Informazione
Dalla pagina dedicata sul nostro sito: https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/prebilovci.htm
IL FANTASMA DI ŠURMANCI: REGINA DELLA PACE, PULIZIA ETNICA, VITE DISTRUTTE
di Michael E. Jones (estratti – Testo completo, in lingua inglese: The Ghost of Šurmanci: Queen of Peace, Ethnic Cleansing, Ruined Lives)
Durante la primavera e l'estate del 1941, gli ustascia crearono un fugace ma feroce stato croato indipendente (NDH). Gli ustascia del Međugorje esplorarono la zona geologica, traendo nota della maggiore foiba, la più utile per il loro futuro scopo. Poi, nel giugno 1941, circa due mesi dopo la creazione della NDH, ustascia armati si presentarono nel villaggio a prevalenza serba di Prebilovci, sulla sponda est della Neretva, ed in altre enclavi serbe, annunciando ai paesani che verranno tutti deportati a Belgrado. Ai serbi venne detto che verranno riunificati alla loro patria serba. La corsa del treno fu molto più breve del previsto, almeno di quanto pensassero i passeggeri serbi, ai cui venne ordinato di scendere al paese Šurmanci, sulla sponda ovest della Neretva, marciando oltre ai colli per non essere mai più rivisti.
Circa tre mesi più tardi, il predecessore del Vescovo Zanić, Alojsije Mišić, ordinario di Mostar, scrisse al cardinale Stepinac, riferendogli di inquietanti resoconti di atrocità commesse contro i serbi nella sua diocesi. Uomini catturati come animali - scrisse Mišić - massacrati, uccisi; uomini lanciati dai precipizi ... da Mostar e Čapljina un treno con sei carrozze piene di madri, giovani ragazze e bambini ... fino a Šurmanci ... condotti su per la montagna e ... gettati vivi dai precipizi ... A ... Mostar stesso vennero trovati a centinaia, portati in vagoni fuori città e abbattuti come animali.
Circa 600 serbi, incluso preti, donne e bambini, furono gettati nella foiba sopra Šurmanci e poi, dopo avervi gettato granate, le canaglie ustascia li seppellirono, molto probabilmente vivi. Paris riportò la lista dei responsabili, una lista che include nomi come Ostojić e Ivanković, nomi comuni nell'area - nomi, infatti, di persone che ancora oggi vivono a Međugorje. Brian Hall si chiede nel suo libro sullo smembramento della Jugoslavia se l'Ostojić con cui stava a Međugorje era l'Ostojić accusato dell'atrocità di Šurmanci.
Paris sostenne che due preti presero parte al massacro di Šurmanci. Marko Zovko era un prete, ma non un francescano come il più conosciuto Jozo Zovko, l'uomo che, per molti versi, creò le apparizioni di Međugorje. Marko Zovko era il segretario del vescovo Ćule, il successore di Mišić. Imparai ciò dall'attuale vescovo di Mostar, Ratko Perić, che fa risalire la citazione di Paris al libro di Viktor Novak, Magnum Crimen.
La situazione religiosa è complicata ulteriormente dal fatto che la Chiesa Cattolica dell'Erzegovina è divisa in due fazioni, una fedele al vescovo di Mostar, e l'altra ai francescani, in aperta ribellione sia contro l'ordinario locale sia contro l'ordine francescano generale di Roma dal 1976, quando si rifiutarono di consegnare un numero di parrocchie da loro amministrate, alla giurisdizione del vescovo di Mostar.
Come i suoi predecessori Mišić e Zanić, il vescovo Perić ha dovuto fare i conti con i rabbiosi nazionalisti francescani erzegovesi, la forza motrice dietro alle apparizioni di Međugorje e la collaborazione con le atrocità degli ustascia durante la II Guerra Mondiale. Nel gennaio del 1997, Perić ha dato un'intervista a Yves Chiron nella rivista francese Present, dove ammette che Međugorje è afflitta da disordini ecclesiastici, come francescani esercitanti funzioni ministeriali senza missione canonica; comunità religiose fondate senza permesso, edifici eretti senza l'assenso ecclesiale, e la continua organizzazione di pellegrinaggi laddove è stato determinato non ci fossero apparizioni. "Međugorje - concluse Perić - non promuove la pace e l'unità ma crea confusione e divisione, e non semplicemente nella sua diocesi" (Present, 25 gennaio 1997).
Perić ha sperimentato di prima mano quanto può essere bellicosa la "Regina della Pace" e i suoi sostenitori. Nell'aprile del 1995 il vescovo fu attaccato da una banda nella sua cancelleria, e la sua croce al petto strappata. E' stato poi picchiato, forzato in un'automobile appostata e portato in una cappella non autorizzata gestita dai francescani di Međugorje, e lì tenuto in ostaggio per 10 ore. E' stato solo quando il sindaco di Mostar si presentò con le truppe dell'ONU che il vescovo è stato rilasciato.
Ciò che colpisce ancor più della vicinanza spaziale tra le atrocità e le apparizioni, è l'inquietante coincidenza delle date. Sembra che tutti i maggior eventi della storia balcanica avvengano di giugno. La battaglia di Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389. L'assassinio dell'Arciduca Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno 1914, una specie di strana commemorazione simbolica della battaglia di Kosovo Polje. I croati proclamarono l'indipendenza il 25 giugno 1991, che corrispose al decimo anniversario delle apparizioni di Međugorje, le quali occorsero al quarantesimo anniversario del massacro di Šurmanci.
Medjugorie, la fabbrica delle apparizioni
di Giancarlo Bocchi – 26 giu 2015
fonte: pagina fb di Giancarlo Bocchi; una versione ridotta del testo è stata pubblicata sabato 27 giugno 2015 sul Manifesto
Altro che miracoli. Estremismo cattolico guerresco e un giro d’affari da 3 miliardi di euro. Il ruolo dei «francescani con il Rolex» e lo spettro delle pulizie etnico-religiose dietro il business delle apparizioni in Erzegovina. Che ora papa Bergoglio si prepara a smontare
Alla fine della guerra, nel dicembre del 1995, la Bosnia era distrutta, senza più attività produttive, con strade e infrastrutture in rovina e gran parte della popolazione senza lavoro.
Una sola attività aveva ripreso utili a ritmi vertiginosi: la “fabbrica di miracoli e apparizioni” della Madonna di Medjugorje, che divenne in breve tempo una specie di miniera d’oro.
Lunghe file di pullman provenienti da tutta Europa intasavano le strade malandate della Croazia e della Bosnia. Frotte di fedeli accorrevano nel paesetto dell’Erzegovina davanti a una chiesa color tortora, stretta tra due aguzzi campanili che se nelle intenzioni avevano voluto sfidare la levità dei minareti, riuscivano solo a ricordare il disegno di un bambino.
Dopo il sanguinoso conflitto che aveva provocato 100 mila morti, fatto tremare i governi europei e aperto una ferita planetaria e non più rimarginabile tra i credenti di diverse religioni, migliaia di cattolici, soprattutto stranieri, si accalcavano a Medjugorje per incontrare i veggenti e invocare l’apparizione della Gospa (la Madonna) che proprio in quei luoghi dilaniati dal feroce nazionalismo croato cattolico era incredibilmente chiamata “la Regina della pace” e si manifestava, secondo i veggenti, a orari fissi.
Nel 1995 alcuni dei sei veggenti originari, di prima della guerra, avevano defezionato, si erano trasferiti altrove, allontanandosi dai discussi francescani croato-bosniaci che fin dal 1981 amministravano la fabbrica delle apparizioni.
Con la guerra fratricida etnico-religiosa, erano resuscitati anche i fantasmi di un angoscioso passato, che aveva visto per protagonisti proprio i francescani di Bosnia e Croazia, l’Ordine che gestiva il tempio di Medjugorje.
Temprati e induriti da una guerra che durava da centinaia di anni, prima contro l’avanzare della chiesa ortodossa e poi contro l’impero ottomano e il diffondersi della religione musulmana, quei francescani avevano visto nella seconda guerra mondiale l’occasione per sterminare i nemici religiosi.
Si erano subito schierati con il dittatore ustascia Ante Pavelić, alleato di fascisti e nazisti, e avevano partecipato alla “pulizia etnico-religiosa”, alle conversioni forzate, alle deportazioni, alle stragi ordinate dagli ustascia e perfino al genocidio nel campo di sterminio di Jasenovac dove furono eliminati almeno 600 mila jugoslavi, serbi, ebrei, rom e dissidenti di altre etnie.
A Jasenovac il comandante delle squadre della morte era un frate francescano, Miroslav Filipović, detto “il satana nero”, che, condannato a morte alla fine della guerra per i crimini commessi, chiese di vestire per l’ultima volta il saio prima di essere fucilato.
Neanche altri esponenti del clero cattolico croato e bosniaco si opposero alle violenze degli ustascia, nell’inanità complice del Vaticano che riceveva a Roma addirittura delegazioni di ustascia e criminali di guerra. Lo storico Marco Aurelio Rivelli scrisse: “Quello attuato dalla dittatura di Pavelić, di forte impronta cattolica e sostenuta apertamente da tutte le strutture del cattolicesimo croato (episcopato, clero, ordini religiosi, francescani in particolare), fu un genocidio dalle esclusive connotazioni religiose, e i più colpiti furono gli “scismatici” serbo-ortodossi”.
Proprio il Vaticano, con la collaborazione dei francescani e del clero croato, alla fine della seconda guerra mondiale organizzò la “ratline”, chiamata come la corda, la “grisella”, che collegata alle sartie, permette ai topi la salita fino alla cima degli alberi dei velieri, l’ultimo rifugio durante un naufragio prima di essere inghiottiti dalle acque. Attraverso la “ratline” sfuggirono alla giustizia criminali nazisti e fascisti, con in testa Ante Pavelić. Riuscirono, passando per l’Italia, a sfuggire ai tribunali di guerra nascondendosi in Sud America, Stati Uniti e Medio Oriente. Il centro operativo della via di fuga, della “grisella”, era un monastero croato, San Girolamo degli Illiri, a poca distanza dai palazzi Vaticani, sulla sponda opposta del Tevere.
Anche il massimo esponente del clero cattolico croato, Alojzije Stepinac, restò in silenzio davanti all’orrore e anzi assicurò ad Ante Pavelić “sincera e leale collaborazione” tanto da meritare l’appellativo di “arcivescovo del genocidio”.
Malgrado i legami con Pavelić, il silenzio complice sui crimini commessi dal suo clero e tutte le ombre sul suo operato, Papa Wojtyła beatificò Alojzije Stepinac, considerandolo una vittima del governo comunista jugoslavo anziché un sostenitore dei fascisti ustascia e campione dell’estremismo religioso.
Ma lo sguardo obliquo del papa aveva forse anche un’altra spiegazione. La beatificazione di Alojzije Stepinac aveva permesso al Vaticano di rientrare in possesso, grazie a un accordo ratificato con l’allora presidente croato Franjo Tuđman, in occasione della visita del papa, delle proprietà immobiliari che il regime comunista aveva sequestrato alla chiesa nel dopoguerra, a causa della complicità criminale con gli ustascia.
Il monastero francescano di Siroki Brijeg, roccaforte ideologico-religioso del movimento ustascia e fulcro spirituale dei cattolici d’Erzegovina durante la seconda guerra mondiale, fu chiuso dal governo jugoslavo, ma intorno rimase per anni il focolaio dell’estremismo nazionalista cattolico.
Per questo, senza conoscere la storia dei francescani di Croazia, di Bosnia e l’intreccio di fanatismo religioso e interessi economici e politici che ne è originato, è difficile discernere anche solo nei contorni la costruzione di un fenomeno come la fabbrica delle apparizioni di Medjugorje.
In Erzegovina la comunità cattolica, circa 400 mila persone, era la più compatta e numerosa dell’intera nazione e diversamente dagli altri cattolici di Bosnia, che seguivano il clero Vaticano, era devotissima ai nazionalisti, secessionisti ed estremisti francescani.
Questi frati già alla metà degli anni ’70 entrarono in conflitto con i vertici della Chiesa per una questione di proprietà immobiliari legate a diverse parrocchie nella loro giurisdizione. Prevalsero e si tennero le parrocchie, ma il contrasto con la diocesi di Mostar (che ha la giurisdizione su Medjugorje) divenne insanabile.
A quel momento risalgono i primi segni del progetto delle apparizioni, come il ritrovamento di rosari di fabbricazione sconosciuta in vari luoghi intorno a Medjugorje. Benché più banali che misteriosi, i francescani li definirono segni premonitori o miracolosi.
Si arrivò così al 24 giugno 1981. Sei ragazzi dissero aver visto “una figura femminile luminosa sul sentiero che costeggia il Podbrdo”. Durante altre apparizioni i sei giovani veggenti, Ivanka Ivanković, Mirjana Dragićević, Vicka Ivanković, Ivan Dragićević, Jakov Čolo e Marija Pavlović, descrissero meglio la figura della presunta “Madonna”: “Tra i 18 e i 20 anni, snella, alta circa 165 cm. Il suo viso è lungo e ovale con capelli neri. Gli occhi sono azzurri con ciglia delicate, il naso è piccolo e grazioso e le guance sono rosee. Ha belle labbra rosse e sottili e il suo sorriso è di una gentilezza indescrivibile. Ha una semplice veste azzurro-grigia che scende liberamente verso il basso mescolandosi con la piccola nuvola biancastra su cui sta in piedi. Il suo velo è bianco e copre la testa e le spalle e scende anch’esso fino alla piccola nuvola. Ha una corona con 12 stelle dorate sulla testa”. Non serve certo un semiologo per capire che quella descrizione risente dell’iconografia classica e popolare tramandata da quadri e santini, ma date l’eco mondiale del fenomeno e la netta presa di distanza del Vaticano occorreva il suffragio scientifico.
Già alla metà degli anni ’80 alcuni medici e studiosi cattolici si impegnarono in sommarie quanto modeste indagini, nel tentativo di avvalorare l’intensa attività mariana di Medjugorje, difforme da quella che si era manifestata in luoghi di culto accreditati dal Vaticano come Fatima, Lourdes, Tepeyac.
Pressato da alcuni colleghi cattolici, iniziò gli studi e le ricerche sulle apparizioni di Medjugorje anche il professor Marco Margnelli, neurofisiologo, già braccio destro di Giulio Maccacaro alla rivista “Sapere”, ricercatore del CNR di Milano, del Karl Ludwig Institut fur Physiologie dell’Università di Lipsia e dell’Università del North Carolina.
Marco Margnelli era uno dei massimo esperti mondiali di stati della coscienza e di estasi e aveva studiato in profondità le relazione tra fenomeni mistico-religiosi e droghe naturali e sintetiche. Dopo la sua prima visita a Medjugorje, tornò in Italia con molti dubbi sui “francescani con il rolex” che gestivano l’attività proficua dei veggenti.
Il francescano Jozo Zovko, parroco di Medjugorje, era già stato arrestato più di una volta per “attentato alla sicurezza e all’unità dello Stato jugoslavo”. Mentre il frate più vicino ai veggenti, il loro “direttore spirituale”, padre Tomislav Vlašić, l’estensore materiale, per loro conto di quella che venne definita una lettera scritta dalla Madonna al Papa (poi smentita dai veggenti) era stato accusato dal vescovo di Mostar Zanic di essere l’ideatore delle apparizioni, ma aveva combinato ben di peggio. Era stato accusato di aver “divulgazione di dubbie dottrine, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza ad ordini legittimamente impartiti ed addebiti contra sextum” (ossia contro il sesto comandamento, che riguarda i peccati di natura sessuale, ovvero per aver messo incita una suora) ed era stato ridotto dal papa allo stato laicale con l’interdizione perpetua ad essere anche solo ospitato in un convento francescano.
Malgrado questo contorno ambiguo e opaco, Marco Margnelli era incuriosito da alcuni aspetti scientifici ancora da indagare, nati dallo studio dei veggenti. Disse in una intervista: Mi irritava l’atteggiamento degli “esperti” dai quali i teologi orecchiavano le loro trattazioni, degli psichiatri o degli psicoanalisti che pontificavano paragoni e confronti tra deliri patologici ed esperienze estatiche, tra menti sane e menti malate senza mai avere visto un estatico da vicino o aver studiato una vera estasi.” Margnelli invece aveva studiato in India degli yogi che sapevano cambiare il loro stato fisiologico, far aumentare i battiti del cuore, aumentare la temperatura del corpo e controllare il dolore. Uno di loro gli aveva detto: “Si può arrivare a controllare tutto, corpo e mente ma che i veri prodigi si hanno quando si acquista il controllo del cervello.” Da neurofisiologo Margnelli voleva spiegare scientificamente “i prodigi” e non certo avventurarsi nella spiegazione di miracoli veri o presunti. Secondo lo scienziato “l’estasi era uno stato di coscienza”. Nulla che avesse una relazione con il soprannaturale. Era questo che cercava di dimostrare scientificamente .
Nella seconda metà degli anni ‘80, Marco Margnelli ritornò a Medjugorje insieme ad una numerosa equipe. Vennero svolte diverse indagini scientifiche e apparve chiaro agli studiosi che i veggenti erano in uno stato alterato di coscienza. Scrisse Margnelli: ”Una condizione che si può ottenere anche attraverso tecniche di meditazione, come l’auto-training, ma non in modo così profondo…” Margnelli lasciava aperta un porta per future indagini, ma le sue dichiarazioni vennero usate e distorte per consolidare la presunta veridicità delle apparizioni. Venne anche diffusa la falsa notizia “che il noto scienziato ateo Marco Margnelli si era convertito al cattolicesimo dopo aver conosciuto i veggenti”. In privato Margnelli ci rise sopra: “Questi sono matti”. Disse senza perdere altro tempo a smentire quegli oscuri manipolatori della verità. In quel periodo fu anche avvicinato da un misterioso personaggio, che sembrava più un agente segreto, anche se era un monsignore, responsabile di una delle strutture più misteriose del Vaticano specializzata nell’indagare e catalogare i fenomeni paranormali.
La questione di “Medjugorje” si era trasformata ormai in una guerra a sfondo politico oltre che religioso tra istituzioni cattoliche. Più aumentava il numero di pellegrini cattolici a Medjugorje (nove milioni registrati solo nel 1987), più si acuivano i contrasti tra la Chiesa e l’Ordine francescano. Per non consegnare alla Chiesa le parrocchie contese fin dagli anni ‘70, i francescani arrivarono perfino a murare l’ingresso delle chiese e addirittura sequestrarono per 15 giorni il loro più strenuo oppositore, il vescovo di Mostar.
Poco prima del definito disfacimento della Repubblica jugoslava, il 10 aprile 1991, i vescovi del paese, riuniti a Zara, emisero una dichiarazione congiunta su Medjugorje: “Sulla base di quanto finora si è potuto investigare, non si può affermare che abbiamo a che fare con apparizioni e rivelazioni soprannaturali”.
Anche frate Jozo Zovko, l’altra anima nera dei veggenti, venne sospeso dalle funzioni pastorali.
Nel 1992, con lo scoppio della guerra di Bosnia si esaurirono i pellegrinaggi, ma gli echi di notizie di fatti miracolosi, sapientemente amministrate dai francescani di Medjugorje vennero propagate sui mezzi di comunicazione.
Diffusero perfino una foto di un missile piantato davanti al santuario con la notizia che la Madonna ne aveva mutato la traiettoria salvando chiesa e i fedeli. Il fotoreporter Claudio Olivato che in quel periodo passò da Medjugorje, si reso conto che si trattava di una bufala, anche perché il missile non aveva minimamente scalfito il selciato davanti alla chiesa.
I francescani di Croazia e Bosnia, come già era accaduto durante la seconda guerra mondiale, durante la guerra di Bosnia, smentendo la loro “Regina della pace”, furono la punta di diamante dell’estremismo cattolico guerresco. Con la copertura di alcune associazioni umanitarie, come “Il Pane di Sant’Antonio” e la “Caritas di Ghedi”, (da non confondere con la Caritas italiana) si misero ad aiutare la loro fazione secessionista.
Il responsabile di queste attività era un frate croato, Bozo Blazevic, che smistava gli aiuti umanitari, ma anche altro, dal centro logistico della Caritas francescana di Spalato, diretta da padre Leonar Orec. Riguardo le attività misteriose del frate il giornalista Luca Rastello scrisse: “Il 29 maggio del 1993 un piccolo convoglio di un gruppo di volontari bresciani viene contattato a Spalato da Spomenka Bobas e padre Orec. Poiché vanno in Bosnia centrale, i religiosi li pregano di consegnare quattro pacchi a Vitez: con questa scusa li forniscono di documenti con il marchio del pane di sant’Antonio, un po’ come se firmassero l’ignara spedizione dei bresciani… Poche ore dopo, appena transitati da Gornji Vakuf, i cinque bresciani vengono intercettati da una banda di irregolari bosniaci che sequestra il carico e i documenti e uccide a freddo Fabio Moreni insieme a Sergio Lana e Guido Puletti.” Non si seppe mai cosa contenessero i 4 pacchi del frate Bozo Blazevic, ma il 22 dicembre 1993, a bloccare un altro convoglio umanitario fu il comandante Goran Cisic. Sotto i generi alimentari chiamati “aiuto umanitario” saltarono fuori lanciarazzi, mortai e altro. Due giornalisti italiani, Ettore Mo ed Eros Bicic, involontariamente testimoni dei traffici in corso vennero arrestati per qualche ora mentre il frate Blazevic, amico personale del presidente Tudjman, ripartì senza problemi.
Alla fine della guerra, le numerose e segrete attività dei francescani di supporto alle fazioni estremiste e secessioniste cattoliche, vennero ignorate dai tribunali locali, ma anche da quelli internazionali, e caddero nell’oblio.
Il grande business delle apparizione e dei miracoli di Medjugorje riprese a pieno ritmo senza più ostacoli.
Nel 1996 Tarcisio Bertone, allora segretario della Congregazione per la dottrina della Fede, in una lettera concluse che «i pellegrinaggi ufficiali a Medjugorje, intesa come luogo di autentiche apparizioni della Vergine, non possono essere organizzati né a livello parrocchiale, né diocesano». Ma lasciò aperte le porte al proficuo turismo religioso: “Ai pellegrinaggi a Medjugorje che si svolgono in maniera privata”
Qualcuno ha stimato stimato che dal 1981 al 2013, “l’ammontare totale delle spese turistiche prodotte a Medjugorje si sia aggirato intorno ai 2,85 miliardi di euro. Inoltre, valutando in circa 23 milioni i pellegrini arrivati nel paesino dell’Erzegovina negli anni presi in considerazione, le spese di viaggio ammonterebbero a quasi 8,5 miliardi di euro, per un giro d’affari mondiale di circa 11 miliardi di euro”. Non sappiamo se queste cifre sia esatte al centesimo, ma sono molto verosimili.
Alla fine degli anni ‘90, chi scrive incontrò il Prof. Marco Margnelli con l’idea di fare un documentario su Medjugorje. Lo conoscevo fin dagli anni ‘70 e ne apprezzavo le sue capacità e la sua rettitudine. L’incontrò durò parecchie ore. Margnelli nel corso degli anni aveva approfondito alcuni studi sull’ipnosi e sugli stati coscienza e aveva un’idea precisa sui veggenti. Ma il progetto documentaristico venne rimandato a causa dello scoppiò del conflitto in Kosovo e qualche tempo dopo il prof. Margnelli si ammalò gravemente. L’idea documentaristica venne abbandonata definitivamente ma ho ancora il nastro con quello che mi disse e ricordo la risposta che lo scienziato diede alla mia domanda se quello che i veggenti vedevano fosse un fatto sovrannaturale.
“Nessun miracolo… Si tratta di autosuggestione”. Rispose Margnelli in modo netto.
A distanza di quindici anni dalle ultime ricerche del prof. Marco Margnelli, tra poco la parola su Medjugorje passerà a Papa Bergoglio. Anche se in questi giorni è stata diffusa ad arte la notizia che “si rischia lo scisma (tra i croati) se sconfesserà le apparizioni della Madonna”, dopo aver fatto pulizia dei preti pedofili, dei monsignori affaristi, dello Ior e della finanza vaticana, quale sarà l’orientamento del Papa, che ha preso il nome di Francesco, con i francescani di Bosnia e la loro fabbrica delle apparizioni?
“La Madonna è madre! E ama tutti noi. Ma non è un capo ufficio della posta, per inviare messaggi tutti i giorni”. Ha detto qualche settimana fa riguardo le visioni quotidiane dei veggenti di Medjugorje.
Settembre 2014: al funerale di un caduto dell'organizzazione filo nazista "Pravy Sektor" il prete della Chiesa greco-cattolica Nikolaj Zaliznjak ha urlato: «Per ognuno dei nostri decine di loro cadranno!»
http://orientalreview.org/2015/04/22/vatican-clergy-and-ukrainian-nationalism-i/
Vatican clergy and Ukrainian nationalism (II) (By Andrew KORYBKO (USA), Thu, Apr 23, 2015)
http://orientalreview.org/2015/04/23/vatican-clergy-and-ukrainian-nationalism-ii/
Papa Francesco è l’agente del nazionalismo ucraino più influente al mondo (di Andrew Korybko, 22-23 aprile 2015)
http://sakeritalia.it/europa/ucraina/papa-francesco-e-lagente-del-nazionalismo-ucraino-piu-influente-al-mondo/
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francisco-francis-putin-41650/
Nella notte del 2 dicembre, persone non identificate hanno incendiato la Chiesa ortodossa ucraina nel complesso memoriale Babi Yar "Una bottiglia Molotov è stata gettata all’interno attraverso la grata della finestra. Il fuoco ha attaccato le pareti, la finestra e alcune parti infiammabili della Chiesa". Ha dichiarato Padre Serhiy Temnik. Egli ha detto che il guardiano della chiesa ha visto le fiamme e si è messo subito a spegnere il fuoco, salvando le reliquie che erano sull’altare. Padre Serhiy ha aggiunto che la chiesa era stata minacciata molte volte negli ultimi tempi e anche recentemente, ma questa è stata la prima volta che la chiesa è stata attaccata.
Questo non è il primo attacco ad una chiesa ortodossa in Ucraina. Nel mese di ottobre, un gruppo di 50 persone accompagnati dalla polizia ha sequestrato la Chiesa ortodossa di Intercessione della Vergine Santa in Turka, una città nella regione di Lviv. Nel mese di agosto, facinorosi ucraini avevano interrotto un servizio nella Chiesa dell'Intercessione, nel villaggio di Chervona Motovylivka e hanno intimato a Padre Volodymyr Navozenko di "lasciare l'Ucraina in una settimana", o lo avrebbero ucciso.
Da Ukraina.ru - Traduzione di Enrico V. per CISNU/CIVG
Raccolta tra i fedeli per donare una termocamera. Il sacerdote dei Santi Simone e Giuda: permettono di identificare i nemici di notte vogliamo salvare delle vite. Ma è polemica sul web: sono delle armi e vengono usate per uccidere, state finanziando una guerra. L'Arcidiocesi si dissocia: "Non siamo stati informati"
di GERARDO ADINOLFI
Sul foglio c’è un annuncio che invita la comunità a lasciare un’offerta libera per «comprare - si legge - una buona imager Pulsar Quantum HD50S per un gruppo di soldati ucraini che adesso combattono in prima linea del fronte sul territorio di Donetsk e Lugansk in Ucraina». La Pulsar è una termocamera, uno strumento capace di individuare persone in condizioni di buio, fumo o nebbia attraverso il rilevamento del calore. Costa sui 3.100 euro ed è acquistabile anche su Internet. Una tecnologia comune che, però, in contesti di guerra può diventare un‘arma capace di scovare il “nemico” di notte. A confermarlo anche un video, pubblicato sul sito uahelp.center, (Centro di aiuto per l’Ucraina), in cui si spiegano le caratteristiche della termocamera. "Nel buio assoluto imager può aiutare a fare questo - si legge sopra il link del video che mostra l’uccisione di quattro soldati scovati tramite immagini termiche - scusate la crudeltà, siamo in guerra".
Sul volantino si spiega che la termocamera «può salvare la vita dei ragazzi ucraini". "Noi vogliamo che loro tornino vivi - si legge - lì dove ce l’hanno, i soldati possono dormire tranquilli sapendo che la pattuglia notturna segnalerà i cambiamenti delle temperature nella zona circostante, sia l’uomo che le macchine in movimento. E quindi permette di agire con successo sia nell’attacco, sia per la difesa".
Dopo l'articolo pubblicato su Repubblica l'Arcidiocesi di Firenze si dissocia "L’Arcivescovo e i suoi collaboratori nel governo pastorale - si legge - segnalano di non essere stati messi al corrente e si dissociano dall’iniziativa che viene giudicata impropria per una realtà ecclesiale".
In Ucraina, la comunità è talmente affascinata dalla politica da non prestare attenzione quando invadono le cose sacre, quando si verificano attacchi e razzie nelle chiese e nei templi. La Chiesa Ortodossa Ucraina ha avuto 30 templi sequestrati in tutto il paese ha e le razzie spesso si spiegano con "sentimenti patriottici". Sul ruolo dei politici, di "Settore Destro" e dello Stato in questi processi, RIA Novosti Ucraina ha intervistato il responsabile amministrativo della Chiesa Ortodossa Ucraina, il metropolita Antonij di Borispol e Brovary.
Cosa pensa che motivi la gente a invadere i templi come aggressori, entrando così in conflitto aperto?
Gli uomini sono spesso manipolati. Ora, lo stato d'animo di molti è stato influenzato negativamente dalla televisione. Non tutti possono sopravvivere quando su base quasi quotidiana si riversano sulla Chiesa fiumi di menzogne e falsità, che battono sempre sullo stesso punto. Che la Chiesa Ortodossa Ucraina (COU) è una "quinta colonna" di "traditori" che lavorano per l'FSB. È interessante notare che non è mai stata mostrata alcuna prova. Ne esce un'immagine ben fatta e un testo costruito in modo gesuitico. Nelle persone patriottiche, ripetere questa disinformazione comincia a provocare un'ondata di rifiuto, ma non verso gli autori di provocazioni contro la COU, bensì contro la nostra Chiesa. Di questi sentimenti pubblici si servono alcuni politici, soprattutto a livello di autorità locali, e i rappresentanti del patriarcato di Kiev. Abbiamo registrato un sacco di casi in cui i residenti di alcune località hanno deliberatamente contrastato la COU. A tal fine, in particolare, hanno usato metodi di campagna personale attiva e distribuzione di volantini con falsi "fatti" della nostra Chiesa. Come risultato, la gente è sospinta verso uno "pseudo-patriottismo." Bandendo la comunità della COU dal loro tempio, pensano di partecipare a una causa santa e di aiutare il loro stato. In realtà ne esce un quadro diverso – di ucraini che opprimono altri ucraini, creando gravi focolari aggiuntivi di destabilizzazione della situazione sociale nel paese. Alla luce di questo vorrei sottolineare l'enorme responsabilità delle forze che provocano tali confronti. Per aumentare il numero dei loro beni ecclesiastici, così come per ottenere preferenze politiche o altri vantaggi, stanno spingendo la società verso un abisso di odio e inimicizia. Questa posizione non può essere chiamata patriottica. Mina chiaramente i fondamenti della vita e dello sviluppo del nostro paese.
Pensa che la società ucraina sia ora divisa anche dall'intolleranza per motivi religiosi?
Questo è un problema. Le linee di frattura ora dividono anche le famiglie. Le faccio un esempio concreto. Recentemente, nel villaggio di Katerinovka nella regione di Ternopil, il "Settore Destro" e la polizia hanno picchiato fedeli disarmati della COU. Una delle donne ferite è stata intervistata dai media, e ha parlato di quest'incidente. Secondo le sue parole, ora non sa come vivere, ha paura, ha timore di tornare a casa. L'intervista ha provocato una forte reazione della figlia di questa donna, che ha contestato in modo aggressivo il fatto che sua madre aveva difeso la loro fede e la loro comunità dall'illegalità. Il risultato – una famiglia divisa, un legame tra madre e figlia strappato da un sequestro di una nostra chiesa. E ci sono molti di questi esempi. A causa delle avventure dei politici, dell'irresponsabilità di alcuni media, del desiderio di trarre profitto dalle proprietà altrui, ci sono gravi drammi familiari, e i fratelli, gli amici, i parenti diventano di ieri acerrimi nemici. Tutto questo è una bomba a orologeria per la stabilità della nostra società e del nostro stato.
Ha delle statistiche sulle chiese catturate fino a oggi? Continua un processo di sequestri? Quali sono le previsioni?
Fino ad oggi, alla COU sono state sequestrate più di 30 chiese. Le zone più problematiche sono Ternopil e Rivne. I sequestri avvengono direttamente o con la forza, con sostegno di radicali di "Settore Destro" e organizzazioni simili, o con svolgimento di "referendum" illegali. La loro essenza è semplice – votare per il passaggio del tempio dalla COU al patriarcato di Kiev, ma non tra i membri della comunità, bensì tra tutti gli abitanti del villaggio in cui si trova il tempio. Di conseguenza, votano atei, credenti di altre religioni o persone che si fanno vedere in una chiesa ortodossa, nella migliore delle ipotesi, una o due volte l'anno. Ci sono state occasioni in cui hanno fermato la gente per strada e hanno chiesto loro di mettere una firma nei posti giusti. O in cui hanno formato neonati che vivono nelle rispettive località. Vi è una flagrante violazione della legge. Siamo in attesa delle elezioni, ed è possibile che alcune forze politiche cercheranno di aumentare il loro rating con la partecipazione ai processi di sequestro dei nostri templi. Non possono mostrare al loro elettorato la prova dei propri successi in altri settori, quali l'economia. E per nascondere il loro tasso di fallimento si gettano nello pseudo-patriottismo e nella "lotta contro la quinta colonna". Alla luce di questo sembra molto rivelatore il recente sequestro della chiesa della COU nella città di Konstantinovka nella regione di Donetsk. Nella chiesa a noi sequestrata il patriarcato di Kiev ha celebrato un "servizio", a cui hanno partecipato solo i militari a guardia del posto. Nessun credente residente a Konstantinovka era nella chiesa. Tuttavia, anche questo non è importante. Il patriarcato di Kiev ha abbandonato le proprie chiese sul territorio non controllato dell'Ucraina. E invece di pensare a come prendersi cura del loro gregge abbandonato al proprio destino, preferiscono occuparsi di scorrerie e cercare parrocchiani stranieri per la strada.
Intervista del Centro per l'Informazione della Chiesa Ortodossa Ucraina
RIA Novosti Ucraina - Traduzione di Padre Ambrogio per CISNU- civg.it
Terminando l'omelia, scrive UINP, il metropolita avrebbe minacciato di morte coloro che simpatizzano per la Russia.
La sortita del metropolita Zinkevič fa il paio con la supplica rivolta da Petro Porošenko a papa Bergoglio per la beatificazione del capo della chiesa greco-cattolica ucraina, Andrej Šeptitskij, schierato coi nazisti tedeschi e i filonazisti ucraini durante la seconda guerra mondiale. Non a caso, pare che proprio dal 1941, con l'occupazione nazista dell'Ucraina, dati la separazione del patriarcato di Kiev da quello di Mosca e la nascita della cosiddetta chiesa ortodossa autocefala ucraina, con le conseguenti persecuzioni, uccisioni e terrorismo contro i seguaci moscoviti da parte dei nazionalisti e filonazisti ucraini e la susseguente fuga, nel 1943 e 1944 dei vescovi autocefali a fianco dei nazisti in ritirata.
Nato, sfida alla Russia: Montenegro sarà il 29° membro. Mosca: “Reagiremo”
La Nato apre le porte al Montenegro e la Russia minaccia reazioni. L’invito all’ex paese comunista è stato formalizzato dai ministri degli Esteri dell’Alleanza Atlantica riuniti per il secondo giorno a Bruxelles. Dopo la Croazia e l’Albania, entrati nel 2009, il Montenegro sarà dunque il terzo stato dei Balcani Occidentali a diventare membro, il 29esimo dell’Alleanza. Ad annunciarlo è stato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, sottolineando come “la decisione storica di avviare colloqui di adesione con il Montenegro” sia stata presa all’unanimità. Il premier montenegrino Milo Djukanovic ha parlato di “giornata storica”. “E’ il giorno più importante per il Montenegro dopo il referendum del 2006 per l’indipendenza”, ha aggiunto il premier.
La Nato conferma dunque l”’impegno alla ‘politica delle porte aperte'”. Anche se restano ancora fuori Georgia, la Bosnia e Macedonia: i tre paesi candidati verso i quali – nella dichiarazione della ministeriale esteri che ha dato il via libera al Montenegro – viene comunque “ribadito” l’impegno e la “riconferma” della dichiarazione di Bucarest che nel 2008 inaugurò allargamento della Nato nell’est europeo. La nuova mossa dell’Alleanza occidentale sullo scacchiere politico militare non ha provocato l’immediata reazione della Russia. “La continua espansione della Nato verso est, di certo, non può che portare ad azioni di risposta da parte russa” per motivi di sicurezza, ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov. Più esplicito il presidente della Commissione Difesa del Senato russo, Viktor Ozerov: “Il Montenegro oggi diventa per la Russia un paese che è un membro potenziale della minaccia alla sua sicurezza”. Per questo vengono resi “impossibili molti programmi che prima erano realizzati con la Russia, anche di cooperazione tecnico-militare”.
Dopo il negoziato di accesso e la successiva ratifica dei parlamenti dei 28 stati membri dell’Alleanza, il Montenegro diventerà il 29 paese membro. Sui tempi del processo di adesione, il segretario generale ha indicato di attendersi che si possano concludere “all’inizio” del 2017, poi – ha detto – “ci sarà la procedura di ratificazione nei 28 parlamenti” che l’ultima volta ha “richiesto circa un anno”. Da subito, compreso il summit dei leader dell’Alleanza in programma l’8-9 luglio prossimo a Varsavia, il Montenegro però “potrà partecipare, senza diritto di voto” a tutti gli incontri istituzionali della Nato.
Traduzione di Marx21.it
Il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov, ha dichiarato che l'espansione verso est dell'infrastruttura militare della NATO non potrà che provocare un'azione di rappresaglia da parte della Russia.
La NATO è tornata a manifestare la sua volontà di espansione invitando oggi il Montenegro a far parte dell'alleanza. La “decisione storica” è stata presa nella riunione di fine anno del Consiglio dei ministri della NATO svoltasi a Bruxelles.
“I ministri degli Esteri dei paesi membri della NATO hanno assunto la decisione storica di invitare il Montenegro a diventare il 29° membro dell'alleanza”, recita un comunicato Twitter della rappresentante ufficiale della NATO, Oana Lungescu.
“Ci felicitiamo con il Montenegro. E' l'inizio di un'alleanza molto buona”, ha commentato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg. A suo parere, si tratta di una “decisione storica” ed è solo l'inizio di un cammino che comprende il processo negoziale.
“Ci attende un grande lavoro, tanto in relazione alle riforme garantite dal dettato della legge in questo paese quanto per assicurare l'appoggio dell'opinione pubblica all'adesione del Montenegro alla NATO, ha sottolineato. Stoltenberg ha assicurato che il processo di incorporazione comporterà del tempo e terminerà entro 18 mesi.
Allo stesso tempo, il segretario generale della NATO ha rimarcato il fatto che la Bosnia ed Erzegovina, la Georgia e la Macedonia stanno procedendo verso l'adesione all'alleanza. Stoltenberg ha aggiunto che l'organizzazione ha deciso di tornare a convocare il consiglio Russia-NATO”, per riannodare la cooperazione con la Russia.
Come ha reagito la Russia?
La Russia, da parte sua, ha reagito alla notizia affermando che cesserà i suoi programmi in corso con il Montenegro, se esso entrerà nella NATO.
“Dal punto di vista della sicurezza collettiva in Europa, dal punto di vista dell'unità di fronte alle nuove sfide e minacce, qualsiasi espansione della NATO rappresenta un passo indietro e non un passo avanti”, ha dichiarato il responsabile del Comitato degli Affari Internazionali del Consiglio della Federazione, Konstantin Kosachov.
Nello stesso tempo,la Russia ha avvertito che prenderà misure per rafforzare la sua capacità difensiva e la preparazione per il confronto qualora il Montenegro entri nella NATO.
Da parte sua, il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov, ha dichiarato che l'espansione verso est dell'infrastruttura militare della NATO non potrà che provocare un'azione di rappresaglia da parte della Russia.