Informazione

(english / francais / italiano)

Lotta ideologica attorno al Donbass

1) Comunicato della Banda Bassotti (11/9/2014)
2) Antifascisti di serie A e antifascisti di serie B (Valerio Gentili)
3) Borotba: Against the attempts to drag in the reactionary imperial "black-yellow-white" flag
4) Benvenuti nel Donbass. Il reportage (Dante Comani)
5) Comunicato in merito a presidi su Donbass anche a Milano indetti da fascisti sotto mentite spoglie (Comitato contro la guerra Milano, 10 settembre 2014)
6) Donbass People’s Republics: Ceasefire and class struggle (Greg Butterfield / WW, September 10, 2014)
7) Donbass militias evaluate cease-fire (Greg Butterfield / WW, September 10, 2014)


Leggi anche:

LE MILICIEN ROUGE "ARTEM " : "NOUS N’AVONS PAS CHOISI LA GUERRE, C’EST LA GUERRE QUI EST VENUE À NOUS! "
http://histoireetsociete.wordpress.com/2014/08/19/le-milicien-rouge-artem-nous-navons-pas-choisi-la-guerre-cest-la-guerre-qui-est-venue-a-nous/
Il miliziano rosso “Artjom”: “Non abbiamo scelto la guerra, è la guerra che è arrivata da noi!” (Intervista di Viktor Shapinov, Histoire et Societé, 19 agosto 2014)
http://aurorasito.wordpress.com/2014/08/21/la-milizia-rossa-artjom-non-abbiamo-scelto-la-guerra-e-la-guerra-che-e-arrivata-da-noi/

STRELKOV: I MIEI NEMICI NON DORMANO TRANQUILLI, CONTINERO’ A COMBATTERE PER LA PATRIA (Voltideldonbass, 7 settembre 2014)
http://voltideldonbass.wordpress.com/2014/09/07/strelkov-i-miei-nemici-non-dormano-tranquilli-continero-a-combattere-per-la-patria/

Flashbacks:

INTERVISTA A IGOR STRELKOV E PAVEL GUBAREV (8/7/2014)
Fonte: Canale Primo Repubblicano della Repubblica Popolare Donetsk: 
VIDEO 3 - https://www.youtube.com/watch?v=BfmjjR1Y04A )

INTERVISTA A ZAKHARCHENKO E KONONOV (24/8/2014)


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Per chi vuole continuare a donare per sostenere la Carovana Antifascista lo può fare fino al 24 settembre scrivendo a: bassottixdonbass@...

COMUNICATO DELLA BANDA BASSOTTI

"La campagna di finanziamento si è chiusa; mancano ancora alcune iniziative in giro per l’Italia ed il concerto della Banda a Roma. Lo sforzo di tutti ci ha permesso di concretizzare il progetto anche se va a coincidere con il momento più incerto dall’inizio del conflitto. Mentre scriviamo non sappiamo nulla sul giorno successivo. Allo stato attuale non possiamo comunicare come e dove si svolgerà realmente il percorso della carovana Sappiamo che abbiamo un aereo, un pullman e i luoghi della Resistenza che ci aspettano; nei bagagli le nostre canzoni e le risorse che abbiamo messo assieme tutti quanti.

Siamo stati contattati ed incoraggiati da moltissimi paesi e abbiamo avuto conferma che il sentire internazionalista, malgrado l'"informazione" ufficiale, coinvolge la vita reale delle persone.

Abbiamo davanti quei giorni su cui vi informeremo e vi daremo conto, porteremo la storia collettiva di chi non si abitua alla barbarie e la aggiorneremo con altre storie da imparare.
Questa è comunque l’occasione per ringraziare veramente tutti quelli cha hanno contribuito con i mezzi che hanno trovato. Gruppi musicali, persone singole, collettivi, organizzazioni, amici di sempre e nuovi che hanno di fatto scritto giorno per giorno questa storia.

Abbiamo nella pratica ribadito che il fascismo, mascherato o meno, sempre in piedi ci troverà. Diciamoci grazie e buona fortuna fra di noi, tutti noi che, sparsi per il mondo, sappiamo da quale parte stare.

Agli altri lasciamo le parole."

NO PASARAN!


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Fonte: pagina facebook Fronte Sud, 4 settembre 2014

Antifascisti di serie A e antifascisti di serie B

Fallito il quarto, disperato tentativo dell'esercito ucraino di spezzare in due il fronte di Nuovarussia, le milizie popolari hanno lanciato una controffensiva riconquistando terreno a danno di un esercito regolare ormai alla canna del gas, afflitto da perdite enormi di uomini e mezzi e spesso, senza neanche più carburante per gli automezzi. Nel frattempo, le milizie rafforzano il proprio status bellico trasformandosi ufficialmente in vero e proprio esercito popolare. In questa (www.youtube.com/watch?v=PGaFd7CnGt4) fondamentale press conference, il Primo Ministro Zakharchenko ricorda agli inviati della stampa occidentale -fin dall'inizio del conflitto e senza vergogna alcuna, organo di propaganda del Maidan - le ragioni profonde della sollevazione di massa del Donbass contro il ritorno del fascismo.
Internazionalismo, condanna dello sciovinismo, richiamo ai valori sovietici di pace, lavoro e progresso e ancora, rimando all'89 francese e alla triade metastorica di libertà, eguaglianza, solidarietà.
Parole che dovrebbero essere ascoltate molto bene dai quei sinistri "massimalisti" italiani che da mesi non perdono occasione per gettare fango sulle repubbliche popolari di Nuovarussia, considerando l'antifascismo in armi degli internazionalisti e dei patrioti del Donbass "di serie B" poiché non confacente ai criteri da loro stabiliti per conferire arbitrariamente patenti di legittimità sul fenomeno.
Con la non trascurabile differenza che, mentre i così malamente detti "filorussi" sono alla testa di un movimento di massa e popolare, questi occidentali puristi, critici e detentori della verità assoluta capeggiano al massimo qualche sparuta setta antifascista che spesso, attraverso un'attività politica tutta autoreferenziale che lambisce il fanatismo, con il richiamo a mille "ismi" che i più neanche comprendono, finisce addirittura per nuocere alla causa.
Questi autentici russofobi nonché sedicenti "libertari", da giorni si riempono la bocca col nome di Alexander Dughin -il massimo maitre a penser vivente del cosiddetto nazionalbolscevismo- cercando di accreditare l'idea secondo la quale la resistenza del Donbass sarebbe caduta sotto l'influenza ideologica sua e del suo movimento.
Tuttavia, bastano le parole del filmato a smentire una simile forzatura, il nazionalbolscevismo di Dughin, infatti, ha la sua premessa teorica e metodologica fondante nella negazione e rovesciamento dei valori egualitari della rivoluzione francese dell'89. Al contrario, in tutte le sue pubbliche esternazioni, il presidente Zakharchenko non manca mai di rimarcare quali postulati fondanti della lotta antifascista del Donbass tanto i principi progressivi della rivoluzione sovietica che di quella francese. Il cosiddetto nazionalbolscevismo, invece, fin dalle sue primigenie manifestazioni, nella Germania weimariana e per bocca dei suoi maggiori teorici, ha sempre avversato, in nome di un costrutto sociale fortemente autoritario, i valori "illuministi" del luglio francese. Illuminante, a tal proposito, il pensiero del nazionalbolscevico Ernst Niekisch un anticipatore di Pol Pot nonché fautore di un socialismo avversario della modernità, dell'industria e del progresso nel nome di una società che egli auspicava fondata su una casta di contadini-guerrieri. Proprio a Niekisch e al suo –intimamente contraddittorio- movimento di resistenza al nazismo, conosciuto come Wiederstand (resistenza) appunto, si rifanno alcune componenti russofone del Donbass e si veda in proposito il caso del reggimento Varyag (https://www.facebook.com/Varyag.Batallion) che della Wiederstand tedesca riprende aspirazioni e simbologia a cominciare dall’acquila con gladio, falce e martello. Questa citazione si rende doverosa al fine di tracciare un quadro non semplicistico e manicheo della complessa situazione determinatasi nel Donbass dove, a fianco delle sicuramente maggioritarie componenti classiste e genericamente, socialcomuniste, si possono rintracciare, soprattutto nell’ambito militare, organizzazioni nazionalbolsceviche, panslaviste e perfino neozariste tutte accomunate nella lotta contro i nazisti di Kiev. Tuttavia, un conto è, giustamente, fare i conti con la complessità del reale, che inevitabilmente reca elementi di contraddittorietà e segna uno scarto da quelli che sono i nostri desiderata, un altro è mistificare il piano della verità storica mortificando, proprio come fa certa Sinistra occidentale (che, per inciso e a titolo d’esempio nulla dice sui fondamentalisti islamici di Hamas) la resistenza antifascista in armi e di massa nel Donbass, poiché non immediatamente assimilabile a quella che essa reputa la sua giusta visione dell’antifascismo e della lotta politica.
Proprio in questi giorni, l’estrema Destra europea, tradizionalmente maestra nell’assimilare a sé tutto ciò che possa risultare tatticamente utile in spregio a qualsiasi principio di coerenza, cerca di operare un riposizionamento sulla questione ucraina cercando di slegarsi dai camerati ucraini di Svoboda e Settore destro, ormai una zattera alla deriva, quindi, esattamente ora, è necessario che gli antifascisti occidentali facciano cessare inutili e sterili polemiche per dare tutto l’appoggio possibile ai nostri fratelli e compagni di Nuovarussia in modo che eventuali zone d’ombra (a partire dai cosiddetti nazionalbolscevichi) nell’esperienza del Donbass vadano a diratarsi. La storia ci ricorda, infatti, come spesso sia stata l’assenza politica dell’antifascismo e della Sinistra a fare le maggiori fortune del campo nemico. Dove c’è un’assenza, di contro ed inevitabilmente, si verifica una presenza. L’esempio italiano nel primo dopoguerra, in riferimento al movimento dei reduci, ci fornisce, in tal senso, un monito difficilmente eludibile. Fu l’atteggiamento supponente e sdegnoso degli allora strateghi del movimento operaio a gettare nelle braccia del fascismo decine di migliaia di potenziali militanti rivoluzionari. Nella Russia pre rivoluzionaria la ben diversa strategia leninista consentì ai bolscevichi di conquistare alla causa rivoluzionaria la stragrande maggioranza dei militari con i risultati che tutti conosciamo.
Nella loro opera di mistificazione della lotta di Nuovarussia, i sinistri denigratori possono contare sul sostegno di diverse testate giornalistiche -o aspiranti tali- on line e di "movimento" (per non infierire non faccio nomi) le quali non paghe di aver appoggiato la "sovversione reazionaria di massa" del Maidan, così come precedentemente i ribelli salafiti in Libia e Siria, le "femministe" al soldo di Soros "Pussy riot" e "Femen" ecc. ecc. non solo non hanno mai accennato ad un giusto processo di autocritica ma fin dall'inizio hanno concentrato il proprio fuoco di fila contro le repubbliche popolari, arrivando a suffragare, pur di addensare l'ombra del rossobrunismo sugli antifascisti del Donbass, le menzogne del portale Human right center di Kiev ( una creatura telematica della Cia costituita ad hoc per delegittimare, attraverso la pratica goebbelsiana della menzogna reiterata e sistematica, la lotta degli antifascisti ucraini).
Non è superfluo ricordare, inoltre, di come nei primi giorni del Maidan diversi pseudo-giornalisti della "Sinistra radicale" abbiano esortato i propri lettori a solidarizzare con una protesta, già allora chiaramente a maggioranza fascistoide, scambiando le bandiere rosso-nere dei seguaci del collaborazionista dei nazisti Stephan Bandera per quelle dell'anarco-sindacalismo! Ancora una volta, grossolanamente, sono state prese lucciole per lanterne...
Un simile, preoccupante deficit di analisi ha potuto verificarsi poiché, nel tentativo di ridefinire il proprio profilo e renderlo all’altezza dei tempi, la Sinistra “radicale” occidentale, da oltre un ventennio, ha progressivamente abbandonato il metro della lotta di classe, sbrigativamente accantonato come ciarpame novecentesco, finendo per introiettare, in parte, il punto di vista del nemico su una presunta “fine della storia”. Il tema “politicamente corretto” dei diritti umani si è imposto come nuovo elemento dirimente nell’analisi, mentre discipline come la geopolitica (che, invece, sarebbe molto utile utilizzare come complemento all’analisi di classe) sono state, con superficiale errore, tacciate di “fascismo”. In questo senso, forse, proprio l’esperienza di Nuovarussia e la rinascita di un forte movimento di classe ad est potranno rivelarsi utili per la costruzione anche nell’Europa occidentale di una nuova Sinistra che chiuda definitivamente i conti con quanto accaduto dalle nostre parti all’epoca del crollo del muro di Berlino.

Archivio Azione Antifascista Internazionale

[Valerio Gentili – pubblicato anche su https://www.facebook.com/rash.roma/posts/718954401516105 ]


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http://borotba.org/borotba_opposes_the_imposition_of_reactionary_symbols_on_the_peoples_republic.html


Against the attempts to drag in the reactionary imperial "black-yellow-white" flag



Union Borotba (Struggle) expresses its strong protest against the attempts to drag in the reactionary imperial "black-yellow-white" flag among the official symbols of the Union of People's Republics of Donetsk and Lugansk. We are an active force fighting against the Kiev junta, one that has more than once proven its integrity. The “special attention" of the neoliberal ultra-nationalist Kiev authorities to our organization is evidence of this. Ongoing repression and persecution is only a small part of the difficulties that our activists have had to go through.

Even before the victory of the Maidan coup, through which the oligarchs and nationalists deceived civilians, we predicted all the negative trends and catastrophic developments of the situation for the people, with frightening accuracy... Unfortunately, all we previously forecast, and even more, is coming true. The People's Republic need not repeat the mistakes of the past by taking on symbols and attributes of oppression of the working majority.

The imposition of these symbols upon the majority of the population without their will is clearly an erroneous step by the institutions of the people's republics. The monarchist banner of the royal dynasty does not represent the aspirations and hopes of the working majority of Donbass. These symbols are not a source of unity in the fight against the neo-fascists and the oligarchic clique. We believe that a new time, a new era, and the aspirations of the people, should not be symbolized in this way, and most importantly without the consent of the majority of the population. The question of state symbols should be decided by popular will and, of course, not during the present war. 

The republics have their own flags, there is already a well-established flag of Novorossiya with the "St. Andrew’s cross” on a red background, as well as the host of Soviet symbols widely used by militia and supporters of self-determination. The national flags of the Soviet Union and the Ukrainian SSR are much closer to the people. These symbols unite the multinational working class of Donbass, they delight the eye and offer hope to millions of people suffering from the war unleashed by the junta.

We say "no" to splitting the movement with monarchical symbols; we say yes to the free expression of the residents of the people's republics! 

The junta will fall! We will win!

Union Borotba 



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09/09/2014 19:02 | POLITICA - INTERNAZIONALE | Autore: Dante Comani*

Benvenuti nel Donbass. Il reportage

Tutti gli anni nel giorno della vittoria a Donesk viene organizzata una parata militare. Nessuna prova di muscoli ma solo una sfilata, molto partecipata, di reduci ma anche semplici cittadini, studenti, lavoratori che ogni 9 maggio si danno l’appuntamento per una commemorazione ancora molto sentita. In quell’occasione dal museo della memoria della città, un luogo che ricorda il prezzo che i sovietici pagarono per liberare se stessi e l’Europa dal nazismo, viene rispolverato un carro armato T34 parcheggiato per il resto dell’anno all’ingresso del museo. Questo cimelio, ancora funzionante, percorre poche centinaia di metri lungo le vie principali della città subito seguito dai reduci, sempre meno, e da figuranti con le divise storiche dell’armata rossa. Questo gigante d’acciaio tra sbuffi, rumori assordanti e una coltre nera di fumo riesce sempre a garantirsi il suo quarto d’ora di celebrità, ma quello che fu un mezzo temibile che mise in crisi gli invincibili panzer con la croce di ferro di Guderian ormai riesce tutt’al più a impressionare i tanti bambini presenti alla parata. Se oggi vi capita di passare per Donesk, una città di un milione e mezzo di abitanti, quotidianamente bombardata dall’ esercito ucraino e con interi quartieri ormai ridotti ad un cumulo di macerie, vi potrà capitare di incontrare lungo una delle principali arterie che collegano la città assediata, proprio quel T34 che, a 70 anni dalla sua ultima missione, è stato costretto, suo malgrado, a tornare in servizio. Perché a Donesk, come a Lugansk, come a Sloviansk, e nelle altre città dell’Ucraina orientale sembra di essere tornati alla grande guerra patriottica. Non solo per i forti sentimenti antifascisti della totalità della popolazione del Donbass, che hanno trasformato questa guerra in un conflitto contro il male assoluto ma soprattutto perché i mezzi e le armi in mano ai ribelli sembrano usciti da un set cinematografico sulla seconda guerra mondiale. Non passa giorno, è vero, senza che i media occidentali non tirino fuori scoop, foto satellitari, dossier dei servizi di mezzo mondo, che provano il passaggio di corazzati, mezzi ad alta tecnologia e forze speciali dalla Russia. Di tutto questo naturalmente non viene fornita nessuna prova documentata eccezion fatta per qualche foto satellitare che ci mostra, rigorosamente dall’alto, dei rettangolini scuri che, solerti analisti dell’alleanza atlantica, ci dicono essere i micidiali aiuti militari inviati da Putin. Eppure un osservatore imparziale o semplicemente più attento, basandosi unicamente sulle numerose immagini provenienti dalle tv di mezzo mondo, non faticherebbe ad accorgersi che le milizie popolari sembrano più la classica armata di straccioni che quella temibile macchina da guerra che si vuole far credere. Un’armata efficiente, sia chiaro, ma con uomini in mimetica e scarpe da ginnastica, adolescenti imberbi con moschetti del 1940, mezzi improbabili adibiti a trasporto truppe, pezzi d’artiglieria antidiluviani. Insomma non bisogna essere usciti dall’accademia di West Point per capire che le tante elucubrazioni su un intervento mascherato di Mosca sono solo fantasie utili a chi fa il gioco della Nato. Facciamo a capirci. I militari russi presenti nel Donbass sono migliaia. Ma chi pensa che questi uomini siano li su incarico di Putin fa nella migliore delle ipotesi un torto alla realtà. Lo zar Putin sta trasformando la Russia e la sta preparando alle sfide geopolitiche che la attendono nei prossimi anni. Ma su questo, per ora, non vogliamo entrare. Quello che ci interessa è che l’esercito è una di quelle istituzione che è stata maggiormente interessata da questa riorganizzazione. Decina di migliaia di militari dell’armata rossa tra i quaranta e i 60 anni sono stati negli ultimi anni messi in congedo forzato per fare spazio alle nuove leve uscite dalle accademie miliari. In gran parte veterani dell’Afghanistan, della Cecenia, dell’Ossezia, una intera generazione di combattenti si è ritrovata relegata ad un angolo con i saluti di Putin. Il conflitto in Ucraina ha rappresentato per questi uomini una nuova ragione di vita su di un livello però totalmente nuovo e cioè sulla difesa di una identità non banalmente etnica ma di valori. Migliaia di loro, infatti, hanno fatto propria la nuova bandiera della Novorossiya che qualche sciocco ritiene scandalosamente simile a quella confederata della guerra civile americana. In realtà questa bandiera è la fusione di due antiche bandiere rivoluzionarie, quella completamente rossa dei bolscevichi del 1917 e quella con la croce di s.andrea blu su sfondo bianco issata sull’incrociatore Aurora che con i suoi colpi diede il via alla presa del palazzo d’inverno. Una simbologia forte, chiara ed estremamente partigiana che non lascia spazio a dubbi di sorta. Sotto quella bandiera sono accorsi Russi, Uzbeki, Mongoli, kazaki tutti a combattere il nemico giurato di sempre. Per molti osservatori sono mercenari, ma si fa veramente fatica ad immaginare un mercenario senza stipendio, perché di questo si tratta. Il Donbass militarmente è diviso in 6 zone autonome l’una dall’altra. Ogni zona comprende diverse città e ha un suo comando della milizia. A questa spetta la difesa e la gestione delle migliaia di profughi che cercano riparo oltre confine. A spiegarci questo è Andrey C., del comando del distaccamento di Lugansk, che ci accoglie con indosso una inequivocabile tshirt con l’immagine del “Che”, in una stanza con le finestre in frantumi situata in quella che una volta era la sede del comune. Da lui, scopriamo che le repubbliche popolari che si sono costituite negli ultimi mesi nelle tre principali città del Donbass sono amministrate da “consigli” di cittadini, che, quello che rimane del comparto minerario, colpito chirurgicamente dall’esercito di Kiev, è autogestito anch’esso da consigli dei lavoratori che versano parte delle rimesse ottenute alla milizia e che a questa, oltre ai compiti di difesa viene demandata la questione degli approvvigionamenti e la non facile gestione dei flussi delle centinaia di migliaia di profughi che cercano rifugio in Russia. In realtà non c’è una grossa differenza tra questi organismi visto che tutti possono partecipare all’una come all’altra. Uomini e donne, di ogni età, li vedi effettivamente correre per le vie semi deserte abbigliati con uniformi variopinte,le caratteristiche magliette a righe orizzontali bianconere della marina, le mimetiche dell’esercito ucraino e russo saccheggiate nelle caserme occupate, le divise blu della polizia della città passata coi ribelli. Un popolo in armi. Andrey ci dice che l’esercito ucraino continua a bombardare le città perché non ha il coraggio e la forza per entrare. “Questo non significa che siamo al riparo, anzi forse in termini di vite sarebbe meglio uno scontro diretto fuori dai centri abitati ma purtroppo non siamo noi a deciderlo. Ci accusano di farci scudo con i civili ma qui ognuno ha fatto la sua scelta”.
Quasi duecentomila profughi hanno potuto attraversare il confine russo grazie ad un corridoio che è stato reso sicuro, armi alla mano, proprio dalla milizia con costi umani elevatissimi.
“Abbiamo chiesto aiuto alla comunità internazionale, alle Nazioni unite, alla croce rossa internazionale, affinchè garantissero loro un corridoio umanitario ma l’esodo dei civili verso il confine russo è stato oggetto di sistematici attacchi dell’aviazione e dell’artiglieria di kiev. Un esercito che si accanisce in questa maniera contro i propri connazionali credo che non si sia mai visto in queste proporzioni. “
Chi è rimasto, è rimasto per combattere. Come Vassiliy, un professore di letteratura delle scuole superiori, comanda una batteria composta da quattro ml 20, cannoni che sparano proiettili da 122mm. Armi temibili nel 1943, un pò meno oggi. La sua compagnia è composta da circa 40 persone e tra queste ci sono 8 suoi alunni. Questi, tutti 16 enni, ci dicono che il fascismo è l’ebola del mondo ma nella Novorossiya hanno trovato la cura e ridono mostrandoci orgogliosi i loro moschetti moisin nagant del 1941.
Uno di loro ci dice che vinceranno la guerra, perché i russi non cominciano mai le guerre, le vincono e basta.
“Putin sta giocando una partita a scacchi con l’occidente.” Si fa serio un altro. “Per un po di tempo noi siamo stati addirittura i pedoni ma si sa che il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Alla fine a forza di giocare tra diplomazie qui abbiamo fatto i soviet e questo di certo non è andato giù a nessuno”.
“Dobbiamo molto alla Russia sia chiaro, anzi dobbiamo molto ai russi. Sono i nostri fratelli. Ma noi non vogliamo annetterci alla Russia. Noi siamo la Novorossiya che vi piaccia o no.”
Pavel C., maggiore siberiano dell’armata rossa è probabilmente l’unico militare vero del gruppo.” Qui ho ritrovato un motivo per combattere, nuovi compagni, non puoi non sentirti parte di qualcosa più grande di te. Io sono cresciuto e sono stato formato nel mito della lotta vittoriosa al fascismo e oggi può apparire incredibile ma sembra di essere ritornati indietro di 70 anni. “
Il professor Vassily riprende la parola e ci dice che non è d’accordo con quanti paragonano il Donbass alla Spagna repubblicana.
“ Innanzitutto non abbiamo le brigate internazionali e neanche un minimo di solidarietà . Tutto il mondo è contro di noi. Siamo noi i cattivi. Così cattivi che ci siamo portati la guerra in casa nostra, così dispotici che prendiamo le decisioni votando, così nostalgici che innalziamo al cielo con orgoglio bandiere ritenute bandite. Ma voi che fareste?Un giorno ci siamo svegliati e ci hanno detto che non potevamo più parlare russo, che gli amministratori che avevamo eletto dovevano essere sostituiti, che i contratti di lavoro andavano rivisti, le nostre miniere vendute all’estero, la nostra storia e i nostri simboli cancellati e abbattuti. Addirittura ai reduci di guerra sono state tolte le pensioni perché colpevoli di aver lottato dalla parte sbagliata. Vi sembrerà incredibile ma anche in quel frangente non abbiamo detto niente. Ma poi c’è stata Odessa. Un massacro.E da quel momento abbiamo finito di essere Ucraini, per sempre”.

La realtà è molto complessa. Per qualcuno non è così. Analisti d’accatto, giornalisti prezzolati, freelance
( più lance che free), blogger tuttologhi, sono categorie antropologiche che hanno sempre la soluzione sotto controllo, una capacità assoluta di interpretare e decodificare la storia e a volte anche la geografia. Per noi non è così, rimaniamo pieni di dubbi, di incertezze, soprattutto quando ci si trova di fronte a fatti epocali, che si percepisce influenzeranno quello che sarà il mondo nel prossimo futuro. Negli ultimi anni ne abbiamo lette e sentite di cotte e di crude ma, per nostra natura, abbiamo sempre preferito discutere e studiare senza contribuire a quella immane produzione di carta, non sempre elettronica, documenti, dossier, memorandum, che avevano la pretesa di spiegarci dove stava andando a finire questo mondo. Dalle primavere arabe all’Iraq, dalla Siria alla Palestina passando per i perenni conflitti centrafricani è stato detto e scritto tutto ed il contrario di tutto, un relativismo esasperato che ha giustificato e resa leggittima qualunque posizione anche la più falsa e ignobile. Proprio come sta accadendo per il conflitto in Ucraina.
Noi ci siamo stati. Abbiamo visto e vissuto seppur per poco tempo la realtà drammatica di una guerra uguale a tante altre e abbiamo potuto misurare una partecipazione popolare senza precedenti nell’europa del secondo dopoguerra. Ma il Donbass non è la Siria, né Gaza e non è neanche la repubblica spagnola del ’36. Il Donbass è il Donbass. Anzi, per meglio dire, il Donbass è Novorossiya. Questo è uno punti fermi insieme a pochi altri: la natura profondamente antifascista del movimento nel Donbass, la novità dell’autogoverno di città con milioni di abitanti ed il tiepido e sempre più imbarazzato appoggio della Russia a queste esperienze. Nell’Ucraina orientale si sta sperimentando qualcosa di nuovo, sotto le ceneri di una storia che sembrava definitivamente consumata riemergono le fiamme di simboli e pratiche dimenticati. Un popolo che si fa protagonista, circondato da forze preponderanti, schiacciato dalla forza della propaganda, oltraggiato e vilipeso anche e soprattutto da chi, in ogni parte del mondo, è sempre pronto a misurare il livello di radicalismo e a giudicare la bontà delle parole d’ordine altrui. Questo scarno resoconto è per quei compagni, per fortuna non pochi, che fin dall’inizio hanno saputo leggere la reale portata della crisi ucraina, le sue possibile ripercussioni e soprattutto la vera natura dei movimenti del Donbass. Non basteranno centomila cornacchie urlanti dai loro siti a scalfire il nostro giudizio su quanto visto e su quanto ci aspettavamo di vedere. Lasciamo a loro il dibattito su mercenari e contractors russi, rossobrunismo, imperialismo russo, oligarchi, gas, zarismo. Per fortuna sono inutili come le loro tesi.

A Stakanov una città a pochi chilometri dal confine russo, una statua di Lenin, come di consueto,si erge nella piazza centrale. Sul basamento grigio di cemento armato moltissimi studenti delle elementari, nelle settimane iniziali della crisi, avevano attaccato i loro disegni colorati. Alcuni di essi sono sopravvissuti alle intemperie e agli sconvolgimenti delle settimane successive. Su uno di questi, un Lenin sorridente e gigantesco, schiaccia un carro armato, su un altro afferra un missile con le mani salvando le case sottostanti ed i loro occupanti, su un altro ancora dei miliziani fanno la guardia alla sua statua circondata di bambini. E sono poco più che bambini anche i tre miliziani che fanno realmente la guardia alla statua del padre della patria. Nel 2014 c’è ancora gente disposta a questo. Ma chi glielo fa fare? La risposta è su uno striscione bianco di una decina di metri proprio alla sinistra di Lenin: “ESLI PADAT’, TO VMESTE”, recita.
Se cadrai, cadremo insieme.
Benvenuti nel Donbass

*Dante Comani e
un gruppo di compagni di ritorno da Donesk


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COMUNICATO IN MERITO A PRESIDI SU DONBASS ANCHE A MILANO INDETTI DA FASCISTI SOTTO MENTITE SPOGLIE

Milano, 10 settembre 2014

Cari compagni e Cari amici,

Siamo qui a mettervi in guardia sul raggiro che è costituito dal presidio che qualcuno avrebbe indetto sabato 13 settembre a Milano a favore del Donbass. 

Vogliamo sottolineare che gli organizzatori sono individui aderenti a Millennium (miscroscopica organizzazione che tuttavia ha costruito un sito e che si proporrebbe di raccogliere fondi per una causa "umanitaria"). Nel loro comunicato non vi è una parola che si legga come "Pravy sektor" o un termine che dica "Svoboda". Questo perché Millennium non ha tra le sue idee quella dell'antifascismo, al contrario, è noto che “dialogano” con “Stato e Potenza”; quest'ultimo gruppetto ha mutato nome recentemente per divenire nientemeno che “Socialismo Patriottico”. Il costume camaleontico di costoro non riesce però a dissimulare ciò che sono in realtà: fascisti.

Le risorse economiche non sono per loro un problema, compiono viaggi in Ucraina così come in Medio Oriente, fino in Sudamerica; Lo scopo è di accreditarsi per meglio compiere il loro “lavoro”: infiltrarsi per provocare e disarticolare, provando così ad impedire che un sano indirizzo antimperialista ed antifascista possa continuare a diffondersi per infine radicarsi, così come è auspicabile, nel nostro Paese. Hanno tentato di fare un presidio a Napoli, a Milano ci proveranno il 13 Settembre.

Il Comitato Contro la Guerra – Milano mette in guardia da quello che è solo un volgare raggiro.

Diamo dunque indicazione di non partecipare per non divenire come coloro che Antonio Gramsci avrebbe definito “utili idioti”.


E' bene invece  fare girare l'indicazione qui presente.

Comitato Contro la Guerra - Milano

<comitatocontrolaguerramilano @ gmail.com>



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Donbass People’s Republics: Ceasefire and class struggle

By Greg Butterfield on September 10, 2014

A ceasefire agreement signed in Minsk, Belarus, on Sept. 5, under the auspices of the Trilateral Contact Group, went into effect at 6 p.m. local time. The parties to the agreement were the governments of Ukraine and the Russian Federation and the Organization of Security and Cooperation in Europe.

The document was also signed by Alexander Zakharchenko and Igor Plotnitskiy, heads of state of the Donetsk and Lugansk People’s Republics, although they were not listed in the preamble among the parties that “reached an understanding with respect to the need to implement the steps.”

The 12-point agreement came two days after Russian President Vladimir Putin issued a seven-point peace plan following consultations with Ukraine’s President Peter Poroshenko on how to end the civil war in the Donbass region, formerly a part of southeastern Ukraine.

Among the main features of the agreement: a bilateral ceasefire in Donbass, to be monitored by the OSCE; an exchange of prisoners; a Law on Special Status “With respect to the temporary status of local self-government in certain areas of the Donetsk and the Lugansk regions” and early elections to be held there; an amnesty “in connection with events that took part in certain areas of the Donetsk and Lugansk regions of Ukraine;” and measures for the economic revival of Donbass. (The complete text in English is available at Slavyangrad.org.)

Some major U.S. and European media dismissed the agreement as a Russian maneuver. Many expressed skepticism that the ceasefire would hold, while others hailed it as a “framework for peace” and the beginning of the end of Ukraine’s civil war.

Yet within 24 hours after the ceasefire took effect, Ukrainian military forces had violated the agreement at least 10 times, according to the People’s Republics. Artillery shelling continued around Donetsk city, Schastye, Pervomayskaya and Kyrovsk.

In Mariupol, a key city of southern Donetsk that people’s militias were poised to liberate before the ceasefire, Ukrainian forces targeted the resistance with missile launchers. Additional Ukrainian troops moved into the city, along with units of the National Guard, composed of hardcore fascists in uniform — the backbone of the U.S.-backed junta in Kiev.

Things remained quiet in the Lugansk region, with many refugees returning home. Barricades were removed from the capital city’s streets, and people claimed their dead. (Journalist Graham Phillips via Twitter)

Meanwhile, there were reports of battered Ukrainian military units being “rotated out” and fresh reinforcements sent into Donbass, along with new and heavier weaponry provided by NATO — from 32 tanks in Debaltseve to several ballistic missile systems in Artemivsk.

For the anti-fascist forces, Donetsk military Commander Igor Bezler warned, “The Kiev junta used the first day of ceasefire to regroup and reorganize forces, and then resumed military operations.”? Deputy Defense Minister Pavel Skakun added: “From past experience we know that Kiev uses every war break for regrouping forces. We would have been very surprised if it had not happened this time.” (InSerbia News, Sept. 7)

A breathing spell for Kiev?

Many in Donbass, from militia commanders to the rank and file, are questioning the rationale for the ceasefire. Others, like “Ghost” Battalion Commander Alexey Mosgovoi, are outraged. Why now, they ask, and why on these terms?

Of course, an end to the Ukrainian junta’s attacks on civilians, even a partial and temporary one, is welcome. On Sept. 8, the U.N. Committee on Human Rights reported that 3,000 people have died in the fighting since April. Many believe the true number of causalities to be 10 times that.

But after two long summer months of bloody siege by the junta’s forces, the people’s militias were ready to take the offensive. They were liberating towns and villages that had been brutally occupied by the Ukrainian army and National Guard.

Kiev’s terrorist offensive was broken and its troops were in disarray, with many defecting or surrendering. Doesn’t the ceasefire agreement amount to little more than giving the junta a desperately needed “breathing spell” to reorganize and rearm?

Further, the agreement as written offers no recognition of the independence or even long-term autonomy for the Donbass region. And it suggests that it will remain within the political framework of Ukraine, despite the May 11 referenda in which voters overwhelmingly chose to establish the People’s Republics of Donetsk and Lugansk, now united in the political entity of Novorossia.

At a time when the imperialist-backed junta was on the defensive, perhaps even near total collapse, why an agreement where most of the concessions seem to be coming from the resistance — and on the most fundamental issues?

Russia’s contradictory role

It is widely understood that the agreement was the Russian government’s initiative. It was timed to coincide with and offer a counterpoint to the belligerent NATO summit meeting in Wales. There, Washington led the charge for the formation of a “rapid strike force” and new sanctions aimed at Russia, new NATO bases in Scandinavia and, of course, more and bigger weapons for the Kiev regime.

Despite the ceasefire agreement, President Obama vowed to push ahead with sanctions against Russia. And NATO is moving forward with provocative war games in Latvia, the Black Sea and even near Lviv in western Ukraine.

Russia is, of course, well within its rights to take any measures needed to defend itself from NATO imperialism and create dissension between Washington and its European Union allies. In any conflict between Moscow and Washington, anti-imperialists stand for the defeat of U.S. imperialism.

The Russian capitalist class aspires to an independent role on the world stage, and that makes it a threat in the eyes of Wall Street. And from Syria to BRICS to Ukraine, Russian President Putin has found himself forced to counter U.S. hegemony.

But for workers and oppressed people who support the revolutionary developments in Donbass and the socialist ambitions of the people there, it is important to remember that Russia is a capitalist state, ruled by its own oligarchy, which Putin represents. Within Russia, Putin has carried out severe repression against the communist left and workers’ movements.

Russia’s goals and aspirations in the struggle against a pro-fascist, pro- NATO Ukraine on its border may overlap with those of the antifascist, working-class-rooted struggle in Donbass, but they are not the same.

Increasingly, Moscow has demonstrated its willingness to reach a compromise that leaves the far-right junta in power and Donbass under the rule of local oligarchs viewed as more friendly to Russia.

Further, it is apparent that the Russian government would not welcome a revolution on its doorstep that is moving in the direction of socialism — especially given the enormous amount of solidarity with Donbass, rooted in Soviet-era internationalism, among the Russian masses.

Donbass leadership changes

In mid-August, during the most difficult days of the siege, the entire top leadership of the Donetsk and Lugansk people’s governments resigned or was replaced, including former Donetsk Defense Minister Igor Strelkov, who commanded enormous respect as the leader of the people’s militias.

During the siege of Slavyangrad last spring — where Strelkov took personal command — he challenged Moscow’s international diplomatic maneuvers by demanding arms and troops to defend the population.

It has also been reported that Strelkov squelched a possible deal on the future status of Donbass between Moscow and Mariupol-based oligarch Rinat Akhmetov when he withdrew the militia from Slavyangrad in early July to bolster the defense of Donetsk city.

Among those who resigned or were replaced were those like Strelkov, who stood for the slogan “To Kiev!” which signaled the overthrow of the junta, and former Lugansk leader Valery Bolotov, who openly favored nationalization of industry.

This should not be read as a condemnation of the new leadership, reportedly local activists of good standing. What role they will ultimately play remains to be seen.

But these changes in leadership were the prelude to Russia’s decision to move ahead with its humanitarian aid convoy in August. The flow of humanitarian aid and Russia’s political support were crucial to the militia’s ability to break the junta’s siege.

Here the contradiction between capitalist Russia and the revolutionary state-in-formation in Donbass and other areas of Southeast Ukraine becomes inescapable.

Novorossia needs Russian solidarity and assistance. But if it is to be anything other than a temporary, unstable buffer zone, then the workers and their militia will have to transcend whatever brakes Putin and the Russian oligarchs attempt to put on their struggle.

They will need to take popular measures to empower the workers and appeal to the Russian and Ukrainian masses, while striving to maintain a strong anti-fascist, anti-imperialist united front.

Colonel Cassad, a communist military analyst based in Crimea, has written an important analysis, “About the ‘Truce.’ ” (English translation at http://cassad-eng.livejournal.com/85661.html)

It reads in part: “Despite the political truce, the war as such continues, because the logic of the conflict demands its resolution by military means. The inertia of war triggered new firefights, shelling, and combat. At the same time the junta openly and publicly demonstrates that it uses this ‘ceasefire’ for accumulating forces and for preparing a new offensive.

“The USA looks at this approvingly, because the military solution of the problem of Novorossia and the final defeat of Russia in the fight for Ukraine [are] among its national interests. It is absolutely irrelevant what will be the state of the junta — while it remains in power, it will be used against the Russian Federation. The suffering of the population, victims among soldiers, destroying the infrastructure — from the point of view of the USA, all of this is just insignificant collateral damage.

“So, from the military point of view, only a complete destruction of the fascist junta is the best guarantee for ending the war.”



=== 7 ===


Donbass militias evaluate cease-fire

By Greg Butterfield on September 10, 2014

The popular militias united in the Novorossian Armed Forces of the Donetsk and Lugansk People’s Republics are composed of workers of many nationalities living throughout the Donbass mining region, formerly part of southeastern Ukraine. Both rank and file and leaders are speaking out on the future direction of their struggle against fascism and imperialism. Here is some of what they say:

Alexey Mozgovoi, commander of the “Ghost” Brigade in Lugansk People’s Republic:

In my opinion, right now, we are witnessing another attempt, by means of negotiations, to stop the resistance and to prevent the destruction of the oligarchic power in Ukraine. …

The transfer of power from the oligarchy to the people — right now this is the so-called international community’s nightmare. It became clear to everyone long ago that the world is ruled by the likes of [Kiev President Petro Poroshenko], Chubais [Anatoly Chubais, politician responsible for Russian privatization in the 1990s] and the Rockefellers. For these, removal from power is akin to death. …

Only Kiev’s capitulation can resolve the current situation. Only a separation of business interests from government can offer the chance to build a state with a human face. And only the prosecution of those who hold power, of the world “elite,” can enable the people to regain their dignity. Otherwise it was all for naught — all the slogans and all the victims. …

We did not take up arms just to stop halfway.

Translated by Gleb Bazov

tinyurl.com/nxtnsw3

“Artem,

(Message over 64 KB, truncated)


(deutsch / english / italiano)

In Ucraina non ci sono nazisti e l'UE promuove la democrazia

0) LINKS
Analisi e documenti / Chiesa uniate nazista / Battaglione Azov / Abbattimento volo di linea malese / Aggiornamenti
1) INIZIATIVE
* Roma, 12 settembre 2014: CONCERTO DELLA BANDA BASSOTTI
* APPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE in sostegno delle Repubbliche di Nuova Russia
* PETIZIONE: L'Italia non aderisca alle sanzioni contro la Federazione Russa
* Incontro tra i rappresentanti della Novorossija e la direzione del Partito Comunista della Federazione Russa
* Empfohlenes Buch: DIE UKRAINE IM FOKUS DER NATO – von Brigitte Queck
2) Ukrainian Maneuvers (GFP 2014/09/10)
3) Lettera di appello del Presidente di Confindustria Russia Ernesto Ferlenghi al Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi
4) Schweizer-Radio&Fernsehen und die NATO


=== 0: LINKS ===


--- ANALISI  E DOCUMENTI

Ukraine: Atrocities committed by the US-Supported Ukrainian National Guard (GlobalResearchTV, 5/lug/2014)

Sara Flounders on Ukraine & Palestine
06/set/2014 – Sara Flounders, co-Director International Action Center, talks about resistance in Gaza and the Donbass

Bugie di guerra: riassunto dei mesi mai raccontati dai TG (di Germana Leoni, 9 settembre 2014)

In und durch Europa führen (Berlin fordert stärkere deutsche Rolle in der Weltpolitik; GFP, 11.09.2014)

Time to end the bloody Ukraine conflict (Katrina vanden Heuvel, September 9, 2014)

“Ukraine – a rehearsal for the union of liberals and neo-Nazis in Europe.” 
Interview to A. I. Fursov, political historian, sociologist, and Head of Department at Moscow State University (MGU) – 28/05/14
http://slavyangrad.org/2014/08/27/ukraine-a-rehearsal-for-the-union-of-liberals-and-neo-nazis-in-europe-280514/
Ucraina, prova generale dell’unione tra liberali e neo-nazisti in Europa
Intervista a A. I. Fursov, storico politico e sociologo, Capo del dipartimento dell’Università Statale di Mosca (MGU) – 28/05/14
http://aurorasito.wordpress.com/2014/08/28/ucraina-prova-generale-dellunione-tra-liberali-e-neo-nazisti-in-europa/

Amnesty International Reports on Human Rights Violations in the Ukraine

Ucraina. Complimenti Amnesty International!


--- CHIESA UNIATE NAZISTA COME NEL 1941-1944

Sacerdote in Ucraina esorta ad uccidere dieci miliziani per ogni caduto della guardia nazionale (11 settembre 2014)
Al funerale di uno degli uomini dell'organizzazione filo nazista "Pravy Sektor" il prete della Chiesa greco-cattolica Nikolaj Zaliznjak ha tenuto un sermone. Nel suo discorso ha pronunciato frasi aggressive che non dovrebbero appartenere ad un rappresentante religioso. «Per ognuno dei nostri decine di loro cadranno!» - ha gridato il prete. In questo caso, sul volto del prete, vi era una chiara espressione di odio e di insormontabile rabbia. Atteggiamenti che dovrebbero essere insoliti per un Ministro della Chiesa. Un link al filmato è apparso sulla pagina personale di un social network dell'Arciprete Victor Gorbach, responsabile del Dipartimento Missionario della Diocesi Juzhno-Sakhalinsk della Chiesa Ortodossa russa. Secondo Gorbach, il sacerdote cattolico nel suo discorso suscita discordia etnica e mostra una insolito carattere aggressivo del cristianesimo.


Sacerdote uniate di Bologna promuove la raccolta fondi per l'equipaggiamento dell'esercito (agosto 2014)
FOTO: https://www.cnj.it/documentazione/ucraina/bologna190814.jpg


--- SUL BATTAGLIONE "AZOV"

# La svastica sugli elmetti del battaglione "Azov" nel servizio del Tg2 del 5/9/2014 (ore 13:00). Ovviamente, "non ci sono nazisti a Kiev"…

# fonte: pagina Facebook "Premio Goebbels per la disinformazione", 7/9/2014
 
I criminali banderisti ucraini del battaglione Azov mandano un saluto (in italiano, tramite un presunto "volontario" che si fa chiamare Constantin) ai "camerati" del nostro Paese. "Non ci sono nazisti in Ucraina"…

Вітання італійським соратникам від соратників з батальйону "Азов" (5/set/2014)

# AT LAST! German TV Shows Nazi Symbols on Helmets of Ukraine Soldiers

# Altri video del battaglione Azov: http://www.youtube.com/channel/UCewl92lzIMDO8QiAYOQ2d8w

# Da fonte simpatizzante con il battaglione Azov:
Ucraina, tra i feriti del battaglione Azov (Danilo Elia / OBC, 29 agosto 2014)


--- ABBATTIMENTO VOLO DI LINEA MALESE

Il rapporto integrale sull'abbattimento del volo MH17 

Volo Mh17, patto tra governi per insabbiare le indagini (Franco Fracassi, 4 settembre 2014)

Ucraina: rapporto, volo Mh17 colpito da numerosi oggetti ad alta velocita' [SIC] (ADNKronos, 09/09/2014)

MH17 broke up in mid-air due to external damage - Dutch preliminary report (RT, September 09, 2014)

Crash MH17 – Chairman Tjibbe Joustra about the preliminary report (09/set/2014)

Ucraina, il rapporto sul volo Mh17: fu abbattutto da proiettili (La Stampa, 9/set/2014)

MH17 abbattuto in Ucraina: colpito da "numerosi proiettili", si è spezzato in volo (RAI News, 9/set/2014)

L'aereo malese abbattuto da proiettili di mitragliatriceIn evidenza (Redazione Contropiano, 09 Settembre 2014)

Un'analisi italiana sulle indagini della sciagura del boeing malese (Tatiana Santi, 9/9/2014)
http://italian.ruvr.ru/2014_09_09/Rapporto-preliminare-sul-Boeing-777-Niente-di-nuovo-6423/
Il commento a caldo a Gianandrea Gaiani, direttore di “Analisi e difesa”
AUDIO: http://cdn.ruvr.ru/download/2014/09/09/13/gaiani_boeing_report.mp3

Ucraina: ribelli, rapporto conferma responsabilita' Kiev su volo Mh17 (9/9/2014)

Dutch report into Ukraine jetliner disaster continues cover-up (By Robert Stevens / WSWS, 10 September 2014)

CTRL+C CTRL+V: cosa significano i copia-incolla tra Corriere e Repubblica (Riccardo Rinaldi / Noi restiamo, , 12 Settembre 2014)


--- AGGIORNAMENTI

Russian Embassy, UAE
#NATO's latest evidence of #Russian armor invading #Ukraine has been leaked! Seems to be the most convincing ever! pic.twitter.com/nMdXdILX6q

Fornitura gas russo, ministro Guidi: “Temiamo le ripercussioni di Putin” (2/9/2014)

Quando certi “esperti” non sanno di che parlano
06/09/2014 – Giulietto Chiesa a Radio Città Futura rivela le menzogne dei media italiani replicando alle bugie sfacciate della professoressa Brogi

Amnesty a Kiev: stop ai crimini di guerra dei battaglioni volontari (di Massimo Lauria, 8 settembre 2014)

La Russia: "Nuove sanzioni? Chiudiamo i nostri cieli agli aerei" (RAI News, 8 settembre 2014)

Fonte: pagina facebook "Con l'Ucraina antifascista", 8/9/2014
Oggi a Saur-Mogila, centinaia di persone ricordano la liberazione del Donbass (8 settembre 1943) dai nazifascisti, avvenuta durante Grande Guerra Patriottica. La collina su cui sorge il memoriale, distrutto nei mesi scorsi dalle truppe di Kiev, era stata liberata dalle milizie popolari nella fine dello scorso agosto…

Obama commits US to war against Russia in defense of Baltic states (Barry Grey  / WSWS, 8 September 2014)

Ucraina, altro che tregua. Nuove sanzioni a Mosca e provocazioni Nato (Marco Santopadre, 08 Settembre 2014)

Celebrato al Memoriale di Saur Mogila (distrutto dagli europeisti di Kiev) l'anniversario della Liberazione

Ucraina: Ue, approvate sanzioni contro Russia ma applicazione sospesa (8/9/2014)

La UE rinvia l'adozione delle sanzioni contro la Russia (8 settembre 2014)
http://italian.ruvr.ru/news/2014_09_08/La-UE-rinvia-ladozione-delle-sanzioni-contro-la-Russia-8057/

Crisi ucraina: operative martedì le nuove sanzioni europee contro la Russia (Luca Lampugnani, 08.09.2014)
http://it.ibtimes.com/articles/70022/20140908/ucraina-russia-sanzioni-est-kiev-mosca-putin-ribelli-petrolio.htm

I filorussi di Donetsk ribadiscono l'indipendenza dall'Ucraina (8 settembre 2014)
http://italian.ruvr.ru/news/2014_09_08/I-filorussi-di-Donetsk-ribadiscono-lindipendenza-dallUcraina-6275/

La Russia stanzia 25 milioni € per i profughi ucraini (9/9/2014)
http://italian.ruvr.ru/news/2014_09_09/La-Russia-stanzia-25-milioni-per-i-profughi-ucraini-5180/

Military maneuvers and sanctions: NATO, EU escalate threats against Russia (By Johannes Stern / WSWS, 9 September 2014)

Esercitazioni Nato nel Mar Nero, Mosca nega ‘provocazioni’ (Redazione Contropiano, 09 Settembre 2014)

NATO Summit sets agenda for aggression (By John Catalinotto / WW, on September 9, 2014)

US, EU intensify military threats against Russia (By Kumaran Ira / WSWS, 10 September 2014)

Ucraina, si spara di meno ma si spara (Marco Santopadre, 10 Settembre 2014)

10 Settembre 2014 - Battaglione Cherkasy della giunta ucraina si arrende in blocco

Merkel scatenata contro Putin pretende subito altre sanzioni (Fausto Biloslavo - Gio, 11/09/2014)

Allarme gas dalla Polonia: Mosca ci ha ridotto le forniture (di Sissi Bellomo, 11 settembre 2014)

Poland Halts Reversed Deliveries of Russian Gas to Ukraine: Ukrtransgaz (RIA Novosti, 10/09/2014
http://en.ria.ru/world/20140910/192808072/Poland-Halts-Reversed-Deliveries-of-Russian-Gas-to-Ukraine.html

Poland resumes reverse gas flow to Ukraine (RT, September 12, 2014)

Amnesty International documents war crimes by pro-Kiev militia (By Julie Hyland / WSWS, 11 September 2014)

Ucraina. Le madri dei separatisti ricevono le teste dei figli in scatole di legno (11 settembre 2014)

Sanzioni Ue alla Russia forse sì, meglio no. I conti in tasca (di E. Remondino, 12/9/2014)
http://www.remocontro.it/2014/09/12/sanzioni-ue-russia-forse-si-i-conti-in-tasca/


=== 1: INIZIATIVE ===

Roma, 12 settembre 2014
presso il Centro sociale Intifada, Via di Casal Bruciato 15

CONCERTO DELLA BANDA BASSOTTI

Fonte: pagina Facebook "Archivio Azione Antifascista Internazionale", 10 settembre 2014

IMPORTANTE SOSTENETE E DIFFONDETE:
Venerdì 12, prima del concerto della Banda Bassotti, si terrà all'Intifada un incontro tra il Comitato romano per il Donbass è le altre realtà italiane e cittadine solidali con la Resistenza ucraina per costruire una MOBILITAZIONE NAZIONALE a sostegno di Nuova Russia.

Questo l'appello:

Appello per una manifestazione nazionale in sostegno delle repubbliche di Nuova Russia

Come Comitato romano di sostegno alla lotta antimperialista nel Donbass intendiamo cogliere l’occasione fornita dal concerto della Banda Bassotti di venerdì 12 settembre al Cs “Intifada” per invitare le altre realtà nazionali e cittadine, sensibili alla causa antifascista in Ucraina (diverse tra le quali hanno già annunciato la loro presenza all’iniziativa), a tenere insieme un confronto che getti le basi per la convocazione, nelle prossime settimane, di un corteo nazionale a sostegno della Resistenza nel Donbass.
Consapevoli dell’assoluta necessità di ribaltare l’inaccettabile contegno liquidazionista e rinunciatario finora tenuto sulla questione dalla Sinistra ufficiale, denunciando le simpatie per il Maidan, il preoccupante deficit d’analisi, gli appelli alla neutralità che non solo hanno impedito una mobilitazione di peso al fianco degli antifascisti del Donbass ma negli scorsi mesi, hanno anche cercato di screditare ed isolare le poche, coraggiose voci di sostegno agli insorti ucraini.
Noi, d’altro canto, siamo assolutamente convinti della necessità di far crescere il sostegno internazionale attorno alla titanica lotta degli antifascisti ucraini impegnati non solo a respingere fisicamente l’assalto militare dei nazisti di Kiev ma anche in prima linea nel respingere e scardinare i piani predatori dell’occidente capitalista desideroso, come gli Usa, di portare a compimento il processo di militarizzazione dell’est Europa o come la Germania, di realizzare i piani hitleriani di conquista ad est di nuovi “spazi vitali”. 
Ancora una volta, pur di vedere saziati i propri appetiti geopolitici, le potenze occidentali non hanno esitato ad indossare i panni dell’apprendista stregone versando fiumi di denaro nelle tasche dell’estrema Destra ucraina e scatenandola in un’orgia di violenza contro le popolazioni dell’est, sottoposte dall’attuale esecutivo di Kiev ad una vera e propria politica di apartheid. Simili mosse spregiudicate erano state attuate dalle forze Nato, nei decenni passati, già in relazione coi fondamentalisti islamici e conosciamo bene, partendo dall’11 settembre 2001 per giungere alle attuali performance dell’Isis, di cosa siano capaci queste “creature” dell’imperialismo statunitense, una volta ribellatesi ai propri mentori. 
Per queste ragioni, smascherando i piani guerrafondai ed imperialisti di occidente e Nato su scala globale e di cui troviamo le prime avvisaglie nella mobilitazione di truppe speciali interforze in Ucraina (tra cui un centinaio di parà italiani), siamo convinti che la futura mobilitazione nazionale in sostegno della Resistenza nel Donbass non debba risolversi, per ciò che concerne piattaforma ed impianto rivendicativo, in una generica ed astratta condanna della guerra e della violenza ma nella puntuale denuncia dei piani criminali e bellicosi di Nato, Usa e Ue.

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fonte: pagina facebook "Con l'Ucraina antifascista", 9 settembre 2014

Ieri a Mosca: incontro tra i rappresentanti della Novorossija e la direzione del Partito Comunista della Federazione Russa, tra cui il leader Gennadij Zjuganov.
La dichiarazione di Oleg Tsarov (già parlamentare della Verkhovna Rada di Kiev, ora speaker del parlamento della Novorossija):
"Ieri ho incontrato la direzione del Partito comunista. I comunisti hanno accolto con favore il referendum in Novorossija e hanno proposto di riconoscere la Novorossija
I comunisti, come nessun altro partito in Russia, hanno fornito assistenza umanitaria alla Novorossija. Dall'inizio del conflitto militare ci hanno inviato più di mille tonnellate di aiuti umanitari! 
A nome di tutta la Novorossija ho ringraziato, nel pieno senso della parola, questi compagni".

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PETIZIONE diretta alla Camera dei Deputati

L'Italia non aderisca alle sanzioni contro la Federazione Russa

Lanciata da Mark Bernardini (Mosca, Russian Federation)

Noi, cittadini italiani residenti in Russia, italiani in Italia che intrattengono rapporti professionali con la Russia, e più in generale persone che hanno a cuore i rapporti economici, politici, culturali ed umani tra i nostri due Paesi, esprimiamo la nostra forte preoccupazione e il nostro disappunto per l’estremizzazione del confronto tra Russia ed occidente, che ha già provocato consistenti perdite economiche ed un indebolimento della nostra posizione nel mercato russo, conquistata con una lunga storia di amicizia e di integrazione sociale e professionale.

Assistiamo ad una strategia di comunicazione strumentale ad opera della maggior parte degli organi di informazione italiani ed europei, guidata da posizioni nostalgiche di antiche contrapposizioni ideologiche che speravamo fossero superate da anni.

Il danno è estremamente elevato: nel solo settore agroalimentare perderemo circa 400 milioni di euro nell’esportazione verso la Russia. L’Italia era al secondo posto tra i Paesi europei nei rapporti commerciali con la Russia. Questa perdita potrebbe diventare strutturale ed irreversibile: la Russia non è un Paese autarchico, sostituirà l’Italia con nostri concorrenti del BRICS e dell’America Latina, e ci vorranno decenni per ritornare ai livelli attuali di interscambio. Un interscambio che nel solo primo semestre del corrente anno registra un calo del 6%, parliamo di mezzo miliardo di euro.

Perderemo le opportunità che i crescenti investimenti nel settore petrolifero avrebbero garantito per i prossimi decenni a numerosi contrattisti italiani, che offrono servizi e macchinari a numerose Società anche straniere che operano in Russia.

L’adozione di misure di sanzionamento delle maggiori banche russe e l’impossibilità di ricorrere da parte di queste ultime a linee di finanziamento a lungo termine comporterà tra le altre cose la difficoltà di molti italiani a vedere confermate le lettere di credito.

La posizione dell’Europa – e, con nostro rammarico, del nostro governo – alimenterà quel clima di sfiducia e diffidenza che porterà a contrapposizioni da cui nessuno trarrà beneficio.

State distruggendo decenni di lavoro, di investimenti e di collaborazione proficua e soprattutto di quel clima di rispetto e di considerazione di cui noi italiani abbiamo goduto da sempre.

Vi invitiamo ad un maggiore equilibrio e ad una più marcata autonomia del nostro Paese. Il rappresentante dell’UE a Mosca è l’ambasciatore lituano Vygaudas Ušackas, il rappresentante dell’UE a Kiev è l’ambasciatore polacco Jan Tombiński. E’ così che l’Unione Europea pensa di costruire la sua diplomazia? Qui non è questione di destra o sinistra: se in Italia e Francia governa il centro-sinistra, in Germania, Inghilterra, Spagna, governa il centro-destra, giusto per citare i Paesi più rappresentativi. E non gli Stati Uniti a dover stabilire cosa debba o non debba fare l’Europa con la Russia.

Ci rendiamo conto che confidare in una posizione “fuori dal coro” dell’Italia possa sembrare ambizioso e fantasioso. La storia insegna che, talvolta, il mondo cambia per le scelte coraggiose di qualcuno che agisce per primo, e l’Italia è appena entrata nel suo semestre di Presidenza dell’UE. In fondo, la Francia, cofondatrice della NATO, ebbe il coraggio di uscirne nel 1966 con De Gaulle, rientrando solo nel 2009 con Sárközy. L’Inghilterra, pur facendo parte dell’UE, non ha mai rinunciato alla propria valuta nazionale.

Non stiamo invitando ad uscire dalla NATO, dall’UE o dalla zona euro: ciò esula dalle nostre competenze. Tuttavia, se persino la Finlandia, membro anch’essa dell’UE, ha ora assunto una posizione ufficiale contro le sanzioni, che la danneggiano, non vediamo perché non possa farlo l’Italia. Ci state mettendo in ginocchio, in un momento in cui anche senza sanzioni in Italia si parla di recessione, di disoccupazione che sfiora il 13%, raggiungendo il 43% tra i giovani, di fallimento delle imprese (40 ogni giorno). Vi stiamo dunque invitando a fare una cosa semplice: fare gli interessi di quel Paese a governare il quale siete stati chiamati.


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Die Ukraine im Fokus der Nato

von Brigitte Queck

Russ­land - ei­gent­li­ches Ziel Russ­land
Um die heu­ti­ge Lage in der Ukrai­ne zu ver­ste­hen, ist es wich­tig, sich: 1. über die Be­deu­tung der Ukrai­ne für das ka­pi­ta­lis­ti­sche Eu­ro­pa, aber vor allem für die von den USA ge­führ­te NATO, im Kla­ren zu wer­den; 2. die in­ne­ren Kämp­fe in der Ukrai­ne für bzw. gegen einen EU und NA­TO-Bei­tritt in der Ver­gan­gen­heit zu be­leuch­ten; 3. die Ein­ord­nung der Ukrai­ne in die Kräf­te­kon­stel­la­ti­on in der Welt zu be­trach­ten. Die­sen Ver­such un­ter­nimmt das vor­lie­gen­de Buch.

Seiten: 215
ISBN: 978-3-88975-231-4
Sprache: Deutsch
Cover: Broschiert
Jahr: 2014 
Preis: 12,00 €


=== 2 ===

Auf Deutsch:
Ukrainische Manöver (MH17-Untersuchungsbericht, Manöver in der Ukraine; GFP, 10.09.2014)

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Ukrainian Maneuvers
 
2014/09/10
KIEV/BERLIN
 
(Own report) - The publication of the preliminary report on the crash of Boeing MH17 in eastern Ukraine, has left crucial questions unanswered. For example, the report gives no indications of what sort of projectiles had hit the aircraft. This would be important for reconstructing whether the MH17 was actually shot down from a position on the ground. On-site forensics, which would have facilitated the investigation, had already been halted weeks ago, due to the Kiev government troops launching attacks on rebel positions in the immediate vicinity of the crash site. While resolving the cause of the crash is being delayed, NATO is loosing no time in its planning and carrying out military maneuvers. Over the past few days, the Alliance has held maneuvers in Baltic countries bordering on Russia - with German participation. More maneuvers are planned for today and over the next few days. The scenarios range from wars of intervention and occupation à la Afghanistan, to controlling maritime regions, to conflicts with militarily powerful nations, such as Russia. In reference to this latter scenario, NATO is planning a transition to a new type of warfare, according to the US military.
Unanswered Questions
What had caused the July 17 crash of the Boeing MH17 in eastern Ukraine, killing all 298 persons aboard, remains unclear. According to the preliminary report published yesterday, there were no indications of technical malfunctions. The damage to the forward fuselage and cockpit section of the MH17, as shown in photographs, seem to have been caused "by a large number of high-energy objects that penetrated the aircraft from outside.” The plane apparently broke apart in mid-air. This, in fact, confirms that the Boeing had been shot down. However, the report does not provide answers to the crucial questions. The allegation by Russian sources that Ukrainian fighter jets were flying in the relative proximity of the passenger plane remains unanswered. Also unanswered is whether the aircraft had been hit by an air-to-air or a surface-to-air missile; whether the numerous small holes in the cockpit were caused by machinegun rounds, as the Canadian OSCE observer Michael Bociurkiw claimed, shortly after his first inspection. Important questions about the circumstances in which the forensics were undertaken remain unanswered as well. For example, why did Ukrainian troops force the experts to halt their on-site investigation of the crash, after only a few days, by launching attacks on rebel positions in the immediate vicinity.[1]
No Reliable Evidence
At the end of last week, the German government responded to a parliamentary interpellation concerning the MH17 crash, saying that the MH17 had been tracked during its flight by "two AWACS aircraft ... by means of radar, as well as signals from the MH-17's transponder." However, the radar recordings ended at 14:52 CET - just before the crash - when the Boeing left the AWACS' "zone of reconnaissance." According to the German government, the AWACS had recorded "signals from an anti-aircraft-missile system, which are "classified as 'Surface to Air-Missile' SA-3." It remains unclear, whether the latter was within the AWACS' "zone of reconnaissance," which the MH17 had already left by the time it is alleged to have been downed. If an anti-aircraft-missile system would have been stationed near the crash site, the question arises, how could the AWACS record a ground-based object, but not the airborne MH17. The German government admits that according to available information, it has "no reliable evidence of the possible use of anti-aircraft-missile systems" against the MH17.[2] This confirms that the German government has supported sanctions on Russia, purely on the basis of speculations. Immediately following the downing of the Malaysian Boeing, the EU imposed its first sanctions.
Take off from Ramstein
Even though the obvious shooting down of the MH17 is the second massacre remaining unresolved - with the February 20 sniper-murders at Kiev's Maidan Square - NATO is launching a set of maneuvers in rapid fire succession in countries bordering on Russia. Already, during NATO's summit in Newport, the war alliance carried out its "Steadfast Javelin II" maneuver - with German participation. The combat exercise began at the US Air Force Base in Ramstein, Germany, September 2. Around 2,000 soldiers from ten nations took part. On the weekend, 500 paratroopers were dropped at an airfield in Latvia - not even 150 km from the Russian border. Another 160 paratroopers trained in Lithuania. Smaller maneuvers were held also in Estonia and in Poland. The maneuver ending tomorrow, Thursday, is characterized by the US military as a transitional step from training exercises for combat interventions à la Afghanistan to training for combat with militarily powerful nations, such as Russia. This points toward NATO's future. Other maneuvers are set to follow.
Control of the Black Sea
The "Sea Breeze" maneuver, which began this past Monday, ends today, Wednesday. According to US information, this maneuver is especially focused on maritime interception missions - operations to intercept enemy forces. However it also trains in measures for taking control of maritime regions in crisis situations. Particularly armed forces from Black Sea riparian nations are participating - units from the NATO countries Turkey and Rumania, but also non-NATO nations Georgia and Ukraine. The "Sea Breeze" maneuvers, focused on taking control of the Black Sea, have been regularly held since 1997 in the Crimea, often with German troops participating. The population has repeatedly protested against these NATO combat maneuvers. In the aftermath of the February putsch in Kiev, Russia feared that Ukraine, with its new, extremely anti-Russian regime, could challenge Moscow's continued use of its essential Crimean naval base and possibly replace it with a NATO naval base.
From Kosovo to East Ukraine
Ultimately, the maneuver "Rapid Trident" is scheduled to begin in Western Ukraine next Monday, again with German participation. Like "Sea Breeze," "Rapid Trident" has also regularly been held since 1997. According to a report, it trains troops in the "typical tasks of stabilization missions, such as were recently standard in Afghanistan, for example providing security against mines and ambushes for military patrols."[3] This is an indication of Ukraine's past and future function for NATO - furnishing personnel and equipment for western interventions throughout the world. Ukraine's Ministry of Foreign Affairs has declared that Kiev actually does keep soldiers in reserve for any NATO mission.[4] Ukrainian troops were already participating in the Iraq invasion. From August 2003 - under President Leonid Kuchma - until December 2008, the government had sent up to 1,650 soldiers into that country under US occupation. The Ukrainian civil war imposed limits on Kiev's activities. It has been reported that Hungarian soldiers have recently replaced around 100 Ukrainian soldiers, who were stationed in Kosovo, in the KFOR framework, so that they can fight in the civil war raging in the east of their country.
[1] Dutch Safety Board: Preliminary report. Crash involving Malaysia Airlines Boeing 777-200 flight MH17. The Hague, September 2014.
[2] Antwort der Bundesregierung auf eine Kleine Anfrage der Fraktion Die Linke. Berlin, 05.09.2014.
[3] Johannes Leithäuser: Gipfel der Gesten. Frankfurter Allgemeine Zeitung 05.09.2014.
[4] Ukraine's contribution to NATO peace support activities. nato.mfa.gov.ua.


=== 3 ===


Lettera di appello del Presidente Ernesto Ferlenghi al Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi



Al Presidente di Confindustria
Giorgio Squinzi
Mosca 02.09.2014

 

Caro Presidente,
la recente situazione venutasi a creare attorno alla crisi Ucraina, con l’inasprimento di azioni sanzionatorie da parte dell’Unione Europea contro la Russia,  stanno portando i rapporti fra il nostro Paese e la Russia al punto più basso nella lunga storia di collaborazione.
La nostra comunità imprenditoriale, i nostri Soci, sono fortemente preoccupati della escalation che sta assumendo il confronto tra la Russia e l’occidente che ha già provocato consistenti perdite economiche ed un indebolimento della nostra posizione nel mercato russo conquistata con una lunga storia di amicizia e di integrazione sociale e professionale.
Assistiamo ad una strategia di comunicazione strumentale da parte della maggior parte degli organi di informazione italiani ed europei, guidata da posizioni nostalgiche di antiche contrapposizioni ideologiche che speravamo fossero superate da anni.
Il danno per le nostre aziende è molto elevato: perderemo solo nel settore agroalimentare circa 400 milioni di euro nell’esportazione verso la Russia, erosione dell’interscambio che  poneva l’Italia al secondo posto tra i paesi europei nei rapporti commerciali con la Russia, con la certezza che la perdita diventi strutturale, a favore dei nostri diretti concorrenti europei e cinesi che spesso operano in JV con società russe e pertanto già localizzate.
Perderemo le opportunità che i crescenti investimenti nel settore petrolifero garantiranno per i prossimi decenni ai numerosi contrattisti italiani che offrono servizi ed equipment alle numerose società anche straniere che operano in Russia.
L’adozione di misure di sanzionamento della maggiori banche russe e l’impossibilità di ricorrere da parte di queste ultime a linee di finanziamento a lungo termine comporterà tra le altre cose la difficoltà di molti nostri colleghi a vedere confermate le lettere di credito.
La posizione dell’Europa e con nostro rammarico del nostro Governo alimenterà quel clima di sfiducia e diffidenza che porterà a contrapposizioni da cui nessuno trarrà beneficio.
Caro Presidente, capisci bene che questo vuol dire distruggere decenni di lavoro, di investimenti e di collaborazione proficua e sopratutto quel clima di rispetto e di considerazione di cui noi italiani abbiamo goduto a sempre.
Proprio per questo ti scrivo per rappresentare il disagio e manifestare tuta la nostra incredulità e la voglia di reazione condivisa con tutti i  nostri colleghi.
Ti chiediamo di fare tutto i possibile affinché questa nostra richiesta, con il peso di Confindustria, possa convincere i  nostri governanti ad un maggior equilibrio ed a una più marcata autonomia del nostro Paese.
Sicuri della Tua sensibilità e disponibilità cogliamo l’occasione per inviarTi i più calorosi saluti

 

Il Presidente di Confindustria Russia
Ernesto Ferlenghi

 


=== 4 ===

Schweizer-Radio&Fernsehen und die NATO


----- Original Message -----
Sent: Sunday, September 07, 2014 12:58 PM
Subject: SRF und NATO

Sehr geehrte Damen und Herren

ich protestiere in aller Form gegen die Art und Weise, wie SRF die grauenhafte Situation in der Ukraine darstellt. Eins zu eins wird übernommen, was die Kriegstreibernation Nr 1 an Desinformation und Lügen in die Welt setzt. Man könnte meinen, SRF habe die Chefredaktion im Pentagon.
Den Gipfel dieser Unterwürfigkeit bietet - nicht zum ersten Mal - Fredy Gsteiger mit seiner VÖLLIG UNKRITISCHEN Berichterstattung aus Wales und seiner Glorifizierung der NATO.  Und das alles in einer öffentlich-rechtlichen Institution eines angeblich neutralen Landes.

Ich fordere Sie auf, endlich der Wahrheit zum Durchbruch zu verhelfen und vorab eine Kriegsindustrie (und wer daran verdient) anzuprangern, die immer wieder neue Feinde und Kriegsfelder braucht, um ihre Produkte zu verkaufen und dabei zu allem fähig ist: siehe Jugoslawien,  Afghanistan, Irak, Syrien, Lybien, etc. Und sie schreckt in gewissen Fällen nicht mal davor zurück, versteckt beide Kriegsparteien zu beliefern (siehe ISIS!!!)

Zur Ukraine: Wieso wird immer nur Putin angegriffen, er liefere Waffen an die Aufständischen, wo USA, NATO samt europäische Vasallen lange vor Maidan (siehe Mr Mc Cain!) die ukrainischen Faschisten versteckt beraten, beliefern und mit Privatkiller-Kommandos "begleiten"? - alles weitgehend unerwähnt in Ihren Medien....
 
Nehmen Sie bitte Ihre Verantwortung war und tragen Sie zur Deeskalation bei!
 
Frieden statt NATO!

Mit freundlichen Grüssen
Samuel Wanitsch, Rentner, Zeiningen
 
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Am 04.09.2014 16:14, schrieb Schweizer Radio und Fernsehen:

Sehr geehrter Herr Wanitsch

Man kann die USA kritisieren für ihre aussenpolitischen Fehler, die sie zweifellos auch gemacht haben. Sie aber als Kriegstreiber-Nation Nr.1 zu bezeichnen ist indiskutabel.

Gerade Ihre Generation müsste sich doch eigentlich noch etwas Anerkennung und Dankbarkeit für die Rolle der USA im Zweiten Weltkrieg aufbringen. Vielleicht fragen Sie ja auch einmal einen Kosovaren, der vor einem Genozid durch die Serben bewahrt wurde, oder eine afghanische Frau, die wieder ohne Burka einen Beruf ausüben durfte oder einen politischen Ex-Häftling in Libyen, der wieder sagen darf, was er will, was die von den USA halten. 

Wir berichten unabhängig und kritisch, aber wir machen nicht mit beim Anti-Amerikanismus und lassen uns nicht blenden von der russischen Propaganda.


Mit freundlichen Grüssen

Gregor Meier
TV-Nachrichtenchef SRF

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Sehr geehrter Herr Meier

..womit Sie Ihre unkritische Haltung gegenüber der Politik der USA auch gleich bestätigt haben.
Nach Assange, Bradley Manning und Snowden sollten Sie diese plumpe Antiamerikanismus-Keule nicht mehr verwenden und überzeugendere Argumente einbringen. 
Zweiter Weltkrieg: Wer hat die Nazis und den Faschismus entscheidend gestoppt und die grössten Opfer gebracht? Sicher nicht die Amis, sondern das russische Volk.
Kosovo: Wollen Sie behaupten, den Kosovaren gehe es heute besser als damals in Jugoslawien? Und wer regiert sie heute? Fragen Sie mal Dick Marty. Und wollen Sie damit die "humanitäre Intervention " der NATO mit Uran-angereicherter Munition gutheissen, die mittlerweile zu 20'000 mehr Krebsfällen in Serbien geführt hat?
Libyen: Angesichts der Tausenden von Toten und noch mehr Flüchtlingen von gewonnener Meinungsäusserungsfreiheit von Gefangenen (wie steht es damit in den USA?) als Erfolg zu sprechen ist einfach nur noch zynisch.
USA keine Kriegstreiber? Was war und ist mit Guatemala, mit Chile, mit Honduras? Was ist mit der US-Subversion in Bolivien, Ecuador, Venezuela, Cuba?

Herr Meier, tun Sie mir bitte einen Gefallen: Sagen Sie nicht mehr, Sie würden "unabhängig und kritisch" berichten. Auch wenn das stereotyp mal für mal gesagt wird, es wird nicht wahrer. Ich wünsche Ihnen, dass Sie vor Ihrer Pensionierung zur halt manchmal unbequemen Wahrheit finden - so wie es diverse verantwortungsvolle Journalisten-Kollegen immerhin im Alter geschafft haben.

Mit freundlichen Grüssen

Samuel Wanitsch
seit 1973 und Chile punkto US-Subversion sensibilisiert  - und gleichwohl mit guten Freundinnen und Freunden in den USA verbunden

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Bemerkung von K.Trümpy:

Der linke Aktivist Samuel Wanitsch und der SRF Journalist Gregor Meier bewegen sich offensichtlich in zwei Parallelwelten. Dabei vertritt Herr Meier die Mehrheitsmeinung (noch), die jedoch nicht unbedingt für Waheit und Logik steht. Er bemüht z.B. die US-Neocon - UCK Propaganda, wonach die NATO die Kosovaren vor einem Genozid durch die Serben bewahrt habe. Effektiv ist damals Milosevic gegen bewaffnete, vom Westen gesponserte UCK-Separatisten, militärisch vorgegangen. Die massenhafte Fluchtbewegung im Kosovo ist erst mit Beginn der NATO-Bombardemente entstanden. Jetzt hat aber im Westen niemand etwas dagegen, wenn Poroschenko ganze Städte in der Ostukraine bombardieren lässt, sodass schon tausende Zivilisten umgekommen und hunderttausende nach Russland geflohen sind.




(english / italiano)


ESPORTARE L'ECCELLENZA ITALIA ALL'ESTERO


ITALIANIZATION ACCOMPLISHED
Forms and structures of Albanian television’s dependency on Italian media and culture
by Paolo Carelli 
in: Journal of European Television History and Culture Vol. 3, 5, 2014



"Tv in Albania: italianizzazione compiuta"

di Davide Sighele, 21 agosto 2014

Non solo stessi format e forte condizionamento culturale. Ma anche condivisione di programmi, conduttori italiani che si spostano in Albania ed editori dal passaporto italiano.
Per Paolo Carelli, del dipartimento di Scienze della comunicazione dell'Università cattolica di Milano, la completa italianizzazione della tv albanese sarebbe ormai cosa fatta.
Lo scrive in un suo saggio – a disposizione dei lettori in lingua inglese - scritto per la rivista accademica on-line View.
Carelli individua tre fasi che, non necessariamente in ordine cronologico ma a volte sovrapposte, negli ultimi 25 anni hanno portato a quella che viene chiamata, fin dal titolo del saggio, “Italianizzazione compiuta” della tv albanese.
La prima fase è quella dell'“italianizzazione sottile” e riguarda l'adozione di format e linguaggi in voga nella tv italiana, pubblica e privata. Un esempio su tutti, la trasmissione Memgjes i mbar(Buongiorno) su Teuta TV che ricalcava il celebre Unomattina, prodotto dalla RAI.
La seconda fase è chiamata di “italianizzazione condivisa”, ed avviene attraverso programmi di cooperazione televisiva tra le due sponde, che ha incluso sia la trasmissione di prodotti televisivi italiani sottotitolati in lingua albanese che programmi di co-produzione.
Infine la terza fase, detta “italianizzazione quasi-coloniale”, con reti televisive albanesi di proprietà di italiani che hanno iniziato ad arruolare, per i loro programmi, professionisti del settore italiani, quali ad esempio, in tempi recenti, Alessio Vinci.
Se si ritenesse che i media e l'influenza italiana su di loro sia l'unico fattore che possa spiegare i cambiamenti avvenuti in Albania a partire dagli anni'80 si sbaglierebbe di grosso, tiene a precisare Carelli. Anche le forti relazioni con l'Italia hanno origini ben più lontane. Partendo dai romani, passando per le comunità Arbëreshë e continuando con Vittorio Emanuele III re d'Albania.
Ma certo, accendere la tv a Tirana e trovarsi Barbara D'Urso fa un certo effetto.




I Crociati e gli Assassini

0) I Crociati e gli Assassini
1) I nuovi jihadisti vengono dal Kosovo. Le esecuzioni postate su Facebook (L'Espresso, 8 settembre 2014)
2) L'imam Bilal Bosnic: giusto rapire le ragazze italiane / La spirale balcanica minaccia jihadista per l'Italia / Quando l'imam combatteva in Bosnia (Il Giornale, 27/08/2014)
3) Il vero pericolo terrorista arriva dai Balcani. Nel nostro Paese sono albanesi, bosniaci e kosovari il nocciolo duro jihadista (Il Giornale, 21/06/2014)


Vedi anche: 

LA BOSNIA CHE HA VOLUTO ADRIANO SOFRI
Ajša Mekić - jedan od bisera treće godišnjice Škole Kur'ana Časnog
https://www.youtube.com/watch?v=zfaFlKua-G8

EZIO MAURO FA APPELLO PER LA NUOVA CROCIATA CONTRO L'ORIENTE
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8101

KOSOVO : DES ISLAMISTES RADICAUX MENACENT DE MORT UN JOURNALISTE (Reporters sans frontière, 3 septembre 2014)
Visar Duriqi, journaliste d’investigation kosovar spécialisé dans l’islamisme radical, a été accusé d’apostasie par une organisation extrémiste. Le journaliste est victime de nombreuses menaces de mort et de décapitation. Reporters sans frontières s’inquiète pour la sécurité physique du journaliste et demande au ministère de l’Intérieur du Kosovo de lui assurer une protection…
http://balkans.courriers.info/article25495.html


=== 0 ===

http://contropiano.org/articoli/item/26199

I Crociati e gli Assassini

Democrito, 09 Settembre 2014 

Nel tardo XI secolo gli ismailiti si divisero in due correnti. La minoranza era composta da un gruppuscolo di rivoluzionari in disaccordo con gli sfarzi del califfato fatimida.
Il leader di questo movimento mandarono un loro agente segreto di nome Hassan Sabbah in Persia dove assunse i controllo di una fortezza chiamata Alamut (il nido dell'aquila).
Ad Alamut Sabbah si diede da fare per organizzare gli Assassini.
Sabbah usava l'omicidio quale principale strumento di propaganda. Anche se elaboravano i loro piani nella massima segretezza gli Assassini uccidevano in maniera plateale. Sapevano che sarebbero stati catturato o uccisi nel giro di pochi istanti, ma non facevano nessuno sforzo per evitare questa sorte.
Poco prima dell'inizio delle crociate Hassan Sabbah aveva fondato una seconda base operativa in Siria gestita da un comandante ausiliario che i crociati impararono a conoscere come "il Vecchio della Montagna".
Quando arrivarono i crociati praticamente chiunque non fosse uno di loro odiava con tutto il cuore gli Assassini. Tra i nemici degli Assassini si contavano gli sciiti, i sunniti, i selgiuchidi turchi, i fatimidi egiziani e il califfato abasside.
Gli Assassini e i crociati condividevano gli stessi nemici, per cui era inevitabile che i due eserciti diventassero, di fatto, alleati.
Nel corso del primo secolo delle invasioni dei crociati ogni volta che i musulmani cominciavano a muoversi verso una certa unità, gli assassini uccidevano qualche figura chiave del processo, scatenando nuovi conflitti.
Nel 1113 uccisero il governatore di Mosul che stava organizzando una campagna unificata contro i Crociati.
Nel 1124 e nel 1125 uccisero i due più importanti leader religiosi che predicavano la Jihad contro i Crociati.
Nel 1126 uccisero al-Borsoki, re di Aleppo e di Mosul, che aveva forgiato in Siria il nucleo potenziale di uno stato musulmano unito.
Omicidi di questo tipo avvennero con sorprendente frequenza nel corso delle prime crociate.

Fin qui il primo capitolo, sintetizzato da "Un destino parallelo", di Tamiam Ansary (Fazi Editore)
Il secondo capitolo viene trasmesso ogni giorno su tutte le reti televisive.


=== 1 ===

http://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/09/05/news/i-nuovi-jihadisti-vengono-dal-kosovo-nei-balcani-ci-sono-20-cellule-terroristiche-1.178937?ref=fbpe

I nuovi jihadisti vengono dal Kosovo
Le esecuzioni postate su Facebook


Centinaia di combattenti partiti per Iraq e Siria. Decine di fondamentalisti arrestati. Sedici vittime accertate. Un kamikaze saltato in aria a Bagdad. E un leader dell’Isis che pubblica sui social le decapitazioni. A sei anni dall’indipendenza, l’ex provincia serba si sta rivelando una fucina di terroristi



DI PAOLO FANTAUZZI

08 settembre 2014


L’ultimo lo hanno fermato la settimana scorsa all’aeroporto di Tirana. Mentor Zejnullahu, 24 anni, residente a Viti, stava per imbarcarsi alla volta di Istanbul, per poi raggiungere la Siria e unirsi ai jihadisti. A inchiodare il reclutatore, gli sms scambiati coi ribelli di al-Nusra, il gruppo affiliato ad al-Qaeda. Sempre da Viti proveniva anche il sedicenne fermato il 5 agosto nello scalo di Pristina, anche lui con la stessa destinazione. E appena tre settimane fa una operazione della polizia del Kosovo ha portato in carcere 40 sospetti jihadisti (altri 17 sono risultati irreperibili), che vanno ad aggiungersi ai tre finiti in manette a giugno e agli 11 arrestati lo scorso novembre: i più giovani sono nati nel 1994 e molti hanno meno di 30 anni.

I massacri e le bombe della Nato sembrano ormai solo un vago ricordo. Nella più giovane repubblica d’Europa, proclamatasi unilateralmente indipendente nel 2008 (e subito riconosciuta da Usa e quasi tutti i Paesi Ue), la nuova frontiera è il radicalismo islamico. E il nuovo nemico non sono più i paramilitari serbi come ai tempi dell’Uck ma gli infedeli. Così in una regione in cui l’Islam, abituato a convivere con le altre religioni, ha sempre mostrato il suo lato più tollerante, ad appena vent’anni dalla guerra che portò alla dissoluzione del mosaico etnico costruito da Tito il fondamentalismo mostra di aver piantato nel profondo le sue radici. Tanto da poter contare, rivelano fonti investigative all’Espresso, su almeno 20 cellule terroristiche attive nel reclutamento e addestramento fra Serbia, Albania, Macedonia, Kosovo, Montenegro e Bosnia, come mostra la retata che ha portato all’arresto di 16 reclutatori, compreso Bilal Bosnic, l’ex predicatore del centro islamico di Cremona considerato uno dei reclutatori di spicco dell'Isis. Finanziate da ong islamiche - dall’Arabia saudita all’Inghilterra fino all’insospettabile Turchia - queste cellule in qualche caso vedono proprio gli ex guerriglieri (in Kosovo quelli dell’Uck) quali inevitabili punti di riferimento locale. Un avamposto in attesa, chissà, di rivolgere verso l’Europa quella guerra finora combattuta sul suolo mediorientale.

IL JIHADISTA È SU FACEBOOK
Le autorità di Pristina cercano di minimizzare: secondo il governo i volontari partiti sarebbero solo 43. Difficile crederlo statisticamente, considerato che le vittime accertate sono già 16. Non a caso diverse fonti ritengono che, fra gli 11 mila stranieri in Siria (dei quali duemila europei), sarebbero 300-400 i combattenti di etnia albanese, prevalentemente kosovari. Grosso modo quanto quelli provenienti dal Regno Unito. Con la significativa differenza che l’ex provincia serba è grande quanto l’Abruzzo e non arriva a due milioni di abitanti.

Una rilevanza dimostrata anche dallo Stato islamico dell’Isis: il discorso con cui il comandante al Bagdadi si è autoproclamato califfo è stato tradotto in inglese, francese, tedesco, turco, russo e albanese. Del resto i jihadisti kosovari stanno dando il loro contributo: a marzo Blerim Heta, nato e cresciuto in Germania ma tornato in patria dopo la guerra, si è fatto esplodere a Baghdad uccidendo 52 ufficiali di polizia.

Mentre sul web impazza la figura di Lavdrim Muhaxheri, indicato come comandante della “brigata balcanica”: dopo aver rivolto ai connazionali un appello alla jihad , in un video dell’Isis che gira in rete ha arringato la folla in arabo fluente brandendo un grosso coltello e bruciato il suo passaporto kosovaro, “documento degli infedeli”: «Io sono solo un musulmano». Infine ha postato su Facebook una foto che la ritrae mentre decapita un ragazzino siriano accusato di essere una spia, mentre in un’altra lo si vede riprendere col cellulare una esecuzione compiuta da un connazionale.
Ed è proprio questa la novità: ormai non solo la guerra santa si svolge anche in rete con video e appelli ma i mujaheddin 2.0, riluttanti all’anonimato, postano senza alcun riserbo le loro azioni sui social network. A suo modo una fortuna, visto che questo consente all’intelligence di risalire alla rete dei loro contatti. In ogni caso, quando torneranno in patria, nessuno potrà contestare loro alcunché. Il Kosovo non ha ancora una legge che punisce il reclutamento di terroristi o chi va a combattere all’estero: il disegno di legge, che prevedeva pene da 5 a 15 anni, non è stato ratificato in tempo prima delle elezioni anticipate di giugno.

POLVERIERA BALCANI
A paradosso si aggiunge paradosso: sia Muhaxheri che Heta avrebbero lavorato nel campo Bondsteel, la principale base americana sotto il comando della Kfor, la missione Nato in Kosovo, che ospita migliaia di soldati. E proprio la città di Ferizaj in cui sorge, vicino al confine con la Macedonia, è diventata un centro nevralgico di reclutamento: oltre al kamikaze, 11 dei 40 terroristi arrestati ad agosto venivano da lì. Forse non a caso: sempre lì (all’hotel Lion, secondo un rapporto dei servizi di Belgrado del 2003) per anni la ong Islamic relief avrebbe reclutato bambini resi orfani dalla guerra per compiere attentati suicidi.

Quello dei volontari «è un problema comune a tutti i paesi democratici sviluppati» ha minimizzato nei giorni scorsi il generale Salvatore Farina, comandante uscente della Kfor, nella sua ultima conferenza stampa. Di certo la concentrazione di terroristi in Kosovo fa paura. E allerta anche gli 007, visto che un informatore della Kia, i servizi segreti di Pristina, sarebbe stato riconosciuto e ucciso in Siria a inizio anno. Il tutto mentre nella piccola repubblica operano ancora cinquemila militari dell’Alleanza atlantica che dovrebbero sostenere lo sviluppo di un Kosovo stabile, democratico, multietnico e pacifico .

Insomma, i Balcani continuano a produrre più storia di quanto ne possono digerire, secondo il caustico aforisma di Churchill. In Albania, dove sono 60 i jihadisti identificati, sono stati arrestati un paio imam di Tirana per incitamento al terrorismo più altri sei miliziani, tornati dalla Siria a farsi medicare le ferite. Dalle province a maggioranza musulmana della Serbia meridionale si stima che siano partiti varie decine di combattenti. La situazione più pericolosa riguarda tuttavia la Bosnia, dove i servizi si sicurezza stimano che siano tremila i radicali islamici pronti a entrare in azione. Intanto anche Sarajevo ha avuto il suo kamikaze in Iraq: Emrah Fojnica, 23 anni, già coinvolto nell’attacco all’ambasciata statunitense del 2011.

LA PENETRAZIONE SILENZIOSA 
Adesso, quando forse è troppo tardi, la polizia sta passando al setaccio le centinaia di ong islamiche sparse per i Balcani fin dalla guerra nella ex Yugoslavia.Organizzazioni per lo più saudite che hanno affiancato il lato umanitario con la costruzione di una miriade di moschee nuove di zecca in cui predicare l’Islam più radicale di ispirazione wahabita, da cui chiamare al martirio. Tanto che nei giorni scorsi perfino il sobrio Financial times ha ironizzato sulla strisciante colonizzazione portata avanti in questo modo da Riad. Una penetrazione silenziosa raccontata profeticamente già cinque anni fa in “Madrasse. Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa” da Antonio Evangelista, ex capo del contingente di polizia italiana nell'ambito della missione Onu, in cui si occupava di criminalità organizzata e terrorismo.  Soprattutto, consentita da un mix fatale: istituzioni deboli, instabilità politica, corruzione endemica, disoccupazione vertiginosa. Oltre alla sostanziale vacuità della presenza militare e alle promesse tradite dell’Occidente, che ha lasciato gran parte della popolazione del Kosovo (e della Bosnia) in uno stato di povertà non dissimile dal precedente. Spingendo intere fasce nelle braccia del radicalismo islamico.

IN GUERRA CON PAPÀ
Così, se la famiglia è la cosa più importante, molti jihadisti partono per il fronte con mogli e figli al seguito. O, se le consorti non sono d’accordo, solo con la prole. Come ha fatto il bosniaco Ismar Mesinovic, che dal bellunese è andato a combattere in Siria portando con sé il figlioletto di tre anni , scomparso nel nulla dopo la sua morte. E come ha fatto anche il kosovaro Arben Zena, partito col piccolo Erion, di otto anni. «Andiamo un paio di giorni a Rugova» ha detto alla moglie Pranvera all’inizio di luglio. Poi più nulla, tranne un sms la settimana seguente: «Sono in Siria con il ragazzo». Adesso la donna ha aperto una pagina Facebook per raccontare la sua storia e raccogliere segnalazioni.Anche perché i casi simili non sarebbero affatto pochi: una foto mostra il bambino in mezzo a un nugolo di coetanei. Uno dei quali, inconsapevole, sventola l’inquietante bandiera nera dello Stato islamico.


http://espresso.repubblica.it/foto/2014/09/05/galleria/i-tagliatori-di-teste-made-in-kosovo-1.178954

[FOTO] Decapitazione di un ragazzo siriano accusato di essere una spia postata su Facebook da Lavdrim Muhaxheri, capo dei miliziani Isis provenienti dal Kosovo

[FOTO] Decapitazione di un soldato siriano da parte del jihadista kosovaro Saleel Al Sawarim (nome di battaglia). Lavdrim Muhaxheri riprende col telefonino sullo sfondo

[FOTO] Blerim Heta, kamikaze kosovaro. Si è fatto esplodere a marzo a Bagdad provocando la morte di 52 ufficiali di polizia

[FOTO] Vignetta satirica pubblicata sul Financial times il 7 agosto

[FOTO] Bambini con la bandiera dell’Isis. Nel cerchietto Erion Zena, di 8 anni

[FOTO] Lavdrim Muhaxheri con il passaporto [SIC] kosovaro insieme a un connazionale e un commilitone albanese

[FOTO] Idajet Balliu, 24 anni, jihadista albanese di Librazhd ucciso il giorno di Ferragosto in Siria

[FOTO] Emrah Fojnica, kamikaze bosniaco morto in Iraq. Era già stato processato per l’attentato all’ambasciata Usa di Sarajevo del 2011

[FOTO] Erion Zena (8 anni) con il padre Arben, miliziano dell’Isis in Siria



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VIDEO CORRELATO:

Quando l'imam combatteva in Bosnia
L'imam Bilal Bosnic era arruolato nel 1993 nel battaglione El Mujaheddin che combattè in Bosnia nel 1993 nella guerra fratricida contro i croati a Vitez. Si trattava di un'unità di combattenti islamici provenienti da diversi paesi. A cura di Fausto Biloslavo.
VIDEO: http://www.ilgiornale.it/video/mondo/quando-limam-combatteva-bosnia-1046976.html

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http://www.ilgiornale.it/news/politica/cattivo-maestro-dellislam-giusto-rapire-ragazze-italiane-1046964.html

Il cattivo maestro dell'islam: giusto rapire le ragazze italiane

L'imam Bilal Bosnic, che si mostra su Facebook con la bandiera dell'Isis, ha tenuto da noi diversi sermoni: "Greta e Vanessa? In Siria interferivano".


Fausto Biloslavo - Mer, 27/08/2014

Bilal Bosnic, l'imam bosniaco, che è venuto tranquillamente a predicare nel Nord Italia dal 2011 al 2013, giustifica in un'intervista sul sito del Corriere il rapimento di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, innamorate della rivolta contro Damasco, che in Siria si illudevano di fare del bene.

[FOTO: L'imam Bilal Bosnic (vestito di nero e con la barba più lunga) in mezzo ai suoi seguaci. Alle spalle la bandiera del Califfato
http://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/large/public/foto/2014/08/27/1409115632-ipad-98-0.jpg ]

L'imam estremista è convinto che le due ragazze «interferivano», come chiunque arrivi dall'Occidente. Non solo: per il predicatore jihadista «rapire è una pratica giustificata, una cosa comune per un nemico durante la jihad e qualsiasi altra guerra». Parole che non devono stupire. Sulla sua pagina Facebook Bosnic, fin dal 7 luglio, aveva postato il sermone del Califfo, Abu Bakr al Baghdadi da Mosul, dove ha cacciato i cristiani, con il seguente commento: «Quest'uomo verrà ricordato per secoli (…) Allah continui a ricompensarlo per i suoi meriti». Poi ha cambiato la copertina con la bandiera nera dello Stato islamico dell'Iraq e della Siria. E lunedì si è fatto immortalare assieme a cinque suoi accoliti barbuti con alle spalle lo stendardo del Califfo. Poi ha usato lo scatto come nuova copertina su Facebook.

Quarantuno anni, «salafita» per sua stessa definizione, vive nella Krajina fra Bosnia e Croazia. E non fa mistero di aver combattuto con il battaglione al-Mujaheddin composto da musulmani provenienti da mezzo mondo durante la terribile guerra etnica bosniaca. Con il corriere.it ammette che in Italia ha incontrato «centinaia» di musulmani «veri seguaci» dell'Islam.

E di aver conosciuto Ismar Mesinovic, l'imbianchino bosniaco di 36 anni che viveva a Longarone ed è morto in Siria, lo scorso gennaio, in nome della guerra santa. Il volontario jihadista era una persona «normale» che ha sposato una cubana, come dimostrano alcune foto in possesso del Giornale . Poi, in altre immagini, salta agli occhi il cambiamento. Mesinovic si è fatto crescere la barba islamica e la sua donna ha messo il velo. Il primo giugno dello scorso anno incontra l'imam Bosnic a Pordenone invitato a tenere un sermone. L'incontro era stato pubblicizzato da un kosovaro che vivrebbe nel Bresciano. Mesinovic decide di partire per la Siria dove trova la morte. Il Viminale è allarmato dalla «spirale balcanica», che attrae combattenti in Siria e non si escludono retate e arresti a breve.

Sulla sua pagina Facebook il predicatore itinerante ha postato le foto dei giovani bosniaci che sono andati a combattere e spesso a morire per il Califfato. Gli «amici» on line di Bosnic sono personaggi come Amir Bajric, che sarebbe in Siria e usa come copertina del suo profilo in rete un convoglio di pick up con i vessilli neri dello Stato islamico. Oppure il turco Nasir Haji, che preferisce il faccione di Osama Bin Laden, come copertina sulla pagina Facebook.

E ieri ha postato la foto di una serie di teste mozzate infilate negli spuntoni di un'inferriata.

L'aspetto incredibile è che Bosnic, cattivo maestro dell'Islam radicale, è venuto più volte a predicare in Italia. Prima di Pordenone, nel 2011 e 2012, è stato invitato tre volte a Cremona. Due sermoni nel vecchio centro islamico ed uno nel luogo di culto di Motta Baluffi. La Digos locale ha monitorato le prediche senza trovarci nulla di pericoloso. Così Bosnic è stato anche a Bergamo, da dove sono partite le due volontarie italiane rapite in Siria ai primi di agosto. L'imam bosniaco e altri predicatori dell'ex Jugoslavia sono le star dell'Islamsko Dzemat di Bergamo, un altro centro islamico di provincia molto legato ai Balcani. I barbuti fedeli bosniaci del centro lo scorso anno hanno tranquillamente affittato una sala comunale per pregare. E Bosnic al corriere.it ha confermato: «Sono stato anche a Bergamo. Un jihadista? Preferisco essere definito musulmano, semplicemente perché ritengo che ogni vero musulmano debba essere jihadista e credere in uno Stato islamico unico».

www.gliocchidellaguerra.it


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http://www.ilgiornale.it/news/mondo/analisi-spirale-balcanica-minaccia-jihadista-litalia-1047004.html

Analisi: La spirale balcanica minaccia jihadista per l'Italia

La presenza nel Nord Est italiano di fedeli e seguaci di predicatori radicali, come a Cremona, Bergamo e Pordenone, è soltanto parte di un fenomeno molto più ampio


Giovanni Giacalone - Mer, 27/08/2014

Il concetto di “spirale balcanica” è molto complesso; la presenza di fedeli di quell’area geografica in Italia, seguaci di predicatori radicali, come nel caso che abbiamo recentemente visto a Cremona, Bergamo e Pordenone, è soltanto parte di un fenomeno molto più ampio.

I focolai li possiamo rintracciare nei primi anni ’90 con la guerra di Bosnia, quando ci fu un vero e proprio flusso di mujahideen provenienti da diversi paesi islamici, tra cui Egitto, Tunisia e Algeria che si recarono nel paese balcanico per andare a combattere a fianco dei musulmani bosniaci, installandosi principalmente nelle città di Mostar, Sarajevo, Zenica e Zepce e formando unità come la ben nota “El-Mujahed”, che venne inglobata del 3° corpo dell’esercito bosniaco.

Dopo gli accordi di Dayton del 1995 molti di loro restarono in Bosnia, dando vita a vere e proprie enclaves, dove oggi non si entra se non si è salafiti. Tutto ciò contribuì all’espansione del radicalismo nei Balcani, quello dottrinario-propagandistico da una parte e quello finanziario dall’altra. Predicatori radicali come Nusret Imamovic, Bilal Bosnic, Bakir Halimi, Muhamed Fadil Porca sono diventati fonte di ispirazione per molti musulmani balcanici, sia in patria che all’estero.

Finanziatori e promulgatori del radicalismo di stampo salafita hanno saputo sfruttare bene il disagio socio- economico giovanile nell’area balcanica, dove speranze e aspettative per le nuove generazioni del periodo post-guerra sono ancora oggi ai minimi termini a causa dell’inflazione e dell’alto tasso di disoccupazione.

Purtroppo gli effetti collaterali di tale fenomeno, sul fronte della sicurezza, non sono tardati ad arrivare; dai primi pericolosi segnali degli anni ’90 con l’attentato alla caserma della polizia di Pola nel 1995 e le perlustrazioni all’ambasciata americana di Tirana nel 1998, fino agli odierni e ripetuti assalti a comunità islamiche non salafite; dagli attentati di Sarajevo e di Francoforte del 2011 alle recenti partenze di jihadisti per la Siria; tutti elementi che hanno dimostrato come il problema del radicalismo islamico nei Balcani meriti la massima attenzione in quanto riguarda da vicino anche l’Italia.

Giovanni Giacalone,
islamologo e analista del radicalismo balcanico


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http://www.ilgiornale.it/news/esteri/vero-pericolo-terrorista-arriva-dai-balcanilallarme-vivono-1030109.html

Ma il vero pericolo terrorista arriva dai Balcani

Vivono qui e sono centinaia. Nel nostro Paese sono albanesi, bosniaci e kosovari il nocciolo duro jihadista


Gian Micalessin - Sab, 21/06/2014

La chiamano «spirale balcanica». Per gli esperti di antiterrorismo del Viminale è la variante più insidiosa di quell'attivismo jihadista che, ha spinto una trentina di «volontari» a lasciare l'Italia per la Siria. Oggi gli integralisti islamici provenienti da Albania, Bosnia e Kosovo rappresentano il nocciolo duro dello jihadismo straniero sul nostro territorio. «Sono l'equivalente dei tunisini e dei marocchini di un tempo, ma mentre i "nordafricani" tendono a rientrare - spiega una fonte de il Il Giornale - gli integralisti balcanici sono oggi la componente più pericolosa. Molti dei volontari partiti per la Siria dal nostro paese o in procinto di farlo sono di origine balcanica». La punta dell'iceberg islamista-balcanico, quello che con la propria morte, ha spinto gli inquirenti a indagare sul fenomeno è Ismar Mesinovic, un imbianchino bosniaco partito da Ponte delle Alpi nel Bellunese per andare a morire, il 4 gennaio scorso, sui campi di battaglia siriani. Una partenza estremamente sospetta perché preceduta, nel giugno 2013, da un incontro con un predicatore salafita bosniaco nella zona di Pordenone. «Il sospetto - spiega la fonte de Il Giornale - è che questi jihadisti balcanici siano un po' meno volontari di altri e siano indotti a partire dalla promessa di denaro o dalle sollecitazioni dei loro capi religiosi». E dietro questi sospetti si cela una grande paura. La rete islamico-balcanica - sorta in Bosnia, Kosovo e Albania grazie alle moschee finanziate dall'Arabia Saudita e dai Paesi del Golfo negli anni 90 - ha portato alla rapida espansione del fenomeno integralista. Oggi centinaia di militanti usciti da quelle moschee si sono trasferiti nel nostro nord-est da Trieste a Belluno, da Trento a Verona. Proprio lì, con il ritorno dei veterani della Siria, minaccia di attecchire un humus proto-terrorista molto simile a quello della moschea di via Jenner a Milano dove, negli anni 90, Al Qaida mise radici grazie ai reduci della guerra di Bosnia.





Un paio di lettere al Ministro Mogherini

1) Rete NO WAR Roma: Richiesta di incontro per consegna documento di proposte
2) Lettera dei rappresentanti della RS Krajina a Tusk e Mogherini


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Da: Vincenzo Brandi

A: <segreteriaministro.mogherini  @esteri.it>

Cc: <nowaroma  @googlegroups.com>, <unsc-nowar  @gmx.com>

Ogg: I: Richiesta di incontro per consegna documento di proposte

All’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri della EU (Mrs. PESC)
Dott.ssa Federica Mogherini
Ministero degli Affari Esteri - Roma
 
Oggetto: 1) RICHIESTA DI ATTUAZIONE DI UN’AUTENTICA POLITICA DI PACE NELL’EST EUROPA. 2) CESSAZIONE DEL FINANZIAMENTO DI FORMAZIONI TERRORISTICHE E DI FORNITURA DI ARMAMENTI A FAZIONI COMBATTENTI NEL VICINO ORIENTE. 3) RITIRO DI TUTTE LE MISSIONI MILITARI DI GUERRA ED OCCUPAZIONE. 4) RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI DEL POPOLO PALESTINESE E CONDANNA DELLE STRAGI E DELLE OCCUPAZIONI MILITARI ISRAELIANE
 
Il drammatico precipitare della situazione in Iraq e in Ucraina, la perdurante guerra in Siria ed Afghanistan, l’orrenda strage di Gaza, il caos della Libia – tutti episodi su cui pesano i plateali errori, le forzature e le aggressioni militari, le colpevoli omissioni commesse in passato dai paesi della EU, dalla NATO, e dagli USA e dai loro alleati – ci induce a richiederLe una svolta decisa nella politica estera europea, finora asservita ad interessi che sono estranei all’interesse generale per la pace.
 
Le ricordiamo che:
 
-UCRAINA: la pericolosissima crisi in Ucraina – quasi un anticipo di una terza guerra mondiale - ha avuto inizio da una COLPO DI STATO sostenuto dagli USA e alcuni paesi della EU, con l’apporto di manovalanza neo-nazista locale che ha abbattuto un governo democraticamente eletto, con lo scopo finale di spostare i confini della NATO fino al cuore della Russia. E’ necessaria una soluzione negoziata basata sul diritto alla sicurezza della Russia e sul diritto all’autodeterminazione degli abitanti dell’Est dell’Ucraina attraverso forme significative di autonomia.
 
-IRAQ: vari paesi della EU, tra cui l’Italia, hanno partecipato direttamente alla Prima Guerra del Golfo (1990-91) ed hanno funzionato come base d’appoggio logistico per la Seconda Guerra (2003) condotta da USA e UK. Queste guerre hanno completamente destabilizzato e disintegrato l’Iraq, oggi diviso in fazioni confessionali ed etniche in lotta tra loro. Qualsiasi soluzione deve partire da una forte autocritica per il passato sostegno – con finanziamenti e fornitura di armi - a fazioni terroristiche e jihadiste che operano sia in Siria ed Iraq, e non può basarsi sulla fornitura di nuovi armamenti ad una singola fazione in lotta (il PDK guidato da Massoud Barzani). Questa soluzione è osteggiata anche da tutte la altre organizzazioni kurde che stanno lottando (con efficacia molto maggiore rispetto al PDK) contro i terroristi dell’ISIS (vedi il PKK-HPG del Nord-Kurdistan e il PYD-YPG del Rojava in Siria) e pone l’organizzazione kurda di Barzani in rotta di collisione con il governo centrale di Baghdad (unico governo riconosciuto a livello internazionale) che paventa l’ulteriore frammentazione del paese con la prevedibile esplosione di nuovi devastanti conflitti.
 
-SIRIA: vari paesi europei, tra cui l’Italia, partecipano tuttora al “gruppo di Londra” (ex “amici della Siria”) che – in alleanza con le peggiori dittature confessionali e petromonarchiche (Arabia Saudita, Qatar, per non parlare della Turchia islamica di Erdogan) rifornisce con finanziamenti ed armi i cosiddetti “ribelli” della Siria egemonizzati dai peggiori gruppi jahadisti. E’ ormai fatto accertato che armi e finanziamenti, per via diretta o indiretta, finiscono nelle mani e vanno a rafforzare gruppi terroristici quali l’ISIS che agiscono sia in Siria che in Iraq. Una soluzione del problema deve passare attraverso una forte autocritica per le politiche passate, la cessazione di ogni finanziamento e fornitura di armi anche alle presunte fazioni ribelli “moderate” come l’ESL (in realtà alleate organicamente con Al Nusra, costola di Al Queda, e di altri gruppi jihadisti), ed il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con il governo siriano che da tre anni dimostra di saper lottare efficacemente contro il terrorismo jihadista.
 
-LIBIA: vari paesi della EU aderenti alla NATO, tra cui l’Italia,  hanno contribuito in modo decisivo nel 2011, nell’ambito di un attacco militare condotto insieme agli USA e al Qatar, alla completa destabilizzazione e disintegrazione di un paese prospero come la Libia, oggi nel caos e preda di una lotta intestina tra bande armate di tipo confessionale e tribale. Anche qui una soluzione può partire  solo nell’ambito di una decisa autocritica verso le azioni aggressive del passato, evitando nuove disastrose avventure militari e favorendo ogni iniziativa autoctona tesa al ristabilirsi di tentativi autonomi di nuovi sviluppi democratici.
 
-AFGHANISTAN: vari paesi della EU aderenti alla NATO partecipano insieme agli USA alla guerra in Afghanistan dove i passati interventi occidentali – già a partire dagli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo - a favore dei jihadisti (spacciati per “combattenti della libertà”) hanno completamente destabilizzato il paese, e dove si preannuncia una permanenza di militari della UE – sotto sigle diverse - anche dopo la chiusura “ufficiale” dell’attuale missione. Anche in questo caso deve scaturire, nell’ambito di una serrata autocritica, un cambio deciso di politica con il ritiro di tutti i contingenti militari, sotto qualsiasi forma essi si presentino.
 
-PALESTINA/GAZA: vari paesi della EU aderenti alla NATO mantengono strette relazioni economiche e militari con uno stato occupante ed aggressivo quale Israele. Ogni soluzione di pace deve passare attraverso il pieno riconoscimento dei diritti del popolo palestinese. Vanno esercitate pressioni (anche per mezzo di sanzioni economiche ed embargo sulla fornitura di armi come già fatto dalla Spagna) verso Israele perché rispetti tutte le risoluzioni dell’ONU, comprese quelle che prevedono il diritto dei profughi palestinesi al ritorno in Palestina (194/1948) e la fine dell’occupazione militare dei territori palestinesi. Va inoltre smantellato il muro di separazione che accerchia i territori palestinesi, riconosciuto come illegale dal Tribunale internazionale dell’ONU dell’Aja; vanno smantellate le colonie che continuano a crescere su territori palestinesi, posto fine all’osceno assedio di Gaza e riconosciuto il diritto degli abitanti di Gaza alla loro sicurezza ed ad una vita normale; vanno portati di fronte da un tribunale internazionale i responsabili dei crimini contro l’umanità commessi durante il selvaggio bombardamento dell’operazione “Protective Edge” e quelli responsabili dei crimini compiuti durante la precedente operazione “Piombo fuso”, come riconosciuti ufficialmente dal rapporto Goldstone steso dalla apposita commissione dell’ONU.
 
Roma, 5 settembre  2014                               Rete No War Roma  
 
Per informazioni: nowaroma@  googlegroups.com,  unsc-nowar@  gmx.com,  Vincenzo Brandi: brandienzo@  libero.it 


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REPUBBLICA SERBA DI KRAJINA
Governo e Parlamento in Esilio
Zmaj Jovina 15, 11.000 Belgrado
N°1786/14 - Settembre, 7522 (2014)

Sig. Tusk, Sig.ra Mogherini,
state appena iniziando il Vostro mandato in ruoli dell'Unione Europea a cui ci rivolgiamo da molti anni. Il nostro Governo in Esilio della Repubblica Serba di Krajina vuole ricordarvi la nostra vecchia, e a Voi ben nota, situazione al fine di darVi la possibilità di riconsiderare le Vostre politiche.
Nel 1990, prima della guerra in Jugoslavia, la nostra nazione Serba in Krajina votò un referendum che ne sanciva l'indipendenza dalla Croazia. Le Vostre istituzioni, un tempo fondate per diffondere la democrazia, non riconobbero la volontà popolare espressa dal voto delle nostre genti. Ripetemmo la consultazione nel 1991: il 99% dei Serbi della Krajina si espresse ancora per una libera, sovrana e indipendente Krajina. Ancora una volta, le Vostre istituzioni rigettarono la volontà del popolo serbo democraticamente espressa. Nel 1993, abbiamo allora scritto la nostra Costituzione e votato i nostri 84 parlamentari. Tuttavia, le Vostre istituzioni hanno deciso nel 1995 di bombardarci (eravamo un'Area Protetta dalle Nazioni Unite !!!!!!!!!!!!) ed espellerci dalle nostre terre ancestrali. Il nostro esodo dalla Krajina è stato occultato dai mass media di tutto il Mondo. Peggio, i Serbi sono stati demonizzati e accusati di genocidio! 400.000 Serbi tra vecchi, donne e bambini della Krajina sono stati scacciati in 48 ore dalle loro case. In totale, quasi 900.000 Serbi hanno lasciato le loro case in Croazia, 400.000 Serbi hanno lasciato Sarajevo e altre regioni della Bosnia, 400.000 Serbi hanno abbandonato il Kosovo per la Serbia centrale. Contemporaneamente, la bandiera albanese sventolava sul Kosovo, diventato base di affari malavitosi come traffico di armi, droga, di organi e base di mercato di donne per la prostituzione nell'Unione Europea. Ancora una volta, le Vostre istituzioni hanno optato per i "bombardamenti umanitari e intelligenti" che hanno saturato le nostre terre di uranio impoverito. Di crimini contro l'umanità però sono stati accusati i demoni Serbi i cui leaders sono stati inviati al Tribunale dell'Aia dove giudici di parte e imbarazzanti (è sufficiente vedere i filmati delle sedute o leggerne i verbali) si sono fatti beffe della Giustizia e della Verità. I generali croati responsabili del genocidio "Oluja" in Krajina sono stati invece liberati da quasi ogni accusa in quello stesso tribunale mentre i leaders Serbi hanno battuto i record mondiali di più lunga detenzione senza che fossero giudicati e senza che fosse applicato il Regolamento secondo lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale sulla revisione semestrale della detenzione. Intanto, si dava al Kosovo un riconoscimento da parte di 100 Paesi, spalleggiati dai sempre presenti Usa, configurando così la nascita del secondo Stato albanese oltre all'Albania stessa.
Ad ogni modo, esistiamo ancora, sebbene in esilio e dispersi, sapendo ciò che dipende da noi e ricordando ciò che avete fatto alla nostra Nazione. Abbiamo imparato che i Vostri diritti "all'autodeterminazione dei popoli nella loro madrepatria" non si applicano al popolo serbo, specialmente della Krajina. Lo Stato croato si comporta come quando era un'alleato di Hitler nel 1941. La Croazia non ha mai pagato per 1.000.000 di Serbi uccisi nella Seconda Guerra Mondiale (lager di Jasenovac, Jadovno...) come ha fatto, per esempio, la Germania che si è scusata ed ha pagato, vivendo come una vergogna nazionale, ciò che ha fatto al popolo Ebraico. Ne ha mai pagato per il genocidio degli anni 90 che poi è proseguito silenzioso e strisciante per tutto il decennio successivo. Voi siete responsabili di aver consentito a questa Croazia di unirsi all'Unione Europea! Questa democratica Croazia, membro dell'Unione Europea, che ogni settimana, in spregio ai Diritti Umani relativi alla preservazione della propria cultura e della propria lingua, distrugge ogni traccia di alfabeto cirillico anche laddove è previsto che rimanga. Le Vostre istituzioni europee sono complici di tutto questo odio silenzioso che impedisce alla cultura e alla coscienza nazionale serba espulsa di ritornare alle sue terre d'origine nella Krajina. Comprendiamo la natura di questa Vostra Europa e delle Vostre istituzioni europee che, a dispetto del sogno di coloro che scrissero il Manifesto di Ventotene, sono uno strumento di pochi al servizio di pochi e con l'obiettivo di imporre un modello e un punto di vista unico al Mondo intero. Ma i Serbi della Krajina non possono essere governati dalle Vostre istituzioni nemmeno quando vengono bombardati o quando comperate alcuni loro fratelli come leaders in Serbia quali Kostunica o Nikolic. Siamo sopravvissuti a 500 anni di occupazione ottomana senza mai cambiare la nostra cultura.
A dispetto di tutti gli evidenti crimini contro la nostra sovranità e contro i nostri diritti umani Vi diamo la possibilità di ascoltarci ancora una volta. Chiediamo quindi:
1) il riconoscimento del nostro Stato votato nel 1991 nonchè il riconoscimento dei nostri parlamentari eletti nel 1993 che rappresentano l'attuale Governo ricostituito, per l'ennesima volta, il 26 Febbraio del 2006 nell'esilio di Belgrado con Milorad Buha nella veste di Presidente;
2) aiuto nel ripristino di una Repubblica Serba di Krajina sovrana, indipendente che risolva tutti le questioni legali, politiche e relative ai diritti proprietari;
3) la pulizia dell'area balcanica dalle scorie radioattive da parte dell'Unione Europea e delle forze armate USA, responsabili di secolari possibili contaminazioni;
4) il rispetto della Vostra stessa Carta dei Diritti Umani che garantirebbe molte delle questioni che abbiamo sollevato.
Speranzosi che la Vostra guida delle istituzioni dell'Unione Europea aprirà nuove inedite possibilità di confronto diretto col nostro Governo e con le nostre rappresentanze diplomatiche, attendiamo un Vostro riscontro.

Il Governo della Repubblica Serba di Krajina

dr. Milorad Buha;
Presidente della Repubblica Serba di Krajina
dr.ssa Jasmina Peev;
Ministro degli Affari Esteri della Repubbluica Serba di Krajina
dr. Aleksandar Bescapè
Ambasciatore Plenipotenziario della Repubblica Serba di Krajina in Italia



(deutsch / italiano)

L'Occidente contro l'Oriente, come sempre

1) Dmitry Sokolow-Mitritsch: Das Russland, was sie Verloren haben
2) Ezio Mauro: L'Occidente da difendere
* Il commento video di Giulietto Chiesa
* L’Occidente psichiatrico di Ezio Mauro (Miguel Martinez)
* Presto, armi a "La Repubblica" ! (Tommaso Di Francesco)
3) I nuovi crociati: Massimiliano Di Pasquale, Gianni Pittella… E La socialdemocrazia in camicia bianca che ci porta alla guerra!


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РОССИЯ, КОТОРУЮ ОНИ ПОТЕРЯЛИ (Дмитрий Соколов-Митрич, 8 сентября 2014 года)

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DAS RUSSLAND, WAS SIE VERLOREN HABEN

Wir haben Amerika geliebt, echt. Ich kann mit genau erinnern, wir liebten Amerika. Als wir Anfang der 90-er Jahre ins Erwachsenenleben traten, gab es für die Mehrheit meiner Altersgenossen nicht mal die Frage, wie man sich zur westlichen Zivilisation verhält. Natürlich gut, wie denn sonst?

Im Unterschied zu unseren Großväter und sogar Vätern betrachteten wir die “größte geopolitische Katastrophe des XX. Jahrhunderts” überhaupt nicht als Katastrophe. Das war für uns der Beginn eines weiten Weges. Endlich ausbrechen, raus aus der sowjetischen Nußschale in die große Welt – die wilde und wirkliche. Endlich können wir unseren Hunger nach Erlebnissen befriedigen. Wir waren vielleicht nicht am besten Platz geboren worden, aber auf jeden Fall zur richtigen Zeit – so dachten wir. Heute ist das schwer zu glauben, aber sogar die von der kommunistischen Aufsicht befreite Kirche stand damals in einer Reihe mit dem Triumph westlicher Werte. Die 1000-Jahr-Feiern der Taufe Russlands und das erste Konzert der Scorpions mit ihrem “Wind of Change” – das waren für uns Sachen ein und derselben Natur.

Der Irakkrieg und sogar Jugoslawien ging irgendwie an uns vorbei. Und das nicht deshalb, weil wir noch zu jung und übermütig waren. Ich arbeitete schon in der “Komsomolka”, in der internationalen Abteilung, saß am englischen Band von Reuters, voll von Izetbegović, Mladic und Karadžić, gab aber all diesen Ereignissen keine ernsthafte Aufmerksamkeit. Das war irgendwo dort, weit weg und nicht in unserem Gebiet. Und, natürlich, ein Krieg im Balkan passte nicht in irgendeine antiwestliche Logik. Was hat Amerika damit zu tun?

In den 1990-er Jahren stimmten wir für “Jabloko”, gingen zum Weißen Haus auf der Seite der demokratischen Kräfte, sahen das neugegründete NTV und hörten “Echo Mosky”. In unseren ersten journalistischen Artikeln bezogen wir uns in allen Fragen auf irgendeine “zivilisierte Welt” und glaubten fest, dass sie auch wirklich zivilisiert sei. Mitte der 1990-er gab es in unseren Reihen schon die ersten Euroskeptiker, aber die liefen eher in der Kategorie Außenseiter. Ich selbst lebte im Internat mit dem Kommunisten Petja und dem Monarchisten Arseni in einem Zimmer. Meine Kumpel aus anderen Zimmern verabschiedeten mich jeden Tag voller Mitleid: “Ok, geh schon in deine Irrenanstalt”.

Der erste ernste Schlag für unsere prowestliche Lebensorientierung wurde der Kosovo. Das war ein Schock, die rosarote Brille zerbrach. Die Bombardierung Belgrads wurde für meine Generation das, was für die Amerikaner die Attacke auf die Zwillingstürme war. Das Bewusstsein drehte sich um 180 Grad, zusammen mit dem Flugzeug des damaligen Premierministers Ewgeni Primakow, der vom Beginn der amerikanischen Aggression über dem Atlantik erfuhr – auf dem Weg von Irland in die USA – und das Kommando zur Rückkehr nach Russland gab.

Damals gab es noch keinerlei Surkowsche Propaganda. Das vertraute NTV erklärte uns jeden Tag, dass Bombenschmeißen auf eine große europäische Stadt schon etwas zuviel ist, aber immerhin wäre Milosevic ja so ein Schurke, wie ihn die Welt noch nicht gesehen hat, macht also nix, hält der schon aus. Das Satireprogramm “Puppen” stellte das Ganze wie einen guten Streit in einer Kommunalwohnung dar, wo der besoffene Nachbar die “Bürgerin Kosova” nervt, und keiner was gegen ihn machen kann außer ihrem Gast und Liebhaber, mit starker Brust und dem Gesicht von Bill Clinton. Wir sahen uns das an, glaubten es aber schon nicht mehr. Wir fanden es nicht mehr lustig. Wir hatten schon verstanden, dass Jugoslawien eine Demoversion dessen ist, was in der nächsten historischen Perspektive auch mit uns passieren kann.

Der zweite Irak, Afghanistan, die endgültige Abtrennung des Kosovo, der “arabische Frühling”, Libyen, Syrien – das alles verwunderte, aber erschreckte schon nicht mehr. Die Illusionen waren schon verloren: Mit wem wir auf einem Planeten leben, war uns mehr oder weniger klar geworden. Aber, ungeachtet all dessen, blieben wir all diese Zeit in einer westlichen Umlaufbahn. Es wirkte noch der Mythos vom bösen Amerika, aber guten Europa, die Kosovo-Angst stumpfte langsam ab, der Kompromiss sah in etwa so aus: Ja, in enger Umarmung mit diesen Jungs befreundet sein kann man natürlich nicht, aber gemeinsame Spiele spielen geht schon. Letzten Endes, mit wem soll man denn sonst spielen?

Sogar die Parade der Farbrevolutionen bis zur letzten schien nur sowas wie kleine Gemeinheiten zu sein. Erst der Euromaidan und der darauf folgende grausame Bürgerkrieg zeigte uns mit aller Deutlichkeit: Dieser völlig von Prozeduren und Regeln befreite “demokratische Prozess”, auf dem Territorium des Gegners losgelassen – das ist kein geopolitisches Spielchen, sondern eine echte, wirkliche Massenvernichtungswaffe. Die einzige Waffe, die anwendbar ist gegen einen Staat, der ein Atomschutzschild hat. Es ist alles ganz einfach: Wenn du auf den Knopf drückst und eine Rakete über den Ozean schießt, kriegst du mit hundertprozentiger Sicherheit genauso eine zurück. Wenn du auf dem Territorium des Gegners eine Kettenreaktion des Chaos erzeugst, kann er dir gar nichts. Aggression? Was ist das für eine Aggression? Das ist ein natürlicher demokratischer Prozess! Das ewige Streben der Völker nach Freiheit.

Wir sehen Blut und Kriegsverbrechen, wir sehen die Leichen von Frauen und Kindern, wir sehen, wie ein ganzes Land in die vierziger Jahre zurückgeworfen wird – und unsere von Kindheit an geliebte westliche Welt erzählt uns, dass wir nur träumen. Nichts davon sehen die Leute, aus denen Jim Morrison Mark Knopfler und die Beatles hervorgingen. Weder die Nachfahren der Woodstock-Teilnehmer noch die Woodstock-Teilnehmer selbst wollen das sehen – die alten Hippies, die tausende Male “all you need is love” gesungen haben. Und auch die nachdenklichen Deutschen aus der Baby-Boom-Generation, die sich die Stirn aufschlagen in der Reue für die Taten ihrer Väter.

Dieser Schock ist stärker als der vom Kosovo. Für mich und viele tausende “Fastvierzigjährige”, die in die Welt mit dem amerikanischen Traum im Schädel aufbrachen, ist der Mythos von der “zivilisierten Welt” endgültig zusammengebrochen. Vor Schrecken tönt es in den Ohren. Es gibt keine “zivilisierte Welt” mehr. Und das ist nicht einfach nur ein bisschen traurig, es ist eine ernste Gefahr. Die Menschheit, die ihre Werte verloren hat, verwandelt sich in einen Haufen von Raubtieren, und ein großer Krieg ist nur noch eine Frage der Zeit.

Vor zwanzig Jahren hat man uns nicht besiegt. Man hat uns überwältigt. Wir haben nicht im Krieg verloren, sondern in der Kultur. Wir wollten einfach so werden wie sie. Rock’n’Roll hat dafür mehr gemacht als Atomsprengköpfe. Hollywood war stärker als Drohungen und Ultimaten. Das Aufheulen der Harley-Davidson im Kalten Krieg war effektiver als das von Abfangjägern und Bombern.

Amerika, wie dumm bist du doch! Du hättest bloß noch zwanzig Jahre warten müssen, wir wären dein gewesen, ohne Rückkehr. Zwanzig Jahre Vegetarismus – und unsere Politiker hätten dir unsere Atomwaffen geschenkt, und noch lange die Hand gedrückt aus Dankbarkeit dafür, dass du sie nimmst. Was für ein Glück, dass du so dumm warst, Amerika!

Von uns hast du überhaupt keine Ahnung! Das sind, nebenbei bemerkt, Worte, die wir vor zwei Jahren noch in Richtung Kreml geschrien haben. Seitdem, dank dir, Amerika, ist die Zahl derer, die auf diesen Platz gehen wollen, deutlich gesunken. Du erzählst Dummheiten über uns, denkst Dummheiten über uns, und machst im Endergebnis Fehler über Fehler. Früher warst du mal ein tolles Land, Amerika. Du hast dich moralisch über Europa erhoben nach dem ersten Weltkrieg, und gefestigt nach dem zweiten. Ja, du hattest Hiroshima, Vietnam, KuKluxKlan und überhaupt – den Schrank voller Skelette, wie jedes Imperium. Aber über lange Zeit hinweg hat dieser Mist nicht die kritische Masse erreicht, die Wein in Essig verwandelt. Du hast der Welt gezeigt, wie man für Aufbau und schöpferische Freiheit leben kann. Du hast auf dem Planeten viele Wunder der Entwicklung geschaffen: BRD, Japan, Südkorea, Singapur. Aber seitdem hast du dich stark verändert. Du hast schon lange keine Lieder mehr geschrieben, die die ganze Welt singt. Du hast dein wichtigstes Kapital verbraucht – das moralische. Und das hat eine sehr schlechte Eigenschaft: Es kann nicht wiederhergestellt werden.

Du hast begonnen, langsam zu sterben, Amerika. Und wenn du denkst, dass ich schadenfreudig bin, irrst du. Eine große Änderung der Epoche wird begleitet von viel Blut, und ich mag kein Blut. Wir, Menschen, die selbst den Untergang ihres Imperiums erlebt haben, könnten dir sogar erklären, was du falsch machst. Werden wir aber nicht tun. Krieg es selbst raus.

Dmitry Sokolow-Mitritsch


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http://www.repubblica.it/esteri/2014/09/05/news/l_occidente_da_difendere-95037708/

L'Occidente da difendere

di EZIO MAURO, su La Repubblica del 5 settembre 2014

La terza Nato nasce in Galles dopo la prima, figlia della Guerra Fredda e la seconda dell'età di mezzo, quando con la caduta del Muro sembrò aprirsi un secolo lungo senza più nemici per le democrazie che avevano infine riconquistato il Novecento. La guerra di Crimea riporta nel cuore d'Europa, dove sono nate le due guerre mondiali, truppe, missili, carri armati, morti, feriti, aerei abbattuti. Ritorniamo a guardare i nostri cieli e le nostre mappe con quella stessa inquietudine per il futuro dei nostri figli che i nostri padri avevano ben conosciuto, e noi non ancora. E dagli arsenali della politica, della cultura, della diplomazia e della strategia militare rispuntano insieme con vecchie paure i concetti dimenticati delle "zone d'influenza", dei "blocchi", delle "esercitazioni", dei Muri, della frontiera europea tra Occidente e Oriente, con l'Ovest che ritrova il suo Est e il Cremlino fisso nuovamente nella parte del "nemico ereditario".

Misuriamo con uguale inquietudine gli sconfinamenti ucraini di Putin e la sua popolarità crescente in patria, nonostante le sanzioni. Scopriamo quel che dovevamo sapere, e cioè che l'anima imperiale e imperialista della Russia è eterna e insopprimibile, dunque non è una creatura ideologica del sovietismo ma lo precede, lo accompagna e gli sopravvive. Anzi: dopo gli anni di interregno, con il pugno di ferro interno e la spartizione oligarchica del bottino di Stato, l'Oriente russo torna a marcare un'identità forte, una sovranità territoriale e politica che mentre si riprende la Crimea non nasconde velleità su Kiev e tentazioni sui Paesi baltici, come se Mosca si ribellasse alla storia e alla geografia d'inizio secolo, contestandole e impugnandole davanti alla sua ossessione ritrovata: l'Occidente.

Nello stesso momento il Califfato islamista appena proclamato tra Siria e Iraq non ha ancora un vero Stato, una capitale, un sistema di relazioni, ma ha un pugnale puntato alla gola di uomini scelti per simboleggiare nel loro martirio individuale una sorta di sfida universale, che va addirittura oltre lo spettacolo di morte dell'11 settembre. La morte sceneggiata come messaggio estremo alla potenza americana, sotto gli occhi di tutto il mondo, rito primitivo del fanatismo religioso e marketing modernissimo del deserto. Nella sproporzione assoluta tra l'inermità innocente del prigioniero e la potestà totale del suo assassino (uno squilibrio miserabile, che esiste soltanto fuori dallo Stato di diritto, dai tribunali, dalle garanzie e dai diritti) si radunano i simboli e le vendette per la guerra del Kuwait dopo l'invasione di Saddam, la caccia ad Al Qaeda in Afghanistan con la ribellione all'attacco contro le Torri, la guerra in Iraq, l'uccisione di Bin Laden, ma anche la sfida islamista tra ciò che resta di Al Qaeda e l'Is, lo Stato Islamico, una partita aperta per l'egemonia politico-religioso-militare del fanatismo. Costruire sul terrore il Califfato significa soprattutto cancellare ogni rischio di contagio democratico anche parziale nei Paesi islamici, ogni istituto prima ancora di ogni istituzione, in nome di quell'"isolazionismo" che Bin Laden predicava e minacciava per cacciare dalla penisola musulmana "i soldati della croce", con i loro "piedi impuri" sui luoghi sacri. Il nemico definitivo è dunque chiaro: l'Occidente.

Ma nel momento in cui due parti del mondo lo designano contemporaneamente come il nemico finale e l'avversario eterno, l'Occidente ha una nozione e una coscienza di sé all'altezza della sfida? Ha almeno la consapevolezza che quel pugnale islamista è puntato alla sua gola, mentre Putin sta rialzando un muro politico e diplomatico che fermi l'America, delimiti l'Europa e blocchi la libertà di destino dei popoli? La risposta della politica è inconcludente, quella della diplomazia non va oltre le sanzioni. Resta la Nato, il vertice del Galles, la polemica sulle spese, il progetto di esercito europeo. Ma la domanda si ripropone oltre la meccanica militare: la Nato può funzionare e avere un significato da protagonista delle due crisi senza una soggettività politica chiara dell'Occidente? In sostanza, il nemico (o meglio: colui che ci elegge a nemico) ha una nozione di noi più chiara di quella che noi abbiamo di noi stessi.

Per tutto il breve spazio "di pace" che va dalla caduta del Muro all'11 settembre abbiamo lasciato deperire nelle nostre stesse mani il concetto di Occidente, mentre altri lavoravano per costruirlo come bersaglio immobile. Lo abbiamo svalutato come un reperto della guerra fredda e non come un elemento della nostra identità culturale, istituzionale e politica, quasi che fossimo definiti soltanto dall'avversario sovietico, e solo per lo spazio della sua durata. Anche gli scossoni geografici nell'Europa di mezzo, seguiti alla caduta del blocco sovietico, e le proposte di allargamento dell'Unione sono stati gestiti con parametri più economici, di mercato e di potenza che ideali. Quel pezzo di Occidente che si chiama Europa è sembrato a lungo incapace di avere un'idea di sé che non nascesse per differenza dal confronto con il comunismo orientale, e quando il sovietismo è caduto è parso in difficoltà a definirsi, a concepirsi come la terra dov'è nata la democrazia delle istituzioni e la democrazia dei diritti. Qui sta la ragione della comunità di destino - e non solo dell'alleanza - con gli Stati Uniti, e stanno anche le ragioni specifiche che l'Europa porta in questa intesa, il rispetto degli organismi internazionali di garanzia e delle regole di legalità internazionale, che per un'alleanza democratica (anche quando è guidata da una Superpotenza) valgono sempre, anche quando è sotto attacco: perché la democrazia ha il diritto di difendersi, ma ha il dovere di farlo rimanendo se stessa.

Oggi noi dobbiamo vedere (se non fosse bastato l'11 settembre) che non è l'America soltanto il bersaglio, ma è questo nostro insieme di valori e questo nostro sistema di vita, fatto di libertà, di istituzioni, di controlli, di regole, di parlamenti, di diritti. E contemporaneamente, certo, di nostre inadeguatezze, miserie, errori, abusi e violenze, perché siamo umani e perché la tentazione del potere è l'abuso della forza. Ma la differenza della democrazia è l'oggetto dell'attacco, il potenziale di liberazione e di dignità e di uguaglianza che porta in sé anche coi nostri tradimenti, e proprio per questo il suo carattere universale, che può parlare ad ogni latitudine ogni volta che siamo capaci di comporre le nostre verità con quelle degli altri rinunciando a pretese di assoluto, ogni volta che dividiamo le fedi dallo Stato, ogni volta che dubitiamo del potere - sia pur riconoscendo la sua legittimità - e coltiviamo la libertà del dubbio.

Hanno il terrore di tutto questo, nonostante la nostra testimonianza infedele della democrazia e il cattivo uso delle nostre libertà. Lo ha Putin, con la sua sovranità oligarchica. E lo ha radicalmente l'Is. Ma noi, siamo in grado di difendere questi nostri principi e di credere alla loro universalità almeno potenziale, oppure siamo disponibili ad ammettere che per realpolitik diritti e libertà devono essere proclamati universali in questa parte del mondo, ma possono essere banditi come relativi altrove? In sostanza, siamo disposti a difendere davvero la democrazia sotto attacco?

La sfida è anche all'interno del nostro mondo. Perché nell'allontanamento dalla politica e dalle istituzioni dei cittadini dell'Occidente c'è la sensazione che siano diventate strumentazioni inutili di fronte alla grande crisi economica e alle crisi locali aperte nel mondo. E che la stessa democrazia oggi valga soltanto per i garantiti, lasciando scoperti dalle sue tutele concrete gli esclusi. La somma delle disuguaglianze sta infatti facendo traboccare il nostro vaso: sono sempre esistite, nella storia dei nostri Paesi, ma erano all'interno di un patto di società che prevedeva mobilità sociale, opportunità, libertà di crescita e questo teneva insieme i vincenti e i perdenti del boom, delle varie congiunture, dello sviluppo, della globalizzazione. Oggi si è rotto il tavolo di compensazione dei conflitti, il legame sociale tra il ricco e il povero, la responsabilità comune di società. Tra i precari fino a quarant'anni e licenziati di 50, produciamo esclusi per i quali la democrazia materiale non produce effetti: e perché per loro dovrebbe produrne la democrazia politica, la partecipazione, il voto?

Contemporaneamente, una parte sempre più larga di popolazione ha la sensazione davanti alle crisi che il mondo sia fuori controllo. E cioè che il sistema di governance che ci siamo dati faticosamente e orgogliosamente nel lungo dopoguerra si sia inceppato, e non produca governo dei fenomeni in atto. Per la prima volta si blocca quello scambio tra il cittadino e lo Stato fatto di libertà e diritti in cambio di sicurezza. Ci si sente cittadini dentro lo Stato nazionale, ma si percepisce che lo Stato-nazione non controlla più nessuno dei fenomeni che contano nella nostra epoca, non ha prodotto istituzioni e democrazia in quello spazio sovranazionale dei flussi finanziari e informativi dove non per caso la nostra cittadinanza - il nostro esercizio soggettivo di diritti - è puramente formale. Delle istituzioni sovranazionali a noi più vicine - la Ue - sentiamo nitidamente il deficit di rappresentanza e quindi di democrazia. Portiamo in tasca una moneta comune senza sapere qual è la faccia del sovrano che vi è impressa, senza un'autorità capace di spenderla politicamente nelle grandi crisi del mondo, senza un esercito che la difenda. Alla fine dell'Europa sentiamo il vincolo, certo, ma non la sua legittimità.

La stessa America, che doveva essere la Superpotenza superstite al Novecento e dunque egemone, avverte la crisi della sua governance proprio quando l'elezione di Obama aveva dispiegato tutta l'energia democratica di quel Paese, come se quel voto avesse avvertito la coscienza dell'ultimo limite (la differenza razziale come impedimento ad un pieno dispiegamento dei diritti) e la necessità infine di superarlo. Ma nel momento in cui spezzando l'unilateralismo bushista Obama, dopo aver offerto invano il dialogo all'Islam, porta l'America fuori dalle guerre sul terreno, chiudendo un'epoca, la democrazia americana si scopre disarmata e in difficoltà a tradurre la sua forza in politica, e vede Mosca riarmarsi e Pechino lucrare vantaggi competitivi all'ombra delle crisi che investono direttamente Washington.

È come se stessimo testando il confine della democrazia, quasi non riuscisse più a produrre rappresentanza, governo e istituzioni capaci a rispondere alle esigenze dell'epoca. Come se fosse una costruzione del Novecento, giunta esausta a questo pericoloso inizio di secolo. Non sarebbe la fine di un'ideologia, ma di tutto il fondamento dello Stato moderno, di una cultura politica, di un'identità. Per questo l'Occidente oggi va difeso, con ogni mezzo, da chi lo condanna a morte. Anche Vladimir Putin dovrebbe riflettere sulla sfida islamista, domandandosi per chi suona la campana, magari recuperando negli archivi del Cremlino la lettera che l'ayatollah Khomeini scrisse all'ultimo segretario generale del Pcus nel gennaio del 1989: "È chiaro come il cristallo che l'Islam erediterà le Russie".

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Il commento di Giulietto Chiesa sull'editoriale di Ezio Mauro
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=Ih4svTAhbN0

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L’Occidente psichiatrico di Ezio Mauro

Posted on 06/09/2014 by Miguel Martinez

Leggo ieri, sul sito di Repubblica, un editoriale di Ezio Mauro che riesce a riassumere due secoli di paranoia in quattro luoghi comuni.

Mauro ci spiega che esiste l’Occidente e che l’Occidente ha un “nemico ereditario“, l’Oriente.

Egli adopera in modo intercambiabile il termine “Occidente” e il pronome “noi“, e già questo è clinicamente interessante.

Il signor Ezio Occidente precisa comunque di non essere paranoico: è il mondo, spiega, che ce l’ha con lui/noi.

Ci rivela che “l’anima imperiale e imperialista della Russia è eterna e insopprimibile” e vuole bloccare “la libertà di destino dei popoli“.

Poi ci sono i musulmani. Ezio Occidente, parlando del cosiddetto califfato islamico a cavallo tra Siria e Iraq, si chiede se l’Occidente (anzi “la comunità del destino”) abbia

“almeno la consapevolezza che quel pugnale islamista è puntato alla sua gola“.

E si pone l’eterna domanda di tutti coloro che temono la Decadenza dell’Occidente:

“Ma nel momento in cui due parti del mondo lo designano contemporaneamente come il nemico finale e l’avversario eterno, l’Occidente ha una nozione e una coscienza di sé all’altezza della sfida?”

la risposta, per lui è chiara:

” Per questo l’Occidente oggi va difeso, con ogni mezzo, da chi lo condanna a morte.”

Ragionare con i matti, in particolare con quelli paranoici, non è sempre facile, perché richiede che si applichi una regola di di buon senso, che si può riassumere così:

1) Se qualcuno dice che Jack lo Squartatore fu colpevole di alcuni omicidi avvenuti nella Belle Epoque londinese, se ne può discutere.

2) Se qualcuno dice che Jack lo Squartatore lanciò la bomba atomica su Hiroshima, ho il diritto di esprimere i miei dubbi, senza per questo diventare necessariamente un difensore del personaggio.

Quindi, premetto che la parte antirussa degli ucraini ha tanti validi motivi per non voler restare nella sfera di Mosca, e non ho particolari simpatie per l’attuale governo russo (e nemmeno per altri governi, se è per questo).

Però constato che nessuno sta cercando di conquistare né l’Ucraina, né l’Occidente: c’è la parte di ucraini – diciamo un terzo della popolazione – che si sente russa che non ha intenzione di farsi sottomettere o cacciare dalla parte antirussa, e in questo godono del sostegno del governo russo.

Il signor Ezio Occidente sappia quindi che i russi non vogliono far abbeverare i loro cavalli nella fontana di San Pietro, al massimo faranno abbeverare le loro Ferrari dai benzinai della Versilia.

Per quanto riguarda l’ISIS [1], non si tratta di una “parte del mondo” – come scrive Ezio Occidente – che ha come “nemico definitivo” l’Occidente. Si tratta piuttosto dell’ennesima tegola in testa agli iracheni, da quando hanno scoperto il petrolio da quelle parti.

Mettere i fatti in ordine cronologico è istruttivo.

A giugno l’ISIS si è vantato di aver fucilato in un solo giorno tra 600 e 3.000 prigionieri iracheni (accusati di appartenere al “criminale esercito safavide“, un termine che mette insieme i concetti di sciita e di iraniano) catturati nell’ex-base statunitense di Camp Speicher.

Tutto in video,  ovviamente; e devo dire che è il video più terrificante che mi sia mai capitato di guardare. Lo so che ogni battaglia della Rivoluzione Messicana finiva con la fucilazione finale dei soldatini/contadini prigionieri; e più o meno lo stesso capitava durante tutti i grandi eventi del Novecento, però questa volta i media non hanno la scusa che non ci sono le immagini.

Che cosa ne avrà pensato Ezio Occidente?

Vado su Google: Nessun risultato trovato per “camp speicher” “ezio mauro”.[2]

Evidentemente i soldatini sciiti non fanno Occidente Minacciato.

Per sostenere il governo che avevano installato in Iraq, e perché una nuova guerra ogni tanto ci vuole, gli Stati Uniti hanno in seguito bombardato alcune basi dell’ISIS. Basi, ricordiamo, messe in piedi grazie alla lunga accondiscendenza del governo turco.

Infatti, l’ISIS è il nemico più agguerrito e capace del governo siriano, un governo da anni ormai sotto sanzioni e minacce di ogni sorta proprio da parte dell’Occidente: lo scorso giugno, Obama ha proposto di dare 500 milioni di dollari per addestrare e armare chi sta combattendo contro il governo siriano.

Anche il governo siriano avrà le sue pecche, ma non ha certo mai minacciato l’Occidente.

Solo dopo i bombardamenti statunitensi, è avvenuto il video-omicidio del giornalista Sotloff: il decapitatore ha spiegato chiaramente il messaggio“un’occasione per avvertire i governi che entrano in questa malvagia alleanza con l’America contro lo Stato Islamico: si tirino indietro e lascino il nostro popolo in pace; e rivolto a Obama,“Fintanto che i tuoi missili continueranno a colpire il nostro popolo, i nostri coltelli continueranno a colpire il collo del tuo popolo”.

Non esiste, insomma, nessun pugnale puntato alla gola dell’Occidente.

Non escludo che se l’aeronautica americana bombardasse di nuovo una città controllata dall’ISIS, a qualche giovane esaltato potrebbe venire in mente di farsi saltare in aria in un supermercato di Parigi, e sarebbe una cosa sicuramente orribile.

Ma il punto è che l’Occidente non salta per un supermercato che chiude (ne hanno chiuso uno dietro casa mia l’altra giorno, e ti assicuro che l’Occidente respira uguale).

L’Occidente salterebbe, casomai, se non arrivasse più petrolio. Ma anche lì, non c’è da preoccuparsi.

L’ISIS, infatti, pare che viva del petrolio che riesce a vendere. Come tutto ciò che riguarda il Medio Oriente, sarà una cifra un po’ a caso, ma qualcuno calcola che l’ISIS guadagni tre milioni di dollari al giorno grazie proprio al petrolio  (e vendono pure l’energia elettrica prodotta dalla diga di Raqqa, che si sono ben guardati dal danneggiare).

Passiamo a guardare la filosofia sottostante alla costruzione di Ezio Occidente.

Lui che scrive e il lettore formano un “noi”, unito dal nemico che ci odia perché il nemico è intrinsecamente perverso: odia la libertà, la pace e probabilmente anche i bambini.

Questa condivisione paranoica permette di spazzare sotto il tappeto tutto ciò che in realtà “ci” divide, a partire dal fatto che lui ha alle spalle Benetton, e io no, ad esempio.

Il nemico viene ingigantito oltre ogni misura: stendiamo un velo pietoso sui disastrati villaggi polverosi da cui il Califfato emana i suoi video, sgozza i suoi sciiti e vende il suo petrolio. Ma anche il PIL di tutta la vasta Russia rimane inferiore a quello della nostra piccola Italia.

La comunità paranoica non è mai dichiaratamente aggressiva: il suo motto è dobbiamo difenderci – dagli slavi, dagli sciiti, dagli ebrei, dagli arabi, dai cristiani, dai serbi, dai musulmani, dai neri che violentano le nostre donne, dagli Invasori di Lampedusa, dagli alieni di Zeta Reticuli… Il “bersaglio“, scrive il direttore di Repubblica“è questo nostro insieme di valori e questo nostro sistema di vita”.

Una difesa da condurre, come scrive in tono sinistro il nostro (ricordiamo che sta parlando di un vertice della NATO, cioè della massima organizzazione armata del pianeta), “con ogni mezzo”. Ma dietro le parole difensive, Ezio Occidente si lascia sfuggire un concetto interessante. Eggli accusa infatti Putin di voler che si  “fermi l’America, delimiti l’Europa“. Nessuno osi delimitarci.[3]

Anzi, “la democrazia” (ricordiamo che per il nostro autore, i termini “Occidente”, “Ezio Mauro”, “democrazia” e “noi” sono tutti sinonimi perfettamente intercambiabili) ha un “carattere universale che può parlare a ogni latitudine“. Che è all’incirca ciò che sostengono alcuni a proposito dell’Islam.

I difensori paranoici non sono mai contenti. Lo scarto tra le loro fantasie di trionfo totale e la realtà la attribuiscono in genere a una caduta di morale. Il difensore paranoico vive sempre all’undicesima ora, in cui solo uno scossone potrà risvegliare la Fibra Morale; e quindi cerca avidamente i segni del declino e del pericolo, da agitare confusamente davanti a coloro che vorrebbe appunto risvegliare. E l’articolo di cui parliamo è pieno di preoccupazioni per i dubbi che pervadono un Occidente che invece  dovrebbe pensare solo a combattere.

Qui non ci piace giocare con la parola fascismo. Però nella sequenza filosofica che abbiamo esposto, credo che troverete la chiave per capire tante caratteristiche di movimenti che i media chiamano neofascisti.

La differenza però è sempre quella del vecchio detto su chi rapina una banca e chi la fonda.

Ezio Occidente non è Roberto Fiore perché Roberto Fiore non fa il direttore del principale quotidiano italiano.

Note:

[1] Invitiamo i lettori a ricordare che ISIS in questo caso si riferisce al cosiddetto Islamic State of Iraq and Syria, e non all’Institute for the Secularization of Islamic Society, delle cui bizzarre attività abbiamo già avuto occasione di parlare.

[2] Se poi cerco Speicher sul motore di ricerca interno di Repubblica, trovo un  giocatore di basket di Cremona e un articolo curioso su Michael Speicher, il pilota cui fu dedicata la base.

[3] Possiamo suggerire al signor Ezio Occidente la lettura di qualche breve e semplice testo, alla portata anche di un direttore di quotidiano, come ad esempio questo intitolato Accettare i propri limiti per trovare l’autostima.


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Il mondo caotico di Ezio Mauro. Presto, armi a Repubblica 

Tommaso Di Francesco 

su Il Manifesto del 6.9.14

A chi inviamo armi oggi? Dopo i kurdi, dopo quelle alla Libia e alla Siria (finite irreparabilmente ai jihadisti), dopo aver letto l’editoriale di Ezio Mauro, non abbiamo dubbi: inviare subito armi alla «Repubblica». Difficile, francamente, leggere un editoriale più caotico e sospeso in un vuoto davvero pericoloso. A un certo punto abbiamo temuto che un virus o un copia-incolla sbagliato abbia immesso nella riflessione autorevole una lunga giaculatoria di Oriana Fallaci, l’ennesima lode al «civile» Occidente insidiato dall’inferno barbaro che lo circonderebbe, dall’Islam al resto del mondo. 
Dunque per Mauro sarebbe cominciata la terza era dell’Alleanza, dopo la prima della Guerra Fredda e la seconda, quando con la caduta del Muro «sembrò aprirsi un secolo lungo senza più nemici per le democrazie che avevano infine riconquistato il Novecento». 
Eppure le date non tornano: la prima Nato nasce preventiva nel 1949 (il Patto di Varsavia nascerà solo nel 1951) e la seconda stagione atlantica si avvia nell’aprile del 1999 (dieci anni dopo l’89) a Washington in piena guerra «umanitaria» di 78 giorni di raid sull’ex Jugoslavia. Con una nuova guerra espansiva: altro che alleanza di «difesa». 
Ma la democrazia non aveva vinto? Non era il caso di rivedere quell’Alleanza sciagurata, invece di mantenere l’ideologia del nemico necessario. 
Ma ora la terza fase, quella nata ieri in Galles, è davvero necessaria: guardate il Califfato islamico con la sua morte sceneggiata. Ma chi ha usato questi macellai nei vari teatri di guerra, dall’Afghanistan alla Bosnia, se non l’Occidente e per portare alla vittoria, contro il socialismo realizzato morente e per geostrategie di potenza, l’ideologia atlantica della primazia di civiltà? Che rapporto c’è ora tra pugnale insanguinato islamista e cluster-bomb americane e israeliane? 
Niente dubbi. Anche se la democrazia ormai «esclude», serve solo ai garantiti, «non è più garanzia di governance», saltati gli Stati nazionali, nelle sedi sovranazionali. Il mondo è «fuori controllo» ed è «impossibile» lo scambio tra cittadini e Stato, tra diritti e «sicurezza». Militare, naturalmente. ma allora, si chiede Ezio Mauro siamo comunque disposti a difendere la democrazia sotto attacco? 
Pure se esausto e senza contenuto, per Ezio Mauro l’Occidente va difeso «ad ogni costo». E anche Putin - è il caos - deve rispondere alla sfida islamista (come se avesse dimenticato Beslan a tre giorni dall’anniversario). Quindi nuove guerre «umanitarie» insieme a tante basi della Terza gloriosa fase Tre della Nato, a ridosso della Russia. Un nuovo Muro militare. 
Subito, ad ogni costo, armi a Repubblica. 


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I NUOVI CROCIATI


1) MASSIMILIANO DI PASQUALE

Fonte: profilo facebook "VOGLIAMO RADIOANCHIO E LA RAI SENZA BERLUSCHINI", 2/9/2014

"Scopriamo" che dei sostenitori italioti dei golpisti ucraini, finanziati da Ue e USA, che hanno per idolo uno schifoso collaborazionista nazista come Stepan Bandera quando parlano di questo criminale omettono delle notizie non di poco conto.
Uno di questi "intellettuali" è Massimiliano Di Pasquale, sodale di personaggi del PD come Matteo Cazzulani che insieme con Gianni Pittella si facevano foto con sfondo di bandiere dei nazi ucraini a Kiev durante i disordini che hanno portato al colpo di stato in Ucraina.
Questo Di Pasquale (chiamato anche dalla RAI in varie trasmissioni, tipo Rainews.it a commentare (!!) la situazione in Ucraina) in un suo articoletto postato anche su delle pagine Web dovrebbe spiegarci come mai nel 2014 lui che si considera così tanto esperto della storia Ucraina definisce "accuse NEOSOVIETICHE" le accuse di collaborazionismo con il nazismo di Bandera e i suoi scagnozzi. 
Come mai Di Pasquale nel 2014 nel suo articolo ignora il giudizio ("NAZI COLLABORATOR") che hanno di Stepan Bandera quei giocherelloni del Centro Wiesenthal che probabilmente di criminali nazisti se ne intendono molto più di lui? Ignoranza o malafede?

Che forse anche al Centro Wiesenthal siano imbevuti di "propaganda neosovietica" , eh Di Pasquale, che non riescono a considerarlo come un romantico "eroe nazionale" come lo vedono i golpisti fascistoidi di Kiev e certi sostenitori italioti?

Link alla pagina del Centro Wiesenthal : 
http://www.wiesenthal.com/site/apps/nlnet/content2.aspx?c=lsKWLbPJLnF&b=4441467&ct=7922775#.VAX5QktEOWF
[January 28, 2010: WIESENTHAL CENTER BLASTS UKRAINIAN HONOR FOR NAZI COLLABORATOR]

PS: qui l'articoletto di Di Pasquale dove potrete leggere che - NEL 2014 !!! - non fa assolutamente cenno a come viene considerato quel criminale di Stepan Bandera dal Centro Wiesenthal : http://massimilianodipasquale.wordpress.com/2014/06/19/stepan-bandera-tra-mito-nazionale-e-propaganda-neosovietica/


2) GIANNI PITTELLA

Pittella è vice-presidente del Parlamento europeo.

«Io sono andato giù a Roma... ho parlato con... e poi ho incontrato anche Gianni Pittella... è il presidente del Consiglio europeo (lapsus, ndr )... grande... potere enorme... al posto di parlamentare europeo... nel Pd è considerato potente ecco... io l’ho incontrato... sul piano casa abbiamo parlato parecchio... magari strumenti europei perché...» (Primo Greganti, intercettazioni inchiesta EXPO)

Dalla pagina FB di Gianni Pittella, "Viaggio a Kiev":
«L'Ue non é sorda alla battaglia per la democrazia del popolo ucraino. Sia il popolo ucraino a decidere liberamente se entrare a far parte della grande famiglia europea.»

FOTO: Gianni Pittella arringa la folla di ultranazionalisti sulla piazza di Kiev. In primo piano le bandiere di "Svoboda" e "Pravij Sektor" (dicembre 2013)

Gianni Pittella è il datore di lavoro di

(francais / srpskohrvatski / italiano)

Monumenti in Kosovo

1) MISSING – Gračanica: Spomenik kao brana zaboravu [inaugurato memoriale ai desaparecidos serbi a Gracanica]
2) A Vitina distrutto il Monumento in memoria della lotta di liberazione dal nazifascismo
3) Gračanica retrouve son monument à Miloš Obilić


Vedi anche:

Predsenik Tito na Gazimestanu / Il presidente Tito in visita al grande memoriale di Gazimestan (Kosovo Polje)


=== 1 ===

Gračanica: Spomenik kao brana zaboravu (RTV KIM, 17/mar/2014)

Povodom obeležavanja martovskog pogroma umetnička instalacija MISSING postavljena je danas ispred Doma kulture u Gračanici…



Gračanica: Spomenik kao brana zaboravu

17.03.2014

Povodom obeležavanja martovskog pogroma umetnička instalacija MISSING postavljena je danas ispred Doma kulture u Gračanici. Tom prilikom članovi Udruženja porodica kidnapovanih i nestalih „Kosovske žrtve“ pozvali su nadležne da se pitanje nestalih reši.

Plato ispred Doma kulture u Gračanici mesto je gde se sada nalazi spomenik koji seća na sve nestale u ratu 1999. godine. Umetničko delo MISSING koje je na dan sećanja na martovski pogrom postavljeno u Gračanici rad je autora Gorana Stojčetovića. 
„Ne mogu da prihvatim da se mnoge stvari guraju u ćošak i da nisu drušveno aktuelne. Ja se kao umetnik inače bavim temama koje društvo izbegava, tako da je ovo deo moje lične umetničke poetike. Ovo ovde mi je bilo i lično potrebno jer na ovim slikama su moji rođaci, prijatelji i komšije, a 15 godina o njima se ništa ne zna“, rekao je Stojčetović.
Iz Udruženja porodica kidnapovanih i nestalih kažu će i dalje biti istrajni u svojoj borbi za istinu i pravdu za sve nestale i stradale na Kosovu.
„Trudimo se da budemo istrajni u borbi da se sazna istina za svako nestalo lice, da se procesuiraju ratni zločini i da se dođe do pravde za sve žrtve. Želimo da ovaj spomenik bude trajna opomena i pokazatelj da se nikada i nikome na ovim, i bilo kojim prostorima, ne dogodi ono što se dogodilo nama“, rekla je predsednica ovog udruženja Nataša Šćepanović.
Gradonačelnik Gračanice Branimir Stojanović rekao je da je čekanje na pravdu nešto što će nas uvek podsećati na 17. mart.
„Ono što će nas svakako podsećati na 17. mart je čekanje pravde i sudskih presuda. U narednom periodu tražićemo da se pokrenu sudski postupci ne samo za 17. mart nego i za sve ono što nas i dalje boli“, istakao je Stojanović.
Iz Udruženja porodica kidnapovanih i nestalih pozvali su gradonačelnika Prištine da dozvoli da se ova instalacija i tamo postavi da podseća na sve nevino stradale.


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http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=407:kosovo-a-vitina-distrutto-il-monumento-in-memoria-della-lotta-di-liberazione-dal-nazifascismo&catid=2:non-categorizzato

Kosovo: a Vitina distrutto il Monumento in memoria della lotta di liberazione dal nazifascismo

Scritto da Enrico Vigna


Un monumento che era stato costruito in onore dei partigiani Serbi e Albanesi che combatterono contro l’occupazione nazifascista è stato distrutto nel centro del paese di Vitina da estremisti albanesi. L’atto vandalico è avvenuto sotto gli occhi della polizia kosovara, alcuni membri della quale hanno infatti tranquillamente osservato la distruzione del Memoriale, senza minimamente intervenire.    

Il fatto che che l’obiettivo non sia stato attaccato per motivi “etnici”, (era dedicato alla memoria sia dei serbi che degli albanesi) chiarisce ancora meglio la situazione di violenza, di sopruso e di aggressività presenti nella realtà del Kosovo “liberato”. Ma soprattutto fa capire quali sono i valori e le radici storiche cui si rifanno le forze secessioniste.

La memoria dei partigiani antifascisti del Kosovo, ormai annientata.

Il patrimonio e la memoria storica e culturale del Kosovo, fino al 2000 conservato nelle tradizioni della ex Jugoslavia, viene oggi sistematicamente rimosso e spesso distrutto dai “nuovi” governanti della provincia serba. Agim Gerguri, direttore dell'Istituto per la Protezione dei Monumenti in Kosovo, membro del consiglio di governo, ha dichiarato che nessun monumento legato alle vicende della Seconda guerra mondiale è sulla lista dei monumenti che lo “Stato” del Kosovo protegge. Un altro monumento jugoslavo sulla ex piazza “Fratellanza e Unità” a Pristina, sarà sostituito da un monumento al comandante UCK ucciso, Adem Jashari.

La sistematica e pianificata opera di distruzione dei Monumenti e Memoriali che ricordano il sacrificio dei combattenti serbi, albanesi e delle altre minoranze del Kosovo Methoija contro il nazifascismo nella Seconda Guerra mondiale può dare un idea  dellareatà vergognosa che esiste oggi in quella provincia; possono essere utili alcuni elementi di storia, che fanno capire da dove vengono le forze terroriste dell’UCK, i cui capi sono oggi ministri e politici vezzeggiati e protetti dall’occidente, e chi sono i loro maestri. "…Quando la Germania invase la Jugoslavia nel 1941, il popolo kosovaro fu liberato dai tedeschi. Tutti i territori albanesi di questo stato, come il Kosovo, la Macedonia occidentale e le regioni di confine del Montenegro furono riunificate con l'Albania propriamente detta. Furono ristabilite le scuole in lingua albanese, l'amministrazione del governo, la stampa e la radio solamente albanesi…" (Da: www.klpm.org, uno dei siti UCK).

Il progetto nazifascista della " Grande Albania "

Il Kosovo Metohija con la protezione di Hitler e Mussolini divenne il cuore del progetto della Grande Albania; il nazifascismo permise la realizzazione dell'ideologia della Grande Albania, teorizzata fin dal 1878 dalla Lega di Prizren, che prevedeva l’unificazione delle aree albanesi situate nei Balcani, dal Kosovo Metohija, alla Macedonia occidentale, dal Montenegro meridionale alla Grecia settentrionale. Dopo che la Germania ebbe invaso ed occupato la Jugoslavia nella primavera 1941, il grosso dell'attuale Kosovo-Metohija fu posto sotto il controllo del governo collaborazionista italo-albanese ed annesso all'Albania, allora occupata dall’Italia. Il movimento nazionalista albanese kosovaro legato alla Grande Albania pianificò l’assassinio dei civili serbi del Kosovo e si appropriò delle loro terre e case. Molte donne serbe del Kosovo furono sistematicamente violentate; così come sacerdoti ortodossi del Kosovo furono arrestati, torturati e uccisi. Chiese ortodosse e monasteri serbi furono attaccati e distrutti. Monumenti della cultura serba, cimiteri e tombe furono profanati e demolite. La primamilizia kosovara, composta da circa 1000 uomini, fu la "Vulnetari", cui furono affidati prevalentemente compiti di polizia locale.

Poi il movimento nazionalista per la Grande Albania formò nel Kosovo le forze militari delBalli Kombétari (Unione Nazionale, ovvero i Balisti, Partito Nazista Albanese), il Comitato albanesi del Kosovo ( esuli e rifugiati all’estero), e il 17 aprile 1944 la SS-Divisione Skanderbeg  (la 21° "Waffen-Gebirgsdivision SS") composta da 11.400 effettivi, due terzi dei cui membri erano kosovari albanesi musulmani.

La Divisione Skanderbeg aveva capi tedeschi e ufficiali e truppa kosovaro-albanese. In generale la politica tedesca era quella di organizzare unità militari volontarie fra i simpatizzanti nazisti dei paesi occupati. Fra tutte le nazioni occupate solo i serbi, i greci e i polacchi rifiutarono di formare unità volontarie naziste. Piuttosto che unirsi ai nazisti, come avevano fatto molti albanesi del Kosovo, i serbi organizzarono la più grande resistenza antinazista in Europa dopo quella sovietica. Sia i partigiani comunisti, la grande maggioranza, che i monarchici cetnici, di cui molte migliaia si incorporarono poi nell’AVNOJ, erano principalmente serbi, e combatterono i tedeschi e i loro alleati locali in tutta la Jugoslavia. I tedeschi reclutarono gli uomini della divisione Skanderbeg per combattere questi gruppi di resistenza, ma gli albanesi della Skanderbeg non avevano interesse ad affrontare i soldati; essi volevano principalmente terrorizzare i civili serbi, zingari ed ebrei locali. Molti di questi albanesi kosovari avevano prestato servizio in precedenza nelle divisioni SS bosniaco-musulmane e croate, note per i loro massacri di civili.La prima operazione della divisione Skanderbeg, nota come "Einsatztruppen", fu un'incursione contro gli ebrei, e la seconda fu lo sterminio del villaggio serbo di Velika, dove più di 400 serbi furono uccisi.Estremisti kosovari albanesi musulmani giocarono un ruolo attivo anche nella persecuzione degli ebrei. Infatti kosovari albanesi incorporati come truppe delle SS naziste partecipavano normalmente al rastrellamento degli ebrei del Kosovo che furono poi uccisi a Bergen Belsen. Si è stimato che 550 ebrei vivessero in Kosovo al momento dell'invasione nazista; 210 di essi, ossia il 38 per cento, furono uccisi.  "…La popolazione serba in Kosovo deve essere cacciata il prima possibile. I coloni serbi vanno ammazzati…". Così si esprimeva il leader fascista albanese Mustafa Kruja, nel giugno 1942. Mentre un altro capo albanese-kosovaro, Ferat-Bej Draga diceva: "…E' arrivato il momento di sterminare i serbi. Non rimarrà alcun serbo sotto il sole del Kosovo…”.

Sotto l'occupazione tedesca dal 1943 il terrore fu continuato dal famigerato Kosova Regiment (Reggimento Kosova), che devastà le zone da Pec a Prizren e Djakovica,  in tutto il Kosovo e Metohija. Gli storici hanno stimato una cifra tra i 30.000 e 40.000 Serbi uccisi in Kosovo. Oltre ad un numero sconosciuto di morti nei Campi di lavoro nazisti a Pristina e Mitrovica o uccisi dalle rappresaglie tedesche contro le azioni dei partigiani. Si stima che gli espulsi siano stati circa 100.000.
La pulizia etnica e l’esodo dei Serbi di quegli anni fu superato soltanto nel 1999, dopo la fine dei bombardamenti NATO, che costrinse oltre 230.000 serbi, rom, gorani, albanesi jugoslavisti, ebrei, ashkali e di altre minoranze alla fuga.

Tutto ciò fu possibile soprattutto grazie alla leadership politica e militare della “Seconda Lega di Prizren”, costituita il 16 settembre 1943da Xhafer Deva, un albanese kosovaro, in continuità ideale con la Lega di Prizren, fondata a fine ottocento in questa cittadina del Kosovo Methoija; anche oggi, dopo 15 anni di occupazione NATO, la cittadina è stata una delle roccaforti dei terroristi dell’UCK, che hanno terrorizzato e assassinato i serbi del posto (un dato su tutti: dei 20.000 serbi che vivevano lì fino al 2000, oggi ne restanomeno di dieci), radendo anche al suolo l’antico monastero ortodosso.

Nell’estate del 1999 quando i Tedeschi sono entrati a Prizren per la prima volta dopo la II Guerra mondiale, un corrispondente della NBC ha riportato: "…L'altra sera ero a cena con una gentile famiglia di kosovari musulmani, quando il discorso e' caduto sulle truppe NATO tedesche che entravano in città per farne il quartier generale del loro distretto di peacekeeping, il capofamiglia, un uomo abbastanza anziano da ricordare l'ultima volta che le truppe germaniche erano entrate a Prizren, disse che si sentivano tutti al sicuro ora. 'I soldati tedeschi sono eccellenti', egli disse. Poi aggiunse: “Lo so ben io, ero uno di loro”. Allora ha sollevato il braccio in un saluto nazista, ha detto 'heil' e si e' messo a ridere tutto contento…". (NBC, 18 giugno 1999)

Persino le autorità italiane in Kosovo parvero alquanto spiazzate dal terrore contro i serbi, e occasionalmente intervennero per prevenire attacchi albanesi, per lo meno nelle aree urbane. Cosi' riporta lo storico serbo jugoslavo Smilja Avramov: "…Le truppe italiane furono dislocate nelle città del Kosovo e agivano come forza contenitrice...".Carlo Umiltà, un ausiliario civile del Comando delle forze di occupazione italiane, descrisse diversi episodi in cui le truppe italiane aprirono il fuoco sugli albanesi per evitare massacri di serbi. A causa della scarsità di forze e dell'alleanza de facto fra albanesi e forze dell'Asse, questi tentativi di contenimento costituirono ben poca cosa. Tuttavia gli occupanti italiani riferirono il loro disgusto per le azioni degli albanesi alle autorità di Roma. L'esercito italiano riferì che gli albanesi "stavano dando la caccia ai serbi", e che "…la minoranza serba viveva in condizioni veramente miserevoli, continuamente perseguitata dalla brutalità degli albanesi che alimentano l'odio razziale…". Carlo Umiltà ha descritto alcune delle atrocità nelle sue memorie :"…gli albanesi stanno sterminando gli slavi…". Al diplomatico italiano si aggiungono le parole di Hermann Neubacher, il rappresentante del Terzo Reich per l'Europa sud-orientale: "…Gli schipetari avevano fretta di espellere il maggior numero possibile di Serbi dal paese…".

I tedeschi si arresero nel 1945, ma i resti dei gruppi nazisti e fascisti kosovaro-albanesi continuarono a combattere il governo jugoslavo ancora per sei anni, fino al 1951, e vi fu ancora una grande ribellione durata dal 1945 al 1948 nella valle della Drenica sotto il comando di Shabhan Paluzha. Corsi e ricorsi della storia: è proprio in questa valle, che e' stata l’epicentro del reclutamento UCK nel '98-'99, che sono avvenuti gli scontri più duri tra l’Esercito Jugoslavo e i terroristi dell’UCK.

Ciò che è avvenuto in Kosovo durante la Seconda Guerra Mondiale fu un processo sistematico  e pianificato di persecuzioni, che potrebbe essere definito un genocidio. Le ricostruzioni relative alla seconda guerra mondiale hanno occultato il ruolo degli estremisti albanesi del Kosovo nell’eccidio contro i serbi del Kosovo e il contributo dei kosovari albanesi all'Olocausto. Ma il passato nazifascista del Kosovo rimane una storia documentata e agli atti della storia. Ed è in queste radici e patrimonio che lo stesso UCK e la sua dirigenza hanno fondato il processo di secessione del Kosovo di oggi.

 

A cura di Enrico Vigna per KOSOVO NOTIZIE,

Forum Belgrado Italia  -   luglio 2014


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http://balkans.courriers.info/article25215.html


Kosovo : Gračanica retrouve son monument à Miloš Obilić


B92, 27 juin 2014
Traduit par Persa Aligrudić

Un monument consacré à Miloš Obilić, héros de la bataille médiévale de 1389 a été réinstallé dans l’enclave serbe de Gračanica. Cette statue se trouvait autrefois dans la ville d’Obilić/Obiliq, également située dans la banlieue de Pristina, mais elle avait été vandalisée en 1999.

Le monument a été inauguré à la veille de la célébration du 28 juin, jour de Vidovdan, la Saint Vitus. C’est la commune de Gračanica qui est à l’origine de cette décision d’ériger le monument conformément à la loi en vigueur au Kosovo. Le monument qui avait subi d’importants dommages, avait trouvé refuge durant 14 ans à la base de la KFOR à Obilić, puis dans l’enceinte du monastère de Gračanica.

Le monument de Miloš Obilić a été installé à l’endroit où se trouvait autrefois la mosaïque dédiée à la reine Simonide. Les passants interrogés ont exprimé leur satisfaction pour cette initiative des autorités locales.

Après la démolition du monument d’Obilic/Obiliq par des vandales, les soldats de la Kfor l’ont sauvegardé, tandis que le gouvernement norvégien a octroyé des fonds pour sa restauration.

Branimir Stojanović, le maire de Gračanica, estime que la situation s’est améliorée et que le monument a trouvé sa vraie place car il n’était pas possible de le réinstaller là où il avait été détruit. Il s’attend toutefois à des réactions de la part de certaines personnes qui seraient gênées par le monument..

Avec l’arrivée de la communauté internationale au Kosovo, presque tous les monuments érigés à la mémoire des grandes figures serbes ont été détruits. Ainsi ont été démolis, dans la seule ville de Priština, les monuments de Vuk Karadžić, Njegoš et Dositej Obradović.




(slovenscina / italiano)


Leggi anche:

Sulla vicenda dei Martiri di Bazovizza Bidovec–Marušič–Miloš–Valenčič, fucilati nel 1930
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/basovizza.htm
https://www.cnj.it/VALORI/Bazovica.htm

Il Sindaco di Udine a Basovizza: “l'Italia deve riconoscere le sue responsabilità per la bonifica etnica”contro gli sloveni (di M. Barone, 8/9/2014)
http://xcolpevolex.blogspot.it/2014/09/il-sindaco-di-udine-basovizza-litalia.html

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http://www.primorski.eu/stories/trst/232262_vsi_smo_slovenski_partizani/#.VA1XVFd0mwF

«Vsi smo slovenski partizani!«

V Bazovici, na proslavi ob usmrtitvi štirih junakov, dva zanimiva govora

nedelja, 7. septembra 2014 | 18:10

Ob prisotnosti številnih političnih predstavnikov, s slovenskim obrambnim ministrom Romanom Jakičem na čelu, predvsem pa številnih pohodnikov in drugih udeležencev, je sončno nedeljsko popoldne v Bazovici minilo v znamenju hvaležnega spomina na štiri usmrčene antifašiste, ki so se v našo kolektivno zavest zapisali kot Bazoviški junaki. Tradicionalni proslavi, ki sta jo sooblikovala tudi proseška godba na pihala in Tržaški partizanski pevski zbor, sta borbeno in pomensko noto dala predvsem osrednja govornika - videmski župan Furio Honsell in tržaški novinar in pesnik Marij Čuk. Njuna govora je občinstvo večkrat prekinilo s ploskanjem, županu so prisotni namenili celo stoječe ovacije, kar se na bazovski gmajni ne zgodi ravno pogosto. Tudi zato, ker udeleženci tradicionalne proslave niso še slišali iz ust italijansko govorečega politika, da so bazoviški junaki "naši mučeniki" in da bi morali vsi pristni Evropejci ponosno izjaviti "vsi smo slovenski partizani", saj so se ravno Slovenci (s Hrvati) prvi uprli fašizmu. 
Čuk je daljše in razčlenjeno razmišljanje ob obletnici smrti Ferda Bidovca, Franja Marušiča, Zvonimirja Miloša in Alojza Valenčiča posvetil manjšini in številnim odprtim vprašanjem. Neenotno nastopanje je pogubno, bodimo ubrani in harmonični kot pevski zbor, je ob koncu pozval pesnik: danes nujno potrebujemo strnjenost, vsebino in kakovost!


https://www.facebook.com/notes/tržaški-partizanski-pevski-zbor-pinko-tomažič/discorso-di-furio-honsell-sindaco-di-udine-il-792014-per-i-martiri-di-basovizza/10152455464868392

Discorso di Furio Honsell, sindaco di Udine, il 7/9/2014, per i martiri di Basovizza


Presidente del Comitato per le onoranze degli eroi di Basovizza, Milan Pahor, Ministro Jakič, Ambasciatore Mirosič, Console Sergaš, Onorevole Blazina, Sindaci in rappresentanza delle vostre comunità, familiari e amici degli eroi, cittadine e cittadini antifascisti,
spoštovani, Vsi lepo pozdravljeni

con grande emozione prendo la parola oggi in un’occasione così intensa sia sul piano etico e politico, sia su quello umano. Sento profondamente il significato che questa ricorrenza ha per la comunità slovena di Trieste, e quindi deve avere per la città di Trieste tutta, per la nostra regione, per l’Italia e per tutti quei cittadini italiani e sloveni che sentono il dovere di riaffermare i valori di libertà, di pluralità, di solidarietà,  di uguaglianza, di pari opportunità, di giustizia, di democrazia. Valori che sono la nostra unica speranza per il progresso civile dell’umanità. Ma questa è anche un’occasione per condannare i fascismi e la loro barbarie, per condannare le politiche di omologazione che vogliono negare le specificità  e azzerare le differenze, togliendo così la dignità alle diverse identità e culture che sono invece gli autentici fondamenti delle comunità. 

La feroce politica di denazionalizzazione forzata, ma sarebbe più corretto dire di fascistizzazione, di cui fu fatta oggetto la popolazione di lingua slovena di queste terre a partire dagli anni venti da parte del governo Italiano di allora rimarrà per l’eternità simbolo di atrocità e barbarie. L’eliminazione delle scuole slovene prima, poi della lingua slovena dalle scuole e dalle chiese, la messa al bando delle associazioni culturali e addirittura sportive slovene, la chiusura dei giornali sloveni, la soppressione di qualsiasi attività culturale slovena e in lingua slovena, la progressiva eliminazione di cognomi e toponimi, sin dei nomi dei corsi d’acqua, sono tra le forme più abominevoli e più subdole di negazione della cultura di una comunità.  Particolarmente vigliacca fu la messa al bando dello sloveno nei tribunali negando così il diritto ai cittadini ad avere pari opportunità nel  potersi difendere. 

In aperta violazione dei trattati internazionali le autorità italiane non repressero le violenze fisiche di cui era fatta oggetto la minoranza slovena da parte degli squadristi, ma anzi con il rafforzarsi del Fascismo la violenza nei loro confronti fu legittimata sempre di più e crebbe a livelli più alti con l’incendio di varie Case del Popolo e del Narodni Dom a Trieste, per venire infine pienamente legalizzata con l’internamento dell’intellighenzia slovena e il trasferimento di insegnanti e clero sloveno.

Questa drammatica vicenda, così tragica per chi l’ha vissuta in prima persona o nelle narrazioni dei propri anziani, oggi non va inquadrata meramente come un problema di una minoranza oppressa, ma ne va colto il valore simbolico più ampio. Riconoscere e ammettere pienamente la responsabilità di questi atti di “bonifica etnica” è oggi un dovere, per un paese come l’Italia che non ha mai saputo fare i conti con i suoi crimini fascisti, per un paese che non ha avuto una sua Norimberga. E quest’oggi da autentici cittadini europei, cittadini di un’Europa antifascista che ha come motto “uniti nella diversità” e quindi sull’antitesi dell’idea di Europa nazifascista, dobbiamo dire siamo tutti partigiani sloveni “vsi smo slovenski partizani”. Questi eroi sono martiri universali perché hanno saputo resistere contro la dittatura, e non solamente esistere, hanno saputo sacrificarsi nel nome di valori e  diritti umani e civili per tutti noi. Sono i nostri martiri. 

Per onorare questi eroi barbaramente trucidati alle 5.43 del 6 settembre 1930, dopo atroci torture e un processo farsa, basterebbe pronunciare, anzi gridare i loro nomi, Ferdinand Bidovec di anni 22, Franjo Marušič di anni 24, Zvonimir Miloš di anni 27 e Alojz Valenčič di anni 34, unendo ad essi  anche il nome dell’eroe croato istriano Vladimir Gortan, fucilato a Pola il 17 ottobre del 1929. 

Quanto erano giovani e quanto erano coraggiosi. Avevano capito che era importante resistere, che a un certo punto giunge l’ora di agire. Quanto sarebbe stato più facile, allora, ma forse in tutte le epoche, essere invece spettatori piuttosto che attori. Questi giovani capirono invece prima degli altri che la vera etica è quella che impone di reagire  perché l’attesa, ma soprattutto l’indifferenza, di fronte all’ingiustizia, sono già complicità.  E oggi nella perdurante crisi antropologica, prima ancora che economica che stiamo vivendo, della quale i giovani sono le prime vittime non possiamo non trarre profonda ispirazione dall’età giovanissima di questi eroi. Dai giovani nasce la libertà e la giustizia. Erano giovani ma erano già dei giganti.

La solenne occasione di oggi è piccola cosa di fronte alla grandezza della loro epopea. Ma nondimeno è un’occasione importantissima per noi per rinnovare il significato universale di quanto seppero dimostrare con le loro gesta. Questi eroi sono un modello da non dimenticare. E mi sento profondamente onorato nell’avere l’opportunità di prendere parte a questa manifestazione in rappresentanza di tutta la comunità udinese.

Il Fascismo è infatti sempre in agguato, soprattutto in Italia. Come disse Gobetti all’indomani della marcia su Roma: “Questa non è una rivoluzione ma una rivelazione degli antiche mali d’Italia”.  In ogni epoca c’è il rischio di una deriva fascista, di una deriva totalitaria. L’abbiamo visto anche in anni recentissimi in Italia e oggi in altri paesi della “civilissima” Europa. La deriva fascista è lenta, quasi impercettibile, si alimenta di consensi diffusi costruiti sui pregiudizi e sui luoghi comuni, fino a quando è troppo tardi, e perduti i diritti democratici si instaura la dittatura. E allora ci vuole una sanguinosa lotta di Liberazione per potersene liberare. Questa è l’unica grande lezione del XX secolo, il tragico secolo breve. Bisogna dunque resistere sempre e non stancarsi mai di condannare il fascismo stigmatizzandone i segnali deboli quando fanno “capolino”. Ma non basta essere consapevoli dei rischi del fascismo, bisogna vivere l’impegno antifascista quotidianamente anche quando sembra che il rischio sia lontano. Per questo motivo occasioni come questa, non sono mere cerimonie retoriche, ma sono invece occasioni molto significative anche sul piano etico e politico.

Ma questa giornata è molto importante anche sul piano storico, perché è l’occasione per sottolineare quanto forse è poco conosciuto, oppure viene dimenticato, o addirittura deliberatamente misconosciuto: la portata europea della resistenza antifascista slovena e croata a Trieste e Gorizia, sul Carso, in Istria e nel litorale. 

Vi ringrazio anche personalmente per avermi dato l’opportunità oggi di rendermene pienamente conto, e di rendermi interprete di questo fatto che purtroppo è ancora troppo poco noto, e che andrebbe invece fatto conoscere di più anche nelle scuole: “quello che si diffuse nei territori sloveni a partire dagli anni venti fu la prima autentica forma in Europa di antifascismo come movimento diffuso in un popolo.”  Se si pensa a quale consapevolezza avesse, negli stessi anni, l’opinione  pubblica, soprattutto italiana, esaltata dalla mistificazione e dalla propaganda fascista, si coglie pienamente la grandiosa portata ideale e profetica della comunità slovena. A parte alcuni settori dell’élite intellettuale antifascista e i membri del Partito Comunista, pochissimi in Italia seppero rendersi conto allora di quanto stava avvenendo.  La piena consapevolezza nella popolazione italiana e il dissenso esplicito al fascismo arrivarono solamente dopo le prime sconfitte militari nella guerra imperialista dell’Italia a fianco della Germania, quindi quasi vent’anni dopo. In Italia un’autentica presa di coscienza dal basso, un convinto sentimento antifascista e lo slancio ideale resistenziale si diffusero in un movimento collettivo e in un bisogno di partecipazione attiva, sia di resistenza armata che di resistenza civile, solamente dal 1943 in poi. 

Solamente allora la popolazione italiana divenne ciò che mirabilmente espresse  Calamandrei e oggi è riportato sul monumento alla Resistenza a Udine: “Quando io considero questo misterioso e meraviglioso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica , ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno, come le rondini di un continente che lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere, era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini, per vivere da uomini.“

È decisivo sia sul piano etico che storico riconoscere oggi come i primi a prendere coscienza che in Italia si stava delineando un abominevole e barbaro mostro fascista fu proprio la popolazione di lingua slovena di Trieste e del goriziano, così barbaramente brutalizzata. Furono loro questi eroi i primi antifascisti d’Europa. A loro il merito e l’onore.  La loro è una grande lezione di civiltà e di libertà della quale tutti siamo debitori. Se solamente i cittadini italiani avessero guardato a questi loro concittadini sloveni quanto avrebbero saputo riconoscere prima i segnali di una tragedia che avrebbe di li a poco travolto tutti. Quanto dolore e quanta sofferenza e violenza contro innocenti si sarebbero potute evitare. 

Va dunque ribadito “quant’era pien di sonno”, come direbbe Dante, la coscienza italiana in quegli anni, e va riconosciuta e condannata la violenza contro la popolazione slovena e croata che l’esercito fascista avrebbe ancora perpetrato nel ventennio successivo culminata con l’invasione della Slovenia stessa nel 1942, fino alla repressione e ai rastrellamenti di Lubiana e alla deportazione in massa dei dissidenti sloveni nei campi di concentramento italiani, come quello di Gonars. 

Qui sul Carso e in Istria e nel litorale la grande anima slovena fu invece profetica della tragedia ma anche della Liberazione. Per cosa combattevano quei giovani se non per un futuro di dignità che non avevano mai potuto veramente conoscere, ma solamente immaginare con la forza dei loro ideali. Quale consapevolezza avevano questi ragazzi che furono i pionieri della Resistenza antifascista, come movimento di popolo, in Europa! Proprio la giovane età di questi eroi ci fa capire quanto fosse profonda e radicata nella comunità slovena questa consapevolezza di libertà e di giustizia. 

Manifestazioni come questa sono anche importanti perché sono momenti nei quali bisogna ribadire e combattere il revisionismo storico che proprio a Basovizza assume un significato ancora più drammatico. La tragedia dei profughi italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, del dopoguerra, non deve essere sottovalutata e dimenticata, furono anch’essi vittime, vittime della tragedia della guerra imperialista nazifascista. Ma ricordare Basovizza, come purtroppo viene fatto, solamente per la sua Foiba, e non per questi eroi, è una mistificazione che non aiuta a capire la Storia e quindi a non ripetere gli errori e gli orrori. Accresce solamente i pregiudizi, gli stereotipi e offende la memoria di questi eroi. Va riconosciuto invece che la retorica delle foibe è stata inventata dalla propaganda nazista già nel 1943, paradossalmente addirittura prima che accadessero i fatti drammatici per i quali oggi è stata istituita la giornata del ricordo. È decisivo per costruire un’Europa di pace e convivenza che si riconoscano invece i crimini fascisti e ci si liberi dalle mistificazioni riconoscendo le tragedie senza fare una contabilità delle vittime e ricercare inqualificabili giustificazioni. Vanno dunque respinti e condannati tutti i tentativi di riscrivere la Storia. Le responsabilità non si cancelleranno mai. La forza oscurantista del revisionismo è sempre in agguato come dimostrano i numerosi (13) attentati anche contro questo monumento.

Concludo con tre brevi considerazioni. La prima è che il monumento più importante per una comunità è costituito dalla propria lingua, quella slovena qui. Non fu certo a caso se la violenza legalizzata fascista si abbatté con tanta ferocia proprio contro la lingua slovena. La lingua è cultura. Il bisogno di identità di una comunità e di un popolo si realizza attraverso le proprie narrazioni. Ed è proprio la lingua nella quale queste narrazioni sono espresse che diventa essa stessa la prima e autentica narrazione, “il mezzo stesso è messaggio” La lingua è narrazione di identità allo stato puro. Un appello quindi che come riscatto per questi martiri siano sempre più le occasioni per tutti i giovani di questi territori italiani e sloveni di poter imparare lo sloveno. Tutte le scuole dovrebbero insegnare lo sloveno, almeno in questa regione, molte di più dovrebbero diventare almeno bilingui.

L’importanza della Resistenza slovena è decisiva proprio per capire il senso della nuova cittadinanza Europa che dobbiamo costruire. I nazionalismi quando diventano fondamentalismi generano mostri. La Resistenza slovena in queste terre fa invece capire come possa esserci una difesa della propria identità che non è distruzione del diverso ma anzi è opportunità di confronto con il diverso. Il pluralismo è il più grande valore democratico da difendere oltre ad essere una grande opportunità. Si conosce se stessi anche per contrasto. L’idea di Europa nazifascista prevedeva un’omologazione totale e l’azzeramento delle differenze, l’Europa nata della Resistenza invece fa delle differenze il proprio fondamento: “unita nella differenza” è il suo motto. I nazionalismi sono un dramma quando diventano, come in recente movimenti politici anche in Italia, rifiuto e annientamento del diverso, le identità sono invece delle opportunità di arricchimento quando sono vissute con orgoglio e tolleranza come viene fatto qui.  L’Europa per realizzarsi pienamente deve infatti abbandonare il concetto ottocentesco di stati-nazione. L’intera Europa va sentita come propria patria, la pluralità di lingue e culture va cementata dai comuni valori di democrazia e tolleranza.

Un ultima riflessione riguarda il dilemma vissuto così profondamente nella Resistenza slovena in queste terre: Resistenza legale oppure Resistenza clandestina e armata. Il XX secolo ha dimostrato che purtroppo quando la democrazia scompare, l’azione ancorché armata è inevitabile. E questo è un motivo in più per difendere quindi strenuamente la democrazia e i diritti delle minoranze. Siamo infatti tutti minoranza, membri di qualche minoranza. Se una minoranza viene delegittimata, in quanto tate, da un governo diventiamo tutti potenzialmente delle vittime. Per questi motivi,  come giustamente viene ricordato qui a Basovizza, questi martiri hanno dato la loro vita anche per tutti noi indipendentemente dalla nostra lingua madre. La loro battaglia per il pieno riconoscimento dell’identità slovena è una battaglia che hanno condotto anche per la nostra identità, per l’Umanità, per la democrazia.

Grazie dunque Ferdinand, Franjo, Zvonimir e Alojz, per i vostro sacrifico, il nostro impegno antifascista e democratico e la difesa della cultura e lingua slovena sarà il vostro riscatto. 

Come dice il poeta Miroslav Košuta:  
E che mai non muoia il ricordo 
Di un tempo che non deve fare ritorno

In da nikdar ne zamre spomin
Na čas, ki naj se ne povrne

Concludo facendo mia la frase eroica con la quale ha concluso la sua esistenza terrena il giovanissimo Ferdo Bidovec:  
Živela Jugoslavija – Smrt Fašizmu.

Viva la Resistenza dei popoli al fascismo, viva la verità, la libertà e la giustizia! Viva i diritti delle minoranze.

Furio Honsell, sindaco di Udine

Basovizza, 7 settembre 2014



(english / italiano / deutsch)

Assecondare la smania di guerra della NATO?

0) LINKS
1) Stanko Vuleta Letter to The National Post (Canada)
2) Manlio Dinucci: NATO, il sipario di guerra aperto su due fronti / NATO opens its curtain of war on two fronts
3) Da Vicenza e Aviano parà Usa per war games in Ucraina (Antonio Mazzeo)
4) O l’Europa o la Nato (Tommaso Di Francesco)


=== 0: LINKS ===

Scenari di guerra e di pace dell'anno quattordici (Carlo Tia, 7 marzo 2014)
Piano Usa: guerra in Europa, prima che crolli il dollaro (7/3/14)

The Ukraine, Corrupted Journalism, and the Atlanticist Faith (By Karel van Wolferen • August 14, 2014)

«Devo lasciare 20 persone a casa». Il blocco russo fa le prime vittime (22 agosto 2014)
Frutta e verdura invadono i supermercati veneti, i prezzi crollano. La Gambaro, azienda agricola di Noale, costretta a non rinnovare i contratti

La Nato si prepara alla guerra in Ucraina? (di Alessandro Avvisato, 27 Agosto 2014)
http://contropiano.org/politica/item/25977-la-nato-si-prepara-alla-guerra-in-ucraina

NATO steps up military preparations against Russia (Kumaran Ira / WSWS, 28 August 2014)

Ucraina, un salto di qualità nell’attuale tendenza alla guerra (Collettivo Genova City Strike, 28 agosto 2014)
http://www.noisaremotutto.org/2014/08/28/ucraina-un-salto-di-qualita-nellattuale-tendenza-alla-guerra/

Western threats against Russia increase danger of nuclear war (By Johannes Stern / WSWS, 30 August 2014)

Several NATO officers blocked in Ukraine's Mariupol — militia (ITAR-TASS, September 01, 2014)

La politica di guerra verso la Russia colpirà anche le lavoratrici e i lavoratori del nostro paese (di Mauro Gemma, 1 Settembre 2014)

Ucraina, Nato pronta a schierare 4mila soldati contro Putin. Rasmussen: "Ci saranno le 'punte di lancia', forze di intervento immediato" (Marco Galdi, Ansa – 01/09/2014)

Belgium: "Russia is an adversary, not a partner" - NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen at Press conference (1/9/2014)

Seventy-five years since the outbreak of World War II (Barry Grey / WSWS, 1 September 2014)
Under conditions of mounting social tensions and deepening economic crisis, the imperialist ruling classes are recklessly pushing the conflict over Ukraine to the point of open warfare between NATO and Russia.
http://www.wsws.org/en/articles/2014/09/01/pers-s01.html

US and Europe escalate provocations against Russia (By Johannes Stern / WSWS, 1 September 2014)
This weekend's EU summit in Brussels marked a major escalation of threats against Russia, raising the specter of full-scale war between Russia and NATO.

Russia to adjust military doctrine due to NATO expansion, Ukraine crisis (RT, September 02, 2014)

Nato, maxi esercitazione nell'est Europa per dare un segnale a Putin. Partecipano anche le truppe d'assalto italiane (L'Huffington Post, 02/09/2014)

Ukraine and the militarization of Europe (Peter Schwarz / WSWS, 2 September 2014)

La Nato prepara una forza di reazione rapida contro Mosca (Marco Santopadre, 02 Settembre 2014)

Ein Ring um Russland (NATO-Gipfel – GFP, 03/09/2014)

European sanctions complement military aggression against Russia (By Clara Weiss / WSWS, 5 September 2014)

France stops deal to deliver Mistral helicopter carrier ships to Russia (By Stéphane Hugues / WSWS, 5 September 2014)

Italia-Russia, il pericoloso gioco delle sanzioni. Lettera degli imprenditori a Squinzi (Fabio Sebastiani, 3 Settembre 2014)

Italia, pronta alla guerra contro la Russia di Putin: invia un centinaio di parà della Folgore (3 Settembre 2014)

“Militari italiani per l’Ucraina”. Ma a qualcuno interessa impedire la Terza Guerra Mondiale? (F. Santoianni)

US and NATO step up military preparations against Russia (By Niles Williamson / WSWS, 3 September 2014)

German President Gauck threatens Russia with war (By Peter Schwarz / WSWS, 3 September 2014)

Permanent Ceasefire Announced in Ukraine (TeleSur, 3 September 2014)

Ucraina, nonostante l'accordo Mosca-Kiev, la Nato fa partire le esercitazioni (Fabio Sebastiani, 4 settembre 2014)

Nato, un vertice di guerra (Marco Santopadre, 05 Settembre 2014)

Il punto di Giulietto Chiesa - 5 settembre 2014

Capitalist breakdown and the drive to war (Nick Beams, 6 September 2014)
Just as in the period prior to 1914, a deepening breakdown of the global capitalist system is fuelling the drive to a new world war.

German media steps up its warmongering (By Johnnes Stern / WSWS, 6 September 2014)

German government discusses massive increase in military spending (By Christoph Dreier / WSWS, 6 September 2014)

Ucraina, tregua già violata e nervi tesi (Marco Santopadre, 6 Settembre 2014)


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Do as I say …
Re: Russia Blusters, NATO Cowers, editorial, Sept. 3.

Accusing Russia of attacking Ukraine, NATO Secretary-General Anders Fogh Rasmussen said that, “This is the first time since the end of the Second World War that one European country has tried to grab another’s territory by force.” Maybe the Secretary-General has a case of amnesia, because, if memory serves, NATO countries themselves did just this just 15 years ago, when they attacked Serbia and grabbed the Serbian territory of Kosovo by force.
In the same speech, Mr. Rasmussen also said, “We strongly condemn Russia’s repeated violations of international law. This begs the question: Was he referring to the same international law that NATO countries violated when they attacked Serbia in 1999?

Stanko Vuleta, president, The Ottawa Serbian Heritage Society, Ottawa.


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NATO, il sipario di guerra aperto su due fronti 

di Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 4.9.14 

Si apre oggi a Newport nel Galles il Summit dei capi di stato e di governo dei 28 stati della Nato, che prenderà «decisioni chiave su come affrontare le attuali e future sfide alla sicurezza», attribuite alla «aggressione militare della Russia contro l’Ucraina» e alla «crescita dell’estremismo e della conflittualità settaria in Medio Oriente e Nord Africa». Un Summit «cruciale», attraverso cui gli Stati uniti, che conservano l’indiscussa leadership nella Nato, mobilitano gli alleati europei contemporaneamente su due fronti di guerra. In Europa, in poco più di sei mesi, è saltata la «distensione» e si è ritornati a una situazione per certi versi più pericolosa di quella della guerra fredda. Come è potuto accadere? Per capirlo, occorre riandare al momento in cui, nel 1991, la scomparsa dell’Urss e del suo blocco di alleanze crea nella regione europea una situazione geopolitica interamente nuova. Gli Stati uniti, rimasti l’unica superpotenza, cercano di trarne il massimo vantaggio, varando una nuova strategia in cui dichiarano «di fondamentale importanza preservare la Nato quale canale dell’influenza statunitense negli affari della sicurezza europea». A tal fine occorre «impedire la creazione di dispositivi di sicurezza unicamente europei, che minerebbero la Nato» (Defense Planning Guidance). Contemporaneamente, mentre usano la Nato per mantenere la loro leadership sull’Europa occidentale, gli Usa se ne servono per andare alla conquista di quella orientale. Demolita con la guerra la Jugoslavia, la Nato si estende a est, inglobando tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, due della ex Jugoslavia e tre dell’ex Urss. Entrando nella Nato, i paesi dell’Est vengono a dipendere più da Washington che da BruxelIes. Qualcosa però inceppa il piano di conquista: contrariamente a quanto previsto, la Federazione russa si riprende in gran parte dalla crisi del dopo guerra fredda, stringe crescenti relazioni economiche con l’Unione europea, fornendole il grosso del gas naturale, e apre nuovi sbocchi commerciali con la Cina e altri paesi asiatici. Ciò mette in pericolo gli interessi strategici statunitensi. È a questo punto che scoppia la crisi in Ucraina: dopo aver assunto con un lavoro di anni il controllo di posizioni chiave nelle forze armate e addestrato i gruppi neonazisti, la Nato promuove il putch di Kiev. Costringe così Mosca a muoversi in difesa dei russi di Ucraina, esponendosi alle sanzioni: una lama a doppio taglio, in quanto le controsanzioni russe danneggiano l’Unione europea, facilitando il piano della partnership transatlantica per il commercio e gli investimenti attraverso cui Washington cerca di accrescere l’influenza statunitense sulla Ue. Contemporaneamente, sotto guida Usa, la Nato estende la sua strategia al Nord Africa e Medio Oriente, e oltre fin sulle montagne afghane e nella regione Asia/Pacifico. L’obiettivo strategico resta quello enunciato nella Defense Planning Guidance: «Il nostro primo obiettivo è impedire che qualsiasi potenza domini una regione le cui risorse sarebbero sufficienti a generare una potenza globale». Oggi soprattutto in Asia, dove – sulla scia degli accordi russo-cinesi, che vanificano le sanzioni occidentali contro la Russia aprendole nuovi sbocchi a est – si prefigura la possibilità di una unione eurasiatica in grado di controbilanciare quella Usa-Ue. La demolizione della Libia con la guerra, l’analoga operazione lanciata in Siria (finora non riuscita), il rilancio della guerra in Iraq, l’uso a doppio taglio di formazioni islamiche (sostenute per abbattere i governi presi di mira, usate quindi per giustificare altri interventi armati) rientrano nella strategia Usa/Nato. Dove ci porta tutto questo? In altre guerre, in scenari sempre più pericolosi di confronto tra potenze nucleari. In una accelerazione della corsa agli armamenti e, di conseguenza, della spesa militare. Uno dei punti all’ordine del giorno del Summit è quello che i paesi della Nato debbano «spendere la giusta quantità di denaro per dotarsi di forze a spiegamento rapido, migliore addestramento e armamenti moderni». Si prospetta dunque un aumento della spesa militare: quella italiana, secondo i dati ufficiali della Nato, ammonta a 56 milioni di euro al giorno, più la spesa per le missioni militari all’estero e altri stanziamenti extra-budget, che secondo il Sipri portano la spesa militare effettiva dell’Italia a quasi 70 milioni di euro al giorno. 

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NATO opens its curtain of war on two fronts

By Manlio Dinucci on September 4, 2014

Sept. 4 — The Summit of Heads of State and Government of the 28 states of NATO opens today in Newport, Wales, where these leaders will take key decisions “to ensure NATO is prepared to address current and future security challenges” that they attribute to “military aggression of Russia against Ukraine” and “growth of extremism and sectarian conflict in the Middle East and North Africa.” In this “crucial” summit, the United States, which retains the undisputed leadership in NATO, and its European allies will mobilize simultaneously on two war fronts. (Secretary General Anders Fogh Rasmussen’s press conference)

Europe, in little more than six months, has leaped out of the “Détente” stage back to a situation in some ways more dangerous than that during the Cold War. To understand how this happened, we must look back to the time when, in 1991, the demise of the USSR and its bloc of alliances in the European region created an entirely new geopolitical situation. The U.S., the only superpower left standing, tried to take full advantage of this situation, launching a new strategy in which Washington declared it “of fundamental importance to preserve NATO as the primary instrument of Western defense and security, as well as the channel for U.S. influence and participation in European security affairs.” To this end it was necessary “to prevent the emergence of European-only security arrangements which would undermine NATO.” (Defense Planning Guidance)

At the same time, while using NATO to maintain U.S. leadership over Western Europe, the U.S. also used NATO to carry out the conquest of Eastern Europe. Having demolished Yugoslavia with war, NATO extended its reach eastward, including all the countries of the former Warsaw Pact, two from the former Yugoslavia and three from the former Soviet Union. Entering into NATO, the countries of Eastern Europe have come to depend more on Washington than Brussels.

But something disrupted Washington’s plans for conquest: contrary to what was foreseen, the Russian Federation began to respond to the crisis of the post-Cold War, tightening its growing economic relations with the European Union by providing the bulk of its natural gas and opening up new business opportunities with China and other Asian countries. These steps threatened the strategic interests of the U.S.

It was at this point that the crisis broke out in Ukraine: After spending years of work to take control of key positions in the armed forces and training neo-Nazi groups, NATO promoted the Kiev coup of Feb. 22. This forced Moscow to move in defense of the ethnic Russians of Ukraine, which exposed Russia to sanctions. The sanctions policy is a double-edged sword: Russia’s counter sanctions harm the European Union and expedite the plan for transatlantic partnership for trade and investment, through which Washington seeks to increase U.S. influence on the EU.

At the same time, under U.S. leadership, NATO has extended its strategic reach into North Africa and the Middle East, and beyond the Afghan mountains and into the Asia/Pacific region. The strategic objective remains that which was set out in the Defense Planning Guidance: “Our first objective is to prevent any hostile power from dominating a region whose resources would be sufficient to generate global power.” Today, especially in Asia, where — In the wake of the Russian-Chinese agreements, frustrating the impact of Western sanctions against Russia by opening new outlets in the East – there looms the possibility of a Eurasian union to offset the U.S.-EU bloc.

The demolition of Libya by war, a similar operation launched in Syria (which has so far failed), the reprisal of the war against Iraq, the double-edged manipulation of Islamic formations (supported to bring down targeted governments, then used elsewhere to justify armed intervention) are all included in the U.S./NATO strategy.

Where does this lead? To other wars, to scenarios of increasingly dangerous confrontation between nuclear powers. To an acceleration of the arms race and, consequently, of military spending. One of the items on the agenda of the Summit is that NATO countries should “spend the right amount of money on deployable forces, training and modern equipment.”

What is likely, therefore, is an increase in military spending: Italy’s, according to official data of NATO, amounted to 56 million euros per day, plus the expenditure on military missions abroad and other extra-budgetary funds, which, according to the Stockholm International Peace Research Institute, bring current military spending in Italy to almost 70 million euros per day ($100 million)*. (Il Manifesto, Sept.4, 2014)

[*Translator’s note: The NATO Summit is scheduled to discuss raising NATO spending alone by $60 billion over 10 years; total military spending of NATO countries, according to SIPRI, is 70 percent of the more than $1.7 trillion total military spending worldwide. Official U.S. military spending is $640 billion per year, but this amount excludes certain expenditures that are military related, like the continuing costs of past wars, that if included might raise the total to over $1 trillion per year.]

Published Sept. 4 in the Italian newspaper, Il Manifesto, this article was translated to English by Workers World managing editor John Catalinotto.


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Da Vicenza e Aviano parà Usa per war games in Ucraina


di Antonio Mazzeo – venerdì 5 settembre 2014

Oltre duecento paracadutisti statunitensi stanno per essere trasferiti in Ucraina per partecipare ad una vasta esercitazione militare multinazionale. I parà appartengono tutti al 173rd Airborne Brigade Combat Team, il reparto d’élite aviotrasportato dell’esercito Usa di stanza a Vicenza. I war games si terranno dal 16 al 26 settembre nella parte occidentale del paese; le unità statunitensi raggiungeranno l’International Peacekeeping and Security Center di Yavoriv con voli cargo che decolleranno dalla base aerea di Aviano (Pordenone). Quella della 173^ brigata aviotrasportata di Vicenza sarà la prima presenza di truppe Usa in territorio ucraino dopo lo scoppio del conflitto interno.

L’esercitazione prenderà il nome di “Rapid Trident” e vedrà la partecipazione di 1,300 militari di 15 nazioni (Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania, Spagna e Stati Uniti). “Saranno eseguite operazioni di peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento, individuazione e disattivazione di materiale esplodente”, ha riferito il portavoce del Pentagono, colonnello Steve Warren. “L’esercitazione si terrà a Lviv, al confine con la Polonia, e contribuirà a promuovere la stabilità e la sicurezza regionale, rafforzare la partnership e favorire la fiducia con gli alleati, mentre migliorerà  l’interoperabilità tra il Comando delle forze Usa in Europa USAREUR, le unità terrestri dell’Ucraina e altri paesi Nato”. Il Pentagono ha annunciato inoltre di aver consegnato alle autorità di Kiev nuovi aiuti militari “non letali”, tra cui “caschi protettivi, dispositivi robot anti-esplosivi, sacchi a pelo, uniformi, sistemi di radiocomunicazione, giubbotti antiproiettile e kit sanitari”.

“Rapid Trident” era stata programmata inizialmente per il mese di luglio, ma il Comando di US Army in Europa aveva poi deciso di spostarla a settembre. L’esercitazione viene condotta annualmente in Ucraina sin dal 1995, anche se originariamente vedeva schierate solo unità nazionali e statunitensi. L’ultima edizione si è tenuta nel luglio 2013 e ha visto partecipare oltre un migliaio di militari di 17 paesi (Stati Uniti, Ucraina, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Danimarca, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Svezia e Turchia). Anche lo scorso anno hanno preso parte a “Rapid Trident” i paracadutisti del 173rd Infantry Brigade Combat Team di Vicenza, portando a termine oltre 300 lanci da elicotteri e aerei e l’addestramento delle unità ucraine al trasporto mobile aereo. L’esercitazione fu monitorata da “ispettori” del Comando per le forze terrestri della Nato di Izmir (Turchia).

In est Europa sono in corso altre importanti esercitazioni dell’Alleanza Atlantica con palesi obiettivi anti-russi. In un ampio territorio comprendente la Germania orientale e le Repubbliche baltiche, si svolge “Steadfast Javelin II”, a cui partecipano centinaia di militari di 13 paesi (Bulgaria, Canada, Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovenia, Stati Uniti e Italia, quest’ultima con i paracadutisti della Brigata “Folgore”), più due nazioni della Partnership for peace, Bosnia Erzegovina e Serbia. Una dozzina di cacciabombardieri F-15 e 180 militari statunitensi, provenienti dalla base di Lakenhealth (Gran Bretagna), sono impegnati invece in Bulgaria in un’esercitazione bilaterale di due settimane con le forze aeree locali. Da ottobre sino alla fine dell’anno si terrà invece una vasta esercitazione terrestre in Polonia e nelle Repubbliche baltiche a cui prenderanno parte 600 unità della 1^ Divisione cavalleria di US Army, proveniente da Fort Hood (Texas), con carri armati M-1 “Abrams”, blindati e velivoli corazzati.

Al Comando Nato di Bruxelles si approntano intanto i programmi per trasferire stabilmente in Europa orientale uomini e mezzi dell’Alleanza. Al recente vertice in Galles, è stata approvata la creazione di una forza di pronto intervento con “punte di lancia” (Spearhead), capaci di entrare in azione nel giro di 48 ore, con il supporto di aviazione, marina e forze speciali. La task force avrà a disposizione basi permanenti, depositi di munizioni e carburante e tutte le infrastrutture di supporto necessarie, nei paesi Nato prossimi alla frontiera con la Russia. Saranno avviate presto attività addestrative delle unità speciali e di pronto intervento dell’Europa orientale. Il governo polacco ha formalmente chiesto a Washington di trasferire stabilmente in Polonia perlomeno un gruppo di volo con cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare, di stanza oggi ad Aviano. Il presidente della Romania, Traian Basescu, ha annunciato che prossimamente un contingente di 200 militari Nato, tra piloti, meccanici e tecnici di manutenzione di velivoli aerei sarà stazionato in uno scalo militare rumeno. Bruxelles ha infine dato un colpo di acceleratore al programma di allargamento Nato a Macedonia, Montenegro, Georgia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e, ovviamente, all’Ucraina.
Il 173rd Airborne Brigade Combat Team di Vicenza è stato impiegato nei principali scacchieri di guerra mediorientali, in particolare in Iraq e in Afghanistan, dove più di un centinaio di suoi militari hanno perso la vita. Da qualche mese, i comandi generali della brigata e quattro battaglioni (due provenienti dalla base di Bamberg, Germania e due dalla base vicentina di Camp Ederle) sono stati trasferiti nel nuovo hub logistico-militare realizzato all’interno dell’ex aeroporto “Dal Molin” di Vicenza, rinominato “Camp Del Din”. I lavori infrastrutturali, avviati nel 2008, hanno comportato una spesa di 289 milioni di euro. Sono stati realizzati, in particolare, 31 nuovi edifici destinati a caserme-alloggio per 2.000 militari, magazzini, spazi operativi, officine di manutenzione velivoli, uffici e centri comando, due parcheggi multipiano per 800 auto e 50 motocicli, diversi centri sportivi. Con il trasferimento al “Dal Molin” dei due battaglioni della 173rd Airborne Brigade provieniti dalla Germania, il numero dei soldati Usa a Vicenza ha raggiunto le 4.000 unità.


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O l’Europa o la Nato

di Tommaso Di Francesco, su Il Manifesto del 03/09/2014

«La mag­gio­ranza dei mem­bri della Com­mis­sione Ue non capi­sce nulla di que­stioni mon­diali. Vedi il ten­ta­tivo di far entrare nella Ue l’Ucraina. È mega­lo­ma­nia… hanno posto a Kiev la scelta o Ue o Est… ci vuole una rivolta del Par­la­mento euro­peo con­tro gli euro­crati di Bru­xel­les, così si rischia la terza guerra mon­diale»: (prima di quelle di Ber­go­glio) sono le parole allar­mate dell’ex can­cel­liere tede­sco Sch­midt in un’intervista alla Bild di tre mesi fa che non parla ancora di ingresso esplo­sivo di Kiev. Peri­colo sul quale, con ten­ta­tivo non riu­scito di influen­zare le scelte di Obama che invece rilan­cia il riarmo atlan­tico sulla base del pre­sunto sconfinamento-invasione russa dell’Ucraina, si sono pro­nun­ciati gli ex segre­tari di Stato Usa Kis­sin­ger e Brze­zin­ski e per­fino l’ex capo del Pen­ta­gono dell’amministrazione Obama, Robert Gates che nel suo libro di memo­rie ha scritto: «L’allargamento così rapido della Nato a est è un errore e serve solo ad umi­liare la Rus­sia, fino a pro­vo­care una guerra». Non è ser­vito a nulla a quanto pare.
Lamen­tano i governi euro­pei che è in gioco l’unità ter­ri­to­riale dell’Ucraina e Fede­rica Moghe­rini, Mrs Pesc in pec­tore davanti al Par­la­mento euro­peo, per farsi per­do­nare di essere con­si­de­rata filo­russa dati gli inte­ressi dell’Eni, ha la fac­cia tosta di accu­sare: «È colpa di Putin». Se gli stava vera­mente a cuore l’unità ter­ri­to­riale dell’Ucraina, per­ché i governi euro­pei insieme alla Nato e agli Usa con tanto di capo della Cia John Bren­nan, sena­tori repub­bli­cani gui­dati da McCain e segre­ta­rio di stato Kerry tutti su quella piazza, hanno ali­men­tato e soste­nuto dalla fine del 2013 fino al mag­gio 2014 la rivolta, spesso vio­lenta e di estrema destra, di Piazza Maj­dan che ha rimesso di fatto in discus­sione l’unità ter­ri­to­riale del Paese. Men­tre l’ambasciatrice Usa man­dava affan… l’Europa. Era colpa di Putin anche la rivolta di piazza Maj­dan? Magari per­ché aveva soc­corso, pronta cassa, le richie­ste di Kiev quando l’Ue se ne lavava le mani in preda alla sua crisi?

E come dimen­ti­care che quella rivolta è stata nazio­na­li­sta ucraina e anti­russa, non solo anti-Putin, ma con­tra­ria ai diritti delle popo­la­zioni dell’est che ave­vano soste­nuto ed eletto Yanu­ko­vitch — certo cor­rotto, ma non meno dell’attuale Poro­shenko e del pre­mier dimis­sio­na­rio Yatse­nyuk. La rivolta di Maj­dan è stata nazio­na­li­sta anti­russa, con­tro gli inte­ressi poli­tici e sociali delle popo­la­zioni dell’est, di lin­gua russa all’80%, quando non pro­prio russe e comun­que filo­russe, legate alla Rus­sia per appar­te­nenze sto­ri­che, reli­giose e cul­tu­rali e per legame eco­no­mico impre­scin­di­bile e com­ple­men­tare alla pro­pria soprav­vi­venza, tutt’altro che garan­tita dall’associazione delle regioni dell’ovest all’Ue.

È lì, in quel soste­gno stru­men­tale e ideo­lo­gico, come se fosse un nuovo ’89, dato dall’Occidente euro­peo ed ame­ri­cano che si è con­su­mata l’unità dell’Ucraina che a quel punto si è asso­ciata all’Ue solo a metà.
Ora accade che il governo di Kiev dimis­sio­nato pochi giorni fa dal pre­si­dente Poro­shenko annunci, di fronte alla pre­sunta inva­sione — è il quarto allarme in due mesi — la richie­sta di ade­sione all’Alleanza atlan­tica. «Il governo ha sot­to­po­sto al par­la­mento un pro­getto di legge per annul­lare lo sta­tus fuori dei bloc­chi dell’Ucraina e tor­nare sulla via dell’adesione alla Nato» ha dichia­rato quasi in fuga il pre­mier uscente, già lea­der di Maj­dan, Yatse­niuk. E subito il segre­ta­rio della Nato Ander Fogh Rasmus­sen, ha ammic­cato: «Ogni paese ha diritto di sce­gliere da sé le pro­prie alleanze». Tanto più che la deci­sione sem­bra andare incon­tro alle ultime parole di Obama che, ormai inca­pace di uscire dal «mili­ta­ri­smo uma­ni­ta­rio» degli Stati uniti, scio­rina per fer­mare l’orso russo (quel Putin che gli ha impe­dito di impe­la­garsi ancora di più nella guerra in Siria) la «nuova» agenda del riarmo ame­ri­cano e Nato nell’Europa dell’est, dalla Polo­nia, ai Paesi bal­tici — andrà in Esto­nia per que­sto domani — e alle finora neu­trali Fin­lan­dia e Svezia.

Altro che nuova agenda: è la scel­le­rata stra­te­gia della Nato in atto da più di venti anni a par­tire dalle guerre nei Bal­cani, con rela­tiva redi­stri­bu­zione di costi per la difesa sullo scac­chiere euro­peo, tra gli stessi paesi ora alle prese con la lace­rante crisi eco­no­mica. Una stra­te­gia che in que­sti venti anni ha visto l’ingresso di tutti i paesi dell’ex Patto di Var­sa­via nella Nato, con mis­sioni in guerre alleate, a par­tire dall’ex Jugo­sla­via (dove, a spec­chio capo­volto della sto­ria, i raid Nato hanno aiu­tato i ribelli dell’Uck — cri­mi­nali, dice ora l’indagine della stessa com­mis­sione Ue Eulex — ad otte­nere l’indipendenza) e ancora tante basi, strut­ture d’intelligence, siti mis­si­li­stici, ogive nucleari, scudi spa­ziali tutti quanti ai con­fini russi.

Senza l’allargamento a est della Nato non ci tro­ve­remmo sull’orlo di un con­flitto spa­ven­toso in Ucraina, né ci sarebbe stata la sce­neg­giata arro­gante di una lea­der­ship di oli­gar­chi vol­ta­gab­bana che ha desta­bi­liz­zato l’Ucraina con la vio­lenza della piazza «buona» per­ché sedi­cente filoeu­ro­pea, e che ora cavalca la repres­sione san­gui­nosa della piazza «cat­tiva» per­ché filo­russa. Senza la Nato esi­ste­reb­bero una poli­tica estera e di difesa dell’Ue. Intanto in que­ste ore nell’est ucraino si com­batte, Kiev è all’offensiva. Secondo l’Onu i morti, tanti i civili, in quat­tro mesi sono più di 2.600.

Se dal ver­tice Nato che si apre domani a Car­diff, in Gal­les, arri­vasse un sì alla richie­sta incen­dia­ria di Kiev e se si avvia, come accade, lo schie­ra­mento di forze mili­tari Nato in dichia­rate eser­ci­ta­zioni anti-Russia o ai con­fini russi, come ha chie­sto l’irresponsabile Came­ron, è l’inizio della fine. Cioè la sepa­ra­zione delle regioni dell’est con l’intervento, sta­volta vero, della Rus­sia nella guerra, a quel punto moti­vata a difen­dere dalle truppe occi­den­tali le popo­la­zioni russo-ucraine, lo sta­tus pro­cla­mato dagli insorti filo-russi ma anche lo stesso ter­ri­to­rio russo. Quando invece è chiaro che l’Ucraina resterà unita fin­ché non appar­terrà ad alcun blocco mili­tare e se ci sarà un tavolo nego­ziale per una fede­ra­liz­za­zione del paese capace di garan­tire l’autonomia sostan­ziale dell’est. È quello che chiede anche Putin quando dichiara: «Devono essere imme­dia­ta­mente avviati nego­ziati sostan­ziali non su que­stioni tec­ni­che, ma sull’organizzazione poli­tica della società e sul sistema sta­tale nel sud-est dell’Ucraina allo scopo di garan­tire incon­di­zio­na­ta­mente gli inte­ressi delle per­sone che vivono lì», ma le sue parole sono tra­dotte in modo pro­pa­gan­di­stico dai media veli­nari: «Voglio uno Stato nell’est».

È la stessa richie­sta che for­mula, ina­scol­tato, sul Cor­riere della Sera, Ser­gio Romano, tra i pochi ad inten­dersi di Rus­sia. Fede­rale e neu­trale sono le due parole chiave garan­zia di pace anche per l’Ue, e certo non aiuta l’elezione a pre­si­dente dell’Unione del polacco Tusk, lea­der della Polo­nia che vanta un con­ten­zioso sto­rico su una parte della terra ucraina con­si­de­rata ancora «polacca».

Altri­menti sarà, e non a pez­zetti, la terza guerra mon­diale in piena Europa. E siamo a cento anni fa. È il nuovo che avanza, la «nuova gene­ra­zione» alla guida euro­pea tanto cara a Renzi. Ora la Mrs Pesc Moghe­rini, anche se è stata com­mis­sa­riata da un vice-Pesc tede­sco, ha l’occasione di dimo­strarsi per una volta euro­pea e non schiac­ciata sull’Alleanza atlan­tica e sugli Stati uniti. Qual­cosa ci dice che non saremo ascoltati.



(srpskohrvatski / english / deutsch / italiano)

Guerra imperialista in Ucraina

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L'abbattimento del volo di linea / Brigate internazionali / Documenti e video / Analisi e opinioni / Aggiornamenti / da NOVOROSSYA Notizie (CIVG) / da UCRAINA Notizie (CIVG) / Andrej Stenin /// Passenger Flight Downshooting / International Brigades / Documents and Videos / Analyses and Opinions / Updates  / Andrej Stenin
1) DICHIARAZIONI
Putin / Jatsenjuk / Prodi / Lukashenko
2) CONFERENZA STAMPA 24/8/2014
Parlano Zakharchenko e Kononov / Press Conference - Formation of a state / Protokoll der Pressekonferenz der Behörden von Neu-Russland
3) 'UKRAJINSKA KRIZA JE KRIVICA ZAPADA, A NE PUTINA': TAKO KAŽE FOREIGN AFFAIRS
4) DISINFORMAZIONE STRATEGICA SULLA "INVASIONE RUSSA" / STRATEGIC DESINFORMATION ON A "RUSSIAN INVASION"
5) Volk, l'’ingegnere soldato che odia Kiev (di A. Farruggia, da La Nazione)


=== 0: LINKS ===


--- L'ABBATTIMENTO DEL VOLO DI LINEA / PASSENGER FLIGHT DOWNSHOOTING

Professori olandesi inviano una lettera di scuse al Presidente Vladimir Putin per le menzogne del loro Governo (27/8/2014)

Continuing media silence on the fate of flight MH17
http://www.wsws.org/en/articles/2014/08/29/mh17-a29.html

The New York Times and Flight MH17 (By Bill Van Auken / WSWS, 30 August 2014)

Boeing: non vogliono dirci la verità che hanno scoperto (Giulietto Chiesa e Pino Cabras, sabato 30 agosto 2014)

Volo Mh17, patto tra governi per insabbiare le indagini (Franco Fracassi, 4 settembre 2014)

--- LE BRIGATE INTERNAZIONALI / INTERNATIONAL BRIGADES

Volontarios espanoles de la Brigada Vostok "Tsigan" y "Maki" (25/8/2014)

Интервью с испанскими антифашистами (25/8/2014)

Voluntarios griegos se suman a las filas de milicianos en Donetsk (27/8/2014)


--- I DOCUMENTI  E I VIDEO / DOCUMENTS AND VIDEOS

Il massacro di Mariupol
24/08/2014 – Un documento esclusivo, tradotto e pubblicato da Pandora tv, mostra le immagini agghiaccianti di quanto avvenuto lo scorso maggio a Mariupol per mano dell’esercito ucraino

Educazione ultra-nazionalista in Ucraina
26/ago/2014 – Queste immagini provengono da Ivano-Frankovsk, è una festa popolare in onore dell’esercito e della Guardia Nazionale ucraina, che stanno bombardando la popolazione civile del Donbass e del Lugansk: concittadini, fino a ieri. Colpevoli soltanto di essere russi. 
http://www.pandoratv.it/?p=1742
Rassenkrieg für Europas Werte (Lowerclassmag, 26. august 2014). Mit PHOTOS:

UCRAINA: L'ESCA per una guerra mondiale e ROVINA dell'Europa. Intervista al consigliere di Putin Sergei Glaziev (28/ago/2014)

Judeo-Ukrainian battalion of territorial defense "Angrif" message to "colorado beetles" (Aug-30-2014)
VIDEO: http://www.liveleak.com/view?i=87e_1409454353

RT interview to Willy Wimmer, former State Secretary of the German Ministry of Defense and former Vice President of the OSCE Assembly (31/ago/2014)

Soldati della 30° Brigata Meccanizzata dell'esercito ucraino inveiscono contro i comandanti (02/set/2014)
I soldati scampati alla resistenza chiedono ai loro comandanti perchè siano stati mandati incontro ad una morte certa – ITA SUBS

Europarlamento: vietato fare domande scomode a Mogherini sul golpe in Ucraina (Redazione Contropiano, 04 Settembre 2014)
Javier Couso cuestiona la política de la Unión Europea hacia Ucrania
Pablo Iglesias es interrumpido cuando comienza a criticar a EEUU

fonte: pagina facebook "Premio Goebbels per la disinformazione", 6 settembre 2014 
Se quel tank fosse stato russo, cinese, nordcoreano, cubano o venezuelano, queste immagini avrebbero fatto il giro del mondo e sarebbero diventate un'icona della lotta "per la libertà contro le dittature". Ma quel carro armato è ucraino e combatte dalla parte degli Usa, della UE e della Nato, e quelli sono civili russofoni disarmati di Mariupol, quindi questa storia non merita di essere raccontata dai nostri media.
Maggio / May 2014: Мариуполь люди блокируют БМП! Mariupol people blocking BMP!


--- LE ANALISI E LE OPINIONI / ANALYSES AND OPINIONS

Ci sono ancora speranze in Ucraina? (Patrick Boylan, venerdì 29 agosto 2014)
Nonostante la tensione per la voce infondata dell'invasione russa, appaiono perfino remoti segnali di fine ostilità in Ucraina: speranza o chimera? 
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108653&typeb=0&Ci-sono-ancora-speranze-in-Ucraina-

"Moskaus Drang nach Westen" (Ex-US-Geheimdienstler warnen vor dem NATO-Gipfel vor Desinformation – GFP, 04.09.2014)
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58941

Ucraina: cessate il fuoco (di Fabio Marcelli – 5 settembre 2014)


--- GLI AGGIORNAMENTI / UPDATES

Ukrainian Rebels Parade Prisoners of War Through Streets of Donetsk (Reuters, Aug. 24 2014)

Ukrainian economy in free fall (David Levine / WSWS, 26 August 2014)

Ucraina: economia a picco, Poroshenko scioglie il parlamento (Marco Santopadre, 26 Agosto 2014)
German chancellor Merkel visits Kiev and backs regime (Christoph Dreier / WSWS, 26 August 2014)

“Mosca ci invade”, Kiev chiede sostegno militare a Nato e Ue (Marco Santopadre, 28 Agosto 2014)

Kiev loses control of Novoazovsk, rebel troops advance in southeast Ukraine (August 28, 2014)

White House threatens Russia over alleged incursion into eastern Ukraine
http://www.wsws.org/en/articles/2014/08/29/ukra-a29.html

Truppe ucraine accerchiate nel Donbass, fuga da Mariupol (Marco Santopadre, 29 Agosto 2014)

Putin paragona i bombardamenti di Kiev sul Donbass a quelli nazisti su Leningrado (da RIA Novosti)

Ucraina, Ferrero: No alla guerra. Ministri Esteri Ue abbandonino appoggio a governo nazista ucraino (29 ago 2014)

Ucraina, tra i feriti del battaglione Azov (Danilo Elia / OBC, 29 agosto 2014)
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Ucraina-tra-i-feriti-del-battaglione-Azov-155287

Kiev, arrestati i dipendenti dell'ambasciata russa (29/8/2014)
http://italian.ruvr.ru/2014_08_29/Kiev-arrestati-i-dipendenti-dellambasciata-russa-3434/

A Kiev liberati i dipendenti dell'ambasciata russa arrestati venerdì (30/8/2014)
http://italian.ruvr.ru/news/2014_08_30/A-Kiev-liberati-i-dipendenti-dellambasciata-russa-arrestati-venerdi-3127/

L’esercito di Kiev in difficoltà, le milizie popolari avanzano (Marco Santopadre, 31 Agosto 2014)

People’s Republics advance in face of Ukraine disarray (By Greg Butterfield / WW, September 3, 2014)

Several NATO officers blocked in Ukraine's Mariupol — militia (ITAR-TASS, September 01, 2014)

Ucraina, l’esercito di Kiev suona la ritirata (Redazione Contropiano, 2 Settembre 2014)

HRW: Civilian death toll in E. Ukraine rising due to 'indiscriminate and unlawful' shelling (RT, September 02, 2014)

Ucraina: Donetsk, un milione di persone sotto assedio (Danilo Elia / OBC, 2 settembre 2014)

Ucraina. Ancora arresti di dirigenti comunisti (Redazione Contropiano, 03 Settembre 2014)

SITUAZIONE MILITARE NEL DONBASS – AGGIORNAMENTO 5 SETTEMBRE


--- NOVOROSSYA Notizie – Agosto 2014 (a cura di Enrico Vigna - CIVG)

- Donetsk: Intervista a Zakharchenko e Kononov , Primo Ministro e Ministro della Difesa della Repubblica Popolare di Donetsk
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=458:donetsk-intervista-a-zakharchenko-e-kononov-primo-ministro-e-ministro-della-difesa-della-repubblica-popolare-di-donetsk&catid=2:non-categorizzato
- Solidarietà verso il Donbass
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=459:solidarieta-verso-il-donbass&catid=2:non-categorizzato
- La confessione di due soldati dell’esercito ucraino
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=466:la-confessione-di-due-soldati-dell-esercito-ucraino&catid=2:non-categorizzato
- Contributi per capire la situazione del Donbass
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=462:contributi-per-capire-la-situazione-del-donbass&catid=2:non-categorizzato
- La lettera di una madre: "Chi ha dato l'ordine di uccidere le mie bambine
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=460:la-lettera-di-una-madre-chi-ha-dato-l-ordine-di-uccidere-le-mie-bambine&catid=2:non-categorizzato
- Nasce a Lugansk il battaglione dei russini


--- UCRAINA Notizie – Agosto 2014 – L’Ucraina che resiste (a cura di Enrico Vigna)

- Ucraina: “E’ una guerra civile non un operazione anti terrorismo!” Poroshenko mente sulla guerra nella parte orientale del paese. Una coraggiosa denuncia della deputata Viktoria Shilova contro la guerra.
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=463:ucraina-e-una-guerra-civile-non-un-operazione-anti-terrorismo-poroshenko-mente-sulla-guerra-nella-parte-orientale-del-paese-una-coraggiosa-denuncia-della-deputata-viktoria-shilova-contro-la-guerra&catid=2:non-categorizzato
- Nei negozi di Kiev è apparso il pane per i poveri
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=464:nei-negozi-di-kiev-e-apparso-il-pane-per-i-poveri&catid=2:non-categorizzato
- Kiev, commissione parlamentare scagiona i “Berkut”: non spararono contro i dimostranti pro-Europa a Maidan
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=465:kiev-commissione-parlamentare-scagiona-i-berkut-non-spararono-contro-i-dimostranti-pro-europa-a-maidan&catid=2:non-categorizzato


--- ANDREJ STENIN

Giulietto Chiesa: “I giornalisti italiani non si sono accorti della scomparsa di Stenin” (Marina Tantushyan, 19 agosto 2014)
http://italian.ruvr.ru/2014_08_19/I-giornalisti-italiani-non-hanno-notato-la-scomparsa-del-fotoreporter-russo-8531/

Andrey Stenin, un flash dentro la guerra (Redazione Contropiano, 05 Settembre 2014)


Guarda le foto scattate da Andrey Stenin. Parte 2


=== 1: DICHIARAZIONI ===


Putin, sugli interventi degli Stati Uniti in Libia e Iraq

30 agosto 2014 – Intervenendo a un congresso di giovani sul lago Seliger, a nord di Mosca, il presidente russo Vladimir Putin – il cui confronto verbale con gli Stati Uniti e l’Occidente sta prendendo torni sempre più polemici dopo l’inizio della guerra in Ucraina – ha detto tra le altre cose:
«Tutto quello che gli Stati Uniti toccano diventa Libia o Iraq»

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L’idea di Yatseniuk: una muraglia tra Ucraina e Russia – Fabrizio Poggi 

su Il Manifesto del 4.9.14 

La risposta ucraina al piano di Putin per uno stabile cessate il fuoco nel sudest del paese è l’avvio del progetto «Muraglia». La dichiarazione è stata fatta dal premier Yatsenjuk, che ha specificato trattarsi di «una vera frontiera di Stato tra Ucraina e Federazione Russa». Non è una completa novità; l’idea era stata già presa in considerazione dall’oligarca Kolomojskij, con tanto di filo spinato e alta tensione, a conferma che le croci uncinate sulle bluse di Pravyj sektor, da lui finanziato, non sono solo decorative. Se Yatsenjuk non ha specificato i dettagli della costruzione, il progetto lanciato dal magnate-governatore della regione di Dnepropetrovsk prevedeva una barriera fortificata di acciaio e filo spinato aa alta tensione, lungo i 1.920 km di frontiera terrestre con la Russia, nelle regioni di Donetsk, Kharkov e Lugansk. Lo spazio tra muraglia e fossato doveva essere disseminato di mine antiuomo. Per finire, dislocati lungo questo vallo «rommeliano», soldati, guardie di frontiera e guardia nazionale. La spesa, sui 100 milioni di euro, si sottolineava, sarebbe stata finanziata con fondi di beneficenza! 

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http://notizie.it.msn.com/topnews/ucrainaprodi-non-e-ne-russa-ne-europea-1

Ucraina: Prodi, non e' ne' russa ne' europea. 'O ci convinciamo che e' un ponte, o va a finire male'

TRENTO, 5 SET - "L'Ucraina non puo' essere ne' russa ne' europea. O ci convinciamo che e' un ponte o va a finire male". Lo afferma Romano Prodi, che riceve oggi a Trento, in Provincia, il premio 'Alcide De Gasperi: costruttori d'Europa'.
"Si fa di tutto - ha proseguito Prodi - per dividere il Paese e destabilizzarlo. Qui non si pone un problema di allargamento dell'Unione Europea, serve un aiuto combinato e la costruzione di autonomie e decentramenti a garanzia delle minoranze. Mi faceva impazzire che in tutta la prima fase del tavolo sull'Ucraina ci fossero USA e Russia, quando gli USA non avevano nulla a che fare".
"Se ci facciamo la guerra per l'Ucraina - ha concluso - e' veramente assurdo. L'ultimo atto del mio governo fu votare contro la proposta di Bush per mettere l'Ucraina nella NATO. Non ci deve entrare. Perche' non si mettono le dita negli occhi a nessuno. Per risolvere la questione, basterebbero 15 miliardi di euro messi sul tavolo a salvaguardia futura dell'Ucraina, cinque ciascuno da Stati Uniti, Unione Europea e Russia. L'Austria non e' nella NATO e nessuno pensa che sia a rischio di invasione". (ANSA).

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Fonte: pagina facebook "Con l'Ucraina antifascista", 6 settembre 2014

In seguito alla firma del cessate il fuoco, avvenuta a Minsk, il presidente bielorusso Lukashenko ha rilasciato un'intervista al canale "Rossija 1" in cui ha dichiarato che la "destabilizzazione dell'Ucraina su ordine degli Stati Uniti è una minaccia per la Russia e per la Bielorussia", "questo è lo zio Sam che da oltre oceano ci spinge costantemente al macello". "I nordamericani - ha affermato - vogliono che ci uccidiamo con le nostre stesse mani".
Lukashenko ha osservato che questo progetto USA abbia trovato terreno fertile grazie a dei collaborazionisti a Kiev, ma anche nei paesi europei e ha citato oltre alla Ashton, anche Angela Merkel e il presidente francese Hollande.
Attraverso dei leader occidentali che "agiscono da agenti degli USA", è chiaro il motivo per cui questi non abbiano partecipati agli ultimi incontri sulla situazione ucraina.
Infine, Lukashenko ha sottolineato il ruolo di Putin, senza il quale non ci sarebbero stati né il gruppo di contatto, né la firma del protocollo, e ha parlato delle misure prese dalle autorità di Minsk per i tremila rifugiati ucraini che soggiornano in Bielorussia.


=== 2 ===

in English: Press Conference - Formation of a state - 24 Aug 2014

auf Deutsch: Protokoll der Pressekonferenz der Behörden von Neu-Russland
http://www.vineyardsaker.fr/wp-content/uploads/2014/08/20140824-press-conference-formation-of-as-state.de.txt

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Conferenza stampa dell'esercito delle repubbliche del Donbass – Tradotto in italiano da Pandora TV



Da the wineyard of the saker proponiamo il testo dell’intervista del Primo Ministro e del Ministro della Difesa resa in conferenza stampa congiunta il 26 agosto. Si tratta di un testo di enorme valore, non solo contingente ma anche programmatico ed ideologico. Da leggere.

Aleksandr V. Zakharchenko, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Popolare di Donetsk] Come tutti sapete, una settimana fa abbiamo annunciato il nostro piano di attacco. L’abbiamo iniziato ieri. Fino a ieri ci siamo preparati per l’attacco, esaminando i trofei militari, armando gli equipaggi, e testando la comunicazione tra le diverse formazioni militari. Ora posso orgogliosamente annunciare che abbiamo formato 2 battaglioni di carri armati, 2 complete brigate di artiglieria, 2 divisioni Grad, 1 battaglione di fanteria meccanizzata, 3 brigate di fanteria e una speciale brigata aerotrasportata d’assalto. Tutte queste unità hanno ora ricevuto le sigle dell’esercito. Il sistema di comunicazione è stato regolarizzato e sono stati formati 2 ospedali da campo e 1 brigata di manutenzione. Abbiamo iniziato a testare tutte queste unità in battaglia. Ieri abbiamo iniziato un attacco contro il gruppo nemico ad Amvrosievka. Secondo i nostri dati, nel corso dell’offensiva, il nemico ha perso circa 45 unità di equipaggiamento militare, abbiamo catturato 14 unità di attrezzature militari, e circa 1.200 persone sono state uccise o ferite. Ci sono due sacche di resistenza in questo momento, ad Amvrosievka e a Starobeshevskaja. Abbiamo iniziato ad avanzare alle 4 del mattino su Elenovka, dove sono ancora in corso combattimenti. Due terzi di Elenovka sono sotto il nostro controllo. Speriamo di ripulire queste zone prima della notte. Tuttavia, l’offensiva non si concluderà con questo. Continueremo finché non libereremo tutte le aree popolate della Repubblica Popolare di Donetsk. L’esercito è pronto e abbiamo il sostegno del popolo. Ci saranno sempre più prigionieri. Ora, per quanto riguarda la parata. Ho volutamente messo i trofei militari in mostra in Piazza Lenin. Tutto ciò che verrà a noi da Kiev, finirà nella stessa condizione, prima o poi. Più ne verrà, più sarà facile per noi ripristinare la nostra economia. Come forse sapete, la metallurgia è una delle nostri principali industrie. Vorrei ringraziare il Ministro della Difesa per la stretta cooperazione, la sua comprensione delle sfide che il governo deve affrontare, per la sua capacità illimitata di lavorare e per il suo coraggio personale.


Vladimir Kononov, [ministro della Difesa della Repubblica Popolare di Donetsk] Cari giornalisti, pubblico televisivo, vorrei farvi un appello. L’esercito aggressivo ucraino di occupazione è venuto sul nostro suolo. Hanno portato una ideologia nazionalista che non ha alcun rispetto per la vita umana. Il loro unico interesse è per il nostro territorio e per le risorse. Lanciano i loro vili attacchi a complessi civili residenziali con nonne, donne e bambini. Proprio ieri hanno sparato su un quartiere residenziale e hanno ucciso una bambina di 9 anni. Non c’era presenza della milizia sul posto. Usano le tattiche subdole dei gruppi mobili di mortai che arrivano in un posto, vi sparano per 10-20 minuti, e se ne vanno in fretta. Abbiamo già tutti i dati sui movimenti di questi gruppi di mortai. Saranno neutralizzati presto. Ora, per quanto riguarda le forze armate. Questa è una forza uniforme con un principio di autorità indivisa che impedisce la disobbedienza e il disordine, contrariamente a coloro che chiamano l’esercito della Repubblica Popolare di Donetsk “makhnovista”, ecc. È una bugia diffusa dalla giunta di Kiev, nonché da coloro che hanno scatenato carri armati, lanciarazzi Grad e artiglieria contro il proprio popolo.

Ora potete porre le vostre domande.

La milizia fa fuoco sulle case?

Mi permetta di correggere subito. Eravamo la milizia 10 giorni fa. Oggi, siamo le forze armate della Repubblica Popolare di Donetsk. Le forze armate della Repubblica Popolare di Donetsk non cercano in alcun modo di colpire quartieri residenziali e case. Non lo facciamo e non lo faremo mai. Questa è la nostra nazione, la nostra terra e la nostra patria. Questa è una guerra sul nostro territorio, che vogliamo preservare. Non siamo animali. Non stiamo combattendo a Kiev, stiamo combattendo a casa nostra.

Canale 1, Mosca. Come caratterizzerebbe la risposta delle forze armate ucraine alla vostra offensiva? Ne erano a conoscenza? Sono confuse, resistono oppure si ritirano?

Molto probabilmente sapevano del nostro contrattacco, non ne abbiamo fatto un segreto. Non conoscevano il tempo e il luogo dell’attacco. Ci sono ufficiali regolari dell’esercito che, purtroppo, a un certo punto si sono laureati presso le scuole militari e le accademie sovietiche. Si stavano preparando per diverse opzioni, e ne hanno indovinato alcune. Il combattimento è stato pesante, perché le unità regolari combattono bene. L’esercito regolare combatte davvero, viene sconfitto, ma non si arrende mai. Quelli che si ritirano sono i battaglioni Shakhtersk, Ajdar ecc. Di solito sono facili da attaccare, perché si ritirano al primo colpo e non si impegnano in uno scontro a fuoco diretto. Di solito si ritirano e chiamano le unità regolari, e poi cominciano ad attaccare insieme. Ancora una volta, la lotta è molto pesante. Si può sentire la superiorità del nemico dalla loro quantità di attrezzature. Per darvi un’idea dell’intensità dei combattimenti: attraversiamo circa 40 km in una giornata.

La sfilata dei prigionieri di guerra che abbiamo visto questo pomeriggio, non è contro tutte le convenzioni umanitarie e gli appelli alla dignità?

Come avvocato, posso dire che non abbiamo fatto nulla contro il diritto internazionale. I prigionieri non sono stati spogliati o affamati. Mostratemi un diritto internazionale unico, che proibisce di far sfilare i prigionieri. Non abbiamo fatto niente di illegale.

Qual era lo scopo di questa sfilata? Stavate cercando di inviare un messaggio a Kiev? Perché avete preso la decisione di far sfilare i prigionieri di guerra?

Kiev ha affermato che avrebbero marciato in corteo a Donetsk il 24. Così è stato. Poroshenko non ha mentito: erano proprio qui, insieme ai loro equipaggiamenti militari.

Questa settimana Lugansk ha ricevuto aiuti umanitari dalla Russia. Siete in attesa di un aiuto simile, e quando pensate che ci si possa aspettare che arrivi?

Ce lo aspettavamo ieri, anche prima di Lugansk. La popolazione della nostra città è più grande di Lugansk, quindi era logico inviare a noi gli aiuti in primo luogo. Ma la situazione a Lugansk è molto più difficile, così sono stati inviato prima lì. Mi auguro che riceveremo i nostri aiuti al più presto.

Ci sono delle trattative per i termini di consegna?

Sì, i negoziati sono stati condotti nello stesso giorno come Lugansk, ma, purtroppo, non abbiamo avuto aiuti.

Lugansk condividerà con voi gli aiuti ricevuti?

Come manager pratici, lo vorremmo. Tuttavia, da un punto di vista umanitario si capisce che la situazione è più difficile lì. Dobbiamo contare sulle nostre risorse per ora. Speriamo che gli aiuti arrivino presto.

Ci sono paralleli storici con il luglio 1944 e la sfilata dei nazisti. È accaduto per caso o è stato fatto apposta?

Onestamente, abbiamo visto di recente una delle insegne della 2a brigata separata: è l’emblema completo della Divisione SS Galizia, un distintivo della 79a SS Galizia. Quando abbiamo visto i simboli completi di questa divisione… Molte famiglie russe hanno subito perdite durante la Seconda Guerra Mondiale. Uno degli antenati della mia famiglia ha combattuto contro la Divisione SS Galizia. Questo non è solo un parallelo, questo è generazionale: il mio bisnonno, e ora io, e la stessa divisione… Ecco perché è sorto il desiderio di ripetere il 1944, perché ci si renda conto che tutto è già accaduto prima, che si è ripetuto con lo stesso risultato. Ogni volta che arrivate in Russia con una spada, “di spada perirete”. Purtroppo, cari giornalisti, l’Occidente cerca di invaderci a intervalli regolari di 30-50 anni. Cioè, ogni 30-50 anni la civiltà occidentale cerca di imporci la propria opinione e il proprio modo di vita. La prima guerra mondiale, la Grande guerra patriottica, ancora prima la guerra di Crimea e così via fino alle profondità della storia. Come risultato, l’Occidente ottiene tradizionalmente la caduta di Berlino, di Parigi, ecc Sul Maidan hanno ripetuto ogni anno a Kiev – “Chi non salta moscovita è”. L’Occidente viene ogni 30-50 anni per ottenere ciò che merita. Ora nel 2014, sono un po’ in ritardo.

Che tipo di aiuto avete ora dalla Russia?

Individui e alcune organizzazioni ci inviano cibo, vestiti e medicine. Ramzan Kadyrov ha raccolto aiuti umanitari per un valore di 70 milioni di dollari, e ora sono in attesa a Rostov. Non era un programma statale, è del Presidente della Repubblica della Cecenia.

…. esperti di artiglieria da Samara?

Inviterò alcuni ufficiali della marina francese, che vogliono combattere con noi. Sono disposti a rilasciare un’intervista. Abbiamo l’Europa che combatte tra di noi. Gli ideali europei di uguaglianza, fraternità, e la rivoluzione francese, come nella Marsigliese, risuonano nell’animo dei patrioti della Francia. Questo significa che la loro nazione non è morta, dal momento che ha rappresentanti del genere che sono disposti ad andare in un luogo lontano a combattere per i propri ideali, per i quali un tempo hanno preso la Bastiglia. Sì, ci sono volontari: francesi, russi. È una cosa brutta? A me pare ottima.

Ci sono unità militari regolari russe che combattono al vostro fianco?

Se pensate che la Russia stia inviando le sue unità regolari qui, allora lasciate che vi dica una cosa. Se la Russia stesse inviando le sue truppe regolari, qui non staremmo parlando della battaglia di Elenovka. Staremmo parlando della battaglia di Kiev, o magari della cattura di Leopoli. Ora c’è una guerra sul nostro suolo per il nostro territorio. Abbiamo un afflusso di volontari provenienti da tutto il mondo. Naturalmente, l’aiuto russo sarebbe molto auspicabile, ma da un punto di vista politico è impossibile e irrealistico.

Grazie, tra l’altro, ai paesi europei. Voi non riconoscete questa guerra così come non avete riconosciuto la grande guerra patriottica, non è vero? Voi sostenete l’operazione anti-terrorismo contro terroristi e separatisti. Non avete sviluppato una Carta dei territori liberi, credo, in Svizzera? Un territorio ha il diritto di autodeterminazione e di separazione dopo un referendum. La Germania vive in base agli stessi principi. Ci sarà presto un referendum in Scozia. Cioè, chiamate democratici i vostri principi e li portate avanti (quasi) democraticamente. L’esempio della Cecoslovacchia è stata pacifica. La Jugoslavia, purtroppo, l’avete strappata in mille piccoli pezzi. Usando metodi militari, per giunta.

Da noi succede la stessa cosa. Cioè, se smettete di perseguire una politica di due pesi e due e sarete in grado di capire che qui vive della gente. Qual è la nostra colpa? La colpa di Donetsk, del Donbass, della nostra terra? Che abbiamo chiesto di vivere in modo indipendente? Che abbiamo voluto vivere nel modo che vogliamo? Parlare la nostra lingua? Fare amicizia con chi vogliamo? Non abbiamo voglia di andare in Europa. Abbiamo mentalità diverse, religioni diverse. Ma noi abbiamo una religione diversa. Vogliamo andare a Oriente. Abbiamo voluto vivere come vogliamo, ma non ce lo hanno permesso. Siamo stati chiamati terroristi e separatisti. Vi prego di notare, non abbiamo catturato alcuna amministrazione regionale, né abbiamo bruciato dipartimenti distrettuali. Questo è ciò che ha fatto il Maidan. Gli slogan: “No agli oligarchi”, “Uguaglianza e fraternità”, “libertà di religione e di lingua”, “Libertà di scelta”. Tutti questi slogan vengono dal Maidan. Noi vogliamo la stessa cosa. Allora perché siamo i cattivi? Cosa abbiamo fatto per meritare di essere bombardati da aerei? Colpiti da carri armati? E ci hanno sganciato sulla testa bombe al fosforo? Spiegatemi, che operazione anti-terrorismo è questa?! In tali operazioni sono coinvolte forze di polizia e servizi di intelligence, e non unità militari regolari, veicoli militari e velivoli.

Cari giornalisti, per favore correggetemi se sbaglio. Se siamo terroristi, devono combatterci la polizia e i servizi di sicurezza dell’Ucraina. Le brigate numero 30, 25, 95, 72, e 76 – l’intero esercito ucraino è presente sul nostro territorio. Tre mobilitazioni generali, la guardia nazionale, battaglioni territoriali, i battaglioni privati Aidar, Azov, Shakhtersk, Donbass, Dniepr-1, Dniepr-2, Dniepr-3, Kiev, e ora Kryvbas. Che cosa abbiamo fatto? Qual è la nostra colpa? Il fatto che abbiamo gas di argilla, per il quale si desidera cancellare l’intera Slavjansk dalla faccia della terra? O qualche altro interesse finanziario?

Siamo tutti discendenti di antenati gloriosi. Abbiamo tutti antenati dei quali siamo orgogliosi of. Solo tra gli antenati di noi due ci sono due eroi dell’Unione Sovietica. Siamo ancora in grado di tenere le armi nelle nostre mani. Abbiamo inghiottito con il latte delle nostre madri un orgoglio e un desiderio di vivere in un Donbass libero e felice. Diremo a chiunque viene a farci del male sul nostro territorio: ci batteremo con le unghie e con i denti per la nostra patria.

Kiev e l’Occidente hanno fatto un grosso errore a ridestarci. Noi siamo gente laboriosa. Mentre altri saltavano sul Maidan per 300 grivne, la nostra gente era giù in miniera, a estrarre il carbone, a fondere metallo e a seminare le colture. Nessuno di noi ha avuto il tempo di saltare, eravamo occupati a lavorare. Quando una persona che proprio ieri ha lavorato con un martello pneumatico o ha guidato una mietitrice, oggi sta dietro al volante di un carro armato o di un Grad, o ha raccolto una mitragliatrice, è stata oltrepassata la linea e non lo si può più fermare. Chi ha lasciato il suo lavoro sa che combatterà fino alla fine e fino al suo ultimo respiro. Potete dirlo agli altri: non ridestate la bestia. Non fatelo, e basta. Mentre ce n’è ancora la possibilità, lasciate che le madri salvino i loro figli. Per alcuni, forse questa sarà una notizia terribile: sotto Stepanovka, sotto Saur-Mogila, giacciono ancora diverse centinaia di soldati delle forze armate dell’esercito ucraino che sono dati per dispersi. Le famiglie ricevono lettere di “disperso in combattimento”. In realtà sono morti. Le autorità di Kiev lo fanno apposta.

Centinaia, migliaia di morti giacciono in più di una dozzina di tombe. Questo ve lo annuncio ufficialmente. Fate sapere a tutti che, se avete ricevuto una lettera di “disperso in combattimento”, allora molto probabilmente, vostro marito, fratello o figlio sono stati uccisi.

[Vladimir Kononov] Posso darvi un esempio dal combattimento dei battaglioni 72° e 25° contro di noi a Shakhtersk. Ho tutti i documenti dei soldati bruciati vicino ai macchinari distrutti. Abbiamo restituito i corpi all’esercito ucraino. Due settimane più tardi, abbiamo ricevuto informazioni che erano “dispersi in azione”. Perché si sono presi la briga di raccogliere quei corpi? È stato riferito che l’esercito ucraino dall’inizio del conflitto ha avuto 12.000 morti, 19.000 feriti e 5.000 dispersi. Non sono dispersi, sono stati uccisi e sepolti sotto il monte Karachun, a Krasnyj Liman… Hanno gettato corpi da un elicottero nei Laghi Blu vicino a Slavjansk, con pietre legate ai loro piedi.

[Aleksandr Zakharchenko] Vladimir Petrovich, cerchiamo di non eccitare la nostra stampa con dettagli raccapriccianti. Poroshenko ha detto che 120 persone sulle 1200 che hanno partecipato alla parata a Kiev andranno in Oriente. Ora voglio dire: io non voglio combattere. Non è stata una mia scelta, ma mi batterò fino alla fine per la mia terra, non importa chi siano, quando arrivino e quanto numerosi siano. Questa è una battaglia di annientamento. Purtroppo, gli slavi stanno lottando tra loro e distruggendo le loro persone migliori. Vogliamo rivolgerci a tutti i parenti e alle madri: non inviate qui i vostri figli. Lasciateci soli. Viviamo liberi e in pace.

Non siamo venuti da voi a Kiev, a Dnepropetrovsk, o a Zaporozh’e. Non abbiamo depredato i vostri villaggi, violentato le vostre donne, ucciso i vostri anziani e rubato le loro decorazioni militari. Ricordate le decorazioni per Stalingrado, per la cattura di Berlino, le medaglie della Stella d’Oro, gli Ordini di Gloria, gli Ordini della Bandiera Rossa, mescolati con gli orecchini delle donne?… Noi non lo facciamo. Noi vogliamo vivere sulla nostra terra nel modo in cui vogliamo. Non abbiamo bisogno di voi. Noi siamo diversi. L’Ucraina d’Oriente e d’Occidente è un conglomerato creato artificialmente. Tuttavia, non abbiamo iniziato noi questa guerra. Se qualcuno ha una coscienza politica, la volontà e il coraggio di un vero uomo, gli suggerisco solo di fermare questa operazione. Non è necessario riconoscere il nostro stato, limitatevi a lasciarci soli all’interno dei nostri confini delle repubbliche di Donetsk e di Lugansk, e ci saluteremo e ci diremo addio.

Una domanda del quotidiano francese Libération. Quando avrà luogo la conferenza stampa con i volontari internazionali francesi, che lei ha citato?

Arriveranno domani. Parli con Vladimir Petrovich domani. Lo contatti attraverso il suo addetto stampa.

Pensa che l’incontro con Poroshenko porterà eventuali soluzioni positive?

Vorrei fare un chiarimento. Nessuna federalizzazione può essere possibile oggi. C’è un tempo per ogni cosa. Abbiamo chiesto la federalizzazione 3 mesi fa, abbiamo chiesto un permesso di tenere un referendum. Quel tempo è passato, ora vogliamo vivere in modo indipendente. Le autorità ucraine stanno utilizzando metodi di polizia per sottometterci: ci arrestano, ci tagliano fuori, e conducono operazioni anti-terrorismo contro di noi. Ormai così tanto sangue è stato versato e così tante persone sono morte per la libertà. Come possiamo parlare di federalizzazione? Che cos’è la federalizzazione? Si tratta di una serie di procedure burocratiche che devono essere portate avanti. Ma noi vogliamo vivere in modo indipendente. Abbiamo una terra molto ricca. I discorsi a proposito dei sussidi sono una bugia perpetrata dai ladri per rubare denaro. Ogni presidente lo ha capito molto bene e vi ha sempre partecipato. Siamo una regione autosufficiente con la sua agricoltura, un’industria sviluppata, boschi, campi e mari. Abbiamo tutto, da una “Svizzera” al mare. Aree balneari, agricoltura, chimica e industria del carbone, ricchezza di minerali, depositi di gas, ecc. Nonostante gli stretti legami con il resto dell’Ucraina, possiamo e dobbiamo essere in grado di nutrirci. Se non lo capiscono con le buone, allora lo chiederemo loro con le cattive. Mi auguro che l’incontro tra Poroshenko e il presidente Vladimir Putin porterà a prendere in considerazione la nostra posizione.

Una domanda di diritto, in relazione alle persone che sono in carcere. Prego di specificare di che tipo di diritto sta parlando. Su quali basi queste persone sono state arrestate?

Abbiamo recentemente adottato un nuovo codice penale e creato corti marziali e tribunali. È di questo che sta parlando?

Questa non è una legge, questa è una disposizione che abbiamo discusso in sede di Consiglio dei ministri e poi sottoposto al Consiglio Supremo.

Il Consiglio Supremo ci ha dato via libera. Sta chiedendo delle persone che sono state arrestate prima di questo momento oppure dopo? Al momento i detenuti sono in gran parte soldati che hanno violato la disciplina militare e il giuramento di fedeltà. Una corte marziale dovrà fare i conti con loro. Ora, per quanto riguarda il resto. Dopo l’adozione di questa legge, tutti i detenuti civili sono stati trasferiti al Ministero degli Affari Interni e il Ministero della Sicurezza di Stato per le loro audizioni. In base alla sentenza, o saranno liberati, oppure sottoposti a pene amministrative sotto forma di servizi alla comunità, da 10 a 30 giorni. Il centro di detenzione di Donetsk è passato dalla nostra parte, quindi luoghi civili potranno essere utilizzati per le detenzioni. Per ulteriori chiarimenti è possibile informarsi presso la segreteria del Vice Primo Ministro o fare appello al procuratore generale.

Una domanda sulla pena di morte.

Sarò onesto, penso che la pena di morte sia la più alta forma di protezione sociale. Probabilmente vi ricorderete che il mio primo decreto è stato per combattere il banditismo. Sì, questo è un fenomeno diffuso, perché ogni sorta di elementi criminali penetra sotto l’apparenza di una rivoluzione. Dobbiamo lottare adesso contro questo fenomeno, così non dovremo andare a caccia di questi gruppi paramilitari in un momento successivo. Questo è il motivo che sta dietro a questa decisione. Dopo lunghe discussioni si è deciso di adottare la pena di morte. Voi tutti sapete perfettamente che l’abolizione della pena di mo

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Lido Valtermina - Traversetolo (PR) 
Sabato 6 settembre 2014 – alle ore 21.30

DRUG GOJKO

Spettacolo teatrale
di e con 
PIETRO BENEDETTI
Tratto dai racconti di Nello Moroni
Partigiano combattente in Jugoslavia

Lo spettacolo si terrà nel palco centrale 
della III Festa Provinciale dell'ANPI di Parma 
al Lido Valtermina di Traversetolo (PR)
sabato 6 settembre 
alle ore 21,30

Nel pomeriggio la festa inizierà alle 17,30 
al palazzetto dello sport dove 
CARLA NESPOLO dialogherà con VANIA BAGNI su "Donne nelle istituzioni e femminismo" 
coordinerà Giulia Salomoni 

A seguire sempre al palazzetto dello sport 
MASSIMO STORCHI interverrà su 
"Storia e Memoria della Resistenza: 
nuove interpretazioni e revisioni" 
coordinerà Brunella Manotti

evento Facebook: https://www.facebook.com/events/684541678320436/

altre info sullo spettacolo: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm



(english / italiano)

INIZIATIVE UCRAINA

1) Venezia 6/9: Alla Mostra del Cinema con l'Ucraina Antifascista
2) Napoli 7/9: Manifestazione contro la guerra in Ucraina
3) Bologna 10/9: Con l'Ucraina antifascista contro ogni imperialismo e fascismo
4) Roma 11/9: NO PASARAN ! Con l'Ucraina antifascista 
5) Pisa 12/9: Ucraina 2014. È in pericolo la pace nel mondo? 
6) BREVI: Dalla Svizzera italia / Da Euskadi / Progetto video / NO infiltrazioni fasciste nella campagna antifascista sull'Ucraina
7) "UKRAINE: BEHIND THE RED LINE" Exibition in NYC


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Lido di Venezia, 6 settembre 2014

Alla Mostra del Cinema con l'Ucraina Antifascista

Sabato 6 settembre
dalle ore 17.30 alle ore 20.00 
Lido di Venezia, Lungomare Marconi angolo via delle Quattro fontane

Sabato 6 settembre una delegazione di antifascisti ucraini 
manifesterà davanti al red carpet della mostra del cinema di Venezia

Invitiamo tutti gli antifascisti italiani a portare la loro solidarietà 

Appuntamento al Lido di Venezia il 6/9 alle 17.30 
all'angolo tra il lungomare Marconi e via delle Quattro fontane 

Con l'Ucraina antifascista
Contro ogni aggressione imperialista - Rompere l'Unione Europea

L'obiettivo degli USA e dell'Unione Europea è quello disintegrare le loro periferie in territori senza sovranità, divisi e contesi da gruppi armati con i quali possono negoziare o combattere, ma sempre in condizioni vantaggiose per le multinazionali e gli stati imperialisti.
Questa è la strategia di uscita dalla crisi delle oligarchie economiche al potere negli USA così come nella UE.

Il golpe fascista in Ucraina e il genocidio in atto delle minoranza russofone del Donbass fa parte della stessa strategia di destabilizzazione che abbiamo già visto all'opera in Iraq, in Libia, in Afghanistan, in Palestina.

La giunta golpista di Kiev, in cui siedono, per la prima volta in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale, quattro ministri che rivendicano orgogliosamente la propria matrice nazista, ha inviato nel Donbass l’esercito e le squadre paramilitari neonaziste di Settore destro per stroncare la resistenza popolare al nazismo con ogni mezzo: stragi, agguati, esecuzioni sommarie e nuovi campi di concentramento. 

Da quattro mesi vengono usati carri armati e lanciamissili per colpire i civili e le loro abitazioni, gli ospedali - anche pediatrici - gli orfanotrofi e le scuole. 
Il 2 giugno, un mese esatto dopo il massacro di Odessa, nei bombardamenti di Lugansk sono state usate le bombe a grappolo. L'8 giugno a Slavjansk sono state bombardate abitazioni civili, uccidendo una bambina di 6 anni. L'11 giugno a Semenovka, vicino a Slavjansk, sono state usate le bombe al fosforo, vietate dalla Convenzione di Ginevra. Il 19 giugno a Jampol', vicino a KrasnyjLiman, in 13 ore di bombardamenti sono stati scaricati quattro interi lanciamissili BM-21 "GRAD". 

I mezzi d’informazione italiani, aprioristicamente schierati dalla parte dei golpisti e nazisti oggi al potere a Kiev, per compiacere gli appetiti imperialisti degli Stati Uniti e della UE, si sono ben guardati dal mettere a conoscenza di tutto questo l'opinione pubblica.

SOSTENIAMO LA POPOLAZIONE DI DONBASS 
CON L’UCRAINA ANTIFASCISTA 
MORTE AL NAZISMO. LIBERTÀ AI POPOLI!
Organizza:
Comitato per il Donbass antinazista

Aderiscono: 
Rete dei Comunisti – Padova 
Partito dei Comunisti Italiani – Federazione di Venezia
Tuttinpiedi – Mestre
Collettivo Comunista Veneto Orientale
Areaglobale


=== 2 ===

Napoli, domenica 07-09-2014 
alle ore 11 in via Toledo, vicino della stazione Toledo, Napoli

Manifestazione contro la guerra in Ucraina

Venite tutti a sostenerci! 

в Воскресенье 7 сентября в 11 часов митинг против братоубийственной войны в Укране. Приходите все! ул. Толедо (ул. Рома), у метро Толедо, Неаполь



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Bologna, 10 settembre 2014

alle ore 19.00 presso CSO TERZOPIANO via Irnerio 13 Bologna

CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA contro ogni imperialismo e fascismo

sosteniamo la Carovana antifascista NO PASARAN che nelle prossime settimane partirà per i territori della Novarossija che stanno resistendo all'attacco nazista diretto da Kiev e sostenuto dagli imperialisti UE e USA costruiamo la solidarietà con la popolazione del Donbass e le milizie popolari che combattono contro il governo dei servi delle politiche UE, USA e NATO

interverrano: 
Andrea Martocchia - comitato ucraina antifascista bologna
Olga - comitato ucraina antifascista emilia-romagna

MER 10.09 CSO TERZOPIANO
irnerio/13

H. 19 aperitivo popolare

H. 21 incontro e dibattito



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Roma, Giovedi 11 Settembre 2014

alle ore 18,30 alla Casa del Popolo di Torpignattara (via B. Bordoni 50 - Roma) 

NO PASARAN !

CON L’UCRAINA ANTIFASCISTA – NO PASARAN

SOSTENIAMO LA CAROVANA DI SOLIDARIETA’ ANTIFASCISTA ORGANIZZATA DALLA BANDA BASSOTTI NEL DONBASS

Giovedi 11 Settembre alle ore 18,30 alla Casa del Popolo di Torpignattara (via B. Bordoni 50 – Roma), presentazione della Campagna antifascista della Banda Bassotti nel Donbass e Cena Sociale a sottoscrizione

Intervengono:
– il compagno Giovanni Russo Spena (CPN PRC);

– la giornalista Marinella Correggia (Rete No War).

PRENOTAZIONE ALLA CENA MILITANTE DI SOSTEGNO ALLA CAROVANA  AL 3492725483

per tutti quelli che non potranno partecipare  rimane comunque la possibilità di passare al circolo a sottoscrivere a favore della carovana

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Il Governo reazionario di Kiev, col sostegno della Nato, ha scatenato una feroce guerra contro la legittima resistenza di una parte consistente della popolazione del Paese. Non si tratta dei “filo russi”: è la popolazione ucraina che si è costituita in organizzazioni democratiche e popolari ed ha deciso di difendere con le armi il proprio territorio e le conquiste sociali raggiunte.

Il Partito della Rifondazione Comunista sostiene questi obiettivi della Resistenza ucraina ed allo stesso tempo condivide la campagna della Carovana Antifascista lanciata in Italia dalla Banda Bassotti, finalizzata a portare la simpatia e l’appoggio di una parte attiva del Popolo italiano ed a diffondere la voce di queste popolazioni al resto del mondo, così contrastando la vergognosa campagna mediatica del potere che la presenta al servizio di Putin.

La leadership UE si è accodata a quella USA nel tentativo di affermare il proprio potere e dominio mondiale, incurante delle conseguenze economiche, di sicurezza e di messa in discussione della Pace tra i popoli coinvolti. Si è condiviso il Colpo di stato che ha spodestato un Governo legittimo, aizzando una Piazza dominata da una strana alleanza tra oligarchi, delinquenti e forti organizzazioni nazi-fasciste; si è poi assecondata una repressione interna che ha preso di mira le cittadine ed i cittadini ebrei e di origine russa, le organizzazioni popolari, le sedi sindacali e le sezioni territoriali delle e dei comunisti. E’ stata occupata la radiotelevisione pubblica, espellendo i giornalisti scomodi. In ultimo si è data copertura alla buffonata delle sanzioni alla Russia, che dopo le contromisure di Mosca rischiano di dare il colpo di grazia all’esausta economia dell’Unione Europea..

Giovedi 11 Settembre la Federazione di Roma del PRC organizza, presso la Casa del Popolo di Torpignattara, via Bordoni 50, una serata nella quale sarà presentato il progetto della Carovana antifascista della Banda Bassotti.

Interverranno il compagno Giovanni Russo Spena e la giornalista Marinella Correggia.

Seguirà CENA SOCIALE A SOTTOSCRIZIONE di sostegno alla Carovana.

Invitiamo tutte e tutti gli iscritti, le-i simpatizzanti, le amiche e gli amici del Partito, le associazioni, le cittadine ed i cittadini a partecipare ed a creare ulteriori iniziative di solidarietà con il Popolo ucraino antifascista in lotta.

NO PASARAN



=== 5 ===

Pisa, Venerdì 12 settembre 2014
presso il Circolo Agorà, Via Bovio 48


Ore 17,30 incontro sul tema

Ucraina 2014: seconda guerra nel cuore d’Europa. 
È in pericolo la pace nel mondo? 

Dopo la distruzione dell’ex Jugoslavia nella seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso, un altro Stato sovrano è sotto attacco delle stesse forze disgregatrici. 

In 4 mesi oltre 2.600 morti, a causa dell’aggressione dell’esercito ucraino contro le città del Donbas, regione al confine con la Russia. Il governo golpista dell’oligarca Poroshenko soffia sul fuoco della guerra, utilizzando in battaglia milizie naziste, che fanno strage di civili nelle città dell’Est ucraino.

Quale ruolo giocano Unione Europea e Stati Uniti in questo conflitto? Quale invece la Russia?

Quali interessi difendono le Repubbliche Popolari del Donbas che chiedono l’autonomia da Kiev?

Per capire che succede in Ucraina e rispondere a queste domande abbiamo invitato all’incontro

Manlio Dinucci
saggista - giornalista de Il Manifesto

Marco Santopadre
giornalista di Contropiano OnLine – Rete dei Comunisti.

Alcuni cittadine ucraine, testimoni del conflitto in corso nel loro paese.

Ore 20.30 - cena sociale a sostegno della Carovana Antifascista Banda Bassotti, che il 27 settembre raggiungerà la regione del Donbas ucraino.

Ore 22 concerto degli AEROFLOT 

Costo della cena: 15 euro. 
Per la cena è indispensabile la prenotazione: 050500442 – 338.4014989 – agorapi@... 

Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/870685679615868/
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¡No pasarán! – Sostegno del PC della Svizzera Italiana alla Carovana Antifascista nel Donbass

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Euskadi se solidariza con el pueblo del este de Ucrania (05/09/2014)


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Fonte: profilo facebook "Ilio Barontini", 2/9/2014

Preghiamo tutti i lettori di dare la massima diffusione a questo annuncio (anche stampando ed inoltrando i volantini o postando sulle reti sociali):
Siamo dei volontari italiani che desiderano sensibilizzare l’opinione pubblica sul conflitto nel sud-est Ucraina. GIREREMO UN VIDEO PER LA PACE NEL DONBASS E CERCHIAMO: 1)UNA VOLONTARIA UCRAINA O RUSSA DISPONIBILE AD APPARIRE NEL VIDEO 2)DIARI, LETTERE, RACCONTI CON STORIE DI VITA, VIDEO E FOTOGRAFIE. Presentate la candidatura o inviate il materiale a: voltideldonbass@...
Мы, итальянские волонтеры, желающие привлечь внимание общественности к конфликту на юго-востоке Украины. СНИМЕМ ВИДЕО НА ТЕМУ МИРА НА ДОНБАССЕ И ИЩЕМ: 1)ВОЛОНТЕРКУ ДЛЯ СЪЕМОК В ВИДЕО, УКРАИНКУ ИЛИ РУССКУЮ 2)ДНЕВНИКИ, ПИСЬМА, РАССКАЗЫ И ИСТОРИИ О ЖИЗНИ, ВИДЕО-МАТЕРИАЛЫ И ФОТОГРАФИИ от свидетелей событий на Донбассе. Просим вас представить кандидатуру в качестве волонтерки для съемок в видео или выслать ваш материал по следующему адресу: voltideldonbass@...

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Napoli: tentativi fascisti di inquinare la solidarietà con il Donbass (Contropiano Napoli, 04 Settembre 2014)


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Antifascisti di serie A e antifascisti di serie B (Archivio Azione Antifascista Internazionale, 2 settembre 2014)

http://stachanovblog.blogspot.it/2014/09/antifascisti-di-serie-e-antifascisti-di.html

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Ukraine photo exhibit: Suffering and resistance in the Donbass

By Heather Cottin on August 31, 2014


Huntington, N.Y. — “Ukraine: Behind the Red Line,” a photographic display of the war in Ukraine, documents the devastation of the lives of the people in the Donbass region as well as the organized resistance in Donbass to the junta regime in Kiev.

Armed men and women who make up the people’s militias supported by the people of East Ukraine are shown standing in defense of the residents of the cities and villages under siege by the U.S.-sponsored coup regime. The images provide graphic testimony to the suffering of people of the region who are living and dying under the bombs and military attacks of the neo-Nazi Kiev government.

The photos, taken by photojournalists in Russia and Ukraine, were prepared by Rossiya Segodnya, a multimedia international information agency and displayed here Aug. 22 at the Huntington Community Arts Center. The International Action Center and the United National Antiwar Coalition presented the exhibition.

The exhibit was a focus of intense discussion, The Community Arts Center has a long history of showing groundbreaking films and conducting discussions of critical political and social issues. Audiences are thoughtful and serious, and often consist of support movements for social justice.

One older woman stood near a photo of a mother in Donetsk saying goodbye to her daughter who was leaving for safety in Crimea. Shaking her head, the viewer says: “She looks like my daughter! She looks like me!”

An elderly man whose grandparents came from Kiev said: “I thought they tossed the Nazis out 70 years ago! Why is the U.S. supporting this regime?”

People walked slowly by the photographs and compared the scenes of destruction and the anguished faces to similar scenes from Gaza. Many asked questions because they thought the corporate U.S. media were hiding something: the truth.

A woman from Yugoslavia said: “These NATO wars started in Yugoslavia! Look at that grandmother hiding in her cellar amidst the canned vegetables! This is criminal! So sad! The U.S. is ­responsible!”

“These pictures,” said a woman from Guyana, “are beautiful and terrible. People need to see them and to understand what is happening.”

The exhibit will be traveling to New York City; Albany, N.Y.; Philadelphia; Washington, D.C.; Tucson, Ariz.; and Los Angeles in the coming weeks. The New York meeting will be on Thursday, Sept. 4, at 6 p.m. at the Solidarity Center at 147 West 24th Street in Manhattan.


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‘Behind the Red Line’ highlights human suffering of U.S.-backed war

By Workers World staff on September 4, 2014

The following is an International Action Center news release of Sept. 4.

A dramatic exhibit of 40 photos by Russian and Ukrainian journalists showcasing the destruction and human suffering caused by the U.S.-backed war in eastern Ukraine’s Donbass region opens in New York City on Thursday, Sept. 4.

The touring exhibit, entitled “Ukraine: Behind the Red Line,” will be featured at a public event at Manhattan’s Solidarity Center on that date from 6 p.m. to 8 p.m. The Center is located at 147 W. 24th St., 2nd floor, between Sixth and Seventh avenues.

“As Washington and NATO continue to engage in provocative Cold War rhetoric, falsely blaming Russia for the civil war in Ukraine, this exhibit provides a timely antidote to the myths spread by major U.S. media,” said International Action Center activist Greg Butterfield.

“U.S. officials have portrayed the coup regime that came to power in Kiev, Ukraine, early this year as a beacon of democracy. These photos document a very different reality,” asserted Butterfield.

“War crimes are being committed daily by the Kiev government against its own citizens, with funding and political support from Washington,”

Butterfield charged. “People in the Donbass region and throughout Ukraine are resisting a far-right regime — which includes openly pro-Nazi elements — dedicated to austerity and NATO expansion to Russia’s border.”

“Before we are dragged into a dangerous confrontation with Russia, poor and working people in the U.S. need to understand what our taxes are really paying for in Ukraine,” concluded Sara Flounders, an IAC co-coordinator.

The exhibit was assembled by Rossiya Segodnya, a multimedia information agency. The tour is co-sponsored by the International Action Center and the United National Antiwar Coalition. After New York, the tour will move on to Albany, N.Y.; Philadelphia; Washington, D.C.; Tucson, Ariz.; and Los Angeles.