Informazione


SULL'APARTHEID INSTAURATO DALLA NATO IN LIBIA CON LA COMPLICITA' DEGLI "ANTIRAZZISTI" ITALIANI

Libia, "è caccia ai migranti” 

fonte: Redattore sociale

L’allarme lanciato dalla Federazione internazionale dei diritti umani in occasione della presentazione del nuovo rapporto. “Sono vittime di arresti mirati, lavori forzati e condizioni di detenzione brutali” 

ROMA - Arresti mirati e discriminatori, lavori forzati e condizioni di detenzione brutali nei campi gestiti da ex ribelli fuori controllo: nella Libia del post Gheddafi è caccia ai migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana. La denuncia arriva “Libia: si ponga fine alla caccia ai migranti” presentato oggi a Bruxelles e a Yamoussoukro in Costa d’Avorio e realizzato dalla Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh), Justice sans frontières pour les migrants (Jsfm) e Migreurop. Il rapporto è il risultato di un’inchiesta realizzata a giugno 2012 all’interno di 7 centri di detenzione a Tripoli, Bengasi e nella regione di Djebel Nafoussa che ha permesso di fare un bilancio sulle condizioni di vita dei migranti, riportando “violazioni flagranti e generalizzate dei diritti umani fondamentali”. Il conflitto, spiega il rapporto, ha provocato un esodo di massa di lavoratori migranti, ma la fase di ricostruzione ne sta attirando di nuovi. “Soltanto un’esigua minoranza cerca di raggiungere l’Europa - ha dichiarato Messaoud Romdhani, vice presidente della Lega tunisina dei diritti dell’uomo -. Si tratta essenzialmente di persone in fuga dai conflitti o dalla repressione nel Corno d’Africa che sono alla ricerca di una protezione internazionale che la Libia, che non ha ancora ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato e non ha alcun sistema d’asilo, non è in grado di offrire”. Un dato confermato, spiega il rapporto, dalla lista delle intercettazioni in mare effettuate dalla guardia costiera libica fornita alla delegazione: “Quasi la totalità delle persone intercettate sono potenziali rifugiati di origine somala o eritrea”. Per chi arriva in Libia dall’Africa Sub-sahariana, il rischio di finire dietro le sbarre è altissimo. “In Libia – spiega il rapporto -, gli stranieri considerati “illegali” rischiano di essere catturati ai check point o arrestati nelle loro abitazioni o luoghi di lavoro da gruppi di ex ribelli, al di fuori di qualsiasi controllo da parte delle autorità governative”. Arresti che avvengono in un contesto di razzismo radicato, come si legge nelle parole di un dirigente di un gruppo di ex ribelli: “La cosa più importante oggi è ‘ripulire’ il paese dagli stranieri che non sono in regola e mettere fine alle pratiche di Gheddafi che lasciava entrare molti africani in Libia. Non vogliamo più che queste persone portino qui malattie e criminalità”. Sono in migliaia, inoltre, i migranti detenuti nei campi gestiti dagli ex ribelli. “Le condizioni di vita in questi campi sono inumani e degradanti – spiega Sara Prestianni, membro di Migreurop e di Jsfm -. Le celle sono sovraffollate, le possibilità di uscire all’aria aperta eccezionali e i detenuti subiscono quotidianamente l’arbitrarietà e la brutalità delle guardie”. Alle violenze si aggiunge, poi, anche il lavoro forzato. “Abbiamo anche constatato che datori di lavoro esterni – racconta Geneviève Jacques, membro della presidenza internazionale della Fidh -, con la complicità delle guardie dei centri, reclutano i detenuti per lavorare nei cantieri o nei campi. I migranti non sanno per quanto tempo dovranno lavorare, né se saranno pagati”. Nei centri di detenzione, infine, la missione delle tre organizzazioni ha permesso di raccogliere le testimonianze di chi ha tentato di attraversare il mediterraneo verso l’Europa. “Le loro testimonianze inducono a supporre che i respingimenti verso la Libia proseguono in violazione delle norme internazionali – aggiunge il testo -. Il rapporto mostra ugualmente che la Libia è parte integrante del sistema europeo di esternalizzazione dei controlli di frontiera per impedire gli arrivi dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo sul territorio europeo e come questo sistema si stia rinnovando nel quadro dei negoziati in corso con le nuove autorità libiche”. Alle autorità dei paesi coinvolti, le tre organizzazioni chiedono un impegno concreto. Alle autorità libiche di porre fine agli arresti e alle detenzioni arbitrarie, di chiudere i centri di detenzione per migranti e di garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti. All’Unione europea, invece, di sospendere tutte le attività di cooperazione in materia migratoria con la Libia in assenza di misure che garantiscano la protezione dei diritti umani, di rinegoziare accordi di cooperazione nel pieno rispetto del diritto internazionale ed europeo relativo ai diritti umani e di rendere pubblici gli accordi, di mettere fine alle politiche di esternalizzazione dei controlli delle frontiere europee nei paesi vicini e, in particolare, in Libia. Ai paesi di provenienza dei migranti, infine, di vegliare sul rispetto dei diritti fondamentali dei loro cittadini in Libia e di assicurare la loro difesa e protezione in caso di violazione di questi diritti e la liberazione dei loro cittadini dai centri di detenzione. 



(italiano / english)

Imperialist Nobel Prize to "Europe"

1) Questo premio Nobel è una vergogna (C. Cernigoi)
2) Proposal: 2013 Nobel Peace Prize to NATO (D. Johnstone, J. Bricmont)
3) Nobel all'UE, 100mila carote al re di bastoni (F. Grimaldi)
4) The EU is not a “Person”: Violation of Alfred Nobel's Will (M. Chossudovsky)
5) SIDE STORY: Daniel Cohn-Bendit’s imperialist “For Europe” manifesto


See also / vedi anche:

Nobel un corno

The Nobel “Peace Prize”: A Front for NATO Warmongering

Nobel Hypocrisy Wins Again | Global Research
www.globalresearch.ca/nobel-hypocrisy-wins-again/5308113

EU Austerity Measures: Will the Nobel Prize Laureate use NATO to Collect Bad Debts?
www.globalresearch.ca/eu-austerity-measures...nobel-prize.../5308130


=== 1 ===

Questo premio Nobel è una vergogna

Sarò polemica. La storia dei premi Nobel per la pace, spesso attribuiti a persone che firmarono trattati di pace dopo avere condotto guerre ignobili (tutte le guerre sono ignobili, vero), basti pensare a Kissinger e Rabin, oppure a "dissidenti" dei Paesi dell'Est, per lo più in funzione anticomunista e filo-occidentale (come Walesa o Solgenitsin), non è una storia limpida.
E' scandaloso oggi assegnare il Nobel per la pace all'Unione europea, motivandolo con il fatto che per 60 anni si è assicurata la pace in Europa, senza considerare che le cosiddette "guerre balcaniche", ossia la dissoluzione della Jugoslavia, così come gli infami bombardamenti su ciò che della Jugoslavia rimaneva nel 1999, sono state effetto della politica imperialista degli stati membri dell'Unione europea che avevano bisogno di distruggere la Jugoslavia per poter portare avanti il loro progetto post-coloniale nell'Est europeo.
Oggi l'Unione europea non bombarda, come fece nel 1999 con la Jugoslavia, la Grecia, ma la vuole far morire di fame. E prevede di farlo con chi ancora non vorrà sottostare ai diktat della finanza.
Questo premio Nobel è una vergogna, un insulto a chi ancora oggi muore per l'uranio impoverito sganciato nei Balcani, ai cittadini dei paesi considerati a rischio dal FMI che non vedono un futuro accettabile davanti a sè. 

Claudia Cernigoi
Trieste


=== 2 ===

See also: Proposal: 2013 Nobel Peace Prize to NATO | Global Research
www.globalresearch.ca/proposal-2013-nobel-peace-prize-to-nato/
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http://www.counterpunch.org/2012/10/12/an-immodest-proposal-for-the-nobel-peace-prize-committee/

Counterpunch
WEEKEND EDITION OCTOBER 12-14, 2012
NATO in 2013!
An Immodest Proposal for the Nobel Peace Prize Committee

by DIANA JOHNSTONE and JEAN BRICMONT


The Norwegian parliamentarians have just awarded the Nobel Peace Prize to the European Union.  Now, Norway is one of the few Western European countries that does not belong to the EU.  So we suspect that the Norwegians’ modesty held them back from nominating the organization which deep down they believe truly merits the prize, NATO, because they belong to it.  The self-effacing Norwegians may have feared that such a choice would seem to be awarding the Prize to themselves. So they gave the prize to the EU as a sort of substitute.

That is laudable, and shows how much the Norwegians adhere to our common Western values.

However, we maintain that false modesty should not stand in the way of rewarding genuine merit.  Therefore, we propose that all those who cherish our common values should unite behind this immodest proposal: award the 2013 Nobel Peace Prize to NATO!

The wise Norwegians justify their choice by pointing out that the European Union has promoted European integration.  But if one looks at the facts, it is clear that NATO has integrated even more countries than the EU, and continues to do so, well beyond the provincial limits of Western Europe.  The EU has integrated Europe by economic means, which even the Nobel committee admits are collapsing.  NATO, on the other hand, has used bombs and missiles, to win former Yugoslavia over to our values, whereas the EU lags behind.  NATO has used its naval and air forces to democratize Libya, whereas the European Union leaders only justified the operation with mere words.  And today, thanks to Turkey, NATO is actively involved in combating the Syrian dictator who murders his own people, while the EU still merely talks and sends money which it doesn’t have.

The Norwegians praise the EU for combating the evil of nationalism, which they fear is on the rise.  However, in all honesty, the EU contribution to this noble cause is paltry, involving only a few declining nations on the tip of the Eurasian continent.  How much more inspiring is NATO’s mission of combating nationalism by bringing its benevolent rule of democracy and human rights to the whole world!  It is only when all nations and nationalisms have been brought under the governance of Western values that true peace will finally reign over our planet.

On the eve of the hundredth anniversary of the outbreak of World War I, what could be more fitting than to award this prestigious Peace Prize to the organization that is truly ready and willing to END ALL WARS!

NATO in 2013!!!

Diana Johnstone can be reached at diana.josto@...

Jean Bricmont can be reached at jean.bricmont@...


=== 3 ===

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2012/10/nobel-allue-100mila-carote-al-re-di.html

DOMENICA 14 OTTOBRE 2012

NOBEL ALL'UE, 100MILA CAROTE AL RE DI BASTONI


“Per oltre sei decenni hanno contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in  Europa. (Motivazione del Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea. Jugoslavi, somali, iracheni, afghani, libici, siriani, da sottoterra o sottovita, si spellano le mani)

Quando si avvicinerà la fine dei tempi, gli uomini saranno ammaliati dal demonio e passeranno le loro giornate davanti a delle immagini tremolanti. (S.Giovanni, Apocalisse)

Ciò che pensiamo, o che sappiamo, o che crediamo e, in fondo, di scarsa rilevanza. E’ rilevante ciò che facciamo. (John Ruskin)

Nessuno ha fatto un errore più grande di colui che non ha fatto niente perché poteva solo fare poco. (Edmund Burke)

Io so che quando il grande potere menerà il colpo per dividere l’umanità in appena due fazioni opposte, io sarò dal lato della gente comune. (Che Guevara)

Unione Europea, premio Nobel per la Pace. Ovvio, no? Come diceva Tacito: “Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace”. E l’insegna dovrebbe abbagliarci, tanto da non farci accorgere che questa Unione di 27 cosche della criminalità organizzata in cravatta si va salutariamente disfacendo sotto la forza centrifuga di chi ha capito che la propria salvezza sta nella sovranità del suo Stato. Oggi. E forse, domani, in un’Europa liberata dalle élites e dai loro metodi. C’è chi con un Nobel ad assassini e bancarottieri fraudolenti si stupisce, si schernisce, nitrisce improperi. Perché mai? Qual è la sorpresa? Nobel l’Obama delle 7 guerre, degli elenchi degli assassinandi, dello stupro dei diritti civili e sociali a casa sua e fuori. Nobel Kissinger, che infilava dittatori necrofagi  nel corpo agonizzante dell’America Latina. Nobel Begin, che da terrorista stragista sotto mandato britannico è passato a killer seriale di arabi vicini e  lontani. Nobel Churchill, alla luce di quanto ha fatto con i gas nelle colonie dell’impero e col fosforo alle città tedesche. Nobel Aung San Suu Kyi, da vent’anni al servizio della Cia per vendere il suo paese alle multinazionali. Nobel retroattivi in vista a Gengis Khan, Hitler (che Oslo prese effettivamente in considerazione!), Goffredo di Buglione e a Landrù. Come potevano negare, in questo mondo da Lewis Carroll, un Nobel a chi ha mutilato il continente disintegrando la Jugoslavia, a chi si è impegnato nella decimazione degli afghani, libici, siriani, a chi, senza carote alcune, ma con la ricca varietà di bastoni del suo armamentario repressivo, sta conducendo una guerra all’ultimo sangue contro la propria società? Più Nobel della pace di così!
In dirittura d’arrivo per Oslo sono ora Draghi, Monti-Fornero-Saramas-Sarkozy-Hollande-Rajoy, tutti ex-equo. Se toccasse all’Italia, nessuno toglierebbe la precedenza a Napolitano Si vedrà chi, marciando sul tappeto di corpi serbi, afghani, iracheni, libici, siriani, palestinesi, affiancato dalle urne funebri del welfare e del diritto domestici, farà fuori più gente in eccedenza. Una bella gara. E’ già in vista il trampolino iraniano...

(continua su http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2012/10/nobel-allue-100mila-carote-al-re-di.html )


=== 4 ===

http://www.globalresearch.ca/the-eu-is-not-a-person-granting-the-nobel-prize-to-the-european-union-is-in-violation-of-alfred-nobels-will-2/5308142

The EU is not a “Person”: Granting the Nobel Prize to the European Union is in Violation of Alfred Nobel’s Will

Global Research, October 13, 2012

This year’s Nobel Peace Prize was granted to the European Union (EU) for its relentless contribution to “the advancement of peace and reconciliation, democracy and human rights in Europe.”

While the EU’s contribution to peace is debatable, the key issue is whether a union of nation states, which constitutes a political, economic, monetary and fiscal entity is an “eligible candidate” for the Peace Prize, in accordance with the mandate of the Norwegian Committee.

The Olympic Games are “granted” to countries. But the Nobel Peace Prize cannot under any stretch of the imagination be granted to a nation-state, let alone a union of nation states.

The Norwegian Nobel Committee has a responsibility to ascertain “the eligibility of candidates” in accordance with the Will of Alfred Bernhard Nobel (Paris, 27 November, 1895).

“The whole of my remaining realizable estate shall be dealt with in the following way: the capital, invested in safe securities by my executors, shall constitute a fund, the interest on which shall be annually distributed in the form of prizes to those who, during the preceding year, shall have conferred the greatest benefit to mankind….

The said interest shall be divided into five equal parts, which shall be apportioned as follows: one part to the person who shall have made the most important discovery or invention within the field of physics; one part to the person who shall have made the most important chemical discovery or improvement; one part to the person who shall have made the most important discovery within the domain of physiology or medicine; one part to the person who shall have produced in the field of literature the most outstanding work in an ideal direction; and one part to the person who shall have done the most or the best work for fraternity between nations, for the abolition or reduction of standing armies and for the holding and promotion of peace congresses. …

[F]or champions of peace [the prize will be awarded] by a committee of five persons to be elected by the Norwegian Storting. It is my express wish that in awarding the prizes no consideration whatever shall be given to the nationality of the candidates, but that the most worthy shall receive the prize, whether he be a Scandinavian or not.

Will of Alfred Bernhard Nobel, November 27, 1895, emphasis added

The conditions set out in Alfred Nobel’s Will have been twisted upside down.

Nobel’s Will is crystal clear. The five prizes are to be granted to “persons”. (See complete list of laureates)

Since its inception, however, several of the prizes have been granted to both “persons” and organizations/institutions to which they are affiliated as in the case of Henry Dunand (Red Cross) or Mohamed ElBaradei, UN International Atomic Energy Organization (IAEA). In other cases, the prize was granted as to “organizations” consisting of a collective of persons (e.g. UN Intergovernmental Panel on Climate Change).

The granting of the Nobel Prize to the European Union, which is a political entity, a union of nation states, is visibly in blatant violation of Alfred Nobel’s Will.

Theater of the Absurd

The European Union cannot under any stretch of the imagination be categorized as a “person”, “a group of persons” or even an “organization”. Moreover, implied in Nobel’s Will is that the candidates must be citizens without regard to nationality:

“It is my express wish that in awarding the prizes no consideration whatever shall be given to the nationality of the candidates, but that the most worthy shall receive the prize, whether he be a Scandinavian or not.(Alfred Nobel’s Will, Paris, 1895)

The European Union is a union of nation states composed of citizens.

The EU cannot be a citizen of itself, nor does the EU have a nationality.

Citizens of the EU are “eligible candidates” but the EU cannot be “an eligible candidate”.

Moreover, it stands to reason that “eligible candidates” for the Peace prize who are “persons” cannot reasonably be evaluated, compared or ranked by the Norwegian selection committee in relation to the European Union, which is a “non-person”, namely a union of countries.

This an important consideration: How does the candidacy of the EU “compare” to “other” distinguished 2012 nominees who are actual “persons”? “Oranges versus apples?

According to the procedure, a short list of nominees “is reviewed by permanent advisers and advisers specially recruited for their knowledge of specific candidates.” And based on this review, the Peace Laureate is chosen, through a majority vote of the five persons Norwegian Committee.

The prize consists of “a medal, a personal diploma, and a cash award.” Theater of the absurd: A “personal diploma” to the European Union and “a cash award”, for what, to whom? To finance the EU’s budget deficit, its bank bailout schemes?

The decision of the Norwegian Nobel Committee is diabolical and illegal, in blatant violation of its mandate.

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Full text of Alfred Nobel’s Will

I, the undersigned, Alfred Bernhard Nobel, do hereby, after mature deliberation, declare the following to be my last Will and Testament with respect to such property as may be left by me at the time of my death:

To my nephews, Hjalmar and Ludvig Nobel, the sons of my brother Robert Nobel, I bequeath the sum of Two Hundred Thousand Crowns each;

To my nephew Emanuel Nobel, the sum of Three Hundred Thousand, and to my niece Mina Nobel, One Hundred Thousand Crowns;

To my brother Robert Nobel’s daughters, Ingeborg and Tyra, the sum of One Hundred Thousand Crowns each;

Miss Olga Boettger, at present staying with Mrs Brand, 10 Rue St Florentin, Paris, will receive One Hundred Thousand Francs;

Mrs Sofie Kapy von Kapivar, whose address is known to the Anglo-Oesterreichische Bank in Vienna, is hereby entitled to an annuity of 6000 Florins Ö.W. which is paid to her by the said Bank, and to this end I have deposited in this Bank the amount of 150,000 Fl. in Hungarian State Bonds;

Mr Alarik Liedbeck, presently living at 26 Sturegatan, Stockholm, will receive One Hundred Thousand Crowns;

Miss Elise Antun, presently living at 32 Rue de Lubeck, Paris, is entitled to an annuity of Two Thousand Five Hundred Francs. In addition, Forty Eight Thousand Francs owned by her are at present in my custody, and shall be refunded;

Mr Alfred Hammond, Waterford, Texas, U.S.A. will receive Ten Thousand Dollars;

The Misses Emy and Marie Winkelmann, Potsdamerstrasse, 51, Berlin, will receive Fifty Thousand Marks each;

Mrs Gaucher, 2 bis Boulevard du Viaduc, Nimes, France will receive One Hundred Thousand Francs;

My servants, Auguste Oswald and his wife Alphonse Tournand, employed in my laboratory at San Remo, will each receive an annuity of One Thousand Francs;

My former servant, Joseph Girardot, 5, Place St. Laurent, Châlons sur Saône, is entitled to an annuity of Five Hundred Francs, and my former gardener, Jean Lecof, at present with Mrs Desoutter, receveur Curaliste, Mesnil, Aubry pour Ecouen, S.& O., France, will receive an annuity of Three Hundred Francs;

Mr Georges Fehrenbach, 2, Rue Compiègne, Paris, is entitled to an annual pension of Five Thousand Francs from January 1, 1896 to January 1, 1899, when the said pension shall discontinue;

A sum of Twenty Thousand Crowns each, which has been placed in my custody, is the property of my brother’s children, Hjalmar, Ludvig, Ingeborg and Tyra, and shall be repaid to them.

The whole of my remaining realizable estate shall be dealt with in the following way: the capital, invested in safe securities by my executors, shall constitute a fund, the interest on which shall be annually distributed in the form of prizes to those who, during the preceding year, shall have conferred the greatest benefit to mankind. The said interest shall be divided into five equal parts, which shall be apportioned as follows: one part to the person who shall have made the most important discovery or invention within the field of physics; one part to the person who shall have made the most important chemical discovery or improvement; one part to the person who shall have made the most important discovery within the domain of physiology or medicine; one part to the person who shall have produced in the field of literature the most outstanding work in an ideal direction; and one part to the person who shall have done the most or the best work for fraternity between nations, for the abolition or reduction of standing armies and for the holding and promotion of peace congresses. The prizes for physics and chemistry shall be awarded by the Swedish Academy of Sciences; that for physiological or medical work by the Caroline Institute in Stockholm; that for literature by the Academy in Stockholm, and that for champions of peace by a committee of five persons to be elected by the Norwegian Storting. It is my express wish that in awarding the prizes no consideration whatever shall be given to the nationality of the candidates, but that the most worthy shall receive the prize, whether he be a Scandinavian or not.

As Executors of my testamentary dispositions, I hereby appoint Mr Ragnar Sohlman, resident at Bofors, Värmland, and Mr Rudolf Lilljequist, 31 Malmskillnadsgatan, Stockholm, and at Bengtsfors near Uddevalla. To compensate for their pains and attention, I grant to Mr Ragnar Sohlman, who will presumably have to devote most time to this matter, One Hundred Thousand Crowns, and to Mr Rudolf Lilljequist, Fifty Thousand Crowns;

At the present time, my property consists in part of real estate in Paris and San Remo, and in part of securities deposited as follows: with The Union Bank of Scotland Ltd in Glasgow and London, Le Crédit Lyonnais, Comptoir National d’Escompte, and with Alphen Messin & Co. in Paris; with the stockbroker M.V. Peter of Banque Transatlantique, also in Paris; with Direction der Disconto Gesellschaft and Joseph Goldschmidt & Cie, Berlin; with the Russian Central Bank, and with Mr Emanuel Nobel in Petersburg; with Skandinaviska Kredit Aktiebolaget in Gothenburg and Stockholm, and in my strong-box at 59, Avenue Malakoff, Paris; further to this are accounts receivable, patents, patent fees or so-called royalties etc. in connection with which my Executors will find full information in my papers and books.

This Will and Testament is up to now the only one valid, and revokes all my previous testamentary dispositions, should any such exist after my death.

Finally, it is my express wish that following my death my veins shall be opened, and when this has been done and competent Doctors have confirmed clear signs of death, my remains shall be cremated in a so-called crematorium.

Paris, 27 November, 1895

Alfred Bernhard Nobel


That Mr Alfred Bernhard Nobel, being of sound mind, has of his own free will declared the above to be his last Will and Testament, and that he has signed the same, we have, in his presence and the presence of each other, hereunto subscribed our names as witnesses:

Sigurd Ehrenborg
former Lieutenant
Paris: 84 Boulevard Haussmann

R. W. Strehlenert
Civil Engineer
4, Passage Caroline

Thos Nordenfelt
Constructor
8, Rue Auber, Paris

Leonard Hwass
Civil Engineer
4, Passage Caroline

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Copyright © 2012 Global Research



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Daniel Cohn-Bendit’s imperialist “For Europe” manifesto


By Peter Schwarz 
12 October 2012


Daniel Cohn-Bendit and Guy Verhofstadt have written a joint manifesto titled “For Europe”, which argues for a strong European Union and a federal Europe with a powerful central government. The manifesto is to be distributed as a book in multiple languages.

Born in 1945, Cohn-Bendit is chairman of the Green Group in the European Parliament and was one of the most prominent figures in the student revolt in France in 1968. Verhofstadt, born in 1953, was Belgian prime minister from 1999 to 2008 and now heads the liberal group in the European Parliament, which includes the German free-market Free Democratic Party (FDP).

The most remarkable element of the manifesto is not its advocacy of a federal Europe with a strong executive—such notions have been commonplace within bourgeois circles since the birth of the EU project. What is striking is the manner in which Cohn-Bendit and Verhofstadt largely dispense with linking this demand to calls for peace and prosperity. Instead they argue bluntly for Europe as an imperialist superpower. In their opinion austerity and militarism are the necessary price to achieve this goal.

On the very first page, Cohn-Bendit and Verhofstadt justify their commitment to a strong European Union by declaring: “We must more emphatically defend our interests against economic and political great powers of the calibre of China, India, Brazil, Russia or the United States.”

This is the theme that reoccurs through the entire manifesto. Another passage reads: “In just 25 years no European country will be counted among the powers that determine world affairs.” A “strong and united Europe”, however, would now and tomorrow, be “the most powerful and wealthiest continent in the world, richer than America, more powerful than all of the new empires combined.”

The authors of the manifesto do not lose a word on the plight of millions of Greeks, Portuguese, Irish and Spaniards, whose livelihoods are currently being destroyed in the name of defending the euro and the EU. They consider EU austerity diktats as essential “to secure our place in the world—whatever it takes.”

“A currency cannot be maintained without solidarity and discipline”, they write, and call for dictatorial powers for the European Commission: “We need ... common institutions with the power to outline economic, budgetary and tax policy for the entire euro zone. Institutions with the tools to really enforce the implementation of the rules of the game, without member states impeding them.”

Cohn-Bendit and Verhofstadt also regard military interventions as essential to secure “our position in the world.” This is not only apparent from their demand for a joint European army, but also from their praise for the new UN doctrine, the “responsibility to protect.” This has “ushered in a new era, extending the sovereignty of international law and human rights far beyond nation-states,” they write.

The concept of the “responsibility to protect” serves as a justification for the US and its allies to militarily attack sovereign nations and force regime change in their own interests. The war against Libya was justified on such grounds, and the same concept is now being used to urge a direct intervention against Syria. Cohn-Bendit and Verhofstadt have supported both. They justify such imperialist violence with the need to spread “human rights, freedom and democracy”. Their language is strongly reminiscent of the “civilizing mission” of British imperialism, used to justify the brutal subjugation of India and Africa.

In order to lend some credibility to their plea for a more powerful European Union, Cohn-Bendit and Verhofstadt raise the spectre of nationalism. They evoke the two world wars, which brought “persecution, broken families, the extinction of minorities, countries in ruins and cities bombed to the ground” and warn: “Sooner or later nationalism always leads to the same tragedy.”

They deliberately ignore the fact that it is EU policy that has strengthened centrifugal tendencies in Europe. The destruction of millions of livelihoods by the social cuts ordered by Brussels—with the full support of the social democrats, Greens and trade unions—plays into the hands of right-wing, nationalist forces. Neo-fascist groups are also able to exploit the policy of European authorities intent on setting up new barriers against immigrants and intensifying the persecution of refugees.

The subjugation of Europe to the dictates of the most powerful financial and economic interests through a strengthening of the EU and the growth of nationalism are two sides of the same coin. Often, the proponents of both positions are to be found in the same political camp, as it is the case in Germany where the spectrum inside the ruling coalition extends from vehement nationalists to resolute supporters of the EU.

The real political dividing line in Europe is not between EU supporters and nationalists but along social divisions—between the ruling elite which is amassing huge fortunes and driving the continent into disaster and war, and the working class which is being subjected to unceasing attacks on its social and democratic rights.

A relapse into dictatorship and war in Europe can only be avoided by working people closing ranks across borders, expropriating the ruling elite and establishing Europe on a socialist basis. This requires an uncompromising struggle against the EU and its institutions.

Cohn-Bendit and Verhofstadt, both fierce anti-communists, combat such a perspective. Their manifesto aligns communism with fascism and Nazism and includes it among the “enemies of freedom.”

It is no surprise that a free-market liberal such as Verhofstadt defends such views. As for Cohn-Bendit, however, he still retains a whiff of the rebel “Danny the Red” from his student days. In fact, his commitment to imperialism is nothing new. In 1999, when his long-time friend and companion Joschka Fischer—at that time German foreign minister—agitated for the participation of the German army in the war against Yugoslavia Cohn-Bendit was his most energetic defender in overcoming pacifist opposition inside the Green Party.

Cohn-Bendit embodies those layers of the middle class whose principal aim in 1968 was to expand their own potential for individual advancement and who despised the working class. Under the influence of anti-Marxist theories they regarded the working class as a backward mass, in the thrall of consumerism. When—to their big surprise—French workers intervened in May and paralyzed the country with a general strike, occupying factories and bringing the government of General de Gaulle to the brink of collapse, they reacted with shock and turned rapidly to the right.

Passing through various anarchist, Maoist and pseudo-Marxist groups they commenced a “march through the institutions”, enabling them to make a career and obtain lucrative posts. Not a small number of such former anarchists, Maoists and other “leftists” now occupy leading positions in the boardrooms of the EU, European governments and the established parties—functioning as pillars of the ruling order. Cohn-Bendit is just one of them, althoug

(Message over 64 KB, truncated)



MA LA MEMORIA DOVE STA?

Lettera Aperta all'Associazione 21 Luglio


Pensare Contro-campo. Rom, cittadini dell'Italia che verrà”. E’ un augurio per il futuro? Ma la memoria dove sta?

A tutti coloro che parteciperanno a questa iniziativa (1) in buona fede ed animati da senso civico e da autentico spirito di condivisione politica e sociale, a quelli che siederanno dietro al tavolo degli invitati, lunga lista di personalità autorevoli, a testimonianza della lotta “globale” per i diritti umani, per la tutela delle minoranze, per il rispetto e l’integrazione culturale... Agli amici rom e sinti, ai quali viene concesso uno spazio per esprimersi anche folkloristicamente, nella giornata romana che ricorda la deportazione degli ebrei.

Ma la memoria del danno arrecato a questi popoli dove sta?

La memoria della guerra, guerra che anticipa sempre queste ipocrite fasi di “ricongiungimento e ricostruzione”, dove sta? Che “società civile” è mai questa che vive sempre della miseria umana indotta dalle strategie di imperialismo geopolitico?

Il riconoscimento delle corresponsabilità politiche ed etiche di personaggi come la presidente del Senato Emma Bonino, che interverrà e parlerà a favore dell’eliminazione dei “campi monoetnici”, dov’è?

Eliminazione dei “campi monoetnici”, quali? Quelli che in questi giorni Alemanno si pregia di aver CHIUSO con centinaia di cartelloni pubblicitari sparsi per la città? Oppure quelli delle riserve indiane del Kosovo dove si respira solo piombo? La Bonino ha avuto forse mai il fegato di leggere qualcuno degli scritti o di vedere i reportage sui rom kosovari realizzati da Paul Polansky? (2) O di leggere il libro di Adem Bejzak sulla condizione dei rom kosovari in Italia e sulle cause del loro esilio? (3)

Quel minimo di dignità e di coerenza, di ammissione onesta delle colpevolezze, prima della riparazione del danno, dov’è?

Abbiamo dimenticato il ruolo della Bonino guerrafondaia, favorevole ai bombardamenti NATO sulla Jugoslavia del ‘99? Aviano, base di lancio dei cacciabombardieri: 78 giorni di violenti e micidiali bombardamenti sulla popolazione civile, sulle infrastrutture pubbliche e sulle fabbriche. Un delitto consapevole commesso ai danni dell’umanità, con l’uso dei proiettili all’uranio impoverito. Dopodiché, sotto lo sguardo complice di quasi 50.000 militari NATO, l’UCK pan-albanese terrorizza, perseguita, sequestra, uccide, espianta organi, contro non albanesi, serbi e rom, saccheggia e distrugge abitazioni. 200.000 persone spinte a rifugiarsi in una Serbia demolita, inquinata dalle bombe e assediata dall’embargo. Quanti rom kosovari tra di loro? E quanti rom kosovari hanno proseguito la loro fuga fino ad approdare in Italia? (4)

Sulle almeno 10 tonnellate (fonte NATO...) di uranio impoverito sparse in Kosovo, Emma Bonino nel marzo del 2007 dichiara: << Ora che anche gli scienziati cui si è appellata l' Unione europea sono giunti alla conclusione (...) che l'uranio impoverito "non ha effetti rilevabili sulla salute umana" a livelli limitati di esposizione (quali quelli registrati durante le operazioni della Nato in Kossovo) dove sono finiti tutti coloro - politici, giornalisti e presunti esperti di varia natura - che intorno alla questione uranio impoverito misero in scena una irresponsabile sceneggiata [sic] che confuse l'opinione pubblica e rischiò persino di inquinare i rapporti fra l'Italia e la Nato e quelli fra l'Unione europea e le nuove autorità di Belgrado? >> Alla Bonino non è mai capitato di attraversare i corridoi dell’ospedale di Kosovska Mitrovica pieni di leucemici e tiroidi impazzite, o di vedere sgretolarsi le ossa malate degli adolescenti cresciuti tra gli scheletri delle case del dopo bombe. D'altronde, Emma Bonino non disdegna nemmeno il fosforo bianco (5) nel perseguire i suoi obbiettivi geopolitici. 

Abbiamo dimenticato la conferenza di Rambouillet? Tra gli accompagnatori dei membri dell'UCK, come “consiglieri” della delegazione kosovaro-albanese, c’era anche Filippo di Robilant ex portavoce di Emma Bonino...

Abbiamo dimenticato le attuali drammatiche condizioni di apartheid dei rom in Kosovo, e dei serbi rimasti, causate dalla secessione su base "etnica" a seguito della proclamazione unilaterale di indipendenza nel 2008? "Indipendenza" (ri-colonizzazione) fortemente voluta da Emma Bonino. Ecco cosa scrisse sul Corriere della Sera (6): “In Commissione Crisi Internazionali [International Crisis Group] siamo convinti che un possibile scenario futuro debba includere una serie di iniziative politiche da parte di tutti i soggetti coinvolti”. Eh già, abbiamo dimenticato anche l'International Crisis Group, centro di potere, emanazione dei maggiori governi imperialisti o loro vassalli... Emma Bonino ne è membro accanto a un finanziatore del calibro di George Soros e a personaggi come Zbigniew Brzezinski, Morton Abramowitz, Wesley Clark, comandante in capo delle forze NATO nell'aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava.

La Bonino ha detto anche: “Entro la metà del 2005, l' Onu dovrà valutare l'impegno del governo del Kosovo rispetto alla democrazia e alla garanzia dei diritti umani”. Democrazia e garanzia dei diritti umani?? Quali?? Di chi?? Per quale parte di mondo??

A proposito di Soros. Nel 2004 la parlamentare europea Emma Bonino riceve l' Open Society Prize dalla Central European University (CEU) di Budapest, con il riconoscimento solenne di Mark Malloch Brown, amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP), che dice di lei: “Per il suo contributo sostanziale agli ideali di una “società aperta” di cui ha dato prova nel corso di una prestigiosa carriera di militante ed attivista politica svolta all’insegna della nonviolenza attiva... Il suo impegno contro ogni discriminazione...” L’insigne parlamentare, non violenta, non arrampicatrice, simbolo di tolleranza, di indiscriminato rispetto delle libertà altrui... risponde, chiosando su mezzo mondo: “Ringrazio di cuore la Central European University e l' Open Society Institute per avermi onorato di questo premio che mi viene conferito, paradossalmente, con le stesse motivazioni con le quali alcuni paesi di stampo autoritario – Cina, Costa d’Avorio, Cuba, Federazione russa, Iran, Pakistan, Sudan, Vietnam, Zimbabwe - hanno chiesto l’espulsione del Partito Radicale Transnazionale dal Comitato Economico e Sociale dell’Onu”. 

E non è l'unico premio ricevuto da Emma Bonino: la leader radicale era stata insignita persino dell'Ordine del Principe Branimiro dallo Stato croato nel 2002 per il suo sostegno a un'altra secessione su base "etnica", quella della Croazia.

Ringraziando per l’attenzione, torniamo a chiedere: ma la memoria di tutto questo dove sta?



Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

13 ottobre 2012


NOTE: 


(1) “Pensare Contro-campo. Rom, cittadini dell'Italia che verrà” è una iniziativa indetta dalla Associazione 21 Luglio per martedì 16 ottobre 2012:
Tra i relatori figura, incredibilmente, anche Emma Bonino.

(2) Statunitense di origine Ceca, ha lasciato gli USA durante la guerra in Vietnam. Da anni si dedica alla solidarietà ed alla controinformazione sulla condizione dei rom kosovari.
Si vedano le più recenti iniziative con lui organizzate in Italia:
o il suo testo "Negligenza Mortale":

(3) Adem Bejzak e Kristin Jenkins: UN NOMADISMO FORZATO
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia - Edizioni Archeoares, 2011

(4) Sulla condizione dei rom in Kosovo a seguito dei bombardamenti del 1999 e della instaurazione del regime razzista cogestito da UCK, NATO e UE si vedano alcuni materiali al nostro sito: https://www.cnj.it/AMICIZIA/rom.htm#kosovo  - https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm .
Si veda poi l'Appello al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al Parlamento Europeo ed al Governo italiano in merito ai profughi kosovari in Toscana:

(5) Intervista al Corriere della Sera, 15 febbraio 2006.

(6) Corriere della Sera, 28 gennaio 2005, titolo: “Belgrado si rassegni e accetti la sconfitta” (sic).




Stefan Simić: BAJKA O JEDNOJ IZGUBLJENOJ ZEMLJI  / FIABA DI UN PAESE PERDUTO


=== italiano ===


FIABA DI UN PAESE PERDUTO


Che io sia nato troppo tardi o che lei si sia dissolta troppo presto, in ogni caso sto studiando la geografia della vecchia Jugoslavia in ritardo... Navigo nell'Adriatico, mi arrampico sulla Kozara, a Tuzla ho incontrato per la prima volta l'Islam e la feredja, con una ragazza macedone ho corso lungo la riva e per le vie di Spalato; poi sono giunto a Cattaro, nella Città Vecchia. Molto lentamente compongo il mosaico in una catena di ricordi, mettendo in ordine un ricordo dietro all'altro.

Era un paese bellissimo, dico cosi, perchè tutte le fiabe durano poco. Anche questa nostra, la fiaba jugoslava. Sarebbe molto difficile riuscire ad abbracciare tutto ciò in una vita intera, come farlo nel racconto di un ventenne qualsiasi? Come domare quello spirito nobile, come renderlo chiaro in poche frasi senza rimembrare tutte le persone, tutte le città e tutti i paesi, come toccare quel fiore di un tempo in cui ancora inalava passione e non sciupare proprio nulla della sua bellezza, né del suo significato?

In breve, mi sono voluto informare su Krleža, ho ascoltato i canti di sevdah - le sevdalinke, ho riso per le allegre musiche e danze del beciaraz, ho provato a mangiare con gusto quelle specialità dalmate dai nomi impronunciabili, mi sono divertito con giuochi folkloristici, mi sono lasciato cullare della bellezza incantevole di tutte quelle donne e ho litigato con me stesso su quale di loro sia la più bella...

Ho sentito parlare dello Stradun, della Baš Čaršija, di Piazza Ban Jelačić; ma almeno l'ho sentito, e qualche cosa di tutto ciò l'ho pure vista con i miei occhi, ho trascorso lì i fine settimana, e qualcuno di quei posti si è rallegrato per la mia venuta cosicché custodisco molti ricordi lieti - ma che cosa ne sarà di questi nuovi bambini, dei bambini che verranno? Bambini che prima di tutto impareranno ad odiare e a rifiutare, bambini che possono elencare i posti dove vorrebbero andare e quelli dove non si va. E alla fine non vanno da nessuna parte... Per loro sono più importanti certi personaggi inesistenti che non la loro storia, sono più importanti le ricerche su Miami, sui robot, sugli abitanti di Marte, più importanti di quei posti dove sono cresciute generazioni intere, le generazioni dei loro padri e dei loro nonni. Per loro è più importante la Lady Gaga della loro stessa nonna.

Visto che gli jugoslavi sono sempre di meno, i postjugoslavi sono sempre di più. Sono affezionato a quella gente che mi fa ricordare la fratellanza e l'unità, i campi estivi della gioventù dove si lavorava, la passione per la ricostruzione di una società, la fede nella gente, la fede nell'uomo... Mi fanno ricordare la vita di quando non era vergognoso essere albanese a Belgrado, quando era un onore innamorarsi di una ragazza di Spalato, quando per farsi i complimenti si onorava quello che non è tuo. Molto lentamente vado mettendo insieme una «mia» vecchia Jugoslavia in miniatura, e, almeno in modo fittizio, ne sto diventando un abitante...

Dapprima i miei racconti sono giunti in tutte quelle città, e poi sono arrivato io, in ritardo. Ne evinco che tutti noi leggiamo gli stessi autori, che ci innamoriamo nella stessa maniera, che ci piace la stessa musica, che combattiamo contro le stesse identiche cose, e il con sorriso sulle labbra cerchiamo di imitare gli stessi dialetti. Ho capito che anche laggiù i fiori hanno lo stesso odore di qui, che si cantano le stesse canzoni, che si vanno a vedere gli stessi film, ma che nonostante tutto questo, nel nostro profondo, rimangono nascosti certi malintesi, che non sono per colpa nostra, di noi, generazioni recenti, che purtroppo li stiamo scontando, eccome! E in futuro sarà anche peggio...

Anche se mille volte ho detto ai miei amici che non mi sono sentito mai straniero a Osijek, né a Podgorica, né a Zagabria, né a Vukovar... Ho mentito. La paura si avverte nell'aria. Il subcosciente è una strana palude che lascia emergere tutto in superficie. Allora vedi anche quello che non c'è. I confini sono artificiali, ma i confini proprio perché sono confini confinano, limitano...

I miei, qui, mi hanno seppellito preventivamente, quando mi sono diretto in Croazia, mi hanno accompagnato impauriti come se partissi per chi sa dove... Anche se la guerra è finita da tempo, la guerra dura ancora nelle teste della gente...

Delle volte mi chiedo: per chi hanno perso la vita tutti quegli eroi caduti sognando una società davvero umana e la libertà? Immagina soltanto le gare, i giochi degli operai, la possibilità di dormire dove vuoi, la facilità di transitare in questo spazio, l'amore verso l'altro, verso il diverso. E che cosa abbiamo oggi? Masnade di degenerati spersonalizzati, il profitto come principio supremo, l'interesse come segno di riconoscimento, il dubbio in tutto ciò che ci circonda, la paura, gli eccessi, l'ingordigia, l'invidia. Abbiamo orde di cretini drogati, che camminano sulla terra come su un deposito d'immondizia, cercando le cose da utilizzare ancora e le cose da buttare e rottamare.

Fu difficile costruire tutto ciò che si fece, pacificare il non pacificabile, e fu molto facile romperlo, distruggerlo, usare coltelli ben affilati e tramutare uno dei paesi più civili in uno dei più barbari.

Quante celebrità sono state distrutte e quanti personaggi di fama internazionale ridotti al livello locale. Parliamo del culto degli attori Ljuba Tadić, Bekim Fehmiu, Šovagović, Šerbedžija, di Mija e di Čkalja, di Bata e di Boris Dvornik. Della fama di musicisti come Ivo Robić, Ibrica Jusić, Đordže Marijanović, o del gruppo Korni, degli Indexi, del Bijelo dugme (Bottone bianco). Di celebri scrittori, a partire da Andrić, Selimović, Kiš, Pekić... Della fama di sportivi come Duči Simonović, Mirza, Ćosić, Džaja. Esisteva a quel tempo la fama ed il culto per i lavoratori, per l’onestà, per la lotta per il bene comune, il culto dell’uomo, dell’umanità...

La Jugoslavia evidentemente non ha potuto resistere, come non può resistere alcun grande sogno.

La saggezza di una generazione è stata distrutta dall’altra e la terza generazione ha infranto e rotto tutto, riducendolo in piccole parti, e dopo le ha svendute sottocosto, come se fosse roba altrui, come se mai fosse esistito nulla... Già da anni si affilano i coltelli, l'uno odia l’altro... A guardare da questa distanza, sembra proprio irreale che questa gente sia vissuta in pace, sotto lo stesso tetto, e che abbia conquistato il mondo unita. Oggi ci stiamo svendendo un po’ per volta a questo stesso mondo! Uno vende le isole, l'altro vende le fabbriche, uno la ricchezza mineraria e tutti in eguale misura ci vendiamo reciprocamente. Ciascuno con orgoglio porta al tavolo tutto ciò che possiede, rinunciando all’elementare dignità umana...

Abbiamo creduto di lottare per noi in tutti questi anni, mentre in realtà lottavamo per loro. Quando abbiamo pensato di diventare più forti, in realtà diventavamo sempre più deboli, e quando eravamo più vicini alla vittoria, in realtà perdevamo sempre di più, le perdite diventavano sempre più gravi, mentre non abbiamo avuto alcun presentimento della sconfitta che ci aspettava...

Lo spirito dei collaborazionisti, dei cetnizi e degli ustascia, sta di nuovo venendo a galla. Invece di cercare di costruire il futuro, cerchiamo i particolari più oscuri del passato, enumeriamo gli odii degli altri, dimenticando le amicizie proprie. Invece di cercare il più bello, cerchiamo il più brutto. Invece di cercare l’amore, cerchiamo le cause per odiare. Se non riusciamo a trovare nulla, allora inventiamo, aggiungiamo, aumentiamo...

Capita così, quando ciascuno pensa di se di aver ragione: allora significa che nessuno in verità ha ragione, né mai avrà ragione, visto che in sostanza gli altri non lo interessano...

Si elencano i crimini del cosiddetto comunismo, senza avere alcuna percezione dei delitti del capitalismo, che sono di gran lunga maggiori, ed appestano ogni particella della società e ogni poro dell'essere umano. Chi potrebbe spiegargli che, a parte i loro appetiti ingordi e le loro menti limitate, al mondo esiste anche qualcos’altro? Chi potrebbe raccontare loro della Jugoslavia, di tutti quei miraggi, chi potrebbe insegnare loro il rispetto per se stessi e per tutto ciò che li circonda? Abituati come sono a pensare che tutti debbono a loro qualche cosa, che cosa loro hanno dato al mondo? Che cosa, fuorché l'ingordigia e l'egoismo?

Tutti oggi ridacchiano, dalle loro buche da topi, quando ricordano i tempi in cui si poteva vivere. Quanta vanità, quanta ignoranza, quanta malvagità! Quanto niente in una palude illimitata di tutto, anzi di tutto l'immaginabile, che inghiotte ogni cosa dinanzi a se... Invece della giornata del lavoro si è iniziato a celebrare la giornata delle streghe, invece del giorno della liberazione si è iniziato a celebrare la giornata che ci ha reso schiavi. Per giunta le nuove leve degli storici ci insegnano che sarebbe stato meglio se avessimo collaborato con i nazisti...

Il fascismo di allora è stato vinto, e il nemico allora era noto; ma chi vincerà il fascismo di oggigiorno, che sembra invisibile eppure distrugge ogni cosa davanti a se partendo dall’aria, dal cibo, dall’essere biologico e culturale dell’uomo? Sempre più numerosi sono i fascisti che non sanno nemmeno di essere fascisti, visto che con la loro presenza distruggono tutto quello che toccano. Dove è la passione, dove sono le idee, dove è il sacrificio, dove si sono nascoste la speranza e la felicità? Ciascuno magnifica la propria storia, nascondendo il resto. Chi potrà unire di nuovo questa gente e convincerla che sono esseri umani e non bestie?

Stefan Simić


(trad. JT, rev. AM)


=== srpskohrvatski ===

- BAJKA O JEDNOJ IZGUBLJENOJ ZEMLJI -

Ili sam se rodio prekasno, ili se ona rasturila prerano, uglavnom učim geografiju stare Jugoslavije naknadno... Plovim Jadranom, pentram se po Kozari, susreo sam se po prvi put sa Islamom i feredžama u Tuzli, potrčao sam za jedno
m Makedonkom na splićanskoj rivi i stigao je nešto kasnije u Kotoru, u Starom gradu. Sastavljam lagano razbijeni mozaik i ređam uspomenu za uspomenom.

Prelepa je to zemlja bila, kažem bila jer sve bajke traju kratko. Tako i ova naša, Jugoslovenska. Teško je obuhvatiti sve to i u jednom životu a kamoli u jednoj priči nekog tamo dvadesettrogodišnjaka?! Kako ukrotiti taj plemeniti duh i objasniti ga u nekoliko rečenica a ne pomenuti sve te ljude, gradove i sela. Kako dočarati taj cvet dok je još bio u punom zanosu a ne narušiti ništa od njegove lepote i značaja?!

Uglavnom, saznao sam za Krležu, slušao sevdalinke, smejao se uz bećarce, probao dalmatinske specijalitete čija imena ne umem ni da izgovorim, uživao u narodnim igrama, prepuštao se zanosnoj lepoti svih tih žena koje su prolazile i svađao se sa samim sobom koja je od koje lepša...

Čuo sam za Stradun, Baš Čaršiju, trg Bana Jelašića, no ja sam bar čuo, nešto od toga i video, proveo vikende, neko mi se tamo obradovao i nosim puno lepih uspomena a šta je sa nekom novom decom koja dolaze? Decom koja prvo nauče da mrze i odbace, decom koja nabrajaju gde ne bi išli a ne gde bi išli. I na kraju, uglavnom, ne odu nigde... Važniji su im neki nepostojeći likovi od njihove istorije, važniji su im istražitelji Majamija, roboti, marsovci od svih onih mesta gde su stasavale generacije i generacije njihovih dedova, očeva. Važnija im je Lejdi Gaga od rođene babe...

Sve je manje Jugoslovena, ali je zato sve više postjugoslovena. Volim te ljude jer me podsećaju na bratsvo i jedinstvo, radne akcije, zanos izgradnje jednog društva i veru u ljude, u čoveka... Podsećaju me na život gde nije sramota biti Albanac u Beogradu, gde je čast zaljubiti se u Splićanku, gde je kompliment poštovati i ono što nije tvoje. Sastavljam polako svoju staru Jugoslaviju u malom i bar fiktivno postajem njen stanovnik...

Prvo su moje priče stigle u sve te gradove pa sam onda ja, naknadno. Zaključio sam da svi mi citiramo iste pisce, da se isto zaljubljujemo, volimo istu muziku, borimo se protiv istih stvari, kroz osmeh oponašamo dijalekte. Shvatio sam da i tamo cveće isto miriše, da se pevaju iste pesme, gledaju isti filmovi, ali da su ipak, duboko u nama, skriveni neki davni nesporazumi za koje nismo krivi mi, nove generacije ali ih i te kako ispaštamo. I tek ćemo....

Iako sam hiljadu puta rekao svojim prijateljima da se nikada nisam osećao kao stranac u Osijeku, niti u Podgorici, niti u Zagrebu, Vukovaru. Lagao sam... Strah se oseća u vazduhu. Podsvest je močvara iz koje sve ispliva. A najčešće ono najgore. Tada vidiš i ono što ne postoji. Granice jesu veštačke, ali su ipak granice a samim tim i ograničenja...

Unapred su me sahranili moji odavde kada sam krenuo za Hrvatsku, ispratili su me preplašeni kao da idem ne znam gde. Iako se rat odavno završio, rat i dalje traje u glavama ljudi...

Ponekad se pitam za koga su ginuli svi ti heroji sanjajući o humanom društvu i slobodi?! Zamisli samo radničke igre, mogućnost da spavaš gde hoćeš, lakoću prelaženja prostora, ljubav prema drugom, drugačijem?! A šta imamo danas?! Horde obezličenih degenerika, profit kao vrhunsko načelo u svemu, interes kao znak prepoznavanja, sumnju u sve što nas okružuje, strah, iživljavanje, nezasitost, zavist. Imamo gomile drogiranih idiota koji hodaju po zemlji kao po deponiji gledajući šta mogu da iskoriste i bace?!

Teško je bilo napraviti sve to, osmisliti, pomiriti nepomirljvo a lako srušiti, upotrebiti naoštrene noževe i od jedne od najcivilizovanijih država napraviti najvarvarskiju. Koliko je samo ljudskih kultova uništeno i od internacionalnih svedeno na lokalni karakter. Recimo kult glumaca od Ljube Tadića, Bekima Fehmiua, Šovagovića, Šerbedžije pa do Mije i Čkalje, Bate i Borisa Dvornika. Kult muzičara i muzičkih grupa od Ive Robića, Ibrice Jusića, Đorđa Marjanovića pa do Korni grupe, Indeksa, Bijelog dugmeta. Kult pisaca od Andrića, Selimovića, Kiša, Pekića... Kult sportista od Ducija Simonovća, Mirze, Ćose, Džaje. Kult radnika, kult poštenja, kult borbe za opšte dobro, kult čoveka, kult ljudskosti....

Jugoslavija očigledno nije mogla da opstane kao što ne može da opstane ni jedan veliki san. Mudrost jedne generacije upropastila je druga a treća je sve to razbila u paramparčad i rasprodala budzašto kao da je tuđe, kao da nikada ništa nije ni postojalo... Već godinama svi oštre noževe, mrze jedni druge... Sa ove distance prosto je nerealno da su svi ti ljudi živeli u miru, pod istim krovom i osvajali svet zajedno?! Sada se polako prodajemo tom istom svetu! Neko prodaje ostrva, neko fabrike i rude a svi podjednako prodaju jedni druge. Svako ponosno iznosi na trpezu ono što ima odričući se elementarnog ljudskog dostojanstva...

Verovali smo da smo se borili za nas svih ovih godina, dok smo se, u stvari, borili za njih. Što smo mislili da smo jači bili smo sve slabiji, što smo bili bliži pobedi mi smo, u stvari, sve više gubili i gubili, ni ne sluteći kakav nas kolektivni poraz očekuje...

Upravo doživljavamo taj poraz...

Duh četništva, ustaštva ponovo provejava. Umesto da gradimo budućnost mi tražimo najmračnije detalje prošlosti, brojimo tuđe mržnje zaboravljajući vlastita prijateljstva. Umesto najlepšeg tražimo ono najgore. Umesto za ljubav prikupljamo činjenice za mržnju. Ukoliko ništa ne pronađemo onda izmišljamo, dodajemo, preuveličavamo...

A i tako to obično biva, čim svako za sebe misli da je u pravu, znači da niko nije u pravu, niti će ikada biti jer ga ne zanima onaj drugi...

Nabrajaju se zločini tzv. komunizma ne sluteći zločine kapitalizma koji su mnogo veći, koji zagađuju svaku poru društva i čoveka. Ko će da im objasni da osim njihovih nezasitih stomaka i ograničenih umova postoji i nešto drugo? Ko će da im priča o staroj Jugoslaviji, svim tim čudima, ko će da ih nauči da poštuju sebe i sve oko sebe?! Naviknuti su da sve neko treba da im daje a šta su oni dali ovom svetu? Šta osim pohlepe i sebičluka?!

Svi se sada podsemavaju iz svojih mišijih rupa prisećajući se vremena kada se živelo. Koliko samo sujete, primitivizma, pakosti?! Koliko samo ničega u beskrajnoj močvari svega i svačega koja guta sve pred sobom... Umesto dana rada počinje da se slavi noć veštica, umesto dana oslobođenja počinju da se slave dani porobljenja. Još nas generacije novih istoričara uče da je bolje da smo sarađivali sa nacistima...

Tadašnji fašizam je pobeđen, neprijatelj je bio poznat a ko će da pobedi ovaj današnji, naizgled nevidljivi, koji razara sve pred sobom od vazduha, hrane, biološkog i kulturnog bića čoveka? Sve je više fašista koji ni ne znaju da su fašisti, uništavaju svojim prisustvom sve što dotaknu? Gde je zanos, gde su ideje, gde je žrtvovanje, gde su se sakrile nada i sreća?! Svako veliča svoju ličnu priču skrivajući sve drugo. Ko će ponovo da objedini sve ljude i da ih ubedi da su ljudi a ne zveri?!

STEFAN SIMIĆ




(english / italiano)

Perfetta sintonia nazi-fascista tra Italia e Germania

1) SS massacre in Sant’Anna di Stazzema goes unpunished
Elizabeth Zimmermann - WSWS
2) Assoluzione delle SS per la strage di civili a Sant’Anna di Stazzema. C'è più che mai bisogno di antifascismo
Coordinamento antifascista antirazzista toscano
3) Affile, Grazianilandia. L’eredità razzista e il mausoleo delle sfighe
Wu Ming 1


N.B. A due mesi dall'inaugurazione del monumento al criminale nazifascista Graziani ad Affile (Roma), si protrae ineffabile il silenzio del Presidente della Repubblica Italiana su questo tema.


INIZIATIVE SVOLTE E IN CALENDARIO:


A) Bologna 13/10/2012: I vespasiani di #Bologna salutano #Graziani. A noi!

B) Firenze 19/10: Chiudere Casapound e tutte le sedi fasciste

Venerdì 19 ottobre 2012 ore 20.00
presso Archivio 68, via Orsini 44, Firenze

In un periodo di crisi economica, politica e morale come questo dobbiamo respingere il tentativo neofascista di alimentare le forme di razzismo ed egoismo – sfociate a Firenze con l’assassinio di due lavoratori senegalesi –. 
I gruppi neofascisti - sdoganati e tollerati anche da “intellettuali” e “persone di cultura” di pseudo sinistra e che godono di sempre maggiori finanziamenti e coperture politiche – sviluppano un’infame demagogia per penetrare negli strati popolari.
Il pericolo fascista è reale. 
È stato e continua ad essere il braccio violento del capitalismo. 
Impediamo che si radicalizzi con l’impegno e la mobilitazione.

alle 20 apericena
alle 21 incontro su destra sociale e suoi collegamenti
ne parliamo con: CLAUDIA CERNIGOI

FUORI I FASCISTI DA FIRENZE
promuove: Caat Firenze
evento FB: http://www.facebook.com/events/430873486970986


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SS massacre in Sant’Anna di Stazzema goes unpunished

By Elizabeth Zimmermann 
11 October 2012

On October 1, 2012, the Stuttgart attorney’s office announced it would not pursue charges against the surviving participants of the massacre carried out by German SS troops in Sant’Anna di Stazzema in northern Italy and was ending its decade-long investigation. The public prosecutor declared it was not possible to prove that the accused were involved in crimes that were not time-barred.

The judgement means that one of the most brutal war crimes committed by German troops in Italy at the end of World War II remains unpunished. Five hundred sixty women, children and men were killed by German troops in a bestial manner within a few hours.


On August 12, 1944, the armoured reconnaissance battalion 16 of the SS Panzer Division “Reichsführer SS” led by officer Walter Reder invaded the municipality of Stazzema in the province of Lucca as part of a so-called cleansing offensive. The squad left behind a trail of destruction and death.

On the way to Sant’Anna, the German army (Wehrmacht), assisted by both German and Italian SS troops, carried out a series of massacres of civilians. They moved into the town from four different directions in order to ensure that no one could escape.

In his book German War Crimes in Italy—Culprits, Victims, Prosecution,military historian Gerhard Schreiber indicates the cruelty and brutality of the Wehrmacht and SS troops:

“In Sant’Anna itself, Himmler’s armoured infantry rounded up the inhabitants and those that had fled there in the square before the church, which was enclosed by a wall.” Schreiber then describes what followed: “Since there was only one entrance to the square, the people were in a perfect trap. The murderers now began their work; afterwards, the mortal remains of 132 men, women, children and infants formed a mountain of corpses. Then the flamethrowers were deployed, which is why so many of the dead could never be identified. As the troops finally left, moving down the valley to Valdicastello, the SS men, who then killed 14 in Mulino Rosso and 6 in Capezzano di Pietrasanta, left some 560 bodies behind. The authorities were only able to establish the identities of 390 of the dead, including 75 children aged 10 years or less. The youngest victim was aged three months, the oldest 86 years.”

The massacre took place just days after British troops liberated the city of Florence from the German occupation. It takes its place among a series of German war crimes in Italy that became increasingly cruel and ruthless as German troops encountered mounting opposition from allied troops and the partisan resistance. The stated aim of the Nazi leadership was a scorched earth policy, and this order was subsequently passed on to the Wehrmacht and the SS.

At the end of the war, the crimes committed by the Wehrmacht and the SS in Italy were largely hushed up. Hardly any of the people responsible were brought to justice, including those involved in the massacre at Sant’Anna di Stazzema.

One reason was the Cold War against the Soviet Union. The allied powers decided that the investigation of German war crimes should not stand in the way of the rearmament and integration of the Federal Republic into the NATO alliance. The Italian judiciary quickly dropped its own investigations while German courts failed to express any interest.

It was only several decades later that the events at the end of the war found a wider public. In 1994 and 1996, two historians, Friedrich Andrae and Gerhard Schreiber, published independent studies based on the analysis of military archives, war diaries and accounts of witnesses, documenting German war crimes in detail. Since then, a number of journalists and survivors of the atrocities have carried out research in order to bring to justice those responsible.

Sixty years after the massacre at Sant’Anna di Stazzema, on April 20, 2004, a military tribunal in La Spezia opened proceedings against three former members of the Waffen-SS—Gerhard Sommer, Ludwig Sonntag and Alfred Schönberg. The elderly defendants did not appear in court, however. They lived and continue to live unmolested in Germany.

In June 2005, the military tribunal in La Spezia convicted 10 former Nazi officers and sentenced them to life imprisonment due to their involvement in the massacre. The court judged that the brutal crime had been committed intentionally.

In Germany, the Stuttgart public prosecutor initiated its own investigation in 2000 against 17 persons. The prosecutor refused to name any of the accused, of whom 9 are now deceased. Amongst the 8 survivors is the now 91-year-old Gerhard Sommer, who has resided since 2005 in a housing facility for seniors in Hamburg.

In a press release, the prosecutor justified closing its case with the argument that there was insufficient evidence to demonstrate that the massacre was a “deliberately planned and commanded extermination campaign against the civilian population”. There remained the possibility “that the original aim of the intervention was to fight partisans and capture able-bodied men for the purpose of deportation to Germany, and the shooting of civilians was only ordered when it was clear that this goal could not be achieved.”

According to the argumentation of the prosecutors’ office, under the above premise, “the shooting of civilians” in Stazzema by a unit of the Waffen SS could not be designated murder, and therefore charges against the former Nazi officers were to be dropped.

The judgement by the Stuttgart court is a major affront to the families and survivors of this horrendous war crime, but is entirely consistent with the practice of the west German judiciary, which in the entire period since the Second World War has refrained from the systematic prosecution and condemnation of Nazi war crimes.



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Assoluzione delle SS.
C'è ancora bisogno di antifascismo
  
04/10/20120
 
Lo Stato italiano e quello tedesco sono in perfetta sintonia anche sui crimini nazifascisti.
 
La procura di Stoccarda assolve per "insufficienza di prove" i responsabili (di cui alcuni rei confessi) della strage di Sant'Anna di Stazzema (Lu) dove il 12 agosto '44 furono trucidate 560 persone in gran parte anziani e donne, tra cui 116 ragazze e bambini (il più piccolo di 20 giorni).
 
La procura di Stoccarda ha deciso, così, di non chiedere l'imputazione degli 8 militari della 16ma divisione granatieri corazzati "Reichsfuehrer Ss" ancora viventi e dopo 68 anni di archiviare il massacro e cancellare la memoria e la storia.
 
Il comune di Affile, in provincia di Roma, ha recentemente inaugurato un mausoleo al maresciallo Rodolfo Graziani, il fascista che deportò nei lager 100mila libici. Questo Comune celebra, con i soldi della regione Lazio (prima della disfatta e delle dimissioni), Graziani, il più sanguinario assassino del colonialismo italiano.
 
Affile è lo stesso Comune che il 26 maggio scorso ha reso omaggio a Giorgio Almirante (nell'omonima piazza), fucilatore di partigiani ed estensore del manifesto sulla "razza".
 
Anche Pietrasanta ha il suo monumento all'aviatore, ispirato a Mussolini. E tante altre sono le "testimonianze" in varie città del passato fascista.
 
E le istituzioni, "tanto" democratiche e antifasciste a chiacchiere, dove sono imboscate? La storia, la realtà e l'esperienza mostrano che i responsabili di tali crimini sono indispensabili agli imperialisti e alla borghesia. Per questo è sempre più necessario organizzarsi per affermare l'antifascismo.
 
Coordinamento antifascista antirazzista toscano


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di Wu Ming 1

E’ accaduto il mese scorso. Ad Affile, piccolo comune a est di Roma, la giunta di «centrodestra» – chissà quando ci libereremo di quest’eufemismo! – ha inaugurato un sacrario dedicato a Rodolfo Graziani (1882 – 1955).
Graziani – che è sepolto nel locale cimitero – fu governatore della Cirenaica durante la «riconquista» fascista della Libia (1930-31), comandante del fronte sud durante l’invasione dell’Etiopia (1935-36), viceré d’Etiopia nel biennio 1936-37 e comandante delle forze armate della Repubblica di Salò durante la guerra civile del 1943-45.
L’edificio – di una bruttezza e mediocrità da rimanere soffocati – è costato 130.000 euro sborsati dai contribuenti, fondi che la Regione Lazio aveva stanziato per altro uso. Il Comune li aveva chiesti per la riqualifica del parco di Radimonte e per un generico sacrario “al Soldato”, progetto senz’altro discutibile ma non equivalente alla commemorazione di Graziani, che pare non fosse menzionato in nessun documento.
Il podestà Il sindaco Ercole Viri si è difeso dicendo che «ad Affile quando si dice “il Soldato” si intende solo Graziani». Ah, beh, non fa una piega.
Tutto questo in tempi di Spending Review – altro eufemismo narcotizzante – e lagne sul fatto che “non ci sono i soldi” per fare nulla.

All’inaugurazione, l’11 agosto, era presente un centinaio di persone, con tutto l’armamentario di camicie nere, simboli della X Mas, bandiere di gruppi di ultradestra e di correnti del PdL.
L’episodio ha causato proteste, interrogazioni parlamentari e un esposto alla Corte dei conti per distrazione di soldi pubblici. La stampa romana ha dedicato molto spazio alla controversia, un po’ meno quella nazionale. Sono usciti articoli su giornali e siti d’informazione britannici, spagnoli, francesi, tedeschi, svedesi, venezuelani, messicani, turchi, e una lunga corrispondenza da Affile è apparsa sulNew York Times.

Stranamente, in nessuno di questi articoli (italiani o di altri paesi) abbiamo trovato riferimenti a una nota diceria, un’imbarazzante nomea che ebbe origine ad Addis Abeba e fluttua intorno a Graziani fin dal 1937. Per un’illusione prospettica rafforzata da vari scherzi della sorte, la leggenda abissina sembra trovare conferma in ogni episodio della sua biografia a partire da quell’anno.
Poiché questa parte della storia non l’ha ricordata nessuno, abbiamo deciso di farlo noi, cogliendo la palla al balzo per dire la nostra su tutta la vicenda.

1. O Norimberga… o Affile

Graziani era cresciuto ad Affile – dove il padre era medico condotto – e tornò a viverci nel dopoguerra, dopo essere uscito di prigione. Al fresco non c’era rimasto a lungo: lo avevano condannato a diciannove anni di galera per collaborazionismo coi nazisti, ma aveva scontato soltanto quattro mesi.
Il sindaco Viri ha detto di aver voluto onorare Graziani soprattutto «in quanto affilano». Nei comunicati della giunta, l’ex-Viceré d’Etiopia è definito «uno dei personaggi più illustri di Affile»,  e senz’altro quello del Maresciallo/Macellaio d’Italia è il nome più celebre che il piccolo comune della Valle dell’Aniene possa vantare (si fa per dire).

Porre l’attenzione sulla celebrità può far capire una cosa importante: non si tratta solo di apologia del fascismo – che è esplicita ed evidente, basta dare un’occhiata al sito del Comune – o di tarda nostalgia delle colonie (nel dopoguerra persino molti nostalgici si tennero alla larga da Graziani, per i motivi che spiegheremo tra poco). No, c’è anche dell’altro, ossia la tipica ideologia da reality: l’importante è che uno diventi famoso, non importa per quale motivo. Graziani «illustre concittadino» vale allora Fabrizio Corona, vale l’ultimo cantantucolo da talent show, ma vale anche Erika e Omar, Olindo e Rosa, Anna Maria Franzoni e altre «star» della cronaca di questi anni, tutta gente che in galera riceve posta da ammiratori.
Ecco, forse Olindo e Rosa sono quelli che più rendono l’idea. Con la differenza che Graziani operò su ben altra scala.

Nel tentativo di giustificare il tributo a Graziani, il sindaco Viri ha donato al mondo diverse altre “perle”. Per esempio, ha dichiarato:

«Graziani non fu un criminale di guerra, tanto è vero che non fu condannato a Norimberga.»

Viri finge di non sapere – o forse non lo sa davvero? – che a Norimberga si tennero i processi ai criminali di guerra tedeschi per atrocità commesse durante la seconda guerra mondiale. Nessuno degli imputati era un nostro connazionale, Graziani non comparve davanti a quella corte e l’istruttoria non riguardava le aggressioni fasciste a Libia, Somalia ed Etiopia.
Il fatto che Graziani non sia stato condannato a Norimberga è dunque un non-argomento, una supercazzola con scappellamento a centrodestra come si fosse ariani.
E’ come dire che Donato Bilancia non era un serial killer perché non fu condannato al processo contro il mostro di Milwaukee.

Una Norimberga italiana non vi fu mai, nonostante i paesi aggrediti dall’Italia fascista avessero presentato all’ONU una lista dei nostri massacratori e genocidi (in tutto 1200, attivi sui vari teatri di guerra).
Per motivi legati alla realpolitik post-bellica i vari Graziani, Badoglio, Roatta, Pirzio Biroli (che non avevano nulla da invidiare ai cugini germanici Himmler, Goering, Kappler, Ohlendorf) la passarono liscia.

Diversi storici si sono occupati di questo tema. In calce all’articolo forniamo una bibliografia scelta e proponiamo alla visione un noto documentario della BBC,Fascist Legacy (*).

2. Il laboratorio di Graziani


In Cirenaica e in Etiopia, l’uomo oggi celebrato dal Comune di Affile ordinò enormi stragi di civili e deportazioni di massa che coinvolsero donne, vecchi e bambini.
Già in Cirenaica si fece la reputazione di macellaio: per isolare i guerriglieri dalla popolazione aprì campi di concentramento nel deserto – sedici in tutto – e ci mandò a morire decine di migliaia di civili. Sterminò le mandrie e bruciò i raccolti. Represse la resistenza usando aggressivi chimici e innalzando un tale numero di forche da far scrivere a Ugo Pini: «Di impiccatori ce ne furono dappertutto ed in nome di tutte le patrie o quasi, ma Graziani ne divenne modello inappuntabile.»
Il colpo più spettacolare lo mise a segno nel settembre 1931, quando catturò e, dopo un processo sommario, fece impiccare il più importante capo della guerriglia senussita, il settantenne Omar al-Mukhtar. L’esecuzione avvenne nel campo di concentramento di Soluch, di fronte a ventimila internati.

Tuttavia, l’apice – o l’abisso – della sua carriera di aguzzino Graziani lo toccò nel biennio che trascorse in Etiopia (all’epoca chiamata Abissinia).

La conquista dell’Abissinia, anche se il Duce la spacciò agli italiani come totale e definitiva, fu sempre precaria e non riguardò mai più di un terzo del Paese. Al principio del suo viceregno, Graziani era praticamente bloccato ad Addis Abeba e assediato dagli Arbegnuoc, i partigiani etiopi.
L’uomo del mausoleo di Affile ricorse alla repressione in modo forsennato, facendo bombardare i territori non sottomessi con armi chimiche come l’iprite (che causa orrende piaghe su tutta la pelle), il fosgene (che blocca le vie respiratorie) e le arsine (che distruggono i globuli rossi).
Nel mentre, i plotoni di esecuzione lavoravano senza sosta. Tutta la classe dirigente dei Giovani Etiopi (l’unico movimento che in Etiopia si avvicinasse a un moderno partito politico) fu sterminata. Al fine di terrorizzare la chiesa copta, pilastro della comunità locale, venne condannato a morte l’abuna Petros, il giovane vescovo di Addis Abeba, che cadde sotto il fuoco di otto carabinieri. Graziani fece rapporto a Mussolini con un telegramma:

«La fucilazione dell’abuna Petros ha terrorizzato capi e popolazione… Continua l’opera di repressione degli armati dispersi nei boschi. Sono stati passati per le armi tutti i prigionieri. Sono state effettuate repressioni inesorabili su tutte le popolazioni colpevoli se non di connivenza di mancata reazione».

Il 19 febbraio 1937, i partigiani tentarono di uccidere il Viceré. Per festeggiare la nascita del Principe di Napoli (sì che lo conoscete, è lui), Graziani aveva deciso di distribuire un’elemosina ai poveri e agli invalidi della città. La scena doveva svolgersi nel cortile del suo palazzo. Nella folla di mendicanti si infilarono Abraham Deboch e Mogus Asghedom, due giovani venuti dall’Eritrea per unirsi alla resistenza anticoloniale.
Da sotto i mantelli, Deboch e Asgedom trassero alcune bombe a mano, le scagliarono contro il futuro idolo del sindaco di Affile e approfittarono del caos generale per fuggire.

Graziani fu investito da una pioggia di schegge, ma sopravvisse. All’attentato seguì una rappresaglia violentissima contro la popolazione locale, un linciaggio indiscriminato. Addis Abeba fu messa a ferro e fuoco da orde di italiani e le vittime furono migliaia. I morti ammazzati non avevano a che fare con l’attentato, si trattava semplicemente di dare una lezione ai negri. Ecco la testimonianza dell’inviato del “Corriere della Sera” Ciro Poggiali, contenuta nel suo diario segreto pubblicato solo dopo la sua morte:

«Tutti i civili che si trovano ad Addis Abeba, in mancanza di una organizzazione militare o poliziesca, hanno assunto il compito della vendetta condotta fulmineamente coi sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada. Vengon fatti arresti in massa; mandrie di negri sono spinti a tremendi colpi di curbascio [frusta di nervo di bue, n.d.r.] come un gregge. In breve le strade intorno al tucul sono seminate di morti. Vedo un autista che dopo aver abbattuto un vecchio negro con un colpo di mazza gli trapassa la testa da parte a parte con una baionetta. Inutile dire che lo scempio si abbatte contro gente ignara ed innocente». (Diario AOI 15 giugno 1936 – 4 ottobre 1937, Milano, 1971, pp.179-185.)

In seguito, il più illustre dei cittadini di Affile si convinse, sull’unica base di una diceria, che gli attentatori si fossero rifugiati nel monastero copto di Debra Libanos, e diede forse il più terribile dei suoi ordini: sterminare chiunque si trovasse in loco. Monaci, pellegrini e giovani seminaristi (ragazzini anche di tredici-quattordici anni) furono massacrati a colpi di mitragliatrice. I morti furono duemila. Le vittime, portate a gruppi di venti-trenta sull’orlo di un dirupo a Laga Wolde, venivano incappucciate e fatte inginocchiare l’una accanto all’altra.

Proviamo a immaginare la scena: bambini terrorizzati, tremano, piangono, gridano, perdono il controllo di sfinteri e vescica… Non capiscono perché i bianchi stiano facendo questo. I monaci e i diaconi più grandi non possono nemmeno abbracciarli, perché sono legati. Da sotto il cappuccio, mormorano parole di conforto, invitano i più piccoli a pregare ma i ragazzini singhiozzano, non ce la fanno, poi la raffica di piombo rovente brucia la carne e spegne pianto e preghiera.

Le mitragliatrici spararono per cinque ore, quasi senza sosta. I corpi furono gettati nel dirupo. Al comando delle truppe che commisero la strage c’era il generale Pietro Maletti.
Le stragi perpetrate in Italia dalle SS, come Marzabotto o le Fosse Ardeatine, al confronto quasi impallidiscono.
L’eroe degli affilani fece rapporto a Mussolini rivendicando «la completa responsabilità» di quella «tremenda lezione data al clero intero dell’Etiopia». Nel suo dispaccio, si disse fiero di

«aver avuto la forza d’animo di applicare un provvedimento che fece tremare le viscere di tutto il clero, dall’abuna all’ultimo prete o monaco, che da quel momento capirono la necessità di desistere dal loro atteggiamento di ostilità a nostro riguardo, se non volevano essere radicalmente distrutti».

Come ha scritto Angelo Del Boca, in quei mesi «l’Italia fascista [fece] un salto di qualità [...] Se non altro, l’impero d’Etiopia si [rivelò] uno straordinario laboratorio, dove un popolo cosiddetto civile sperimentava i suoi istinti più bassi e le tecniche del genocidio.»

Agli occhi della popolazione etiope, Graziani si dimostrò uomo senza onore a tutti i livelli: garantì sul proprio nome al Ras Cassa Haile Darge che avrebbe graziato i suoi due figli – divenuti capi della resistenza – se si fossero arresi e avessero fatto atto di sottomissione, ma dopo essersi impegnato in tal senso, una volta catturati li fece fucilare.

3. La maledizione abissina


Non contento di tutto questo sparger di viscere, Graziani ordinò di sterminare cantastorie, indovini e guaritori, senza eccezioni, a cominciare da Addis Abeba. Sospettava che predicassero contro l’occupazione italiana (e ne avrebbero avuto ben donde!). Non era necessaria alcuna accusa formale, bastava che qualcuno avesse l’aspetto di un indovino o di una fattucchiera, o fosse sorpreso a cantare in pubblico.
Nel corso del 1937 i carabinieri fucilarono migliaia di persone. L’uomo del sacrario di Affile teneva il conto dei trucidati e, con toni di grande soddisfazione, aggiornava via telegrafo il Ministero dell’Africa Italiana. Il 19 marzo 1937 diede notizia del suo provvedimento, aggiungendo che gli eliminati erano già una settantina. Da quel momento in avanti, “telecronacò” a Roma una petulante, ragionieristica escalation: il 21 marzo le esecuzioni sommarie erano salite a 324, il 30 aprile a 710, il 5 luglio a 1686, il 25 luglio a 1878 e il 3 agosto a 1918. Ribadiamo che queste cifre le forniva Graziani di proprio pugno.

Secondo una tradizione popolare locale, ordinando quella mattanza a cielo aperto, Graziani si tirò addosso una gragnuola di maledizioni, cosa che lo trasformò in uno iettatore di prim’ordine, il classico «Re Mida al contrario». Veniva da una sequela di successi ma, da quel momento in avanti, tutto quel che toccò si disgregò come merda secca.

Noi siamo materialisti storici e non crediamo a simili superstizioni. Tuttavia, se per pura ipotesi ci credessimo, non potremmo che trarre una conclusione:l’influsso iettatorio dell’uomo celebrato nel mausoleo di Affile si trasmetterà al mausoleo stesso.
Sì, perché un conto è avere Graziani tumulato al locale camposanto, altra faccenda è dedicargli un sacrario in pompa magna, con tanto di fanfare, dubbio uso di fondi pubblici e polemiche mondiali. Ciò equivale a ravvivarne l’influsso. Chi muore giace e chi vive si dà pace, ma non si sveglia il can che dorme. Soprattutto quando si dice portasse iella (ai suoi).
Insomma, se la leggenda abissina fosse vera, su Affile e su chi ha speso in quel modo i soldi dei cittadini non tarderebbe ad abbattersi ogni sorta di disgrazia e sventura.

Per amore di completezza, va detto che Graziani dava già il nome a un parco di Filettino (FR), il suo paese natìo.
Sicuramente sono coincidenze, ma da quando ad Affile hanno inaugurato il sacrario, a Filettino è successo di tutto: come ad annunciare tempi nuovi, è arrivata una lieve scossa di terremoto, dopodiché  si sono rotti i collettori fognari (con sversamento di liquami nel fiume Aniene) e sono andati in cenere quindici ettari di bosco
[Aggiornamenti nei commenti sotto questo post, N.d.R. del 15/09/2012]

4. Una sequela di figuracce e fallimenti

La rabbia e il disgusto per i crimini di Graziani spinsero sempre più etiopi a unirsi agli Arbegnuoc. Per tutta la durata dell’impero di cartone di Mussolini (1936-1941), la guerriglia mantenne il controllo di ampie porzioni del Paese e godette di un vastissimo consenso. In pubblico questa verità era taciuta, ma quando comunicavano tra loro, le autorità se la dicevano senza peli sulla lingua. Nel maggio 1940, ben quattro anni dopo la proclamazione dell’Impero, il generale della milizia fascista Arconovaldo Bonaccorsi scrisse in un suo rapporto:

«Se in un punto qualsiasi del nostro Impero un distaccamento di inglesi e francesi stesse per entrare con una bandiera spiegata, avrebbe bisogno di ben pochi uomini poiché potrebbe contare sull’appoggio della maggior parte della popolazione abissina che si unirebbe a loro nella battaglia per combattere e scacciare le nostre forze».

Nel biennio 1936-37, durante il viceregno di Graziani, il dominio italiano fu ben lungi dal consolidarsi, anzi, si fece sempre più instabile. Il consenso per i nuovi padroni era scarsissimo e il Viceré iniziò a dare segni di squilibrio. A Roma se ne accorsero, anche in seguito a un bizzarro exploit «senza veli». Alla fine del 1937 lo rimossero dall’incarico, inviando ad Addis Abeba un viceré più moderato e molto diverso per carattere e reputazione, Amedeo di Savoia-Aosta. Ma questa è già un’altra storia.

Nel 1940, dopo la sfigatissima morte di Italo Balbo (abbattuto a Tobruk dal “fuoco amico” della contraerea italiana), Graziani gli succedette come governatore della Libia. Da lì, fu protagonista di una sfigatissima invasione dell’Egitto, terminata con un’umiliante sfilza di sconfitte per mano inglese. Dopo aver ripiegato sulla Libia, in pochi giorni perse l’intera Cirenaica e parte della Sirtica. Come già ai tempi dell’Etiopia, Mussolini andò su tutte le furie, lo destituì e fece aprire un’inchiesta sul suo operato.

Tornato in patria, Graziani rimase «parcheggiato» per due anni. In quel periodo dovette anche sopportare l’accusa di vigliaccheria, per aver diretto le operazioni da una tomba greca di Cirene, profonda trenta metri e lontana dal fronte centinaia di chilometri.
Accusa ingenerosa, a ben pensarci. Anche Mussolini, dopo aver deciso la Marcia su Roma al congresso fascista di Napoli, per dirigerla si era precipitato… a Milano. Più distante dalla zona d’operazioni, certo, ma più vicino al confine svizzero, perché non si sa mai.
Per non dire di Badoglio, che aveva diretto la Battaglia di Mai Ceu dal quartier generale di Endà Iesùs, quattrocento chilometri nelle retrovie, mentre l’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié era sul campo e per ore aveva manovrato di persona un cannoncino antiaereo Hoerlikon.
Graziani, imbucandosi a Cirene, si era solo attenuto a un principio-cardine della scienza militare fascista: quando la pelle si rischia davvero e non solo per modo di dire, gli ordini è meglio darli da molto lontano (**).

Dopo l’Armistizio del settembre 1943, nel Nord Italia occupato dai tedeschi nacque uno stato-fantoccio collaborazionista, la Repubblica Sociale Italiana. A Graziani venne offerto il comando delle forze armate. Ebbe molti dubbi se accettare l’incarico. Verosimilmente, gli veniva offerto col criterio del cerino acceso rimasto in mano: era l’unico grosso nome dell’esercito che non fosse passato dall’altra parte (come i paraculi maximi Pietro Badoglio e Mario Roatta) o non fosse prigioniero di guerra in Africa (come Guglielmo Nasi, che comunque, fosse stato in Italia, probabilmente avrebbe seguito Badoglio).
Graziani era un rattoppo e lo sapeva; ormai lo calcolavano un minchia, e sapeva pure questo. Troppo brucianti le sconfitte e troppo note le sue mattane, gli scatti d’ira, l’evidente complesso di persecuzione, per non dire delle foto in cui ballava nudo o mostrava la verga per dimostrare al Partito che ancora ce l’aveva. Non doveva essere ignota nemmeno la sua nomea da Mida all’inverso, ma davvero non c’era nessun altro.
Lo stesso Hitler lo accolse a Berlino dicendogli: «Sono spiacente che proprio a voi sia toccato un compito tanto ingrato».

Graziani, in quanto comandante in capo e autore dei bandi di chiamata alle armi, va ritenuto responsabile della fucilazione di ogni singolo renitente alla leva durante Salò. Fu uno dei più esecrandi protagonisti della guerra civile. Quel che aveva fatto ai partigiani senussiti in Libia e – con minori risultati – a quelli etiopi, cercò di farlo a quelli italiani. E’ più che evidente la continuità della sua condotta nelle diverse fasi della carriera. Pochi comandanti si sono trovati a dover reprimere le guerriglie di tre paesi diversi, una in fila all’altra.

Il 29 aprile 1945 Graziani si arrese agli Alleati, che lo fecero prigioniero e lo spedirono prima a Procida, poi in Algeria. Durante quella prima detenzione, scrisse tre memoriali auto-apologetici e auto-assolutori sul suo operato in colonia e nel corso dell’ultima guerra. Altri due li aveva scritti appena tornato dall’Etiopia, nella sua casa di Arcinazzo Romano. Sono testi zeppi di omissioni e panzane (tutte smontate dai documenti ufficiali scritti e firmati di suo pugno, come i dispacci inviati dall’Etiopia), ricostruzioni che – come ha scritto giustamente Del Boca – “lo coprono di ridicolo”.

Scontata la pena-lampo di cui si diceva, nel dopoguerra Graziani divenne presidente onorario del MSI, dove i più romantici lo consideravano una sorta di “zio eccentrico” e i più realisti una vecchia gloria un po’ patetica e molto d’intralcio, da lasciar parlare come si lasciano parlare i matti, senza prenderlo in considerazione per alcunché di pratico. Dopo due anni di omelie inascoltate, si ritirò a vita privata. Ecco come descrive quella fase un sito agiografico:

Nei primi giorni del gennaio del 1954 si svolse a Viareggio il IV congresso nazionale del M.S.I. ed il Maresciallo [...] inviò un suo messaggio che tracciava quella che sarebbe dovuta essere la linea politica generale da seguire e gli obiettivi su cui puntare al fine di rilanciare il movimento. «Purtroppo il nobile messaggio, a lungo studiato, che conteneva la sintesi della sua lunga esperienza, destò pochissima impressione fra i congressisti, preoccupati solo della imminente elezione per il comitato centrale del partito. In sintesi, Graziani indicava, come scopo supremo da conseguire, la profonda modifica della Costituzione ciellenista, la quale, con il suo regime di partiti, rendeva penosa e artificiosa la vita politica dell’Italia. Ma molti si trovavano ottimamente nel regime della partitocrazia che concedeva ad essi, come deputati e senatori, una condizione assolutamente eccezionale sia economicamente, sia giuridicamente, quali privilegiati posti al di sopra di ogni legge [...] Il Maresciallo, resosi conto dello stato d’animo del partito, così differente dal suo, si ritrasse dalla vita del movimento e, in generale, dalla vita cosiddetta politica».

Morì nel 1955, nel suo letto. In giro per l’Europa, molti come lui avevano trovato ben altra fine.

5. “Normalità” di Graziani

Va precisato che gli abusi appena descritti non furono soltanto eccessi personali. Non c’è capo militare italiano che in Africa non si sia macchiato di gravi crimini. Per molti versi Badoglio fu una figura anche peggiore, non a caso era in cima alla lista dei criminali di guerra italiani che l’Etiopia consegnò alle Nazioni Unite.
Il massimo responsabile politico e morale delle carneficine avvenute per mano fascista in Africa – e in Jugoslavia, Albania, Grecia e, dulcis in fundo, Italia – fu ovviamente Mussolini.
Con il suo boss, Graziani intratteneva un fitto scambio di telegrammi, leggendo i quali si vede come i due si «caricassero la molla» a vicenda, in una spirale di eccessi sempre più ubriaca di sangue. Ecco un telegramma di Mussolini a Graziani, datato 8 luglio 1936:

«Autorizzo ancora una volta V.E. a iniziare e a condurre sistematicamente la politica del terrore e dello sterminio contro i ribelli e le popolazioni complici. Senza la legge del taglione al decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma».

Ed ecco un telegramma del ministro delle colonie Lessona al viceré, datato 12 settembre 1937:

«Il Duce raccomanda che, non appena avrai forze riunite sufficienti, tu agisca con la massima energia contro i ribelli usando ogni mezzo, ivi compresi i gas».

Repressioni e atrocità furono connaturate alla guerra fascista e derivarono in modo logico e ovvio dalla decisione di aggredire l’Etiopia. La guerra del 1935-36 fu un’impresa spregevole, imbevuta di odio razziale come s’imbeve d’acqua sporca un rotolo di carta igienica caduto nel water. Tutta la popolazione italiana fu martellata da una propaganda abietta. I bambini divennero il target di operazioni come Topolino in Abissinia, uno dei 78 giri più venduti del Ventennio. [ http://www.youtube.com/watch?v=f0gazWouG4o ]



Succede in Croazia

1) Governo revoca contratti dipendenti pubblici (17/9)
2) La Chiesa esige 35 milioni di euro (1/10)
3) Bob Dylan ricorda lo sterminio ustascia e la pulizia etnica di Krajine e Slavonia Occidentale (1/10)


=== 1 ===

Croazia, governo revoca contratti dipendenti pubblici

Dopo il fallimento dei negoziati con i sindacati, il governo croato ha oggi unilateralmente revocato il contratto collettivo del lavoro per circa 180 mila dipendenti pubblici, aprendo la strada a tagli e risparmi necessari per mantenere la stabilità delle finanze pubbliche e di conseguenza il rating creditizio del Paese. Lo ha riferito il governo presieduto dal socialdemocratico Zoran Milanovic in un comunicato diffuso oggi a Zagabria.
A un referendum sindacale conclusosi ieri, il 90 per cento dei lavoratori nel settore pubblico (insegnanti, docenti universitari, medici, personale ospedaliero, operatori culturali) ha respinto l'offerta del governo di mantenere i salari base e tutti i posti di lavoro, ma di rinunciare alla tredicesima e a una serie di vari altri benefici che avrebbero ridotto i le loro buste paga del circa 10-15 per cento. La proposta era stata invece accettata tre mesi fa dai sindacati dei dipendenti statali (polizia, esercito, dogana, amministrazione pubblica) ed è già in vigore.
La rinuncia unilaterale a un contratto di lavoro nel settore pubblico è inaudita, e fino ad oggi impensabile, in Croazia, ma il governo sostiene di non aver avuto alta scelta. In passato, se le parti sociali non avessero riuscito a giungere a un accordo, i vecchi contratti, seppur formalmente scaduti, restavano in vigore indefinitamente. A fine anno il governo tenterà di rinegoziare i contratti, e in caso di fallimento, come è stato annunciato, ridurrà gli stipendi per risparmiare circa 100 milioni di euro e chiudere l'anno senza manovre finanziarie.
Negli ultimi mesi il tenore di vita in Croazia ha visto una notevole flessione dopo l'aumento dell'Iva (dal 23 al 25 per cento), dell'elettricità e del gas (del 20 per cento) e dei prezzi della benzina. Ad agosto, l'inflazione su base annuale ha raggiunto il 5 per cento, la crescita più forte dal 2009. Ora si teme una altro ciclo di carovita dovuto alla crescita dei prezzi dei generi alimentari a causa della devastante siccità che quest'anno ha colpito l'agricoltura del Paese e dei costi del riscaldamento.

(fonte AnsaMed 17 settembre 2012)


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La Chiesa esige 35 milioni dalla Croazia

Mauro Manzin
da Il Piccolo del 1 ottobre 2012

La Chiesa cattolica croata presenta il conto al governo di Zagabria. Un credito di 35 milioni di euro di cui ora chiede il saldo. E lo ha fatto in modo esplicito durante un incontro con il ministro delle Finanze Slavko Linic. Poche parole ma incisive: «La Chiesa vanta un debito nei confronti dello Stato croato, vogliamo i nostri 35 milioni di euro». Il contenzioso risale agli inizi dello scorso decennio a causa di alcune interpretazioni discordanti tra le parti relativamente ai finanziamenti dello Stato croato alla Chiesa. Alla fine la Croazia ha riconosciuto l’esistenza del debito a favore della Chiesa e questa ha rinunciato agli interessi di mora.
La soluzione definitiva del problema si è trascinata per anni, ma ora le autorità ecclesiali hanno presentato il conto. Perché proprio adesso Kaptol (la collina su cui sorge la cattedrale di Zagabria) chiede la liquidazione del debito? La crisi economica è globale e quindi tocca anche le finanze della Chiesa in Croazia. La quale, peraltro, deve sopportare le spese milionarie accese per la ristrutturazione della sede dell’arcidiocesi della capitale, spese che sono state oggetto di pesanti critiche da parte degli stessi fedeli di Santa romana ecclesia del Paese ex jugoslavo, e poi ci sono da ripianare i conti relativi alla recente visita di Papa Benedetto XVI in Croazia. Ma c’è di più.
Il prossimo mese di novembre il premier croato Zoran Milanovic (centrosinistra) sarà ricevuto in udienza dal Pontefice a Roma ed è chiaro che presentarsi al Santo Padre, o meglio, al segretario di Stato cardinale Tarciso Bertone, senza aver prima staccato l’assegno a favore dell’arcidiocesi di Zagabria, sarebbe alquanto imbarazzante. Il governo, come era da aspettarsi, ha espresso la volontà di ripagare il proprio debito e le modalità del pagamento saranno discusse in una prossima riunione tra le parti. Il ministro Linic e il capo della tesoreria di Stato, Miljenko Ficor hanno però spiegato al presidente della Conferenza episcopale croata, monsignor Marin Srakic e al cardinale Josip Božanic che la situazione delle casse dello Stato croato è tragica. In effetti la Chiesa dal 2009 a oggi, sempre a causa della crisi, ha rinunciato a 7 milioni di euro all’anno sui 43 milioni che lo Stato sempre annualmente deve versare nelle casse ecclesiali in base agli accordi vigenti tra Stato croato e Chiesa (leggi Vaticano). Un altro tema scottante, questo, che sarà sul tavolo della discussione tra Milanovic e Bertone. Un tavolo che vedrà quale convitato di pietra la questione del monastero di Daila in Istria.
 

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Zagabria offesa “scomunica” Bob Dylan

Stefano Giantin
da Il Piccolo del 1 ottobre 2012

Saranno state forse parole poco ponderate, trasportate come da un soffio di vento a migliaia di chilometri di distanza. Sono volate rapidamente sopra l’Oceano, dagli Usa alla Croazia, aprendo un “casus belli” che sta facendo discutere. Il “colpevole”, uno dei più grandi cantautori americani, Bob Dylan. La “vittima”, un’intera nazione, la Croazia. 
La vicenda prende il via con l’uscita nelle edicole, il 27 settembre, dell’edizione Usa del mensile “Rolling Stone”, la bibbia della musica americana. In copertina, un primo piano di Dylan. Una foto che annuncia un’intervista esclusiva, in cui il cantante parla di tutto, a ruota libera. Riferimenti all’ultimo disco, “Tempest”, elucubrazioni sul potere delle note, espressioni di rimpianto per «i più semplici» anni Cinquanta, l’amore fraterno per Bruce Springsteen. E poi, da pagina 48, l’inizio di una tortuosa divagazione storica. 
Dylan parte dalla Guerra civile, «quattro anni di saccheggi e omicidi alla maniera americana», per arrivare al tema della schiavitù, che ancora oggi avrebbe un’influenza pesante sulla società Usa. C’è ancora gente che si odia «per il differente colore della pelle», spiega il cantante. Che sale poi di tono. «I neri – si legge nell’intervista – sanno che alcuni bianchi non avrebbero voluto abbandonare la schiavitù». «Se uno ha del sangue schiavista o del Ku Klux Klan, i neri lo sentono», ha poi assicurato Dylan. Come i neri, anche gli «ebrei percepiscono il sangue nazista», ha aggiunto il cantante. 
Ma non è solo un fatto circoscritto a neri ed ebrei. Pure «i serbi possono avvertire il sangue croato», ha assicurato Dylan, senza specificare a che cosa esattamente si riferisse, se ai crimini compiuti dal regime ustascia o ad altri fatti. Comunque possa venir letto il paragone tra croati, nazisti e Ku Klux Klan, il Paese balcanico non l’ha presa bene. Il famoso cantante croato Miso Kovac si è chiesto perché Dylan «deve filosofeggiare su fatti che non conosce». «Non sei una leggenda, Elvis Presley lo era», lo ha poi attaccato. 
Radio Split ha invece replicato all’infelice uscita del cantautore cancellando dalla sua programmazione il singolo “Duquesne Whistle”, come ha annunciato la stampa nazionale. Per ora, da Oltreoceano, Dylan non ha reagito alla protesta registrata in Croazia. Ma di certo, se non arriveranno le scuse, difficile aspettarsi un bis del grande concerto di Bob a Zagabria, due anni fa.
 



Nobel un corno

Nell'articolo che segue, Vladimiro Giacché giustamente stigmatizza la paradossale assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2012 alla Unione Europea (sic). Premio che, peraltro, negli ultimi anni è stato assegnato a cani e porci ed è pertanto oramai del tutto screditato. 
Va aggiunto a quanto scrive Giacché che la responsabilità europea nello sfascio e nella carneficina jugoslava è proprio alla radice della vicenda, ed è ancora più grave: 
<< "L’accordo di Maastricht viene siglato pochi giorni prima che la Germania, violando le regole del gioco, imponga ai suoi partner il riconoscimento accelerato di Slovenia e Croazia. (...) La riunione decisiva si svolge a Bruxelles nella notte del 13 dicembre 1991, cioè due giorni dopo la firma del Trattato. Genscher annuncia che la Germania riconoscerà in ogni caso entro Natale Slovenia e Croazia, come annunciato pubblicamente da Kohl qualche giorno prima. Avendo partecipato a quella riunione, ricordo che la mia impressione è che francesi e tedeschi siano d’accordo a essere in disaccordo. Genscher e Dumas fanno il gioco delle parti, ma in realtà i francesi non hanno nessuna intenzione di bloccare i tedeschi. Devono mantenere una posizione di facciata (...) Van den Broek, presidente di turno, e io a nome dell’Italia cerchiamo di rabberciare una posizione comune, per evitare che l’Europa alla prima grande prova si spacchi. E ci riusciamo (...) rinviando di quattro settimane il riconoscimento europeo di Slovenia e Croazia (...) Che cosa sarebbe successo infatti, in caso di disaccordo? La Germania, il Belgio, la Danimarca e forse l’Italia avrebbero riconosciuto le due repubbliche, mentre gli altri sarebbero rimasti alla finestra, sancendo una spaccatura verticale fra i Dodici e permettendo alle varie parti ex jugoslave di giocarci gli uni contro gli altri. Maastricht sarebbe morto a due giorni dalla nascita." (Gianni De Michelis, La vera storia di Maastricht, in Limes n.3/1996). Il documento UE numero 1342, seconda parte, del 6/11/1992 indica al di là di ogni dubbio che a Maastricht l'unità europea era stata raggiunta proprio a scapito della Jugoslavia >>, in base al ricatto tedesco. 
Detto in maniera ancora più chiara: la Germania esplicitamente impose a Maastricht il riconoscimento della "indipendenza" slovena e croata come condizione per la sua rinuncia al marco ovvero per la trasformazione del marco tedesco in moneta unica continentale. 

(a cura di Andrea Martocchia. Sul tema di UE e Jugoslavia si rilegga anche l'intero articolo:
Nessuna Europa senza la Jugoslavia - articolo apparso su Marx21 / L'Ernesto n.3-4/2011

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Un premio per l’Unione che dimentica l’ex-Jugoslavia

Pubblicato da: Vladimiro Giacchè il 12 ottobre 2012 alle 01:52


Qualcuno, leggendo le notizie di agenzia sull’assegnazione del Premio Nobel per la Pace, deve aver pensato a un pesce d’aprile fuori stagione. Ma la notizia era vera: quest’anno il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato all’Unione Europea.

Con questa motivazione: il ruolo giocato per oltre 6 decenni per la pace e la riconciliazione in Europa tra paesi che avevano combattuto le più sanguinose guerre tra loro. I più critici lo interpreteranno come un premio alla memoria, visto lo stato di progressiva disgregazione dell’Unione, a cominciare dall’Eurozona. Più probabilmente, si tratta di un premio d’incoraggiamento, viste le tensioni crescenti tra paesi europei. Come dire: cercatevi di comportarvi bene anche in futuro. Certo che parlare oggi di “fraternità tra le nazioni” a proposito dell’Unione Europea suona un po’ ironico.

Inteso come premio d’incoraggiamento, quello di quest’anno si porrebbe in continuità con il Nobel per la Pace attribuito anni fa – nella sorpresa generale – a Barack Obama. In quel caso, però, non funzionò molto bene: infatti il presidente degli Stati Uniti pochi mesi dopo l’assegnazione del premio pensò bene di raddoppiare gli effettivi dell’esercito statunitense in Afghanistan.

Ma al di là delle intenzioni c’è qualcos’altro, in questo premio, che lascia perplessi. Qualcosa che ha a che fare sia con la storia che con la geografia. In effetti, è difficile dimenticare le guerre sanguinose che hanno devastato negli anni Novanta la ex-Jugoslavia, paese – salvo errore – a tutti gli effetti europeo. E il fatto che l’Unione Europea giocò un ruolo tutt’altro che positivo in quella vicenda. Prima, col riconoscimento tedesco dell’autonomia della Croazia, che diede un contributo decisivo alla disgregazione della Jugoslavia e all’esplosione della polveriera balcanica. Poi, con le ripetute divisioni tra paesi europei nel corso delle trattative di pace (vedi Rambouillet). Infine, con i bombardamenti NATO (perdipiù in assenza di autorizzazione Onu), effettuati soprattutto su obiettivi civili, a Belgrado e in altre città.

Di tutto questo, nelle motivazioni del premio, ovviamente non c’è traccia.

Si salutano invece come aspetti positivi la prossima ammissione della Croazia nell’Unione, l’apertura di negoziati col Montenegro, e la concessione dello status di candidata all’ammissione per la Serbia, ritenendo che tutto ciò “rafforzi il processo di riconciliazione nei Balcani”. Processo che a dire il vero, sinora, in Kosovo e altrove, ben difficilmente può essere considerato un caso di successo. Ma a Oslo, evidentemente, la pensano in modo diverso.



(english / italiano / srpskohrvatski)

16. Summit nesvrstanih u Teheranu

1) Ljiljana Bogoeva Sedlar: Bilješka sa 16. Summita nesvrstanih u Teheranu
2) Thierry Meyssan: Washington prende atto del ritorno dei non allineati
3) Tehran Declaration and Final Document: Support to Syria to Restore Sovereignty in Occupied Golan...

Sullo stesso argomento si veda anche il post precedente:


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http://www.advance.hr/vijesti/ljiljana-bogoeva-sedlar-biljeska-sa-16-summita-nesvrstanih-u-teheranu/


Tema dana

Ljiljana Bogoeva Sedlar: Bilješka sa 16. Summita nesvrstanih u Teheranu

Ljiljana Bogoeva Sedlar

vrijeme objave: Subota - 15. Rujan 2012 | 19:05


Prije početka 16. Summita nesvrstanih zemalja, koji se, zajedno s radom Ministarske konferencije, održavao u Teheranu od 25. do 31.kolovoza 2012., na "Information Clearing House" web stranicama postavljena su, sasvim nenamjerno, dva vrlo prigodna dokumentarna filma.
Jedan, "NATO's Secret Armies" (snimljen 2009. godine, autor Andreas Pichler) govori o terorističkim akcijama desničarske tajne organizacije Gladio, vršenim po zemljama zapadne Europe (Njemačkoj, Belgiji, Italiji) da bi se za terorizam optužili i tako diskreditirali ljevičarski pokreti koji su poslije Drugog svjetskog rata nezadrživo jačali širom Zapadne Europe, a drugi, iz 1998, "The Secrets of the CIA", Jamesa Otisa, je o subverzivnim akcijama pomoću kojih su vršene promjene režima u neeuropskim zemljama širom svijeta, između ostalog i zemljama osnivačima Pokreta nesvrstanih iz Afrike, Azije i Latinske Amerike.

U filmu nekadašnji agenti CIA-e - koji su kao Bradley Manning i Julian Assange, ili prije njih Daniel Ellsberg, promijenili mišljenje i stranu za koju se bore - sami iznose zastrašujuće istine o tome na koje su sve načine podrivali revolucionarne oslobodilačke pokrete i kojim tajnim intervencijama mijenjali režime u Kongu, Kambodži, Indoneziji, Gvatemali, Čileu, Nikaragvi, radili protiv Kube, Meksika, Venecuele.
Bilo je dobro podsjetiti se kakve su bile povijesne okolnosti pod kojima se tijekom proteklih pedeset godina Pokret nesvrstanih razvijao.

Prikazivanjem ovakvih filmova izbjegla se situacija u kojoj se često nalazi Kuba, čije se pedeset i dvije godine revolucije 'ocjenjuju', a da se ni jednom čak i ne spomene činjenica da se život na Kubi (pa i revolucija) odvija pod polastoljetnim embargom koji su otoku nametnule SAD.
Ako je Summit bio prilika da se jasno sagledaju uspjesi i neuspjesi Pokreta, dobro je bilo podsjetiti se tko se u svijetu desetljećima zalagao za ideju miroljubive koegzistencije i suradnje među narodima, a čiji je interes bio da se neprestano sije razdor, da bi se nekadašnji europski osvajači ponovo vratili na teritorije koje su stoljećima kontrolirali, ne kao ono što stvarno jesu, ratni huškači i profiteri, već kao NATO mirotvorci i još jednom - 'civilizatori'.

Godine 1961. kada je početkom rujna u Beogradu održan prvi Summit nesvrstanih i Jugoslavija bila jedina europska zemlja koja je u ostvarenje ideje nesvrstanosti investirala, neki događaji s drugih dijelova svjetske scene nameću se kao parametri koje treba imati na umu pri izvođenju političih analiza.
Listopada 1961., mjesec dana poslije osnivačke konferencije Nesvrstanih u Beogradu, Francuska u Parizu ubija i u Senu baca Alžirce koji prosvjeduju i poslije završetka Drugog svjetskog rata i oslobađanja Francuske od njemačke okupacije i sami traže slobodu i nezavisnost.
Više od petnaest godina poslije trijumfalne pobjede nad Hitlerovom rasnom diskriminacijom, Francuska im slobodu i nezavisnost nije dragovoljno dala. Rat protiv Fašizma trajao je četiri, a borba Alžira za dekolonizaciju osam godina. O tim događajima tek nedanvno su za šire narodne mase progovorili filmovi Michaela Hanekea i Rachida Bouchareba, a o udžbenicima iz kojih je poslije Drugog svjetskog rata Frantz Fanon učio da je alžirski mozak radikalno drugačiji od mozga bijelog čovjeka i da su Alžirci genetski kriminalci, još uvijek se uglavnom ne govori.

U Americi su 1961. ubijani od batina bijelci i crnci koji su u autobus ulazili zajedno, kršeći rasističke zakone koji su nalagali strogo poštivanje diskriminacije. O tim događajima je 2011. godine sjajan film (Freedom Riders) snimio afroamerički redatelj Stanley Nelson.
Nasuprot događajima u Francuskoj i Americi, Kuba je tijekom 1961. nevjerojatnom akcijom solidarnosti za jednu godinu oslobodila svoj otok nepismenosti. Unatoč ovakvim činjenicama, čudnovatim revizijama povijesti Jugoslavija i Kuba se sotoniziraju, a Francuska i SAD, usprkos svemu, promoviraju kao kolijevke demokracije i iskonske zaštitnice ljudskih prava. 

Bilo je dobro podsjetiti se u Teheranu da zemlje članice Pokreta nesvrstanih predstavljaju dvije trećine članstva Ujedinjenih Naroda i da, zajedno sa zemljama promatračima (Brazil, Kina) i gostima (Rusija) zastupaju ogromnu većinu čovječanstva. 
Po demokratskim principima u koje se zaklinju (ili bolje rečeno iza kojih se zaklanjaju) velike svjetske birokracije, uključujući i Ujedinjene Narode, volja članica Pokreta nesvrstanih, globalne većine, mogla bi radikalno promjeniti svijet i rehabilitirati istinu.
Na 16. Summitu, primjera radi, sve zemlje članice založile su se za budućnost bez nuklearnog naoružanja, ali i za svima dozvoljeno korištenje nuklearne energije u mirnodopske svrhe. Vrijeme će pokazati da li će ovoj demokratski izraženoj volji većine, velike sile (takozvane kolijevke demokracije), dozvoliti da zaživi.

Na 16. summitu Nesvrstanih u Teheranu podržana je Palestina, osuđeno kršenje međunarodnog prava, iskazano neslaganje sa sankcijama licemjerno uvedenim Kubi, Iranu, Bjelorusiji, Siriji, i drugima, ukazano na sramno stvaranje ratom i ekološkim katastrofama raseljenih lica i izbjeglica, 80% od kojih su s teritorija Bliskog Istoka. Inzistiralo se na demokratizaciji Ujedinjenih Naroda, preko reforme ili potpunog ukidanja Vijeća sigurnosti; ukazivalo se na nemoć i besmislenost deklaracija koje se iz godine u godinu izglasavaju o ukidanju embarga Kubi ili o nezakonitosti zida (dva puta višeg i mnogo kolometara dužeg od Berlinskog) koji Izrael podiže u Palestini.
Više puta je skrenuta pažnja na nade koje se polažu u konferenciju o međunarodnom pravu i zakonima (the Rule of Law at the National and International Levels), koja se 24. rujna treba održati za vrijeme 67. zasjedanja Generalne skupštine.

Predsjednik Ugande Yoweri Museveni govorio je prvog dana Summita o apsurdu demokracije koju velike sile (SAD i NATO) utjeruju bombama (Bombing for Democracy); podržavajući prijedlog o razoružanju predsjednik Palestine, Mahmoud Abbas, govorio je o Hirošimi, koju je osobno posjetio, i o opomeni koju taj grad predstavlja svima koji imaju nuklearno oružje i njime prijete susjedima. Premijer Butana inzistirao je na sreći koja treba biti mjerilo uspješnog života, nasuprot novcu i 'uspjehu' onako kako ih, kao izvor sreće, definira Zapad.
S govornice Summita hvaljena je Kuba zbog solidarnosti koju dosljedno nastavlja pokazivati prema svim narodima koji ne odustaju od borbe za nezavisnost, pravdu i slobodu. 
Govornici su često spominjali Jugoslaviju, najpotresnije od svih podpredsjednik Zambije, Guy Scott. Ovaj bijeli predstavnik zemlje crnog kontinenta rekao je da je Zambija desetljećima kažnjavana zato što je podržavala sve pokrete za oslobađanje i dekolonizaciju Afrike (posebno Rodezije, Angole, Mozambika). 
U tome, kazao je Scott, Zambija nikada ne bi uspjela da nije bilo velikog prijateljstva između predsjednika Kennetha Kaunde i Maršala Tita i Jugoslavije.
Afrika tu pomoć u borbi za slobodu nikada neće zaboraviti. Iako Jugoslavije više nema, Guy Scott je svoj govor na 16. Summitu Nesvrstanih završio riječima: "Srbijo, pridružite nam se. Toliko nam nedostajete!" 

Teško je bilo suočiti se, u toj rečenici, s pogibeljnim putem kojim je pošla Srbija.
Samo sedam godina poslije nezakonitog napada NATO-a i tona klasičnih, kazetnih i uranijskih bombi koje je Euroatlantski savez bacio na Srbiju i Crnu Goru, godine 2006. povodom 14. Summita Nesvrstanih u Havani, u ime srpskog naroda, 'osobođena' štampa Srbije piše:
"Iako je jedan od glavnih ciljeva vanjske politike Srbije članstvo u NATO-u, diplomati Srbije tvrde kako Srbija ima veliki interes da očuva veze s nesvrstanim zemljama".
Na kojem je referendumu Srpski narod kao prioritet svoje vanjske politike istaknuo članstvo u NATO-u?
Mora da je logika koja se slijedi ista kao i u slučaju Češke, kada je prosvjed naroda protiv postavljanja američkog nuklearnog naoružanja po Češkoj zanemaren, a veliki oslobodioc Vaclav Havel, objasnio da važne odluke poput te o nezavisnosti zemlje, ne može donositi narod, (kojem je na velika zvona izborio 'demokraciju') već "eksperti vlade".
U završnici susreta, predstavnik Srbije na Summitu u Teheranu zahvalio se Nesvrstanima na podršci koju su dali Srbiji po pitanju Kosova, odnosno po pitanju prava svake zemlje na očuvanje teritorijalnog integriteta. Nije bilo objašnjeno zašto se Srbija želi udružiti ne s Nesvrstanima već upravo s onima koji su joj pravo na teritorijalni integritet osporili i na oslobođenom Kosovu (oslobođenom od Srba i Srbije) nametnuli koncepciju slobode koju zagovaraju u Bondsteelu, jednoj od najvećih vojnih baza koju Amerika posjeduje. 

Bilo je na Summitu i drugih paradoksa, posebno u ocjeni situacije u Siriji i ostalim djelovima zahvaćenim takozvanim "Arapskim proljećem". Retorika zemalja koje su u toj regiji izgubile nezavisnost i opstaju pod američkom okupacijom i patronatom (Egipat, Afganistan, Irak), bila je u vidnom raskoraku sa svima dobro poznatim ali nespomenutim političkim činjenicama.

Jedan paradoks potkrao se i Iranskim liderima koji su svoje uvodne govore završili komentarom da je Marksizam mrtav, kapitalizam diskreditiran, te da je djelotvoran samo put islamskih revolucija. Priželjkujući kraj marksističkim idejama, našli su se na pozicijama svog najljućeg neprijatelja, Amerike, koja kraj marksizma odavano priziva i najavljuje.
Takvim idejnim 'savezništvom' Iran se stavlja u opasnost da antagonizira neke još uvijek moćne faktore u Rusiji i Kini, a da ne govorimo o Latinskoj Americi, koja je u nekoliko maha reagirala na izrečenu nesmotrenost.
"Mi smo ponosni na svoj kršćanski socijalizam", rekao je predstavnik Nikaragve, govoreći i u ime svih lidera Latinske Amerike koji su izveli uspješne revolucije upravo kao zagovornici Teologije osobođenja, kombinacije kršćanskog i marksističkog humanizma.
No, paradoksi su bili vidni i zbog svoje vidljivosti, u sklopu svega što je Summit pokazao, njihovo uklanjanje postavljeno je kao glavni dio radnog zadatka koji se pred članicama Pokreta nalazi.

Nije bilo zataškavanja niti poricanja - izbjegavanja nesuglasica. Moj prijedlog Summitu, iznijet dužnosnicima iranskog Ministarstva za kulturu, bio je da se radi revitalizacije Pokreta za mlade osnuje Ljetnja škola Nesvrstavanja, u kojoj bi vrhunski predavači razgovarali s polaznicima o smislu i daljem razvoju pokreta, ali bez novčane nadoknade.
I to je lekcija koju mladi trebaju ponovo naučiti – da postoje stvari koje se rade iz uvjerenja i vjere u pravednije uređenje svijeta, a ne zbog profita. 

Dan poslije summita južnoafrički svećenik, Nobelovac Desmond Tutu, inzistirao je da Tony Blair mora biti izveden pred Haški tribunal zbog laži koje su upotrijebljene da opravdaju napad na Irak.
Tutu je demonstrativno napustio afričku konferenciju na kojoj je trebao sjediti pored Busha i Blaira, ne samo zato što je Blair toj konferenciji uopće prisustvovao, već i zato što je svoje pojavljivanje naplaćivao ogromnim honorarima.
I Desmond Tutu se tako na svoj način složio da nam takvi 'učitelji' ne trebaju.
Pokret nesvrstanih bio je i treba da ostane nešto sasvim drugo – alternativa u koju i danas vrijedi investirati i na kojoj, zajedno s ostalim tako brojnim zemljama svijeta, vrijedi raditi.

O autoru teksta:

Ljiljana Bogoeva-Sedlar, profesor engleske i američke književnosti na Fakultetu dramskih umjetnosti u Beogradu i Filozofskom fakultetu u Nišu
Član Katedre za teoriju i povijest FDU, redoviti profesor



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«SOTTO I NOSTRI OCCHI»

Washington prende atto del ritorno dei non allineati


di Thierry Meyssan
RETE VOLTAIRE | TEHERAN (IRAN)  | 16 SETTEMBRE 2012

Si è tenuto di recente a Teheran il XVI vertice dei Paesi Non Allineati, dal 26 al 31 agosto. La maggior parte dei media occidentali ha ignorato l’evento. Ai loro occhi questo movimento non ha alcuna importanza. Tuttavia, 120 Stati vi hanno partecipato, rappresentando la maggior parte della popolazione mondiale e dell’economia globale. Dovremmo davvero pensare che tutte queste delegazioni si siano spostate per niente?
Storicamente, il Movimento dei Paesi Non Allineati, creato da Nasser, Nehru, Tito e Sihanouk, punta ad affermare l’indipendenza e la sovranità delle nazioni contro la logica dei patti militari. Durante la Guerra Fredda, i membri non erano quindi né alleati militari degli Stati Uniti né dell’Unione Sovietica. Mentre l’imperialismo sovietico si limitava a esercitare una tutela sui paesi liberati dall’Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale, i Non Allineati non avevano da temere altro che l’imperialismo degli Stati Uniti e i suoi sub-imperialismi britannico e francese, ma non l’URSS, di cui spesso erano di conseguenza alleati politici.
I Non Allineati hanno formato un movimento ma non un’organizzazione. Ogni tre anni, il loro vertice è un forum che cerca di costruire il consenso piuttosto che prendere decisioni. Nella pratica, i piccoli Stati che sono vincolati dalle maggiori potenze a votare secondo i loro desideri all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, hanno imparato ad assumere posizioni collettive. In questo modo, possono resistere alle pressioni bilaterali. Nondimeno, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, i Non Allineati sono stati colocati tra i cimeli. Il tentativo cubano di rianimarli, nel 2006, fallì. Dovette affrontare due ostacoli. Da un lato, la mancanza di risorse finanziarie; dall’altro, la malafede di vari Stati membri che erano o che si sono allineati con gli Stati Uniti, durante il periodo unipolare o anche prima.
La Dichiarazione finale riprende i temi classici della sovranità, del disarmo e dell’uguaglianza tra le nazioni (ossia la contestazione del direttorio mondiale in capo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e del funzionamento censitario delle organizzazioni finanziarie internazionali).
Pure, gli elementi nuovi di questa Dichiarazione appaiono come un sostegno senza precedenti alla Repubblica islamica dell’Iran. Riprendono i temi cari a Teheran: accesso all’energia per lo sviluppo economico e in particolare il diritto al nucleare civile; condanna delle sanzioni unilaterali decise dagli USA e l’Unione europea in violazione della Carta delle Nazioni Unite; condanna degli omicidi mirati praticata su larga scala da Tel Aviv e Washington per eliminare i loro avversari in tutto il mondo.
Misuriamo meglio il successo iraniano quando ci si ricorda che il Segretariato di Stato USA ha esercitato delle pressioni bilaterali su tutti i partecipanti per chiedere loro di non inviare una delegazione a Teheran che non fosse altro che il loro ambasciatore in loco. Infrangendo così il «contenimento» imposto da Washington dopo la fuga dello Scià Reza Pahlevi, una trentina di capi di Stato e di governo e oltre ottanta ministri degli esteri hanno sfidato gli Stati Uniti e hanno fatto il viaggio.
La presenza più significativa è stata quella di Mohammed Morsi, il nuovo presidente egiziano. I suoi predecessori boicottavano la Repubblica islamica, e malgrado ciò è stato Morsi - che è un membro dei Fratelli musulmani – a ristabilire il contatto interrotto all’inizio della Rivoluzione khomeinista. L’Egitto non poteva lasciare che l’Iran si impadronisse del Movimento. Ha dovuto occupare il suo seggio e rivendicare la sua storica collocazione di socio fondatore. L’Iran sciita considerava prioritario disaccoppiare il Cairo e Riyadh ed era pronto per questo a ignorare il conflitto che l’oppone alla Fratellanza. Certo, il presidente Morsi ha pronunciato un discorso offensivo contro la Siria e ha impedito che questa fosse menzionata nella Dichiarazione finale, ma le regole del gioco sono state rovesciate: il «contenimento» dell’Iran si è concluso e c’è ormai un processo di marginalizzazione diplomatica dell’Arabia Saudita in corso.
L’Iran si pone come arbitro di una rivalità tra gli Stati sunniti. Qoms (la città dei teologi sciiti) valorizza l’Università Al-Azar del Cairo a spese dei telepredicatori sauditi. Sebbene i Fratelli Musulmani siano stati finora in gran parte controllati dagli anglosassoni e finanziati dal Consiglio di cooperazione del Golfo, cercano di emanciparsi riavvicinandosi a Teheran in un momento in cui il loro accesso al potere in diversi paesi del Nord Africa offre loro dei mezzi importanti e garantisce l’indipendenza finanziaria. L’alleanza oggettiva che va stringendosi è contro natura, ma va a vantaggio delle popolazioni perché riduce le tensioni settarie alimentate dalle monarchie wahabite.
Questo capovolgimento diplomatico conferisce un potere reale ai Non Allineati. Improvvisamente, la trasformazione del movimento in un’organizzazione è di nuovo in gioco. Senza attendere che questa discussione trovi una soluzione, la Repubblica islamica ha istituito un segretariato provvisorio per i tre anni della sua presidenza. È diretto da una troika composta dall’Iran e dall’Egitto, naturalmente, nonché dal Venezuela, che sta emergendo come un attore inevitabile delle relazioni internazionali. Questi tre Stati rappresentano tre continenti (Asia, Africa, America), ma anche tre scelte di società (una rivoluzione spirituale, l’accettazione del capitalismo liberale, il socialismo del XXI secolo).
L’apertura del vertice è stata l’occasione colta dall’Ayatollah Ali Khamenei per rivolgere pubblicamente un consiglio agli Stati Uniti: affrancatevi dall’influenza israeliana e difendete i vostri propri interessi, smettetela di screditarvi sostenendo i crimini israeliani. Ha fatto subito eco il generale Martin Dempsey, Capo di Stato Maggiore delle forze armate statunitensi, nel rispondere qualche ora dopo in occasione di una conferenza stampa a Londra. Dopo aver criticato come vane le intenzioni proclamate da Israele di bombardare i siti nucleari iraniani, ha dichiarato che se Tel Aviv passasse ai fatti egli non avrebbe desiderato che Washington si rendesse complice di questo crimine. Per la prima volta dai tempi della spedizione di Suez nel 1956, un alto funzionario avverte che gli Stati Uniti rifiuteranno di sostenere le prossime avventure dello Stato sionista.
Annunciando in questo modo un cambiamento strategico, Washington prende atto della nuova situazione e riconosce il ritorno sulla scena internazionale dell’Iran e dei Non Allineati.

Thierry Meyssan


=== 3 ===

(in conclusione del vertice dei Non-Allineati è stata chiesta tra l'altro la fine della occupazione del Golan siriano da parte di Israele)

http://syria360.wordpress.com/2012/09/01/nam-concludes-with-tehran-declaration-stressing-support-for-syria/

NAM CONCLUDES WITH TEHRAN DECLARATION, STRESSING SUPPORT FOR SYRIA

Posted on September 1, 2012 by Alexandra Valiente0

NAM Concludes Activities with Tehran Declaration and Final Document, Stresses Support to Syria to Restore Sovereignty in Occupied Golan, Condemns US Unilateral Sanctions on It

Sep 01, 2012

TEHRAN, (SANA) – The 16th two-day Non-Aligned Movement (NAM), at its concluding session on Friday headed by Iranian President Ahmadinejad, adopted the Tehran Declaration, the Final Document and a separate report on the Palestine Committee works.
The Tehran Declaration stressed commitment to the goals and principles of the movement and rejection of the policies of the western hegemony aimed at imposing its will through unilateral coercive measures.
The participant leaders also affirmed in the declaration their firm support and solidarity with Syria in its just right to restore its full sovereignty on the occupied Syrian Golan based on the peace process reference and the relevant UN Security Council resolutions.
They emphasized that all the procedures which have been taken by Israel to change the legal and demographic situation of the occupied Syrian Golan are null and void and violate the UN Security Council resolution No 497 for 1981 which regarded the Israeli decision on the annexation of the Golan as null and void.
The declaration called on Israel to withdraw from the occupied Syrian Golan until the line of June 4th, 1967 in implementation of the relevant UN Security Council resolutions.
The NAM leaders condemned the US unilateral sanctions on Syria, stressing that these sanctions violate the international law and the UN Charter.
They expressed appreciation of the efforts exerted by the former UN envoy to Syria, Kofi Annan, and welcomed appointing Lakhdar al-Ibrahimi as the new international envoy, calling for facilitating his mission according to his mandate.
The NAM’s principled stance on the non-use of or the threat of using force against the safety and territorial integrity of any country was underscored in the declaration.
The leaders also reiterated support to establishing a zone free of nuclear weapons and mass destruction weapons in the Middle East, calling on Israel, the only country in the region which has not joined the Nuclear Non-proliferation Treaty yet, to join the Treaty without delay and put its nuclear facilities under the Comprehensive Safeguards of the International Atomic Energy Agency.
Tehran Declaration stressed the NAM leaders’ deep concern over Israel’s possession of nuclear energy which they said constitutes a dangerous and constant threat to the security of the neighboring and other countries.
The NAM leaders voiced condemnation of Israel for continuing its development and storing of nuclear arsenal.
They stressed that terrorist acts are considered a violation of the international law as they affect the countries’ safety, territorial integrity and stability and threaten their regional and national security, not to mention destabilizing the legitimate governments or the constitutional system and the political unity of the countries, calling on all countries to cooperate to firmly confront the issue of funding terrorism.
The  leaders condemned all forms of terrorism and called for refraining from any political, diplomatic, moral or material support to terrorism, urging all countries to make sure that the situation of refugees or any other legal situation not be misused by perpetrators, organizers and facilitators of the terrorist acts.

F.Allafi/H.Said




Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Enrico Vigna"
Data: 06 ottobre 2012 18.01.51 GMT+02.00
Oggetto: Campagna Scuola x Figli Rapiti del Kosovo Metohija


S.O.S. Yugoslavia – Kosovo Metohija
Associazione di Solidarietà
C/c n. 10/160153 Intesa – Sanpaolo
IBAN IT56 K030 6909 2171 0000 0160 153
C/c postale n. 78730587

Campagna Scuola 2012
per i Figli dei Rapiti del Kosovo-Metohija

Anche quest’anno apriamo una campagna di raccolta fondi per fornire materiale scolastico ai figli dei rapiti e scomparsi del Kosovo, che fanno parte di “Srecna Porodica” (Per una Famiglia Felice), l’Associazione di donne profughe e vedove di guerra con cui collaboriamo da anni.

Aiutaci a contribuire all’acquisto di un corredo scolastico minimo per questi bambini, a cui la violenza criminale ha rapito e assassinato uno o entrambi i genitori, e che ora vivono come profughi a Nis, nel sud della Serbia, vittime dimenticate di un passato oscuro di cui nessuno vuole parlare.


Una situazione che riguarda circa 1.300 rapiti e scomparsi non albanesi dal giugno ‘99 in poi; la loro sorte rimane ignota per la burocrazia ma è evidente che il loro destino è stata la morte.
La maggior parte di essi erano civili, con la sola colpa di appartenere a comunità non albanesi della regione del Kosovo-Metohija.
Per questi bambini, mogli o nonni sopravvissuti, lontani dalle loro case e terre bruciate, distrutte oppure occupate, oltre ad una vita miserrima in campi profughi, senza lavoro, pesa l’assenza di speranza per il futuro.
Non hanno neanche una tomba né un luogo dove piangere i loro cari.
Questa è la situazione a otto anni dai bombardamenti della NATO sulla ex Jugoslavia; bambini o parenti che non hanno neanche una tomba nè un luogo dove piangere i propri cari.
Tutto questo nel silenzio e nell’omertà dei giornali e dei mass media occidentali. PERCHE’?
Ci auguriamo che sia per un senso di vergogna.
Noi non possiamo fare molto con le poche forze rimaste, se non sostenere queste famiglie, dove vi sono figli di scomparsi che vivono nei campi profughi di Nis (sud della Serbia); cerchiamo di garantire loro una minima dotazione scolastica (penne, quaderni, matite, albums, ecc.).
Le sottoscrizioni raccolte saranno ridistribuite a ciascun bambino non in denaro, ma direttamente in materiale scolastico uguale per tutti, comprato in loco.
L’elenco dei bambini, con la loro situazione e breve storia, è disponibile per chi intenda approfondire questa dolorosa realtà.
Vi chiediamo di contribuire economicamente a questo impegno, piccolo ma di grossa importanza per queste famiglie con redditi inesistenti o da sopravvivenza, e in un sistema scolastico “nuovo”, in cui l’acquisto dei testi è interamente a carico degli scolari. Il corredo che forniremo con il tuo aiuto, per questi bambini è una piccola garanzia per coltivare il diritto allo studio, altrimenti ormai alla mercè della legge del più forte e soprattutto di coltivare il diritto alla speranza in un altro futuro.

Confidando nella sensibilità che conosciamo, vi invitiamo a contribuire tramite versamento su:
 
Banca Intesa-San Paolo c/c 10/160153
IBAN: IT56K0306909217100000160153
 
Oppure c/c postale n. 78730587
 
entrambi intestati a. S.O.S. Yugoslavia-Onlus - causale: “Campagna Scuola Kosovo”    
 
Oppure, contattaci per le modalità: 339/5982381 – sosyugoslavia@...

Torino, Settembre 2012

Il DIRETTIVO di “SOS YUGOSLAVIA”




Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0712.doc
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 
https://www.cnj.it/solidarieta.htm#nonbombe
Per aggiornamenti sulla questione FIAT-FAS si vedano i nostri post più recenti:
L'archivio della documentazione rilevante sulla questione FIAT-FAS è invece all'indirizzo:


Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Gilberto Vlaic" <gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it>
Data: 09 settembre 2012 14.45.06 GMT+02.00
Oggetto: [CNJ] Relazione viaggio a Kragujevac luglio 2012

 

Trieste, 8 settembre 2012

Care amiche, cari amici solidali,
vi mandiamo la relazione del viaggio che abbiamo compiuto a Kragujevac per la consegna degli affidi a distanza esattamente due mesi fa, all’inizio di luglio 2012.

Sono illustrati i progetti in corso e quelli futuri e abbiamo aggiunto una analisi della situazione economica della Serbia, compresi gli ultimi sviluppi degli impianti fiat a Kragujevac.

Per quanto riguarda i progetti in corso non abbiamo potuto eccedere nelle foto inserite nella relazione perche’ sarebbe divenuta troppo pesante; ne abbiamo gia' da tempo inserite molte altre nella nostra pagina facebook, al solito indirizzo:
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Il prossimo viaggio a Kragujevac si svolgera’ tra il 18 e il 22 ottobre, e durera’ un giorno di piu’ del viaggio precedente di luglio per permettere alla nostra delegazione di essere presente la domenica 21 alla celebrazione della Grande Lezione di Storia che ricorda la strage nazista del 21 ottobre 1941 quando a Kragujevac in una rappresaglia furono fucilate 7300 persone.

Per quanto riguarda gli affidi a distanza, durante questo viaggio consegneremo una quota semestrale poiche’, come ormai da alcuni anni, il viaggio di dicembre e’ stato abolito e quindi a ottobre si consegnano le quote autunnali ed invernali. Il viaggio successivo si terra’ verso la fine di marzo 2013.

Siamo molto contenti di informarvi che un sottoscrittore privato ci ha versato poco tempo fa una cifra molto ingente, 24300 euro (!!!), per sostenere i progetti in corso e quelli futuri, e crediamo che questo rappresenti un ottimo segnale sulla validita’ delle tante iniziative solidali portate avanti in tutti questi anni.

Un cordiale saluto a tutte/i
Per la ONLUS Non bombe ma solo caramelle
Gilberto Vlaic


ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle - Trieste

DI RITORNO DA KRAGUJEVAC

Viaggio del 5 – 8 luglio 2012


Introduzione

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto un mese e mezzo fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL.

Questi viaggi servono anche a verificare lo stato dei numerosi progetti che sono stati portati a termine e per la messa in cantiere di nuovi progetti.

Come sempre in questa relazione saranno presenti alcune fotografie per illustrare questi progetti; ne troverete molte di piu’ per ogni singolo progetto sul nostro sito

http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Tutte le nostre informazioni vengono pubblicate regolarmente sui due siti che seguono; altri siti di tanto in tanto riportano le relazioni dei nostri viaggi oppure le schede informative che periodicamente inviamo.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999

http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, sul fondo della pagina all'indirizzo:

https://www.cnj.it/solidarieta.htm


Cronaca del viaggio; i progetti in corso


Giovedi’ 5 luglio 2012; in viaggio e l’arrivo al Sindacato

Come sempre partenza da Trieste verso le 8 e 30 del mattino.

Come ormai da molti anni a luglio i partecipanti al viaggio sono pochi ed il perche’ e’ presto detto: ci aspettano quattro giorni di fuoco, con temperature altissime.

Cosi’ partiamo solo in quattro: Gilberto, Maria e Rita da Trieste, Stefano da Fiumicello e lasciamo a Trieste il glorioso furgone della Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina, che usiamo da dieci anni, ma che non ha la climatizzazione ed optiamo per una nostra vettura. Viaggiamo in assoluta tranquillita’ con tempo bello e con passaggi veloci alle varie frontiere; il traffico e’ pressoche’ assente in autostrada ed e’ ben piu’ scarso del solito; a sud di Zagabria i camion sono quasi inesistenti, a dimostrazione che in queste regioni nel cuore dell’Europa la crisi economica colpisce duramente. Anche l’attraversamento di Belgrado, che e’ sempre faticoso ed impegnativo, e’ del tutto agevole.

L’arrivo a Kragujevac ci lascia a bocca aperta: la rotonda di ingresso alla citta’ e’ dominata da un enorme logo della Fiat [ FOTO ], che a qualcuno potra’ anche piacere sia esteticamente che politicamente, ma che io trovo di pessimo gusto estetico e in perfetto stile Marchionne, sigillo padronale a definire il possesso della citta’.

Ancor peggio, dal mio punto di vista, e’ la grande scritta sul palazzo della direzione FAS che recita, in Serbo, cio’ che e’ presente anche sulle fabbriche italiane del gruppo Fiat ‘’Noi siamo quello che facciamo’’: mi innesca spiacevoli ricordi con scritte del passato.

Finalmente prima delle 6 di sera incontriamo i nostri amici del sindacato nella loro sede. L’atmostera e’ come sempre festosa, come se ci si fosse lasciati il giorno prima, ma si sente la tensione dovuta alla liquidazione della Zastava Automobili, avvenuta il 5 gennaio 2011, con la conseguente perdita del posto di lavoro per quasi 1600 lavoratori, tra cui tre delle persone (su cinque) che lavorano per il Sindacato e che si occupano dell’ufficio adozioni.

E’ chiaro che senza di loro la nostra campagna di solidarieta’ materiale con i lavoratori di Kragujevac, in piedi ormai da 13 anni, sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase come questa, in cui il modesto ma concreto aiuto che periodicamente portiamo diventa ancor piu’ indispensabile.

Vi ricordo a questo proposito che tutte le associazioni italiane che intervengono a Kragujevac (una decina) hanno deciso di creare un apposito fondo, SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integra almeno in parte il sussidio di disoccupazione per queste tre persone (Rajka, Dragan e Delko) permettendo quindi di continuare l’attivita’ dell’ufficio.

Prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 19 marzo, organizziamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegnamo le tre buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.

Le previsioni del tempo ci dicono che nei prossimi due giorni fara’ MOLTO caldo e cosi’ i nostri impegni vengono concentrati in due mattine.


Venerdi’ 6 luglio; la verifica dei progetti

Inizia una lunghissima mattinata; non abbiamo mai avuto una mattina con tale numero di incontri da fare.

Alle 9 ci vediamo con i funzionari e i delegati del Sindacato Samostalni per raccogliere le informazioni sulla situazione delle varie realta’ produttive in cui si articola ancora il gruppo Zastava e della Fiat Auto Serbia; leggerete nella seconda parte di questa relazione la situazione attuale degli stabilimenti auto.

Alle 10, proprio a fianco della sede del Sindacato, incontriamo i rappresentanti della associazione malati di Distrofia Muscolare.

Questa associazione ha 148 membri di cui circa la meta’ bambini, sono persone invalide, quasi tutte disoccupate, molte di loro ormai legate alla carrozzina e necessitano di aiuto di altre persone anche per le necessita’ piu’ semplici. Spesso sono persone molto povere e ai margini della societa’.

La loro sede e’ un locale di proprieta’ pubblica; ricevono dal Comune un aiuto economico con cui far fronte alle spese per elettricita’, riscaldamento e telefono.

Li avevamo conosciuti a marzo scorso perche’, dopo aver subito un furto nella loro sede (un televisore e il computer dell’ufficio), si erano rivolti al Sindacato per vedere se era possibile ricevere un aiuto economico per poter ricomprare le cose rubate.

Cio’ che potremo portargli e’ ben piu’ importante di un televisore: nel nostro viaggio di ottobre prossimo avremo con noi un pullmino capace di trasportare di due carrozzine, dotato di di sollevatore elettroidraulico, dono della Misericordia della Bassa Friulana di San Giorgio di Nogaro; non e’ un furgone nuovo, e’ stato immatricolato nel 2004, ma e’ in ottime condizioni.

I volontari della Misericordia verranno con noi per questa consegna, come hanno del resto gia’ fatto nel 2006, quando donarono una ambulanza al centro medico della Zastava e nel 2008, quando consegnarono un furgone per trasporto carrozzine alla Associazione Malati di Sclerosi Multipla.

Discutiamo di come preparare i documenti di donazione e di accettazione, secondo le indicazioni ricevute dalla Dogana di Kragujevac e dalla Guardia di Finanza di Trieste, che abbiamo interpellato per cercare di evitare i grossi problemi che abbiamo incontrato nelle precedenti donazioni del 2006 e del 2008.

C’e’ un problema ulteriore che i nostri amici ci chiedono di aiutare a risolvere: il tetto delle loro sede perde copiosamente, e ci sono molte infiltrazioni.

L’intervento non e’ molto costoso e senz’altro riusciremo a fare qualcosa.

Ci consegnano come ricordo del nostro viaggio le magliette della loro associazione e le maschere veneziane in ceramica che stanno realizzando nel loro laboratorio e un bellissimo cesto di fiori a Maria e Rita.

Ci rivedremo a ottobre e sara’ FESTA GRANDE!

Alle 10 e 30 siamo alla Scuola Primaria Dragisa Mihajlovic, nel quartiere di Male Pcelice; abbiamo gia’ parlato diffusamente di questa scuola nella relazione relativa al nostro viaggio di marzo 2012, ed abbiamo pubblicato due ampi album fotografici sulla nostra pagina facebook, rispettivamente il 28 giugno e il 21 luglio.

La scuola ha circa 150 alunni su quattro classi con doppi turni mattino-pomeriggio ed una classe di preparatoria (dai 5 ai 6 anni) con 25 bambini.

Ha una superficie di circa 600 metri quadrati. Le aule a disposizione sono sei, di cui quattro per la scuola primaria, una per la classe preparatoria ed una aula informatica attrezzata assai bene, dono di Telekom Serbia.

All’inizio di novembre 2011 la direzione e gli insegnanti della scuola e i genitori degli alunni ci avevano fatto pervenire tramite l’ufficio adozioni del Sindacato Samostalni una richiesta di collaborazione per lavori urgenti, che consistevano nel rifacimento dei pavimenti di tre aule, dei servizi igienici e infine nella sostituzione di quattro lavagne. I lavori sono iniziati a marzo ed ora sono totalmente finiti. Praticamente tutte le associazioni che agiscono in Serbia hanno deciso di partecipare alla realizzazione di questo progetto.

Eccole, in ordine alfabetico

ABC Pace e Solidarieta’ ONLUS di Roma

Aiutiamo la Jugoslavia ONLUS di Bologna

Associazione MIR SADA di Lecco

Associazione Zastava Brescia per la Solidarieta’ Internazionale ONLUS di Brescia

Non bombe ma solo Caramelle ONLUS di Trieste

Un ponte per... ONLUS di Roma

ed in questo ordine vengono riportate sulla targa che ricorda questa bellissima iniziativa di solidarieta’ materiale, che dedica questi lavori alla memoria di Laura Sordelli, del Direttivo della nostra associazione, che ci ha lasciato dopo una lunghissima malattia a gennaio scorso. Questa targa e’ a fianco della bandiera della pace, che e’ stata messa (sotto vetro) al posto d’onore all’ingresso della scuola.

[ FOTO: I pavimenti prima... ...e dopo il nostro intervento / Una toilette degli alunni Vista dei nuovi servizi igienici / La targa con la dedica a Laura La bandiera all’ingresso della Scuola ]

La nostra mattinata prosegue alle 11 e 30 con una visita al centro 21 ottobre per ragazzi Down, dove ci rechiamo ogni volte che e’ possibile; e’ stato il nostro primo importante progetto a Kragujevac ed e’ riuscito a ridare dignita’ e sicurezza ad una delle categorie sociali piu’ deboli ed emarginate, quella delle persone con disagio psichico.

Questa volta, poi, la nostra visita, ha anche un carattere speciale, perche’ siamo al settimo anniversario dell’inaugurazione del Centro, che inizio’ le sue attivita’ il 9 luglio del 2005.

Jelena, la direttrice, ci informa di tutto quello che hanno fatto negli utimi mesi, e ci consegna (come fa sempre) il resoconto fino all’ultimo centesimo di come hanno utilizzato il nostro ultimo contributo (che gli avevamo lasciato a marzo) ed una ricca documentazione fotografica.

Anche questa volta possiamo sostenerli, attraverso una donazione d 300 euro. Jelena nei suoi ringraziamenti usa un bellissimo modo di dire per quanto riguarda i sostegni che riusciamo ogni tanto a fornire a questi ragazzi: questo sostegno li aiuta ad USCIRE UGUALI NEL MONDO.

Un po’ di storia di questo Centro: a settembre 2004 avevamo ricevuto dai lavoratori della COOP Nord-Est la cifra di 14.290 euro, con la richiesta di impegnare questo denaro in uno o piu’ progetti che andassero oltre il gli affidi a distanza.

Nello stesso periodo l’associazione delle famiglie con figli con sindrome di Down della citta’ di Kragujevac ci aveva chiesto di sostenerli nella realizzazione di un centro diurno che accogliesse questi ragazzi.

Su nostra richiesta il Comune di Kragujevac aveva messo a disposizione di questo progetto un edificio pubblico di circa 350 metri quadrati, distribuiti tra un grande salone di 260 metri quadrati, due bagni, una cucina, due uffici e un magazzino e li aveva restaurati a sue spese.

Noi, da parte nostra, avevamo messo a disposizione del progetto 10.000 euro, acquistando tutto il materiale che ci era stato richiesto dalle famiglie per la realizzazione di vari laboratori e per l’arredamento.

La realizzazione di questo Centro ha inoltre creato quattro posti di lavoro.

Alle 12 e 30 visitiamo la fabbrica DES

Abbiamo pubblicato sulla nostra pagina facebook una ampia raccolta di foto su questa fabbrica il 28 giugno scorso.

Ne abbiamo gia’ parlato nella relazione relativa al viaggio di marzo scorso; come forse ricorderete, si tratta di una azienda metalmeccanica, con circa 100 dipendenti, 50 dei quali sono invalidi psichici o fisici.

E’ una impresa di proprieta’ pubblica ed e’ sottoposta alla legislazione sul lavoro nelle officine protette; le mansioni che svolgono i singoli lavoratori dovrebbero essere strettamente relazionate al loro stato di salute.

Non hanno una produzione qualificante sulla quale appoggiarsi, hanno una gamma di prodotti piuttosto semplici: tavoli, sedie, scaffalature metalliche, giochi per parchi e asili, prodotti per agricoltura. Lo Stato dovrebbe pagare meta’ degli stipendi (ma non e’ quasi mai regolare nei suoi versamenti), e il resto deve essere trovato attraverso il loro lavoro. Devono, come si dice oggi, stare sul mercato.

I lavoratori hanno salari da fame, circa 200 euro al mese; inoltre sono in arretrato di cinque mensilita’ dal 2010, per le quali non esiste alcuna soluzione economica prevedibile.

Due mesi fa hanno ricevuto un piccolo anticipo di 5000 dinari (circa 40 euro...).

La fabbrica ha tre reparti, in capannoni distinti:

uno di meccanica: benche’ con attrezzature vecchissime, non e’ molto diverso da qualsiasi officina; uno di trattamenti galvanici e uno di verniciatura.

Specialmente il reparto galvanica e’ in pessime condizioni e i lavoratori sono esposti a rischi pesanti per la loro salute, a diretto contatto con le vasche, senza sistemi di aspirazione e senza mezzi di protezione individuale.

Da poco il Ministero dell’Economia ha meso a disposizione 12 milioni di dinari (circa 105.000 euro) per la completa ricostruzione del reparto galvanica; un nuovo capannone, nuove vasche per trattamenti chimici, sistemi aspiranti e nuovi mezzi di protezione individuale per i lavoratori.

[ FOTO: Il vecchio reparto / Quello in costruzione ]

Per quanto riguarda i pasti i lavoratori si portano qualcosa da casa, ma non avevano (sino ad ora!) una sala mensa e mangiavano direttamente sul posto di lavoro.

Avevano un locale dismesso di circa 50 metri quadrati che volevano attrezzare come mensa, con trenta posti a sedere, e ci hanno chiesto di aiutarli acquistando i materiali necessari.

A maggio scorso ci avevano inviato un preventivo totale per tutti i lavori e gli arredi per un totale di 490330 dinari che, convertito in euro utilizzando il cambio di 111.44 dinari per 1 euro, ammontava a 4400 euro.

Tutte le associazioni che hanno partecipato alla esecuzione dei lavori nella scuola Mihajlovic hanno deciso di realizzare anche questo progetto, e cosi’ l’Associazione Mir Sada di Lecco durante il suo periodico viaggio a Kragujevac ha consegnato 4400 euro, necessari per i lavori edili, elettrici e idraulici, per l’acquisto degli arredi e per l’attrezzatura necessaria per un piccolo angolo cucina.

Il preventivo iniziale ha dubito durante i lavori uno sforamento di 110.000 dinari e cosi’ consegnamo 100 euro supplementari.

Come sempre riceviamo tutte le fatture in originale, intestate alla nostra ONLUS; non abbiamo dubbi sull’onesta’ dei nostri referenti sindacali, ma e’ sempre meglio cosi’... inoltre avere le fatture intestate a noi facilita la preparazione del bilancio della associazione.

Con questa nuova realizzazione non abbiamo certo cambiato le condizioni materiali di vita di questi lavoratori e delle loro famiglie, e neppure abbiamo dato loro un futuro piu’ certo, ma almeno abbiamo contributo ad aumentare la loro dignita’ sia come lavoratori che come singole persone.

[ FOTO: Due viste del locale della vecchio locale / Due viste della nuova mensa ]

Consegnamo al delegato del sindacato Samostalni della fabbrica la bandiera bilingue della Pace che in tutta Kragujevac e’ presente dove sono stati realizzati i nostri progetti e ci avviamo verso l’ultimo incontro di questa lunga e afosa giornata.

[ FOTO: Con il delegato sindacale Samostalni della fabbrica DES ]

Alle 13 e 30 arriviamo alla sede dell’associazione para- e tetraplegici di Kragujevac.

Sono circa 70 persone invalide per incidenti di vario tipo. A questa associazione fanno capo anche persone amputate a entrambe le gambe o alle mani.

Hanno una sede che gli e’ stata data dal Comune. E’ in pessime condizioni, una vera topaia; i servizi igienici sono assolutamente carenti per questo tipo di invalidita’. Devono rifare una ricostruzione totale di muri, pavimenti. impianto elettrico e idraulico, servizio igienico, infissi, ufficio, rampa di accesso. Aiutarli nella ricostruzione di questi locali sara’ uno dei nostri prossimi progetti, e si inquadra bene nella nostra logica di essere a fianco delle categorie piu’ deboli di Kragujevac e nel cercare di combattere la disgegazione sociale. Queste persone sono gli ultimi degli ultimi, e meritano tutta’ la nostra solidarieta’ materiale. Chiederemo anche a tutte le altre associazioni italiane di partecipare a questa iniziativa.

Malgrado i loro gravi problemi sono molto attivi nel campo delle attivita’ sportive per persone con disabilita’ fisiche, come dimostrano le tantissime coppe e medaglie presenti nella loro sede

[ FOTO: Lo scivolo per carrozzine all’ingresso / I servizi (ignobili per invalidi!) / Una vista dell’interno / Una parte dei trofei sportivi ]

Ci rivedremo senz’altro a ottobre, e siamo convinti che per quella data tutti i lavori saranno stati portati a termine nel migliore dei modi.


Sabato 7 luglio 2012

E’ la giornata dell’assemblea della consegna degli affidi a distanza.

Malgrado l’aria rovente, sono centinaia le persone che ci attendono ordinatamente e pazientemente davanti all’ingresso della grande sala della Zastava Kamioni dove vengono distribuite le quote di affido.

Queste persone probabilmente non leggono i giornali serbi e italiani che descrivono Kragujevac perche’ altrimenti non sarebbero qui, ma a festeggiare il magnifico Eldorado in cui l’arrivo della Fiat ha trasformato la loro citta’.

No, per loro, i nostri amici e le loro famiglie, la realta’ e’ un’altra: vivono si’ a Kragujevac, ma nella citta’ reale, dove la disoccupazione e’ quasi al trenta per cento, e se invece hano la fortuna di lavorare il loro salario non arriva a 300 euro al mese; sono senza lavoro e resteranno per sempre ai margini della sopravvivenza e nessuna vaghissima (e sempre rimandata) promessa di ingresso nella comunità europea riuscirà a tramutare in condizioni di vita dignitose le loro speranze. E tutto questo in un paese europeo che poteva aspirare ad un futuro normale, prima di essere distrutto dai bombardamenti dei civilissimi Paesi aderenti alla NATO tra cui, non dimentichiamolo mai, l’Italia.

Durante questa assemblea distribuiremo 162 quote di affido (per la maggior parte quote pari ad un trimestre) per un totale di 15415 euro; inoltre consegneremo una quota annuale di 310 euro proveniente dalla Associazione Aiutiamo la Jugoslavia di Bologna e due contributi (330 euro) provenienti da sottoscrittori della Associazione Most Za Beograd di Bari.

Dopo i 24 nuovi affidi aperti a marzo scorso anche oggi apriremo cinque nuovi affidi: due derivano da nuovi sottoscrittori che hanno raggiunto la nostra grande famiglia solidale e tre sono dovuti a sostituzioni di tre ragazzi ormai grandi che hanno finito gli studi.

Da tutti c’e’ un saluto, un abbraccio, una stretta di mano, regali da portare alle famiglie italiane; molti vogliono raccontarci dei loro problemi. Soprattutto mi colpisce un lavoratore della Fiat Auto Serbia, gia’ avanti negli anni, che con le lacrime agli occhi mi racconta di tutto il suo terrore per il futuro, perche’ non crede che riuscira’ a reggere i nuovi orari di lavoro e i nuovi ritmi di produzione, introdotti da pochissimo e di cui troverete i dettagli nella seconda parte di questa relazione.


Qui termina il nostro viaggio tra i nostri amici lavoratori serbi nel cuore dell’Europa civile...

Il giorno dopo rientriamo in Italia, e inizieremo a preparare il prossimo viaggio con la stessa determinazione e convinzione con cui abbiamo preparato tutti i precedenti.

Grazie a tutte/i voi per il sostegno che date a questa campagna solidale!



ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI SULLA SERBIA E SU KRAGUJEVAC

I dati contenuti in questa relazione sono stati ricavati per la maggior parte dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.


La popolazione

Secondo il censimento tenutosi nel 2011 la popolazione serba e’ di 7.250.000 persone; dal censimento precedente la popolazione e’ scesa di circa 350.000 unita’per effetto del tasso di fertilita’ negativo; il numero dei decessi piu’ alto del numero delle nascite ha iniziato a verificarsi negli anni novanta, dapprima piu’ accentuato al Nord del Paese e via via piu’ anche nelle regioni del Sud. Se il trend non dovesse cambiare, nel 2060 il Paese potrebbe contare solo 6 milioni di cittadini. Difficile però che le cose migliorino: la crisi economica in cui si dibatte il Paese non è certo una medicina contro la “peste bianca” della denatalità. In passato questo fattore era stato “nascosto” dall’afflusso di sfollati e rifugiati durante gli anni ’90, circa 650mila in una prima fase, poi ridottisi a 300mila dopo i rimpatri o l’emigrazione verso altri Paesi.


Cambio dinaro/euro (fonte: comunicati periodici della Banca Nazionale)

La Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale (come vedremo tra poco) e piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea, Italia e Germania in primis

Il cambio del dinaro con l’euro ha quindi una immediata e fortissima influenza sui prezzi delle merci e sulle (scarsissime) capacita’ di acquisto delle famiglie.

Ripercorriamo la variazione del cambio negli ultimi tre anni.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Un anno dopo, il 4 novembre 2010 il cambio era arrivato a a 107.5 dinari per euro.

Dopo questa data c’era stato per circa sei mesi un rafforzamento progressivo del dinaro che era giunto al valore di 96.5 dinari per un euro il 22 maggio 2011 per poi iniziare nuovamente a calare.

Questo rafforzamento momentaneo e’ stato dovuto esclusivamente a ragioni politiche interne; ha avuto vantaggi solo per chi ha aperto mutui in euro, ma ha penalizzato fortemente le gia’ scarse esportazioni, mentre i prezzi dei beni di prima necessita’ e le tariffe hanno continuato ad aumentare.

Fino alla fine del 2011 il cambio e’ poi oscillato intorno a 100-102 dinari per un euro.

Poi per tutto il 2012 la moneta ha subito un indebolimento continuo, dai 103 dinari per un euro a gennaio fino ai 119 dinari per un euro a fine agosto, malgrado la Banca Nazionale abbia speso almeno 1500 milioni di euro per sostenere il dinaro.


Prodotto interno lordo (PIL) e indice della produzione industriale

Il PIL nel primo trimestre del 2012 e’ diminuito del 1.3 % rispetto allo stesso periodo del 2011; nel secondo trimestre il calo e’ stato dello 0.6 % rispetto allo stesso periodo del 2011.

L’indice della produzione industriale nel periodo gennaio-luglio 2012 e’ diminuito del 4.0% rispetto a quello dello stesso periodo del 2012.

E’ quasi certamente destinato a diminuire ulteriormente, oltre che per la crisi generalizzata, in relazione al gravissimo problema della acciaieria di Smederevo, che ricordo in sintesi.

La US Steel aveva acquistato nel 2003 la acciaieria di Smederevo (poco a sud di Belgrado), pagandola 23 milioni di dollari. Le produzioni principali di questo complesso sono acciai speciali, per la gran parte destinati alla esportazione. Chissa’ come mai, ma nel 1999 questa fabbrica non era stata bombardata dalla NATO...

La notizia era arrivata inattesa alla fine di gennaio 2012: la US Steel si e’ ritirata dalla Serbia e lo stabilimento e’ stato rilevato dallo Stato (al prezzo simbolico di 1 dollaro), mettendo in crisi 5500 posti di lavoro diretti e circa 15000 indiretti, almeno secondo le dichiarazioni rilasciate a luglio scorso dal ex ministro dell’economia Ciric.

L’acciaieria partecipava al PIL del Paese per circa il 5% e alle esportazioni per piu’ del 10%

Fonte: Radio B92 al seguente indirizzo:

http://www.b92.net/eng/news/business-article.php?yyyy=2012&mm=07&dd=02&nav_id=81066


Commercio con l’estero

Anche nel 2011 la Serbia ha avuto un un deficit commerciale altissimo,

Ecco il consuntivo dell’anno: le esportazioni sono state pari a 8441.4 milioni di euro, con un aumento del 14.2% rispetto al 2010; le importazioni invece sono state pari a 14250.0 milioni di euro, con un aumento del 12.9% rispetto al 2010.

Il deficit della bilancia commerciale e’ dunque di 5808.6 milioni di euro, in crescita dell’11.1% in confronto al 2010.

Il rapporto tra esportazioni ed importazioni lo scorso anno e’ stato del 57.4%.

I primi sei mesi del 2012 hanno visto esportazioni per 4144.3 milioni di euro mentre le importazioni sono state pari a 7206.2 milioni di euro, rispettivamente in aumento del 0.6% e del 5.7% rispetto ai valori rilevati nello stesso periodo del 2011, con un netto peggioramento della bilancia commerciale perche’ il rapporto tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni e’ passato da 60.5% dei primi sei mesi del 2011 al 57.4% dello stesso periodo del 2012.


Prezzi

I continui aumenti dei prezzi al consumo riguardano tutti i settori merceologici, ma sono particolarmente importanti per i generi e servizi essenziali, come su puo’ riscontrare nella seguente tabella che riporta i aumenti percentuali annui per diversi settori merceologici registrati a luglio 2012 rispetto a luglio 2011; nella terza colonna sono riportati gli stessi dati confrontati con i prezzi medi nell’anno 2006 posti uguali a 100.


Merci Luglio 2012 su luglio 2011 Luglio 2012 su media 2006 posta a 100

Alimentari (tutte le voci) 104.9 174.1

Carne 115.1 158.3

Frutta 111.5 182.6

Verdura 109.1 191.8

Caffe’, te e cacao 102.9 184.7

Bevande alcooliche e tabacchi 110.9 241.4

Abbigliamento e calzature 103.6 133.8

Affitti 112.1 136.9

Acqua --- 198.7

Elettricita’ --- 168.2

Salute 102.9 143.3

Trasporti 109.4 162.0

Istruzione 101.1 142.8


Livelli occupazionali e salari

I livelli occupazionali continuano a scendere.

Gli ultimi dati percentuali diponibili sono relativi ad aprile 2012, e li riportiamo assieme a quelli degli ultimi due anni; abbiamo modificato il criterio epositivo perche’ questa volta ci si riferisce alle persone dai 15 ai 64 anni, mentrer nelle relazioni precedenti, quando riportavamo questi dati, erano relativi alle persone oltre i 15 anni di eta’.


Apr. 2010 Ott. 2010 Apr. 2011 Nov. 2011 Apri. 2012

Tasso di occupazione 47.2 47.1 45.5 45.3 44.2

Tasso di disoccupazione 20.1 20.0 22.9 24.4 26.1


Se si guardano i dati relativi alle persone con eta’ compresa tra 15 e 64 anni ci sono ovviamente delle variazioni

Nella successiva tabella il numero medio degli occupati negli ultimi cinque anni:

Anno Num. occupati

2008 (media) 1.999.000
2009 (media) 1.889.000
2010(media) 1.795.000
2011 Aprile 1.753.000
2011 Ottobre 1.740.000
2012 Aprile 1.729.000


Particolarmente drammatico e’ il calo dell’occupazione nell’industria manifatturiera, che e’ passata da 370.000 occupati nel 2008 (media dell’anno) a 292.000 a ottobre 2011 e a 288.000 a aprile 2012.

Gli occupati nel settore pubblico sono circa 440.000, di cui circa 125.000 nell’Isruzione, 104.000 nella Sanita’ e 100.000 nelle amministrazioni centrali e periferiche.


I disoccupati, secondo Servizio Nazionale per l’Impiego erano 762.575 al 31 di luglio 2012, come riportato da B92 il 7 agosto scorso all’indirizzo:

http://www.b92.net/eng/news/business-article.php?yyyy=2012&mm=08&dd=07&nav_id=81662


Salari medi in dinari:

Maggio 2009
31086

Ottobre 2009
31783

Maggio 2010
33463

Ottobre 2010
34422

Maggio 2011
35362

Ottobre 2011
38167

Maggo 2012
40442

Luglio 2012
42335


C’e da sottolineare che ci sono tra alcune decine di migliaia di lavoratori che lavorano SENZA percepire un salario, secondo quanto denuncia il sindacato Samostalni.

(vedi http://www.sindikat.rs/ENG/news.html#12)


Le pensioni

Il sistema pensionistico si trova in uno stato catastrofico.

L’evasione del pagamento dei contributi e’ diffusissima, sono circa 50.000 le aziende (di tutte le dimensioni) che non li versano.

L’invecchiamento progressivo della popolazione ed il calo degli occupati fa si’ che attualmente il numero di pensionati sia pressoche’ uguale a quello degli occupati.

A febbraio 2012 c’erano 1.687.000 pensionati, di cui 1.360.000 lavoratori dipendenti, 218.000 agricoltori, 62.000 lavoratori autonomi e 47.000 militari.

Rispetto alla tipologia 966.000 erano pensioni di vecchiaia, 350.000 di invalidita’ e 371.000 di reversibilita’.

Per quanto riguarda l’entita’, sempre a febbraio 2012, la pensione media per i laavoratori dipendenti era di 23690 dinari, per gli agricoltori era di 9369 dinari, per gli autonomi di 23219 dinari e per i militari di 42205 dinari.

Durante tutto il 2011 il totale erogato per le pensioni e stato di di 501 miliardi di dinari, e solo il 53% (pari a 265 miliardi) e’ stata pagato con i contributi pensionistici versati dai datori di lavoro e lavoratori, l’altro 47% e’ arrivato dalla fiscalita’ generale.

Con questi livelli di salari e pensioni si vive molto male...

Il quotidiano Blic, come fa periodicamente, ha pubblicato il 12 giugno scorso quali sono i bisogni fondamentali mensili per una famiglia media di quattro persone.

Si arriva ad un totale di circa 100.000 dinari al mese; in realta’ il reddito medio delle famiglie serbe e’ circa la meta’ di questa cifra di cui il 42% sono destinati all’alimentazione e il 15% alle spese per la casa (acqua, elettricita’ e combustibili vari).

Le famiglie di operai o peggio di ex operai che sono al centro delle nostre azioni solidarieta’ e della nostra amicizia sono lontani anche da questi redditi medi, come potrete vedere nelle successive informazioni che riguardano direttamente la Zastava, o cio’ che resta di questa grande realta’.


Informazioni sulla situazione di Fiat Auto Serbia (FAS)

raccolte durante il viaggio a Kragujevac del 5-8 luglio 2012


Dipendenti FAS al 6 luglio 2012 (e iscritti al Sindacato)

1500, di cui 150 assunti il 5 luglio (il giorno prima della nostra rilevazione)

Operai: 1250

Impiegati 250

Tutti a tempo indeterminato (con sei mesi di prova per i nuovi assunti)


Provenienti dalla ex-Zastava automobili: 700

Provenienti dall’Agenzia Nazionale per l’Impiego 800


Gli iscritti al Samostalni Sindikat sono attualmente 700.

Altri sindacati hanno circa 60 iscritti; sono i sindacati ASNS e Nezavisnosti, assolutamente marginali, nati dopo il 5 ottobre 2000, che non sono mai riusciti a sviluppare la loro presenza in Zastava.


La Fiat in un recente incontro con il Sindacato Samostalni di inizio luglio ha confermato che, come indicato da Marchionne il 3 luglio scorso a Torino, ci sara’ in Italia uno stabilimento Fiat di troppo (quello di Melfi), se le attuali capacità di assorbimento in Europa resteranno uguali nei prossimi 24-36 mesi.

Per quanto riguarda Kragujevac la Fiat ha indicato nello stesso incontro l’ipotesi di assumere ancora 950 persone entro la fine dell’anno, portando l’occupazione complessiva a 2450 lavoratori.


Stipendi netti mensili (in dinari)

Ricordiamo che negli ultimi mesi 2012 il cambio dinaro/euro e’ oscillato mediamente intorno a 114 dinari per un euro

Neo-assunti in periodo di prova 29.000

Operai 32.000 – 36.000

Impiegati (compresi capireparto) 35.500 – 39.000

Vi sono poi circa 50 dirigenti che contrattano personalmente lo stipendio con l’azienda. I dati sui loro stipendi sono sconosciuti.

Al momento in cui scriviamo questi dati i lavoratori sono tutti al lavoro, nessuno e’ in cassa integrazione.


Lavoratori italiani a Kragujevac

Al momento ci sono in FAS circa 450 lavoratori italiani.

Sono sia operai che dirigenti.

Gli operai hanno funzioni di formazione degli operai serbi e di supervisori della produzione, ma svolgono anche direttamente ruoli lavorativi, per esempio nelle cabine di verniciatura e sui robot in carrozzeria e lastroferratura.

Non si conosce quanto tempo si fermeranno a Kragujevac.


Produzioni

Linea di montaggio della Punto

La linea di montaggio della Punto era giunta a Kragujevac alcuni anni fa, ed e’ stata utilizzata per montare il modello Punto 188 con pezzi in arrivo da Mirafiori.

La linea e’ sempre presente a Kragujevac, ma non e’ piu’ in funzione; a dicembre 2011 erano stati utilizzati gli ultimi 250 lotti per il montaggio arrivati da Mirafiori.

I lavoratori addetti alla linea della Punto sono stati tutti spostati nei vari reparti di produzione della 500L.

Al momento ci sono ancora circa 2000 Punto invendute.


Linea della 500L

I lavori di sistemazione dei vecchi capannoni sono fi

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(testi recenti di Ivan Plješa, presidente della SRP - Partito Socialista dei Lavoratori, Croazia)

Nova izlaganja Ivana Plješe

1) Što su bili ključni unutarpartijski uzroci poraza socijalizma i razbijanja Jugoslavije (28/4/2012)
2) Sustav koji ubija (27/9/2012)
3) Koga skandalizirati, milijardere ili sustav čiji su oni čeda (3/10/2012)


=== 1 ===

(relazione alla Assemblea di coordinamento dei partiti comunisti e operai dello spazio jugoslavo, tenuta a Belgrado il 28/4 u.s.: vi si analizzano soprattutto le contraddizioni interne che hanno portato alla sconfitta del socialismo e alla disgregazione della Federazione socialista)


Izlaganje predsjednika SRP-a, Ivana Plješe na temu: 

Što su bili ključni unutarpartijski uzroci poraza socijalizma i razbijanja Jugoslavije

(Referat na sastanku koordinacionog odbora komunističkih i radničkiha partija s prostora bivše Jugoslavije, 28.04.2012. godine u Beogradu)

Pisani materijal o temi nisam uspio unaprijed pripremiti, kao što je bilo sugerirano, pa ću ovom prilikom improvizirati izlaganje. O samoj temi sam podosta razmišljao, što će mi, nadam se olakšati.
Što su bili ključni unutarpartijski uzroci poraza socijalizma i razbijanja Jugoslavije je svakako jedno od pitanja kome se moramo vratiti, ali nipošto sročeno na način kako je o partiji (SKJ) sve ovisilo. Mi teško možemo uzroke poraza revolucije naći samo u greškama partije, ako ih je uopće i bilo. Ako bi tako postupili, mi bi smo praktički napustili Marxa i vratili se natrag Hegelu jer partija je doduše bila važan faktor u revolucionarnom procesu, ali subjektivni faktor, koja je djelovala u uvjetima koje je zatekla, a ne koje je željela, i s kojima nikada u potpunosti nije mogla ovladati. Zato ovom pitanju moramo prići znanstveno-marksistički i razloge tražiti najprije u povijesnim okolnostima koje su istovremeno utjecale i na razvoj društva i u cjelini, i na samu partiju, pa su i eventualne greške partije plod tih okolnosti. Da se podsjetimo, društvene promjene nisu plod slučajnih težnji, pa ni nastajanja šake revolucionara, nekih talenata, zabluda i grešaka, pa ni izdaje nekih vođa, već za to trebaju postojati neke socijalne potrebe. Promjene su dakle plod općeg socijalnog stanja i životnih uvjeta u kojima se društvo nalazi, što znači da se isključivo subjektivno, uz najbolju volju društveni faktori ne mogu kontrolirati i uvjetovati. Zato se moramo pitati što se dogodilo sa našom partijom, našim vođama, ali jednako tako i što se dogodilo sa našom nacijom, narodom i našom poviješću, jer ako to ne činimo padamo u subjektivizam i dogmu da smo sve morali vidjeti i spriječiti, a tobože nismo, i time bi dali čudovišnu moć i samoj partiji koju ona ipak nema.
Krajnje pojednostavljeno rečeno, date su povijesne okolnosti u našem slučaju dovele do socijalističke revolucije koju je partija nesumnjivo artikulirala, ali su isto tako date povijesne okolnosti na jednom drugom stupnju razvoja omogućile prolaz kontrarevolucije unatoč prisustvu partije. Tu je naprosto riječ o dijalektici, o borbi suprotnosti, a o greškama tek uvjetno. Zato naši drugovi iz Srbije u svojoj analizi nisu uzroke poraza našli u pogrešnoj politici partije (nacionalno pitanje, kadrovska politika, samoupravljanje, vanjska politika i slično). Naprotiv ta politika rezultirala je visokim društvenim ostvarenjima. Tako na primjer, politika bratstva i jedinstva i federalno uređenje Jugoslavije u jednom je trenutku odbačena što nipošto ne znači da je bila pogrešna. I samoupravljanje kao neposredni oblik ostvarivanja vlasti od strane radničke klase je odbačeno, iako činjenice govore da je Jugoslavija u tom periodu ostvarila najveći stupanju sloboda, društvenog blagostanja i stopu rasta.
Pa gdje je onda problem, nameće se daljnje pitanje. Problem je u gubitku sposobnosti same partije da i dalje ostvaruje svoje vlastite, visoko postavljene ciljeve, da se ti ciljevi i dalje održavaju i ostvaruju. Krucijalno je dakle pitanje, kako se dogodilo da je partija u jednom trenutku ostala bez dovoljno revolucionarne energije da i dalje kroči svojim putem i ostvaruje postavljene ciljeve koje je djelom već bila pretvorila u tekovine. Koje su je to sile nadvladale do te mjere da je gotovo isčezla sa društvene scene i da je društveni razvoj krenuo drugim tokom.
Neki rijetki pojedinci su te sile i te procese možda i vidjeli, ali što vrijedi kad većina nije i te su sile nadvladale. Ne treba se sada opterećivati jesmo li tu nešto mogli učiniti jer da jesmo, vjerojatno bi to i učinili. Ali pouku za budućnost treba svakako izvući.
Ova konstatacija naravno nije pledoaje za isključivanje važnosti subjektivnog faktora, čemu je naša partija inače davala veliki značaj, ili za oportunizam protiv kojeg se partija također borila, već naprotiv, ukazivanje na ono što je temeljeno u određivanju smjera društvenih kretanja, a to su objektivne socijalne okolnosti. Prenaglašavanje subjektivnog vodi u idealizam koji zamagljuje realnost i čini nas nesposobnim da realno sagledamo društvena kretanja i umanjenje sposobnosti da na njih uspješno djelujemo.
Pa koje su to onda krucijalne životne okolnosti i procesi u kojima se naša revolucija ostvarivala, koji su određivali njeni tok i odredili njenu sudbinu. Izgradnja socijalizma kod nas (i ne samo kod nas) odvijala se u uvjetima povijesne nedozrelosti za apsolutnu socijalističku preobrazbu. Revolucija je s jedne strane postavila suštinski zahtjev jednakosti, a istovremeno se morala služiti buržoaskim pravom nejednakosti kako bi brže mogla prevladavati elemente nerazvijenosti. Bilo je tu i drugih suprotnosti koje su proizlazile iz kulturološkog, etničkog i vjerskog elementa i uopće razlike u sveopćoj razvijenosti pojedinih sredina i dijelova zemlje. To je neizbježno bilo rodno mjesto raznih izama, a birokratizma, tehnokratizma, nacionalizma i potrošačke svijesti naročito. Eliminirana je doduše stara buržoaska klasa, ali su vremenom nastajale nove socijalne strukture koje su usporavale procese društvene homogenizacije. Stalno su bili prisutni ostaci stare konzervativne svijesti (privatni posjednik zemlje i sredstava za proizvodnju). Tehnokracija s vremenom postala je novi entitet koji je artikulirao svoje specifične interese. Radnička klasa, iako je u jugoslavenskom samoupravljanju ostvarila najveći utjecaj na društvena kretanja klasne i ljudske emancipacije u ljudskoj povijesti, nikada nije u potpunosti ovladala cjelinom procesa društvene reprodukcije. Ona se tek konstituirala kao klasa «po sebi», a nipošto još kao klasa «za sebe» i nije bila svjesna svojih historijskih interesa. Iako je Partija njegovala kult odvojenosti od države, djelujući više kao moralni faktor, nije mogla biti pod staklenim zvonom.. Naprotiv, ona je kao kadrovska partija i sama sve više postajala preslika socijalnih i idejnih proturječja i deformacija, gubitka dosljednosti i čvrstine u reprezentiranju i ostvarivanju historijskih interesa radničke klase čiju je avangardu i predstavljala. Sve je manje bila avangarda, sve propulzivnija tehnobirokratskom mentalitetu i elementima liberalizma i sve nesposobnija za ostvarivanje svojih visokih revolucionarnih ciljeva.
Silno je važno naglasiti da je ovdje riječ o negativnim procesima, a manje o nekim pogrešnim odlukama. Činjenica je da je partija krajem osamdesetih, uslijed tih objektivnih procesa, bila krajnje oslabljena. Njeni ciljevi sve su više postajali revolucionarna fraza, a ona sama se sve više upuštala u doktrinarne eksperimente, što je neka vrsta nastojanja da se ciljevi ostvaruju iza leđa društva. To su već bili prvi sindromi poraza revolucije kada se njene snage povlače u revolucionarnom pozadinu.
Još pod okriljem Partije, promijenjen je Zakon o udruženom radu, ukinuto integralno samoupravljanje i uveden višepartijski sistem. To su bile pogrešne odluke, ali se postavlja pitanje u kojoj mjeri je SKJ u tim trenucima već bio izvorno Komunistička partija. Time je radnička klasa eliminirana kao vodeća snaga društva i ostavljeno joj je samo samoupravljanje u poduzeću, a vlast u društvu mogle su preuzeti i druge snage, što se i dogodilo. Stagnantna privreda i razapeta između samoupravljanja i etatizma, počela se liječiti neoliberalnim sredstvima. Poredak (tehnobirokracija) se već vidno odvojio od pokreta (radnička klasa i njeni historijski interesi). U taj prostor ušle su ostale snage kontrarevolucije koje možda i ne bi imale šansu da na stranu kontrarevolucije nije prešla tehnobirokracija. Partija više nije imala snage boriti se protiv tih deformacija jer je i sama, prije svega kadrovski, a time i idejno, bila prožeta tim stremljenjima. Komunisti su u samoj partiji ostali u manjini. Partija se naprosto raspala (14. Kongres). To je bio kraj stare ljevice koja je izvojevala i nosila revoluciju i poslijeratnu izgradnju. Najveći dio njenih aktualnih vođa završio je u renegatstvu (Milošević, Račan, Kučan…).
Radnička klasa nije bila organizirana i osposobljena da neposredno preuzme vlast bez partije. Čak što više, ona se ponijela veoma nepolitično i na prvim višestranačkim izborima kaznila partiju dajući svoje glasove snagama kontrarevolucije, kaznivši praktički samu sebe, što je daljnji razvoj događaja jasno pokazao.
Snage kontrarevolucije preuzele su vlast u svim republikama pretvorivši ih u svoje instrumentarije kapitalističke restauracije. Zajednička država Jugoslavija za to im nije bila potrebna. Jugoslavija je bila osuđena na nestanak, ali sa strašnim posljedicama, ne samo zbog neizbježnog građanskog rata, ratnih razaranja i privrednih gubitaka, nego i dugoročno, gubitkom uvjeta optimalnog razvoja svake separatne države.
Ratovi koji su neizbježno uslijedili nisu bili u osnovi ni etnički, ni domovinski, ni obrambeni, mada je u njima bilo i tih elementa, već duboko klasni u kome je nova vlasnička klasa u nastajanju porazila radničku klasu preuzevši njeno (društveno) vlasništvo u svoje privatno kapitalističko vlasništvo i organizirala novi sistem vladavine po mjeri i interesu vladavine nove kapitalističke klase. Novi kapitalisti postali su bivši tehnobirokrati, sinovi bivše buržoazije i strane multinacionalne korporacije i banke. Radnička klasa završila je na ulici, i doslovno i simbolički.
Posrnuli etatizam u tzv. istočnom lageru, na čelu sa SSSR-om, još je više bio prožet elementima kontrarevolucije, pa se može reći da je raspad Jugoslavije bio neka vrsta kolateralne žrtve raspada SSSR-a.
Svi ti procesi odvijali su se i pod snažnim imperijalističkim pritiskom razvijenog kapitalističkog centra koji je također u borbi za svoj opstanak izlaz tražio bezobzirnim prodorom na istok u potrazi za jeftinijom radnom snagom kako bi se sanirao tendencijski pad profitne stope i odgodio krah kapitalizma kao vladajućeg načina proizvodnje. Time dolazimo do istine da taj snažni nasrtaj kapitalizma na posrnuli etatizam nije bio plod životne snage kapitalizma, nego njegove agonije. Devedesetih dakle nije definitivno pobijedio kapitalizam, i poražen socijalizam kao svjetski proces, nego se kapitalizam iskolebao iz jedne umiruće krize koja ga je zahvatila sedamdesetih minulog vijeka, da bi u još težu uletio već sredinom prvog desetljeća nakon dvijetisućete godine i time inicirao novu svijest i procese socijalizacije kao nužnosti, i to ne samo na lokalnim razinama, nego i na svjetskoj razini i otvorio nove perspektive socijalizma u 21.stoljeću.
Za nas koji smo djelatni sudionici izgradnje socijalizma i koji događaje emotivno doživljavamo, navedene činjenice su možda slaba utjeha, ali ako želimo ostati marksisti moramo ih prihvatiti jer su znanstvene. Zato se vraćam Marxu i njegovom poimanju revolucije i revolucionarnih procesa kako bi shvatili da se ni u našem slučaju nije dogodilo ništa izvan marksovog tumačenja povijesnog kretanja. Nakon što je u 18. Brimeru objasnio da su buržoaske revolucije kratkotrajnog dometa jer građanska klasa nema svijesti o historijskim ciljevima i nema interesa da mijenja svijet u ljudskom smislu, već samo svijest o svojim klasnim interesima i uspostavi svoje vlasti, Marx je utvrdio «Naprotiv, proleterske revolucije kao što su revolucije 19. vijeka, stalno kritiziraju same sebe, neprekidno se prekidaju u svom vlastitom toku, vraćaju se na ono što je prividno svršeno da bi ga iznova otpočele, temeljno ismijavaju polovičnosti, slabosti i kukavnosti svojih prvih pokušaja; one kao da svog protivnika obaraju samo zato da bi on iz zemlje crpio nove snage i moćnije se ispravljao prema njima; one stalno iznova izmiču pred neodređenom gorostasnošću svojih vlastitih ciljeva sve dok se ne stvori situacija koja onemogućava svaki povratak i dok same okolnosti ne uzviknu :»Hic Rodos hic Salta».
Iako se Marx ovdje poslužio gotovo mitskim slikama, poruka je vrlo jasna. Revoluciji su imanentni i usponi i padovi sve dok se u potpunosti ne ostvari. Jer, govorio je, svaka čast subjektivnom nastojanju, same okolnosti moraju reći ovdje je otok, ovdje skoči.
Ali mi komunisti kao da to nismo znali ili smo zaboravili. Mislili smo da je pobjedom revolucije u ratu sve svršeno, a u to su nas uljuljkivali poslijeratni rezultati. Postali smo dio potrošačke uspavanke koji je nosio razvoj, gradili vikendice, kupovali haljine u Trstu, tjerali karijere, iako je teško vjerovati da je taj manjak asketizma bitno utjecao na povijesne tokove, ali da je negativno utjecao gubitkom vjere u Partiju to je sigurno, da bi i pad devedesetih doživjeli kao smak svijeta, a mnogi bacili koplja u trnje, dakle također nemarksistički.
Sada kada smo već izgubili prvu bitku, ne ostaje nam ništa drugo nego da krenemo iznova, upravo ono što i sam Marx kaže. A predah između završetka prvog i početka drugog čina pokreta daje nam dovoljno vremena da obavimo nužan dio posla, da proučimo uzroke koji su učinili neizbježnim sve naše uspjehe i sam poraz, uzroke koje kako smo već objasnili ne treba tražiti u slučajnim težnjama, u talentima i greškama i izdajama, već u općem socijalnom stanju i životnim uvjetima društva, u minulom razdoblju. Jer, da se opet vratimo Marxu, u porazima ne propada sama revolucija «nego samo ostaci tradicije iz doba prije revolucije i rezultati društvenih odnosa koji se još nisu bili zaoštrili u oštre klasne suprotnosti ličnosti, iluzije, ideje i projekti od kojih se nije moglo osloboditi ni uz pobjede, nego samo u nizu poraza koji su se dogodili». Porazi su dakle imanentni revoluciji koja traje. U tome sazrijeva i sama partija koja inicira promjene. Pri tome, nije važno kako se ona zove.
Nema nikakve sumnje da je SKJ odigrao svoju veliku povijesnu ulogu. To uza sva nastojanja, klevete i laži neće moći zasjeniti kontrarevolucija koja je u toku. Ali ta etapa, pa i oblici organiziranja i oblici borbe su iza nas. Sada se postavlja važno pitanje kako dalje. Pored mnogih otvorenih pitanja neka su ipak jasna. Radnički i socijalistički pokret na ovim prostorima mora se temeljiti na pozitivnim ostvarenjima SKJ, a naročito socijalističkog samoupravljanja i neposredne socijalističke demokracije, a u svojoj organiziranosti zbog brojnih poveznica, geografskih, jezičnih, kulturoloških, zajedničke antifašističke borbe i poslijeratne izgradnje, ne smije napustiti jugoslavensku razinu. Početak te organizacione razine je naša koordinacija.


=== 2 ===

(sulla situazione sindacale e della classe operaia)


Sustav koji ubija

Volim vas kao svoju braću i sestre, rekao je radnik Gredelja na odlasku sa sindikalnog sastanka i potom sebi oduzeo život, usred glavnoga grada svoje tobože suverene države. Jednostavno nije se mogao suočiti sa problemima koji će proizaći, za njega i njegovu porodicu, iz činjenice da ostaje bez posla a u tome mu naprosto nitko ne može pomoći. Tim oduzetim životom restauracija kapitalizma u Hrvatskoj došla je do svoga krova. I do sada je bilo pljačke, obespravljenja, osiromašenja i gubitka posla, a sada eto i samoubojstva.
Sistem koji je nastao na kritici onoga samoupravnoga i socijalističkog, jer da je suviše koketirao sa čovjekom radnikom, da je paternalistički i zato neefikasan, u svojoj inauguraciji, eto, pokazuje lice svoje ubilačke efikasnosti. On čovjeka kao slobodnog i stvaralačkog bića, njegov um, talente i životne strasti pretvara u jeftinu robu, a kada ta roba ne biva korištena od kapitala čini je bezvrijednom , a ljudsko biće koje je u nju pretvoreno baca u očaj. Kapitalistički sustav u Hrvatskoj ubija dakle najprije dostojanstvo a onda i fizički život.
Humanističko antropološko i političko je pitanje, kako ovaj tragičan slučaj koji simbolizira položaj radničke klase ali i drugih slojeva danas u Hrvatskoj, barem valorizirati da se očajni radnici ne ubijaju već politički organiziraju i sa svojih leđa skinu ubilački sustav. A za to je naprotiv potrebna hladna glava i puno života, jer iza tog sustava stoji dobro obrazovana, sebeljubiva i moćna klasa, kojoj naravno nije ni u primisli da je ubilačka, već sebi i drugima tepa, da je bogom dana prosvjetiteljska i nosilac svekolikog napretka, a radnike koji pate, pa čak sebi oduzimaju život, smatra glupim očajnicima koji se u slobodi i demokraciji naprosto nisu snašli. U toj maniri ovaj tragičan slučaj popratili su i mediji koji su u funkciji toga sustava. Umjesto u funkciju cijeloga društva i dobrobiti svih ljudi ona je sve dosadašnje čovjekove tekovine upregla u svoj bitak. Ona se služi najsofisticiranijim proizvodima radničkih ruku a ne radnici koji ih stvaraju. Njeni predstavnici šepure se među mnoštvom kao pijetlovi. Tog svog položaja ona se, naravno, neće lako odreći i mirno će nastaviti proizvoditi očaj.
Radnik očajnik mora konačno shvatiti da je on naprosto druga klasa, radnička, da je njegov klasni položaj određen njegovim inferiornim položajem u raspodjeli dohotka koga stvara, ali koga moćna vlasnička klasa prisvaja, a time i politički inferioran, da je time i sudbina svih radnika ista bez obzira gdje rade, pa je time i njihov politički interes isti.
Od tog robovskog položaja radnici se moraju sami osloboditi kao klasa. Za njih to neće učiniti sadašnja država ma koliko ona sebi tepala da je pravna i svih građana, jer ona u stvari nije ništa drugo nego ta moćna klasa organizirana kao država da bi štitila svoje interese. I radnička klasa dakle, ako želi ostvariti svoje interese, mora se organizirati kao država, a to je socijalna revolucija koja se ne mora nužno dogoditi na ulici nego na izborima.Tlačiteljsku klasu treba eliminirati njenim sredstvima – demokracijom, i njenu formalnu demokraciju pretvoriti u punu ekonomsku, socijalnu i političku demokraciju, a to je socijalizam.
Radnicima se mora upaliti klasna lampica ( da su klasa“ za sebe a ne samo po sebi „) da iznad sebe imaju drugu klasu koja je i politički organizirana, a to su sve stranke u Saboru, bez obzira što se neke prikazuju da su lijeve, jer sve one stoje iza sadašnjeg kapitalističkog poretka, te da se i radnici trebaju organizirati u svoju stranku i pobijediti na izborima. To što ujedinjeni i osviješteni radnici mogu učiniti na izborima ne može niti jedna druga društvena sila. Bez radničkih glasova, koje po ničem ne zaslužuju, sadašnje parlamentarne stranke, pa i one tobože velike, bile bi čista minijatura.
Taj politički program već je napisan. To je program Socijalističke radničke partije.
Ako bi očajničko samoubojstvo radnika Gredelja upalilo tu lampicu, ono ne bi bilo uzaludno. On bi postao lice iz povijesti, a radnička klasa bi krenula putem svog oslobođenja.

U Zagrebu 27. rujna 2012. godine
Predsjednik
Ivan Plješa


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(sullo sfruttamento e le diseguaglianze sociali)


KOGA SKANDALIZIRATI, MILIJARDERE ILI SUSTAV ČIJI SU ONI ČEDA

Sa prizvukom skandala naši su kapitalistički mediji pohitali priopćiti javnosti da imamo 260 milijardera ne bi li sablaznili narod i podstakli ga na kupovanje njihovih novina. Pitamo se zašto prizvuk skandala, zašto sablazan naroda.? Pa to je tekovina domovinske kontrarevolucije (tranzicije), projekt od 200 bogatih obitelji i „stoci sitnog zuba“ premilog nam oca domovine Franje Tuđmana kome je narod, na izboru za Predsjednika, dao kvalificiranu većinu i time projekt praktički odobravao i nakon što je on taj isti narod, doduše, sa barabama iz drugih naroda bivše Jugoslavije, uveo u građanski rat sa svim već tada viđenim krvavim posljedicama i bez kojega se taj pakleni projekt i nije mogao ostvariti. Ne može tu dakle biti skandala. Neće tu biti previše ni sablažnjavanja, jer milijarderi su meduzino lice tog projekta podržanog glasovima većine. Prema tome što je stabilniji kapitalizam to jači milijarderi, a što jači milijarderi to veće siromaštvo masa, jer akumulirano bogatstvo tajkuna nije ništa drugo nego neisplaćeni višak rada radnika . Upravo je to taj mehanizam koga većina birača ne razumije. To osobito vrijedi na kapitalističkoj periferiji gdje spada i Hrvatska, jer zakoni kapitalističkog načina proizvodnje nemaju isti učinak na periferiji i razvijenom centru u koga naš glasač naivno gleda. Na periferiji je kapitalizam nemilosrdniji i pogubniji, kako za radnika, tako i za ukupni razvoj.
Treba li onda u to čedo naše borbe (kontrarevolucije) bacati kamenje? Pa oni su samo koristili tekovine te borbe, a to je kapitalističko vlasništvo nasuprot društvenom, ukinutom , kasarnski rad radnika u kapitalističkom poduzeću, nasuprot udruženog rada i samoupravljanja. Milijarderi dakle nisu bogatstvo stekli samo zato što nisu poštivali zakone nego naprotiv, prije svega zato, što su se držali zakona, ali to su zakoni (poredak) koji ne priznaju da je nova vrijednost samo rezultat živog rada, a to znači svih koji rade, a ne samo vlasnika, odnosno da vlasnik po tim zakonima, nakon što je radnicima isplatio samo dio njihove novostvorene vrijednosti (plaća), ostatak prisvaja i što cilj kapitalističke proizvodnje nije stvaranje novostvorene vrijednosti (dohotka), zapošljavanje radnika i zadovoljenje društvenih potreba, nego stvaranje viška vrijednosti (profita) i njegovo prisvajanje od kapitalističkih vlasnika, a to znači eksploatacija radnika.
Eto naši slavni milijarderi nisu ništa drugo ni činili, pa zašto onda kamenje na njih. Ako se milijarderi možda negdje i nisu držali zakona, a vjerovati je da nisu, tu će ih dočekati Linić, jer to je već nepoštivanje zakona, ali to je posve druga tema.
Osim toga njihove glave su učene. Oni su odreda sposobni ljudi, pa bi ih bilo korisnije koristiti kao menadžere ali na nekoj drugoj osnovi, recimo na društvenoj, nego ih razbijati Kamenje bi trebalo bacati na ideologe poretka, kako one koji su ga projektirali i izveli, tako i one koji ga i danas dalje održavaju u životu..
Što se bogatstva tiče, koje se pripisuje milijarderima, ono ionako nije njihovo, jer oni ga nisu stvorili sami nego daleko više od njih svi radnici. Zato ono nije ni državno već društveno, odnosno svih radnika i građana čiji je minuli rad direktno ili indirektno, opredmećen u njemu
Za valorizaciju te istine potreban je samo jedan jedini zakon, a to je Zakon o ukidanju pretvorbe i privatizacije i svu pretvorenu društvenu imovinu vratiti na upravljanje zaposlenima, a nadzorne odbore, kao predstavnike tobožnjeg vlasnika, zamijeniti radničkim savjetima, kao predstavnicima neposrednih stvaraoca te imovine, a redovni sudovi neka po službenoj dužnosti raščišćavanju sporna imovinsko-pravna pitanja . Sistem koji pravi milijardere, gospodo iz medija, treba promijeniti, a ne milijardere skandalizirati. Ali to je socijalna revolucija, odnosno istinska tranzicija, a ono devedesetih nije bila tranzicija nego kontrarevolucija.
Vrijeme je za tu socijalnu revoluciju, a ne za lažno skandaliziranje milijardera i sablažnjavanje masa radi boljeg tiraža.

Zagreb 03.10.2012. Ivan Plješa



(srpskohrvatski / italiano)

Incontro comunista europeo a Bruxelles, 1-2 ottobre 2012

1) NO ALLE GUERRE IMPERIALISTE!
Risoluzione approvata all'Incontro Comunista Europeo, Bruxelles, 1-2 ottobre 2012
2) NASTUP PREDSTAVNIKA NOVE KOMUNISTIČE PARTIJE JUGOSLAVIJE / REZOLUCIJE NKPJ: ANTIKOMUNIZAM JE NEPRIJATELJ NARODA / REZOLUCIJA O BALKANU / LINKOVI


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No alle guerre imperialiste!


Risoluzione approvata all'Incontro Comunista Europeo, Bruxelles, 1-2 ottobre 2012
Traduzione a cura di Marx21.it

L'Incontro Comunista Europeo, organizzato per iniziativa del Partito Comunista di Grecia (KKE) a Bruxelles, si è concluso con l'approvazione di alcune risoluzioni, sottoscritte anche dal Partito dei Comunisti Italiani che ha partecipato all'evento con una sua delegazione.

I partiti che hanno partecipato all'Incontro Comunista Europeo, organizzato per iniziativa del KKE a Bruxelles il 1-2 ottobre 2012 denunciano l'intervento imperialista degli USA, della Nato e degli stati dell'Unione Europea negli affari interni della Siria e  affermano che la soluzione dei problemi di questo paese è prerogativa del suo popolo.

Denunciano anche le minacce di Israele di un attacco militare contro l'Iran e le misure economiche e di altro genere che sono state prese contro questi due paesi (Siria e Iran) e le minacce di intervento militare. Queste vengono usate dalle potenze imperialiste con vari falsi pretesti che avevano giù utilizzato per preparare le guerre contro l'Afghanistan, l'Iraq e la Libia.

I partiti Comunisti e Operai che firmano la risoluzione esprimono la volontà di dedicare tutte le loro forze e di contribuire a prevenire una nuova guerra imperialista contro la Siria e l'Iran.

Ancora una volta è stato dimostrato che i pericolosi sviluppi nel Mediterraneo Sud-Orientale e in una più estesa regione sono collegati con l'aggressività imperialista in fase di crescita nelle condizioni di crisi capitalista e di competizione per il controllo dei mercati e delle risorse naturali della regione.

I partiti Comunisti e Operai sostengono che ogni nuova guerra imperialista arrecherà nuovi tormenti ai popoli, causerà nuove ondate di immigrati e di rifugiati e accrescerà i pericoli di una guerra generalizzata.

Essi chiamano i popoli di ogni paese a resistere in modo decisivo ai piani e alle pratiche aggressivi di USA, NATO e UE come pure degli stati e governi che partecipano alla preparazione della guerra contro la Siria e l'Iran.ù

La realtà conferma che il capitalismo genera guerre imperialiste e crisi e i partiti Comunisti e Operai chiamano i popoli a sviluppare la lotta antimperialista avendo come criterio gli interessi dei popoli e della classe lavoratrice, fino a quando le cause sociali, economiche e politiche delle guerre imperialiste saranno sradicate, e a rafforzare la lotta per il rovesciamento delle forze che operano contro i popoli e i loro interessi.

Perché i popoli vivano in pace, in modo costruttivo e utilizzino le risorse naturali a loro esclusivo beneficio e per soddisfare i propri bisogni.

Nessuna partecipazione, nessun coinvolgimento nelle guerre imperialiste. Per il rafforzamento della lotta per il disimpegno dei paesi dalla NATO e per il suo scioglimento.


=== 2 ===

(intervento del NKPJ al Meeting internazionale dei PC europei, Bruxelles 1-2/10/2012)


SASTANAK KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE, BRISEL, 1.-2. OKTOBAR 2012.GODINA: POZICIJA KOMUNISTIČKIH I RADNIČKIH PARTIJA PREMA KRIZI:ILUZIJE O NARODNOM UPRAVLJANJU KRIZOM I BORBA KOMUNISTA ZA INTERESE RADNIKA I RADNIH LJUDI, ZA RUŠENJE KAPITALISTIČKE VLASTI,ZA IZGRADNJU SOCIJALIZMA!

1. NASTUP PREDSTAVNIKA NOVE KOMUNISTIČE PARTIJE JUGOSLAVIJE:

Drage drugarice i dragi drugovi,


Upućujem Vam srdačne pozdrave u ime Nove komunističke partije Jugoslavije!


Aktuelna kriza koja je začeta u SAD krahom finansijsko -kreditnog sektora posledica je anarhičnog razvoja kapitalizma, produkt truljenja i parazitizma kapitalizma čiju je suštinu osvetlio veličanstveni um Vladimira Iliča Lenjina, čija marksistička analiza i kritika ni do danas ne bledi.


Kriza jasni je pokazatelj neizbežne sudbine svih kapitalističkih ekonomija što je jasni dokaz da kapitalizam nije svemoguć uprkos pokušajima kapitalista da ogromnom mašinerijom ubede radne mase kako je kapitalizam savršen i da ga bespogovorno treba slediti. Osnova kriza leži u samom sistemu kapitalističke privrede. Krize su imanentno svojstvene kapitalizmu, kapitalizam ne može da se razvija bez kriza. Da bi se uništile krize, treba uništiti kapitalizam.


Neoliberalizam je ideologija multinacionalnih kompanija. Njegova suština je da oni kojisu bogati budu još bogatiji, dok su siromašni postajali sve siromašniji. Tu svoju ideologiju su umotali u propagandu o globalizaciji, slobodnom tržištu i civilnom društvu tvrdeći da ce tako svetu doneti mir i blagostanje, a zapravo se jasno razobličuje karakter neoliberalizma kao integralnog dela poslednje etape u razvitku kapitalizma – imperijalizma. Ipak svedoci smo da ekonomski poredak koji je svetu nametnuo neoliberalni globalizam neumoljivo čovečanstvu naplaćuje žrtvama miliona ljudi u najsiromašnijim zemljama sveta.


Nezaposlenost, slom i ogromni gubitci dobara i bogatstava, su nerazdvojne saputnice slepih zakona tržišta koji danas vladaju svetskom privredom. Milijardi ljudi u svetu pate od neznanja, nezaposlenosti, nerazvijenosti bolesti koje skraćuju njihov život na dve trećine ili polovinu, a ponekad i manje, od onih u bogatim zemljama. Na stare probleme dodaju se novi kao trgovina drogom, organizovani kriminal, krađa mozgova i ilegalna emigracija. Čak i ljudske umove nastoje da pokore preko sredstava masovne komunikacije i najmodernijih tehnika takozvane industrije zabave.


Neoliberalni kapitalizam rušio je sve prepreke pred sobom ne štedeći novac i silu. Kao prva žrtva direktne izdaje pala je prva zemlja socijalizma SSSR što je otvorilo vrata globalizaciji, vrata krvavom pljačkaškom pohodu kapitalizma širom planete.


Razbijanje SSSR-a i socijalističkog pokreta u Evropi nanelo je teške posledice po ceo komunistički pokret. Pokušaj «konačnog» uništenja komunističkih i revolucionarnih snaga u svetu započet 1989. godine, još nije prošao. Ipak iskustvo godina koje nas dele od pada Berlinskog zida opovrgavaju tezu da je kraj SSSR-a i socijalističkog bloka zemalja u Evropi značio kraj komunističkog pokreta i nestanak komunističkih partija. Uprkos vrlo dramatičnim i regresivnim situacijama u nekim zemljama, posebno u bivšim socijalističkim evropskim zemljama, na internacionalnom planu vidljivi elementi da je napad izdržan i da su na vidiku pozitivne revolucionarne promene: u Aziji, u Africi, u Evropi i najviše Latinskoj Americi.


SAD u cilju spasavanja od narastajuće krize pribegava paternalizmu u cilju finansijskog oporavka. Odgovor vodećih kapitalističkih zemalja –a posebno Sjedinjenih Država – sadrži se u pokušaju obuzdavanja finansijskog sistema putem ogromnih državnih intervencija, tu uključujući i nacionalizaciju i spašavanja velikih banaka i ostalih finansijskih institucija koje organizuju njihove vlade. Cilj ovih intervencija nije zaštita zaposlenja, životnog standarda ili plata i penzija radnih ljudi, ove intervencije za cilj imaju da održe kapitalistički sistem koji je svet gura iz krize u krizu svojom kazino ekonomijom.


Ponekada smo opterećeni donošenjem velikog broja deklaracija i rezolucija, koje kao preciziranje naših stavova imaju svoj smisao i ulogu, ali koje često ostaju mrtvo slovo na papiru. Socijalizam nije samo stvar teorije, on je pre svega stvar praktične borbe radničke klase za ostvarivanje njegovih klasnih interesa, za ostvarivanje društva bez eksploatacije.


Partija nije samo vodeći organ radničke klase. Ako ona doista hoće da rukovodi borbom klase, ona istovremeno mora biti i organizovani odred svoje klase – govorili su Lenjin i Staljin.


Da bi komunisti postali stvarno avangarda oni ne smeju biti po strani društvenih zbivanje i komentatori događaja, ne mogu rešavati svakodnevna složena pitanja rezolucijama i saopštenjima već konkretnim rešenjima i alternativom.


Protivrečnosti koje donosi kapitalizam stalno se povećavaju. Kapitalizam ne rešava probleme, on stvara nove. Služi se svim sredstvima koja su mu na raspolaganju sa ciljem da deluje na svest ljudi kako bi amortizovao bilo kakvo nezadovoljstvo postojećim stanjem. Narod je pritisnut represijom medija i masovne kulture. Na delu je ideološka manipulacija. Buržoazija stvara novu istoriju u kojoj su komunisti veće zlo čovečanstva od nacizma, u kojoj su komunisti veće zlo od kolonijalizma. Moramo se suprotstaviti.


Savremeni kapitalizam višak kapitala ne koristi za podizanje standarda svojih građana, već izvozi kapital u inostranstvo, pre svega u nerazvijene zemlje. U tim zemljama plate male, zemljište i sirovine jeftini, brojne su poreske olakšice, što sve zajedno profitnu stopu čini izuzetno visokom i koja se u njihovim matičnim zemljama ne bi nikada mogla ostvariti. Izvoz kapitala u takvim uslovima ostvarljiv je zato što je, sa jedne strane, u tim zemljama obično na vlasti kompradorska elita, koja je najčešće potkupljena sitno sopstveničkim interesima i tako upletena u svetsku mrežu kapitalizma. Ovo je parazitski, rentijerski kapitalizam koji najveći broj zemalja dovodi u vazalni odnos u kakvom su danas većina bivših socijalističkih zemalja u Evropi.


Čak su i mnogi radnici pod uticajem raznih socijalističkih i socijaldemokratskih partija na strani kapitalizma, a to znači – protiv sebe. Socijaldemokratska partija nemačke podržala je u Rajhstagu ratnu politiku Nemačke 1914. godine, glasajući za finansiranje rata, kao što su i neke levičarske vlade podržale agresiju na Jugoslaviju 1999. godine. Oni se samo deklarativno zalažu za prava radnika, socijalnu pravdu, pravičnu raspodelu, a zapravo su u službi kapitalizma, njegovi verni saveznici.


Borba protiv politike multinacionalnih kompanija i banaka i socijaldemokratske maske koja nema za cilj da fundamentalno promeni sadašnji ekonomski i politički sistem, predstavlja prazan reformizam i ne može da dovede ni do kakvog suštinskog napretka.


Da bi se pružio otpor takvoj manipulaciji, da bi se ostvarila sloboda i srušio kapitalizam neophodna je revolucija svesti, čiji bi cilj bio uvid u to da je socijalizam kao pravično društvo moguć i ostvarljiv.


Veliki deo radničke klase danas su ideološki paralisani i to ih onemogućuje u delovanju. Time se gubi kontakt sa masama. Pred nama je da stvarno jačamo povezanost sa masama i zato moramo pronaći konkretne i efikasne oblike i metode svakodnevne saradnje i borbe. Ne može žmuriti pred objektivnim problemima i baviti se demagogijom. Komunisti nisu nosioci demagogije. Komunisti su ljudi posebnog kova. Komunisti su jurišali na „nebo“ u ime srećnijeg života proletarijata. Danas sam je ponovo potreban onaj isti revolucionarni duh Velikog oktobra, duh Španskih internacionalnih boraca, duh komunista-partizana, duh koji je pod zastavom marksizma-lenjinizma stvarao novi i pravičniji svet. Socijalizam-komunizam nije prošlost, to je naša budućnost. Pred nama je velika obaveza i prema slavnoj prošlosti, ali i prema budućnosti i opstanku čovečanstva.


Uprkos ogromnim preprekama verujemo u snagu jedinstva radničke klase i imamo poverenja u sposobnost za borbu za novi, slobodan svet –svet socijalizma.


Istinske promene nemoguće su bez svakodnevne, klasno orjentisane, borbe. Protiv jedinstva kapitala samo jedinstvom radničke klase i radnih ljudi! Solidarno i jedinstveno u borbu! Kao što je govorio Engels: „Do velikih promena ne dovodi prolazan uzlet već trajna akcija velikih masa, čitavih klasa“.


Za svet bez eksploatacije!


Za novi svet socijalizma-komunizma!


Hvala!


2. REZOLUCIJE NOVE KOMUNISTIČKE PARTIJE JUGOSLAVIJE USVOJENE NA SASTANKU KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE

ANTIKOMUNIZAM JE NEPRIJATELJ NARODA

Tendencija da se kriminalizuje aktivnost koja je povezana sa komunističkom ideologijom u evropskim zemljama, posebno u bivšim socijalističkim državama odavno je državna politika buržoaskih režima. To se manifestuje u pravnim odlukama i zakonima koji su zasnovani na pokušajima da se izjednači komunizam sa fašizmom i nacizmom. To ni na koji način nema utemeljenja u objektivnoj istorijskoj analizi i sagledavanju prošlosti.


Komunisti su bili među prvima koji su se aktivno suprotstavili i borili protiv nacizma u svim njegovim aspektima u Nemačkoj i u istočnoevropskim država. Cena tog otpora bile su ogromne ljudske i materijalne žrtve. Danas se otvoreno manipuliše istorijom kako bi ona odgovara potrebama vladajućih klasa i elita koji se boje jačanja političkih snaga koje predstavljaju alternativu kapitalizmu. Nije slučajno što trenutni procesi koji imaju za cilj da zabrane propagiranje komunističke ideologije odvijaju u situaciji kada je kapitalistički sistem u dubokoj krizi i kada stalnim napadima buržoazije na radničku klasu život i rad svih radnika je sve teži.


Zabrana komunističkih simbola u zemljama EU pokazuje da se buržoaske vlade plaše novog kontranapada od strane radničkih i revolucionarnih pokreta, jer oni znaju od koliko je nepomirljivih protivrečnosti i ćorsokaka sastavljen kapitalizam, oni znaju da budućnost pripada društvu bez eksploatacije čoveka od strane čoveka - svetu socijalizma-komunizma.


Anti-komunizam ide ruku pod ruku sa napadima protiv radnih ljudi koji su pozvani da "plate" posledice krize kapitalističkog sistema, koji svedoče ukidanju svojih radnih i politička prava, povećanju nezaposlenosti i broja beskućnika, privatizaciji državnih preduzeća, obrazovanja i sistema zdravstvene zaštite, itd. Imperijalisti nastoje da izbrišu dostignuća socijalizma iz svesti naroda Evrope u celini. Iz tog razloga, oni proganjaju komunističku ideologiju u zemljama EU, posebno u bivšim socijalističkim zemljama, oni zabranjuju komunističke partije, oni besramno iskrivljuju istoriju, a oni kleveću socijalizam koristeći se velikim lažima i podvalama, oni pokušavaju da nametnu izjednačavanje komunizma sa fašizmom.


Mi izražavamo našu solidarnost sa svim komunistima u Evropi, posebno u bivšim socijalističkim zemljama, predstavnicima pokreta koji je pokazao svoje prednosti prilikom borbe sa fašizmom, a sada je usmeren prema Jedini izlaz iz krizne situacije - rešenje koje obezbeđuje dostojanstvo i napredak na svim radnim ljudima - ka socijalizmu.


REZOLUCIJA O BALKANU

1. Protiv nasilnog menjanja granica u Evropi;


2. Protiv jednostranog proglašenja “nezavisnosti” Kosova, koje je rezultat kriminalne agresije NATO saveza protiv SR Jugoslavije. Pozadina secesije Kosova je očigledna posledica imperijalističkih tendencija, pre svega ekonomskih i političkih interesa SAD, koji se promoviše ka svetski policajac i pokrovitelj svetskog kapitalističkog sistema, stoga, jedna vazalna država ne može biti garant istinskih interesa albanskog naroda;


3. Sve okupacione snage treba da napuste Kosovo i Metohiju. Svim prognanima omogućiti povratak u svoje domove. Da Kosovo i Metohija ostanu u sastavu Srbije;


4. Da Albanci, Srbi i ostali narodi na Kosovu žive ravnopravno, u prijateljstvu i miru;


5. Mir, sloga i napredak svih balkanskih naroda mogući su samo onda kada sa istorijsko-političke scene nestane imperijalizam;


6. Mir, sloga i napredak svih balkanskih naroda biće mogući samo onda kada imperijalistička dominacija pod sloganom "zavadi, pa vladaj", ustupi pred jedinstvom radnih ljudi Balkana, njihovim otporom i slomom imperijalističkih okupatorskih okova;


7. Istinski mir i saradnja mogući su jedino ako sve okupacione strane trupe odmah napuste Kosovo i Metohiju, Bosnu i Hercegovinu, Makedoniju I druge delove Balkana i povuke sve svoje trupe;


8. Balkan pripada Balkanskim narodima!


3. NASTUPI UČESNIKA SASTANKA KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE

http://inter.kke.gr/IntAct/int-meet/ecm2012/


4. FOTOGRAFIJE SASTANKA KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE