Informazione


Soros e l\'Ucraina / 3

documentazione in ordine cronologico inverso

1) Soros, sobillatore di conflitti. Il caso dell\'Ucraina (KPU, 26.9.2017)
2) Ucraina ed Europa, che cosa fare? (di George Soros, 26 settembre 2015)
3) Le lettere di Soros e il “manovratore” della crisi ucraina (di Giampaolo Rossi, 2 luglio 2015)
4) Soros: “l’Ucraina è oggi ciò che deve diventare domani l’Unione Europea” (O. Renault, 13.03.2015)


Si vedano anche:

Le ONG umanitarie (2). La rete di George Soros / SOROS IN UCRAINA (di Maria Grazia Bruzzone, 07/05/2017)

Leaked memo proves George Soros ruled Ukraine in 2014, minutes from “Breakfast with US Ambassador Geoffrey Pyatt” (ALEX CHRISTOFOROU, August 20, 2016)
http://theduran.com/leaked-memo-proves-george-soros-ruled-ukraine-in-2014-minutes-from-breakfast-with-us-ambassador-geoffrey-pyatt/
TRAD.: George Soros e la distruzione dell’Ucraina (Alex Christoforou, The Duran 20/8/2016)
Potere e controllo di George Soros sull’Ucraina di Majdan vanno oltre ogni immaginazione...
https://aurorasito.wordpress.com/2016/08/21/george-soros-e-la-distruzione-dellucraina/

Source: Soros : L’Europe doit devenir comme l’Ukraine ! (Olivier Renault pour Novorossia Vision, 13/3/2015)
A la conférence de sécurité de Munich du mois de février 2015, George Soros a fait des révélations sur ce que doivent devenir les pays de la zone euro...
http://novorossia.vision/fr/soros-l-europe-doit-devenir-comme-l-ukraine/

Siehe auch: Münchner Sicherheitskonferenz. Forderung an Starinvestor: \"Geben Sie eine Milliarde für die Ukraine, Herr Soros!\"
Samstag, 07.02.2015, 12:35 · von FOCUS-Online-Redakteurin Linda Wurster(München)
http://www.focus.de/politik/ausland/ukraine-krise/auftritt-auf-muenchner-sicherheitskonferenz-forderung-an-starinvestor-geben-sie-eine-milliarde-fuer-die-ukraine-herr-soros_id_4460280.html

Soros e l\'Ucraina / 2 (rassegna JUGOINFO 19.1.2015)

Soros e l\'Ucraina / 1 (rassegna JUGOINFO 8.1.2015)


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Soros, sobillatore di conflitti. Il caso dell\'Ucraina

26 Settembre 2017

di Partito Comunista di Ucraina

da kpu.ua

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

“Attraverso numerosissime organizzazioni cosiddette non profit, create e finanziate da governi stranieri, in primo luogo dal Dipartimento di Stato USA, ma anche da vari “fondi caritatevoli”, come, ad esempio, il Fondo Soros, nel corso di due decenni si è attuato un intenso lavoro allo scopo di riformattare la coscienza degli ucraini, in particolare giovani, di dividere il nostro paese su basi etniche, linguistiche, religiose, di elevare il neonazismo e la russofobia al rango di ideologia nazionale... In questi anni in Ucraina è stata formata una “quinta colonna”, i cui rappresentanti si sono impadroniti delle strutture statali e degli organi di potere locale” (PETRO SIMONENKO).

Il 20 agosto nel sito web della Casa Bianca è stata pubblicata una petizione di cittadini statunitensi che chiede al presidente di dichiarare George Soros un “terrorista” e di bloccare tutti i beni delle sue organizzazioni in conformità con la “Legge sulla confisca delle proprietà dei terroristi”. Nella petizione si afferma che da Soros sono state create e finanziate decine di organizzazioni, il cui unico scopo è quello di disgregare con i metodi del terrore l\'ordine costituzionale degli Stati Uniti, di porre sotto la sua influenza le strutture del Partito Democratico e del governo federale. Le prime 100.000 firme necessarie perché l\'amministrazione presidenziale USA esamini la petizione, sono state raccolte molto prima del termine stabilito di 1 mese, scrive Capital.

Oggi riguardo a Soros, neppure i suoi più fidati (il che significa a libro paga) agenti non negano l\'evidenza dell\'aperta ingerenza del “miliardario filantropo” negli affari interni di altri stati. Tuttavia, essi trovano sempre una spiegazione nella presunta lotta di Soros per i “valori umani universali” che non avrebbero un ambito prettamente nazionale. Noi non intendiamo impegnarci in dibattiti teorici e ideologici, ma semplicemente rilevare che i “difensori dei diritti a comando”  di Soros si ritrovano regolarmente coinvolti nei processi indirizzati al rovesciamento di governi in carica in tutto il mondo.

(…) Le attività delle organizzazioni non governative finanziate da George Soros ora hanno già provocato il conflitto (con un diverso grado di asprezza) dei governi all\'interno dell\'UE di Romania, Slovacchia e Bulgaria – e anche di quelli di Serbia e Azerbaigian - con il “filantropo”.

Ma l\'ottantasettenne George Soros, ha apparentemente fiducia nella sua immortalità e continua a suscitare conflitti – dalle proteste pacifiche ai sanguinosi massacri – in tutto il mondo.

E\' difficile valutare in modo inequivocabile l\'affidabilità delle informazioni sul coinvolgimento di Soros nell\'attuale conflitto che contrappone buddisti e musulmani in Myanmar, nello stato di Rakhine, le cui cause sono da ricercare, come al solito, nella presenza del petrolio in una zona di contrasti etnici e nel desiderio di contrapporre la Cina, che ha buoni rapporti con il Myanmar, al mondo islamico.

Tuttavia, la partecipazione di Soros all\'organizzazione della “riunione solenne” di Mikho Saakashvili sul confine polacco-ucraino, non va messa in dubbio, se consideriamo l\'elenco dei principali partecipanti che, a iniziare dallo stesso ex presidente della Georgia, sono “affiliati” alle strutture del miliardario...

Si tratta, in primo luogo del gruppo georgiano, guidato dall\'ex procuratore generale aggiunto David Sakvaleridze che, come tutta la leadership georgiana dei tempi della presidenza di Mikhail Saakashvili, riceveva uno stipendio dai fondi creati da Soros (e ci sono tutte le ragioni  per affermare che il finanziamento, ora però per altri personaggi, stia continuando). Poi c\'è il gruppo degli “euro-ottimisti” guidati dai giornalisti Mustafa Nayem, Serghey Leschenko e Svetlana Zalischuk che hanno passato molti anni a utilizzare i fondi di Soros “per lo sviluppo della democrazia in Ucraina”. Qui va aggiunto anche il gruppo dei nazional-liberali del “Pacchetto di rianimazione delle riforme”, i cui leaders sono il vice speaker Oksana Syroed e la parlamentare Anna Golko, da molti anni destinatarie dei finanziamenti del fondo “Rinascimento”; la seconda assume regolarmente la funzione de facto di rappresentante di Soros nella Rada Suprema ucraina.

Anche Valentin Nalivaychenko e una serie di combattenti “sociali” contro la corruzione si rivolgono al Partito Democratico diretto da Joe Biden e Hillary Clinton, i quali prestano ascolto alle opinioni del miliardario (ovviamente in cambio di iniezioni generose di fondi elettorali).

Si può ricordare che nel 2015 il presidente Petro Poroshenko ha insignito George Soros dell\'Ordine della Libertà: “per il rafforzamento dell\'autorità dell\'Ucraina”. Ma Soros non aveva bisogno dell\'onorificenza, ma, secondo quanto egli stesso ha dichiarato, di terra ucraina da sfruttare...

“Particolare zelo nell\'intervento sul mercato dei terreni è stato mostrato da figure della cerchia dell\'ex ministro delle Finanze dell\'Ucraina, la cittadina degli Stati Uniti Natalya Yares\'ko e dall\'ex ministro dello Sviluppo Economico, il cittadino della Lituania Aivaras Abromavicius. A una veloce apertura del mercato della terra, allo scopo di concentrare in mani private le grandi proprietà terriere, sono interessate le compagnie di investimento straniere Horizon Capital e East Capital,   a cui sono direttamente legati Yares\'ko e Abromavicius.

...All\'esterno dell\'Ucraina ci sono anche altri potenti super-oligarchi interessati al sequestro delle terre ucraine. Così, il noto George Soros ha recentemente espresso il desiderio di investire, a questo scopo, 1 miliardo di dollari. Ha mostrato interesse per le nostre terre anche il fondo di investimento Rothschild, che da molto tempo può contare sulla collaborazione della famiglia di Poroshenko”.

(Dalla Dichiarazione del Presidium del CC del Partito Comunista di Ucraina)


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Ucraina ed Europa, che cosa fare?

Il finanziere e la riflessione sulle cinque crisi Ue (migranti, Grecia, euro, Ucraina, Brexit)

di George Soros, 26 settembre 2015

A causa dei difetti strutturali dell’euro, le autorità europee sono dovute diventare esperte nell’arte dell’arrangiarsi tra una crisi e l’altra. Tale pratica è conosciuta in gergo come “menare il can per l’aia”, anche se, ad essere precisi, il cane continua a ritornare indietro. Ma l’Europa ora deve affrontare per lo meno cinque crisi allo stesso momento: quattro interne - l’euro, la Grecia, i migranti e il referendum britannico sul rimanere o meno nell’UE - ed una esterna, l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Le varie crisi tendono a rinforzarsi vicendevolmente. Sia le opinioni pubbliche che le autorità sono sopraffatte. Che si può fare per arrestare e invertire il processo di disintegrazione? E’ ovvio che non si riesce a risolvere cinque crisi tutte allo stesso momento. Bisogna in certo modo assegnare priorità ad alcune di esse senza però trascurarne nessuna. Io ho sempre sostenuto con forza che l’Ucraina merita priorità assoluta. 

La Ue e le crisi interne


Le crisi interne tendono a dividere l’UE in paesi debitori e creditori, il Regno Unito e il resto d’Europa, nonché in paesi “arrivo” e paesi “destinazione”. D’altra parte, una minaccia esteriore come l’aggressione russa contro l’Ucraina dovrebbe unire l’UE. C’è una nuova Ucraina che è determinata a diventare l’opposto della vecchia Ucraina. La vecchia Ucraina aveva molto in comune con la vecchia Grecia, che si è rivelata così difficile da riformare: un’economia dominata da oligarchi ed una classe politica che sfruttava la sua posizione ai fini di guadagni personali piuttosto che del servizio pubblico. In contrasto, invece, la nuova Ucraina si ispira allo spirito della Rivolta di Piazza Maidan nel febbraio 2014 e cerca di riformare radicalmente il paese. Trattando l’Ucraina alla stregua di una Grecia di second’ordine, che non è nemmeno un membro dell’UE, l’Europa corre il rischio di far ridiventare la nuova Ucraina ancora una volta la vecchia Ucraina di sempre, e questo sarebbe un gravissimo errore, in quanto la nuova Ucraina è una delle risorse di maggior valore che l’Europa ha, sia per contrastare l’aggressione russa che per ritrovare lo spirito di solidarietà che caratterizzava l’Europa agli inizi. Ritengo di essere nella posizione di sostenere con forza questa tesi, dal momento che ho una profonda conoscenza della nuova Ucraina sia grazie alla mia Fondazione che al mio diretto coinvolgimento nel paese. All’inizio dell’anno ho sviluppato quella che ho chiamato “una strategia vincente per l’Ucraina” e l’ho distribuita tra le autorità europee. Ho anche descritto le linee della strategia in queste pagine. (* «A new policy to rescue Ucraine» The New York Review, 5 febbraio 2015) . Sostenevo che le sanzioni contro la Russia sono necessarie ma non sufficienti. Il presidente Vladimir Putin ha sviluppato una riuscita interpretazione dell’attuale situazione, con la quale difendersi dalle sanzioni. Sostiene infatti che tutte le difficoltà economiche e politiche che la Russia fronteggia sono dovute all’ostilità dei paesi occidentali, che vogliono negare alla Russia la sua dovuta posizione nel mondo. 

La Russia

La Russia è pertanto la vittima di tale aggressione. Questa tesi piace alla popolazione patriota, cui viene richiesto di sopportare le difficoltà in termini di instabilità finanziaria e scarsità di beni causate dalle sanzioni. In realtà, tali difficoltà rafforzano la sua tesi, e l’unico vero modo di smentire Putin è il migliorare l’equilibrio tra le sanzioni contro la Russia e l’appoggio all’Ucraina. La mia “strategia vincente” implica un’efficace assistenza finanziaria all’Ucraina, che abbinerebbe un supporto budgettario di larga scala ed un’abbordabile assicurazione contro il rischio politico, nonché vari incentivi per il settore privato. Combinate alla radicale riforma politica ed economica che la nuova Ucraina è intenzionata ad introdurre, queste misure le consentirebbero di diventare un paese interessante ai fini degli investimenti. Il cardine delle riforme economiche è la ristrutturazione di Naftogaz, azienda statale che detiene il monopolio del gas. Ci si sposterebbe dagli attuali prezzi mantenuti artificialmente bassi a veri prezzi di mercato e si introdurrebbero aiuti alle famiglie bisognose per l’acquisto del gas. Le riforme politiche sono incentrate sul creare un sistema giudiziario e dei mass-media che siano onesti, indipendenti e competenti, il lottare contro la corruzione, nonché l’istituire una pubblica amministrazione che sia al servizio della gente piuttosto che al suo sfruttamento. Queste riforme sarebbero anche gradite a una grande fetta della popolazione russa, che esigerebbe un simile approccio, e questo aspetto è precisamente quello che Putin teme. E’ proprio per questa ragione che ha tentato così radicalmente di destabilizzare la nuova Ucraina. 

Ucraina


Se gli alleati dell’Ucraina abbinassero le sanzioni contro la Russia ad un effettivo sostegno alla nuova Ucraina, non ci potrebbe essere propaganda che oscurasse il fatto che i problemi economici e politici russi non sono che il risultato delle politiche di Putin. Naturalmente, in diretta violazione dell’accordo Minsk-2 dell’11 febbraio 2015, Putin potrebbe impedire il successo della nuova Ucraina con un intervento militare di larga portata, ma ciò segnerebbe una sua sconfitta politica, esporrebbe la falsità della sua interpretazione del conflitto ucraino; inoltre, la conquista militare di parte dell’est dell’Ucraina sottoporrebbe la Russia ad un notevole onere economico e politico. Il presidente Putin ha guadagnato un temporaneo vantaggio tattico sull’Ucraina perché è pronto a rischiare una guerra di larga scala e perfino nucleare, mentre gli alleati dell’Ucraina sono determinati ad evitare il conflitto militare diretto con la Russia. Ciò gli ha consentito di alternare a suo piacimento una sorta di pace ibrida e di guerra altrettanto ibrida, ed egli ha totalmente sfruttato tale vantaggio. L’Ucraina non può prevalere militarmente sulla Russia in quanto il presidente Putin può mobilizzare sul campo di battaglia forze armate che sono maggiori e meglio attrezzate di quelle a disposizione dell’Ucraina e dei suoi alleati. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha dovuto imparare la lezione a sue spese. Ma sicuramente l’Europa e gli USA possono superare la Russia finanziariamente. Queste considerazioni a favore di un sostegno europeo e statunitense hanno avuto un certo impatto sugli alleati dell’Ucraina ma la mia affermazione circa la loro volontà di fornire un sostegno finanziario di larga portata si è rivelata errata, almeno fino ad ora. Attribuisco questo fatto a due fattori: il primo è la crisi greca, una diretta conseguenza della crisi dell’euro ed un cattivo esempio per l’Unione Europea da seguire in Ucraina. 

L’euro

L’altro fattore è l’accordo di Minsk stesso che, per ragioni che spiego oltre, ha indotto le autorità europee a continuare a mantenere l’Ucraina in condizioni finanziarie di ristrettezza. La crisi dell’euro ha determinato una grave scarsità di fondi a scopo di budget. Il budget europeo di 145 miliardi di euro è solo all’incirca l’uno per cento del PIL degli stati membri, ma la crescita dell’Europa è assolutamente minima e i gli stati membri stanno ventilando di ridurre i propri contributi al bilancio europeo. La carenza di fondi si fa sentire più acuta nella zona euro, che non ha un bilancio a sè stante. Le autorità europee, sotto la guida della Germania, hanno mal gestito la crisi greca; all’inizio hanno erogato prestiti di emergenza a tassi di interesse molto elevati, hanno imposto il loro programma di riforme e lo hanno micro gestito invece di lasciare che fosse la Grecia stessa a prendersi la responsabilità ed il controllo delle riforme - e sempre i prestiti sono risultati inadeguati nell’ammontare ed erogati troppo tardi. Le autorità greche non sono peraltro esenti da responsabilità, anche se la colpa principale rimane della Germania, in funzione della sua leadership. Il debito nazionale greco è diventato insostenibile ma le autorità europee non sono disposte a ridurre i loro prestiti alla Grecia. Su questo punto, una disputa tra gli stati membri e il Fondo Monetario Internazionale ha fortemente complicato le negoziazioni recenti ed attuali. Le autorità hanno corretto alcuni dei loro errori, quali ad esempio l’insistenza nel richiedere il “bail in”, la riduzione del valore dell’obbligazione, piuttosto che il “bail out”, il salvataggio. Ma continuano a ripetere altri errori. Il più grave di questi è stato il trattare l’Ucraina come fosse la Grecia. La nuova Ucraina sta cercando di essere il contrario della Grecia e, nonostante non sia uno stato membro, sta attivamente difendendo l’Unione Europea contro la minaccia militare e politica russa. Come ho sostenuto nella mia proposta originale per una strategia vincente, gli aiuti all’Ucraina dovrebbero essere considerati a stregua di spese per la difesa. In questa luce, l’attuale contributo di 3.4 miliardi di euro da parte dell’UE al pacchetto di aiuti del FMI a favore dell’Ucraina è assolutamente inadeguato. 

Lo strumento fiscale Ue


L’UE ha lo strumento fiscale adatto (il meccanismo dell’assistenza macro finanziaria) che, una volta apportate le necessarie modifiche, potrebbe venire utilizzato per superare la mancanza di fondi nel bilancio europeo. Tale meccanismo consente all’UE di prendere fondi a prestito sui mercati finanziari, utilizzando il suo quasi inutilizzato rating a tripla A. Il budget dell’UE deve stanziare solo il 9% dell’ammontare dei prestiti all’Ucraina come riserva non cash obbligatoria a fronte della possibilità di una futura inadempienza. A paragone, le regole di bilancio statunitense prevedono un 44% di riserva non cash obbligatoria sulla recente garanzia sul credito di 1 miliardo di dollari che gli USA hanno fatto all’Ucraina. Pertanto l’onere di budget sul contributo di 2 miliardi di dollari al pacchetto di aiuti del FMI è in realtà più grande di quello dell’UE. Ma l’accordo sul meccanismo di assistenza macro finanziaria è scaduto nel 2009, coll’introduzione del trattato di Lisbona, e necessita di essere rinnovato per un uso su più larga scala. Lo stanziamento dell’1 per cento del bilancio europeo a favore della difesa dell’Ucraina sembra adeguato; ciò consentirebbe all’UE di contribuire fino a 14 miliardi di euro all’anno al pacchetto di aiuti del FMI ed il contributo sarebbe sufficiente a che l’Europa possa fare “tutto ciò che è necessario” a sostegno del successo ucraino. L’accordo Minsk-2 del febbraio 2015 ha fatto seguito ad una pesante sconfitta inflitta all’Ucraina da parte dei separatisti, largamente assistiti dalla Russia. L’Ucraina cercava un cessate il fuoco e ha negoziato in condizioni di coercizione. 

L’accordo Minsk-2 


L’accordo Minsk-2 garantiva uno stato speciale alle enclave separatiste nella regione del Donbass nell’est dell’Ucraina e prevedeva anche che l’Ucraina le sovvenzionasse. Il presidente Putin seppe sfruttare il suo vantaggio e mantenne deliberatamente ambiguo il testo dell’accordo, che richiedeva che il governo ucraino negoziasse con rappresentanti della regione del Donbass, pur senza precisare chi fossero. L’accordo fu firmato dai presidenti Putin, Poroshenko e François Hollande nonché dalla Cancelliera Angela Merkel. Ciò costituì una trappola per questi ultimi due, che volevano che un accordo che portasse le loro firme tenesse; in caso di fallimento, doveva essere la Russia ad esserne responsabile, non l’Ucraina. Erano anche ansiosi di evitare il confronto militare. Questo atteggiamento li portò a tollerare violazioni della tregua da parte dei Russi e dei separatisti e, nel mentre, insistere che l’Ucraina dovesse seguire gli accordi presi alla lettera. Nell’assumere una posizione neutrale sulla questione del come il presidente Poroshenko avrebbe potuto rispettare le richieste dell’ambiguo accordo, Hollande e la Merkel hanno di fatto rinforzato il vantaggio di Putin. Dopo il raggiungimento dell’accordo, l’Ucraina ha sfiorato il collasso finanziario a causa del ritardo con cui fu erogato, l’11 marzo 2015, il secondo pacchetto di aiuti finanziari del FMI. Il punto massimo della crisi fu raggiunto in febbraio, quando il popolo ucraino perse la fiducia nella moneta nazionale, la grivnia. Le transazioni ufficiali vennero sospese e la quotazione in quel momento sul mercato nero era tra 30 e 40 grivnie per un dollaro. Da allora, la moneta ha recuperato e ora il valore è di circa 20-25 grivnie per un dollaro. 

Fattori economici

Una precaria stabilità finanziaria è stata pertanto ristabilita, ma solo al prezzo di una accelerata contrazione economica. Il crollo improvviso del valore di scambio ha comportato un aumento dell’inflazione, il peggioramento della qualità di vita e un sostanziale calo delle importazioni; questo ha influito positivamente sulla riduzione del deficit import/export. Contemporaneamente il bilancio ha risentito positivamente delle minori spese in oneri sociali per la popolazione e stipendi per la pubblica amministrazione. Quando ho visitato l’Ucraina lo scorso aprile, ho notato un’allarmante contraddizione tra la realtà oggettiva, che stava chiaramente deteriorando, e lo zelo riformista della nuova Ucraina che era sotto enorme pressione economica, politica e militare ma che ancora procedeva con le riforme, che stavano raggiungendo effetti cumulativi. Durante il 2014 il programma di riforme per una nuova Ucraina era allo stato di progetto; solo nel 2015 si è visto il risultato di un notevole numero di leggi approvate al fine di soddisfare i requisiti imposti dal FMI e, più recentemente, l’accordo di Minsk. Ciò nonostante, gli oligarchi - quegli industriali che utilizzano la loro influenza politica per arricchirsi - erano più esperti nel difendere i propri interessi di quanto lo fossero i riformisti nel frenarli. Proprio quando l’economia era sull’orlo del baratro e le tensioni politiche a livelli altissimi, il governo ha dovuto far fronte alla sfida del più potente oligarca, Igor Kolomoisky, che ha cercato di usare la sua personale forza militare per mantenere il suo controllo di una società del gruppo Naftogaz. 

Gli oligarchi

Il governo fu messo in condizione di opporre resistenza e riuscì a sconfiggerlo. Quello fu un punto di svolta. Da allora, la banca centrale ha esercitato uno stretto controllo del Sistema creditizio, anche se per la ricapitalizzazione degli istituti di credito ci vorrà del tempo. Altri oligarchi, tra cui principalmente Dmytro Firtash e Rinat Akhmetov, sono stati richiamati all’ordine. Purtroppo questo avviene per casi specifici e non per diretta applicazione di leggi al riguardo. Tentativi di riformare la polizia, introdurre servizi online nel governo e trasparenza nelle acquisizioni e appalti ufficiali stanno facendo progressi. Ma i riformatori stando incontrando difficoltà ad ogni passo e la popolazione in generale è sempre più scontenta della lentezza delle riforme e del continuo peggioramento della qualità della vita. Pertanto la pressione sotto cui operano i riformatori continua ad aumentare e può raggiungere un punto di rottura in qualsiasi momento. La crisi greca ha grandemente intensificato i problemi ucraini col distrarre l’attenzione delle autorità europee dall’Ucraina e col rinforzare la loro tendenza a trattarla come fosse un’altra Grecia. L’effetto sulla cancelliera Merkel è stato particolarmente deleterio. Lei si è comportata come una vera leader europea nel fronteggiare il presidente Putin ma allo stesso tempo è rimasta esitante sul dare un sincero aiuto all’Ucraina. Quando si è trattato della Grecia, ha abbandonato la sua caratteristica cautela allo scopo di evitare che la Grecia uscisse dalla zona euro. Questa posizione le ha causato conflitti con il proprio partito e il suo Ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, che aveva il sostegno del suo partito. 

Accordo ambiguo

Nonostante sia riuscita, almeno per il momento, a mantenere la Grecia in zona euro, ha investito molto del suo capitale politico nel processo. La sua mancanza sarà molto sentita dalla nuova Ucraina, che necessita di tutto il sostegno che riesce ad ottenere per aderire alle richieste degli accordi di Minsk. L’ambiguità dell’accordo ha forzato entrambe le parti in una farsa dove il compito è passare all’altra parte la patata bollente (l’obbligo di fare la mossa successiva). Kiev ha imparato la lezione velocemente. Su spinta dei suoi alleati, ha istituito lo stato speciale delle enclave della Donbass passando una legge che faceva riferimento all’ambiguo testo dell’accordo di Minsk, parola per parola. Questo ha creato problemi finanziari al presidente Putin, privando le enclave di finanziamenti fino a quando non fossero disposte ad indire elezioni in linea con la legge ucraina. Ma sarebbe rischioso da parte degli alleati dell’Ucraina di spingere troppo il presidente Poroshenko a fare concessioni unilaterali ai separatisti. Come recentemente dimostrato dallo spargimento di sangue di fronte al parlamento ucraino, gli elementi ultranazionalisti sono sul punto di ribellarsi. In breve, la condizione politica ed economica della nuova Ucraina è estremamente precaria. Un esame critico dei recenti negoziati con la Grecia rivela dove questi abbiano fallito. La Grecia non avrebbe dovuto avere precedenza sull’Ucraina e l’Ucraina non avrebbe dovuto essere trattata come ancora un’altra Grecia. Una simile analisi dell’accordo di Minsk conduce ad una conclusione più equivoca. Gli alleati europei dell’Ucraina sono caduti in una trappola ma la conseguente situazione di impasse ha portato un importante beneficio: ha bloccato la Russia dal portare le sue violazioni del cessate il fuoco oltre il punto in cui possa negarle. Sarebbe un peccato perdere tale vantaggio. 

L’Ue e l’Ucraina

Questa analisi conduce logicamente ad una nuova strategia vincente per l’Ucraina, che merita di ritornare in cima alla lista delle priorità europee proprio perché la nuova Ucraina è una delle sue grandi risorse. Si dovrebbe cercare in tutti i modi non solo di mantenere la nuova Ucraina, ma di assicurarne il successo. Se grazie agli aiuti all’Ucraina l’UE riuscisse a respingere in modo effettivo la minaccia russa, allora gran parte degli altri problemi dell’UE si sistemerebbero; se fallisse, gli altri obiettivi si allontanerebbero sempre di più. Come si può assicurare il successo della nuova Ucraina? L’analisi sulla quale si basava l’originale strategia vincente è tuttora valida. E’ sempre stato ed è tuttora chiaro che il presidente Putin può sempre dimostrare alla Russia di essere più potente dell’Ucraina e dei suoi alleati, incrementando il suo utilizzo della forza. L’Ucraina non è in grado di prevalere militarmente sulla Russia. Ciò significa che non può riappropriarsi del territorio perso, per lo meno nel breve periodo, ma può mantenere la sua integrità morale e politica. E quando si è davanti ad una tale scelta, la seconda opzione è di gran lunga la più importante. La nuova Ucraina è impaziente di imbarcarsi in radicali riforme politico-economiche. Dispone di una vasta popolazione e di un esercito di provata efficienza desideroso di difendere l’Unione Europea per il tramite della autodifesa. Inoltre, lo spirito di volontariato e di sacrificio personale, sul quale si fonda la nuova Ucraina, è un bene altamente deperibile: una volta perso, ci vorrà almeno una generazione per ripristinarlo. 

Merkel

La cancelliera Merkel ha posto l’integrità politica e morale della nuova Ucraina sotto enorme pressione forzando il presidente Poroshenko ad osservare l’accordo di Minsk alla lettera, anche se il presidente Putin non lo fa. Peraltro la conseguenza positiva è il contenimento del conflitto armato, e tale buon risultato deve essere mantenuto. Il raggiungimento di un certo grado di stabilità politica e militare deve essere uno degli obiettivi di una strategia vincente. E’ la seconda parte della strategia vincente che manca. Gli alleati dell’Ucraina devono decidere e dichiarare che faranno “tutto ciò che è necessario” per consentire all’Ucraina non solo di sopravvivere, ma di introdurre lungimiranti riforme politico-economiche e prosperare, nonostante l’opposizione del presidente Putin. Questo approccio necessiterebbe di sostanziali maggiori finanziamenti di quelli disponibili nel budget europeo. I due rami di questa “strategia vincente” aggiornata - il mantenere il conflitto militare sotto controllo e l’erogare adeguati finanziamenti all’Ucraina per compiere riforme radicali - devono venire gestiti con cautela, in quanto potrebbero interferire tra loro. La strategia originale richiedeva agli alleati dell’Ucraina di dichiarare il loro impegno a fare “tutto ciò che è necessario” alla fine di giugno, in concomitanza all’estensione delle sanzioni contro la Russia. L’UE ha mancato quella scadenza. La prossima occasione si presenterà alla fine dell’anno e dovrebbe essere condizionata alla promessa di ridurre le sanzioni se la Russia rispetta gli obblighi secondo gli accordi di Minsk. L’offerta di una significativa ricompensa materiale alla Russia per rispettare gli accordi di Minsk, nonché l’uscita salva faccia dal conflitto con l’Ucraina accresceranno le possibilità di successo. Negli ultimi mesi, la prospettiva che l’accordo di Minsk possa tenere è visibilmente migliorata. La debolezza dei prezzi del petrolio e l’ulteriore ribasso del rublo hanno ulteriormente posto pressione sull’economia russa. Ma il fattore decisivo è stato il declino nella produzione russa di petrolio, che è costantemente calata anno dopo anno e, per la prima volta, sia la quantità che la qualità della produzione petrolifera è calata quest’anno nei mesi di giugno e luglio. 

Effetto delle sanzioni

Questo significa che le sanzioni stanno avendo effetto e che la mancanza di parti di ricambio porta ad un accelerato esaurimento delle esistenti aree petrolifere. Putin potrebbe risarcire i suoi compari per le loro perdite finanziarie, permettendo loro di prendersi le proprietà degli oligarchi meno affidabili; ma l’unica via per arrestare il generale declino dell’industria petrolifera è riuscire a far rimuovere alcune delle sanzioni dall’occidente. Questa considerazione ha ora maggior peso della minaccia costituita dalla futura prosperità ucraina. Il fatto che il periodo di massima tensione sia passato senza un attacco militare di larga scala indica che Putin ha deciso di utilizzare mezzi più sofisticati per destabilizzare la nuova Ucraina. E’ perciò ancora più essenziale che gli alleati dell’Ucraina adottino la strategia vincente modificata che ho qui delineato. Il cambiamento nell’atteggiamento di Putin dà loro un più ampio margine di manovra. Gli alleati possono fornire un immediato sostegno finanziario all’Ucraina, così da alleviarne la pressione economica e politica, senza provocare contromosse da parte della Russia. E devono altresì preparare il terreno per una dichiarazione entro la fine dell’anno che prometta di fare il necessario per assicurare il successo della nuova Ucraina. Ciò significa che devono cominciare a stabilire un piano di lavori per un nuovo Meccanismo di Assistenza Macro finanziaria ora, in quanto ci vorranno parecchi mesi per completare il processo, che non può cominciare senza la previa approvazione del Ministro delle Finanze tedesco. Ci sono dei positivi segni che la cancelliera Merkel si sta muovendo nella giusta direzione. Lei si è spinta ben oltre i canoni dell’opinione pubblica tedesca e del mondo industriale e finanziario quando ha usato la sua posizione di potere nel forgiare l’unanimità europea sull’imposizione di sanzioni alla Russia. L’opinione pubblica tedesca si riallineò con lei solo dopo che l’aereo malese precipitò in Ucraina. Decise di assumersi un rischio politico non caratteristico con il fine di mantenere la Grecia in zona euro. Dovette fronteggiare un’intensa opposizione interna, ma ciò non le impedì di compiere un altro coraggioso passo annunciando che la Germania avrebbe accolto e gestito non meno di 800.000 migranti nel 2015. Facendo questo, la Germania ha dato un positivo esempio da seguire da parte degli altri stati membri; ha anche implicitamente abbandonato il Regolamento di Dublino, che impone ai richiedenti asilo di essere registrati e di rimanere nel paese di ingresso, causando pertanto attrito tra i paesi di “arrivo” e “destinazione”. 

Migranti

Questo ha comportato un sostanziale cambiamento nell’atteggiamento pubblico verso i richiedenti asilo. C’è stata un’effusione di compassione che, scaturita in Germania, si è diffusa nel resto d’Europa. Se questa tendenza si rafforzasse, potrebbe portare a una positiva risoluzione della crisi dei migranti. La cancelliera Merkel ha correttamente osservato che la crisi dei migranti avrebbe potuto distruggere l’UE, in primo luogo decretando il fallimento degli accordi di Schengen, che sanciscono la libera circolazione all’interno dell’unione, ed in fase successiva danneggiando il mercato comune. Una continuazione idonea delle sue recenti assunzioni di rischi sarebbe l’abbinamento di fermezza nei confronti della Russia con maggiore fiducia e sostegno all’Ucraina. Gli USA sono già maggiormente dediti alla nuova Ucraina che la maggior parte dei governi europei; il presidente Obama potrebbe avere un ruolo molto importante nel persuadere la cancelliera Merkel a muoversi in tale direzione. Con il loro sostegno abbinato, la nuova strategia vincente per l’Ucraina ha una realistica possibilità di successo. E il successo dell’Ucraina dovrebbe fornire l’impulso all’UE a trovare una soluzione positiva agli altri problemi che deve affrontare. La coraggiosa iniziativa della cancelliera Merkel nei confronti dei richiedenti asilo potrebbe avere degli effetti di lunga gittata. Ha sfidato il partito tedesco opposto all’euro, ma tale partito era già diviso sull’opposizione all’immigrazione ed è probabile che possa sciogliersi, vista l’enorme compassione pubblica per i richiedenti asilo. A sua volta, questo potrebbe incoraggiare il presidente Hollande a sfidare il Fronte Nazionale in Francia, partito diviso dall’ostilità tra il suo fondatore e la figlia; e potrebbe ispirare il primo ministro Cameron a placare con successo l’agitazione anti-immigratoria dello UKIP. Lo scenario politico europeo potrebbe trasformarsi. C’è il pericolo che la preoccupazione europea per la crisi dei migranti possa ancora una volta distogliere l’attenzione da quella che, a mio parere, è una questione ancora più importante: il destino della nuova Ucraina. Questo costituirebbe un tragico errore. Come ho spiegato qui, la nuova Ucraina è la più importante delle risorse che l’Europa ha, la sua perdita comporterebbe un danno irreparabile: potrebbe crearsi uno stato fallito di più di 40 milioni di abitanti, che diventerebbe un’altra fonte di rifugiati politici. Invece, aiutando la nuova Ucraina, l’Unione Europea potrebbe salvare se stessa. Facendo “tutto quello che è necessario” per aiutare la nuova Ucraina non solo a sopravvivere ma a prosperare, l’UE raggiungerebbe due obiettivi: si tutelerebbe dalla Russia di Putin e ritroverebbe lo spirito di cooperazione e solidarietà che alimentava i sogni e gli ideali dei popoli europei quando l’unione fu costituita. La cancelliera Merkel ha già riacceso quello spirito nei confronti dei migranti. Salvare la nuova Ucraina davvero trasformerebbe il paesaggio politico europeo.


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Le lettere di Soros e il “manovratore” della crisi ucraina



di Giampaolo Rossi, 2 luglio 2015

TRE LETTERE HACKERATE
Si chiamano CyberBerkut e sono un gruppo di “hacker” ucraini filo-russi. Negli ultimi tempi ne hanno combinate di tutti i colori: sono stati loro a rendere pubblica su You Tube la famosa telefonata tra Victoria Nuland (responsabile per l’Eurasia della Casa Bianca) e l’ambasciatore americano a Kiev; e sempre loro hanno hackerato siti Nato, violato la mail dell’ambasciata Usa e di molti ministeri ucraini, bloccato telefonini di esponenti del governo di Kiev, danneggiato sistemi informatici.

Un mese fa sono penetrati nel server  del Presidente ucraino Poroshenko e hanno tirato fuori tre documenti firmati da George Soros, il multimiliardario finanziere e filantropo espressione della tecnocrazia illuminata.

Sono tre file importanti che fanno capire chi tiene le fila della strategia occidentalista a Kiev:

  1. una lettera, datata dicembre 2014, indirizzata a Poroshenko e al Primo Ministro Yatsenyuk
  2. un documento, datato marzo 2015, nel quale Soros (che si firma ironicamente: “autoproclamato difensore della nuova Ucraina”) delinea la “strategia globale a breve e medio termine”
  3. un documento non datato di analisi militare.

Nella lettera a Poroshenko, Soros racconta delle pressioni da lui fatte sull’Unione Europea (Juncker e Tusk) e sul Fmi (Lagarde) per concedere ulteriori aiuti all’Ucraina “che ha bisogno di un pacchetto finanziario più grande dei 15 miliardi di dollari attualmente previsto per mantenere il tenore di vita a un livello tollerabile”; ma perché il prestito arrivi occorrono segnali più sostanziosi “nell’intraprendere riforme radicali”. Per fortuna i tre ministri della “nuova Ucraina” (cioè vale a dire i tre tecnocrati stranieri che Soros e Washington hanno messo al governo di Kiev) sono pronti a metterle in campo.

In attesa della decisione del Consiglio d’Europa d’impegnarsi con il FMI, Sorospreannuncia che interverrà personalmente sul ministro del Tesoro americano Jack Law affinché la Fed attui un accordo di currency swap di tre mesi con la Banca Nazionale Ucraina.

(sui tre ministri stranieri e su altre verità interessanti della crisi Ucraina che i media non vi raccontano, vi invito a perdere quattro dei vostri minuti per questo docu-video realizzato per Il Giornale.it; un viaggio senza ritorno dalle vostre certezze).

UN’ANALISI DELIRANTE
Gli altri due documenti chiariscono chi sta alimentando il rischio di una guerra dell’Occidente contro la Russia.
Nel documento di strategia, Soros analizza lo scenario compelssivo e spiega come intende intervenire.
Secondo il finanziere, a Putin non interesserebbe una vittoria militare che gli consegnerebbe solo una parte dell’Ucraina, ma preferirebbe il crollo finanziario (con conseguente caos politico) che destabilizzi tutta l’Ucraina.
Lo scenario che Soros dipinge è delirante: se l’Ucraina crolla, Putin diventerebbe un pericolo per l’intera Europa. Quindi occorre fare tutto il possibile per aiutare la “nuova Ucraina” (cioè la sua) attraverso una doppia strategia: militare (in carico agli Stati Uniti) ed economica (in carico all’Europa).

Da un punto di vista militare gli Usa devono:

  • dare all’Ucraina “assistenza militare letale (…) per resistere alla forza schiacciante di Russia”.
  • rifornire l’Ucraina di armi difensive di sofisticazione pari per contrastare quelle avversarie; “nel linguaggio del poker l’America deve andare al vedo, ma senza rilanciare”
  • addestrare personale ucraino  in paesi esteri (per esempio in Romania), in modo da dissimulare l’attività Nato in Ucraina.

Da un punto di vista economico l’Europa deve:

  • mantenere e rafforzare le sanzioni occidentali contro Mosca (sanzioni che, ricordiamo, secondo l’Istat nei soli primi quattro mesi del 2015 sono costati alle imprese italiane due miliardi di euro)
  • ripristinare “una minima stabilità monetaria e il funzionamento del sistema bancario” preservando l’integrità e l’autonomia della National Bank of Ukraine
  • firmare un accordo quadro  “per destinare 1 miliardo di euro all’anno all’Ucraina da parte della Commissione Europea.

In altre parole gli Usa dovrebbe impegnarsi militarmente in Ucraina più di quanto s’impegnano contro l’Isis; e l’Europa dovrebbe fare economicamente per Kiev quello che non fa per Atene.

LA FONDAZIONE PER LA RINASCITA INTERNAZIONALE
L’interesse di Soros per l’Ucraina non è cosa recente. Furono i suoi soldi (sotto forma di Fondazioni umanitarie e controllo sui media) a finanziare la rivoluzione arancione del 2004 che spinse al potere il suo amico banchiere Juščenko.

L’ingerenza di Soros sugli eventi ucraini è ammessa da lui stesso; in questa intervista alla Cnn del 2014 conferma di aver “creato una Fondazione in Ucraina prima che il paese diventasse indipendente dalla Russia”. La Fondazione “è tuttora attiva; e ha svolto un ruolo importante negli eventi attuali”.
La Fondazione di cui parla Soros è la International Renaissance Foundation, da lui stesso definita “ramo ucraino della Fondazione Soros”, citata nei documenti pubblicati come finanziatore unico del Consiglio Nazionale delle Riforme (NRC) organismo governativo composto da Parlamento, Presidente e società civile e che ora sarà inserita nel Project Management Office l’ente che dovrà gestire i progetti economici ucraini e le attività di riforme statali.

Appare sempre più chiaro che il conflitto in atto tra Occidente e Russia, è voluto e alimentato da circoli finanziari di cui Soros è il referente principale. Liquidare tutto questo come “complottismo” è solo un modo stupido per non ammettere il deficit democratico e il controllo sempre maggiore che una tecnocrazia illegittima esercita sulla sovranità popolare e sui destini delle nazioni; è questo il vero pericolo per l’Europa.



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SOROS: “L’UCRAINA E’ OGGI CIO’ CHE DEVE DIVENTARE DOMANI L’UNIONE EUROPEA”

DI OLIVIER RENAULT

metatv.org

Alla conferenza della sicurezza di Monaco del mese di febbraio 2015, George Soros ha fatto delle rivelazioni su ciò che devono diventare i Paesi della zona euro. A fine febbraio in Ucraina é stata proposta una legge per vietare agli abitanti di criticare o di emettere dichiarazioni contrarie alla politica condotta dal paese. L’Ucraina sembra diventare un terreno di prova per i Paesi che costituiscono l’Unione Europea. L’avvenire della UE con il TTIP (il Partnenariato transatlantico del commercio e dell’investimento), che deve passare di forza senza un referendum popolare sotto la presidenza lettone del Consiglio dell’Unione europea nel 2015, sarà simile a ciò che l’Ucraina è oggi.



Puniti con 3 anni di prigione.

In Ucraina gli abitanti che giudicano la politica del governo di Kiev inumana, suicida, nazista o semplicemente non conforme ai diritti fondamentali, sono minacciati di morte da gruppi che li mettono all’indice e sono passibili di 3 anni di prigione. Da parte di Kiev dunque la democrazia non esiste e non deve esistere in questo nuovo Paese . Più che mai la volontà di secessione degli abitanti del Donbass si trova giustificata, tanto quanto la posizione di Mosca verso la Novorussia. Un membro del partito comunista francese, che ha tradotto alcune riflessioni del partito comunista ucraino che é vietato citare a Kiev, preoccupato dall’avere visto Poroshenko partecipare alla manifestazione di sostegno alla libertà d’espressione a Parigi, la marcia per Charlie, punta il dito su una situazione pericolosa. Leggiamo ciò che scrive: “il deputato del Fronte Popolare Konstantin Mateyshenko, ha deposto un progetto di legge al Parlamento ucraino (Verkhovna Rada) che condanna chiunque critichi il governo. La legge n°2225 propone di modificare il Codice Penale ucraino riguardo gli atti deliberati per sabotare l’autorità dello stato e del governo“. Nell’articolo del comunista francese si legge, “La libertà d’espressione imprigionata. Gli atti illeciti, socialmente pericolosi, che portano danno all’Ucraina come Stato sovrano, l’abuso, la calunnia o altre azioni mirate a sabotare l’autorità dei poteri pubblici, i governi, le associazioni dei cittadini, o qualsiasi elemento strutturale dell’amministrazione pubblica (i suoi organi competenti), devono essere puniti con lavoro coatto per un massimo di due anni e da due mesi a tre anni di detenzione. Alcuni organi di stampa si sono opposti a questa legge ed hanno denunciato la volontà di ridurre la libertà d’espressione. Un’ironia per un governo ritenuto esprimere i valori occidentali ed europei. Tanto più che il presidente ucraino, Petro Poroshenko, era venuto a Parigi per sostenere la libertà d’espressione”.

La fonte é il partito comunista ucraino: “I comunisti (KPU) denunciano la volontà di schiacciare ogni forma di opposizione e di legittimare la repressione politica”. Petro Simonenko, primo segretario del Partito Comunista d’Ucraina (KPU) non é sorpreso da questa legge. “Quando un regime politico porta attacchi senza precedenti contro i diritti dei cittadini, contro i salari, scatena una guerra contro il proprio popolo, ciò causa un’opposizione attiva da parte della popolazione. I deputati del partito al potere (Fronte Popolare) hanno dunque  introdotto un progetto di legge che prevede una punizione per i cittadini che criticano il governo a tutti i livelli. Criticare il governo o il parlamento ci manda in prigione. Denunciare l’inefficacia dei funzionari ci manda in prigione. Lottare contro la corruzione del potere, che mina la propria stessa credibilità, ci manda in prigione. Non vi piacciono le gang e le atrocità naziste nel paese e criticate un’*associazione di cittadini*? Siete passibili di detenzione” dichiara Petro Simonenko. “Infatti, sono convinto” dichiara il leader comunista “che il progetto di legge N°2225 miri a distruggere ogni opposizione, esso viola i diritti civili fondamentali, specialmente Europei”.

“Il progetto di legge N°2225 é una strada diretta verso la dittatura. E’ l’inizio della persecuzione dei giudici che rifiuteranno di piegarsi alle ingiunzioni del potere. L’ultimo esempio viene dai giudici del tribunale amministrativo del distretto di Kiev, che hanno rifiutato la proibizione del partito comunista. Ma l’Europa e gli Stati Uniti volgono deliberatamente gli occhi altrove, per loro esistono due pesi e due misure”.

La televisione russa mostra come esempio il caso di un’insegnante universitaria della città di Leopoli, che fu Lemberg sotto l’Impero Austriaco, minacciata di morte dai suoi stessi studenti. L’insegnante si era soltanto mostrata critica verso la guerra in Ucraina. “Le autorità hanno incitato gli studenti dell’università a radunarsi contro la donna e a perseguitarla. L’insegnante deve nascondersi dai suoi studenti

(Message over 64 KB, truncated)


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[Un intervento dell\'ex presidente montenegrino e premier jugoslavo Bulatović sulla eredità politica di Milošević, e polemiche attorno al 30.mo anniversario dell\'VIII. Comitato Centrale della Lega dei Comunisti della Serbia, sul quale si è tenuta anche una iniziativa-dibattito a Belgrado il 22.9.2017 al Press Centar UNS, con interventi di P. Škundić, Z. Andjelković Baki, A. Rastović e R. Radinović, il cui video è visionabile all\'indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=ZCmA2m7rkRE ]


Pitanje Miloševićevog nasledja

1) Godišnjica Osme sednice ЦКСК Србије
2) M. Bulatović: Да ли је вријеме за изјашњавање о Милошевићевом наслеђу?


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Isto pogledaj: 
30 godina od 8. CK SKS (Press centar UNS / Udruzenje Sloboda, 22.9.2017.)

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http://www.sloboda.org.rs/reagovanje8sednica.html

Реаговање Удружења „Слобода“ на дводневну емисију РТС о Осмој седници ЦКСК Србије  

ПЕРФИДНЕ ОБМАНЕ И ЛАЖИ ЖУТЕ ТЕЛЕВИЗИЈЕ

Како се перфидно манипулише, изврћу историјске чињенице, покушава безочно обманути јавност на штету Србије и српског народа, показала је РТС у дводневној емисији 3.и 4.октобра, посвећеној чувеној Осмој седници ЦК СК Србије.  
Кристално је јасно да је емисија припремана и рађена са очитом намером да се сатанизује и оцрни Слободан Милошевић и свенародна подршка политици која је раскрстила и рекла ДОСТА, старој политици разбијања, понижавања и издавања Србије.  
Тако је више од две трећине емисије посвећено члановима поражене струје Ивана Стамболића и њиховој наводној истини. Очита је намера стварних аутора ове злонамерне и тенденциозне пашквиле, директора Драгана Бујошевића и главног уредника Ненада Стефановића. Зато није ни мало чудно да су им фаворити и савезници: Азем Власи, који бесрамно устврди да тада Србе и Црногорце на Космету нико није малтретирао; Дража Марковић, Живан Берисављевић, Борис Мужевић... тадашњи велики демократе и пророци.  
Време је најбољи показатељ а историја учитељица живота.  
Поражена струја са Осме седнице, која се преко ЖУТЕ странке Петооктобарским пучем, диригованим и финансираним од оних који су бомбама убијали и разарали Србију, а који су је од тада зајахали уништавајући и пљачкајући Српску државу и народ, покушава да српској јавности, као кукавичје јаје, наметне лажну и искривљену слику новије српске историје и стварности.  
Очито да то они чине, како многи у Србији тврде, обимно користећи “пронатовску РТС“, у којој имају велико и пресудно упориште. Добро зна српска јавност истину о Осмој седници и догађајима од пре тридесет година. Уосталом први пут до тада седницу је преносила Телевизија Београд.  
Овом смишљеном и преваранском пашквилом уредништво РТС је директно оптужило Србију и српски народ за распад Југославије, налазећи главне и блиске савезнике међу албанским сепаратистима и војвођанским аутономашима, који данас бесрамно цртају заставе Каталоније широм Војводине.  
Jош увек је доста живих судионика и новинара који су пратили ову историјску седницу, али, њихова аутентична сведочења не занимају Националну Телевизију... За њих је кључни сведок и арбитар, а уствари стварни аутор, нико други до њихов главни уредник Ненад Стефановић. То је еклатантан пример злоупотребе и приватизације Јавног сервиса свих грађана Србије.  
Осма седница није била, како тврдите, никаква „борба за власт“, “обрачун другова“, или „обрачун две струје у врху Државе и Партије“, наводни „обрачун између „демократске и ауторитарне Србије“...  
Осма седница је била сублимирани напор да се одговори на вишегодишњу кризу. Кључни проблем, као и данас, било је стање на Космету, где су Албанци насиљем над Србима и Црногорцима драматично мењали демографску структуру становништва, тежећи насилном отцепљењу и стварању албанске државе на српској територији. Косово и Метохија су били врх леденог брега, чији су појавни облици сепаратизма ескалирали до те мере да су се морали решавали брзо и ефикасно због животне угрожености српског народа. То је истина и никакве манипулације и лажи жуте пронатовске елите то не могу променити. То не може променити ни такозвани Јавни сервис грађана Србије, са чијом се злонамерном уређивачком политиком, ни ми, као и Александар Вучић, председник Републике Србије, ни у чему не слажемо. Уверени смо да је то мишљење и већине грађана Србије.  
Овом перфидном преваром, препуном лажи и манипулација, кројењем и прекрајањем изјава појединих учесника Осме седнице, РТС повампирује катастрофалну ДОС-овску политику, подржавајући терористе и сепаратисте, осуђујући актуелну политику Председника и Владе Србије окренуту помирењу у региону. Уредништво Радио телевизије Србије је овим показало и доказало чији је јавни сервис.  
И на крају: Осма, нити било која седница не ствара лидера, нити вођу. Лидера и вођу може створити само народ. 

[Udruzenje Sloboda, 7.10.2017.]


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Да ли је вријеме за изјашњавање о Милошевићевом наслеђу?

Пише: Момир Булатовић 

Улога Слободана Милошевића је била вишеструко значајна и немогуће ју је и даље третирати прећуткивањем.


Позив Александра Вучића, предсједника Републике Србије, на широки дијалог око Косова и Метохије са циљем да се утврди највиши могући степен националног јединства о том животно важном питању, заслужио је пажњу и реакције многих актера политичког живота. Не само у Србији. Разумије се да су ствари тек на почетку и да ће бити нужно наставак пропратити са највећом пажњом.

Власт има последњу реч о Косову

Позив на дијалог са првог мјеста у државној управи увијек заслужује похвалу, а нарочито када се ради о сложеном, а важном питању као што су одлуке о државној политици према Космету, као саставном дијелу територије и услову очувања државног јединства Србије. Посебно ако је намјера позивара да заиста саслуша све аргументе и уколико посједује способност да их, заједно са најширом јавношћу, оцијени по значају. Дијалог би тада постигао пуни смисао будући да би одлуке, које свакако морају донијети изабрани представници државе, имале веће шансе да буду озбиљно промишљене и усклађене са виталним државним интересима. Али, важно је имати у виду – било дијалога, или не, био он плодотворан или јалов, одлуке ће увијек припадати актуелном државном врху. И слава и срамота.

Кључне ријечи позива биле су реалност (која мора бити уважена) и митови (којих се, коначно, треба ослободити). То допунско објашњење није појаснило, већ је додатно повећало недоумице. Јер, већ се то видјело, реалност није једнозначна и за све актере иста. За неке су митови реалност, а реалност је за друге митска. Ипак, у том очекиваном колоплету истина и заблуда, стварности и привида, појављују се питања о којима се најрадије ћути. Иако се односе на несумњиву и прилично болну реалност, нераскидиво везану уз тему расправе.

Једно од њих је оцјена политике коју је према КиМ спроводио и персонификовао Слободан Милошевић. Од измјена Устава Србије и повратка КиМ у јединствени државни поредак, до оружане борбе против терористичке ОВК и НАТО агресора. Да ли је он био ратни злочинац, или борац за очување своје државе? До када може да траје завјера ћутања о чињеници да је, супротно законима ове државе, Слободан Милошевић био изручен Хашком трибуналу, да би тамо био свирепо уморен?

Да ли је 5. октобар 2000. године био почетак новог демократског „прољећа“ или се радило о наставку агресије коју је извршио НАТО? Коначно, од каквог је значаја чињеница да је Зоран Ђинђић, премијер Србије и дугогодишњи миљеник Запада, убијен у времену када је показао пуну одлучност да брани Косово и Метохију као нераздвојни дио Србије?

Питање Милошевићевог наслеђа

Неки одговори су већ дати, иако тек у назнакама. Након превише времена, државни врх Србије се придружио обиљежавању успомене на херојство војника са Кошара. Уз обећање да ће им убрзо бити посвећено трајно и достојно обиљежје. Коначно! Јер су такви хероји све то и још много више заслужили. Али ако су они хероји (што је несумњиво), зар такви нису и њихови команданти генерали Лазаревић и Павковић? И њихов врховни командант – Слободан Милошевић! Зар није тачно да је тзв. Ослободилачка војска Косова (ОВК) била на листи терористичких организација Стејт департмента САД у време када је СР Југославија почела борбу против ње?

Да ли је већ заборављено признање наших ондашњих противника, дато још 2005. године изјавом Строуба Талбота, замјеника државног секретара у Клинтоновој администрацији и главног америчког преговарача током рата?

„Док су нације широм региона тежиле да реформишу своју привреду, ублаже етничке тензије и успоставе грађанско друштво, Београд као да је уживао у континуираном кретању у супротном правцу. Није нимало чудо што су се Југославија и НАТО нашли у сукобу. Најбоље објашњење за рат који је НАТО започео јесте отпор Југославије ширим трендовима политичких и економских реформи, а не тежак положај косовских Албанаца.“

Улога Слободана Милошевића је, дакле, била вишеструко значајна и немогуће ју је и даље третирати прећуткивањем. Претходни предсједници Србије, Борис Тадић и Томислав Николић, ипак су се били опредијелили да о њој не говоре. Разумије се, то је више рекло о њима и њиховим способностима, него о самом Слободану Милошевићу. На реду је Александар Вучић. Готово да је прозвао сам себе.




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(english / deutsch / italiano)

3 ottobre 1990–2017: l\'Anschluss della DDR

1) Interview with the GDR’s Margot Honecker (2015)
2) Germania, Merkel in imbarazzo. Cresce la nostalgia per la Ddr (AffariItaliani.it, 2016)
3) FLASHBACK: Erich Honecker beim chilenischen Botschafter (1992)


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Interview with the GDR’s Margot Honecker — ‘The past was brought back’

By Workers World staff posted on November 16, 2015

Concerning the counterrevolution in 1989 in the German Democratic Republic (GDR), the return of capitalist disorder after its demise, holding a scientific world outlook, and the struggle of the Greek people against the dictatorship of the monopolies. An interview with Margot Honecker.

Interview: Antonis Polychronakis

Margot Honecker, born in 1927, former minister of education of the German Democratic Republic and widow of longtime Socialist Unity Party (SED) Secretary General and GDR State Chairperson Erich Honecker (1912-1994), had not commented publicly for a long time from her self-chosen place of exile near Santiago de Chile. In October, however, the Athenian and Macedonian News Agency (ANA-MPA) published the following interview in highly abbreviated form (the long version, published here, was reserved for subscribers). The German daily newspaper Junge Welt published the complete interview exclusively in the German language, and thanks the Greek colleagues for their kind permission to print. 

Workers World thanks both Junge Welt and the Greek journalists for permission to publish this interview, which contains much information about the history of the German Democratic Republic and its position on the front line of the class war between two social systems from 1945 to 1989. Translation from German by Greg Butterfield and John Catalinotto.

Antonis Polychronakis: How did the events of 1989 come about? How did you and your spouse personally experience them?

Margot Honecker: If you mean by “the events of 1989,” those of the fall of that year, and particularly the events in the GDR, which I describe as a counterrevolution, one would have to write books about it. And many indeed have already been written. That cannot be described adequately with a brief answer. Perhaps only this: There was an objective link between foreign and internal political factors. The arms race the United States in the Reagan era forced upon the Soviet Union reached its desired objective: that the Soviet Union armed itself to death. The consequent economic burden for the USSR led to serious social dislocations in the country, which meant that the leading power of the socialist camp could hardly do justice to its domestic and foreign policy responsibilities. The Soviet Union tried to regain mastery of its situation through reforms, and these were initially well intended. But soon the so-called reformers grabbed hold of the central foundations of politics and economics and steered a course toward economic disaster and the destabilization of society. The end result was the surrender of all Soviet achievements. It was not only that these changes were applauded in the West. Also, in some socialist countries neighboring the GDR, “reformers” were active and were supported by the West.

The GDR was involved in this global conflict. In the end, it was part of the socialist community. And in the 1980s, the GDR was also faced with the need to develop or correct its economic policies. There were shortcomings in supply, deficits in social life, which led to dissatisfaction. We have not always done our homework properly — partly from our own inability, partly we were blocked.

Obviously, we were unable to convince people and make them conscious of the actual social progress we made compared with a capitalist society dependent on exploitation, oppression and war. So many in the GDR believed they could join together the glittering world of commodities under capitalism and the social security of socialism. But, as Erich Honecker said in various speeches, capitalism and socialism are as hard to unite as fire and water.

How did we personally experience this? With concern for the future of all those people who had built with their labor this peaceful democratic republic, which had taken the difficult path, starting from the ruins of the fascist war and Nazi ideology. And personally, after his resignation in October, my husband was relieved of all his political functions. I resigned as national education minister even before the GDR Council of Ministers resigned in early November.

AP: How do you explain the “uprising” of the East Germans, as it is called in the West?

MH: It was not an “uprising.” There were demonstrations, but the workers were working on their jobs, the children went to school, social life continued. Most people who went into the streets in the fall of 1989 were expressing their dissatisfaction. They wanted to make changes and improvements. They wanted a better GDR. They were not demonstrating for its abolition. Not even the opposition wanted that. That there were also hostile forces among the opposition, which mainly gathered under the roof of the Church, cannot be denied. It is clear that the Federal Republic of Germany (FRG, West Germany–Junge Welt) was able to manipulate those who were discontented and finally to steer the movement for a better GDR. From the cry of “We are the people!” it became “We are one people!” In this way they found the lever they had been looking for since the beginning of the existence of the GDR, that of their declared intention to “liberate” the citizens in the East. Regarding this, we should remember: The Western powers have — working in conjunction with German capital and its pliant politicians — first split Germany and then baptized the German Federal Republic. That contradicted the sense of the provisions of international law making up the Potsdam Agreement of the four victorious powers in 1945, which required a unified democratic Germany.

We, that is, all the progressive forces of Germany, wanted the entire Germany to be a democratic, anti-fascist state. We never surrendered this goal, but were unable to reach it. The founding of the GDR was the result. Resurgent German imperialism fought by all means against it, and in 1989 it saw its opportunity to eliminate the GDR, the other Germany. For forty years it had failed to do this. It was only when the Soviet Union, which had allied with us, then dropped the GDR, that the Federal Republic was successful.

What ignited the fuse on the powder keg in 1989 was the increasing exodus of citizens of the German Democratic Republic to the Federal Republic of Germany. The West used all means available to fuel this. We had not managed to put plans to ease travel restrictions into place early enough. Even before 1989, GDR citizens had gone to the West, which reached out and recruited highly educated people. The motives for going to the West were different. Of course, the appeal of consumerism and free travel played a major role. West German propaganda never tired of claiming that those who left the GDR were voting with their feet against socialism. From 1990 until today, however, there are three million people who moved there from Eastern Germany, although now the same political conditions exist in the West as in the East. Why?

In the GDR there was no bloodshed, no civil war, no poverty or misery, all these reasons why today hundreds of thousands of people are leaving their homes in the Middle East (West Asia–WW) or in Africa to flee to Europe.

AP: In the West it was referred to as a “peaceful revolution,” but how could a “revolution” have been possible at all in a socialist state?

MH: A revolution, as I understand it, is a profound social upheaval aimed at the radical transformation of social relations and the liberation of the masses from exploitation and oppression. In this respect, overcoming the reactionary imperialist relations in Russia in 1917, or the creation of an anti-fascist democratic order in 1945 in the Soviet occupation zone in Germany, were revolutions. Capital was deprived of its power to continue to rule over the people. If a reversal is carried out of the social and production relations that had been overcome earlier, and that’s what happened, that cannot be considered a revolution. It is, on the contrary, a counterrevolution.

Let me remind you that the socialist GDR was a guarantee of peace in Europe. It never sent its sons and daughters to war. The Federal Republic of Germany, however, participates in bloody wars that the U.S. and NATO instigate throughout the world. French Socialist Jean Jaurès (1859-1914–JW) underlined this connection: “Capitalism carries war within itself like the clouds carry rain.” And not only that. Capitalism also carries the seeds of fascism in itself. We had eradicated the economic roots of war and fascism in the GDR. The west of the country remained capitalist. In 1990, the GDR was absorbed into this society, which has caused so much harm in German history. The past was brought back. No one can name that “revolution.” 

AP: In your view, what role did [former general secretary of the Communist Party of the Soviet Union–WW] Mikhail Gorbachev play in this development?

MH: A few years ago, Gorbachev said during a lecture in Ankara that he had begun in 1985 to overcome communism. You can believe that or not. It is clear that, with his policy, he gambled away recklessly what the peoples of the Soviet Union and the other socialist countries had created at great sacrifice. The world was not changed for the better by the disappearance of the Soviet Union. Bloody wars, violence and terrorism are on the agenda. The judgment of history about the work of Gorbachev will not be positive.

AP: On November 9, 1989, the “anti-fascist protective wall,” the Berlin Wall, as the border was called in the West, fell. This year the 25th anniversary of “German Unity” was celebrated. Was the wall’s construction in 1961 necessary or was it a mistake?

MH: The construction of the “wall” was necessary; otherwise, there would have been war. The situation in the world was tense. The U.S. acted aggressively. With the pretext that there was a threat from the East, they further upgraded their military. In the attack against Cuba in the Bay of Pigs [April 1961–WW], the United States had just suffered a defeat. Since the end of World War II, Berlin smouldered, an unresolved issue. There were constant provocations. In June 1961, Khrushchev and Kennedy met in Vienna to negotiate the cessation of nuclear weapons tests and the conclusion of a peace treaty with Germany and the resolution of the West Berlin question. It came to a confrontation. The tone between the great powers intensified. Military maneuvers were held. The threat of war was in the air. And in this situation the border closing had to be taken up.

This was no arbitrary measure by the GDR. This border was a result of World War II, which German imperialism had instigated. The course of the boundaries of the [occupation] zone had been decided in the summer of 1945 by the victorious powers. The formation of a separate West German state, the FRG, (on May 23, 1949–JW), however, completed the division of Germany, and the line of demarcation between the Western zones and the Soviet-occupied zone was a state border.

This was not simply a state border, however, let alone an internal German border, as it always was called in the West. It was the western border of the Warsaw Pact, the Eastern defense alliance, and the eastern border of NATO. Those were the two most powerful military blocs of the world, which were carrying out a Cold War.

The border ran through Berlin — through the city — with its four sectors assigned to the four victorious powers in 1945. But the border in Berlin was open. Therefore, Berlin remained a permanent object of dangerous confrontations among the victorious powers, to the detriment of Berlin and to the detriment of the GDR.

The Political Advisory Committee, which was the governing body of the Warsaw Treaty states, decided in the summer of 1961 to close the border in Berlin and the western state border after they decided a military confrontation could no longer be ruled out. I do not think that one can call the prevention of a possible third world war a mistake.

The creation of clear conditions on the front lines of NATO and the Warsaw Pact facilitated the then incipient détente. It led to the Conference on Security and Cooperation in Europe, whose final accord was signed in 1975 in Helsinki, also by the GDR. It was an attempt to create a system of collective security on the continent. However, as we see today, with the fall of the Soviet Union and stepping up of the eastward expansion of NATO by the United States, this security structure has been destroyed.

AP: Where did you and your spouse witness the opening of the border?

MH: From our apartment.

AP: In your opinion, was (the recently deceased former secretary of the SED Central Committee for Information Science and Media Politics–JW) Günter Schabowski’s announcement of the opening of the border an accident, or was it, as (former West Berlin mayor–JW) Walter Momper claimed during an interview with Berlin Mayor Erhard Krack, known about or planned in advance?

MH: That is beyond my knowledge.

AP: What do you say about those who died at the Berlin Wall?

Yes, people died at the Berlin Wall — refugees and GDR border guards. For every person who has a violent death, it is regrettable. Everyone who died while trying to cross the border illegally was one too many. It brought suffering to the families. The political leaders grieved the death of the young people not less than their relatives, because these youth were not conscious of their responsibility for their own lives or, seduced by Western agents, accepted the risk to cross the border illegally.

After 1990, border guards were put on trial, although they had acted according to the law of the GDR. Even the leaders were tried and imprisoned, including party and state officials who had suffered years in Nazi penitentiaries and concentration camps because they had fought fascism. They were sentenced by FRG justice, which had never removed the fascists from its ranks.

AP: What was good in the GDR, and what should the socialist government have done better in order to save the “first socialist state on German soil”?

MH: In this state, each person had a place. All children could attend school free of charge, they received vocational training or studied, and were guaranteed a job after training. Work was more than just a means to earn money. Men and women received equal pay for equal work and performance. Equality for women was not just on paper. Care for children and the elderly was the law. Medical care was free, cultural and leisure activities affordable. Social security was a matter of course. We knew no beggars or homelessness. There was a sense of solidarity. People felt responsible not only for themselves, but worked in various democratic bodies on the basis of common interests.

The GDR was not a paradise. There were defects that complicated daily life, shortcomings in supply, and deficiencies in everyday political life. There were decisions made at various levels in which the people concerned were not always included. However, compared with the conditions now prevailing in most capitalist countries, it was close to heaven. More and more people who experienced life in the GDR understand that. After 25 years, a generation has now grown up which has no living memory of the GDR, because they’re too young. This suits the FRG propaganda: Forget about it. The longer the GDR is history, the thicker the lies that are spread about it.

To return to your question. We would have done much better had we talked openly with the people about the serious issues, about the worsening situation. You need to include them in solving problems. But whether we could have saved the GDR under the circumstances prevailing at that time — that’s doubtful.

AP: Much is said about the Stasi. How do you explain its existence in a workers’ and peasants’ state?

MH: First of all: It was necessary. The first workers’ and peasants’ state on German soil was a thorn in the capitalists’ side. They fought it by every means. From the outset, the GDR was under attack. Sabotage, infiltration by agents who did not shy away from acts of terrorism, was the order of the day. All the intelligence services in the world were sitting in West Berlin. On Teufelsberg [A hill in West Berlin, site of a major National Security Agency surveillance station during the Cold War–WW], the Americans listened hundreds of kilometers into the East. 

The GDR maintained foreign intelligence and defense under the umbrella of the Ministry of State Security. That was a legitimate and legal institution, which exists in all other countries on earth. The “Stasi” was blown up into a monster after 1990, its employees denounced, lies spread about them and their institution, books printed, films produced and museums set up to spread horror stories about the terrors that the “Stasi” allegedly committed. 

Slowly citizens are recognizing that monitoring and spying by secret services today is far more intense and total than anything the small GDR could afford or want. As long as the GDR had to resist the attacks of hostile forces, state security was a necessity. There’s no longer a GDR, so you do not need a “Stasi” any more. I think intelligence services are currently not only more dangerous than they were then, but also unnecessary. They ought to be abolished worldwide.

AP: You are personally accused of militarizing schools in the GDR as minister of education by introducing civil defense lessons. Is that true? 

MH: It’s not surprising, however, that I’m not accused of having participated in an education system where all children between three and six years attended preschool and then primary school, where they were taught by well-trained educators in the spirit of humanism, peace and respect for other peoples. Yet because there were a few hours of civil defense classes, does that mean I militarized the whole education system?

The introduction of these classes sprang from a common opinion of the responsible ministers, myself included, that it would be useful to provide some basic knowledge before military service, in accordance with our legal obligation for 18 months of mandatory service for young men in high school. Maybe it was not our best idea, but hindsight is always easier.

AP: Do you remain loyal to Marxism-Leninism and still call yourself a communist, and, if so, why?

MH: I not only consider myself one — I am a communist. Loyalty is probably not the appropriate term.  Marxism-Leninism is an ideology, a method of investigation to understand the world, the laws according to which it moves, so you can orient yourself in the world. Some believe in a divine will, others in a predetermined fate. We communists are materialists. We follow a scientific outlook, which assumes that the society and everything that arises in it are the work of human beings. Exploitation and oppression are neither divinely ordained, nor are these evils acceptable. We have to fight for a humane, fair, peaceful world, and today that is more urgent than ever. We must refuse to allow that people perish from war, hunger and disease, and that natural resources and the livelihood of the people be depleted or destroyed by ruthless capitalist exploitation, solely for profit. If humanity is to have a future, the power of the banks and corporations must be broken. They will not give up their power voluntarily.

AP: Do you still maintain contact with your former comrades, such as the German Communist Party (DKP) or the Greek Communist Party (KKE), or with others?

MH: I am most closely associated with the German Communist Party and the Communist Party of Germany (KPD), as well as comrades from the Left Party. I have many contacts with citizens in Germany — people I have never met in person — who write to me today. Some visit me here in Santiago de Chile. Thanks to the Internet, I have connections in all directions and they inform me about everything that happens in the world. To live in the Andes in South America doesn’t mean to sit on the moon.

AP: How do you evaluate the current developments in Europe, especially in Greece, both the economic — keyword: tough austerity – and political — keyword: Syriza in power — situation?

MH: Objection: Syriza indeed took over the government, and won again, but it has no power. The power in Greece still belongs to domestic and increasingly to foreign capital.

This Europe is divided between those above and those below, between rich and poor, between wealthy and impoverished countries. The rivalries of the great powers for dominance and profits are increasing. From the beginning, this Europe has been a project of monopoly capital, an imperialist structure to consolidate its power. The policy of democratic and social degradation is enshrined in the EU treaties, dictated by the interests of multinational corporations. The strong states push the weak to the edge, into the abyss.

Among the left there was an idea that this Europe could be reformed. But the extortionate attitude of the European authorities towards Greece has demonstrated that this is an illusion. Those who dictate to the Greeks demand privatization according to the model of the GDR economy, by means of a trust agency and privatization. In the GDR, this instrument has done great evil. Factories were shut down and powerful enterprises returned to the corporations from which they had once been taken by referendum after the war and transferred to public ownership. The result was a massive deindustrialization of the GDR. Hundreds of thousands lost their jobs overnight. Pure capitalism was imposed on the GDR, the East. Also in West Germany, the rights won by the workers began to be dismantled, because the socialist state next door had disappeared. 

With concern, I watch the dictatorship of the monopolies growing steadily and aiming to raise German imperialism to the hegemonial power of the continent. Twice between 1914 and 1945 they tried to achieve this goal at gunpoint and failed. They have never given up their quest for world domination, and have always been and are ready to plunge into military adventures.

I’ve followed the development of Syriza with sympathy, as I join in sympathy with every protest against the dictatorship of the monopolies, any movement that tries to halt this capitalism using democratic rules.

But we must be realistic. The “International of the Powerful” still faces no strong power on the side of the downtrodden and oppressed. Consistent and effective activity by the anti-monopoly left is lacking in European countries, nor is there adequate international solidarity and common alliances.

In Greece, the Empire struck hard and smashed the illusion that this Europe could be reformed. Through these methods no other Europe can arise.

AP: Is socialism still an alternative in general and for Europe in particular?

MH: What else! If humanity does not want to sink into barbarism, it is the only alternative.

AP: How are you living now? You lost the lawsuit against the Federal Republic of Germany for your confiscated assets.

MH: “Confiscated assets” sounds like a big deal. It concerned our savings. We — like all citizens of the GDR — had savings in the bank. You may know that citizens of the GDR had their pensions reduced arbitrarily, and this injustice continues to this day. I receive a normal retirement pension, because even for me, the legal rules for all German citizens apply.

AP: Do you have a message for the Greek people suffering from the harsh measures of the so-called institutions?

MH: I think with feelings of solidarity, sympathy and respect for the people living there. I share some warm memories with Greece, even though I was never there. When I hear Greece, I think of Manolis Glezos, who took down the swastika flag from the Acropolis, as I fought in Germany against the same fascist enemy. I think of the Greeks who were given asylum in the GDR, especially the Greek children who found a home with us, when the fascist colonels staged a coup in 1967. I think of Mikis Theodorakis, whom hundreds of thousands of children from the GDR sent solidarity cards to in jail. His music, the music for the “Canto General” of the Chilean, Pablo Neruda, which rang in the GDR, also moved me.

Greece has survived many difficult trials in its history. I think it will survive this too. We say: those who fight may lose — but those who do not fight have already lost. And the Greeks know how to fight for their rights and for their home, as they have proven repeatedly in their history. The solidarity of many friends around the world is with them.

(Source: www.jungewelt.de/2015/11-11/059.php)


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Germania, Merkel in imbarazzo. Cresce la nostalgia per la Ddr

L\'INCHIESTA DI AFFARITALIANI.IT - A dividere la Repubblica Federale non è solo la politica sui migranti. C\'è dell\'altro. Un qualcosa che è intrinseco nella società teutonica, tanto da far arrossire molti politici da Berlino a Monaco di Baviera

Sabato, 30 gennaio 2016

Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)


Siamo proprio sicuri che la Germania di Angela Merkel, quella che vuole impartire lezioni a tutta Europa (Italia compresa), sia un paese forte e unito? Non proprio. E a dividere la Repubblica Federale non è solo la politica sui migranti, con il 40% dei tedeschi che vorrebbe le dimissioni della Cancelliera. C\'è dell\'altro. Un qualcosa che è intrinseco nella società teutonica, tanto da far arrossire molti politici da Berlino a Monaco di Baviera. Quest\'anno, a novembre, saranno passati ben 27 anni dalla caduta del Muro del Berlino, eppure basta andare sulla East Side Gallery (la galleria a cielo aperto del Muro) a Friedrichshain, vicino al Oberbaumbrücke, per poter acquistare un vero e proprio frullato (o gelato) originale made in Ddr. Sembra quasi uno scherzo, invece non lo è. E il tutto viene preparato seguendo alla lettera la ricetta originale dell\'Est. La macchina del ghiaccio è una Elke del 1982, anch\'essa originalissima.

Da qualche mese i turisti, ma soprattutto moltissimi ex cittadini della Germania Orientale, vengono quasi ogni giorno alla \'Ddr Softeis\' per gustare il sapore del passato. Un passato ufficialmente morto e sepolto, ma che in molti cittadini continua a vivere. Più forte di prima. L\'abbigliamento di chi lavora nella gelateria Ddr è tipico dei Pionieri, l\'organizzazione socialista dei giovani comunisti del vecchio regime tedesco-orientale. La musica sparata ad alto volume è rigorosamente dell\'Est (prima del 1990, ovviamente). Ci sono tantissimi altri esempi, nati tutti negli ultimi mesi, di come lo stato nello stato, ovvero la vecchia Germania Orientale nell\'attuale Germania di Angela, continui a vivere. Molto successo sta avendo anche il DDR-Hostel, un ostello per giovani dove tutto è come ai tempi della Ddr. C\'è perfino una stanza chiamati Stasi, l\'ex polizia segreta sulla quale tanti film sono stati girati.

Ciò che sta accadendo in Germania viene studiato a livello sociale e politico. Nessun partito, tantomeno la Linke, l\'estrema sinistra che ha inglobato i post-comunisti della Pds-Sed, vogliono il ritorno della divisione, del Muro e dei due stati. Eppure dilaga la Ostalgie, termine con il quale si indica la nostalgia per la Ddr, in modo forse superiore di quanto non accadesse dieci o quindici anni fa. E la riscoperta del passato non riguarda soltanto gli anziani o comunque chi realmente ha vissuto sotto il regime comunista, ma anche le nuove generazioni nate dopo il 1990. E\' il segno che qualcosa è andato storto. L\'idea che il capitalismo occidentale potesse in pochi lustri cancellare 40 anni di socialismo reale è una pia illusione. La Merkel evita di parlare di questo fenomeno. Per lei, cresciuta nella Ddr e protagonista della svolta con Kohl nel \'90 che porta all\'annesione alla Repubblica Federale, è un tabù imbarazzante e quindi un argomento da evitare assolutamente.

Ma chi vive in Germania, specie in Sassonia o in Turingia o nel Brandeburgo, così come a Berlino Est (ex), sa perfettamente che l\'Eldorado dell\'Ovest ricco e opulento era solo una favola. La Germania resta il paese locomotiva dell\'Europa ma al suo interno le divisioni, economiche e culturali, sono ancora enormi e per certi versi perfino aumentate negli ultimi anni. Alla base di quel 40% che vorrebbe le dimissioni della Merkel non c\'è solo la politica verso i migranti ma anche il fallimento, almeno parziale, di un processo di unificazione del paese che a quasi trent\'anni dalle immagini ormai sbiadite delle Trabant che varcavano i confini Est-Ovest è ancora in alto mare. Come dimostrano i frullati sulla East Side Gallery, le divise dei Pionieri e gli ostelli Ddr.


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... la ciliegina numero 1000 sarà quella della secessione del Veneto e di tutti gli altri? O quella dell\'Unione Europea che salta in aria? Nemesi storica: chi di secessione ferisce di secessione perisce ...

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_serbia_accusa_lunione_europea_di_ipocrisia_sullindipendenza_catalana/82_21644/

La Serbia accusa l\'Unione Europea di ipocrisia sull\'indipendenza catalana

«La domanda che ogni cittadino della Serbia ha per l\'Unione europea oggi è: come mai nel caso della Catalogna il referendum sull\'indipendenza non è valido, mentre nel caso del Kosovo il processo di secessione è stato autorizzato anche senza un referendum»

03/10/2017 – da teleSUR

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha criticato l\'Unione Europea accusandola di «doppio standard e ipocrisia» per aver bocciato il referendum catalano riconoscendo nel contempo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia nel 2008. 
«La domanda che ogni cittadino della Serbia ha per l\'Unione europea oggi è: come mai nel caso della Catalogna il referendum sull\'indipendenza non è valido, mentre nel caso del Kosovo il processo di secessione è stato autorizzato anche senza un referendum», ha chiesto Vucic durante una conferenza stampa a Belgrado.
«Quindi, la Catalogna non può e il Kosovo può - non sarà mai data una risposta su questo dato ai serbi ... questo è il miglior esempio dei doppio standard e dell\'ipocrisia della politica mondiale».



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