Informazione

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Segnalazioni in ordine approssimativamente cronologico)


La Catalogna vista dai Balcani

... Il leader dei liberali di Vojvodina Nenad Čanak è stato a Barcellona nel giorno del Referendum ...


0) LINK IMPORTANTI SEGNALATI
1“Merkel responsible for Kosovo precedent and dividing Serbian people” (by Živadin Jovanović, 11 October 2017)
2) The Economy of Secession (German Foreign Policy)
3) Vučić e il Referendum in Catalogna / Srbija zbog Katalonije traži izvinjenje Brisela (Politika / RFE)


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LINK IMPORTANTI SEGNALATI:

La CUP invita Puigdemont a ribadire la proclamazione della Repubblica (di Cup-Cc, 14.10.2017)
... non abbiamo dalla nostra parte grandi poteri economici, né la UE è disposta ad ammettere che il diritto all’autodeterminazione è un diritto fondamentale dei popoli. Però altrettatnto sicuramente, restare immobili davanti alle sue minacce, i suoi rifiuti e la sua autorità, non ci permetterà d’esistere come popolo, non ci permetterà di governarci e neppure ci permetterà di avanzare nella conquista di maggiori diritti e libertà. Al contrario, li perderemo...

Il referendum del 1° ottobre in Catalogna e le responsabilità della sinistra (di Ferran Gallego | da investigaction.net, 14 Ottobre 2017)
... Uno dei fattori più rilevanti di questa crisi è che ha permesso alle cose di compiersi attraverso i canali politici ed ideologici entro i quali si è sviluppata, è stata ed è l\'assenza di analisi di classe. Non c\'è stata la prospettiva che doveva essere offerta da un\'organizzazione capace di operare come un intellettuale collettivo... La Repubblica federale, purtroppo, è stata l\'opzione meno presentata nel dibattito che ha egemonizzato questi settori della Catalogna e della Spagna intera... 

Ciclo di interviste e testimonianza dalla Catalogna #RadioCatalunyaLliure (di Contropiano.org, 11-13.10.2017)
... interviste quotidiane organizzate da Noi Restiamo direttamente dalla Catalunya in lotta. Una serie di colloqui con uomini e donne che stanno costruendo il loro riscatto...

Tra forza e ragione, la lotta in Catalogna (di Dante Barontini, 11 ottobre 2017)
... in Catalogna si è selezionata e formata, nel corso degli anni, una sinistra radicale capace di saldare insieme questioni sociali e questione nazionale, collegando i temi classici (lavoro, pensioni, occupazione, salario, ecc) con la dipendenza da uno Stato spagnolo mai definitivamente uscito dal franchismo. Una sinistra tanto radicata, oltretutto, da imporre una analoga radicalizzazione dell’agenda politica catalana, da sempre in mano all’ala “autonomista” del centrodestra... Il grande capitale multinazionale catalano (sia finanziario che industriale, con le banche Caixa e Sabadell, il colosso delle infrastrutture Abertis, la filiale iberica di Volkswagen, ecc) ha decisamente osteggiato ogni spinta indipendentista... Buona parte delle speranze dei moderati erano infatti riposte “nell’Europa”, immaginata per decenni come la superstruttura “civilizzatrice” in grado di far superare anche alla Spagna il sistema di potere ereditato pari pari dal regime franchista...

Catalogna: Parigi si schiera con Madrid (PTV News 09.10.17)

\'Istra nije Katalonija, mi samo želimo svoj novac\' (Sanjin Španović, 09. listopada 2017.)
Predsjednik IDS-a Boris Miletić za Express govori o prijedlogu zakona koji su ovaj tjedan uputili u saborsku proceduru...
[parlano gli autonomisti istriani: \"Noi vogliamo solo i nostri soldi\"]

Puigdemont come Tsipras? La Catalogna davanti a un bivio (di Marco Santopadre, 8 ottobre 2017)
... per ottenere l’indipendenza occorre rompere non solo con lo Stato Spagnolo ma anche con gli interessi delle elites catalane oltre che con quella vera e propria gabbia di popoli e settori popolari che è l’Unione Europea. Altrimenti Puigdemont potrebbe essere il nuovo Tsipras, e la finestra aperta coraggiosamente dal popolo catalano verso il cambiamento e la trasformazione sociale potrebbe chiudersi e rimanere sbarrata per chissà quanto tempo.

Intervista al responsabile dei giovani comunisti in Catalogna: «se ci combattiamo fra lavoratori, vincono i padroni» (Tinta Roja / Senza Tregua, 7 ottobre 2017)
... La concezione dell’interclassismo, della fiducia in chi ti sfrutta, nel restare uniti per un bene comune non sono indirizzi politici propri della classe lavoratrice. Se diciamo che il “processo” ha un carattere borghese è anche per questa ragione...

Indipendentismo e Costituzione (di Alba Vastano, 7/10/2017)
L’indipendentismo è sempre da perorare come diritto della volontà popolare o, in specifiche situazioni, è illegittimo perché contrasta con la Costituzione? Ne risponde il giurista Paolo Maddalena
Catalogna e indipendentismo dei ricchi: vero o falso? (di Paolo Rizzi, 7/10/2017)
Alcuni dati di fatto per non parlare in maniera astratta dell\'indipendentismo catalano.
https://www.lacittafutura.it/editoriali/catalogna-e-indipendentismo-dei-ricchi-vero-o-falso.html

Il diritto all’autodeterminazione del popolo catalano (di Ramon Mantovani, 5 ott 2017)
... La sinistra politica spagnola, che oggi è rappresentata dall’unità fra Podemos e Izquierda Unida, e che è repubblicana, federalista e favorevole al diritto all’autodeterminazione dei diversi popoli spagnoli non può, a mio avviso, che prendere atto del fatto che la prima vera spallata al “regime del 78”, alla monarchia e allo stesso PP è arrivata con la via unilaterale all’autodeterminazione dei catalani. La Storia non segue linee rette. Per quanto mi riguarda, non essendo indipendentista, avrei preferito che la transizione si fosse chiusa con l’instaurazione di una repubblica federale. Ma se un popolo, con il massimo clamore e in forme inedite (di solito i processi di autodeterminazione si son fatti con le armi in pugno) e pacifiche, rivendica il diritto a decidere per se stesso e nel contempo mette in difficoltà uno stato non antifranchista e pesantemente autoritario, non gli si può dire che rompere la legalità è un errore...
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=31186

Internazionalismo e indipendenza, una questione di classe (di Francesco Piccioni, 5/10/2017)
... La storia dell’indipendenza finlandese, insomma, insegna quantomeno che per il vertice della Rivoluzione russa il problema non esisteva come definizioni astratte, ma come soluzioni concrete. Fermo restando il principio per cui non si può imporre a un popolo di farsi comandare da altri. L’internazionalismo proletario, insomma, prevede il consenso ad unirsi...

Comunistes de Catalunya: Unità a difesa delle istituzioni catalane (editoriale di Realitat, organo di informazione dei Comunisti di Catalogna, 5 ottobre 2017)
... L’emancipazione nazionale della Catalogna è inseparabile dall’emancipazione sociale della classe lavoratrice e delle classi popolari che formano la maggioranza della cittadinanza. Una cittadinanza in maggioranza resa precaria e destinata alla povertà salariata, come conseguenza delle politiche attive di de-industrializzazione, de-localizzazione e privatizzazione delle risorse pubbliche. Questa emancipazione è un obiettivo che ha bisogno di una strategia di approfondimento democratico a lungo termine e nonostante che per qualcuno sia difficile accettarlo anche di una strategia di conflitto di classe.

Il vaso di Pandora si è aperto anche in Europa (PTV News 03.10.17)

Rivolta catalana, crisi europea (di Dante Barontini, 3 ottobre 2017)
... Quel diritto all’autodeterminazione che era stato brandito con forza militare ed economica per disgregare l’Urss e gli altri paesi plurinazionali dell’Est europeo viene ora invocato da una nazione interna a uno Stato membro dell’Unione. Ora non va più bene, ora è (o lo si vorrebbe presentare) come “sovranismo” deteriore.
Ancora peggio. La maggioranza delle forze indipendentiste catalane sarebbe favorevole a rimanere come Stato autonomo all’interno della Ue. Dunque non ci sarebbe – dall’angolo visuale di Bruxelles – nessuno “strappo irrecuperabile” alla tessitura tecnoburocratica in atto da decenni. Basterebbe ricontrattare gli stessi trattati con la nuova entità, oltretutto da una posizione di assoluta forza (non caso le grandi imprese multinazionali presenti sul territorio catalano sono contrarie al processo indipendentista). Non cambierebbe granché… Ma una simile scelta manderebbe in crisi totale il quarto paese della Ue, che dovrebbe perdere il 25% del Pil e veder crescere – come già sta avvenendo da decenni – analoghe spinte da Euskadi e Galizia...

Catalogna: la dignità contro la vergogna. Una grana per l’UE e le oligarchie (di Rete Dei Comunisti, 2 ottobre 2017)
... Certamente il movimento indipendentista catalano è composito: si va dalle correnti anarchiche e comuniste ai socialdemocratici fino ai liberali e ai democristiani. Ma lo scontro per l’egemonia è aperto, e la sinistra anticapitalista ha molte carte da giocare, potendo contare su una radicalizzazione dello scontro e su una popolazione che sperimenta la disobbedienza, la mobilitazione permanente e in alcuni casi anche la creazione di un contropotere nazionale ma anche di classe...

La secessione catalana: un’analisi economica e finanziaria (di Senza Soste, 2 ottobre 2017)
... una cosa sembra chiara: senza una visione chiara di quale modello economico promuovere, e quale sistema politico a supporto, a sinistra ci vuole la giusta cautela in questa vicenda.

Austerity and Secession (GFP 2017/10/02)
... Catalonia has accumulated the largest debts of all of the Spanish regions - €60.4 billion, approx. 30 percent of Catalonia\'s GDP.[9] This sharp rise in debts, generated by austerity and the crisis, have become a separate issue in the Madrid/Barcelona dispute. Catalan politicians threaten to refuse to accept responsibility for Catalonia\'s share of Spain\'s debts, if the region secedes...
ORIG: Austerität und Sezession (GFP 02.10.2017)
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59687

C. Black: \"L\'ipocrisia e l\'immoralità della NATO è palese e visibile al mondo ogni giorno\" (di Alessandro Bianchi, 02/10/2017)
Christopher Black, , esperto di diritto internazionale, all\'AntiDiplomatico: \"L’indipendenza della Catalogna spaccherebbe ancora di più le forze lavoratrici spagnole come blocco e indebolirebbe le loro rivendicazioni in termini di diritti e Welfare\"...
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-c_black_lipocrisia_e_limmoralit_della_nato__palese_e_visibile_al_mondo_ogni_giorno/5496_21628/

Parlamento europeo riconosce legalità referendum in Catalogna (1.10.2017)
Il referendum d’indipendenza della Catalogna è legale, ma tali attività vanno tenute con il consenso delle autorità centrali, ritiene il leader del partito dei “Verdi” austriaco, il vice presidente del Parlamento Europeo Ulrike Lunacek...
https://it.sputniknews.com/mondo/201710015090533-referendum-Catalogna-Parlamento/

La democrazia popolare torna a vivere in Catalunya (di Redazione Contropiano, 1 ottobre 2017)
... si arriva a negare con la forza il diritto di esprimersi con il voto all’interno dell’Unione Europea e con il pieno appoggio della tecnoburocrazia di Bruxelles, degli Stati nazionali e di tutte le forze di governo nei vari paesi dell’Unione. E’ una contraddizione che vede dichiarare “illegale” la richiesta di far esprimere un intero popolo con il voto. Ovvero con l’unica caratteristica residua del concetto di “democrazia” sbandierato da cancellerie e televisioni...

La independencia catalana: cinco cosas para pensar (TONY CARTALUCCI, 1 Oct 2017)
1. Cataluña tiene una formidable economía industrializada...
2. La OTAN pareciera estar ansiosa por alentar la independencia y le daría la bienvenida a lo que ellos esperan sería una capacidad militar robusta para agregarle a sus guerras de agresión global.
Un artículo publicado por el Atlantic Council (un think-tank de la OTAN financiado por los Fortune 500) de 2014 titulado “Las implicaciones militares de la secesiones catalana y escocesa” [ http://www.atlanticcouncil.org/blogs/defense-industrialist/the-military-implications-of-scottish-and-catalonian-secession ] ...
3. Los políticos catalanes pro-independencia parecen apoyar de forma entusiasta el ingreso de Cataluña a la OTAN.
4. Algunos políticos catalanes han comenzado a planificar su integración en la OTAN.
5. Como “Kurdistán”, cualquier tipo de “independencia” pierde todo significado si el Estado resultante se encuentra a sí mismo profundamente dependiente e imbricado...
http://www.investigaction.net/es/la-independencia-catalana-cinco-cosas-para-pensar/
ORIG.: Catalan Independence: 5 Things to Think About (by TONY CARTALUCCI, 1 Oct 2017)
Catalan independence can be good or bad - it depends on the Catalan people to make it good, or else it likely will be bad...
https://landdestroyer.blogspot.it/2017/10/catalan-independence-5-things-to-think.html

Catalogna: autodeterminazione e prospettiva repubblicana e federale secondo i comunisti (di Alessio Arena, 30/09/2017)
Intervista a Nuria Lozano Montoya, responsabile statale del settore plurinazionalità di Izquierda Unida ed esponente del Bloc de Comunistes de Catalunya...
https://www.lacittafutura.it/esteri/catalogna-autodeterminazione-e-prospettiva-repubblicana-e-federale-secondo-i-comunisti.html

Si al referendum a Catalunya: “vivere vuol dire prendere partito” (di Andrea Quaranta, 30 settembre 2017)
... la nuova Repubblica rappresenterebbe anche una straordinaria opportunità per riaprire il dibattito sulla natura dell’Unione Europea e per la costruzione di uno spazio politico continentale finalmente irriducibile alle esigenze del capitale finanziario e imperialista...

Intervista al Segretario dei Comunisti Catalani alla vigilia del voto del 1° Ottobre (settembre 29, 2017)
Intervista al Segretario politico dei Comunisti Catalani – Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE), Albert Camarasa... \"Il diritto all’autodeterminazione è un nobile obiettivo che noi comunisti incorporiamo nelle nostre tesi. E’ stato un diritto promosso dall’Unione Sovietica e i successivi paesi socialisti. Ma che si condivida l’obiettivo non vuol dire che si condiva il cammino per raggiungerlo. Oggi ci sono due vie verso l’autodeterminazione, una fattibile e l’altra che non porta ad essa. L’indipendentismo sta scegliendo la seconda... L’unica via fattibile in cui si può applicare l’autodeterminazione per la Catalogna è quella che passa per rovesciare la classe borghese dominante che detiene il potere in Spagna. Con la presa del potere da parte della classe operaia si distruggeranno le basi materiali che perpetuano l’oppressione nazionale e la Catalogna potrà esser ciò che decidono liberamente i catalani.\"
http://www.lariscossa.com/2017/09/29/intervista-al-segretario-dei-comunisti-catalani-alla-vigilia-del-voto-del-1-ottobre/

Catalogna è Europa (carta di Laura Canali, 22.9.2017)
L’economia della comunità autonoma catalana ha una dimensione prevalentemente europea. Un dato che Barcellona non può sottovalutare in ottica secessionista...

Per la Repubblica Federale, Democratica e Solidale (di Ginés Fernández González, direttore di “Mundo Obrero”, 19 settembre 2017)
... per potere costruire un nuovo paese dobbiamo rompere con due vincoli: l\'UE e l\'euro, e il Regime del 78. Recuperare la sovranità e realizzare la rottura democratica rispetto ai contesti che impediscono qualsiasi processo di trasformazione sociale al servizio dei lavoratori e delle lavoratrici e del popolo. Di fronte alla restaurazione borbonica, abbiamo detto, rottura democratica repubblicana. Di fronte alla rigenerazione, rivoluzione democratica... proponiamo un processo costituente che presupponga la rottura con la situazione economica, sociale e istituzionale che ha sostenuto il sistema monarchico dal 1978 e che ci porti a una nuova Costituzione sulla base della democrazia partecipativa...

The Military Implications of Scottish and Catalonian Secession (by JAMES HASIK, AUGUST 26, 2014)
... NATO members should treat neither case lightly, but the independence of Catalonia would pose fewer military problems for the alliance than that of Scotland...

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Tra i nostri post passati relativi a questione catalana e dintorni raccomandiamo in particolare:

La Serbia accusa l\'Unione Europea di ipocrisia sull\'indipendenza catalana (Visnjica broj 998 su JUGOINFO)

Il cortocircuito della Catalogna (di Andrea Martocchia, 1.10.2017)
pubblicato anche su Contropiano e Marx21:

La vertigine catalana (rassegna JUGOINFO del 30.9.2017)
1) George Soros finanzia l’indipendentismo catalano / George Soros financió a la agencia de la paradiplomacia catalana
2) A proposito del referendum in Catalogna (George Gastaud, PRCF)
3) Catalogna, a rischio il referendum. PCPE: «Il nostro cammino è l’indipendenza della classe operaia»
4) L’Unione Europea contro la Catalogna: bene censura e repressione (M. Santopadre)
5) Indipendenza della Catalogna e lotte di classe: intervista a Quim Arrufat (Cup)

Interpretazioni divergenti della questione catalana (rassegna JUGOINFO del 26.9.2017)
0) Links
1) Napad u Barceloni i Soroseva ”pomoć” neovisnosti Katalonije
2) Perché i referendum in Lombardia/Veneto e in Catalogna sono assai diversi (Marco Santopadre)
3) Declaración del Secretariado Político del Comité Central del PCPE ...
4) A propos du référendum en Catalogne ibérique (Georges Gastaud)
5) Comunicato  solidarietà con il popolo catalano (Rete dei Comunisti)
6) Un commento di Eros Barone


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1Živadin Jovanović

Dietmar Hartwig, former head of the EU (EEC) Monitoring Mission in Kosovo and Metohija (ECMM) in his 2007 warning letter:
“MERKEL RESPONSIBLE FOR KOSOVO PRECEDENT AND DIVIDING SERBIAN PEOPLE”

It seems that the recent developments in Europe, and in particular the push of secessionism (Catalonia), rings a bell, or rather is reminiscent of certain events. The ensuing ones are shedding more light on the roles of the EU (EEC), the USA and Germany. To what extent have they been guided by the principles of the international law and democracy in the Kosovo crisis? How much did they appreciate the reports of their (expensive) missions in Kosovo and Metohija (КDОМ, КVМ, ЕCMM) depicting the realities on the ground? To what extent have they been defending the right to self-determination and human rights and to what extent abusing separatism for expansion of geopolitical interests? 

As strategies are slow to evolve, recollections of the past may help better understanding of the interests and roles of the EU in the ongoing Kosovo negotiations in Brussels. 

Over a longer period of time, the leading members of both NATO and the EU have been supporting the terrorist KLA in Kosovo and Metohija. Allied, they launched an armed aggression against Serbia (the FRY) in 1999 which, pursuant to the same principles of the international law  (eagerly invoked these days by the EU officials), was tantamount to a crime against peace and humanity! To sum it up, the countries and integrations whose spokespersons swear to this day that they have always been upholding the same principles and rule-based policies, back in 1999 had provoked the strongest blow to the global legal order and to the United Nations since the end of World War II. The policies pursued by governments of those countries and by integrations thereof during the Yugoslav and the Kosovo crises have stimulated the spread of secessions, the expansion of Islamic extremism, Wahhabism and terrorism in Europe and the rest of the world. By disregarding and violating the principles enshrined in the Helsinki Final Act, in the UN Charter and in international conventions and treaties, they have induced a lasting instability in the Balkans as the most vulnerable part of Europe. Presently, they are exerting pressure against Serbia, the one they have been demolishing, deceiving and humiliating by recognizing the forcible capture of her state territory in the form of an engineered unilateral and illegal secession of Kosovo, and requesting that Serbia erases it all from track-record and forgets it all “for the sake of her European future”! What kind of future could possibly be built upon such foundations!?

The separatist and terrorist genie that the leading countries of NATO and the EU have unleashed from the bottle in Kosovo and Metohija back in 1998/99 for the purpose of furthering the geopolitical goals of the USA and some European powers, such as Germany and the UK, for example, keeps spreading over Europe, while the EU and NATO believe they would be able to push it back into the bottle and clear they names and revive their dented unity by scarifying once again (interests of) Serbia! The real tragedy for Europe is the reasoning that truth is only what the EU commissioners and spokespersons declare to be the truth. The dominance of such reasoning is preventing the genuine understanding of historical maelstrom that has engulfed the Old Continent!

“War on the FRY was waged to rectify an erroneous decision of General Eisenhower from the Second World War. Therefore, due to strategic reasons, the U.S. soldiers have to be stationed there.” This quote was the explanation given by American representatives at a NATO conference held in late April 2000 in Bratislava, and noted by Willy Wimmer, former State Secretary in the German ministry of Defense, in his report to Chancellor Gerhard Schroeder dated 2 May 2000.

The first point in this report is an explicit U.S. request that its allies (NATO members) recognize ‘independent state of Kosovo’ as soon as possible, whereas the tenth, last point, reads that ‘the right to self-determination takes precedence over all others”. Should one wonder any further about the present referendum on secession of Catalonia?

Wimmer’s report also notes the U.S. declared position at the Bratislava Conference was that the 1999 NATO attack on Yugoslavia without UN SC authorization is ‘a precedent to be invoked by anyone at any time, and which is going to be invoked’. This renders any allegations of a principled and rule-based policy utterly dubious, when the aggression executed in violation of the UN Charter is declared to be a precedent, and the unilateral secession of Kosovo directly resulting from such aggression is declared to be ‘a unique case’?!

In the eve of NATO 1999 aggression on Yugoslavia two major international missions had been placed in the Province of Kosove and Metohija. One was under auspices of OSCE known as Kosovo Verification Mission (KVM), headed by American diplomat William Walker and the other under the auspices of EEC (EU) known as European Community Monitoring Mission (ECMM), headed by German diplomat Dietmar Hartwig. The later conveyed the often repeated assessment of the leader of KVM and his entourage that:  “There is no such thing as high costs to deploy NATO in Kosovo. Any cost is acceptable.”

After Kosovo Albanian leadership declared unilateral illegal secession in 2006, Dietmar Hartwig in 2007 sent four letters to the German Chancellor Angela Merkel urging her that Germany should not recognize such unilateral act.  In his letter of October 26, 2007 to Chancellor Merkel, Hartwig, among other points, says: “Not a single report (of ЕCMM) submitted from late November 1998 up to the evacuation (of ЕCMM, KVM) just before the war broke out (1999), contains any account of Serbs having committed any major or systematic crimes against Albanians, and not a single report refers to any genocide or similar crimes… Quite the contrary, my (ECMM) reports have repeatedly communicated that, considering the increasingly more frequent KLA attacks against the Serbian executive authorities, their law enforcement kept demonstrating remarkable restraint and discipline. This was a clear and persistently reiterated goal of the Serbian administration - to abide to the Milošević-Holbrooke Agreement (of October 13,1998) to the letter so not to provide any excuse to the international community for an intervention. In the phase of taking over the Regional Office in Priština, colleagues from various other missions – KDOM, U.S., British, Russian, etc. – confirmed that there were huge ‘discrepancies in perception’ between what said missions (and, to a certain degree, embassies as well) have been reporting to their respective governments and what the latter thereafter chose to release to the media and the public of their respective countries. This discrepancy could, ultimately, only be understood as an input to general preparations for war against Kosovo/Yugoslavia. The fact is that, until the time of my departure from Kosovo, there has never happened anything of what have been relentlessly claimed by the media and, with no less intensity, the politics, too. Accordingly, until 20 March (1999) there was no reason for military intervention, which renders illegitimate any measures undertaken thereafter by the international community.”

“The collective behavior of the EU Member States prior to, and after the war broke out, certainly gives rise to a serious concern, because the truth was lacking, and the credibility of the international community was damaged. However, the matter of my concern is exclusively the role of the FR of Germany and its role in this war and its political objective to separate Kosovo from Serbia…”

“The daily political news reporting over the previous months (before October 2007) made it progressively more evident that Germany not only supports the American desire to see Kosovo independent, but also actively engages on its own in dividing the Serbs…You are to be considered responsible for this. The same goes for your foreign minister, in particular, who knows perfectly well what is going on in Kosovo, and is presently pursuing your political directives by tirelessly advocating Kosovo’s independence and, thus, its secession from Serbia. Instruct him, rather, to promote a durable solution for the Kosovo issue which is in line with the international law… It is only if all states choose to observe the applicable rights, we can have the foundations for the common life of all nations. Should Kosovo become independent, it will be perpetuated as the place of restlessness… Contribute to achieving the solution for Kosovo on the basis of the endorsed UNSC Resolution 1244 pursuant to which Kosovo remains a province of Serbia. American wishes and active efforts to see Kosovo secede from Serbia and see Kosovo and Kosovo Albanians achieve full independence, are contrary to the international law, politically deprecated and, on top of all, irresponsibly expensive…”

“Kosovo’s secession from Serbia guided by ethnic criterion would constitute a dangerous precedent and a signal for other ethnic communities in other countries, including in EU Member States, who could rightfully request the‘Kosovo solution’” – says Dietmar Hartwig in concluding his letter to Chancellor Merkel.
Enough said about the ‘humanitarian intervention’ and the concerns for the protection of rights of the Albanian population as the features of the “uniqueness of the Kosovo case”. American Military base “Bondsteel” in the vicinity of the town of Uroševac, surely by a pure chance, happens to be among the largest U.S. military bases outside the U.S.A! Perhaps their anxiety over being potentially spied on from the Serbian-Russian Humanitarian Center in Niš merely confirms that the “Bondsteel’s” ’mandate’ is strictly local, humanitarian and just for short time?!

It was the U.S.A, the EU and NATO, not Serbia, who froze the conflict following the armed aggression of 1999. They and kept it frozen for the past 18 years by not allowing complete implementation of UN SC resolution 1244. The forced Serbia to fulfill all its commitments insisting on the legally obliging character of the resolution while exempting themselves and the Albanians from any obligation stated therein. They realize that the full implementation of UNSC Resolution 1244 equaled preservation of integrity of Serbia, which is exactly what they do not want since it goes against their geopolitical concept of expanding to the East. Especially now, when the West is undergoing a transition from which it may not emerge as mighty as it was during the uni-polar world order. 

At the present the West demands that Serbia ‘unfreezes’ Kosovo “independence procerss”. How? By compelling Serbia to sign a ‘legally binding agreement’ with Priština, to recognize a illegal unilateral secession, legalize illegal 1999 aggression, accept the consequences of violent ethnic cleansing of over 250.000 Serbs from Kosovo and Metohija and essentially assume responsibility for all that!

1The Author is President of the Belgrade Forum for a World of Equals, Federal Minister for Foreign Affairs of FR of Yugoslavia (1998-2000)



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ORIG: Die Ökonomie der Sezession (II) (GFP 05.10.2017)

Siehe auch den ersten Teil: Die Ökonomie der Sezession (I) (GFP 04.10.2017)
Separatisten in diversen EU-Staaten begreifen das Sezessionsreferendum in Katalonien als Ansporn und intensivieren ihre Aktivitäten. Bereits am 22. Oktober werden die beiden reichsten Regionen Italiens, die Lombardei und Venetien, je ein eigenes Referendum über eine Ausweitung ihrer Autonomie gegenüber der Regierung in Rom abhalten. Zentrale Ursache ist wie in Katalonien das Bestreben, den eigenen Wohlstand zu wahren und die Umverteilung ihrer Steuergelder an ärmere Gebiete insbesondere im Süden des Landes zu reduzieren oder zu beenden. Identische Motive befeuern Sezessionisten im niederländischsprachigen Teil Belgiens, in Flandern..

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The Economy of Secession (II)
 
2017/10/05
BERLIN/BARCELONA/MILAN/ANTWERP
 
(Own report) - As can be seen in an analysis of the separatist movements in Catalonia, Lombardy and Flanders, the deliberate promotion of exclusive cooperation between German companies and prosperous areas in countries with impoverished regions has systematically facilitated the autonomist-secessionist movements in Western Europe. According to this study, Flanders, as well as Lombardy - two already economically prosperous regions - have been able to widen the gap between themselves and the impoverished regions of Belgium and Italy, also because they have played an important role in the expansion of the German economy, the strongest in the EU. Through an exclusive cooperation with the state Baden Württemberg, Catalonia and Lombardy have been able to expand their economic lead over more impoverished regions of Spain and Italy, which has spurred their respective regional elites to seek to halt their financial contributions for federal reallocations through greater autonomy or even secession. The consequences of deliberate cooperation - not with foreign nations - but only with prosperous regions, can be seen with Yugoslavia.
\"Strong Germany, Strong Antwerp\"
Flanders, the Dutch-speaking region of Belgium, whose separatism has long been one of the strongest secessionist movements in the EU, is particularly benefiting from its close cooperation with Germany. The Federal Republic of Germany is the most important market for Flemish exports. €50 billion of Flanders\' €302.4 billion in total exports, last year, were to customers in Germany.[1] German investors are among the most important in the region. The port of Antwerp, Europe\'s second largest, after Rotterdam, is the centerpiece of German-Flemish economic relations. Its significance to Germany\'s export economy is demonstrated by the fact that, in 2015, nearly one third of the 214 million tons - 68 million tons - transshipped from the port had originated in or was shipped to Germany. Numerous German companies, for example, BASF and Bayer have invested billions in the Antwerp Port. Years ago, a representative of the Antwerp Port in the Federal Republic of Germany proclaimed that \"without a strong Germany, there can be no strong Antwerp.\"[2] Because the German economy is benefiting from the EU and the euro zone and is flourishing uninterruptedly, Flanders\' economy is also growing more strongly than its southern Belgium counterpart, Wallonia, oriented more on France. This is why the prosperity gap in Belgium is growing, fueling a secessionist drive.
\"Focused on Germany\"
Lombardy, Italy\'s most prosperous region also derives special benefit from its relations with Germany. With its nearly €40 billion trade volume, Germany is Lombardy\'s most important trade partner. Lombard companies are traditionally \"focused on cooperation with southern Germany,\" considered \"their gateway to northern and eastern Europe,\" according to experts.[3] Conversely, this region is German companies\' main point of departure for Italy. It absorbs approximately one third of the German exports entering the country. Of the approximately 3,000 German companies with subsidiaries in Italy, nearly half are settled in Lombardy. Top-ranking German companies, such as BASF, Bayer, Bosch, BMW, Deutsche Bank, SAP and Siemens, among others, have their Italian headquarters in or near Milan.[4] Unicredit, Italy\'s largest bank, which had absorbed Munich\'s Hypovereinsbank in 2005, is also based in Mil

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Dello stesso autore raccomandiamo anche la lettura del saggio in cinque parti:

Perché l\'uscita dall\'euro è internazionalista

Parte Prima. L\'ideologia dominante è il cosmopolitismo non il nazionalismo 
http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/notizia/Economia/2017/3/24/49123-perche-luscita-dalleuro-e-internazionalista-intervento-di/
http://contropiano.org/fattore-k/2017/07/04/perche-luscita-dalleuro-internazionalista-093581
http://www.resistenze.org/sito/os/ep/osephc27-019036.htm
Parte Seconda. Nazione, Stato e imperialismo europeo
http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2017/6/20/49642-perche-luscita-dalleuro-e-internazionalista-intervento-di/
https://www.sinistrainrete.info/europa/10046-domenico-moro-perche-l-uscita-dall-euro-e-internazionalista-2.html
http://contropiano.org/fattore-k/2017/07/10/perche-luscita-dalleuro-e-internazionalista-parte-ii-093776
http://www.resistenze.org/sito/os/ep/osephf20-019337.htm
Parte Terza. Oltre il rifiuto del politico. L\'euro come anello fondamentale del recupero della lotta politica

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Quale antifascismo nell’epoca dell’euro e della democrazia oligarchica?

Pubblicato il 1 ott 2017

di Domenico Moro
Sul fascismo e sulla polemica sui recenti provvedimenti di legge credo sia necessaria qualche precisazione. Ogni provvedimento formale di legge che vada contro simboli e organizzazioni fasciste, più o meno espliciti, va accolto con favore e anzi caldeggiato. È in atto una rinascita di questo tipo di organizzazioni, che rappresentano, comunque e sempre, un grave pericolo. Queste organizzazioni, anche se hanno, almeno per il momento, prospettive limitate, possono prosperare nel clima di crisi e di peggioramento delle condizioni sociali che si sta affermando. Di fatto, esse non rappresentano agli occhi di chi ha il potere vero, quello economico, una opzione credibile di gestione complessiva del sistema, ma sono sempre un pedone della scacchiera che si può usare, e si usa già oggi strumentalmente, per distrarre l’attenzione delle masse verso pericoli fittizi, creare confusione e accentuare le contraddizioni presenti all’interno delle classi subalterne. Premesso questo, il termine fascismo è usato da tempo estensivamente, per definire varie forme di autoritarismo e/o violenza politica. Se questo è più o meno comprensibile sul piano della polemica politica, tuttavia non mi sembra molto utile ai fini della comprensione della realtà, delle sue specificità attuali e quindi della capacità di sviluppare una lotta efficace sulla distanza.
Come vedremo più avanti, l’antifascismo è oggi, forse più che negli anni ’60 e ‘70, la base necessaria a una politica di sinistra e di perseguimento degli interessi delle classi subalterne. A patto, però, di capire le differenze e soprattutto le analogie con l’oggi del fascismo storico e della forma fascista di governo e di non restringere la funzione dell’antifascismo al contrasto (per quanto necessario, lo ripetiamo) a simboli e gruppi più facilmente identificabili direttamente con quella tradizione.

 

  1. Specificità del fascismo
Sono diverse le forme di governo che, pur non essendo assimilabili al fascismo, sono autoritarie e fanno uso di violenza più o meno esplicita e diffusa. Sarebbe bene chiarire che il fascismo, inteso come forma specifica di governo politico, non è solamente o specificatamente caratterizzato da autoritarismo e violenza. In primo luogo, nel modello fascista queste caratteristiche sono spinte agli estremi e sono esplicitate in modo aperto, attraverso una contro-mobilitazione di massa e l’organizzazione di unità paramilitari. Non è di poco conto che nel fascismo il Parlamento sia progressivamente abolito (dalla legge Acerbo che assegnava i due terzi dei voti alla lista che avesse ottenuto un quarto dei voti nel 1923, fino alla trasformazione del Parlamento in Camera dei fasci e delle corporazioni nel 1939), che siano eliminati partiti, sindacati, elezioni, libertà di stampa, divisione dei poteri, ecc. e che esistano milizie paramilitari fasciste istituzionalizzate. Soprattutto, tali caratteristiche hanno un segno sociale preciso: sono dirette per conto dell’élite del capitale contro i subalterni, in particolare contro il movimento dei salariati – sindacati, partiti, organizzazioni di vario tipo -, allo scopo di disarticolarne la capacità di resistenza. In secondo luogo, il fascismo è il prodotto necessario di una fase storica ben precisa e per certi aspetti diversa da quella attuale, a partire dal livello dei rapporti di produzione capitalistici, una fase in cui l’accumulazione e le imprese operano soprattutto su base nazionale, mentre oggi operano in gran parte su una base multinazionale. Il fascismo è stata la forma della lotta di classe e della riorganizzazione dell’accumulazione da parte dell’élite del capitale nazionale in un periodo di crisi e di capitalismo autarchico e non globalizzato, in cui prevalgono gli imperi territoriali a base nazionale e non l’imperialismo delle multinazionali, in cui esistono una alternativa reale di sistema nell’Urss e forti organizzazioni socialiste e comuniste in Occidente. Non da ultimo, è un sistema sorto dopo una guerra spaventosa, in paesi sconfitti o consumati da questa (e dalla crisi del ’29), come la Germania e l’Italia, e in cui ci si prepara al regolamento dei conti del secondo round, la guerra europea tra imperi (senza preoccuparsi di far esplodere il debito pubblico) e non a una sorta di nuovo “Grande gioco” delle guerre per procura contro Paesi terzi. Tanto per non fare confusioni, il fascismo è stata la forma di governo di paesi imperialisti, centrali nel sistema economico mondiale, ed è ben diverso, ad esempio, dalle dittature militari del Sud America o di Paesi africani o asiatici periferici, generalmente espressione di borghesie dipendenti (la borghesia compradora) o direttamente degli interessi dei Paesi imperialisti dominanti.

 

  1. Analogie e differenze tra l’oggi e il periodo fascista
Oggi, il modello egemone di dominio di classe, proprio nei Paesi imperialisti e dominanti, è quello, secondo la definizione di Agamben, della democrazia governamentale, in cui l’esecutivo prevale sul parlamento, o, secondo un’altra definizione possibile, della democrazia oligarchica. Del resto, l’analogia dell’attualità con il fascismo sta nel fatto che esso, analogamente alla democrazia oligarchica, è espressione diretta – l’uno senza mediazioni di classe, l’altra con mediazioni ridotte e addomesticate – del dominio del vertice del capitale industriale e bancario. Gli strumenti, però, sono diversi, perché la fase di sviluppo del capitale è diversa. Oggi, i meccanismi democratici formali sono conservati, mentre l’attenzione dell’opinione pubblica si concentra, sempre però sul piano formale e non sostanziale, sui diritti civili, a copertura del drastico peggioramento delle condizioni materiali e democratiche della maggioranza della popolazione. Tuttavia, il dominio di classe è tanto più saldo quanto più i suoi meccanismi appaiono “neutrali” e “oggettivi”. I meccanismi della “lotta di classe democratica”, il patto sociale tra capitale e lavoro salariato, sancito dalle Costituzioni antifasciste dopo la seconda guerra mondiale, è saltato. È saltato grazie non alla violenza aperta ma grazie a una serie di modifiche, all’apparenza democratiche, e presunte neutrali e necessarie dal punto di vista della sostenibilità economica (l’”eccesso” di debito pubblico e quindi di spesa sociale). Queste misure si concretizzano nell’introduzione di leggi elettorali maggioritarie, nella modifica dei regolamenti parlamentari (che enfatizzano il ruolo dei decreti legge governativi sulle leggi parlamentari), e soprattutto dell’uso di meccanismi “oggettivi”, che vedono il mercato e le sue regole, al centro del processo decisionale.
Mentre in altri paesi – Usa e Regno Unito – la controrivoluzione conservatrice si è attuata senza strumenti esterni allo stato nazione, in Europa continentale, dove c’erano rapporti di forza e una storia specifici, è stata usata l’integrazione europea, cioè i trattati, i vincoli alla spesa e la gabbia dell’euro, cioè elementi “esterni” e “oggettivi”. Insomma, non c’è stato bisogno, come fece Mussolini, di porre fine prima con la violenza e poi formalmente con una legge al governo parlamentare svincolando l’esecutivo da qualsiasi limitazione, perché è stato, molto più semplicemente, bypassato. Anzi, è stato molto meglio conservarlo, con le mani legate e ridotto a camera di compensazione dei contrasti tra fazioni dell’élite, che svelare in modo aperto la natura repressiva del potere. Da questo punto di vista, il fascismo, al di là della specificità della fase in cui è sorto, ha dimostrato tutti i suoi limiti, relativi alla rigidità del processo di governo, ad esempio per la impossibilità di avvicendamento del personale di governo, e alla difficoltà di mediare tra le componenti del capitale. L’attacco ai politici, individuati come causa dei problemi (anche in questo c’è un’analogia della critica alla casta odierna con il fascismo e il suo antiparlamentarismo e la sua polemica contro i politici traditori e corrotti) è inserito all’interno di una subordinazione della politica all’economia, che poi è la subordinazione dei corpi intermedi, mentre le decisioni oggettive sono prese dai governi in consessi europei e/o internazionali.
Oggi, la diffusione a livello di massa del nazionalismo e della xenofobia sono in gran parte il prodotto dell’Europa. In parole semplici, la Le Pen è il prodotto dei Macron, o meglio di chi gli sta dietro, cioè l’élite del capitale. Pretendere di curare il male, rappresentato dalla prima, con il secondo è come curare la febbre, cioè il sintomo, inoculando altre dosi di virus, cioè con la causa. Ma c’è dell’altro, più importante. L’Europa determina la ripresa del vero nazionalismo – non quello plebeo e populista – ma quello concreto degli interessi geostrategici e economici, mediante l’aumento dei divari tra potenze europee e la riduzione della domanda interna, che accentuano la tendenza all’espansione estera. Ne consegue la modifica dei rapporti di forza pregressi e quindi l’aumento della competizione e della concorrenza, non solo tra capitali ma anche tra stati, e della aggressività militare. In sostanza si afferma, pur nel contesto della globalizzazione e dell’ideologia cosmopolita, un nuovo nazionalismo. L’aggressione della Francia contro la Libia di Gheddafi, al fine di scalzare l’Italia dal controllo di petrolio e appalti, non sono dovute Le Pen, ma al “democratico” Sarkozy, mentre lo stop alla acquisizione dei cantieri navali francesi da parte di Fincantieri non è dovuta alla nazionalista Le Pen ma a Macron, all’alfiere dell’internazionalismo liberale e dell’europeismo.

 

  1. Quale antifascismo oggi e perché è importante
Dunque, se, da una parte, va condotta una lotta contro il fascismo tradizionale e classico, utilizzando ogni strumento possibile, non va dimenticato che il problema centrale è rappresentato dalla democrazia oligarchica e dai suoi meccanismi. Questa è la forma del dominio da parte dell’élite economica, così come, negli anni ’20 e ’30, con condizioni storiche e sociali molto diverse, lo era il fascismo. La vera analogia sta nell’essere entrambi espressione diretta e immediata (sottolineo: diretta e immediata) del potere oligarchico dello strato di vertice del capitale, associato all’élite burocratica e tecnica statale (e, oggi in Europa, anche sovrastatale). La classe socio-economica che ormai quasi cento anni fa, nel ’22, trovò espressione nel fascismo oggi, mutata essa stessa, lo trova nelle forme della democrazia oligarchica e nei meccanismi dell’integrazione europea. È per questa ragione che l’antifascismo è non solo attuale, ma è ancora più attuale oggi rispetto a qualche decennio fa. Non solo e non tanto per prevenire lo sviluppo dei gruppi dichiaratamente fascisti e di estrema destra, che pure stanno rialzando la testa e vanno contrastati. E certamente non perché in Italia sia possibile una opzione fascista, scartata a favore di altre forme di soluzione delle contraddizioni sociali già negli anni ’60 e ’70, in contesti ben più “caldi” di quelli odierni. Ma perché lo strato di vertice del capitale, come negli anni ’20 e ’30 in Italia e Germania durante il fascismo, sta affermando il suo dominio senza mediazioni o con mediazioni corporative e non di classe, ricreando analoghe situazioni e meccanismi di concentrazione del potere politico all’interno e di espansione, anche aggressiva e militare, all’esterno. In entrambi i casi il sistema parlamentare è sostituito da un sistema governamentale, in cui è l’esecutivo (e all’interno di esso il premier) a dominare, egemonizzato nel fascismo dalla persona del duce o del führer (ma in Italia con una sorta di diarchia con la monarchia), oggi in modo più direttamente “elitario” e oligarchico.
Del resto, non è un caso che nel mirino della strategia di controriforma del capitale internazionale, come prova il documento The euro area adjustement: about halfway theredella banca J.P. Morgan (2013), venga indicata la necessità di modificare le costituzioni antifasciste in quanto incompatibili con l’integrazione europea (1). Non solo perché le Costituzioni sono contro il fascismo, ma soprattutto perché, essendo il prodotto della lotta contro il fascismo, esprimono contenuti che entrano in contraddizione con gli interessi dell’élite capitalistica. I gruppuscoli fascisti rialzano la testa perché annusano l’aria di cambiamento, e sentono affinità elettive con il contesto. Non si può essere antifascisti, in modo concreto e adeguato all’attualità, senza capire il ruolo non solo del neoliberismo ma degli strumenti concreti con cui si è attuato in Italia e in Europa occidentale, attraverso le leggi elettorali maggioritarie, la concentrazione del potere mediatico nelle mani dei grandi gruppi, la creazione di forme partito leggere e personalistiche, e soprattutto attraverso la leva dell’integrazione economica e valutaria europea. Non si può difendere la Costituzione o pensare alla sua attuazione senza affrontare il contesto dei vincoli europei e il fatto che il suo stesso testo è gravemente minato dall’introduzione dell’obbligo del paraggio in bilancio. Pretendere di essere antifascisti oggi senza capire tutto questo vuol dire pensare l’antifascismo soltanto come memoria storica, cosa che pure è importante, e non come componente vitale e perciò più forte del nostro essere e del nostro agire nel presente.
Il punto principale, va sempre ricordato, è sempre quello di capire la forma e le specificità del dominio (comprese analogie e differenze con il passato), per poterlo affrontare con efficacia.

Note
1 Report di JP Morgan (28 maggio 2013).



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Gabriele D\'Annunzio lo slavofobo

1) 1919, D\'Annunzio e gli slavi: \"il flutto della barbarie schiava giungerebbe su Trieste\"
2) La Repubblica di Croazia sulla celebrazione della marcia su Fiume (di Marco Barone, settembre 2017)


Si vedano anche:

La Profezia di Gabriele D\'Annunzio sul destino dello Stato jugoslavo (1920)

Inchiesta sul Monumento a D\'Annunzio ed ai Legionari in #Monfalcone: Dal fiumanesimo, al fascismo, a Gladio (2014)
Tra Ronchi e Monfalcone esiste un monumento falsamente eretto il 12 settembre 1960, dedicato ai legionari di D\'Annunzio ed a quella impresa di Fiume che per molti suoi determinanti aspetti ha anticipato la marcia su Roma e le violenze che hanno subito in primis le popolazioni di quella che oggi chiamiamo ex Jugoslavia..Dopo diversi mesi di analisi di diversi documenti e non solo, nasce l\'inchiesta sul monumento a D\'Annunzio ed ai Legionari in Monfalcone che spiega i collegamenti che sussistono dal fiumanesimo al fascismo e gladio intorno a quel manufatto ancora oggi contestato...
http://xcolpevolex.blogspot.it/2014/09/inchiesta-sul-monumento-dannunzio-ed-ai.html
IL DOCUMENTO a cura di Marco Barone e Luca Meneghesso IN FORMATO PDF:


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D\'Annunzio e gli slavi: \"il flutto della barbarie schiava giungerebbe su Trieste\"

di Marco Barone, 9 ottobre 2017

19 ottobre 1919 una lettera che ha come destinatari principali i fiumani dal titolo Italia e Vita. Una lettera dove emergono concetti ed aspetti che connoteranno quell\'imperialismo italiano che porterà all\'invasione del Balcani con tutte le conseguenze nefaste che la storia ci ha ben insegnato. Una lettera, con un linguaggio semplicemente incomprensibile  in molti passaggi, e con uno stile assurdo, dove si eleva bene quel senso di disprezzo verso gli slavi che verrà rimarcata dal poeta amante della guerra in diverse occasioni. 
Un D\'Annunzio che esalta lo spirito degli italiani che hanno difeso l\'italianità di Fiume, del Carnaro, dove \"voi spiegaste nel vento del Carnaro il tricolore italiano, in faccia ai Croati che dal governatore ungaro avevano ricevuto il potere civico per inizio di quella frode più tardi proseguita sopra le navi imperiali in Pola nostra.\"
Uno spirito dell\'italianità che sarebbe stato presente in diverse località, \"per le coste e per le isole, da Volosca a Laurana, da Moschiena ad Albona, da Veglia a Lussino, da Cherso ad Arbe.\"
Rimarcando che \"l’istinto profondo della razza vi avverte che una falsa libertà è peggiore d’una servitù rivoltosa.\" 
Un D\'Annunzio che prova a giustificare il perchè della necessità di mantenere sotto il dominio italiano alcune zone strategiche: \"a settentrione di Fiume, essi debbono includere Idria, affinché la torbida Balcania non prema le spalle di Gorizia e di Tolmino. \"
Od ancora \" Come Idria, Postumia aspetta a noi. Se non la tenessimo, il flutto della gente balcanica, il flutto della barbarie schiava, giungerebbe a una ventina di chilometri dalle mura di Trieste.\"

Ed un nuovo elogio ( si fa per dire) di D\'Annunzio nei confronti degli slavi, che continua a ritenere come inferiori rispetto alla cultura latina, italiana :

\"Col distretto di Postumia lasceremmo in mano degli Schiavi meridionali il valico di Longatico, quello di Nauporto e forse quello di Prevaldo, che costituiscono da tempo immemorabile la vera Porta d’Italia, la soglia latina calcata dalle incursioni boreali e orientali dei Barbari di ogni evo.\"

Un disprezzo non politico, ma verso un popolo che connoterà quel razzismo che si scaglierà contro chi aveva come colpa  quello di non appartenere alla \"razza\" latina, italiana.
Marco Barone



=== 2 ===


La Repubblica di Croazia dica no alla celebrazione della marcia su Fiume. Lettera all’Ambasciata

di Marco Barone, 5 settembre 2017

Alla cortese attenzione dell\'AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA DI CROAZIA
Via Luigi Bodio 74/76
00191 Roma
ITALIA E-Mail: vrhrim@...


Pregiatissimo Ambasciatore, 
la contatto in qualità di cittadino della Repubblica italiana nonché di residente nel Comune di Ronchi dei Legionari (Gorizia) in Friuli Venezia Giulia. 
La contatto poichè Lei è il massimo rappresentante della Repubblica di Croazia in Italia e deve essere informato su quanto accade puntualmente da diversi anni nel Comune di Ronchi ogni 12 settembre. 
Il 12 settembre del 1919 Gabriele D’Annunzio partì casualmente dal Comune di Ronchi per occupare militarmente la città di Fiume ( Rijeka ). Fatto storico che diversi intellettuali italiani, come Pasolini, definirono una “pagliacciata narcisistica” ed importanti storici come marcia che ha anticipato quella fascista su Roma, per gesti, modalità e ritualità. 
Impresa nazionalistica capeggiata da una persona guerrafondaia, come D’Annunzio e razzista nei confronti del popolo croato. Cosi si rivolgeva verso i croati ed il popolo slavo: \"il croato lurido, s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato oppure (…) \" quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso\" ... oppure da Gli ultimi saranno i primi, 4 maggio 1919 (…) \"Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandre di porci!\". Concetti che saranno fatti propri dal dittatore fascista Mussolini. 
Il Comune di Ronchi deve la sua attuale denominazione, “dei legionari” proprio a quella marcia. Denominazione che venne conseguita sotto il fascismo dopo l’aver omaggiato Mussolini con la cittadinanza onoraria, cosa che è stata revocata solo recentemente. Ma la comunità di Ronchi è sempre stata complessivamente contraria ad omaggiare sia D’Annunzio che quella marcia, basta pensare che il monumento che è stato costruito per ricordare e celebrare l’occupazione militare di Fiume da parte dell’Italia per mano di D’Annunzio è stato realizzato nel confinante Comune di Monfalcone perché il Comune di Ronchi non diede la propria disponibilità stante il carattere fascista di quella marcia e la storia partigiana di Ronchi.
Il noto scrittore Boris Pahor in merito a questa vicenda nel 2014 ha avuto modo di sottolineare in sostanza che dei legionari non ha più, oggi ragione e diritto di esistere, tolta la cittadinanza onoraria a Mussolini è altrettanto naturale togliere la denominazione dei Legionari di Ronchi, ben tenendo conto anche del fatto che oggi popoli e paesi come l’Italia, Slovenia e Croazia vivono in amicizia, e che Ronchi è un territorio multietnico, multiculturale e vista anche la presenza dell’aeroporto, sarebbe il caso di accogliere, chi giunge in questi luoghi, in modo diverso e non con la denominazione dei Legionari. 
Se D\'Annunzio da alcuni viene considerato come un valore d\'Italia, per molti cittadini non lo è. Perchè razzista prima di tutto ed offensivo contro gli amici e fratelli croati. Ogni 12 settembre dei nazionalisti si riuniscono presso il monumento dedicato a D’Annunzio per la marcia di occupazione di Fiume, con anche alcune delegazioni che provengono dalla città di Fiume. Celebrazione storica ma dal chiaro connotato politico. Celebrazione a cui partecipano anche amministratori locali con la fascia tricolore a rappresentare, dunque, la Repubblica italiana. 
Perché celebrare quella marcia significa rivendicare l’italianità di Fiume. Atto totalmente irrispettoso nei confronti della Repubblica di Croazia e della città di Fiume. Atto storico e politico che certamente non corre nella direzione di favorire i rapporti tra Italia e Croazia per i motivi come succintamente esposti. 
Nel 2019 ci sarà il centenario per tale evento e circolano voci che qualcuno vorrebbe promuovere un pellegrinaggio storico/politico dal Comune di Ronchi alla città croata di Fiume per celebrare quell’occupazione militare. 
Tutte questioni che favoriscono sentimenti nazionalistici che compromettono in modo rilevante quella edificazione di una Europa di pace e fratellanza ed amicizia tra popoli che stiamo tutti insieme e con fatica cercando di realizzare. 
Tanto premesso
si chiede all’Ambasciata della Repubblica di Croazia, nella persona dell\'Ambasciatore, di sollecitare l’intervento della Repubblica di Croazia nei confronti delle autorità italiane perché non abbiano più luogo cerimonie, celebrazioni, della marcia di occupazione su Fiume e che non venga considerato più come un “valore” d\'Italia la figura di D’Annunzio stante le sue parole altamente offensive e razziste come manifestate nei confronti del popolo croato.
Confidando in un suo cortese riscontro, nel nome della fratellanza ed amicizia tra i popoli, le porgo i più cordiali saluti. 

Marco Barone 
Ronchi (Gorizia), 5 settembre 2017 

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Celebrazione di D\'Annunzio e Fiume, risponde l\'Ambasciata croata: Basta celebrazioni ci attiveremo

di Marco Barone, 18 settembre 2017

Il cinque settembre, come è noto, avevo scritto una lettera all\'Ambasciata della Repubblica di Croazia con sede in Roma in merito a quanto puntualmente ogni anno avviene in Monfalcone. Si celebra l\'occupazione militare di Fiume ed un poeta razzista nei confronti dei croati quale D\'Annunzio. Mi ero sempre chiesto ma perchè la Repubblica di Croazia tace? Probabilmente perchè non era a conoscenza di quanto accade in Italia? Per tagliare la testa al toro ho scritto la lettera di cui in premessa e mi ha risposto gentilmente ed in tempi anche rapidi il Ministro Plenipotenziario dell\'Ambasciata della Repubblica di Croazia Mladenka Šarac-Rončević. 

Questo il testo della sua risposta, come si potrà vedere chiaro, conciso: 

\"Ringraziamo della Sua mail del 5 settembre 2017. Condividiamo la Sua opinione che simili anniversari danneggiano l\'atmosfera dei rapporti amichevoli tra i nostri due paesi e che celebrarli incita sentimenti nazionalistici. L\'Ambasciata della Repubblica di Croazia a Roma da parte sua intraprenderà tutto il possibile nell\'ambito delle proprie competenze, e apprezzeremmo altrettanto il Suo ulteriore impegno nella questione. Siamo sicuri che Lei, come stimato cittadino della Repubblica Italiana, insieme ad altri Suoi concittadini, può, più di tutti, contribuire al cambiamento di tale clima e alla ancora migliore costruzione dei rapporti di buon vicinato, in particolare nelle zone multietniche adiacenti ai confini.\"

Nella mia lettera concludevo, dopo aver evidenziato che quelle celebrazioni del 12 settembre per Fiume e D\'Annunzio \"favoriscono sentimenti nazionalistici che compromettono in modo rilevante quella edificazione di una Europa di pace e fratellanza ed amicizia tra popoli che stiamo tutti insieme e con fatica cercando di realizzare\" in questo modo: chiedo all’Ambasciata della Repubblica di Croazia, nella persona dell\'Ambasciatore, di sollecitare l’intervento della Repubblica di Croazia nei confronti delle autorità italiane perché non abbiano più luogo cerimonie, celebrazioni, della marcia di occupazione su Fiume e che non venga considerato più come un “valore” d\'Italia la figura di D’Annunzio stante le sue parole altamente offensive e razziste come manifestate in modo eloquente soprattutto nei confronti dei croati.



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Roma, venerdì 13 ottobre 2017
presso il CSOA Ex Snia, Via Prenestina

nell\'ambito della settima edizione di Logos / Festa della Parola – parola di questa edizione: Rivoluzione!

*** Giornata dedicata alla Rivoluzione d’Ottobre ***

Al termine della mattina:
LUKA BOGDANIĆ (Università di Zagabria) terrà una lezione rivolta principalmente agli studenti, sul tema
\"Lenin: l\'autodeterminazione dei popoli e la Rivoluzione del 1917\"

Alle ore 18.00:
\"L’Ottobre siamo noi. L’immaginario collettivo alla prova di una data storica: cosa si sogna, oggi, quando si pensa alla Rivoluzione?\"
con LUKA BOGDANIĆ (Università di Zagabria),  Virginia Pili (curatrice de I quattro anni che cambiarono il mondo), Salvatore Ricciardi, Franco Piperno, modera Cristiano Armati 

Gli incontri con Luka Bogdanić saranno anche occasione per ricordare la figura di Jasna Tkalec, mamma di Luka oltre che nostra compagna di Jugocoord Jasna Tkalec (1941-2017: https://www.cnj.it/home/index.php?option=com_content&view=article&id=8706:jasna-tkalec&catid=30&lang=it&Itemid=206 ).



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