando
la struttura dello Spionaggio Militare del Pakistan come intermediaria,
ha giocato un ruolo decisivo nell’addestramento dei Mujahideen. D’altro
canto l’addestramento alla guerriglia appoggiato dalla CIA veniva
integrato con gli insegnamenti sull’Islam.
Ogni amministrazione USA, a partire da Jimmy Carter, ha favorito in
modo consistente la cosiddetta "Base Militante Islamica", compresa Al
Qaeda di Osama bin Laden, come parte integrante della propria agenda di
politica estera.
A questo riguardo, i Democratici e i Repubblicani hanno operato di
concerto. Di fatto, è l’organizzazione spionistico-militare USA che ha
dato continuità alla politica estera degli Stati Uniti.

Informazioni dai media su Al Qaeda e il Servizio Spionistico Militare
(ISI) del Pakistan

Bisogna mettere in evidenza che in tutti gli eventi terroristici
effettivamente accaduti dopo l’11/9, viene riferito dai media e dai
documenti ufficiali che le organizzazioni terroristiche sono sempre in
"stretto collegamento con Al Qaeda di Osama bin Laden". Questo in sé
costituisce solo un frammento di informazione. Naturalmente, negli
articoli di stampa non si fa mai menzione che di fatto Al Qaeda è una
creazione della CIA, e assolutamente non si considera rilevante capire
bene cosa sta sotto questi avvenimenti terroristici.
I collegamenti di queste organizzazioni terroristiche, particolarmente
quelle Asiatiche, con l’intelligence militare Pakistana (ISI) vengono
messi in risalto solo in pochi casi dalle fonti ufficiali e dai
dispacci della stampa. Per conferma della Commissione per le Relazioni
con l’Estero (CFR), alcuni di questi gruppi appaiono avere legami con
l’ISI Pakistano, senza però che venga mai specificata la natura di
questi legami. Inutile dire che queste informazioni risulterebbero
essenziali per identificare chi sponsorizza questi attentati
terroristici.
In altri termini, l’ISI appoggia queste organizzazioni terroristiche, e
allo stesso tempo è in stretto collegamento con la CIA.

In conclusione, l’aver posto l’attenzione sulle previsioni di attentati
è servito a distrarre utilmente l’attenzione dalle relazioni da lungo
tempo stabilite da parte dei governi USA con le reti terroristiche fin
dalla guerra Sovietico-Afghana, cosa che inevitabilmente solleva le più
larghe questioni del tradimento e dei crimini di guerra.
Il tema della previsione di attentati in un certo senso cancella una
documentazione storicamente oggettiva, in quanto non riconosce la
stretta relazione fra Al Qaeda e le amministrazioni USA che si sono
succedute.

L’amministrazione viene accusata di non aver reagito agli avvertimenti
di attacchi terroristici.

Queste le parole di Richard Clarke:
"Noi dobbiamo tentare di raggiungere un livello di dibattito pubblico
su questi argomenti che sia nello stesso tempo energico e mutuamente
rispettoso…Noi tutti desideriamo sconfiggere i jihadisti. [questo è di
consenso unanime] Per fare questo, abbiamo bisogno di stimolare in
America un dibattito attivo, critico ed analitico su quanto sarà meglio
fare. E se avvenisse un altro attacco terroristico catastrofico contro
il nostro Paese, non dobbiamo più cadere nel panico o soffocare la
discussione, come abbiamo fatto per troppo tempo dopo l’11 settembre."
(New York Times, 25 aprile 2004)
Bush e il team di intelligence della Casa Bianca sembrano avere
trascurato gli avvertimenti di possibili aggressioni terroristiche.
Richard Clarke, che fino al febbraio 2003 era in forza al
contro-terrorismo nel Consiglio per la Sicurezza Nazionale, ha
"chiesto scusa" al popolo Americano e ai famigliari delle vittime. Se
si fosse agito in maniera responsabile, se fossero stati presi
seriamente in considerazione i rapporti di intelligence, l’11 settembre
2001, 3000 vite avrebbero potuto essere salvate.
Ma tenete a mente che Richard Clarke faceva parte di un gruppo di
spionaggio che a suo tempo forniva appoggio ad Al Qaeda nei Balcani!
(Vedi più avanti)
Questo nuovo parere unanime contro Bush rispetto agli attentati
dell’11/9 ha fatto inabissare parte del movimento per la verità sui
fatti dell’11/9. Le spudorate menzogne sono state denunciate in coro
con testimonianze giurate presso la Commissione per l’11/9; le famiglie
delle vittime hanno espresso la loro indignazione.
La discussione si incentra se l’amministrazione risulta responsabile
per un "deficit di intelligence" o se tutto ciò è il risultato di
"incompetenza."
In entrambi i casi, il mito di Al Qaeda rimane incontestato, e rimane
incontestato il fatto che i dirottatori di Al Qaeda siano i veri
responsabili per l’11 settembre 2001.

Fonti di avvertimenti di terrorismo

Lasciando perdere la retorica, nessuno sembra aver chiesto informazioni
sulle fonti di questi avvertimenti emanati da un apparato di
intelligence, che, come è noto, ha sostenuto Al Qaeda per l’intero
periodo successivo alla Guerra Fredda.
In altre parole, questi avvertimenti di minacce terroristiche
provenienti esternamente dalla CIA sono una rappresentazione "vera" di
una minaccia terroristica o fanno parte del processo di disinformazione
che cerca di sostenere con precisione che Al Qaeda risulta "Nemico
della Patria".
Invece, le imputazioni di "copertura e di complicità" ai più alti
livelli dell’amministrazione Bush, che sono state sollevate sulla scia
immediata degli attacchi dell’11/9, sono state respinte.
Ed è stato posto sotto silenzio il ruolo dei funzionari di Bush, i loro
collegamenti documentati con la rete terroristica, i vincoli
affaristici fra le famiglie dei Bush e dei bin Laden, il ruolo del
Servizio di Spionaggio Militare del Pakistan (ISI) che appoggia e rende
complice Al Qaeda, mentre lavorano fianco a fianco con le loro
controparti USA (la CIA e l’Agenzia di Intelligence per la Difesa DIA),
il fatto che diversi funzionari di Bush sono stati gli artefici di Al
Qaeda durante l’amministrazione Reagan, come dimostrato dalle indagini
Iran Contra. (vedi Michel Chossudovsky,
http://www.globalresearch.ca/articles/CHO303D.html)

"Sono i Sauditi ad aver fatto questo"
Tutto questo, che pure risulta ampiamente documentato, non è più di
tanto rilevante. Non sembra risultare più di tanto argomento di
dibattito e di inchiesta. Quello che i media, come molti degli
investigatori importanti sull’11/9, stanno accreditando è che "sono
stati i Sauditi a fare questo". Il Nemico Esterno Al Qaeda sembra
essere stato appoggiato dai Sauditi.

Questa linea di analisi, che caratterizza l’azione legale da 1 miliardo
di dollari promossa dal Giurista Ted Motley per le famiglie delle
vittime, è evidentemente incrinata. Mentre vengono messi in luce i
collegamenti di affari tra i Bush e i bin Laden, non viene rigettata la
leggenda del nemico esterno.
L’affermazione "Sono i Sauditi ad aver fatto questo " allora fa parte
dell’agenda di politica estera USA, eventualmente può essere usata per
gettare discredito sulla monarchia Saudita e destabilizzare i mercati
finanziari Sauditi, che trattano il 25% delle riserve di petrolio del
mondo, dieci volte più di quelle degli USA.
Di fatto, questo processo si è già innescato con il programma di
privatizzazioni in Arabia Saudita, che cerca di trasferire la ricchezza
e le risorse Saudite nelle mani straniere degli Anglo-Americani.

Gli uomini della finanza Sauditi non sono stati mai i motori primi.
Loro sono stati dei mandatari, e quindi hanno giocato in ruoli
subordinati. Hanno sempre operato a stretto contatto con lo spionaggio
USA e con i loro equivalenti soggetti finanziari Americani. Lavorando
in collegamento con la CIA, sono stati implicati nella pulitura e nel
riciclaggio del denaro sporco proveniente dal traffico di droga.
Importanti sette Wahabite dall’Arabia Saudita sono state inviate in
Afghanistan per informare le scuole religiose madrassas. I Sauditi
hanno inviato segretamente finanziamenti ai vari movimenti rivoltosi
Islamici, per conto della CIA.
In altre parole l’affermazione comune "Sono stati i Sauditi a fare
questo" principalmente contribuisce a dare una mano di bianco
all’amministrazione Bush e nel contempo fornisce il pretesto per
destabilizzare l’Arabia Saudita.

Il giudizio unanime che " Bush mente " sorregge "La Grande Menzogna" 
Il giudizio unanime che sta emergendo sui fatti dell’11 settembre,
("Nemico esterno", deficit di intelligence, negligenze criminali, "Sono
i Sauditi ad aver fatto questo", ecc.), che sta prendendo piede nei
libri di storia Americani, è che "loro sapevano, ma sono venuti meno
nell’azione". 
Vi è stata incompetenza o negligenza criminale, ma non vi è stato alto
tradimento. Le guerre in Afghanistan e nell’ Iraq erano "guerre
giuste", sono state intraprese in accordo con la dottrina della
Sicurezza Nazionale, che individua Al Qaeda come il Nemico Esterno.
Inutile dire che all’inizio della guerra contro l’Afghanistan, un
numero consistente di eminenti intellettuali Occidentali, di leaders
sindacali e della società civile ha appoggiato il concetto di "Guerra
Giusta".
Mentre sull’amministrazione Bush si addensano le nubi delle colpe, la
"guerra al terrorismo"  e il suo mandato umanitario rimangono
funzionalmente intatti.
Comunque, ognuno ha gli occhi puntati sul fatto che funzionari di Bush
hanno mentito sotto giuramento rispetto agli avvertimenti di attentati
terroristici.

Ora non sembra che qualcuno abbia formulato l’interrogativo
fondamentale:
Che significato hanno questi avvertimenti emanati da una struttura di
intelligence, sapendo che la CIA ha creato Al Qaeda e che Al Qaeda è
una "risorsa di intelligence "?
In altri termini, la CIA è lo sponsor di Al Qaeda e allo stesso tempo
controlla gli avvertimenti per impedire gli attacchi terroristici. Ed
inoltre, funzionari di Bush in testimonianze giurate presso la
Commissione per l’11 settembre, stanno mentendo sotto giuramento su
qualcosa che è vero, o addirittura stanno mentendo su qualcosa che è
una menzogna ancora più grossa?

La Leggenda del “Nemico Esterno”

L’attacco dinamitardo al WTC del 1993 era stato annunciato
dall’amministrazione Bush come uno dei primi attentati di Al Qaeda alla
Patria. Dall’11 settembre, l’attacco dinamitardo al WTC del 1993 è
divenuto parte della "leggenda dell’11 settembre", che descrive Al
Qaeda come "un nemico esterno."
Questo veniva dichiarato dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale
Condoleezza Rice, nell’aprile 2004, in una testimonianza giurata
davanti alla Commissione per l’11/9:
"La minaccia terroristica alla nostra Nazione non viene alla luce solo
dopo l’11 settembre 2001. Già da tanto tempo, prima di quel giorno,
terroristi radicali, che odiano la libertà, hanno dichiarato guerra
all’America e al mondo civilizzato. L’attentato agli acquartieramenti
dei Marines in Libano nel 1983, l’atto di pirateria nei confronti dell’
Achille Lauro nel 1985, la nascita di al-Qaida e l’attentato
dinamitardo al World Trade Center nel 1993, gli attacchi contro
installazioni Americane in Arabia Saudita nel 1995 e nel 1996, gli
attentati dinamitardi alle Ambasciate in Africa Orientale nel 1998,
tutte queste e altre atrocità facevano parte di una potente,
sistematica campagna per diffondere devastazioni e caos e per ammazzare
Americani innocenti." (Vedi la completa trascrizione di questa
deposizione a http://www.globalresearch.ca/articles/RIC404A.html)
 
Di seguito forniamo le prove della collaborazione USA-Al Qaeda desunte
da fonti ufficiali che confermano senza ombra di equivoci che Al Qaeda
è stata una "risorsa di intelligence " appoggiata dagli Stati Uniti,
per tutto l’intero periodo successivo alla Guerra Fredda.

Periodo post Guerra Fredda: successione temporale della collaborazione
Al Qaeda- USA

1993-1994: Bosnia-gate. 
L’Amministrazione Clinton collabora con Al Qaeda (1993-1994) 
Al tempo dell’attentato dinamitardo al WTC del 1993, l’Amministrazione
Clinton stava collaborando attivamente con al Qaeda in operazioni
militari congiunte in Bosnia, come è stato confermato da un rapporto
ufficiale del Congresso reso pubblico dal Partito Repubblicano.
Il coinvolgimento “attivo” dell’Amministrazione Clinton con la linea di
rifornimento di armamenti alle organizzazioni Islamiche comprendeva
anche il collaudo di missili dall’Iran da parte di ufficiali
governativi Statunitensi.
La Rete Islamica Militante (pagina 5): Assieme alle armi sono entrati
in Bosnia in grande numero Guardiani della Rivoluzione Iraniana e
agenti segreti VEVAK, con migliaia di mujahedin ("Santi guerrieri")
provenienti da tutto il mondo Islamico. Quindi sono stati coinvolti
nello sforzo bellico diversi paesi Musulmani( fra questi il Brunei, la
Malesia, il Pakistan, l’Arabia Saudita, il Sudan, e la Turchia) e un
grande numero di organizzazioni estremiste Musulmane. Ad esempio, è
stato ben documentato il ruolo di una “organizzazione umanitaria” con
base in Sudan, denominata Agenzia per il Soccorso del Terzo Mondo.
Il coinvolgimento “attivo” dell’Amministrazione Clinton con la linea di
rifornimento di armamenti alle organizzazioni Islamiche comprendeva
anche il collaudo di missili dall’Iran da parte di ufficiali
governativi Statunitensi.

(...)
In breve, la politica dell’Amministrazione Clinton di favorire la
distribuzione di armi ai Musulmani Bosniaci de facto ha associato
l’Amministrazione con la rete internazionale in pieno sviluppo dei
governi e delle organizzazioni che mettono al primo posto della loro
agenda politica la Bosnia…Ad esempio, uno di questi gruppi, intorno al
quale si è fatta luce in modo dettagliato, è l’Agenzia per il Soccorso
del Terzo Mondo (TWRA), un’organizzazione con base in Sudan, a parole
umanitaria, che ha costituito il più importante collegamento nel flusso
di armi verso la Bosnia. ["Come i Musulmani di Bosnia hanno eluso
l’embargo sulle armi: Agenzie di Soccorso hanno mediato l’aiuto dalle
nazioni e dai gruppi estremisti, " Washington Post, 22/9/96; vedi anche
"I Sauditi finanziano il traffico di armi per la Bosnia. Un ufficiale
afferma: un programma da 300 milioni di dollari$ ha ricevuto la
cooperazione segreta degli USA" Washington Post, 2/2/96]
La TWRA è risultata essere in stretta connessione con particolari
figure della rete del terrore Islamico, come Sheik Omar Abdel Rahman
(la mente responsabile dietro all’attentato dinamitardo del 1993 contro
il World Trade Center ) e Osama Binladen, un ricco emiro Saudita
ritenuto il finanziatore di numerosi gruppi militanti. [WP, 22/9/96]
appendice
L’Amministrazione Clinton ha appoggiato la “Base Militante Islamica” ,
articoli con autorizzazione alle stampe del Senato, Congresso degli
USA, 16 gennaio 1997, a
http://www.globalresearch.ca/articles/DCH109A.html

Il presunto terrorista Sheik Omar Abdul Rahman veniva processato come
ideatore dell’attentato dinamitardo del 1993 al WTC, e quindi
condannato all’ergastolo.

Per amara ironia, lo stesso individuo Omar Abdul Rahman veniva
identificato in un documento del 1997 del Comitato Politico del Partito
Repubblicano del Senato degli USA come collaborante con ufficiali di
Clinton nel trasporto di armi e di Mujahideen in Bosnia. In altre
parole, il Partito Repubblicano confermava che Omar Abdul Rahman e Al
Qaeda erano "organizzazioni di intelligence " appoggiate dagli Stati
Uniti.
Documento originale del Senato a
http://www.senate.gov/~rpc/releases/1997/iran.htm

Quando Bill Clinton, apparso davanti alla Commissione per i fatti
dell’11/9 nell’aprile 2004, è stato interrogato se avesse stretto
collegamenti con la rete terroristica, compreso l’ideatore
dell’attentato dinamitardo del 1993 al WTC, rispose decisamente di “No!”
Possiamo concludere questo: esisteva un Triangolo Clinton-Osama-Abdel
Rahman.
Noi stiamo trattando con le categorie di “Tradimento” ed
“Insabbiamento” in relazione alle vicende dei legami
dell’Amministrazione Clinton con il supposto “Nemico Esterno”. La
categoria “Tradimento” viene così definita: “L’agire consapevole e
intenzionale in favore del nemico.”

1995-1999: La Nato e l’Esercito degli Stati Uniti hanno collaborato con
Al Qaeda in Kosovo

Di seguito presentiamo diversi estratti da documenti del Congresso che
puntualizzano il sostegno degli Stati Uniti all’organizzazione
terroristica in Kosovo nel periodo 1995-1999 e che confutano perciò
largamente l’esistenza di un “Nemico Esterno”.

Frank Ciluffo del Programma sul Crimine Organizzato Globalmente, in una
testimonianza presentata alla Commissione Giuridica della Camera dei
Rappresentanti:
Quello che viene largamente nascosto all’opinione pubblica è il fatto
che l’Esercito di Liberazione del Kosovo(KLA-UCK) acquisisce parte dei
suoi finanziamenti dalla vendita di narcotici. L’Albania e il Kosovo
sono situati nel cuore della Rotta dei Balcani che congiunge la
“Mezzaluna Dorata” dell’ Afghanistan e del Pakistan ai mercati della
droga di Europa. Per questa Rotta avvengono traffici per 400 miliardi
di dollari$ l’anno e si tratta l’80% dell’eroina destinata all’Europa.
(Congresso USA, Testimonianza di Frank J. Ciluffo, Direttore Sostituto
del Programma sul Crimine Organizzato Globalmente, alla Commissione
Giuridica della Camera dei Rappresentanti, Washington DC, 13 dicembre
2000)

Ralf Mutschke della Divisione di Intelligence Criminale dell’Interpol,
in una testimonianza sempre alla Commissione Giuridica della Camera dei
Rappresentanti:
Il Dipartimento di Stato USA ha catalogato la KLA-UCK come una
organizzazione terroristica, indicando che sta finanziando le sue
operazioni con il denaro proveniente dal traffico internazionale
dell’eroina e con prestiti dai paesi Islamici o individuali; come
esempio di finanziatore individuale viene portato Osama bin Laden. Un
altro collegamento con bin Laden resta il fatto che il fratello di un
leader della organizzazione Jihad Egiziana, e anche comandante militare
di Osama bin Laden, era alla testa di una unità di elite della KLA
durante il conflitto in Kosovo.
(Congresso USA, Commissione Giuridica della Camera dei Rappresentanti,
Washington DC, 13 dicembre 2000)

Il Deputato John Kasich della Commissione per i Servizi armati della
Camera dei Rappresentanti:
 "Proprio noi abbiamo creato un collegamento, nel 1998-99, con la KLA
che costituiva il punto per l’entrata in scena di bin Laden."
(Congresso USA, Trascrizioni dei verbali della Commissione per i
Servizi armati della Camera dei Rappresentanti, Washington, DC, 5
ottobre 1999) 

Nel 1999, il Senatore Jo Lieberman affermava autorevolmente che:
"Combattere per la KLA vale quanto combattere per i diritti umani e per
i valori Americani."
Quando esprimeva questo concetto, il Senatore sapeva bene che la KLA
veniva appoggiata da Osama bin Laden .
Che conclusioni possiamo trarre dall’analisi di queste dichiarazioni?
Le trascrizioni dei documenti Congressuali confutano l’esistenza del
“nemico esterno”.
Al Qaeda (una nostra "risorsa di intelligence") ha sostenuto e continua
a sostenere la KLA. L’Amministrazione Clinton ha appoggiato la KLA. La
Segretaria di Stato Madeleine Albright trovava desiderabile
ardentemente il comandante della KLA Hashim Thaci.
Le Military Professional Resources – Risorse Professionali Militari
(MPRI), una compagnia di mercenari sotto contratto per il Pentagono era
implicata nell’addestramento della KLA. La KLA veniva anche addestrata
dalle Forze Speciali USA e Britanniche. Ma la KLA riceveva
addestramento anche da Al Qaeda. Quindi, gli USA hanno collaborato
nell’addestramento di un’organizzazione terroristica che è collegata
con Al Qaeda, con il traffico della droga e con il crimine organizzato.

L’amministrazione Bush ha seguito di pari passo l’Amministrazione
Clinton. La KLA viene appoggiata dall’esercito Statunitense, mentre
nello stesso tempo viene sostenuta da Al Qaeda.


2001.

1 agosto 2001: L’Organizzazione Militante Islamica, la Nato e
l’Esercito USA si stringono la mano in Macedonia.
Appena poche settimane prima dell’11 settembre 2001, nell’agosto,
consiglieri militari superiori USA venivano informati da una compagnia
privata di mercenari sotto contratto del Pentagono, la MPRI,
dell’autoproclamazione dell’Esercito di Liberazione Nazionale (NLA) di
Macedonia.
Un distaccamento di Mujahideen di Al Qaeda provenienti dal Medio
Oriente e dall’Asia Centrale stavano combattendo in una formazione
armata paramilitare, che riceveva anche supporto dall’esercito degli
Stati Uniti e dalla Nato.

La NLA agisce per procura dell’Esercito di Liberazione del Kosovo
(KLA). Inoltre, la KLA e il Corpo di Protezione del Kosovo (KPC),
sponsorizzato dall’ONU, sono le medesime istituzioni con i medesimi
comandanti e con il medesimo personale militare. I Comandanti del KPC
in paga dell’ONU stanno combattendo nella NLA a fianco dei Mujahideen.
Per ironia, mentre viene appoggiata e finanziata da Al Qaeda di Osama
bin Laden, la KLA-NLA viene anche supportata dalla NATO e dalla
Missione delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK).
Inoltre, l’Organizzazione Militante Islamica, utilizzando l’Inter
Service Intelligence (ISI) del Pakistan e la CIA come intermediari,
sicuramente costituisce una parte integrante nelle operazioni
spionistico-militari sotto copertura di Washington sia in Macedonia che
nel sud della Serbia.

I terroristi della KLA-NLA sono finanziati con aiuti militari degli
USA, con i fondi del bilancio delle Nazioni Unite destinati ad azioni
di peace-keeping, e da diverse organizzazioni Islamiche, compresa Al
Qaeda di Osama bin Laden. Vengono usati anche i proventi del traffico
di droga per finanziare i terroristi con la complicità del governo
Statunitense. Il reclutamento dei Mujahideen per combattere nelle file
della NLA in Macedonia viene realizzato attraverso vari gruppi Islamici.
Consiglieri militari USA sono mescolati con i Mujahideen all’interno
delle stesse formazioni paramilitari; mercenari Occidentali provenienti
dai paesi della NATO combattono fianco a fianco con i Mujahideen
reclutati in Medio Oriente ed in Asia Centrale.

Ma questo non è avvenuto durante la Guerra Fredda! È avvenuto in
Macedonia nei mesi che hanno preceduto l’11 settembre. E questo è stato
confermato da molti articoli di stampa, da testimonianze oculari, da
prove fotografiche e dalle affermazioni del Primo Ministro Macedone,
che ha accusato l’alleanza militare Occidentale di appoggiare il
terrorismo. In più, l’Agenzia ufficiale di Informazioni Macedone (MIA)
ha puntualizzato sulla complicità fra l’Ambasciatore plenipotenziario
di Washington James Pardew e i terroristi della NLA.
In altri termini, le cosiddette “risorse di intelligence” stanno
sicuramente servendo gli interessi dei loro sponsors USA.

6 agosto 2001: L’informativa presidenziale di intelligence (PDB)

L’informativa presidenziale di intelligence (PDB) del 6 agosto 2001
preparata dal Presidente George W. Bush recava il titolo "Bin Ladin ha
deciso di colpire negli Stati Uniti".
L’informativa era stata preparata al quartier generale della CIA a
Langley e veniva presentata al Presidente Bush su un ordine del giorno
in forma di relazione orale dal Direttore della CIA George Tenet.
Di seguito vengono riportati brani selezionati di questa informativa.
Il testo completo della PDB del 6 agosto 2001 può essere consultato a
http://www.globalresearch.ca/articles/WHI404A.html

Nei media venivano riportate notizie che presupponevano questa
informativa riguardante una effettiva minaccia terroristica. Di fatto,
quello che si riprometteva la PDB era la costruzione di una minaccia
terroristica. Di seguito vengono riportati brani scelti.

"Un governo straniero, in clandestinità, e rapporti di mezzi di
informazione ci avvertono che già dal 1997 Bin Ladin aveva l’intenzione
di condurre attacchi terroristici negli USA.”
[Questa affermazione è disinformazione. Durante quel periodo, gli USA
stavano collaborando con AL Qaeda nei Balcani, vedi prima]

"Noi abbiamo trascurato di prendere in giusta considerazione alcune
informazioni di minacce le più sensazionali, come quella da un…(testo
non riprodotto)…servizio di intelligence nel 1988 che affermava che Bin
Ladin aveva l’intenzione di dirottare un aereo USA per ottenere la
liberazione dello “Sceicco Cieco” ’Umar ’Abd al-Rahman e di altri
estremisti imprigionati negli USA.
Ciò nondimeno, da quel periodo il servizio d’informazione dell’FBI ha
indicato varie modalità di intelligence in questo paese, che
comprendono anche la recente sorveglianza di edifici federali a New
York, su attività sospettate di preparare dirottamenti o altri tipi di
attentati.
[Il Direttore della CIA ha informato il Presidente che una
organizzazione patrocinante lo Sceicco Abdu Rahman stava in realtà
collaborando in Bosnia con ispettori dell’esercito USA, come confermato
da una relazione del 1997 della Commissione del Partito Repubblicano??]

L’FBI ha in corso approssimativamente 70 inchieste a tutto campo negli
Stati Uniti con oggetto Bin Ladin. La CIA e l’FBI stanno investigando
su un avvertimento di maggio alla nostra Ambasciata negli Emirati Arabi
Uniti che un gruppo di sostenitori di Bin Ladin stava pianificando
negli USA attentati con esplosivi.
[Il Direttore della CIA ha informato il Presidente che Osama bin Laden
si trovava in luglio di quell’anno negli Emirati Arabi Uniti per
ricevere cure specifiche per una malattia renale proprio presso
l’Ospedale Americano a Dubai e che l’Ospedale Americano era in stretto
collegamento con l’Ambasciata USA?? (Vedere l’articolo pubblicato da Le
Figaro, http://www.globalresearch.ca/articles/RIC111B.html)]
27-30 agosto: Missione ad Islamabad e a Rawalpindi per consultazioni di
intelligence

Dal 27 al 30 agosto 2001, quasi un paio di settimane prima dell’11
settembre, i rappresentanti delle Commissioni per i servizi di
intelligence per il Senato e la Camera dei Rappresentanti,
rispettivamente i Senatori Bob Graham e Jon Kyl e il Deputato Porter
Goss, si trovavano ad Islamabad per "consultazioni".  Si incontravano
con il Presidente Musharraf e con ufficiali Pachistani dell’esercito e
dei servizi segreti, compreso il capo dell’Inter Services Intelligence
(ISI) del Pakistan, Generale Mahmoud Ahmad.
(vedi http://www.globalresearch.ca/articles/CHO111A.html)
Un rapporto dell’Agenzia France Presse (AFP) conferma che la
delegazione del Congresso degli USA si era incontrata anche con
l’Ambasciatore Afgano in Pakistan, Abdul Salam Zaeef. A questo
incontro, che non veniva quasi menzionato dai media Statunitensi,
"Zaeef assicurava la delegazione USA [per conto del governo Afgano] che
i Talebani non avrebbero mai permesso a bin Laden di usare
l’Afghanistan per lanciare attacchi contro gli Stati Uniti o qualsiasi
altro paese." (Agenzia France Presse (AFP), 28 agosto 2001.)
Il Rapporto dell’FBI di settembre
Un rapporto dell’FBI rilasciato ad ABC News alla fine di settembre
2001, che in seguito riceveva conferma da un documento sul Times of
India, informa che il Military Intelligence (ISI) Pachistano, guidato
dal Generale Mahmoud Ahmad, aveva giocato un ruolo importante nel
trasferimento di denaro agli attentatori dell’11 settembre.
Infatti il Generale Mahmoud Ahmad aveva ordinato il trasferimento di
100.000 dollari$ al supposto capo dei dirottatori terroristi dell’11
settembre, Mohamed Atta. (vedi Michel Chossudovsky, War and
Globalization, The Truth behind 9/11, - Guerra e Globalizzazione, la
Verità dietro all’11 settembre;
http://globalresearch.ca/globaloutlook/truth911.html)
Per quel che riguarda l’11 settembre, autorità federali avevano
riferiro a ABC New che avevano ora trovato le tracce del passaggio di
più di 100.000$ da banche in Pakistan a due banche in Florida, su conti
in possesso del supposto capo dei dirottatori terroristi Mohammed Atta.
Parimenti, questa mattina, il Time Magazine riportava che parte di quel
denaro era arrivato proprio pochi giorni prima dell’attentato e se ne
potevano trovare traccia direttamente presso la gente collegata con
Osama bin Laden. Tutto questo faceva parte di quello che era stato fino
ad ora uno sforzo a buon esito dell’FBI di avvicinarsi al comandante in
capo dei dirottatori, agli uomini del denaro, ai pianificatori degli
attentati e alla mente.21
Tenete ben presente la sequenza di questi incontri. Bob Graham e Porter
Goss erano ad Islamabad alla fine di agosto del 2001, ed incontravano
il Generale Mahmoud Ahmad, il presunto "uomo del denaro" sul retroscena
dell’11 settembre. Gli incontri con il Presidente Musharraf e
l’Ambasciatore Afgano erano del 27 agosto, la missione si trovava
ancora ad Islamabad il 30 agosto.

4-13 settembre: Il comandante del Servizio di Intelligence del Pakistan
(ISI) arriva a Washington il 4 settembre, e parte il 13 settembre.

Il Generale Mahmoud Ahmad era arrivato a Washington per una visita
ufficiale di consultazioni alcuni giorni più tardi, il 4
settembre.Durante questa visita a Washington, incontrava il suo
corrispettivo direttore della CIA George Tenet ed ufficiali di alto
grado dell’amministrazione Bush, come Richard Armitage e Colin Powell.
Nella sede del Congresso degli USA, il Generale incontrava il 13
settembre il Senatore Joseph Biden, Presidente della Commissione per i
Rapporti con l’Estero, il Senatore Bob Graham e il Deputato Porter Goss.
Graham e Goss, gli uomini che avevano ricevuto il Generale, verranno
chiamati ad istituire la Commissione Congiunta Senato-Camera dei
Rappresentanti per l’inchiesta sull’11 settembre.

9 settembre: L’assassinio del Comandante dell’Alleanza del Nord, Ahmad
Shah Massood.

Il leader dell’Alleanza del Nord, Comandante Ahmad Shah Masood veniva
ferito gravemente in un attacco kamikaze, il 9 settembre 2001.
Mancavano due giorni dagli attentati al WTC e al Pentagono dell’11
settembre. Più tardi, sabato 15 settembre, Masood moriva per le ferite
riportate nell’attentato suicida.
Sulla scia degli attentati dell’11 settembre, l’uccisione di Ahmad Shah
Masood veniva praticamente fatta passare sotto silenzio. L’opinione
generale dei media era che i due eventi erano totalmente privi di
correlazione. Invece l’Alleanza del Nord aveva informato
l’amministrazione Bush tramite un comunicato ufficiale che l’ISI
Pachistano era sicuramente implicato nell’assassinio:
"Un asse ISI del Pakistan-Osama-Talebani era responsabile per aver
progettato l’assassinio per mezzo di due attentatori suicidi Arabi. Noi
pensiamo che si sia costituito un triangolo tra Osama bin Laden, l’ISI,
che è la sezione dello spionaggio dell’esercito Pakistano e i Talebani".
( Il documento dell’Alleanza del Nord veniva reso pubblico il 14
settembre 2001, e riportato dalla Reuters il 15 settembre 2001)
L’ISI (Inter-Services Intelligence), i Talebani e Osama bin Laden
sembrano avere ordito questo complotto. "
In altri termini, vi sono ragioni per pensare che gli accadimenti del 9
e dell’11 settembre non siano isolati e privi di correlazione.
Secondo i documenti e i rapporti ufficiali, l’ISI era certamente
implicata in entrambi gli eventi: l’assassinio di Shah Masood il 9
settembre e il finanziamento degli attentati dell’11 settembre. In
entrambi i casi erano direttamente implicati ufficiali di grado
superiore dell’amministrazione Bush.
Mentre i media USA riconoscevano implicitamente il ruolo dell’ISI
Pachistano nell’assassinio di Shah Masood, mancavano però di
soffermarsi su una questione più sostanziale: “Come mai il Capo
dell’ISI si trovava a Washington, in visita ufficiale, ed incontrava
funzionari dell’amministrazione Bush nello stesso giorno in cui veniva
ammazzato Masood?
Se Masood non fosse stato assassinato, l’amministrazione Bush non
sarebbe stata in grado di insediare a Kabul il suo fantoccio politico
Hamid Karzai.
Masood, piuttosto che Hamid Karzai (un ex dipendente della compagnia
petrolifera UNOCAL), sarebbe diventato la guida del governo
post-Talebani formato in seguito ai bombardamenti USA sull’Afghanistan.
10 settembre: Osama ricoverato in ospedale un giorno prima degli
attentati al WTC.

Don Rumsfeld dichiarava che non si sapeva dove Osama si trovasse in
quel periodo. Invece, secondo Dan Rather, CBS, Bin Laden era stato
ricoverato in ospedale il 10 settembre, un giorno prima degli
attentati, questa volta per gentile concessione dell’indefettibile
alleato dell’America, il Pakistan.
L’Intelligence dell’Esercito Pachistano (ISI) ha confermato alla CBS
che bin Laden era stato sottoposto alla dialisi a Rawalpindi, al
quartier generale dell’Esercito Pachistano:
[trascrizione del servizio della CBS a
http://www.globalresearch.ca/articles/CBS203A.html, e a
http://www.cbsnews.com/stories/2002/01/28/eveningnews/main325887.shtml ]
Bisogna sottolineare come l’ospedale fosse direttamente sotto la
giurisdizione delle Forze Armate del Pakistan, che era a stretto
contatto con il Pentagono. I consiglieri militari USA di base a
Rawalpindi lavoravano in connessione diretta con le Forze Armate
Pachistane. Ancora, non era stato messo in atto alcun tentativo per
arrestare il ben noto ricercato dagli Stati Uniti, ma forse bin Laden
stava servendo ad un altro “miglior obiettivo”. Rumsfeld, in quel
periodo, affermava di non conoscere nulla relativamente allo stato di
salute di Osama. (vedi la trascrizione del servizio della CBS
precedente).
Inutile dire, il servizio della CBS è un pezzo cruciale di informazioni
sul puzzle dell’11 settembre. In questo servizio viene rifiutata
l’asserzione dell’amministrazione che non si conosceva il luogo dove si
trovava bin Laden. Si puntualizza la connessione con il Pakistan,
viene suggerita una copertura ai più alti livelli dell’amministrazione
Bush.
Però Dan Rather e Barry Petersen mancano di sottolineare le
implicazioni del loro servizio del gennaio 2002, mancano di porre la
domanda, dove si trovasse Osama l’11 settembre. Se l’avessero fatto nel
loro servizio, la conclusione sarebbe stata ovvia: l’amministrazione
stava mentendo riguardo a dove si trovava Osama.
Se il servizio della CBS è puntuale, e quindi Osama si trovava
ricoverato nell’ospedale militare in Pakistan il 10 settembre, con il
permesso dell’alleato dell’America, allora l’11 settembre si trovava
ancora in ospedale a Rawalpindi, durante gli attentati.
Con tutta probabilità, dove Osama si trovasse era ben noto ai
funzionari USA anche nella mattina del 12 settembre, quando il
Segretario di Stato Colin Powell iniziava trattative con il Pakistan,
con l’obiettivo di arrestare ed estradare bin Laden.
Queste trattative, condotte dal Generale Mahmoud Ahmad, capo dei
servizi di spionaggio del Pakistan, per conto del governo del
Presidente Pervez Musharraf,  avvenivano il 12 e il 13 settembre
nell’ufficio del Sottosegretario di Stato Richard Armitage. Inoltre, il
13 settembre il Generale incontrava al Dipartimento di Stato Colin
Powell per continuare la discussione.

11 settembre: “Un incontro a seguire” con il Generale Mahmoud Ahmad,
mediante una colazione di lavoro al Campidoglio.

La mattina dell’11 settembre, i tre giuristi Bob Graham, Porter Goss e
Jon Kyl (che avevano fatto parte della delegazione del Congresso in
Pakistan) tenevano una colazione di lavoro in Campidoglio con il
Generale Ahmad, il presunto “uomo del denaro” nel retroscena dei
dirottamenti dell’11 settembre. Presenti a questo incontro c’erano
anche l’Ambasciatore del Pakistan presso gli Stati Uniti, Maleeha
Lodhi, e diversi membri delle Commissioni per i Servizi Segreti del
Senato e della Camera dei Rappresentanti.
Questo incontro veniva descritto da un articolo di stampa come “un
incontro a seguire” quello tenutosi in Pakistan, lo scorso agosto.
(vedi in precedenza). "Il 30 agosto, il Presidente della Commissione
per i Servizi Segreti del Senato, Sen. Bob Graham (D-FL) si trovava in
missione per acquisire informazioni ulteriori sul terrorismo. (…) L’11
settembre, Graham, ritornato a Washington DC, riceveva in un “incontro
a seguire” il capo dell’agenzia di spionaggio Pakistana Mahmud Ahmed e
il Presidente della Commissione per i servizi di Intelligence della
Camera dei Rappresentanti Porter Goss (R-FL)" 3 (The Hotline, 1 ottobre
2002):
Sebbene banalizzi l’importanza di questa colazione-incontro dell’11
settembre, The Miami Herald (16 settembre 2001) conferma che il
Generale Ahmad aveva incontrato anche il Segretario di Stato Colin
Powell sulla scia degli attentati.
Comunque il significato politico della relazione personale tra il
Generale Mahmoud (il presunto “uomo del denaro” dietro l’11 settembre)
e il Segretario di Stato Colin Powell viene ignorato con indifferenza.
Secondo il The Miami Herald , l’incontro ad alto livello fra i due
uomini non era stato pianificato in precedenza. Era avvenuto sulla
spinta del momento, a causa del blocco del traffico aereo che aveva
impedito al Generale Mahmoud di tornarsene a casa ad Islamabad su un
aereo commerciale di linea, quando con tutta probabilità il Generale e
la sua delegazione avevano viaggiato su un aereo concesso dal governo.
Fatta eccezione per la stampa della Florida ( e di Salon.com, 14
settembre), non veniva fatta parola nei media USA di settembre, che
trattavano dei fatti del giorno 11, rispetto a questa misteriosa
riunione a colazione.

Otto mesi più tardi, il 18 maggio 2002, due giorni dopo che era apparso
a titoli cubitali su giornali a diffusione popolare "BUSH KNEW-BUSH
SAPEVA", il Washington Post pubblicava un articolo su Porter Goss,
intitolato: "Un mantello, non un pugnale! Una ex spia dichiara di
cercare spiegazioni, non capri espiatori per l’11 settembre".
Concentrandosi sulla di lui carriera di agente della CIA, l’articolo
serviva ampiamente a sottolineare l’integrità e l’impegno di Porter
Goss nell’ingaggiare una “guerra contro il terrorismo”. Inoltre, in un
paragrafo isolato, l’articolo rendeva noto il misterioso incontro a
colazione dell’11 settembre con il Capo dell’ISI Mahmoud Ahmad,
confermando ancora che "Ahmad dirigeva un’agenzia di spionaggio
notoriamente in contatto stretto con Osama bin Laden e i Taliban":
Mentre il Washington Post sottolinea i collegamenti “notoriamente
stretti” tra il Generale Ahmad e Osama bin Laden, trascura la più
importante questione: perché il Deputato Porter Goss e il Senatore Bob
Graham ed altri membri delle Commissioni per i servizi di intelligence
del Senato e della Camera dei Rappresentanti hanno incontrato a
colazione nella mattinata dell’11 settembre il presunto “uomo del
denaro” che sta nel retroscena degli attentati?
In altri termini, l’articolo del Washington Post non fa proprio un
passo più avanti nel dare corso alla problematica reale: che
significato aveva questo misterioso incontro a colazione? “una svista
politica”, un deficit di intelligence o qualcosa di più serio? Gli
stessi individui, Goss e Graham, che hanno sviluppato un rapporto
personale con il Generale Ahmad, dovrebbero essere sottoposti
all’inchiesta di una commissione congiunta “per stabilire la verità
sull’11 settembre”.

I media non danno molto peso alla colazione-incontro, che viene
presentata come un diversivo e non vengono tirate le opportune
conclusioni. Nemmeno si porta a conoscenza il fatto, ampiamente
documentato, che l’”uomo del denaro” che stava dietro ai dirottatori
era stato incaricato dal governo del Pakistan di discutere i termini
precisi della “collaborazione” del Pakistan nella “guerra contro il
terrorismo” in incontri riservati a porte chiuse al Dipartimento di
Stato, il 12 e il 13 settembre 2001. 11 7(vedere Michel Chossudovsky,
op cit)
12-13 settembre: La conclusione, il presunto uomo del denaro incontra
Colin Powell e Richard Armitage
Tenete a mente che lo scopo di questo incontro del 13 settembre al
Dipartimento di Stato veniva reso pubblico solo dopo gli attentati
terroristici dell’11 settembre, quando l’amministrazione Bush aveva
preso la decisione di cercare formalmente la cooperazione del Pakistan
nella sua “campagna contro il terrorismo internazionale”, malgrado i
collegamenti dell’ISI Pachistano con Osama bin Laden e i Talebani e
il suo presunto ruolo nell’assassinio del Comandante Massoud, due
giorni prima dell’11 settembre.
Ciò nonostante, i media Occidentali, pur in presenza di una crescente
evidenza, rimanevano silenti sull’insidioso ruolo dell’Agenzia di
Intelligence Militare del Pakistan (ISI). Veniva citato l’assassinio
di Massoud, ma non il suo significato politico in relazione all’11
settembre e la conseguente decisione di scatenare la guerra contro
l’Afghanistan veniva a mala pena accennata. Senza una discussione o
dibattito, il Pakistan veniva annunciato come amico e alleato
dell’America. In una logica completamente capovolta, i media
Statunitensi concludevano in coro che:
“Funzionari USA avevano cercato la cooperazione con il Pakistan proprio
perché era l’originale sostenitore dei Talebani, la leadership Islamica
dalla linea dura in Afghanistan accusata da Washington di dare asilo a
bin Laden.”

L’Amministrazione Bush non solo aveva fornito un’accoglienza da tappeto
rosso al presunto”uomo del denaro” che stava nel retroscena degli
attentati dell’11 settembre, ma anche aveva cercato la sua
“cooperazione” nella “guerra al terrorismo”. I precisi termini di
questa “cooperazione” venivano pattuiti tra il Generale Mahmoud Ahmad,
rappresentante del governo del Pakistan e il Sottosegretario al
Dipartimento di Stato Richard Armitage, in incontri al Dipartimento di
Stato il 12 e il 13 settembre. In altre parole, l’Amministrazione
decideva, nella scia immediata dell’11 settembre, di cercare la
“cooperazione” dell’ISI Pachistano nell’”inseguimento di Osama”,
malgrado il fatto (documentato dall’FBI) che l’ISI aveva finanziato ed
era complice dei terroristi dell’11 settembre. Qualche contraddizione?
Ma no! É come dire che “ si sta chiedendo ad Al Capone di prestare
aiuto nella lotta contro il crimine organizzato”!

11 SETTEMBRE: CRONOLOGIA

1. Periodo della guerra fredda, nasce Al Qaeda.

1979, viene lanciata in Afghanistan l’operazione a più grande
copertura e segretezza nella storia della CIA, con la creazione delle
brigate islamiche per combattere nella guerra Sovietico Afghana. Nasce
Al Qaeda.  

1985, il Presidente Reagan firma la direttiva 166 decisionale sulla
sicurezza nazionale che autorizza di aumentare segretamente gli aiuti
militari ai Mujahideen.
1989, fine della guerra Sovietico Afghana, fine della guerra fredda,
aumento delle operazioni segrete nella ex Unione Sovietica e nei
Balcani.
1996, i Talebani formano un governo con l’appoggio degli Stati Uniti.

2. Post guerra fredda; appoggio ad Al Qaeda nei Balcani.

1991, inizia la guerra civile in Yugoslavia
1993-1994, l’amministrazione Clinton collabora con Al Qaeda in Bosnia
1995-1999, la Nato e l’esercito USA collaborano con Al Qaeda in Kosovo
2000-2001, la rete militante islamica, la Nato, l’esercito USA e la
missione delle Nazioni Unite in Kosovo uniscono le forze in Macedonia
in appoggio alla NLA


3. Breve cronologia: luglio-settembre 2001.
1 luglio: Osama bin Laden in ospedale Americano a Dubai, Emirati Arabi
Uniti.

6 agosto: informativa presidenziale di intelligence (pdb).
27-30 agosto: missione del Senatore Bob Graham e del Deputato Porter
Goss a Islamabad e a Rawalpindi per consultazioni di intelligence con
il Presidente Musharraf e il Capo dell’ISI, Generale Mahmoud Ahmad.
4<br/><br/>(Message over 64 KB, truncated)

(english / italiano)

3 ottobre 1990 - 3 ottobre 2004

Quattrordici anni fa la annessione della DDR alla Rep. Fed. Tedesca

1. Quando cade il Muro... (Tonino Bucci, da Liberazione del 7/8/2004)

2. Germany: Ostalgia for the GDR. NO CHANCE TO MOURN ITS PASSING (P.
Linden, D. Vidal, B. Wuttke, Le Monde diplomatique, August 2004)

VEDI ANCHE:

ERICH HONECKER: AUTODIFESA DINANZI AL TRIBUNALE DI BERLINO

http://digilander.libero.it/lajugoslaviavivra/CRJ/DOCS/honeck.html

L'INNO NAZIONALE DELLA DDR:

http://www.olympic.it/anthems/gdr.mid

SEE ALSO, IN ENGLISH:

East Germans display deepening discontent (by Bertrand Benoit)
http://news.ft.com/cms/s/a49a9e54-f52b-11d8-85e9-00000e2511c8.html

dpa: East Germans say communism is a good idea
http://www.expatica.com/source/
site_article.asp?subchannel_id=52&story_id=10955


=== 1 ===

http://www.liberazione.it/giornale/040807/archdef.asp

Quando cade il Muro...

Quando cade il Muro, Jana Hensel ha soltanto tredici anni e vive a
Lipsia, una della maggiori città dell'allora Ddr, la Germania
orientale. Quasi non c'è il tempo per rendersi conto del precipitare
degli eventi. In men che non si dica un intero mondo crolla. Soltanto
dopo oltre un decennio - e metà della propria vita trascorsa nella
"nuova" Germania - Jana Hensel
realizza di non essere più in grado di ricordare il tempo prima della
Wende, della svolta.
La Germania di oggi si muove tra l'immagine pacificata di un paese
finalmente riunificato, senza più conti in sospeso col passato, e la
ricerca tormentata di un'identità collettiva dalla quale buona parte di
tedeschi sono tuttora esclusi, come stranieri in patria. Come una sorta
di fiume carsico improvvisamente tornato in superficie, è esploso negli
ultimi anni il problema della memoria, della raccolta di ricordi e
testimonianze sulla quotidianità della vita nella Ddr, persi via via
per strada. Ad incarnare questa tendenza non è soltanto quella moda
conosciuta con il neologismo di «ostalgia», che spinge molti tedeschi a
collezionare vecchi simboli e oggetti d'uso quotidiano della Germania
dell'Est. Si tratta, piuttosto, di un fermento più diffuso che ha nella
letteratura e nel cinema i suoi momenti di maggiore espansione e che
pure fatica a valicare i confini tedeschi - se si fa eccezione per il
film "Goodbye Lenin" del regista Wolfgang Becker che ha riscosso
successo anche in altri paesi europei.
Quegli «ultimi giorni della nostra infanzia dei quali, naturalmente,
non sapevo allora che fossero gli ultimi, sono per noi oggi una specie
di porta in un altro tempo che ha il sapore di una fiaba e per il quale
non ci è possibile trovare le parole giuste». Questa frase di Jana
Hensel, tratta dal romanzo Zonenkinder che le è valso, nonostante la
giovanissima età, una notevole popolarità in Germania, mette il dito
sulla piaga. Fare i conti con l'identità tedesca significa anzitutto
affrontare un problema letterario, «trovare le parole giuste» per
descrivere un passato e un'infanzia definitivamente perdute.
«Come tutto il nostro paese aveva desiderato non è rimasto nulla della
nostra infanzia e all'improvviso, quando siamo cresciuti e ci sembra
già troppo tardi, mi rendo conto di tutti i ricordi persi. Ho paura di
conoscere poco il terreno sul quale cammino, di aver guardato raramente
indietro e sempre davanti. Vorrei di nuovo sapere da dove veniamo, così
mi sono
messa alla ricerca dei ricordi smarriti e delle esperienze sconosciute,
anche se temo di non trovare più la strada all'indietro».
Da qui prende corpo un viaggio nella memoria, un sentiero narrativo che
attraversa diversi momenti della quotidianità della Ddr: la scuola, il
rapporto genitori-figli, l'architettura delle città, i trasporti,
l'educazione, l'amore, l'amicizia, lo sport. E tuttavia l'impresa non
ha una chiara marca politica, è piuttosto un flusso di ricordi che si
sottrae alla trappola della censura o del divieto di parlare dell'Est
se non in termini di demolizione. «Quelli dell'Ovest - spiega Hensel in
un'intervista - si fanno sempre forti della domanda "perché raccontate
la Ddr in maniera naif? Perché non prendete posizione?" Non ho più
voglia di difendermi dall'accusa di "ostalgia". La Ddr è stata già
indagata criticamente a tutto campo, messa in scena, persino
musealizzata. Si ha la sensazione che tutti quanti o lavoravano per la
Stasi o attaccavano manifesti. Che sia esistita una
quotidianità reale, concreta: questo dobbiamo raccontare».
E' una quotidianità raccontata senza pudori e celebrazioni, afferrata
in dettagli all'apparenza insignificanti, come quando «dopo il crollo
del Muro scomparirono per primi i quadri di Lenin e Honecker dall'aula
scolastica» e «gran parte dei compagni di classe» si misero in viaggio
con i genitori per «prendersi il soldo del benvenuto», seguiti ben
presto anche dagli insegnanti. Spariscono anche i «sabati», le giornate
di mobilitazione e di lavoro volontario, le raccolte di alimenti per la
rivoluzione sandinista, le manifestazioni di solidarietà per Nelson
Mandela.
Con Jana Hensel, un'intera generazione di autori nati nella Ddr intorno
al 1970 si è resa visibile con un'esplosione di testi di narrativa che
affrontano il rapporto tra est e ovest a partire dalle medesime
categorie esistenziali e biografiche. Julia Schoch, classe 1974,
descrive nei suoi racconti - pubblicati nella raccolta Il corpo della
salamandra - i conflitti interni a una
generazione in cerca di felicità e benessere, che si imbatte però, ogni
volta, nei ricordi dell'ex Ddr.
Jacob Hein, classe 1971, ritorna sulla propria gioventù nel volume di
racconti La mia prima T-Shirt, mentre il romanzo d'esordio di André
Kubiczek (classe 1969) Giovani talenti tratteggia l'orizzonte culturale
dell'ultima fase di vita della Ddr. In tutti domina però una percezione
comune, una crescente disillusione nei confronti delle aspettative che
in tanti, dopo il crollo del Muro, avevano nutrito verso le sirene del
capitalismo occidentale. L'amara scoperta che l'ideologia continua a
dominare incontrastata proprio laddove tutti ne decretano la scomparsa.

Tonino Bucci


=== 2 ===

http://mondediplo.com/2004/08/04ostalgia

Le Monde diplomatique, August 2004

NO CHANCE TO MOURN ITS PASSING

Germany: Ostalgia for the GDR

Germany is now in economic distress; the Socialist-Green coalition in
power is selling off public assets and dismantling the social welfare
system. Unemployment, especially in what was East Germany, is high. No
wonder the Easterners are nostalgic for their protected past.

by Peter Linden and Dominique Vidal and Benjamin Wuttke


GEORGE Tabori recently staged Gotthold Lessing’s The Jews for the
Berliner Ensemble and added a few lines of his own: "Ah, the good old
days - alas, long gone, by the grace of God." Was he thinking of
Ostalgia, the ambivalent nostalgia felt by many former citizens of East
Germany (1)?

Marianne Birthler presides over a mound of paper, old files belonging
to the Stasi, the state security arm of the former German Democratic
Republic (GDR). She says about the Ostalgic movie Good Bye, Lenin!: "I
have happy memories of particular tunes or objects. But I don’t feel
any nostalgia for the GDR." She thinks Ostalgia is a reaction by "those
who think any criticism of socialism undermines their own life
history". Sigmund Jähn, a former cosmonaut who was "president" of East
Germany in Good Bye, Lenin!, sees Ostalgia as "the expression of an
American-style lack of true culture. They [West Germans] focus on
making money . . . leaving East Germans to calm down, stewing in their
own juice."

Professor Jens Reich (2) does not dispute his fellow citizens’
attachment to their past but sees it as "a passing fad exaggerated by
the media". After the fall of the Berlin wall those in favour of
democratic transformation of the GDR, including the Greens, only picked
up 5% of votes. He adds: "The remaining 95%, who wanted an end to
communism, shouted us down." He thinks Ostalgia marks the "deliberate,
collective end of an epoch". The last chance to reform communism had
been wrecked in 1968 when Soviet forces crushed the Prague spring.

The writer Thomas Brussig says the GDR "disappeared without us having a
chance to mourn its passing. Ostalgia is a delayed reaction . . .
Nostalgia is part of human nature. Everyone likes to remember their
youth. The passing of time makes everything rosier." Particularly as
the official line is that there was nothing worth keeping in the GDR
besides the green arrow traffic signal (3). Brigitte Rauschenbach, a
lecturer at the Freie Universität Berlin, is convinced that mourning
will never be complete until "former East Germans acknowledge the
ambivalence of their feelings about the regime". In 1945 people felt a
subconscious mixture of love and hate for Hitler. "Ostalgia", she adds,
"is more like unfocused melancholy."

Jana Hensel had a major success with her book Zonenkinder (4), which
she believes helped "to bridge the gap between individual and
collective memories": her fellow citizens at last realised that "their
story was not of marginal interest but a key issue". Whether they
stayed in the East or moved West, each is trying to find traces of the
GDR in songs, food or broadcasts.

Surprisingly Egon Krenz, the last president of the GDR, now out of
prison (5), is dismissive. In his modest home on the Baltic coast he
starts by emphasising the negative side of Ostalgia. Rather than really
testing memories, it is a "caricature . . . making fun of life in the
GDR". Stefan Arndt, the producer of Good Bye, Lenin!, uses the same
term: "People caricature things, saying ’Their cola was awful,’ ’They
never had any bananas’ or ’That ghastly wallpaper’ but there’s no
mention of real life." Krenz acknowledges that there is a good side to
Ostalgia: "People who lived in the East have experienced two types of
society and can compare them." At least 17 million people know there
was more to the GDR than "Trabants or the Stasi . . . Despite all the
things that turned out badly everyone had work, with cheap housing and
a good health service free of charge . . . They miss all those
benefits."

Peter Ensikat, a cabaret artist, sees the trend as a "reaction to what
has happened since the wall came down". People in the East "threw
everything away without thinking . . . All they wanted was to join West
Germany, though they knew nothing about it beyond its ads on
television".

So perhaps the nostalgia is a combination of disappointment with the
present and longing for the past. Wolfgang Herr, a journalist, says:
"The more you get to know capitalism the less inclined you are to
wonder what was wrong with socialism." Cynics will comment that this is
because he used to work for the communist daily Neues Deutschland. But
many Ossis say it wasn’t all so bad then and it’s not that great now.
We spoke to two other journalists, Gerhard Leo, 81, and his grandson
Maxim, 34. Gerhard thinks Ostalgia reflects "the rejection of the new
society by a steadily increasing number of East Germans, who are so
desperate they forget the shortcomings of the GDR." Maxim justifies "a
legitimate desire to defend a lifestyle that has disappeared" but also
refers to "memories of a GDR that never existed". Gerhard thinks that
the socialist principle of secur ity for all should apply in western
society. Maxim disagrees, convinced it came at too high a price in
freedom and efficiency: "Security rhymes with mediocrity. If you deny
people success, you stifle the driving force behind society. If they
achieve prosperity it can be redistributed afterwards."

Christian Schletze, a young member of the IG Metall trade union, is
still looking for the rosy future promised by Chancellor Helmut Kohl.
He says: "The economy in my area was destroyed and with the shortage of
funds the schools, health service and arts centres no longer work
properly." What happened to the €1,250bn invested in the Länder of the
former GDR, where there are now only 6m jobs, compared with 9.7m in
1989? Journalist Renate Marschall remembers how people were convinced
hard work was all that was needed and how hurt they were to discover
the truth. They were told: "We don’t need your skills any more. We have
no use for you." Instead of the promised 30 years of prosperity and
growth they had 10 years of disaster.

Rita Kuczynski has published two collections of interviews with former
Ossis (6). She thinks reunification marked "the beginning of the end
for the welfare state" and sees a similarity between "the present
stagnation of the GDR and the Federal Republic of Germany in the
1980s". That is why there is no justification for Ostalgia: "Why did 4
million people move out? It went bankrupt."

Irene Dolling, a teacher at Potsdam University, says of women’s rights:
"In the East women went out to work; in the West they stay home and
mind the kids." In the GDR women had to do much of the housework too,
but rising unemployment and the disappearance of many kindergartens has
undermined the relative liberation of work: "In the GDR 86% of all
women worked. Now only 56% do." The birth rate has been halved in 15
years, plummeting to the 1929 level. Stefan Arndt says: "Single mothers
with kids managed quite well in the GDR. Now they are in danger of
falling into the poverty trap. Even if they manage to find a space in a
kindergarten, it opens at 9am and closes at 2pm. You can’t make a
living working only three or four hours a day."

Reich thinks Ossis miss "a peaceful, congenial lifestyle without
competition, hinging on the family" much more than the welfare system:
during morning and afternoon breaks at work everyone had a chance to
chat. Wolfgang Engler, lecturer in the sociology of culture at a drama
school, explains: "East Germans adjusted very well to a collective
lifestyle including their workplace and the kindergarten. Their ego
could flourish between individual and collective demands, with the
group having to strike a balance at all times." Too much pressure from
the authorities threatened the group. Too much pressure from below
threatened the state. He adds: "The awareness of togetherness nourished
a sense of solidarity."

And security, adds Pascal Thibault, a French journalist working in
Berlin. He believes that because of their history Germans have come to
fear the future. He explains: "For the French the worst is never
certain to happen, for the Germans it’s always a possibility." What
Ossis miss most is the tranquillity of the GDR, described by writer
Volker Braun as the most boring country in the world. But says Enkisat,
it’s a boredom that "the homeless, jobless and temporary workers really
miss". It was a niche society. Everyone, providing they stayed within
limits, could enjoy "a safe, mediocre existence without being bothered
by the system . . . It was easier then to escape the pressures of
bureaucracy than it is now to avoid the pressures of money." Ossis feel
just as powerless as before. Enkisat concludes: "Of course we can make
a fuss, but what’s the point?"

Almost no one referred to the wall and the Stasi. Those most hostile to
the communist regime talked of a second dictatorship, although the
comparison is absurd. (The first dictatorship of the Nazi regime, and
the second world war, killed 60 million people, including several
million genocide victims.) Birthler’s statistics are impressive,
though: drawing on an army of informers (perhaps 2% of the nation), the
Stasi compiled some 40m files whose contents covered half the
population. There were 250,000 political prisoners.

"If you weren’t politically active you never met the Stasi," says Marie
Borkowski, the widow of a dissident who spent many years in prison.
People were exclusively concerned with their own affairs and knew
nothing of what was going on. Kuczynski agrees that it was possible to
spend your whole life without problems, providing you played by the
rules. Brussig agrees: "All you had to do was not attract attention,
not tell jokes against the system." According to Herr: "Telling jokes
about Honecker [Communist party leader for many years] could lead to
serious trouble, but calling your foreman at work a fool was OK.
Nowadays anyone can call [Chancellor] Schröder names, but not their
supervisor, unless they want to get the sack."

Some are amazed anyone hankers after a grey communist past. Birthler
remarks: "Slaves can’t do anything wrong - and not everyone likes
freedom." Brussig theorises: "Many people are afraid of freedom. They
would rather be safe." He adds that the communist regime suited people
"you wouldn’t want to talk to for more than half an hour - emotional
and intellectual primitives". Iris Radisch, a literary critic, praises
Wolfgang Hilbig, the first writer to describe the GDR "as it really was
- dead, cold and grey" (7). The painter Jens Bisky uses the term
Duldungstarre to describe the Ossi mindset. It’s an almost
untranslatable word used by farmers to describe the look of sows who
are paralysed by the pheromones of the hog as they wait to mate (8).
Dazed and seduced, perhaps.

Intellectuals, Hensel says, "wanted to restore democracy in the GDR and
failed". They blame the people. "They have no idea what 35%
unemployment means, wrecked lives and a country gone bust." Engler
thinks the snobs’ scornful attitude to ordinary people is "unbearable.
As if they wanted to make Ossis pay for their own failure in 1990. They
hate the people who didn’t vote them into power, preferring
reunification and the Deutschmark" (9).

The other peoples of liberated eastern Europe were able to keep their
nation states, but not the East Germans. The GDR disappeared and
advocates of reunification did their best to remove all trace of its
existence. "Our country no longer existed and nor did we," says Maxim
Leo. His grandfather blames it on the western legal system: "A third of
Ossis had to leave their homes, re appropriated by someone from the
West. But not a single one of us benefited from this law - not even
Jews dispossessed by the Nazis."

This is grist to the Ostalgic mill. Anja Weinhold was hurt by the
closure of DT64, a popular radio station: "In our village it was the
only link with the outside world.When it stopped I felt like a
foreigner in my own country." Even the Ossis’ favourite chocolate bar,
Raider, was renamed Twix. Vincent Von Wroblewski, a philosopher, says:
"By denying our past, they stole our dignity."

For Michael Gauling, former contributor to the satirical weekly
Eulenspiegel, there is a different Ostalgia for each generation: "Young
people focus on the 1989-90 revolution which failed but left a deep
impression." Gerhard Leo remembers those feverish months, torn between
the advocates of democracy and their slogan, "We are the people" and
those in favour of reunification, who replied "We are one people". The
GDR was awash with democratic process, flyers, meetings and
demonstrations. Some people still say "if only it could have lasted".
But, Leo adds, the Deutschmark prevailed over "the revolution that so
many, including communists, had so long awaited". Kuczynski says many
in the West wanted it too: "The leftists involved in the student
uprisings of the late 1960s were counting on the GDR." When the wall
fell, they thought it marked the start of the revolution. "After
reunification they complained: ’But why did you sacrifice the
alternative society?’ "

Ostalgia does not only concern the past. We talked to students in a
cafe on Rosa Luxemburg Platz. Uwe Lorenz, computer scientist, said: "In
the East the future looks promising for organisations campaigning for
an alternative global market, especially Attac." The new Länder are
more active opponents of Schröder’s attempts to dismantle the welfare
state than their western counterparts. They are also the first to
suffer. In Berlin even Humboldt University, in the East, now has bigger
strikes than the Freie Universität. Luigi Wolf, a student of political
science, is adamant: the anti-war movement is more radical in the GDR.

"The Ossis", explains Lorenz, "can draw on a clearer identity than
people in the West, having experienced a form of socialism. If they
think up another form, everything will change." Schelze interrupts,
saying that they know what kind of socialism they want "having been
subjected to Stalinism . . . My grandfather used to say: ’The GDR isn’t
a socialist state.’ It’s yet to be achieved. We thought it could be
done in 1989 and we are still fighting for it." He is convinced that,
with their experience, Ossis have huge potential. Lorenz rejects any
comparison of Stalinism and capitalism, explaining: "The GDR was a
bureaucratic workers’ state, but it was also more egalitarian."

Weinhold is less optimistic. On the basis of past experience, only 2%
of Ossis think they can exert any influence on politicians. The
communist regime did not listen to them, and its capitalist successor
has turned them into second-class citizens. Ostalgia, she adds, "helps
them to regain confidence", rehabilitating the parts of their past that
deserve to be saved and defended by collective action: "I know what I
feel proud of and want to win back, but also what I don’t want any
more." Lorenz is not so sure: "Another world is possible, but how is it
to be achieved? There are only a few answers to such questions and any
reference to Eastern bloc countries is taboo."

Someone shouted: "We should reconcile the movement of emancipation and
our utopian ideals." Von Wroblewski has no intention of giving up his
socialist ideals "but you have to make it clear what can and can’t be
done". Commenting on the speed with which Ossis have matured, he says:
"History has cheated them so many times they have no illusions left."
Resignation, a complete lack of interest in politics, and xenophobia
are dominant attitudes. And what does he think of the 25% of the
electorate who vote for the Party of Democratic Socialism (PDS), the
rebranded Communist party? He believes that it reflects the social
malaise, rejection of change and longing for the past. Lacking a
plausible alternative, even intellectuals focus all their energy on
careers, trying to find a cosy niche and adapt to the system. If
anything, he suggests, Ostalgia is a "flight from reality for lack of
an alternative".

Engler thinks an alternative is taking shape: "My optimism has grown
out of the present crisis. More and more people are going to refuse to
accept the consequences." He is convinced of the need for radical
social reforms, unthinkable under the present system, and sees the
GDR’s good points as "a utopian possibility based on the satisfaction
of human needs" (10). That is why the memory of 1989-90 is important, a
time when everyone - workers, farmers and intellectual - discussed
everything. As the former cosmonaut Jähn says: "Doesn’t everybody want
a country providing work and justice for all?" He misses its humanism
and dreams "of a society based on social justice, devoted to education
and culture, without any exaltation of violence". He adds: "We are
further away from that goal now than we were." Dieter Borkowski, a
dissident, says, "No one likes to say goodbye to the dreams of their
youth."

Bertolt Brecht wrote in a 1953 poem, Der Radwechsel: "I am sitting
beside the road/ The driver is changing a wheel/ I don’t like where I
am/ I don’t like where I am going/ Why do I watch the changing of the
wheel/ With impatience?"

See also :

  Retro fittings, by Benjamin Wuttke,

  The museum of GDR daily life, by Peter Linden.

* Peter Linden and Benjamin Wuttke are journalists based in Munich and
Berlin

(1) As in Ost Deutschland. Its citizens are still called Ossis.
(2) Co-founder of New Forum Political Movement in 1989 and member of
parliament until German unification in 1990.
(3) For vehicles filtering right at traffic lights.
(4) Zone kids, a reference to the Soviet zone, as the GDR was often
called.
(5) He was found guilty, without proof, of giving the order to fire on
people trying to escape from the GDR and was sentenced to six and a
half years in prison. He served four, the last two in a day-release
centre. He owes the state€500,000.
(6) Die Rache der Ostdeutschen (The vengeance of East Germans) and Im
Westen was neues? (What’s new in the West?), Parthas, Berlin, 2002 and
2003.
(7) Literaturkritik.de, n° 3, March 2002
(8) Berliner Zeitung, Berlin, 11 March 2004.
(9) The Berlin wall fell in November 1989. In the elections in March
1990 the eastern branch of Kohl’s Christian Democrat party, in favour
of reunification, won an easy majority, defeating the civil rights
activists who advocated a separate, but democratic state. The first
pan-German elections were held in December.
(10) In the East the most highly rated values are order, security,
justice, freedom, solidarity and equality. See Wolfgang Engler, Die
Ostdeutschen als Avantgarde, Aufbau-Verlag, Berlin, 2002.

Translated by Harry Forster

ALL RIGHTS RESERVED © 1997-2004 Le Monde diplomatique

Da: ICDSM Italia
Data: Sab 2 Ott 2004 18:27:51 Europe/Rome
A: icdsm-italia@ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] Parodie de justice à La Haye



Parodie de justice à La Haye

1. Lettre ouverte de Christopher Black, président du Comité légal de
l’ICDSM

2. Lettre d'un groupe de témoins des Etats-Unis au président Slobodan
Milosevic

3. Refus de participer au 'procès' en tant que témoin de Léonide G.
Ivachov

4. Déclaration du Comité grec pour la Détente internationale et pour la
Paix (EEDYE)

5. TPI : Washington lance une mise en garde à Belgrade (AFP - 30
septembre)


---( 1 )---

Une lettre ouverte de Christopher Black, président du Comité légal de
l’ICDSM

Christopher Black    14/09/2004

URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23028

Le tribunal criminel international pour la Yougoslavie, une association
de criminels qui n’est ni un corps international ni un corps
judiciaire, a été instauré en violation de la législation
internationale et des principes fondateurs de la Charte des Nations
unies. Il produit de fausses accusations, organise des arrestations et
des incarcérations sans la moindre autorité légale et dirige ce qu’il
appelle des « procès » en violation de la législation internationale et
de toutes les lois nationales et normes de la justice. Il constitue une
arme avec laquelle les Etats-Unis et leurs alliés tentent de détruire
le principe fondamental de la souveraineté des nations, qui constitue
la base essentielle de l’autodétermination des peuples, et la
démocratie, pour laquelle les Alliés de la Seconde Guerre mondiale ont
ostensiblement combattu les fascistes d’Allemagne, d’Italie et du Japon.

Aujourd’hui, les fascistes ont fait leur réapparition et,
s’étant emparés du pouvoir aux Etats-Unis et chez leurs alliés des
autres pays de l’Otan, ils prétendent créer un Nouvel Ordre mondial au
sein duquel eux seuls décideront qui doit vivre et mourir, qui doit
être libre et emprisonné, de même que les conditions économiques et
sociales dans lesquelles nous tous devons vivre.

Au nom de la liberté, ils créent l’esclavage. Au nom de la
justice et des droits de l’homme, ils mutilent et massacrent. Au nom
des lois internationales, ils ont instauré le règle du pouvoir
impitoyable. Au nom de la démocratie, ils détruisent la démocratie. Au
nom du peuple, ils créent une dictature mondiale.

Une composante essentielle de la dictature réside dans le
système des non-lois et des non-tribunaux qu’ils ont créées et que l’on
connaît sous la forme de ces tribunaux criminels sur mesure, dont
l’unique but est de soutenir le Nouvel Ordre mondial et de détruire
toute nation ou direction nationale qui s’y opposeraient.

Les non-tribunaux connus en tant qu’ICTY ou son homologue,
l’ICTR pour le Rwanda, et ses semi-homologues pour la Sierra Leone, le
Cambodge et le Timor-Oriental, ont été institués, sont maintenus en
place et contrôles principalement par les Etats-Unis, afin de
diaboliser ceux qui résistant à leurs dictats, et ce, en vue de
détruire la souveraineté de ces pays et, par implication, d’affecter la
souveraineté de toutes les nations, hormis les Etats-Unis, et d’agir en
tant que machines de propagande présentant des versions haussées des
événements qui se sont déroulés dans ces pays, transformant sans
exception les victimes de l’agression américaine en boucs émissaires et
« criminels », et de masquer le rôle réel des Etats-Unis et de leurs
alliés dans ces événements.

L’ICTY a été instauré dans ces buts, afin de détruire la Yougoslavie
et toutes ses forces progressistes, de contrôler les Balkans et de
menacer la Russie. L’ICTR a été instauré afin de détruire le Rwanda en
tant qu’Etat africain progressiste et de contrôler les immenses
ressources de l’Afrique centrale. Les tribunaux hybrides, mi-ONU,
mi-nationaux, pour la Sierra Leone, le Cambodge et le Timor-Oriental
ont été créés de la même manière pour écraser l’opposition aux intérêts
des États-Unis et de leurs alliés dans ces régions.

Dans chaque cas, les Etats-Unis, en utilisant leur influence au
Conseil de sécurité, ont créé des corps criminels se prétendant des
tribunaux, avec des fonctionnaires paradant en public dans des tenues
extravagantes, tous affublés de titres ronflants et d’un sens moral
professionnellement bas et qui ont rédigé des « statuts », des bouts de
papier creux, ne signifiant rien, hormis qu’ils ont pour but de se
conférer un vernis légal immédiatement réfuté par leurs règles de
procédure et de preuves destinées à empêcher la mise sur pied de procès
vraiment légaux et d’empêcher également la vérité d’être jamais
divulguée.

Les partisans de ces corps prétendent qu’ils agissent en accord avec
justice, légalité et humanité. Le fait d’imposer un conseiller au
président Milosevic, action qui ne pourrait avoir lieu qu’en raison de
l’absence complète de morale dans la famille des juristes répondant au
nom de Kay et choisis par le tribunal pour réduire le président
Milosevic au silence et saboter sa défense, est une action parmi les
plus haineuses de toutes de la part du triumvirat des marionnettes de
l’Otan qui portent les toges rouges de l’inquisition et qui ne sont que
des auto-parodies de juges.

La nature fasciste de ces tribunaux s’est révélée ouvertement. La
justesse de la cause du président Milosevic saute aux yeux.

Les peuples du monde doivent reconnaître que le président Milosevic et
tous les autres prisonniers du Nouvel Ordre mondial sont des otages de
cet ordre, gardés en exemples pour nous tous. Les peuples de ce monde
doivent agir pour mettre un terme à ces injustices et éviter qu’elles
se poursuivent avant que nous n’en soyons tous les victimes. Les
prisonniers de tous ces tribunaux sur mesure doivent être relâchés. Les
tribunaux doivent être fermés. Ceux qui les ont instaurés doivent
affronter la justice des tribunaux de leurs propres pays pour les
crimes de guerre qu’ils ont commis. La souveraineté des nations et la
législation internationale doivent être instaurées. Les lois
internationales seront restaurées. Tous ensemble, le pouvoir est entre
nos mains pour ce faire.

Christopher Black,
vice-président et président du Comité légal de l’ICDSM,
Arusha, Tanzanie.


---( 2 )---

Lettre d'un groupe de témoins des Etats-Unis au président Slobodan
Milosevic

12/09/2004

URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23055

Cher Président Milosevic,

Nous, soussignés, sommes outrés par la décision du tribunal de La Haye
(ICTY) de vous imposer un conseil contre votre volonté et de vous
priver de votre droit fondamental à vous défendre vous-même. Bien que
nous ayons d’abord été d’accord de témoigner pour votre défense, dans
ces conditions, nous ne pouvons ni ne voulons participer comme témoins
dans de telles procédures.

Non seulement la décision du tribunal viole les normes légales et
éthiques fondamentales, mais elle méprise ouvertement ses propres
réglementations et status. Dans l’article 21, paragraphe 4 des statuts
de l’ICTY, un accusé est habilité à avoir certaines « garanties
minimales », y compris le droit « assurer lui-même sa propre défense ou
via l’assistance légale d’une personne de son choix ». En outre, les
statuts stipulent qu’un procès doit être conduit « avec l’entier
respect des droits de l’accusé ». Notre seul commentaire, ici, c’est
que, de toute évidence, le sens du mot « garantie » diffère très fort,
évidemmente, de l’acception qu’en a le tribunal.

Nous pouvons vous assurer que nous restons prêts et d’accord de
comparaître comme témoins au cas où votre droit à assurer vous-même
votre défense vous serait rendu et que vous souhaiteriez nous y
inviter. Nous demeurons unis dans notre croyance que les charges contre
vous sont fausses et qu’elles représentent une continuation de la
guerre contre la Yougoslavie et contre le peuple sebe par les
Etats-Unis et leurs alliés de l’Otan. Nous adressons une copie de cette
lettre au tribunal afin de l’informer de notre décision.

Signé,

Gregory Elich
Sara Flounders
Barry Lituchy
Michael Parenti

cc.: Registre de l’ICTY, La Haye


---( 3 )---

Refus de participer au 'procès' en tant que témoin de Léonide G. Ivachov

09/09/2004

URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23027

Déclaration

En réponse à l’invitation du président de l’ancienne République
fédérale de Yougoslavie (RFY), Monsieur Slobodan Milosevic, moi,
Léonide Grigorievitch Ivachov, citoyen de la Fédération russe, ai
manifesté mon accord en vue de témoigner en faveur de sa défense au
cours du procès qui se déroule devant le Tribunal pénal international
pour l’ancienne Yougoslavie (ICTY). J’ai agi de la sorte en pleine
conscience, cherchant à contribuer à l’obtention de l’objectivité et de
la vérité dans les questions de l’Europe et de la RFY au cours de la
période 1997-2000.

A mes yeux, la participation au procès de La Haye était importante au
vu des circonstances suivantes :

Primo, j’ai participé directement aux événements en question.

Secundo, je ne puis ignorer le fait que l’accusation présentait comme
témoins plusieurs personnes qui ont préparé directement et perpétré
l’agression armée contre un Etat souverain, à savoir la RFY, et qui se
sont rendues responsables de la mort de centaines de personnes et de la
violation des normes des lois internationales.

Toutefois, les décisions récentes du tribunal m’ont forcé à revoir ma
première décision. L’ICTY, en violation de ses propres statuts (article
21, point 4), impose un conseiller à Slobodan Milosevic qui,
jusqu’alors, a utilisé son droit à assurer lui-même sa propre défense.
Parmi les devoirs du conseiller imposé, figurent ceux constituant à
déterminer quelles sont les personnes qui vont comparaître en tant que
témoins de la défense et quel sera le caractère des témoignages et leur
interprétation.

On ne peut considérer qu’il est normal que le conseiller imposé contre
la volonté de Slobodan Milosevic soit un citoyen du pays qui a foulé
aux pieds les normes de la législation internationale, la lettre et
l’esprit de la Charte des Nations unies et qui, de façon répétée, à
commis des agressions contre des Etats souverains, y compris contre la
RFY.

Dans le telles conditions, si mon témoignage en tant que témoins de la
défense peut être utilisé contre Slobodan Milosevic et s’il ne sert ni
l’objectivité ni l’adoption d’une réglementation juste, je refuse de
prendre part au procès.

Dans un même temps, je confirme mon intention de comparaître au procès
dès que l’ICTY créera des conditions légalement correctes et justes et
respectera les normes de la législation internationale.

Léonide G. Ivachov

Chef du Directorat principal de la Coopération militaire internationale
du Ministère de la Défense de la Fédération russe, 1996-2001,
vice-président de l’Académie des Questions géopolitiques, docteur en
Sciences historiques, général-colonel (de réserve).

Moscou, le 9 septembre 2004.

Traduction : J-M. Flémal


---( 4 )---

Parodie de procès Milosevic : Déclaration du Comité grec pour la
Détente internationale et pour la Paix (EEDYE)

15/09/2004

URL :
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.phtml?section=&object_id=23035

Athènes, 15 septembre 2004

Au Comité international pour la Défense de Slobodan Milosevic
A l’Organisation SLOBODA de Serbie et Monténégro
A l’Association internationale des Avocats démocrates

Chers amis,

C’est avec beaucoup d’inquiétude et de colère que nous suivons les
événements qui entourent le « procès » de l’ancien président de la RF
de Yougoslavie, Slobodan Milosevic, « procès » qui se déroule au
célèbre « Tribunal pénal international pour la Yougoslavie » (ICTY) et
où les droits fondamentaux de l’accusé sont violés jour après jour, en
même temps que tout sens des droits démocratiques et humains.

Depuis deux ans et environ 300 jours de procès, les accusations
présentées visent à légitimer les crimes de l’Otan au cours des
bombardements barbares et inhumains contre la Yougoslavie, en 1999.

Durant cette période, se sont multipliées les violations des droits
fondamentaux qui sont ceux de tout accusé. Slobodan Milosevic a subi
systématiquement des entraves l’empêchant de communiquer avec sa
famille et ses conseillers, lesquelles, entre autres, ont débouché sur
des obstacles dans la collecte de nouveaux éléments de preuves et de
moyens destinés à affirmer son innocence. En outre, le temps nécessaire
à ces préparatifs et à sa défense a été supprimé de façon draconienne,
en même temps que le fait que le nombre de témoins de la défense a été
milité et que la liste des accusations, par contre, a été
considérablement allongée alors que le procès avait déjà débuté.

Le point culminant de ces violations réside dans le fait qu’en dépit
des références manifestes aux statuts de l’ICTY (Art. 21, paragraphe
4), lesquels stipulent que l’accusé à le droit « d’être jugé en sa
propre présence, et d’assurer lui-même sa propre défense ou via une
assistance juridique de son propre choix », nous assistons ici à une
violation flagrante de ce droit par le fait que le tribunal lui impose
un conseiller en défense, et ce, malgré les objections véhémentes et
catégoriques de Slobodan Milosevic et son insistance à vouloir se
défendre lui-même.

Nous croyons que cette évolution confirme le caractère politique du
tribunal et du procès proprement dit, qu’il s’agit d’une procédure
constituant une provocation pour tout avocat et juriste ainsi que pour
tout système juridique que l’humanité ait connu. Le droit dont on prive
aujourd’hui Slobodan Milosevic n’avait même pas été refusé par le
régime de l’apartheid à Nelson Mandela, ni même pas les nazis à Georgi
Dimitrov.

Au nom du Comité grec pour la Détente internationale et la Paix, au
nom de toutes les personnes qui chréissent la paix en Grèce, nous
adressons nos protestations les plus véhémentes à l’Organisation des
Nations unies pour cette parodie de procès qui ne constitue par la
moindre garantie d’un procès libre et loyal.

Du plus profond de notre cœur, nous exprimons notre solidarité à
l’égards des peuples de la Yougoslavie dans leur lutte pour la paix et
le progrès, contre les plans impérialistes concernant les Balkans.

Pour le Comité grec pour la Détente internationale et la Paix (EEDYE)

Evangelos Mahairas

Président de l’EEDYE
Président d’honneur du Conseil mondial pour la Paix (WPC)
Ancien président de l’Association des Avocats et Juristes d’Athènes

Traduction : Jean-Marie Flémal


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SOURCE: alerte-otan @...

De : "Roland Marounek"
Objet : TPI : Washington lance une mise en garde à Belgrade

AFP - 30 septembre

Washington lance une mise en garde à Belgrade

Les États-Unis ont mis Belgrade en garde jeudi contre un manque
persistant de coopération avec le Tribunal pénal international (TPI)
soulignant que cette apparente mauvaise volonté empêche son intégration
à la communauté internationale.

«Malheureusement, les obligations de Belgrade envers le TPI ne sont pas
remplies», a déclaré lors d'une conférence de presse le secrétaire
d'État adjoint américain pour les Affaires politiques, Marc Grossman.
Sa visite, en compagnie de l'ambassadeur itinérant américain pour les
crimes de guerre Pierre-Richard Prosper, a lieu alors que Belgrade est
soumis à de fortes pressions de la communauté internationale pour
arrêter l'ancien chef de l'armée serbe bosniaque Ratko Mladic.

«Mladic se trouve toujours en liberté», a souligné M. Grossman. «La
date limite (pour son arrestation) était hier», a-t-il insisté.

Considéré comme un héros par de nombreux Serbes, le général Mladic, en
fuite depuis 1996, est inculpé par le TPI de génocide, crimes contre
l'humanité et crimes de guerre lors de la guerre en Bosnie (1992-95).

À la veille de l'arrivée de MM. Grossman et Prosper à Belgrade, des
rumeurs ont circulé sur une vaste opération à Valjevo (Sud-Ouest) pour
l'arrêter mais des journalistes sur place n'ont constaté aucun
dispositif particulier.

Selon M. Grossman, Belgrade «souffre» déjà de son manque de coopération
avec le TPI. «Vous êtes tenus à l'écart de l'Union européenne, du
programme de Partenariat pour la paix de l'OTAN», a martelé le
responsable américain après une rencontre avec le ministre des Affaires
étrangères, Vuk Draskovic.

Avec le président Boris Tadic, M. Draskovic est l'un des rares
responsables serbes à souhaiter que son pays coopère avec le TPI. «Vous
ne voulez pas (...) que la Serbie-Monténégro soit une île isolée et
c'est ce qui se passe maintenant», a dit M. Grossman.

Le président Tadic, un réformateur, qui depuis son élection en juillet
dernier «cohabite» avec le premier ministre Vojislav Kostunica,
considéré comme un nationaliste modéré, a souligné de son côté qu'il
prenait «très sérieusement» en compte les avertissements américains.
«Nous allons chercher une solution qui sera acceptable pour notre
nation et notre État», a-t-il dit après avoir reçu M. Grossman.

La position de M. Tadic semble renforcée après que sa formation, le
Parti démocratique (DS), eut réalisé le meilleur score au premier tour
d'élections municipales il y a dix jours. Le second tour doit avoir
lieu dimanche prochain.

M. Grossman a toutefois salué la décision de la justice serbe de
délivrer des mandats d'arrêt contre quatre généraux de l'armée et de la
police, inculpés de crimes de guerre par le TPI. Belgrade insiste pour
qu'ils soient jugés en Serbie, ce que Washington semblait prêt à
accepter si Mladic était arrêté. Mais dans la mesure où aucune
arrestation n'a eu lieu «ceci paraît plus difficile», a averti M.
Grossman.

La pression sur Belgrade est actuellement d'autant plus forte que le
procureur du TPI Carla Del Ponte doit rencontrer lundi prochain les
responsables serbes après avoir participé vendredi à une conférence sur
les crimes de guerre.



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