Dalla Commissione Internazionale NST. Traduzione nostra
Intervista di Internazionalisti 36 al prigioniero comunista Andrei Che Sokolov, dal carcere della Junta fascista ucraina.
Andrei, raccontaci cosa è successo il giorno della tua cattura e di cosa ti hanno accusato?
Il 16 dicembre del 2014 mi stavo spostando con la mia Matiz da Donetsk a Gorlovka, nella DNR (Repubblica Popolare di Donetsk). In guerra molte cose che dipendono dalla fortuna. Io non l’ho avuta – mi sono perso e sono finito al posto di blocco n. 37 delle VSU (Forze Armate di Ucraina) vicino al villaggio Krasnij Partizan. In quel momento il villaggio era ancora in mano alle forze ucraine. Più tardi, a gennaio, sarebbe stato liberato dai miliziani della DNS…ma in quel momento no, così mi hanno arrestato.
Siccome la matricola della mia auto e il mio passaporto sono russi, mi hanno immediatamente incappucciato, mi hanno legato le mani con lacci di plastica e mi hanno rinchiuso dentro una buca per due settimane. Per loro ero un “nemico della nazione”, un russo…un moskal. Sotto percosse, torture e minacce di essere immediatamente giustiziato, sono stato costretto a “confessare” che stavo aiutando i miliziani nella ricostruzione della fabbrica di Donetsk y Torrez, legata alle “necessità di difesa delle DNR”. Così sono diventato un “collaboratore dei terroristi” secondo l’articolo 258 – 3 UKK (da 8 a 15 anni di condanna poiché l’Ucraina considera le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk come organizzazioni terroriste). Io sono un operaio metallurgico, per l’esattezza tornista, possiedo nella mia casa di Mosca una piccola officina per la lavorazione del metallo. Sono un buon conoscitore di questo tipo di lavoro con materiali distinti, specialmente in sistemi di tiro (precedentemente ero stato condannato in Russia per la manipolazione di sistemi di armi, essendo un militante del movimento di sinistra radicale). Basandosi su tutto questo, gli accusatori ucraini hanno deciso di accusarmi di lavorare per la repubblica nella creazione del complesso militare-industriale del Ministero della Difesa della DNR.
Il 28 dicembre 2014 mi hanno trasferito al SBU (Servizio di Sicurezza ucraino, ndt) di Mariupol ed è lì che è iniziata ufficialmente la mia detenzione. E’ stato allora che, finalmente, sono riuscito a comunicare con i miei famigliari e a potergli dire di essere prigioniero. Mi hanno messo in un carcere locale, cosa di cui ho approfittato per impugnare le mie confessioni estorte nelle camere di tortura. Dopo un breve periodo istruttorio, adesso comincia il processo. Nego tutte le accuse e porto 11 mesi di prigionia senza alcuna prova processuale e senza testimoni. Tutte le accuse consistono nell’auto-incriminazione estorta sotto tortura. Hanno persino cambiato la data e il luogo di detenzione, in realtà sequestro, cioè il 16 dicembre al posto di blocco, né lo menzionano, dando come data e luogo il 28 dicembre a Mariupol. Al momento della “detenzione” io ero completamente disarmato e vestito da civile. Sono un volontario civile della DNR.
Come sei stato trattato in prigione e quale è la tua situazione attuale?
Come ho detto prima, sono passato dai “sotterranei” (i centri di tortura, ndt) e ora mi trovo in un carcere comune. C’è una enorme differenza tra i “sotterranei” nelle zone dell’ATO (zona di guerra, ndt), dove la gente subisce torture e crudeltà o semplicemente scompare senza alcuna traccia, poiché non è detenuta legamente e né i suoi famigliari né i suoi amici sanno dove si trovi. In questo modo nessuno è responsabile della vita e dello stato di salute dei prigionieri. Non sono stato tra quelli trattati peggio per essere un russo e non un miliziano locale. Qui ho conosciuto diversi prigionieri russi, come Sasha, che nel braccio aveva inciso la parola “moskal” con un coltello. A me questo non è toccato. Ciò mi ha ricordato quello che avevo letto prima della guerra sul trattamento dei paracadutisti francesi nei confronti dei resistenti – i patrioti algerini rinchiusi in sotterranei simili a questi. Torturavano gli algerini ma anche i cittadini francesi. Sulla mia esperienza personale riguardo questo cosa, ho scritto dettagliatamente nel mio articolo “tutti parlano in prigione”.
Nelle prigioni “normali” le condizioni sono tollerabili. Il cibo è cattivo, ma i compagni riescono a farci avere pacchi con alimenti. All’inizio mi hanno dato un avvocato “pubblico” (totalmente inutile), ma adesso ne ho uno che si occupa del caso. Noi prigionieri della DNR siamo tenuti singolarmente in celle con prigionieri comuni, manteniamo comunicazioni fra noi, ci consideriamo prigionieri politici e chiediamo che ci mettano nello stesso gruppo. E’ necessario per implementare la solidarietà e il mutuo appoggio. A Odessa e Artiomovsk, dove ci sono moltissimi prigionieri politici, questi sono raggruppati nello stesso settore penitenziaio. Vogliamo vedere se questo si riesce a ottenere per tutte le carceri ucraine.
Da poco Valeriy Berest, che come te è stato detenuto il 16 dicembre ed è stato rinchiuso nel SIZO (prigione preventiva isolata) di Mariupol, è stato scambiato con altri prigionieri e si trova libero. Quali sono le possibilità di vederti in uno scambio di prigionieri?
Sì, il 28 ottobre, presso la linea del fronte, nella città dal pacifico nome di Shastie (in russo felicità, ndt) tra l’Ucraina e la LNR (Repubblica Popolare di Lugamsk), c’è stato uno scambio di prigionieri sotto la formula -11×9. Cioè 11 dei nostri prigionieri in mano all’Ucraina per 9 militari delle VSU. Tra i nostri ce n’era uno che avevo conosciuto nella prigione di Mariupol, il miliziano Valery Berest (in realtà dei nostri 11, solo 3 erano miliziani, i più erano civili). Mi sento molto contento e felice che Valery adesso sia libero. Ci siamo conosciuti nel SBU durante i primi interrogatori, inoltre siamo stati catturati lo stesso giorno. Ci interrogavano nella stessa stanza dell’ispettore del SBU, e ci hanno tenuti nella stessa cella nel periodo delle “indagini”.
Ci hanno portato assieme nel carcere. E’ stato il primo compagno che ho incontrato durante il periodo dei “sotterranei”, con cui potevo parlare. Sino a quel momento ero sempre stato solo e con una sacco che mi copriva il viso. Così ci siamo raccontati le nostre storie. E’ un abitante della città di Donetsk, un operaio di 49 anni. Lui non si era unito immediatamente alla guerriglia, ma solo quando ha cominciato a essere testimone della distruzione e morte causata dagli attacchi dell’artiglieria sul distretto in cui viveva con la sua anziana madre. E’ entrato nelle Milizie per difendere la sua casa e la sua città. E’ stato mandato a fare da guardia ai posti di blocco, è passato per il freddo delle trincee. Un soldato semplice, con tutto ciò che questo significa in una guerra. E’ caduto prigioniero, come me, per un errore. Usciva da una zona ucraina vicino a Volnovaja. Era vestito con il suo uniforme, che gli hanno sequestrato non appena arrivato nel luogo di detenzione. Per questo gli avevo dato la mia maglia, era un inverno freddo – gennaio – e con quella è apparso nelle foto dello scambio. Però questo non è avvenuto subito.
A marzo, lui con altri 18 prigionieri sono stati trasferiti da Mariupol a Jarkov al “deposito” del SBU, e lì ha passato quasi mezzo anno, in condizioni molto peggiori rispetto a una prigione normale. Da lì non è possibile stabilire contatti con nessuno, non sono permessi i pacchi col cibo, non sono permesse visite dei famigliari e nemmeno lasciano avvicinare i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale. E’ come stare in una tomba!
Lì sono rinchiusi circa 50 prigionieri senza alcuna condanna giudiziaria, senza nessuna accusa legale, totalmente a capriccio del SBU. Voglio che questo si sappia nel modo più ampio possibile, che si sappia nella famosa Commissione dei Diritti Umani del Parlamento Europeo. Ai prigionieri danno da mangiare gli avanzi della mensa dei membri del SBU. Non si somministrano medicamenti, a Valeri è venuto un infarto e gli hanno dato una pastiglia di valeriana. Negli scambi escono solo pochi, la maggior parte continua nella “lotta”. In più, attualmente nelle carceri ucraine ci sono più di 1300 prigionieri politici, e gli scambi, nella scala attuale, non cambiano praticamente nulla della situazione generale dei prigionieri. Solo una amnestia generale o uno scambio tutti x tutti potrebbe essere una soluzione, alla quale, ovviamente, il potere ucraino non vuole arrivare. Per questo, le mie possibilità di far parte di uno scambio sono le stesse di quelle che hanno gli altri -11 x 1300. Così è questa matematica…le possibilità sono ridotte.
Hai aiutato la DNR come ingegnere, quali sono gli aiuti ricevuti dalla DNLNR per sostenere il tuo caso?
Il loro sostegno sarebbe quello di farmi includere nella lista dei prigionieri di guerra della DNR, non c’è altro modo di aiutarmi. Tutto ciò che può essermi di aiuto già lo stanno facendo i miei compagni della DNLNR e dell’Ucraina per propria iniziativa. L’avvocato e l’invio di pacchi costa denaro e i miei famigliari di Mosca cercano di raccoglierlo, ho anche aiuti dal SRI del Belgio, c’è un conto elettronico per la raccolta di denaro nella FR. Tutto ciò mi permette un sostentamento in carcere, senza il quale la vita qui sarebbe molto più difficile. I miei compagni di danno l’appoggio morale, pubblicano i miei articoli e le mie note, vanno esponendo l’andamento del processo. So che non si sono dimenticati di me e sento questa solidarietà, cosa molto importante per un prigioniero politico. In quanto al tema dell’inclusione ufficiale nella lista di scambio, la commissione del consolato della FR in Jarkov mi ha visitato solo una volta. A nessuna delle mie udienze pubbliche ha assistito alcun giornalista della stampa russa o alcun rappresentante della FR, la sala sempre vuota, anche se l’accesso al pubblico non era proibito. Solo il mio avvocato e io, mentre la pena che rischio è fra gli 8 e i 15 anni di prigione.
Alla fine, Andrey, come possiamo aiutarti?
Ripeto, per il prigioniero politico è molto importante la solidarietà. Siamo sempre una minoranza, e sempre ci dividono e cercano di spezzarci il morale. La divulgazione dell’informazione sui nostri prigionieri e la raccolta di aiuti per i prigionieri politici sono i migliori strumenti per darci sostegno. In questo momento, i prigionieri esplicitamente comunisti come me, sono pochi, un paio di dozzine in tutta l’Ucraina, la maggior parte dei prigionieri sono miliziani o militanti anti-maidan di diversa provenienza. Però la repressione contro tutto ciò che sia di sinistra è solo cominciata, adesso siamo in pochi ma la situazione peggiorerà. Già si stanno adottando leggi contro la simbologia comunista (da 10 a 15 anni), sotto cui cadrà anche la sinistra moderata, come ad esempio il KPU. Penso che questo porterà alla radicalizzazione della sinistra ucraina in generale, il che porterà a una maggiore repressione e più prigionieri. Per poter far fronte a questo, credo che dobbiamo approfittare dell’esperienza dei movimenti della sinistra rivoluzionaria degli anni ’70-’80 dell’america latina e dell’Europa. Abbiamo bisogno anche di aprire un “fronte carcerario” in combinazione con la difesa poltico-giuridica contando sulla solidarietà e sull’aiuto dei compagni di Russia e Europa. La guerra in Donbass momentaneamente ha perso di intensità, però la guerra sociale è solo cominciata e proseguirà. La miseria, il collasso dell’economia, il potere oligarchico, il paramilitarimo dei battaglioni e la crisi politica del regime – sono i nostri cocktail molotov in Ucraina e la sinistra deve usarli per vincere.
Per questo tutti i problemi e gli obiettivi devono richiamare a livello internazionale, quanto più possibile. E in questo campo i mezzi di contro-informazione come il vostro “Internazionalistas 3”, hanno un valore insostituibile.
Grazie compagni per la vostra solidarietà e il vostro sostegno! Grazie per questa intervista che mi dà la possibilità di esporre la mia situazione di prigioniero e la nostra lotta in Ucraina.
NO PASARAN!
6 novembre, prigione di Volianskaya della provincia di Zaporojze, Ucraina, Andrei “Che”.
P.S. I miei auguri per la commemorazione del 7 novembre della nostra Grande Rivoluzione di Ottobre
foto dello scambio di prigionieri politici del 28 ottobre: http://denyaleto.livejournal.com/84668.html?page=1