I migliori segreti hanno uno scopo. Il cartello mafioso che governa la Bulgaria si è fatto beccare mentre forniva, su richiesta della CIA, droga e armi ad Al-Qa’ida e a Daesh, sia in Libia che in Siria. Il caso è tanto più grave in quanto la Bulgaria è un membro della NATO e dell’Unione Europea.
Informazione
Ecco come la Bulgaria ha fornito droga e armi ad Al-Qa’ida e a Daesh
Traduzione
Matzu Yagi
[1] “Bulgaria’s most popular politician: great hopes, murky ties”, John Beyrle, May 9, 2006.
[2] “Bush’s Bulgarian Partner in the Terror War Has Mob History, Investigators Say”, Jeff Stein, U.S. Congressional Quarterly, May 2007.
[3] Die neuen Dämonen, Jürgen Roth, 2008.
[4] The Assassins: A Radical Sect in Islam, Bernard Lewis, Weidenfeld & Nicolson, 1967.
[5] “La Bulgaria non ritiene Hezbollah responsabile dell’attentato di Burgas”, Rete Voltaire, 7 giugno 2013.
[6] « Mise à jour d’une nouvelle filière de trafic d’armes pour les jihadistes », par Valentin Vasilescu, Traduction Avic, Réseau Voltaire, 24 décembre 2015.
[7] “Chi ha sabotato il gasdotto South Stream”, di Manlio Dinucci, Tommaso di Francesco, Il Manifesto (Italia), Rete Voltaire, 10 giugno 2014.
[8] « US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop » and « Excerpts from Pentagon’s Plan : "Prevent the Re-Emergence of a New Rival » », Patrick E. Tyler, New York Times, March 8, 1992. « Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower », Barton Gellman, The Washington Post, March 11, 1992.
[9] “Blocco del South Stream, lo «schiaffo» degli Usa all’Europa”, di Manlio Dinucci, Il Manifesto (Italia), Rete Voltaire, 5 dicembre 2014.
[10] “La Siria al centro della guerra del gas nel Medio Oriente”, di Imad Fawzi Shueibi, Traduzione di Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 10 maggio 2012.
CGIL di Trieste
Coordinamento nazionale per la Jugoslavia ONLUS
Partito comunista d'Italia
Rifondazione comunista
USB
GIOVEDI' 14 GENNAIO ALLE ORE 11 PRESSO IL KNULP (via Madonna del Mare 7
Il 26 e 27 settembre la citta' di Trieste ha ospitato i concerti del Coro dell'Armata Rossa. Abbiamo approfittato dell'occasione per realizzare un piccolo esperimento, che consisteva nel fare le stesse domande sia agli spettatori dello spettacolo, sia ai cittadini di Trieste che incrociavamo per strada. Nella scelta degli intervistati abbiamo cercato di rispettare l'eterogeneita' della popolazione. Non abbiamo tagliato alcuna risposta scomoda. Ecco il risultato. Buona visione!
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=r7YYSCtYzMw
Interverranno l’autore Luciano Patat e il segretario del Centro Gasparini Dario Mattiussi
Glasbena spremljava/Commento musicale: NO-BEL
A Gorizia per l'ennesima volta avviene celebrazione della XaMas e battaglia di Tarnova
Già rimosso il golpe dell'immacolata? Certo, a dover ricordare la lunghezza di quel nome, la cosa può essere anche comprensibile. Così come poter associare un golpe al giorno dell'Immacolata? Eppure... Come si può ricevere con ufficialità chi ha collaborato con i nazisti e fascisti? Si risponderà, hanno combattuto per l'italianità di Gorizia. E quindi tutto il resto deve passare in ultimissimo piano. Erano 214 quelli del battaglione Fulmine, ha combattuto per un paio di giorni contro l'esercito di liberazione Jugoslavo. E ne hanno prese anche tante. Non a caso quella battaglia, fulminea, ha evidenziato tutte le debolezze della Xa.
Quando fai una passeggiata in Istria, od a Zara, od in quella che è stata buona parte dell'ex provincia di Gorizia, molti italiani ti diranno, questa è stata terra nostra. E' vero. Lo sono state per un periodo inferiore agli anni di Cristo, ma le pietre sicuramente non parlavano e se parlavano non parlavano solo italiano, anzi. Terre occupate e conquistate nella grande carneficina che è stata la prima guerra mondiale. Discorso diverso per Fiume ( http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=15535 ), occupata con la nota marcia reazionaria, razzista, eversiva e militarista di D'Annunzio ed annessa all'Italia nel 1924 da e per Mussolini, per il tramite del burattino Re d'Italia. Ma l'Italia fin dal suo avvento ha non tanto sbagliato strategia, ma mostrato il suo lato peggiore, disumano, bestiale. Paese giovane, nato da e per diverse guerre, nato sotto il segno del sangue, quel sangue che verrà fatto sputare al popolo slavo. Sarà sotto il nazionalismo italiano che avverrà il simbolo delle persecuzioni contro gli sloveni, l'assalto del Narodni Dom, emulato poi a Pola. Ed il tutto ancora prima della marcia su Roma, anche se anticipata nella sostanza da quella su Fiume del 1919. E sarà in pieno fascismo che avverrà la stessa cosa a Gorizia, nel giorno della vittoria ( http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/10/la-faziosita-storica-del-comune-di.html ), nel 1926, colpendo il Trgovski Dom. Nazionalismo e fascismo, una continuità unica, che è stata la causa del male dell'Italia, il cancro di questo Paese. Il nazionalfascismo è stata la causa principale della "perdita" di quelle terre occupate e conquistate nella prima guerra mondiale, che di grande ha avuto solo il prezzo delle vite umane massacrate per qualche fazzoletto di terra di cui i soldati non conoscevano neanche l'esistenza. Ma nella storiografia del sistema, nelle canzoni, negli spettacoli, ed anche nei film che sono in arrivo, che trattano tale questione, non emerge alcun mea culpa. No. Un solo filo conduttore continua ad animare il tutto, che la colpa è stata degli altri non dell'Italia e del suo nazionalfascismo. Nazionalismo? Non pervenuto. Fascismo? Non pervenuto. La colpa è solo dei nazisti, la colpa è solo dei cattivi "schiavi slavo comunisti", o dei francesi, e degli americani, o degli inglesi, o dei neozelandesi, o dell'ex Unione Sovietica, o dei comunisti italiani filo-jugoslavi reputati traditori della patria e della Costituzione, ancor prima della nascita della nostra Costituzione. Eppure nel Paese che vive nell'apparenza della dottrina dei vangeli, pur essendo utopicamente Laico, ha continuato a gettare la prima pietra, come se fosse senza peccato, pur avendo da sempre peccato un peccato che non ha mai confessato e mai confesserà, perché per confessarlo è necessario un bagno di umiltà. Ricevere con ufficialità la XaMas, come previsto nella mattinata di sabato 16 gennaio, al quale seguirà anche una messa nella Chiesa dei Cappuccini in piazza S. Francesco(!) significa semplicemente voler continuare ad errare per mantenere un desolante status quo. Significa preservare nel peccato. Un peccato che pagherà, come sempre, Gorizia.
Marco Barone
https://www.cnj.it/documentazione/eversione.htm
University of Pennsylvania Press, 2014
256 pages | 6 x 9 | 6 illus. | ISBN 978-0-8122-4645-2
Marlene Spoerri is United Nations Officer at Independent Diplomat in New York City.
Pour le second mois consécutif, le mouvement de revendication populaire poursuit son avance, passant à travers tous les obstacles que l’oligarchie financière libanaise –représentée par les pouvoirs politiques- tente de mettre sur sa route, à commencer par les campagnes de désinformation contre certaines de ses composantes, la répression, les arrestations arbitraires et, surtout, les menaces proférées contre les fonctionnaires qui ont rejoint ses rangs...
http://www.michelcollon.info/Le-mouvement-populaire-libanais-et.html?lang=fr
LIBAN 2005-2015 : D’UNE « RÉVOLUTION » COLORÉE À L’AUTRE (Ahmed Bensaada, 8 octobre 2015)
En 2011, en pleine effervescence sur la place Tahrir, on questionna Srdja Popovic sur les activités de formations révolutionnaires du centre CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies) qu’il dirige à Belgrade. Il s’empressa de répondre, non sans une petite pointe de fierté : « Nous travaillons avec 37 pays. Après la révolution serbe, nous avons eu cinq succès : en Géorgie, en Ukraine, au Liban et aux Maldives »...
http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=323:liban-2005-2015-dune-l-revolution-r-coloree-a-une-autre&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119
oppure http://www.michelcollon.info/Liban-2005-2015-d-une-revolution.html?lang=fr
oppure http://fr.calameo.com/read/000366846977c5c2f325b
oppure http://fr.calameo.com/read/0003668465dbea75bc603
La Rivoluzione della Monnezza
Nel 2011, mentre piazza Tahrir era in piena effervescenza, Srdja Popovic venne interpellato sulle attività di formazione rivoluzionaria del centro CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies) che egli dirige a Belgrado. Si affrettò a rispondere, non senza una piccola punta di orgoglio: “Noi lavoriamo con 37 paesi. Dopo la rivoluzione serba, abbiamo ottenuto cinque successi: in Georgia, in Ucraina, in Libano e alle Maldive”. Nella fretta dimenticò di menzionare il quinto paese, il Kirghizistan. Aggiunse però: “E adesso l’Egitto, la Tunisia, e la lista si va allungando. Non abbiamo alcuna idea del numero dei paesi in cui è stato utilizzato il pugno di Otpor, forse una dozzina…” (1) Si tratta di una dichiarazione significativa, dimostra l’evidente relazione esistente tra le rivoluzioni colorate dei diversi movimenti di contestazione che hanno toccato il Medio Oriente, fino alla cosiddetta “primavera” araba.
Le rivoluzioni colorate
Queste rivoluzioni, che devono la loro denominazione ai nomi con i quali esse sono state battezzate (rosa, arancione, tulipano, ecc) sono rivolte che hanno sovvertito certi paesi dell’est o ex Repubbliche sovietiche agli inizi del 21° secolo. E’ il caso della Serbia (2000), della Georgia (2003), dell’Ucraina (2004) e del Kirghizistan (2005).
Diversi i movimenti che le hanno guidate: “Otpor” (Resistenza) in Serbia, “Kmara” (E’ abbastanza!) in Georgia, “Pora” (E’ l’ora!) in Ucraina e “Kelkel” (Rinascita) in Kirghizistan. Il primo tra tutti, Otpor, è quello che ha provocato la caduta del regime serbo di Slobodan Milosevic. Dopo questo successo, Popovic (uno dei fondatori di Otpor) ha creato CANVAS, con l’aiuto di attivisti del movimento serbo. Come ha ammesso lo stesso Popovic, il Centro ha aiutato, consigliato e formato tutti gli altri movimenti successivi. CANVAS ha formato dissidenti in erba in tutto il mondo, soprattutto nel mondo arabo, alla pratica della resistenza individuale non violenta, ideologia teorizzata dal filosofo e politologo statunitense Gene Sharp, il cui saggio “From Dictatorship to Democracy” (Dalla Dittatura alla Democrazia) è stato il supporto ideologico di tutte le rivoluzioni colorate e della “primavera” araba (2)
Sia CANVAS che i vari movimenti dissidenti dei paesi dell’est o delle ex Repubbliche sovietiche hanno beneficiato dell’aiuto di numerose organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia, come l’USAID (United States Agency for International Development), la NED (National Endowment for Democracy), l’IRI (International Republican Institute), il NDI (National Democratic Institute for International Affairs), Freedom House e l’OSI (Open Society Institute). Queste organizzazioni vengono finanziate dal bilancio USA o da capitali privati statunitensi, Per esempio, la NED riceve stanziamenti votati dal Congresso e i fondi vengono gestiti da un Consiglio di amministrazione nel quale sono rappresentati il Partito Repubblicano, il Partito Democratico, la Camera di Commercio degli Stati Uniti e il sindacato USA American Federation of Labour-Congress of Industrial Organization (AFL-CIO), mentre l’OSI è legata alla Fondazione Soros, dal nome del fondatore, George Soros, il miliardario statunitense, illustre speculatore finanziario (3).
E’ dimostrato che queste stesse organizzazioni hanno aiutato, formato e messo in rete i cyber-dissidenti arabi, protagonisti della famosa “primavera” che ha sovvertito i loro paesi (4). Si rilevano peraltro le “impronte” di queste organizzazioni negli avvenimenti di Teheran (Rivoluzione verde, 2009) (5), dell’Euromaidan (Ucraina, 2013-2014) (6) e, più recentemente, a Hong Kong (Rivoluzione degli ombrelli, 2014) (7).
La rivoluzione del Cedro
Secondo qualcuno, il più grande successo di CANVAS nella regione MENA (Middle East and North Africa) è stato certamente il Libano (Rivoluzione del Cedro, 2005) e il fallimento peggiore l’Iran (8). Ciò che spiega perché Popovic abbia fieramente menzionato il Libano come un trofeo del suo carniere “rivoluzionario” e non abbia fiatato sull’Iran.
La Rivoluzione del Cedro è stata un preludio della “primavera” araba, e dunque il primo paese arabo a conoscere questa “stagione” è stato il Libano. Si trattò di una serie di manifestazioni ammirevolmente bene organizzate che, agli inizi del 2005, chiedevano – tra l’altro – il ritiro delle truppe siriane dopo l’assassinio, il 14 febbraio 2014, del Primo Ministro libanese dell’epoca, Rafiq Hariri.
Eppure Shamine Nawani spiega, in un circostanziato articolo sul tema, che questa “rivoluzione” era stata già pianificata, quasi un anno prima della morte di Hariri. La cellula decisionale comprendeva un nocciolo duro di attivisti formato da tre amici: Eli Khoury, un esperto di comunicazione e marketing che lavora per Quantum e Saatchi & Saatchi, Samir Kassir, un saggista che dirige il Movimento della sinistra democratica (MGD), fondato nel settembre 2004 e il giornalista Samir Frangieh (9).
Insieme ad essi, i nomi di altri attivisti che hanno svolto un ruolo importante: Nora Joumblatt (moglie del leader druso, Walid Joumblatt), Asma Andraous (del gruppo 05AMAM, fondato dopo il 14 febbraio 2005), Gebran Tueni (all’epoca direttore del giornale An-Nahar) e Michel Elefteriades (musicista, produttore e uomo d’affari greco-libanese).
Gli stretti rapporti tra gli attivisti della Rivoluzione del Cedro e le organizzazioni statunitensi di promozione della democrazia sono stati spesso evocati.
Infatti il New York Post ha scritto (nel 2005) che, secondo fonti dei servizi di informazione USA, la CIA e altri organismi di intelligence europea hanno fornito denaro e sostegno logistico agli organizzatori delle manifestazioni anti-siriane per potenziare la pressione sul presidente siriano Bachar el-Assad e costringerlo a lasciare completamente il Libano. Secondo tali fonti, questo programma segreto era simile a quello messo in campo precedentemente dalla CIA per sostenere i movimenti “pro-democrazia” in Georgia e in Ucraina e che avevano anch’essi realizzato delle impressionanti manifestazioni pacifiche (10).
Alcuni attivisti, come Bassem Chit (morto nel 2014), hanno ammesso di essere stati contattati da Freedom House nell’ambito dei suoi progetti di “finanziamento di movimenti giovanili per contribuire al processo di democratizzazione”. Secondo Bassem Chit, Jeffrey Feltman, all’epoca ambasciatore USA, ha invitato molti dirigenti del movimento anti-siriano a pranzo, e ciò proprio durante la rivoluzione del Cedro. Afferma anche che l’ambasciata statunitense ha direttamente fomentato le manifestazioni anti-siriane (11).
Sharmine Narwani precisa, nell’articolo citato in precedenza, che Gebran Tueni era in contatto con Frances Abouzeid, direttrice di Freedom House ad Ammam (Giordania). E’ su suo consiglio che Tueni ha invitato i formatori di CANVAS a Beirut. E’ importante sottolineare che Freedom House è il più importante finanziatore del centro di formazione serbo.
I serbi di CANVAS hanno formato gli attivisti libanesi nei locali del giornale An-Nahar. Ivan Marovic, cofondatore di CANVAS, ha personalmente tenuto dei corsi di formazione alla resistenza non violenta.
Michel Elefteriades ha incontrato Marovic e i suoi colleghi ben prima del 14 marzo 2005: “Gebran Tueni mi telefonò per dirmi che doveva dare una mano a un gruppo di Serbi che venivano ad aiutarci. Questi avevano un’aria iper-professionale rispetto a quanto intendevano fare. Io vedevo la loro mano in tutto quello che succedeva. Erano degli specialisti delle rivoluzioni colorate”. E ha aggiunto: “Poi hanno cominciato a dirci che cosa bisognava fare e cosa no. Io li ho accompagnati a degli incontri con dei giornalisti – solo di media internazionali – coi quali si sono coordinati. Si conoscevano tutti molto bene (…). Ci hanno fornito una lista di slogan che dovevano essere trasmessi dalle televisioni occidentali. Ci hanno detto, a noi e ai giornalisti occidentali, dove collocare i nostri striscioni, quando sollevarli, e perfino quali dimensioni dovevano avere. Per esempio, chiedevano ai giornalisti di avvertirli delle fasce orarie in cui sarebbero passati, poi ci dicevano di regolare gli orologi e di brandire i cartelloni esattamente alle 15.05, l’ora nella quale i canali televisivi trasmettevano in diretta da Beirut. Era una sceneggiata assoluta” (12).
Da parte sua, Asma Andraous afferma che “tutte le organizzazioni statunitensi per la democrazia stavano là. Hanno insegnato ai giovani come fare attività di mobilitazione, cosa fare coi militanti fermati, erano tutti molto entusiasti” (13).
Qualche attivista ha dichiarato di essersi tenuto alla larga o di avere mantenuto le distanze dalle organizzazioni statunitensi o filo-statunitensi di promozione della democrazia. E’ il caso di Michel Elefteriades, che si sarebbe rifiutato di continuare a collaborare coi formatori di CANVAS, o di Bassem Chit, che avrebbe declinato le generose offerte di Freedom House. Altri hanno tentato di minimizzare il ruolo svolto da queste organizzazioni o sostenuto che esse erano entrate in campo solo in un momento successivo (14).
Tuttavia il modus operandi della rivoluzione del Cedro segue minuziosamente il protocollo delle rivoluzioni colorate organizzate da CANVAS. Tra i 199 metodi di azione non violenta elencati nel manuale di CANVAS (distribuito gratuitamente attraverso internet) citiamo a titolo di esempio la numero 33: “La fraternizzazione col nemico”, che si realizza sul campo attraverso l’offerta di fiori alle forze dell’ordine (in generale da parte di giovani e belle ragazze) (15). Tale azione si è riscontrata in tutte le rivoluzioni colorate, nei paesi arabi “primaverizzati” come nelle piazze di Hong Kong, durante la rivoluzione “degli ombrelli” (16).
D’altronde Aleksandar Maric, l’ex attivista di Otpor e formatore di CANVAS, non ha forse dichiarato che la sua organizzazione aveva stabilito contatti con i dissidenti libanesi, prima della rivoluzione del Cedro (17)? Questa precisazione ha il merito di confermare quanto riferito da Sharmine Narwani a proposito della pianificazione della “rivoluzione” ben prima dell’assassinio di Hariri.
Tutti inoltre hanno modo di vedere che il “Movimento del 14 marzo”, coalizione delle forze che si opponevano alla Siria creata dopo l’uccisione del Primo Ministro libanese, ha scelto come logo il pugno di Otpor, leggermente modificato con l’aggiunta di un ramo verde.
Ricordiamo che il pugno di Otpor è stato ampiamente utilizzato in diverse rivoluzione colorate e nelle manifestazioni che hanno contrassegnato la “primavera” araba (18).
Una curiosità riguarda il fatto che il nome “rivoluzione del Cedro” non è quello usato all’inizio dagli attivisti libanesi. Questi avevano scelto invece nomi come “intifada dell’indipendenza”, “intifada del Cedro”, “primavera del Libano” o “primavera del Cedro”.
Michel Elefteriades racconta che la parola “intifada”, che allude alle rivolte palestinesi, non piaceva agli specialisti di CANVAS: “Fin dal primo giorno, mi hanno detto che non dovevamo chiamare il nostro movimento ‘intifada del Cedro’, perché in Occidente la parola ‘intifada’ non gode di molta simpatia. Dicevano che l’opinione pubblica araba non è importante, che quella che conta è l’opinione pubblica occidentale. Allora hanno detto ai giornalisti di non usare la parola intifada” (19).
Infatti l’espressione “rivoluzione del Cedro” era più gradita alle orecchie dell’amministrazione Bush. Secondo il giornalista Jefferson Morley del Washington Post, il nome è stato inventato da Paula J. Dobriansky, la sotto segretaria di Stato alla democrazia e agli affari internazionali (2001-2009) durante le amministrazioni di Bush figlio. Esaltando la politica estera del presidente Bush, nel corso di una conferenza stampa tenuta il 28 febbraio 2005, ha dichiarato: “In Libano vediamo affermarsi una Rivoluzione del Cedro che unisce i cittadini di questa nazione nell’obiettivo di realizzare la vera democrazia e di liberarsi dall’influenza straniera. Segni di speranza si manifestano in tutto il mondo e non dovrebbe esservi dubbio che i prossimi anni saranno importanti per la causa della libertà” (20).
Tale identità di vedute tra CANVAS e l’amministrazione USA dimostra (una volta di più) una evidente concertazione, tenuto anche conto che il centro di formazione serba è prevalentemente finanziato da organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia, soprattutto Freedom House, IRI e OSI (21).
Occorre ricordare che Paula J. Dobriansky è non solo componete del CA di Freedom House, ma anche titolare della cattedra di Sicurezza Nazionale all’US Naval Academy. E’ anche socio fondatore del think tank neoconservatore “Project for the New American Century” (PNAC) che ebbe una notevole influenza sull’amministrazione di Bush figlio. Il suo nome compare tra i 75 firmatari di una lettera inviata nell’agosto 2013 al presidente Obama, che raccomandava al presidente di attaccare la Siria di “Bachar”, invitandolo a “rispondere in maniera decisiva e ad imporre misure che avessero delle conseguenze significative sul regime di Assad” (22).
Si ritrova il nome di Eli Khouri nella lista degli invitati ad una conferenza internazionale su “Democrazia e sicurezza”, tenuta a Praga (Repubblica Ceca) dal 5 al 6 giugno 2007. Un incontro che ha visto insieme molte celebrità nel campo della dissidenza, dello spionaggio, della politica e dell’accademia. Citiamo a caso l’ex presidente ceco Vaclav Havel, l’ex Primo Ministro spagnolo José Maria Aznar, il senatore USA Joseph Lieberman, l’ex direttore di Freedom House, Peter Ackerman, l’ispiratrice della rivoluzione arancione ed ex primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko o il neocon Joshua Muravchik, anch’egli membro del PNAC (23). Nel corso della conferenza, Khoury ha avuto anche occasione di intrattenersi con l’attivista egiziano Saad Eddin Ibrahim, col dissidente sovietico (attualmente israeliano), anticomunista e sionista, Natan Sharansky e con l’oppositore russo Garri Kasparov.
Ma quel che colpisce in questa lista, è il gran numero di partecipanti di primo piano provenienti da Israele; tra essi, l’ambasciatore israeliano nella Repubblica Ceca, Arie Arazi, e il suo omologo ceco, Michael Zantovsky, il responsabile economico dell’ambasciata israeliana negli Stati Uniti, Ron Dermer, oltre a molti universitari israeliani.
E tuttavia il clou della conferenza si è avuto, indubbiamente, con la presenza del presidente G.W.Bush, che ha approfittato dell’occasione per fare un discorso sulla libertà, la democrazia e l’attivismo politico (25).
La conferenza venne organizzata dalla “Prague Security Studies Institute” (PSSI) e lo “Adelson Institute for Strategic Studies” (25).
Finanziato, tra gli altri, dall’OSI, il PSSI conta tra i suoi consiglieri anche James Woolsey, ex direttore della CIA (ed ex presidente del CA di Freedom House), e Madeleine Albright, la 64° segretaria di Stato USA e, a tempo perso, presidente del CA di NDI (27).
Lo “Adelson Institute for Strategic Studies” è un istituto di ricerca creato con un generoso dono di “Adelson Family Foundation” (Miriam and Sheldon G. Adelson). Ha come finalità ”la valutazione delle sfide mondiali cui devono fare fronte Israele e l’Occidente” e lo studio delle questioni legate al progresso della democrazia e della libertà in Medio Oriente (28). Ricordiamo che Sheldon G. Adelson è un miliardario statunitense di origine ebrea e ucraina (come Natan Sharansky). Considerato uno dei più grandi mecenati dello Stato di Israele, egli finanzia, a colpi di milioni di dollari, viaggi di ebrei in Israele, con l’obiettivo di rafforzare i legami tra Israele e la diaspora (29). Infatti la principale mission della sua fondazione è quella di “rafforzare lo Stato di Israele e il popolo ebraico” (30). Secondo il giornalista Nathan Guttman, l’ideologia di Sheldon G. Andelson è un insieme di sostegno al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, di simpatia per il movimento dei coloni e di ostilità verso l’Autorità Palestinese” (31).
Di fatto Eli Khouri non è uno sconosciuto per l’amministrazione statunitense. Il cablo Wikileaks “06Beirut1544_a” ci rivela che circa un anno prima di questa conferenza egli fu tra gli invitati ad un pranzo offerto dall’ambasciatore statunitense in occasione della visita di Kristen Silverberg, segretario di Stato aggiunto alle organizzazioni internazionali. Jeffrey Feitman indica Khouri come direttore generale di Saatchi & Saatchi (una compagnia pubblicitaria) e lo descrive come uno “stratega della pubblicità e un esperto creativo” che ha contribuito al “branding” della rivoluzione del Cedro (32). In realtà il ruolo di questa compagnia è stato tanto importante che qualcuno non esita a definire la rivoluzione del Cedro come la “rivoluzione Saatchi” (33) o anche, tenuto conto del ruolo avuto anche dalle organizzazioni statunitensi, di “rivoluzione patrocinata da USAID e da Saatchi & Saatchi” (34).
E non è tutto. Eli Khoury è cofondatore di “Lebanon Renaissance Foundation” (LRF), una ONG fondata nel 2007 a Washington, che si definisce “una organizzazione educativa indipendente, non governativa e non settaria, i cui fondatori sono stati coinvolti in ragione delle rispettive attività professionali nella promozione della pratica della non violenza e dell’attivismo democratico” (35). Si ritrovano in questa descrizione le espressioni care ai “profeti” delle rivoluzione colorate, Srdja Popovic e Gene Sharp.
Questa fondazione è una “organizzazione che riceve una parte sostanziale di mezzi da un governo (USA) o dal grande pubblico” (36). Dopo avere ricevuto sostanzialmente fondi governativi statunitensi, finanzia a sua volta diversi programmi o organizzazioni con sede in Libano. Citiamo a titolo di esempio il “Sustainable Democracy Center”, una ONG libanese che è finanziata anche da USAID e NED (2003 e 2005) (37) o l’ ONG MARCH che anch’essa riceve, direttamente o indirettamente, sovvenzioni provenienti da diverse organizzazioni statunitensi per la democrazia (NED, USAID, ecc). Maggiori dettagli saranno dati su queste due ONG libanesi nella sezione seguente.
Secondo quanto risulta dalla sua dichiarazione dei redditi 2013 (38), LRF ha finanziato il “Lebanese Advocacy and Legal Advice Center” (LALAC), una organizzazione di lotta contro la corruzione che riceve fondi anche dal “Center for International Private Enterprise” (CIPE) (39), uno dei quattro satelliti della NED (40). Bisogna sapere che il centro LALAC è una iniziativa del “Lebanese Transparency Association” (LTA), una ONG libanese fondata nel 1999 e che è sovvenzionata dal CIPE, dal NDI, dal MEPI e dall’OSI (41). Il MEPI (Middle East Partnership Initiative) è un programma che dipende direttamente dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti attraverso l’Ufficio per gli Affari del Medio Oriente (42).
Infine è importante ricordare che Samir Kassir e Gebran Tueni non hanno sfortunatamente avuto la possibilità di partecipare al pranzo offerto dall’ambasciatore Feltman, né alla conferenza internazionale su “Democrazia e Sicurezza”: sono stati assassinati, rispettivamente, il 2 giugno 2005 e il 12 dicembre 2005.
Come nel caso dell’Ucraina dopo la rivoluzione arancione (43), le organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia non hanno lasciato il Libano dopo la rivoluzione del Cedro, al contrario. I rapporti della NED dimostrano che, tra il 2005 e il 2014, questa organizzazione ha distribuito più di 7 milioni di dollari alle ONG libanesi. Tra il 2005 e il 2012, solo la NDI ha ricevuto più di 2 milioni di dollari per finanziare le proprie attività in Libano.
La formazione e la messa in rete dei cyber-attivisti arabi ha portato alla creazione di quello che il giornalista francese Pierre Boisselet ha definito la “Lega araba del net” (44). Molte riunioni tra gli attivisti-blogger arabi sono state organizzate prima e dopo la “primavera araba”. I due primi “Arab Bloggers Meeting” si sono tenuti a Beirut. Il primo (dal 22 al 24 agosto 2008) ha riunito 29 blogger provenienti da 9 paesi arabi (Libano, Egitto, Tunisia, Marocco, Arabia Saudita, Bahrein, Palestina, Iraq e Siria (45). Nel secondo meeting, che si è svolto dall’8 al 12 dicembre 2009, il numero dei cyber-attivisti arabi ha superato 60 (46). Si sono incontrate le vedette arabe del net; i tunisini Sami Ben Gharbia, Slim Ammamou e Lina Ben Mhenni, gli egiziani Alaa Abdelfattah e Wael Abbas, il mauritano Nasser Weddady, il bariano Ali Abdulemam, il marocchino Hisham AlMiraat (alias Khribchi), il sudanese Amir Ahamad Nasr, la siriana Eazan Ghazzaoui, ecc (47)
La serie di manifestazioni che si sono svolte in Libano durante l’estate 2015 è stata chiamata da qualcuno “crisi dei rifiuti”, rivoluzione della “monnezza” o della “spazzatura” da altri. E’ nata a causa di un problema nella raccolta e nella gestione della spazzatura, ma le rivendicazioni dei manifestanti si sono rapidamente allargate e hanno preso di mira il governo, denunciando la corruzione e l’inerzia dello Stato.
Tra i leader più mediatizzati di questo movimento di contestazione, ricordiamo Imad Bazzi, Marwan Maalouf, Assaad Thebian e Lucien Bourijeilly.
Bazzi ha preso parte a diverse conferenze sul cyber-attivismo. Nel corso di una di queste, ha conosciuto i cyber-attivisti egiziani del “Movimento del 6 aprile” che hanno giocato un ruolo innegabile nella caduta del presidente Mubarak (Bassem Samir, Israa Abdel Fattah…) e le cui attività sono state finanziate da diverse organizzazioni statunitensi di promozione della democrazia (54). Questa conferenza era co-sponsorizzata da Google e Freedom House (55).
Nel 2011, l’università statunitense di Beirut ha organizzato la 16° conferenza annuale dell’ “Arab-US Association of Communication Educators” (AUSACE) (56). In questa iniziativa finanziata dall’OSI di Soros, Imad Bazzi era abbinato a Sami Ben Gharbia nel medesimo gruppo. Ricordiamo che Sami Ben Gharbia, co-fondatore del sito Nawaat, è un cyber-attivista tunisino di primo piano, molto impegnato nella “primaverizzazione” della Tunisia” (57).
Ricordiamo che Imad Bazzi è anche stato “program fellow” di Freedom House (58) e direttore del progetto “Sustainable Democracy Center”, precedentemente citato (59).
Il 5 settembre 2011, solo qualche mese dopo la caduta di Mubarak, Bazzi venne arrestato dalla polizia egiziana all’aeroporto del Cairo. Ha dichiarato alla fondazione “Maharat” (una ONG libanese finanziata dalla NED che milita per i diritti dei giornalisti)(60) che si stava recando in Egitto in quanto aveva ricevuto un incarico di consulenza da parte di una istituzione. E’ stato trattenuto per più di dieci ore, ed è stato interrogato sui rapporti con i cyber attivisti egiziani come Wael Abbas, In seguito è stato espulso e rispedito a Beirut (61).
Per concludere il ritratto, segnaliamo che Bazzi è membro del forum “Fikra”, un forum creato dalla lobbie filo-israeliana. Tra i partecipanti si ritrovano parecchi cyber attivisti arabi, come Bassem Samir, Israa Abdel Fattah o Saad Eddin Ibrahim nonché i dissidenti siriani Radwan Ziadeh e Ausama Monajed (ex componente del Consiglio nazionale siriano – CNS). E’ inutile dire che tutti questi “interventori” sono finanziati dalle organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia (62). Vi sono anche dei falchi neocon come Joshua Muravchik (ex collega di Paula J. Dobriansky) e anche il dr. Josef Olmert, fratello dell’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert (63).
Infatti dal 2008 al 2011 è stato direttore di programmi per Freedom House a Washington, addetto alla regione MENA, e particolarmente alla Siria, Tunisia e Algeria. Si è poi trasferito in Tunisia (dal 2012 al 2013) per dirigervi “l’Institute for War and Peace Reporting” (IWPR) (65). Questa istituzione, che “sostiene i reporter locali, i giornalisti cittadini e la società civile” e contribuisce “alla pace e al buon governo rafforzando le capacità dei media e della società civile a prendere la parola” (66) viene finanziato da diverse organizzazioni come la NED, l’USAID e il Dipartimento di Stato (attraverso l’ambasciata degli Stati Uniti a Tunisi e il programma MEPI) (67).
Secondo Martin Armstrong, giornalista britannico che lavora a Beirut, Assaad Thebian è il co-fondatore e il portavoce del movimento “Voi puzzate!”, oltre al principale organizzatore delle attuali manifestazioni (69).
Il 29 gennaio 2014 l’associazione libanese degli ex del MEPI ha organizzato un evento a Beirut, in presenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Libano, David Hale. Si trattava, in occasione del 10° anniversario del MEPI, di “rendere onore ai risultati eccezionali” di dieci “ex” del ramo libanese. Evidentemente Assaad Thebian faceva parte del gruppo (72). In tale veste, appoggiato il trofeo al pulpito, ha preso la parola per lanciare qualche frecciata al governo libanese, mentre il sig. Hale applaudiva (73). Un preludio della rivoluzione “ della spazzatura”?
Dal 2011 Thebian lavora come consulente nel campo dei media digitali e della comunicazione. Tra i suoi clienti figurano molte ONG, come la “Lebanese Association for Democracy of Elections” (LADE) e la “Civil Campaign for Electoral Reform” (CCER) (74). Una breve scorsa al sito del NDI permette di scoprire che questa organizzazione di “esportazione” della democrazia ha un partenariato di 17 anni con la LADE e lavora a stretto contatto con la CCER (75).
A differenza degli altri leader del movimento “Voi puzzate!”, Lucien Bourjeily è un uomo d’arte. Scrittore e regista è stato segnalato nel 2012 dalla CNN come una delle 8 personalità culturali più importanti in Libano. (76).
Nel 2013 sfidò il governo libanese con una pièce teatrale che criticava severamente la censura statale. La pièce intitolata « Bto2ta3 Aw Ma Bto2ta3 » (letteralmente “Tagli o non ti Tagli ?”) è stata censurata e questo le ha procurato una immensa pubblicità. Nel 2014 Bourjeily ha avuto altri problemi con le autorità libanesi per una storia di rinnovo del passaporto, incidente che ha agitato la blogsfera (77).
Il rapporto annuale 2014 della NED riferisce con chiarezza che obiettivo di MARCH è di “mettere su una produzione di « Bto2ta3 Aw Ma Bto2ta3 » e di documentare il lavoro svolto per ottenere l’approvazione di una pièce da parte della censura “(80) Missione compiuta: il divieto di rappresentazione della pièce è stato revocato il 25 settembre 2014 e la notizia è stata fortemente mediatizzata (81).
SKeyes è l’acronimo stilizzato di “Samir Kassir Eyes “ (Gli occhi di Samir Kassir, il leader della rivoluzione del Cedro). Il Centro è stato fondato a Beirut nel novembre 2007, dopo l’uccisione di Samir Kassir. Per quanto viene riferito nel suo sito, “il Centro intende essere un occhio vigile sulle violazioni della libertà di stampa e culturale; intende anche difendere i diritti dei giornalisti e degli intellettuali e la loro libertà di espressione” (82). Molti documenti dimostrano che SKeyes è finanziata dalla NED e dal NDI (83). D’altronde, prima di diventare direttore esecutivo di SKeyes nel 2011) Ayman Mhanna aveva lavorato per la NDI come direttore di programmi (2007-2011) (84).
Piccola precisazione: Lucien Bourjeily e Imad Bazzi sono entrambi componenti del consiglio consultivo di MARCH (85).
Gli attivisti di cui abbiamo parlato sono tra le figure più mediatizzate della rivoluzione della “spazzatura”, e la lista non si esaurisce qui. Ma il dissidente che rappresenta il trait d’union tra la rivoluzione del Cedro e quella della “spazzatura” è sicuramente Michel Elefteriades, una sorta di “anello mancante” del Libano rivoluzionario colorato. Dieci anni dopo, colui che fu in stretto contatto con gli specialisti della resistenza non violenta di CANVAS ritorna alla ribalta della contestazione popolare.
E utilizza il linguaggio apparentemente ingenuo del “profano” quando spiega la rivoluzione della “spazzatura”. “E’ una specie di rivoluzione popolare, un melange di molti movimenti – una dose di anarchia nel senso buono filosofico come l’insofferenza per ogni forma di centralizzazione del potere – è veramente un movimento popolare, quindi non penso che si fermerà”, ha dichiarato.
Per poi contraddirsi poco dopo: “Ci sono degli intellettuali e dei leader di opinione che monitorano (le proteste). Noi stiamo lì a verificare che non si prendano derive né che si intrometta qualche intruso per cercare di deviare le manifestazioni in altre direzioni”. (86).
Sull’onda della rivoluzione della “spazzatura”, Michel Elefteriades ha fondato “Harakat El Girfanine” (il movimento dei disgustati”) (87). Prova che non ha dimenticato le lezioni di CANVAS, Il logo di questo movimento, infatti, è appunto il pugno di Otpor e il nome ricorda quello dei cyber dissidenti sudanesi “Grifna” (ci siamo disgustati) (88).
Tanto più se si pensi che il Libano è un paese chiave nell’equazione mediorientale a cagione della sua vicinanza a Israele, le sue relazioni geopolitiche con l’esangue Siria e la presenza di un elemento di forte irritazione per gli Occidentali: Hezbollah.
E’ infine interessante fare un parallelo tra il Libano e l’Ucraina. Con un intervallo di circa dieci anni, entrambi i paesi sono stati teatro di due rivoluzioni “infiltrate”; le loro popolazioni non presentano uniformità nazionale (etnica, culturale o linguistica); sono geograficamente vicini a paesi di grande importanza politica per l’Occidente (Israele/Siria da un lato e Russia dall’altro) in modo da potere essere utilizzati come cavalli di Troia per raggiungere obiettivi geostrategici.
Le rivoluzioni arancione (2004) e del Cedro (2005) sono state tra i più grandi successi di CANVAS, Il coinvolgimento pianificato di violenti gruppi neonazisti durante l’Euromaidan (2013-2014) ha provocato drammatici sovvertimenti in Ucraina.
In Libano puzze “colorate” esalano dai mucchi di rifiuti che si ammassano nelle strade. E una questione si pone: che cosa partorirà la rivoluzione della “spazzatura”?
1) Journeyman Pictures, Documentario « The Revolution Business », data di uscita: 27 maggio 2011, Produzione ORF, Ref. : 5171, http://journeyman.tv/62012/short-films/the-revolution-business.html
2) Ahmed Bensaada, « Arabesque américaine : Le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éditions Michel Brûlé, Montréal (2011), Éditions Synergie, Alger (2012).
3) Idem
4) Idem
5) William J. Dobson, « The Dictator's Learning Curve: Inside the Global Battle for Democracy », Random House Canada Limited, Toronto, 2012.
6) Ahmed Bensaada, « Ucraina : autopsia di un colpo di Stato », parte 1° e parte 2°, in www.ossin,org, aprile 2014
http://www.ossin.org/ucraina/1548-ucraina-autopsia-di-un-colpo-di-stato-parte-i
http://www.ossin.org/ucraina/1549-ucraina-autopsia-di-un-colpo-di-stato-parte-ii
7) Ahmed Bensaada, « Hong Kong : un virus sotto l’ombrello », www.ossin.org, ottobre 2014
http://www.ossin.org/reportage-dal-mondo/reportage-estremo-oriente/56-cina2/1626-hong-kong-un-virus-sotto-lombrello
8) Tina Rosenberg, « Revolution U », Foreign Policy, 16 febbraio 2011, http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/02/16/revolution_u
9) Sharmine Narwani, « Ten years on, Lebanon's 'Cedar Revolution'», RT, 13 marzo 2015, http://www.rt.com/op-edge/240365-lebanon-revolution-anniversary-cedar-2005/
10) Niles Lathem, « Give Us Leb-erty! Protesters Slam Syria In Massive Beirut Rally», New York Post, 8 marzo 2005, http://nypost.com/2005/03/08/give-us-leb-erty-protesters-slam-syria-in-massive-beirut-rally/
11) Bassem Chit, « Lebanon: Some Things That Money Can't Buy », Socialist Review, n°306, maggio 2006, http://socialistreview.org.uk/306/lebanon-some-things-money-cant-buy
12) Vedi riferimento 9
13) Idem
14) Rita Chemaly, « Le printemps 2005 au Liban : Entre mythes et réalités », L'Harmattan, Paris, gennaio 2009
15) BBC News, « In Pictures : Beyrouth Protest », 28 febbraio 2005, http://news.bbc.co.uk/2/hi/in_pictures/4304639.stm
16) Vedi riferimento 7
17) Milos Krivokapic, « Les faiseurs de révolutions : entretien avec Aleksandar Maric », Politique internationale, n°106, inverno 2004-2005, http://www.politiqueinternationale.com/revue/read2.php?id_revue=20&id=77&content=texte&search=
18) Vedi riferimento 2
19) Vedi riferimento 9
20) Idem
21) Ahmed Bensaada, « Arabesque$: Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Éditions Investig’Action, Bruxelles, 2015, cap.1
22) Ahmed Bensaada, « Siria, il dandy e i falchi », www.ossin.org, settembre 2013
http://www.ossin.org/crisi-siria/1462-il-dandy-e-i-falchi
23) Democracy & Security International Conference, « List of participants », Praga 5-6 giugno 2007, http://www.democracyandsecurity.org/doc/List_of_Participants.pdf
24) Vedi riferimento 21 cap.4
25) FORA TV, « George W. Bush on Democracy and Security », http://library.fora.tv/2007/06/05/George_W__Bush_on_Democracy_and_Security
26) Democracy & Security International Conference, « Organizers », Praga 5-6 giugno 2007, http://www.democracyandsecurity.org/organizers.htm
27) Prague Security Studies Institute , « International Advisory Board », http://www.pssi.cz/pssi-boards/international-advisory-board
28) Vedi riferimento 26
29) Ynet News, « Richest US Jew pledges USD 25 million to Taglit - birthright Israel », 2 giugno 2007, http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3361888,00.html
30) Adelson Family Foundation, « Welcome », http://www.adelsonfoundation.org/AFF/index.html
31) Nathan Guttman, « Sheldon Adelson Is a Philanthropist Like No Other », Forward, 3 novembre 2014, http://forward.com/news/israel/208220/sheldon-adelson-is-a-philanthropist-like-no-other/
32) WikiLeaks, « Câble 06BEIRUT1544_a », https://www.wikileaks.org/plusd/cables/06BEIRUT1544_a.html
33) Michael Emerson et Senem Aydın, « Democratisation in the European Neighbourhood », CEPS, Bruxelles, 2005, p. 3.
34) Nabil Chehade, « Political Illustration : Lebanon and Beyond - Interview of Daniel Drennan », Design Altruism Project, 7 dicembre 2011, http://design-altruism-project.org/2011/12/07/political-illustration-lebanon-and-beyond/
35) Lebanon Renaissance Foundation, « Who We Are », http://www.lebanonrenaissance.org/whoweare
36) Melissa Data, « Lebanon Renaissance Foundation », http://www.melissadata.com/lookups/np.asp?mp=p&ein=910190501
37) SourceWatch, « Sustainable Democracy Center », http://www.sourcewatch.org/index.php/Sustainable_Democracy_Center
38) ProRepublica, « Research Tax-Exempt Organizations - Lebanon Renaissance Foundation », https://projects.propublica.org/nonprofits/organizations/910190501
39) Lebanon Renaissance Foundation, « Education », http://www.lebanonrenaissance.org/alteducation
40) Vedi riferimento 21, capitolo 2
41) The Libanese Transparency Association, « Annual Report 2008-2009 », http://transparency-lebanon.org/Modules/PressRoom/Reports/UploadFile/5719_31,07,YYannualreport.pdf
42) Per maggiori informazioni sul MEPI, vedi riferimento 21, capitolo 5
43) Vedi riferimento 6
44) Pierre Boisselet, « La “ligue arabe” du Net », Jeune Afrique, 15 marzo 2011, http://www.jeuneafrique.com/192403/politique/la-ligue-arabe-du-net/
45) Heinrich-Böll-Stiftung, « First Arab Bloggers Meeting 2008 », 22-24 agosto 2008, http://ps.boell.org/en/2013/11/05/first-arab-bloggers-meeting-2008-democracy
46) Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », 8-12 dicembre 2009, http://lb.boell.org/en/2014/03/03/second-arab-bloggers-meeting-statehood-participation
47) Per guardare le foto del « Second Arab Bloggers Meeting 2009 » : https://www.flickr.com/groups/1272165@N24/pool/with/4193262712/
48) Per conoscere la relazione tra gli « Stiftung » tedeschi e la NED, vedi riferimento 21, capitolo 2
49) Heinrich-Böll-Stiftung, « Bloggers meeting report 2009 - Blogging out of Repression and Passivity, into Democracy and Change », 8-12 dicembre 2009, https://lb.boell.org/sites/default/files/downloads/Bloggers_Meeting_Report_2009.pdf
50) Global Voices Advocacy, « Interview with Jacob Appelbaum from TOR », 14 dicembre 2009, https://advocacy.globalvoicesonline.org/2009/12/14/interview-with-jacob-appelbaum-from-tor/
51) Per un approfondimento su TOR, vedi riferimento 21, capitolo 3
52) Nicolas Dot-Pouillard, « Une « révolution des ordures » au Liban ? », ORIENT XXI, 2 settembre 2015, http://orientxxi.info/magazine/une-revolution-des-ordures-au-liban,1005
53) Alia Ibrahim, « Arab cyberactivists rapidly gain traction as crises continue », Al Arabiya News, 9 aprile 2011, http://english.alarabiya.net/articles/2011/04/09/144862.html
54) Per un approfondimento sui cyber attivisti egiziani, vedi riferimento 21, capitolo 4
55) IkhwanWeb, « Blogging Truth to Power in the Middle East », 3 marzo 2010, http://www.ikhwanweb.com/article.php?id=23498
56) AUSACE 2011, « Conference Program- Digital and Media Literacy: New Directions », 28-31 ottobre 2011, https://docs.google.com/spreadsheet/pub?hl=en_US&hl=en_US&key=0AkRlm628pZ6ddG9QbDdzbHNxajY4aktkMmp1UWNwNVE&single=true&gid=3&range =A1%3AB250&output=html
57) Mezri Haddad, « La face cachée de la révolution tunisienne », Éditions Apopsix, Paris, 2011.
58) Fikra Forum, « Imad Bazzi », http://fikraforum.org/?page_id=1783&lang=en&cid=62
59) LinkedIn, « Imad Bazzi – Anchor at Aljadeed FM », https://www.linkedin.com/pub/imad-bazzi/24/454/9b3
60) NED, 2014 Annual Report « Lebanon », http://www.ned.org/region/middle-east-and-northern-africa/lebanon-2014/
61) Maharat Foundation, « Lebanese blogger arrested in Egypt, deported to Beirut », 12 settembre 2011, http://www.ifex.org/lebanon/2011/09/12/bazi_denied_entry/
62) Ahmed Bensaada, « Gli attivisti della primavera araba e la lobbie filo-israeliana », www.ossin.org, settembre 2013 http://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/analisi/1472-gli-attivisti-della-primavera-araba-e-la-lobbie-filo-israeliana
63) Idem
64) Scarlett Haddad, « Marwan Maalouf, la tête dans les nuages et les pieds sur terre », L’Orient le Jour, 4 settembre 2015, http://www.lorientlejour.com/article/942496/marwan-maalouf-la-tete-dans-les-nuages-et-les-pieds-sur-terre.html
65) LinkedIn, « Marwan Maalouf – Human Right Lawyer », https://www.linkedin.com/pub/marwan-maalouf/1a/722/856
66) IWPR, « What we do », https://iwpr.net/what-we-do
67) IWPR, « Donors/Funders », https://iwpr.net/about-us/supporters
68) Menapolis, « Clients », http://menapolis.net/clients.php
69) Martin Armstrong, « Thousands rally in Beirut as trash piles up », Middle East Eye, 30 agosto 2015, http://www.middleeasteye.net/news/thousands-demonstrate-beirut-government-reforms-639890316
70) LinkedIn, « Assaad Thebian - Marketing & Digital Media Consultant », https://www.linkedin.com/in/assaadthebian
71) LinkedIn, « MEPI Alumni Lebanon Chapter », https://www.linkedin.com/groups?gid=3662444&goback=%2Enppvan_assaadthebian&trk=prof-groups-membership-logo
72) Kesserwen, « MEPI LAA Newsletter », 30 gennaio 2014, http://www.kesserwen.org/n/news.php?id=37804
73) YouTube, « Assaad Thebian: MEPI LAA Annual Dinner Speech », 29 febbraio 2014, https://www.youtube.com/watch?v=b2D2G_edbYk
74) United Nations Alliance of Civilizations, « Digital Tools for Newsgathering and Reporting Across Cultures Training Participant Bios », Aprile 2013, http://www.unaoc.org/wp-content/uploads/Digital-Tools-Training-Participant-Bios.pdf
75) NDI, « Where We Work - Lebanon », https://www.ndi.org/lebanon
76) Kesserwen, « 8 leading lights in Lebanese culture », 18 agosto 2012, http://www.kesserwen.org/n/news.php?id=22592
77) Nour Braïdy, « l’acteur Lucien Bourjeily récupère son passeport et crie victoire », Asdaa’, 24 mai 2014, http://asdaa.eu/2013-10-30-12-58-41/18-2013-10-31-11-02-33/808-l-acteur-lucien-bourjeily-recupere-son-passeport-et-crie-victoire
78) Vedi riferimento 60
79) MARCH, « Resources – Partners », http://www.marchlebanon.org/en/Resources-Partners
80) Vedi riferimento 60
81) Facebook, « MARCH », 16 octobre 2014, https://www.facebook.com/marchlebanon/photos/a.397998033570929.77264.348852438485489/741637102540352/?type=1
82) SKeyes, « Qui sommes-nous ? », http://www.skeyesmedia.org/fr/Who-We-Are
83) Vedi per esempio: Frank Smyth, « Animated journalist survival guide looks ahead », Committee to Protect Journalists (CPJ), 22 agosto 2013, https://cpj.org/blog/2013/08/animated-journalist-survival-guide-looks-ahead.php
84) LinkedIn, « Ayman Mhanna - Executive Director at Samir Kassir Foundation », https://www.linkedin.com/in/aymangmhanna
85) MARCH, « Missions and Objectives », http://www.marchlebanon.org/en/About-Us
86) Elsa Buchanan, « Lebanon You Stink protests: We are not Egypt, claims activist Michel Elefteriades », IBTimes, 25 agosto 2015, http://www.ibtimes.co.uk/lebanon-you-stink-protests-we-are-not-egypt-claims-activist-michel-elefteriades-1517010
87) Al Joumhouria, « Michel Elefteriades est “dégoûté et descend se promener à la place des Martyrs” », 24 agosto 2015, http://www.aljoumhouria.com/news/index/255178
88) Siavash Golzadeh, « Girifna – a part of Sudan’s non-violent history », Peace Monitor, 10 settembre 2013, http://peacemonitor.org/?p=836
A Christian boy, determined to create a proper community burial for his late grandfather, crosses enemy lines and makes friends among the Muslim majority in deeply divided, war-torn Kosovo.
My answer is crystal clear: hated based on fear of what’s different and diverse still lingers between the two ethnic communities.
And fear is the absence of love…
That’s why the hero in this story is a ten-year old boy who dares to do something unimaginable for both communities in Kosovo – Christian and Muslim: to gain a friend on the opposite side!
I wanted to make an antiwar film based on the eternal and edifying story about forgiveness and love.
– Goran Radovanović, Director –
Serbia’s nomination for best foreign-language Oscar turns clichés about the bitter civil war in Yugoslavia on their head.
Focused on a tiny Serb community living in a UN-protected enclave in Muslim Kosovo, Enclave – Goran Radovanovic’s second feature – looks at the legacy of ethnic cleansing and internecine conflict through the eyes of a small boy, Nenad.
Every day Nenad is taken to school from his father’s farm in a KFOR armored car to study alone in a school with no other pupils. Like any other boy of his age, all Nenad wants are some friends his own age. Each day, through narrow observation slits in the military vehicle he sees two Albanian boys and a shepherd boy – who has lost his father in the war and hates Serbs.
The film won an audience award last June after a competition screening at the Moscow International Film Festival.
– Source: HollywoodReporter
Reportaža RTS o protestu kosovskih Albanaca u Dečanima 18. decembra 2015. godine.
Kosovo Albanian nationalists staged a protest today in Dečani claiming that 50% of the Monastery land must be confiscated from the Monastery which is one of 4 UNESCO sites in Kosovo. The protesters were chanting UCK (the name of Kosovo Albanian war time militia)...
Nouveau coup dur pour le Kosovo : le Conseil de l’Union européenne a refusé, mardi 15 décembre, de donner son accord à la libéralisation du régime des visas. Une mauvaise nouvelle de plus, alors que le pays est en pleine crise politique...
Le Tribunal spécial chargé de juger les crimes commis par l’Armée de libération du Kosovo (UÇK) pendant la guerre de 1998-99 doit ouvrir en 2016. Le Parlement de Pristina a d’ailleurs approuvé cette décision en août. Mais depuis rien n’a avancé et les internationaux s’agacent...
Xhemshit Krasniqi, ancien soldat de l’UÇK, a été arrêté mardi lors d’une vaste opération d’Eulex et des unités des forces spéciales de la police du Kosovo à Prizren. Il est accusé de crimes de guerre commis au printemps 1999...
Oliver Ivanović, dirigeant serbe du nord du Kosovo favorable au dialogue et adversaire résolu des actuelles autorités de Belgrade, a été placé en résidence surveillée au terme de vingt mois de détention et de plus de six semaines de grève de la faim. Il est accusé de crimes de guerre, commis en 1999-2000 contre des civils albanais...
Con gli accordi Pristina- Belgrado del 25 agosto, le municipalità kosovare a maggioranza serba si uniranno in un'Associazione. Uno sviluppo che si presta a letture contrastanti...
C’est le prisonnier le plus célèbre d’Eulex. Depuis janvier 2014, le politicien serbe du Kosovo Oliver Ivanović, soupçonné de crimes de guerre, est en détention provisoire. Il a entamé une grève de la faim et vient d’être placé en soins semi-intensifs à l’hôpital de Mitrovica...
Posted on September 5, 2015 by Grey Carter
Serbian girl Jovana was only 11 years old when Albanian terrorists captured, beaten and detained iher together with rest of the family.
They were taken in a camp in the village of Klecka , Lipljan , along with her mother and grandmother . The camp was under direct rule and control of Fatmir Limaj (acquitted by the Hague cangaroo court) and Hashim Thaci.
Hasim Taci used to visit the camp. One day little Jvana was taken by the Albanian KLA bandits, Luan and Bekim Mazrreku, who, before the eyes of her mother and grandmother raped the eleven years old girl.
They tortured her, cutting her body parts for hour and forcing mother and grandmother to watch and listen…
When little Jovana was almost dead, they burned her alive, in the sight of the unfortunate mother and grandmother .
On 27 August, in the region of Klecka, at the height of 1,044 meters enabling the control of much of the region, the police uncovered a base of Albanian terrorists and a crematorium with the remnants of burned bodies.
According to witness accounts of captured Albanian terrorists Ljuan and Bekim Mazrek from Orahovac, those are the bodies of Serbs kidnapped by the terrorists in June. The terrorists abducted at the time close to one hundred citizens of Serb nationality – in the streets, in the fields, in the hospital, in pharmacies, but also in their homes and apartments. They have taken them in buses to Klecka and imprisoned them in improvised camps. >
There is reason to believe that most of the Serbs abducted in previous months have been killed there. It will be difficult to determine the number because the victims’ bodies were burned. So far, the remnants of 22 bodies were found. In one group of those shot, there were three elderly and two younger men, three women of the age of around thirty and two children aged seven to eleven. According to the accounts of captured terrorists, the KLA bandits have set up firing squadrons, numbering up to twenty “soldiers”. Following the pattern of Fascist reprisals, they tied the people, aligned them and shot them. Then they threw their bodies in a lime processing plant, an improvised crematorium.
“From a group of kidnapped persons, we snatched a girl. I heard someone calling her Jovana. I do not know if that was her mother. I was ordered to hold her while they raped her. Then one of the three commanders, Gani Krasnici told me to rape her. She was crying and screaming while we raped her, mumbling something in Serbian. We did not understand anything. Those who looked on were crying. Then we were told to take all women side and then gang raped them. Then Gani told us to mutilate them. The boy was around 8 years old. They were Serbs. At first, I did not want to do it, but later I had to. I cut off a woman’s ear and did not want to touch the child. The others did just about everything. They cut off their ears, gouged their eyes out and cut off their hands. I saw them gouging a woman’s eyes, both arms and then cutting both ears. I saw Skender Krasnici cutting off body parts, but I do no remember if it was a woman or a man. After that, the twenty of us were ordered to lign up and shot them. I was third in the group. In the firing squad there were also Dardan Krasnici, Skumbin Krasnici, Nebin, Ismet, Basken and Bekim Mazreku, Besim and Abazi Betici and Skender Krasnici. I do not remember the others.
The person’s arms were tied up in one group. When we were ordered to shoot, I said no, I could not. The girl I raped and a woman with a child, whose ear I cut off, came before me. When I saw them, I lifted the gun and said I was not going to shoot them, I have had enough. Daniel hit me over the face and took my automatic rifle away. He took me to the group that was to be shot and said I was to be shot too. Hasni Kidaj and Skender Krasnici came, pointing a gun at me and took me out from the group. All the time Gani was standing behind, holding a gun with a tromblone mine and said that I would be shot unless I shoot them. I did not have any choice, I had to shoot.
The man they called Tiger gave them order to shoot. Get ready, get ready, shoot. We all shot at once at the group. We were shooting while ammunition lasted. We checked whether they were dead and then shot again. There have been some 100 people in the camp, abducted Serbs and Albanians. I do not know how many, but they were mostly Serbs. There were less Albanians. Among those abducted, there were several policemen. All of them were previously mutilated or massacred before being shot. They were individually buried in graves, along the roads exiting Klecka, on the way to Sedlar village. The graves have not been marked at all.” Aslan Klecka was in charge of teaching us to pray and worship. He told us that after the banishment of Serbs the Albanians will be the most devoted of Moslems in the world”
On the scene of the monstrous crime the police had found a small cut off arm of Jovana, cut away from the elbow and partially burned …
[Zlocini brace Mazreku, pripadnika OVK, nad neduznim Srpskim civilima! Video svedocanstvo o zlocinima brace Mazreku.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=NBQNYRq82aY ]
Spasm of the little fingers seemed like begging for help and waving to mother and grandmother . When asked by Judge Danica Marinkovic how they found out that the girl who was raped and murdered was Jovana, one of the Mazrreku brothers said:
” When I ripped the girl from the hands of the mother , the woman was calling that name untill we finally executed her; and the old woman died too. Instantly . ”
Members of Serbian police in addition to other terrorists arrested and the two villains. The Mazreku brothers recognized and described the crimes that were committed in Klecka, and all what they did to little Orthodox Christian girl Jovana. All this was recorded by Judge Danica Marinkovic; they took statements , the cameras filmed the crime scene and the villains;
The Court pronounced the verdict and sent the monsters to prison . But the West made a strong diplomatic and non diplomatic pressure after the fall of Slobodan Milosevic; and they were – acquitted!! – with the generous support of some blackmailed and corrupted Serbs: Biljana Kovacevic -Vuco , Natasa Kandic , Sonja Biserko , Cedomir Jovanovic , Natasa Micic , Borka Pavicevic , Miljenko Dereta and other well-wishers to Albanian narco supliers, these criminals are free . I spoke about the little girl Jovana hundred times; I’m trying to record the names of the martyrs, who died for Orthodoxy, in order to save them for oblivion.
PHOTO: The collection of poems “Jovana”, written by Slavko Nikic, was named after the girl Jovania who was barely 11 years old when Albanian terrorists kidnappped, raped and killed in the most monstrous way in the village of Klecka in Kosmet. Together with her mother Albanian bandits hem into live fire. What is most amazing here, is the fact that the monsters were released from the Nis prison and acquitted.
My silent hope is that some Serbs, certainly better that us, picture Jovana on an icon, in front of which we all could pray .
Grey Carter
Posted on August 29, 2015 by Grey Carter
The Albanians who gathered to protest threw firecrackers and red paint at the police, RTS is reporting.
While three buses carrying the Serbs were leaving the monastery’s yard, a sizable group of people gathered at the end of the former Srpska Street, shouting slogans against Serbs and throwing firecrackers. The slogans included “Serbia cannot pass here,” and, “No reconciliation without justice.”
The police used tear gas and prevented them from approaching the IDPs as they were leaving the monastery. One person was detained during the breaking through the police cordon.
After a short while, the Albanians dispersed while the IDPs left the town safely with strong police escort, and headed toward the monastery of Visoki Decani.
Beside the numerous Kosovo police members who secured the monastery in Djakovica today, Italian soldiers from KFOR had also been deployed. The entrance to the street was closed to traffic.
Djakovica Mayor Mimoza Kusari Lila spoke with the police before the buses arrived “to make sure everything is ready for the visit.”
And it was.
Rocks, crowd, and Albanian mob eager to lynch…
As always the Albanian occupiers defend their criminal misdeed always by the same excuse: The War! The Albanians suffered!
(Reminder: In 2014 in some of the surrounding villages a mass grave with murdered Serbs was investigated, The human remains were discovered, and it was comfirmed that they belonged to victims of the KLA from the Albanian death camp for Serbs, “Likovci”.
EULEX Prosecution has brought an order for exhumation, autopsy and identification of the discovered remains. Before the Albanian and NATO occupation, there were thousands of Serbs living in Djakovica and the surrounding area.
Still, the Albanian ‘mayor’ shamelesly continues with propaganda:
“This municipality suffered a lot during the war and that must be respected – but we of course know that is according to the law, and we are ready for the believers to come in peace and we know they come because of religion, and not for other reasons. When we take into account there are many in our municipality still listed as missing and all the sufferings and the situation here, it is not easy,” said she.
There Must be Justice.
source: Blic
Kancelarija za KiM: Kamenovanje autobusa i napad na dečake upozorenje o bezbednosti Srba
Tanjug | 25. 10. 2015. – Kancelarija za Kosovo i Metohiju Vlade Srbije upozorila je danas da je kamenovanje autobusa sa srpskim hodočasnicima u Peći, prilikom obilaska crkve Svetog Jovana - Mitropolije u centru ovog mesta, "gromoglasno upozorenje" o stanju bezbednosti Srba i srpskih svetinja u našoj južnoj pokrajini.
Napad, koji je srećom prošao bez povređenih, dogodio se manje od 24 časa posle nasrtaja na grupu srpskih dečaka u selu Gornje Kusce, i pitamo se li je u ovim slučajevima reč o organizovanim nastojanjima da se Srbi na KiM zastraše, navodi se u saopštenju Kancelarije za KiM.
- Činjenica da se napad dogodio u prisustvu kosovske policije, svedoči o intenzitetu mržnje koja stoji iza incidenta i smelosti napadača. Ovakvi događaji, takodje, predočavaju na koliko je niskom nivou bezbednost Srba na Kosovu i Metohiji i poštovanje prava na slobodu kretanja i prava na veroispovest u južnoj srpskoj pokrajini - dodaje Današnji napad na hodočasnike, u trenutku kada se odlučuje o tome da li će samoproglašeno Kosovo biti članica Uneska, još jedno je upozorenje kakva sudbina može zadesiti srpske svetinje, sveštenstvo i vernike ukoliko se taj plan i ostvari, jer oni koji danas upravljaju tim delom naše teritorije očigledno ne žele ili nisu sposobni da stvore normalno i tolerantno društvo, poručuju iz kancelarije za KiM.
Kancelarija za Kosovu i Metohiju apeluje na nadležne organe i političke aktere u pokrajini, ali i međunarodnu zajednicu, da preduzmu odlučne mere kako bi se eskalacija nasilja zaustavila i prestalo sa stvaranjem takve političke klime koja očigledno inspiriše nejekstremnije među kosovskim Albancima na najgori moguć način.
Poslanička grupa Srpska lista, takođe je osudila kamenovanje autobusa sa srpskim vernicima u Peći, upozorivši da to već predstavlja kontinuirani talas nasilja nad Srbima.
- Juče su napadnuta srpska maloletna deca, danas je kamenovan autobus, šta je sledeće, šta je sutra? Ovo je već kontinuirani talas nasilja nad Srbima - navodi se u saopštenju Srpske liste.
I kosovski ministar za zajednice i povratak Dalibor Jevtić najoštrije je osudio ovaj, drugi incident u samo dva dana.
Bus with a group of Orthodox Christian pilgrims from central Serbia, was stoned during the visit to Metropolis in the center of Pec.
The bus was stoned at the moment believers came out of the church.
“In the presence of two patrols, that followed the bus, in front of the church of St. John in the center of Pec the bus windows were broken, and no one was injured,” Panić says.
Yesterday four Kosovo Serbian boys have been injured and beaten by a group of Albanians yesterday on their way from school near Kusce, Novo Brdo, One of the attackers has been arrested.
http://informer.rs/vesti/srbija/38242/ALBANCI-NAPALI-MOTKAMA-SRPSKE-DECAKE-Cetvorica-povredjena-jedan-u-bolnici-u-Gracanici
The prosecutor sentenced the suspect to 48 hours of detention, the Kosovo police from Pec said in the release.
Nobody was injured in the incident which occurred on Sunday at 2.15 p.m. but considerable material damage was inflicted to the bus.
The incident occurred despite of the presence of Kosovo police patrols, the witnesses said.
Kao i sve, tako je i pravda za preostale Srbe na Kosovu i Metohiji sporo dostižna. Toliko, da su od nje digli ruke.
Baka Persa je osuđena za remećenja javnog reda i mira i svakog dana čeka da joj policija zakuca na vrata i povede je u zatvor jer, kako kaže za “Alo!”, ni u ludilu neće da plati kaznu.
- Skoro celo imanje su nam uzurpirali. Ostalo nam je nešto malo, svega desetak ari, i sad oni dovode stoku na našu zemlju štetu da nam prave. Žive pet-šest kilometara od nas, a stoku sve dovode u našu mahalu. Stoka sve pogazila, pojela povrće, probila ogradu. Istrčala sam da je poteram iz svog dvorišta kad me je jedan od trojice braće dohvatio i motkom izudarao po butini. Njihov lekar Albanac me je pregledao, imala sam ogroman hematom. I sada ja da platim što sam branila svoje imanje. Ma neću iz principa, nego idem u apsu. Sin kaže da platimo jer pravde za nas Srbe dole nema, ali ja ne odustajem. Ako treba i sudu u Strazburu ću se žaliti - priča baka Persa, koja je o tada više puta bila na meti porodice Ibiši. Oni godinama vrše tetor nad gotovo svim Srbima u selu, otimaju im i uništavaju imanja, više puta su uhvaćeni u bespravnoj seči šuma, ali im, kako kažu meštani, niko ne može ništa.
- Svaki put kad me vide, pokazuju rukom preko grla i dobacuju da će biti krvi. Prošle godine me je najmlađi od njih uhvatio i pola sata mi držao sekiru iznad glave. Slučaj nije pokrenut jer tužilaštvo navodno nije imalo dovoljno elemenata za pokretanje. Komšija ne sme iz kuće od njih, ja ponekad izađem da naberem šljive, natočim vode i skupim granje za potpalu, ali sve u strahu. A oni mi dobacuju: „Šta si došla da nam smetaš.“ „Ma kome smetam, ovo je moje dvorište, moja kuća“, odgovorim im, a oni se smeju i kažu: „Kao što je tvoja i država.“ Prete i sinovima. Strah me je jer deca rade, pa često ostajem sama. Ja dok živim - živim, al’ za njih mi je najgore - zavšava nesrećna žena.
Desetine prijava nasilnika
Svetislav Ivanović, prvi čovek opštine Novo Brdo, kaže da porodici Ibiši niko ne može ništa. - U policiji protiv njih ima desetak prijava, za mnogo toga nisu odgovarali ili bi im sudija odredio najblažu moguću kaznu. Šta to vredi kada nastavljaju da kradu, tuku Srbe i otimaju im imovinu. Da stvar bude gora, mnogi trpe maltretiranje braće i ne prijavljuju ih plašeći se da će tek onda početi da se iživljavaju. Jednostavno, ovde ljudi više ne veruju u pravdu - priča Ivanović. U ovom selu je do 1999. živelo je više od pet stotina Srba, a sada ih je ostalo svega stotinak.
Sava Janjic – Decani, Serbia – 7.12.2015.
Јутрос 7. децембра у 2.50 непозната лица отворила су рафалну ватру из аутомобила који је пролазио кроз српско село Гораждевац у општини Пећ. Према речима једног од очевидаца реч је о џипу који је возио 10-15 км на сат. Нападачи су најпре пуцали на споменик жртвама рата и страдалим дечацима пострадалим у терористичком нападу на реци Бистрици 2003. године, наневши велика оштећења. Настављајући пут кроз село отворили су ватру на аутомобил Србољуба Колашинца који је у потпуности изгорео, а потом су осули паљбу на кућу Саше Петровића. Нападачи су пуцали на више других објеката и једну трафику. Полиција и ватрогасци су одмах изашли на лицу места. Иако нико у овом терористичком нападу није повређен, житељи овог српског села су озбиљно узнемирени јер се сличан напад догодио пре 9. јула ове године када је такође из аутомобила у покрету нападнут споменик жртвама рата на који је бачен Молотовљев коктел. Починиоци овог као и бројних других напада на ово село и друга српска насеља и повратничке куће на простору Пећког округа никада нису пронађени.
Gli autori di questo, come anche di altri attacchi in questa cittadina e contro le case d'intorno, nel circondario di Peć, non sono mai stati identificati.
Albanians "personally responsible for safety of Serbs"
SOURCE: BETA, TANJUG TUESDAY, DECEMBER 8, 2015
07/12/2015
Kosovo Albanian ultra nationalists led by opposition party Self-Determination staged protest in Djakovica this morning in order to prevent a group of Serb pilgrims and refugees to visit their church for Orthodox Christmas holidays. Kosovo police prevented protesters to block the church and preserved order...
SOURCE: TANJUG WEDNESDAY, JANUARY 6, 2016
The protesters gathered several dozen meters from the church and waited for three hours, in bad weather and rain, for the Serbs to arrive. They stood in front of a police cordon deployed there.
Last year and the year before, displaced Serbs were unable to visit the church and a monastery in Djakovica on Christmas due to the opposition of local Albanians, as some of them used stones to attack their buses.
According to reports, there were no major incidents today - "other than the eggs, snowballs and apples" that the protesters threw in the direction of the Serbs who were "not in their buses at the time, and were out of the range."
The Kosovo police said later on Wednesday that the protest was organized by the Self-Determination Movement and ended without incidents, and that the Serbs' visit to the town went peacefully.
Tanjug reported earlier on Wednesday there was "strong police presence along the streets leading to the church," and that the protesters at one point shouted, “This is Djakovica - no room for Serbs," along with anti-Serb insults.
A large number of reporters gathered in the town today.
Last year, displaced Serbs visiting their town on Orthodox Christmas Even were attacked by ethnic Albanians who used stones.
Some 12,000 Serbs lived in Djakovica before the war, while there are only four Serb nuns living there now.
President of an association gathering Serbs displaced from Djakovica, Djokica Stanojevic, said that Orthodox Christmas was once respected by everyone, and that Albanians would wish Serbs a happy holiday.
"I am sad, because I have been traveling 800 kilometers to reach my town, my street, only to pass by my house that is 100 meters from here," he told reporters in the church's yard.
He stressed that all those who "made mistakes in the past should be held responsible" but that "it should be known that Serbs, too, are a part of this town," and added that IDPs had filed requests to authorities to return to their town.
The Serb (Srpska) List president, Slavko Simic, also arrived today on the bus that traveled from Decani, and told Tanjug the visit was not meant to provoke anyone or cause incidents, but had the goal of sending "a message of peace."
He said Albanians should not protest but welcome their fellow Djakovica-residents "cordially" and in that way show they want the town to once again be multi-ethnic.
We would like to thank everyone who signed our #NoKosovoUnesco petition on iPetitions, as well as all those who have contributed towards spreading the word about the petition on social networks and the media!
We’ve collected over 100,000 signatures is less than 72 hours, submitted the signatures together with a cover letter signed by 28. Jun President Filip Filipi and Serbian-Canadian Filmmaker Boris Malagurski to UNESCO Director General Irina Bokova at UNESCO’s headquarters in Paris and are now aiming at reaching our next goal: 200,000 signatures by the start of UNESCO’s Annual Conference on November 3, 2015, during which a decision will be made on whether Kosovo will be granted UNESCO membership.
Please sign the petition and share with all your friends:
www.ipetitions.com/petition/NoKosovoUnesco
28. Jun President
Boris Malagurski
Serbian-Canadian Filmmaker
Dacic: No decision can erase history
Serbia will continue the struggle for preservation of its cultural heritage regardless of the Wednesday decision of the UNESCO Executive Board concerning Kosovo’s membership, Serbian Minister of Foreign Affairs Ivica Dacic said on Wednesday.
We need to continue advocating preservation and protection of the cultural heritage of the Serbian Orthodox Church, Serb people and Serbia in Kosovo-Metohija and we will do so at the UNSECO General Conference due to take place in November and through all other political and diplomatic activities in the time to come, Dacic told reporters in the Serbian Ministry of Foreign Affairs.
The UNESCO Executive Board can adopt the decision as they see fit, but they cannot erase history because this has always been and will continue to be Serb cultural and religious heritage in Kosovo-Metohija, Dacic said.
A total of 27 members voted in favour and 14 members were against the proposition, while 14 members refrained from voting, including Japan.
Let us hope that a mutually acceptable solution would be found to ensure protection for the cultural heritage in Kosovo, Takahara said.
On Thursday, Takahara delivered a donation of the Japanese government to utility company Morava in Svilajnac.
Can those, who tore down the Church of the Holy Trinity in Djakovica in 1999 and built a park in its place, be entrusted with protection of Serbian holy sites, the banished citizens of Djakovica said in the letter.
Mayor expressed his disapproval of any type of abuse of UNESCO, especially for political purposes, which he said was obvious in a proposal put forward by Albania, the Serbian president’s press office said in a release.
President Nikolic asked Mayor to make effort at UNESCO to remove the question of Pristina’s membership of the organization from the agenda until further notice, the release said.
Former Director-General of UNESCO Federico Mayor opposes Kosovo's membership in the organization, and stresses that the UN is in need of deep reforms...
(Servilismo: fratelli jugoslavi votano contro la Serbia)
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