Informazione


Sionismo e Fascismo

1) Israele e Jugoslavia (A. Martocchia)
2) Antisemitismo, Fascismo e Sionismo (F. De Leonardis)
3) Israele e nazisti ucraini uniti nella lotta (Contropiano)
4) Israele. Verso il fascismo (M. Warschawski)


Leggi anche:

Le sionisme comme nationalisme extrême 
par Rudolf Bkouche, membre de l’Union Juive Française pour la Paix - 24 juillet 2014
http://www.michelcollon.info/Le-sionisme-comme-nationalisme.html

Finkelstein: Basta strumentalizzare l’Olocausto per difendere Israele
Lo storico e politologo ebreo accusa: «I miei genitori hanno partecipato alla rivolta del ghetto di Varsavia e l’intera mia famiglia è stata sterminata dai nazisti. Proprio per questo considero spregevole strumentalizzare l’Olocausto».

The Communist Party of Israel strongly condemns Israeli aggression in Gaza and rejects any attack on civilians (CPI / July 12, 2014)
http://maki.org.il/en/?p=2659

La fatica di essere ebreo e difendere il popolo palestinese
di  Stefano Sarfati Nahmad, su Il Manifesto del 26.7.2014
http://ilmanifesto.info/la-fatica-di-essere-ebreo-e-difendere-il-popolo-palestinese/

Manifestazione per la Palestina degli ebrei antisionisti a New York - 9 Luglio 2014
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=421:manifestazione-per-la-palestina-degli-ebrei-antisionisti-a-new-york

Moni Ovadia: Gaza e la questione palestinese
Assemblea nazionale L'Altra Europa - 19 luglio 2014

Moni Ovadia: perchè Israele non vuole la Pace
Libera.Tv, 19 luglio 2014

Moni Ovadia: "Israele non vuole la pace"
Moni Ovadia denuncia la mancanza di informazione corretta su quanto sta accadendo in Medio Oriente e sottolinea le ragioni reali dell'invasione della Striscia di Gaza. "Israele non vuole la pace" denuncia l'intellettuale ebreo, "i palestinesi vivono in gabbia sotto un assedio continuo e l'America e l'Europa si bevono la comunicazione imperante: 'Ci buttano i missili e noi abbiamo il dovere di difendere la nostra popolazione'. Ma non è così". L'intervista di Carla Toffoletti
AUDIO: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Intervista-telefonica-Moni-Ovadia-6db16bfa-6182-4f71-baa0-be934d24bb30.html

Gideon Levy: “Israele non vuole la pace”
9 lug 2014 - L’atteggiamento di rifiuto è intrinseco alle convinzioni più radicate di Israele. Qui risiede, a livello più profondo, il concetto che questa terra è destinata solo agli ebrei. Il dato di fatto più evidente è il progetto di colonizzazione. Fin dalle sue origini, non c’è mai stato una più attendibile o più evidente prova inconfutabile delle reali intenzioni di Israele…
http://nena-news.it/gideon-levy-israele-non-vuole-la-pace/

Internationally renowned conductor Daniel Barenboim speaks out in sympathy with the Palestinians
By Fred Mazelis / WSWS, 29 July 2014


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Israele e Jugoslavia

(…) Alla fine degli anni Ottanta infuriò anche una virulenta polemica internazionale sulla figura di Kurt Waldheim, che aveva avuto ben due incarichi come Segretario Generale dell’ONU e nel 1986 fu eletto presidente in Austria. In sostanza, in occasione della campagna elettorale (1985-1986), le opinioni pubbliche occidentali scoprirono casualmente che Waldheim aveva celato il suo passato da ufficiale nazista nei Balcani. (…)
Anche Israele ebbe un ruolo-chiave nella denuncia dell'affaire Waldheim, per le persecuzioni subite dagli ebrei in Grecia. Questo potrebbe far pensare che sia esistita una convergenza tra le diplomazie della RFSJ e dello Stato di Israele almeno sul caso Waldheim, ma le cose stanno ben diversamente. Nel secondo dopoguerra, i rapporti tra la Jugoslavia ed Israele avevano avuto andamenti molto diversi. Nel 1947 all’ONU i rappresentanti della Jugoslavia, pur comprendendo le aspirazioni ebraiche ad uno Stato indipendente, si mostrarono favorevoli piuttosto alla creazione di uno Stato binazionale in Palestina, tanto che all’Assemblea Generale nel novembre non votarono per la Risoluzione sulla partizione di quel territorio. E’ evidente che questa scelta rispecchiava l’ideale multinazionale cui si ispirava la stessa struttura dello stato socialista jugoslavo. Tuttavia, in seguito alla proclamazione dello Stato di Israele, la Jugoslavia lo riconobbe già il 19 maggio 1948. [66] Anche per la significativa presenza ebraica sul territorio e per il ruolo svolto dalla comunità ebraica nella Resistenza e nel movimento comunista, nella Jugoslavia socialista non poteva sussistere storicamente alcuna ostilità verso gli ebrei (se non nelle frange sconfitte del nazifascismo cattolico): fu dunque ben tollerata anche la emigrazione ebraica verso la Palestina, furono instaurate relazioni commerciali, culturali e diplomatiche con Israele. 
I rapporti con Israele si deteriorarono però velocemente in seguito alla crisi del Sinai ed alla costituzione del MPNA [Movimento dei Paesi Non Allineati] (Conferenza di Bandung, 1955), fino ad essere completamente interrotti già nel 1967 per diretta iniziativa [67] di Tito. Nelle sue politiche di pace, era questa la prima volta dalla II Guerra Mondiale che la RFSJ rompeva i rapporti diplomatici con uno Stato. [68] 
Meriterebbe in effetti una approfondita analisi l’atteggiamento tenuto da Israele e dalla comunità ebraiche, dentro e fuori la Jugoslavia, in occasione delle minacce secessioniste prima e della vera e propria disgregazione della RFSJ poi. Evidentemente, la rottura del 1967 e le politiche perseguite dal MPNA in favore della pace tra i popoli e gli Stati, attraverso la salvaguardia di tutti i confini internazionalmente riconosciuti, dovettero creare profondo malumore nella leadership sionista israeliana viceversa impegnata a stabilire nuovi confini de facto e ad approfondire la separazione etnica tra la componente ebraica e le altre stanziate in Palestina. Solo così si può spiegare l’incredibile freddezza o addirittura l’appoggio mostrati da Israele e dalle organizzazioni ebraiche egemoni dinanzi alla distruzione della Jugoslavia ed alla ripresa del potere da parte di leadership fasciste e razziste nei nuovi staterelli balcanici. [69] Ha lasciato tutti piuttosto sgomenti l’operazione effettuata dall’ American Jewish Joint Distribution Committee di trasferimento immediato e totale in Israele della popolazione ebraica della Bosnia, attraverso l’aereoporto di Sarajevo, proprio allo scoppio della guerra civile in quella repubblica (aprile 1992). A Zagabria, già nel settembre 1992 la comunità ebraica festeggiava, con la partecipazione formale ed i fondi elargiti dal regime fascista di Tudjman, la riapertura del Centro Ebraico; [70] ed il presidente di Israele come prima tappa dei suoi viaggi nelle nuove repubbliche dei Balcani scelse proprio la Croazia… [71]

Estratto da: IL PROLUNGATO "OTTANTANOVE" DELLA JUGOSLAVIA
di A. Martocchia (segretario, CNJ-onlus). Contributo agli Atti del Convegno TARGET (Vicenza 2009)


Note:
[67] RFE/RL Background Report: Tito Breaks Relations with Israel, Slobodan Stanković, 14/6/1967.
[68] Il gesto diplomatico può essere interpretato come un atto dovuto ai vincoli con i paesi arabi appartenenti al MPNA, in primis l’Egitto che ne era cofondatore, e con i paesi socialisti, con le cui leadership in effetti Tito si era riunito a Mosca in quei giorni; ma è interessante notare che esso fu anche inteso << a prevenire una escalation delle forze imperialiste in altre aree, tra cui anche i Balcani. >> (Radio Zagreb, 13/6/1967, ore 19:30, cit.in ibidem).
[69] Ad esempio, in contrasto con molti singoli esponenti ebraici (incluso lo stesso Simon Wiesenthal, cfr. ad es. Corriere della Sera 1/4/1993) impegnati a denunciare il carattere fascista e razzista dell’ideologia di Franjo Tudjman (che si era reso celebre dichiarando in TV: “Per fortuna mia moglie non è né serba né ebrea”, oltre che per i suoi lavori da storico revisionista sul genocidio ustascia) e della sua “Croazia indipendente”, Nenad Porges, presidente della comunità ebraica di Zagabria, intervenne pubblicamente per capovolgere l’accusa di antisemitismo rivolgendola ai Serbi (cfr. varie fonti raccolte in: http://www.porges.net/JewishHistoryOfYugoslavia.html#Relations %20with%20Israel). Dopo lo scoppio della guerra in Bosnia, la leadership degli intellettuali sionisti si è attivamente impegnata per costruire artificialmente una immagine dei “serbi nazisti” (cfr. Nota 79; sullo strano atteggiamento di Eli Wiesel a proposito dei “lager serbi” si veda: Jean Toschi Marazzani Visconti, Il corridoio, La Città del Sole, Napoli 2005).
[71] Moshe Katsav giunse a Zagabria l'11/07/2003 per una visita di tre giorni.


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Antisemitismo, Fascismo e Sionismo

(…) Tra sionismo ed ebraismo non vi è una relazione di identità, bensì di reciproca irriducibilità: il sionismo è una specifica ideologia politica emersa in tempi relativamente recenti, legata al variegato e spesso contraddittorio movimento nazionalista e colonialista che ha dato vita allo Stato d’Israele, laddove l’ebraismo è una religione dalla storia ben più lunga e a cui molti si sentono legati anche quando non sono veri e propri credenti e la considerano piuttosto un’eredità culturale. E la storia dei rapporti tra ebraismo e sionismo, sebbene non lunga, è certamente frastagliata e lungi dall’essere univoca. Nel senso comune, però, i due coincidono: il sionismo è visto come l’incarnazione politica ‘naturale’ dell’ebraismo, e quindi, ça va sans dire, contrapposto all’antisemitismo; da questa deduzione implicita segue l’equazione secondo la quale l’antisionismo sarebbe automaticamente antisemitismo.
Allo stesso modo è un mito – ideologico quindi per definizione – l’idea che il sionismo sia, come movimento e come ideologia politica, intrinsecamente antitetico all’antisemitismo. È su questo mito che si basa la pretesa dello Stato d’Israele (che si vuole stato degli ebrei di tutto il mondo anche se la maggior parte degli ebrei non vive sul suo territorio) di essere il rappresentante e l’erede storico dei sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti, rivendicazione da cui esso trae la propria legittimazione morale e politica. Si tratta però di una costruzione ideologica priva di qualsiasi fondamento storico e/o giuridico, frutto di un’appropriazione in chiave nazionalistica della memoria dello sterminio. (…)
Contrariamente a quanto il senso comune suggerirebbe, l’imbarazzante storia dei rapporti di collusione del sionismo con l’antisemitismo in generale e con il nazismo e il fascismo in particolare presenta diversi capitoli. Quando nel 1933 Adolf Hitler salì al potere in Germania, l’avvenimento suscitò grande apprensione nella comunità ebraica palestinese, timorosa di ciò che sarebbe potuto accadere agli ebrei tedeschi. Ben diverse furono invece le reazioni dei vertici sionisti, cui la vittoria dei nazisti appariva come un’opportunità per incrementare l’immigrazione: “le strade sono lastricate di soldi […] si presenta un’occasione irripetibile per costruire e prosperare”, scrisse Moshe Beilinson del Mapai (i sionisti laburisti) [9] o, per dirla con Ben Gurion, “una forza fertile” [10] per l’avanzamento dell’impresa sionista. La ragione di questa valutazione apparentemente schizofrenica era che poiché i nazisti intendevano espellere gli ebrei tedeschi, l’Agenzia Ebraica avrebbe potuto accoglierli in Palestina e incrementare il peso demografico della locale comunità ebraica a fronte degli arabi palestinesi. Questa logica aberrante non deve stupire: le priorità dell’Agenzia erano sviluppare la colonizzazione ed edificare lo Stato ebraico, quindi gli ebrei tedeschi potevano interessarla solo nella misura in cui erano funzionali a questi progetti. L’Agenzia Ebraica concluse quindi con il governo nazista un accordo che fu detto della haavarah («trasferimento»): un certo numero di ebrei tedeschi avrebbero potuto trasferirsi in Palestina, portando con sé merci e capitali fino ad un valore di 9000 dollari. Ad occuparsi delle operazioni finanziarie relative al trasferimento sarebbero state delle società miste tedesco-sioniste alla cui gestione presero parte il Mapai, il sindacato Histadrut, il Fondo Nazionale Ebraico, l’Agenzia Ebraica e un finanziere polacco legato ai revisionisti [11]. (…) Sempre nel 1933, al fine di migliorare le relazioni reciproche fu invitato a visitare la Palestina il barone von Mildenstein, nazista della prima ora, membro delle SS e predecessore di Adolf Eichmann alla direzione dell’Ufficio per gli Affari Ebraici di Berlino. Von Mildenstein fu accompagnato nel suo tour da Kurt Tuchler, delegato dell’Organizzazione Sionista per i rapporti col Partito Nazista, e raccontò le sue favorevoli impressioni sul giornale di Joseph Goebbels Angriff. Nel 1938 un altro delegato sionista, Teddy Kollek (futuro sindaco di Gerusalemme), incontrò a Vienna per questioni burocratiche Adolf Eichmann, di lì a qualche anno principale esecutore della “soluzione finale”. Incontri simili ebbero luogo fino al 1939, e coinvolsero persino i vertici della Gestapo.
La destra sionista, i cosiddetti revisionisti guidati da Vladimir (Zeev) Žabotinskij, contestò il patto e annunciò il boicottaggio della Germania, accusando i laburisti di essersi alleati ai nazisti. Ma in realtà anche la destra sionista non era del tutto estranea all’operazione haavarah, e la sua vicinanza ideologica all’estrema destra europea fece sì che l’accusa le si ritorcesse contro: la corrente revisionista più estremista era infatti guidata da Abba Ahimeir, fervido ammiratore di Mussolini, il quale affermava pubblicamente che la politica di Hitler era in tutto e per tutto condivisibile, a parte ovviamente l’antisemitismo [12]. Addirittura, nel 1940-41 la fazione Stern dell’Irgun, l’organizzazione armata della destra sionista, arrivò a proporre alla Germania un’alleanza militare contro la Gran Bretagna [13].
Non meno spregiudicati furono i rapporti che i sionisti ebbero con il fascismo italiano…

Estratto da: ANTISEMITISMO, FASCISMO E SIONISMO: TRIANGOLAZIONI INATTESE
di Fabio De Leonardis (storico). Relazione al Convegno I FALSI AMICI (Arezzo 2013)


Note:
[9] Riportato in Tom Segev, Il settimo milione. Come l’Olocausto ha segnato la storia di Israele, trad. it. di C. Lazzari, Milano, Arnoldo Mondadori, 2001 [1991], p. 18.
[10] Riportato in Tom Segev, ibidem.
[11] Ibidem. Sull’accordo della haavarah si vedano anche Hannah Arendt, La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, trad. it. di P. Bernardini, Milano, Feltrinelli, 2005 [1963], p. 68, e Faris Yahia, Relazioni pericolose: il movimento sionista e la Germania nazista, trad. it. di F. De Leonardis, Napoli, La Città del Sole, 2008 [1978], pp. 45-52.
[12] Si noti che la sezione tedesca del Beitar, l’organizzazione giovanile revisionista, continuò la sua attività in Germania sotto la protezione della Gestapo, con cui aveva regolari rapporti e dalla quale anni dopo ottenne persino l’apertura di un ufficio per l’emigrazione nell’Austria occupata, con gran disappunto di Žabotinskij. Il fondatore del sionismo revisionista stigmatizzò questo filohitlerismo dei suoi seguaci, ma il suo essere bandito dalla Palestina dai britannici nel 1930 e la sua precoce morte rafforzarono sempre più queste tendenze all’interno del movimento.
[13] Faris Yahia, op. cit., pp. 111-15.


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Israele e nazisti ucraini uniti nella lotta

Redazione Contropiano, Domenica, 27 Luglio 2014


Qualche inferno li crea e poi li accoppia. Chissà come si sentiranno, da qualche parte, le decina di migliaia di ebrei massacrati dalle bande naziste di Stepan Bandera – l'”eroe” dei neonazisti ucraini al potere come Svoboda o Pravy Sektor – a vedere l'entusiasmo con cui il nuovo regime di Kiev si stringe al governo di Netanyahu e Lieberman.

L'ambasciatore ucraino a Gerusalemme, Hennadii Nadolenko, con un intervento su Haaretz, si dice pronto alla lotta comune “contro il terrorismo”. Basta non guardarsi dentro, e il gioco diventa possibile.

Ascoltiamone alcune sentite parole:
“Noi, i rappresentanti di Ucraina, abbiamo, insieme al popolo dello Stato di Israele, personalmente sentito la totalità della minaccia posta alla civili da parte delle attività criminali dei terroristi. A questo proposito, abbiamo avuto l'opportunità di assistere all'azione di Iron Dome, il sistema di difesa missilistico israeliano”. 
“Tutti gli ucraini, così come me, condividono il dolore di tutti i parenti e gli amici di coloro che sono stati uccisi, e piangono in profondità con il popolo di Israele”. Gli oltre mille palestinesi, quasi tutti civii, in grande quantità bambini, no; non lo commuovono affatto. 

Lui si sente al livello degli israeliani nell'affrontare quasi lo stesso nemico in casa. “Per me, come rappresentante dell'Ucraina, il problema del terrorismo ha assunto nell'ultimo anno un significato speciale. […] a partire dal 15 luglio, durante le operazioni anti-terrorismo nelle regioni orientali dell'Ucraina, le nostre forze armate hanno perso 258 soldati, e abbiamo avuto 922 feriti”.
Di più: “vorrei sottolineare ancora una volta che il delitto che ha ucciso 298 civili innocenti da tutto il mondo (l'abbattiemnto del volo Mh17 delle linee aere malesi), è un'altra conferma del fatto che il terrorismo di oggi non è vincolato da confini”. 

“Credo che i paesi che si trovano ad affrontare il terrorismo e che cercano di combattere questo male dovrebbero sostenersi a vicenda, e devono unire i loro sforzi al fine di attirare l'attenzione del mondo per la nostra causa. Dobbiamo cominciare a ricevere un aiuto reale e il sostegno di organizzazioni internazionali al fine di combattere questa minaccia”. 
“Pertanto, vorrei sottolineare che, come rappresentante di Ucraina, ho potuto apprezzare l'aiuto che il mio stato ha ricevuto dai cittadini di Israele negli ultimi mesi. Esprimo la mia profonda gratitudine a tutti i membri del gruppo "Israele sostiene Ucraina" e, in particolare, il gruppo di volontari "Israele aiuta Maidan" per il loro sostegno”. 
“In questi giorni difficili per le nostre nazioni, traboccanti di triste notizie, chino la testa in ricordo degli eroi israeliani e ucraini che sono morti difendendo il loro popolo dai terroristi”. Magari in questo passaggio potrebbe essere Bandera a sentirsi offeso nel vedersi equiparato alle sue vittime ebree...

A noi sembra chiaro che si stia creando un “fronte” imperialista – con alla guida gli Stati Uniti e con l'Unione Europea ancora un po' disorientata dalla velocità che stanno prendendo gli eventi – che non distingue più al suo interno tra “progressisti” e reazionari, tra nazisti veri e propri e “liberali” classici; un fronte che ha la guerra come unico orizzonte possibile e che perciò – con il termine “terroristi” - definisce ormai semplicemente il caro, vecchio “nemico”. 

Do you remember “Achtung banditi”?



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Israele. Verso il fascismo

di Michel Warschawski *

Durante gli ultimi 45 anni ho partecipato a numerosissime manifestazioni, da piccole concentrazioni di pochi irriducibili a manifestazioni di massa nelle quali eravamo più di 100.000; manifestazioni tranquillle, anche festose, e manifestazioni nelle quali venivamo attaccati da gruppi di destra o perfino dalla gente che passava. Mi hanno dato colpi e li ho resi, e mi è servito, soprattutto quando avevo delle responsabilità, essere nervoso. Però non ricordo di aver avuto paura.

Mobilitato, di fatto detenuto nella prigione militare per essermi rifiutato di unirmi alla mia unità che doveva andare in Libano, non partecipai, nel 1983, alla manifestazione durante la quale fu assassinato Emile Grunzweig. Di contro, fui il responsabile del servizio d'ordine della manifestazione che, un mese più tardi, attraversava Gerusalemme per commemorare questo assassinio. In quella manifestazione conoscemmo l'ostilità e la brutalità della gente che incrociavamo, ma neppure lì ebbi paura, cosciente del fatto che questa ostilità di una parte della gente che passava non avrebbe superato una certa linea rossa che però era stata attraversata un mese prima.

Questa volta ho avuto paura.

Pochi giorni fa eravamo qualche centinaio a manifestare nel centro della città di Gerusalemme contro l'aggressione a Gaza, convocati da "Combattenti per la pace". Ad una trentina di metri, e separati da un impressionante cordone della polizia, alcune decine di fascisti eruttano il proprio odio con slogan razzisti. Noi siamo qualche centinaio e loro solo qualche decina e comunque mi fanno paura: nel momento della dispersione, ancora protetti dalla polizia, torno a casa attaccato alle mura per non essere identificato come uno di quelli della sinistra che odiano.

Di ritorno a casa, cerco di identificare quella paura che ci preoccupa, ben lungi da essere io l'unico che la prova. Mi rendo conto del fatto che Israele nel 2014, non è più solo uno Stato coloniale che occupa e reprime la Palestina, ma anche uno Stato fascista, con un nemico al suo interno contro il quale prova odio.

La violenza coloniale è passata ad un livello superiore, come ha mostrato l'assassinio di Muhammad Abu Khdeir, bruciato vivo da tre coloni; a questa barbarie si aggiunge l'odio verso quegli israeliani che si rifiutano di odiare "l'altro". Se, per generazioni, il sentimento di un "noi" israeliani trascendeva dai dibattici politici e, salvo alcune rare eccezioni - come gli omicidi di Emile Grunzweig o poi di Yitshak Rabin - impedivano che le divergenze degenerassero in violenza criminale, siamo ora entrati in un periodo nuovo, una nuova Israele.

Questo non è il risultato di un giorno e così come l'assassinio del Primo Ministro nel 1995 fu preceduto da una campagna di odio e delegittimazione diretta principalmente da Benjamin Netanyahu, la violenza attuale è il risultato di una "fascistizzazione" del discorso politico e degli atti che genera: sono innumerevoli già le concentrazioni di pacifisti e anticolonialisti israeliani attaccati da criminali di destra.

I militanti hanno sempre più paura e dubitano se esprimersi o manifestarsi; e cos'è il fascismo se non seminare il terrore per disarmare coloro che considera illegittimi?

In un contesto di razzismo libero e assunto da una nuova legislazione discriminatoria verso la minoranza palestinese in Israele, e da un discorso politico guerrafondaio formattato dall'ideologia dello scontro di civiltà, lo Stato ebraico sta sprofondando nel fascismo.

*[Michel Warschawski (Estrasburgo, 1949) è un giornalista e militante pacifista dell'estrema sinistra israeliana nonchè cofondatore e presidente del Centro di informazione alternativa (http://www.alternativenews.org) di Gerusalemme.]

Fonte originale dell'articolo: http://www.lcr-lagauche.org/israel-vers-le-fascisme/




IL COMPLESSO SERVO-PADRONE

… Domenica 13 luglio, migliaia di tifosi albanesi sono scesi in strada per festeggiare la vittoria della nazionale tedesca [SIC] ai Mondiali di calcio. Una bellissima festa, che colpisce per le dimensioni ed il trasporto con cui è stata vissuta dai suoi interpreti. Un fenomeno complesso che merita una riflessione…

… Le Kosovo n’a pas oublié l’aide des États-Unis en 1999. Quinze ans plus tard, de nombreux monuments célèbrent l’ami américain, sans oublier les chansons ou les enfants prénommés Billklinton et Tonibler... De rares voix osent critiquer du bout des lèvres cette américanophilie qui fleure bon le kitsch…




http://www.workers.org/articles/2014/07/11/100-years-later-caused-world-war/

100 years later — what caused World War I?

By John Catalinotto on July 11, 2014

On June 28 just a century ago, Gavrilo Princip, a 19-year-old patriot from the oppressed nation of Bosnia-Herzegovina, assassinated Archduke Ferdinand of Austria. Ferdinand was the symbol of the tyrannical rule of the decadent Habsburg Empire over Princip’s country.

The militarist rulers in Vienna, the capital of the empire, seized on the assassination in Sarajevo as a pretext to declare war on Serbia. This decree essentially launched what was to become World War I. That terrible slaughter killed 20 million people, mostly European workers and farmers.

This is the centennial of the war’s start and the corporate media have already begun to distort the history of the event. The goal is to deflect blame for the disaster away from the capitalist ruling classes, especially in the imperialist countries, whose oppressive and exploitative system made the war inevitable.

No doubt the major media of many of the European imperialist countries will continue this effort, as will their academic circles in historical conferences, in the same way they lie about today’s imperialist wars, from Iraq to Libya to Ukraine. The major U.S. newspaper of record, the New York Times, has been running a series on “the Great War” as part of this effort. Several articles published around June 28 played up Princip’s role in triggering the war.

No one who supports the self-determination of oppressed nations would fault Princip for wanting to strike a blow at a member of the ruling royal family of the oppressive empire. But whatever one thinks of his action, it is patently ridiculous to cite this individual act as a basic cause of a global conflagration.

The war had been in the making since the turn of the century. Some regional wars had already broken out in the Balkans. The Russo-Japanese war of 1905 saw Japan’s rising capitalist power defeat the semi-feudal Tsarist Empire. German, French and British imperialism had skirmished over the building of the Baghdad railroad.

Both sides were oppressors

The major states on both sides of the war were all oppressor nations. There was no “good side.”

Britain ruled over an enormous empire that included Australia, Canada, South Asia, some Caribbean islands and much of Africa. Its wars were one-sided battles where heavily armed colonial troops slaughtered heroic Indigenous peoples armed with spears.

Imperialist France’s empire was half as large, but still stretched from Indochina to the Caribbean, and included large tracts in West and North Africa. Even “tiny” Belgium controlled and exploited the vast Congo, squeezing the last drop of blood from the Congolese.

And that was the side considered the “democracies.” Their ally, the Russian Tsar, ruled over 12 time zones and hundreds of different nations and peoples with an iron hand.

The more militarist Germany, the Austro-Hungarian Empire and the Ottoman Empire were just as brutal toward their subject colonies, but the territories they controlled were smaller.

Washington did not enter World War I until 1917. It had joined the imperialist competition with a bang in 1898 by seizing Spain’s colonies in the Caribbean and the Philippines. A relative newcomer to the European battles, U.S. capitalists expanded their industry selling weapons to the British-French-Russian alliance, which Washington finally joined. Though a fledgling imperialist power at the time, the U.S. rulers were equally brutal to the Indigenous population on this continent, to their internal Black colony and to the newly conquered nations that had been ruled by Spain.

In 1881, many of the European powers had met in Berlin, in what can only be described as outrageous arrogance, to divide up Africa without consulting the Africans. They aimed at dividing the whole continent into colonies of the various powers by negotiation, while avoiding a war among themselves over the plunder. They feared that such inter-imperialist battles could give the African people an opening to fight for their freedom against all the colonialists.

This did happen later. When the European colonial powers were weakened by two world wars after 1945, the Africans were able to drive them out of much of the continent. Also, the existence of the Soviet Union at that later time served as a counterweight to imperialism.

Russian revolutionary leader Vladimir Lenin had pointed out in his seminal work, “Imperialism, the Final Stage of Capitalism,” written in 1915, that these colonial powers had divided up the entire world by 1900. The pecking order, that is, how much colonial plunder each got, was based roughly on their industrial, financial and military power at that moment.

The problem was that their relative strengths were constantly changing.

Germany’s industry grew much more rapidly than that of Britain and France after 1900, as did its military power. German economic expansion, however, was restricted by British and French control of territories, resources and markets. Something had to give.

How could rising imperialist powers redistribute the colonial territories in their favor? Only by war. This war would not be restricted to the colonies but had to occur among the metropolitan countries in Europe itself.

Need to battle national chauvinism

This sharp competition among the capitalist classes of the different powers expressed itself in national chauvinism and vicious hostility to other peoples. The capitalist ideologists and propagandists imposed this chauvinism on the populations as a whole to line up the people behind the war.

For example, the French capitalists had been willing to concede territory to the German capitalists in 1871 after a lost war between the two countries. But they made this concession only because the war austerity, as always heaped on the backs of the workers and poor, had led to a rebellion in Paris and the establishment of a revolutionary commune. The French made a deal with the German rulers that allowed them to crush the Paris Commune.

But in 1914, the hypocritical French capitalists insisted that the French workers must hate the German workers.

The workers’ movement in Europe, and especially its most revolutionary wing, attempted to combat this ever more dangerous national chauvinism. At earlier gatherings of socialists, and for the last time in Basel, Switzerland, in 1912, meetings of the workers’ parties of the Second International issued a manifesto on the war question. We cite the Basel Manifesto here to show that long before, and independent of, the assassination at Sarajevo, there was a growing war danger and the massive workers’ movement was aware of it:

“At its congresses at Stuttgart and Copenhagen the International formulated for the proletariat of all countries these guiding principles for the struggle against war:

“If a war threatens to break out, it is the duty of the working classes and their parliamentary representatives in the countries involved supported by the coordinating activity of the International Socialist Bureau toexert every effort in order to prevent the outbreak of war by the means they consider most effective, which naturally vary according to the sharpening of the class struggle and the sharpening of the general political situation.

“In case war should break out anyway it is their duty to intervene in favor of its speedy termination and with all their powers to utilize the economic and political crisis created by the war to arouse the people and thereby to hasten the downfall of capitalist class rule.” [Emphasis in the original]

This very clearly means building working-class solidarity and refusing to side with “your own” ruling class against the foreign workers. It also meant taking the opportunity caused by the horrors of war to overthrow your own capitalist class.

Throughout the entire manifesto there was urgency in the call on the working class in all the countries to take whatever actions they could, from the parliament to the streets, to prevent the impending war.

The capitalist parties ruling the European imperialist democracies, France and Britain, as well as in the monarchies in Germany, Austria-Hungary and Russia, entered the war without hesitation, even with enthusiasm. Each believed their state would win a quick victory. Their mouths watered at the thought of conquered territory and new colonies — as was shown later when originally secret treaties were finally published.

Regarding the Social Democratic parties, whether or not they could have stopped the war from starting, it was a blow to the world as well as to Lenin and his fellow revolutionaries throughout Europe that most of their leaders failed to follow this Basel Manifesto they had signed onto. Under enormous pressure from “their own” ruling classes, they lined up with the war drive.

It was a sobering lesson on the need for revolutionary parties to train themselves under all situations to stand up against national chauvinism and against imperialist war. The main enemy of the workers and the oppressed is the capitalist class at home. This is true in the U.S. today more than ever.

This article will skip the next three years of that horrible war, a period that will undoubtedly be reported on — with much distortion — in this centennial year. Those lies will need further rebuttal.

By the fall of 1917, Lenin and the other leaders of his own party, the Bolsheviks in Russia, did exactly what the Basel Manifesto called for: They turned the great imperialist slaughter into a war against the Russian ruling class and seized power for the workers and peasants.

A year later, the monarchies in Germany, Austria and Hungary, the defeated powers, were to collapse under mass pressure, although the revolts stopped short of social revolution.

It was not a Bosnian-Serb patriot, but the imperialist system, that caused the war. And a revolt of the workers, delayed but decisive, brought it to an end.




(srpskohrvatski / deutsch / english / italiano)

Ucraina, laboratorio nazi-europeista

0) LINKS: Documentazione / News / Opinioni
1) AVVIATE IN UCRAINA LE PROCEDURE PER LA MESSA AL BANDO DEI COMUNISTI 
2) Kijev zabranio KPU, njihov lider poručuje: "Zadnji put smo završili u logorima" - Narodnooslobodilački front Ukrajine: "Boriti ćemo se protiv fašizma u cijeloj Ukrajini, a ruska elita bi se složila s Kijevom jer se boje ustanka na jugoistoku"
3) I minatori di Donetsk ai lavoratori d'Europa: "Aiutateci a spezzare la morsa del fascismo in Ucraina"
4) NKPJ: ФАШИЗАМ НА ДЕЛУ - ЗАБРАНА КП УКРАЈИНЕ 
5) Трагедија у Украјини - као међукорак (Вили Вимер)


=== 0: LINKS ===

DOCUMENTAZIONE:

Cari amici italiani, perché state finanziando una guerra contro di noI?
Opuscoletto di controinformazione e agitazione realizzato da lavoratrici ucraine antifasciste in Italia

Media Blackout: Massiccia operazione militare nell'Ucraina Orientale. Riportata l'uccisione di 496 civili e 1.600 soldati
Michel Chossudovsky | globalresearch.ca - 20/07/2014
Media Blackout: Major Military Operation in East Ukraine. 496 Civilians, 1600 Soldiers Reported Killed

NEWS:

I notiziari quotidiani del Fronte Meridionale / ЮЖНЫЙ ФРОНТ

Ukrainian Army Used Phosphorus Bombs on Civilians - Russian Defense Ministry (25/07/2014)
http://en.ria.ru/world/20140725/191264009/Ukrainian-Army-Used-Phosphorus-Bombs-on-Civilians---Russian.html

Due consiglieri dell'esercito americano sono stati uccisi da ignoti a Mariupol (25/7/2014)
http://comunicati.russia.it/due-consiglieri-dell-esercito-americano-sono-stati-uccisi-da-ignoti-a-mariupol.html

Interpol puts Ukrainian ultranationalist Yarosh on wanted list (July 25, 2014)
http://rt.com/news/175564-ukraine-interpol-wanted-yarosh/

La Russia rende noti i propri dati sull’abbattimento del Boeing malaysiano (25/07/2014)
http://www.pandoratv.it/?p=1597
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=jOG1xjYZWac#t=16

Ucraina: il governo golpista prepara il più grande piano di privatizzazione della sua storia
Jose Luis Forneo | imbratisare.blogspot.it - 15/07/2014
http://www.resistenze.org/sito/te/po/uc/pouceg20-014836.htm

La Russia dichiara lo stato di emergenza per accogliere i profughi ucraini
RETE VOLTAIRE | 17 LUGLIO 2014 - La Federazione russa ha dichiarato lo stato di emergenza in sei province (Oblast di Rostov, Volgograd, Astrakhan, Kraj di Stavropol, Repubblica di Kalmukia e città di Sebastopoli) per far fronte all’afflusso di rifugiati. Dalla rivolta e repressione del Donbas ucraino, 480000 persone sono fuggite in Russia, dove 20451 hanno chiesto asilo politico.
http://www.voltairenet.org/article184777.html

OPINIONI:

La solidiarietà di Fidel per i popoli palestinese e ucraino
Fidel Castro Ruz | granma.cu - 18/07/2014
http://www.resistenze.org/sito/os/mp/osmpeg20-014838.htm

“Gli omicidi in Ucraina. Come fermare la guerra nel centro dell’Europa”. Videoconferenza Mosca-Roma
Partecipano: Lucio Caracciolo, Giulietto Chiesa, Maurizio Torrealta. Coordina: Sergey Startsev, direttore Agenzia Rossiya Segodnya
Pubblicato il 18/lug/2014 - http://www.pandoratv.it/?p=1517
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=0u4kQygYIb0

Wie im 19. Jahrhundert (Neue Großmächterivalität gegen Russland)
GFP 25.07.2014 - Ein eng mit dem Westen kooperierender russischer Außenpolitik-Experte kommt in einer Analyse über die Hintergründe des Ukraine-Konflikts zu harten Urteilen über die Rolle der EU und der Vereinigten Staaten. Der Westen habe seit den Umbrüchen von 1989/91 Russland stets ausgegrenzt, Vorkehrungen gegen einen russischen Wiederaufstieg getroffen und seine eigene Machtsphäre systematisch ausgeweitet, schreibt Dmitri Trenin, Leiter des Moskauer Carnegie Center, eines Ablegers des US-Think-Tanks "Carnegie Endowment". Selbst nach Beginn des Ukraine-Konflikts hätten EU und USA diplomatische Schritte der russischen Regierung nicht erwidert; Chancen auf eine friedliche Lösung wurden dadurch zunichte gemacht. In Reaktion darauf entstehe eine neue Mächtekonkurrenz ähnlich der Mächterivalität des 19. Jahrhunderts, urteilt Trenin; neben Wirtschaftssanktionen sei dabei ein neuer "Informationskrieg" in vollem Gange. Den USA wirft der Carnegie-Experte "Phobien" gegenüber Russland vor. Über Deutschland, das ganz besonders an Entstehung und Eskalation des Ukraine-Konflikts beteiligt war, erklärt er, seine Eliten hätten "einen langen Aufstieg zu einer neuen, verbesserten Position in der Weltpolitik begonnen": "Deutschland entwickelt sich zu einer Großmacht in Eurasien"…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58921

Establish Facts (German foreign policy experts call for a military intervention in Ukraine)
GFP 2014/07/21 - After a jetliner was shot down over Eastern Ukraine, influential German foreign policy experts have begun calling for a military intervention, which may include German Bundeswehr units. "A Blue Helmet mission under the umbrella of the United Nations" should now be taken into consideration, declared Andreas Schockenhoff, Co-Chair of the CDU/CSU Group in the Bundestag. "Germany may also be asked" to contribute troops. For the Chairman of the Bundestag's Defense Commission, Hans-Peter Bartels (SPD), a Blue Helmet mission is also "conceivable." It is yet unclear, who bears responsibility for downing the jetliner. This is not an essential question for him, as past experience with Western interventions have shown: The EU and the USA must politically establish the facts. The war against Yugoslavia was justified with a massacre. Substantial doubts about central aspects of this massacre still persist. The sniper killings on Kiev's Maidan Square on February 20 have never been elucidated, once they served as legitimation for overthrowing the government of President Yanukovych. Suspicions persist that sectors of today's governing Maidan opposition may have played decisive roles in these murders; however that is of no interest to the West. On the contrary, there have never been political consequences for a US warship's downing of an Iranian airliner in 1988…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58770


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Il voto del parlamento ucraino che mette fuori legge il Partito Comunista Ucraino
22.07.2014 Верховная Рада проголосовала за запрет Компартии Украины
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=aTWeN-8WX6g

No ban on the Communist Party of Ukraine! (WW Editor, July 25, 2014)
http://www.workers.org/articles/2014/07/25/ban-communist-party-ukraine/

Il GUE condanna il tentativo antidemocratico del governo ucraino di sopprimere il Partito Comunista
http://www.sinistraineuropa.it/europa/gue-condanna-tentativo-antidemocratico-governo-ucraino-sopprimere-partito-comunista/

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»Wir stören politisch«
Die Machthaber in Kiew versuchen, die Kommunistische Partei der Ukraine verbieten zu lassen. Heute beginnt das Gerichtsverfahren. Ein Gespräch mit Pjotr Simonenko, 24.07.2014 - Interview: Das Gespräch führte Robert Allertz
http://www.jungewelt.de/2014/07-24/001.php


http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-europa/24352-avviate-in-ucraina-le-procedure-per-la-messa-al-bando-dei-comunisti.html

Avviate in Ucraina le procedure per la messa al bando dei comunisti 

da www.kpu.ua | Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Intervista a Petro Simonenko a cura di Robert Allertz

Il testo dell’intervista concessa dal leader del Partito Comunista di Ucraina, Petro Simonenko, al giornale della sinistra tedesca “Junge Welt” (http://www.jungewelt.de/2014/07-24/001.php), in seguito alla decisione assunta dal parlamento ucraino di avviare le procedure per la definitiva messa al bando delle sue organizzazioni e dei suoi simboli


Giovedì la Corte distrettuale amministrativa di Kiev ha dato inizio al processo, il cui risultato finale dovrebbe essere la messa al bando del vostro partito e dei suoi simboli. Mi si permetta di ricordare ai lettori: nell'agosto del 1991, il Partito Comunista, in quanto parte del PCUS, era già stato vietato, ma nel 1993 fu nuovamente ricostituito. Da quel momento Lei ne è alla guida. Perché vogliono vietare il vostro Partito, che è quello con l'età più avanzata tra tutte le organizzazioni politiche del paese?

Noi rappresentiamo un intralcio politico. Abbiamo creato disturbo sia alla classe dominante al tempo di Yanukovich che alla nuova leadership con Poroshenko. Per questo vogliono sbarazzarsi di noi.

Ma il vostro partito non aveva collaborato con il Partito delle regioni di Yanukovich dal 2010 al 2014?

E' così, su alcune questioni le nostre posizioni coincidevano con quelle del Partito delle regioni, e per questo abbiamo appoggiato progetti di legge, che rispondevano al nostro programma elettorale. Ma tuttavia, abbiamo respinto tutte le le iniziative antisociali di Yanukovich e del suo partito, come, ad esempio, le riforme sanitaria e pensionistica. Su tali questioni Yanukovich era stato appoggiato dall'opposizione di allora, che dopo il golpe di febbraio è arrivata al potere. Oggi il Partito delle regioni di fatto lavora con Poroshenko, e con esso non abbiamo più nulla in comune.

Quali sarebbero i motivi del divieto del partito?

Il segnale per la persecuzione del Partito Comunista è stato dato da Turchinov, che all'epoca agiva come presidente ad interim dell'Ucraina, e che ora ha assunto la presidenza della Rada Suprema. Dal momento in cui capo dello Stato è diventato Poroshenko, anch'egli ha sostenuto la disposizione data da Turchinov al ministero della giustizia di preparare il processo per la proibizione del partito. Le accuse all'indirizzo del Partito Comunista assumono un carattere generale. Hanno dichiarato che il Partito Comunista è “nemico dell'Ucraina”, che “sostiene i separatisti”, che è “agente di Putin”. Allo stesso tempo ci è stato rinfacciato persino il referendum nazionale, che il Partito Comunista aveva promosso al tempo di Yanukovich, che volevamo far svolgere perché il popolo dell'Ucraina si esprimesse sul corso futuro della politica estera del paese. Questo referendum allora non era stato voluto né dal presidente né dall'opposizione, e la nostra iniziativa era stata bloccata sul piano giuridico.

Quali “prove” giustificherebbero la proibizione del Partito Comunista?

Il procedimento avviato dal Ministero della Giustizia è composto da 18 pagine e da 129 pagine di prove, tratte da fonti aperte – vale a dire, giornali, volantini, video, ecc. Con il loro aiuto cercano di dimostrare che il Partito Comunista di Ucraina avrebbe violato l'articolo 5 della legge dell'Ucraina sui partiti, cioè ci accusano di avere violato la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina.

Ci si riferisce al separatismo?

Naturalmente. Tuttavia, le prove raccolte dal Ministero della Giustizia non sono serie e addirittura sfiorano il ridicolo, poiché si basano su notizie e informazioni riportate da terzi, e persino su citazioni distorte. Hanno addirittura trovato due “ribelli” e “terroristi” che avrebbero dichiarato di essere “rappresentanti del Partito Comunista”.

Per il partito?

No, per la lotta armata con Kiev. Ciò è naturalmente assurdo, dal momento che il Partito Comunista ha sempre chiesto la cessazione del confronto armato. Noi ci siamo pronunciati e ci pronunciamo per un regolamento pacifico, chiediamo la cessazione del fuoco e negoziati. Per questo ci hanno accusato di istigare alla guerra, nella quale con tali dichiarazioni daremmo la possibilità ai separatisti, che agirebbero con il sostegno di Mosca, di rafforzarsi sul piano militare.

Presso la sede centrale del vostro Partito, su un lato sono appesi due striscioni rossi con del filo spinato, su cui sta scritto “Mai più!” e “Comitato per la pulizia”

Ma non solo questo. Hanno dipinto sull'edificio una svastica e varie scritte. La sede centrale del Partito Comunista era stata occupata e saccheggiata dagli “attivisti del Majdan” in febbraio. Gli uffici del nostro partito sono stati incendiati a Lutsk, Chernigov e in altri luoghi. Al momento la polizia non ha ancora fatto sgomberare l'edificio. Nell'edificio della sede centrale del KPU non è possibile lavorare normalmente, e sarebbero necessarie grandi riparazioni.

Sono stati presi di mira solo gli uffici del partito o anche i suoi iscritti?

Giusto. Gli attacchi sono iniziati in Ucraina occidentale e in corrispondenza degli eventi del Majdan sono cresciuti di intensità. Ci sono state irruzioni anche nelle case dei nostri militanti, alcuni dei quali sono stati prelevati e a cui è stato chiesto di rinunciare all'appartenenza al partito. Anch'io, dopo aver partecipato a un dibattito televisivo, sono stato attaccato da un gruppo di persone, e questo è stato il motivo per cui ho dovuto abbandonare lo studio attraverso l'uscita di emergenza. Ma queste persone hanno continuato la loro aggressione, hanno bloccato la mia automobile, fracassandole i vetri, e hanno gettato “bottiglie Molotov”. I deputati del partito fascista “Svoboda” mi hanno spintonato fuori dalla tribuna parlamentare della Rada. E così hanno fatto anche con altri membri del nostro gruppo. Ecco perché ora i deputati comunisti democraticamente eletti devono avere paura a recarsi al parlamento.

Quali conseguenze tutto ciò potrà comportare?

In questo clima di anticomunismo, illegalità e violenza il lavoro parlamentare è impossibile. Nove membri hanno già abbandonato la frazione del KPU, e ora siamo 23.

E dove sono andati questi deputati?

Se ne sono andati in una frazione denominata “Per la pace e la stabilità” che annovera l'oligarca della “Famiglia”, Kurchenko. Serghey Kurchenko a 27 anni è una delle persone più ricche del paese, in Occidente lo chiamano il “Rockefeller ucraino”. Durante il governo di Yanukovich Kurchenko ha fatto i miliardi nel commercio del petrolio e del gas. E proprio come allora comprava le imprese, ora compra i deputati.

Il Partito sta attraversando un periodo complicato e difficile, e la sua immagine non sempre suscita simpatie. Tuttavia, in tutto il mondo stiamo registrando il sostegno e la solidarietà nei nostri confronti, soprattutto da parte dei partiti comunisti.

Gabi Zimmer, a nome della frazione da lei guidata delle sinistre al Parlamento Europeo, ha inviato una lettera al presidente Poroshenko, in cui ha definito illegittima la persecuzione legale e fisica verso il nostro partito e ha espresso la sua protesta.

Che cosa farete, se il KPU verrà vietato?

In tal caso ci appelleremo alla Corte Europea per la difesa dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Per i comunisti ucraini hanno valore proprio quegli stessi diritti dell'uomo, che li si accusa continuamente di violare.


=== 2 ===

http://www.advance.hr/vijesti/kijev-zabranio-kpu-njihov-lider-porucuje-zadnji-put-smo-zavrsili-u-logorima-narodnooslobodilacki-front-ukrajine-boriti-cemo-se-protiv-fasizma-u-cijeloj-ukrajini-a-ruska-elita-bi-se-slozila-s-kijevom-jer-se-boje-ustanka-na-jugoistoku/

Kijev zabranio KPU, njihov lider poručuje: "Zadnji put smo završili u logorima" - Narodnooslobodilački front Ukrajine: "Boriti ćemo se protiv fašizma u cijeloj Ukrajini, a ruska elita bi se složila s Kijevom jer se boje ustanka na jugoistoku"


N. Babić
vrijeme objave: Četvrtak - 24. 07. 2014

Prije dva dana je ruski vojni analitičar i glavni urednik časopisa "Nacionalna obrana", Igor Korotchenko, izjavio kako je na istoku Ukrajine u tijeku pokušaj prevratničke vlade i novoizabranog predsjednika ukrajinskog predsjednika Petra Poroshenka ne samo da unište milicije Donbasa, nego da unište i civile koji tamo žive i da se više ne može govoriti o pobuni jednog dijela stanovništva s radikalnim stavovima, nego o "narodnooslobodilačkoj borbi Donbasa protiv režima iz Kijeva". 

Sam termin "narodnooslobodilačka borba" mnoge kod nas podsjeća na herojski zajednički otpor naroda bivše države protiv nacifašističkog režima i njihovih marioneta na ovim prostorima u Drugom svjetskom ratu. Međutim, jesu li doista prevratnička vlada i predsjednik Poroshenko izabran u svibnju ove godine "nacisti", "neofašisti" i mrzitelji svega što dolazi s istoka, posebno ljevičarskih ideja? Sudeći po njihovim govorima, postupcima i mjestima koja su u institucijama državne sigurnosti Ukrajine zauzeli čelnici radikalnih desničarskih skupina, moglo bi se reći da jest tako. Jednako kao i zbog nemilosrdnog ubijanja civila i uništavanja gradova, sela i infratsrukture na istoku zemlje. Podsjetimo i da je Petro Poroshenko uvjerljivo pobijedio na predsjedničkim izborima, ali da je odmah poslije bivše premijerke Julije Timošenko (2,3 milijuna glasova) najviše glasova osvojio čelnik Radikalne stranke Oleg Lyashko (1,5 milijuna). Činjenica je da se Lyashko nametnuo kao ozbiljna politička snaga i u koaliciji s Dmytriyem Yaroshem (Desni sektor) i Olegom Tyahnybokom (Svoboda) na predstojećim parlamentarnim izborima postoji realna opasnost da formira vladu, ili da u njoj bude važan i odlučujući čimbenik.

Stavovi ukrajinskih neonacista su svima poznati, a na Trgu Neovisnosti u Kijevu još uvijek drže svoje falange koje novoizabrani gradonačelnik Kličko ne uspijeva rastjerati i napokon očistiti metropolu. Svi se analitičari slažu da oni tamo predstavljaju realnu opasnost i da je u svakom trenutku moguća pobuna. 

[VIDEO: 08. prosinca 2013. / Kijev - Razularena gomila tijekom prosvjeda na tzv. "EuroMaidanu" ruši, potom uništava Lenjinov spomenik:
http://www.youtube.com/watch?v=K04ifIhkXck ]

U međuvremenu je i ukrajinski parlament popustio pred njihovim zahtjevima, te je jučer i službeno raspustio Komunističku partiju Ukrajine. Odluku je podržalo 232 zastupnika, od potrebnih 226. Dakle, zaista imamo još jednu analogiju s događanjima s početka XX stoljeća, ali je riječ o Komunističkoj partiji i Bruxelles u tome ne vidi ništa sporno. O Washingtonu da ne govorimo, gdje i dan danas mnogi štuju lik i djelo Josepha McCarthya, žestokog protivnika komunizma i svega što je s njim u vezi.

Ranije je na tu ideju došao predsjednik parlamenta Alexander Turchinov i naredio odborima da razmotre prijedlog o raspuštanju dijela ili cijele Komunističke partije. Takav nalog je dao nakon jer su zastupnici optužili komuniste za "pomaganje milicija" na istoku. Nekoliko se puta ovaj zakon pokušavao staviti na dnevni red, ali nikada nije bilo dovoljno glasova da se to i učini. Iz petog pokušaja je Vrhovna Rada usvojila ovaj dokument. 

"Danas ću poslati zakon predsjedniku i pitati ga da odmah najavi raspuštanje Komunističke partije Ukrajine", rekao je Turchinov nakon glasovanja. Nakon toga su zastupnici u Vrhovnoj Radi počeli pjevali himnu Ukrajine.

Prema dokumentu, čelnik parlamenta ima pravo raspustiti stranku ako je ona u Vrhovnoj Radi zastupljena s manje zastupnika od zakonskog minimuma.

"Zakon predlaže da se utvrdi da parlamentarna skupina broji manje od minimalnog broja zastupnika koji je određen zakonom", reko je Turchinov, a budući da na sjednice u Kijev ne dolaze zastupnici s istoka zemlje, nakon ustanka na istoku zemlje je KPU pala na samo 23 zastupnika, od 33 koliko je imala nakon regularnih izbora, a početkom srpnja ih je preostalo samo šest. Kao što vidimo, ovog puta je također "sve po pravilniku, zakonu i ukrajinskom ustavu".

Komunistička partija Ukrajine je bliski saveznik Stranke regija, a te dvije političke snage prvenstveno imaju podršku na jugoistoku zemlje. Oružanim prevratom u veljači su izgubili svoje pozicije i na vlast je došla radikalna desnica s ulice, uključujući i nacionalističku stranku "Svoboda". Nova vlast se uglavnom oslanja na podršku zapadnih i središnjih regija.

Turchinov, nacionalisti i neonacisti nisu mogli prijeći preko izjava zastupnika KPU, koji su u svibnju ove godine pozvali Turchinova da kao v.d. predsjednik "odmah povuče sve trupe iz istočnih krajeva", nazivajući kampanju Kijeva "ratom protiv vlastitog naroda". Tada su Turchinov i ostali naložili pripadnicima ukrajinske službe sigurnosti da "provjere" aktivnosti komunista i njihove veze sa separatistima" i ubrzo su se počeli nizati "dokazi o njihovoj aktivnosti protiv države". (Od Njemačke 1933. do Ukrajine 2014. - Lažnim i montiranim optužbama nove ukrajinske vlasti žele zabraniti Komunističku partiju)

Petro Symonenko: "Mogu nam zabraniti rad, ali neće zabraniti ljudima da razmišljaju. Prošli put kad se ovo dogodilo komunisti su završili u Auschwitzu!"

Lider Komunističke partije Ukrajine, Petro Symonenko, tvrdi kako "nacifašistički režim želi ušutkati ukrajinske komuniste".
"Mračnjaštvo u parlamentu i izvan njega sve svjedoči o ovom režimu. Konačno je u Ukrajini uspostavljen režim fašističke vojne hunte", izjavio je čelnik Komunističke partije Ukrajine, Petro Symonenko, komentirajući rezultate glasovanja u parlamentu.

Peter Simonenko je naglasio da je cilj tih promjena stvaranje preduvjeta za potpuno eliminiranje Komunističke partije u Vrhovnoj Radi. 

"Nacifašistički režim želi ušutkati glasove komunista koji se protive ratu i žele mir u zemlji. Komunisti su ti koji se protive podizanju cijena i ubojitoj mirovinskoj i zdravstvenoj reformi. Komunisti zagovaraju nacionalizaciju strateških industrija i protive se prodaji poljoprivrednog zemljišta stranim vlasnicima, predaje našeg plinskog transportnog sustava međunarodnim korporacijama. Komunisti zahtijevaju otplatu dugova imovinom oligarha,te da se osiguraju mirovine i socijalna davanja, zahtijevaju da se odustane od mučnog zajma Međunarodnog monetarnog fonda. Komunisti se zalažu za pravo svakoga na slobodu savjesti i izražavanja, pravo da govori svoj materinji jezik, pravo da upravlja sudbinom svoje zemlje. Ne želimo okus krvi i rata u što nas žele utopiti neonacisti", rekao je Petro Symonenko. 

Čelnik Komunističke partije Ukrajine je također rekao da je moguće da se raspusti parlamentarna skupina i zabrani stranka, ali neće uspjeti zaustaviti ljude da razmišljaju. 

"Povijest pokazuje da su nakon zabrane komunisti završili u Buchenwaldu i Auschwitzu, Majdaneku i Babi Yaru", zaključuje lider KPU, Petro Symonenko.

Andrey Medvedev, tajnik Komunističke partije Ukrajine, izjavio je: "Ne postoji ništa čudno, jer se isto događalo u ranim '30-im. Danas sljedbenici fašističke ideologije, djeca i unučadi nacista koji su bili na vlasti u Europi, žele učiniti sve kao bi rat u Ukrajini trajao i dalje".

Stavovi ukrajinskih komunista i naroda jugoistoka Ukrajine se jasno vide u proglasu kojeg je objavio "Narodnooslobodilački front Ukrajine, Nove Rusije i Karpatske Rutenije". Sve što stoji u proglasu objašnjava zbog čega će Bruxelles i eurobirokrati, europska desnica, ali i europski "socijaldemokrati" i dio tzv. "ljevice", šutke prijeći preko zabrane rada Komunističke partije Ukrajine.

Manifest "Narodnooslobodilačkog fronta Ukrajine

Što je cilj naše borbe?

Ukrajina mora biti narodna i socijalna republika bez oligarha i korumpirane birokracije.

Tko su naši neprijatelji?

Neoliberalna i fašistička vladajuća elita koja je u savezu s oligarsima, birokratima, sigurnosnim dužnosnicima i kriminalom, a koja služi interesima stranih država.

Tko su naši saveznici?

Svi ljudi dobre volje koji prepoznaju ideale socijalne pravde i spremni su za borbu u rušenju neoliberalne fašističke države na teritoriju Ukrajine, bez obzira na državljanstvo i nacionalnost.

Što je socijalna narodna republika za koju se borimo?

Socijalna narodna republika je politički oblik društvene organizacije u kojoj se razvijaju svi interesi nacije i provodi sveobuhvatni razvoj 

- Duhovni, intelektualni, socijalni, fizički. Najviši cilj je socijalna narodna republika. 

- Sva moć pripada narodu, a ostvaruje se kroz izabrana tijela i putem izravne zastupljenosti

- Svaki radnik ima pravo na zdravstvenu skrb, obrazovanje, mirovinu i socijalnu sigurnost na račun države

- Dopustit ćemo sve privatne ili kolektivne inicijative koje imaju pozitivan učinak na ljude i njihov razvoj

- Zabranjeno je kapitalističko lihvarstvo banaka, život od kamata na kredite 

- Novac bi trebao biti zarađen ne kroz dužničko ropstvo, nego ostvarivanjem uspješnih projekata

- Država djeluje u ime naroda i kontrolirana je od njegovih predstavnika, najveći je nositelj kapitala i kontrolira sve strateške industrije

- Dopušteno je privatno vlasništvo, ali su ulaganja u politici i gospodarstvu pod kontrolom društva

- Nikom nije dopušteno da postane oligarh i vlada nad ljudima koji stvaraju umjetnu situaciju monopola

Koje su metode naše borbe?

Da bi se postigao ovaj cilj mi smo spremni koristiti nenasilne, ali i nasilne metode borbe. Vjerujemo da se sada samo oružjem može braniti vlastita sloboda. Nažalost, zbog onoga što se događa u Ukrajini borba je jedini način postizanja političkih ciljeva.

Što se događa u Ukrajini?

Na području Ukrajine je u tijeku nacionalno oslobođenje i pobuna protiv neoliberalne fašističke vladavine terora. U našoj zemlji propaganda pokušava fašizam prikazati kao liberalni kapitalizam.

Što je Ukrajina?

Ukrajina je područje između Europske unije i Rusije, ima kršćansku tradiciju i nastanjena je različitim narodima - Ukrajincima, Rusima, Bjelorusima, Moldavcima, Bugarima, Mađarima, Rumunjima, Poljacima, Židovima, Armencima, Grcima, Tatarima, Rusinima i drugima - koja ima dugu tradiciju narodne samouprave i političke borbe za slobodu naroda.
Što se događa u jugoistočnoj Ukrajini?
Jugoistok ili Nova Rusija je u fazi političke pobune naroda protiv neoliberalne fašističke vladavine postavljene u Kijevu uz potporu zapadnih mentora. Taj ustanak uključuje sve narode - Ukrajince, Ruse, Grke, Armence, Židove, Mađare, Rumunje i tako dalje.

Da li je u Jugoistoku rat između Rusije i Ukrajine?

Ovo nije rat između Rusije i Ukrajine, kao što tvrdi fašistička propaganda, nego pobuna potlačenih naroda protiv zajedničkog neprijatelja – terora fašističkog neoliberalnog kapitalizma. 

Na obje strane se bore pripadnici svih naroda. "Vlasti" u Kijevu su dovele plaćenike i ljude prevarile propagandom da se bore za interese krupnog kapitala, kriminalaca i birokrata. Jugoistok se bori za interes naroda i svoju slobodnu i demokratsku budućnost.

Ima li različitih interesa za Ruse i Ukrajince tijekom događaja u Ukrajini?

Rusi i Ukrajinci dijele zajedničke društveno-političke interese, a to je oslobođenje Ukrajine od terorističke vladavine kapitala.

Zašto je ustanak na Jugositoku obilježen ruskom sloganima?

Jer su Rusi i rusko govorno stanovništvo Ukrajine doživjeli dvostruki progon, društveni i gospodarski, kao i kulturni i politički.

Socio-ekonomsko ugnjetavanje, korupcija, zločini, nemogućnost normalnog poslovanja i normalnog života, mizerne plaće koje ovise o "gospodarima života", to je postalo "pravilo" za svakog radnika u Ukrajini. Zabrana ruskog jezika u regijama u kojima više od 90 posto stanovništva govori i misli na ruskom jeziku, zabrane nastave u ruskim školama, zabrana upotrebe ruskog jezika u pravnim i administrativnim poslovima i mnogi drugi apsurdni zahtjevi koji su očita segregacija. Dodatno ponižavanje fašista ruskog govornog stanovništva Ukrajine. Dakle, rusko govorno stanovništvo i ruska manjina su na prvom mjestu.
Mi tražimo pravdu za sve potlačene ljude Ukrajine!

Zašto Rusija pomaže jugoistoku Ukrajine? 

Znatan dio ruske elite se boji nacionalnog društveno i političkog protesta. Oni bi se rado složili s Kijevom i okončali rat na Jugoistoku. No bijes narodnog ustanka protiv oligarhijskog i birokratskog liberalnog kapitalizma to ne dopušta. Ruski narod ne podržava samo borbu jugoistočne Ukrajine. Na to je prisiljena i ruska elita, često usprkos svojim strateškim interesima, te i ona podržava ili se pretvara da podupire pobunu jugoistočne Ukrajine.

Zašto SAD i EU pomažu režim u Kijevu?

Glavni cilj Sjedinjenih Američkih Država je borba s Rusijom, kao glavnim geopolitičkim suparnikom. SAD žele stvoriti antirusku državu s NATO bazama na ruskim granicama, ili stvoriti kaos, destabilizirati regiju. EU treba dodatna tržišta i izvore jeftinih sirovina.

To podupire borbu jugoistočne Ukrajine?

Borbu naroda Ukrajine, kojoj je glavno uporište jugoistočna Ukrajina, održava i razvija želja naroda Ukrajine za slobodom od neoliberalne fašističke dominacije vladajućih elita i svijest o općim društveno-političkim interesima i ciljevima borbe.

Je li borba Jugoistoka separatizam?

Mi se borimo na cijelom teritoriju Ukrajine. Pobunjenici Jugoistoka, ili Nove Rusije, poslali su svojoj braći i sestrama u svim regijama Ukrajine slogan: "Ustanimo protiv zajedničkog neprijatelja!" Mi ćemo stvoriti novo slobodno društvo i odgovornu vlast u cijeloj Ukrajini, pa i Novoj Rusiji.


Što mislite da će se dogoditi nakon pobjede narodnooslobodilačke revolucije i raspada ovog režima? Hoće li se stvoriti nova država na teritoriju Ukrajine u kojoj će vlast pripadati narodu, ne samo na riječima, nego u djelima?

Stanovništvo svake regije će na referendumu, kao najvišem obliku demokracije, odrediti budućnost svoga kraja i hoće li će ostati u jedinstvenoj saveznoj državi, konfederaciji ili želi punu neovisnost.

Kako će izgledati politička vlast nakon pobjede narodnooslobodilačke revolucije?

Politička moć će se temeljiti na načelu izravne narodne predstavničke demokracije. Organi demokracije će biti formirani, počevši od razine lokalnih vijeća i Vrhovnog vijeća, na temelju reprezentativnih delegata iz teritorija delegata iz radnih skupina i stručnih korporacija i sindikata, delegata iz političkih, vjerskih i društvenih organizacija.

Najviše tijelo naroda će biti Vrhovno vijeće, sastavljeno od delegata iz regionalnih vijeća. Vrhovno vijeće bira vladu koja ljudima odgovara preko svojih predstavnika. Mi se zalažemo za izbor sudaca i čelnika agencija za provođenje zakona na terenu. 

Što će biti s regijama nakon pobjede narodnooslobodilačke revolucije?

(english / srpskohrvatski / slovenscina / italiano)

Iniziative segnalate

Scusandoci per il ritardo con cui giriamo alcuni di questi annunci, segnaliamo:

1) Campeggi antifascisti e jugoslavisti
2) Trieste/Trst 25-27 luglio 2014: Festa provinciale ANPI / Praznik pokrajinskega VZPI
3) Mirano (VE), 26/7-9/8: LE ATOMICHE DI HIROSHIMA E NAGASAKI
4) Trieste 31/7: LIPA
5) Rostov sul Don 27/9 - Novarossia 29/9/2014: BANDA BASSOTTI - CAROVANA ANTIFASCISTA


=== 1 ===

CAMPEGGI ANTIFASCISTI E JUGOSLAVISTI:

Mednarodni kamp mira Srebrenica - Jezero Peručac 5. 08. do 12. 08. 2014
Prijave na: avnoj.slovenija @ gmail.com ali 
https://www.facebook.com/pages/Međunarodni-KAMP-MIRA-Srebrenica/262826227219728

Антифашистички летњи камп 
Од 08. до 11. августа 2014. ће се одржати Други антифашистички летњи камп, овог пута у општини Барајево.


=== 2 ===

Trieste/Trst, 25-27 luglio 2014 

presso: 
Casa del Popolo "Palmiro Togliatti" di Borgo San Sergio, Via di Peco 7, Trieste
V Naselju sv. Sergia Ljudski dom "Palmiro Togliatti", Ulica di Peco 7, Trst 

Festa provinciale ANPI
Praznik pokrajinskega VZPI

Apertura chioschi gastronomici alle ore 18.
Ob 18. uri odprtje kjoskov

evento Facebook: https://www.facebook.com/events/354134671400431/


=== 3 ===

Comune di Mirano
Centro per la pace e la legalità Sonja Slavik
ANPI
Majors for Peace

Mirano (VE), sabato 26 luglio 2014 
alle ore 11.00 presso la Sala Consiliare, Via Bastia Fuori 54

INAUGURAZIONE
DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA

LE ATOMICHE DI HIROSHIMA E NAGASAKI
The Atomic Bombings of Hiroshima and Nagasaki Poster Exhibition

intervengono:
Maria Rosa Pavanello, sindaca di Mirano

Diego Collovini, presidente ANPI provinciale di Venezia
Gian Antonio Danieli, già segretario IPPNW-Premio Nobel per la Pace 1985

Invitati tutti i sindaci del comprensorio

coordina:
Vincenzo Guanci, coordinatore Centro Pace Legalità «Sonja Slavik»

LA MOSTRA RESTERA’ APERTA
FINO AL 9 AGOSTO
OGNI GIORNO dalle h 17,00 alle h 19,00


=== 4 ===

Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Beppe Vergara" <gvergar64 @ alice.it>
Oggetto: Lipa a Trieste Estate 2014
Data: 21 luglio 2014 22:38:53 CEST

Con cortese preghiera di diffusione
 
Lipa, un reading musicale per commemorare una strage
 
Giovedì 31 luglio 2014 alle ore 21.00 in Piazza Hortis, nell’ambito di TriestEstate 2014 a cura del Comune di Trieste, verrà presentato lo spettacolo Lipa di Giuseppe Vergara.
 
Gli attori Tiziana Bertoli, Luca Giustolisi, Sandro Rossit e Stefano Vattovani leggeranno ed interpreteranno il testo di Vergara. La colonna sonora originale dello spettacolo verrà eseguita dal vivo dalla Bachibaflax Orkestar.
 
Durante lo spettacolo si potrà ascoltare la storia del paese di Lipa che il 30 aprile del 1944 fu raso al suolo da un rastrellamento nazifascista trasformatosi in una strage di innocenti civili. 269 persone furono trucidate quel triste giorno, 121 di loro erano bambini, gli altri anziani e donne. Un episodio poco conosciuto anche a Trieste che dista solo una sessantina di km dal paesino croato.
L’intento dello spettacolo è quello di far conoscere questa triste vicenda attraverso un testo che intreccia il linguaggio storico a quello narrativo, grazie alla forma del reading musicale. L’entrata sarà libera.
 
Per maggiori informazioni e per la visione di contributi video è attiva la pagina Facebook (disponibile anche per chi non è iscritto al Social Network):
 
 
 


=== 5 ===

27-29/9/2014
Rostov sul Don - Novarossia
BANDA BASSOTTI - CAROVANA ANTIFASCISTA

http://www.becrowdy.com/banda-bassotti-no-pasaran

COMUNICATO DELLA BANDA BASSOTTI

Ci rivolgiamo alla nostra grande Famiglia, a tutti i Banditi senza Tempo, agli Antifascisti, alla Classe Operaia, ai lavoratori, ai disoccupati e agli sfruttati. Dovunque essi siano.
Da molti mesi assistiamo ad una politica del silenzio. In tutta europa non trapelano notizie di quello che il governo nazista di Kiev sta facendo nel Donbass ed in tutta l'Ukraina. La stampa italiana ed europea e' completamente asservita all’Unione Europea ed alla politica degli Stati Uniti d'America. Nessuna notizia riguardante i bombardamenti sui civili, le persecuzioni di Russi, di comunisti e di chiunque possa sembrare un Partigiano delle milizie Popolari; nessun cenno al fatto che l’”europea” Ukraina sia il più grande laboratorio per il neonazismo internazionale.
Stanchi di questo, in completo accordo con le Milizie Popolari della Novarossija stiamo organizzando una carovana antifascista con raccolta di fondi, portando nelle terre del Donbass la nostra solidarietà antifascista e un concerto. Come già abbiamo fatto in Nicaragua nel 1984, in Salvador nel 1994, in Palestina nel 2004 siamo pronti per questo viaggio. Dal 26 al 30 settembre 2014 saremo nelle terre che resistono all'attacco dei nazisti, visiteremo Novarossija. Il nostro programma prevede un concerto a Rostov on Don, la città che ospita un immenso campo profughi e un concerto in Novarossija. Non possiamo dire dove, impossibile visti i bombardamenti, ma faremo il possibile. A tutti gli antifascisti chiediamo un aiuto economico per il viaggio e per portare materiale alle popolazioni del Donbass. Sappiamo di contare su una grande Famiglia.
Come già in Spagna nel 1936 dove migliaia di Internazionalisti hanno combattuto a fianco della Repubblica di Spagna: NO PASARAN






(francais / srpskohrvatski)

Günter Grass: 
Ono što se mora reći / Ce qui doit être dit


Vedi anche / Isto procitaj:

Günter Grass: Quello che deve essere detto / Was gesagt werden muss

Günter Gras: ”Ono što se mora reći” (Novi Plamen / Jasna Tkalec)

Günter Grass 'persona non grata' u Izraelu (HINA, 8. travnja 2012.)

Was auch noch gesagt werden muss!
Intellektuelle melden sich in Hintergrund zu Wort. Kommentare zur Grass-Debatte von Moshe Zuckermann, Noam Chomsky, Domenico Losurdo, Rolf Verleger, Ekkehart Krippendorff, Norman Paech, Adam Keller, Michel Warschawski, Tariq Ali, Yonatan Shapira, Yakov M. Rabkin, Moshé Machover, Brian Klug, Enzo Traverso, Gilbert Achcar und Jean Ziegler

Ginter Gras ponovo "užasnuo Nemce"
Oštre reakcije na pesmu slavljenog i osporavanog nemačkog pisca


=== srpskohrvatski ===

Günter Grass: Ono što se mora reći


Zašto šutim, predugo prešućujem,
ono što je očigledno i uvježbavano u pomno planiranim igrama,
na čijem kraju kao preživjeli mi smo
jedino fusnote.

To je sačuvano pravo da napadnu prvi,
koje bi moglo uništiti hvalisavcem podjarmljeni
i do organiziranog klicanja dovedeni
iranski narod,
jer se na području pod njegovom vlašću
o gradnji atomske bombe nagađalo.

Ali zašto samome sebi zabranjujem
imenovati onu drugu zemlju
u kojoj već godinama – iako potajno –
postoji i raste nuklearni potencijal,
doduše izvan kontrole, jer je svim
provjerama nedostupan?

Opće prešućivanje činjenica,
kojem se moja šutnja podredila,
osjećam kao tešku, opterećujuću laž
i kao prisilu, uz kaznu u slučaju nepoštovanja;
presuda “antisemitizam” sasvim je uobičajena.

I onda baš iz ove zemlje,
koju stalno sustiže njezin zločin, po svemu
neusporediv,
i svaki je put iznova pozivana na odgovornost,
još jednom, čisto poslovno, iako
u izjavi je hitroj to objašnjeno kao kompenzacija,
doprema se Izraelu još jedna podmornica
čija se posebnost sastoji u tome
da usmjerava sveuništavajuće bojeve glave
tamo gdje postojanje atomske bombe nije dokazano,
ali je kao pretpostavka već potvrđeno,
I zato ću sada reći, ono što mora biti rečeno.

Zašto sam dosad šutio?
Zato što sam mislio da mi moje podrijetlo
označeno nepopravljivom sramotom,
ne dozvoljava da zahtijevam izricanje
činjenica kao jedine moguće istine
prema zemlji Izraelu, s kojom sam povezan
i s kojom i dalje povezan želim biti.

Zašto ovo govorim tek sada,
Ovako star, posljednjom svojom tintom:
Atomska sila Izrael ugrožava
Ionako krhki svjetski mir?
I mora se reći,
jer sutra je možda već prekasno;
pogotovo za nas koji – opterećeni ionako što smo Nijemci –
možemo postati isporučitelji zločina,
koji je predvidljiv, zbog kojeg se naše saučesništvo
ne može prebrisati uobičajenim opravdanjima.

I priznajem: ne šutim više,
sit sam licemjerstva Zapada;
i želim se nadati,
ukinuti svako prešućivanje,
pozvati izazivače stvarne opasnosti
da odustanu od nasilja
i insistirati da se dopusti
nesmetana i trajna kontrola
izraelskog atomskog potencijala
i iranskih atomskih elektrana
od istih međunarodnih institucija
prihvaćenih u vladama obje zemlje.

Samo na taj način, Izraelcima i Palestincima,
i ne samo njima, nego svim ljudima koji žive tamo,
u tom zabludama okupiranom dijelu svijeta,
gužvovitom i zavađenom odavna,
a zatim i svima nama, može se na kraju pomoći

___
(pjesmu s njemačkoga preveli Anne-Kathrin Godec i Miljenko Jergović)



=== francais ===

« Ce qui doit être dit »




Pourquoi me taire, pourquoi taire trop longtemps / Ce qui est manifeste, ce à quoi l’on s’est exercé / dans des jeux de stratégie au terme desquels / nous autres survivants sommes tout au plus / des notes de pas de pages.
C’est le droit affirmé à la première frappe / susceptible d’effacer un peuple iranien / soumis au joug d’une grande gueule / qui le guide vers la liesse organisée, / sous prétexte qu’on le soupçonne, dans sa zone de pouvoir, / de construire une bombe atomique.
Mais pourquoi est-ce que je m’interdis /De désigner par son nom cet autre pays / Dans lequel depuis des années, même si c’est en secret, / On dispose d’un potentiel nucléaire en expansion / Mais sans contrôle, parce qu’inaccessible / À toute vérification ?
Le silence général sur cet état de fait / silence auquel s’est soumis mon propre silence, / pèse sur moi comme un mensonge / une contrainte qui s’exerce sous peine de sanction / en cas de transgression ; / le verdict d’"antisémitisme" est courant.
Mais à présent, parce que de mon pays, / régulièrement rattrapé par des crimes / qui lui sont propres, sans pareils, / et pour lesquels on lui demande des comptes, / de ce pays-là, une fois de plus, selon la pure règle des affaires, / quoiqu’en le présentant habilement comme une réparation, /de ce pays, disais-je, Israël / attend la livraison d’un autre sous-marin / dont la spécialité est de pouvoir orienter des têtes explosives / capables de tout réduire à néant / en direction d’un lieu où l’on n’a pu prouver l’existence / ne fût-ce que d’une seule bombe atomique, / mais où la seule crainte veut avoir force de preuve, / je dis ce qui doit être dit.
Mais pourquoi me suis-je tu jusqu’ici ? / parce que je pensais que mon origine, / entachée d’une tare à tout jamais ineffaçable, / m’interdit de suspecter de ce fait, comme d’une vérité avérée, / le pays d’Israël, auquel je suis lié / et veux rester lié.
Pourquoi ai-je attendu ce jour pour le dire, / vieilli, et de ma dernière encre : / La puissance atomique d’Israël menace / une paix du monde déjà fragile ? / parce qu’il faut dire, / ce qui, dit demain, pourrait déjà l’être trop tard : / et aussi parce que nous - Allemands, / qui en avons bien assez comme cela sur la conscience - / pourrions fournir l’arme d’un crime prévisible, / raison pour laquelle aucun / des subterfuges habituels / n’effacerait notre complicité.
Et admettons-le : je ne me tais plus, / parce que je suis las / de l’hypocrisie de l’Occident ; il faut en outre espérer / que beaucoup puissent se libérer du silence, / et inviter aussi celui qui fait peser cette menace flagrante / à renoncer à la violence / qu’ils réclament pareillement /un contrôle / permanent et sans entraves / du potentiel nucléaire israélien / et des installations nucléaires iraniennes / exercé par une instance internationale / et accepté par les gouvernements des deux pays.
C’est la seule manière dont nous puissions les aider / tous, Israéliens, Palestiniens / plus encore, tous ceux qui, dans cette / région occupée par le délire / vivent côte à côte en ennemis / Et puis aussi, au bout du compte, nous aider nous-mêmes.

Source: Süddeutsche Zeitung (Allemagne)

Traduit de l’allemand par Olivier Mannoni





(srpskohrvatski / italiano)

Il Comune di Trieste delibera di mistificare la Storia

1) Ennesima mistificazione storica approvata dal Consiglio comunale di Trieste (C. Cernigoi)
2) Trst i natpis „lažnog“ oslobođenja 12 juna 1945, neke od laži o 42 dana Trsta (M. Barone)


=== 1 ===


ENNESIMA MISTIFICAZIONE STORICA APPROVATA DAL CONSIGLIO COMUNALE DI TRIESTE

Posted on 26 luglio 2014 by diecifebbraio1

COLPIRE LA MEMORIA, RISCRIVERE LA STORIA” (da “Ruggine” degli Africa Unite).

Il 21 luglio scorso il Consiglio comunale di Trieste, con un unico voto contrario (Federazione della Sinistra) e tre astenuti (due PD e uno SEL) ha approvato la seguente

MOZIONE URGENTE

Oggetto: 26 ottobre 1954-2014

I sottoscritti consiglieri comunali

Preso atto che il 26 ottobre 2014 ricorre il sessantesimo anniversario del ritorno definitivo di Trieste all’Italia; 

Ricordato che il 2014 è l’anno delle celebrazioni dell’inizio della Prima Guerra Mondiale e del lungo Novecento che ha visto Trieste contesa fino al Memorandum di Londra che la riunificò alla Madre Patria;

Evidenziato che in un anno ricco di celebrazioni non si può dimenticare questa data simbolo di tutto il Novecento per l’Italia, per Trieste e per tutto il confine orientale, compiendo atti di “giustizia storica” anche nei confronti di quanti si sacrificarono e morirono per l’italianità della Città; 

IMPEGNANO 

il Sindaco e la Giunta a commemorare degnamente l’anniversario ed i suoi protagonisti attraverso:

• la convocazione di un Consiglio comunale straordinario che commemori l’evento;

• il conferimento della Cittadinanza Onoraria all’VIII Reggimento Bersaglieri di cui facevano parte i reparti italiani che per primi giunsero in Città il 26 ottobre 1954;

• l’intitolazione di una via cittadina o l’apposizione di una targa che commemori la fine dell’occupazione jugoslava il 12 giugno 1945 e la fine della seconda guerra mondiale per Trieste.

Mozione firmata da Franco Bandelli e Alessia Rosolen (Un’altra Trieste, formazione politica che si situa a destra di AN e forse anche di Fratelli d’Italia, tanto per inquadrare l’area politica).

Che dire? innanzitutto che la data del 26 ottobre 1954 (ritorno della sovranità italiana su Trieste, peraltro in barba agli accordi che sancivano l’esistenza del Territorio Libero) non c’entra assolutamente con quella del 12 giugno 1945 (quando gli Jugoslavi lasciarono l’amministrazione della città agli angloamericani), e che attaccare le due cose assieme è solo l’ennesimo modo per fare mistificazione storica.

Ma anche “commemorare” la fine “dell’occupazione jugoslava” è un modo per mistificare e riscrivere la storia. Perché si parla di “occupazione” jugoslava a Trieste e non di “occupazione” angloamericana per le altri parti d’Italia liberate dagli eserciti alleati? (Era un esercito alleato anche la Jugoslavia, nonostante molti continuino pervicacemente ad ignorarlo).

Inoltre, la “fine della seconda guerra mondiale” a Trieste come in Italia e negli altri paesi si è avuta il 10 febbraio 1947, con la firma del Trattato di pace, data che invece è stata oggetto di ulteriore mistificazione essendo stata dichiarata Giorno del ricordo dell’esodo e delle foibe.

Che la destra più retriva, anticomunista e nazionalista, si faccia carico di presentare simili proposte non stupisce. Scandalizza invece il fatto che tali contenuti vengono oggi, a distanza di settant’anni, fatti propri anche dalle forze che non osiamo definire “di sinistra”, ma che pensavamo almeno sinceramente democratiche.

Così ci domandiamo come mai il sindaco Cosolini, PD con un ventennale passato nel PCI, possa avere già fatto proprio un ordine del giorno in cui si impegnava a porre una targa per “celebrare la fine dei quaranta giorni di occupazione”.

Non si può cancellare la realtà storica, e cioè che l’arrivo dell’Esercito jugoslavo a Trieste ha significato la sconfitta del nazifascismo, e che i tanto conclamati “crimini delle foibe” sono nulla più che l’esagerazione esasperata di fatti avvenuti a Trieste come in tutte le altre città alla fine del secondo conflitto mondiale, e che vengono stigmatizzati nel modo che sappiamo solo perché a Trieste i partigiani ed i liberatori erano “slavi” e “comunisti”. Che invece di considerare che alla fine della guerra si ebbero in tutta Europa episodi di giustizia sommaria, qui si parla di “martiri delle foibe” comprendendo anche persone che avevano collaborato con il nazifascismo, che avevano fatto parte di organismi di repressione che rastrellavano, torturavano, assassinavano e mandavano a morire nei lager gli antifascisti e gli ebrei e gli “slavi” considerati “razze inferiori”; e che, atteggiamento schizofrenico tipicamente italiano, il 27 gennaio si commemorano alla Risiera le vittime di alcune persone che vengono commemorate il 10 febbraio.

Ho scritto che non si può cancellare la realtà storica, ma ho sbagliato: avrei dovuto scrivere che non si dovrebbe cancellarla, dato che per potere possono e lo stanno facendo.

Ed intanto il nazifascismo sta riprendendo piede in tutta Europa: ma ad essere criminalizzati, in Italia, sono solo gli antifascisti di sinistra.

Claudia Cernigoi, 25 luglio 2014.


=== 2 ===

In italiano: ALCUNE DELLE MENZOGNE SUI “40 GIORNI” DI TRIESTE
http://colpevelx.blogspot.it/2014/06/trieste-e-latarga-della-falsa.htm

Trst i natpis „lažnog“ oslobođenja 12 juna 1945, neke od laži o 42 dana Trsta

Prvog maja 1945 u šest sati ujutro sa pet lakih tenkova i sa dvije stotine mitraljeza jugoslavenski partizani su ušli u Trst, oslobodivši grad od nacifašističke okupacije. No od tog trenutka do 12 juna 1945, a naročito nakon 12 juna 1945, kada su jugoslavenske trupe napustile grad prema dogovoru do kojeg je došlo sa Anglo-Amerkinacima, 9 juna 1945, počela je kampanja povijesne falsifikacije i historijskog revizionizma i tobožnjih istina, koju je prisvojila i službena tobožnja ljevica. Oslobođenje Trsta pretvorilo se u okupaciju Trsta. A okupiranje Trsta od strane jugoslavenskih partizana, u historijskom pamćenju, bilo lokalnom, bilo nacionalnom, uvjetovano raznim neistinama, bit će opisano kao još gore i još nasilnije od nacifašističke okupacije.Tako će se, na primjer, jako malo govoriti o 27 martu 1944, kad su u gradu javno obješena 4 partizana iz „Trešćanskog bataljona“: Sergio Cebroni, Giorgio De Rosa, Remigio Visini i Livio Stocchi, i jednako tako još manje će se govoriti o 3 aprilu, kad će biti obješena 72 taoca u ime odmazde zbog atentata, koji je izvršio Pokret Otpora u Opicini i još manje će se spominjati 29 april, kad su iz odmazde za ubojstvo petorice Nijemaca objesili pedesetišest partizana, ali će se zato govoriti mnogo o izmišljenom lovu na Talijana, koji su tobože izvršili jugoslavenski partizani. Na nacionalnoj razini malo će se tko sjećati postojanja logora za eksterminaciju Risiere, ali će se naveliko govoriti o cijeloj toj mistificiranoj priči oko foibi ili o masovnom ekzodusu talijanskog življa, kao i o „užasnih“42 dana Tita. Ako ponovo pročitamo novine iz tog doba, koje gotovo uvijek daju dosta prostora tršćanskom pitanju, dobro se vidi da neke novinske agencije iznose neistine. Ne govori se na primjer o činjenici da se 10 tisuća Tršćana okupilo na trgu uz povike Živio Tito, živjeli antifašistički saveznici, uvečer, prije potpisivanja dogovora, koji će ratificirati primopredaju vlasti. Čak je i sam tršćanski biskup izjavio „odnos jugoslavenskih vlasti i njihovih lokalnih uprava prema kleru bilo je bez izuzetka korektan i ispunjen dužnim poštovanjem“, kako piše list Unità 10 juna 1945, a izvor je Reuters, koji na taj način demantira, da se nadbiskup nalazi u kućnom pritvoru, koji su mu odredili jugoslavenski partizani. Unità nikada nije, kako je opće poznato, bila naklona Titu i nije imala baš nikakvog interesa da štiti utisak, koji je on ostavljao, a još manje njegovu ulogu. Dana 17 maja može se pročitati da u Trstu „Nije bilo ni pokolja, ni masovnog deportiranja i još manje lova na Talijane“, a to izjavljuje gospođa Sprigge iz Manchester Guardiana.
Velio Spano, koji će potom biti član Ustavotvorne skupštine i senator u prva tri saziva parlamenta, u listu Unità od 8 maja 1945 napisat će, na prvoj strani, da treba optužiti laži novinskih agencija po pitanju Trsta, čiji je cilj da probude „nacionalističke osjećaje i ostatke fašizma“.
Isto će tako biti lažna vijest, na primjer, o ultimatumu, kojeg je dao Tito. Dana 19 maja 1945, nakon sjednice, koja je održana u kafani Rossetti, nastat će sjedinjeni talijansko-slovenski komitet za civilnu administraciju Trsta, a dopisnik Associated Pressa će objaviti, da su u toku pregovori između jugoslavenske vojske i angloameričkih snaga i da su njihovi odnosi srdačni, kako će to potvrditi različite novinske agencije dana 31 maja 1945.
Dakle jugoslavenski partizani nisu mogli imati ni najmanje interesa, s obzirom na postojeće stanje, da vrše progone ili pogubna djela nasilja, jer to bi predstavljalo nelogičnu besmislicu i značilo bi zadati sebi smrtni udarac pijukom po vlastitim nogama.
Ne treba zaboraviti da su u to vrijeme u Italiji djelovali Izvanredni Narodni Sudovi, koji su sudili kolaboracioniste na sjeveru zemlje, te prema dekretu od 22 aprila 1945, mogli su izricati i smrtne kazne za one, koji su bili optuženi da su najjodgovorniji za prošlost, a to sve kako bi se shvatila klima tog vremena te isto vrijedi, u izvjesnom smislu, i za upravljanje gradom pod jugoslavenskom oslobodilačkom vojskom. Rat naime ne završava onog datuma kad je to potpisano za nekim stolom, a posljedice rata protežu se kroz vrijeme, sa neizbježnim osudama, čak i na smrt, onih, koji su do prije par dana bili direktni ili indirektni suučesnici fašističkog ili nacifašističkog režima. Otuda potječe činjenica što tobožnja ljevica želi prisvojiti inicijativu reakcionarnih snaga i onih desnih, a one žele 12 juna proglasiti danom istinskog oslobođenja Trsta, kao i to da se 42 dana talijansko-slovenske administracije, zajedno sa jugoslavenskom, grada Trsta, moraju smatrati za užasne, mračne trenutke, izjednačene sa nacifašističkom okupacijom, što predstavlja zapanjujući i ogavan historijski falsifikat.
Nesumnjivo je da su počinjene greške, ali treba se zamisliti, i to ozbiljno - a bilo bi potrebno na to i odgovoriti - nad slučajem, kad se dogodi, da tvrdnje nacionalističkih snaga, i to upravo one koje su kružile u prošlosti kao lažne vijesti za lažno uzbunjivanje, postanu stanovište onih političkih snaga, koje su proizlazile baš iz Pokreta otpora, onog istog Pokreta otpora, koji se borio protiv laži i protiv svih lica fašizma. Dana 12 juna nije bilo nikakvog oslobođenja Trsta, već je vojna snaga, koja je oslobodila Trst, predala grad Anglo-Amerikancima. A osim toga, kad bi smo bili strogo logični, ukoliko su okupatori bili Jugoslaveni, isto tako morali bi biti okupatori i Anglo-Amerikanci, a ta se okupacija nastavila u Italiji i to ne uvijek na suptilan način, sve do današnjih dana. Uostalom, u Italiji nikad nije postaja Nezavisna Republika i strategija strave, koju je ustvari predstavlala strategija napetosti, kroz koju smo prošli, treba također biti čitana u kontekstu tih zbivanja.
Sad će se netko zapitati, zašto sam sve ovo kazao? Stoga jer je obnovljeno obećanje, od strane nekih lokalnih političara, da se u Trstu postavi ploča s natpisom, koji bi podsjećao da je 12 jun dan oslobođenja grada.

Marco Barone
13/06/14

(Prevod: J. Tkalec)



(english / italiano)

Novorossia contro il nuovo fascismo
3: BOROTBA

1) Dissecting Ukraine’s ‘democracy’: Poroshenko and the neo-Nazis (Victor Shapinov)
2) Interview with Borotba leader Sergei Kirichuk
3) Ucraina, PRC: “UE e Italia vogliono essere ancora complici dei neonazisti di Kiev?”


Vedi anche: 

INTERVISTA A IGOR STRELKOV E PAVEL GUBAREV

I COMUNISTI NELLA UCRAINA SERVA DI BRUXELLES

UCRAINA: LE REPUBBLICHE POPOLARI DEL DONBASS E I COMUNISTI

BOROTBA E IL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA IN UCRAINA

SOCIJALISTICKA I ANTI-KAPITALISTICKA BORBA U DONBASU

MANIFESTO DEL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DI UCRAINA, NOVOROSSIA E RUTENIA TRANSCARPATICA

IL REGIME EURO-FASCISTA DI KIEV METTE AL BANDO IL PARTITO COMUNISTA DI UCRAINA


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Dissecting Ukraine’s ‘democracy’: Poroshenko and the neo-Nazis

By Victor Shapinov on July 11, 2014

Victor Shapinov of the Ukrainian Marxist organization Union Borotba (Struggle) here analyzes the forces at work behind the announcement by President Petro Poroshenko officially ending the Kiev junta’s ceasefire with the Donetsk and Lugansk people’s republics of the Donbass region. The article originally appeared on the website ActualComments.ru and was translated by Workers World contributing editor Greg Butterfield.

June 30 — Yesterday’s bloodthirsty rally on the Maidan, where thousands of people demanded the resumption of hostilities in the Donbass, shows the sad realities of the political system established after the victory of Euromaidan. In this system, a radical nationalist minority can effectively impose its political will on the majority.

It is obvious that voters in central and western Ukraine cast their ballots for Petro Poroshenko as a moderate leader of the Maidan, hoping for a political settlement and peace. By contrast, support for nationalist politicians who advocate extreme methods — Oleg Lyashko, Oleg Tyagnybok, Dmitry Yarosh — was not great.

While he is apparently trying to be moderate — and certainly he does not want to go down in history as Peter the Bloody — Poroshenko is held hostage by an extremist minority, well-organized and well-funded. He cannot conduct actual negotiations, as even a fake truce immediately causes an uproar from the nationalist crowd and open accusations of betrayal.

All this makes the political system of the new Kiev regime extremely unstable. Small in relation to the multimillion population of Kiev, the crowd outside the Russian Embassy can impose its desire for a pogrom on ministers and deputies. Small in relation to the population that voted for Poroshenko, Maidan can put pressure on the president and push him to continue the insane war in the ­Donbass.

Those who say of the Maidan, “This is democracy,” completely misunderstand the political reality. It’s not a democracy, and not only because the regime suppressed its political opponents in the southeast with police and military methods. It’s not a democracy because it deprives its own moderate supporters of a voice, making them hostages to the madness of the fascists.

To paraphrase a famous quote, democracy is only for them — not the power of the people, not even the notorious “democratic procedures.” Democracy for the Maidan is “unrestricted by any laws. It does not anguish over rules. The power of the democrats rests directly on violence.”

In fact, this political system is much more authoritarian compared to the rather bland [former Ukraine President Viktor] Yanukovych regime, and even more so than those regimes that the West regards as dictatorial.

The danger of such a hypertrophied right-wing minority having influence over Kiev lies also in the fact that this minority is very easy to manipulate. And not only by [appointed Dnipropetrovsk Gov. Igor] Kolomoisky or certain circles of Western imperialism, but, if you consider it, also by Russia. Don’t they provide excellent reasons for intervention by the Russian Federation when they destroy diplomatic missions and the property of diplomats? Don’t they create an image the Kiev government would prefer to avoid before international public opinion?

But there is no way to get away from them. Without this nationalist minority, the Maidan movement would have failed to overthrow Yanukovych. The Kiev junta is not strong enough to arrange its own “Night of the Long Knives,” modeled on the one that Hitler gave his more radical “storm troopers.” Yes, Poroshenko simply has no armed force capable of resisting armed right-wing pressure.

The neo-Nazis are armed, and getting combat experience. And who does Poroshenko have? Demoralized police? A decaying army, which must be driven to the slaughter? The SBU [political police], which in its best years was engaged mainly in the racketeering business?

Probably some “moderate” politicians from Maidan believe that the most hard-bitten nationalists will fall in the fields of Donbass. But in fact, we see that many of them are not in a hurry to go to the front, preferring to monitor the political situation “in the rear.” And this is modern warfare — it’s still not World War II with its millions of victims. Most of the Nazis remain alive and will return, gaining combat experience, accustomed to death and violence.

Overall, the prospects for the development of the political situation give little cause for optimism. The radical Nazi minority has felt its power and will use it, because in Kiev there is no force capable of resisting the Nazi troops. Those forces are in the Donbass, in the southeast. But for the inhabitants of these regions, the line between moderate “Maidan activists” and Nazi goons is erased. They will overthrow the post-Maidan government in general, making no distinction between Poroshenko and Yarosh. And the inhabitants of the southeast are right, because Poroshenko’s administration would not exist without the fascists. Their differences are all formal. They strengthen and reinforce each other.


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Interview with Borotba — ‘They hate us because we are communists’

By Workers World staff on July 11, 2014

Workers World is publishing parts of this interview by Andrej Hunko, who is a member of the German Bundestag (Parliament) from the Left Party (Die Linke), with Borotba leader Sergei Kirichuk. The entire interview is at tinyurl.com/mj36exz

July 9, 2014 — Sergei Kirichuk is a founding member and coordinator of the Ukrainian left-wing organization Borotba (Struggle). He left Ukraine because of the repression against his organization. Borotba is discussed controversially due to accusations by anarchist organizations from Ukraine. I confronted Sergei Kirichuk with the accusations.

What are the current conditions for political work for Borotba members in Ukraine?

Our organization now is under strong attack by the Kiev regime. One of our comrades, Andrej Brajevsky, was killed during the massacre in Odessa on May 2, many of our leaders are on a wanted list of the government’s prosecution office. Some leading comrades are still in Ukraine but they are working now under very dangerous conditions. Neo-Nazi gangs tried to kidnap Denis Levin and Svetlana Licht in Kharkov [1].

All of our offices were destroyed and partly occupied by fascists. The so-called National Guard that was created from right-wing paramilitary forces from the Maidan and that is now the legal disguise for them, attacked our last office in Kharkov. [2]

A few days ago, our fellow activist Maria Matushenko was kidnapped from her apartment in Dnipropetrovsk. She was kidnapped by the secret police, who took all electronic devices of her family (two laptops, four cell phones, one tablet PC). Later she was released and fled the country. Other comrades have been arrested and tortured by the police in Kharkov. Police officers tried to get information about the whereabouts of our leading comrades. Many comrades have left their apartments in order not to get arrested.

At the moment we have no political democracy in our country. Instead, we are confronted with a civil war in Ukraine.

Since the Maidan protests and the ousting of President Yanukovitch, the conflict in Ukraine has escalated into an armed conflict in the eastern parts of the country. What are Borotba’s proposals for a resolution of the conflict?

We are supporters of a peaceful solution, and we sharply criticize the military hysteria inside Ukrainian society. We are part of the Minsk Declaration [3] peace process, a declaration created and signed by Ukrainian, Belorussian and Russian left activists in order to build up pressure towards all governments involved in the conflict to stop the war.

The declaration of the left forces is calling for solidarity with the left forces in our countries:

“We express our solidarity to all participants of the Ukrainian left-wing movements who are fighting against war, nationalism and xenophobia. We consider it necessary to provide them with all possible information, political and material support. We oppose the pressure, pogroms and reprisals by all participants of the conflict. We oppose the massacres, torture and abductions of Ukrainian leftists, anti-fascists and all Ukrainian citizens, regardless of their political views. We oppose political persecutions in the Crimea region as well.”

Of course this position is under attack by the mainstream media who are accusing us of supporting “terrorists” and “separatists.” But we strongly insist that a military solution is impossible in this conflict.

We are proposing a plan for the re-establishing of the Ukrainian state. That means that we are supporting the idea of a federal state with wide autonomies for the people of the southeast, furthermore the recognition of social, economic and cultural rights of the regions, recognition of language equality, and a neutral status of Ukraine in international relations. One important condition is to stop the glorification of Nazi collaborators.

In the German media, the forces of the so-called “People’s Republics” of Donetsk and Lugansk are portrayed as “pro-Russian separatists.” How would you analyze the political actors and what is your relation to them?

We should keep in mind that the protests in the southeast developed in a way very similar to what happened at the Maidan. People organized large protests and demonstrations in the main cities. They were demanding rights and respect. When the government ignored their protest, they occupied administrative buildings. The answer of the “democratic” Maidan government was riot police and special forces. Hundreds of activists were arrested and imprisoned at a time when the Maidan protesters were still occupying administrative buildings in Kiev. We are being confronted here with a government that is showing ugly double standards.

It is true that many people in the east feel pro-Russian. But this fact cannot be considered a crime! There are many different reasons for people to feel pro-Russian in this part of Ukraine. Some people feel very strongly about the common language and history, some people feel strongly about a common culture and religion, but a lot of people are also worried about their jobs.

The southeast regions are still producing many high-technology products like aviation engines, space rockets, orbit satellites, airplanes, machinery, equipment, etc. These products are not allowed to be exported into the European Union. They can be exported only to Russian and Asian markets. A lot of young highly qualified workers and engineers also want to work in the technologically advanced industry sector and create something important.

The real separatists are sitting in the Kiev government. They split the country with their decision to sign the free-trade zone agreement (not supported by half of the country), with the abolition of the language law (that had been giving some rights for Russian language speakers), and with the glorification of Nazi collaborators in the country, where one in five inhabitants was killed during the Nazi occupation.

For example, in Kharkov the protest movement started as a campaign to protect the local Lenin monument. Thousands of people, men and women, young and old, workers, jobless, students and engineers were on duty near the monument day and night. Sometimes, fascists attacked them with sticks and rubber bullets. For Borotba it was our duty to be with them and among them.

The protection of Lenin monuments was an important beginning of resistance. Then we had so-called city meetings. Thousands of people were coming to the central Freedom Square and all of the political groups tried to promote their political line.

We openly spoke from the stage about socialism, internationalism and the anti-capitalist struggle. At that time, Russian nationalists were a small minority within a huge popular movement. They have become much more important now after the government and neo-Nazi gangs attacked and defeated left forces.

We have totally different political views from the nationalists. Sometimes we had skirmishes with them. Russki Vostok (Russian East) made a statement later and blamed us for the defeat of the popular movement in Kharkov. Some pro-Russian forces said that it was a mistake to speak about an anti-oligarch struggle. But our position was always very clear: There is no anti-fascist struggle without fighting for socialism. …

Regarding the accusation against us: We are not a “pro-Russian” organization. We are fighting for the rights of the working class, youth and women. Neither Russian nor Ukrainian nationalism is acceptable for us. Our ideology is proletarian internationalism. So we hate the oligarchs of Russia and Ukraine. Our partner in Russia is the Left Front. Many of their activists are in prisons now and we are showing our solidarity with them.

At the same time, we support democratic rights for Russian citizens of Ukraine. They have the right to use their language and to protect their cultural values. We support the idea of language equality and resist the idea of a Ukrainian ethnic state. We support the idea of a democratic federation for Russians and Ukrainians with wide autonomy for regions. We also support the idea to guarantee the rights for Romanian, Moldovan, Greek, Bulgarian, Roma and other minorities. …

Speaking of anti-Semitism, Borotba has also been accused of tolerating the anti-Semite Aleksej Bljuminow, who is an editor of Wechernij Lugansk. What is Borotba’s relation to him?

Aleksej Bljuminow created problems also in other political parties. He was in our organization for a short time. Then he supported the Maidan protests and left our movement. Now he supports the “separatists.” During his stay with us and later on, I never heard any kind of anti-Semitic statements by him. We have zero tolerance to anti-Semitism and xenophobia in our organization, and we organized a lot of political protests against anti-Semitism.

We have a few comrades that have had a nationalist subculture past, but now they are dedicated to ideas of communism and internationalism. We will always follow proletarian political lines. Anti-Semitism, xenophobia and sexism are not acceptable for us.

We face accusations from the government, the media and liberal-nationalists. They hate us because we are communists, because we are defending Marx and Lenin — and socialism! We stand together with the working class and the youth against racism and fascism. Even in terror conditions we organized actions to support workers’ unions. [4]

What is Borotba’s analysis of the Maidan movement?

We said that this movement was very reactionary from the very beginning. We were totally against the free-trade zone with the EU because it leads directly towards a Greek scenario. The Maidan protests created a cult of individual success. They had no left-wing ideas there.

Of course not all of the movement was fascist, but it was very anti-communist. They destroyed Lenin monuments all over the country.  One of the main problems was that the Maidan protesters claimed that the so-called “Soviet mentality” did not give us any possibility to become free and rich. On the Maidan, they even have a symbolic border: When you enter the Maidan you can see an announcement that you are leaving the Soviet Union and entering the European Union.

But they had a very specific understanding of European values. The fascists on the Maidan were a minority in the beginning, but they were tolerated by the majority of the protesters. Then, they became an active minority and injected their political agenda into the whole movement. This movement was sponsored by the richest people of Ukraine and the victory on the Maidan was very beneficial to them.

They called it a revolution of dignity, but now the supporters of the Euromaidan in Kharkov have created a website to collect the personal data of anti-government activists, including their home addresses and their places of work.

The results of the victory of this movement are the private armies of the oligarchs, an oligarch president, oligarchs and fascists in government, oligarch-governors, economic collapse and civil war in Ukraine.

[1] https://www.youtube.com/watch?v=iSxb0NAjSbE

[2] https://www.youtube.com/watch?v=hKcLuZiiCIM and https://www.youtube.com/watch?v=Klw_Ar9Aq5I

[3] http://liva.com.ua/conference-antiwar.html

[4] https://www.youtube.com/watch?v=fwRmfBvH6jk


=== 3 ===


Ucraina, Prc: “Condanniamo nuova legge elettorale che mette al bando il Partito Comunista Ucraino. Ue e Italia vogliono essere ancora complici dei neonazisti di Kiev?”

Pubblicato il 24 lug 2014
di Fabio Amato e Paolo Ferrero

Condanniamo nel modo più assoluto la nuova legge elettorale voluta dal governo di Kiev e dei suoi sostenitori neonazisti che mette al bando il Partito Comunista Ucraino, forza parlamentare di opposizione che ha oltre il 13% dei voti e che è stata vittima in questi mesi di intimidazioni, attacchi ai suoi dirigenti e sedi, minacce fisiche e attentati. Esprimiamo la piena solidarietà al PC ucraino e alle forze di opposizione al governo neofascista di Kiev. Ci associamo alla richiesta del gruppo del Gue-Ngl di intervento da parte del Parlamento Europeo e delle istituzioni dell’Ue contro questo sopruso. L’Unione Europea, e con essa il governo italiano, vogliono essere ancora complici di questa ennesima violazione democratica dei loro alleati neonazisti di Kiev?




Novorossia contro il nuovo fascismo
1: MANIFESTO DEL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DI UCRAINA, NOVOROSSIA E RUTENIA TRANSCARPATICA (7 luglio 2014)

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Vedi anche: INTERVISTA A IGOR STRELKOV E PAVEL GUBAREV

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Ucraina antifascista. Il manifesto della Resistenza

•  Martedì, 22 Luglio 2014 08:49
•  Redazione Contropiano

MANIFESTO DEL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DI UCRAINA, NOVOROSSIA E RUTENIA TRANSCARPATICA
Qual è lo scopo della nostra lotta?
L’edificazione, sul territorio dell’Ucraina, di una repubblica popolare equa, ad orientamento sociale, senza oligarchi e burocrazia corrotta.
Chi sono i nostri nemici?
Le elites dirigenti liberal-fasciste -l’alleanza criminale di oligarchi, burocrati, forze militari e di sicurezza e criminali che servono esplicitamente gli interessi degli stati stranieri. Mentre ufficialmente dichiarano il loro sostegno ai valori liberali europei, queste forze tengono il paese sotto il loro controllo facendo affidamento su bande di estrema destra, sfrenata isteria sciovinista e sulle rivalità etniche.
Chi sono i nostri alleati?
Tutte le persone di buona volontà, indipendentemente da cittadinanza e appartenenza etnica, che si riconoscono negli ideali di giustizia sociale e che sono pronti a lottare per essi, mentre rifiutano lo stato liberal-fascista sul territorio dell’Ucraina.

 

Cos’è la repubblica popolare ad orientamento sociale per la quale stiamo lottando?
La repubblica popolare ad orientamento sociale è la forma politica di organizzazione della società in cui:
gli interessi del popolo e del suo sviluppo a tutto tondo – spirituale, intellettuale, sociale e fisico - rappresenta il più alto fine e compito dello stato;
tutto il potere risiede nel popolo ed è esercitato da esso attraverso organi eletti di diretta rappresentanza;
tutti i cittadini lavoratori hanno diritto a sanità, istruzione, pensione e sicurezza sociale a spese dello stato;
in caso di perdita del lavoro o temporanea o permanente disabilità sono pagate pensioni degne e si garantisce un’adeguata sicurezza sociale;
è consentita ogni iniziativa privata o collettiva a condizione che essa porti beneficio al popolo e al suo sviluppo;
il capitalismo finanziario usurario, che si basa sul credito, è proibito. I soldi devono essere guadagnati non attraverso qualsiasi tipo di strangolamento debitorio, bensì attraverso la realizzazione di progetti di successo;
lo stato, agendo in nome del popolo e controllato dai rappresentanti del popolo, è il maggior possessore di capitale e controlla i settori strategici dell’economia;
la proprietà privata è permessa, ma la società tiene sotto controllo le grandi fortune ed il modo in cui vengono investite nella politica e nell’economia. A nessuno è consentito sfruttare le persone in maniera parassitaria, stabilire un impero oligarchico o dominare il popolo creando monopoli artificiali;
 
Quali sono i nostri metodi di lotta?
Per raggiungere l’obiettivo di cui sopra (la creazione sul territorio dell’Ucraina di una repubblica popolare ad orientamento sociale) siamo pronti ad utilizzare metodi di lotta violenti e non-violenti. Riteniamo che i cittadini abbiano diritto alla sollevazione e che solo il popolo in armi sia in grado di difendere la propria libertà. La violenza, comunque, è un mezzo per ottenere fini politici e vi ricorriamo solo quando siamo obbligati.
 
Cosa sta succedendo sul territorio dell’Ucraina?
Sul territorio dell’Ucraina è in corso una rivolta di liberazione popolare contro un regime liberal fascista che cerca, attraverso la propaganda ed il terrore, di imporre nel nostre paese un capitalismo criminale oligarchico e rentista.
 
Cos’è l’Ucraina?
L’Ucraina è il territorio posto tra l’UE e la Russia, con forti tradizioni cristiane (specialmente ortodosse), con una popolazione composta di varie nazionalità (Ucraini, Russi, Bielorussi, Greci, Tatari, Ruteni, Galiziani ed altri), e con tradizioni, forgiate nei secoli, di autogoverno popolare e lotta politica per la libertà.
 
Che sta succedendo nel sud-est dell’Ucraina (Novorossia)?
Nel sud-est (Novorossia) è in corso una sollevazione politica popolare contro il regime liberal-fascista istallatosi a Kiev con i soldi ed il supporto dei padroni occidentali. I membri di tutti i gruppi etnici della regione stanno prendendo parte a questa rivolta – Ucraini, Russi, Greci, Armeni, Ebrei, Ungheresi, Rumeni e così via.
 
Nella regione è in corso una guerra fra Russi e Ucraini?
Non è in corso una guerra fra Russi e Ucraini, come affermato dalla propaganda di Kiev. E’ in corso una sollevazione del popolo oppresso contro il suo comune nemico –il capitalismo criminale oligarchico.
Russi e Ucraini, come le persone di altre nazionalità, stanno combattendo sui due fronti.
Dalla parte del regime di Kiev mercenari e combattenti punitivi ingannati dalla propaganda stanno facendo guerra in favore del grande capitale oligarchico e della burocrazia criminale, mentre dalla parte del sud-est (Novorossia) i membri delle milizie difendono gli interessi del popolo ed il loro futuro libero, giusto e democratico.
 
Russi ed Ucraini hanno diversi interessi negli eventi in corso in Ucraina?
Russi ed Ucraini sono uniti da comuni interessi politici e sociali –la liberazione dell’Ucraina dal potere del capitale oligarchico, della burocrazia corrotta, delle forze criminali di coercizione e semplicemente dal crimine.
 
Perché la sollevazione del sud-est (Novorossia) sta avendo luogo sotto slogan russi?
Perché Russi e russofoni in Ucraina hanno subito una duplice oppressione –socio-economica (come la popolazione di lingua ucraina) ed anche politico-culturale.
L’oppressione socio-economica – sotto forma di corruzione, tirannia, impossibilità di avere una normare occupazione o condurre una vita normale, paghe misere e dipendenza dagli uomini che posseggono il paese- costituiscono la normalità per ogni lavoratore dell’ Ucraina.
La negazione di uno status ufficiale alla lingua russa in regioni in cui più del 90% della popolazione parla e pensa in russo (circa la metà del territorio dell’Ucraina), insieme con il divieto di insegnare il Russo nelle scuole; il divieto di pubblicità e film in russo; il divieto di utilizzare il russo nei tribunali e nell’amministrazione e altre assurde pretese e proibizioni segregazioniste assommano umiliazioni addizionali nei confronti della popolazione russofona dell’Ucraina.
A causa di ciò sono stati i Russi ed i russofoni i primi a sollevarsi.
Ora è il turno di tutto il popolo oppresso dell’Ucraina!
 
Perché la Russia sta aiutando il sud-est dell’Ucraina (Novorossia)?
Una significativa parte dell’elite russa teme la protesta sociale e politica. Costoro gradirebbe stringere un accordo un accordo con le autorità di Kiev e porre fine alla guerra nel sud-est (Novorossia). Ma la furia della rivolta popolare contro il capitalismo liberal-fascista e oligarchico-burocratico non permette loro di farlo. Il popolo russo sostiene la giusta lotta del sud-est dell’Ucraina (Novorossia) e ciò costringe l’intera elite russa, spesso in maniera contraria ai suoi interessi strategici, a sostenere o fingere di sostenere la rivolta del sud-est dell’Ucraina.
 
Perché gli USA e l’UE aiutano il regime di Kiev?
Lo scopo principale degli USA è intraprendere una lotta contro la Russia come rivale geopolitico. Gli USA hanno bisogno o di creare uno stato anti-russo sul territorio ucraino, con le basi NATO sul confine russo, oppure di destabilizzare la regione e far precipitare il paese nel caos.
L’UE ha bisogno di ulteriori mercati per i suoi prodotti e miniere di materie prime a basso costo.
 
Cosa supporta la lotta del sud-est dell’Ucraina (Novorossia)?
La resistenza, il cui punto forte è il sud-est dell’Ucraina (Novorossia), è supportata e rafforzata dal saldo desiderio del popolo ucraino di liberarsi dalla dominazione liberal-fascista e dalle elites dominanti. Aiutano anche la graduale coscienza dei popoli di Ucraina dei loro comuni interessi socio-politici e dei comuni scopi della loro lotta.
 
La lotta del sud-est (Novorossia) equivale a separatismo?
No, il territorio della lotta è l’intero territorio dell’Ucraina. Gli insorti nel sud-est (Novorossia) stendono le loro mani ai loro fratelli e sorelle di tutte le regioni dell’Ucraina al grido:”Solleviamoci contro il nemico comune”.
Dobbiamo stabilire un nuovo, libero, socialmente responsabile potere popolare sull’intero territorio dell’Ucraina e della Novorossia.
 
Cosa verrà in seguito alla vittoria della rivoluzione di liberazione popolare e al collasso del regime liberal-fascista?
Verrà formato un nuovo stato in cui il potere apparterrà al popolo non a parole ma nella realtà.
Tenendo un referendum (la più alta forma di potere popolare), la popolazione di ciascuna provincia autodeterminerà il futuro della propria regione –se essa rimarrà all’interno di uno stato unitario federale o riceverà la piena indipendenza.
 
Come verrà costruito il potere politico dopo la vittoria della rivoluzione di liberazione popolare?
Il Potere politico verrà costruito in linea con il principio della rappresentanza popolare diretta (potere popolare) – dal basso all’ alto.
Gli organismi di potere popolare verranno formati, a cominciare dal livello del Consiglio locale, fino al Consiglio Supremo, secondo il principio della rappresentanza di delegati dei territori, di delegati dei collettivi di lavoro e delle corporazioni e consigli delle professioni e di delegati delle organizzazioni politiche, religiose e di comunità.
Il più alto organismo di rappresentanza popolare, il Consiglio Supremo, sarà formato dai delegati dei consigli regionali.
Il Consiglio Supremo sceglierà il Governo, che sarà responsabile di fronte al popolo come rappresentante dei membri del Consiglio.
Richiediamo che i giudici e gli organismi locali di imposizione della legge vengano scelti tramite elezioni.
 
Quali diritti avranno le regioni dopo la vittoria della rivoluzione di liberazione popolare?
Ciascuna regione avrà il diritto di redigere una propria costituzione o altri documenti fondativi, garantendo i diritti sociali, politici, economici, culturali e religiosi di base ai cittadini che vivono nel loro territorio.
In aggiunta alla lingue nazionali, ciascuna regione avrà diritto a scegliere lingue regionali da usare nelle sedi culturali, politiche, giuridiche o amministrative.
Ciascuna regione avrà il diritto di tracciare il proprio budget sulla base delle tasse imposte sulle attività delle persone fisiche e giuridiche attive sul proprio territorio.

 

Quali obblighi avranno le regioni dopo la vittoria della rivoluzione di liberazione popolare?
Ciascuna regione avrà l’obbligo di mettere da parte parte delle proprie entrate tributarie in un fondo generale anti-crisi da usare in caso di disastri naturali e altre catastrofi.
Ciascuna regione sarà obbligata a contribuire con parte delle proprie entrate tributarie ad ottemperare al generale fabbisogno dello stato –per la difesa, per mantenere l’apparato dello stato centrale, per la costruzione delle cose di generale importanza nazionale, per la ricerca scientifica, per mantenere la sanità e l’istruzione e per lo sviluppo infrastrutturale.
Ciascuna regione sarà obbligata ad osservare i principi generali dello stato riguardo le relazioni fra capitale e lavoro e le libertà civili e politiche.
Ciascuna regione sarà obbligata a mantenere legge e ordine e a difendere i diritti e le libertà dei cittadini all’interno dell’architettura dei principi stabiliti dallo stato.
Questi sono i principi base e gli scopi di base della nostra lotta.
Crediamo che ogni onesto cittadino e patriota li approverà e sosterrà.
Contiamo sulla solidarietà internazionale e il sostegno di tutte le persone che ritengono cari, non solo a parole ma anche nei fatti, gli ideali di eguaglianza e giustizia sociale.
Insieme viceremo!
Approvato dalla Conferenza della Resistenza di Jalta, 7 luglio 2014.




(english / italiano)

Novorossia contro il nuovo fascismo
2: COMUNISTI

1) Il regime euro-fascista di Kiev mette al bando il Partito Comunista di Ucraina
2) I comunisti dell'ex URSS: “La nostra forza è l'unità! Il fascismo non passerà!”
3) Intervista a Petro Simonenko: "Vogliono mettere al bando il Partito Comunista di Ucraina, perché dice la verità al popolo” (14 Luglio 2014)


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Vedi anche: INTERVISTA A IGOR STRELKOV E PAVEL GUBAREV


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Il regime euro-fascista di Kiev mette al bando il Partito Comunista di Ucraina

Регламентированный антикоммунизм
Через две недели украинские коммунисты окажутся вне закона
Текст: Петр Лихоманов - 24.07.2014

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Fonte: Pagina Facebook "Con l'Ucraina antifascista"
23 luglio 2014

Simonenko, leader del Partito Comunista d'Ucraina, malmenato e spintonato fuori dall'aula dai fascisti di Svoboda, mentre lo speaker del parlamento Turchinov si limita ad invocare la calma dei "gruppi parlamentari" e a riprendere la deputata comunista che protesta contro di lui. Ricordiamo che Petro Simonenko ha 62 anni, e il partito che dirige è stato votato alle ultime elezioni parlamentari da 2 milioni e settecentomila persone.
Questo è l'ennesimo atto di violenza compiuto dai fascisti di Svoboda contro un parlamentare dell'opposizione.
Si tratta degli stessi personaggi che costrinsero alle dimissioni il direttore del primo canale nazionale e che ieri hanno spintonato fuori il deputato di Donetsk Levchenko.
E sono gli stessi figuri vezzeggiati per mesi dai parlamentari europei, tra cui il PD Gianni Pittella.

VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=GN-h-if_yoU

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Il gruppo della Sinistra Unitaria Europea / Sinistra Verde Nordica condanna la giunta di Kiev per il tentativo antidemocratico di mettere al bando il Partito Comunista d'Ucraina

GUE/NGL condemns Ukrainian government’s undemocratic attempt to suppress Communist Party
23/07/2014


=== 2 ===

http://www.marx21.it/comunisti-oggi/nel-mondo/24348-i-comunisti-dellex-urss-la-nostra-forza-e-lunita-il-fascismo-non-passera.html

I comunisti dell'ex URSS: “La nostra forza è l'unità! Il fascismo non passerà!”

20 Luglio 2014
da skpkpss.ru | Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il 10 luglio, nei pressi di Mosca si è svolto il Plenum del Consiglio dell'Unione dei Partiti Comunisti-PCUS, l'organizzazione che riunisce i partiti comunisti delle repubbliche dell'ex Unione Sovietica. Al termine del dibattito, aperto dalle relazioni dei leader del Partito Comunista di Ucraina, del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova e del Partito Comunista della Federazione Russa, è stata approvata la risoluzione (che contiene un appello alla solidarietà e alla mobilitazione delle forze democratiche e progressiste dei paesi appartenenti alla NATO) di cui proponiamo la nostra traduzione.

“L'aggravamento della situazione politica e i compiti dell'UPC-PCUS nella fase attuale della lotta per l'unità dei popoli fratelli”

Il Consiglio dell'Unione dei Partiti Comunisti-PCUS rileva che l'attuale fase dello sviluppo sociale è caratterizzata dall'aumento della crisi economica e sociale globale, da un'ulteriore crescita della minaccia di una nuova guerra mondiale. Esattamente cento anni dopo la prima guerra imperialista le parole di Vladimir Ilich Lenin secindo cui “politicamente l'imperialismo in generale rappresenta la tendenza alla violenza e alla reazione” ancora una volta ricevono una evidente conferma.

Il cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, stabilito dagli USA e dai suoi complici dell'aggressivo blocco della NATO all'inizio degli anni 90 del secolo scorso, oggi si presenta come la dittatura terroristica aperta dei circoli reazionari del capitale oligarchico: il neofascismo. A causa dell'avidità e l'avventurismo dei magnati americani ed europei occidentali l'umanità sta pagando un prezzo terribile: centinaia di migliaia di morti e mutilati, il sangue e innumerevoli sofferenze della gente in Jugoslavia e Afghanistan, Iraq e Libia, Siria e Ucraina.

Il fascismo liberale copre tutti i suoi efferati crimini contro la pace con la demagogia a buon mercato sulla democrazia e i diritti individuali, la tolleranza e la priorità dei “valori umani”. Un particolare, animalesco odio la reazione neofascista manifesta nei confronti dei divisi popoli sovietici, che hanno dimostrato nel XX secolo di rappresentare l'esempio della costruzione di una nuova società, basati sui principi della giustizia sociale, della solidarietà e dell'umanesimo.

Lo scopo dei nuovi “padroni del mondo” è spezzare la volontà e distruggere quegli stati, che sono ancora in grado di resistere alle loro imposizioni. Per la separazione definitiva e l'asservimento delle repubbliche della distrutta Unione Sovietica, per l'isolamento e il definitivo smembramento territoriale della Federazione Russa, i servizi speciali degli USA nel febbraio 2014 hanno provocato un colpo di Stato armato in Ucraina. Con l'aiuto dei loro scagnozzi nazisti hanno diviso il paese, lo hanno sprofondato in un'atmosfera di terrore ed esaltazione sciovinista, hanno organizzato la tragedia della “Khatin di Odessa”, hanno scatenato una guerra fratricida su vasta scala nelle regioni sud-orientali della repubblica.

Il, Consiglio dell'UPC -PCUS invita il Presidente della Federazione Russa a presentare richieste rigorose al Presidente dell'Ucraina Poroshenko riguardanti la cessazione immediata della cosiddetta “operazione antiterrorismo” contro la popolazione civile del Donbass e di Lugansk.

L'oggetto principale della persecuzione e della violenza è il Partito Comunista. L'incendio della sede del Comitato Centrale e dei Comitati delle sue diramazioni regionali, la barbara demolizione dei monumenti a Lenin, la rabbiosa psicosi russofobica, il linciaggio da parte di una folla impazzita del leader dei comunisti di Lvov Rostislav Vasilko, la presentazione alla Rada di un progetto di legge per la proibizione del KPU e dei simboli sovietici, i tentativi di diffamare e dividere il partito dall'interno – tutto ciò è testimonianza del fatto che il neofascismo assume le sue forme estreme, più cannibalesche. Assistiamo al ritorno diretto alla pratica dei carnefici nazisti.

Noi, rappresentanti di 17 partiti comunisti fratelli dell'ex Unione Sovietica, ci rivolgiamo ai dirigenti dei partiti di sinistra dei paesi che fanno parte della NATO, e chiediamo loro di fermare le rappresaglie legislative contro coloro che si battono contro il fascismo risorgente. Ci rivolgiamo alla Federazione Mondiale Democratica delle Donne, alla Federazione Sindacale Mondiale, alla Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, a tutte le forze antifasciste, di liberazione nazionale, di sinistra, socialiste, democratiche e progressiste con un appello a fermare la nuova offensiva della piaga bruna, foriera della catastrofe militare mondiale. In un fronte unito noi dobbiamo combattere l'ulteriore rafforzamento della NATO, impedire la più sfacciata interferenza dell'Occidente negli affari interni dell'Ucraina e degli altri paesi, mettere fine alla riabilitazione strisciante dei criminali nazisti e dei loro complici, sventare i tentativi anticostituzionali di proibire l'attività del Partito Comunista di Ucraina. Noi stiamo dando inizio alla campagna internazionale di solidarietà “No alla guerra e al fascismo in Ucraina!”.

Tutte le malefatte del neofascismo contro il popolo dell'Ucraina e gli altri popoli del mondo sono solo la prova dell'impotenza della reazione imperialista davanti alle leggi della storia. Gli USA hanno già soffocato l'umanità con la loro aggressione globale. Calpestando tutti i principi e le norme del diritto internazionale, scatenando costantemente il caos in tutti gli angoli del pianeta, si stanno avviando in un vicolo cieco militare-politico ed economico, da cui non saranno in condizione di uscire. Ecco perché riteniamo il modello imperialista di gestione del mondo impresentabile e condannato alla inevitabile rovina.

Il significato dell'iniziativa dei partiti fratelli dell'UPC-PCUS risiede nel fare tutto il possibile per accelerare la realizzazione di questo compito storico. Raggiungere l'obiettivo è possibile solo attraverso la combinazione delle concezioni scientifiche marxiste-leniniste con la pratica rivoluzionaria delle masse nei propri paesi. Il Consiglio dell'UPC-PCUS ribadisce la propria fedeltà alla parola d'ordine “La Nuova Unione è l'unico modo per salvare i popoli fratelli!”, La fuoruscita dei nostri stati dal pantano mortale, la garanzia della loro sovranità e della reale indipendenza nel contesto internazionale per noi si trova solo nel rafforzamento dell'integrazione. Già oggi nel quadro dell'Unione Doganale e nello Spazio Economico Comune di Russia, Bielorussia e Kazakistan sono presenti i requisiti per l'utilizzo di nuovi e inediti meccanismi politici ed economici.

Ma noi comunisti dobbiamo andare ancora oltre. Noi ci pronunciamo per un ampio movimento unificante di tutti, senza eccezione, i popoli dell'ex URSS. L'Unione dei Partiti Comunisti si opporrà nel modo più risoluto a tutte le azioni volte a minare la solidarietà internazionale, ad attizzare la discordia tra le nostre file, a promuovere il settarismo e il nazionalismo più esasperato. Non abbandoneremo i nostri compagni che sono incatenati nelle prigioni e perseguitati per le loro convinzioni politiche.

La nostra forza è l'unità! Il fascismo non passerà!


=== 3 ===

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 13/7/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/

Perché vogliono vietare il Partito Comunista d'Ucraina?

Nei giorni scorsi, le autorità golpiste hanno portato in tribunale i risultati dell'inchiesta ordinata ufficialmente al Ministero della Giustizia dall'allora presidente ad interim Turchinov. Ufficialmente è dunque iniziato il processo per la messa al bando del Partito.
Già quest'anno vi erano state varie proposte di legge per vietare le attività del PCU e per scioglierne il gruppo parlamentare. L'intervento diretto di Turchinov è stato necessario alla giunta dopo che Simonenko (leader del PCU) ha ritirato la propria candidatura alle presidenziali, in diretta TV, denunciando i crimini della giunta nel Donbass come nel resto del paese (all'uscita dalla rete televisiva, scampò miracolosamente ad un attentato).
Simonenko ha denunciato la strage di Mariupol e le altre atrocità commesse dai nazifascisti ucraini alla riunione dei capigruppo e ad una seduta del Parlamento - eventi trasmessi in diretta. Proprio durante quest'ultimo intervento, Turchinov ha interrotto il leader comunista annunciando la sua iniziativa di voler chiedere personalmente l'avvio dell'inchiesta.
Inviamo la nostra solidarietà ai compagni ucraini, ci auguriamo che il PCU non sia messo al bando e che, ad essere messa al bando, sia invece la criminale giunta che governa l'Ucraina.

Nel sito Marx21.it potete trovare molto materiale del PCU e sulle attività di questo partito.

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П.Симоненко: Европейские адвокаты будут защищать КПУ от произвола - 19.06.2014
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=eo_75XrE3lk

http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-europa/24332-qvogliono-mettere-al-bando-il-partito-comunista-di-ucraina-perche-dice-la-verita-al-popolo.html#

"Vogliono mettere al bando il Partito Comunista di Ucraina, perché dice la verità al popolo”

14 Luglio 2014

Intervista a Petro Simonenko | da www.kpu.ua

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

In conseguenza del cambio di potere nel paese, così come delle operazioni militari nel Donbass, gli ucraini sono sempre più preoccupati per la quantità di gravi problemi economico-sociali che devono affrontare. Così nel paese è cresciuto il divario tra i salari, le pensioni, gli stipendi e i prezzi dei prodotti alimentari e le tariffe per i servizi. Gli ucraini si sentono sempre più insicuri e incerti sul proprio futuro. Allo stesso tempo, il Parlamento non sembra avere alcuna fretta di di esaminare e adottare il pacchetto di misure anti-crisi, composto di 150 proposte di legge di carattere sociale, proposto dal Partito Comunista di Ucraina (KPU). Inoltre, alla vigilia delle elezioni per la Rada Suprema, annunciate dal presidente Petro Poroshenko per il prossimo autunno, le autorità stanno cercando di vietare l'attività delle forze politiche, che difendono gli interessi dei cittadini. Su come uscire dalla crisi sociale e sul perché il potere combatte il KPU, GolosUa (link: http://ru.golos.ua/politika/14_07_10_psimonenko_pyitayas_zapretit_kpu_vlast_cherez_podkontrolnuyu_sudebnuyu_vetv) ha intervistato il leader del Partito Comunista di Ucraina, Petro Simonenko.

- Piotr Nikolaevich, perché mentre sul territorio dell'Ucraina si svolgono azioni militari, il potere intraprende iniziative per proibire il Partito Comunista?

- E' evidente che, di giorno in giorno, la situazione in Ucraina si inasprisce e assume una dimensione catastrofica. Continua una guerra terribile, che provoca un massiccio spargimento di sangue, distrugge villaggi e città, annienta le imprese industriali. Già oggi registriamo più di 500.000 rifugiati, la maggioranza dei quali è costituita da giovani che lavorano. In Ucraina la produzione è in drastico calo, così come le entrate di bilancio.

Grazie ai nuovi protocolli firmati con il FMI, crescono gli obblighi del paese nei confronti dell'Europa. Questo porta a un enorme aumento dei prezzi e delle tariffe.

Cercano di vietare il KPU, perché noi diciamo la verità al popolo. Il partito ha dichiarato con chiarezza che il Majdan non ha raggiunto i suoi scopi, ma che è stato manipolato da coloro che, al posto di una squadra di oligarchi ne hanno portato al potere un'altra. E il fatto che ai vertici siano arrivati dei miliardari è un'altra prova di come stanno le cose. Il Majdan non ha risolto i problemi della corruzione, dell'arbitrio e dell'illegalità, che continuano a prosperare e a rafforzarsi nella nostra esistenza. A dirigere ora ci sono padrini e miliardari.

Così, sul Majdan dicevano: “via la Banda!”. Gli oligarchi della banda di Yanukovich si sarebbero dovuti rimuovere per essere sostituiti da rappresentanti del popolo. Ma al potere si trovano di nuovo gli oligarchi, che hanno preso con loro come complici gli appartenenti alla stessa banda che si voleva espellere sul Majdan.

Così, 70 uomini del gruppo parlamentare del Partito delle Regioni ora sono al servizio degli interessi del nuovo potere. Ciò dà ragione di credere che l'attuale regime, formato da oligarchi, che si porta appresso come complici nazionalisti filo-fascisti, si sia insediato alla fine come regime nazional -fascista. Stanno conducendo una lotta contro il dissenso, cercando di vietare al Partito Comunista di esprimere il proprio punto di vista. E' imposto il terrore fisico e morale allo scopo di intimidire i comunisti. La libertà di parola è solo declamata, mentre a molti giornali è imposta la più rigida censura ed i giornalisti subiscono pressioni. A passi accelerati l'Ucraina si sta avviando verso la dittatura.

E nel momento in cui l'Ucraina è investita da una grave tragedia, il KPU ha assunto una ferma posizione di principio in merito a tutte quante le minacce alla sicurezza del paese.

- Quali misure propone il Partito Comunista per uscire dalla situazione di crisi che si è manifestata in Ucraina?

- Primo: il Partito Comunista difende l'integrità territoriale del paese, comprendendo che la guerra, in cui l'ucraino uccide un altro ucraino, rappresenta una tragedia per l'intero popolo del nostro paese. Per questo insistiamo sulla cessazione delle attività militari.

Secondo: allo scopo di preservare l'integrità territoriale ed escludere fenomeni centrifughi, insistiamo sulla ripresa dei negoziati.

In terzo luogo, insistiamo sul fatto che siano prese misure per la difesa degli interessi degli ucraini. Stiamo parlando del pacchetto di 150 progetti di legge, presentati dal KPU in parlamento. In particolare, si tratta del ritorno alla proprietà statale dei settori di base dell'industria e delle imprese più grandi. Chiediamo anche di cancellare l'imposta sul valore aggiunto e di sostituirla con un'imposta sulle vendite. Inoltre, il Partito Comunista insiste sulla necessità di assumere decisioni riguardanti il sistema bancario, attraverso la concessione di crediti al 3-5% a chi realmente produce in Ucraina.

Il Partito intende tutelare lo spazio economico per i produttori ucraini, perché oggi il 70-80% del mercato ucraino è rappresentato da prodotti di fabbricazione straniera. Ciò significa che il produttore ucraino non è in grado di vendere da nessuna parte la propria produzione, che non riesce a fare ingresso in altri mercati che tengano conto degli standard e delle esigenze occidentali in fatto di produzione. Il Partito Comunista esige la tutela dei diritti sociali dei cittadini e un adeguamento di salari, pensioni e stipendi al livello dei prezzi.

Siamo indignati per l'ultima legge che consente la privatizzazione da parte dell'Europa e dell'America delle vie ucraine di trasporto del gas e che, di fatto, esclude il loro utilizzo per gli interessi nazionali. Così, abbiamo suggerito le misure necessarie al superamento della crisi e la risoluzione di molti problemi sociali.

- Le azioni del governo tese a vietare determinate forze politiche in Ucraina non sono forse legate alle imminenti elezioni parlamentari?

- In tali circostanze il governo sta cercando attraverso la rete giudiziaria sotto il suo controllo di privare i cittadini dell'Ucraina dei loro difensori politici in parlamento, per fare in modo che nessuno difenda più gli interessi dei semplici lavoratori e che nel potere sia rappresentato unicamente il grande capitale, che sostiene l'attuale regime.

- Petr Nikolaevich, già nel 1991 ci fu il tentativo di proibire l'attività del KPU. Per quale motivo?

- Allora cercarono di incolpare il Partito Comunista di Ucraina di una sua partecipazione al GKCP, il Comitato Statale per lo Stato di Emergenza (che assunse il potere nell'agosto 1991 con un colpo di mano che ebbe l'effetto di spianare la strada al trionfo del movimento controrivoluzionario guidato da Boris Eltsin, con la conseguente immediata messa fuori legge del Partito Comunista, ndt). In tal modo, una ristretta cerchia di persone – i 20 del Presidium della Rada Suprema – in flagrante violazione della legge, senza l'approvazione della sessione plenaria, prese la decisione di proibire l'attività del Partito Comunista. Dopo 10 anni la Corte Costituzionale dell'Ucraina ha stabilito che si è trattato di una decisione arbitraria. Perché il KPU non aveva nessun rapporto con il GKCP.

Ma la gente arrivata al potere oggi vuole usare il clima di psicosi collettiva, creato da mezzi di informazioni posti sotto controllo, e scaricare tutta la responsabilità dello sviluppo degli avvenimenti in Ucraina sulle spalle del Partito Comunista. Però, il popolo dell'Ucraina prima o poi dovrà ricevere risposte a tutte le sue domande: chi ha dato l'ordine di iniziare la guerra, di massacrare persone a Odessa... Condizionati dal terrore molti cittadini dell'Ucraina non comprendono cosa sta succedendo.

- Quali misure sta prendendo il KPU in difesa dei propri diritti? Vi siete rivolti alle organizzazioni europee per i diritti umani?

- Su questo sta già lavorando un gruppo di avvocati. In generale, siamo pienamente in grado di affrontare il processo in corso. Ma comprendiamo benissimo con quale sede di giudizio abbiamo a che fare e come potrebbe sentenziare. Gli interessi del partito saranno difesi anche da rappresentanti degli stati europei. Naturalmente, ci appelleremo alla Corte Europea per i diritti dell'uomo, poiché in caso di proibizione del KPU verrebbe gravemente violato il diritto dell'uomo all'attività politica.

- Il partito può contare sul sostegno delle sinistre europee, che hanno condannato l'iniziativa delle autorità ucraine in merito alla proibizione del KPU?

- Speriamo in un sostegno delle sinistre europee nel Parlamento del Consiglio d'Europa. Il KPU conta sull'appoggio della parte progressista dell'Europa, che è anche preoccupata dell'arrivo al potere di organizzazioni filo-fasciste. I deputati del Parlamento Europeo esprimono queste posizioni anche nei parlamenti nazionali.

Ricordate l'intervento di uno dei deputati del Bundestag che ha indirizzato obiezioni e critiche alla signora Merkel. Il deputato ha dichiarato che la Germania non deve ripetere gli errori compiuti negli anni 40, quando venne scatenata la Seconda Guerra Mondiale e dilagò il fascismo, portando tanto dolore. E il 27 febbraio il Consiglio d'Europa è intervenuto ufficialmente contro il tentativo di vietare il KPU e di proibire la sua attività. Questa posizione è stata fissata in una risoluzione del Consiglio d 'Europa.

- In che modo il KPU collabora con le sinistre europee?

- Vi è un continuo scambio di opinioni, un dialogo, indirizzato a risolvere i problemi. L'ambito di cooperazione è ampio, ad iniziare dalla partecipazione ad iniziative tematiche. Così, abbiamo preso parte ad una di queste iniziative a Bruxelles il 6-7 giugno, in cui è intervenuto il deputato del KPU Serghey Gordenko. Inoltre, Olga Vladimirovna Levchenko il 28-29 giugno ha partecipato ad iniziative a Dortmund e a Bruxelles.

Gli avvocati europei difenderanno il Partito Comunista di Ucraina dalle minacce di scioglimento




NAPOLITANO LI ASPETTA TUTTI A LAMPEDUSA A BRACCIA APERTE


1.645.500 sono gli abitanti di Gaza. Per adesso, gli sfollati ufficiali sono 62mila, ma per quasi un milione già manca l'acqua corrente. Oggi 22 luglio i morti ammazzati superano il mezzo migliaio. 
Dove andranno tutti quanti quando saranno state completate le operazioni di pulizia etnica in corso da parte dello Stato di Israele?


Gaza, Unrwa: “Oltre 62 mila palestinesi sfollati”

Pubblicato il 21 lug 2014 - di Redattore Sociale - Il bilancio dell’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi dall’inizio delle ostilità. Sale a 350 il numero delle vittime del conflitto, l’80 per cento sono civili. Circa 2.400 i feriti. Dall’Unicef l’appello alla comunità internazionale per proteggere i bambini e i civili. “Nel conflitto morti 59 bambini, oltre 500 quelli feriti”

Tredicesimo giorno di conflitto nella Striscia di Gaza, sale il numero delle vittime e quello degli sfollati mentre l’offensiva via terra dei militari israeliani si intensifica. Secondo l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, il numero degli sfollati a Gaza in queste ore è salito a oltre 62 mila. Gli sfollati, spiega l’agenzia, sono stati accolti in circa 50 scuole, ma servono cibo e beni di prima necessità. Cresce intanto il numero delle vittime che ad oggi supera quota 350, quasi tutti palestinesi e per l’80 per cento civili, mentre i feriti sono circa 2.400. Circa 1.600, invece, i razzi lanciati da Gaza su Israele dall’inizio delle ostilità, secondo quanto affermato da fonti israeliane. Oggi, intanto, il presidente palestinese, Abu Mazen sarà in Qatar, a Doha, per cercare di trovare i termini di una tregua con il capo di Hamas in esilio, Khaled Meshaal.
Rispettare l’obbligo legale e morale di proteggere i civili. Dopo l’appello di Amnesty International alla comunità internazionale affinché nella Striscia di Gaza si faccia di tutto per proteggere i civili, è l’Unicef a richiamare l’attenzione su un conflitto che ad oggi è costato la vita a 59 bambini, mentre altri 500 sono stati feriti a Gaza e 4 in Israele. Secondo l’Unicef, però, sono sotto attacco anche i servizi di base per i bambini. “Le fatiscenti infrastrutture idriche e igienico-sanitarie di Gaza hanno subito danni – spiega l’organizzazione in una nota -, aumentando il rischio di malattie di origine idrica. Circa la metà del pompaggio dei liquami e dei sistemi di trattamento delle acque di scarico non sono più funzionanti, e circa 900.000 persone sono senza acqua corrente”. Oltre 1.780 le famiglie che hanno visto le loro case distrutte o gravemente danneggiate a Gaza e decine di migliaia sono sfollate, molte delle quali si sono rifugiate nelle scuole. Oltre 80 scuole sono state danneggiate dai bombardamenti. “L’Unicef ed i suoi partner stanno procurando farmaci pediatrici essenziali per gli ospedali e le strutture sanitarie – spiega l’organizzazione -. Spot radiofonici avvertono i bambini e le loro famiglie dei pericoli degli ordigni inesplosi”.




Vivere al tempo della guerra imperialista

1) Gaza e la guerra più grande (Giulietto Chiesa)
2) Il ritorno di George Orwell e la guerra del Grande Fratello alla Palestina, all’Ucraina e alla verità (John Pilger)
3) La permanenza della guerra. La barbarie temuta è arrivata (Tommaso Di Francesco)


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Gaza e la guerra più grande

Gaza è parte dello scatenamento del disordine mondiale. Aggiungiamo il 'Califfato' del Levante. Aggiungiamo la crisi ucraina. Vediamo l'insieme

lunedì 21 luglio 2014 - megachip.globalist.it


di Giulietto Chiesa.

Ci sono lettori che mi chiedono di pronunciarmi sulla tragedia diGaza.
L'ho già fatto più volte nel corso di questa crisi.
Considero altamente probabile che il rapimento e l'uccisione dei tre ragazzi israeliani sia stato una ennesima false flag operation. Cioè un pretesto per organizzare una attacco letale contro Hamas, contro la Striscia di Gaza, contro il popolo palestinese nel suo insieme. È l'ennesima prova che Israele non ha mai voluto negoziare e che il suo obiettivo immediato è di cancellare definitivamente ogni possibilità per uno stato palestinese.
Posso solo provare cordoglio - e un acuto senso di impotenza - per la vittime innocenti, per gli oltre 500 morti già contati. Saranno molti di più, temo. Posso solo aggiungere la mia vergogna di appartenere a questo "Occidente" assassino e vile, che non sa dire nulla di fronte a un tale massacro. E che quello che dice è ipocrita e falso.
Oggi ho visto la faccia di John Kerry, indignato e sconvolto per i tredici soldati israeliani uccisi nell'invasione di Gaza.
13 fanno orrore; 500 è un numero.
Questa è la nostra superbia e la nostra illusione: che le nostre vite valgano di più venti, cento volte di più, delle loro. Verrà il tempo che dovremo pagare questa superbia.
Ma questo è solo un aspetto. Ci torno ora perché mi pare chetroppi non riescono a collegare i fatti.
Ciò che accade a Gaza è un tassello del mosaico che conduce a una guerra molto più grande. Stiamo tutti molto attenti. Gaza fa parte di un'operazione di scatenamento del disordine mondiale. Aggiungiamo il "Califfato" di Iraq e Siria. Aggiungiamo la crisi ucraina.
Non perdiamo di vista il quadro. Chi muove tutte queste pedine insieme vuole andare "oltre". L'obiettivo è la Russia. Ecco perché io occupo gran parte del mio tempo a seguire questo disastro. E l'altro obiettivo (segnatamente per Israele e l'Arabia saudita) è l'Iran. Questi due obiettivi equivalgono a un salto di qualità bellico incalcolabile.
Gaza è la cartina di tornasole di un disegno apocalittico. Muoviamoci per fermarlo.



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THE ORIGINAL ARTICLE, IN ENGLISH: The Return of George Orwell and Big Brother’s War on Palestine, Ukraine and Truth
By John Pilger - Source: teleSUR English, July 12, 2014


http://www.controlacrisi.org/notizia/Conflitti/2014/7/18/41629-il-ritorno-di-george-orwell-e-la-guerra-del-grande-fratello/


Il ritorno di George Orwell e la guerra del Grande Fratello alla Palestina, all’Ucraina e alla verità


L’altra sera ho assistito a ‘1984’ di George Orwell messo in scena sul palcoscenico di Londra. Pur reclamando a gran voce un’interpretazione contemporanea, l’avvertimento di Orwell circa il futuro è stato presentato come un’opera d’epoca: remota, non minacciosa, quasi rassicurante. E’ stato come se Edward Snowden non avesse rivelato nulla, il Grande Fratello non è oggi uno spione digitale e lo stesso Orwell non ha mai detto: “Per essere corrotti dal totalitarismo non occorre vivere in un paese totalitario”.

Acclamata dai critici, l’abile produzione è stata una misura del nostro tempo, culturale e politico. Quando si sono accese le luci, la gente stava già uscendo. Il pubblico sembrava indifferente, o forse altre distrazioni lo reclamavano. “Che incasinamento!” ha detto una giovane, accendendo il suo telefonino.

Con la depoliticizzazione delle società avanzate, i cambiamenti siano sia sottili sia spettacolari. Nei discorsi quotidiani, il linguaggio politico è capovolto, come profetizzava Orwell in ‘1984’. “Democrazia” è oggi un artificio retorico. Pace è “guerra perpetua”. “Globale” è imperiale. Il concetto un tempo positivo di “riforma” oggi significa regressione, persino distruzione. “Austerità” è l’imposizione di capitalismo estremo ai poveri e regalo del socialismo ai ricchi; un sistema creativo nell’ambito del quale la maggioranza rimborsa i debiti dei pochi.

Nelle arti l’ostilità alla sincerità politica è un articolo di fede borghese. “Il periodo rosso di Picasso”, dice un titolo dell’Observer, “ è perché la politica non produce buona arte.” Considerate questo in un giornale che ha promosso il bagno di sangue in Iraq come una crociata liberale. L’opposizione di Picasso al fascismo per tutta la vita è una nota in calce proprio come il radicalismo di Orwell è svanito dal premio che si è appropriato del suo nome.

Alcuni anni fa Terry Eagleton, allora professore di letteratura inglese alla Manchester University, ha reputato che “per la prima volta in due secoli non c’è alcun eminente poeta, commediografo o romanziere inglese pronto a mettere in discussione le fondamenta dello stile di vita occidentale”. Nessuno Shelley parla per i poveri, nessun Blake per i sogni utopistici, nessun Byron danna la corruzione della classe al potere, nessun Thomas Carlyle e John Ruskin rivela il disastro morale del capitalismo. William Morris, Oscar Wilde, HG Wells, George Bernard Shaw non hanno equivalenti oggi. Harold Pinter è stato l’ultimo a far sentire la propria voce. Tra le insistenti voci del femminismo consumistico nessuna echeggia Virginia Woolf che descrisse “le arti del dominare altre persone … del governare, dell’uccidere, dell’acquistare terra e capitale”.

Al National Theatre una nuova commedia, Gran Bretagna, mette alla berlina lo scandalo delle intercettazioni telefoniche che ha visto giornalisti processati e condannati, tra cui l’ex direttore di News of the World di Rupert Murdoch. Descritta come “una farsa con le zanne [che] mette sul banco degli imputati l’intera cultura incestuosa [dei media] e la sottopone a un impietoso ridicolo”, i bersagli della commedia sono i personaggi “beatamente buffi” della stampa scandalistica britannica. Va bene ed è giusto, e così familiare. Ma che dire dei media non scandalistici che si considerano rispettabili e credibili e tuttavia assolvono un ruolo parallelo come braccio del potere dello stato e dell’industria, come nel caso della promozione di una guerra illegale?

L’inchiesta Leveson sulle intercettazioni telefoniche ha gettato uno sguardo su questo innominabile. Tony Blair stava testimoniando, lamentandosi con Sua Signoria per le molestie dei tabloid a sua moglie, quando è stato interrotto da una voce dalla galleria del pubblico. David Lawley-Wakelin, un regista, ha chiesto l’arresto e l’incriminazione di Blair per crimini di guerra. C’è stata una lunga pausa: il trauma della verità. Lord Leveson è balzato in piedi e ha ordinato l’allontanamento di chi diceva la verità, scusandosi con il criminale di guerra. Lawley-Wakelin è stato incriminato. Blair se n’è andato libero.

I persistenti complici di Blair sono più rispettabili dei pirati telefonici. Quando la conduttrice artistica della BBC Kirsty Wark lo ha intervistato nel decimo anniversario dell’invasione dell’Iraq, gli ha regalato un momento che avrebbe potuto solo sognare; gli ha permesso di angosciarsi per la sua “difficile” decisione sull’Iraq, anziché chiamarlo a rispondere del suo crimine epocale. Ciò ha rievocato la processione di giornalisti della BBC che nel 2003 hanno dichiarato che Blair poteva sentirsi “scagionato” e la successiva serie “di successo” della BBC, Gli anni di Blair, per la quale è stato scelto come sceneggiatore, conduttore e intervistatore David Aaronovitch. Da valletto di Murdoch che aveva fatto campagna per gli attacchi militari contro l’Iraq, la Libia e la Siria, Aaronovitch è stato abilmente servile.

Dopo l’invasione dell’Iraq – esemplare di un’azione di aggressione non provocata che il giudice di Norimberga Robert Jackson definì “il crimine internazionale supremo, diverso dagli altri crimini di guerra per il fatto in concentrare in sé il male totale di tutti” – Blair e il suo portavoce e principale complice, Alastair Campbell, hanno avuto generoso spazio sul Guardian per riabilitare le proprie reputazioni. Descritto come una “stella” del Partito Laburista, Campbell ha cercato la simpatia dei lettori per la sua depressione e ha messo in mostra i suoi interessi, anche se non l’attuale incarico di consigliere, con Blair, della tirannia militare egiziana.

Mentre l’Iraq è smembrato in conseguenza dell’invasione di Blair/Bush, un titolo del Guardian dichiara: “Rovesciare Saddam è stato giusto, ma ci siamo ritirati troppo presto”. L’affermazione ha trovato riscontro in un articolo di spicco del 13 giugno di un ex funzionario di Blair, John McTernan, che ha anche servito il dittatore installato dalla CIA in Iraq, Iyad Allawi. Nel sollecitare una nuova invasione di un paese che il suo ex padrone ha contribuito a distruggere, egli non ha fatto alcuna menzione degli almeno 700.000 morti, della fuga di quattro milioni di profughi e del caos settario in una nazione un tempo orgogliosa della sua tolleranza comunitaria.

“Blair incarna la corruzione e la guerra”, ha scritto l’opinionista radicale del Guardian Seumas Milne in un appassionato pezzo del 3 luglio. Nel mestiere questo è noto come “bilanciamento”. Il giorno dopo il giornale ha pubblicato un’inserzione pubblicitaria a piena pagina di un bombardiere invisibile statunitense. Su un’immagine minacciosa del bombardiere c’erano le parole: “F-35. GRANDIOSO per la Gran Bretagna”. Quest’altra incarnazione della “corruzione e guerra” costerà ai contribuenti britannici 1,3 miliardi di sterline, con i predecessori del modello F che hanno macellato gente in tutto il mondo sviluppato.

In un villaggio dell’Afghanistan, abitato dai più poveri dei poveri, ho filmato Orifa, inginocchiato presso le tombe di suo marito, Gul Ahmed, un tessitore di tappeti, di sette altri membri della sua famiglia, tra cui sei bambini, e di due bambini uccisi nella casa vicina. Una bomba “di precisione” da 500 libbre è caduta direttamente sulla sua casetta di fango, pietra e paglia, lasciando un cratere largo 15 metri. La Lockheed Martin, produttrice dell’aereo, è stata orgogliosa del proprio posto nella pubblicità del Guardian.

L’ex Segretario di Stato USA e aspirante alla presidenza Hillary Clinton ha recentemente partecipato all’”Ora delle donne” della BBC, la quintessenza della rispettabilità mediatica. La conduttrice, Jenni Murray, ha presentato la Clinton come un simbolo della realizzazione femminile. Non ha ricordato ai suoi ascoltatori l’oscenità della Clinton che l’Afghanistan è stato invaso per “liberare” donne come Orifa. Non ha chiesto nulla alla Clinton a proposito della campagna terroristica della sua amministrazione con l’uso di droni per uccidere donne, uomini e bambini. Non c’è stata alcuna menzione della minaccia sprecata della Clinton, durante la sua campagna per la prima presidenza femminile, di “eliminare” l’Iran e nulla a proposito del suo appoggio alla sorveglianza illegale di masse e al perseguimento dei denunciatori dall’interno.

La Murray ha effettivamente posto una domanda imbarazzante. La Clinton aveva perdonato Monica Lewinsky per aver avuto una storia con suo marito? “Il perdono è una scelta”, ha detto la Clinton, “per me è stata assolutamente la scelta giusta”. Ciò ha ricordato gli anni ’90 e gli anni dedicati allo “scandalo” Lewinsky. Il presidente Bill Clinton stava allora invadendo Haiti e bombardando i Balcani, l’Africa e l’Iraq. Stava anche distruggendo le vite di bambini iracheni; l’Unicef ha riferito la morte di mezzo milione di bambini iracheni sotto i cinque anni in conseguenza dell’embargo guidato dagli USA e dalla Gran Bretagna.

I bambini erano mediaticamente non-persone, proprio come le vittime di Hillary Clinton nelle invasioni da lei appoggiate e promosse – Afghanistan, Iraq, Yemen, Somali – sono mediaticamente non-persone. La Murray non ha fatto alcun accenno a loro. Una sua fotografia con la sua distinta ospite, raggianti, compare sul sito della BBC.

In politica come nel giornalismo e nelle arti sembra che il dissenso un tempo tollerato nell’opinione corrente sia regredito a dissidenza: una metaforica clandestinità. Quando ho iniziato la mia carriera nella britannica Fleet Street negli anni ’60, era accettabile criticare la potenza occidentale come forza rapace. Leggete i celebrati articoli di James Cameron sull’esplosione della bomba all’idrogeno nell’atollo di Bikini, sulla barbara guerra di Corea e sui bombardamenti statunitensi del Vietnam del Nord. La grandiosa illusione odierna è di un’era dell’informazione quando, in realtà, viviamo in un’età mediatica in cui l’incessante propaganda dell’industria è insidiosa, contagiosa, efficace e liberale.

Nel suo saggio del 1859 ‘Sulla libertà’, al quale i liberali moderni rendono omaggio, John Stuart Mill scrisse: “Il dispotismo è una forma legittima di governo nel trattare con barbari, a condizione che il fine sia il loro miglioramento e i mezzi giustificati dall’effettivo conseguimento di tale fine”. I “barbari” I “barbari” erano vasti segmenti dell’umanità cui era prescritta l’”implicita obbedienza”. “E’ un mito bello e conveniente che i liberali siano pacificatori e i conservatori siano guerrafondai”, ha scritto nel 2001 lo storico Hywel Williams, “ma l’imperialismo della via liberale può essere più pericoloso a causa della sua natura illimitata, la sua convinzione di rappresentare una forma di vita superiore”. Egli aveva in mente un discorso di Blair in cui l’allora primo ministro prometteva di “riordinare il mondo attorno a noi” sulla base dei suoi “valori morali”.

Richard Falk, la rispettata autorità in tema di legge internazionale e Speciale Relatore dell’ONU sulla Palestina, ha descritto una volta “uno schermo farisaico morale-legale a senso unico [di] immagini positive di valori e innocenza occidentali presentato e minacciato a convalida di una campagna di smodata violenza politica”. E’ “accettato così diffusamente da essere virtualmente incontestabile”.

Carriera e appoggio ricompensano i guardiani. A Radio 4 della BBC Razia Iqbal ha intervistato Toni Morrison, la Premio Nobel afroamericana. La Morrisono si è chiesta perché la gente era “così arrabbiata” con Barack Obama che era “fantastico” e desiderava costruire un’ “economia e un’assistenza sanitaria forti”. La Morrison era orgogliosa di aver parlato al telefono con il suo eroe, che aveva letto uno dei suoi libri e l’aveva invitata al suo insediamento.

Né lei né la sua intervistatrice hanno citato le sette guerre di Obama, inclusa la sua campagna terroristica con i droni, in cui intere famiglie, i loro soccorritori e le loro persone in lutto sono state assassinate. Quello che è sembrato contare è stato che un uomo di colore “dal linguaggio elegante” è salito alle vette di comando del potere. In ‘Dannati della terra’ Frantz Fanon scrisse che la “missione storica” dei colonizzati consisteva nel fare da “linea di trasmissione” per quelli che dominavano e opprimevano. Nell’era moderna è visto oggi come essenziale l’impiego della differenza etnica nei sistemi di potere e propaganda occidentali. Obama incarna questo, anche se il gabinetto di George W. Bush – la sua cricca guerrafondaia – è stato il più multirazziale della storia presidenziale.

Mentre cadeva in mano agli jihadisti dell’ISIS la città irachena di Mosul, Obama diceva: “Il popolo statunitense ha fatto enormi investimenti e sacrifici al fine di dare agli iracheni l’occasione di disegnarsi un destino migliore”. Quando “fantastica” è tale bugia? Quanto “elegantemente formulato” è stato il discorso di Obama il 28 maggio all’accademia militare di West Point? Tenendo il suo discorso sullo “stato del mondo” alla cerimonia di laurea di quelli che “assumeranno la guida statunitense” in tutto il mondo, Obama ha affermato: “Gli Stati Uniti useranno la forza militare, unilateralmente se necessario, quando i nostri interessi centrali lo richiederanno. L’opinione internazionale conta, ma gli Stati Uniti non chiederanno mai il permesso …”

Nel ripudiare la legge internazionale e i diritti di nazioni indipendenti, il presidente statunitense pretende una divinità basata sulla potenza della sua “nazione indispensabile”. E’ un familiare messaggio di impunità imperiale, anche se sempre stimolante da ascoltare. Evocando l’ascesa del fascismo negli anni ’30 Obama ha detto: “Credo nell’eccezionalismo statunitense con ogni fibra del mio essere”. Lo storico Norman Pollack ha scritto: “Al posto del passo dell’oca mettere l’apparentemente più innocua militarizzazione della cultura totale. E al posto del leader ampolloso abbiamo il riformatore mancato, spensieratamente all’opera per pianificare ed eseguire assassinii, sorridendo tutto il tempo”.

In febbraio gli USA hanno montato uno dei loro colpi di stato “colorati” contro il governo eletto in Ucraina, sfruttando proteste genuine contro la corruzione di Kiev. Il Vicesegretario di Stato di Obama, Victoria Nuland, ha scelto personalmente il leader di un “governo provvisorio”. Gli ha attribuito il nomignolo di “Yats”. Il Vicepresidente Joe Biden si è recato a Kiev, così come il direttore della CIA John Brennan. Le truppe d’assalto del loro colpo di stato sono state fascisti ucraini.

Per la prima volta dal 1945 un partito neonazista, apertamente antisemita, controlla aree chiave del potere statale in una capitale europea. Nessun leader europeo occidentale ha condannato questa rinascita del fascismo nella zona di confine attraverso la quale i nazisti invasori di Hitler tolsero la vita a milioni di russi. Erano appoggiati dall’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA), responsabile del massacro di ebrei e di russi che chiamavano “insetti parassiti”. L’UPA è l’ispiratore storico dell’odierno Partito Svoboda e del suo compagno di viaggio Settore Destro. Il leader di Svoboda, Oleh Tyahnybok ha sollecitato una pura della “mafia moscovito-ebraica” e di “altra feccia”, tra cui omosessuali, femministe e sinistra politica.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica gli Stati Uniti hanno circondato la Russia di basi militari, aerei e missili nucleari come parte del Progetto di Allargamento della NATO. Rinnegando una promessa fatto al presidente sovietico Mikhail Gorbaciov nel 1990 che la NATO non si sarebbe allargata di “un centimetro a est”, la NATO ha, in effetti, occupato l’Europa orientale. Nell’ex Caucaso sovietico l’espansione della NATO è il massimo crescendo militare dopo la seconda guerra mondiale.

Un Piano d’Azione d’Adesione alla NATO è il dono di Washington al regime golpista di Kiev. In agosto l’”Operazione Tridente Rapido” porterà truppe statunitense e britanniche sul confine russo dell’Ucraina e l’operazione “Brezza Marina” invierà navi da guerra statunitensi in vista dei porti russi. Si immagini la reazione se questi atti di provocazione, o intimidazione, fossero attuati ai confini degli Stati Uniti.

Nel reclamare la Crimea – che Nikita Krusciov distaccò illegalmente dalla Russia nel 1954 – i russi hanno difeso sé stessi, come hanno fatto per quasi un secolo. Più del 90 per cento della popolazione della Crimea ha votato per il ritorno del territorio alla Russia. La Crimea è sede della Flotta del Mar Nero e la sua perdita sarebbe una questione di vita o di morte per la marina russa e una vittoria per la NATO. Confondendo le parti in guerra a Washington e Kiev, Vladimir Putin ha ritirato le truppe dal confine ucraino e ha sollecitato i russi etnici dell’Ucraina orientale a rinunciare al separatismo.

In stile orwelliano ciò è stato ribaltato in occidente come una “minaccia russa”. Hillary Clinton ha paragonato Putin a Hitler. Senza ironia, commentatori tedeschi di destra hanno detto la stessa cosa. Nei media i neonazisti ucraini sono ridefiniti “nazionalisti” o “ultranazionalisti”. Ciò che temono è che Putin stia abilmente ricercando una soluzione diplomatica e possa riuscirci. Il 27 giugno, reagendo all’ultimo accomodamento di Putin – la sua richiesta al parlamento russo di revocare la legge che gli dava il potere di intervenire nell’interesse dei russi etnici dell’Ucraina – il Segretario di Stato John Kerry ha diffuso un altro dei suoi ultimatum. La Russia deve “agire nel giro delle prossime ore, letteralmente” per por fine alla rivolta nell’Ucraina orientale. Nonostante che Kerry sia diffusamente riconosciuto come un pagliaccio, lo scopo serio di questi “avvertimenti” sta nel conferire alla Russia uno status di paria e nel cancellare le notizie della guerra del regime di Kiev contro il suo stesso popolo.

Un terzo della popolazione dell’Ucraina è russofono e bilingue. Ha ricercato a lungo una federazione democratica che riflettesse la diversità etnica dell’Ucraina e fosse sia autonoma sia indipendente da Mosca. Per la maggior parte non si tratta di “separatisti” o “ribelli”, bensì di cittadini che vogliono vivere sicuri nel proprio paese. Il separatismo è una reazione agli attacchi della giunta di Kiev contro di loro, che ha forzato fino a 110.000 persone (stima dell’ONU) a fuggire in Russia attraversando il confine. Normalmente si tratta di donne e bambini traumatizzati.

Come i bambini dell’Iraq sottoposti a embargo e le donne e le ragazze dell’Afghanistan “liberate”, terrorizzate dai signori della guerra della CIA, questi cittadini etnici dell’Ucraina sono mediaticamente non-persone in occidente; le loro sofferenze e le atrocità commesse contro di loro sono minimizzate o cancellate. Nessuna sensazione della portata dell’assalto del regime è trasmessa di media occidentali convenzionali. Non è che manchino i precedenti. Leggendo nuovamente il magistrale ‘The First Casualty: the war correspondent as hero, propagandist and mythmaker’ [La prima vittima: il corrispondente di guerra come eroe, propagandista e costruttore di miti] di Phillip Knightley, ho rinnovato la mia ammirazione per Morgan Philips Price del Manchester Guardian, il solo giornalista occidentale rimasto in Russia durante la rivoluzione del 1917 a raccontare la verità sulla disastrosa invasione degli alleati occidentali. Imparziale e coraggioso, Philips Price turbò da solo quello che Knightley definisce un “oscuro silenzio” antirusso in occidente.

Il 2 maggio a Odessa 41 russi etnici sono stati bruciati vivi negli uffici della direzione del sindacato con la polizia che è rimasta a guardare. Esiste un’orrenda documentazione video. Il leader del Settore Destro, Dmytro Yarosh, ha salutato il massacro come “un altro giorno luminoso della nostra storia nazionale”. Dai media statunitensi e britannici è stato riferito come una “oscura tragedia”, conseguenza di “scontri” tra “nazionalisti” (neonazisti) e “separatisti” (persone che raccoglievano firme per un referendum su un’Ucraina federale). IlNew York Times ha insabbiato la cosa, avendo scartato come propaganda russa gli avvertimenti sulle politiche fasciste e antisemite dei nuovi vassalli di Washington. Il Wall Street Journal ha condannato le vittime: “Mortale incendio in Ucraina probabilmente innescato dai ribelli, dice il governo”. Obama si è congratulato con la giunta per la sua “moderazione”.

Il 28 giugno il Guardian ha dedicato la maggior parte di una pagina a dichiarazione del “presidente” del regime di Kiev, l’oligarca Petro Poroshenko. Di nuovo ha operato la regola di Orwell dell’inversione. Non c’è stato alcun colpo di stato; nessuna guerra contro la minoranza dell’Ucraina; i russi hanno avuto la colpa di tutto. “Vogliamo modernizzare il mio paese”, ha detto Poroshenko. “Vogliamo introdurre libertà, democrazia e valori europei. A qualcuno questo non piace. A qualcuno noi per questo non piacciamo.”

In questo suo articolo il giornalista del Guardian, Luke Harding, non ha contestato queste affermazioni o citato l’atrocità di Odessa, gli attacchi aerei e di artiglieria del regime su aree residenziali, l’uccisione e il sequestro di giornalisti, le bombe incendiarie contro un giornale d’opposizione e la sua minaccia di “liberare l’Ucraina dalla sporcizia e dai parassiti”. I nemici sono “ribelli”, “militanti”, “insorti”, “terroristi” e fantocci del Cremlino. Sono evocati dalla storia i fantasmi di Vietnam, Cile, Timor Est, Africa meridionale, Iraq: si notino le stesse etichette. La Palestina è la calamita di tutto questo monotono inganno. L’11 luglio, dopo il più recente massacro israeliano a Gaza, con equipaggiamento statunitense – 80 morti tra cui sei bambini di una singola famiglia – un generale israeliano scrive sul Guardian sotto il titolo “Una necessaria dimostrazione di forza”.

Negli anni ’70 ho incontrato Leni Riefenstahl e le ho chiesto dei suoi film che glorificavano i nazisti. Utilizzando tecniche di ripresa e d’illuminazione rivoluzionarie ella produsse una forma documentaria che affascinò i tedeschi; fu il suo ‘Trionfo della volontà’ che si afferma abbia diffuso il maleficio di Hitler. Le chiesi della propaganda in società che si considerano superiori. Lei rispose che i “messaggi” nei suoi film dipendevano non da “ordini dall’alto” ma da un “vuoto condiscendente” nella popolazione tedesca. “Compresa la borghesia liberale istruita?” chiesi. “Tutti”, rispose. “E naturalmente l’intellighenzia”

Scritto per teleSUR English che partirà il 24 luglio

 

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/the-return-of-george-orwell-and-big-brothers-war-on-palestine-ukraine-and-truth-2/

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0



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La permanenza della guerra

Tommaso Di Francesco
 su il manifesto del 19 Luglio 2014

Guerre umanitarie. La barbarie temuta è arrivata. Di fronte alla permanenza dei conflitti, di quale equidistanza si può parlare?

 
Alla fine, dodici anni dopo, ecco il risul­tato della scon­fitta del più grande movi­mento con­tro la guerra, nella fat­ti­spe­cie in Iraq, che scese in piazza con cento milioni di per­sone e che venne defi­nito «la nuova potenza mon­diale». Hanno vinto i neo­con della destra ame­ri­cana e quei governo di cen­tro­si­ni­stra che in Occi­dente hanno spo­sato la causa del «mili­ta­ri­smo uma­ni­ta­rio» che ha pro­fu­mato di buono le stragi della nostra epoca: la guerra è diven­tata per­ma­nente e dilaga.

E torna ovun­que e all’improvviso. All’improvviso? La sua san­gui­nosa attua­lità è tra­gi­ca­mente pre­sente ogni giorno nono­stante il silen­zio dei governi com­plici e spesso dei media, come Repub­blica e Cor­riere della Sera, che sono arri­vati a can­cel­lare le stragi di Gaza dalla prima pagina. Spesso anche a sini­stra la guerra è l’ultimo dei pro­blemi, da aggiun­gere all’ultimo momento in un docu­mento, o in una presa di posi­zione, nell’incapacità di inter­pre­tare le cor­re­la­zioni che legano, in un filo d’orrore, i diversi con­flitti della terra ai cam­bia­menti poli­tici per cui si lotta. Ma il pre­ci­pi­tare degli eventi rende evi­dente la gene­rale mio­pia che attra­versa la cul­tura occi­den­tale. Che pro­mette e annun­cia cre­scita eco­no­mica ma nasconde la vio­lenza che altrove si eser­cita per otte­nerla a qual­siasi costo, taci­tando il peri­colo e otte­nendo con­senso e potere. Così la per­ma­nenza della guerra resta e rie­merge, ria­prendo ferite mala­mente sutu­rate e abil­mente occultate.

Lo Stato d’Israele, che non cono­sce altro che la legge dei carri armati, muove i tank per rioc­cu­pare la Stri­scia di Gaza e lo fa per­ché ha «diritto a difen­dersi», fa sapere lo stesso Obama che nel discorso del Cairo del 2009 dichia­rava di sen­tire «il dolore del popolo pale­sti­nese, senza terra e senza patria». Sono pas­sati cin­que anni dall’inizio della sua Ammi­ni­stra­zione e la crisi medio­rien­tale vede non solo sem­pre un popolo senza terra né patria, ma la crisi è peg­gio­rata per­ché la colo­niz­za­zione è stata estesa, i Muri di divi­sione sono rad­dop­piati e, scrive l’editorialista di Haa­retz Gideon Levy, «Israele non vuole la pace, chi estende le colo­nie raf­forza l’occupazione e chi raf­forza l’occupazione non vuole la pace». I razzi di Hamas sono il fumo, certo distrut­tivo e mici­diale, che nasconde que­sta verità: lo Stato di Pale­stina, ridotto ad una alveare di inse­dia­menti, non ha più alcuna con­ti­nuità ter­ri­to­riale e non potrà esi­stere più.

Sono 270 le vit­time dei bom­bar­da­menti aerei israe­liani, in gran parte civili com­prese decine di bam­bini. Pen­sate solo a quanto odio è stato semi­nato dai bom­bar­dieri in que­sti giorni. E di che equi­di­stanza stiamo par­lando? C’è uno Stato, quello d’Israele che occupa le terre di un altro popolo che, anche secondo la Carta dell’Onu ha il diritto a ribel­larsi. Qual­cuno dica a che cosa hanno por­tato finora i finti nego­ziati di pace, con un governo israe­liano sordo ad ogni richie­sta di ritiro secondo due sto­ri­che Riso­lu­zioni dell’Onu o di blocco delle colo­nie e rab­bioso — Neta­nyahu è let­te­ral­mente fuori di sé — per la nuova unità nazio­nale pale­sti­nese Fatah-Hamas. Ma, certo, Israele ha diritto alla sua sicu­rezza. E i pale­sti­nesi, che non si danno per vinti, a che cosa hanno diritto?

E pro­prio men­tre dilaga la nuova guerra medio­rien­tale, l’abbattimento cri­mi­nale di un aereo di linea malese sui cieli tra Ucraina e Rus­sia, con quasi 300 vit­time – già con rim­pallo di respon­sa­bi­lità — obbliga a vol­gere lo sguardo in Europa. Già nei giorni scorsi erano decine i morti nell’est dell’Ucraina, negli scon­tri tra mili­zie sepa­ra­ti­ste e nazio­na­li­ste filo­russe nate nel Don­bass in con­trap­po­si­zione al nazio­na­li­smo ucraino anti­russo del movi­mento di Maj­dan ormai al potere a Kiev, soste­nuto dal’Ue e soprat­tutto dalla Nato che porta avanti l’indiscussa e indi­scu­ti­bile stra­te­gia dell’allargamento della sua stra­te­gia mili­tare a est, pro­prio alla fron­tiera russa. Una volontà che è all’origine, non a con­clu­sione, delle ten­sioni e del con­flitto in corso.

E appena si volge lo sguardo dall’est euro­peo all’altra sponda del Medi­ter­ra­neo, l’instabilità della Libia – san­tua­rio mili­tare di ogni sol­le­va­zione jiha­di­sta nell’area — diventa macro­sco­pica. Siamo a soli tre anni dall’abbattimento del regime di Ghed­dafi gra­zie all’intervento degli aerei della Nato diven­tati l’aviazione degli insorti jiha­di­sti in guerra con­tro il raìs. Gui­dava allora la nuova coa­li­zione bel­lica occidental-umanitaria, con l’Italia pro­ta­go­ni­sta, il «disin­te­res­sato» Sar­kozy. Che riu­scì a con­vin­cere un ini­ziale recal­ci­trante Obama che poi, con Hil­lary Clin­ton, ha pagato il prezzo di que­sta avven­tura con i fatti di Ben­gasi dell’11 set­tem­bre 2012.

Gio­vedì le mili­zie isla­mi­ste di Misurata, le più armate e radi­cali, hanno occu­pato Tri­poli, dove un ille­git­timo e impro­ba­bile governo chiede l’intervento inter­na­zio­nale. Intanto si com­batte in Siria e le mili­zie qae­di­ste dello Stato isla­mico dell’Iraq e del Levante avan­zano in ter­ri­to­rio ira­cheno, men­tre in Afgha­ni­stan le ultime ele­zioni pre­si­den­ziali sono accu­sate di bro­gli e le truppe Usa e Isaf/Nato reste­ranno ancora per altri due anni.
Non c’è pace. È un disa­stro. Per­mane solo la bar­ba­rie che teme­vamo sarebbe arri­vata se non si fosse costruita una alter­na­tiva di valori e di sistema. In que­sti giorni noi ci rivol­tiamo al dis­sen­nato ten­ta­tivo del pre­si­dente Renzi di mani­po­lare la nostra Costi­tu­zione con la can­cel­la­zione della eleg­gi­bi­lità diretta e demo­cra­tica del Senato. Riflet­tiamo allora per un attimo sul fatto che per ognuna delle guerre che abbiamo elen­cato l’Italia è stata o è pro­ta­go­ni­sta e ha un ruolo militare.

Non solo in Iraq ma anche in Medio oriente dove par­te­cipa ad un Trat­tato mili­tare con Israele, nono­stante sia un paese in guerra per­ma­nente; in Libia ha bom­bar­dato dopo avere applau­dito al regime dell’ex raìs, in Siria è ancora nella fami­ge­rata coa­li­zione degli «Amici della Siria» che ha ali­men­tato il con­flitto; men­tre in Ucraina l’Italia sostiene, senza che se ne discuta, l’Alleanza atlan­tica che peri­co­lo­sa­mente alle­sti­sce da anni la sua nuova, pro­vo­ca­to­ria, cor­tina mili­tare alla fron­tiera russa come se fosse la nuova Guerra fredda. Riflet­tiamo allora su quanto sia stato deva­stato l’articolo 11 della nostra Costi­tu­zione che ban­di­sce la guerra come mezzo di riso­lu­zione dei con­flitti inter­na­zio­nali. E ribel­lia­moci. Can­cel­lano il Senato per­ché, dicono, «pro­duce ceto poli­tico». Men­tre cre­sce solo la guerra, can­cel­lano l’articolo 11 per pro­durre ceto mili­tare e nuovi conflitti.