Informazione

( Sullo stesso argomento vedi anche:

http://www.salvaimonasteri.org/

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3521 )

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http://www.liberazione.it/giornale/040528/default.asp

Liberazione, 28 maggio 2004

Kosovo, pulizia etnica contro l'arte

Sull'apostolo Pietro affrescato nel XIV secolo nel monastero di Matejce
hanno disegnato gli occhiali e ci hanno scritto Maradona. E' accaduto
in Macedonia e non è certo il peggio che sia capitato a ciò che resta
dell'arte sacra bizantina, soprattutto nel Kosovo che ne è cuore. Dalla
guerra del '99 sono state distrutte, infatti, circa 130 chiese e trenta
di esse sono state colpite durante la caccia al serbo che ha
insanguinato la regione dal 17 al 20 marzo scorso. Muri, dipinti,
antiche icone, oggetti di culto, crocifissi rovinati da incendi e
metodiche distruzioni. La cattedrale della Madonna Ljeviska a Pristina
è andata in fumo dietro il filo spinato che i militari tedeschi della
Kfor avevano lasciato come sua unica difesa.

Una volta la violenza perseguitava gli albanesi e le moschee, ora
l'estremismo della parte opposta sta "ripulendo" il territorio dalla
minoranza etnica e si accanisce contro i simboli della sua religione.
E' proprio vero che la guerra non finisce mai di dimostrarsi rimedio
peggiore del male. I monaci e le suore vengono costretti a sloggiare e
insieme a loro rischia di svanire una porzione preziosa dell'arte
europea. «Non c'è soltanto Giotto nella cultura d'Europa - osserva lo
storico dell'arte Valentino Pace -, questi monumenti sono paragonabili
alla Cappella degli Scrovegni, alla Piazza dei Miracoli o ad Assisi. La
Chiesa ortodossa serba è sempre stata ricca di committenze artistiche».

Eppure sulle rovine di chiese e monasteri di grandissimo valore è
calato il silenzio, così come si parla poco della tragedia
"postbellica" del Kosovo. Fanja Paijc, docente dell'Università di arti
applicate di Kragujevac, è stata tra i primi a far giungere un grido di
allarme alla cultura internazionale. I monaci del monastero di Decani
si sono attrezzati da cybernauti per far conoscere la tragedia della
loro comunità mentre in Italia lo sdegno manifestato da Massimo
Cacciari ha contribuito a far nascere due iniziative, una parlamentare
e l'altra di intellettuali, storici dell'arte, ricercatori, registi,
artisti e politici. L'appello del filosofo veneziano è stato già
sottoscritto da centinaia di personalità ed è nato così' "www.
salvaimonasteri. org" - tramite il sito tutti possono aderire -, con
l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica e mobilitare energie
e risorse. La regista Elisabetta Valgiusti è in partenza alla volta del
Kosovo per "girare" sul campo; sono state raccolte informazioni
dettagliate sul monastero dei Santi Arcangeli a Pristina, dove i monaci
si sono accampati nelle tende per presidiare l'edificio. Da pochi
giorni l'impresa Redenco si è impegnata a fornire i materiali per il
restauro. In Kosovo opera già la Ong Intersos che, sotto la
supervisione dell'Istituto centrale per il restauro, sta curando
interventi di conservazione nel patriarcato di Pec e nel monastero di
Decani. Intanto la Commissione esteri della Camera ha approvato una
risoluzione per la «salvaguardia del patrimonio artistico cristiano nel
Kosovo». L'Italia infatti c'entra molto: i nostri militari fanno parte
della Kfor, la forza Nato ancora alle prese con la tormentata regione.

Ne tiene ben conto Sava Janijc, vice abate del monastero di Decani, che
ieri ha partecipato insieme a Andrej Sajc a due conferenze, una a
Montecitorio promossa dai parlamentari Verdi, dPrc, Ds e di altri
gruppi, e l'altra presso l'organizzazione cattolica "Russia ecumenica".
Il religioso ortodosso chiede che le truppe di interposizione vengano
accresciute di numero e di potere - cioè con un chiaro mandato a
proteggere i serbi -, ma non dimentica affatto l'errore dell'intervento
armato contro la Serbia. Ecco come ci ha descritto la situazione: «Non
ci sono soltanto abitanti frustrati ma una vera sommossa organizzata. A
marzo molti erano armati. In base alle nostre informazioni almeno
diecimila terroristi (così li definisce, ndr) sono pronti a nuove
azioni. Il numero dei soldati non è sufficiente a organizzare pattuglie
ovunque. E' in atto un tentativo di unificare tutti i territori abitati
da albanesi. E' davvero assurdo che la Serbia, bombardata nel '99, oggi
sia il paese più multietnico dei Balcani mentre i territori albanesi
sono stati "ripuliti" degli altri. Ciò dimostra come la guerra ha
aiutato un altro estremismo». Gli domandiamo se non sia un paradosso
chiedere protezione proprio alla Nato e il monaco ci risponde: «Certo
la guerra non era la migliore soluzione, ma adesso, guardando le cose
in modo realistico, la Kfor è l'unica forza che possa fronteggiare il
terrorismo organizzato albanese e proteggerci da una pulizia etnica».
Nelle parole del religioso e nelle reazioni dei giornalisti serbi che
lo attorniano si avverte tutto il peso di una lacerazione profonda. Tra
gli italiani, qualcuno prova a inzupparci il pane, parlando di "difesa
della cristianità" e dell'Europa cristiana. Luana Zanella, parlamentare
verde, replica immediatamente che chi si è opposto alla guerra non
vuole certo lo scontro di civiltà e sogna invece di tornare alla
convivenza esemplare di etnie e religioni che era l'orgoglio di
Sarajevo.

Padre Sava Janijc riconosce che «nei Balcani l'Islam è presente da
oltre 500 anni e - aggiunge - credo che la convivenza sia possibile»,
però «adesso in ambito islamico prevale una tendenza "militante" che è
incompatibile con i valori europei». «Se le comunità islamiche -
continua - non saranno capaci di liberarsi da questo estremismo la
convivenza sarà impossibile. Dobbiamo rafforzare le forze più moderate
ma quelle intanto dovrebbero condannare la distruzione dei monumenti
cristiani». Conflitto etnico o religioso? «E' un conflitto complesso -
sostiene l'abate -, in sostanza è scontro etnico ma, siccome per la
comunità serba il vero pilastro è la Chiesa, l'estremismo albanese
punta contro di essa». E il monaco non prevede nulla di buono nemmeno
per i pochissimi cattolici della zona.

Nel ginepraio kosovaro restano molte persone da salvare. Ed anche molti
monumenti che appartengono alla cultura di tutti, non solo dei
cristiani.

Fulvio Fania

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http://www.salvaimonasteri.org/stampa_11.htm

INFORMAZIONI CIRCA L’ACCERTAMENTO DELLA SITUAZIONE PER LA FORMULAZIONE
DI URGENTI MISURE DOPO LE VIOLENZE NEI RIGUARDI DEL PATRIMONIO
CULTURALE IN KOSOVO E METOHIJA

Per l’accertamento della situazione sono stati scelti, in
considerazione sia della loro importanza che delle notizie allarmanti
sui danni subiti, i monasteri dei Santi Arcangeli presso Prizren, la
chiesa della Vergine di Ljevisa a Prizren e il monastero di Devic’

Sabato 27 marzo 2004 Zoran Garic' e Jovica Lukic', sotto la scorta dei
soldati francesi della KFOR, sono partiti con l'incarico di accertare
la situazione dei monumenti, verificare i danni arrecati e valutare le
possibilità di recupero

DEVIC'

Dall’esame relativo alla situazione del complesso si può concludere che
il monastero è stato saccheggiato e poi incendiato. E’ evidente lo
scopo degli estremisti albanesi di cacciare le monache dal monastero,
saccheggiare i corredi, e poi incendiarlo fino a distruggere
disperdendole le tracce dell’esistenza di questo luogo sacro.
Vanno in questa direzione i seguenti elementi:
-Il cimitero monasteriale sul sagrato è stato devastato, e tutti i
monumenti sulle tombe sono stati distrutti
-dalle stazioni per il pompaggio dell’acqua è scomparso il corredo, con
attento smontaggio delle installazioni
- non ci sono più gli alveari delle api, ma in questo luogo non ci sono
neppure tracce di incendio
- dai laboratori del monastero sono stati rubati i computer e la
strumentazione per l’esecuzione di icone, croci e altri oggetti in legno
- è stato ucciso il bestiame, rubate le riserve alimentari per gli
animali e incendiato il granaio
- sono stati rubati circa 10 mc di legno immagazzinato nel portico del
monastero
- è stato rubato o incendiato tutto l’arredo e i mobili
Sul fatto che tutta l’azione sia stata preventivamente pianificata e
pensata testimonia anche il fatto che il tetto della chiesa, che non è
bruciato, è stato sistematicamente abbattuto.
Situazione della chiesa monasteriale
Gli estremisti albanesi hanno per prima cosa demolito la chiesa, e poi
dato alle fiamme l’iconostasi e il mobilio in legno.
Malgrado l’incendio, si possono trovare protette parti delle icone e
della costruzione dell’iconostasi. La struttura delle volte della
chiesa è conservata. Nella cappelletta di San Giovanni di Devic’ è
stato profanato il ciborio, bruciate le icone e il mobilio, e lo spesso
strato di fuliggine che ricopre gli affreschi rende impossibile vedere
il grado del loro danneggiamento. La situazione descritta comprende
anche le pitture murali conservate nella zona della chiesa presso
l’entrata nella cappella. Le parti annesse alla chiesa dalla parte
nord, che avevano un piano costruito in legno, sono bruciate e del
tutto devastate (è bruciata la struttura tra i due piani e quella pure
in legno del tetto) . Tutti gli elementi in legno – le cornici delle
finestre e le porte- sono completamente bruciati. Non sono stati
incendiati ma devastati gli elementi costruttivi del tetto.
Situazione delle costruzioni nel portico del monastero
- Il campanile : anche se non è stato devastato, non abbiamo ritrovato
la campana.
- gli alloggi : entrambi i fabbricati sono stati incendiati e di
entrambi sono restati solo i muri.
- parti della cappella invernale: l’abside, il tamburo con la calotta
della cupola e parte del pavimento costruito in cemento armato, si sono
conservati, mentre i restanti elementi costruttivi in legno- la
struttura dei piani, le finestre e le porte, come anche la struttura
del tetto, sono bruciati. In alcuni punti ancora bruciavano i resti
della struttura in legno incendiata
- il refettorio: è stato devastato e incendiato, così che ne sono
rimasti solo i muri e parti della costruzione in cemento (colonne,
travi che sostenevano il tetto). Il bagno è stato totalmente distrutto
- laboratori del monastero: devastati e incendiati
- edifici economici: nell’incendio sono state del tutto distrutte le
stalle, i granai e i depositi
- il sistema idrico: le stazioni per l’approvigionamento di acqua non
sono state distrutte, ma gli arredi sono stati saccheggiati. Sono state
distrutte le tavole di distribuzione, cosicché entrambe le riserve di
acqua potabile sono restate senza acqua. Entrambi i bacini per l’acqua
si sono conservati
L’intero sistema elettrico è stato distrutto dall’incendio, così che
nel monastero non c’è energia elettrica.

Bogorodica Ljeviska

Si è in primo luogo osservato che sono stati rimossi gli ostacoli e che
pertanto il traffico urbano si svolge senza interruzioni presso la
chiesa, per cui è ancor più minacciata la pittura dell’esonartece. E’
sbalorditivo il fatto che la chiesa non sia stata protetta né dalla
polizia né dalla KFOR, e che la sola protezione sia stata fornita dal
filo spinato e dall’armatura che circonda il portico e i passaggi. Per
tale ragione non siamo potuti entrare nella chiesa per accertare la
situazione al suo interno, per cui l’informazione è incompleta. Quello
che si è riuscito a vedere sulle facciate e in parte attraverso le
finestre è ciò che segue:
- Il tetto e la copertura della chiesa sono del tutto conservati. Anche
sulle facciate non si riscontrano danni meccanici, ma sono nelle parti
della facciata sopra alle finestre visibili strati di fuliggine in
conseguenza dell’incendio provocato all’interno. La fuliggine è
particolarmente riscontrabile nella facciata occidentale, soprattutto
sul campanile, come anche nelle parti inferiori delle facciate
longitudinali. E’ danneggiata parte della bifora nel piano superiore
del campanile e parte delle struttura metallica delle finestre è caduta
a causa dell’incendio.
- Sulla base di tali osservazioni si può ipotizzare in modo abbastanza
credibile come è stato appiccato l’incendio. Siccome sopra il nartece
si trovava il catecumenio al quale si accedeva con una scala di legno
dalla navata meridionale e che aveva una struttura di legno fra i
piani, l’ipotesi è che proprio qui sia stato appiccato l’incendio, che
successivamente ha interessato il campanile, gli scalini e le due
piattaforme del campanile, come anche le tre porte d’entrata dal
portico. Particolarmente preoccupa il fatto che proprio nel nartece si
conserva la galleria dei ritratti dei Nemanja dell’inizio del ‘300, e
che nelle cappelle e nel catacumenio si trovava una pittura unica
nell’ambito del nostro patrimonio culturale, sulla cui situazione in
questo momento non si può dire niente di preciso.
- La devastazione portata avanti con danneggiamenti meccanici e poi con
l’incendio, che si riscontra nelle fotografia relativa allo stato dei
frammenti di pittura del XIII secolo con la raffigurazione della
Vergine con il Cristo nutritore e alla profanazione della mensa sacra,
rivelano che l’incendio è stato appiccato dopo profanazioni. Ciò
testimonia su un atto pensato e totalmente preventivato.
- E’ interessante il fatto che nella pittura del portico non abbiamo
evidenziato tracce di danni meccanici né da incendio. I cambiamenti
sono dovuti solo alla cenere colata dall’interno della chiesa
attraverso i tre passaggi. Sotto il portico oggi c’è un filo spinato di
protezione

Monastero dei Santi Arcangeli

Per ragioni di sicurezza non è stato possibile accedere a tutti gli
spazi degli alloggi, così che la valutazione dei danni non si può
fornire con sicurezza. In ogni modo l’alloggio è stato devastato e
incendiato, e del tutto distrutto il laboratorio del monastero situato
nella parte a sudest del sagrato. Il monastero non aveva campanile, per
cui la campana era sistemata in una struttura metallica tipo
impalcatura. Oggi la struttura è abbattuta, e la campana danneggiata
giace a terra.
- I resti degli edifici medievali non sono stati esposti alla
distruzione e all’incendio. Non è stata neppure danneggiata la lastra
di marmo sulla tomba dell’imperatore Dusan.
Alloggio del monastero:
è stato subito saccheggiato,profanato e incendiato nello stesso momento
nel portico e nel sotterraneo. Sono state bruciate tutte le parti in
legno degli alloggi. Tutte le celle, il salone, le stanze del vescovo e
dell’igumano sono state del tutto distrutte. Nella cappella è bruciata
l’iconostasi e l’arredo ligneo, ma nonostante sia bruciato l’intonaco
si è conservata tutta la struttura delle volte e della cupola.
Laboratori del monastero:
Gli elementi in legno della facciata e della struttura del tetto sono
del tutto bruciati. L’importante arredo è bruciato con l’edificio. Sono
restate solo parti del bastione e del parapetto costruiti in pietra ,
come anche il camino.
Tutte le installazioni sono bruciate.

(inviata da Sanja Pajic’. Le informazioni sono a cura del CENTRO DI
COORDINAMENTO DI SERBIA E MONTENEGRO E DELLA REPUBBLICA DI SERBIA PER
IL KOSOVO E METOHIJA)

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http://www.salvaimonasteri.org/stampa_08.htm

UN CAPOLAVORO VIOLENTATO

Dopo i recenti disordini in Kosovo abbiamo tentato di fare un bilancio
dei danni al patrimonio artistico: tra i tanti monumenti danneggiati la
cattedrale della Madonna Ljeviska di Prizren, con affreschi
importantissimi del XIII e XIV secolo. E’ stata incendiata nel
pressochè totale disinteresse della comunità internazionale.

ROMA – Guardando le immagini dell’incendiata cattedrale della Madonna
Ljeviska di Prizren e degli affreschi pesantemente danneggiati, la
sensazione è di profondo sconforto. Anche perchè sarebbe bastato che la
forza militare internazionale presente sul territorio, la Kfor tedesca,
non avesse lasciato sguarnita la postazione di difesa della chiesa.
Molti altri luoghi di culto sono stati danneggiati, tra questi, sempre
a Prizren, la Chiesa di San Nicola e la Chiesa del Salvatore, entrambe
risalenti al XIV secolo. I danni più ingenti sono però quelli alla
cattedrale e ai suoi affreschi medievali.
Dice il professor Valentino Pace, docente di storia dell’arte medievale
all’Università di Udine, con cui avevamo parlato prima di avere la
conferma del danneggiamento degli affreschi: “Questi affreschi sono un
capolavoro assoluto: un po’enfaticamente potremmo dire che per la
storia dell’arte hanno la stessa importanza della Cappella degli
Scrovegni. C’è una splendida galleria di ritratti storici della
dinastia regnante serba, i Nemanja, che risale al XIV secolo. Sono
rappresentati il fondatore della dinastia, Simeone, diventato monaco
del Monte Athos (era questa una tradizione dei sovrani serbi, che a un
certo punto del loro regno abdicavano e si facevano monaci) e altri
esponenti della sua famiglia, vescovi e re. Un altro affresco molto
importante nella chiesa è la Madonna col bambino cosiddetto nutritore,
che cioè distribuisce una sorta di manna ai fedeli, risale al XIII
secolo”.
Proprio questi affreschi sono stati purtroppo danneggiati
dall’incendio: il soffitto ligneo sovrastante la galleria dei Nemanja è
bruciato provocando danni ingenti. Almeno la figura centrale con re
Simeone sembra essersi salvata interamente, la stessa cosa non si può
dire purtroppo delle figure accanto. Per quanto riguarda la Madonna
duecentesca, essa sembra essere stata scalpellata nella parte inferiore.
“Il Kosovo -ci aveva detto il professor Pace- è la culla della cultura
serba. Ma al di là del significato simbolico che ha per i serbi, ospita
le maggiori testimonianze dell’arte bizantina, insieme a Costantinopoli
e Salonicco. Purtroppo ho notato un disinteresse sconcertante nella
comunità internazionale, anche fra gli specialisti. Parlando con dei
colleghi inglesi alcuni giorni dopo gli scontri, essi mi hanno detto
che non avevano saputo niente delle distruzioni. I media non si sono
praticamente occupati della questione, al di là di generici cenni a
distruzioni di luoghi di culto. Ma una cosa è che venga bruciata una
chiesa degli anni Cinquanta, altra è che si tenti di incenerire un
patrimonio dell’umanità come la chiesa di Prizren. Il problema è che in
Occidente non si riconosce molto l’importanza dell’arte bizantina e
quindi per Giotto giustamente ci si muove e ci si dispera, per i grandi
e spesso anonimi maestri bizantini non ci si scompone più di tanto o,
peggio, li si ignora completamente”.
Per quanto riguarda la situazione attuale in Kosovo il problema è
simile a quello delle colonie israeliane in Palestina: i monumenti
serbi sono sparsi a macchia d’olio su un territorio ostile a
maggioranza albanese. I rancori sono ancora molto forti: i serbi, da
una parte, si sentono accerchiati, gli albanesi da parte loro vivono la
presenza serba come il ricordo di una vecchia oppressione. Per questo,
e per l’oggettiva importanza artistica di molti siti, è importante che
la Kfor funzioni da forza di interposizione e di presidio delle zone
più facilmente individuabili come bersaglio dell’odio etnico-religioso.
In questo caso purtroppo il meccanismo difensivo non ha funzionato: ne
hanno fatto le spese, oltre naturalmente ai molti morti e feriti tra la
popolazione, anche gli affreschi di Prizren.
Le notizie finora disponibili erano molto vaghe, ma preoccupanti. Si
era parlato di monasteri e chiese incendiati, dopo che il 17 marzo
scorso la spirale di violenza si era riaperta in Kosovo con
l’annegamento di tre bambini albanesi, sospinti in un fiume da
altrettanti coetanei serbi. Erano seguiti gravi disordini che avevano
portato ad alcune decine di morti e si era temuto lo scoppio di un
nuovo conflitto nell’area balcanica. La Kfor ha ricevuto dei rinforzi e
fortunatamente la situazione sembra ora essersi normalizzata. Anche se
questi rigurgiti di violenza feroce e improvvisa non fanno certo star
tranquilli.

“I danni alla chiesa di Prizren – dice il dottor Alessandro Bianchi,
dell’Istituto centrale per il restauro- sono evidenti. Io sono stato a
Pec, nella zona di occupazione italiana, dove ho lavorato al restauro
del patriarcato e della moschea Bayrakli. Lì mi sembra che i monumenti
non siano così vulnerabili, altrove però non so se è così. Anche la
ricostruzione dei monumenti danneggiati può però causare danni molto
gravi: il complesso della Moschea Hadum di Gjakova ad esempio,
costruito nel 1595, composto oltre che dalla moschea vera e propria
anche da una biblioteca storica e da una madrasa, era stato duramente
attaccato dai serbi nel 1999. Un progetto finanziato dai sauditi
prevedeva la demolizione e ricostruzione della madrasa e della
biblioteca (la moschea fortunatamente non aveva subito danni
importanti, così si è potuta salvare sia dalla guerra sia dai
restauratori) La bilbioteca, risalente all’inizio del secolo XVIII, era
sopravvissuta all’attacco per oltre il 60%: una situazione ideale per
un recupero che salvaguardasse il valore formale e storico del
monumento e nello stesso tempo la memoria del terribile evento. Invece
è finita tout court sotto un bulldozer, annullata. Nel territorio serbo
invece più che le azioni belliche (non si registrano danni causati
direttamente dalla guerra del 1999) si manifestano le conseguenze degli
anni di comunismo e poi dell’autocrazia nazionalistica.”

Le foto dei danni agli affreschi e alla chiesa, di per sè evidenti,
provengono dal sito della diocesi di Prizren www.kosovo.com, sulla cui
attendibilità non abbiamo notizie certe. Un ringraziamento particolare
per il reperimento preliminare delle notizie va alla professoressa
Alessandra Guiglia, docente di storia dell’arte bizantina
all’Università La Sapienza.

(english / italiano)

Esaurimento nervoso:
si dimette il governatore della colonia del Kosovo


1. Si dimette il capo dell'UNMIK (dispacci ANSA)
2. Anche il capo della KFOR - il tedesco Kammerhof - se ne va con un
mese di anticipo (articoli in inglese)
3. Sara' francese il prossimo comandante delle forze di occupazione
(ANSA)


Sui precedenti capi dell'UNMIK, vedi tra l'altro:

Nominato il nuovo governatore straniero della colonia
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2659
L'unico successo della missione di Michael Steiner
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2976
Le avventure amorose di Michael S.
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2426
Governatore numero due: Michael Steiner
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2628
UNMIK Chief Michael Steiner has clearly said that Kosovo is not a
Serbian province
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2508
Steiner: esportare in Iraq la ricetta Kosovo
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2415
Le menteur de la semaine: Bernard Kouchner
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3027
The Trepca mining complex: How Kosovo's spoils were distributed
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1908


=== 1 ===

http://www.ansa.it/balcani

KOSOVO: SI DIMETTE HOLKERI, CAPO MISSIONE ONU

(ANSA-AFP) - HELSINKI, 25 MAG - Il capo della missione dell'Onu in
Kosovo, il finlandese Harri Holkeri, ha annunciato oggi di aver
presentato le sue dimissioni al segretario generale delle Nazioni Unite
Kofi Annan per motivi di salute.
In precedenza fonti politiche avevano preannunciato le sue dimissioni
motivandole con le critiche ricevute dopo i violenti scontri tra serbi
e albanesi avvenuti a marzo. (ANSA-AFP). MAO 25/05/2004
15:02

KOSOVO: SI DIMETTE HOLKERI, CAPO MISSIONE ONU (2)

(ANSA) - HELSINKI, 25 MAG - Holkeri, 67 anni, era stato ricoverato
recentemente in un ospedale francese, a Strasburgo, per controlli
medici in seguito ad affaticamento. Dopo aver assunto l'anno scorso
l'incarico al vertice dell'Unmik , la missione dell'Onu nel Kosovo,
Holkeri avrebbe concluso il suo mandato nell'agosto prossimo. In
seguito agli scontri tra albanesi e serbi nel marzo scorso, era stato
oggetto di critiche e di pressioni perche' lasciasse l'incarico.
(ANSA). BV 25/05/2004 12:53

KOSOVO: NATO, DE HOOP SCHEFFER RENDE OMAGGIO A HOLKERI

(ANSA) - BRUXELLES, 25 MAG - La Nato ha reso omaggio al capo della
missione dell'Onu in Kosovo, il finlandese Harri Holkeri, che si e'
dimesso per motivi di salute. In un comunicato, il segretario
generale dell'Alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, ha
sottolineato la ''forte dedizione'' di Holkeri ''alla pace,
stabilita' e riconciliazione etnica in Kosovo''. Il numero Uno
dell'Alleanza atlantica, impegnata nel protettorato Onu attraverso i
circa 20 mila uomini della Kfor, ha esaltato il ruolo di Holkeri nel
dialogo fra Pristina e Belgrado ''iniziato col suo incoraggiamento e
la sua guida''. De Hoop Scheffer, peraltro, sara' per tre giorni
proprio nei Balcani: domani in Croazia, per incontrare fra gli altri
il presidente croato Stjepan Mesic ed il premier Ivo Sanader,
mentre giovedi' e venerdi' (27 e 28 maggio) si rechera' il Macedonia
per colloqui con il presidente macedone Branko Crvenkovski e il primo
ministro designato Hari Kostov.(ANSA). CAL
25/05/2004 19:09


=== 2 ===

http://www.seeurope.net/en/Story.php?StoryID=50713

SERBIA AND MONTENEGRO: UNMIK Governer to Resign?
2004-05-19 13:07:24

Kosovo's United Nations administrator Harri Holkeri returned to the
protectorate yesterday following a brief illness, but hinted he might
not be much longer in the post, Reuters reported.
"It remains to be seen," the 67-year-old former Finnish prime minister
told reporters when pressed on his future in the role of Kosovo
governor.
Holkeri was due to meet the commander of the NATO-led peacekeeping
mission, KFOR, in the evening and would see Kosovo's ethnic Albanian
prime minister, Bajram Rexhepi, on Tuesday, officials said.
He was due to fly to Finland on Tuesday, they added.
Holkeri's grasp on the Kosovo problem was faulted by Western experts in
mid-March following the worst ethnic violence in nearly five years. In
two days of widespread unrest, 19 people died as rioting Albanians
attacked minority Serb enclaves and clashed with NATO and UN police.
Western powers admitted the violence came as a surprise and caught both
the UN and NATO unaware. The March clashes focussed fresh attention on
Kosovo by the European Union, the United States and Russia.
Holkeri was admitted to hospital in France last week, following a
diplomatic function, suffering from what doctors said was fatigue or
possibly heart problems. "I'm feeling quite better now. I'm here to
exercise my powers," he told Reuters at Pristina airport yesterday.
Asked to confirm he was leaving for Helsinki on Tuesday, he said: "I
don't know yet". But he added that he planned to go to Helsinki for a
medical examination. "I want to see my own doctor. My French is not so
good," the chief administrator said.
Holkeri is the fourth UN chief Kosovo has had since it became an
international protectorate. Critics including former US Balkans
troubleshooter Richard Holbrooke say the question of Kosovo's final
status has been swept under the carpet.
Holkeri's one-year, renewable mandate would normally expire in August.
Possible successors, according to the local rumour mill, include former
Irish foreign minister Dick Spring.

---

From: "Apis Group office" <office @ apisgroup.org>

Belgrade Media Highlihts, May 21-22, 2004 

Kammerhoff to Step Down a Month Earlier

KFOR commander, German general Holger Kammerhof will step down from
duty a month prior to the expiry of his mandate in order to join German
armed forces, announced the KFOR headquarters in Prishtina on Thursday.
NATO has decided to replace him with French general Yves de Kermabon.
The replacement will take place on September 4.
General Kammerhof’s early departure has been explained with his
transfer to a new assignment at the German army headquarters.
The new KFOR commander, French general Yves de Kermabon has already
served a mandate in Kosovo as commander of the northern sector of the
international military mission.

Holkeri isn’t returning to Kosovo (Balkan)

UNMIK Head Harri Holkeri is not returning to Kosovo, Balkan learned
from well-informed sources. This Finnish diplomat, who is at the moment
in one Helsinki hospital where he is recovering from a serious heart
attack (and not a light one as the western media reported) that he
suffered in Strasbourg seven days ago, as the same source asserts, is
afraid of returning to the southern Serbian province over threats by
Albanian terrorists that they will kill him. Although all west European
agencies have reported that Holkeri was admitted in Strasbourg last
Wednesday due to exhaustion and some other medical check-ups, stories
that the UNMIK head will not return anymore have been going around
Kosovo for days, as well as that his duty until the arrival of
Holkeri’s successor will be taken over by American Brayshaw, Holkeri’s
deputy. “I’ve heard that Holkeri will not be returning because he
suffered a serious heart attack in Strasbourg,” the vice-president of
the Lipljan municipality Borivoje Vignjevic confirmed. Regional SNC
leader Milan Ivanovic says that he had also heard that Holkeri will not
be probably returning to Kosovo, but that he doesn’t know whether he
will not be returning because of the heart attack or something else,
referring to the stories that Albanians had threatened the UNMIK head,
i.e. that they will kill him for not advocating independence of Kosovo.

Holkeri again in hospital over exhaustion (Glas)

UNMIK Head Harri Holkeri will not be dismissed, but the UN SG will
appoint another SRSG if Holkeri is not able to return to Pristina for
health reasons. From New York comes the news that Irish diplomat
Richard Spring will arrive at the helm of UNMIK instead of Holkeri, but
no one in UNMIK has been able to confirm this to us. According to Glas,
Holkeri himself
considers he will, nevertheless, be able to continue to perform his
duty in Kosovo and Metohija, where he came in August last year. At the
moment, Holkeri is in Finland, where he went for consultations with the
doctors.
Some time ago he started complaining that he was tired, because of
which he had already been in Finland. Upon return to Pristina he was
treated by French doctors, but he decided to go to Finland for
consultations with the local doctor since, as he said, he couldn’t
understand the French.

---

http://sg.news.yahoo.com/040525/1/3kko2.html

Agence France-Presse
May 25, 2004

Top UN envoy in Kosovo resigns amid spate of ethnic
violence in province

The top UN official in Kosovo, Harri Holkeri of
Finland, who has been widely criticized for playing
down recent ethnic violence in the province, said he
had submitted his resignation after just nine months
on the job.
"Last night I called Secretary General Kofi Annan and
asked to resign as his special representative and as
head of UNMIK (the UN mission in Kosovo), due to my
health," Holkeri told reporters in the Finnish
capital.
Holkeri, 67, a former Finnish prime minister, was
hospitalized in France earlier this month when he
collapsed after briefing European foreign ministers in
Strasbourg on the situation in the troubled Serb
province.
The former Finnish conservative head of government
took over last year as the fourth leader of the UNMIK,
and was originally scheduled to be replaced in August.
Holkeri is seen by many of Kosovo's leaders as having
failed in his task to reconcile the ethnic groups in
the province and oversee a gradual handover of
responsibilities to local authorities.
His mission was dealt a final blow in March, when
ethnic Albanians went on a rampage against Serbs
living in NATO-protected enclaves, reversing the
international communities' efforts to bring the two
groups closer together.
The riots left 19 people dead and more than 900
injured, with Holkeri coming under fire from local
officials for not having done enough to prevent the
violence, and later also playing down the unrest's
gravity.
"I think that the departure of Holkeri was something
expected" after the anti-Serb riots in March, said
Nebojsa Covic, the Belgrade representative in charge
of Kosovo.
"Whether (the resignation) was really due to health
reasons it does not matter any more," Covic told AFP,
adding that he believed it was directly linked to the
March unrest.
.....
On Tuesday Holkeri brushed off the allegations that he
could have done more to curb the unrest in the
province.
"I have read this criticism, and have been surprised
by it. It was UNMIK that condemned these riots and
tried to get the local government to do its utmost.
And when the local government was hesitant, we got
charged with not doing enough?" Holkeri asked
rhetorically.

"This is a bit difficult to understand."

Speaking about the situation in the province, Holkeri
said "it has become considerably better, but the
events in March were of course a huge setback".
As a consequence the UN time frame for the
reconciliation and gradual handover of authority in
the area should be revised, he pointed out.
....

---

http://www.tanjug.co.yu/
EYug.htm#Serbian%20premier%20not%20surprised%20by%20UNMIK%20chief

Tanjug
May 25, 2004

Serbian premier not surprised by UNMIK chief's
resignation

BELGRADE/SALONIKA - Serbian Premier Vojislav Kostunica
said Tuesday in Salonika that the resignation of UNMIK
chief Harri Holkeri, though justified by health
reasons, was not surprising. It is obvious that the
serious situation in Kosovo-Metohija has deteriorated
further after the outbreak of violence last March, and
that Holkeri was unprepared for it, which is why his
departure comes as no surprise, Kostunica told Tanjug
over the telephone from Salonika where he is attending
the Salonika Forum.
According to Kostunica, it is far more important now
to see who will be Holkeri's successor and whether the
international community will this time appoint a
person better acquainted with the situation in Kosovo.

---

http://www.tanjug.co.yu/

Tanjug
May 25, 2004

Political representatives of Serbs welcomed departure
of Holkeri

KOSOVSKA MITROVICA - Political representatives of
Serbs in Kosovo and Metohija welcomed on Tuesday the
departure of Harri Holkeri from the post of UNMIK
head, assessing that was the result of pressure of the
international commujity on him because of the March
violence in the Province. The only Serbian minister in
the Kosovo government Goran Bogdanovic told Tanjug
that Holkeri was the most to blame for the March
violence, because he could have prevented it, so that
his departure did not come as a surprise.
"The actions of Holkeri were pro-Albanian and as such
not in line with his mandate," said Coalition "Return"
deputy Rada Trajkovic, voicing fear that a vacuum
could be created before a successor was appointed.


=== 3 ===

KOSOVO: GENERALE FRANCESE A CAPO DELLA KFOR DA SETTEMBRE

(ANSA) - PARIGI, 13 MAG - Un generale francese, Yves de Kermabon,
prendera' a settembre il comando della forza della Nato in Kosovo
(Kfor) in sostituzione del tedesco Holger Kammerhoff. Lo ha annunciato
oggi a Parigi lo stato maggiore francese. De Kermabon e' nato nel 1948
ed e' gia' stato in Kosovo dal marzo al settembre 2003, come
vicecomandante della Kfor. (ANSA) LQ
13/05/2004 19:15

(deutsch / italiano)


Omicidio Djindjic:
testimoni uccisi, parenti minacciati, scontro politico

1. Nostro commento
2. „Von den Eigenen ermordet“ (di Juergen Elsaesser)
3. Dispacci ANSA
4. "Sciabola", culmine di una democrazia blindata (di U. Suvakovic)

Vedi anche:
Belgrado: svolta nel “processo Ðinđić” (12.05.2004)
La consegna alla polizia di Milorad Luković Legija potrebbe gettare una
nuova luce sul processo contro gli assassini di Zoran Ðinđić, il
premier serbo ucciso il 12 marzo 2003.
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3075


=== 1 ===


Omicidio Djindjic:
testimoni uccisi, parenti minacciati, scontro politico


Recentemente la madre di Zoran Djindjic - il primo ministro serbo,
ultraliberista e filo-occidentale, ucciso in un attentato poco piu' di
un anno fa - ha chiamato direttamente in causa gli ambienti del partito
del figlio (DS) quali corresponsabili dell'assassinio. "Un ex ministro
mi ha rivelato che Djindjic fu ucciso dai suoi", ha detto la madre di
Djindjic, citata testualmente dal portavoce del partito dell'attuale
premier Kostunica (DSS). Immediatamente la madre, la sorella e la
vedova di Djindjic sono state fatte oggetto di pesanti minacce di
stampo mafioso.

Nel frattempo, persino l'ex ministro degli esteri Svilanovic ha dato
credito alla tesi secondo cui a sparare furono due diversi cecchini: il
primo avrebbe mirato su qualcuno della scorta di Djindjic, nell'ambito
di un progetto atto ad imprimere una svolta autoritaria nel paese
(svolta poi effettivamente avvenuta con la proclamazione dello stato di
emergenza); l'altro avrebbe invece mirato direttamente su Djindjic, per
spostare l'asse politico serbo in senso filo-statunitense (laddove
Djindjic era legato piuttosto alla Germania).

La situazione viene ulteriormente complicata da due elementi: da una
parte le prossime elezioni presidenziali in Serbia, e dunque lo scontro
e le strumentalizzazioni politiche connesse - specialmente tra i due
partiti rivali della destra liberista: i DS filoamericani ed i DSS
filoeuropei; dall'altra l'autoconsegna alla polizia di Milorad Lukovic,
agente doppiogiochista dei servizi indicato come "mente operativa"
dell'attentato...

(a cura di Italo Slavo)


=== 2 ===


http://www.jungewelt.de

Aus: Junge Welt, 19. Mai 2004
Mutter des getöteten Premiers Djindjic beschuldigt prowestliche
Demokratische Partei der Bluttat.
Von Jürgen Elsässer

„Von den Eigenen ermordet“


Dramatische Zuspitzung in Belgrad: Am Dienstag Vormittag lud die
Demokratische Partei Serbiens (DSS) des Ministerpräsidenten Vojislav
Kostunica zu einer Blitz-Pressekonferenz. Dort erhob Parteisprecher
Dejan Mihajlov schwere Anschuldigungen gegen die Ende Dezember
abgewählte prowestliche Regierung der DOS-Koalition. Demnach war die
Demokratische Partei (DS), die die DOS-Regierung geführt hatte, in die
Ermordung ihres eigenen Premiers Zoran Djindjic am 12. März vergangenen
Jahres verwickelt. „Sie schwiegen, als der Premierminister ermordet
wurde. Sie wußten, wer den Entschluß gefaßt hatte, daß Djindjic getötet
werden sollte, und sie wußten, wer ihn tötete,“ hieß es in Anspielung
auf hohe Funktionäre der Djindjic-Partei in dem von Mihajlov verlesenen
DSS-Kommunique.

Im Mittelpunkt der DSS-Stellungnahme steht eine Erklärung, die
Djindjics Mutter Mila vor einigen Tagen gemacht hat: „Mein Sohn wurde
von seinen eigenen Leuten umgebracht, ein früherer Minister hat mir das
klar gesagt.“ Mihajlov kommentierte: „Was ist an diesen Worten einer
Mutter noch unklar? Was ist noch unklar, wenn die Mutter eines
ermordeten Premierministers fast keinen seiner engsten Parteifreunde
mehr empfängt – die Leute, die ihn verkauft und vielleicht sogar
Schlimmeres getan haben?“

Mihajlov forderte von Djindjics Nachfolger Zoran Zivkovic und vom
heutigen DS-Vorsitzenden Boris Tadic, den Namen des Täters
preiszugeben, „wenn sie wirklich der Ansicht sind, daß sie nichts mit
dem Mörder zu tun haben“. „Wenn sie das nicht tun, werden wir es. Sie
werden uns nicht aufhalten, weder mit Beschuldigungen ... noch mit dem
unverschämten Mißbrauch des Leidens der Familie Djindjic ... Sie
behaupten, sie wollen die Familie Djindjic (mit ihrem Schweigen)
schützen, aber sie schützen nur ihre eigene Mafia-Familie.“

Die Anschuldigungen der DSS sind die bisher prominenteste
Infragestellung der offiziellen Mordthese der Belgrader
Staatsanwaltschaft. Demnach soll das Attentat vom mächtigen
Gangsterclan aus Zemun verübt worden sein, der zur Tatzeit in
Personalunion unauflösbar mit der Polizeisondereinheit Rote Barette
verstrickt gewesen sei. Im Hintergrund habe eine „patriotischer Block“
mit Gefolgsleuten des ehemaligen jugoslawischen Präsidenten Slobodan
Milosevic die Fäden gezogen. Im Kalkül dieser alten Garde sei die
Beseitigung von Djindic nur der Auftakt für einen Putsch gegen die
prowestliche DOS-Regierung gewesen.

Djindjic-Nachfolger Zivkovic wies die Anschuldigungen der DSS noch am
Dienstag Vormittag entrüstet zurück und sprach von einem
„Wahlkampf-Pamphlet“ (in Serbien wird im Juni ein neuer Präsident
gewählt). Aber ausgerechnet ein Mitglied von Zivkovics eigener
Regierungsmannschaft, nämlich Außenminister Goran Svilanovic von der
serbischen Bürgerallianz, hatte am vergangenen Sonntag im kroatischen
Fernsehen den Anschuldigungen gegen die DS neue Nahrung gegeben.
Demnach gebe es ein „weitverbreitetes Gerücht“, wonach Djindjic mit
Milorad „Legija“ Lukovic, dem Kopf des Zemuner Gangsterclans, im
Frühjahr 2003 verabredet habe, ein Attentat auf ihn selbst zu
inszenieren. Beim geplanten Schußwechsel sollten „Legijas Männer seinen
Leibwächter töten“, ihn selbst aber nicht, so daß er die Empörung über
das Attentat nutzen könne, um weitreichende Notstandsmaßnamen zu
verhängen. Legija behaupte, daß er sich an diese Inszenierung gehalten
habe, „aber eine dritte unbekannte Partei“ am Tatort aufgetaucht sei
und Djindjic doch erschossen habe, berichtete Svilanovic.

Dieses „Gerücht“, immerhin von einem hochrangigen DOS-Politiker
kolportiert, wird durch die Aussage von Djindjics Leibwächter Milan
Veruvic gestützt (vgl. "Junge Welt", 27.10.2003 [und:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2920
]). Er war selbst beim Attentat verletzt worden und rekonstruierte
später, daß es einen zweiten Schützen gegeben haben muß – einen, der in
der Tatversion der Staatsanwaltschaft nicht auftaucht. Dieser feuerte
die für Djindjic tödliche Kugel aus einem Regierungsgebäude.

Auf den ersten Blick mag es nicht plausibel erscheinen, warum die
„eigenen Leute“, also die Spitzen der Demokratische Partei, einen Grund
gehabt haben sollten, ihren charismatischen Frontmann Djindjic zu
liquidieren. Im Hintergrund können unterschiedliche
Gangster-Seilschaften in der DS stehen – der Zemun-Clan hatte im Winter
2002/2003 zum Showdown gegen den Surcin-Clan ausgeholt. Auch
außenpolitisch ging ein Riß durch die Partei: Djindjic galt als „Mann
der Deutschen“, sein Nachfolger Zivkovic tat sich als Gefolgsmann von
Washington hervor und bot den USA selbst serbische Truppen für
Afghanistan an.


=== 3 ===


http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/serbiamontenegro.shtml


SERBIA: PROCESSO DJINDJIC, UCCISO UN TESTIMONE

(ANSA) - BELGRADO, 9 MAR - E' stato ucciso a Belgrado Kujo
Krijestorac, testimone oculare nel processo in corso per l'uccisione,
il 12 marzo 2003, del primo ministro serbo Zoran Djindjic. La notizia
non e' ancora stata confermata ufficialmente dalla polizia, ma la
portavoce del tribunale speciale incaricato del procedimento, Maja
Kovacevic, ha lasciato intendere che non ci sono dubbi sull'identita'
della vittima. Krijestorac e' stato ucciso nella serata del
primo marzo davanti alla sua casa in un sobborgo di Belgrado, da uno
o piu' sicari che gli hanno sparato con un fucile mitragliatore -
probabilmente un kalashnikov - mentre stava per scendere dalla sua
automobile. Il ruolo della vittima in quello che i serbi hanno
battezzato come il processo del nuovo millennio e' emerso solo ora.
Le udienze segnano intanto il passo per le nuove richieste di
perizie psichiatriche da parte di uno degli imputati, Dusan
Krsmanovic. Il G17, uno dei partiti della coalizione di governo
del remier Vojislav Kostunica, ha chiesto nel frattempo
l'istituzione di una commissione di inchiesta sull'omicidio,
attribuito dagli inquirenti a una congiura fra criminalita'
organizzata, servizi segreti deviati e ambienti politici nostalgici.
(ANSA). OT 09/03/2004 12:36

SERBIA: A UN ANNO MORTE DJINDJIC,TIEPIDE COMMEMORAZIONI/ANSA

(ANSA) - BELGRADO, 12 MAR - Alcune migliaia di persone hanno reso
omaggio oggi nel cimitero di Belgrado al primo ministro serbo Zoran
Djindjic, assassinato un anno fa in quella che e' stata presentata
come una congiura fra cosche criminali, politici nostalgici e servizi
segreti deviati. Ma le commemorazioni si sono svolte sotto tono,
mentre restano misteriosi i contorni di un delitto che ha cambiato il
passo della Serbia sul sentiero dell'integrazione con l'Europa.
Alla cerimonia nel Nuovo cimitero - in realta' il piu' antico della
capitale - accanto alla vedova Ruzica e ai figli Jelena e Luka
c'erano anche il presidente serbomontegrino Svetozar Marovic e il
premier del Montenegro Milo Djukanovic, amico di vecchia data di
Djindjic. Mancavano, con l'eccezione del ministro delle finanze
Mladjan Dinkic, esponenti del nuovo governo serbo uscito dalle
elezioni del 28 dicembre. ''E' un'assenza incomprensibile - ha
detto Vesna Pesic, compagna di partito del premier assassinato -,
Zoran Djindjic e' stato ucciso come primo ministro serbo, dovrebbe
essere ricordato dallo Stato''. Il neo premier Vojislav Kostunica si
e' limitato a deporre stamane una corona davanti all'edificio del
governo, nel cui cortile e' avvenuto l'attentato. La scarsa
partecipazione della nuova leadership e' in parte legata a vecchi
rancori - Kostunica e Djindjic, alleati nel rovesciare il regime di
Slobodan Milosevic, hanno poi ingaggiato un estenuante duello a spese
della velocita' del processo di riforme - in parte all'aura ambigua
che ha circondato il governo del defunto premier, accusato di
connivenze con criminali. Sarebbero state le frequentazioni
pericolose, sostiene la Belgrado ufficiale, la principale causa
dell'attentato: ma dimostrarlo non e' facile, dato che dei tre
personaggi indicati come gli organizzatori, due - Dusan 'Siptar'
Spasojevic e Mile 'Kum' Lukovic, padrini della cosca criminale del
sobborgo belgradese di Zemun - sono rimasti uccisi in una controversa
sparatoria con la polizia. Il terzo, Milorad 'Legija' Lukovic, ex
capo dei disciolti 'Berretti rossi', il braccio armato dei servizi
segreti, e' latitante: dopo la sua fuga, e' stato accusato di essere
all'origine di quasi tutti i delitti eccellenti degli ultimi anni.
Un testimone oculare dell'attentato al premier, Kujo Krijestorac, e'
stato ucciso la settimana scorsa: non era un teste di primo piano, ma
aveva riconosciuto uno dei killer. La polizia esclude legami col
processo, ma la sua morte e' stata interpretata da alcuni organi di
stampa come un avvertimento. Con i principali imputati fuori
scena, restano nel vago i contorni della congiura politico mafiosa
citata all'epoca dagli inquirenti: e ora al governo c'e' quel
Kostunica i cui stretti collaboratori, l'ex capo dei servizi segreti
militari Aco Tomic e il consigliere per la sicurezza Rade Bulatovic,
erano stati a lungo fermati ''per accertamenti'' e poi rilasciati per
totale mancanza di prove. Un altro mistero grava sulla dinamica
del delitto: Milan Veruovic, la guardia del corpo di Djindjic rimasta
ferita nell'attentato, afferma che i colpi provenivano dal lato
opposto da quello indicato dagli inquirenti. Peraltro, erano state
messe sotto accusa anche le misure di sicurezza adottate per il
premier, nonche' la sbrigativita' di alcuni magistrati nel
rilasciare Dejan 'Bugsy' Milenkovic, responsabile di un precedente
presunto attentato (un incidente stradale evitato per un soffio)
contro Djindjic. Il processo per il delitto, iniziato il 22
dicembre, segna intanto il passo. Dei 13 accusati, solo cinque sono
in aula, e si avvalgono della facolta' di non parlare. Svezdan
Jovanovic, l'ex membro dei servizi segreti ritenuto il cecchino, ha
anche accusato la polizia di aver estorto confessioni. Accanto ai
misteri, c'e' anche uno scherzo del destino: quando e' stato ucciso,
Djindjic si preparava a incontrare il ministro degli esteri svedese
Anna Lindh; a sua volta uccisa sei mesi dopo a Stoccolma, e proprio
da un serbo. (ANSA). OT 12/03/2004 19:21

SERBIA: DINDJIC; ARRESTATO LUKOVIC PRESUNTA MENTE OMICIDIO

(ANSA) - BELGRADO, 2 MAG - Milorad Lukovic, detto Legija, l'uomo
accusato di essere il cervello dell'assassinio, il 12 marzo del 2003,
del premier serbo Zoran Djindjic, si e' arreso stasera alla polizia
serba. Lo hanno detto fonti della polizia alla tv di stato Rts e
all'emittente B-92. Lukovic, secondo le stesse fonti, si sarebbe
arreso in un sobborgo della capitale e dovrebbe venire trasferito nel
carcere centrale. 'Legija' Lukovic, ex capo dei 'berretti rossi'
- braccio armato dei famigerati e ora disciolti servizi segreti di
Slobodan Milosevic -, implicato secondo le autorita' serbe nella
maggior parte dei delitti eccellenti dell'era Milosevic, era uno
degli otto latitanti al processo, ripreso il mese scorso a Belgrado,
per l'omicidio di Djindjic. In aula c'erano solo cinque dei 13
incriminati, fra cui il presunto esecutore materiale, l'ex vicecapo
dei 'berretti rossi', Svedzan Jovanovic. (ANSA). OT-GV
02/05/2004 22:58

SERBIA: DJINDJIC; MINACCE TELEFONICHE A MOGLIE,MADRE,SORELLA

(ANSA) - BELGRADO, 14 MAG - Ruzica Djindjic, moglie del defunto
premier serbo Zoran assassinato a Belgrado il 12 marzo del 2003, ha
denunciato di aver ricevuto negli ultimi giorni pesanti minacce
telefoniche. Analoghe molestie sono arrrivate alla madre e alla
sorella di Djindjic, che hanno denunciato anche due effrazioni nella
loro casa di Prokuplje, nella Serbia meridionale. Le donne si
sono dette convinte che le minacce vengano da membri dei 'berretti
rossi', il disciolto corpo speciale dei servizi segreti i cui
vertici sono accusati dell'organizzazione e dell'esecuzione
dell'attentato a Djindjic. Le telefonate anonime, hanno detto gli
avvocati della famiglia, ammonivano infatti a ''lasciare in pace
'Legija' (Milorad Lukovic, ex capo dei berretti rossi costituitosi
dopo oltre un anno di latitanza, ndr) se non volete che la prossima
volta facciamo ben piu' che sfondare serrature''. Il ministero
degli interni ha rafforzato le misure di sicurezza per la protezione
della famiglia del defunto premier. In questi giorni, grazie alla resa
di Legija, il processo in corso dal 22 dicembre scorso per
l'uccisione di Djindjic sta avendo nuovi importanti sviluppi. Dei 15
imputati, sei siedono sul banco degli accusati, Lukovic, il suo vice
Svezdan 'Zmija' (serpe) Jovanovic - ritenuto l'esecutore materiale
del delitto - e tre esponenti della cosca criminale di Zemun (nome di
un sobborgo della capitale) coinvolta secondo gli inquirenti
nell'attentato. (ANSA). OT 14/05/2004 13:52

SERBIA: DJINDJIC; ALTRO PROCESSO CON RINVIO PER LEGIJA

(ANSA) - BELGRADO, 18 MAG - Milorand Lukovic detto 'Legija',
principale accusato per l'uccisione, il 12 marzo del 2003, del
premier serbo Zoran Djindjic e imputato anche per un sanguinoso
attentato del 1999 contro l'attuale ministro degli esteri Vuk
Draskovic, e' stato chiamato in causa oggi in un terzo processo,
quello per l'uccisione dell'ex presidente serbo Ivan Stanbolic. I
suoi avvocati hanno ottenuto un ennesimo rinvio, il terzo, stavolta
al 28 giugno. Stanbolic era scomparso da Belgrado il 25 agosto del
2000, alla vigilia delle elezioni che si sarebbero concluse con la
sconfitta del regime di Slobodan Milosevic. Il suo corpo e' stato
ritrovato, grazie alla testimonianza di un pentito, nella primavera
del 2003, durante l'operazione di rastrellamento 'Sablja' (sciabola)
seguita alla morte di Djindjic. 'Legija' si e' consegnato
spontaneamente all'inizio del mese, dopo oltre un anno di latitanza.
I suoi avvocati hanno detto che temeva per la sua vita e considerava
l'attuale situazione politica piu' favorevole per costituirsi.
Attorno alle attesissime testimonianze dell'ex capo dei 'berretti
rossi' - il braccio armato dei servizi segreti - ruota intanto la
campagna elettorale per le presidenziali del 13 giugno, e vola fango
fra i due principali schieramenti democratici del paese, quello che
fa capo al premier Vojislav Kostunica e quello che si identifica nel
Partito democratico (Ds) del defunto Djindjic. Gli uomini di
Kostunica stanno accusando, piu' o meno velatamente, gli stretti
collaboratori del premier ucciso per quell'attentato. Il tam tam
cittadino - diffuso ad arte secondo molti osservatori - parla anche
di interventi di servizi esteri in quella morte. Chi piu' sembra
fare le spese di queste presunte 'rivelazioni anticipate' - in attesa
della testimonianza di Legija - e' la famiglia del defunto premier:
dopo minacce telefoniche a moglie e madre e un'effrazione nella casa
di campagna familiare, la sorella di Djindjic, Gordana, e' stata
aggredita in casa sua da sconosciuti che le hanno iniettato una
sostanza - pare un banale tranquillante, ma analisi piu' approfondite
sono in corso - in vena. (ANSA). OT 18/05/2004 12:04

SERBIA: DJINDJIC, SI ARRENDE ALTRO SUPERLATITANTE DICE B-92

(ANSA) - BELGRADO, 15 MAG - Dopo il latitante numero uno della
Serbia, l'ex capo delle forze speciali dei servizi segreti Milorad
'Legija' Lukovic, si e' arreso alla polizia serba un altro ricerato
eccellente, Dejan Milenkovic detto 'Bugsy', coinvolto nel febbraio
del 2003 in un fallito attentato contro il premier serbo Zoran
Djindjic, che un mese dopo sarebbe caduto sotto i colpi dei killer.
Lo hanno detto fonti del ministero della giustizia alla radio B-92,
precisando che la resa sarebbe avvenuta proprio oggi. La polizia non
ha ancora confermato. 'Bugsy', un passato criminale nella cosca
di Zemun (nome di un sobborgo belgradese) coimputata per il delitto
Djindjic, era alla guida di un camion che il 22 febbraio 2003 aveva
tentato di bloccare il convoglio di automobili nel quale viaggiava il
premier, per permettere l'intervento di cecchini. La mossa non era
riuscita e l'uomo era stato fermato dalle guardie del corpo di
Djindjic. Ma era stato misteriosamente rilasciato per quello che
venne poi definito un disguido giudiziario. Meno di un mese dopo,
il 12 marzo di quell'anno, Djindjic fu ucciso nel cortile del palazzo
del governo da un sicario poi identificato dagli inquirenti nella
persona di Zvezdan Jovanovic, vice di 'Legjia' nel corpo speciale -
ora disciolto - dei servizi segreti noto come i 'berretti rossi'',
braccio armato del regime di Slobodan Milosevic. (ANSA).
OT 15/05/2004 18:10


=== 4 ===


( this text in english:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3345 )

"Sciabola", culmine di una democrazia blindata


Un anno dopo l'assassinio del primo ministro Serbo dr Zoran Djindjic
non è chiaro chi sia il colpevole, e specialmente chi sia il mandante
dell'assassinio. Secondo la versione ufficiale il diretto esecutore
sarebbe stato un comandante dell'Unità per le operazioni speciali del
Ministero serbo per gli affari interni, e l'azione sarebbe stata
organizzata ed assistita da un membro del clan di Zemun. Se accettiamo
ciò come verità, significa che il killer proveniva dallo stesso
ambiente che portò Djindjic al potere e che formalmente era sotto il
suo controllo.
Io sono personalmente incline alla versione che il pubblico sospetta, e
cioe' che il mandante sia un potente servizio segreto straniero. Se
tale caso è vero, avremmo degli indizi di ciò tra uno o due decenni (ma
mai una prova schiacciante). Allo stesso tempo verrà confermato il
sospetto che il complotto era stato organizzato da coloro che
sostenevano il potere. Chiaramente in entrambi i casi, il movente e'
oramai chiaro - a scapito delle loro aspettative.

La violenza politica divenne caratteristica del teatro politico serbo
il 5 Ottobre 2000. Essa rifletteva il modo di giungere al potere:
attacchi per occupare e bruciare le sedi della RadioTelevisione della
Serbia, il cui direttore generale Dragoljub "Dragan" Milanovic subì un
linciaggio, oppure contro il Parlamento Federale (dove vi erano tutti
i materiali elettorali, anch'essi bruciati), o contro l'edificio del
Comitato cittadino del Partito Socialista di Serbia (SPS).
La violenza continuò bruciando le case dei più noti membri del SPS
(drastico esempio sono i casi di Leskovac e Secanj), con l'occupazione
degli ingressi degli appartamenti privati ed i tentativi di linciaggio
(ma se qualcuno si opponeva, come il coraggioso Gorica Gajevic, ex
segretario generale del SPS, le "intrepide" masse si disperdevano).
Vi era anche un invisibile mezzo che istigava la gente e creava "dei
comandi volanti" che forzavano con minacce e kalasnikov, per
conquistare il governo, le istituzioni e le aziende. Di conseguenza,
più di 40.000 membri del SPS furono sostituiti e rimasero senza un
lavoro.

La fase successiva delle persecuzioni, attuate dall'Opposizione
Democratica di Serbia (DOS) contro i suoi rivali politici, si sviluppo'
sotto la forma di una "democrazia blindata". "Tutti i socialisti in
prigione" era il motto dei leader del nuovo governo, regolarmente
trasmesso dai mass media. Infinite accuse di crimini, arresti politici
di membri del SPS, accuse di tentati furti per miliardi di dollari
(quando si fa fatica ad immaginare cosa sia un milione)... ed
iniziarono anche dei processi, processi politici davanti alla Corte,
gestiti dal DOS che minacciava i giudici di licenziamento e non solo.
Il tutto raggiunse il culmine con l'arresto del Presidente Slobodan
Milosevic nella notte tra il 31 Marzo e il 1 Aprile 2001 e con il suo
rapimento all'Aja il giorno di St. Vito dello stesso anno.
L'arresto del Presidente Milosevic venne gestito personalmente da
Legija, l'eroe del momento agli occhi del nuovo governo per via del suo
ruolo svolto il 5 Ottobre 2000, ma oggi primo sospettato
dell'assassinio del primo ministro Djindjic. E sul rapimento ed il
trasferimento all'Aja sappiamo qualcosa di più, oggi: secondo la
dichiarazione di un ex vice del boss della sicurezza di Stato della
Serbia, l'operazione venne gestita personalmente dall'attaché militare
inglese a Belgrado, sotto la supervisione del delegato della CIA.

La Persecuzione degli oppositori politici continuò. Nuove speranze per
il governo della DOS vennero dall'assassinio di Djindjic. Invece di
attuare vere indagini e di scoprire i killers, essi attuarono
l'operazione "Sciabola" - un modo incostituzionale di proclamare lo
stato di emergenza in tutta la Serbia. Erano gia' stati uccisi John F.
Kennedy in USA, Aldo Moro in Italia, Olof Palme in Svezia, ma solo dopo
l'assassinio di Zoran Djindjic si e' proclamato lo stato di emergenza:
in Serbia. La ragione è ovvia - lo scontro con i criminali ma anche con
gli oppositori politici. Natasa Micic con il suo Ordine (proclamazione
dello stato di emergenza) diede alla polizia, secondo la Legge, poteri
che essa può avere solo in guerra, ma non in uno stato di emergenza: la
polizia ebbe i poteri del tribunale. Le conseguenze furono circa 13.000
arrestati durante questo periodo. Solo per fare un paragone, quando
Pinochet, in Cile, prese il potere uccidendo il Presidente socialista
Allende, arrestò 4.000 persone.
Durante "Sciabola" i diritti degli arrestati, previsti in base al
Codice Penale ed alle convenzioni internazionali, vennero brutalmente
violati; un grande numero di arrestati non vennero mai sottoposti a
indagini giudiziarie ne' vennero mai rese note le ragioni del loro
arresto; a tutti venne tolto il diritto alle visite degli avvocati e
dei parenti, perfino l'ora d'aria non venne concessa. Alcuni vennero
sottoposti a pressioni, false promesse, altri a minacce e ricatti con
l'estorsione di dichiarazioni "desiderate", eccetera. I mass-media in
Serbia furono istruiti ogni giorno dal Governo. Ogni nuovo giorno
portava con se nuovi bersagli da attaccare; nominalmente, miravano alle
attività criminali, ma essenzialmente attaccavano gli oppositori
politici, imputandoli di false e mostruose accuse. I successori
politici di Djindjic volevano rimanere per sempre.
Si sbagliavano.

Un anno dopo tali eventi nulla è come prima. I principali protagonisti
di "Sciabola", quelli al vertice della democrazia blindata in Serbia,
per volontà del popolo sono stati rimossi dal principale teatro
politico. Le indagini annunciate probabilmente riveleranno i dettagli
riguardo l'abuso di potere durante tale operazione.
Democrazia significa legge del diritto. In un tale sistema non vi è
posto per "Sciabola". Miserabile è quella democrazia in cui i
principali investimenti sono dedicati alla costruzione di casematte
blindate invece che delle scuole e degli ospedali.

Uros Suvakovic, M.A.

(Fonte: Anti-imperialiste mailing list
http://chiffonrouge.org/cgi-bin/mailman/listinfo/anti-imperialiste
Traduzione di Alessandro Lattanzio, che ringraziamo.
Revisione del testo a cura del CNJ.)

"Erased". An answer to Franc Majcen

[ Risposta a Franc Majcen, iniziatore del referendum recentemente
tenutosi in Slovenia per formalizzare definitivamente la
discriminazione ai danni di 18mila persone: i cosiddetti
"cancellati"... ]


Dear Mister Majcen,

we absolutely disagree with your point of view.
The Yugoslav Army never attacked Slovenia. Quite on the contrary,
Slovenian separatists attacked the Yugoslav Army in order to secede
from the Federation. They did it with the malicious support of some
western countries, and against the own (Federal) Constitution, which
foresaw pacific procedures to grant "independence" to the "constitutive
Nations".
The attack by Slovenian separatists costed also the lives of several
young and innocent Slovenian soldiers within the Yugoslav Army.
SFRJ was not an "antidemocratic", neither an "antieuropean" nor a
"totalitarian" country. Those who abandoned brotherhood and unity are
the major responsibles for the bloodbath which followed Slovenian
"declaration of indipendence".
We would hope all "new independent Republics" from ex-RFSJ, and their
citizens, will live long in peace and prosperity; but we fear this
will be impossible. These are very small, weak countries, with no
economic and no politic power. You have now German investors on your
territory, and Italian military airplanes in you sky.
Is it really better now than before 1991?

National Coordination for Yugoslavia (Italy)

PS. The Balkans are within Europe, not outside; and Slovenia is within
both - has always been within, actually.


> Da: "majcenf"
> Data: Lun 24 Mag 2004 13:39:28 Europe/Rome
> A: crj-mailinglist-owner
> Oggetto:
>
> Lep pozdrav Franc Majcen 


Respected Citizens !

I am Franc Majcen from Gornja Radgona. As initiator of threefold
signing of petition for call for referendum about “the erased” I wish
to present my view of the process of solving of this problem. Problem
that didn’t exist was created and oversized by the politics of ruling
elite which wants to create new voters regardless of the price paid by
Slovene citizens. Decisions which jeopardize social security of the
citizens is unacceptable because this Act is rehabilitating the
speculators which didn’t respect Slovene law. Now, under the disquise
of rectification of injustice they want to recognize retroactively the
rights to those who are not eligible to that rights. It is not
acceptable to recognize retroactively the rights to those who left
Slovenia and emigrated, but after they found out their mistake they
returned. To present the departure with aggressor Yugoslav Army as
prolongation of service with old employer is contrary to any logic of
lawfulness.

It is also important to know that members and supporters of Yugoslav
Army were (and still are) the core of antidemocratic and antieuropean
political movement. They were the enforcers of totalitarian regime and
in every sense the opposers of democratic movements in Slovenia.

In the first place the promoters of such Act should understand the
concept of permanent residence. Permanent residence is not a human
right but the right which is acquired by the individual upon fulfilment
of certain obligations. This rights can be revoked if the law is not
observed. Therefore all the talking about human rights in this case is
baseless.
The Law is written agreement of the rules of behaviour. This Act in
this procedure is not agreement but the enforcement of the mode of
solution of the parliamentary majority to the opposition minority. This
means that parliamentary majority is imposing its solution on the way
of offending the minority and labeling it as xenophobic because of
opposition’s legitimate remarks about the Act in itself and because of
desire to grant the rights to the people that are not eligible to it.

I am convinced that the Act is not rectifying the injustices but is
rehabilitating the specolators who didn’t respect Slovene Law. The most
disputable is the a ruling of Constitutional Court that demands the
reimbursment of the rights to everybody. The Constitutional Court has
the role of determining the unconstitutional content of acts and laws.
The legal solution in Law is by the principle of division of authority
in the hands of parliamment which in such cases should obtain wider
consensus and not enforcing solution to the minority.

It is unacceptable that the Law is granting retroactively the rights
to the people that didn’t respect obligations by the Constitutional Act
which accurately prescribed the settlement of the status, the terms and
timetable. The period of 6 months was prescribed for settlement of
citizenship. Additional 2 months were available to those who didnc´t
arrange any status even after 6 months. Despite 8 months period 10% of
the residents from other republics of former state didn’t settle their
status. The fact, that thousands of invitations to arrange the status
were mailed and returned to the Registrations Offices with remarks
“unknown recipient”, is solid ground for a claim that those people
departed and emigrated from Slovenia. Such departure of the country
without preliminary notice of departure is in Law regulated as
cessation of permanent residence. Regardless to this all who didn’t
arrange their status till 26th February, 1992 were moved from the
register of permanent residents to the register of foreigners without
status. Even after missed period, all those who actualy lived in the
country had a possibility to settle their status under somehow more
strict conditions provided by the Foreigners Act from 1991. Those
conditions are not in clash with 32nd article of the Constitution which
asserts that it is possible to forbid the entrance into the country to
the foreigner and to limit the duration of stay. It is inadmissible to
subsequenty apologize for not respecting the Law with excuse that it
was weak and unconstitutional. Unconstitutionality of the Act needs to
be proved. Until then it is obligatory to respect the Law as it is
regardless on how it’s content.

Very important is to know that The Foreigners Act 1991 was accepted and
was valid 6 months before the Constitution was brought into effect.
That means that Constitution was in effect 6 months after Foreigners
Act. So it is futile to hold Foreigners Act unconstitutional.

Appealing on the ignorance of the Law can not be the pretext for
violating the law. To trespass the prescribed period has the
consequence of lossing he rights. This fact should be known by some
Slovene lawyers who defend such poorly written Act as it is presented
to the parliament. Despite the fact that they have twice written the
law that was rejected by the Constitutional Court, they are still
confident in their infallibility. The period for application for
granting rights is ten times too long. In addition, the fact that this
application will be proceeded by the Interior Ministry is a reason to
worry about. By my opinion the applications would be more promptly
solved by Registration Ofiices which are more closely involved in
certain problems. Such remarks on behalf of ill-written Act are
strictly ignored.

The rights of an individual are limited by the rights of others.
Therefore a granting of rewards for disobedience of the law is contrary
to international and elementary law. Disrespect of the law is not
rewarded by any law and appealing to international institutions is a
bad kind of pretending an ignorance.

Entirely oposing to international law is the fact that representative
of “the erased” ,Mr. Krivic, participated in drafting and forming this
Law. Balkan way of solving the problems “prosecutor is also the judge”
is not acceptable for Europe where Slovenia is heading. Manipulation
with human rights and insulting with faschist titles is cheap seducing
of the public and creation of new voters regardless of the price to be
paid by the citizens of Slovenija in the case that proposed law come
into effect.

The decomposition of social order is not permissible by the
Constitution. Therefore the proposed solution is not acceptable in this
respect. Ignorance of the question of compensations is a special case.
How is it possible to promise a solution to be drafted after the amount
of compensations will be due to payment, if the amount is available
today taking into account the claims of the representative of “the
erased” of 150.000 SIT monthly for past 10 years? What is the reason of
firefighting after the house is burnt down?

Those facts should be taken into accont by the members of the
parliament and find the solution acceptable for Slovene citizens and
put it into the Constitutional Act. This is the only way to avoid
further politization of the problem and to avoid intolerance. If they
are aware that they are representatives of all citizens they must find
acceptable solution.

Thank You.

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This is translation of interview with initiator of request for
referendum Franc Majcen for Vecer newspaper on 4th of October 2003.

Speculations didn’t succeed

Franc Majcen from Gornja Radgona has put in an application for
referendum on the case of “erased”, because he thinks that the “erased”
are to blame for their situation and now they want to get rich by
speculations.

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Vecer newspapers : Mr. Majcen do you think that injustice happened to
“erased”?

Majcen : “I think of another question : why 190.000 people could arrang
their status and why those 18.000 didn’t do it ? I am convinced that
the major contribution came from their sense of superiority,
humiliating stance against Slovenian nation and belief that
independence movement will fail. This speculation didn’t succeed. I am
sure that in 99 percent they must blame themselves for their present
situation. Many of them left Slovenia together with Yugoslav army, then
they returned and started to lament about their fate.”


“Erased” truly didn’t appealed for citizenship, therefore they should
became foreigners with permanent residence as Chinese in Yugoslavia
became an foreigner in Slovenia.

“A Chinese had a valid documents but these people should start to
arrange their documents. This was obligation by law at that time. Why
didn’t they arrange their documents?”

Because they could not do it immediately. After “erasure” they should
temporarily reside for 8 years to get permanent residence. But to apply
for temporary residence you must leave Slovenia to foreign country
where you aply for permission and wait some years. Some commited
suicide because of harsh formal procedures.

Suicide is not related to “erasure” but to distress in which a man is
involved in certain moment. Slovenes also commit suicides.
Statistically it is clear that more Slovenes die of suicide than of
traffic accidents, but nobody asks why.

From your initiative for referendum it seems that you like to punish
all those that departed Slovenia with Yugoslav Peoples Army. But only
those who commits criminal offence can be punished.

This is not a punishment. Presidency of Slovenia issued repeatedly an
invitation to those people to join Teritorial Defence. Nobody was
forced, everyone left voluntarily. Those people left their families
because of their career.

How do you know why they left Slovenia?

This is widely known. They publicly threatened that they will return.
They had a chance to change sides but they refused. Those who left
speculeted that independence of Slovenia will not succeed. They were
convinced that they will victoriously come back. Now these people
request monetary compensation from Slovenia.

Do you know that among “erased” there are members of Teritorial Defence?

I say that to those who experienced injustice there should be
recognition of injustice, but not to those who speculate. There is
certainly an injustice in the case of members of Teritorial Defence.
But that is not the case for those who left Slovenia because of career.
What kind of moral did they have to leave the family if they were
afraid?

Probably you can’t know what did they mean. For this reason we have a
law which says that we can punish people for what they do notfor what
they think. Even if they were against independence and they thought
that independence will fail, this is not a reason for canceling of
permanent residence.

The Constitution itself prohibits the spreading of hatred and calling
for war. This is what they violated with their military actions. The
canceling of permanent residence is not punishment. This is legal
consequence of their departure. The foreigner which moves out –
Yugoslav army moved out – must report this to competent authority, else
the permanent residence ceases. Why didn’t they report?

Because they didn’t want to leave, they wanted to stay.

If they wanted to return they should report departure by current law.
But they speculated, they knew very well for all the consequences.
Billions of dollars worth of material, weapons and everything possible
they removed from Slovenia, now they want to get compensations. What is
the logic of that? Let them request the compensations from those to
whom they gave all that wealth.

But this was done by army, ordinary soldiers are not responsible for
that.

In Slovenia the Yugoslav army disintegrated and capitulated. Nobody had
any authority to influence those soldiers. Yugoslav army coldn’t exert
any influence because it capitulated. They left voluntarily.



Borut Mekina

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