Informazione



Le ONG umanitarie (1). Il complesso industriale dei diritti umani

MARIA GRAZIA BRUZZONE   @MAR__BRU
07/05/2017

Non sappiamo se vi sia stata o meno collusione con scafisti o trafficanti di profughi da parte di qualche Ong. Scoprilo e sanzionarlp spetterà alla magistratura e soprattutto alla politica, magari con l’aiuto dell’intelligence e di Frontex – dai quali sembrano provenire le intercettazioni di cui si parla. 
 

 
Frontex già a fine 2016 aveva segnalato preoccupazioni su alcune Ong ( quidal FT e qui), dopo che il sito GEFIRA aveva monitorato ivimenti di navi di Ong umanitarie che si avvicinavano molto alle coste libiche e sgnalato contatti sospetti cona terraferma (qui il post e video).  
Se l\'operazione Mare Nostrum fosse continuata, estesa ad altri Stati europei, invece di delegare compiti forse eccessivi a Ong, senza regole certe né finanziamenti trasparenti, tanti problemi si sarebbero potuti evitare. Ma si sa, su immigrazione e rifugiati l\'UE è assente. 
 

  

Qui tuttavia vogliamo solo tentare di far luce in generale sulle Ong umanitarie, quanto meno le più importanti, che negli anni hanno acquisito un nuovo ruolo di prolungamento delle politiche delle democrazie occidentali: sorta di PR, casse di risonanza, con l’aiuto dei media,  delle narrazioni che ne supportano la geopolitica e  sempre più legate ad istituzioni e governi - in testa quello americano - da loro finanziate insieme a privati e filantropi apparentemente disinteressati.  
Parte integrante del cosiddetto Soft power Smart power.  

  

Un intreccio dove un posto non di poco rilievo gioca il controverso finanziere George Soros con la sua Open Society Foundations , campione della Società Aperta globalizzata, che di Ong ne finanzia a centinaia e il cui interesse anche nella politica globale di migranti e rifugiati è lui stesso a spiegare come vedremo in un post successivo.  
L’incontro recente fra Soros e il presidente del Consiglio Gentiloni a palazzo Chigi, non sappiamo chiesto da l’uno o dall’altro, potrebbe costituire una ulteriore conferma.  

  

Di tutto questo si parla assai poco nel circuito mediatico mainstream.  
“La narrazione culturale classica appare del tutto innocente: miliardari caritatevoli, politici illuminati, società transnazionali, istituzioni pubbliche insieme a legioni di volontari lavorano insieme in nome della giustizia sociale per forgiare un mondo migliore,  aiutando i diseredati, difendendo i diritti umani contro genocidi e crimini contro l’umanità”.  
Una retorica cara specialmente alla sinistra democratica che ad un esame più approfondito presenta varie falle .  

  

Lo scriveva qualche mese fa un post intitolato Smart power & The Human Rights Industrial Complex,   allusione al cosiddetto complesso militar-industriale a cui finiscono per far gioco - consapevolmente o meno – tante Ong, a partire da alcune delle più note come Amnesty International e Human Wight Watch (HRW), dove i conflitti di interesse e intrecci finanziari e politici appaiono palesi.  
 E lo  testimoniava anche un post francese che già nel 2010 prendeva di mira tre Ong (di nuovo AmnestyHRW più FIDH- International Federation for Human Rights) in relazione agli interventi di Parigi in Mali, in un post intitolato Guerre de l’information. Au dessous del ONG, une vérité cachée.  

  

L’autore del primo post è Patrick Henningsen, scrittore e giornalista investigativo, fondatore  di 21st Century Wire -  sito associato all’alternativo Inforwars , scrive il Guardian,  e collaboratore di Russia Today   (il post è stato comunque rilanciato da un sito britannico e da Global Research).  

  

LA MUTAZIONE NEL XXI SECOLO  
“Sebbene tutte le Ong umanitarie si presentino come neutrali e non partigiane, la realtà è spesso diversa …. 
“Un aspetto difficile nell’analizzarle è che nella maggior parte di esse lavorano individui ottimi, ben educati, grandi lavoratori, molti dei quali sono spinti da vero altruismo e dalle migliori intenzioni. Per lo più sono inconsapevoli o disinteressati a chi finanzia le loro organizzazioni e cosa significhino tali legami finanziari per quanto concerne aspetti geopolitici o conflitti militari.” 

  

“E’ certo vero che negli anni campagne sincere e dedicate hanno aiutato a liberare individui ingiustamente imprigionati e ottenuto processi e giustizia. Come è vero che molte organizzazioni hanno contribuito a prendere coscienza su molti importanti temi sociali e ambientali”. 

  

Ma “a causa dell’accresciuto finanziamento da parte di interessi corporatee a legami diretti con governi e think tanks politici negli anni recenti queste organizzazioni sono diventate sempre più politicizzate e più strettamente connesse agli ‘agenti di influenza’ occidentali.   Col risultato che queste organizzazioni per i ‘diritti umani’ rischiano di contribuire ai problemi che credono di voler eliminare, attraverso la loro spesso involontaria ‘complicità’ nel sostenere obiettivi di politica estera di Washington, Londra, Parigi e Bruxelles” .“Il problema è sistemico e istituzionale”.  

  

“Quello che nel XX secolo era una sorta di appendice di un emergente movimento progressista internazionale si è rapidamente espanso nel XXI secolo come un ‘terzo settore’ internazionalizzato multi-miliardario supportato da alcune delle corporations transnazionali leader nel mondo. Un impressionante labirinto, guidato da organizzazioni come Amnesty,   e HRW.  Ciascuna di queste organizzazioni ha legami diretti con governi centrali e, forse più sorprendentemente, collegamenti che conducono al cuore del [cosiddetto]complesso militar-industriale. Di qui l\'espressione \"Complesso industriale dei diritti umani\".  
Fa eco il post francese citato: “Infiltrate da rappresentanti governativi, prendendo parte a certi conflitti e ignorandone altri: in filigrana si disegnano i c ontorni di una strategia che è il riflesso della politica dei dipartimenti di affari esteri. Certi governi, come quello degli Stati Uniti del resto non si nascondono questa strumentalizzazione delle Ong ‘non governative’. L’ex segretario di Stato Colin Powell in un discorso indirizzato alle Ong all’inizio dell’Operazione Enduring Freedom  (l’invasione dell’Afghanistan) nell’ottobre 2001, anno cruciale,  dichiarava: ‘Le Ong sono un moltiplicatore di forza per noi, una parte estremamente importante della nostra squadra combattente’ ” .  

  

Una dichiarazione, quella di Powell,   che si può accostare a quella, molto citata dai siti alternativi, dell’ex comandate Nato Gen. Wesley Clark che sei anni dopo, in un discorso pubblico, citava una conversazione al Pentagono proprio del 2001 e un memo del Segretario alla Difesa secondo il quale nei successivi 5 anni gli Usa avrebbero attaccato e distrutto i governi di 7 paesi : Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, Iran. En passant sia il Generale Clark che Soros figurano nel board of trustees dell’ International Crisis Group
 

  

ESEMPI di allineamento .  
Il post francese punta il dito su report di Amnesty e HRW che hanno denunciato uccisioni e nefandezze da parte di truppe del Mali, di fatto accusando anche gli alleati  Francesi di quelle milizie, con lo scopo di allontanarli da quel territori, si affermava, per lasciare campo libero a interventi di altri (leggi US/Nato). 

 
Nel 2012  il \'caso Kony\'.  Da un video presto virale negli Usa che accusava Joseph Kony, leader della Lords Resistance Army prende il via una campagna mediatica sulla necessità di un intervento occidentale per salvare bambini africani in pericolo. A promuovere la campagna è la Ong Invisible Children,che raccoglie finanziamenti anche nelle scuole. Kony in realtà non lo si vedeva in giro da anni. Ma Obama ha la scusa per dispiegare militari in Uganda ed espandere l’Africom.  
Sempre nel 2012 è Amnesty a lanciare la campagna Diritti umani per le donne in Afghanistan dove è in corso l’intervento  Usa /Nato. “ Keep the progress going”,   è lo slogan che accompagna immagini di donne in burqa azzurro. E’ la prima ‘guerra femminista’, ma nessuno scandalo fanno le 9000 vittime, molte civili (poi cresciute di numero).  
Nel 2011 un report su soldati Libici ‘drogati dal Viagra’ che violentavano le donne – rivelatosi fake – sembra validare la propaganda sulle ‘atrocità delle milizie di Gheddafi contribuendo a sollecitare l’intervento ‘umanitario’ Nato in Libia . La richiesta della no fly zone permette di bombardare l’esercito libico e far fuori il raiss.  


 
Report dimostratisi fake ce ne erano già stati in Iraq - militari di Saddam avrebbero rubato incubatrici dal Kuwait lasciando morire neonati, testimonianza di un dottore della Mezzaluna Rossa ‘verificata’ da  Amnesty; l’uranio yellow cake arrivato in Iraq per sviluppare le armi di distruzione di massa. E in Siria: il rapimento di un giornalista NBC da parte dei miliziani pro-Assad, liberato dai ‘moderati’ del Free Syrian Army;  le ‘barrel bombs’ sganciate a Kobane, col direttore di HRW Ken Roth che ha twittat immagini in realtà riferite a Gaza.  Tutti falsi.  
 L’attacco al sarin di Damasco nel 2013 venne attribuito anche quello ad Assad, come riferito da HRW alla CBS. Accuse in seguito contestato da molte fonti autorevoli che hanno  invece accsato i ‘ribelli’.  Il sarin - l’avrebbe loro fornito la stessa Hillary Clinton allora titolare degli Esteri per incastrare Assad, ha scritto il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersch in un post tradotto da vocidall\'estero. Probabili fake anche i video impressionanti e le foto prese altrove.  

  

La Siria dove la guerra perdura  è una miniera di report,  e di fake. 
Il ‘caso Caesar’, esploso due giorni prima dell’inizio di colloqui di pace in Svizzera, dal nome in codice di un presunto fotografo siriano che avrebbe documentato con 55.000 foto torture ed esecuzioni su scala industriale di detenuti da parte di Assad. ‘Verificate’ da HRW, metà si rivelano foto di soldati morti sul campo. Dubbi sulle altre, c’era di mezzo la CIA.  
Il report di Amnesty sulle atrocità compiute dalle milizie governative, con accuse di violazione della legge internazionale sui diritti umani e crimini contro l’umanità . Un post documentatissimo di Tim Hayward, docente all’università di Edimburgo e direttore di Ethic Forum e Just  World Institute fa le bucce ai metodi adottati da Amnesty , che non soddisfano i loro stessi criteri. 
 

 
Il medesimo autore in un altro post punta il dito su Médicins Sans Frontièresche in un report   ha accusato il solito Assad di aver bombardato ospedali e civili. In realtà MSF non era sul campo – si trovava fra i ribelli da loro protetta – e si è basata sulla testimonianza dei White Helmets.  
 Gli stessi Caschi Bianchi sono la fonte della notizia del recente attacco chimico (al sarin? al cloro?) ad Idlib. News divulgata per primo dal Syrian Observatory on Human Rights  e poi da tutti i media, compresi i nostri, a base di foto e video fake  ad opera dei White Helmets, come  confermano medici di una Ong svedese.  

  

Del resto le principali Ong umanitarie, che già nei \'90 avevano appogiato la partizione dell\'ex Jugoslavia, sostengono apertamente il regime change in Siria come in Libia, Ucraina e Yemen. In Siria presentando subito il conflitto come ‘guerra civile’, Ong umanitarie e media hanno fatto la loro parte nel divulgare un’importante narrazione della politica estera occidentale che ha impedito di conoscere la realtà, molto più complessa, e le complicità di Usa, Turchia e alleati.  

  

FINANZIAMENTI  
Follow the money, scrive Henningsen, secondo il quale molte di queste entità ricevono grandi quantità di finanziamenti dalle stesse fonti, corporations transnazionali.  Quali? Un elenco dettagliato dei donatori in realtà non esiste,  e il finanziamento delle varie ONG è da sempre opaco, come denuncia anche il post francese.  Vale anche per le maggiori, Amnesty Intl , HRW e la stessa FIDH, la più antica. Malgrado la loro fama e i riconoscimenti da parte di ONU, Unesco, Europa. E vale anche per Médécins Sans Frontières,  Save the Children ecc. 
 

  

Fra i privati ai nostri post non  resta che segnalare il ruolo di finanziatore di George Soros. Sia Amnesty Intl sia HRW hanno ricevuto ciascuna  $100 milioni, riferiscono i due post pur . L\'impegno di Soros a versarli a HRW  è del 2010 ( vedi anche qui)
 

  

Il molto discusso finanziere di origine ungherese, che nel 1992 atterò sterlina e lira con le sue speculazioni causando perdite ingenti ai due governi, e in Francia è stato addirittura processato per insider trading ai danni di SociétéGénerale, è molto più di un semplice donatore. Attraverso la sua Open Society Foundations sostiene una rete di centinaia di ONG che operano negli Usa e in tutto il mondo coprendo un enorme spettro di attività e obiettivi spesso apertamente politici.   Lo vedremo più avanti.  

  

Più trasparenti, abbiamo verificato, sono i finanziamenti pubblici alle organizzazioni umanitarie, monitorati da Globan Humanitarian Assistance – GHA che pubblica ogni anno un rapporto. Ma complessivo, senza citare alcuna Ong in particolare.  

  

Dal rapporto del 2015 si apprende che l’assistenza umanitaria nel mondo nel 2014  ha potuto usufruire di ben $24.5 miliardi, in crescita sull’anno precedente. Il 2013 è stato un anno di grandi trasferimenti di persone da Medio Oriente e Africa (12.3 milioni di profughi dal M.O., più degli 11.8 mil dal Sud Sahara), a ciò viene attribuita la crescita altissima di donazioni da parte di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti -UAE, diventati il 6° e il 15° donatore (+219% e + 317% rispettivamente. Che è una notizia.  

  

Chissà se il recente protagonismo dell’Arabia Saudita è da mettere in relazione con la sua elezione nel prestigioso Human Rights Council  dell’ONU (UNHRC), attraverso una negoziazione col Regno Unito, entrato nell’organismo internazionale insieme all’Arabia che poi ne ha addirittura conquistato la presidenza. Con un passaggio di soldi e favori fra i due Stati, ha raccontato il Guardian che parlava anche di una donazione araba di $1 milione all’UNHRC.  Molto recentemente l’Arabia Saudita, dove alle donne velatissime è persino vietato guidare l’auto, è diventata membro anche della Commissione ONU per i Diritti delle Donne, suscitando ovunque ilarità e sdegno.  

  

Nella mappa interattiva  del GHA con i contributi di tutti gli stati e dell’UE,svettano gli Usa, con $6 miliardi. Molto staccati gli europei, a parte GB ($2,3mld) che versa quanto le istituzioni UE e Germania ($1.2mld). Seguono i paesi nordici. L’Italia con i suoi miseri $378 milioni, è quasi alla pari dell’UAE , ma la Francia è a quota $472 mil, la Spagna si ferma a $220 mil. 
 
Si precisa inoltre che di tali finanziamenti, soltanto lo 0,2% va a finire a Ong locali e il 3.1% a governi di stati ‘bisognosi’.  
Il rapporto poi, pur molto ampio, si riferisce soltanto a finanziamenti pubblici in generale, non alle istituzioni di ciascun paese.   

  

La FIDH per esempio, la più antica Ong internazionale che difende tutti i diritti, umani, civili, politici, economici, sociali, culturali e tiene insieme qualcosa come 178 organizzazioni di 120 paesi, riceve fondi dal Dipartimento di Stato Usa attraverso il NED – National Endowment for Democracy, organizzazione bipartisan nata nel 1983 per ‘promuovere la democrazia nel mondo’ finanziata dal Congresso.   

 
Quanto a Médécins Sans Frontières, secondo un rapporto del GHA citato nel 2010 da Libération intitolato “Finanziamenti privati: una tendenza emergente negli aiuti umanitari, quell\'anno figurava al secondo posto delle più importanti Ong umanitarie in termini finanziari, con $1 miliardo di donazioni   ricevute. Fondi che superavano quelli degli aiuti del Regno Unito. In generale i finanziamenti privati erano saliti dal 17% nel 2006 al 32% nel 2010 ma per MSF rappresentavano il 90%. Chi fossero i donatori non viene detto. 
 

 
Recentemente, riferisce nel 2016 Le Monde MSF ha rifiutato €62 milioni da parte di istituzioni e paesi UE perché non condivideva la linea che si oppone all’accoglienza dei profughi. Cruciale è stato l’accordo con la Turchia, fortemente criticato dalla Ong francese. Nel 2015 aveva ricevuto 19 milioni  dalle istituzioni UE e 37 milioni da undici stati dell’Unione, più 6.8 milioni dal governo Norvegese.  MSF rifiuta anche quelli per il suo lavoro con Frontex . 
 
MSF figura nella lista ufficiale dell\'OSF delle Ong \'partners\' della Open Society Institute  di George Soros.  Non è specificato quali partners ricevano anche finanziamenti. 
 

E PORTE GIREVOLI.  
“Non è un segreto che ve ne siano fra il Dipartimento di Stato e molte delle le principali Ong occidentali per i diritti umani” scrive Henningsen.  

  

Il caso più clamoroso è quello di Suzanne Nossel, una delle sostenitrici delle cause umanitarie di più alto profilo a Washington, transitata direttamente nel 2012 dal posto di vice Segretario per le Organizzazioni internazionali al Dipartimento di Stato, assistente personale di Hillary Clinton ministra degli Esteri,  alla poltrona di direttore esecutivo di Amnesty Intl -Usa. Già capo operativo di HRW, vice presidente per la strategia e le operazioni al Wall Street Journal e consulente per la comunicazione e i media per McKinsey & Co, membro e finanziatore del Council of Foreign Relations, di cui Nossel è senior fellow. Con la Clinton Nossel era responsabile per i diritti umani multilaterali (qui la sua bio), vicina ai ‘falchi’ Samantha Power e Susan Rice e al meno noto Atrocity Prevention Board, comitato inter-agenzie che comprende anche funzionari dell’intelligence.  

  

“Nossel  è stata un elemento chiave, rappresentando un ponte per aiutare a progettare  a livello internazionale la comunicazione politica americana attraverso la Ong Amnesty” .  A lei si deve l’invenzione dell’espressione “ Soft Power”-  il modo ‘dolce’ di imporre il potere contrapposto alla modalità ‘hard’, militare –   cavallo di battaglia  della presidenza Obama.   ‘Washington deve offrire una leadership assertiva – diplomatica, economica e non ultima, militare – per portare avanti uno spettro di obiettivi: autodeterminazione, diritti umani, libero mercato, legalità, sviluppo economico e l’eliminazione di dittatori e armi di distruzione di massa’, ha scritto Nossel  a proposito dei compiti dei politici progressisti nel XXI secolo.  

  

Dopo Amnesty Nossel è diventata ed è tuttora direttore esecutivo del PENAmerica Center, la storica, influente associazione di scrittori e editori con diramazioni internazionali in 101 paesi. Scrittrice e blogger lei stessa, continua il suo attivismo per i diritti umani, sostenendo boicottaggi ad es dell’Iran o contro la partecipazione ai Giochi Europei, ‘consigliando’ agli Stati di fare altrettanto ( qui una bio di Nosselqui un post sul doppio standardadottato) 
 

  

Alle porte girevoli fra governo Usa e Human Wright Watch è dedicato un intero post di Countepunch (2014) in forma di lettera aperta al direttore Ken Roth (quello delle foto fake in Siria prese da Gaza, vedi sopra).  Per esempio Miguel Diaz, ex analista CIA cooptato nel board dei consulenti, poi tornato al Dipartimento di Stato come interlocutore fra intelligence ed esperti non governativi. Simile il percorso di Tom Malinowski, già direttore di HRW- Washington. E che dire di Mr Steinberg, passato da HRW alla poltrona di assistente di Samatha Power, ambasciatrice Usa all’ONU e noto falco .  Sono solo alcuni casi, scrive Counterpunch, che racconta varie prese di posizione contraddittorie della ong, per es. sulle renditions – detenzioni lunghe senza processo sotto Obama sulle quali HRW ha taciuto dopo aver denunciato quelle di Bush.  O le denunce contro Cuba e il Venezuela, ma non delle atrocità ad Haiti dopo il colpo di stato promosso dagli Usa.  

  

Notevoli anche   gli intrecci politici di AVAAZ, Ong internazionale fondata nel 2007 da ResPublica Move.on (l’Ong di azione politica online degli attivisti Dem che riceverebbe fondi direttamente da Soros) sotto l’ombrello dell’ OSF del magnate, i cui fondatori hanno avuto tutti relazioni con ONU e Banca Mondiale, scrive Henningsen.   AVAAZ, che vanta 7 milioni di membri nel mondo e nel 2009 ha dichiarato di ricevere solo microdonazioni da simpatizzanti, opera con la società di PR Purpose , orientata al business; insieme usano i social media per campagne politiche ‘dal basso’ che preparano il terreno per programmi del FMI o della Nato, come sanzioni o interventi militari (vedi anche qui un post italiano). 
 
AVAAZ - secondo GEFIRA - avrebbe donato $500.000 al MOAS - Migrants Offshore Aid Station, l\'Ong maltese fondata nel 2014 dalla coppia italo-americana Catrambone ale centro delle polemiche di oggi sui salvataggi di migranti dalla Libia. 
 

  

A ricevere sostegno sostanziale dal Foreign Office britannico, oltre che fondi dalla UE , è il discusso SOHR – Syrian Observatory for Human Rights, distintosi nel fornire spesso informazioni ai media sulle presunte atrocità commesse dall’esercito regolare siriano (vedi sopra : era anche la fonte delle notizie sull’ultimo attacco chimico a Idlib.) Nata nel 2006, SOHR in realtà fa capo a un unico individuo, un siriano dissidente  di nome Osama Ali Suleiman ma noto come Rahmi Abdul Rahman che vive a Londra in un mini-appartamento di Covent Garden. 


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Le ONG umanitarie (2). La rete di George Soros

MARIA GRAZIA BRUZZONE      @MAR__BRU
07/05/2017

Il molto discusso magnate, filantropo investitore di origine ungherese, che nel 1992 atterò sterlina e lira con le sue speculazioni, poco amato in Francia dove è stato processato per insider trading ai danni di Société Génerale, è molto più di un semplice donatore di ONG e promotore dei diritti umani ( qui il Soros benefattore raccontato da lui stesso). 
 
Attraverso la sua Open Society Foundation sostiene una rete di centinaia di Ong che operano coprendo un enorme spettro di attività e con obiettivi spesso apertamente politici negli Usa e nel mondo. E collegamenti con i media .  
Proprio per questi motivi di lui e delle sue Ong si finisce per sapere di più, per via dei molti leaks, ultimi i DCLeaks, oltre che attraverso la stessa OSF e il suo braccio europeo, l\' Open Society Policy Institute.   
 
E’ un labirinto dove non è facile districarsi.  

  

LA RETE USA. Un post di Discover The Networksapparentemente del 2011, pubblica un nutritissimo elenco delle Ong finanziate direttamente dalla OSF di Soros e in coda un gruppo più limitato che ricevono soldi da alcune delle prime.  Leggendo le brevi spiegazioni accluse a ogni titolo, par di capire che si tratta di Ong che operano fondamentalmente negli Usa.  
Da un post 2011 (linkato), di sorosfiles.com (sito di due documentatissimi attivisti diventati anti-Soros) si arriva a un elenco più limitato delle prime 150 Ong, con  indicate anche le somme versate a ciascuna, ma solo dal 2005 al 2009.    

  

Scorrendo le liste salta agli occhi come tali Ong portino avanti tutti i temi di punta dei Democratici e/o sottendono fette di elettorato tradizionalmente Dem: anti-militarismo, contro la tortura, il razzismo e in generale contro l’agenda conservatrice; a favore di Palestinesi e Castro, pro-latinos, pro-musulmani,  e pro  immigrati e loro diritti; più, ovviamente, clima, ambiente, lavoro, diritti delle donne e LGBT, sanità, educazione, riforma della legge sulla droga - questa al secondo posto nei finanziamenti. Al primo posto una Ong sui media, con  $15 mil ricevuti 2005-09.   Tutti temi in sé cari ai sinceri democratici e progressisti, americani e non solo, per lo più fatti propri  dai media mainstream. Schierati – come Soros- contro gli argomenti nazionalisti, anti immigrati e anti musulmani della destra di Trump.  

  

Soros filantropo ‘di sinistra’ disinteressato?   Vediamo.  
Un altro post di sorosfiles non solo conferma quel che appare intuitivo: che il miliardario con la sua fondazione – oltre a finanziare direttamente il partito dell’Asinello, che figura nella lista - è diventato una potente macchina di creazione del consenso a favore dei Democratici . 
 

  

Ma il post va oltre e spiega gli strettissimi legami, politici ed economici fra il finanziere e Obama (non personali, riteniamo). Racconta come da documenti erariali del 2010 Soros avrebbe (noi usiamo il condizionale) espanso il suo impero negli Usa usufruendo di fondi della legge che varava aiuti all’economia nota come ‘Obama stimulus’.    

  

La OSF insomma – sintetizziamo - usava i beneficiari delle sue Ong per fare lobbying e acquisire contratti pubblici legati alla formazione, la green economy ecc. . Portando avanti i temi Dem e conquistando elettori al partito mentre allargava la propria influenza, guadagnandoci pure sopra.  

  

Che Soros abbia sostenuto fortemente Hillary Clinton alle ultime elezioni è del resto noto. D’altra parte sul fronte opposto, quello della destra repubblicana di Donald Trump, con il sostegno di altri miliardari come i fratelli Koch e i Mercer e di think tanks conservatori, si è dato vita a una rete non così fitta ma aggressiva e alla fine vincente, come si è visto ( qui e qui Underblog).  

  

La RETE ESTERA. Già nella lista citata spuntavano alcune Ong attive fuori dagli Usa: il ministero dell’Educazione della Liberia, l’Università Europea di San Pietroburgo, la Baltic American Partnershipche gode anche di finanziamenti dell’USAID, braccio semipubblico della CIA nel mondo . E l’International Crisis Group, citato sopra, che ha come scopo \"la ricerca e il sostegno nelle crisi e nei conflitti armati\", si legge enigmaticamente in un\'altra lista, questa ufficiale dell\'Open Society Institute a proposito delle partnership dell\'organizzazione. 
 

 
Numerosissimi i partners citati, dalla Banca Mondiale a WHO, UNICEF, UNESCO, OSCE, UE, Consiglio d\'Europa; e organizzazioni governative, governi, fondazioni private americane ed europee, istituzioni educative e università (fra queste Columbia, Oxford, Cambridge, Ottawa, Maastricht University). 
 
Tra le Ong partner figurano anche HRW, Médécins sans Frontières, il sito di analisi politica Project SyndicateRefugee International, per \"l\'assistenza e la protezione dei rifugiati\"; le branches locali di Transparency International contro la corruzione, e Policy Association on Open Society per \"promuovere la democraziona nell\'Est Europa e ex Urss\".  Esempi dall\'elenco di per sè parziale, ammette  la fonte. 
 

  

Nutrito l’elenco delle Ong finanziate dall’OSF fino al 2014 emerso dai DCLeaks nel 2016, a cui rimandiamo.  The Saker (sito vicino alla Russia) che ne pubblica una parte ne sintetizza gli obiettivi attraverso le parole chiave: diritti umani, delle donne e LGTB, notizie alternative (pur avendo ottimi rapporti con i media mainstream, osserva il post), uguaglianza di genere, minoranze, democrazia. E immigrazione. \"In pratica cercano di influenzare gruppi di sinistra, governi femministe, migranti, gypsies, giornalisti nonché partiti nuovi (citati il M5S, Podemos e Syriza - ?!?). Deprecano la destra, il fascismo, la Russia, l’Ungheria di Orban, qualsiasi cosa resista all’UE\".  The Saker elenca anche varie tecniche di influenza.   

  

Nell’elenco molte Ong che operano in Europa, specie nell’Europa dell’Est, prima la Polonia,  e una dozzina  specificamente ‘Europee’, più Transparency Intl- Liaison Office to UEYoung European Federalists, e Alter EU, presente nei 28 paesi UE,  per conquistare alle idee a ai valori di OSF i candidati all’Europarlamento.  

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http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/09/04/polonia-pretese-storiche-questioni-attuali-095283

Polonia: pretese “storiche” su questioni attuali


di Fabrizio Poggi, 4 settembre 2017

Il governo polacco stanzierà 30 milioni di euro per la costruzione di una barriera di 730 km, al confine con l’Ucraina, che impedisca l’accesso a cinghiali e maiali selvatici portatori della peste suina, il cui virus è stato riscontrato in una decina di aree ucraine. 

Forse anche per far fronte alla spesa, Varsavia sta sempre più insistentemente sollevando la questione delle “riparazioni di guerra” con Germania e Russia. Quest’ultima, dicono a Varsavia, quale “erede legale della Russia sovietica”, è addirittura chiamata a pagare i 30 milioni di rubli in oro che la Russia di Lenin avrebbe dovuto versare alla Polonia in base all’accordo di pace di Riga, sottoscritto nel 1921 alla fine della guerra russo-polacca. A Mosca si dice che le chances polacche di vedere quella somma sono pari a zero.

Per quanto riguarda la Germania, il Bundestag ha ribadito che non esistono basi giuridiche perché la Polonia possa pretendere le riparazioni per la Seconda guerra mondiale. Deutsche Welle scrive che in fase di messa a punto dell’accordo del 1990, la Polonia, “con tacita rinuncia, non aveva presentato richieste di riparazioni”: pertanto, le rivendicazioni polacche avevano perso forza giuridica, al più tardi, al momento della firma di quell’accordo. Oltre alla scadenza dei termini per la presentazione di richieste, nota DW, il Bundestag ribadisce la posizione del governo tedesco del 1999, in cui si parla di “perdita di territori e proprietà”, “termine superiore ai 50 anni dalla fine della guerra” e “Accordo 2+4”, in riferimento all’accordo sulla “Risoluzione definitiva della questione tedesca”, firmato tra RFT e RDT da un lato e Francia, Gran Bretagna, URSS e USA dall’altro e in cui si parlava anche delle questioni territoriali tedesco-polacche. Berlino respinge anche eventuali pretese avanzate da privati cittadini polacchi. 

Da diverse parti si nota come, se Varsavia non riconosce oggi gli accordi sottoscritti nel 1953 tra RDT e Repubblica Popolare di Polonia e non si riconosce dunque erede di quest’ultima, ciò equivale a mettere in dubbio anche le proprie attuali frontiere, con i territori ex tedeschi acquisiti alla fine della guerra, in particolare, gran parte dell’ex Prussia orientale. In effetti, Varsavia non è disposta a rinunciare a quanto acquisito a ovest e a nord, a spese della Germania, grazie agli accordi di Jalta e di Potsdam, ma non nasconde affatto le proprie pretese su quanto “perduto” a sudest, coi territori occupati nel 1921 proprio grazie all’accordo capestro di Riga e tornati all’Ucraina nel 1939. Sembra addirsi alla Polonia odierna, osserva Balalaika24.ru, la definizione datale a suo tempo da Winston Churchill, quale “iena d’Europa”, in riferimento ai suoi tentativi di strappare pezzi di territori vicini.

Per quanto riguarda le “riparazioni” russe, a Varsavia si sostiene che “anche i russi portano la responsabilità di quanto hanno fatto in Polonia” e, vaneggiando sulla grandezza polacca, si blatera sui trilioni di zloty spesi per la ricostruzione al termine della Seconda guerra mondiale: “immaginate che avremmo potuto spendere quei soldi per lo sviluppo del paese e non per la sua ricostruzione. La Polonia sarebbe oggi due volte più potente, noi guadagneremmo due volte tanto, come in Occidente”. Poveri polacchi!

Da Mosca, il responsabile per le questioni giuridiche con la UE, Aleksandr Treščëv, ha dichiarato che, in base a “varie risoluzioni ONU e al diritto internazionale, è semmai la Russia che potrebbe pretendere riparazioni dalla Polonia per quanto fatto a vantaggio di questa nell’ultima guerra: per far questo, non sono ancora scaduti i termini, mentre dalla pace di Riga sono trascorsi quasi cento anni”. Il vicepresidente della Commissione esteri del Senato, Vladimir Džabarov, ironizza che, seguendo la logica polacca, Mosca potrebbe pretendere riparazioni dalla Polonia per l’invasione del 1612 e dalla Francia per il 1812. “Queste dichiarazioni sono solo sciocchezze” ha detto Džabarov; “Sembra che l’attuale governo polacco non abbia prospettive, sia troppo nazionalista e non capace di compromessi. Lo hanno già capito in Europa e cominciano a preoccuparsi di Varsavia”.

A questo proposito, tutti i media internazionali sottolineano il recente battibecco tra Emmanuel Macron, che ha parlato degli “errori commessi dal governo polacco” – sulla questione del rifiuto di accettare le “quote” migratorie – e la premier polacca Beata Szydło, che ha consigliato a Macron “di pensare agli affari del suo paese” e lo ha accusato di “arroganza” e di cercare di “eliminare uno dei pilastri della UE”, dopo che il presidente francese aveva dichiarato che “la Polonia non decide oggi il futuro dell’Europa e non lo deciderà nemmeno in seguito”. Ovviamente, nota Politkus.ru, Bruxelles non ha intenzione di entrare in aperto conflitto con Varsavia, quando sullo sfondo c’è un confronto geopolitico ben più importante con la Russia.

E, comunque, in qualunque direzione si manifestino, ovest, sudest o est, è chiaro che Varsavia, avanzando pretese di riparazioni o restituzioni, si sente ben spalleggiata da oltreoceano: per questo, la cosa riveste solo esteriormente un aspetto “storico” e maschera solo parzialmente l’attualità dei rapporti Washington-Berlino-Mosca, di cui Varsavia e Kiev non sono che un ingranaggio. 

La disputa “storica” va vanti infatti anche tra Varsavia e Kiev e i rapporti polacco-ucraini, nota Irina Simonenko su Balalaika24.ru, non stanno attraversando il momento migliore: sono tuttora aperte le questioni delle pretese di Varsavia sui territori dell’Ucraina occidentale, dell’idea polacca di raffigurare la cappella “Orlęta Lwowskieche” a L’vov sui nuovi passaporti, delle recriminazioni storiche intorno a UPA e Bandera. Va avanti da qualche anno la faccenda della “Reštitúcia Kresov”, con la preparazione delle cause giudiziarie di cittadini polacchi che pretendono di rientrare in possesso di proprietà in Galizia, Volinia e “Zakerzonie”.

Verso ovest, sia la questione migratoria (con le possibili sanzioni UE per il rifiuto polacco a rispettare le “quote”), sia quella del “North stream-2” e della bretella “Oral” (che collega il “North stream-1” ai sistemi di transito dell’Europa centrale e occidentale attraverso la Germania e alla cui realizzazione Varsavia si oppone, temendo la perdita dei diritti di transito sui gasdotti che attraversano l’Europa centrale) costituiscono gli elementi “nazionali” della disputa polacco-tedesca, all’interno, però, di un più ampio gioco internazionale, in cui la Polonia, spalleggiata dagli USA, mira a divenire il polo esteuropeo della NATO, contrapposto a quello occidentale franco-tedesco, non così ligio ai disegni yankee. Varsavia, nota il presidente della Commissione esteri del Senato russo, Konstantin Kosačev, si erge a leader del “nuovo Patto antikomintern”, cioè della dichiarazione congiunta uscita dalla recente riunione a Tallin tra i ministri di Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Croazia, Slovacchia, Ungheria e Rep. Ceca, sulla “Eredità criminale di comunismo e nazismo”. Ma lo fa, sostanzialmente, per mascherare con un sipario “ideologico” il fronte dei paesi che si oppongono alle “quote” migratorie della UE, su cui insistono i capofila Merkel e Macron.

La forma è dunque storica e si manifesta a uso interno in bordate a tribordo e a babordo. Così, se in Occidente si continua a tacere sul patto stretto nel 1934 tra Józef Piłsudski e Adolf Hitler, ecco che, ancora Balalaika24.ru, nota che, ai moderni polacchi, Varsavia evita di ricordare di come, durante l’occupazione, i nazisti premiassero i polacchi con 5 kg di zucchero per ogni ebreo denunciato e come i tedeschi rimanessero sempre a corto di zucchero; cerca di non ricordare come la cattolica Armia Krajowa e altre bande simili, in risposta, è vero, ai massacri OUN-UPA in Volinia, perpetrassero massacri di ebrei, ortodossi e uniati di Polonia e, se da una parte organizzavano qualche incursione antitedesca, dall’altra compivano stragi di militari sovietici, civili polacchi e lituani, milizia popolare polacca, anche a guerra finita. E Varsavia tace su come la popolazione tedesca di quei territori della Germania annessi alla Polonia dopo il 1945, sia stata in parte massacrata (quasi 2 milioni di persone) e in parte derubata e cacciata dalle proprie case.

Se questa è la “forma”, la sostanza è però molto attuale e va al di là del solo pubblico interno della Trzecia Rzeczpospolita Polska, passando per manie di grandezza, sponsorizzate da interessi geopolitici globali, a ovest della Granica na Odrze i Nysie Łużyckiej (la linea Oder-Neiße) e a est dei Księstwo di Włodzimierskie e Halickie (i principati di Volinia e di Galizia).

Manie, interne ed esterne, “vaneggianti delirio e oblio di mente ottenebrata e malvagità e lacrime e rabbia e sete di strage”, direbbe Ovidio.




(hrvatskosrpski / italiano)

80 anni dalla fondazione del PC di Croazia

1) Neće nas navući na fašizam – 80. obljetnica osnivanja KPH na Anindolu (Radio Samobor)
2) Govor Vladimir Kapuralina povodom obilježavanja 80-e godišnjice osnivanja KPH
3) Forum radnika SRP-a: Anindol 2017.
4) Se ne parla anche su VOCE JUGOSLAVA, la nostra trasmissione autogestita su Radio Città Aperta


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Neće nas navući na fašizam – 80. obljetnica osnivanja KPH na Anindolu


Anja Franić - Modrić, 9. Rujna 2017.

Udruga antifašističkih boraca i antifašista grada Samobora Svete Nedelje i Društvo “Tito” Samobora i Svete Nedelje danas su na Anindolu, ispred Spomen stećka, organizrali obilježavanje 80. godišnjice održavanja 1. Kongresa Komunističke partije Hrvatske. Naime, 1. kolovoza u Samoboru su se satali Josip Broz Tito i 16 njegovih drugova kako bi u tajnosti osnovali KPH.
Obilježavanje povijesnog događaja za većinu govornika bila je prilika osvrnuti se na aktualnu atmosferu u društvu i, kako je rečeno, pokušaje revizije povijesti u kojoj antifašistički pokret dobiva negativne konotacije.

Tako je predsjednik Saveza društava Josip Broz Tito – Hrvatska Jovan Vejnović prvo istaknuo da je socijalistički pokret na ovim prostorima nastao nakon 1. svjetskog rata kao odjek Oktobarske revolucije i velikih revolucionarnih gibanja na tlu Europe te da je na izborima u Kraljevini Jugoslaviji Komunistička partija bila treća politička snaga pa je potom zabranjena. Nakon pojave opasnosti od širenja fašizma i nacizma komunistički pokret dobiva novi zamah, a Josip Broz Tito po povratku iz Rusije 1930-tih godina odlučuje poraditi na stvaranju i oživljavanju partijskih organizacija širom Jugoslavije. Naime, kaže Vejnović, Tito je shvatio da s obzirom na odnose i činjenicu da je Jugoslavija višenacionalna država te da je za njenu uspješnost potrebno ostvariti ravnopravnost svih naroda, nužno i neophodno osnovati nacionalne komunističke partije. Rezultat toga je da je KP imala velik politički i društveni utjecaj i bez toga bi teško bilo stvoriti front protiv fašizma, kaže Vejnović.

– U današnjem kontekstu sve to se smatra komunističkim nametanjem, diktaturom, totalitarizmom. Zar bi nešto što je u osnovi totalitarno moglo imati tako široko rasprostranjen utjecaj, kao što se vidjelo 1941., među radnicima i masama ljudi u Jugoslaviji. Zar bi nešto što je sektaško moglo imati takvog uspjeha i polučiti takve rezultate. U današnjem politčkom kontestu sve ono što se događalo od ’41. do ’45. proglašava se borbom za vlast i komunističkim zločinima. A što je ta Partija i što su ti ljudi koji su na poziv Partije došli i pokrenuli slavnu narodnooslobodilačku borbu, poslije rata ostvarili? Zar je moguće da se na bazi totalitarizma i diktature razvije takav polet kao što je bio u obnovi razrušene zemlje, da se u zemlji koja je imala 80 posto nepismenih ona potpuno iskorijeni. Zar je moguće da se totalitarnim naziva razdoblje u kojem se ostvaruju najviše stope ekonomskog rasta, u kome je stvorena humanistička i tehnička inteligencija koja je bila u stanju da se ekonomski probije po čitavom svijetu, da se razvije država koja je prvi put u povijesti ovih prostora stavljena kao značajan faktor na političku mapu Europe. Oni koji govore o tome kao o totalitarizmu su fanatici čiji je fanatizam zasnovan ne na želji za revizijom povijesti, nego za potpunim krivotvorenjem povijesti i izbacivanjem svega što u toj povijesti vrijedi. Nije problem u tome što oni tako govore o prošlosti, problem je što oni nama za budućnost nude nešto što je civilizacijski bio najniži rang u ljudskom društvu, a to je fašizam. Što da im kažemo – nikad više! Neće nas na to navući – poručio je predsjednik Saveza društava Josip Broz Tito – Hrvatska Jovan Vejnović dodavši da je ipak siguran kako u ovoj državi postoje ljudi i snage koje su sposobne oduprijeti se tome.

Slično je rezonirao i Ivan Fumić u ime Saveza antifašističkih boraca i antifašista Republike Hrvatske:
– Skidanjem ploče maršala Tita svi su problemi u Hrvatskoj riješeni – sada će teći med i mlijeko, tvornice će se dizati, mladi će pohrliti izvana natrag, polja će sama rađati. Sada Hasanbegović spašava Hrvatsku, a njegov pokrovitelj biskup Košić nam toliko dobročinstva nudi da još samo nedostaje, kao neki prijašnji svećenici, da krsti i blagoslivlja noževe pa se možemo nanovno klati. Molim vas, nemojmo nikada biti malodušni! Nikada se nismo predavali, borba je neprestana, to je život. Jedina poruka svim ljevičarima je – nemojmo se dijeliti, ujedinimo snage jer da nije bilo ujedinjenih snaga ne bismo pobijedili u NOB-u – poručio je Fumić dodavši da ustaškom znamenju u Hrvatskoj nema mjesta.

U ime Radničke fronte okupljenima se obratio i Matija Đolo koji je objasnio da ne želi toliko govoriti o prošlosti KPH, koliko o očuvanju njihove baštine:
– Dva su ključna momenta zbog kojih današnje obilježavanje ne može ostati samo prigodničarsko: jedan je revizija prošlosti koja oslobodilačku, narodnu borbu nastoji prikazati kao protunarodnu, nametanje vlasti narodu. U to smo se mogli nedavno uvjeriti u Jastrebaskom gdje smo svjedočili izokretanju povijesti u kojoj je ustaški logor za djecu postao bolnica, a partizansko oslobođenje te djece prikazano je kao napad i otmica. Tom prilikom digli smo svoj glas protiv takvih laži, protiv prikazivanja ustaških izdajica i zločinaca kao nacionalnih heroja. Partizanski borci prikazani su kao borci za nepravdu, a borili su se jedino za pravdu. Ono čega se bojim je da ćemo i ubuduće morati dizati glas protiv takvih revizija.
Drugi momenat zbog kojeg su ovakva obilježavanja danas bitna i aktualna je društveni i ekonomski sistem u kojem danas živimo, odnosno preživljavamo. Nekadašnju solidarnost, sigurnost zaposlenja, besplatno i svima dostupno obrazovanje, besplatnu i jednako dostupnu zdravstvenu skrb, dostojne i sigurne mirovine, sve nekadašnje stečevine socijalističkog sustava, danas nažalost zamjenjuje nesputano tržište. Svakodnevno oko sebe vidimo primjere nečovječnosti koja nastaje kada se žrtvujemo kapitalu, tržišnoj učinkovitosti i profitu. Danas, da bi takav sustav usmjeren protiv većine naroda, a za korist jednoj manjini objesnijoj nego vlastela i plemići iz feudalizma, imao kakve nade održati se malo dulje, brišu se tragovi koji nas podsjećaju na drugačiji svijet. Zato je ove godine moralo biti uklonjeno ime maršala Tita sa zagrebačkog trga. Zato su 90-tih morali biti uništeni toliki spomenici NOB-u. Jer ne smijemo zaboraviti da borba koju je povela KP nije samo borba za oslobođenje od okupatora, bila je istovremeno i borba za oslobođenje radnika – rekao je Đolo te dodao da je potrebno baklju borbe prethodnika preuzeti i prenijeti dalje, a da je jedina budućnost demokratski socijalizam!

U ime Grada Samobora kao pokrovitelja svečanosti Vinko Kovačić je svima poželio dobrodošlicu:
– Mi u Gradu Samoboru s ponosom se prisjećamo današnjeg dana prije 80 godina gdje je grupa hrabrih ljudi na čelu s drugom Titom osnovala Komnunističku partiju Hrvatske. Sa ciljem borbe za bolje društvo, za ravnopravnost žena i da isprave sve nepravde – poručio je Kovačić te poželio da se dogodine svi nađu u još većem broju “kod Stećka” – rekao je Kovačić.
Prilikom govora predsjednik Foruma seniora SDP-a Dušana Plečaša moglo se čuti nezadovoljstvo činjenicom da na obilježavanje 80. obljetnice osnivanja KPH nije došao i predsjednik SDP-a Davor Bernardić, a Plečaš je okupljene podsjetio da je KPH u svom tadašnjem proglasu naglašavala kako se treba braniti interese radničke klase, ali i nacionalne slobode, ravnopravnosti i bratstva među narodima.

U ime SRP-a i Koordinacije radničkih komunističkih partija s područja bivše Jugoslavije Vladimir Kapuralin je naglasio da je Partija bila relativno mala politička organizacija u svojim početcima, ali da se kvalitetno organizirati i suočila s događajima koji su uslijedili pa ostvarila “pobjedu protiv okupatora, povrat okupiranih i oduzetih teritorija, reindustrijalizaciju i rekulturizaciju zemlje, uvođenje samoupravljanja kao izraza emancipatorskih težnji radnika i seljaka, osnivanje Pokreta nesvrstanih”. Ustvrdio je da su nekao tih postignuća epohalna, a da je jedan od najbitnijih fakrota za te uspjehe bilo jedinstvo Partije, kakvog danas na ljevici nedostaje.

Zvjezdana Lazar, koja je govorila u ime stranke Komunističke partije Hrvatske također je naglasila razjedinjenost ljevice kao jedan od problema, ali i istaknula važnost komunističkog pokreta.
– U teškoj borbi riskirali su vlastiti život za sve ono što nam je danas desnica oduzela, nemamo više slobodu, pravedno i pošteno društvo te zemlju socijalne sigurnosti, zemlju radnika i seljaka. Ma koliko god desnica bila glasna i negirala povijest, spremni smo se s njima uhvatiti u koštac i dokazati ono što cijeli svijet zna i potvrđuje: da nije bilo druga Tita, bratstva i jedinstva i njegovih komunista, hrabrosti i odlučnosti, već tada bi tuđe čizme po nama gazile, a neki drugi ljudi nama gospodarili, kao što to danas čine – rekla je Lazar.

Na obilježavanju 80. obljetnice osnivanja KPH na Anindolu se okupilo stotinjak ljudi, a među njima i izaslanik Grada Vinko Kovačić, izaslanik SDP-a Dušan Plečaš, izaslanik Saveza antifašističkih boraca Ivan Fumić, izaslanstva Saveza komunista Hrvatske, SRP-a, Radničke fronte, predsjednik Zajednice udruga antifaštističkih boraca i atifašista Zagreba i Zagrebačke županije Pero Rajić, Zveze boraca Slovenije, društvo J.B.Tito iz BiH, izaslastva udruženja antifaštista Zagreba, Zagrebačke, Karlovačke i Međimurske županije te izaslanstva društava Josip Broz Tito i Udruge antifašista Istarske i Primorsko-goranske županije. Izaslanstva su bila i položila vijence kod Spomen stećka. Program, čiji je pokrovitelj bio Grad Samobor, vodio je Dubravko Sidor, a za glazbene predahe bio je zadužen Zagrebački partizanski zbor pod ravnanjem maestra Salamona Jazbeca koji je tijekom svečanosti zdušno otpjevao državnu himnu, Internacionalu, Budi se istok i zapad, Padaj silo i nepravdo te Crvene makove. Po završetku svečanosti je na Tanc placu održan i mali domjenak.

 
Kruno Solenički



=== 2 ===



Govor Vladimir Kapuralina u ime SRP-a i Koordinacije radničkih komunističkih partija s područja bivše Jugoslavije povodom

OBILJEŽAVANJA  80-e  GODIŠNJICE  OSNIVANJA  KPH

 

Drugarice i drugovi, dragi gosti i prijatelji

 

Čast mi je i zadovoljstvo pozdraviti vas na ovom svečanom skupu posvećenom obilježavanju ovog značajnog događaja osnivačkog kongresa KPH, održanog na ovom mjestu, kraj Anindola 1. i 2. augusta 1937. godine.

Posebno sam ponosan činjenicom što vas mogu pozdraviti u ime Socijalističke radničke partije, idejnog i političkog slijednika nekadašnje KP, a kasnije SK, koordinacije KP i RP s jugoslavenskog prostora i u svoje lično ime.

Među ukupnim aktivnostima kongresa poseban značaj pripada proglasu, kojeg njegova klasno-socijalna originalnost i univerzalna vrijednost i danas čini aktuelnim, citiram:

„Između radničkih interesa i stvarnih interesa hrvatskog naroda nema i ne može biti nesuglasica, jer su radnici, kao dio svog naroda, krvno zainteresirani da narod bude slobodan, da mu bude osiguran razvitak, da se poštuje sve što je lijepo i napredno u njegovoj tradiciji i kulturi. Boreći se za te ideale, mi se borimo protiv nacionalne zagriženosti, jer znamo da su pravi napredak i sloboda Hrvatskog naroda osigurani samo u hrvatskoj slozi i suradnji s ostalim narodima Jugoslavije.“

Ova misao aktualna je i danas i ona eksplicitno govori kako komunisti vjerodostojnije brinu i o nacionalnim interesima od ostalih građanskih stranka, naročito onih klerofašističkih, jer interesi radnih ljudi ne mogu biti u suprotnosti s nacionalnim, dočim interesi kapitala mogu biti u koliziji s nacionalnima, jer je kapital transgraničan i transnacionalan.

Događaji koji su uslijedili pokazali su kako je partija, koja je tada konsolidirana kao integralni dio KPJ na čije čelo je te godine došao drug Tito, bila u stanju procijeniti političke prilike koje su vodile prema svjetskom ratu. I bila je jedina politička snaga u zemlji idejno osposobljena, pripremiti i organizirati aktivan otpor neprijatelju i njegovim pomagačima, povesti narod u oslobodilačku borbu i socijalističku revoluciju i izvojevati pobjedu. Iako malobrojna, sa svega 12-estak hiljada članova, uspjela je samoorganizirano i uspješno voditi jedan od najvećih, zapravo jedini ozbiljni unutrašnji otpor Hitleru i njegovim domaćim i stranim pomagačima i čije su oružane snage do kraja rata dosegle brojku od 800.000 boraca, što zbog svojeg klasno-socijalnog, ali i moralnog određenja, nije uspjelo mnogim brojnijim partijama građanske provenijencije. Te partije ne samo da se nisu suprotstavile nadolazećoj opasnosti, već su odbile i suradnju s KPJ.

Komunističkoj partiji je to uspjelo, zahvaljujući ne samo svojoj klasno-socijalnoj poziciji u društvu, već i zahvaljujući i visokom stupnju discipline i požrtvovanosti, kako u političkom radu tako i u oružanoj borbi, u kojoj su mnogi dali svoje živote.

Dragi prijatelji, danas kad se prisjećamo ovih časnih događaja koji su obilježili epohu koja je iza nas, kad smo došli da se poklonimo i njihovoj žrtvi, red je da rezimiramo rezultate njihovog rada i da povučemo neke usporedbe s vremenom sadašnjim.

Rezultati koje su ljudi na ovim prostorima postigli u burnim vremenima koja su slijedila, a koja su posljedica političkog djelovanja partije i njena vodeća uloga u NOB-i i revoluciji i poslijeratnoj izgradnji su:

- Pobjeda nad okupatorom i domaćim klerofašističkim snagama u ratu.

- Pripojenje oduzetih ili ustupljenih dijelova zemlje.

- Uvođenje samoupravnog socijalizma kao jedinstveni primjer prirodne pozicije rada u

društvu i emancipatorskih težnji radnika i seljaka, koji bi bili u stanju upravljati vlastitim

sudbinama.

- Najintenzivniji period privrednog i kulturnog razvoja, dotad nezabilježen na ovim

prostorima.

- Najduži period mira među pripadnicima različitih nacionalnih i konfesionalnih pripadnosti

na ovim prostorima koji je trajao gotovo pola stoljeća, od završetka II. svjetskog rata do

kontrarevolucije i secesije 90-ih.

- Najveći ugled koji su narodi ovih krajeva postigli u međunarodnim relacijama.

- Doprinos osnivanju Pokreta nesvrstanih, svojevremeno najbrojnije grupe zemalja

orijentiranih ka miroljubivoj koegzistenciji.

Neki od ovih rezultata, poput uvođenja samoupravljanja i osnivanje Pokreta nesvrstanih, spadaju u epohalne okvire.

Sve je to postignuto uz puni državnički suverenitet, bez gubitka ijednog privrednog ili financijskog objekta, infrastrukture i ni jednog pedlja nacionalnog tla, a u međunarodnim razmjerima pitalo nas se za mišljenje i uvažavalo naš stav.

Imajući sve to u vidu, nameće se pitanje: kako je to sve partiji uspijelo, u čemu je tajna, u čemu je razlika u postignutim rezultatima u odnosu na ostale pokrete otpora u tada okupiranoj Evropi?

Mada ova pitanja traže posvemašnju analizu, ovo danas nije mjesto, a ni raspoloživo vrijeme nam ne omogućuje dublju analizu, ali ako apstrahiramo politički i vojni talent predvodnika i komandanta Josipa Broza Tita, a koji se može svesti pod osnovnu prirodnu mudrost, onda nam ostaje kao bitan činioc jedinstvenost vodstva i pokreta ,iako su se u otpor neprijatelju uključili i pripadnici građanskog svijetonazora, ali pokret je vodila jedna partija, a ne pet.

U prilog ovakvog promišljanja svjedoče i događaji prilikom disolucije partije i države tokom kontrarevolucije i secesije.

Iako globalni geopolitički tektonski poremećaji 90-ih nisu zaobišli ni nas, dapače primjer jugoslavenskog samoupravljanja, s do tada jedinstvenom primjenom u svijetu, bio je nepoželjan svjetskim moćnicima te ga je trebalo ukinuti kroz proces koji je osmišljen izvana, a sproveden iznutra. Posao im je između ostalog olakšao i otklon SK od svoje povijesne klasne misije. Tome je prethodila birokratizacija partije, prodor nacionalizma, nesnalaženje vodstva, sukob interesa, dvojni moral, lične ambicije i slično. Tada je došlo do većeg stupnja razumijevanja i suradnje između pripadnika partije i nacionalista, odnosno protivnika revolucije unutar vlastitih nacionalnih korpusa, nego između pripadnika partije različitih nacionalnih korpusa.

Rezultat je svima poznat, jednostrana secesija Slovenije i Hrvatske koju su prema domino efektu slijedile i ostale republike, što je za posljedicu imalo rasplamsavanje međuetničkog i konfesionalnog oružanog sukoba s elementima građanskog rata, a putem kojeg je provedena kontrarevolucija, čime su privredni, financijski i ljudski resursi prepušteni na milost i nemilost stranim i novoinstaliranim domaćim kapitalistima.

Vrši se revizija povijesti te se po principu zamjene teza napadaju i omalovažavaju najznačajniji događaji i njihovi nosioci pa i sam Tito.

Tako smo se mi, slijednici naših prethodnika kojih smo se danas došli ovamo prisjetiti, ovih događaja, našli u poziciji veoma sličnoj onoj u kojoj su se nalazili oni u svoje vrijeme. Hrvatska, ali i ostale državice nastale na jugoslavenskom prostoru nalaze se pred potpunim ekonomskim slomom, a izgubljen je suverenitet na dulji period. U to nas je dovela politika restauracije sprovođena od stranaka građanskog tipa pa je naivno i iluzorno očekivati da nas one mogu i izvući iz te situacije, ali isto to ne može niti fragmentirana tzv. ljevica.

Dakle, da zaključim: 90-ih se nije dogodilo čudo, dogodila se povijest koju nismo očekivali i koju u datom trenutku nismo mogli iščitati i koja nas je vratila na početak. Mi se sad nalazimo na početku i ovdje danas na ovom mjestu obilježavamo događaj iz kojega možemo izvući pouku – svatko onaj tko je sposoban i koga je volja učiti.

  

Anindol 9. IX. 2017.

Vladimir Kapuralin



=== 3 ===


Forum radnika: Anindol 2017.


U Anindolu smo 1. 8. 2017. polaganjem vijenaca i kratkim govorima obilježili 80. godišnjicu osnutka Komunističke partije Hrvatske, a na istom smo se mjestu i istim povodom okupili i 9. rujna 2017.

Nakon što je Partizanski zbor otpjevao hrvatsku himnu i Internacionalu, položeni su vijenci, a govore su održali predstavnici Saveza antifašističkih boraca i antifašista RH (SABA), Saveza društava “Josip Broz Tito”, SDP-a, Socijalističke radničke partije (SRP), Radničke fronte  i Saveza komunista Hrvatske (SKH).

Svi su se govornici prisjetili slavne prošlosti, osvrnuli na mučnu sadašnjost i otvorili pitanje budućnosti. Kako se nositi s novim izazovima, kako na njih odgovoriti, kako djelovati?

Pravi se odgovori mogu naći samo ako se dobro prepoznaju i analiziraju uzroci i ako se u prošlosti pronađe nadahnuće za budućnost.

 

Antifašizam je klasna borba. Bio i mora biti. Jučer, danas, uvijek!

Anindol, 2017.


Okupili smo se na mjestu na kojem je prije nešto više od 80 godina osnovana Komunistička partija Hrvatske. Referat je na tom osnivačkom kongresu, u noći između 1. i 2. kolovoza 1937., podnio Josip Broz Tito. Prisjećajući se narodnooslobodilačkog rata i pobjede nad fašizmom i nacizmom, o Komunističkoj partiji i Titu govorimo kao o simbolima antifašizma.

Govorimo i o sadašnjem vremenu u kojem vidimo novi uzlet fašistoidnih ideja, svugdje u svijetu. Radikalne nacionalističke stranke vode hajku protiv imigranata optužujući ih da će domaćim radnicima uzeti posao i srušiti cijenu radne snage. Za loše plaće, nezaposlenost, pad standarda… nisu krive pogubne ekonomske politike, nije krivo deregulirano tržište, nije kriv razulareni kapitalizam, krivce se traži u onima koji nisu naša nacija.

Kad se u Hrvatskoj nabrajaju krivci za sve veću bijedu u kojoj živimo i beznađe zbog kojih mladost iseljava, pored onih koji su druge nacije ili vjere, ima tu i udbaša, orjunaša, privatizacijskih pljačkaša…, ali i, gle čuda, “naslijeđenog socijalističkog mentaliteta”. Kakav misaoni salto mortale treba napraviti da bi se za bijedan život u kapitalizmu okrivio daleko pravedniji i humaniji socijalizam? Socijalizam u kojem se Hrvatska razvijala brže nego ikad u svojoj povijesti, kad je vanjski dug bio manji nego danas, kad je hrvatsko stanovništvo raslo, kad su industrijski giganti bili u hrvatskom vlasništvu, kad je nezaposlenost bila mala, kad je zaposlenje bilo sigurno, kad su socijalne razlike bile manje, kad su plaće bile realno veće nego danas, kad su zdravstvo i školovanje bili besplatni, kad su se radnicima dijelili društveni stanovi, kad se moglo jeftino ljetovati u radničkim odmaralištima, kad su žene išle u mirovinu s 55, a muškarci sa 60 godina… Sve su te činjenice nevažne, sve to treba iščupati iz svijesti naroda – jer nije bilo ostvareno u neovisnoj hrvatskoj državi.

Izvorni fašistički simbol je fascio, snop pruća. Jedan prut je lako lomljiv, više njih zajedno je teško polomiti. Jedan čovjek je slab, zajednica je jaka i izdržljiva. Pod tim je simbolom Mussolini pozvao Talijane na jedinstvo. Nema razlika ni klasa, najvažnije je pripadati istoj naciji, organiziranoj u snažnoj državi. Sve je podređeno nacionalnom jedinstvu. Tako se to radi i danas, kod nas. Na sve se gleda kroz prizmu nacionalnog jedinstva i nacionalnih interesa. Ponovo gledamo kako se nacija nasilu harmonizira. A svima koji ne vide tu harmoničnu idilu i postavljaju logična pitanja (zašto među pripadnicima iste nacije ima onih koji žive u dvorcima i onih koji kopaju po kantama za smeće?), njima se lijepe etikete “jugonostalgičara” i “mrzitelja svega što je hrvatsko”. U vremenu krize i rastućeg siromaštva, umjesto lijeka propisuje se opijenost nacionalnim. A nacionalno u isti koš stavi i Todorića i njegovog skladištara, iako jedan ima besramno mnogo, a drugi ponižavajuće malo, ne samo kad je riječ o bogatstvu, nego i s obzirom na moć i društveni utjecaj. Radnik će zbog najmanjeg duga biti pod ovrhom, a za vlasnika će se napisati Lex Agrokor…

Lako je uočiti da fašističke ideje bujaju u vremenu krize, ali je lako uočiti i da su krize sistemska karakteristika kapitalizma. Osnovna napetost u kapitalističkom društvu je napetost između rada i kapitala. Da bi prikrila tu temeljnu opreku i da bi razbila jedinstven nastup radničke klase, kapitalistička društva pribjegavaju pričama o nacionalnom jedinstvu, potiču uvjerenje da je nacionalna pripadnost od presudne važnosti, inzistiraju na različitosti od drugih naroda. Fašizam se u kapitalizmu ne događa slučajno, on je posljedica načina funkcioniranja kapitalizma, njegove želje da razbije jedinstvo radništva, da klasnu solidarnost razbije mitom o nacionalnom jedinstvu. Što su razlike unutar nekog društva veće, to su veće i napetosti. Kako napetosti rastu tako se sve žešće govori o nacionalnom jedinstvu. U konačnici, do eskalacije ne dolazi tamo gdje bi trebalo – u području suprotstavljenih interesa rada i kapitala – nego tamo gdje je napetost premještena, u području nacionalizma. O nacionalnim se interesima govori sve agresivnije i sve isključivije i vrlo se lako sklizne – u fašizam.

Kod nas je antifašizam došao u paketu sa socijalizmom. Svaki antifašizam, ako je dosljedno promišljen, mora biti antikapitalistički, jer fašizam je dijete kapitalizma. I zato, tko ne želi o kapitalizmu, neka šuti o fašizmu!

Svaka bi politička stranka morala precizno odrediti svoj identitet, jasno iskazati koga zastupa. Ne može se zastupati sve građanke i građane Republike Hrvatske, jer građanin je i Todorić i njegov skladištar, a interesi su im oprečni i svaki zakon kojim se nešto regulira, svaka mjera koja se izglasa, svaka odluka koja se donese – pogoduje ili jednom ili drugom. Ono što je jednom poželjno (poput fleksibilizacije i deregulacije tržišta rada), za drugog je pogubno.

Komunistička partija Hrvatske, kao dio KPJ, svojevremeno se jasno definirala kao zastupnica interesa radničke klase. Ona nije organizirala pokret otpora (koji želi pobijediti fašizam da bi se društvo vratilo na prethodno stanje), nego je povela narodnooslobodilački rat. Istodobno s otporom okupatoru, organizirala se i razvila nova vlast i stvorio novi društveni sustav – socijalizam.

Suočeni s današnjim fašistoidnim idejama i u naporima da im se odupremo moramo dati odgovore na ključna pitanja: zašto se te pogubne ideje ponovo javljaju, sada i ovdje, koje teške probleme prikrivaju, zamagljuju, lažno prikazuju kao ugroženost nacije. Ljevica mora dati jasan odgovor: nije ugrožena nacija, ugroženi su ljudi koji žive od svog rada, ugrožena je radnička klasa. Obilježavajući 80. godišnjicu osnutka Komunističke partije Hrvatske, prisjetimo se da su se naši antifašisti, pored za oslobođenje zemlje, borili i za klasne promjene. Antifašizam je klasna borba. Bio i mora biti. Jučer, danas, uvijek!

 

Forum radnika SRP-a

Vesna Konigsknecht



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Dell'80.mo Anniversario dalla fondazione del Partito Comunista di Croazia si parla nella nostra trasmissione autogestita su Radio Città Aperta, appena ripresa dopo la pausa estiva. La nuova puntata è online alla pagina: http://www.radiocittaperta.it/djmix/voce-jugoslava-12-settembre-2017/


VOCE JUGOSLAVA  JUGOSLAVENSKI GLAS

"Od Vardara do Triglava - Dal fiume Vardar al monte Triglav"


Od utorka svake sedmice, na sajtu http://www.radiocittaperta.it , slušajte emisiju  "Jugoslavenski glas". Emisija je dvojezična, po potrebi i vremenu na raspolaganju. Podržite taj slobodni i nezavisni glas! Pišite nam na 
jugocoord@... i potražite na www.cnj.it . Odazovite se!


Ogni settimana, a partire dal martedì, sul sito http://radiocittaperta.it/ potete ascoltare la trasmissione "Voce jugoslava". La trasmissione è bilingue, a seconda del tempo disponibile e della necessità. Sostenete questa voce libera ed indipendente! Scriveteci all'email jugocoord@... e leggeteci su www.cnj.it . Sosteneteci con il 5 x mille!


Program   12.IX.2017  Programma

- 80. obljetnica osnivanja KPH na Anindolu. Neće nas navesti na fašizam!

- Još jedna ponižavajuća odluka Plenkovićeve vlade. Vila Idola u Puli biskupiji.

- Ramuš Haradinaj: Nastavak razgovora sa Beogradom nema alternative. U medjuvremenu primljen kod Ambasador SAD u Prištini...

- Datumi, da se ne zaborave:

   10.9.1918., potpisivanje kapitulacije Austrougarske monarhije i formiranje Kraljevine SHS.

   10.9.1919., u Zagrebu održana osnivačka konferencija SKOJ-a, na kojoj je bilo oko 50 mladih komunista – predstavnika komunističkih klubova i udruženja.

   13.9.1942., počela historijska bitka za Staljingrad  

   9.9.1845., u Zaječaru je rodjen Svetozar Marković, političar i književnik. Smatra se osnivačem socijalističkog pokreta u Srbiji i prvim teoreticarem realizma u srpskoj književnosti.

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- Nell' 80-esimo Anniversario della fondazione del PC di Croazia, a Anindol vicino Zagabria. Il fascismo non passerà!

- Un'altra dimostrazione di deferenza del governo di Plenković verso la Chiesa cattolica croata: a Pola, Villa Idola regalata alla diocesi.

 - Il neo-premier kosovaro Ramuž Haradinaj: "La prosecuzione del dialogo con Belgrado non ha alternative". Nel frattempo si reca dall'Ambasciatore USA a Pristina...

- Date da ricordare:

  10.9.1845, nasce a Zaječar in Serbia Svetozar Marković, politico e letterato. Fondatore del Movimento socialista. 

  10.9.1918, l'Austria-Ungheria firma la sua capitolazione. Si forma lo Stato dei Serbi, Croati e Sloveni.

  10.9.1919, a Zagabria si svolge l'Assemblea costitutiva della SKOJ (Lega dei giovani comunisti), alla quale partecipano una cinquantina di giovani comunisti, rappresentanti di varie associazioni e club.

  13.9.1942, inizia la battaglia per Stalingrado.






Libero spaccia fake news razziste e pericolose sulle “malattie”


di Redazione Contropiano, 6 settembre 2017

Occorre dirlo senza giri di parole: l’informazione spazzatura va sanzionata, soprattutto se procura allarmi e semina sostanze tossiche nel senso comune.

La prima pagina del quotidiano “Libero” ci ha abituato a titoli gridati e notizie spazzatura. Materiale odioso molto spesso, ma corrispondente all’ambiente che lo produce e lo recepisce. Ma è cosa totalmente diversa fare titoli come quello oggi in copertina [ http://contropiano.org/img/2017/09/Schermata-del-2017-09-06-11-42-40.png ], non solo perché palesemente falso (come stanno cercando di far capire decine di infettivologi intervistati dai media più diversi), ma perché semina volutamente allarmi infondati e istigazione all’odio; benzina sul fuoco sulla già rovente situazione in Italia.

Diffondere l’idea di un nesso tra immigrati e ricomparsa di malattie estinte nel nostro paese non solo è scientificamente sbagliato, ma è socialmente pericoloso.

L’unico “mediatore” esistente per tramettere il virus della malaria tra umani (a parte la trasfusione diretta, che nel caso di Trento non c’è stata) è la zanzara anofele. Nessun altro tipo di zanzara può riuscirci. Il ritorno o meno di questo tipo di zanzara sul territorio italiano dipende eventualmente dai mutamenti climatici, non dalle migrazioni. Se anche un “africano” volesse portarsi qualche zanzara al seguito (al guinzaglio, in valigia, ecc), questa non potrebbe sopravvivere in un clima inadatto.

Questo è quanto ci dice la scienza.

Naturalmente sappiamo bene che malattie un tempo debellate (al pari della malaria) oggi tornano ad affacciarsi. Basta pensare che sono stati chiusi ospedali dedicati e sanatori per alcuni casi di Tbc, la cosiddetta “malattia dei poveri”, che insorge a causa delle condizioni di vita (abitazione insalubri, scarsa o cattiva alimentazione, ecc) che rendono vulnerabili all’eventuale contagio.

Ci sembra decisamente improbabile che i direttori di Libero (gli inquietanti Vittorio Feltri e Pietro Senaldi) non abbia sentito nessun medico per informarsi meglio prima di fare un titolo così. Dunque è stata una decisione a mente fredda, volontaria e con l’intenzione scoperta di speculare sulla morte di una bambina di quattro anni.

Per questo riteniamo indispensabile, in casi come questo, sanzionare un organo di dis-informazione. A tutti – anche a noi – capita di sbagliare o di prendere fischi per fiaschi. Qui non c’è nessun errore, ma una volontà perversa, razzista, senza scrupoli.

Capiamo benissimo che invocare sanzioni contro l’informazione spazzatura e allarmista è un terreno scivoloso, così come sono evidenti i tentativi di enfatizzare le fake news per ridurre le possibilità che in Rete si sviluppi un serio sistema mediatico alternativo ed efficace, fuori e contro il monopolio mainstream di giornali e telegiornali.

Ma è anche necessario che chi fa informazione – così come medici o ingnegneri – abbia e rispetti scrupolosamente un codice deontologico e, qualora non lo faccia, che gli organi preposti al rispetto di questo codice intervergano. In questo caso è l’Ordine dei Giornalisti.

Se l’informazione spazzatura diffonde invece allarmi sociali infondati, che possono innescare azioni e reazioni pericolose nelle relazioni sociali del paese, si configura un reato vero e proprio e qui non è più un problema deontologico, ma penale.

Il problema sorge quando l’”informazione spazzatura” coincide con la strategia non dichiarata di “autorità costituite”, che hanno contribuito al diffondersi di un clima razzista e xenofobo nel paese per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica la nuova escalation colonialista verso l’Africa, fino a renderla la soluzione migliore e ineluttabile.

E’ un corto circuito pericoloso, in cui la prima pagina di Libero appare solo come un test: se passa anche questa senza incidenti si può procedere a tutto campo e senza più alcun freno inibitorio.

 


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