Informazione


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON CHIEDE LO STOP AI BOMBARDAMENTI

Il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, di fronte al superamento del numero di 100 vittime a seguito del tiro-a-segno israeliano sulla città di Gaza, NON ha chiesto l'immediata cessazione dei bombardamenti.

Maggiori info: M.O.: Napolitano, invasione Gaza escalation con conseguenze imprevedibili (agenzia ASCA, 12/7/2014)





Sarajevo 100 anni dopo ovvero l'Europa 100 anni indietro

1) NEWS: Bosnia: i serbi boicottano le celebrazioni per Sarajevo 1914
2) I falsari di Sarajevo (Goran Marković)
3) Sarajevo 100 anni dopo: chi fu e cosa rappresenta oggi Gavrilo Princip (Carlo Perigli)


Isto procitaj/pogledaj: ФИЛМ О ВИДОВДАНУ НА ШПАНСКОМ ЈЕЗИКУ

A lire aussi: SARAJEVO, 28 JUIN : LE CENTENAIRE DE 1914, FIASCO EUROPÉEN, FIASCO FRANÇAIS
Courrier des Balkans, 30 juin 2014 - Le centenaire de l’attentat de Sarajevo aurait pu être l’occasion de lancer un message politique fort. Mais aucun dirigeant européen de premier plan n’a fait le voyage, et les cérémonies se sont limitées à un concert de musique classique et à un mauvais son et lumières... Ce vide illustre une évidence tragique : l’Union européenne n’a rien à dire et rien à proposer à la Bosnie-Herzégovine…


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Bosnia: i serbi boicottano le celebrazioni per Sarajevo 1914

Redazione Contropiano, 30 Giugno 2014

I serbi hanno boicottato in massa le cerimonie ufficiali per i cento anni dall'attentato a Sarajevo, il 28 giugno 1914, che nella pubblicistica storica viene considerato - a torto - l'elemento scatenante dell'inizio della Grande Guerra, e, in cambio, hanno reso omaggio all'eroe Gavrilo Princip, il nazionalista che in quel giorno uccise l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, e la consorte Sofia.
I leader serbi-bosniaci e di Serbia hanno deciso di rendere omaggio a Princip, un serbo di Bosnia, a Visegrad, città della Bosnia orientale che ospita il celebre ponte costruito dagli ottomani sul fiume Drina (che dà il titolo al romanzo "Il ponte sulla Drina", del premio Nobel della Letteratura yugoslavo Ivo Andric). Già ieri diverse centinaia di persone hanno partecipato all'inaugurazione a Sarajevo est, nella zona serba della città bosniaca, di una statua alla sua memoria. Centinaia di persone sono intervenute oggi ad "Andricgrad", cittadina che il regista serbo Emir Kusturica, padrino della cerimonia, ha fatto costruire per l'occasione nel cuore di Visegrad e a cui ha dato il nome del celebre scrittore. I lavori sono iniziati nel 2011 e la location servirà per girare il prossimo film del cineasta di "Underground" (1995). La via principale di Andricgrad porta il nome di Mlada Bosna (Giovane Bosnia), organizzazione che ha fomentato l'attentato contro Francesco Ferdinando.


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I falsari di Sarajevo

Goran Marković (*)

La Filarmonica di Vienna ha tenuto il concerto per il centenario … Di che cosa?  Dell'attentato a Sarajevo o dell'inizio della Prima guerra mondiale?

Questa musica dei viennesi non è altro che un sberleffo al sacrificio di Gavrilo Princip e dei compagni. Questo non è altro che un proseguimento »culturale ed artistico« della revisione e falsificazione della storia degli appartenenti all'organizzazione Giovane Bosnia presentati come terroristi e guerrafondai, che avrebbero provocato la Prima guerra mondiale. Questa storia che sta prendendo piede di nuovo fra i politici gli intellettualoidi di Sarajevo oggi serve a soddisfare due scopi. Il primo sarebbe di dimostrare al mondo che la attuale élite politica di Sarajevo fa parte del »mondo civilizzato«, che ha accettato i valori europei, quindi condanna i terroristi, istruiti dalla Serbia. L'altro scopo è di brandire un colpo al nazionalismo serbo, visto che Princip e compagni sarebbero stati nazionalisti serbi, che avrebbero agito sotto la tutela del governo di Serbia e dell'organizzazione „La mano nera“ di Apis Dimitrijević.

Quindi,  la Bosnia deve essere moderna, europea e libera dalle pretese granserbe e perciò bisogna fare un monumento a Ferdinando, il portatore della civiltà europea, ammazzato dal terrorista Princip.

Difficilmente si potrebbe inventare una tesi più servile e contraria alla verità, a rappresentare una spiegazione dell'attentato di Sarajevo e della Giovane Bosnia. Risulta che gli Stati capitalisti europei fossero oasi di pace e di libertà, mentre i fanatici bosniaci sono stati incitati dalla Serbia. La Serbia, fra l'altro, in quel momento, a causa delle due guerre balcaniche sanguinose, era la meno pronta ad una nuova guerra, tantomeno per la più grande guerra mai vista fino ad allora. Eppoi, quella guerra sarebbe scoppiata in tutta Europa soltanto a causa d'un attentato commesso in una periferia europea? Questo lo potrebbe considerare vero soltanto chi non sa assolutamente nulla della storia europea all'inizio di XX secolo, chi non ha alcuna nozione sul carattere imperialista degli Stati europei, Stato austro-ungarico compreso - o forse sa, ma semplicemente mente.

La stessa Austria-Ungheria che qualcuno in Bosnia reclama come portatrice della cultura e del progresso economico, si contraddistinse in quei tempi per una seria deficienza democratica proprio in Bosnia, mentre molte nazioni facenti parte di quell'Impero si sentivano oppresse. Nella Bosnia ed Erzegovina l'Austria-Ungheria aveva stabilito una specie di parlamento (Sabor) assolutamente inefficace, che non legiferava e che fu eletto sulla base di un sistema di voto circoscritto e limitato - chiamato sistema curiale, il quale sceglieva gli elettori in base ai loro redditi, alla loro istruzione, nonché alla loro professione. Quindi è impossibile dire che l'Austria-Ungheria ha portato un progresso civile alla Bosnia e Erzegovina.

Lo sparo di Princip rappresentava allora lo sparo contro una forza imperialista, che non conduceva una politica pacifista bensì una politica di oppressione e di sfruttamento in Bosnia ed Erzegovina più ancora che dalle altre parti. Lo sparo di Princip simboleggiava la resistenza all'oppressione nazionale, della quale hanno sofferto tutti i popoli slavi viventi sotto l'Impero austro-ungarico, ivi compresa anche una buona parte dei popoli jugoslavi nelle terre degli Slavi del Sud: Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Vojvodina. Perciò, questo non fu lo sparo d'un terrorista, ma d'un uomo che amava il proprio popolo e che lottava per la sua liberazione. E non lottava soltanto per quella del proprio popolo, ma per la liberazione di tutti gli Slavi del Sud tenuti sotto il giogo dell'Austria-Ungheria.

Rispondiamo alla domanda di inizio testo. Cent'anni di che cosa bisogna segnare in questi giorni? Cent'anni dall'inizio della Prima guerra mondiale? Se le cose stanno così, i Giovani bosniaci dovrebbero essere incolpati persino per lo scoppio della Guerra mondiale. Oppure, se quelli sono stati strumento nelle mani del governo serbo, allora della guerra sarebbe stata responsabile la Serbia. Però, il 28 giugno non rappresenta il centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale. La guerra non scoppiò il 28 giugno, ma il 28 luglio, con la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia. La guerra non inizia con l'attentato, bensì con la dichiarazione di guerra e con i preparativi di guerra. I preparativi di guerra devono essere preceduti da uno scopo politico, essi servono per raggiungere certi obiettivi. Quindi, responsabile per lo scoppio della guerra diventa colui che sta preparando la guerra, e, in definitiva, colui che inizia la guerra. La verità è che alla guerra non si preparava soltanto l'Austria-Ungheria, ma anche le altre potenze mondiali, visto che all'inizio del XX secolo tutto era già pronto per una nuova divisione del mondo. La Francia e l'Inghilterra volevano conservare il loro dominio nel mondo, mentre la Germania e l'Austria-Ungheria volevano metterlo in discussione. Quella fu una guerra imperialista, e lo sparo di Princip in tutto questo non poteva cambiare nulla, né è stato esso a provocare lo scatenamento degli appetiti imperialisti. La guerra intervenne in un momento che non conveniva affatto alla Serbia, visto che in quegli anni essa era appena uscita da due guerre, le mancavano gli uomini e le capacità materiali e certamente non aveva nessun desiderio di iniziare una guerra con un nemico talmente superiore ad essa nella potenza militare.

I falsari in Oriente

Al presidente Dodik le stelle hanno sorriso ancora una volta, sicché le elezioni si sono tenute proprio nel momento in cui stava cadendo il centenario dell'attentato. Lui si è affrettato ad erigere il monumento a Gavrilo Princip a Sarajevo Est, e quindi ad inviare un messaggio al proprio e agli altri popoli della Bosnia ed Erzegovina. Il suo messaggio si è ben inserito nel contesto: »La Repubblica Srpska farà di tutto per rafforzare la propria autonomia, finché non riuscirà ad essere indipendente.«

Lasciamo da parte il fatto che questo messaggio è anticostituzionale, visto che significa un invito alla spartizione dello Stato. Per la nostra storia è più importante capire come Dodik e i suoi strumentalizzano le gesta della Giovane Bosnia e dei suoi membri per i propri scopi politici odierni. Visto da un lato, potrebbe sembrare che Dodik propugna una specie di continuazione della lotta politica di Princip, partendo dal fatto che tutti e due difendono il popolo serbo dall'odioso nemico. E il quadro coincide a pennello con il fatto che uno degli Alti rappresentanti oggi in Bosnia è austriaco di nazionalità.

E' vero che siamo occupati, se non formalmente, senz'altro sostanzialmente, in un modo molto simile a come lo eravamo cent'anni fa, ai tempi di Princip. Ma né gli ideali di Princip né la sua politica hanno alcunché di simile con le posizioni delle élites politiche serbe nella Bosnia ed Erzegovina di oggi. I nazionalisti serbi semplicemente abusano del fatto che Princip e molti dei Giovani Bosniaci erano di nazionalità serba. Ma quelli non furono mai inclini alla disuguaglianza fra le nazionalità della Bosnia ed Erzegovina, proprio il contrario. La esclusività della nazione serba e dell'idea serba e la costituzione d'uno Stato esclusivamente serbo in Bosnia sono sempre stati estranei e lontanissimi ai membri della Giovane Bosnia e quindi ogni paragone con »i militanti odierni per l'interesse nazionale serbo« non è altro che una falsificazione storica.

Liberazione nazionale e sociale

I Giovani bosniaci erano, come è già stato detto, dei rivoluzionari. Alcuni di loro, come Gavrilo Princip e Vladimir Gaćinović, sono stati ispirati dalla letteratura anarchica, mentre altri sono stati socialisti (tenendo conto che i socialisti all'inizio del XX secolo erano rivoluzionari, a differenza di quelli dei nostri giorni). Loro vedevano enormi ingiustizie sociali ed erano nemici del vigente stato di cose nella società, anche se non avevano nozioni chiare su come combatterlo. Il lavoro nelle organizzazioni operaie era allora proprio agli albori come anche la creazione d'un legame fra le lotte contadine e operaie. In questo senso si potrebbe discutere se i metodi di lotta politica dei Giovani bosniaci fossero giusti, ma rimane fuor di dubbio che essi appartenevano ideologicamente ai movimenti di sinistra, ai movimenti rivoluzionari.

Secondo Veselin Masleša, comunista e marxista jugoslavo nonché eroe della Resistenza, i Giovani bosniaci discutevano fra di loro se fosse il caso di orientarsi al lavoro politico spicciolo, il che voleva dire scegliere nell'alternativa fra un lavoro politico di lungo termine per preparare la rivoluzione, istruire socialmente il popolo, creare le organizzazioni politiche ed altre per poter aspirare ad un cambiamento sociale, oppure, dall'altra parte, tentare un gesto come l'attentato, per arrivare in fretta ai cambiamenti politici e sociali. In questo senso l'attentato per loro rappresentava il mezzo per provocare grandi movimenti di massa e sconvolgimento sociale, e non era un mero assassinio politico.

In queste poche righe sulla natura del movimento dei Giovani bosniaci come organizzazione politica vogliamo mostrare che non si trattò d'un gruppo di »terroristi« radunati per ammazzare la gente, fra cui persino donne incinte (!), come oggi gli si imputa artatamente, bensì di un organizzazione rivoluzionaria che mancava d'una struttura ben ramificata e nel programma poteva soffrire di lacune ed imprecisioni ideologiche, ma aveva propri membri ai quali non mancava il coraggio, che pur partendo da posizioni ideali differenti e con differente grado di coscienza politica, erano uniti da un'unico pensiero – quello della liberazione nazionale e sociale dall'occupazione straniera.

Qualcuno potrebbe dire che guesti giovani non possedevano un chiaro programma politico e che adoperarono i metodi sbagliati nella lotta politica, ma non si possono contestare le loro idee; anche se non abbastanza chiare, quelle idee erano giuste, perché colui che lotta per la liberazione sociale e nazionale non può avere torto. Si possono discutere certe opinioni su come raggiungere lo scopo prefisso, ma nell'obiettivo storico esse sono incontestabili, se si prende il loro valore nei suoi tratti più salienti.

Infine, ma non meno importante: nessuno può contestare il sacrificio in prima persona di quei giovani, che avevano compiuto vent'anni appena (alcuni erano anche più giovani), che erano pronti a sacrificare ogni cosa, mentre avrebbero potuto fare una vita comoda - essendo istruiti abbastanza per i tempi che correvano - ottenendo i posti impiegatizi lautamente pagati. Una scelta simile risulta incomprensibile ai piccoli borghesi dei nostri tempi, che facilmente omettono questo dato di fatto. Probabilmente perché per loro stessi sarebbe inconcepibile poter compiere di un simile sacrificio.

(*) Goran Marković, dott.sc., insegnante all'Università di Sarajevo, Facoltà di Giurisprudenza

(Trad. Jasna Tkalec, rev. A.M.)


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http://www.wakeupnews.eu/sarajevo-100-anni-chi-fu-cosa-rappresenta-oggi-gavrilo-princip/

Sarajevo 100 anni dopo: chi fu e cosa rappresenta oggi Gavrilo Princip


A un secolo esatto dall'attentato di Sarajevo è ancora acceso il dibattito intorno alla figura di Gavrilo Princip, giovane che uccise Francesco Ferdinando


28/06/2014

Sarajevo, 28 giugno 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo sta visitando la città. C’è nervosismo, poche ore prima il nobile è sfuggito a un attentato dinamitardo e ora si sta recando all’ospedale della città per visitare i feriti. Durante il tragitto, all’altezza del ponte latino, la macchina incrocia un ragazzo di diciannove anni. Il giovane riconosce la vettura, si avvicina, estrae la pistola e spara due colpi, uccidendo l’arciduca e la moglie Sofia. Inizia così la storia di Gavrilo Princip e del casus belli della Prima Guerra Mondiale. Ma chi era veramente questo ragazzo di appena diciannove anni? Un eroe jugoslavo o un terrorista accecato dal nazionalismo?

UN NAZIONALISTA? – È corretto identificare Gavrilo Princip come un nazionalista? Nel procedimento che lo vide condannato per l’omicidio dell’arciduca lui stesso dichiarò apertamente la sua identità, affermando: «Sono un nazionalista jugoslavo, che punta all’unificazione di tutti gli jugoslavi». Lontano dal nazionalismo aggressivo che si paleserà in Italia e Germania negli anni venti e trenta, quello di Gavrilo è al contrario assimilabile a quel sentimento che ispirò i movimenti anti-coloniali del Novecento. È ciò che viene definito “nazionalismo non-aggressivo“, e che si basa fondamentalmente sul principio di autodeterminazione dei popoli. In questo senso, come sottolineato anche da Filip Balunovic, Princip era un nazionalista come lo era Simon Bolivar, il simbolo della lotta anti-coloniale in Sud America, e può a pieno titolo essere inquadrato come il simbolo del Risorgimento jugoslavo contro l’Austria.

EROE JUGOSLAVO – Come scritto recentemente da Muharem Bazdulj, è corretto affermare che la Jugoslavia, tanto il Regno del 1918 quanto la Repubblica Socialista nata nel 1945, nasce dall’eco di quel colpo di pistola, dallo sparo di Princip. Non è un caso che nel 1920 i resti di Gavrilo, precedentemente tenuti in luogo segreto dagli austro-ungarici, vennero riesumati e trasportati a Sarajevo, dove furono sepolti con cerimonia solenne. Durante il Regno di Jugoslavia Princip viene considerato come un patriota e a ridosso del ponte latino viene inaugurata una targa commemorativa in suo onore. Nella seconda Jugoslavia, quella socialista, Gavrilo è considerato narodni heroji – eroe del popolo. Alla sua figura è dedicato un museo, le sue impronte vengono incise nel punto preciso dal quale sparò, ed il ponte latino cambia nome, diventando principov most cioè il ponte di Princip. La sua abitazione nella sua città natale diviene un museo che attira visitatori da tutto il mondo.

IL REVISIONISMO POST-JUGOSLAVO – Il mito di Princip segue la Jugoslavia in tutto e per tutto, condividendone, anche se solo parzialmente, la triste fine. Con la disintegrazione dello Stato federale inizia una fase di forte revisionismo. Durante la guerra le orme di Gavrilo vengono nuovamente  rimosse e  la sua casa natale viene data alle fiamme dai paramilitari croati. E dire che nel 1970 Safet Isovic, uno dei più conosciuti musicisti bosniaci, musulmano, scrisse un brano su Princip, in cui lo definisce «un giovane eroe della Bosnia, fonte di orgoglio per i suoi connazionali» proseguendo nel finale con i versi «prigione dolorosa, preziosa libertà. A Princip rende onore il suo Paese, dove il Milajacka scorre, c’è ancora l’orma delle sue scarpe».

LA SOSTITUZIONE DELLA TARGA – Il particolare significato simbolico della storia di Princip è racchiuso nel destino della targa commemorativa di quel particolare giorno. Nella versione apposta dal governo jugoslavo vi era scritto: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparando ha espresso la protesta popolare contro la tirannia e l’aspirazione secolare dei nostri popoli per la libertà». La targa  è posta quindi a ricordo della volontà di un popolo, quello jugoslavo, di liberarsi dall’occupante. La quantità di significati che racchiude è dimostrata dalla rapidità con cui i nazisti la rimossero una volta entrati a Sarajevo nel 1941. Dopo la guerra dei primi anni novanta, e la nascita della Bosnia indipendente, la targa venne cambiata. La nuova incisione recita: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip ha assassinato l’erede al trono Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia». Com’è evidente, il significato di liberazione viene meno, ciò che rimane è solo il ricordo di un omicidio.

COSA RAPPRESENTA GAVRILO PRINCIP OGGI? – Si può affermare con sicurezza che attualmente a Sarajevo, così come in Bosnia, esistano due Gavrilo Princip. Nella parte a maggioranza musulmana è in programma per oggi un concerto dell’orchestra filarmonica di Vienna, che si esibirà sulle note di “Dio salvi l’Imperatore” di Joseph Haydn. Non è raro da quelle parti sentire oggi discorsi che rimpiangono la tolleranza ed il carattere multi-culturale dell’Impero Asburgico, così come è probabile sentir parlare di Gavrilo come di un terroristaaccecato dall’ultra-nazionalismo serbo, responsabile unico dello scoppio della prima guerra mondiale. Di tutt’altro sapore questo anniversario viene sentito nella parte serba della città, nella quale ieri è stata inaugurata una statua in onore di Princip, ricordato come un eroe nazionale che ha sacrificato se stesso per l’unificazione dei serbi. Terrorista e martire, due immagini opposte che in questa storia sono racchiuse nella stessa figura. Quella di un eroe del popolo jugoslavo.

Carlo Perigli

@c_perigli






Julski praznici 

1) 4. Jul, Dan Borca. SRP: Domovinski rat nije bio nastavak antifašističke borbe
2) Srbija: Vratite 7. Jul !


Isto procitaj na: http://www.subnor.org.rs

АНТИФАШИЗАМ  И  СЛОБОДAРСТВО ЗА  СВА  ВРЕМЕНА

u Kragujevcu: ЦРВЕНИ  ГРАД  НЕ  ЗАБОРАВЉА
http://www.subnor.org.rs/kragujevac-14789

СВЕЧАНО И СКРОМНО, СА НАРОДОМ
http://www.subnor.org.rs/julski-praznici



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SRP: Domovinski rat nije bio nastavak antifašističke borbe

"Prošle su 73 godine od kada je politbiro Komunističke partije Jugoslavije pod predsjedavanjem Josipa Broza Tita u Beogradu donio povijesnu odluku o pokretanju općenarodnog ustanka protiv okupatora i njihovih domaćih slugu. Bio je to najznačajniji događaj i kruna ukupnih aktivnosti, koje je partija provodila nakon okupacije zemlje, od strane sila Trećeg Reicha. A posebnu povijesnu dimenziju daje mu činjenica u vidu jedinstvenog modela pružanja otpora na okupiranim teritorijima
Evocirajući uspomenu na taj događaj, mi ne umanjujemo nijednu aktivnost, koja je doprinosila zajedničkom cilju, oslobođenju zemlje.
Međutim, da nije bilo ovog događaja i spomenute odluke, sasvim je izvjesno da bi tok oslobodilačke borbe i otpor neprijatelju bio potpuno drugačiji.
Vrlo je vjerojatno da bi se ona vodila neorganizirano, nekoordinirano i razjedinjeno po pojedinim dijelovima zemlje, poput otpora razjedinjenih indijanskih plemena. Teško je zamisliti da bi u takvim uvjetima bila izvediva i socijalistička revolucija, a izostala bi i vlastita pobjeda te bi sloboda bila donesena na bajunetima tuđih vojski. Stoga je ovaj događaj prirodno značajan i svim autentičnim ljevičarima i antifašistima.
Revizija povijesti i restauracija retrogradnih poraženih ideja koja traje od secesije 90-ih, može samo na određeno vrijeme odložiti rezultate, povijesne poruke i društvene vrijednosti proizišle iz događaja koje slavimo, ali ih ne može izbrisati, ni zaustaviti njihovo povijesno poslanje.
Zato u jeku klero-fašističke regeneracije na širem prostoru, raduje svaka pojava koja odudara od tog trenda.
S time u vezi treba istaknuti hvale vrijednu odluku slovenske vlade iz 2011. godine, koja je povodom 100. godišnjice rođenja španjolskog borca, partizanskog generala i narodnog heroja Jugoslavije Franca Rozmana-Staneta, emitirala prigodnu kovanicu od dva eura s likom heroja Rozmana i stiliziranom petokrakom zvijezdom, 'kao simbolom pokreta, kojemu je komandant Rozman pripadao', kako stoji u obrazloženju, koje je tom prilikom objavljeno.
Istovremeno s indignacijom odbijamo svaki pokušaj usporedbe i povezivanja Narodno oslobodilačke i antifašističke borbe s kontrarevolucijom provedenom 90-ih godina prošlog stoljeća, u vidu međuetničkog i konfesionalnog oružanog sukoba. Pa s time i vrlo česte izjave predstavnika hrvatskog establišmenta na svim nivoima i u svim prilikama, kako je 'Domovinski rat bio nastavak antifašističke borbe'. Pri tome dotična gospoda tu tvrdnju ne potkrjepljuju nijednim argumentom iz jednostavnog razloga što argumenata za to naprosto nema. Oružani sukob iz 90-ih je bio sušta suprotnost i negacija antifašističke borbe. Njime su ukinuta sva dostignuća antifašističke borbe i poslijeratne izgradnje društva, u tom sukobu nije zapijevana nijedna antifašistička pjesma, ali jesu ustaške; u tom sukobu nije istaknut nijedan antifašistički simbol, ali jesu ustaški i u tome je sukobu i nakon njega uništeno između 3000 i 4000 spomen-obilježja koja su podsjećala upravo na antifašističku borbu, što znači da je izostala svaka poveznica između ta dva događaja", stoji u priopćenju Socijalističke radničke partije, koje potpisuje predsjednik SRP-a Vladimir Kapuralin.


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L'appello del SUBNOR (equivalente dell'ANPI in Serbia) per il ripristino della festività del 7 Luglio, Giorno dell'insurrezione contro il nazifascismo: 


Захтев властима
Објављено 24. јануар 2013. | Од СУБНОР

ВРАТИТЕ СЕДМИ ЈУЛ!

На седници Председништва Републичког одбора СУБНОР Србије, одржаној 23. јануара 2012. године, закључено је да се Републичком одбору на усвајање упути предлог Влади Републике Србије поново поднесе Предлог за измену и допуну Закона о државним празницима.

1. Републички одбор СУБНОР-а Србије, у име око 100.000 својих чланова и антифашистичи опредељених грађана Србије, предлаже да се 7. јул 1941. године као дан почетка устанка народа Србије, законом утврди као државни празник у Републици Србији који се радно обележава, и у том смислу очекује да Влада упути у примереном року овај предлог Закона  Народној Скупштини на усвајање.

Ранији Предлог СУБНОР-а Србије био  је достављен тадашњој Влади Републике Србије септембра 2011. године, али није било реаговања.

2. Републички одбор СУБНОР-а Србије предлаже Влади Републике Србије да се 4. децембар 1943.године – дан Пријепољске битке, од ове године уврсти у Владин програм годишњица које се обележавају.

Погинуло је, како је досад утврђено, 520 бораца 1.шумадијске,  2.пролетерске, 2.далматинске, 3.санџачке, 4. и 10.крајишке бригаде и бораца Пријепољског и Пљеваљског одреда, борећи се храбро против немачких снага, четничких јединица Драже Михаиловића и Муслиманске милиције.

Републички одбор је усвојио ове захтеве и предлог је упућен Влади Републике Србије са жељом да буду усвојени у најскоријем времену.



ДАН УСТАНКА СРБИЈЕ


Седми јул, као Дан устанка народа Србије, мора да буде уврштен у Закон о джавним празницима.

Овај предлог је упућен председнику Владе Ивици Дачић после седнице Републичког одбора СУБНОР-а Србије, а писмо са образложењем послао је председник проф. др Миодраг Зечевић.

Портал СУБНОР-а објављује у целости тај текст.

„Поштовани господине председниче, у Закону о државним празницима 7.јули дан почетка четворогодишње Антифашистичке народноослободилачке борбе народа Србије 1941-1945. против окупатора и домаћих квислинга није уврштен у државни празник.

Републички одбор СУБНОР-а Србије у име својих чланова и антифашистичи опредељених грађана Србије захтева и предлаже да се 7. јули  дан почетка устанка  Законом утврди као држави празник у Републици Србији и у том смислу очекује да Влада упути такав прeдлог Закона Скупштини на усвајање.

Предложени Закон требало би усвојити  до овог датума, што би био и доказ да Србија припада европској заједници народа чије антифашистичко определење није спорно, која је иначе усвојила 9.мај као општи празник победе над фашизмом.

У прилог  нашем предлогу указујемо на неке битне чињенице.

1.Седми јули је избрисан из Закона о државним празницима, мада је он

један од најзначајнијих датума у борби против окупатора савремене историје Србије. Изостављање овог Дана омаловажена је и непризнавана борба  народа Србије противу најокрутнијег  непријатеља човечанства XX века  у лицу Хитлерове Немачке, Мусолинијеве Италије, Хортијеве Мађарске и Борисове Бугарске и домаћих квислинга и колаборације у њиховој служби. Мислимо да не постоји ни један иоле озбиљан разлог за овакав поступак законодавца.  Сматрамо да је ово политички обрачун са антифашизмом и антифашистичком борбом народа Србије у функцији рехабилитације фашистичке прошлости, српског квислинштва и колаборације са фашистичким окупатором.

У  Србији  нема ни једне општине, ни једног места, у коме се не обележава 7.јули и тог дана полажу венци палим борцима за слободу, у коме се не одаје пошта убијеним цивилима, старцима, деци и женама, које је фашистички окупатор и домаћи квислинзи лишили живота, само зато што припадају том народу, што су се борили за слободу и што им нису били наклоњени. Из којих разлога законодавац не поштује вољу народа, заборавља на његову вековну борбу за слободу, и игнорише надчовечанску борбу народа Србије у периоду 1941-1945.године. Зашто се нарушава континуитет непокоравању окупатору изражену још од времена  Карађорђа и Милоша, херојства српских војника на Церу и Колубари, одбрани Београда, Албанској голготи и отпору агресији 1999.године.

Седмом јулу треба вратити место које му припада у историји Србије, јер је то један од најзначајнијих датума  у херојској борби за слободу коју су водили народи  Србије. То је дан почетка трећег Устанка народа Србије у последња два века против окупатора.

2. Организатор устанка против фашистичког окупатора и домаћег квислинштва и колаборације у Србији и Југославији била је, што је неспорно, Комунистичка партија Југославије. Тај устанак противу фашистичког окупатора и квислинштва и колаборације је ослободилачка борба  окупираног народа за слободу а не идеолошка борба за власт једне партије како је данас потомци и поштоваоци српске колаборације и квислиништва представљају.

У Београду је 4.јула Политбиро ЦК КПЈ донео Одлуку о дизању устанка и позвао народе Југославије на оружану борбу противу фашистичких окупатора и домаћих квислинга. Рађевска партизанска чета Ваљевског народноослободилачког партизанског одреда у међусобном сукобу ликвидирала је  квислиншку жандармеријску патролу која је дошла да растера народни збор и успостави окупаторски ред и мир у Белој Цркви 7.јула. Тај дан је узет за дан почетка устанка народа Србије против фашистичких окупатора и српског квислинштва и колаборације у служби окупатора.

3. Главни штаб НОПОЈ у свом Упутству од 10.августа 1941.г, указао је на карактер устанка и народноослободилачке борбе утврдивши задатке народоослободилачких партизанских одреда, на које указујемо:

- Највећи наш непријатељ је фашизам и његови трабанти. Против њих се треба борити до њиховог потпуног уништења;

- Партизански одреди нису војска ни једне партије укључујући ту и Комунустичку, већ борбени одреди народа у којима има места за све патриоте који желе да се боре против окупатора;

- Главни циљ НОПО је ослобођење земље од окупатора и домаћих издајника, помагача тог фашистичког освајача;

- Народноослободилачки партизански одреди поред оружаних активности имају и друге многобројне задатке као што су рушење пруга, мостова, фабрика, складишта оружја и других објеката који служе окупатору. Одреди морају спречавати пљачку сељака и онемогућити окупатора да убира порезе и друге дажбине.

4. Ни једна  политичка партија, изузев КПЈ пре и касније 7. јула, покрет, нити орган  није се у Србији појавио, нити организовао отпор фашистичком окупатору. Грубе су неистине да се тај узвишени национални догађај припише неком другом укључујући и четнички покрет Драже Михаиловића. Истине ради треба рећи да је пук. Дража Михаиловић у повлачењу из Словеније стигао на Равну гору половином маја 1941. године са групом од 26 официра, подофицира, војника и жандарма. Историјска је истина да су се његови тзв. четнички одреди,  појавили тек после образовања партизанских одреда, односно у току лета 1941. године и да Равногорски покрет никада није у току рата позвао народ на устанак и оружану борбу против окупатора и домаћих квислинга. Њихова девиза је била да „још није време“ и да „устанка се треба бојати као живе ватре“.  

У складу са определењем да у борбу против окупатора треба укључити све постојеће националне снаге, представници Ваљевског НОП одреда у јулу месецу 1941. године водили су преговоре са представницима  Врховне четничке  команде са Равне горе о заједничкој борби који нису са успехом завршени. Осмог септембра 1941.г, уследили су нови разговори делегата Главог штаба НОПО Србије са представницима Врховне команде са Равне горе. Дража Михаиловић је категорички одбио предлог о заједничкој борби против окупатора, прихвативши само међусобну толеранцију са партизанским одредима.

У селу Струганику 20.септембра одржан је састанак измђу Тита и команданта четничких одреда Драже Михаиловића. И овога пута Дража је одбацио Титов предлог о заједничкој борби против окупатора под изговором да још није време за борбу и устанак, мада су у то време неки  четнички одреди без сагласности Врховне команде у сливу западне Мораве водили заједничку борбу са партизанским јединицама против окупатора.

У међувремену је образован Врховни штаб НОПОЈ у јесен  1941. године на саветовању у Столицама. Врховни командант Јосип Броз Тито упутио је Дражи Михаиловићу предлог о образовању заједничке команде и вођење заједничких операција против окупатора. Дошло је и до састанка 27.октобра у селу Брајићима код Горњег Милановца. Михаиловић је одбио оба предлога Јосипа Броза Тита.

5. Велика територија западне Србије и Шумадије 1941.г, била је слободна. Ужице је постало центар слободне територије па је с правом та велика слободна територија названа Ужичка Република. Предузета је немачка офанзива великих размера и жестоке борбе са партизанским снагама вођене су широм Србије. Крајем октобра  четничке јединице под командом Драже Михаиловића извршиле су велики број напада на  партизанске одреде и ослобођена места. У Пожеги је убијен командант 1.шумадијског НОП одреда и члан Главог штаба паризанских одреда Србије Милан Благојевић, а 1. и 2.новембра четнички одреди напали су Ужице.  Ужички  и други партизански одреди одбиле су овај напад, прешле у гоњење и опколиле Равну гору. Под утицајем Југословенске Избегличке владе ове борбе су обустављене и тако спашена ликвидација четничке Врховне команде.

Надмоћност снага окупатора и домаћих квислинга уз директно учешће четника Драже Михаиловића довела је до повлачења дела  партизанских јединица са територије Србије у Босну. Убрзо је у Рудом 21.12. 1941, формирана је 1. пролетерска бригада са шест батаљона од којих су четири била из централне Србије, а два из Црне Горе.

6. О учешћу четничких јединица у великој офанзиви окупаторских снага на слободну територију Србије.  Указујемо само на два значајна догађаја:

- У време заједничких борби у западној Србији и Шумадији, Дража Михаиловић 29.08. 1941.г. (дан када је ген. Милан Недић постао председник квислиншке владе) упућује Недићу у Београд делегацију са мајором Мишићем ради договора о заједничкој борби против партизана. После преговора који су трајали неколико дана, закључен је намеравани споразум.

- У току највећих борби за одбрану слободне територије Дража Михаиловић, 11.новембра 1941. предводи своју делегацију на преговорима са представницима немачког Вермахта у селу Дивцима, недалеко од Ваљева. Основни захтев ове Дражине делегације био је тражење оружја и муниције ради обрачуна са НОПО у Србији, уз посебу изјаву да није била намера четничких јединица да се боре против окупатора и да су то чинили без његове сагласности поједини неодговорни његови команданти. Том приликом Дража Михаиловић  немачкој делегацији даје обећање које гласи: „Нећемо се борити против Немаца, па ни онда ако нам ова борба буде наметнута“. Овог обећања из 1941. године Драгољуб-Дража Михаиловић са својим четничким снагама држао се до краја Другог светског рата.

Изложени разлози недвосмислено упућују на два закључка:

1. Борбу против окупатора у Србији отпочели су партизански одреди под руководством Комунистичке партије Југославије и водили је сами све четири године и ослободили окупирану Србију уз огромне жртве.

2. За почетак Устанка узет је догађај у Белој Цркви који се догодио 7. јула 1941. године, сукоб са квислиншком жандармеријом упућена да казни устанике и очува окупациони ред и мир у овом месту.

Из свих изнетих разлога, овај један од највећих историјских датума не може се заобићи као државни празник у низу других познатих великих датума из историје народа Србије.

О свим наведеним чињеницама у  домаћим и страним архивима постоје непобитна документа“ – стоји у писму које је председнику Владе Републике Србије Ивици Дачићу упутио председник СУБНОР-а Србије проф. др Миодраг Зечевић поводом захтева Репуличког одбора да се 7.јул уврсти у државне празнике у нашој земљи.





1914-2014, German "Left" Ready for War

1) Systematic Revision (GFP 2014/07/04)
2) German unions support the government’s war policies (Ulrich Rippert / WSWS, 7 July 2014)


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http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58765

Systematic Revision
 
2014/07/04
BERLIN
 
(Own report) - The leadership of the "Die Linke" ("The Left" Party), widely considered an anti-war party, is seeking to align its policy with Germany's official foreign and military policy. Just recently, leading party functionaries declared that "differences over foreign policy will not stand in the way" of a future coalition with the SPD, which is currently in the government coalition with the Christian Democrats. This statement was made following a secret meeting of top leaders of the Left Party with the Chair of the SPD, Sigmar Gabriel. The Left Party's spokesperson on the Bundestag's Foreign Policy Committee, Stefan Liebich, regularly attends so-called red - red - green talks, meant to facilitate a convergence of Left Party political standpoints to those of the SPD and the Greens. It was on such an occasion that Liebich also declared that he "does not preclude foreign missions of the German Bundeswehr." This past April, the "Left" Party parliamentary group, for the first time, did not unanimously vote against a foreign military mission. At the same time, a clause in the party's electoral program, for the European parliamentary elections, that characterized the EU as a "militarist power" was completely deleted from the program. Members of the party, who openly oppose warfare, can now expect to be publicly disavowed by the party's leadership.
"More Active Foreign Policy"
In an interview, published a few days ago in German media, the Vice Chair of the Left parliamentary group, Dietmar Bartsch, made a plea for a "more active foreign policy." Bartsch said that he too would like to see Germany assume "more responsibility" at the global level. This is in line with the programmatic statements being made by Germany's President, Joachim Gauck, Defense Minister, Ursula von der Leyen (CDU) and Foreign Minister, Frank-Walter Steinmeier (SPD). All three sought to justify an intensification of Germany's military engagements at the Munich Security Conference, Germany's most important military policy conference. Even though Bartsch speaks out against "more German soldiers abroad," he underlines that "no government" of Germany would be able to simply "interrupt" the "missions it has agreed to carry out under a UN mandate." "The decisive moment would then come, when the Bundestag will have to take a decision on the prolongation of these missions. This would always involve a case-by-case examination." This Left Party functionary couples this with an unambiguous call for closing ranks with the social democrats: "In 2017, differences over foreign policy will not stand in the way of a coalition of SPD and the Left Party."[1]
"Reaching Agreement on Defense Policy"
Gregor Gysi, the Chair of the Left Party's parliamentary group, made a similar statement early last month. The politician made the false allegation in a radio interview that the SPD has "learned" that the wars, they continue to justify and support in Yugoslavia and Afghanistan "have not solved the problems confronting humanity, but rather made them worse." Gysi also appears to be convinced of the possibility of forming a coalition government with the German Social Democrats: "We can reach an understanding in questions of foreign policy, even in defense policy."[2]
Picking up the Threads of Conversation
Gysi's statements had been preceded by a meeting that, at first had been kept secret, between Left Party co-Chairs Katja Kipping and Bernd Riexinger and the head of the SPD, Sigmar Gabriel, on June 2 of this year. The purpose of that clandestine meeting was to end the "breakdown in communication" and pick up the long-term "threads of the conversation," according to the news provided by the parties nearly a month later.[3] They also emphasized the need to remain absolutely silent about the contents of these talks. Nonetheless, Gabriel's Vice Chair, Ralf Stegner, implied that the social democrats are mainly disturbed by the Left Party's opposition to war: "Much of the Left Party's foreign policy is of another world."[4]
Imperial Liberalism
Public discussions between representatives of the Left Party, the SPD and the Greens are regularly held on the premises of the Berlin-based daily, "taz." Last month, at this forum, the Left Party's spokesperson on the Bundestag's Foreign Affairs Committee, Stefan Liebich, made wide-ranging concessions to official German foreign and military policy. As the politician explained, the Left Party does "not rule out foreign military missions for the Bundeswehr," for example for the stabilization of a "cease fire line," for "civil protection in disaster zones," or to thwart "genocide."[5] Liebich co-authored a paper outlining "Elements of a Foreign Policy Strategy for Germany." The paper was jointly published by the government-affiliated German Institute for International and Security Affairs (SWP) and the German Marshall Fund of the USA (GMF). The paper proposes that the Federal Republic of Germany "make use of the entire panoply of foreign policy instruments - from diplomacy via development and cultural policy all the way to the use of military force," to globally impose its political and economic interests. (german-foreign-policy.com reported.[6]) Similar policy statements can be found in the book "Left Foreign Policy" edited by Liebich. In this anthology, one author explicitly acknowledges her attachment to the strategy of "imperial liberalism," which signifies that "liberal political objectives be pursued through the use of military force or the establishment of hegemonic structures."[7]
EU Criticism Deleted
The Left Party's systematic revision of its anti-militarist political positions has already begun to have practical consequences. In April, when the Bundestag was called to decide, whether the Bundeswehr should participate with a frigate in the removal of Syria's arsenal of chemical weapons in the Mediterranean, for the first time in its history, the Left Party's parliamentary group did not unanimously vote in opposition to a German military operation. 19 of the Left Party parliamentarians abstained, while five voted in favor of the mission. Almost at the same time, the party leadership pushed through the deletion of an essential passage from the Left Party's electoral program for the European Parliamentary elections: The formulation characterizing the EU as a "neoliberal, militarist and, to a large extent, undemocratic power" was completely deleted from the text.[8]
Admission Fee to a Government Coalition
In the meantime, antimilitarists in the Left Party can expect to be publicly disavowed, if the party leadership finds their positions inconvenient. This most recently happened to the regional parliamentarian in Brandenburg, Norbert Müller, who referred to the German President, Joachim Gauck as a "disgusting warmonger."[9] Similarly, the party leadership recently also publically rebuked the Bundestag parliamentarian, Sevim Dagdelen. When the Green parliamentary group whip, Katrin Göring-Eckardt, slandered those denouncing the participation of neo-fascist organizations in the Ukrainian government as "cheap populism," Dagdelen responded with a quote from Berthold Brecht: "A man who does not know the truth is just an idiot, but a man who knows the truth and calls it a lie is a crook!"[10] Evidently the leadership of the Left Party is about to sacrifice anti-militarism on the altar of a political alignment with the official German foreign and military policy - the admission fee to a future government coalition.
[1] "Dieses Pferd ist tot". www.tagesspiegel.de 27.06.2014.
[2] "Wir brauchen Deeskalation". www.deutschlandfunk.de 08.06.2014.
[3] Unter sechs Augen. Junge Welt 25.06.2014.
[4] Rot-rotes Treffen: Gabriels linke Nummer. www.spiegel.de 24.06.2014.
[5] Zitiert nach: Rot-rot-grüne Kriegspolitik. www.scharf-links.de 26.06.2014.
[6] See The Re-Evaluation of German Foreign Policy.
[7] Gabriele Kickut: Linke zwischen Antiamerikanismus und Bündnisfrage. In: Stefan Liebich/Gerry Woop (Hg.): Linke Außenpolitik. Reformperspektiven. Potsdam 2013. Siehe hierzu auch: Peer Heinelt: Linke Krieger. In: Konkret 1/2014.
[8] Der vollständige Satz lautet: "Spätestens seit dem Vertrag von Maastricht wurde die EU zu einer neoliberalen, militaristischen und weithin undemokratischen Macht, die nach 2008 eine der größten Krisen der letzten 100 Jahre mit verursachte." Er findet sich im Leitantrag des Parteivorstandes der Partei "Die Linke" zur Europawahl, ist aber im offiziellen Europawahlprogramm der Linkspartei nicht mehr enthalten.
[9] Oppermann prangert "unglaubliche Entgleisungen" an. www.sueddeutsche.de 25.06.2014.
[10] Mit Brecht gegen Faschisten-Versteher. Junge Welt 05.06.2014.


=== 2 ===

http://www.wsws.org/en/articles/2014/07/07/dgb-j07.html

German unions support the government’s war policies

By Ulrich Rippert 
7 July 2014

The German Trade Union Federation (DGB) unreservedly supports the foreign policy of the grand coalition government and its return to great power politics and militarism. This is clear from an article by the new DGB chairman, Reiner Hoffmann, published on a website of the foreign ministry.

In May, foreign minister Frank-Walter Steinmeier (SPD, Social Democratic Party) opened the website “Review 2014—thinking further in foreign policy”, to promote the new foreign policy orientation announced at the beginning of the year.

Steinmeier, along with Defence Minister Ursula von der Leyen and President Joachim Gauck, announced that the previous policy of military reticence was at an end. In the future, Germany would once again intervene in the world’s crisis regions “also militarily”, with more independence and more self-confidence.

At the meeting to launch the new website, Steinmeier repeated that Germany was “too big and too important” to continue “commenting on world politics only from the sidelines”.

Until now it has been mainly foreign “experts”, invited and paid by the foreign ministry, who have promoted “greater German foreign policy responsibility” on the new website. This culminated in a contribution by a professor from Singapore, whose article was headlined: “Germany’s destiny—to lead Europe in order to lead the world”.

Now the DGB has officially supported this campaign. Completely in step with Steinmeier, with whom he has collaborated for years in various leading SPD bodies, Hoffmann writes: “In many parts of the world where acute crises arise, German foreign policy is confronted time and again with the need for short-term intervention. We therefore need a forward-looking foreign policy, which can recognise the potential for crisis early enough and make a preventive intervention.”

“Forward-looking foreign policy” and “preventive intervention” are code words for aggressively pursuing imperialist interests, as the German government is doing currently in Ukraine, where it is collaborating with oligarchs and fascists in order to bring the country under the influence of the European Union and NATO.

Hoffmann does not need to specifically mention that he too supports military intervention in pursuit of imperialist goals. That is clear from the context of the official discussion. Consequently he makes no criticism about the current intensive campaign to beef up Germany’s military capacity and for military interventions.

Instead, the union bureaucrat praises the effectiveness of the civil service apparatus in the foreign ministry, which, “with the political foundations, the German embassies, but also the organisations of civil society”, has “numerous and good sources of information” at its disposal.

It goes without saying that Hoffmann and the unions belong to the “organisations of civil society”, with their European and international umbrella organisations, along with the union-led works councils in the transnational corporations providing the foreign ministry with an excellent network of international relations.

Hoffmann praises the European Union and the Maastricht Treaty, which serve the German government as an instrument for imposing massive attacks on workers’ social achievements in Greece and throughout Europe. “We need a foreign policy that concentrates on multi-lateralism and which strongly supports the EU’s common foreign and security policy introduced in the 1993 Maastricht Treaty”, he writes.

Hoffmann embeds his support for an imperialist foreign policy and the EU with rhetoric about social justice, maintaining international standards, the dismantling of social and economic inequality and the strengthening of social partnership. “The social dialogue between employers and employees contributes decisively to the dismantling of social and economic inequality, and must therefore be extended internationally”, he writes, and emphasizes that “free trade unions” are indispensable to that end.

He consciously utilises the term “free trade unions”. Ever since the Cold War, it has connoted anti-communist “unions” that collaborate closely with the CIA and other imperialist secret services and support dictatorial regimes.

Hoffmann declares that the universal access to basic social safeguards and trade union freedom are “human rights”. This term too should be seen in relation to the current war propaganda.

Almost all the imperialist wars of the last years—in Libya, Syria and Mali—were conducted in the name of “human rights”. The UN has even developed its own doctrine to this end, the “Responsibility to Protect”. Steinmeier also demands that Germany should no longer leave the preservation of human rights to others, but must be prepared to make a contribution to the defence of human rights everywhere in the World—also militarily.

The new DGB chief, who at almost 60 is an experienced union apparatchik, embellishes the humanitarian war propaganda of the SPD, the Greens and the Left Party with social phrases and offers the DGB’s services as a partner to the foreign ministry and the Bundeswehr (Armed Forces). This fits in seamlessly with the policies of his predecessor, Michael Sommer.

Sommer and the then Defence Minister Thomas de Maizière (CDU, Christian Democratic Union) declared in unison in 2013 that the relationship between the trade unions and the Army, in contrast to the past, was no longer strained, but was marked by mutual recognition.

De Maizière said: “We want to establish the spirit in which we can take [our] collaboration into the future”. Not just the trade unions, but the Bundeswehr too was part of the peace movement!

In March 2011 Sommer delivered a speech at the Bundeswehr Academy on the topic of “The trade unions and their relationship to the Bundeswehr”. He had said that the Bundeswehr’s foreign missions had “very much contributed to relaxing the relationship between the unions and the Bundeswehr”. The unions were also interested in international stability and questions such as the safeguarding of Germany’s sources of raw materials.

The close collaboration between the DGB and the Bundeswehr met with criticism and protest from some union members. As a result, the DGB leadership held a “Peace and Security Policy Workshop” last October, tasked with bringing critics of the unions’ pro-war policy into line.

The main speaker invited by the DGB was Herfried Münkler, who teaches political theory at the Institute for Social Science at Berlin’s Humboldt University. He is also an advisor to the government and plays a key role in the present political campaign to return to an aggressive German foreign policy. The moderator of the DGB workshop was the TV journalist Paul-Elmar Jöris, a prizewinner of the Federal Academy for Security Policy, and a contributor to the advisory council for Bundeswehr Civic Education.

The article by the new DGB chief on the propaganda web pages of the foreign ministry continues this course. The union bureaucracy is responding to the mounting social crisis and worldwide political instability by moving closer to the German government, integrating itself into the state apparatus. It utilises its bureaucratic apparatus and its still remaining influence in the factories to crack down on the growing anti-war mood in the working class.

The unions have already used their influence in order to destroy social conditions and jobs, playing off workers against one another, and extorting them, as at Opel Bochum where the unions suppressed any serious opposition to the plant closure. Now they are going one step further and are offering their services to silence and intimidate opponents of war in the factories.






(deutsch / english / italiano)

Ucraina: iniziative e segnalazioni

0) LINKS
1) Ucraina. Appello da Napoli ai democratici italiani (di Lavoratori ucraini e di altri paesi dell’Est Europa residenti a Napoli, 21 giugno 2014)
2) Tour italiano di Serghey Markhel, sopravvissuto alla strage di Odessa
3) Sulla situazione in Ucraina. Comunicato congiunto di alcuni partiti comunisti e operai, 22 giugno 2014
4) Aufruf gegen Kriegspropaganda und Kriegsvorbereitung
(Appello internazionale contro la propaganda di guerra e i preparativi di guerra, con specifico riferimento all'Ucraina)
5) Kazbek Tajsayev (PCFR): Dal destino dell'Ucraina dipende il nostro futuro
6) Kiev contro il Donbass, la parola passa al tribunale
Nei combattimenti contro la milizia del Donbass le autorità di Kiev hanno utilizzato bombe al fosforo e l’artiglieria a reazione.
7) CASAPOUND E FORZA NUOVA IN UCRAINA: ALCUNI APPUNTI


=== 0: LINKS ===


*** LE INIZIATIVE:

Manifestazione popolare antifascista e per l'autodeterminazione a Donetsk, 6 luglio 2014

Mosca 3 luglio 2014: Manifestazione di solidarietà con gli abitanti delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk

Parma, Piazzale Matteotti, tra contestazioni, urla e voglia di fare politica si è parlato di Ucraina
Cristiano Antonino, Giovedì, 03 Luglio 2014
http://www.rossoparma.com/index.php/politica/citta/3150-piazzale-matteotti-tra-contestazioni-urla-e-voglia-di-fare-politica-si-e-parlato-di-ucraina

Stop $ for Ukraine murders! Protest in New York on June 6, 2014

SPECIALE: #DontKillUs
PTV News 10 giugno 2014 – 
#DontKillUs. Il video-appello dei rifugiati di Slavyansk e di Lugansk, fuggiti dalla guerra civile nell’Est dell’Ucraina… Donne e bambini hanno trovato rifugio in un centro estivo a Dmitriadovsky, nella regione russa di Rostov… 
VIDEO: http://www.pandoratv.it/?p=1169
http://www.youtube.com/watch?v=eOwM0_0eslk


*** LE CANZONI:

Вставай Донбасс! - Группа «Куба»

Песня про Донбасс - Eugene Morev


*** SEGNALAZIONE PER LE ANIME BELLE DELLA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE:

Fonte: pagina FB "Premio Goebbels per la disinformazione", 6/7/2014
https://www.facebook.com/premiogoebbels/

Arrivano le prime autocritiche da parte di settori Lgbtq sull'appoggio dato ad EuroMaidan dopo cancellazione del Pride di Kiev (che si sarebbe dovuto svolgere ieri).
L'anno scorso il "dittatore amico di Putin " Yanukovich aveva autorizzato la Parade e l'aveva protetta con i poliziotti di Berkut (http://76crimes.com/2013/05/26/praise-for-police-organizers-of-first-kiev-pride-parade/), mentre quest'anno i golpisti "democratici e pro-Ue"hanno fatto capire che non possono contenere la violenza delle milizie neonaziste, anche perché reggono proprio grazie ad essa. Ricordiamo che tra coloro che si sono espressi contro il Pride c'era anche il sindaco di Kiev, l'ex pugile ultranazionalista e tra i volti più noti di EuroMaidan, Vitali Klitschko.

It's Time Kyiv Got It Right (Brian Dooley - Director, Human Rights Defenders Program, 07/05/2014)
http://www.huffingtonpost.com/brian-dooley/its-time-kyiv-got-it-righ_b_5560433.html


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Ucraina. Appello da Napoli ai democratici italiani


Siamo lavoratori immigrati a Napoli  dall’Ucraina e da altri paesi dell’Est Europa e rivolgiamo questo appello a tutti i sinceri democratici e antifascisti italiani, ai parlamentari, ai rappresentanti delle istituzioni e degli enti locali, ai giornalisti, agli intellettuali…

L’oligarca miliardario Poroschenko, “eletto” Presidente dell’Ucraina dopo un colpo di Stato, sta massacrando inermi cittadini “colpevoli di non voler accettare un governo illegittimo, sostenuto dalla NATO e dall’Unione Europea, composto non solo da nazionalisti ma anche da fascisti e nazisti dichiarati.

Carri armati, cannoneggiamenti, bombardamenti (anche con armi vietate quali “fosforo bianco” e bombe a frammentazione) mercenari stranieri… vengono quotidianamente utilizzati, soprattutto nella regione russofona (e operaia) del Donbass, per sterminare innumerevoli civili, mentre nell’esercito ucraino i soldati che rifiutano di uccidere i loro compatrioti inermi vengono fucilati da reparti di fascisti arruolati e inquadrati nella Guardia Nazionale.

Quotidianamente sono attaccati ospedali, scuole edifici di abitazioni popolari. Esercito e bande fasciste impediscono di rimuovere dalle strade i numerosi cadaveri nonostante la temperatura già torrida e viene negata la possibilità di corridoi umanitari per mettere in salvo vecchi e bambini.

La televisione e i giornali italiani nascondono la verità, continuando a parlare di “lotta al terrorismo” e appoggiando Poroshenko che, oggi, ipocritamente, propone come “Piano di Pace” una “tregua” (che viene dalle sue truppe quotidianamente infranta) e il “disarmo delle milizie irregolari” (dopo aver fatto arruolare nella Guardia Nazionale le bande fasciste).

Il governo italiano sta facendo di peggio appoggiando l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea (Il 27 giugno, viene firmato l’accordo di partenariato) e contribuendo allo stanziamento di 14 miliardi di euro (il 16 giugno sono stati già versati 600 milioni di euro) ad un governo fascista e sanguinario.

Aiutateci a salvare il popolo del Sud-Est ucraino dalle armi dei fascisti e dell’esercito “regolare” del governo di Kiev.

NO all’accordo di partenariato Ucraina – Unione Europea

Fermiamo il fascismo prima che dilaghi in Europa.

Vi chiediamo di far sentire la vostra indignazione anche diffondendo su Facebook e su altri social network questo nostro appello che inoltreremo, a tutti i parlamentari, ai rappresentanti delle istituzioni e degli enti locali, ai giornalisti.

 

Lavoratori ucraini e di altri paesi dell’Est Europa residenti a Napoli

https://www.facebook.com/groups/ucrainaantifascistanapoli/


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TESTIMONIANZA DA ODESSA. STOP NAZI UKRAINE! (SERGEY MARKHEL)

Sabato 5 luglio 2014, presso la Casa Rossa di via Monte Lungo 2 a Milano, Lombardia, Italia, affollatissima iniziativa internazionalista sul tema della drammatica situazione in Ucraina con la partecipazione di Sergey Markhel, attivista del movimento ucraino di resistenza antifascista "Kulikovo pole" di Odessa, che ha portato la sua testimonianza diretta sul tragico rogo della Casa del Sindacato di Odessa dello scorso 2 maggio 2014. Un'analoga iniziativa dal titolo "Ucraina: dal golpe di Euromaidan ai pericoli di guerra" si era già recentemente tenuta al Palazzo delle Stelline di Milano. Nel corso della serata sono stati proiettati video e foto di documentazione e sono seguiti gli interventi di Luigi Tranquillino, Marcello Gentile, Deborah Besseghini, ecc.
Presso il cimitero militare tedesco del Passo della Futa nella zona della Linea Gotica, sulla strada che da Firenze porta a Bologna, tra le lapidi che ricordano le varie unità naziste, responsabili tra l'altro degli eccidi di Marzabotto e S.Anna di Stazzema, si trova anche quella dei collaborazionisti ucraini che combatterono a fianco dei nazisti. Oggi gli eredi di questi criminali, rappresentati da vari ministri dichiaratamente fascisti nel nuovo governo golpista ucraino di Kiev, stanno tentando di riportare indietro le lancette della storia di 70 anni (dimenticandosi della batosta presa a Stalingrado), instaurando un governo reazionario che ha scatenato la caccia agli ebrei, la distruzione delle sinagoghe, l'organizzazione di bande terroristiche armate, azioni squadristiche contro gli oppositori politici fino ad arrivare ai linciaggi ed all'assassinio (come accaduto ad Odessa), con la messa fuori legge dei partiti di opposizione non graditi ed il divieto di manifestare il 9 maggio, anniversario della vittoria sul nazifascismo. Questo sta accadendo con l'avallo di USA, NATO, CIA e UE e con lo sconcertante complice silenzio della maggior parte delle forze politiche (incluse quelle presunte di "sinistra").
Un ringraziamento a Svetlana, la bravissima traduttrice.
Questo video è dedicato alla memoria di Nicolai Bujanov, partigiano sovietico di 19 anni di origine ucraina, caduto in combattimento nel luglio del 1944 nella zona di Cavriglia (Arezzo). In copertina il monumento che gli è stato dedicato a Mogilev-Podolsc (Ucraina).


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Ucraina: parla un sopravvissuto della strage di Odessa

Martedì, 08 Luglio 2014

Ross@ Verona ha intervistato un testimone sopravvissuto al pogrom di Odessa

Di cosa si occupa e in quale parte dell’Ucraina vive?

“Sono Serghey Markhel, attivista del movimento popolare antifascista, nato il 25 febbraio a seguito delle proteste. Il movimento prende il nome da Kulikovo Pole, la piazza di Odessa nella quale si riunivano gli attivisti con il permesso del governatore della regione, deposto il successivo 3 marzo. Vivo e lavoro come ingegnere edile in Odessa.”

Qual è la sua relazione con la strage di Odessa?

“Essendo attivista del movimento, mi trovavo in piazza Kulikovo pole dove ci riunivamo tutti i giorni, specie il fine settimana. La casa dei Sindacati si trova in questa piazza”. 

Perché si trova in Italia?

“Da circa un mese sono in viaggio per l’Europa, con una mostra fotografica, per raccontare la verità. Ho fatto tappa a Vienna, Madrid, Budapest e in Italia sono stato a Terracina, ospite di Giulietto Chiesa.”

Chi ha ideato e realizzato la strage di Odessa?

“L’hanno ideata i nuovi governanti di Kiev, con la partecipazione del nuovo governatore della regione di  Dniepropetrovsk, l’oligarca Kolomoiskiy e con l’ausilio delle forze di Praviy sektor, i cui membri sono giunti in duemila a Odessa da altre regioni, assieme a cinquecento ultras di Kharkov e a circa seicento persone di Euromaidan di Odessa”.

Qual è il bilancio del pogrom?

“Ufficialmente sono morti dentro la casa dei sindacati in trentasei, tra sparati, accoltellati, fatti a pezzi con ascia, avvelenati con gas tipo cloroformio o bruciati vivi. Dieci persone, per sfuggire al fuoco, si sono gettate dalle finestre. Alcune di loro erano ancora vive e sono state ammazzate con mazze da baseball.  Queste sono solo le cifre ufficiali che non contemplano coloro che sono morti successivamente in ospedale, dove erano ricoverate duecentoquarantasei persone. Il rogo era stato preceduto da una sparatoria in strada, nella quale sono state uccise sei persone. Nemmeno un membro di Pravij sektor è stato ferito o, in seguito, arrestato, mentre sono stati fermati tutti i sopravvissuti alla strage. Portati via in manette, sono stati trattenuti dalla polizia per quasi due giorni, senza alcuna assistenza medica, né acqua né cibo. Tuttora, secondo la commissione ONU, tredici superstiti sono ancora in carcere con l’accusa di aver provocato i disordini di massa”.

A chi poteva giovare una tale carneficina?

“A coloro che volevano insediare un nuovo governatore regionale, amico di Kolomoiskij,  al fine di prendere il controllo dei cinque porti di Odessa, eliminando il movimento di protesta antigovernativa e terrorizzando la popolazione”.  

Come si sono comportate le autorità ucraine durante e dopo l’attacco alla casa dei sindacati?

“Le autorità hanno dichiarato che i progressisti di Odessa avevano solo ucciso dei terroristi venuti dalla Russia e che avevano agito correttamente perché questi erano armati. Secondo Kiev le vittime si sono date fuoco da sole, per discreditare il nuovo governo ucraino. Una volta dimostrato che le vittime abitavano tutte a Odessa, donne e uomini di età compresa tra i diciassette e i settant’anni, pacifici e disarmati, le autorità hanno creato quattro commissioni investigative statali e una di cittadini. Quest’ultima è guidata da Zinaida Kazangi, una giornalista di Odessa, leader del movimento di Euromaidan, tra i più attivi organizzatori della carneficina. Il giorno dopo è stata nominata vicegovernatore della regione: una colpevole che si dovrebbe autocondannare! Fino a questo momento l’investigazione non ha prodotto risultati”.

Perché l’Unione Europea tace su questi eventi?

“Perché gli Stati Uniti che hanno organizzato il colpo di stato in Ucraina non lo permettono”. 

Che cosa vorrebbe far sapere agli italiani?

“Se voi non ci ascoltate e non appoggiate il popolo ucraino nella sua lotta contro il regime nazista, molto presto verranno a bruciare vivi anche voi, solo perché la pensate diversamente”.  

Che cosa possono fare per voi i cittadini italiani?

“I cittadini italiani devono uscire nelle piazze per protestare contro i media che oscurano la vera situazione in Ucraina, chiedendo al governo italiano di dichiarare CRIMINALE l’attuale governo di Kiev. Il silenzio della stampa occidentale si fa complice dei crimini compiuti in Ucraina. Solo una protesta dei cittadini europei può fermare i golpisti ucraini, assassini del proprio popolo. La televisione russa è proibita in Ucraina e la verità fatica a emergere. Gli ucraini dicono che i russi sono bugiardi quando riferiscono dei massacri di civili nel Donbass e per questo hanno ucciso cinque giornalisti russi e un fotografo italiano”. 

Patrizia Buffa e Giorgio Lonardi



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Sulla situazione in Ucraina. Comunicato congiunto di alcuni partiti comunisti e operai

Traduzione di Marx21.it

In occasione della riunione del Gruppo di Lavoro dei Partiti Comunisti e Operai, svoltosi a Cipro il 21-22 giugno, i partiti firmatari:

- Denunciano l'intenzione dichiarata delle autorità ucraine di mettere fuori legge il Partito Comunista di Ucraina. Denunciano il terrore scatenato contro i comunisti e altre forze democratiche nel paese, l'incendio della Sede Centrale del Partito Comunista e il tentativo di impadronirsi dei suoi beni. Deplorano le azioni delle organizzazioni fasciste e di estrema destra che sognano la rinascita del fascismo.

- Denunciano la politica degli interventi imperialisti nel paese attuata da USA e UE nel contesto della guerra non dichiarata per l'energia e le vie di approvvigionamento che ha provocato e provoca sofferenze umane, ponendo la regione di fronte al pericolo della guerra. Il Diritto Internazionale è stato violato in vari modi, in primo luogo da quei circoli imperialisti che pretendono ipocritamente di esserne i guardiani.

- Chiamano i popoli della regione e il movimento per la pace a stare in allerta di fronte all'alta concentrazione di truppe nella regione e al ruolo della NATO, che sfruttando la situazione sta rafforzando la sua presenza militare nel Baltico e in altre regioni.

- Chiedono l'immediata fine delle operazioni militari condotte dal governo ucraino nelle regioni sud orientali dell'Ucraina, per una rapida cessazione del fuoco e perché prevalga la possibilità della attuazione di una soluzione di pace, garantendo i diritti del popolo nella loro completezza.

- Condannano i crimini e i massacri commessi contro il popolo e le organizzazioni che resistono alle azioni fasciste e illegali di repressione.

- Dichiarano la loro solidarietà con le forze comuniste e democratiche dell'Ucraina e invitano le forze amanti della pace a resistere all'intervento imperialista e al fascismo che sta sollevando la testa nel paese.

- Sostengono il diritto del popolo all'autodeterminazione.

I partiti firmatari:

1. Partito Comunista Belga (Vallonia-Bruxelles)
2. Partito Comunista del Brasile
3. Partito Comunista di Gran Bretagna
4. AKEL Cipro
5. Partito Comunista di Boemia e Moravia
6. Partito Comunista di Grecia
7. Partito Comunista dell'India
8. Partito Tudeh dell'Iran
9. Partito dei Comunisti Italiani
10. Partito Comunista Libanese
11. Partito del Popolo Palestinese
12. Partito Comunista della Federazione Russa
14. Partito Comunista dei Lavoratori Russo
15. Partito Comunista Sudafricano
14. Partito Comunista Sudanese
15. Partito Comunista di Ucraina



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(Appello internazionale contro la propaganda di guerra e i preparativi di guerra, con specifico riferimento all'Ucraina)

Aufruf gegen Kriegspropaganda und Kriegsvorbereitung

Alle Europäer, die Frieden wünschen, haben Grund zur Sorge und zum Protest: Der Konflikt um die Ukraine ist das Resultat der EU- und der NATO-Erweiterung. Die EU hat mit der Durchsetzung des Assoziierungsabkommens – und hier besonders der wirtschaftlichen und militärischen Elemente – wesentlich zur Entstehung des Konflikts um die Ukraine beigetragen. Offenkundig versuchen die USA und die EU, mit ihrer einseitigen Unterstützung der antirussischen und faschistischen Kräfte in der Ukraine, Russland militärisch einzukreisen. Die Stationierung von NATO-Truppen an der russischen Grenze eskaliert die Situation weiter. Es geht der Appell an alle Konfliktseiten (die Kiewer „Regierung“, Akteure vor Ort, die NATO, Russland, die EU) keine militärischen Mittel einzusetzen. Sämtliche Militäraktionen müssen sofort gestoppt werden. Nun droht der Ukraine-Konflikt zu eskalieren. 

Wir lehnen eine Politik entschieden ab, die eine friedliche Kooperation zwischen EU und Russland torpedieren und stattdessen eine Konfrontation in Europa heraufbeschwören will. Eine solche Politik schadet Europa als Ganzem und könnte in einen neuen - Dritten - Weltkrieg einmünden. Wir warnen Bundeskanzlerin Merkel und andere führende Politiker der EU, diese Politik mit zu tragen. 

Viele Zeitungen, Rundfunk- und Fernsehsender– auf allen Seiten – heizen in dieser Situation den Ukrainekonflikt zusätzlich auf. Sie schieben die Schuld an dem Konflikt und am gewaltsamen Tod vieler Ukrainer dem russischen Präsidenten Wladimir Putin – ihm allein –in die Schuhe. Wichtige Einzelheiten, zum Beispiel über die Brandstiftung im Gewerkschaftshaus in Odessa, wo über 40 Menschen bei lebendigem Leibe verbrannten oder erstickten, werden meist unterschlagen oder verharmlost. Umso mehr Dank und Ermutigung gilt denjenigen Journalistinnen und Journalisten, die gründlich recherchieren, sich an die Tatsachen halten und sich jeder Instrumentalisierung widersetzen. Wie fordern die Medien vor allem auf, alle Konfliktparteien zu Wort kommen zu lassen, damit Möglichkeiten zur friedlichen Konfliktlösung gefunden werden können.

Die Menschen in der Ukraine dürfen nicht gegeneinander aufgehetzt und gezwungen werden, einen Stellvertreterkrieg für die Europäische Union und Russland zu führen. Viele erfahrene westliche Politiker haben inzwischen eingeräumt, dass das Entweder-Oder-Diktat der EU ein Fehler war. Selbst die Ex-Bundeskanzler Helmut Schmidt, Helmut Kohl und Gerhard Schröder, die früher an der NATO-Expansion nach Osten mitgewirkt haben, brechen jetzt ihr Schweigen und warnen davor, die Politik der Eingrenzung Russlands fortzusetzen, Russland mit immer heftigeren Sanktionen zu bedrohen und immer mehr Militär an den Grenzen Russlands zusammenzuziehen. Sanktionen waren in der jüngsten Vergangenheit immer die Vorstufe von Kriegen. Wir lehnen sie daher mit Entschiedenheit ab 

Europa und die USA haben auf manchen Feldern unterschiedliche Interessen, der NSA-Skandal hat das offen gelegt. Die blinde Gefolgschaft westeuropäischer Regierungen hat bisher jene Kräfte in Amerika gestärkt, die trotz der Gefahr neuer Kriege jetzt auch in der Ukraine verbissen ihre eigenen egoistischen Ziele verfolgen.


Wir appellieren an alle westlichen Regierungen, mit allen Konfliktparteien des Ukraine-Konflikts zu verhandeln, am besten unter dem Dach der Organisation für Sicherheit und Zusammenarbeit in Europa (OSZE). Andernfalls droht der Konflikt immer weiter zu eskalieren, und es schwindet die Möglichkeit, dass aus der Ukraine eine Brücke der Kooperation zwischen Ost und West wird. Wir sind empört darüber, dass erneut das Feindbild Russland beschworen wird und dass friedenswillige Menschen als „Russland-Versteher“ beschimpft werden. Um den Frieden zu erhalten und zu vertiefen, haben beide Seiten keine andere Wahl, als sich gegenseitig zu verstehen. Wir rufen alle Menschen guten Willens in Deutschland und Europa auf, sich 100 Jahre nach dem Beginn des Ersten und 75 Jahre nach dem Beginn des Zweiten Weltkriegs dem Risiko eines neuen Krieges zu widersetzen, der nur der Rüstungsindustrie und Hegemonialinteressen dienen könnte. Wir dürfen die Kriegspropaganda und Kriegsvorbereitung nicht hinnehmen.

Konstantin Wecker, Eckart Spoo, Mohssen Massarrat, Laura von Wimmersperg, Tobias Pflüger
Begründung:

Gemeinsam wollen wir für eine friedliche und deeskalierende Außenpolitik eintreten, die alles dafür tut, damit der Konflikt in der Ukraine nicht weiter verschärft wird.

Im Namen aller Unterzeichner/innen.

Berlin, 25.05.2014



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www.resistenze.org - popoli resistenti - russia - 25-06-14 - n. 504

Kazbek Tajsayev: Dal destino dell'Ucraina dipende il nostro futuro

Kazbek Tajsayev * | skpkpss.ru
Traduzione da marx21.it

16/06/2012

I primi aiuti (alle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, ndt) sono stati spediti e hanno raggiunto in modo sicuro le vittime e le loro famiglie. Dobbiamo fare tutto quanto è nelle nostre possibilità e anche di più. E' indispensabile agire con urgenza, non è possibile rimandare. Muoiono e soffrono i nostri fratelli e sorelle, civili ucraini e russi, gli abitanti di altre nazionalità. Sono tutti finiti nella trappola della guerra, scatenata dall'attuale "dirigenza" antipopolare dell'Ucraina. Aumentando gli sforzi nella raccolta di medicine, alimenti, aiuti materiali, contribuendo all'invio di beni umanitari, possiamo dare un contributo significativo alla salvezza di centinaia di vite.

Di un lavoro particolarmente complesso e impegnativo si sono fatti carico i comitati territoriali, regionali e repubblicani del Partito Comunista della Federazione Russa, in base al quale si sta raccogliendo tutto quanto occorre inviare alle vittime. Il nostro apparato è in contatto con i rappresentanti delle regioni di Lugansk e Donetsk. Nel nostro centro di coordinamento arrivano quotidianamente le chiamate di centinaia di cittadini delle regioni della Russia. La gente è interessata su dove è possibile spedire fondi, su quali siano le medicine necessarie, su quali siano le modalità di raccolta degli aiuti. E' confortante che i cittadini dello Stato russo non siano insensibili al dolore che ha colpito i nostri fratelli. Commozione, attenzione, voci sincere vengono ascoltate dagli operatori e dai coordinatori dell'apparato del PCFR.

Oggi la Russia all'unisono manifesta tutta la sua solidarietà con le forze progressiste che resistono e che soffrono per mano della giunta di Kiev. Dopo avere dichiarato guerra al proprio popolo, la dirigenza dell'Ucraina ha commesso crimini contro l'umanità di cui dovrà rispondere nella misura massima consentita dalla legge alla comunità internazionale. Ma l'orrore più grande tra quelli a cui assistiamo nello stato fratello è rappresentato dalla continuazione dell'annientamento di esseri umani, in particolare bambini, donne e anziani. E' un incubo senza fine. Mentre i dirigenti occidentali in colletti inamidati continuano a osservare con soddisfazione come sta rotolando nell'abisso la grande Terra Ucraina, con una cultura e tradizioni secolari, che la uniscono con legami di fratellanza ai popoli russo e bielorusso e agli altri popoli. Un incubo a cui la cara Ucraina è stata costretta da un'Europa borghese impazzita, corrotta fino al midollo dagli USA, che si prepara a provocare problemi ad almeno un'altra decina di paesi. Dal momento che le fiamme della guerra potrebbero estendersi ad altri popoli che non desiderano condurre una politica di complicità con i mostri di Washington. Sotto minaccia si trovano soprattutto le ex repubbliche dell'URSS: Russia, Moldavia, Bielorussia, ecc. Sono convinto che oggi ogni cittadino di questi e altri stati-alleati abbia il dovere di condurre la lotta contro questi criminali su scala globale, professionisti nella produzione di orfani. E' giunto il momento che i popoli dell'ex URSS si ricordino della passata potenza dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, unendosi per prestare un appoggio fraterno al tormentato paese, che arde per gli incendi attizzati dai selvaggi del Majdan.

Rivolgo un invito a unirsi al lavoro della sede del PCFR. Il futuro dell'Ucraina dipende oggi da ciascuno di noi, come dal destino dell'Ucraina dipende il nostro futuro.

* Kazbek Tajsayev è segretario del Comitato Centrale del PCFR e vicepresidente dell'Unione dei Partiti Comunisti-PCUS, che riunisce i principali partiti comunisti dell'ex Unione Sovietica



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Mikhail Stepanov

24 giugno, 18:23

Kiev contro il Donbass, la parola passa al tribunale


Nei combattimenti contro la milizia del Donbass le autorità di Kiev hanno utilizzato bombe al fosforo e l’artiglieria a reazione. Per Poroshenko e soci ciò è sufficiente per finire sul banco degli imputati alla Corte dell'Aja. Ma per il momento l’Europa rimane in silenzio.

Il fatto che nell’ambito dell’operazione punitiva contro gli abitanti e i volontari della milizia della Repubblica Popolare del Donetsk sono state usati sistemi di sparo a batteria e bombe al fosforo, classificate dall’ONU tra le armi di distruzione di massa, ha trovato numerose conferme. Ciò emerge anche dalle deposizioni dei testi, fuggiti dalla zona di conflitto, nonché da numerose videoregistrazioni fatte nei luoghi dei combattimenti. A cosa è servito alle autorità di Kiev utilizzare le munizioni per cui possono essere deferite al Tribunale Militare Internazionale? Come ritiene Bogdan Bezpalko, vice direttore del Centro dell’ucrainistica e della bielorussistica presso la MGU Lomonosov, questo e molti altri episodi sono dei tentativi da parte degli attuali dirigenti dell’Ucraina di spingere la Russia ad un intervento militare:
Le bombe al fosforo, l’artiglieria pesante, l’uso dei sistemi “Grad” e dei lanciamine “Tulpan” contro la popolazione del proprio paese – tutto ciò è un tentativo di provocare l’intervento della Russia con l’uso delle sue forze armate. Nel caso specifico sia il flusso dei rifugiati che la crudeltà eccessiva nei confronti della popolazione del Donbass sono un tentativo di provocare una forte controreazione da parte della Federazione Russa. Ciò si è rivelato insufficiente e nel territorio della Russia hanno iniziato a sconfinare macchine da combattimento delle Forze Armate ucraine, al di sopra del territorio russo aerei ucraini effettuano manovre in combattimento per compiere un attacco, stando ad alcune notizie i mezzi corazzati ucraini hanno bersagliato uno dei centri abitati della Federazione.
Secondo gli esperti, attualmente l’Occidente, innanzitutto gli USA, si sta adoperando con tutte le sue forze per spingere la Russia ad usare la forza militare contro l’esercito ucraino. In particolare, Valery Piakin, capo dell’ufficio di rappresentanza territoriale della Fondazione per le tecnologie concettuali, è dell’opinione che attualmente il focolaio di tensione in Ucraina è necessario per Washington per la gestione della situazione in Europa:
C’è una grave contrapposizione tra l’Europa e gli USA. Per Washington è molto importante avere la possibilità di continuare a controllare l’Ucraina attraverso la quale gli USA possono controllare l’Europa e scaricare tutte le loro spese poiltiche ed economico sull’Europa. Sebbene tutta la bolla monetaria sia stata gonfiata dal Sistema Federale degli USA, a tirare fuori il denaro sono costretti i loro alleati – gli europei. All’Europa non piace sottostare agli USA, già da tempo gli europei vogliono porre fine ad un simile stato delle cose.
Intanto gli USA hanno subito un fiasco. La strategia politico-diplomatica di Mosca caratterizzata innanzitutto dall’autocontrollo nelle sue decisioni e dall’accumulazione della base di prove, ha scombussolato i piani dei tecnologi politici statunitensi in Ucraina,- è convinto Bogdan Bezpalko.:
Anche se Kiev è spalleggiata dai partner americani, anche se si è riusciti a bloccare una risoluzione che condanna l’assalto all’Ambasciata russa, una simile situazione non può durare a lungo. Mosca ha scelto la tattica giusta di accumulazione dell’informazione sui crimini di guerra della giunta di Kiev e sulla guerra informativa. Quando questa informazione sarà pubblicata ed inizierà la sua diffusione dalla stampa mondiale, la maggioranza di persone sosterrà la posizione della Russia e non delle autorità ucraine.
Quanto alle autorità di Kiev, gli esperti ritengono che in considerazione del loro ruolo poco invidiabile di esecutori di volontà altrui, col tempo esse saranno inutili ai loro curatori d’oggi e saranno rottamati. Non è da escludersi che saranno giudicati dal tribunale internazionale.


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CASAPOUND E FORZA NUOVA IN UCRAINA: ALCUNI APPUNTI


GIOCHIAMO ALLA "FIERA DELL'EST"?
…dato che ad alcune conferenze di CasaPound ha partecipato come relatore il sedicente "di sinistra" Ivan Buttignon, che ha presentato il libro di Cristicchi "Magazzino 18", che Cristicchi ha scritto in base alla sua collaborazione con il giornalista Jan Bernas, che è stato il portavoce dell'ultimo vice presidente vicario della passata legislatura del Parlamento europeo, Gianni Pittella (PD), che ha sempre dimostrato una certa qual simpatia per i golpisti ucraini, come CasaPound alle cui conferenze partecipa Ivan Buttignon, che… (Claudia Cernigoi)

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http://contropiano.org/internazionale/item/24802-fascisti-italiani-insieme-ai-golpisti-di-kiev-nuove-conferme

Fascisti italiani insieme ai golpisti di Kiev. Nuove conferme

Redazione Contropiano, 22 Giugno 2014

Un servizio di Al Jazeera e una foto confermano le notizie che vedono neofascisti italiani addestrarsi e combattere insieme alle milizie fasciste del governo ucraino sorto dal golpe sostenuto da Usa e Unione Europea. La tartaruga di Casa Pound si trova esattamente dove poteva stare: con Borghezio alle elezioni, con i nazisti di Kiev sul campo. I fascisti sono e restano fascisti. Le chiacchiere stanno a zero. Con l'Ucraina antifascista, senza se e senza ma.


Il video con il servizio di Al Jazeera: Neo-fascists train to fight Ukraine's rebels (Al Jazeera English 9/6/2014)


--- FLASHBACK:


FIORE INCONTRA RAPPRESENTANTI SVOBODA A KIEV

Lun, 2013-06-24

Si è conclusa oggi la visita a Kiev della delegazione di Forza Nuova, ospitata dal partito ucraino Svoboda. Questo è il secondo incontro in Ucraina tra Forza Nuova e Svoboda: il primo fu la visita del leader del movimento Roberto Fiore, tre anni fa. Da allora, in poco tempo, molte cose sono cambiate in positivo, Svoboda era un partito nazionalista con pochi consensi ed ora sotto la guida di Oleg Tiahnybok, si è affermato come il quarto partito d' Ucraina con 39 deputati, 25.000 iscritti e più del 10% dei voti. Forza Nuova ha sottolineato, al contrario di chi sostiene la teoria di un' Europa a due velocità, il ruolo fondamentale che l' Ucraina riveste nella formazione di una efficace strategia comune europea. Allo scopo di raggiungere questa strategia comune è molto importante per noi rafforzare i rapporti con un partito nazionalista giovane e preparato come Svoboda, che unisce cattolici e ortodossi e basa la sua azione politica su delle forti radici ideologiche e delle ferme posizioni anti marxiste e anti liberiste. Nei meeting che si sono susseguiti in questi giorni si è discusso della costruzione di un nuovo assetto dei movimenti nazionalisti europei, non solo in vista delle prossime elezioni del 2014, ma soprattutto al fine di sviluppare nuove dinamiche strategiche e di cooperazione volte a creare una nuova classe politica europea. A questo proposito si e' tenuto anche un incontro tra la delegazione di Forza Nuova e i membri dell' Economic Council di Svoboda, in cui sono state presentate le attività economiche vicine al movimento e pronte ad un partnerariato commerciale bilaterale. La visita si è conclusa con una conferenza organizzata dai quadri dirigenti di Svoboda a Kiev: sono intervenuti Alessandra Benignetti (sulle recenti battaglie politiche di FN contro ius soli e diritti gay), Gianmaria Camillacci (appena tornato da una missione politica in Siria, ha esposto la sua testimonianza sul conflitto siriano assieme ad un' ampia analisi politica di quest' ultimo), ed infine Roberto Fiore che ha concluso un intervento sulla situazione politica in Europa augurando che Svoboda possa ottenere un ruolo sempre più centrale e attivo nella ricostruzione europea. FORZA NUOVA Segreteria Nazionale - Ufficio Stampa Via A.Cadlolo, 90 - 00136 Roma Tel. 06/45471802 - 06/45479895 - Fax 06/45479859 info@... -www.forzanuova.org




Il libro nero della Difesa nazionale

1) Difesa, ecco il libro nero della ministra Pinotti ( Manlio Dinucci)
2) L'hangar segreto di Sigonella con i droni spia americani. Le fotografie (Repubblica.it
3) Limitiamo i danni e rinunciamo ora all’F-35 (Gianandrea Gaiani / Analisidifesa.it)


Vedi anche:
Foto e resoconti sulla manifestazione del 28 giugno a Venegono
contro la consegna degli aerei Aermacchi ad Israele


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http://ilmanifesto.info/difesa-ecco-il-libro-nero-della-ministra-pinotti/

Difesa, ecco il libro nero della ministra Pinotti

di  Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 24.6.2014

Dopo aver rice­vuto l’imprimatur del Con­si­glio supremo di difesa, con­vo­cato dal pre­si­dente Napo­li­tano, la mini­stra Pinotti ha pub­bli­cato le linee guida del futuro «Libro bianco per la sicu­rezza inter­na­zio­nale e la difesa», che trac­cerà «la stra­te­gia evo­lu­tiva delle Forze armate sull’orizzonte dei pros­simi 15 anni». Stra­te­gia che, come indi­cano le linee guida, con­ti­nuerà a seguire il solco aperto nel 1991, subito dopo che la Repub­blica ita­liana aveva com­bat­tuto nel Golfo, sotto comando Usa, la sua prima guerra. Sulla fal­sa­riga del rio­rien­ta­mento stra­te­gico del Pen­ta­gono, il mini­stero della difesa del governo Andreotti annun­ciò un «nuovo modello di difesa». Vio­lando la Costi­tu­zione, esso sta­bi­liva che com­pito delle Forze armate è «la tutela degli inte­ressi nazio­nali, nell’accezione più vasta di tali ter­mini, ovun­que sia neces­sa­rio» e defi­niva l’Italia «ele­mento cen­trale dell’area che si estende dallo Stretto di Gibil­terra al Mar Nero, col­le­gan­dosi, attra­verso Suez, col Mar Rosso, il Corno d’Africa e il Golfo Persico».

Que­sto «modello di difesa» è pas­sato da un governo all’altro, da una guerra all’altra sem­pre sotto comando Usa (Jugo­sla­via, Afgha­ni­stan, Iraq, Libia), senza mai essere discusso in quanto tale in par­la­mento. Tan­to­meno lo sarà ora: la mini­stra della Difesa — ha deciso il Con­si­glio supremo pre­sie­duto da Napo­li­tano — invierà le linee guida ai pre­si­denti delle com­mis­sioni Esteri e Difesa dei due rami del par­la­mento, «affin­ché ne pos­sano even­tual­mente venire valu­ta­zioni e sug­ge­ri­menti utili alla defi­ni­zione del Libro bianco, di cui il governo si è assunto l’iniziativa e la responsabilità».

Resta dun­que immu­tato l’indirizzo di fondo, che non può essere messo in discus­sione. Com­pito delle forze armate — si riba­di­sce nelle linee guida — è non tanto la difesa del ter­ri­to­rio nazio­nale, oggi molto meno sog­getto a minacce mili­tari tra­di­zio­nali, quanto la difesa degli «inte­ressi nazio­nali», soprat­tutto gli «inte­ressi vitali», in par­ti­co­lare la «sicu­rezza eco­no­mica». Sicu­rezza che con­si­ste nella «pos­si­bi­lità di usu­fruire degli spazi e delle risorse comuni glo­bali senza limi­ta­zioni», con «par­ti­co­lare rife­ri­mento a quelle ener­ge­ti­che». A tal fine l’Italia dovrà ope­rare nel «vici­nato orien­tale e meri­dio­nale dell’Unione euro­pea, fino ai paesi del cosid­detto vici­nato esteso» (com­preso il Golfo Per­sico). Per la sal­va­guar­dia degli «inte­ressi vitali» — si chia­ri­sce — «il Paese è pronto a fare ricorso a tutte le ener­gie dispo­ni­bili e ad ogni mezzo neces­sa­rio, com­preso l’uso della forza o la minac­cia del suo impiego».

Nel pros­simo futuro le Forze armate saranno chia­mate a ope­rare per il con­se­gui­mento di obiet­tivi sem­pre più com­plessi, poi­ché «rischi e minacce si svi­lup­pe­ranno all’interno di estese e fram­men­tate aree geo­gra­fi­che, sia vicine sia lon­tane dal ter­ri­to­rio nazio­nale». Rife­ren­dosi in par­ti­co­lare a Iraq, Libia e Siria, il Con­si­glio supremo sot­to­li­nea che «ogni Stato fal­lito diviene ine­vi­ta­bil­mente un polo di accu­mu­la­zione e di dif­fu­sione glo­bale dell’estremismo e dell’illegalità». Igno­rando che il «fal­li­mento» di que­sti e altri Stati deriva dal fatto che essi sono stati demo­liti con la guerra dalla Nato, con l’attiva par­te­ci­pa­zione delle Forze armate ita­liane. Secondo le linee guida, esse devono essere sem­pre più tra­sfor­mate in «uno stru­mento con ampio spet­tro di capa­cità, inte­gra­bile in dispo­si­tivi mul­ti­na­zio­nali», da impie­gare «in ogni fase di un con­flitto e per un pro­tratto periodo di tempo».
Le risorse eco­no­mi­che da desti­nare a tale scopo, sta­bi­li­sce il Con­si­glio supremo di difesa, «non dovranno scen­dere al di sotto di livelli minimi inva­li­ca­bili» (che diver­ranno sem­pre più alti) poi­ché — si sot­to­li­nea nelle linee guida — «lo stru­mento mili­tare rap­pre­senta per il paese una assi­cu­ra­zione e una garan­zia per il suo stesso futuro». A tal fine si pre­an­nun­cia una legge di bilan­cio quin­quen­nale per i mag­giori inve­sti­menti della Difesa (come l’acquisizione del nuovo cac­cia F-35), così da for­nire «l’indispensabile sta­bi­lità di risorse».

Occorre inol­tre «spin­gere l’industria a muo­versi secondo tra­iet­to­rie tec­no­lo­gi­che e indu­striali che pos­sano rispon­dere alle esi­genze delle Forze armate». In altre parole, si deve dare impulso all’industria bel­lica, pun­tando sull’innovazione tec­no­lo­gica, «resa neces­sa­ria dall’esigenza di un con­ti­nuo ade­gua­mento dei sistemi», ossia dal fatto che i sistemi d’arma devono essere con­ti­nua­mente ammo­der­nati. È neces­sa­rio allo stesso tempo non solo un migliore adde­stra­mento dei mili­tari, ma un gene­rale ele­va­mento dello «sta­tus del per­so­nale mili­tare», attra­verso ade­gua­menti giu­ri­dici e normativi.

Poi­ché nasce dalla «esi­genza di tute­lare i legit­timi inte­ressi vitali della comu­nità», si afferma nelle linee guida, «la Difesa non può essere con­si­de­rata un tema di inte­resse essen­zial­mente dei mili­tari, quanto della comu­nità tutta». La mini­stra Pinotti invita quindi tutti gli ita­liani a inviare «even­tuali sug­ge­ri­menti» alla casella di posta elet­tro­nica librobianco@​difesa.​it. Spe­riamo che i let­tori del mani­fe­sto lo fac­ciano in tanti.


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L'hangar segreto di Sigonella con i droni spia americani

Alberto Bonanno Alessandro Puglia
29 giugno 2014

SIGONELLA - Maestosi, agili, potenti, sinistri. Minacciosi come un gigantesco insetto alieno, partorito dalla fantasia di uno scrittore di fantascienza. Eccoli i droni americani dell'hangar segreto di Sigonella, dove mai nessuno prima di "Repubblica" è riuscito a portare macchina fotografica e telecamera. Dormono silenti, in attesa della prossima missione di ricognizione nell'area del Nordafrica e del Medio Oriente, le zone in cui questi Global Hawk, gioielli tecnologici prodotti dalla Northrop Grumman, sono destinati a operare.
Inutile cercare sulla loro testa rigonfia gli occhi formati dagli oblò della cabina di pilotaggio. I veri occhi di questi mostri dei cieli sono altri, si trovano sparsi sotto la fusoliera e sotto il muso. E sono occhi ad altissima tecnologia, obiettivi e telecamere capaci di cogliere dettagli del suolo da 20 mila metri di altezza e trasferirli poi su mappe precise al millimetro, da utilizzare per studiare il territorio e per pianificare interventi militari. «Abbiamo diversi aerei con diverse capacità militari », racconta ermetico il comandante della base Us Navy di Sigonella, Christopher Dennis. Che con lo sguardo sembra venerare il mostro dalle ali larghe 35 metri.
Già, perché qui a Sigonella il drone è un cult. Lo si nota dalla scultura sul piedistallo che accoglie i visitatori sul piazzale, che riproduce un drone in volo. Dalle decine di gigantografie che arredano il corridoio che porta all'hangar segreto. Dagli striscioni appesi nell'hangar stesso: "Welcome in the Global Hawk country", mentre un altro celebra il traguardo delle centomila ore di volo dell'aereo senza pilota, che ha debuttato nel febbraio 1998. Si nota dai due militari armati fino ai denti che sorvegliano l'aereo, protetto con teli e coperture in ogni suo punto vulnerabile. Un Global Hawk equipaggiato con le attrezzature fotogrammetriche di base costa oltre 220 milioni di dollari, ma a seconda degli equipaggiamenti il suo costo può quasi raddoppiare. Quanti ce ne siano custoditi sotto questo e gli altri hangar resta un mistero. Di sicuro ci sono almeno cinque Global Hawk. Così come di sicuro da qualche altra parte della base sono custoditi i temibilissimi Predator, i piccoli droni della General Atomics che possono anche viaggiare con un carico di bombe. Ma qui entriamo nella "top secret area".
Intanto la stazione aeronavale di Sigonella non è mai stata così popolata di marines: ce ne sono ottocento. Il gruppo legato al comando Africom si chiama "Special Purpose Air Ground Task Force Crises Response", ed è arrivato a maggio ufficialmente per rafforzare il livello di protezione nelle ambasciate Usa in Nord Africa. Resterà qui senza limite di tempo. Una presenza voluta dal Pentagono con indicazioni precise, spiegato il colonnello Brian T. Koch, comandante del gruppo giunto qui con il suo staff dalla base di Moròn, in Spagna. «Non abbiamo scadenza. Siamo qui a Sigonella su ordine del Pentagono, secondo gli accordi con il governo otaliano, per fronteggiare qualsiasi cosa accada nel Nordfrica, e ovviamente in Libia, considerato che è il luogo a noi più vicino. Per il resto la nostra principale attività rimane l'addestramento dei militari africani». Il termine chiave per capire il loro ruolo è "Crises Response", che in soldoni significa: "Pronti a intervenire qualsiasi cosa accada". Dalla missione in Libia per proteggere il personale Usa a quella più sofisticata in Nigeria per rintracciare le liceali rapite da Boko Haram: «Non abbiamo avuto nessuna indicazione sulla Nigeria, ma ovviamente se venissimo coinvolti saremo pronti anche a quest'altra missione», ammette Koch.
I marines ci tengono a non fare la parte degli "invasori". Si impegnano in prima persona per spegnere gli incendi che in questi giorni hanno devastato la Sicilia. Dedicano intere giornate a ripulire siti archeologici, coste e spiagge dell'Isola, da Brucoli a Termini Imerese. Rapporti di buon vicinato che nessuno smentisce. Neppure il contadino che davanti all'ingresso della base ha costruito un giaciglio con copertoni e resti di biciclette: mai nessuno si è sognato di scacciarlo. A due passi dall'avamposto Usa forse si sente al sicuro.


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LIMITIAMO I DANNI E RINUNCIAMO ORA ALL’F-35

di Gianandrea Gaiani
6 luglio 2014, pubblicato in Editoriale

L’ennesimo blocco alla flotta di F-35 è stato accolto in Italia da polemiche da parte degli oppositori ideologici del velivolo (Sinistra e pacifisti) e con un evidente tentativo di ridimensionare il problema da parte dei numerosi fans del programma. Abbiamo dovuto sorbirci ancora una volta filippiche contro la spesa militare e, dall’altra parte, i rinnovati appelli a non buttare i soldi già spesi nel programma, a salvaguardare le future “capacità” delle nostre forze aeree e soprattutto (tema di facile presa in momenti di crisi economica) a tutelare i posti di lavoro italiani connessi con la partecipazione del nostro Paese al programma.
Come le inchieste di Analisi Difesa hanno dimostrato in questi ultimi anni, si tratta per lo più di aria fritta. Se l’F-35 diverrà davvero operativo e manterrà le promesse circa caratteristiche e prestazioni, le capacità di cui tanto si parla saranno quelle di mettere le nostre forze armate per i prossini 50 anni in condizione di totale sudditanza e dipendenza dagli Stati Uniti. Una superpotenza che mai come oggi opera su scala globale contro gli interessi dell’Italia e dell’Europa come è apparso chiaro negli ultimi anni a chiunque non sia cieco o in mala fede guardando al ruolo di Washington dalla Libia alla Siria, dall’Ucraina all’Iraq.
Se all’acquisizione degli F-35 aggiungiamo poi la volontà della Marina Marina di equipaggiare i nuovi “pattugliatori d’altura” (ma non sarebbe meglio chiamarli con il più realistico anche se meno “dual use” termine di cacciatorpediniere?) con il sistema antimissile americano Aegis (radar SPY-1 e missili Standard) il tentativo di far diventare le nostre forze armate una succursale di quelle statunitensi è evidente.  Ovviamente i costi li paghiamo noi mentre gli americani incasseranno le commesse di prodotti “made in Usa” e risparmieranno i in termini di dispiegamento di forze oltremare. Come abbiamo più volte ribadito gli interessi  italiani, strategici e industriali, si tutelano completando la commessa degli Eurofighter Typhoon che sono perfettamente in grado di compiere operazioni di attacco come ben sanno tutte le aeronautiche che lo impiegano tranne la nostra, che finge di non saperlo e dice di considerarlo  solo un caccia ma poi gli imbarcherà sopra il missile da crociera Storm Shadow, arma strategica per l’attacco a lungo raggio contro obiettivi terrestri che non entra nella stiva dell’F-35 progettata (ma guarda un po’)  per imbarcare solo armi americane.
Ma a chi dobbiamo fare la guerra?  Pensiamo di effettuare un first strike nucleare su Mosca o Pechino? Di attaccare basi aliene?  Perché se questi obiettivo non sono compresi nelle opzioni strategiche italiane tutte le altre missioni di attacco aereo a obiettivi terrestri possiamo tranquillamente effettuarle col Typhoon e con una forza aerea composta da 120 velivoli di questo tipo (la Germania con finanze ben più consistenti avrà una forza aerea di 160 Typhoon, forse meno).
Certo il Typhoon non è invisibile ed utilizza tecnologie meno spinte e futuristiche dell’F-35 che però potrebbe rivelarsi un flop anche se a Washington si farà di tutto per salvare il programma militare più costoso della storia pur in presenza di un dibattito certo più ricco e concreto rispetto a quello apertosi in Italia.
Al di là delle cause del recente incendio sulla base di Eglin ci sono infatti molti dubbi circa il fatto che il jet di Lockheed Martin risulterà così “stealth” come si dice. O che disporrà di un motore affidabile dopo che Barack Obama  nel 2012 cancellò lo sviluppo di un propulsore alternativo (sviluppato anche dall’italiana Avio) e forse migliore di quello di Pratt & Whitney. Di sicuro la concorrenza avrebbe ridotto i costi pari oggi a 29 milioni di dollari a esemplare. Problemi a cui aggiungere ritardi e difficoltà nello sviluppo del sistema di combattimento che stanno inficiando le prestazioni e l’operatività del velivolo confermando il fallimento dell’iniziativa mai tentata prima d’ora di iniizuare a produrre il velivolo prima di averne completato lo sviluppo.
I problemi al motore dovrebbero preoccupare soprattutto la Us Navy che con l’F-35 (aereo joint comune a Navy, Marunes e Air Firce pur se con diverse versioni) è costretta a rinunciare a imbarcare jet bimotori (lo erano tutti quelli impiegati negli ultimi decenni) affidandosi a un monomotore che potrebbe far registrare non poche perdite a causa di guasti  negli spazi oceanici dove operano le portaerei.
Restando in Italia basta invece dare un’occhiata ai bilancio della Difesa dei prossimi anni per rendersi conto che l’F-35 non possiamo permettercelo.
A Roma si riempiono la bocca con le “Linee guida” del  Libro Bianco ma è tutto fumo perché non ci sono e non ci saranno risorse per mantenere l’attuale struttura militare già alla paralisi, figuriamoci se potremmo permetterci qualcosa di meglio o forze aeree basate su due macchine da combattimento costose come il Typhoon e l’F-35. Basta leggere la tabella riportata nel Documento Programmatico Pluriennale del Ministero della Difesa (che sarà oggetto di un prossimo approfondimento) per rendersi conto che nei prossimi anni i fondi per la Funzione Difesa scenderanno sotto i 14 miliardi annui.
La percentuale del PIL dedicata alla Difesa calerà dall’attuale 0,87 allo 0,80 nel 2016 e ben difficilmente il governo Renzi dedicherà la necessaria attenzione alle forze armate, forse considerate utili per i buonismi da Mare Nostrum ma non percepite come strumento per la tutela degli interessi nazionali dall’approccio da boy-scout che caratterizza l’attuale esecutivo.
Ricordate le tante belle chiacchiere sulla riforma Di Paola e i “miracoli” derivanti dalla riduzione del personale da 183 mila a 150 mila effettivi? Un’iniziativa definita necessaria a liberare risorse per Esercizio e Investimenti migliorando l’efficienza delle forze armate.
Ebbene, le spese per il Personale aumenteranno da 9,55 miliardi di quest’anno a 9,78 negli anni 2015 e 2016 raggiungendo il 70 per cento dello stanziamento per la Funzione Difesa. Se poi si tiene conto che l’aumento di questa voce di spesa risulta contenuto dal pagamento con ritardi biblici di ogni forma di straodinario e indennità d’impiego e soprattutto dal blocco degli stipendi dei militari e di quasi tutti i pubblici dipendenti in atto ormai da quattro anni appare chiaro come ogni ipotesi di riformare lo strumento militare con le risorse oggi disponibili risulti del tutto inattendibile.
Dovremmo rassegnarci all’idea che la Difesa si inginocchi agli ordini del Pentagono, compri 90 (o 65) F-35 ma continui a non adeguare gli stipendi dei militari e a ritardare all’infinito il pagamento di indennità e straordinari?  I fondi per l’Esercizio (cioè l’addestramento e la gestione di strutture ed equipaggiamenti), che costituiscono la nota più dolente, scenderanno da 1,34 miliardi di quest’anno a 1,25 nel 2016. Previste riduzioni anche per ai fondi per acquisire nuovi mezzi che scenderanno da 3,22 a 2,86 miliardi annui. Fondi  che peraltro potrebbero venire ulteriormente decurtati nelle prossime Leggi Finanziarie o con provvedimenti improvvisi di austerity.
Forze armate che hanno budget tripli ai nostri, come quelle di Germania e Francia, configurano le flotte di aerei da combattimento su un solo velivolo (Typhoon e Rafale) e noi italiani vogliamo averne due? Come Analisi Difesa ha più volte ribadito se anche riuscissimo a comprare un numero deguato di F-35  non avremo i soldi per fare il pieno di carburante e per la manutenzione che sarà molto più costosa di quanto previsto inizialmente. Il governo spagnolo ha appena respinto con realismo l’ipotesi di acquistare una ventina di  F-35 B per rimpiazzare gli Harrier imbarcati che verranno aggiornati per prolungarne la vita utile. Una strada che dovrebbe forse percorrere anche la nostra Marina per gestire meglio le magre risorse e perché  l’AV-8B  ammodernato sarà ancora a lungo sufficiente a colpire con efficacia ogni nostro potenziale nemico.
Il Programma F-35 non è quindi un bon affare per noi sotto nessun punto di vista: azzera la sovranità nazionale, pone la nostra industria alle dipendenze di Lockheed Martin e azzoppa definitivamente le forze aeree con un velivolo che non riusciremo a gestire. Sul piano dei ritorni industriali la situazione non è migliore: produrremo poche ali (l’unico contratto firmato finora da Alenia Aermacchi riguarda una ventina di ali per 140 milioni di dollari contro le 1.200 ali promesse)  e qualche “bullone” realizzato da una quarantina di piccole e medie imprese. Nulla di sofisticato e non avremo ritorni nel campo del know-how dal momento che le tecnologie avanzate del velivolo verranno trattare solo da personale statunitense in aree “US Only” (ma pagate dai contribuenti italiani)  dello stabilimento di Cameri.  Persino il numero di aerei che verranno assemblati alla FACO è talmente ridotto  da rendere lo stabilimento improduttivo: l’Italia scenderà da 131 esemplari a 90 o ancor meno e l’Olanda è già scesa da 85 a 37 la cui manutenzione verrà forse effettuata in Gran Bretagna.  
La decisione del governo italiano diprendere tempo per valutare l’entità della commessa di velivoli non potrà che peggiorare tale situazione e benché il Pentagono, i fans italici dell’F-35 e Lockheed Martin continuino a riferire di oltre 6 mila “nuovi” posti di lavoro e più di 15 miliardi di commesse nei prossimi 20 anni all’industria nazionale la situazione reale risulta ben diversa.
A far chiarezza sui numeri ha provveduto il segretario generale della Cisl Piemonte Orientale, Luca Caretti, che preoccupandosi del possibile impatto sulle attività produttiuve di Cameri dello stop ai voli decretarto dal Pentagono,  ha riferito di poco più 200 persone impiegate alla FACO : un’ottantina sono giovani diplomati del territorio novarese e altri 130 sono stati trasferiti dallo stabilimento Alenia di Caselle Torinese. Questi ultimi non costituiscono “nuovi” posti di lavoro ma sono maestranze dirottate dal programma Eurofighter Typhoon ridimensionato già dall’ultimo governo Berlusconi rinunciando all’ultima Tranche di 25 velivoli (i più avanzati).
Da quanto afferma Caretti lo lo stabilimento di Cameri costato agli italiani 814 milioni di euro ha prodotto finora 80 nuovi lavoratori più altrettanti tecnici statunitensi di Lockheed Martin e le prospettive, col basso numero di velivoli da assemblare, non sono certo incoraggianti. Meglio allora limitare i danni ai circa 4 miliardi spesi dall’Italia negli ultimi 15 anni e uscire ora dal programma F-35.
Rivendiamo agli Stati Uniti o ad altri Paesi gli aerei già acquisiti, trattiamo con Lockheed Martin la vendita o l’affitto della FACO per la manutenzione dei jet delle forze americane in Europa o di altri Paesi alleati. Anche indennizzando le piccole e medie imprese italiane già coinvolte nel programma e completando la commessa del Typhoon ad Alenia Aermacchi otterremmo un forte risparmio, guadagneremmo in autonomia strategica e industriale e potremmo rilanciare quella cooperazione europea di cui da anni tutti i politici vanno blaterando. E poi, quale migliore occasione del semestre di presidenza dell’Unione Europea per annunciare l’uscita dell’Italia dal programma americano più costoso e (per ora) fallimentare della storia?

GIANANDREA GAIANI
Giornalista nato nel 1963 a Bologna, dove si è laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 ha collaborato con numerose testate occupandosi di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportages dai teatri di guerra. Attualmente collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Libero, Il Corriere del Ticino e con il settimanale Panorama sul sito del quale cura il blog “War Games”. Dal febbraio 2000 è direttore responsabile di Analisi Difesa. Ha scritto Iraq Afghanistan - Guerre di pace italiane.
www.presseurop.eu/en/content/author/269701-gianandrea-gaiani




(english / deutsch / italiano)

Le contraddizioni dell'imperialismo tedesco

0) LINKS
1) Eine neue Grand Strategy (GFP 13.06.2014)
2) Svolta clamorosa del giornale tedesco “Die Zeit”: Dopo il golpe a Kiev, l’Europa abbandoni gli USA e si apra alla Russia
3) La Germania consegna 120 carri armati Leopard 2 alla Polonia per rafforzare il fronte est della Nato


=== 0: LINKS ===

German politicians, media seek to criminalize opponents of war
http://www.wsws.org/en/articles/2014/06/30/germ-j30-1.html

The Elite Wants More (German campaign for a more aggressive world policy)
GFP, 2014/07/03 - The CDU and Green party-affiliated foundations have been holding conferences with prominent experts to continue Germany's campaign by elite circles to promote a more aggressive German global policy…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58764
Die Eliten wollen mehr (Debatte um aggressivere deutsche Weltpolitik)
GFP, 03.07.2014 - Mit prominent besetzten Fachtagungen haben die Parteistiftungen der CDU und von Bündnis 90/Die Grünen die deutsche Elitenkampagne für eine aggressivere deutsche Weltpolitik fortgeführt…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58903

Systematische Revision (Opposition sucht Anschluss an die offizielle Außen- und Militärpolitik)
GFP, 04.07.2014 - Die Führung der als kriegsablehnend geltenden Partei "Die Linke" sucht den Anschluss an die offizielle deutsche Außen- und Militärpolitik…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58904

EU summit in Ypres: National conflicts and militarism
http://www.wsws.org/en/articles/2014/06/30/euro-j30.html

Energie als Kampfmittel (II) (NATO-Generalsekretär: Fracking-Gegner als Einflussagenten Russlands)
GFP 23.06.2014
Energy as a Weapon (II) ("Fracking against Russia")
GFP 23.06.2014


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Newsletter 2014/06/13 - A New Grand Strategy

BERLIN (Own report) - An influential German weekly opened a debate on the call for redefining EU - US relations. The West's current policy toward Ukraine is diametrically opposed to "European" interests, according to an article published in the online-edition of the German weekly "Die Zeit". "Europe should not deprive itself of cooperation with Moscow; it should rather be enhanced. At the same time, the EU should intensify its relations with Washington, while pursuing "its own concepts" with more determination. The objective should be a "new and more promising transatlantic grand strategy." The article was authored by an associate of the Global Policy Institute, a think tank in London, but his standpoint also reflects opinions being expressed within the German foreign policy establishment. Back-stage disputes over Germany's policy toward Ukraine are slowly surfacing into public view…

http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58759

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Eine neue Grand Strategy
 
13.06.2014
BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Eine einflussreiche deutsche Wochenzeitung stellt die Forderung nach einer Neudefinition der Beziehungen zwischen der EU und den USA zur Debatte. Die aktuelle westliche Ukraine-Politik laufe "europäischen" Interessen diametral zuwider, heißt es in einem aktuellen Beitrag auf dem Online-Portal der Wochenzeitung "Die Zeit". "Europa" dürfe sich die Zusammenarbeit mit Moskau nicht nehmen lassen, es müsse sie vielmehr noch stärker ausbauen, heißt es weiter. Gleichzeitig solle die EU auch ihre Beziehungen zu Washington intensivieren, dabei aber ihre "eigenen Vorstellungen" mit größerer Entschlossenheit durchsetzen; das Ziel sei eine "neue und zukunftsträchtigere transatlantische Grand Strategy". Autor des Beitrags ist ein Mitarbeiter des Londoner Think-Tanks "Global Policy Institute"; die in ihm vertretenen Positionen geben jedoch Auffassungen wieder, wie sie auch im deutschen Außenpolitik-Establishment vertreten werden. Die Auseinandersetzungen um die deutsche Ukraine-Politik, die hinter den Kulissen seit je geführt werden, drängen vorsichtig an die Öffentlichkeit.
"Transatlantische Beziehungen neu justieren"
Die Wochenzeitung "Die Zeit" öffnet sich auf ihrem Online-Portal für einen grundlegenden Angriff auf die bisherige Ukraine-Politik der EU und der Vereinigten Staaten. Ein entsprechender Artikel ist zu Beginn dieser Woche unter dem Titel "Europa muss seine Beziehungen zu den USA neu justieren" erschienen. Der Beitrag ist auch insofern bemerkenswert, als in der "Zeit" - wie auch sonst in den deutschen Leitmedien - bislang eine klar antirussische Kommentierung überwog und die Internet-Version des Blattes sogar dazu übergegangen war, einen freien Journalisten, der mehrere um eine differenzierte Haltung bemühte Artikel für "Zeit Online" verfasst hatte, öffentlich bloßzustellen - weil er zum Broterwerb eine Zeitlang auf eine Tätigkeit für ein von Moskau mitfinanziertes Blatt angewiesen war (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Der jetzt veröffentlichte Beitrag, den der Außenpolitik-Experte Chris Luenen verfasst hat, weicht signifikant von dieser Linie ab.
"Brückenkopf" versus "Ausschluss"
Luenen beschreibt in seinem Beitrag zur aktuellen Debatte um die Ukraine- und Russland-Politik zunächst strategische Konzepte, wie sie Zbigniew Brzezinski, einst Sicherheitsberater von US-Präsident Jimmy Carter und noch heute einflussreich im außenpolitischen Establishment der USA, 1997 in seinem Klassiker "The Grand Chessboard" dargestellt hat. Demnach nutze Washington die EU als "unverzichtbare(n) geopolitische(n) Brückenkopf auf dem eurasischen Kontinent", der zur "Globalisierung der westlich geprägten liberalen Ordnung" und zur "Globalisierung der US-Hegemonie zur Sicherung dieser Weltordnung" beitragen solle. Dazu passe der "Wunsch, die Ukraine in euro-atlantische Strukturen zu integrieren", um auf diese Weise den "Brückenkopf" in Richtung Osten auszudehnen. Gleichzeitig habe bereits Brzezinsiki jedoch vor der "Möglichkeit einer großen europäischen Neuorientierung" gewarnt, die "entweder eine deutsch-russische Absprache oder eine französisch-russische Entente zur Folge hätte" - und "Amerika vom (europäischen, d. Red.) Kontinent ausschlösse". Luenen fügt hinzu, diese Befürchtung habe "angloamerikanische Strategen schon seit der Zeit des britischen Empire" umgetrieben, wie etwa die "1904 durch Sir Halford Mackinder formulierte(...) Heartland-Theorie" klar erkennen lasse: "Und anscheinend tut sie es auch heute noch."[2]
Die russisch-chinesisch-iranische Allianz
Die "Entscheidung, durch eine fortschreitende EU- und Nato-Erweiterung den westlichen Einflussbereich nach Osten auszudehnen", sei jedoch bei genauerer Betrachtung der gravierendste "strategische Fehler des Westens seit dem Ende des Kalten Krieges" gewesen, urteilt Luenen. Man dränge damit Russland und den Iran nur "noch weiter in die Arme Chinas und einer von China angeführten antihegemonialen, antiwestlichen Allianz hinein". "Eine chinesisch-russisch-iranische Allianz" aber würde den Westen zwingen, "eine noch aggressivere Außenpolitik zu betreiben, um seinen Zugang zu wichtigen, aber schwindenden Rohstoffen wie Öl, Gas und seltenen Erden zu sichern". Luenen erklärt, es sei "um einiges einfacher", westliche Interessen - gemeint ist offenkundig auch der Zugang zu "schwindenden Rohstoffen" - "durch den Aufbau einer ... strategischen Partnerschaft mit Russland (und mit dem Iran)" zu sichern. Daher wäre es angebracht gewesen, Russland nicht durch die Übernahme der Ukraine in die westlichen Hegemonialsysteme zu provozieren.
"Nicht mehr den USA unterwerfen"
Mit ungewöhnlich offenen Tönen dringt Luenen nun auf eine weltpolitische Kurskorrektur. "Die EU", schreibt er, "darf sich nicht mehr einer Strategie made in Washington unterwerfen"; sie müsse stattdessen "für ihre eigenen Interessen eintreten", "in deren Verfolgung" sie "schon immer schlecht" gewesen sei. Den Interessen der EU entspreche "der Erhalt und die Vertiefung" ihrer "Bindungen zu Russland"; dem müsse Brüssel dringend Rechnung tragen. Zwar sei es für die EU "natürlich auch" notwendig, sich um den "Erhalt", ja sogar um die "Vertiefung eines einheitlichen und starken Westens" zu bemühen. Doch müsse sie mit Blick auf Russland ihre "eigenen Interessen ... viel deutlicher" vertreten - und selbst den USA, "wenn nötig, auch klar ihre Grenzen aufzeigen". Es gehe neben dem Ausbau der Kooperation mit Moskau insbesondere darum, "die transatlantischen Beziehungen neu zu definieren". Dabei habe die EU ihre "eigenen Vorstellungen für die Zukunft des Westens" endlich zur "Basis einer neuen und zukunftsträchtigeren transatlantischen Grand Strategy zu machen" - wie andere es formuliert haben, "auf Augenhöhe mit den USA".
Die alte Schaukel
Die Strategie, in einer Art Schaukelpolitik zwischen Ost und West die eigene Position beständig aufzuwerten, reicht in der deutschen Geschichte ebenso weit zurück wie die von Luenen zitierten Befürchtungen angloamerikanischer Strategen, Einfluss auf dem europäischen Kontinent zu verlieren (german-foreign-policy.com berichtete [3]). Sie ist darauf angewiesen, zu beiden jeweiligen Machtzentren - Washington und Moskau - tragfähige Beziehungen zu unterhalten. Teile des deutschen Außenpolitik-Establishments, darunter Personen aus dem politischen Umfeld der "Zeit", haben immer wieder gegen die aktuelle Ukraine-Politik der Berliner Regierung protestiert und eine Wahrung der deutschen Sonderbeziehungen zu Moskau verlangt. So hat Theo Sommer, einstiger Planungschef im Bundesverteidigungsministerium und heute "Editor at Large" der "Zeit", schon zu Beginn der Ukraine-Krise schwere Vorwürfe gegen die westliche Politik erhoben [4]; auch die Ex-Kanzler Helmut Schmidt und Gerhard Schröder oder zum Beispiel der CDU-Außenpolitiker Philipp Mißfelder haben sich für die Beibehaltung der Zusammenarbeit mit Moskau stark gemacht. In der aktuell aufgeheizten Stimmung, in der die eindeutig transatlantisch orientierten Kräfte der Berliner Außenpolitik den Ton angeben, wagt sich nun "Zeit Online" mit einem Beitrag hervor, der den zur traditionellen "Schaukelpolitik" neigenden Spektren des Establishments eine Stimme verleiht. Der Artikel ist freilich - wohl auch eine Vorsichtsmaßnahme - ausdrücklich als "Gastbeitrag" markiert und von einem Mitarbeiter nicht eines deutschen, sondern eines britischen Think-Tanks verfasst worden, der in größerer Distanz zu den innerdeutschen Kämpfen steht.
"Zweierlei Geopolitik"
Dass entsprechende Auseinandersetzungen jedoch auch in Berlin längst in ernstzunehmendem Maße geführt werden, hat bereits vor einigen Wochen ein Leitartikler der "Frankfurter Allgemeinen Zeitung" bestätigt. Er äußerte über die Bestrebungen, weiterhin eng mit Russland zu kooperieren: "Die von Berlin angestrebte künftige Weltordnung ist eine multipolare, in der die EU mit Russland wirtschaftlich eng verwoben ist, um mit den globalen Mächten Amerika und China auf dem Weltmarkt konkurrieren zu können. Washingtons Vorstöße werden also stets dahingehend überprüft, ob sie wirklich im besten Interesse Europas sind. ... So ist es auch in der Ukraine-Krise, in der es in Berlin Unterstellungen gibt, Washington könne es mit Sanktionen gar nicht schnell genug gehen, weil diese womöglich Europa mehr schadeten als Amerika. Nicht nur wirtschaftlich, sondern auch geostrategisch."[5] Es gebe in Berlin, erklärte der Autor, der selbst der traditionell transatlantischen Politik zuneigt, eben unterschiedliche Vorstellungen, wie deutsche Macht im globalen Kampf zu sichern sei - "zweierlei Geopolitik".
[1] S. dazu Die freie Welt.
[2] Zitate hier und im Folgenden: Chris Luenen: Außenpolitik: Europa muss seine Beziehungen zu den USA neu justieren. www.zeit.de 06.06.2014.
[3] S. dazu Kooperation und KonfrontationNATO im Osten? "Das gibt Krieg" und Keine Angst vor Moskau!.
[4] S. dazu Expansiver Ehrgeiz und Die Verantwortung Berlins.
[5] Majid Sattar: Zweierlei Geopolitik. Frankfurter Allgemeine Zeitung 05.05.2014.


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Svolta clamorosa del giornale tedesco “Die Zeit”. Dopo il golpe a Kiev, l’Europa abbandoni gli USA e si apra alla Russia.

– POSTED ON 19 GIUGNO 2014

Il settimanale tedesco “Die Zeit” è forse il prodotto giornalistico di più alta reputazione in Germania e notoriamente ha una linea editoriale politicamente liberale, genericamente centrista. Non è insomma da ritenere un organo “anti-imperialista” o ostile agli Stati Uniti. Ecco perché quanto successo il 6 giugno scorso ha dello straordinario. “Die Zeit“ ha infatti aperto il suo portale online con un incredibile attaco frontale alla politica vigente dell’Unione Europea, in riferimento al conflitto in Ucrania. Lo ha fatto dando voce a Chris Luenen, direttore del programma geopolitico del Global Policy Institute a Londra, il quale propone all’UE di smetterla di sottomettersi a una strategia made in USA, e imparare piuttosto a difendere i propri interessi: L’Europa sin da sempre è stata debole nel difendere i propro interessi, ha dichiarato l’autore.

L’UE non deve dipendere dagli USA 

L’articolo, intitolato “Politica estera: L’Europa deve ricalibrare le relazioni con gli USA” (con a pagina 2: “La Grand Strategy statunitense non è nell’interesse dell’Europa“) constata che l’UE segue una strategia definita unilateralmente da Washington, invece di definire una strategia in base ai propri interessi. Interessi, i quali raccomanderebbero a Bruxelles di allearsi più strettamente con la Russia. L’UE dovrebbe sviluppare pure le relazioni transatlantiche, secondo l’autore, ma cercare di imporre i suoi interessi anche verso gli amici.

L’articolo ricorda la strategia formulata tempi addietro dall’ex-consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Zbigniew Brzezinskiche definiva l’Europa quale irrinunicabile testa di ponte geopolitica” degli USA nel territorio eurasiatico. In effetti, Brzezinski aveva formulato in forma inequivocabile gli interessi degli USA nell’Ucrania: ”Senza l’Ucrania, la Russia non è più un impero euro-asiatico (…) Se invece M0sca dovesse riconquistare il dominio sull’Ucrania con 52 millioni di abitanti, importanti risorse naturali e l’accesso al Mar Nero, la Russia otterrebbe automaticamente i mezzi per diventare un impero potente di estensione euro-asiatica.” (Brzesinski, The Grand Chessboard, 1997). 

Per Chris Luenen: ”sarebbe abbastanza facile cercare di assicurare gli interessi occidentali in fatto di energia e di sicurezza tramite la costruzione di un partenariato con la Russia (e con l’Iran), pittosto che che continuare a mirare di sottomettere la Russia agli interessi e strutture occidentali”. L’autore continua ritenendo “la decisione di allargare la zona di influsso occidentale verso Est, tramite una progressiva espansione dell’UE e della NATO” come il più grave ”errore strategico dell’Occidente sin dalla fine della guerra fredda”. Chiarissimo. Prima di lui era stato il ministro degli esteri di Cuba, il comunista Bruno Rodriguez che, proprio a seguito del golpe a Kiev in febbraio chiaramente eterodiretto, aveva dichiarato: ”La volontà di estendere la NATO sino alle frontiere della Federazione Russa costituisce una grave minaccia per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionale”. Una constatazione ragionevolissima per chiunque non sia accecato da una visione neo-colonialista della geopolitica, ma che né la neutrale Svizzera né i liberi mezzi di informazione europei si erano degnati di sottoscrivere.

Una svolta politica sensazionale

Solitamente il giornale “Die Zeit” difende dei concetti e delle posizioni che sono rappresentati anche nell’establishment della politica tedesca. Nel conflitto dell’Ucrania il settimane aveva finora partecipato alla tendenza prevalente, cioè quella che giustificava il regime golpista di Kiev ad attaccare la Russia di Vladimir Putin e le forze definite come “separatisti pro-russi”. Se oggi invece questo giornale, i cui contenuti sono fortemente controllati, osa pubblicare un tale articolo che di fatto difende un riorientamento dei principi fondamentali della politica estera di Berlino (e di Bruxelles), siamo di fronte senza dubbio a qualcosa di sensazionale.

D’altronde non si tratta del tutto di una sorpresa, perlomeno per chi sappia analizzare le espressioni politico-ideologiche da un punto di vista materialista e dialettico: le forze dell’economia, le leggi dentro le quali si muovono i flussi di capitale, così come le leggi che determinano le relazioni tra gruppi capitalisti di diversa composizione nazionale, trovano forzatamente la loro espressione anche al livello delle sovrastrutture ideologiche. Importanti settori dell’industria tedesca, infatti, si sono nettamente opposti alle tendenze di seguire ciecamente il diktat di Obama, relativo alle sanzioni economiche contro la Russia. La Germania è oggi il Paese dell’area atlantica che si oppone in maniera più vigorosa all’egemonia statunitense. E il recente affare di spionaggio da parte del NSA americano (incluso lo spionaggio industriale) si rivolge non a caso in prima linea contro la Germania; arrivando addirittura a non risparmiare nemmeno la sfera privata della cancelleria democristiana Angela Merkel. Il che ha certamente aperto gli occhi all’uno o l’altro.

L’eco dell’articolo in Germania

Osserviamo ancora che la tendenza fortemente anti-russa dei media tedeschi, viene fortemente contestata dai lettori. Da mesi, i blogger si rivoltano in massa contro le direttive informative delle maggiori redazioni. La maggior parte dei commenti dei lettori sui siti dei vari giornali si pronunciano contro la politica occidentale. E anche qui troviamo un’eccezione: questa volta, infatti, i lettori concordano con l’articolo e lo lodano: “Grazie, un vero raggio di luce nell’oscurità!” scrivono vari blogger.

Il portale german-foreign-policy.com, che si è fatto un nome come critico della svolta imperialista e delle tendenze militariste della Germania riunificata,  trova l’articolo uscito sul “Die Zeit“ notevole proprio perché nei principali veicoli di informazione tedeschi (e non solo) prevaleva finora una narrazione collettiva di matrice chiaramente anti-russa, individuando in Putin il nuovo nemico della civiltà occidentale. Il contributo di Chris Luenen invece deroga di maniera significante a questa linea che finora era seguita anche dalla redazione del “Die Zeit“.

La Neue Rheinische Zeitung (NRhZ, orientata al giornale omonimo fondato nel 1848 da Karl Marx) fa osservare che le idee espresse dall’articolo dell’esperto in geopolitica non sono isolate: se ne comincia a parlare, insomma, pure a Berlino e persino nei circoli tradizionalmente orientati verso l’atlantismo e alla lealtà verso il governo nordamericano.

La vita degli uomini ne determina la coscienza, non viceversa…

Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. E’ quanto asserivano i fondatori del socialismo scientifico Karl Marx e Friedrich Engels (nell’opera: “L’ideologia Tedesca). Ciò che si vede adesso in Germania può sorprendere solo chi non è avvezzo all’analisi geo-politica su basi marxiste. Senza essere indovini, infatti, già da qualche mese in Svizzera qualcuno aveva previsto questa situazione. Stiamo parlando del Partito Comunista della Svizzera Italiana, che riunisce molti giovani esperti nello studio delle dinamiche economiche e nella cooperazione internazionale.

In un articolo del 15 aprile scorso, intitolato “Per la pace in Ucraina, no al neo-colonialismo!“, il Segretario politico di questa organizzazione, Massimiliano Ay, rivolgendosi esplicitamente contro la tendenza (accettata tristemente anche dal Partito Svizzero del Lavoro e da altre realtà di sinistra) di equiparere la Russia con le potenze imperialiste, spiegava: ”Se di conflitto inter-imperialista si vuole parlare, non è certamente la Russia a dover essere presa in analisi: la crisi ucraina con molta probabilità si è scatenata per la esplicita volontà degli USA di bloccare il rifornimento energetico russo all’Europa, inchiodando così in modo ancora più vincolante il Vecchio Continente al petrolio e al gas nordamericano: un passo necessario per evitare lo sviluppo dell’asse Berlino-Mosca-Pechino che potrebbe accerchiare Washington”. In pratica il confronto è fra l’imperialismo americano da un lato e i l’imperialismo tedesco (o comunque europeo) dall’altro. Una contraddizione che Russia e Cina, abilmente e senza sparare un colpo, stanno cercando di favorire così da indebolire le prassi guerrafondaie e neo-coloniali dei paesi occidentali contro i paesi emergenti e non allineati.

Durante una manifestazione di piazza per la pace in Ucraina a Bellinzona, lo scorso 31 maggio, Ay aveva tenuto un discorso nel quale, fra gli altri spunti di riflessione, indicava il fatto che “gli USA hanno un’economia molto indebolita, il dollaro presto non sarà più la moneta di scambio internazionale, i cinesi hanno appena salvato l’euro dal disastro e stanno ragionando sull’internazionalizazione della loro propria moneta. E ora la Russia ha fondato l’alleanza euroasiatica. Per l’economia americana sono tempi durissimi: Obama vuole impedire a tutti i costi che vi siano paesi europei che inizino a staccarsi dalla sfera di influenza di Washington per iniziare a cooperare strettamente con la Russia e le economia emergenti che girano intorno a Mosca e ai cosiddetti BRICS”. Il segretario del Partito Comunista aveva poi tuonato: “creare una guerra in Europa, far deteriorare le relazioni fra UE e Mosca è strategico per salvare l’economia americana a spese nostre!”. Ay aveva concluso spiegando come le sanzioni economiche contro la Russia stessero danneggiando solamente le industrie europee ed elvetiche: “lungi da me sostenere il capitalismo svizzero, ma il Consiglio Federale non riesce nemmeno più a difendere gli interessi nazionali della Confederazione e si rende schiavo degli Stati Uniti. E’ demenziale!”

Massimiliano Ay prendeva spunto dalle constatazioni che già in precedenza osservava l’economista marxista Gianfranco Bellini, autore de “La bolla del dollaro” (Edizioni Odradek), dirigente del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) e promotore della sezione Laika di Milano. Scomparso a fine 2012,  Bellini era notoriamente molto legato ai comunisti della Svizzera Italiana (leggi), con cui condivideva le analisi sugli scenari geo-economici in atto.

Posizioni, quelle espresse da Ay, che non hanno però trovato eco sulla stampa svizzera allineata ai diktat atlantici, ma che oggi si sta rivelando vieppiù corretta. Come dicono i marxisti: l’analisi marxista aderisce a leggi scientifiche essenziali che un giorno o l’altro emergono in superficie e anche la borghesia sarà costretta a prenderne atto, come adesso è successo sul “Die Zeit“.


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www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 01-07-14 - n. 505

La Germania consegna 120 carri armati Leopard 2 alla Polonia per rafforzare il fronte est della Nato

AC | solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/06/2014

La notizia sembra assurda, ma è molto grave e sottolinea le crescenti tensioni ad Est: La Germania ha consegnato 120 dei suoi migliori carri al suo alleato polacco per contrastare l'avversario russo, in un contesto di crisi in Ucraina.

Carri armati tedeschi attraversano il confine polacco: anche se l'attraversamento avviene in treno, la notizia fa rabbrividire all'interno dell'opposizione ultra-nazionalista guidata da Kaszcynski.
Tuttavia, il governo polacco Tusk ha difeso strenuamente l'acquisizione: "In caso di conflitto, dovremo rivolgerci a Berlino," e Berlino ha risposto che avranno bisogno della Polonia "in caso di guerra nell'Europa orientale." Il "tono" è impostato, l'asse Berlino-Varsavia prepara il confronto con la Russia.

Un "regalo" tedesco per rafforzare il fronte orientale contro la Russia

In questa lotta comune, è la Polonia, ad essere in prima linea, in prossimità dell'enclave di Kaliningrad e della Bielorussia. Sarà necessario il meglio dell'industria bellica tedesca: il Leopard 2 consegnato in 120 esemplari.

Il contratto è stato firmato sei mesi fa, nel novembre 2013... Nello stesso periodo in cui l'allora presidente ucraino Yanukovich faceva marcia indietro e rifiutava di firmare l'accordo di associazione con l'Unione europea. Coincidenze inquietanti.
Da contratto, i carri sono stati venduti per circa 1 milione di euro l'uno, lontano dal prezzo stimato in 3 milioni di euro. Secondo il quotidiano polacco Politika, alcuni paesi sarebbero disposti a offrire molto di più, ma la Germania ha fatto una scelta geopolitica consapevole, anche a costo di perdere denaro nella transazione.

Già nel 2001 già, la Polonia aveva ricevuto in regalo 120 vecchi Leopard di prima generazione per la somma simbolica di 1 milione di euro.
Si conferma - con la consegna di questi carri costruiti nella RFT per combattere il nemico sovietico - il forte asse, volto a strutturare il fronte europeo della NATO, in caso di conflitto con la Russia.

Il Leopard 2 è considerato come uno dei migliori carri armati al mondo, il carro più esportato tra i modelli europei (in quasi 20 paesi). Gli equipaggi polacchi, che hanno conosciuto il T-72 sovietico, ora vantano la sua manovrabilità.
Godendo di uno scudo e  di armi di ultima generazione, si dice che sia superiore ai modelli russi ereditati dall'era sovietica, T-72 o T-80.

Riarmo polacco per l'"alleato strategico" degli Stati Uniti

Per l'esercito polacco, questa acquisizione fa parte di un riarmo generale: a breve, la Polonia vuole sviluppare propri carri armati come ha fatto con il mezzo di trasporto blindato "Rosomak", originariamente un modello finlandese, già in uso in Afghanistan e Ciad.

La Polonia vuole sostituire il suo armamento di origine sovietica (T-72 e BMP), derivante dal Patto di Varsavia con materiali conformi agli standard della NATO.
Essa prevede inoltre di diversificare le proprie forze armate, compreso l'acquisto di sottomarini per contrastare la marina russa nel Baltico.

Allo stesso tempo, l'integrazione della Polonia nel sistema di difesa antimissile americano rivela chiaramente il ruolo di "alleato strategico " degli Stati Uniti, per citare Obama durante la sua visita a Varsavia nel giugno 2013, pilastro della NATO sul fronte orientale.

... e svolta militarista per la Germania presente su tutti i fronti

(Ucraina, Mali, Centrafrica)

Dalla parte tedesca, questa "vendita" è compresa nella svolta militarista evidenziata da un anno, se seguiamo il discorso del presidente Gauck e dei ministri degli Esteri Westerwelle e Steienmeier.
Discorsi tutti incentrati sulla necessità per la Germania di svolgere un ruolo più importante nel mondo, un ruolo di leader in Europa, e di intervenire sistematicamente nelle aree di conflitto.

Una nuova "Weltpolitik" (politica mondiale) basata sulla rimozione del tabù della ricostruzione della potenza militare e del nazionalismo tedesco.

Una politica che non è tardata a concretizzarsi. E' noto che le azioni dell'opposizione ucraina erano alimentate dalle ambasciate polacche in prima linea e tedesche, più defilate.

Oltre all'Ucraina, la Germania ha deciso lo scorso anno di partecipare, è una novità, a interventi in Africa. Truppe tedesche sono presenti al fianco di quelle francesi in Mali da un anno, in Centrafrica da qualche settimana.

Cento anni dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, nel momento in cui il militarismo tedesco rinasce dalle proprie ceneri, occorre guardare indietro nella storia: la crisi del capitalismo, le rivalità imperialiste, la corsa agli armamenti, le crescenti tensioni, tutti elementi che hanno portano alla carneficina del popolo.

Il grido "Nie wieder Krieg", mai più guerra, risuona ancora in Francia, in Germania come sul Fronte orientale!



(english / deutsch / italiano)

La voce di Vladimir Putin contro il nazifascismo risorgente

1) Putin si scaglia contro i revisionisti della Seconda Guerra Mondiale
2) Putin Says Legal Initiative to Counter Nazism Timely (RIA Novosti, 3/7/2014)


Vedi anche: 

Discorso di Vladimir Putin ai rappresentanti del corpo diplomatico / Putin spricht: USA wollen die Welt in eine Weltkaserne verwandeln
1 Juli 2014. Ansprache des russischen Präsidenten Wladimir Putin vor der Versammlung der Diplomaten und Botschafter des russischen Außenministeriums in Moskau. Ausschnitte. 
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=WVQsoIcevLI

Putin vs. Obama


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http://www.tribunodelpopolo.it/russia-putin-si-scaglia-contro-i-revisionisti-della-seconda-guerra-mondiale/

Russia. Putin si scaglia contro i revisionisti della Seconda Guerra Mondiale

Scritto da: G.B. il 19 maggio 2014 in EsteriNews 4 Commenti

Il presidente della Russia, Vladimir Putin, accusato da più parti di essere illiberale quando non addirittura fascista, ha dichiarato di essere completamente contrario al revisionismo storico circa la Seconda Guerra Mondiale, ovvero alla riabilitazione dei fascismi. In particolare Putin ha sottolineato come questo sia avvenendo in Ucraina, ma chi lo ascolterà? 
Una premessa per fugare ogni dubbio dal momento che su internet si trova sempre troppa gente pronta a pontificare: questo articolo non vuole essere in alcun modo un articolo apologetico nei confronti di Vladimir Putin, personaggio su cui ogni lettore si sarà fatto un’idea aderente o meno alla realtà. Noi rispettiamo il pensiero di tutti, anche quando non collima col nostro, siamo abituati ad argomentare con rispetto le nostre convinzioni, e a confrontarle civilmente con gli altri. Sull’Ucraina abbiamo notato invece un atteggiamento insopportabile di una certa “sinistra” volta a tacciare Putin a priori come “cattivo” e quindi a prendere posizione apertamente a favore di Kiev come risposta. E se gli fate notare che a Kiev l’Occidente sta appoggiando bande di estrema destra e neofasciste, loro risponderanno che si tratta di una semplificazione in quanto Putin sarebbe lui stesso un “fascista”. Costoro però non sanno, o fingono di non sapere, che Putin di difetti ne avrà molti, moltissimi, ma di certo non lo si può accusare di simpatie fasciste dal momento che il suo governo ha varato una legge antinazista ferrea che ci sogniamo nella “democratica” Europa, dove i neonazisti sono tornati a operare ovunque alla luce del sole, cavalcando un insopportabile revisionismo volto a considerare l’estrema sinistra e l’estrema destra due facce della stessa medaglia.
I tentativi di distorcere i risultati della Seconda Guerra Mondiale sono estremamente pericolosi, come testimoniano i tragici eventi in Ucraina, dove le forze neonaziste più oltranziste hanno scatenato un vero e proprio terrore contro i civili“, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un’intervista con i principali media cinesi alla vigilia della sua visita nel Paese asiatico. Si tratta di affermazioni chiare e nette che indicano come a Mosca sul fascismo non si scherzi. Beninteso Putin non sarà certo un’emblema di democrazia, ma almeno per quanto riguarda “l’antifascismo” avrebbe da insegnarne e molto anche allo stesso Obama. Se pensate che siamo troppo di parte come mai allora l’Occidente appoggia un governo provvisorio a Kiev che ha preso il potere grazie a un autentico Golpe e che annovera tra le sue fila ministri apertamente neonazisti? Sempre Putin ha ricordato come quattro anni fa, in occasione del 65° Anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, la Russia e la Cina avevano rilasciato una dichiarazione comune,in base alla quale entrambi i Paesi si mostrano uniti nella critica al revisionismo storico, ritenuto inaccettabile. Continueremo a resistere ai tentativi di riscrivere la storia, di mitizzare i nazisti e i loro alleati e di infangare la memoria e il buon nome degli eroici liberatori”, ha affermato ancora Putin, mettendo così in difficoltà  molti benpensanti dell’Occidente, in prima fila nell’andare contro la Russia sui diritti gay e umani, (vedi la questione delle Pussy Riot, peraltro legate all’Nsa americano) e non pervenuti quando si tratta di prendere posizione contro il nazismo, quello vero.
Gracchus Babeuf


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MOSCOW, July 3 (RIA Novosti) – Russian President Vladimir Putin said Thursday that an initiative to establish a legal basis for countering Nazi ideology is well-timed.
“I consider the initiative to define a legal basis for countering a surge of nationalism and glorification of Nazi criminals timely,” Putin said at a meeting of the Presidential Council for Interethnic Relations.
The Russian president stressed that in some countries neo-Nazi organizations are reviving and gaining ground in politics. According to Putin, ethnic and religious intolerance and calls for violence are turning into slogans for groups striving for power.
On May 5, Putin signed a bill introducing a punishment of up to five years in jail for the rehabilitation of Nazism, denying facts established by the Nuremberg trials and dissemination of false information about the Soviet Union’s activities during World War II.
The measure also stipulates a fine of up to 300,000 rubles ($8,400) or up to a year of community service for desecrating symbols of Russian military glory.
A bill that equates symbols of organizations that cooperated with fascists, including Bandera insignia, to Nazi symbols is currently under consideration in Russia’s parliament.



(francais / english / italiano)

Accordo UE-Ucraina mentre questa compie la pulizia etnica del proprio territorio

0) LINKS: audio / video / analisi / news / reportages

1) PULIZIA ETNICA ANTIRUSSA IN UCRAINA
Campi di internamento nel Donbass: la storia si ripete (Alexander Donetsky)
Projet officiel de nettoyage ethnique en Ukraine (Andrew Korybko)
Sharp rise in Ukrainian displacement, with more than 50,000 internally displaced (UNHCR)
L'Ucraina rifiuta gli aiuti umanitari della Russia (VoR)

2) PRECIPITOSO ACCORDO ASSOCIAZIONE CON LA U.E.
Kiev sigla l'accordo con l'Unione Europea. Mosca: serie conseguenze
Cosa significa l'associazione economica con l'UE? (Victor Shapinov)
Dietro gli accordi di associazione tra Ue e Ucraina, Georgia e Moldavia ( M. Dinucci, T. Di Francesco)

3) PROVOCAZIONI MILITARI PER COINVOLGERE LA RUSSIA
Ambasciata russa attaccata a Kiev / Sconfinamenti e scontri al confine russo

4) NEWS

5) U.S., EU cover up Ukraine junta’s war crimes (Greg Butterfield / WW)


=== 0: LINKS ===


AUDIO:

Intervista a Nicolai Lilin: "Questi mass-media fanno schifo" - 26/06/2014


VIDEO: 

Pandora TV - Il Punto di Giulietto Chiesa - 2 Luglio 2014 - Ucraina: verso la situazione finale
Corrispondenza da Mosca di Giulietto Chiesa. L'Ucraina va verso la soluzione finale, i bombardamenti a tappeto fanno decine di vittime e distruggono le città. In occidente tutto tace. Il silenzio colpevole dei media occidentali è più pesante di tutte le censure. Mentre continua l'operazione di pulizia etnica di Kiev basata sul massacro della popolazione civile…

PTV News Speciale – La tragedia di Kramatorsk
02/07/2014 - Ci giunge da Kramatorsk in Ucraina orientale, la testimonianza di Christian Malaparte e Patrick Lancaster, due coraggiosi giornalisti che da giorni vivono sotto le bombe delle milizie di Kiev. Raccontano in diretta il dramma che si svolge in queste ore, un massacro passato ancora una volta sotto silenzio dai media occidentali…

PTV News 27 giugno 2014 - Dialoghi dell'orrore
Dialoghi tra uomini che uccidono su commissione, per guadagnare… Questa è la guerra di Ucraina creata dagli Stati Uniti d'America. Circolano filmati di morti scaraventati a terra in fosse comuni. Molti, tremendi indizi di questa caccia all'uomo russo. Non li abbiamo pubblicati perché non potevamo credere nemmeno ai nostri occhi… Le bestie che sentite grufolare hanno dimenticato di criptare la conversazione, ma hanno l'urgenza di guadagnare, di vantarsi. Per questo li abbiamo sentiti. Per questo ve li facciamo sentire. Così capirete meglio perché Novorossija combatte.
http://www.pandoratv.it/?p=1322

Intervento di Marta Grande (M5S) in Senato, 24/6/2014, sulla situazione in Ucraina
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=PCZAd0tqps8

Il Punto di Giulietto Chiesa – 20 giugno 2014
Giulietto Chiesa fa il punto sul numero della vittime nella guerra civile in Ucraina sudorientale. Un numero di vittime, tra militari e civili, che al di là delle differenti stime resta comunque elevato. Secondo dati non ufficiali potrebbero essere quasi 4000 i caduti nel periodo tra il 2 maggio e il 17 giugno di quest’anno. 

Il punto di Giulietto Chiesa – 13 06 2014 – Il vero motivo del genocidio dei russi
Giulietto Chiesa fa il punto su un contratto che vedrebbe l’acquisto, da parte della Shell e Chevron di oltre 7000 kilometri quadrati di terreno ucraino, per estrarne il gas da scisti bituminosi. Indovinate di quale regione si tratta…? La distruzione del Donbass adesso ha un senso. L’Ucraina è una colonia.
http://www.pandoratv.it/?p=1199
La guerra in diretta da Lugansk
20/06/2014 - Una drammatica testimonianza di guerra da Lugansk, in Ucraina Orientale. Dopo uno scontro a fuoco violentissimo, gli attivisti filorussi catturano uomini delle milizie di Kiev…
http://www.pandoratv.it/?p=1245

Una realtà messa al contrario. La popolazione è completamente manipolata… (06.06.2014)
VIDEO: http://rutube.ru/video/394d3a9f5e2a155741a7272a73d0b397/


ANALISI:

Ucraina contro Ucraina
23 Giugno 2014 - di Spartaco A. Puttini per Marx21.it
Negative Wahrnehmungen (Bürgerkrieg und EU-Polizeimission in der Ukraine)
GFP - 02.07.2014
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58902

Ukraine: Democracy of the minority
June 30, 2014 - Victor Shapinov of the Marxist organization Union Borotba (Struggle) analyzes the forces at work behind President Petro Poroshenko’s announcement officially ending the Kiev junta’s ceasefire with the Donetsk and Lugansk people’s republics of the Donbass region. The article originally appeared on the website ActualComment.ru and was translated by Workers World contributing editor Greg Butterfield
http://www.workers.org/articles/2014/07/03/ukraine-democracy-minority/

And still the Ukraine – an interim report (June 29, 2014)
The following article is by Kai Ehlers, a German-based expert on the former Soviet Union. We publish it as a progressive contribution to the discussion on Ukraine and food for thought about the developments there. Translation by Workers World managing editor John Catalinotto.

Ukraine's economic crisis to intensify

Le chef des séparatistes de Slaviansk, Igor Strelkov, a fait la guerre de Bosnie comme volontaire du côté serbe
http://balkans.courriers.info/article25084.html


NEWS: 

Ukraine: Berlin foreign ministers meeting brings no solution
By Peter Schwarz / WSWS, 4 July 2014

Poroshenko launches bloody assault on eastern Ukraine
By Chris Marsden - 2 July 2014

Plainte à l’OIAC contre l’usage d’armes chimiques par l’Ukraine
RÉSEAU VOLTAIRE | 1ER JUILLET 2014

Pravyi Sektor and altre sigle neonaziste filogovernative europeiste ucraine assaltano assemblea dei sindacati a Kiev
Right Sector neo-nazis attack trade union conference in Kiev (26/6/2014)

Ukraine regime launches military blitz after floating ceasefire plan (Bill Van Auken / WSWS, 20 June 2014)

Le autorità di Kiev pensano a costruire un muro al confine con la Russia (Voce della Russia, 18 giugno 2014)

La Pologne dirige les opérations militaires en Ukraine
par Andrew Korybko - RÉSEAU VOLTAIRE | 14 JUIN 2014 
Sikorski e Dziewulski: strategia e tattica del neo-Commonwealth
di Andrew Korybko - RETE VOLTAIRE | 17 GIUGNO 2014 

Les forces « antiterroristes » de Kiev dirigées par le Polonais Jerzy Dziewulski
RÉSEAU VOLTAIRE | 11 JUIN 2014 
Le forze "anti-terrorismo" di Kiev guidate dal polacco Jerzy Dziewulski
RETE VOLTAIRE | 11 GIUGNO 2014 

Ucraina, è bagno di sangue
Lunedì, 16 Giugno 2014 - Marco Santopadre


REPORTAGES:

Gli uomini neri (Fausto Biloslavo, Il Giornale)
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia…

VIDEODOCUMENTARIO: Pogrom programmato
Giulietto Chiesa commenta le immagini della strage di Odessa dimostrando che le vittime sono state assassinate brutalmente e non sono perite a causa dell’incendio al palazzo dei sindacati come è stato dichiarato dalla stampa internazionale. Pandora TV raccomanda la visione di questo servizio ad un pubblico di soli adulti.
http://www.pandoratv.it/?p=635
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=iyOnb2wsEcY
 
Le sostanze chimiche nell'assassinio di Odessa
VIDEO: http://rutube.ru/video/baffa22512d4474c35de994ce863fb00/
 
VIDEODOCUMENTARIO: "Settore Destro" di Euromaidan
in altre lingue:
Russo (original)
prima parte
https://www.youtube.com/watch?v=0Uy6R...
http://vimeo.com/96070079
seconda parte
https://www.youtube.com/watch?v=X7BO0...
http://vimeo.com/98322875
Inglese
prima parte
https://www.youtube.com/watch?v=9yFqU...
seconda parte
https://www.youtube.com/watch?v=4mjUD...
Tedesco
prima parte
https://www.youtube.com/watch?v=cRyVI...
http://vimeo.com/96982788
Francese
prima parte
http://vimeo.com/99570936


=== 1: PULIZIA ETNICA ===

LINKS: 

Ucraina. Fanno paura i campi di concentramento “democratici” nell’Est
Se ne parla da un pò e ora ne ha parlato anche Nicolai Lilin su L’Espresso. Stiamo parlando dei campi di concentramento “democratici” che il governo di Kiev vorrebbe utilizzare in Ucraina per rinchiudere i cittadini dell’Est identificati come “terroristi” (29/6/2014)

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www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 16-06-14 - n. 503

Campi di internamento nel Donbass: la storia si ripete

Alexander Donetsky | strategic-culture.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

15/06/2014

Gli ucraini hanno una data triste da commemorare il prossimo settembre 2014: la costruzione dei campi di concentramento di Terezin e Talerhof, realizzati per isolare il segmento filo-russo della popolazione residente nella Galizia austro-ungarica. Migliaia di rusin [1], persero la vita perché avevano simpatie per la Russia e volevano preservare la loro identità storica. Rifiutarono di chiamarsi ucraini come volevano le autorità austro-ungariche e così finirono internati.

Le condizioni erano orribili. I primi acquartieramenti di Talerhof furono costruiti nel 1915. I prigionieri non avevano riparo per la pioggia. Dormivano sotto il cielo aperto. La condizione per ottenere la libertà era l'abiura della nazionalità rutena. I guardiani erano galiziani che accettarono di chiamarsi ucraini. Furono loro a sterminare i ruteni. I loro crimini sono descritti nell'Almanacco di Talerhof pubblicato dal comitato dei detenuti nel 1920.

I nazionalisti ucraini servirono fedelmente i tedeschi durante i giorni di occupazione del paese. Odiavano tutto ciò che era russo. Erano disposti a servire come aguzzini e guardie in numerosi campi di concentramento. 700mila soldati dell'Armata Rossa furono fatti prigionieri quando le truppe sovietiche furono circondate vicino a Kiev. Molti di loro erano di etnia ucraina. C'erano due campi di concentramento vicino Brovary nei pressi di Kiev. I prigionieri venivano regolarmente fucilati vicino al villaggio di Bykovnya. Secondo gli abitanti locali, i carnefici erano hitleriani nonché poliziotti ucraini. Secondo le testimonianze, c'erano 1.200 poliziotti ucraini su 1.500 aguzzini a Babi Yar, e questo significa che soltanto 300 di loro erano tedeschi. Pochi ricordano che prima dell'eccidio di massa degli ebrei, i prigionieri di Babi Yar furono prevalentemente ucraini, fatti passare attraverso il "campo di filtraggio" di Syrets. Avevano combattuto i fascisti tedeschi insieme ai russi.

Nel febbraio del 2014 sono saliti al potere i successori e ammiratori dei nazisti, con il sostegno degli Stati Uniti e della Germania. Nel parlamento tedesco ha provocato una discussione l'intervento di Sahra Wagenknecht, economista e pubblicista, membro del Bundestag e membro del Comitato Nazionale del Partito della Die Linke. La deputata ha accusato Angela Merkel di ingannare le persone presentando gli avvenimenti in Ucraina in luce scorretta. Ha invocato pressioni su Poroshenko per farlo desistere dalla guerra contro il suo stesso popolo. Sahra Wagenknecht ha detto che quattro membri del gabinetto ucraino sono colpevoli di coltivare l'odio verso gli ebrei e i russi. Intendeva i membri del partito Svoboda guidati da Oleg Tyagnibok, chiamato Partito nazional-socialista fino al 2004. Una delle persone di cui stava parlando era Andriy Parubiy, il Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale e Difesa dell'Ucraina nominato dopo il colpo di stato ucraino del 2014. La lista di solo quattro nomi non è sufficiente. Ci sono membri del gabinetto che nascondono le loro opinioni e altri che sono orgogliosi. Ad esempio, Sergei Kvit, Ministro dell'Istruzione, Presidente dell'Accademia Kyiv-Mohyla. E' lui che ha ordinato il divieto della lingua russa nelle istituzioni.

La Rada dell'Ucraina ha nominato il colonnello Michael Koval Ministro della Difesa. Al suo confronto gli altri impallidiscono nella professione di fedeltà agli ideali nazisti. Dopo l'elezione di Poroshenko, si recò al parlamento per presentare i piani del governo. Secondo lui, tutti i giovani delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, comprese le donne, dovevano essere internati in «campi di filtraggio», per verificare l'eventuale collegamento ai terroristi, e poi spediti in diverse regioni d'Ucraina.

Così, nei piani per il futuro del governo ucraino c'è la creazione di campi di concentramento: i bei vecchi tempi della Germania fascista sono tornati! La popolazione del recalcitrante Donbass è di circa sei milioni e mezzo di persone. Molte di queste persone stanno per perdere le case ed essere internate nei campi. Dopodiché il governo dirà loro dove vivere in caso riescano a passare attraverso il processo di filtrazione e dimostrare che non avevano nulla a che fare con il movimento di resistenza antinazista. Coloro che si sono opposti alle uccisioni di massa della popolazione da parte delle forze regolari ucraine dovranno affrontare un processo: si può facilmente intuire che cosa significa.

L'Europa contemporanea non ha mai conosciuto nulla di simile: il trasferimento di massa di persone che vivono in alcune regioni. Gli Stati Uniti e i leader politici europei sosterranno le autorità ucraine qualsiasi azione compiano, in violazione della responsabilità ai sensi dell'articolo II (c) della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (CPPCG) approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948, come Risoluzione 260 dell'Assemblea Generale?

Ndt
1. Ruteni, gli abitanti della "piccola Russia", ovvero i russi di frontiera. Soprattutto tra i secoli XVI e XVIII indicava per estensione tutti coloro che oggi vengono identificati come ucraini. Fonte wikipedia

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Projet officiel de nettoyage ethnique en Ukraine

par Andrew Korybko

Alors que le nouveau président ukrainien, Petro Porochenko, vient de signer un accord avec les responsables de la République du Donbass, Andrew Korybko revient sur les raisons du soulèvement : il ne s’agit pas uniquement du refus de reconnaître les autorités putschistes de Kiev, mais bien d’une tentative de prévenir le projet officiel de nettoyage ethnique des populations russophones.

RÉSEAU VOLTAIRE  | 24 JUIN 2014


[PHOTO: Durant la Première Guerre mondiale, l’empereur d’Autriche-Hongrie fit interner plus de 20 000 Ruthènes et Lemkos, principalement des intellectuels, à Telerhof. Il ne s’agissait pas à proprement parler d’un camp de concentration, mais plutôt d’un terrain vague où les prisonniers dormaient à même le sol quelque soient les intempéries.]

Cent ans après l’internement dans des camps de concentration des populations russophones (les Ruthènes) alors établies à l’intérieur des frontières de l’Ukraine d’aujourd’hui, l’histoire semble sur le point de se répéter.
Le ministre de la Défense de l’Ukraine, Mikhaïl Koval, a fait publiquement état de son projet de parquer les résidents du Donbass dans des camps de « filtration » pour les réinstaller de force dans d’autres régions de l’Ukraine.
Quelques jours plus tard, le Premier ministre Arseni Iatseniouk a traité de « sous-hommes » les défenseurs du fédéralisme des régions orientales de l’Ukraine.
[PHOTO: Source : Embassy of Ukraine in the United States, 15 juin 2014.]
Les patrons états-uniens du régime de Kiev ne se sont pas seulement abstenus de condamner les propos scandaleux de Iatseniouk, ils ont pris ouvertement sa défense en déclarant, par la voix de la porte-parole du département d’État Jen Psaki, au mépris de la vérité, « qu’il n’avait pas cessé de préconiser la recherche d’une solution pacifique [1] ». L’Agence foncière de l’État ukrainien a laissé filtrer des propos encore plus inquiétants, donnant à penser qu’un nettoyage ethnique en règle allait suivre. Il a été annoncé que des terres allaient être allouées gratuitement aux troupes des Services spéciaux, du ministère de l’Intérieur et de l’Armée qui combattent les fédéralistes [2]. L’Ukraine étant au seuil d’un nettoyage ethnique de grande ampleur, il ne faut pas être grand clerc pour deviner aux dépens de qui sera organisé cet octroi de « terres gratuites », évocateur du besoin d’« espace vital » (Lebenstraum) revendiqué par d’autres en d’autres temps.
[PHOTO: Au moins un millier de prisonniers sont morts durant leur internement à Telerhof.]
C’est en 1914 que, pour la première fois, des populations stigmatisées pour leur russophilie ont été expédiées dans des camps de concentration. Les Autrichiens ont emprisonné les Ruthènes et les Lemkos (un sous-groupe ethnique étroitement apparenté aux Ruthènes, ou Russyns) au prétexte que leur obstination à revendiquer leur identité spécifique avait des relents de trahison. De la même façon, parce qu’elles refusent de renoncer à leur identité, les populations du Donbass sont aujourd’hui accusées de trahison, notamment par Mikhaïl Koval, le ministre de la Défense de l’Ukraine. Ce dernier a été promu dans ses fonctions actuelles suite au limogeage de son prédécesseur [3], remercié pour n’avoir pu empêcher la réunification de la Crimée à la Fédération de Russie. Les déclarations d’intention extrêmement radicales du ministre Koval témoignent du bien-fondé des préoccupations que la Russie avait exprimées dès le mois de mars, avant la réunification, en soulignant le risque du déclenchement d’une crise humanitaire, et en exposant les preuves de ce danger imminent dans un Livre Blanc des Violations des Droits de l’Homme en Ukraine [4]. Chacun sait maintenant, après la révélation au grand jour de l’épilogue que le ministre de la Défense ukrainien compte apporter à la crise, que si la Crimée n’avait pas pris en mains la défense de ses droits et demandé son rattachement à la Russie, ses habitants se seraient vraisemblablement déjà vus parqués dans des « camps de filtration » à l’image de ceux dont la mise en place est maintenant programmée, puis déportés loin de la terre qui les a vus naître, à condition d’avoir survécu à l’épreuve de l’incarcération.
Le sort que réserve Korval aux résidents du Donbass contrevient gravement aux dispositions de la loi internationale, et constitue un crime contre l’humanité. La déportation forcée et le déplacement des populations, leur mise en détention au seul motif de leur lieu de résidence, ainsi que les mesures discriminatoires à l ‘encontre d’un groupe ethnique et culturel sont formellement proscrites au titre de l’article 7 du Statut de Rome de la Cour pénale internationale (CPI). Pour Iatseniouk et ses acolytes de l’Administration de Kiev, les habitants des régions orientales de l’Ukraine qui contestent leur politique ne sont que des « sous-hommes ». Voilà pourquoi ils semblent estimer que les Droits de l’homme ne s’appliquent pas à eux. En conséquence, ces « sous-hommes » ne se verront pas non plus reconnaître le moindre droit sur les propriétés dont ils seront dépossédés après les relocalisations forcées qui vont leur être imposées. Ce sont donc leurs maisons, leurs terres et leurs entreprises qui vont constituer le tribut (« les terres gratuites ») que la junte de Kiev a promis d’accorder à ses janissaires déployés dans les provinces de l’Est.

[PHOTO: Selon le gouvernement russe, plusieurs centaines de milliers d’Ukrainiens se sont réfugiés en Russie depuis le début de la crise. Ils y sont hébergés par leurs familles et leurs amis. Cependant, les autorités occidentales réfutent ce chiffre au motif qu’ils ne sont pas rassemblés dans des camps de réfugiés.]
Les dirigeants occidentaux ignorent superbement ces violations flagrantes des Droits de l’homme. Ils sont pourtant toujours les premiers à dénoncer précipitamment toute violation supposée de ces droits, et à menacer d’une intervention militaire les contrevenants qu’ils ont eux mêmes désignés. On voit bien, à présent, que la rhétorique du « droit d’intervention humanitaire » et les slogans qui l’accompagnent n’ont jamais été autre chose que des simulacres au service d’ambitions géopolitiques au long cours, savamment dissimulées.
En réalité, à l’opposé du rôle pacificateur que s’attribuent les pays occidentaux, et tout particulièrement les États-Unis, en revendiquant un droit d’intervention humanitaire pour protéger les populations, ils apportent un soutien criminel au régime de Kiev qui s’apprête à mettre en œuvre le nettoyage ethnique de l’Ukraine. Depuis le coup d’État de février, les conseillers militaires sont arrivés en nombre, les dollars ont coulé à flot, et le FBI et la CIA n’ont pas lésiné sur l’aide apportée au nouveau régime ukrainien. Tous ces moyens vont immanquablement être utilisés par la junte pour liquider par la force les mouvements de protestation qui se poursuivent dans la partie orientale du pays, et pour écraser les fédéralistes ukrainiens. Ainsi, les États-Unis se rendent directement complices de tous les crimes de guerre que commettent les forces conventionnelles [5] et les mercenaires [6] à la solde du gouvernement de Kiev, sans la moindre exception. Cette responsabilité vaut également pour le plan de nettoyage ethnique et culturel que s’apprête à mettre en œuvre le ministre de la Défense ukrainien Mikhaïl Koval.
Les six millions d’habitants du Donbass sont aujourd’hui confrontés à un désastre humanitaire de même nature que celui infligé à leurs ainés, il y a soixante-dix ans. Beaucoup ont cru, à tort, que les forces criminelles coupables de telles horreurs avaient été terrassées et éliminées une fois pour toutes du continent européen, et que ces temps barbares, que la junte de Kiev ressuscite avec la complicité et le soutien de ses amis occidentaux, étaient à jamais révolus.

Traduction 
Gérard Jeannesson

Source 
Oriental Review

[1] « Daily Press Briefing », State Department, 16 juin 2014.

[2] “Ukraine’s Land Agency give land to soldiers in the east for free”, Interfax Ukraine, 16 juin 2014.

[3] « Ukraine fires defense minister who lost Crimea to Russia », par Kathy Lally, The Washington Post, 25 mars 2014.

[4] « Le Livre blanc sur les violations des Droits de l’homme en Ukraine », Réseau Voltaire, 5 mai 2014.

[5] “Russia’s investigators pledge to prosecute those guilty in civilians’ deaths in Ukraine”, Itar-Tass, 30 mai 2014.

[6] « Kiev envoie des mercenaires étrangers pour écraser l’insurrection dans le Sud-Est », par Natalia Kovalenko, La Voix de la Russie, 6 juin 2014.


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Fonte: pagina Facebook "Con l'Ucraina antifascista"
29 giugno 2014:

Sono almeno 164mila gli sfollati in seguito alla crisi in Ucraina orientale, secondo quanto ha reso noto il 27 giugno a Ginevra l'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr).
Melissa Fleming, portavoce dell'Unhcr, si rivolge ai giornalisti: "Dall'inizio dell'anno circa 110.000 cittadini ucraini sono arrivati in Russia, e 750 hanno chiesto asilo in Polonia, Bielorussia, Repubblica Ceca e Romania”. Dei rifugiati in Russia, solo 9600 hanno chiesto asilo: "La maggior parte di queste persone sono alla ricerca di altre forme di soggiorno regolare, spesso ci viene detto a causa delle preoccupazioni circa complicazioni o rappresaglie in caso di ritorno in Ucraina". Gli arrivi degli ultimi giorni sono raggruppati principalmente a Rostov na Donu (12.900 persone, tra cui 5.000 bambini) e Bryansk (6.500 persone). A Rostov, le persone vengono alloggiate in edifici pubblici e in alcuni campi con tende. A Bryansk la maggior parte vivono presso parenti e amici. L'UNHCR ha visionato anche rapporti ancora non confermati di ulteriori recenti arrivi dall’est dell'Ucraina verso lo Crimea. "L'aumento nel numero di rifugiati della scorsa settimana coincide con un recente deterioramento della situazione nell’Ucraina orientale. Gli sfollati parlano del peggioramento della legalità e l'ordine, la paura di rapimenti, la violazione dei diritti umani e l'interruzione dei servizi statali".
Tutto l’articolo (in inglese): 

http://www.unhcr.org/53ad57099.html

Sharp rise in Ukrainian displacement, with more than 50,000 internally displaced


News Stories, 27 June 2014


GENEVA, June 27 (UNHCR)  The UN refugee agency said on Friday that forced displacement is rising in Ukraine with an estimated 54,400 people internally displaced 12,000 from Crimea and the rest from the Eastern region. Over the past week, the number of internally displaced increased by more than 16,400.
"Increases are also being seen in the numbers of Ukrainians in Russia and other countries, although so far only a relatively small number have applied for refugee status," UNHCR spokesperson Melissa Fleming told journalists in Geneva. "Since the start of the year around 110,000 Ukrainians have arrived in Russia, and 750 have requested asylum in Poland, Belarus, Czech Republic and Romania," she added.
Fleming said that of those in Russia only 9,600 have requested asylum. "Most people are seeking other forms of legal stay, often we are told because of concerns about complications or reprisals in case of return to Ukraine," she said.
Arrivals of the past few days are mainly clustered in Rostov-On-Don (12,900 people, including 5,000 children) and Bryansk (6,500 people). In Rostov, people are being accommodated in public buildings and some tented camps. In Bryansk the majority are staying with relatives and friends. UNHCR has also seen unconfirmed reports of other recent arrivals from the east of Ukraine to Crimea.
"The rise in numbers of the past week coincides with a recent deterioration of the situation in eastern Ukraine. Displaced people cite worsening law and order, fear of abductions, human rights violations and the disruption of state services," Fleming said.
UNHCR has increased its presence and deployed missions to monitor displacement from the east. "Currently we are unable to verify all information on displacement and are relying on local and central authorities, partners and civil society organizations. Insecurity in some areas of Ukraine is hampering access to many areas where displaced people are located," the UNHCR spokesperson noted.
In Ukraine, the main challenges currently faced by displaced people are access to social services, long-term shelter and employment, and difficulties transferring residence registration. Most people are provided with temporary shelter and assistance from local authorities, NGOs and with donations of private citizens.
UNHCR has begun to distribute humanitarian assistance to displaced people in the east, and has delivered assistance in support of efforts by the local authorities to the town of Sviatohorsk, where the largest concentration of internally displaced people is found. UNHCR is also launching a self-reliance programme for vulnerable internally displaced people in western and central Ukraine.

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Ma della situazione umanitaria, la giunta se ne infischia: L'Ucraina rifiuta gli aiuti umanitari della Russia

http://italian.ruvr.ru/news/2014_06_29/LUcraina-rifiuta-gli-aiuti-umanitari-della-Russia-6732/

Redazione Online - 29 giugno 2014

L'Ucraina rifiuta gli aiuti umanitari della Russia

Kiev non può accettare gli aiuti umanitari da parte della Federazione Russa per le regioni orientali. Si afferma in una nota del ministero degli Esteri dell'Ucraina inviata alla Russia.

Nella giornata di ieri il ministero degli Esteri ucraino aveva ricevuto una nota ufficiale dal dicastero della diplomazia russa con la proposta di Mosca per inviare aiuti umanitari nelle regioni di Donetsk e Lugansk e possibilmente in altre regioni dove si trovano i rifugiati. A Mosca si sperava che gli aiuti avessero potuto agevolare la situazione della popolazione e dei profughi, e contribuire alla riduzione del numero di quest'ultimi in futuro.
 
=== 2: ACCORDO ASSOCIAZIONE ===

LINKS:

A tempo di record l'Accordo di Associazione UE-Ucraina [parte politica]
Gli ucraini non ricevono niente di quanto avevano sperato (Evghenij Tsarkov)

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Fine del cessate il fuoco: nella notte 4 morti

Ucraina, Kiev sigla l'accordo con l'Unione Europea. Mosca: serie conseguenze

Il presidente Petro Poroshenko: "E' un giorno storico per il mio Paese, il più importante dall'indipendenza". Mosca: "Serie conseguenze" se l'accordo avrà affetti negativi sull'economia. Da Van Rompuy e Barroso rassicurazioni al Cremlino: "Questo accordo non è contro nessuno". Firmano anche Georgia e Moldova

Bruxelles 27 giugno 2014
La firma c'è. A margine del vertice dei 28 l'Unione Europea ha siglato gli accordi di associazione con l'Ucraina, la Georgia e la Moldova. Durante il vertice, in corso a Bruxelles, i capi di Stato e di governo dovrebbero valutare l'ipotesi di intensificare le sanzioni alla Russia in relazione alla situazione in Ucraina.

Kiev firma la parte economica del trattato
In particolare con Kiev è stato messo nero su bianco il lato economico del trattato, dopo che il lato politico era stato siglato a marzo. "E' un giorno storico per il mio Paese - ha dichiarato il presidente Petro Poroshenko - il più importante dall'indipendenza". A novembre il rinvio della firma degli accordi aveva aperto la crisi politica ucraina con la rivolta di Maidan che ha portato alla destituzione del presidente filorusso Yanukovich.

Van Rompuy e Barroso: giornata storica, rassicurazioni a Mosca
"E' un grande giorno per l'Europa - ha commentato il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, parlando davanti ai leader delle tre ex repubbliche sovietiche a Bruxelles - l'Unione sta al vostro fianco, oggi più che mai". Parole alle quali va Rompuy ha fatto seguire una rassicurazione a Mosca, che non ha mai celato la sua contrarietà a questi accordi: "Niente, nell'accordo - ha detto - è suscettibile di colpire la Russia. Parole, quelle di Van Rompuy, cui ha fatto eco il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso, secondo il quale l'accordo "è positivo e non è contro nessuno".

Il monito di Mosca: ci saranno serie conseguenze
L'Accordo di Libero Scambio e di Cooperazione Politica, come è noto, trova la ferma opposizione di Mosca che per bocca del portavoce di Putin avverte che "verranno presi i provvedimenti del caso" qualora l'accordo avesse effetti negativi sull'economia russa. E ancora: il viceministro degli Esteri Grigory Karasin fa sapere che ci saranno "serie conseguenze". Karasin ha riconosciuto peraltro come la sottoscrizione dell'accordo rientri in un "diritto sovrano spettante a ogni Stato" e ha evocato la necessita' di evitare "incomprensioni e sospetti in futuro".
  
Ucraina: scaduta la tregua, 4 morti
E' ufficialmente terminata alle 10 del mattino di Kiev (le 9 in Italia) la tregua annunciata venerdì scorso dal presidente ucraino Petro Poroshenko e confermata lunedì da uno dei leader separatisti. La fine del cessate il fuoco, che non aveva spento del tutto i combattimenti, ha subito portato nuove vittime. E' quello che sostiene Dmitro Timchuk, direttore di Resistenza Ucraina: sarebbero morti quattro soldati ucraini in uno scontro in un posto di blocco vicino a Kramatorsk, nell'Ucraina orientale. I militari di Kiev - sostiene - hanno distrutto un carro armato dei miliziani mentre i separatisti hanno fatto saltare in aria quattro blindati governativi.

Ieri bilaterale Poroshenko-Renzi
Nel bilaterale di ieri sera Poroshenko ha discusso con Matteo Renzi  "i prossimi passi del piano di pace del presidente ucraino" per l'Ucraina dell'est "ed espresso la speranza di una rapida fine delle violenze e del ritorno della situazione alla stabilità, così come previsto dal piano".

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www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 01-07-14 - n. 505

Cosa significa l'associazione economica con l'UE?

Victor Shapinov | borotba.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/06/2014

Poroshenko ha firmato la parte economica dell'Accordo d'Associazione con l'Unione Europea. Cercherò molto brevemente di descrivere le implicazioni che esso ha per l'economia ucraina.

L'integrazione economica con l'UE è probabile che si verifichi in condizioni di crescente crisi economica mondiale, mentre i paesi ricchi e potenti della UE cercano di salvare le loro economie a scapito della "periferia interna" composta da paesi come Grecia, Portogallo e Spagna.

L'Unione Europea ha realizzato un sistema di "salari da crisi" diseguali tra i principali paesi dell'UE e la "periferia" intra-Europea - Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Europa dell'Est. E' chiaro che in questa gerarchia, l'Ucraina avrà un posto "al di sotto del piano più basso", cioè, nella "periferia esterna" dell'UE.

Premesso ciò, "l'integrazione economica europea" porterà:

La caduta della produzione o la completa distruzione della produzione non solo del settore minerario (soprattutto minerale) e probabilmente dell'industria siderurgica. La produzione ucraina di velivoli, automobili e industrie chimiche non può competere con i produttori europei, che ricevono maggiore credito e sostegno governativo. Inoltre, i produttori ucraini saranno costretti a comprare petrolio, gas ed elettricità a prezzi europei, cosa che ridurrà ulteriormente la competitività delle imprese ucraine e porterà alla loro chiusura.

L'agricoltura ucraina, che è impiega alti livelli di tecnologia e richiede un alto grado di trasformazione, non può sostenere la concorrenza con i produttori europei, la cui competitività è supportata da enormi sussidi, senza regolamentazione tariffaria e meccanismi flessibili.

L'introduzione degli standard europei di produzione (che mirano alla tutela protezionistica dei produttori UE) porterà alla chiusura delle imprese che non sono in grado di rispettare queste norme. In particolare, questo vale per il settore altamente redditizio dell'energia n

(Message over 64 KB, truncated)


Fonte: Agenzia Prensa Latina

Indipendenza di Puerto Rico, nuova richiesta nell’ONU agli Stati Uniti

23.6 - Il Comitato Speciale di Decolonizzazione dell'ONU analizza oggi una risoluzione che ratifica il diritto di Puerto Rico all'autodeterminazione e all'indipendenza, e sollecita gli Stati Uniti a facilitare la concretizzazione di queste prerogative. Presentato da Cuba, con il sostegno di Venezuela, Nicaragua, Ecuador e Bolivia, il testo evidenzia inoltre il carattere latinoamericano e caraibico dell'isola, e nella richiesta di libertà del prigioniero politico portoricano Óscar López Rivera, che il mese scorso ha compiuto 33 anni di carcere negli Stati Uniti.

Gli indipendentisti portoricani sottolineano il sostegno nell’ONU alla loro causa

24.6 – Gli indipendentisti di Puerto Rico hanno sottolineato oggi il sostegno nelle Nazioni Unite alla loro causa, dopo l'adozione ieri di una nuova risoluzione che riconosce il diritto dell'isola all'autodeterminazione e all'indipendenza. “Sentiamo che continuiamo ad avanzare, perché vediamo che si raccolgono con forza temi chiave per il popolo portoricano”, ha dichiarato a Prensa Latina la segretaria esecutiva del Comitato di Puerto Rico alle Nazioni Unite, Olga Sanabria, del Movimento Indipendentista Nazionale Hostosiano (MINH).

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Fonte: AmiCuba - Bollettino dell'Ass. Naz. di Amicizia Italia-Cuba (www.italia-cuba.it - amicuba@...) - n.75 (anno V), 30/6/2014

Risoluzione dell’ONU: Puerto Rico ha diritto all’autodeterminazione

da Cubadebate

Il Comitato di Decolonizzazione delle Nazioni Unite ha adottato oggi una nuova risoluzione che ratifica il diritto di Puerto Rico alla libera autodeterminazione e indipendenza. Si tratta del trentatreesimo documento approvato in quell’istanza per il caso di Puerto Rico, nazione sottoposta a cinque secoli di colonialismo, gli ultimi 116 anni sotto il dominio degli Stati Uniti. 
L’iniziativa presentata da Cuba, con l’appoggio di Venezuela, Nicaragua, Ecuador e Bolivia, chiede a Washington di assumere la sua responsabilità e permettere che il paese portoricano eserciti quelle prerogative, in sintonia col proclama lanciato nel 1960 dall’Assemblea Generale dell’ONU di mettere fine al colonialismo nel pianeta. Inoltre, ratifica il carattere latinoamericano e caraibico di Puerto Rico, questione che la co-presidente del Movimento Indipendentista Nazionale Hostosiano (MINH), Wilma Reverón Collazo, ha detto che neutralizza il discorso nordamericano di qualificare il tema come un tema interno. Il testo riflette anche il rispetto del rifiuto della maggioranza dei portoricani del loro attuale status di subordinazione politica, che impedisce di prendere decisioni sovrane per soddisfare le loro necessità e sfide, compresi i gravi problemi economici e sociali dell’isola. La risoluzione approvata dal Comitato raccoglie il dibattito esistente tra le diverse forze politiche e sociali portoricane per la ricerca di un procedimento che permetta loro di iniziare il processo di decolonizzazione. Un altro punto forte è la dichiarazione adottata lo scorso gennaio dalla Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac), che nel suo secondo vertice, tenutosi a La Habana, ha difeso il carattere regionale di Puerto Rico e ha insistito che il suo caso è di interesse per il blocco di 33 paesi. Nella sessione del Comitato di Decolonizzazione delle Nazioni Unite sono intervenuti Cuba, Bolivia, Nicaragua, Ecuador, Venezuela e Siria per esprimere il loro appoggio alla causa dell’autodeterminazione e dell’indipendenza portoricani. L’ambasciatore alterno cubano presso le Nazioni Unite, Oscar León, ha ringraziato per l’appoggio all’iniziativa. “Stiamo compiaciuti, inoltre, perché la risoluzione è stata adottata un’altra volta per consenso con l’appoggio di tutti i membri del Comitato”, ha affermato. Secondo il diplomatico, gli interventi realizzati durante il forum per stati e blocchi come la Celac ed il Movimento di Paese Non Allineati costituiscono prova certa dell’appoggio alla causa del popolo portoricano.




(srpskohrvatski / english / italiano)

I Balcani al centro della guerra per i gasdotti

1) Emir Kusturica: la Russia deve proteggere i russi che vivono in Ucraina
2) Црногорска русофобија се није исплатила – изостао је позив у НАТО
3) Arrivano i russi, gli Usa diffidano Lubiana. Washington chiede di annullare l’incontro con Lavrov temendo un accordo su South Stream
4) Russia’s Gazprom signs Agreement to Abandon the Dollar (U. Pascali, Global Research, June 07, 2014)


Vedi anche:

Una nave della Marina Militare Italiana, la Elettra, andrà nel Mar Nero, il 15 giugno


=== 1 ===

Emir Kusturica : la Russia deve proteggere i russi che vivono in Ucraina

"Purtroppo , l'Ucraina è ora sulla stessa strada che una volta era la Jugoslavia "

a cura di Enrico Vigna

Il celebre regista Emir Kusturica, ritiene che la Russia deve tutelare i russi che vivono in Ucraina, e anche per salvare il paese dal disastro. Questo ha dichiarato il regista all’ITAR - TASS.
"…Purtroppo, l'Ucraina è ora sulla stessa strada che una volta era la Jugoslavia. E mi dispiace che sia così. Ora c'è in corso una catastrofe. Credo che la Russia deve proteggere i russi che vivono in Ucraina… E anche per contribuire alla causa dell'integrazione eurasiatica dell’Ucraina
", ha detto Kusturica .
Secondo il regista, che era Samara in tour con la band rock “The No Smoking Orchestra”, il suo gruppo prevede di fare presto un tour nazionale a sostegno del popolo ucraino e della popolazione di lingua russa e degli altri fratelli….E uno dei brani del suo concerto sarà dedicato alla difesa della vita dei russi in Ucraina.
“…Chiamare Putin fascista, causa il suo ruolo in Ucraina e nello stesso tempo essere gli artefici delle guerre in Iraq, Kosovo Methoija, Afghanistan, Libia, Ossezia, è una cosa oscena...” ha detto Kusturica in un articolo sul giornale “Politika” di Belgrado. Egli ha osservato che le azioni di Putin sono solo atte a salvaguardare il suo popolo dalla paura delle bande di "Bandera ", eredi dei fascisti di Ucraina, gli autori della cosiddetta “rivoluzione ucraina". Kusturica ha ricordato che gli americani non hanno liberato l'Europa dal fascismo e che oltre 20 milioni di russi sono stati uccisi nella lotta contro Hitler. "Non importa che chi accusi abbia perso 20 milioni di persone nella lotta contro Hitler. Basta chiamare l'erede di quella tradizione Hitler e poi assolvere gli attuali fascisti dalle loro colpe. La verità non è importante in sè, ma quello che stiamo facendo e se siamo d'accordo con essa; come reagiremo se presto un problema sopraggiunge, diciamo per esempio, una scimmia è diventata uomo... Il modo in cui le cose sono ora, non è impossibile che succeda… ", ha detto Kusturica.


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http://serbian.ruvr.ru/2014_06_26/Crnogorska-rusofobija-se-nije-isplatila-izostao-je-poziv-u-NATO-0936/

26.6.2014.

Црногорска русофобија се није исплатила – изостао је позив у НАТО
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Најновија изјава челника НАТО алијансе, о томе да Црна Гора ипак неће добити очекивани позив за учлањење у тај војни савез, показује да чак ни отворени русофобски потези неке балканске земље не утиру пут до статуса савезника Брисела и Вашингтона.

Наиме, ако послушно увођење санкција Русији није убрзало пут Црне Горе у евроатлантским интеграцијама, како се томе надало руководство у Подгорици, онда је утолико јасније да ни евентуално српско приклањање западним санкцијама Русији, не би ни за јоту приближило Београд хладном срцу европских бирократа. Подсетимо, у жељи да пречицом из „задимљене балканске крчме“ уђе у „фенси европски кафић“, влада Црне Горе је беспоговорно следила одлуке Савета Европе о увођењу санкција свом традиционалном словенском покровитељу Русији, па је тако између осталог забранила улазак на своју територију низу високих руских функционера.
Та одлука да намерно погорша односе са Русијом је била поготово бизарна због чињенице да су руски туристи у Црној Гори - најбројнији, а руске инвестиције у црногорску привреду - највеће, јер чине чак једну четвртину свих директних страних улагања. Иначе, предеседник Црне Горе Филип Вујановић је био искрен када је још недавно без устезања признао да су увели санкције Русији због, како је рекао, „убрзавања процеса приступања Европској унији“, те „због очекивања да у септембру добију позив за НАТО савез“. Такође, и црногорски премијер Мило Ђукановић је санкције Русији образложио речима да је важно да Црна Гора „докаже НАТО-у да је способна да заузме своје место у тој организацији“.
Међутим, колико је било наивно такво њихово очекивање, потврдиле су затим најновије речи генералног секретара НАТО Андерса фог Расмусена, који је саопштио да од таквих надања барем засад нема ништа, те да Црна Гора ни ове године неће бити позвана да уђе у НАТО, чиме је показао да чак ни русофобија за балканске земље није баш увек чек који се може добро уновчити на Западу. У сваком случају, ако подгоричко руководство ни након одлучног увођења санкција историјском руском пријатељу и савезнику на невидљиви миг Запада, и свесног кварења економских и политичких односа са Руском Федерацијом – није за награду добила тај метафорички комад папира на коме је китњастим словима требало да буде исписана формална позивница за нешто што се назива евроатлантским интеграцијама, онда није потребна велика машта и моћ имагинације, да би се претпоставило да ни Србија не би добила баш никакве „бенефите“, како се то каже на европском новоговору, ако би на сличан начин подлегла притисцима и придружила се бесмисленим санкцијама упереним против Москве.
И зато, сва она мишљења која повремено провејавају у српској јавности, а која се своде на тумачење да би и званични Београд на свом кривудавом путовању фијакером до Брисела требало да усклади своје потезе са такозваном „заједничком европском политиком“, губе из вида чињеницу да се истом том логиком илузорно водило и црногорско руководство, дословно тврдећи - „да Црна Гора није увела санкције Русији, не би добила позив за НАТО“. Јер како се сада видело - санкције су увели, али позив је ипак био само нечије узалудно радовање.
опширније: http://serbian.ruvr.ru/2014_06_26/Crnogorska-rusofobija-se-nije-isplatila-izostao-je-poziv-u-NATO-0936/


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http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/06/24/news/arrivano-i-russi-gli-usa-diffidano-lubiana-1.9482627

Arrivano i russi, gli Usa diffidano Lubiana

“Guerra” energetica: Washington chiede di annullare l’incontro di Maribor con il ministro degli Esteri Lavrov. Teme un accordo su South Stream

di Mauro Manzin
24 giugno 2014

TRIESTE. Si scrive Ucraina, ma si legge South Stream. Risultato? Un intricato nodo diplomatico, politico ed economico dove è rimasta impigliata anche la Slovenia, Paese membro dell’Unione europea, ma storicamente e soprattutto economicamente collegata alla “Grande madre Russia”. Non sorprende quindi, che nella situazione odierna, la visita a Maribor il prossimo 8 luglio del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov diventa oggetto di un avera e propria battaglia scatenata dagli Stati Uniti i quali vedono come fumo negli occhi la realizzazione da parte di Gazprom del gasdotto South Stream che libererebbe l’Europa occidentale dal giogo di dover veder transitare, con i rischi che esso comporta, il gas attraverso il territorio ucraino.

Ma quello che ancor di più fa riflettere è il fatto che ad essere in prima linea in queste ore dovrebbe essere l’Unione europea che sta boicottando il progetto russo perché non conforme alle normative energetiche comunitarie al punto di minacciare apertamente la Bulgaria di sanzioni se farà passare la traccia del gasdotto sul suo territorio e ottenendo da Sofia il congelamento del progetto. Eppure sul fronte sloveno l’Europa non c’è. A fare la fine del mondo sono gli Stati Uniti che si oppongono apertamente all’arrivo di Lavrov perché temono che assieme al collega sloveno Karl Erjavec riescano a sbloccare l’empasse della possibile traccia slovena di South Stream. Visto poi che ieri a Vienna è arrivato lo zar Putin con sempre South Stream nel suo trolley diplomatico.

L’ambasciata Usa a Lubiana ha ammonito la Slovenia quasi intimandole di annullare l’incontro di Maribor perché sarebbe, dicono gli statunitensi, assolutamente in contraddizione con la linea unitaria dell’Ue nei confronti della crisi ucraina. Affermazioni che tramite ambasciata giungono dalla Casa Bianca ma che, a rigor di logica, avrebbero dovuto, se formulate in questa maniera, piuttosto da Bruxelles, che invece tace. Il vice ambasciatore Usa a Lubiana, David Burger ha confermato l’ostilità americana dell’arrivo di Lavrov al quotidiano Dnevnik. «Non riteniamo che questo sia il momento più opportuno per questa visita - afferma Burger - del resto la Slovenia in linea con l’Ue è per un’Ucraina indipendente e territorialmente unitaria ed è anche favorevole alle sanzioni contro Mosca». Parole però che non rispechiano quanto sostenuto dal ministro degli Esteri della Slovenia, Karl Erjavec il quale da tempo va predicando che le sanzioni alla Russia costituirebbero un pesantissimo danno all’economia della Slovenia che è per una soluzione politica della crisi ucraina.

Lubiana vuole South Stream, la Russia potrebbe anche concederglielo pur di “schiaffeggiare” Washington mentre Bruxelles boccheggia. Con Vienna l’accordo Mosca lo ha già sottoscritto e una manciata di rubli in più per transitare attraverso la Slovenia val bene il controllo dell’approvvigionamento di gas verso l’Europa.


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in lingua italiana:
Il Grande progetto geopolitico: Gazprom firma l’accordo per abbandonare il dollaro
Umberto Pascali, Global Research, 7 giugno 2014
http://aurorasito.wordpress.com/2014/06/08/il-grande-progetto-geopolitico-gazprom-firma-laccordo-per-abbandonare-il-dollaro/

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http://www.globalresearch.ca/grand-geopolitical-project-russias-gazprom-signs-agreement-to-abandon-the-dollar/5386045

Grand Geopolitical Project: Russia’s Gazprom signs Agreement to Abandon the Dollar


Global Research, June 07, 2014

It’s only the tip of the iceberg. A grand geopolitical project is beginning to materialize…”

 On June 6 2014, the official Russian news agency Itar Tass announced what many were expecting since at least the beginning of the Ukrainian crisis: Russian main energy company, Gazprom Neft has finally “signed agreements with its consumers” to switch from Dollars to Euros (as transition to the ruble) “for payments under contracts”.

The announcement that the agreement has been actually signed and not just discussed was made by Gazprom’s Chief Executive Officer, Alexander Dyukov.

Despite the pressures from Wall Street and its military, propaganda and political apparatus, 9 out of 10 consumers of Gazprom’s oil and gas agreed to pay in Euros. Of course, the big watershed was the Gazprom unprecedented 30-years $400Bl natural gas supply to China signed in Shanghai last May 21 in the presence of President Putin and President Xi Jinping in the middle of the Anglo-american sponsored violent destabilization of Ukraine. In fact it is improper to talk a dollar denominated $400Bl, because this “biggest deal” will not be using dollars but the Renminbi (or Yuan) and the Russian Ruble. It links China and Russia economically and strategically for three decades, de facto (and maybe later also de jure) creating an unshakable symbiotic alliance that necessarily will involve the military aspect.

The Russia-China agreement is a clear defeat of the obsessive geopolitical attempts by Wall Street to keep the two country in a situation of competition or, ideally, war-like confrontation. It changes the structure of alliances. It strikes at the historical foundations of British colonial geopolitics (Divide and Rule). Under escalating pressures and threats to their national security, Russia and China overcame brilliantly historical, ideological, cultural differences which had previously been been by the colonial powers (and their financial heirs in Wall Street and the London’s city) for their “Divide & Conquer” strategy.

Furthermore, to the horror of London and Washington, China and Russia concluded an agreement with India (the BRICS!) breaking the other holy tenet of British colonial geopolitics: The secret to controlling Asia, and thus Eurasia has always been to instigate a perennial rivalry between India, China, and Russia. This was the formula for the 19th century “Great Game”. This was why Obama was selected to succeed George W Bush. The then vice Presidential candidate Joseph Biden announced it very openly on Aug 27 2008 at the Democratic Convention in Denver, explaining why the Obama-Biden duo had been chosen to take over the White House. The greatest mistake of the Bush administration and the Republicans, he said, was not their atrocious unchained warmongering, but their failure

“to face the biggest forces shaping this century. The emergence of Russia, China and India’s great powers”. Zbigniew Brzezinski’s protégé Barack Obama was to defeat this “threat”. Obviously they failed! But this explains the dogged, irrational, King Canute-style self-destructive arrogance that has taken over the present Administration.

The significance of these developments should be emphasized in relation to both the real economy and  the underlying financial structures. These developments in Eurasia are likely to have weaken on “the chains that have tied the European Union to Wall Street and the City of London”.  The end of the dollar payment system (Aka Petro-dollar) does not concern the currency of the United States or the United States as such. In fact overcoming this system could mean  the restoration of a rational and prosperous economy in the United States itself. What is known as “dollar system” has been just an instrument of feudal financial centers to loot the economy of the world. These centers are ready to do anything to save their right to loot. It is well known that whoever tried, until now, to create an alternative to the dollar system, met a ferocious reaction.

It is fitting to remember in this moment of great hope, the words of one of the very few great living strategists, Gen. Leonid Ivashov. On June 15 2011, reflecting on the savage destruction of Libya, the general who is an unofficial spokesman of the Russian armed forces and has been Russia’s representative in NATO, wrote

BRICS and the Mission of Reconfiguring the World.”

Whoever challenges the dollar hegemony, explained Ivashov, becomes a target. 

He gave precise examples: Iraq, Libya, Iran:

the countries which defied dollar dominance invariably came under heavy pressure and in a number of cases – under devastating attacks.” But the “the financial empires built by Rothschilds and Rockefellers are powerless against the five largest civilizations represented by the BRICS.”

Thus, Ivashov advocated a coordinated strategy by countries representing half of the world population to win their independence using their own currency.

“The shift to national currencies in the financial transactions between the BRICS countries should guarantee an unprecedented level of their independence…”

Since the collapse of the USSR, the countries which defied dollar dominance invariably came under heavy pressure and in a number of cases – under devastating attacks. Saddam Hussein –who banned dollar circulation in all spheres of Iraq’s economy including oil trade– was displaced and executed and his country was left in ruins. M. Gaddafi started switching Libya’s oil and gas business to gold-backed Arab currencies and air raids against the country followed almost immediately… Tehran had to put its plan to stay dollar-free on hold to avoid falling victim to aggression.

Still, even enjoying unlimited US support, the financial empires built by the Rothschilds and Rockefellers are powerless against the five largest civilizations represented by countries accounting for nearly half of the world’s population. BRICS is clearly immune to forceful pressure, its member countries do not appear vulnerable to color revolutions, and the strategy of provoking and exporting financial crises may easily backfire.

In contrast to the US and the EU, BRICS countries altogether own natural resources sufficient not only to keep their economies afloat in the settings of contracting availability of hydrocarbon fuels, food, potable water, and electric power but also to sustain vigorous economic growth. The shift to national currencies in the financial transactions between the BRICS countries should guarantee an unprecedented level of their independence from the US and from the West in general, but even that is only the tip of the iceberg. A grand geopolitical project is beginning to materialize

Now it’s the moment for Europe to decide the big step. The Ukrainian crisis is in reality a Battle for Europe.

The elites of Continental Europe — The Germany of Alfred Herrausen, the France of Charles De Gaulle, the Italy of Enrico Mattei and Aldo Moro, the Europe that tried to road of sovereignty and independence … have been until now terrorized and threatened exactly in the terms explained by Gen Ivashov. Now the Battle for Europe is raging. We will look in a coming article at the great European forces, the silent partners, still traumatized and scared, who are looking with trepidation and painful memories of the past defeats at the firm stand of Russia.




(srpskohrvatski / deutsch)

Nato-Bombenkrieg in Jugoslawien

1) 2014, Das Sterben geht weiter (Eva Herman, Voice of Russia, 13 Juni 2014
Si continua a morire per le conseguenze dei bombardamenti NATO

2) ЗАПАД ДУГУЈЕ ИЗВИЊЕЊЕ СРБИЈИ (Живадин Јовановић, 17 април 2014)
Z. Jovanovic, ex Ministro degli Esteri: L'Occidente deve delle scuse alla Serbia 

3) Срамота српског режима и Србије: Амерички маринци у шетњи по Нишу (Magacin, 1. јул 2014.)
Vergognoso a Nis: Marines USA a spasso per il centro commerciale nel giorno di S. Vito


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http://german.ruvr.ru/2014_06_13/Nato-Bombenkrieg-in-Jugoslawien-Das-Sterben-geht-weiter-7789/

Eva Herman
13 Juni 2014

Nato-Bombenkrieg in Jugoslawien: Das Sterben geht weiter

Er war ein Albtraum, dieser Nato-Bombenkrieg zwischen dem 24. März und 10. Juni 1999, dessen Deckname "Operation Allied Force“, also "Unternehmen Bündnisstreitmacht“ lautete, obwohl dieser Krieg außerhalb eines Bündnisfalls lag. Dass für diesen militärisch hochbrisanten Einsatz kein ausdrückliches UN-Mandat existierte, störte damals nur Wenige. Anführer der Militäroperation waren die Vereinigten Staaten von Amerika, ihre Luftstreitkräfte setzten mit zeitweise über 1.000 Kampfflugzeugen einen größeren Prozentsatz ein als während des gesamten Vietnam-Krieges. Hunderttausende Menschen waren auf der Flucht, fast tausend jugoslawische Dörfer und Städte wurden zerstört.
Ich erinnere mich an die Aufregung damals in der Tagesschau-Redaktion: Sonderschichten wurden eingelegt, Journalisten und Sprecher mussten rund um die Uhr Dienst schieben, alle waren aufgeregt. Man wollte Jugoslawien „retten“. Ach, ja? In Deutschland wurden zahlreiche öffentliche Veranstaltungen abgesagt, aus „Solidarität“ mit unseren jugoslawischen Freunden. Prominente gaben vor laufender Kamera ihre Betroffenheit kund, wollten nicht mehr feiern, nicht mehr in Urlaub fahren. In den Talkshows gab es nur ein Thema: Ergriffenheit und Rührung. In den Nachrichten meldeten wir, der Einsatz sei ein „sauberer Krieg“, die Waffen arbeiteten „präzise“, die Nato bombardiere ausschließlich Militärstützpunkte, und nicht zivile Standorte.
Die Wahrheit sah anders aus, die Bomben zerstörten Wohnhäuser, Schulen, Kindergärten. Auch Krankenhäuser wurden getroffen. Tausende Menschen starben, Hunderttausende wurden verletzt. Viele sind bis heute traumatisiert. Die Brüsseler Propaganda-Zentrale der Nato sprach damals von „Kollateralschäden“. Niemand teilte der Öffentlichkeit mit, dass diese Schäden bis heute anhalten, auch damals wurde nicht offiziell darüber berichtet.
Ein deutscher Journalist, in Sarajewo geboren, führte kürzlich ein Interview mit einem der führenden Chirurgen des Instituts für Onkologie in Belgrad, Prof. Dr. Radan Džodić. Der Mediziner operiert und behandelt Krebspatienten, deren Zahl seit Jahren besorgniserregend ansteigt. Er gibt Auskunft: „In den letzten zehn Jahren hat sich in Serbien die Zahl der Erkrankungen von Schilddrüsenkrebs um 300 Prozent erhöht. Das liegt daran, dass die Nato unsere Region als Abladeplatz für Atommüll genutzt hatte. Wir wissen immer noch nicht, wie viele Bomben mit abgereichertem Uran über unserem Land abgeworfen wurden.“ Die Regierung veröffentliche keine ernsthaften Studien zu den Auswirkungen dieser Bomben, so Džodić: „Wir sind nur Ärzte, und unsere Aufgabe ist es, die Menschen zu behandeln. Ich arbeite hier seit über 40 Jahren als Chirurg in der Onkologie, und als Arzt kann ich nur sagen: Der Krebs wird immer aggressiver, er greift jetzt auch jüngere Menschen an und macht sie lebensunfähig.“ Kleine Kinder und Jugendliche werden auf seiner Station behandelt, viele sind dem Tode geweiht. Wer berichtet? Wer ist betroffen?
Wie es heißt, sollen beim Nato-Luftkrieg über Jugoslawien tatsächlich massenhaft DU-Geschosse (depleted uranium) abgefeuert worden sein, Waffen mit abgereichertem Uran, panzerbrechende Munition mit hoher Durchschlagskraft. Es handelt sich um Atommüll, dessen Endlagerung immer teurer wird. Es sei schwierig, ein Land zu finden, wo die hochgiftigen Stoffe ohne Öffentlichkeit „endgelagert“ werden können, heißt es. Wissenschaftler warnten schon 1970, als die USA damals damit begannen, diesen Atommüll bei der Herstellung von Munition zu verwenden: Dieses Uran ist nämlich nicht nur radioaktiv, sondern auch chemisch giftig. Die Halbwertzeit von Uran beträgt über vier Milliarden Jahre.
Die bosnisch-serbischen Länder sind heute vergiftet, die Gewässer verseucht. Niemand spricht darüber. Das Uran arbeitete sich durch die Erde und gelangte ins Grundwasser, wird der Toxikologe Radovan Kovacevic zitiert. „Unsere Tierärzte aus Vranje haben bereits ein hohes Wachstum von Leukämie bei Ziegen, Schafen und Kühen festgestellt.“ Er berichtet, dass an manchen Stellen die Uran-Geschosse in die dörflichen Brunnen gefallen sein. „Wir untersuchten die Bauern, die versucht hatten, die Brunnen zu säubern. Bei ihnen haben wir 3.759 Nanogramm Uran-238 pro Liter Urin gefunden. Zum Vergleich: bei den Friedenssoldaten im Kosovo und deren Krebspatienten wurden in einem Liter Urin 231 Nanogramm, und im Urin eines US-Soldaten nach dem Krieg im Irak 150 Nanogramm gefunden.“ Natürlich seien die Bauern kurze Zeit später gestorben. 
In Serbien wird heute täglich bei mindestens einem Kind Krebs diagnostiziert. „Die Nato hat uns nicht nur während der Bombenangriffe getötet. Die Nato tötet unsere Nation seit fünfzehn Jahren ununterbrochen, und die Zahl der Opfer wächst,“ so der Toxiloge Kovacevic.
Es ist heute schwer nachprüfbar, ob folgender Satz stimmt, doch so wird es behauptet. Ein amerikanischer Nato-General soll einmal gesagt haben: „Ein Jahrzehnt Kriege wie im Irak, und wir sind den gesamten Atommüll losgeworden!"
Das nächste Kapitel steht jetzt an: Die Ukraine. Die Anzeichen sind genau dieselben wie einst in Jugoslawien. Oder im Irak, in Libyen… Hier sah die Weltöffentlichkeit ebenso voller Hoffnung auf die „Retter“: die Nato. Wir sollten Jugoslawiens grausame Kriegs-Geschichte nicht vergessen, denn sie ist noch längst nicht zu Ende. Auch wenn die Fußball-WM in Brasilien derzeit unsere ganze Aufmerksamkeit in Anspruch nimmt.
Weiterlesen: http://german.ruvr.ru/2014_06_13/Nato-Bombenkrieg-in-Jugoslawien-Das-Sterben-geht-weiter-7789/

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ЗАПАД ДУГУЈЕ ИЗВИЊЕЊЕ СРБИЈИ

четвртак, 17 април 2014

Аутор: Живадин Јовановић

Бивши немачки канцелар Герхард Шредер, нешто пре недавне посете Београду, изјави да су чланице НАТО-а, дакле, и Немачка, нападом на СР Југославију 1999., прекршиле међународне законе. У време напада, односно, агресије, Шредер је био Савезни канцелар Немачке. Шредер је први председник владе једне земље чланице НАТО и ЕУ, из времена агресије НАТО, који је јавно признао да су нападачи прекршили међународне законе. Дакле, Шредер, влада чији је шеф био и његова земља су, дакле, свесно, умишљајно, учествовале у кршењу међународних закона. По дефиницији међународних закона то је била оружана агресија која је злочин против мира и човечности. По међународним, али и по националним законима, ко супротно законима другом нанесе штету, има обавезу да исту надокнади. То је законска, али и морална и цивилиѕацијска обавеза. А штета нанета СР Југославији – Србији и Црној Гори - је огромна. Само директна материјална штета процењена је одмах након агресије на 100 милијарди америчких долара. Без процене штете за близу 4.000 убијених и око 10.000 рањених људи. Без процене штете по здравље људи и природну околину од употребе пројектила са осиромашеним уранијумом, касетних и графитних бомби. О патњама читаве нације и моралној штети да не говоримо.

НАТО је, како преносе медији, на свом сајту управо објавио саопштење у којем се, поред осталог, наводи да је напад на СР Југославију пре 15 година извршен без овлашћења Савета безбедности. А зна се, према Повељи УН једино тело које може дати одобрење за било какву војну акцију против неке друге земље јесте управо Савет безбедности. Дакле, сам по себи, став да је напад извршен без одобрења Савета безбедности, намеће закључак да је НАТО свесно, умишљајно, прекршио Повељу УН која је темељ читавог међународног правног поретка успостављеног после Другог светског рата. Агресијом НАТО против СРЈ пре равно 15 година, Алијанса је озбиљно поткопала, угрозила светски правни поредак. НАТО, додуше, наводи у саопштењу, да се одлучио на напад да би осигурао безбедно окружење, спречио масовно кршење људских права и протеривање становника. Колико је то био мотив, а колико маска за стално стационирање америчких војника (Боднстил) као ослонца стратегије експанзије на Исток, поодавно, углавном, није спорно, не само за аналчитичаре и слободно мислеће људе, већ ни за јавност у Европи и у свету. Какво је то безбедно окружење у коме је током мандата КФОР-а (читај: НАТО) на Косову и Метохији уништено 150 српских средњевековних манастира и цркава, разорано десетине, ако не стотине, српских гробаља, протерано око 250.000 Срба и других неалбанаца којима се ни после 15 година од протеривања не дозвољава слободан и безбедан повратак на њихова огњишта? Шта значи слобода за и „безбедно окружење“ за жртве погрома Срба 2004. године, за киднаповане, убијене и нестале, посебно за жртве трговине људским органима? О томе и много чему другом нема речи у ни у једном саопштењу НАТО.

Неко може рећи, да је саопштење НАТО усмерено да изравна рачуне са Русијом око Украјине. Да, управо, то је то циљ. Само, нико није у обавези да прихвати полуистине, искривљавање, арбитрарно тумачење ставова Савета безбедности, двоструке стандарде, селективно баратање чињеницама. Зашто међу аргументима званичника НАТО никада нема цитата и извештаја са Косова и Метохије немачког генерала Локваја, кључног војног аналитичара КВМ, или Дитмара Хартвига, шефа Мисије Европске уније у Покрајини (ЕЦММ) до почетка агресије? Зашто нико не помиње да се резолуцијама Савета безбедности усвојеним пре почетка агресије од свих чланица светске организације, дакле и од чланица НАТО, тгражило да прекину финансирање, наоружавање и обучавање терористичких формација на (са) Косову и Метохији? О чему су говорили такви позиви (налози) – о чистим рукама и принципијелности служби чланица НАТО, о посвећености борби против тероризма и поштовању људских права?! 
Шредер је током посете Београду имао разговоре на највишим нивоима у Србији. Није познато да ли је том приликом поновио оцену о свом, немачком, или НАТО свесном кршењу међународних закона приликом агресије против Србије и Црне Горе ни да ли је уопште било речи о агресији иако су управо тих дана његови београдски саговорници полагали венце и одавали пошту жртвама агресије поводом њене 15. годишњице. Изјаву дату немачким медијима о учешћу у кршењу међународних закона, Шредер није поновио медијима у Београду, а очигледно није нашао за сходно да поводом тужне 15. годишњице, изрази јавно извиње због кршења међународних закона на штету Србије и српског народа, односно, због злочина учњених „у име Немачке“, у име НАТО, или већ било кога другог. Шредер је добро знао да долази у посету Србији управо у време када се жртвама агресије за коју и сам носи не малу одговорност. Како му није пало на памет да бар један каранфил положи на споменик палој деци у Парку Ташмајдан?

Зашто се Шредр није извинио Србији и њеним грађанима за страдања , за велике људске губитке? Зашто?

Да ли, на пример, зато што сматра да је речено кршење међународних закона, било и остало у интересу „људских права“, „добробити српског народа“, демократије, „европске перспективе Србије“, будућности, „бољег живота“? Тешко да би то био разлог. Каква би то била представа о људским правима, демократским и цивилизацијским вредностима, које се бране убијањем деце, тровањем народа, геноцидним оружјима као што су осиромашени уранијум, касетне и графитне бомбе, разарањем школа, болница, цркава, мостова, путева, пруга, радио и ТВ станица, уништавањем природне околине, савезништвом са овејаним терористима и структурама организованог међународног криминала?

Или, можда, Шредер сматра да пошто већ подавно више није завнични представник Немачке, нема права да својим изјавама обавезује Нмачку, њену садашњу владу? То и не би био сасвим нелогично. Међутим, зашто се бар у лично име, као учесник у злочину, не извину, бар за убијену децу, за 16-годишњу математичарку Сању Миленковић, погинулу приликом бомбардовања моста у Варварину, или двогодишњу Милицу Ракић, страдалу у родитељском наручју у Батајници, или трогодишњу Драгану Димић, из Старог Грацког, код Липљана, за њих 88... Уосталом, ако је имао овлашћења да говори како Немачка сматра Србију „кључним партнером на Балкану“, како ће Немачка пружити сваку подршку Србији на њеном путу ка чланству у ЕУ, било је још логичније да се извини српском народу за нешто за шта је и лично одговоран. Немачка јавност, која се у међувремену „едуковала“, која је сазнала за многобројне лажи и манипулације типа „Плана потковице“ владе чији је канцелар био управо Герхард Шредер, не би му замерила да се јавно извинио. Да не говоримо о томе да би му на таквом људском и цивилизованом гесту честитали многи врхунски немачки интелектуалци и поборници истине, као што су један други бивши немачки канцелар – Хелмут Шмит, парламентарац и државни секретар Вили Вимер, већ поменути генерал Хајнц Локвај, адмирал Елмар Шмелинг, проф. Клаус Хртман, проф. Волфганг Рицхтер, амбасадор Дитмар Хартвиг и многи други.

Заиста, тешко да је било прикладније прилике за извиње Шредера за злочине учињене Србији 1999. године него што је његов боравак у тренутку када цела Србија, читава јавност одају почаст жртвама агресије поводом 15. годишњице. У том тренутку у Београду се налазило 30 врхунских немачких интелектуалаца који су учествовали на међународној конференцији под мотом „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ“. Иако је било гостију из око 50 земаља из свих делова света, група из Немачке била је далеко најбројнија.

Све је већи број европских и светских интелектуалаца, аналитичара и историчара долази до кључне оцене – агресија НАТО против СР Југославије била је рат против Европе у коме је учествовала Европа! Иако су САД имале кључну улолгу у томе рату, и управо због тога, последице тог трагичног рата не трпе САД, већ Европа. И још дуго ће трпети. Немачка није изузета из ношења терета последица агресије. Напротив.

То је био рат за глобалне америчке циљеве. Један од тих циљева је био – даље притезање америчког захвата око Европе, притезање загрљаја. О томе сведочи и текућа криза у и око Украјине до које није дошло спонатано, нити вољом Европе. Порекло је у стратегији глобалног интервенционизма, „обојеним револуцијама“ (са песницом као заштитним знаком), сарадњи са терористима, наци-фашистима, „демократизацији“ милионским кеш исплатама, злочинима који се олако приписују противнику... Та технололгија и ижењеринг до детаља су испробани у периоду од 1995. – 2000. на Србији. Сада је то ГМО семе империјалистичке доминације.

Није ли време за катарзу европске и америчке политичке елите од неморала, лицемерја, од затварања очију пред стравичним злочинима у име „људских права“, „борбе против тероризма“, „уништавања оружја за масовно уништавање“, од шпијунирања пријатеља и сопствених грађана, тајних затвора и летова, сарадње са терористима, неонацистима, неофашистима, вођама нарко-кланова...

Прљаве методе политичке елите на Западу које су ескалирале током протекле две и по деценије у име цивилизацијских вредности као што су људска права, достојанство, морал, демократија и слобода – спредстављају канцер који озбиљно угрожава највеће цивилизацијске вредности. Ко ће и како надокнадити 150 средњевековних цркава и манастира порушених на Косову и Метохији? Или можда није требало ни да постоје. „И тако су били превише стари“, био је антологијски одговор високог официра НАТО на Косову и Метохији!

Све чега смо сведоци, од Бондстила и милитаризације Европе, преко напада на Авганистан, Ирак, Либију, Мали, до нових „антиракетних штитова“ и сукоба и преврата у Украјини, директно или индиректно, почело 90-их година прошлог века преко глава српског народа. Ред је, ипак, да се неко коначно извини Србији и српском народу. Без тога, чини ми се, тешко може бити боље Европи и свету.

Подсетимо се, ове године обележава се 100. годишњица почетка Првог и 75. годишњица почетка Другог светског рата, 70. годишњица ослобођења Београда од фашистичког окупатора и 15. годишњица агресије НАТО. Поуке историје се не смеју заборавити.


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SLIKE / FOTO dei Marines USA a spasso nel centro commerciale di Nis il giorno di Vidovdan tra la gente disgustata: 

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Срамота српског режима и Србије: Амерички маринци у шетњи по Нишу

— 1. јул 2014.

Раштеловали су нам КОМПЛЕТАН систем безбедности, довели марионетски режим, потписали „СОФА“ споразум ( читај- легализовали окупацију), нашој војсци су дали Њихове „шаре“ (чисто да се мало навикнемо на окупаторску униформу).

Сада знам како су се осећали моје баке и деке док су гледали окупатора лице у лице док слободно шетају Србијицом.Не обраћајте пажњу на нашег војног полицајца. (препознаћете га по флуо-прслуку – униформа му је идентична са овим олошима). Он је ту искључиво као водич… (где је добар бурек, дакле калеее…знаЋи брдоо…а Калча значи калча… и то…)

Хвала СНС-у, СПС-у, ДС-у, СПО-у, ЛСВ-у,ЛДП-у и осталима за чињење и ДСС-у и СРС-у за нечињење ( кад су могли и имали кад и где). Свима вам до неба хвала за веома значајну историјску улогу у спровођењу меке ( на Космету војне) окупације Србије.

Србине, кувана жабо!

Овако нешто се дешава у граду који је од сународника ових војника доживео пре само 15 година да му цивилне становнике гађају касетним бомбама, кадса су између осталих на лицу места убили и једну трудницу. Срамите се издајници, окупаторски намесници. Подсећамо вас на страдање Нишлија у тексту:

Аутор текста: Саша Пјевовић
Фотографије: Фејсбук страница Портала Нишке вести
Обрада: Магацин

[SLIKA: Амерички маринци су на Видовдан били у Нишу. Куповина у Темпу. У Ниш су дошли аутобусом Ниш Експреса?!]