Informazione
DA BOLOGNA A GAZA:
NO ALLE STRAGI DI STATO!
Il 2 agosto 2014 saremo in Piazza Medaglie d'Oro a ricordare le vittime della strage e di tutte le stragi di Stato. La memoria, filo di continuità della Storia, non può lasciarci indifferenti mentre si compie l'ennesima strage a carico della popolazione di Gaza, strage deliberatamente determinata da Israele che, come sempre, agisce senza freni sicuro del silenzio e della complicità di molti Paesi, Italia compresa, e istituzioni internazionali.
Nell'arco di 21 giorni di bombardamenti incessanti e con il tentativo di un'invasione di terra della Striscia di Gaza, Israele ha ucciso oltre 1000 persone, fra questi moltissimi bambini. Obiettivo dei bombardamenti sono abitazioni civili, scuole, ospedali e ambulanze, il risultato sono devastazioni e condizioni umane apocalittiche.
A livello internazionale, mentre si muove la solidarietà popolare, la diplomazia mondiale va a passo di lumaca in maniera ipocrita e inconcludente. Solo dopo due settimane di massacro, il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU ha deciso di approvare la creazione di una commissione di inchiesta che indaghi eventuali crimini di guerra di Israele su Gaza, l'Italia e i paesi dell'UE si sono astenuti confermando l'anima tutt'altro che pacifista dell'Unione Europea. Lo Stato italiano, ambiguo e omertoso nelle varie stragi nel nostro Paese, anche in questa occasione rimane in silenzio, regalando ancora una volta la sua complicità alle devastazioni israeliane. Questo silenzio è avallato dalla disinformazione fatta dai principali giornali e canali televisivi italiani a servizio della propaganda israeliana.
In continuità con le manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese delle scorse settimane, anche nella giornata della commemorazione delle vittime della strage di Bologna, oltre a rinnovare la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime, rinnoviamo la nostra solidarietà con chi è sotto i bombardamenti e l'occupazione israeliana. Denunciamo la politica distruttiva dello stato israeliano e la complicità di chi guarda in silenzio o distorcendo le informazioni dipingendo i massacratori come vittime. Le rituali passerelle che i rappresentati istituzionali, complici del massacro palestinese e del massacro sociale delle politiche di austerity, vengono a fare il 2 agosto a Bologna risultano opportuniste, ipocrite e ciniche. Invitiamo tutti a sostenere la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro lo Stato di Israele e chiediamo alle istituzioni italiane e al Comune di Bologna di condannare in maniera chiara e univoca la strage di Gaza interrompendo accordi e cooperazioni con lo stato di Israele.
2 agosto 2014 ore 9,00
Piazza Nettuno - Bologna
STOP BOMBING GAZA
Adesioni:
USB, Comitato Palestina Bologna, Comitato Ucraina Antifascista, Ross@ Bologna, Rete dei Comunisti, Noi Restiamo, ASIA-USB, csa Lazzaretto, Primavera Urbana, Rete Corpi Civili di Pace, cs TPO, Labàs Occupato, Hobo, PCL, Exaequo-Bottega del Mondo, Coordinamento Campagna BDS Bologna, PdCI, VAG61, XM24
Informazioni e contatti:
http://comitatopalestinabologna.blogspot.com/
NOI ACCUSIAMO
Noi firmatari di questo Appello, sgomenti per gli avvenimenti in corso nella “Striscia di Gaza”, accusiamo i governanti attuali di Israele, che nei confronti del popolo palestinese stanno portando avanti una politica all’insegna dell’espansionismo coloniale, della pulizia etnica, del massacro; noi accusiamo i precedenti governanti dello Stato di Israele, i quali hanno avviato la spoliazione della terra, dei beni, della stessa memoria di un popolo vivente nella Palestina da millenni; noi accusiamo l’esercito israeliano, e tutti gli altri corpi armati di quello Stato, che fanno ricorso ai metodi più infami del colonialismo (quelli non a caso ereditati dal Terzo Reich), usano armi proibite dalle convenzioni internazionali, e si comportano come una forza coloniale di occupazione, trattando i palestinesi da esseri inferiori, da espellere, e quando possibile, con il minimo pretesto, da eliminare; noi accusiamo la classe politica, imprenditoriale e finanziaria degli Stati Uniti d’America, senza il cui sostegno costante Israele non potrebbe neppure esistere, e che garantisce l’impunità di cui lo Stato israeliano gode; noi accusiamo governi e parlamenti degli Stati aderenti all’Unione Europea, e il Parlamento e la Commissione Europea, per complicità attiva o passiva con l’espansionismo coloniale, la pulizia etnica, e massacri inferti popolo palestinese; noi accusiamo l’ONU per la sua incapacità di bloccare Israele, di fermare la sua arroganza, di applicare le sanzioni di condanna (ad oggi 73) che nel corso degli anni sono state promulgate dal Consiglio di Sicurezza, contro Israele, in particolare quelle che impongono il rientro di Israele nei confini ante-1967 e il ritorno dei 700.000 profughi palestinesi; noi accusiamo il sistema dei media occidentale, del tutto succube a Stati Uniti e Israele, che fornisce una volta di più una rappresentazione falsa e addirittura rovesciata della realtà, presentando l’azione militare israeliana come una “legittima difesa”, tutt’al più talora “sproporzionata”; noi accusiamo il ceto intellettuale internazionale troppo sordo e lento davanti al massacro in atto;
noi accusiamo le autorità religiose del cristianesimo internazionale, a partire dalla Chiesa di Roma, che non riescono a dire se non qualche flebile parola “per la pace”, trascurando di dire chi sono le vittime e chi i carnefici;
noi accusiamo la società israeliana nel suo complesso che, avvelenata dallo sciovinismo e dal razzismo, mostra indifferenza o peggio nei confronti della tragedia del popolo palestinese e fa pesare una grave minaccia sulla stessa minoranza araba;
mentre esprimiamo la nostra solidarietà e ammirazione per le personalità della cultura e cittadini e cittadine del mondo ebraico che, nonostante il clima di intimidazione, condannano le infamie inflitte al popolo palestinese, noi accusiamo i gruppi dirigenti delle Comunità israelitiche sparse per il mondo che spesso diventano complici del governo di Tel Aviv, il quale sta diventando la principale fonte di una nuova, preoccupante ondata di antisemitismo, che, nondimeno, noi respingiamo e condanniamo in modo categorico, in qualsiasi forma esso si presenti.
Esprimiamo il nostro più grande apprezzamento per quelle organizzazioni come la Rete “ECO (Ebrei contro l’occupazione), che svolgono il difficile ma fondamentale compito di dimostrare che non tutti gli ebrei condividono le scellerate politiche dei governi israeliani e lottano per la libertà del popolo palestinese.
Perciò noi chiediamo che il mondo si mobiliti contro Israele: non basta la pur importante e lodevole campagna BDS (“Boycott Disinvestment Sanctions”); riteniamo che si debba portare lo Stato di Israele davanti a un Tribunale speciale internazionale per la distruzione della Palestina. Non singoli esponenti militari o politici, ma un intero Stato, (e i suoi complici): il suo passato, il suo presente e il suo presumibile futuro. Se vogliamo salvare con il popolo palestinese, la giustizia e la verità, dobbiamo agire ora, fermando non solo il massacro a Gaza, ma il lento genocidio di un popolo. Noi vogliamo lottare per la pacifica convivenza di arabi, ebrei, cristiani e cittadini di qualsiasi confessione religiosa o provenienza etnica, respingendo le pretese di qualsiasi Stato “etnicamente puro”.
Noi chiediamo
UNA NORIMBERGA PER ISRAELE
Per adesioni: info@historiamagistra.it
25 luglio 2014
http://www.gioventucomunista.it/dichiarazione-comune-delle-organizzazioni-giovanili-comuniste-sul-genocidio-israeliano-del-popolo-palestinese/
Gli Stati Uniti d’America, ma anche l’Unione Europea, che incoraggiano le attività criminali di Israele mediante il loro totale appoggio, equiparando i colpevoli con le vittime, incrementando le loro relazioni politiche, finanziarie e militari con Israele in vario modo, organizzando esercitazioni militari congiunte con le forze armate di Israele, hanno una grave responsabilità rispetto al crimine continuo contro il popolo palestinese e la sua gioventù.
Le gioventù comuniste chiamano i giovani uomini e le giovani donne del mondo a bloccare con la nostra lotta e solidarietà internazionalista il nuovo genocidio di Israele contro il popolo palestinese e i suoi giovani, che sono nel punto cruciale dell’aggressione imperialista, nel mezzo dei piani imperialistici generali che esistono e vengono promossi nella regione del Medio Oriente e del Mediterraneo Orientale.
Noi esigiamo:
- che le continue azioni militari dell’esercito israeliano contro il popolo palestinese cessino immediatamente;
- che le forze di occupazione israeliana e tutti i coloni abbandonino i territori palestinesi;
- la liberazione dei prigionieri politici dalle prigioni israeliana e la libertà per tutti i palestinesi di poter tornare nelle proprie case. La soluzione del problema dei rifugiati palestinesi come stabilito dalla risoluzione dell’ONU;
- la cancellazione delle esercitazioni militari congiunte e degli accordi di cooperazione militare con Israele;
- uno stato indipendente Palestinese nei confini del 1967 con capitale Gerusalemme Est.
Organizzazioni firmatarie:
Federazione Giovanile Comunista di Argentina (FJC)
Gioventù Comunista dell’Austria (KJOE)
Gioventù Comunista di Bolivia (JCB)
Lega della Gioventù Comunista del Brasile (UJC)
Lega della Gioventù Comunista del Canada (YCL)
Gioventù Socialista di Croazia
Organizzazione della gioventù democratica unita di Cipro (EDON)
Unione della Gioventù Comunista della Rep. Ceca (KSM)
Gioventù Comunista in Danimarca (UKD)
Gioventù Comunista dell’Ecuador (JCE)
Movimento della Gioventù Comunista di Francia (MJCF)
Gioventù Socialista dei lavoratori di Germania (SDAJ)
Gioventù Comunista di Grecia (KNE)
Movimento della Gioventù Connoly Irlanda (CYM)
Lega della Gioventù Comunista di Israele (YCL)
Fronte della Gioventù Comunista d’Italia (FGC)
Gioventù Comunista del Lussemburgo (JCL)
Federazione della Gioventù Comunista del Messico (FJC)
Gioventù Comunista Paraguajana (JCP)
Gioventù Comunista del Perù – Patria Rossa (JCP -PR)
Gioventù Comunista Peruviana (JCP)
Gioventù Comunista Portoghese (JCP)
Gioventù Comunista Rivoluzionaria Bolscevica di Russia
Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia – Serbia (SKOJ)
Collettivi dei Giovani Comunisti di Spagna (CJC)
Unione della Gioventù Comunista di Spagna (UJCE)
Gioventù Comunista di Svezia (SKU)
Gioventù Comunista Siriana Kaledh Baghdash
31 luglio 2014
Di fronte al baratro nel quale è sprofondata la Libia (attestato, ora, anche dalla precipitosa chiusura dell’ambasciata USA) ci sarebbe da chiedere ai vari firmatari degli appelli in difesa della “rivoluzione libica” (se volete sapere i loro nomi non avete che da clikkare qui o qui [*]) se non sentano oggi il dovere di scusarsi con il popolo libico per una guerra che i loro appelli hanno, nei fatti, favorito e per il loro silenzio quando questa assumeva i connotati di un gigantesco massacro, come è stato, ad esempio, a Sirte. Non avremmo posto questa sgradevole domanda se quei distratti, se non colpevoli, appelli – così come quelli attuali inerenti la Siria o quelli già in cantiere sulla Nigeria – non si fossero basati su inequivocabili falsi che davvero stupisce non siano stati subito riconosciuti come tali. Primo tra tutti il “mitragliamento dagli elicotteri” effettuato dagli scherani di Gheddafi su inermi manifestanti che faceva da pendant con la “notizia” dei piloti libici disertori e atterrati a Malta per non voler sparare sui loro connazionali. Ovviamente, neanche una fotografia da un cellulare per attestare simili bufale; solo una anonima “testimonianza” rilasciata alla tv araba “al-Jazeera” subito certificata dalla “Lega libica per i diritti umani”, (fondata da tale Ali Zeidan, poi diventato Presidente della Libia e poi scappato in Germania con un container pieno di lingotti d’oro). Ma tanto bastò per dare la stura agli “appelli”.
Perché queste “notizie” non furono subito classificate come menzogne di guerra (al pari, ad esempio di come fu fatto per le “incubatrici rubate nel Kuwait dai soldati di Saddam”) ma diedero vita, anzi, in Italia alle prime manifestazioni contro Gheddafi? Intanto perché Gheddafi aveva il torto di apparire alla “sinistra” italiana come “amico di Berlusconi”, il che era un buon motivo per toglierselo davanti a tutti i costi. Ma ci sono altre più importanti motivazioni, sulle quali ci soffermeremo in seguito.
Ma, prima, – per capire la fogna mediatica nella quale siamo immersi – ricordiamo le “fosse comuni dove Gheddafi faceva seppellire gli oppositori uccisi”. Oggi tutti sanno che si tratta di una bufala; ma, a dire il vero, le inoppugnabili documentazioni che lo dimostrano circolavano su internet già nel gennaio 2011. Nonostante ciò le foto, “prova dei i crimini di Gheddafi” (in realtà, raffigurano lavori di routine nel cimitero di Ashaat) per due mesi (due mesi!) hanno troneggiato sugli schermi TV e sulle prime pagine dei giornali. Con la complicità di noti e strapagati (per quanto riguarda la RAI, da noi) giornalisti che, certamente, già sapevano la verità. E che, finita la guerra, per rifarsi una verginità politica hanno tenuto conferenze e incontri pubblici, dove – accolti a braccia aperte da non pochi allocchi di “sinistra” – hanno avuto la spudoratezza di dichiarare di essere stati “ingannati”. E forti di questa aureola, sono poi andati in Siria: altre bufale, altri appelli.
Molte altre bufale hanno spianato l’attacco militare alla Libia del 19 marzo 2011 (una per tutte: le “donne stuprate” come arma di guerra, ancora oggi attestata dalla Boldrini) e se sono state fatte proprie da gran parte della “sinistra”, ciò non è certo da addebitare alla sua dabbenaggine. Vale la pena di soffermarsi sugli aspetti politici – e, quindi, anche psicologici – della questione, anche perché se oggi le manifestazioni contro i massacri a Gaza o in Ucraina sono ridotti a ben poca cosa, la causa – a nostro avviso – è anche il non aver fatto i conti con il “peccato originale” del sostegno dato, da non pochi compagni e “democratici”, alla guerra alla Libia.
Intanto, come recitano le leggi della propaganda, una menzogna per diffondersi e radicarsi ha assoluto bisogno di un terreno già predisposto ad accoglierla. Fa testo a riguardo l’esaltazione – quasi una mitizzazione – delle “primavere arabe” che ha impedito di vedere come in molti casi queste siano state, in parte, teleguidate dall’Occidente, ad esempio, con l’utilizzo di cecchini che sparano indiscriminatamente su polizia e manifestanti (una tecnica già impiegata in Romania nel 1989; poi nel Venezuela 2002; poi in Ucraina nel 2004; poi in Egitto nel 2010; poi in Libia e Siria nel 2011… infine, nel 2014 a Kiev). Perché molti compagni non hanno voluto tener conto di episodi come questi (che pure venivano segnalati anche da siti internet non certo “rosso bruni)? Perché la stagnazione dei movimenti di lotta e la conseguente demoralizzazione aveva finito per generare l’illusione che, in fondo, non poi era così importante come veniva abbattuto un regime; l’importante era sostenere quella “rivoluzione” che, qui da noi non si era stati in grado di attuare. E anche per questo sono stati ribattezzati “rivoluzionari” personaggi altrimenti impresentabili ad una platea di compagni o – per parlare della Siria – presenziare a manifestazioni e fiaccolate in sostegno di altri “rivoluzionari” schierati su posizioni francamente abominevoli. Ugualmente sciagurato è stato affidarsi ciecamente alle dichiarazioni di ONG, ONLUS e varie “organizzazioni umanitarie” “presenti sul campo” che, un tempo – forse – meritavano una totale stima ma che, in molti casi, sono ormai diventate le vivandiere dell’imperialismo; soprattutto se, come accade in Italia, sono sempre più dipendenti per le loro attività – quasi a libro paga – dal Ministero degli Esteri.
Ovviamente, nelle mobilitazioni internazionaliste le cose non sono mai nettamente bianche o nere ed è certamente sbagliato addebitare ogni rivolta ad un “complotto” e additare, di conseguenza, chi le appoggia. Ma da qui a non voler vedere tutti quegli elementi che lasciavano presagire un diretto intervento militare dell’Occidente in Libia (primi tra tutti l’appoggio dei nostri governanti alle “rivolte” o la valanga di inequivocabili falsi riversati dalle TV) è molto peggio di una “disattenzione”. E, almeno oggi, dopo che è emersa la verità sulla essenza della “rivoluzione” in Libia, e la tragedia di quello che era un paese laico e relativamente florido trasformato in un abisso di miseria, violenze, integralismi, ci saremmo aspettati un generale ripensamento, in tutti, a cominciare dai firmatari degli appelli di cui sopra.
Così, (tranne rarissime eccezioni) non è stato. Anzi, è stato fatto di peggio. In una estrema sinistra che cerca come unica via di uscita al suo minoritarismo l’aggregazione, a tutti i costi, di rottami di questa, tenendosi strette organizzazioni assolutamente “filointerventiste” la parola d’ordine “contro la guerra” è stata, addirittura, bandita in tutte (ripetiamo, tutte) le manifestazioni nazionali che si sono svolte in Italia negli ultimi anni. Peggio ancora per chi, avendo appoggiato a tutti i costi la “rivoluzione libica” non è riuscito più a svincolarsi dal Qatar, che questa “rivoluzione” aveva finanziato. È il caso di Freedom Flottilla che – dopo la sfortunata, ed, ancora oggi, enigmatica, spedizione del 2010, capeggiata da tale Mahdi al-Harati (finito a fare prima il governatore militare di Tripoli e poi il capo di una banda di tagliagole in Siria) continua ad additare al pubblico ludibrio chiunque si permetta di dubitare della genuinità della “rivoluzione” libica o ad organizzare, come se niente fosse – insieme al PD, CGIL, “Un Ponte per” … – sempre più patetiche manifestazioni a sostegno di un’altra “rivoluzione” targata Qatar: quella siriana.
La Redazione di Sibialiria
APPELLO 1: Fermiamo il massacro in Libia. Pane, lavoro, democrazia, accoglienza (febbraio 2011)
Dossier per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Il centenario della prima guerra mondiale e le analogie con il presente
Sulla prima guerra mondiale
Le ragioni della Grande Guerra
Luoghi comuni o verità sulla prima guerra mondiale?
Un secolo di tradimento della socialdemocrazia
ICS 2014 - 1914-2014: L'imperialismo è guerra - Contributo PCP
ICS 2014 - 1914-2014: L'imperialismo è guerra - Contributo KKE
ICS 2014 - 1914-2014: L'imperialismo è guerra - Contributo PCPE
ICS 2014 - 1914-2014: L'imperialismo è guerra - Contributo WPI
Questa ci mancava, ma cos'é? un altro "prezzo" da pagare per l'entrata a testa bassa in Europa? (Samantha M.)
http://www.ansa.it/nuova_europa/it/notizie/rubriche/cultura/2014/07/21/sondaggio-austriaci-incolpano-serbia-per-grande-guerra_614c8948-c9be-4df4-bcc0-bdd038558d8a.html
36% intervistati punta il dito su Belgrado per scoppio conflitto
Prima guerra mondiale, il massacro di civili serbi dalla campagna di agosto del 1914
Sessantasei Partiti Comunisti e Operai hanno già firmato un comunicato comune in cui “condannano l’assalto barbaro e criminale dello Stato di Israele contro il popolo della Palestina”, manifestano “piena solidarietà al popolo della Palestina” e chiamano “i lavoratori di tutto il mondo a mobilitarsi perché si rafforzi l’ondata di condanna di Israele, e sia espressa in forma pratica la solidarietà con il popolo della Palestina”…
http://www.marx21.it/comunisti-oggi/nel-mondo/24364-per-la-fine-immediata-del-massacro-del-popolo-della-palestina.html
27 lug 2014 - La BBC riporta le dichiarazione del portavoce della polizia Rosenfeld: “Hamas non era coinvolta”. Così Tel Aviv ha giustificato un attacco preparato da tempo…
http://nena-news.it/gaza-polizia-netanyahu-sapeva-che-hamas-non-aveva-rapito-coloni/
La "soluzione" del Likud per Gaza
di Manlio Dinucci
Il segretario-generale dell’Onu Ban Ki-moon, all’ombra del segretario di stato Usa John Kerry di cui apprezza il «dinamico impegno», sta cercando a Gerusalemme il modo di «porre fine alla crisi di Gaza». Sembra però ignorare che qualcuno l’ha già trovato. Il vicepresidente della Knesset, Moshe Feiglin, ha infatti presentato il piano per «una soluzione a Gaza» [1].
Esso si articola in sette fasi. 1) L’ultimatum, dato alla «popolazione nemica», cui viene intimato di abbandonare le aree in cui si trovano i combattenti di Hamas, «trasferendosi nel Sinai non lontano da Gaza». 2) L’attacco, sferrato dalle forze armate israeliane «attraverso tutta Gaza con la massima forza (e non con una sua minuscola frazione)», colpendo tutti gli obiettivi militari e infrastrutturali «senza alcuna considerazione per gli scudi umani e i danni ambientali». 3) L’assedio, simultaneo all’attacco, così che «niente possa entrare a Gaza o uscire da Gaza». 4) La difesa, per «colpire con la piena forza e senza considerazione per gli scudi umani» qualsiasi luogo da cui sia partito un attacco a Israele o alle sue forze armate. 5) La conquista, attuata dalle forze armate israeliane che, dopo aver «ammorbidito» gli obiettivi con la loro potenza di fuoco, «conquisteranno l’intera Gaza, usando tutti i mezzi necessari per minimizzare qualsiasi danno ai nostri soldati, senza alcun’altra considerazione». 6) L’eliminazione, attuata dalle forze armate israeliane, che «annienteranno a Gaza tutti i nemici armati» e «tratteranno in accordo col diritto internazionale la popolazione nemica che non ha commesso malefatti e si è separata dai terroristi armati, alla quale sarà permesso di lasciare Gaza». 7) La sovranità su Gaza, «che diverrà per sempre parte di Israele e sarà popolata da ebrei», contribuendo ad «alleviare la crisi abitativa in Israele». Agli abitanti arabi, che «secondo i sondaggi desiderano per la maggior parte lasciare Gaza», sarà offerto «un generoso aiuto per l’emigrazione internazionale», che verrà però concesso solo a «quelli non coinvolti in attività anti-israeliane». Gli arabi che sceglieranno di restare a Gaza riceveranno un permesso di soggiorno in Israele e, dopo un certo numero di anni, «coloro che accettano il dominio, le regole e il modo di vita dello Stato ebraico sulla propria terra» potranno divenire cittadini israeliani.
Questo piano non è frutto della mente di un singolo fanatico, ma di un uomo politico che sta raccogliendo crescenti consensi in Israele. Moshe Feiglin è il capo della Manhigut Yehudit (Leadership ebraica), la maggiore fazione all’interno del Comitato centrale del Likud, ossia del partito di governo. Nell’elezione della leadership del Likud nel 2012, ha corso contro Netanyahu, ottenendo il 23% dei voti. Da allora la sua ascesa è continuata, tanto che in luglio ha aggiunto alla carica di vicepresidente della Knesset quella di membro della influente Commissione affari esteri e difesa.
Esaminando il piano che Feiglin sta attivamente promovendo, sia in Israele che all’estero (soprattutto negli Stati uniti e in Canada), si vede che l’attuale operazione militare israeliana contro Gaza comprende quasi per intero le prime quattro delle sette fasi previste. Sotto questa luce, si capisce che la rimozione dei coloni israeliani da Gaza nel 2005 aveva lo scopo di lasciare alle forze armate mano libera nell’operazione «Piombo fuso» del 2008/2009. Si capisce che l’attuale operazione «Margine difensivo» non è contingente ma, come le altre, parte organica di un preciso piano (sostenuto per lo meno da una consistente parte del Likud) per occupare permanentemente e colonizzare Gaza, espellendo la popolazione palestinese. E sicuramente Feiglin ha già pronto anche il piano per «una soluzione in Cisgiordania ».
Mogherini, mamma mia. La ministra degli Esteri interviene alla Camera sulla «crisi a Gaza»
Intervenendo alla Camera sulla «crisi a Gaza», la ministra degli esteri Federica Mogherini ha invitato il parlamento e l’opinione pubblica italiana a «non cedere alla logica della partigianeria, all’idea che ci si debba dividere tra amici di Israele e amici della Palestina, che si debba scegliere da che parte stare nel conflitto».
In realtà l’Italia ha da tempo già scelto, istituzionalizzando sotto forma di legge (con larga intesa bipartisan) la cooperazione militare con Israele.
Il memorandum d’intesa sulla cooperazione militare italo-israeliana, ratificato nel 2005 dal Senato (in particolare grazie ai voti del gruppo Democratici di sinistra-Ulivo schieratosi con il centro-destra) e dalla Camera, è divenuto Legge 17 maggio 2005 n. 94. La cooperazione tra i ministeri della difesa e le forze armate di Italia e Israele riguarda «l’importazione, esportazione e transito di materiali militari», «l’organizzazione delle forze armate», la «formazione/addestramento».
Sono inoltre previste a tale scopo «riunioni dei ministri della difesa e dei comandanti in capo» dei due paesi, «scambio di esperienze fra gli esperti», «organizzazione delle attività di addestramento e delle esercitazioni», «partecipazione di osservatori alle esercitazioni militari».
La legge prevede anche la «cooperazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione» di tecnologie militari tramite «lo scambio di dati tecnici, informazioni e hardware». Vengono inoltre incoraggiate «le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali» di interesse comune.
Con questa legge, le forze armate e l’industria militare del nostro paese sono state coinvolte in molte attività di cui nessuno (neppure in parlamento) viene messo a conoscenza. La legge stabilisce infatti che esse sono «soggette all’accordo sulla sicurezza» e quindi segrete.
Poiché Israele possiede armi nucleari, alte tecnologie italiane possono essere segretamente utilizzate anche per potenziare le capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani.
In tale quadro, l’Italia sta fornendo a Israele i primi dei 30 velivoli M-346 da addestramento avanzato, costruiti da Alenia Aermacchi (Finmeccanica), che possono essere usati anche come caccia per l’attacco al suolo in operazioni belliche reali. Gran parte del costo (400 milioni su un miliardo di dollari) viene anticipata a Israele da un consorzio formato da Unicredit e da un fondo pensione collegato. A sua volta l’Italia si è impegnata ad acquistare da Israele (con una spesa di oltre un miliardo di dollari) il sistema satellitare ottico ad alta risoluzione Optsat-3000, che serve a individuare gli obiettivi da colpire, più due aerei Gulfstream 550 che, trasformati dalle Israel Aerospace Industries, svolgono la funzione di comando e controllo per l’attacco in distanti teatri bellici.
Questa è solo la punta dell’iceberg di un accordo, non solo militare ma politico, attraverso cui l’Italia aiuta nei fatti Israele a soffocare nel sangue il diritto dei palestinesi, riconosciuto dall’Onu, di avere un proprio stato sovrano.
http://www.skoj.org.rs/palestina.html
Komunističke omladinske organizacije koje stoje iza ovog saopštenja oštro osuđuju vojne operacije Izraelske države protiv Palestinskog naroda koje su do sada već rezultirale gubitkom više stotina života.
Sjedinjene Američke Države, ali takođe i Evropska Unija, koji ohrabruju kriminalne aktivnosti Izraela pružajući mu punu podršku, izjednačavajući počinioce zločina sa žrtvama, unapređujući političke, finansijske i vojne veze sa Izraelom, organizujući zajedničke vojne vežbe sa Izraelskom vojskom, kao posledicu snose veliku odgovornost za kontinuirane zločine protiv Palestinskog naroda i njegove omladine.
Komunističke omladinske organizacije pozivaju mlade širom sveta da zajedničkom borbom i međunarodnom solidarnošću zaustavimo genocid Izraela nad Palestinskim narodom koji se nalazi na nišanu imperijalističke agresije koja predstavlja deo šire imperijalističke strategije za područje Bliskog Istoka i Istočnog Mediterana.
Zahtevamo:
-Da se vojne operacije Izraelske vojske protiv Palestinskog naroda odmah zaustave.
-Da Izraelska okupaciona vojska i svi naseljenici napuste palestinske teritorije.
-Oslobađanje svih političkih zatvorenika iz Izraelskih zatvora i omogućavanje svim Palestincima da se vrate svojim domovima.
-Ukidanje zajedničkih vojnih vežbi i svih ugovora o vojnoj saradnji sa Izraelom.
-Uspostavljanje nezavisne Palestinske drzave u granicama iz 1967. sa Istočnim Jerusalimom kao glavnim gradom.
Potpisnice:
KO Austrije-KJO
KO Bolivije-JCB
KO Brazila-UJC
KO Kanade
MS Hrvatska-SRP
KO Kipar-EDON
KO Češka-KSM
KO Ekvador-JCE
KO Francuska-MJCF
KO Grčka-KNE
KO Irska
KO Izrael
KO Italija-FGC
KO Luksemburg
KO Meksiko-FJC
KO Paragvaj-JCP
KO Peru "Patrai Roja" - JCP PR
KO Peru-JCP
KO Portugal -JCP
KO Rusija - RKSMb
SKOJ-Srbija
KO Španija-CJC
KO Švedska-SKU
KO Sirija - Khaled Bagdash CY
Popular Front for the Liberation of Palestine: ‘Shuja’iya massacre will stain the hands of all who are silent and complicit’
Statement issued by the Popular Front for the Liberation of Palestine
July 20 — The Zionist enemy carried out a horrific massacre today against the civilians of Shuja’iya neighborhood in eastern Gaza City, targeting homes with mortars, tanks, missiles and aircraft, killing dozens of martyrs and wounding hundreds, where many remain under the rubble of their destroyed homes amid a barrage of shells and rockets.
The Popular Front for the Liberation of Palestine pledged that the blood of the martyrs of the Shuja’iya massacre, of the war crimes and genocide committed by land, air and sea in every inch of Gaza against civilians in their homes, children, women and the elderly, will not be wasted, and that the enemy will never be able to break the will and steadfastness of our people and their valiant resistance which will fight and resist this cowardly and criminal enemy until the last breath.
The Front noted that the Zionist criminal occupation has brought death, destruction and devastation to our neighborhoods, camps and cities, saying that the occupation forces were incapable of stopping the resistance or its qualitative strikes against occupation forces, and have expressed their cowardice by targeting innocent civilians in their homes.
The Front saluted the brave resisters in all the Palestinian military organizations who are willing to sacrifice in order to block the progress of the occupation forces, for our people to survive and confront the war machine, and praised its ongoing painful strikes to the enemy.
Furthermore, the Front emphasized that the international community is responsible for the crimes against our people in Gaza with its ongoing military, financial and political support to the occupation entity, providing it with political cover to commit crimes against our people.
The Front demanded that Palestinian Authority officials and spokespeople stop engaging in the language of defeatism and to instead respect the Palestinian popular mood, which shouts that no voice is louder than the voice of the resistance. Our legitimate resistance is a point of pride for all of our people; we are convinced that we will win, and we will mend our wounds, we will rise from the rubble and the ruins to rebuild our homes again.
The Front saluted with pride the steadfast people in Gaza from Rafah to Beit Hanoun who have suffered so much pain and yet refuse to concede to the threats of the occupation. People with such steadfastness will inevitably triumph and no war machine will be able to defeat them or to force them to abandon their embrace of the resistance.
The Front saluted the inspiring sacrifices and commitment of medical personnel, ambulance workers and civil defense, who faced extreme danger and came under fire in order to evacuate the dead and wounded, as well as the journalists who lost their lives in order to deliver the tragic images in the streets of Gaza to the world.
The Front called upon the Palestinian people throughout Palestine, in the West Bank, Jerusalem and … everywhere in diaspora and exile, saying that the land of the West Bank must burn under the feet of the occupiers, in their settlements and everywhere the occupation is. It is time that the earth is turned to flame beneath the feet of the criminal enemy. There can be no more waiting as the horrific massacres continue in Bureij, Rafah, Khan Younis, Beit Hanoun, Shuja’iya, Gaza.
It also demanded [of] the Arab people and the democratic and progressive forces of the world to remain in the streets and squares, to occupy, surround and storm the Zionist and U.S. embassies and consulates in response to the crimes of the occupation forces, and to condemn the international and Arab official silence and complicity, demanding an immediate end to the siege on Gaza and the unconditional opening of Rafah crossing and in particular to facilitate the entry of medical personnel and aid.
The Popular Front for the Liberation of Palestine confirms that the crimes of the occupation will not go unpunished and resistance to the Zionist genocide against our people is our path. The banner of resistance and confrontation will be raised high by the Palestinian people.
The PFLP demanded that the PLO leadership immediately act to join the International Criminal Court and act to prosecute the fascist occupation war criminals for their massacres against the Palestinian people. The Front expressed its highest honor and salute and deepest mourning for the blood of the martyrs whose blood was shed on the land of Gaza, pledging to march on the path of freedom, self-determination, return and liberation, for which they were killed.
par Rudolf Bkouche, membre de l’Union Juive Française pour la Paix - 24 juillet 2014
http://www.michelcollon.info/Le-sionisme-comme-nationalisme.html
Lo storico e politologo ebreo accusa: «I miei genitori hanno partecipato alla rivolta del ghetto di Varsavia e l’intera mia famiglia è stata sterminata dai nazisti. Proprio per questo considero spregevole strumentalizzare l’Olocausto».
The Communist Party of Israel strongly condemns Israeli aggression in Gaza and rejects any attack on civilians (CPI / July 12, 2014)
http://maki.org.il/en/?p=2659
La fatica di essere ebreo e difendere il popolo palestinese
di Stefano Sarfati Nahmad, su Il Manifesto del 26.7.2014
http://ilmanifesto.info/la-fatica-di-essere-ebreo-e-difendere-il-popolo-palestinese/
Manifestazione per la Palestina degli ebrei antisionisti a New York - 9 Luglio 2014
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=421:manifestazione-per-la-palestina-degli-ebrei-antisionisti-a-new-york
Moni Ovadia denuncia la mancanza di informazione corretta su quanto sta accadendo in Medio Oriente e sottolinea le ragioni reali dell'invasione della Striscia di Gaza. "Israele non vuole la pace" denuncia l'intellettuale ebreo, "i palestinesi vivono in gabbia sotto un assedio continuo e l'America e l'Europa si bevono la comunicazione imperante: 'Ci buttano i missili e noi abbiamo il dovere di difendere la nostra popolazione'. Ma non è così". L'intervista di Carla Toffoletti
AUDIO: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Intervista-telefonica-Moni-Ovadia-6db16bfa-6182-4f71-baa0-be934d24bb30.html
9 lug 2014 - L’atteggiamento di rifiuto è intrinseco alle convinzioni più radicate di Israele. Qui risiede, a livello più profondo, il concetto che questa terra è destinata solo agli ebrei. Il dato di fatto più evidente è il progetto di colonizzazione. Fin dalle sue origini, non c’è mai stato una più attendibile o più evidente prova inconfutabile delle reali intenzioni di Israele…
http://nena-news.it/gideon-levy-israele-non-vuole-la-pace/
By Fred Mazelis / WSWS, 29 July 2014
[68] Il gesto diplomatico può essere interpretato come un atto dovuto ai vincoli con i paesi arabi appartenenti al MPNA, in primis l’Egitto che ne era cofondatore, e con i paesi socialisti, con le cui leadership in effetti Tito si era riunito a Mosca in quei giorni; ma è interessante notare che esso fu anche inteso << a prevenire una escalation delle forze imperialiste in altre aree, tra cui anche i Balcani. >> (Radio Zagreb, 13/6/1967, ore 19:30, cit.in ibidem).
[69] Ad esempio, in contrasto con molti singoli esponenti ebraici (incluso lo stesso Simon Wiesenthal, cfr. ad es. Corriere della Sera 1/4/1993) impegnati a denunciare il carattere fascista e razzista dell’ideologia di Franjo Tudjman (che si era reso celebre dichiarando in TV: “Per fortuna mia moglie non è né serba né ebrea”, oltre che per i suoi lavori da storico revisionista sul genocidio ustascia) e della sua “Croazia indipendente”, Nenad Porges, presidente della comunità ebraica di Zagabria, intervenne pubblicamente per capovolgere l’accusa di antisemitismo rivolgendola ai Serbi (cfr. varie fonti raccolte in: http://www.porges.net/JewishHistoryOfYugoslavia.html#Relations %20with%20Israel). Dopo lo scoppio della guerra in Bosnia, la leadership degli intellettuali sionisti si è attivamente impegnata per costruire artificialmente una immagine dei “serbi nazisti” (cfr. Nota 79; sullo strano atteggiamento di Eli Wiesel a proposito dei “lager serbi” si veda: Jean Toschi Marazzani Visconti, Il corridoio, La Città del Sole, Napoli 2005).
Non meno spregiudicati furono i rapporti che i sionisti ebbero con il fascismo italiano…
[13] Faris Yahia, op. cit., pp. 111-15.
Qualche inferno li crea e poi li accoppia. Chissà come si sentiranno, da qualche parte, le decina di migliaia di ebrei massacrati dalle bande naziste di Stepan Bandera – l'”eroe” dei neonazisti ucraini al potere come Svoboda o Pravy Sektor – a vedere l'entusiasmo con cui il nuovo regime di Kiev si stringe al governo di Netanyahu e Lieberman.
L'ambasciatore ucraino a Gerusalemme, Hennadii Nadolenko, con un intervento su Haaretz, si dice pronto alla lotta comune “contro il terrorismo”. Basta non guardarsi dentro, e il gioco diventa possibile.
Ascoltiamone alcune sentite parole:
“Noi, i rappresentanti di Ucraina, abbiamo, insieme al popolo dello Stato di Israele, personalmente sentito la totalità della minaccia posta alla civili da parte delle attività criminali dei terroristi. A questo proposito, abbiamo avuto l'opportunità di assistere all'azione di Iron Dome, il sistema di difesa missilistico israeliano”.
“Tutti gli ucraini, così come me, condividono il dolore di tutti i parenti e gli amici di coloro che sono stati uccisi, e piangono in profondità con il popolo di Israele”. Gli oltre mille palestinesi, quasi tutti civii, in grande quantità bambini, no; non lo commuovono affatto.
Lui si sente al livello degli israeliani nell'affrontare quasi lo stesso nemico in casa. “Per me, come rappresentante dell'Ucraina, il problema del terrorismo ha assunto nell'ultimo anno un significato speciale. […] a partire dal 15 luglio, durante le operazioni anti-terrorismo nelle regioni orientali dell'Ucraina, le nostre forze armate hanno perso 258 soldati, e abbiamo avuto 922 feriti”.
Di più: “vorrei sottolineare ancora una volta che il delitto che ha ucciso 298 civili innocenti da tutto il mondo (l'abbattiemnto del volo Mh17 delle linee aere malesi), è un'altra conferma del fatto che il terrorismo di oggi non è vincolato da confini”.
“Credo che i paesi che si trovano ad affrontare il terrorismo e che cercano di combattere questo male dovrebbero sostenersi a vicenda, e devono unire i loro sforzi al fine di attirare l'attenzione del mondo per la nostra causa. Dobbiamo cominciare a ricevere un aiuto reale e il sostegno di organizzazioni internazionali al fine di combattere questa minaccia”.
“Pertanto, vorrei sottolineare che, come rappresentante di Ucraina, ho potuto apprezzare l'aiuto che il mio stato ha ricevuto dai cittadini di Israele negli ultimi mesi. Esprimo la mia profonda gratitudine a tutti i membri del gruppo "Israele sostiene Ucraina" e, in particolare, il gruppo di volontari "Israele aiuta Maidan" per il loro sostegno”.
“In questi giorni difficili per le nostre nazioni, traboccanti di triste notizie, chino la testa in ricordo degli eroi israeliani e ucraini che sono morti difendendo il loro popolo dai terroristi”. Magari in questo passaggio potrebbe essere Bandera a sentirsi offeso nel vedersi equiparato alle sue vittime ebree...
A noi sembra chiaro che si stia creando un “fronte” imperialista – con alla guida gli Stati Uniti e con l'Unione Europea ancora un po' disorientata dalla velocità che stanno prendendo gli eventi – che non distingue più al suo interno tra “progressisti” e reazionari, tra nazisti veri e propri e “liberali” classici; un fronte che ha la guerra come unico orizzonte possibile e che perciò – con il termine “terroristi” - definisce ormai semplicemente il caro, vecchio “nemico”.
Do you remember “Achtung banditi”?
Durante gli ultimi 45 anni ho partecipato a numerosissime manifestazioni, da piccole concentrazioni di pochi irriducibili a manifestazioni di massa nelle quali eravamo più di 100.000; manifestazioni tranquillle, anche festose, e manifestazioni nelle quali venivamo attaccati da gruppi di destra o perfino dalla gente che passava. Mi hanno dato colpi e li ho resi, e mi è servito, soprattutto quando avevo delle responsabilità, essere nervoso. Però non ricordo di aver avuto paura.
Mobilitato, di fatto detenuto nella prigione militare per essermi rifiutato di unirmi alla mia unità che doveva andare in Libano, non partecipai, nel 1983, alla manifestazione durante la quale fu assassinato Emile Grunzweig. Di contro, fui il responsabile del servizio d'ordine della manifestazione che, un mese più tardi, attraversava Gerusalemme per commemorare questo assassinio. In quella manifestazione conoscemmo l'ostilità e la brutalità della gente che incrociavamo, ma neppure lì ebbi paura, cosciente del fatto che questa ostilità di una parte della gente che passava non avrebbe superato una certa linea rossa che però era stata attraversata un mese prima.
Questa volta ho avuto paura.
Pochi giorni fa eravamo qualche centinaio a manifestare nel centro della città di Gerusalemme contro l'aggressione a Gaza, convocati da "Combattenti per la pace". Ad una trentina di metri, e separati da un impressionante cordone della polizia, alcune decine di fascisti eruttano il proprio odio con slogan razzisti. Noi siamo qualche centinaio e loro solo qualche decina e comunque mi fanno paura: nel momento della dispersione, ancora protetti dalla polizia, torno a casa attaccato alle mura per non essere identificato come uno di quelli della sinistra che odiano.
Di ritorno a casa, cerco di identificare quella paura che ci preoccupa, ben lungi da essere io l'unico che la prova. Mi rendo conto del fatto che Israele nel 2014, non è più solo uno Stato coloniale che occupa e reprime la Palestina, ma anche uno Stato fascista, con un nemico al suo interno contro il quale prova odio.
La violenza coloniale è passata ad un livello superiore, come ha mostrato l'assassinio di Muhammad Abu Khdeir, bruciato vivo da tre coloni; a questa barbarie si aggiunge l'odio verso quegli israeliani che si rifiutano di odiare "l'altro". Se, per generazioni, il sentimento di un "noi" israeliani trascendeva dai dibattici politici e, salvo alcune rare eccezioni - come gli omicidi di Emile Grunzweig o poi di Yitshak Rabin - impedivano che le divergenze degenerassero in violenza criminale, siamo ora entrati in un periodo nuovo, una nuova Israele.
Questo non è il risultato di un giorno e così come l'assassinio del Primo Ministro nel 1995 fu preceduto da una campagna di odio e delegittimazione diretta principalmente da Benjamin Netanyahu, la violenza attuale è il risultato di una "fascistizzazione" del discorso politico e degli atti che genera: sono innumerevoli già le concentrazioni di pacifisti e anticolonialisti israeliani attaccati da criminali di destra.
I militanti hanno sempre più paura e dubitano se esprimersi o manifestarsi; e cos'è il fascismo se non seminare il terrore per disarmare coloro che considera illegittimi?
In un contesto di razzismo libero e assunto da una nuova legislazione discriminatoria verso la minoranza palestinese in Israele, e da un discorso politico guerrafondaio formattato dall'ideologia dello scontro di civiltà, lo Stato ebraico sta sprofondando nel fascismo.
*[Michel Warschawski (Estrasburgo, 1949) è un giornalista e militante pacifista dell'estrema sinistra israeliana nonchè cofondatore e presidente del Centro di informazione alternativa (http://www.alternativenews.org) di Gerusalemme.]
Fonte originale dell'articolo: http://www.lcr-lagauche.org/israel-vers-le-fascisme/
IL COMPLESSO SERVO-PADRONE
http://www.workers.org/articles/2014/07/11/100-years-later-caused-world-war/
100 years later — what caused World War I?
On June 28 just a century ago, Gavrilo Princip, a 19-year-old patriot from the oppressed nation of Bosnia-Herzegovina, assassinated Archduke Ferdinand of Austria. Ferdinand was the symbol of the tyrannical rule of the decadent Habsburg Empire over Princip’s country.
The militarist rulers in Vienna, the capital of the empire, seized on the assassination in Sarajevo as a pretext to declare war on Serbia. This decree essentially launched what was to become World War I. That terrible slaughter killed 20 million people, mostly European workers and farmers.
This is the centennial of the war’s start and the corporate media have already begun to distort the history of the event. The goal is to deflect blame for the disaster away from the capitalist ruling classes, especially in the imperialist countries, whose oppressive and exploitative system made the war inevitable.
No doubt the major media of many of the European imperialist countries will continue this effort, as will their academic circles in historical conferences, in the same way they lie about today’s imperialist wars, from Iraq to Libya to Ukraine. The major U.S. newspaper of record, the New York Times, has been running a series on “the Great War” as part of this effort. Several articles published around June 28 played up Princip’s role in triggering the war.
No one who supports the self-determination of oppressed nations would fault Princip for wanting to strike a blow at a member of the ruling royal family of the oppressive empire. But whatever one thinks of his action, it is patently ridiculous to cite this individual act as a basic cause of a global conflagration.
The war had been in the making since the turn of the century. Some regional wars had already broken out in the Balkans. The Russo-Japanese war of 1905 saw Japan’s rising capitalist power defeat the semi-feudal Tsarist Empire. German, French and British imperialism had skirmished over the building of the Baghdad railroad.
Both sides were oppressors
The major states on both sides of the war were all oppressor nations. There was no “good side.”
Britain ruled over an enormous empire that included Australia, Canada, South Asia, some Caribbean islands and much of Africa. Its wars were one-sided battles where heavily armed colonial troops slaughtered heroic Indigenous peoples armed with spears.
Imperialist France’s empire was half as large, but still stretched from Indochina to the Caribbean, and included large tracts in West and North Africa. Even “tiny” Belgium controlled and exploited the vast Congo, squeezing the last drop of blood from the Congolese.
And that was the side considered the “democracies.” Their ally, the Russian Tsar, ruled over 12 time zones and hundreds of different nations and peoples with an iron hand.
The more militarist Germany, the Austro-Hungarian Empire and the Ottoman Empire were just as brutal toward their subject colonies, but the territories they controlled were smaller.
Washington did not enter World War I until 1917. It had joined the imperialist competition with a bang in 1898 by seizing Spain’s colonies in the Caribbean and the Philippines. A relative newcomer to the European battles, U.S. capitalists expanded their industry selling weapons to the British-French-Russian alliance, which Washington finally joined. Though a fledgling imperialist power at the time, the U.S. rulers were equally brutal to the Indigenous population on this continent, to their internal Black colony and to the newly conquered nations that had been ruled by Spain.
In 1881, many of the European powers had met in Berlin, in what can only be described as outrageous arrogance, to divide up Africa without consulting the Africans. They aimed at dividing the whole continent into colonies of the various powers by negotiation, while avoiding a war among themselves over the plunder. They feared that such inter-imperialist battles could give the African people an opening to fight for their freedom against all the colonialists.
This did happen later. When the European colonial powers were weakened by two world wars after 1945, the Africans were able to drive them out of much of the continent. Also, the existence of the Soviet Union at that later time served as a counterweight to imperialism.
Russian revolutionary leader Vladimir Lenin had pointed out in his seminal work, “Imperialism, the Final Stage of Capitalism,” written in 1915, that these colonial powers had divided up the entire world by 1900. The pecking order, that is, how much colonial plunder each got, was based roughly on their industrial, financial and military power at that moment.
The problem was that their relative strengths were constantly changing.
Germany’s industry grew much more rapidly than that of Britain and France after 1900, as did its military power. German economic expansion, however, was restricted by British and French control of territories, resources and markets. Something had to give.
How could rising imperialist powers redistribute the colonial territories in their favor? Only by war. This war would not be restricted to the colonies but had to occur among the metropolitan countries in Europe itself.
Need to battle national chauvinism
This sharp competition among the capitalist classes of the different powers expressed itself in national chauvinism and vicious hostility to other peoples. The capitalist ideologists and propagandists imposed this chauvinism on the populations as a whole to line up the people behind the war.
For example, the French capitalists had been willing to concede territory to the German capitalists in 1871 after a lost war between the two countries. But they made this concession only because the war austerity, as always heaped on the backs of the workers and poor, had led to a rebellion in Paris and the establishment of a revolutionary commune. The French made a deal with the German rulers that allowed them to crush the Paris Commune.
But in 1914, the hypocritical French capitalists insisted that the French workers must hate the German workers.
The workers’ movement in Europe, and especially its most revolutionary wing, attempted to combat this ever more dangerous national chauvinism. At earlier gatherings of socialists, and for the last time in Basel, Switzerland, in 1912, meetings of the workers’ parties of the Second International issued a manifesto on the war question. We cite the Basel Manifesto here to show that long before, and independent of, the assassination at Sarajevo, there was a growing war danger and the massive workers’ movement was aware of it:
“At its congresses at Stuttgart and Copenhagen the International formulated for the proletariat of all countries these guiding principles for the struggle against war:
“If a war threatens to break out, it is the duty of the working classes and their parliamentary representatives in the countries involved supported by the coordinating activity of the International Socialist Bureau toexert every effort in order to prevent the outbreak of war by the means they consider most effective, which naturally vary according to the sharpening of the class struggle and the sharpening of the general political situation.
“In case war should break out anyway it is their duty to intervene in favor of its speedy termination and with all their powers to utilize the economic and political crisis created by the war to arouse the people and thereby to hasten the downfall of capitalist class rule.” [Emphasis in the original]
This very clearly means building working-class solidarity and refusing to side with “your own” ruling class against the foreign workers. It also meant taking the opportunity caused by the horrors of war to overthrow your own capitalist class.
Throughout the entire manifesto there was urgency in the call on the working class in all the countries to take whatever actions they could, from the parliament to the streets, to prevent the impending war.
The capitalist parties ruling the European imperialist democracies, France and Britain, as well as in the monarchies in Germany, Austria-Hungary and Russia, entered the war without hesitation, even with enthusiasm. Each believed their state would win a quick victory. Their mouths watered at the thought of conquered territory and new colonies — as was shown later when originally secret treaties were finally published.
Regarding the Social Democratic parties, whether or not they could have stopped the war from starting, it was a blow to the world as well as to Lenin and his fellow revolutionaries throughout Europe that most of their leaders failed to follow this Basel Manifesto they had signed onto. Under enormous pressure from “their own” ruling classes, they lined up with the war drive.
It was a sobering lesson on the need for revolutionary parties to train themselves under all situations to stand up against national chauvinism and against imperialist war. The main enemy of the workers and the oppressed is the capitalist class at home. This is true in the U.S. today more than ever.
This article will skip the next three years of that horrible war, a period that will undoubtedly be reported on — with much distortion — in this centennial year. Those lies will need further rebuttal.
By the fall of 1917, Lenin and the other leaders of his own party, the Bolsheviks in Russia, did exactly what the Basel Manifesto called for: They turned the great imperialist slaughter into a war against the Russian ruling class and seized power for the workers and peasants.
A year later, the monarchies in Germany, Austria and Hungary, the defeated powers, were to collapse under mass pressure, although the revolts stopped short of social revolution.
It was not a Bosnian-Serb patriot, but the imperialist system, that caused the war. And a revolt of the workers, delayed but decisive, brought it to an end.
Michel Chossudovsky | globalresearch.ca - 20/07/2014
http://en.ria.ru/world/20140725/191264009/Ukrainian-Army-Used-Phosphorus-Bombs-on-Civilians---Russian.html
Jose Luis Forneo | imbratisare.blogspot.it - 15/07/2014
Fidel Castro Ruz | granma.cu - 18/07/2014
GFP 25.07.2014 - Ein eng mit dem Westen kooperierender russischer Außenpolitik-Experte kommt in einer Analyse über die Hintergründe des Ukraine-Konflikts zu harten Urteilen über die Rolle der EU und der Vereinigten Staaten. Der Westen habe seit den Umbrüchen von 1989/91 Russland stets ausgegrenzt, Vorkehrungen gegen einen russischen Wiederaufstieg getroffen und seine eigene Machtsphäre systematisch ausgeweitet, schreibt Dmitri Trenin, Leiter des Moskauer Carnegie Center, eines Ablegers des US-Think-Tanks "Carnegie Endowment". Selbst nach Beginn des Ukraine-Konflikts hätten EU und USA diplomatische Schritte der russischen Regierung nicht erwidert; Chancen auf eine friedliche Lösung wurden dadurch zunichte gemacht. In Reaktion darauf entstehe eine neue Mächtekonkurrenz ähnlich der Mächterivalität des 19. Jahrhunderts, urteilt Trenin; neben Wirtschaftssanktionen sei dabei ein neuer "Informationskrieg" in vollem Gange. Den USA wirft der Carnegie-Experte "Phobien" gegenüber Russland vor. Über Deutschland, das ganz besonders an Entstehung und Eskalation des Ukraine-Konflikts beteiligt war, erklärt er, seine Eliten hätten "einen langen Aufstieg zu einer neuen, verbesserten Position in der Weltpolitik begonnen": "Deutschland entwickelt sich zu einer Großmacht in Eurasien"…
GFP 2014/07/21 - After a jetliner was shot down over Eastern Ukraine, influential German foreign policy experts have begun calling for a military intervention, which may include German Bundeswehr units. "A Blue Helmet mission under the umbrella of the United Nations" should now be taken into consideration, declared Andreas Schockenhoff, Co-Chair of the CDU/CSU Group in the Bundestag. "Germany may also be asked" to contribute troops. For the Chairman of the Bundestag's Defense Commission, Hans-Peter Bartels (SPD), a Blue Helmet mission is also "conceivable." It is yet unclear, who bears responsibility for downing the jetliner. This is not an essential question for him, as past experience with Western interventions have shown: The EU and the USA must politically establish the facts. The war against Yugoslavia was justified with a massacre. Substantial doubts about central aspects of this massacre still persist. The sniper killings on Kiev's Maidan Square on February 20 have never been elucidated, once they served as legitimation for overthrowing the government of President Yanukovych. Suspicions persist that sectors of today's governing Maidan opposition may have played decisive roles in these murders; however that is of no interest to the West. On the contrary, there have never been political consequences for a US warship's downing of an Iranian airliner in 1988…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58770
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=aTWeN-8WX6g
No ban on the Communist Party of Ukraine! (WW Editor, July 25, 2014)
http://www.workers.org/articles/2014/07/25/ban-communist-party-ukraine/
Il GUE condanna il tentativo antidemocratico del governo ucraino di sopprimere il Partito Comunista
http://www.sinistraineuropa.it/europa/gue-condanna-tentativo-antidemocratico-governo-ucraino-sopprimere-partito-comunista/
Die Machthaber in Kiew versuchen, die Kommunistische Partei der Ukraine verbieten zu lassen. Heute beginnt das Gerichtsverfahren. Ein Gespräch mit Pjotr Simonenko, 24.07.2014 - Interview: Das Gespräch führte Robert Allertz
da www.kpu.ua | Traduzione dal russo di Mauro Gemma
Noi rappresentiamo un intralcio politico. Abbiamo creato disturbo sia alla classe dominante al tempo di Yanukovich che alla nuova leadership con Poroshenko. Per questo vogliono sbarazzarsi di noi.
Ma il vostro partito non aveva collaborato con il Partito delle regioni di Yanukovich dal 2010 al 2014?
E' così, su alcune questioni le nostre posizioni coincidevano con quelle del Partito delle regioni, e per questo abbiamo appoggiato progetti di legge, che rispondevano al nostro programma elettorale. Ma tuttavia, abbiamo respinto tutte le le iniziative antisociali di Yanukovich e del suo partito, come, ad esempio, le riforme sanitaria e pensionistica. Su tali questioni Yanukovich era stato appoggiato dall'opposizione di allora, che dopo il golpe di febbraio è arrivata al potere. Oggi il Partito delle regioni di fatto lavora con Poroshenko, e con esso non abbiamo più nulla in comune.
Quali sarebbero i motivi del divieto del partito?
Il segnale per la persecuzione del Partito Comunista è stato dato da Turchinov, che all'epoca agiva come presidente ad interim dell'Ucraina, e che ora ha assunto la presidenza della Rada Suprema. Dal momento in cui capo dello Stato è diventato Poroshenko, anch'egli ha sostenuto la disposizione data da Turchinov al ministero della giustizia di preparare il processo per la proibizione del partito. Le accuse all'indirizzo del Partito Comunista assumono un carattere generale. Hanno dichiarato che il Partito Comunista è “nemico dell'Ucraina”, che “sostiene i separatisti”, che è “agente di Putin”. Allo stesso tempo ci è stato rinfacciato persino il referendum nazionale, che il Partito Comunista aveva promosso al tempo di Yanukovich, che volevamo far svolgere perché il popolo dell'Ucraina si esprimesse sul corso futuro della politica estera del paese. Questo referendum allora non era stato voluto né dal presidente né dall'opposizione, e la nostra iniziativa era stata bloccata sul piano giuridico.
Quali “prove” giustificherebbero la proibizione del Partito Comunista?
Il procedimento avviato dal Ministero della Giustizia è composto da 18 pagine e da 129 pagine di prove, tratte da fonti aperte – vale a dire, giornali, volantini, video, ecc. Con il loro aiuto cercano di dimostrare che il Partito Comunista di Ucraina avrebbe violato l'articolo 5 della legge dell'Ucraina sui partiti, cioè ci accusano di avere violato la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina.
Ci si riferisce al separatismo?
Naturalmente. Tuttavia, le prove raccolte dal Ministero della Giustizia non sono serie e addirittura sfiorano il ridicolo, poiché si basano su notizie e informazioni riportate da terzi, e persino su citazioni distorte. Hanno addirittura trovato due “ribelli” e “terroristi” che avrebbero dichiarato di essere “rappresentanti del Partito Comunista”.
Per il partito?
No, per la lotta armata con Kiev. Ciò è naturalmente assurdo, dal momento che il Partito Comunista ha sempre chiesto la cessazione del confronto armato. Noi ci siamo pronunciati e ci pronunciamo per un regolamento pacifico, chiediamo la cessazione del fuoco e negoziati. Per questo ci hanno accusato di istigare alla guerra, nella quale con tali dichiarazioni daremmo la possibilità ai separatisti, che agirebbero con il sostegno di Mosca, di rafforzarsi sul piano militare.
Presso la sede centrale del vostro Partito, su un lato sono appesi due striscioni rossi con del filo spinato, su cui sta scritto “Mai più!” e “Comitato per la pulizia”
Ma non solo questo. Hanno dipinto sull'edificio una svastica e varie scritte. La sede centrale del Partito Comunista era stata occupata e saccheggiata dagli “attivisti del Majdan” in febbraio. Gli uffici del nostro partito sono stati incendiati a Lutsk, Chernigov e in altri luoghi. Al momento la polizia non ha ancora fatto sgomberare l'edificio. Nell'edificio della sede centrale del KPU non è possibile lavorare normalmente, e sarebbero necessarie grandi riparazioni.
Sono stati presi di mira solo gli uffici del partito o anche i suoi iscritti?
Giusto. Gli attacchi sono iniziati in Ucraina occidentale e in corrispondenza degli eventi del Majdan sono cresciuti di intensità. Ci sono state irruzioni anche nelle case dei nostri militanti, alcuni dei quali sono stati prelevati e a cui è stato chiesto di rinunciare all'appartenenza al partito. Anch'io, dopo aver partecipato a un dibattito televisivo, sono stato attaccato da un gruppo di persone, e questo è stato il motivo per cui ho dovuto abbandonare lo studio attraverso l'uscita di emergenza. Ma queste persone hanno continuato la loro aggressione, hanno bloccato la mia automobile, fracassandole i vetri, e hanno gettato “bottiglie Molotov”. I deputati del partito fascista “Svoboda” mi hanno spintonato fuori dalla tribuna parlamentare della Rada. E così hanno fatto anche con altri membri del nostro gruppo. Ecco perché ora i deputati comunisti democraticamente eletti devono avere paura a recarsi al parlamento.
Quali conseguenze tutto ciò potrà comportare?
In questo clima di anticomunismo, illegalità e violenza il lavoro parlamentare è impossibile. Nove membri hanno già abbandonato la frazione del KPU, e ora siamo 23.
E dove sono andati questi deputati?
Se ne sono andati in una frazione denominata “Per la pace e la stabilità” che annovera l'oligarca della “Famiglia”, Kurchenko. Serghey Kurchenko a 27 anni è una delle persone più ricche del paese, in Occidente lo chiamano il “Rockefeller ucraino”. Durante il governo di Yanukovich Kurchenko ha fatto i miliardi nel commercio del petrolio e del gas. E proprio come allora comprava le imprese, ora compra i deputati.
Il Partito sta attraversando un periodo complicato e difficile, e la sua immagine non sempre suscita simpatie. Tuttavia, in tutto il mondo stiamo registrando il sostegno e la solidarietà nei nostri confronti, soprattutto da parte dei partiti comunisti.
Gabi Zimmer, a nome della frazione da lei guidata delle sinistre al Parlamento Europeo, ha inviato una lettera al presidente Poroshenko, in cui ha definito illegittima la persecuzione legale e fisica verso il nostro partito e ha espresso la sua protesta.
Che cosa farete, se il KPU verrà vietato?
In tal caso ci appelleremo alla Corte Europea per la difesa dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Per i comunisti ucraini hanno valore proprio quegli stessi diritti dell'uomo, che li si accusa continuamente di violare.
Kijev zabranio KPU, njihov lider poručuje: "Zadnji put smo završili u logorima" - Narodnooslobodilački front Ukrajine: "Boriti ćemo se protiv fašizma u cijeloj Ukrajini, a ruska elita bi se složila s Kijevom jer se boje ustanka na jugoistoku"
Sam termin "narodnooslobodilačka borba" mnoge kod nas podsjeća na herojski zajednički otpor naroda bivše države protiv nacifašističkog režima i njihovih marioneta na ovim prostorima u Drugom svjetskom ratu. Međutim, jesu li doista prevratnička vlada i predsjednik Poroshenko izabran u svibnju ove godine "nacisti", "neofašisti" i mrzitelji svega što dolazi s istoka, posebno ljevičarskih ideja? Sudeći po njihovim govorima, postupcima i mjestima koja su u institucijama državne sigurnosti Ukrajine zauzeli čelnici radikalnih desničarskih skupina, moglo bi se reći da jest tako. Jednako kao i zbog nemilosrdnog ubijanja civila i uništavanja gradova, sela i infratsrukture na istoku zemlje. Podsjetimo i da je Petro Poroshenko uvjerljivo pobijedio na predsjedničkim izborima, ali da je odmah poslije bivše premijerke Julije Timošenko (2,3 milijuna glasova) najviše glasova osvojio čelnik Radikalne stranke Oleg Lyashko (1,5 milijuna). Činjenica je da se Lyashko nametnuo kao ozbiljna politička snaga i u koaliciji s Dmytriyem Yaroshem (Desni sektor) i Olegom Tyahnybokom (Svoboda) na predstojećim parlamentarnim izborima postoji realna opasnost da formira vladu, ili da u njoj bude važan i odlučujući čimbenik.
Stavovi ukrajinskih neonacista su svima poznati, a na Trgu Neovisnosti u Kijevu još uvijek drže svoje falange koje novoizabrani gradonačelnik Kličko ne uspijeva rastjerati i napokon očistiti metropolu. Svi se analitičari slažu da oni tamo predstavljaju realnu opasnost i da je u svakom trenutku moguća pobuna.
Ranije je na tu ideju došao predsjednik parlamenta Alexander Turchinov i naredio odborima da razmotre prijedlog o raspuštanju dijela ili cijele Komunističke partije. Takav nalog je dao nakon jer su zastupnici optužili komuniste za "pomaganje milicija" na istoku. Nekoliko se puta ovaj zakon pokušavao staviti na dnevni red, ali nikada nije bilo dovoljno glasova da se to i učini. Iz petog pokušaja je Vrhovna Rada usvojila ovaj dokument.
"Danas ću poslati zakon predsjedniku i pitati ga da odmah najavi raspuštanje Komunističke partije Ukrajine", rekao je Turchinov nakon glasovanja. Nakon toga su zastupnici u Vrhovnoj Radi počeli pjevali himnu Ukrajine.
Prema dokumentu, čelnik parlamenta ima pravo raspustiti stranku ako je ona u Vrhovnoj Radi zastupljena s manje zastupnika od zakonskog minimuma.
"Zakon predlaže da se utvrdi da parlamentarna skupina broji manje od minimalnog broja zastupnika koji je određen zakonom", reko je Turchinov, a budući da na sjednice u Kijev ne dolaze zastupnici s istoka zemlje, nakon ustanka na istoku zemlje je KPU pala na samo 23 zastupnika, od 33 koliko je imala nakon regularnih izbora, a početkom srpnja ih je preostalo samo šest. Kao što vidimo, ovog puta je također "sve po pravilniku, zakonu i ukrajinskom ustavu".
Komunistička partija Ukrajine je bliski saveznik Stranke regija, a te dvije političke snage prvenstveno imaju podršku na jugoistoku zemlje. Oružanim prevratom u veljači su izgubili svoje pozicije i na vlast je došla radikalna desnica s ulice, uključujući i nacionalističku stranku "Svoboda". Nova vlast se uglavnom oslanja na podršku zapadnih i središnjih regija.
Turchinov, nacionalisti i neonacisti nisu mogli prijeći preko izjava zastupnika KPU, koji su u svibnju ove godine pozvali Turchinova da kao v.d. predsjednik "odmah povuče sve trupe iz istočnih krajeva", nazivajući kampanju Kijeva "ratom protiv vlastitog naroda". Tada su Turchinov i ostali naložili pripadnicima ukrajinske službe sigurnosti da "provjere" aktivnosti komunista i njihove veze sa separatistima" i ubrzo su se počeli nizati "dokazi o njihovoj aktivnosti protiv države". (Od Njemačke 1933. do Ukrajine 2014. - Lažnim i montiranim optužbama nove ukrajinske vlasti žele zabraniti Komunističku partiju)
Petro Symonenko: "Mogu nam zabraniti rad, ali neće zabraniti ljudima da razmišljaju. Prošli put kad se ovo dogodilo komunisti su završili u Auschwitzu!"
Lider Komunističke partije Ukrajine, Petro Symonenko, tvrdi kako "nacifašistički režim želi ušutkati ukrajinske komuniste".
"Mračnjaštvo u parlamentu i izvan njega sve svjedoči o ovom režimu. Konačno je u Ukrajini uspostavljen režim fašističke vojne hunte", izjavio je čelnik Komunističke partije Ukrajine, Petro Symonenko, komentirajući rezultate glasovanja u parlamentu.
Peter Simonenko je naglasio da je cilj tih promjena stvaranje preduvjeta za potpuno eliminiranje Komunističke partije u Vrhovnoj Radi.
"Nacifašistički režim želi ušutkati glasove komunista koji se protive ratu i žele mir u zemlji. Komunisti su ti koji se protive podizanju cijena i ubojitoj mirovinskoj i zdravstvenoj reformi. Komunisti zagovaraju nacionalizaciju strateških industrija i protive se prodaji poljoprivrednog zemljišta stranim vlasnicima, predaje našeg plinskog transportnog sustava međunarodnim korporacijama. Komunisti zahtijevaju otplatu dugova imovinom oligarha,te da se osiguraju mirovine i socijalna davanja, zahtijevaju da se odustane od mučnog zajma Međunarodnog monetarnog fonda. Komunisti se zalažu za pravo svakoga na slobodu savjesti i izražavanja, pravo da govori svoj materinji jezik, pravo da upravlja sudbinom svoje zemlje. Ne želimo okus krvi i rata u što nas žele utopiti neonacisti", rekao je Petro Symonenko.
Čelnik Komunističke partije Ukrajine je također rekao da je moguće da se raspusti parlamentarna skupina i zabrani stranka, ali neće uspjeti zaustaviti ljude da razmišljaju.
"Povijest pokazuje da su nakon zabrane komunisti završili u Buchenwaldu i Auschwitzu, Majdaneku i Babi Yaru", zaključuje lider KPU, Petro Symonenko.
Andrey Medvedev, tajnik Komunističke partije Ukrajine, izjavio je: "Ne postoji ništa čudno, jer se isto događalo u ranim '30-im. Danas sljedbenici fašističke ideologije, djeca i unučadi nacista koji su bili na vlasti u Europi, žele učiniti sve kao bi rat u Ukrajini trajao i dalje".
Stavovi ukrajinskih komunista i naroda jugoistoka Ukrajine se jasno vide u proglasu kojeg je objavio "Narodnooslobodilački front Ukrajine, Nove Rusije i Karpatske Rutenije". Sve što stoji u proglasu objašnjava zbog čega će Bruxelles i eurobirokrati, europska desnica, ali i europski "socijaldemokrati" i dio tzv. "ljevice", šutke prijeći preko zabrane rada Komunističke partije Ukrajine.
Manifest "Narodnooslobodilačkog fronta Ukrajine
Što je cilj naše borbe?
Ukrajina mora biti narodna i socijalna republika bez oligarha i korumpirane birokracije.
Tko su naši neprijatelji?
Neoliberalna i fašistička vladajuća elita koja je u savezu s oligarsima, birokratima, sigurnosnim dužnosnicima i kriminalom, a koja služi interesima stranih država.
Tko su naši saveznici?
Svi ljudi dobre volje koji prepoznaju ideale socijalne pravde i spremni su za borbu u rušenju neoliberalne fašističke države na teritoriju Ukrajine, bez obzira na državljanstvo i nacionalnost.
Što je socijalna narodna republika za koju se borimo?
Socijalna narodna republika je politički oblik društvene organizacije u kojoj se razvijaju svi interesi nacije i provodi sveobuhvatni razvoj
- Duhovni, intelektualni, socijalni, fizički. Najviši cilj je socijalna narodna republika.
- Sva moć pripada narodu, a ostvaruje se kroz izabrana tijela i putem izravne zastupljenosti
- Svaki radnik ima pravo na zdravstvenu skrb, obrazovanje, mirovinu i socijalnu sigurnost na račun države
- Dopustit ćemo sve privatne ili kolektivne inicijative koje imaju pozitivan učinak na ljude i njihov razvoj
- Zabranjeno je kapitalističko lihvarstvo banaka, život od kamata na kredite
- Novac bi trebao biti zarađen ne kroz dužničko ropstvo, nego ostvarivanjem uspješnih projekata
- Država djeluje u ime naroda i kontrolirana je od njegovih predstavnika, najveći je nositelj kapitala i kontrolira sve strateške industrije
- Dopušteno je privatno vlasništvo, ali su ulaganja u politici i gospodarstvu pod kontrolom društva
Koje su metode naše borbe?
Da bi se postigao ovaj cilj mi smo spremni koristiti nenasilne, ali i nasilne metode borbe. Vjerujemo da se sada samo oružjem može braniti vlastita sloboda. Nažalost, zbog onoga što se događa u Ukrajini borba je jedini način postizanja političkih ciljeva.
Što se događa u Ukrajini?
Na području Ukrajine je u tijeku nacionalno oslobođenje i pobuna protiv neoliberalne fašističke vladavine terora. U našoj zemlji propaganda pokušava fašizam prikazati kao liberalni kapitalizam.
Što je Ukrajina?
Ukrajina je područje između Europske unije i Rusije, ima kršćansku tradiciju i nastanjena je različitim narodima - Ukrajincima, Rusima, Bjelorusima, Moldavcima, Bugarima, Mađarima, Rumunjima, Poljacima, Židovima, Armencima, Grcima, Tatarima, Rusinima i drugima - koja ima dugu tradiciju narodne samouprave i političke borbe za slobodu naroda.
Što se događa u jugoistočnoj Ukrajini?
Jugoistok ili Nova Rusija je u fazi političke pobune naroda protiv neoliberalne fašističke vladavine postavljene u Kijevu uz potporu zapadnih mentora. Taj ustanak uključuje sve narode - Ukrajince, Ruse, Grke, Armence, Židove, Mađare, Rumunje i tako dalje.
Da li je u Jugoistoku rat između Rusije i Ukrajine?
Ovo nije rat između Rusije i Ukrajine, kao što tvrdi fašistička propaganda, nego pobuna potlačenih naroda protiv zajedničkog neprijatelja – terora fašističkog neoliberalnog kapitalizma.
Na obje strane se bore pripadnici svih naroda. "Vlasti" u Kijevu su dovele plaćenike i ljude prevarile propagandom da se bore za interese krupnog kapitala, kriminalaca i birokrata. Jugoistok se bori za interes naroda i svoju slobodnu i demokratsku budućnost.
Ima li različitih interesa za Ruse i Ukrajince tijekom događaja u Ukrajini?
Rusi i Ukrajinci dijele zajedničke društveno-političke interese, a to je oslobođenje Ukrajine od terorističke vladavine kapitala.
Zašto je ustanak na Jugositoku obilježen ruskom sloganima?
Jer su Rusi i rusko govorno stanovništvo Ukrajine doživjeli dvostruki progon, društveni i gospodarski, kao i kulturni i politički.
Socio-ekonomsko ugnjetavanje, korupcija, zločini, nemogućnost normalnog poslovanja i normalnog života, mizerne plaće koje ovise o "gospodarima života", to je postalo "pravilo" za svakog radnika u Ukrajini. Zabrana ruskog jezika u regijama u kojima više od 90 posto stanovništva govori i misli na ruskom jeziku, zabrane nastave u ruskim školama, zabrana upotrebe ruskog jezika u pravnim i administrativnim poslovima i mnogi drugi apsurdni zahtjevi koji su očita segregacija. Dodatno ponižavanje fašista ruskog govornog stanovništva Ukrajine. Dakle, rusko govorno stanovništvo i ruska manjina su na prvom mjestu.
Mi tražimo pravdu za sve potlačene ljude Ukrajine!
Zašto Rusija pomaže jugoistoku Ukrajine?
Znatan dio ruske elite se boji nacionalnog društveno i političkog protesta. Oni bi se rado složili s Kijevom i okončali rat na Jugoistoku. No bijes narodnog ustanka protiv oligarhijskog i birokratskog liberalnog kapitalizma to ne dopušta. Ruski narod ne podržava samo borbu jugoistočne Ukrajine. Na to je prisiljena i ruska elita, često usprkos svojim strateškim interesima, te i ona podržava ili se pretvara da podupire pobunu jugoistočne Ukrajine.
Zašto SAD i EU pomažu režim u Kijevu?
Glavni cilj Sjedinjenih Američkih Država je borba s Rusijom, kao glavnim geopolitičkim suparnikom. SAD žele stvoriti antirusku državu s NATO bazama na ruskim granicama, ili stvoriti kaos, destabilizirati regiju. EU treba dodatna tržišta i izvore jeftinih sirovina.
To podupire borbu jugoistočne Ukrajine?
Borbu naroda Ukrajine, kojoj je glavno uporište jugoistočna Ukrajina, održava i razvija želja naroda Ukrajine za slobodom od neoliberalne fašističke dominacije vladajućih elita i svijest o općim društveno-političkim interesima i ciljevima borbe.
Je li borba Jugoistoka separatizam?
Mi se borimo na cijelom teritoriju Ukrajine. Pobunjenici Jugoistoka, ili Nove Rusije, poslali su svojoj braći i sestrama u svim regijama Ukrajine slogan: "Ustanimo protiv zajedničkog neprijatelja!" Mi ćemo stvoriti novo slobodno društvo i odgovornu vlast u cijeloj Ukrajini, pa i Novoj Rusiji.
Što mislite da će se dogoditi nakon pobjede narodnooslobodilačke revolucije i raspada ovog režima? Hoće li se stvoriti nova država na teritoriju Ukrajine u kojoj će vlast pripadati narodu, ne samo na riječima, nego u djelima?
Stanovništvo svake regije će na referendumu, kao najvišem obliku demokracije, odrediti budućnost svoga kraja i hoće li će ostati u jedinstvenoj saveznoj državi, konfederaciji ili želi punu neovisnost.
Kako će izgledati politička vlast nakon pobjede narodnooslobodilačke revolucije?
Politička moć će se temeljiti na načelu izravne narodne predstavničke demokracije. Organi demokracije će biti formirani, počevši od razine lokalnih vijeća i Vrhovnog vijeća, na temelju reprezentativnih delegata iz teritorija delegata iz radnih skupina i stručnih korporacija i sindikata, delegata iz političkih, vjerskih i društvenih organizacija.
Najviše tijelo naroda će biti Vrhovno vijeće, sastavljeno od delegata iz regionalnih vijeća. Vrhovno vijeće bira vladu koja ljudima odgovara preko svojih predstavnika. Mi se zalažemo za izbor sudaca i čelnika agencija za provođenje zakona na terenu.
Što će biti s regijama nakon pobjede narodnooslobodilačke revolucije?
Prijave na: avnoj.slovenija @ gmail.com ali
https://www.facebook.com/pages/Međunarodni-KAMP-MIRA-Srebrenica/262826227219728
presso:
Casa del Popolo "Palmiro Togliatti" di Borgo San Sergio, Via di Peco 7, Trieste
V Naselju sv. Sergia Ljudski dom "Palmiro Togliatti", Ulica di Peco 7, Trst
Festa provinciale ANPI
Praznik pokrajinskega VZPI
Apertura chioschi gastronomici alle ore 18.
Ob 18. uri odprtje kjoskov
evento Facebook: https://www.facebook.com/events/354134671400431/
DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA
The Atomic Bombings of Hiroshima and Nagasaki Poster Exhibition
Maria Rosa Pavanello, sindaca di Mirano
Gian Antonio Danieli, già segretario IPPNW-Premio Nobel per la Pace 1985
Vincenzo Guanci, coordinatore Centro Pace Legalità «Sonja Slavik»
FINO AL 9 AGOSTO
OGNI GIORNO dalle h 17,00 alle h 19,00
Da: "Beppe Vergara" <gvergar64 @ alice.it>Oggetto: Lipa a Trieste Estate 2014Data: 21 luglio 2014 22:38:53 CEST
L’intento dello spettacolo è quello di far conoscere questa triste vicenda attraverso un testo che intreccia il linguaggio storico a quello narrativo, grazie alla forma del reading musicale. L’entrata sarà libera.
Rostov sul Don - Novarossia
BANDA BASSOTTI - CAROVANA ANTIFASCISTA
http://www.becrowdy.com/banda-bassotti-no-pasaran
COMUNICATO DELLA BANDA BASSOTTI
Ci rivolgiamo alla nostra grande Famiglia, a tutti i Banditi senza Tempo, agli Antifascisti, alla Classe Operaia, ai lavoratori, ai disoccupati e agli sfruttati. Dovunque essi siano.
Da molti mesi assistiamo ad una politica del silenzio. In tutta europa non trapelano notizie di quello che il governo nazista di Kiev sta facendo nel Donbass ed in tutta l'Ukraina. La stampa italiana ed europea e' completamente asservita all’Unione Europea ed alla politica degli Stati Uniti d'America. Nessuna notizia riguardante i bombardamenti sui civili, le persecuzioni di Russi, di comunisti e di chiunque possa sembrare un Partigiano delle milizie Popolari; nessun cenno al fatto che l’”europea” Ukraina sia il più grande laboratorio per il neonazismo internazionale.
Stanchi di questo, in completo accordo con le Milizie Popolari della Novarossija stiamo organizzando una carovana antifascista con raccolta di fondi, portando nelle terre del Donbass la nostra solidarietà antifascista e un concerto. Come già abbiamo fatto in Nicaragua nel 1984, in Salvador nel 1994, in Palestina nel 2004 siamo pronti per questo viaggio. Dal 26 al 30 settembre 2014 saremo nelle terre che resistono all'attacco dei nazisti, visiteremo Novarossija. Il nostro programma prevede un concerto a Rostov on Don, la città che ospita un immenso campo profughi e un concerto in Novarossija. Non possiamo dire dove, impossibile visti i bombardamenti, ma faremo il possibile. A tutti gli antifascisti chiediamo un aiuto economico per il viaggio e per portare materiale alle popolazioni del Donbass. Sappiamo di contare su una grande Famiglia.
Come già in Spagna nel 1936 dove migliaia di Internazionalisti hanno combattuto a fianco della Repubblica di Spagna: NO PASARAN
Intellektuelle melden sich in Hintergrund zu Wort. Kommentare zur Grass-Debatte von Moshe Zuckermann, Noam Chomsky, Domenico Losurdo, Rolf Verleger, Ekkehart Krippendorff, Norman Paech, Adam Keller, Michel Warschawski, Tariq Ali, Yonatan Shapira, Yakov M. Rabkin, Moshé Machover, Brian Klug, Enzo Traverso, Gilbert Achcar und Jean Ziegler
Oštre reakcije na pesmu slavljenog i osporavanog nemačkog pisca
Günter Grass: Ono što se mora reći
Zašto šutim, predugo prešućujem,
ono što je očigledno i uvježbavano u pomno planiranim igrama,
na čijem kraju kao preživjeli mi smo
jedino fusnote.
To je sačuvano pravo da napadnu prvi,
koje bi moglo uništiti hvalisavcem podjarmljeni
i do organiziranog klicanja dovedeni
iranski narod,
jer se na području pod njegovom vlašću
o gradnji atomske bombe nagađalo.
Ali zašto samome sebi zabranjujem
imenovati onu drugu zemlju
u kojoj već godinama – iako potajno –
postoji i raste nuklearni potencijal,
doduše izvan kontrole, jer je svim
provjerama nedostupan?
Opće prešućivanje činjenica,
kojem se moja šutnja podredila,
osjećam kao tešku, opterećujuću laž
i kao prisilu, uz kaznu u slučaju nepoštovanja;
presuda “antisemitizam” sasvim je uobičajena.
I onda baš iz ove zemlje,
koju stalno sustiže njezin zločin, po svemu
neusporediv,
i svaki je put iznova pozivana na odgovornost,
još jednom, čisto poslovno, iako
u izjavi je hitroj to objašnjeno kao kompenzacija,
doprema se Izraelu još jedna podmornica
čija se posebnost sastoji u tome
da usmjerava sveuništavajuće bojeve glave
tamo gdje postojanje atomske bombe nije dokazano,
ali je kao pretpostavka već potvrđeno,
I zato ću sada reći, ono što mora biti rečeno.
Zašto sam dosad šutio?
Zato što sam mislio da mi moje podrijetlo
označeno nepopravljivom sramotom,
ne dozvoljava da zahtijevam izricanje
činjenica kao jedine moguće istine
prema zemlji Izraelu, s kojom sam povezan
i s kojom i dalje povezan želim biti.
Zašto ovo govorim tek sada,
Ovako star, posljednjom svojom tintom:
Atomska sila Izrael ugrožava
Ionako krhki svjetski mir?
I mora se reći,
jer sutra je možda već prekasno;
pogotovo za nas koji – opterećeni ionako što smo Nijemci –
možemo postati isporučitelji zločina,
koji je predvidljiv, zbog kojeg se naše saučesništvo
ne može prebrisati uobičajenim opravdanjima.
I priznajem: ne šutim više,
sit sam licemjerstva Zapada;
i želim se nadati,
ukinuti svako prešućivanje,
pozvati izazivače stvarne opasnosti
da odustanu od nasilja
i insistirati da se dopusti
nesmetana i trajna kontrola
izraelskog atomskog potencijala
i iranskih atomskih elektrana
od istih međunarodnih institucija
prihvaćenih u vladama obje zemlje.
Samo na taj način, Izraelcima i Palestincima,
i ne samo njima, nego svim ljudima koji žive tamo,
u tom zabludama okupiranom dijelu svijeta,
gužvovitom i zavađenom odavna,
a zatim i svima nama, može se na kraju pomoći
___
(pjesmu s njemačkoga preveli Anne-Kathrin Godec i Miljenko Jergović)
« Ce qui doit être dit »
Source: Süddeutsche Zeitung (Allemagne)
Traduit de l’allemand par Olivier Mannoni
Posted on 26 luglio 2014 by diecifebbraio1
Il 21 luglio scorso il Consiglio comunale di Trieste, con un unico voto contrario (Federazione della Sinistra) e tre astenuti (due PD e uno SEL) ha approvato la seguente
MOZIONE URGENTE
Oggetto: 26 ottobre 1954-2014
I sottoscritti consiglieri comunali
Preso atto che il 26 ottobre 2014 ricorre il sessantesimo anniversario del ritorno definitivo di Trieste all’Italia;
Ricordato che il 2014 è l’anno delle celebrazioni dell’inizio della Prima Guerra Mondiale e del lungo Novecento che ha visto Trieste contesa fino al Memorandum di Londra che la riunificò alla Madre Patria;
Evidenziato che in un anno ricco di celebrazioni non si può dimenticare questa data simbolo di tutto il Novecento per l’Italia, per Trieste e per tutto il confine orientale, compiendo atti di “giustizia storica” anche nei confronti di quanti si sacrificarono e morirono per l’italianità della Città;
IMPEGNANO
il Sindaco e la Giunta a commemorare degnamente l’anniversario ed i suoi protagonisti attraverso:
• la convocazione di un Consiglio comunale straordinario che commemori l’evento;
• il conferimento della Cittadinanza Onoraria all’VIII Reggimento Bersaglieri di cui facevano parte i reparti italiani che per primi giunsero in Città il 26 ottobre 1954;
• l’intitolazione di una via cittadina o l’apposizione di una targa che commemori la fine dell’occupazione jugoslava il 12 giugno 1945 e la fine della seconda guerra mondiale per Trieste.
Mozione firmata da Franco Bandelli e Alessia Rosolen (Un’altra Trieste, formazione politica che si situa a destra di AN e forse anche di Fratelli d’Italia, tanto per inquadrare l’area politica).
Che dire? innanzitutto che la data del 26 ottobre 1954 (ritorno della sovranità italiana su Trieste, peraltro in barba agli accordi che sancivano l’esistenza del Territorio Libero) non c’entra assolutamente con quella del 12 giugno 1945 (quando gli Jugoslavi lasciarono l’amministrazione della città agli angloamericani), e che attaccare le due cose assieme è solo l’ennesimo modo per fare mistificazione storica.
Ma anche “commemorare” la fine “dell’occupazione jugoslava” è un modo per mistificare e riscrivere la storia. Perché si parla di “occupazione” jugoslava a Trieste e non di “occupazione” angloamericana per le altri parti d’Italia liberate dagli eserciti alleati? (Era un esercito alleato anche la Jugoslavia, nonostante molti continuino pervicacemente ad ignorarlo).
Inoltre, la “fine della seconda guerra mondiale” a Trieste come in Italia e negli altri paesi si è avuta il 10 febbraio 1947, con la firma del Trattato di pace, data che invece è stata oggetto di ulteriore mistificazione essendo stata dichiarata Giorno del ricordo dell’esodo e delle foibe.
Che la destra più retriva, anticomunista e nazionalista, si faccia carico di presentare simili proposte non stupisce. Scandalizza invece il fatto che tali contenuti vengono oggi, a distanza di settant’anni, fatti propri anche dalle forze che non osiamo definire “di sinistra”, ma che pensavamo almeno sinceramente democratiche.
Così ci domandiamo come mai il sindaco Cosolini, PD con un ventennale passato nel PCI, possa avere già fatto proprio un ordine del giorno in cui si impegnava a porre una targa per “celebrare la fine dei quaranta giorni di occupazione”.
Non si può cancellare la realtà storica, e cioè che l’arrivo dell’Esercito jugoslavo a Trieste ha significato la sconfitta del nazifascismo, e che i tanto conclamati “crimini delle foibe” sono nulla più che l’esagerazione esasperata di fatti avvenuti a Trieste come in tutte le altre città alla fine del secondo conflitto mondiale, e che vengono stigmatizzati nel modo che sappiamo solo perché a Trieste i partigiani ed i liberatori erano “slavi” e “comunisti”. Che invece di considerare che alla fine della guerra si ebbero in tutta Europa episodi di giustizia sommaria, qui si parla di “martiri delle foibe” comprendendo anche persone che avevano collaborato con il nazifascismo, che avevano fatto parte di organismi di repressione che rastrellavano, torturavano, assassinavano e mandavano a morire nei lager gli antifascisti e gli ebrei e gli “slavi” considerati “razze inferiori”; e che, atteggiamento schizofrenico tipicamente italiano, il 27 gennaio si commemorano alla Risiera le vittime di alcune persone che vengono commemorate il 10 febbraio.
Ho scritto che non si può cancellare la realtà storica, ma ho sbagliato: avrei dovuto scrivere che non si dovrebbe cancellarla, dato che per potere possono e lo stanno facendo.
Ed intanto il nazifascismo sta riprendendo piede in tutta Europa: ma ad essere criminalizzati, in Italia, sono solo gli antifascisti di sinistra.
Claudia Cernigoi, 25 luglio 2014.
Dissecting Ukraine’s ‘democracy’: Poroshenko and the neo-Nazis
Victor Shapinov of the Ukrainian Marxist organization Union Borotba (Struggle) here analyzes the forces at work behind the announcement by President Petro Poroshenko officially ending the Kiev junta’s ceasefire with the Donetsk and Lugansk people’s republics of the Donbass region. The article originally appeared on the website ActualComments.ru and was translated by Workers World contributing editor Greg Butterfield.
June 30 — Yesterday’s bloodthirsty rally on the Maidan, where thousands of people demanded the resumption of hostilities in the Donbass, shows the sad realities of the political system established after the victory of Euromaidan. In this system, a radical nationalist minority can effectively impose its political will on the majority.
It is obvious that voters in central and western Ukraine cast their ballots for Petro Poroshenko as a moderate leader of the Maidan, hoping for a political settlement and peace. By contrast, support for nationalist politicians who advocate extreme methods — Oleg Lyashko, Oleg Tyagnybok, Dmitry Yarosh — was not great.
While he is apparently trying to be moderate — and certainly he does not want to go down in history as Peter the Bloody — Poroshenko is held hostage by an extremist minority, well-organized and well-funded. He cannot conduct actual negotiations, as even a fake truce immediately causes an uproar from the nationalist crowd and open accusations of betrayal.
All this makes the political system of the new Kiev regime extremely unstable. Small in relation to the multimillion population of Kiev, the crowd outside the Russian Embassy can impose its desire for a pogrom on ministers and deputies. Small in relation to the population that voted for Poroshenko, Maidan can put pressure on the president and push him to continue the insane war in the Donbass.
Those who say of the Maidan, “This is democracy,” completely misunderstand the political reality. It’s not a democracy, and not only because the regime suppressed its political opponents in the southeast with police and military methods. It’s not a democracy because it deprives its own moderate supporters of a voice, making them hostages to the madness of the fascists.
To paraphrase a famous quote, democracy is only for them — not the power of the people, not even the notorious “democratic procedures.” Democracy for the Maidan is “unrestricted by any laws. It does not anguish over rules. The power of the democrats rests directly on violence.”
In fact, this political system is much more authoritarian compared to the rather bland [former Ukraine President Viktor] Yanukovych regime, and even more so than those regimes that the West regards as dictatorial.
The danger of such a hypertrophied right-wing minority having influence over Kiev lies also in the fact that this minority is very easy to manipulate. And not only by [appointed Dnipropetrovsk Gov. Igor] Kolomoisky or certain circles of Western imperialism, but, if you consider it, also by Russia. Don’t they provide excellent reasons for intervention by the Russian Federation when they destroy diplomatic missions and the property of diplomats? Don’t they create an image the Kiev government would prefer to avoid before international public opinion?
But there is no way to get away from them. Without this nationalist minority, the Maidan movement would have failed to overthrow Yanukovych. The Kiev junta is not strong enough to arrange its own “Night of the Long Knives,” modeled on the one that Hitler gave his more radical “storm troopers.” Yes, Poroshenko simply has no armed force capable of resisting armed right-wing pressure.
The neo-Nazis are armed, and getting combat experience. And who does Poroshenko have? Demoralized police? A decaying army, which must be driven to the slaughter? The SBU [political police], which in its best years was engaged mainly in the racketeering business?
Probably some “moderate” politicians from Maidan believe that the most hard-bitten nationalists will fall in the fields of Donbass. But in fact, we see that many of them are not in a hurry to go to the front, preferring to monitor the political situation “in the rear.” And this is modern warfare — it’s still not World War II with its millions of victims. Most of the Nazis remain alive and will return, gaining combat experience, accustomed to death and violence.
Overall, the prospects for the development of the political situation give little cause for optimism. The radical Nazi minority has felt its power and will use it, because in Kiev there is no force capable of resisting the Nazi troops. Those forces are in the Donbass, in the southeast. But for the inhabitants of these regions, the line between moderate “Maidan activists” and Nazi goons is erased. They will overthrow the post-Maidan government in general, making no distinction between Poroshenko and Yarosh. And the inhabitants of the southeast are right, because Poroshenko’s administration would not exist without the fascists. Their differences are all formal. They strengthen and reinforce each other.
Interview with Borotba — ‘They hate us because we are communists’
Workers World is publishing parts of this interview by Andrej Hunko, who is a member of the German Bundestag (Parliament) from the Left Party (Die Linke), with Borotba leader Sergei Kirichuk. The entire interview is at tinyurl.com/mj36exz
July 9, 2014 — Sergei Kirichuk is a founding member and coordinator of the Ukrainian left-wing organization Borotba (Struggle). He left Ukraine because of the repression against his organization. Borotba is discussed controversially due to accusations by anarchist organizations from Ukraine. I confronted Sergei Kirichuk with the accusations.
What are the current conditions for political work for Borotba members in Ukraine?
Our organization now is under strong attack by the Kiev regime. One of our comrades, Andrej Brajevsky, was killed during the massacre in Odessa on May 2, many of our leaders are on a wanted list of the government’s prosecution office. Some leading comrades are still in Ukraine but they are working now under very dangerous conditions. Neo-Nazi gangs tried to kidnap Denis Levin and Svetlana Licht in Kharkov [1].
All of our offices were destroyed and partly occupied by fascists. The so-called National Guard that was created from right-wing paramilitary forces from the Maidan and that is now the legal disguise for them, attacked our last office in Kharkov. [2]
A few days ago, our fellow activist Maria Matushenko was kidnapped from her apartment in Dnipropetrovsk. She was kidnapped by the secret police, who took all electronic devices of her family (two laptops, four cell phones, one tablet PC). Later she was released and fled the country. Other comrades have been arrested and tortured by the police in Kharkov. Police officers tried to get information about the whereabouts of our leading comrades. Many comrades have left their apartments in order not to get arrested.
At the moment we have no political democracy in our country. Instead, we are confronted with a civil war in Ukraine.
Since the Maidan protests and the ousting of President Yanukovitch, the conflict in Ukraine has escalated into an armed conflict in the eastern parts of the country. What are Borotba’s proposals for a resolution of the conflict?
We are supporters of a peaceful solution, and we sharply criticize the military hysteria inside Ukrainian society. We are part of the Minsk Declaration [3] peace process, a declaration created and signed by Ukrainian, Belorussian and Russian left activists in order to build up pressure towards all governments involved in the conflict to stop the war.
The declaration of the left forces is calling for solidarity with the left forces in our countries:
“We express our solidarity to all participants of the Ukrainian left-wing movements who are fighting against war, nationalism and xenophobia. We consider it necessary to provide them with all possible information, political and material support. We oppose the pressure, pogroms and reprisals by all participants of the conflict. We oppose the massacres, torture and abductions of Ukrainian leftists, anti-fascists and all Ukrainian citizens, regardless of their political views. We oppose political persecutions in the Crimea region as well.”
Of course this position is under attack by the mainstream media who are accusing us of supporting “terrorists” and “separatists.” But we strongly insist that a military solution is impossible in this conflict.
We are proposing a plan for the re-establishing of the Ukrainian state. That means that we are supporting the idea of a federal state with wide autonomies for the people of the southeast, furthermore the recognition of social, economic and cultural rights of the regions, recognition of language equality, and a neutral status of Ukraine in international relations. One important condition is to stop the glorification of Nazi collaborators.
In the German media, the forces of the so-called “People’s Republics” of Donetsk and Lugansk are portrayed as “pro-Russian separatists.” How would you analyze the political actors and what is your relation to them?
We should keep in mind that the protests in the southeast developed in a way very similar to what happened at the Maidan. People organized large protests and demonstrations in the main cities. They were demanding rights and respect. When the government ignored their protest, they occupied administrative buildings. The answer of the “democratic” Maidan government was riot police and special forces. Hundreds of activists were arrested and imprisoned at a time when the Maidan protesters were still occupying administrative buildings in Kiev. We are being confronted here with a government that is showing ugly double standards.
It is true that many people in the east feel pro-Russian. But this fact cannot be considered a crime! There are many different reasons for people to feel pro-Russian in this part of Ukraine. Some people feel very strongly about the common language and history, some people feel strongly about a common culture and religion, but a lot of people are also worried about their jobs.
The southeast regions are still producing many high-technology products like aviation engines, space rockets, orbit satellites, airplanes, machinery, equipment, etc. These products are not allowed to be exported into the European Union. They can be exported only to Russian and Asian markets. A lot of young highly qualified workers and engineers also want to work in the technologically advanced industry sector and create something important.
The real separatists are sitting in the Kiev government. They split the country with their decision to sign the free-trade zone agreement (not supported by half of the country), with the abolition of the language law (that had been giving some rights for Russian language speakers), and with the glorification of Nazi collaborators in the country, where one in five inhabitants was killed during the Nazi occupation.
For example, in Kharkov the protest movement started as a campaign to protect the local Lenin monument. Thousands of people, men and women, young and old, workers, jobless, students and engineers were on duty near the monument day and night. Sometimes, fascists attacked them with sticks and rubber bullets. For Borotba it was our duty to be with them and among them.
The protection of Lenin monuments was an important beginning of resistance. Then we had so-called city meetings. Thousands of people were coming to the central Freedom Square and all of the political groups tried to promote their political line.
We openly spoke from the stage about socialism, internationalism and the anti-capitalist struggle. At that time, Russian nationalists were a small minority within a huge popular movement. They have become much more important now after the government and neo-Nazi gangs attacked and defeated left forces.
We have totally different political views from the nationalists. Sometimes we had skirmishes with them. Russki Vostok (Russian East) made a statement later and blamed us for the defeat of the popular movement in Kharkov. Some pro-Russian forces said that it was a mistake to speak about an anti-oligarch struggle. But our position was always very clear: There is no anti-fascist struggle without fighting for socialism. …
Regarding the accusation against us: We are not a “pro-Russian” organization. We are fighting for the rights of the working class, youth and women. Neither Russian nor Ukrainian nationalism is acceptable for us. Our ideology is proletarian internationalism. So we hate the oligarchs of Russia and Ukraine. Our partner in Russia is the Left Front. Many of their activists are in prisons now and we are showing our solidarity with them.
At the same time, we support democratic rights for Russian citizens of Ukraine. They have the right to use their language and to protect their cultural values. We support the idea of language equality and resist the idea of a Ukrainian ethnic state. We support the idea of a democratic federation for Russians and Ukrainians with wide autonomy for regions. We also support the idea to guarantee the rights for Romanian, Moldovan, Greek, Bulgarian, Roma and other minorities. …
Speaking of anti-Semitism, Borotba has also been accused of tolerating the anti-Semite Aleksej Bljuminow, who is an editor of Wechernij Lugansk. What is Borotba’s relation to him?
Aleksej Bljuminow created problems also in other political parties. He was in our organization for a short time. Then he supported the Maidan protests and left our movement. Now he supports the “separatists.” During his stay with us and later on, I never heard any kind of anti-Semitic statements by him. We have zero tolerance to anti-Semitism and xenophobia in our organization, and we organized a lot of political protests against anti-Semitism.
We have a few comrades that have had a nationalist subculture past, but now they are dedicated to ideas of communism and internationalism. We will always follow proletarian political lines. Anti-Semitism, xenophobia and sexism are not acceptable for us.
We face accusations from the government, the media and liberal-nationalists. They hate us because we are communists, because we are defending Marx and Lenin — and socialism! We stand together with the working class and the youth against racism and fascism. Even in terror conditions we organized actions to support workers’ unions. [4]
What is Borotba’s analysis of the Maidan movement?
We said that this movement was very reactionary from the very beginning. We were totally against the free-trade zone with the EU because it leads directly towards a Greek scenario. The Maidan protests created a cult of individual success. They had no left-wing ideas there.
Of course not all of the movement was fascist, but it was very anti-communist. They destroyed Lenin monuments all over the country. One of the main problems was that the Maidan protesters claimed that the so-called “Soviet mentality” did not give us any possibility to become free and rich. On the Maidan, they even have a symbolic border: When you enter the Maidan you can see an announcement that you are leaving the Soviet Union and entering the European Union.
But they had a very specific understanding of European values. The fascists on the Maidan were a minority in the beginning, but they were tolerated by the majority of the protesters. Then, they became an active minority and injected their political agenda into the whole movement. This movement was sponsored by the richest people of Ukraine and the victory on the Maidan was very beneficial to them.
They called it a revolution of dignity, but now the supporters of the Euromaidan in Kharkov have created a website to collect the personal data of anti-government activists, including their home addresses and their places of work.
The results of the victory of this movement are the private armies of the oligarchs, an oligarch president, oligarchs and fascists in government, oligarch-governors, economic collapse and civil war in Ukraine.
[1] https://www.youtube.com/watch?v=iSxb0NAjSbE
[2] https://www.youtube.com/watch?v=hKcLuZiiCIM and https://www.youtube.com/watch?v=Klw_Ar9Aq5I
[3] http://liva.com.ua/conference-antiwar.html
[4] https://www.youtube.com/watch?v=fwRmfBvH6jk
di Fabio Amato e Paolo Ferrero
Condanniamo nel modo più assoluto la nuova legge elettorale voluta dal governo di Kiev e dei suoi sostenitori neonazisti che mette al bando il Partito Comunista Ucraino, forza parlamentare di opposizione che ha oltre il 13% dei voti e che è stata vittima in questi mesi di intimidazioni, attacchi ai suoi dirigenti e sedi, minacce fisiche e attentati. Esprimiamo la piena solidarietà al PC ucraino e alle forze di opposizione al governo neofascista di Kiev. Ci associamo alla richiesta del gruppo del Gue-Ngl di intervento da parte del Parlamento Europeo e delle istituzioni dell’Ue contro questo sopruso. L’Unione Europea, e con essa il governo italiano, vogliono essere ancora complici di questa ennesima violazione democratica dei loro alleati neonazisti di Kiev?