Informazione


IL PD ONORA L'AVIATORE MUSSOLINI


di Manlio Dinucci | da il Manifesto - 13 marzo 2012

Che emozione quando, il 25 marzo a Forte dei Marmi, il sindaco Pd Umberto Buratti scoprirà la statua dedicata a «L’aviatore». A rappresentare gli aviatori italiani apparirà il figlio del Duce, Bruno Mussolini, in tuta di volo, maschio e fiero come il suo augusto genitore. 

La grande statua fu commissionata nel 1943 dallo stesso Benito Mussolini allo scultore Arturo Dazzi, artista molto apprezzato dal regime, per onorare Bruno, morto in un incidente aereo due anni prima, agli inizi della Seconda guerra mondiale. Il Duce lo ricorda, nel libro a lui dedicato, come «aviatore di tre guerre, già volontario in Africa e in Spagna, che servì in pace e in guerra l'Italia», dando «nobiltà imperitura al nome dei Mussolini» e ispirando i giovani con la sua «vita esemplare».

A tale proposito, il sindaco Buratti e la sua giunta faranno bene a organizzare visite guidate delle scuole per spiegare agli alunni, di fronte alla statua, quale fu la «vita esemplare» di Bruno Mussolini. 

Nel 1935 partecipò con il fratello Vittorio, anche lui aviatore, alla guerra di conquista coloniale dell’Etiopia. Le loro gesta sono così descritte da Vittorio: «Le bombette incendiarie davano soddisfazione: era un lavoro divertentissimo. Bisognava centrare bene il tetto di paglia. Questi disgraziati che si vedevano bruciare il tetto saltavano fuori scappando come indemoniati. Una bella sventagliata e l’abissino era a terra». 

E anche in Etiopia, come già avvenuto in Libia, l’aviazione italiana usò, non solo contro le formazioni armate ma contro le popolazioni inermi, gas soffocanti (fosgene), vescicatori (iprite) e tossici (benzolo). 

A questo punto sarà bene spiegare alle scolaresche, basandosi su un libro di F. Pedriali edito nel 1997 dall’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’aeronautica, che la guerra fu provocata dalla «manifesta avversione dell’imperatore Hailè Selassiè ad accettare anche una semplice tutela economica italiana» e che furono gli etiopi a «violare le convenzioni internazionali usando pallottole dum-dum», il che costrinse gli italiani a ricorrere alle armi chimiche. 

Si potranno poi illustrare le gesta di Bruno nella guerra di Spagna nel 1937-38, quando l’aviazione di Mussolini intervenne a fianco della Luftwaffe di Hitler. E per questo Bruno fu insignito dal fascista Franco con la Cruz por la Unidad Nacional Española. 

Oggi la sua statua, che nel 1998 l’allora sindaco di Forza Italia non riuscì a esporre a causa delle proteste, sarà resa «visibile a tutti» da un sindaco Pd per rendere «omaggio all’Aeronautica militare». 

Un messaggio politico per affermare che il Partito democratico riconosce quello che l’Aeronautica militare definisce il «continuum di valori che impreziosisce il corso della sua storia», da quando nel 1911 l’Italia usò per la prima volta al mondo aerei a scopo militare nella guerra coloniale di Libia a quando, nel 2011, è tornata a bombardare la ex colonia. 

Un messaggio anche agli elettori in vista delle amministrative del prossimo maggio. Con il fascistissimo figlio del Duce come testimonial del fatto che il Pd ha ormai superato il vetero antifascismo. 

E dopo l’inaugurazione del «Monumento all’Aviatore», con tanto di corteo e fanfara, tutti a mangiare gli italianissimi spaghetti. Il sindaco Pd ha infatti vietato i ristoranti di kebab.



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http://www.diecifebbraio.info/2012/03/i-riconoscimenti-per-gli-infoibati-ai-criminali-di-guerra-italiani/

I RICONOSCIMENTI PER GLI INFOIBATI AI CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI

di Milovan Pisarri
 
 

Ormai da otto anni, com’è noto, la Repubblica italiana ricorda ogni 10 febbraio le vittime italiane delle foibe e l’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia dalle loro terre d’origine. Nonostante vari studi abbiano nel corso di questi anni dimostrato quanto sia necessaria un’approfondita conoscenza delle vicende belliche e postbelliche di quelle regioni prima di istituire celebrazioni politicamente rischiose, ogni anno le istituzioni fanno letteralmente a gara per organizzare eventi che possano restituire alla memoria collettiva momenti di storia dimenticata.  Tra essi, il più importante e carico di significato è certamente la consegna di medaglie al ricordo di persone che persero la vita nelle foibe.

Già da tempo Sandi Volk attraverso pazienti ricerche e confronti, ha dimostrato il senso di questa cerimonia. Nel suo bell’intervento chiarificatore intitolato Che cosa ricorda la Repubblica? pubblicato nel volume Foibe. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica (Kappavù, Udine 2008), pagine 143-178, ha fatto un’inequivocabile luce sulla legge 92 del 30 marzo 2004 con cui venne istituita la Giornata del Ricordo e soprattutto su chi viene effettivamente ricordato. Dalle sue analisi, condotte soprattutto grazie al confronto delle stesse fonti utilizzate per concedere i riconoscimenti e di altre liberamente disponibili (Albo d’oro di Luigi Papo, Elenco caduti RSI), è emerso chiaramente il quadro di quello che si ricorda: non civili italiani dell’Istria infoibati perché italiani, ma militari italiani inquadrati nelle formazioni repubblichine al servizio dei nazisti in Istria, spesso provenienti da regioni troppo distanti dall’Istria stessa per poter essere considerati istriani, uccisi dai loro nemici partigiani. Infatti, la maggior parte degli oltre duecento premiati al gennaio 2012 sono membri delle forze armate e di polizia morti in varie circostanze nel \biennio 1943-45: nel periodo cioè in cui nell’Istria, a Trieste e a Gorizia i tedeschi avevano instaurato l’Adriatische Kunsterland e dove i militari italiani, arruolati esclusivamente su base volontaria, prestavano giuramento direttamente alle autorità naziste. Carabinieri, membri della Guardia di Finanza, poliziotti ma anche numerosi militi della Milizia della Difesa territoriale, di quella milizia cioè che porta enormi responsabilità nella lotta antipartigiana e nei crimini commessi contro civili inermi, inclusa la consegna ai nazisti di numerose persone finite a S. Sabba o nei campi di concentramento in Germania. Numerosi, anzi troppi, anche i cosiddetti civili premiati ex appartenenti alle stesse formazioni armate; diversi anche gli scomparsi, cioè coloro di cui non si è mai saputa la causa di morte (presunta), e di quelli morti addirittura in combattimento; non mancano infine anche persone che hanno ricevuto due volte lo stesso riconoscimento, in anni diversi.

Già questo è di per sé una questione allarmante, paradossale; si ricordano di fatto caduti italiani nazifascisti, ponendo ancora una volta in continuità, verrebbe da dire, l’Italia repubblicana a quella fascista e poi repubblichina. Probabilmente ciò è possibile soprattutto a causa dell’oblio che ancora oggi avvolge i territori istriani, e più in generale di tutti quelli jugoslavi occupati dagli italiani, durante il secondo conflitto mondiale; un oblio che permette l’affermazione politica della peggiore retorica politica, ingombrante e prevaricante nei confronti della sana ricerca storica. Alla decostruzione di tali affermazioni politiche messa in atto da Sandi Volk, ci permettiamo quindi di aggiungere un ulteriore tassello.

Il problema dei riconoscimenti è infatti reso molto più grave dal fatto che tra i vari caduti ricordati dalla Repubblica ci sono anche alcuni criminali di guerra sui quali negli archivi jugoslavi esiste un dossier con capi d’accusa e prove, spesso schiaccianti. Un caso già conosciuto è quello di Vincenzo Serrentino, ultimo prefetto di Zara (nel 1944, si badi bene) fucilato dopo regolare sentenza dalle autorità jugoslave nel 1947. Ai familiari di Serrentino è stato consegnato il riconoscimento nel 2007, senza accennare (ma loro forse lo sapevano, sono tutti gli altri che non lo sanno) al fatto che lo stesso Serrentino ebbe a Zara e Sebenico un ruolo di primo piano nella guerra contro gli antifascisti e nei crimini contro la popolazione civile croata.

Oltre a lui, è stato possibile accertare che altri cinque criminali di guerra sono stati onorati dalle medaglie della Repubblica; cinque nomi di persone i cui dati sono stati verificati prima di essere qui di seguito pubblicati. I dossier originali in lingua serbocroata o slovena sono liberamente consultabili da tutti presso l’Archivio di Jugoslavia, nel fondo numero 110 “Commissione di Stato per l’accertamento dei crimini di guerra degli occupanti e dei collaborazionisti”. Qui si trovano ben ordinati i dossier dei 3.693 criminali di guerra italiani identificati dalle autorità jugoslave nell’immediato dopoguerra. (Urge una precisazione. Come è risaputo, e purtroppo mai abbastanza ripetuto, alla fine della guerra la Jugoslavia cercò l’estradizione di circa 750 criminali di guerra italiani, cosa che naturalmente non avvenne; quello che è però importante sottolineare è che quelli richiesti erano coloro i quali si erano macchiati dei crimini più gravi e dei principali in ordine gerarchico: Roatta, Robotti, il prefetto Testa e così via. In realtà la Commissione jugoslava per l’accertamento dei crimini degli occupanti e dei collaborazionisti accertò grazie ad un minuzioso lavoro di numerose sottocommissioni la responsabilità di 3.693 italiani).

Chi sono dunque i criminali di guerra premiati dalla Repubblica italiana e di cosa sono stati accusati dalle autorità jugoslave? Pubblichiamo alcuni estratti dai loro dossier. Tra parentesi è indicata la collocazione di ogni singolo dossier, per chiunque volesse approfondire o verificare la veridicità di quanto scritto.

1)    Bergognini Giacomo. Riconoscimento ricevuto nel 2009

Nel suo dossier (Archivio di Jugoslavia, fondo 110, busta 234, f. br. 24978), è scritto:

Come membro della compagnia di carabinieri di Ajdovšćina nel corso della guerra ha partecipato ai seguenti crimini:

-       Durante la guerra, nel comune di Ajdovščina furono arrestati, torturati e dopo oltre un mese di carcere internati 11 uomini: Bajc Matija, Kete Alojz, Zigon Anton, Berlot Anton, Lokar Marijan e Poniz Rihard (…)

-       I carabinieri insieme ai fascisti e alla polizia arrestarono nelle frazioni del comune di Ajdovšćina 120 giovani arruolandoli in battaglioni speciali, dai quali ancora non tutti hanno fatto ritorno.

-       I carabinieri insieme ai fascisti, alla polizia e alla guarnigione italiana organizzarono il giorno 8 agosto1942 una spedizione criminale a Ustje. I carabinieri avevano istruzioni ben precise, e anche se il maresciallo Marrone era stato ucciso per vendetta dai soldati del reggimento alpino, nonostante ciò guidarono l’azione e bruciarono il giorno suddetto l’intero abitato di Ustje, mettendo a fuoco tutti i beni di 67 proprietari (…). Oltre a ciò radunarono tutta la gente al cimitero, picchiandoli e li minacciandoli di morte. Presero poi 8 uomini, li torturanono di fronte a tutti e poi li uccisero con i coltelli o con il fucile. I nomi dei morti sono: Podgornik Avgust, Evstahi Podgornik, Strancer Metod, Stibil Milan e Anton, Vrtovec Anton, Kante Maks e Uršič Ivan. (…).

2)    Cucè Luigi, riconoscimento ricevuto nel 2011.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 128, f. br. 5724):

Il criminale Cucè Luigi, in quanto brigadiere della Guardia di Finanza sull’isola di Pašman durante l’occupazione italiana nel 1943, anche se non rientrava nei suoi doveri, su propria iniziativa ricopriva una carica di polizia superiore alle sue funzioni previste dalla sua professione di capo della Guardia di Finanza locale. Indagava costantemente, denunciava e pereguitava tutti gli antifascisti. Su sua proposta e su sue informazioni venivano effettuati arresti, – invii al Tribunale speciale, invii ai campi di concentramento e fucilazioni di diversi patrioti antifascisti (…)

Il giorno 17 luglio 1943, dalla guarnigione di Sali a Dugi otok giunse sull’isola di Pašman una spedizione punitiva comandata dal famoso criminale, capitano Malocchi Ernesto, composto da soldati del primo battaglione “Granatieri di Sardegna“. Appena sbarcati a Pašman si unì loro il criminale Cucè Luigi, e da lui guidati irruppero nelle case e arrestarono diversi contadini tra i quali: Pedišić Anastasije Šimin, Kraljev Augustin Matin, Pešić Toma Krstin, Kraljev Dragica moglie di Ante, Pedišić Božo Matin, Kraljev Mate figlio del defunto Mate, vecchio di 75 anni. Tutti gli arrestati vennero condotti in barca nel paese di Pašman. Qui vennero rinchiusi nella caserma della Guardia di Finanza, dove i criminali Malocchi e Cucè li interrogarono e li maltrattarono pesantemente fino alle due di pomeriggio, costringendoli ad ammettere la loro collaborazione con i partigiani (…). Dopo essere stati torturati, verso le due di pomeriggio vennero portati fuori dalla caserma e diretti di fronte ad una casa non terminata senza tetto.  Lì il criminale Vladković Boris li portò ad uno ad uno all’interno e li uccise con un colpo di pistola; dopodiché i soldati gettarono i corpi dalla finestra, e fuori altri soldati spararono sulle vittime un’altra raffica (…).

3)    Luciani Bruno, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 231, f. br. 24206):

Il giorno 31 dicembre 1944 gli agenti della polizia di Collotti arrestarono il ventenne Kavčič Bruno di Trieste. All’arresto parteciparono gli agenti Ciarlenco, Luciani, Nussak e Sorenzio. Kavčič Bruno fu portato alla caserma in via Cologna, dove fu interrogato e torturato. Le torture durarono fino al 15 aprile 1945, quando venne trasportato al Coroneo dove venne interrogato e torturato dalle SS. Il giorno 28 aprile 1945 venne trasportato a Opicina dove venne fucilato dalle SS (…).

Il giorno 27 novembre 1944 venne arrestata Varich Wilma dagli agenti Ciarlenco e Luciani, membri della polizia di Collotti, e venne portata nel carcere in via Bellosguardo. Qui venne interrogata. Venne legata al tavolo, picchiata e presa a pugni; questo venne fatto dal brigadiere Ciarlenco. Vedendo i torturatori che non aveva intenzione di dire nulla, cominciarono a bruciarle le mani, le gambe e le guance con l’elettricità. Dopo un’ora fu portata in cella. Il giorno successivo fu trasportata nel carcere presso i Gesuiti. Dopo ottanta giorni fu nuovamente interrogata e torturata nel carcere in via Cologna, poi trasferita al Coroneo e dopo due mesi fu internata in Germania.

Il giorno 26 novembre 1944 la polizia speciale per il Litorale adriatico il cui capo era Collotti, arrestò il funzionario ventenne Battich Ferruccio. L’ordine di arresto, che venne effettuato da tre agenti della sopranominata polizia, fu dato dal brigadiere Ciarlenco. Battich venne portato presso la sede di questa polizia in via Bellosguardo. Qui venne interrogato e picchiato brutalmente dagli agenti Ciarlenco, Codegli e Luciani. Poi venne trasportato nel carcere dei Gesuiti con l’accusa di essere un collaboratore dei partigiani (…).

4)    Privileggi Iginio, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 214, f. br. 21168):

Un giorno imprecisato del gennaio 1944 i fascisti si recarono nel villaggio di Bujić guidati dal fascista Privileggi Iginio e Kovačič Mario. Qui arrestarono Jelovac Ivan, che venne portato a Parenzo, picchiato e torturato e lasciato senza cibo per otto giorni. Poi fu portato in un bosco e ucciso.

(…)

Il giorno 2 febbraio 1944 arrestarono Pribetić Ivan, che venne portato in carcere, maltrattato e picchiato; venne picchiato in particolare dal fascista Privileggi. Lo stresso giorno si recarono a Nova Vasi e arrestarono Viggintin Petar, che venne portato a Parenzo e ucciso con una mitragliatrice poco distante dall’abitazione di Mate Vlašić. Nel corso di questa esecuzione vennero riconosciuti i fascisti Kovačič Mario e Destilatis Ennio. In quell’occasione diedero fuoco alla casa di Vlašić Mate, e quando Vlašić Petar tentò di spegnere l’incendio, i fascisti lo presero e lo portarono al cimitero, dove venne ucciso con una raffica di mitragliatrice. A quest’esecuzione parteciparono Privileggi Iginio e Ramarro Luigi. Allo stesso modo uccisero sempre a Nova Vasi Brnobić Ivan e sua moglie Vitkorija, Orahovac Antun, Jerovac Mate, Radin Gašpare, Sorčič Bruno (…).

Il criminale sopraindicato è stato liquidato dalle nostre autorità come risulta dal rapporto della Commissione per i crimini di guerra in Istria numero 389.

5)    Stefanutti Romeo, riconoscimento ricevuto nel 2006 e nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 230, f. br. 24016):

I fascisti di diverse guarnigioni, e in particolare di quella di Oprtalj, commisero nel corso del 1944 nel territorio di Buzet una serie di crimini nei confronti della pacifica popolazione locale, con lo scopo di annientarla e di appropriarsi dei loro beni. La Commissione per i crimini di guerra in Istria ha accertato che in quel periodo critico, il milite Stefanutti Romeo partecipò personalmente ai crimini di seguito descritti (…).

Dalla fine del gennaio 1944 fino alla fine del giugno dello stesso anno, nel territorio di Buzet, senza alcun motivo vennero uccisi i seguenti civili: Grizančić Mate, Grizančić Andjelo (questi venne portato al cimitero nel paese di Salež dove gli vennero cavati gli occhi, tagliate le orecchie, mentre il suo corpo venne martoriato con il coltello; poi fu fucilato), Zonta Miha, Zonta Antun, una certa Ana di Zrenja il cui cognome non si conosce (venne sgozzata), Pruhar Ivan, Mušković Antuna (venne ucciso mentre badava ai suoi tacchini, che vennero poi rubati dai fascisti), Kodelij Antun e Prodan Antun; inoltre, saccheggiarono e incendiarono 14 abitazioni, mentre arrestarono due persone e li mandarono nei campi in Germania (…).

6)    Serrentino Vincenzo, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 76, f. br. 80):

Nel corso del 1941 venne formato in fretta e furia a Šibenik il Tribunale straordinario, che condannò a morte delle persone senza nemmeno provare la loro colpevolezza.

Tra l’altro, vennero condannati a morte da questo tribunale:

-       13 ottobre 1941 vennero fucilati: Junaković Drago Stipin, Lazić Ivan Antin, Vrljević Duško Milošev, Bujas Mate Antin, Višić Blaž Stipin e Belamarić Ante figlio del defunto Vlada, anche se erano del tutto innocenti.

-       Il 29 ottobre 1941 vennero fucilati a Vodice, nei pressi di Šibenik: Skroza Milivoj Ambrozijev, Antulov Ivan Matin, Kursar Fridrih Enrika, Jurić Ivan Vicin, Belan Šime Ivanov, Udovičić Ante Grgin, Greblja Petar Krstin, Mijat Ante figlio del defunto Luka, Mijat Cvitko Blažev, Skroza Jozo Rokov, Skroza del defunto Toma, Skroza Štire figlio del defunto Duje, anche se non avevano commesso nulla per cui poter essere condannati a morte.

Come giudice responsabile di aver emesso tali sentenze di morte ingiuste, Serrentino Vincenzo è responsabile di crimini commessi da parte dell’occupante nei confronti dei nostri popoli.

Leggendo questi estratti, viene da chiedersi come mai sia stata possibile una così grave defaillance.

Volendo essere comprensivi, potremmo rispondere che i membri della commissione che stabilisce a chi assegnare le medaglie non abbiano preso in considerazione una tale eventualità; il che la direbbe comunque tutta sulla serietà del lavoro che svolgono. D’altra parte, se teniamo presente la difficoltà di consegnare medaglie a civili realmente morti nelle foibe e la facilità con cui vengono assegnate a fascisti veri e propri, forse dovremmo ripensare bene a tutta la Giornata del Ricordo.

Ci riserviamo di aggiornare l’elenco dei criminali di guerra che hanno ricevuto il riconoscimento dalla Repubblica italiana qualora emergessero nuovi nominativi.



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rom in italia

IL POPOLO CHE NON SEGUE PIÙ IL SOLE


Tre libri, tre sguardi sui rom e sinti residenti in Italia: a Torino, a Firenze, a Roma. 

Il volume Una storia da raccontare, a cura di Gabriele Guccione e Carla Osella, riassume il lavoro dell'associazione Aizo con i rom del Piemonte. Il cammino di Aizo (Associazione italiana zingari oggi) comincia 40 anni fa quando, seduti intorno al fuoco con l'immancabile tazza di caffè in mano, alcuni sinti chiedono a Carla Osella <<Perché non facciamo un'associazione, un sindacato per difendere i nostri diritti?>>. Dopo averci pensato a lungo, Carla accetta e da allora quello diventa l'impegno della sua vita. Un impegno senza riserve, sulle orme del Cristo delle origini, capace di sedersi insieme agli ultimi senza chiedere nulla in cambio. Aizo nasce nel 1971, da un gruppo misto di sinti e gagè (i non zingari): 431 famiglie provenienti da tutto il Piemonte. Da allora - spiega in un'intervista Osella - le condizioni di vita di rom e sinti sono cambiate. Il nomadismo è quasi scomparso. Sul territorio italiano solo il 10% delle comunità è attualmente nomade.è finita <<sotto una montagna di semplificazioni che ne hanno esaltato gli aspetti scomodi e fastidiosi e cancellato quelli importanti e gloriosi>>. Un popolo invisibile che, per la scrittrice, ha gli occhi ancora infantili di Carmen, la zingara conosciuta a un semaforo che diventerà un'amica. L'ignoranza delle straordinarie risorse della cultura romanì - dice in un'altra intervista la studiosa Marcella Delle Donne - <<è la prima causa dell'ostilità nei confronti dei rom da parte della nostra società. E il pregiudizio è talmente radicato che è stato elevato a categoria metafisica>>.

Per Adem Bejzak, autore insieme a Kristin Jenkins del volume Un nomadismo forzatoraccontare è una <<forma di lotta>>. Nato a Pristina nel 1957, Adem è un attivista rom impegnato da anni nella difesa dei diritti umani del suo popolo. Dal '93 lavora come meccanico a Firenze, dove l'ha raggiunto la sua famiglia, in fuga dalla guerra in Kosovo. I racconti di Adem e dei suoi parenti nascono nel campo dell'Olmatello, a Firenze, dove tutti hanno vissuto prima che il comune assegnasse loro una casa, nel 2006. Sullo sfondo, la guerra <<umanitaria>>, le bombe della Nato, <<la devastazione provocata dall'Uck 
(Esercito di liberazione nazionale del Kosovo) in seguito ai 78 giorni di 
bombardamenti, la disperata fuga verso l'Italia attraverso il mare Adriatico, nel '99>>. Poi, una volta arrivati a Firenze, lo shock di trovarsi a vivere fra i topi nei campi Fiorentini e sotto il peso dei pregiudizi. Ma Adem non si lascia schiacciare. In una foto del libro, lo vediamo mentre partecipa a una manifestazione contro la guerra, ad Aviano, nel 1999: 
<<Il popolo rom vuole vivere insieme senza oppressione>>, recita il suo cartello. In un'altra istantanea, partecipa alla giornata della memoria, per ricordare <<l'olocausto degli zingari>> nei campi di concentramento nazisti. In altre pagine, Adem mostra con orgoglio a Jenkins (ricercatrice che ora vive a Bristol) la sua casa di 
prima, e qualche libro scampato al disastro. Alle pareti della sua 
abitazione, c'è una foto del maresciallo Tito e una di Che Guevara. Prima, racconta Aden, i rom vivevano in pace e con dignità. Poi, 
<<la guerra ha portato povertà, razzismo, xenofobia e nomadismo>>. Oggi, nell'ex-Jugoslavia sono stati creati 
nuovi stati <<e i rom storici rimasti lì non hanno avuto nessun riconoscimento>>. Il nomadismo dei rom - dice in sintesi il libro - molto spesso è di natura forzata: come quello di Adem, <<che nasce dalla guerra>>.

Nel campo di via Salone, uno dei più grandi e popolosi di Roma, si svolge invece la ricerca di Nicola Valentino, I ghetti per i rom (postfazione di Carlo De Angelis). Uno <<spazio di parola condiviso>> che prende il nome di <<cantiere di socioanalisi narrativa>> e che evidenzia, attraverso i racconti dei residenti e degli operatori, i dispositivi istituzionali che organizzano la vita sociale del campo e le relazioni di potere all'interno. Meccanismi che presentano, fatte le debite differenze, <<una stringente analogia con il ghetto per gli ebrei voluto nel 1500 
dalla Repubblica di Venezia>>. Allora come oggi, ai rom è imposto uno spazio sorvegliato, secondo logiche securitarie dettate dal pregiudizio etnico. Il testo unico per la gestione dei campi rom dell'area romana, messo a punto dal Prefetto nella sua veste di Commissario per l'emergenza nomadi, impone regole ferree, e sanzioni pesanti per chi sgarra. Per entrare, bisogna farsi identificare: tutti gli abitanti, compresi i bambini, devono esibire una tessera munita di fotografia e dati anagrafici: <<Queste tessere sono come un tatuaggio>>, dice un residente. Una situazione difficile anche per gli operatori - come quelli della cooperativa Ermes, che ha partecipato alla ricerca - impotenti di fronte al ripetersi dei controlli, ai trasferimenti forzati, allo snaturamento del loro ruolo: <<La Polizia municipale si è presentata il lunedì mattina all'alba, bussando alle case e intimando ai residenti di abbandonarle - raccontano - Sembrava un'operazione militare in grande stile>>. Difficile svolgere un lavoro sociale se il dispositivo vigente nel campo è quello del controllo. Un conflitto simile - dice Valentino - ha portato alla chiusura dei manicomi tra gli anni '60 e '70: a un certo punto, Franco Basaglia afferma con chiarezza che nel manicomio - istituzione che genera sofferenza 
e malattia - non è possibile svolgere alcuna attività curativa e perciò la sofferenza psichica potrà essere curata solo fuori dal manicomio. Nel ghetto, invece, i rom sentono che la propria vita è completamente in balia dell'istituzione, e che non hanno certezze per il futuro. <<Il lavoro sociale - afferma nella postfazione Carlo De Angelis, presidente per il Lazio del Coordinamento comunità di accoglienza, - proprio perché centrato sulla relazione tra persone, stimola il cambiamento e non può certo essere ingabbiato in un sistema di sospensione del tempo, sospensione dei diritti, in un non luogo in cui non esistono e non sono date possibilità di cambiamento, vie di fuga e d'uscita>>. Di fronte all'involuzione autoritaria delle politiche capitoline e alle chiusure istituzionali, la scommessa da giocare - dice allora De Angelis - è probabilmente quella di costruire in tempi brevi <<una nuova rappresentanza credibile per il popolo rom>>.


Geraldina Colotti

Fonte: Le Monde diplomatique il manifesto febbraio 2012
http://www.monde-diplomatique.it/lemonde-archivio/ultimo/pagina.php



Una storia da raccontare - Gabriele Guccione, Carla Osella 
(a cura di), AIZO , 2011 - aizoonlus@...

Un nomadismo forzato 
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia
di Adem Bejzak e Kristin Jenkins
Edizioni Archeoares, 2011
7 euro, 180 p., ISBN 978-88-96889-22-0
per ordinare il libro: http://www.edizioniarcheoares.it/unnomadismoforzato - edizioniarcheoares@...
copertina: https://www.cnj.it/immagini/cover_bejzak.jpg
Indice 1: https://www.cnj.it/immagini/bejzak1.jpg
Indice 2: https://www.cnj.it/immagini/bejzak2.jpg

I ghetti per i rom - Nicola Valentino (a cura di), Sensibili alle foglie, 2011 - sensibiliallefoglie@...


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(Sul recente incontro delle organizzazioni giovanili comuniste degli ex paesi socialisti europei e dell'URSS)


Kijev (Ukrajina), 18.-19. februara 2012.

Održan skup omladinskih komunističkih organizacija s prostora bivših socijalističkih zemalja Evrope i SSSR-a    


U Kijevu, Ukrajina, je 18. i 19. februara održan skup omladinskih komunističkih organizacija iz bivših socijalističkih zemalja pod radnim naslovom „Borba se nastavlja – i posle 20 godina omladina se bori za socijalizam“. Skupu je prisustvovalo oko 20 delegata iz 11 organizacija: omladina BKPT (Beloruska komunistička radnička partija) – Belorusija, KSM (Komunistički savez omladine) – Češka, Mladi socijalisti – Hrvatska, LASSA (Letonski savez radničke i studentske omladine) – Letonija, Narodni otpor – Moldavija,  FDJ (Slobodna nemačka omladina) – Nemačka, KMP (Komunistička omladina Poljske) – Poljska,  RKSM(b) (Revolucionarni savez komunističke omladine boljševika) – Rusija, Rdeči radikali (Crveni radikali) – Slovenija, SKOJ (Savez komunističke omladine Jugoslavije) – Srbija, Iskra – omladina SKU (Savez komunista Ukrajine) – Ukrajina. 
Organizacioni komitet za pripremu i realizaciju ovog skupa sačinjavali su predtsavnici 3 organizacije: KSM iz Češke, RKSM(b) iz Rusije i  naše organizacije - SKOJ. Ideja o ovakvoj vrsti skupa, koji je po prvi put održan od kontrarevolucija koje su nastupile u našim zemljama pre dve decenije, plod je intenzivne saradnje naših organizacija na međunarodnom nivou, ponajpre pod okriljem Svetske federacije demokratske omladine (WFDY). Otud je od izuzetnog značaja bilo prisustvo skupu novoizabranog presednika WFDY druga Dimitrisa Palmirisa jer i borba koja će se dalje razviti iz ove inicijative koja predstavlja samo prvi korak u konsolidaciji omladinskog komunističkog pokreta sa prostora bivših socijalističkih zemalja predstavlja i predstavljaće integralni deo borbe omladine protiv imperijalizma koju na globalnom nivou vodi WFDY. Skup je bio prilika da se sve prisutne organizacije podrobnije upoznaju s borbom WFDY,  posebno one organizacije koje formlano nisu, ili nisu još uvek punopravni članovi WFDY.
Za mesto održavanja skupa iz čisto pragmatičnih-geografskih razloga izabran je Kijev, a kao domaćini Iskra, omladinsko krilo SKU iz Ukrajine. Treba napomenuti da je cilj bio da se na ovom prvom skupu  okupe revolucionarne omladinske organizacije s kojima inače postoji najtešnja saradnja inicijatora, bilo da je u pitanju prostor bivšeg Sovjetskog Saveza, Centralne Evrope ili Balkana. Otud skupu nije prisustvovao izvestan broj omladinskih marksističko-lenjinističkih organizacija, a treba dodati i da su mnoge organizacije iz objektvnih i tehničkih razloga bile sprečene da skupu prisustvuju. Sigurno je da će inicijativa koja je pokreuta imati tendenciju daljeg omasovljenja i organizacionog razvitka.
Može se slobodno konstatovati da kao prvi ovakvog tipa, skup u Kijevu je bio od istorijskog značaja  za dalji razvoj komunističkog pokreta kao i klasne borbe uopšte na  spomenutom prostoru. Već sama činjenica da je do njega došlo predstavlja značajan pomak i organizacioni i ideološki posle 20 ili više godina od trijumfa kontrarevolucija na prostoru bivših socijalističkih zemalja Evrope i SSSR-a. Suština karaktera borbi koju naše organizacije vode je neminovno nametnula nužnost održavanja skupa na kom je bilo moguće oceniti zajedničke sadržatelje posledica koje je za sobom ostavio varvarski kontrerevolucionarni čin u našim društvima, ideološki i propagandni karakter antikomunizma sa svim svojim sličnostima i razlikama u svim našim društvima, kao i odgovor naših organizacija i komunističkog pokreta uopšte. U uslovima krize kapitalizma kada je kristalno jasna neophodnost organizacionog i ideološkog učvršćivanja našeg pokreta neophodan je iskorak iz primarno defanzione strategije odbrane nasleđa socijalističkog perioda koju su naše omladine bez izuzetka vodile, a koje će razume se i nadalje voditi. Okupljene organizacije na skupu nisu u celosti uporedive u organizacionom smislu baš kao ni u rezultatima koje su naše borbe do sada ostvarile, iako u približno istom trenutku otpočinje potpuna restauracija kapitalizma u svim ponaosob društvima i državama. To je i normalno s obzrom na logiku kapitala i kapitalističkih procesa koji se neravnomerno razvijaju. Među okupljenim organizacijama je bilo onih koje postoje tek nešto više od godinu dana kao i onih koje su nastale odmah po kontrarevoluciji. Bilo je organizacija koje su se odavno organizaciono povezale sa sindikalnim, studentskim i uopšte proleterskim pokretom u svojim zemljama, kao i internacionalno, a bilo je i onih koje tek čine svoje prve porođajne korake u tom smeru. Međutim svima su nam zajednički zahtevi za što hitnijom obnovom socijalizma kao i prilično uporedivo istorijsko iskustvo iz kog je moguće izneti niz zaključaka o strategijama nastavka naše borbe i po mogućstvu njenog združivanja u jedinstvenu silu. Iz tih razloga su tokom dvodnevnog skupa bili organizovani seminari o „Ideološkoj borbi protiv antikomunističkih klišea“, „Korišćenju socijalističke prošlosti u propagandne svrhe“ i „Razmeni iskustava izgradnji organizacija“. Pored dragocene razmene iskustava, informisanja o borbi i uslovima borbe o kojima su svi delegati govorili u svojim istupanjima, ustanovljena su „goreća pitanja“ koja će predstavljati bazu za našu dalju saradnju. Tu najpre ubrajamo strategiju kontrapropagande histeričnom antikomunizmu uz učvršćivanje međusobne solidarnosti, unapređenja koordinacije i korišćenje savremenim propagandnim sredstvima kao i razumljivim jezikom za najšire narodne slojeve, a poglavito omladinu.  Izdvajamo kao izuzetno značajnu zajedničku osudu  „levog oportunizma i revizionizma“.
Skup je usvojio dve važne zajedničke rezolucije: Rezolucija o našoj saradnji s ocenama značaja sprovedenog skupa, i rezolucija podrške antikapitalističkoj borbi naroda Grčke što predstavlja najzančajniju aktuelnost klasne borbe na širem međunarodnom planu čime je čitav skup izrazio pravilanu i potpunu internacionalističku orijentaciju naše inicijative koju bi s obirom na karakter procesa i borbe  bilo nemoguće hermetički zatvoriti samo na prostor bivših socijalističkih zemalja Evrope i SSSR-a.
Tokom prvog dana skupa delegatima se ispred rukovodstva SKU obratila liderka SKU i glavna urednica časopisa „Marksizam i savremenost“ drugarica Tamila Jabrova, a drugog dana je usledila poseta važnim spomenicima u „gradu heroju“ iz vremena Velikog otadžbinskog rata.
SKOJ se ponosi time što je bio u mogućnosti da pruži svoj organizacioni doprinos kreiranju ovakve inicijative revolucionarne komunističke omladine koji je u skladu s našom dolsednom internacionalističkom revolucionarnom orijentacijom. Ponavljamo da je ovo bio smao prvi korak u „buđenju istoka“ i razbuktavanju zajedničke klasne i revolucionarne borbe.
Samo zajedno možemo pobediti!
Pobeda će biti naša!


ZAJEDNIČKA REZOLUCIJA „BORBA SE NASTAVLJA – I POSLE 20 GODINA OMLADINA SE BORI ZA SOCIJALIZAM“    

Mi, mladi komunisti iz bivših socijalističkih zemalja, okupljeni u Kijevu pod sloganom„Borba se nastavlja – i posle 20 godina omladina se bori za socijalizam“, usvajamo sledeću rezoluciju o saradnji.
Posle dvadesetogodišnjeg perioda restauracije kapitalizma iznikla je neophodnost objedinjavanja borbi omladina naroda koje ujedinjuje istorijsko iskustvo. Pre 20 godina naši narodi su izgubili sigurnost u sutrašnjicu, dostojan život, budućnost. Sve to je ljudima istrgao kapitalizam. S novim razvitkom krize kapitalizma postaje očigledan njegov karakter, katastrofalan za čovečanstvo. U vreme krize kapitalizam se stara da osnaži svoju uzdrmanu poziciju, prebacujući svoj teret na pleća radnika i rešavajući svoje probleme cenom novih ratova. Takođe on se koristi pritom različitim propagandnim metodama, podrškom reakcionarnoj politici, represijom, cenzurom. Glavna meta buržoaske propagande je omladina – socijalno najnezaštićeniji deo društva. Omladina koja nema vlastitog iskustva života u socijalizmu je najpodložnija toj propagandi.
Došlo je vreme kada je nophodno da se ujedinimo kako bi se suprotstavili i odbacili kapitalističko varvarstvo. Naša zajednička socijalistička prošlost se može uspešno iskoristiti za ovu svrhu. Mi nismo živeli u toj prošlosti, ali nas njeno neprocenjivo iskustvo okružuje i dalje u kulturi, umetnosti, mnogo čemu što vidimo oko nas. Istorija socijalističke izgradnje pruža nam snažno oružje – istinu pred kojom se u prah raspada kompletna koncepcija buržoaske propagande. Mnogi levičari i pseudo- komunisti koji pokušavaju da spekulišu istorijskim iskustvom socijalizma u stvari samo pomažu buržoasku propagandu.
Mladi komunisti, okupljeni na skupu u Kijevu, bavili su se pitanjima ideološke borbe s antikomunističkim klišeima, korišćenjem socijalističkih dostignuća za svrhe propagande, razmenom iskustava izgradnje organizacija.
Imperijalisti u cilju kočenja narodnog pokreta, odavno već deluju združeno. Oni imaju međusobnu solidarnost. Primer tome su nedavna ubistva radnika štrajkača u Zapadnom Kazahstanu, kada su razne pristalice buržoazije, uključujući takozvanu „levicu“ na svaki način podržali ovaj krvavi masakr. Komunistički pokret bivših socijalističkih zemalja i dalje deluje odvojeno. Takvu situaciju je nemoguće dalje trpeti: ne može nam biti dovoljna spontana klasna borba, mi smo dužni da je vodimo organizovano. Dužni smo da pokažemo omladini protivrečnosti savremene epohe, naoružavajući je teorijom za praktičnu borbu. Zato je naša obaveza prema budućnosti naših naroda da udružimo sopstvene sile.
Na ovaj skup su bile pozvane omladinske komunističke organizacije zajedničke praktične borbe. Naša borba je neodvojivi deo antiimperijalističke borbe koju na međunarodnom planu vodi Svetska federacija demokratkse omladine. Mi ne želimo i nećemo se ograničavati deklaracijama, ovo je samo prvi korak našeg zajedničkog rada. Nadalje ćemo voditi zajedničku borbu s imperijalizmom.

U toj solidarnosti je zalog naše pobede!

 

DEKLARACIJA PODRŠKE ANTIKAPITALISTIČKOJBORBI GRČKOG NARODA  

Mi, delegati skupa komunističkih omladina bivših socijalističkih zemalja, održanog u Kijevu 18. i 19. februara 2012. izražavmo našu solidarnost i pružamo podršku hrabroj borbi najširih narodnih slojeva u Grčkoj, radničke klase, komunista i militantnih sindikalista.
Skorašnji dogovor između grčke vlade i EU pod vođstvom nemačkog imperijalizma osigurava interese kreditora i drugih kapitalista, napadjoš više radnička prava, spušta nivo minimalnih zarada i vodi radni narod, poglavito omladinu ka sve većoj nezaposlenosti i životu bede i siromaštva. Drastičan pad prihoda, destrukcija elementarnih prava, rastuća eksploatacija, gubitak bilo kakve sigurnosti “EU memorandumon” – sve to je samo test procedure koje će biti implementirana i drugim narodima Evrope.
Uzroci ovih pojava leže u trenutnoj krizi kapitalizma. To dokazuje da je nemoguće imati dugoročan izbalansiran razvitak unutar kapitalističkog sistema proizvodnje. To dokazuje da nema drugih rešenja do odbacivanja kapitalizma i izgradnje novog sveta – socijalizma i komunizma. Javni dug koji je stvorila kapitalistička klasa a ne radni narod je integralni deo kapitlističke akumulacije u uslovima opadajuće profitabilnosti kapitala. Kriza se manifestuje širom sveta, dok u ovom trenutku najsnažnije pogađa narod Grčke. 
Grčka je postala glavno bojno polje evropske klasne borbe dobrim delom zahvaljujući iskusnoj i organizovanoj radničkoj klasi i intenzivnim aktivnostima njene avangarde – Komunističke partije Grčke (KKE). Svojom revolucionarnom orijentacijom, KKE je uspela da stvori front anti-monopolskih snaga: radnika, siromašnih seljaka, samozaposlenih, omladine, žena i drugih. Ona predvodi uspešnu borbu i protiv kapitalističkog varvarstva i unutrašnjeg oportunizma unutar komunističkog pokreta. Tokom krize međunarodnog komunističkog pokreta, ona je imala važnu ulogu pokretačke sile rekonstrukcije evropskog i svetskog komunističkog pokreta. Revolucionarna klasna borba KKE i Komunističke omladine Grčke (KNE) se dokazala suštinskim ideološkim i organizacionim faktorom koji do danas predstavlja borbenu silu i kapacitet za mobilizacija najširih narodnih slojeva Grčke i dokazuje da samo revolucionarna teorija i praksa pružaju mogućnosti za revolucionarnu borbu koja će trijumfovati nad kapitalističkim tlačenjem.
Grčka je primer pokušaja vladajuće kapitalističke klase da prebrodi krizu prebacujući je na pleća naroda. Ali je takođe i primer organizovane borbe narodnih masa predvođenih organizovanom radničkom klasom protiv mera kapitalističkog sistema. Mobilizovani široki narodni slojevi Grčke koji su izašli na ulice i masovno poručili da odbijaju da budu žrtva profita kapitalista pokazuju put narodima Evrope.
Mi smo svesni da je svaka pobeda radničke klase Grčke takođe i naša pobeda, kao i da je i svaki poraz takođe i naš poraz. Mi u potpunosti izražavamo solidarnost sa zahtevima za narodnu vlast, za svrgavanje vladavine monopola i njihovih saveznika, za svrgavanje kapitalističke vlasti. Mi pozdravljamo borbeni narod Grčke i izražavamo našu podršku Komunističkoj partiji Grčke, našoj sestrinskoj Komunističkoj omladini Grčke i sim članovima i sledbenicima klasno orijentisanog sindikata PAME koji se bori na čelu klasne borbe evropske radničke klase.
Dole sa diktaturom monopola! Dole imperijalistička EU!
Grčka je samo početak, proširimo antikapitalistički otpor širom Evrope!

Kiev, 18.-19. februara 2012.god.



Intervencija delegata SRP-a na konferenciji u Kijevu:


Skup omladinskih komunističkih organizacija iz bivših socijalističkih zemalja, Kijev, veljača 2012

Razmišljanja hrvatske delegacije


Uvod
Prvo u ime Mladih Socijalista Socijalističke Radničke Partije Hrvatske želim zahvaliti organizatorima što su nas pozvali na ovaj važan i do sada jedinstven susret i svima koji su prisutni ovdje. Revolucionarna borba u cijeloj bivšoj socijalističkoj Jugoslaviji bila je i jest iznimno težak, a ponekad i opasan podvig. Kao tokom kontrarevolucije nacionalističke i profašističke političke snage, vjerske organizacije, kapitalističke snage itd. preuzele su masovnie medije komunikacije i cijeli javni diskurs, sav lijevo orijentirani klasni diskurs, bio on  revolucionarni ili reformistički, bio je potisnut. Režimi, ali posebno lumpenproleterski kontrarevolucionari napadali su sve one koji su kritizirali ekstremne nacionalističke politike. Kao rezultat toga većina društva postaje radikalno antikomunističko i to je posebno vidljivo danas u mladoj populaciji. U sadašnjem hrvatskom društvu postoji oko 20% ljudi koji su ekstremne nacionalističke i antikomunističke orijentacije, to je dio stanovništva koji živi ili misli da živi bolje nego u socijalizmu. Ovaj dio društva koji se sastoji od veterana građanskog rata, novih bogataša, dio javnih službenika, dio umirovljenika, neki "povlašteni" privatni zaposlenici i sl. tjera cijelu zemlju da ostane u nekim granicama javne debate, i potiskuje sve revolucionarne glasove. U tom stalnom kontrarevolucionarnom stanju vladajuća ideologija je pridobila gotovo sve intelektualce i gotovo sve borce iz 2. svjetskog rata, koji su bili temelj revolucije i socijalističkog razvoja naše zemlje.Najvažnije od svega je činjenica da je radnička klasa duboko reakcionarna i bez minimalne volje za obavljanje klasne borbe, čak i kada je očito da kapitalizam uništava njihove živote. U početku kontrarevolucije zakoni o socijalističkom radu uništeni su uz gotovo plebiscitarno odobrenje od strane radnika koji su mislili da će u kapitalizmu dobiti plaće jednake onima u Zapadnoj Njemačkoj. Sve u svemu, možemo reći da velika većina hrvatskoga društva ima duboko konzervativan seljački mentalitet u kome su privatno vlasništvo, religija i nacionalnost nedodirljive dogme. Iz tih razloga smatramo da je opstanak naše stranke na političkoj sceni u posljednjih 15 godina i njeno sudjelovanje na svim izborima od 2000. godine kada su sve ostale ljevičarske stranke nestale veliki je uspjeh po sebi usprkos tome što nismo zadovoljni s ovom situacijom i ne odustajemo od revolucionarne borbe.

O idejnoj borbi protiv antikomunističkih klišea
Kapitalistička ideologija uspjela je ispuniti neka vrlo važna obećanja što je napravila na početku kontrarevolucije u Hrvatskoj: ona je obnovila apsolutnu nedodirljivost privatne imovine, ona je vratila Katoličkoj crkvi političku i ekonomsku moć koju je imala u davnoj prošlosti,  uspjela je dati tzv "Nezavisnost" Hrvatskoj, donijela srpsku manjinu do političke, ekonomske, demografske i kulturne nemoći, uvela je Hrvatsku u civilizaciju "Zapada" i "Europe" odvojivši je od "azijskih Srba" i "azijske komunističke ideologije", ona je otvorila granice za sve vrste uvoza tako da nema više nestašica bilo kojih vrsta roba, otvorila je vrata i za ekstremne fašističke iseljenike, vezala je valutu za njemačku marku, a nakon toga za euru tako da više nema vidljive inflacije itd. 
Nije lako odgovoriti na ovu vrstu "dostignuća", čak i ako su postignuta po cijeni razornog građanskog rata, osiromašenja 80 posto građana
, neto demografskog gubitka od cca. pola milijuna građana i daljnjeg pada broja stanovnika, približno 30% nezaposlenosti, omjer gotovo 1:1 između radnika i umirovljenika, gotovo potpuni gubitak industrijske baze, inozemnim dugom 20 puta većim nego u socijalizmu, uvozom stabilno dvostrukim od izvoza, gotovo kompletne prodaje najvažnijih poduzeća (više od 90% banaka je u rukama stranih vlasnika), odustajući od životnoga standarda koji je bio u 1990 veći nego u Irskoj, Portugalu i Grčkoj, i približno isti kao u Španjolskoj ili na jugu Italije, od razine zaštite zakona o radu koji danas izgleda kao znanstvena fantastika s gotovo osiguranim poslom za cijeli radni vijek, besplatnim stanovima, besplatnim obrazovanjem na svim razinama, besplatne zdravstvene zaštite, besplatnih godišnjih odmora u radničkim i omladinskim odmaralištima, i općenito odustajanja od privrede srednje razvijene industrijske zemlje u zamjenu za privredu nerazvijene zemlje trećeg svijeta i stvaranja bezakonja nečuvenoga u prošlosti.
Na sve te nepobitne činjenice kapitalistička ideologija odgovara da je povratak u socijalizam nezamislivo ludilo jer: a) revolucija / socijalizam / komunizam su nasilne pojave i takvi su režimi diktatorski i tlače slobodu pojedinca, oni su "totalitarni" i ne dopuštaju bilo koji oblik prosvjeda / neslaganja. b) da socijalizam "krade" pojedincu njegovu privatnu imovinu što je najgori zamislivi zločin. c) socijalizam uništava vjeru i zabranjuje ljudima religiju. d) da je socijalizam neučinkovit ekonomski model i da pogoduje neefikasnosti. e) da u socijalizmu postoje nestašice roba. f) u socijalizmu je visoka inflacija. g) u socijalizmu vladaju manjine. h) u socijalizmu nema slobode putovanja. i) socijalistički režimi su duboko konzervativni. l) svatko tko misli da se socijalizam može sprovesti u budućnosti nazadan je jer "živi u 20. stoljeću", dok u 21. stoljeću svi vole liberalizam i višestranački politički sistem. m) socijalizam je militaristički i državocentričan. n) da su bogati su neophodni za napredak gospodarstva.
Kao marksisti moramo biti kritični prema drugima i samokritični prema sebi. U svim ovim tezama postoji nešto istine, ali, mi imamo metode razmišljanja koje često zaboravljamo, a to su historijski i dijalektički materijalizam. Korištenjem ovih metoda je lako pobiti neke od ovih teza i za druge dokazali da su to isto tako problemi visoko razvijenih kapitalističkih zemalja i društava. 
Za prebroditi te teze nova međunarodna politička platforma mora biti napisana radi pobijanja ovih klišeja. N
aglašavati kolektivno oslobođenje, ali i individualnu slobodu i u tom kontekstu dati revolucionarne odgovore na pitanja koja sada postavljaju znanost i društvo: eutanazija, medicinski potpomognuta oplodnja, ozakonjenje opojnih droga, intelektualno vlasništvo, netradicionalne seksualne zajednice, sloboda informiranja i komuniciranja , privatnost, itd., ali i dati odgovore na nedostatak energenata, ekološke probleme, ograničenja znanstvenog istraživanja i eksperimentiranja, demografskim neravnomjernostima, sporog nestanka fizičkoga rada i eksponencijalnog porasta nezaposlenosti.
Za sva ova pitanja revolucionarne partije nisu dale do sada jasan i nedvosmislen odgovor, a važno je snažno reafirmirati marksističke studije među članovima naših partija, ali i društva kako bi ljudi postali svjesni suvremenih problema i da pokušaju dati odgovore na njih. Na taj način moći ćemo stajati na kraj sve agresivnijem nametanju lažnih ljevičarskih pokreta koji privlače svakodnevno sve više mladih ljudi, ali i dati jači odgovor na probleme radnika i ostatka naše tradicionalne baze podrške.

O korištenju socijalističke prošlosti radi propagande
Moram reći da ono što najviše cijenim u mom narodu i mojoj zemlji je Narodno oslobodilačka borba, revolucija i socijalistički razvoj. Veliki dio kulturnih dobara poput spomenika, muzeja, kulturnih ustanova, knjižnica, itd. danas uništenih ili u zapuštenom stanju pošto je kontrarevolucija bila vrlo pedantna u uništavanju sjećanja na
revolucionarnu prošlost moje zemlje. Iz ove pozicije moramo obnoviti svijest mladih o tome što se doista dogodilo u toj prošlosti distribuirajući propagandne materijale, stvaranjem studijskih grupa, prodajom knjiga, filmova, itd. Grupnim posjetama povijesnim mjestima, izdavanjem materijala s povijesnim temama i sl. Sve to uvijek imajući na umu da to može biti potpuno novo za mnoge ljude ili da mnogi imaju u svojim glavama negativnu propagandu kapitalističke ideologije.


O razmjeni iskustva o organiziranju
U ovim posljednjim godinama Mladi Socijalisti imali su puno naglašeniju međunarodnu suradnju nego prije. To je razlog zbog čega smo uvijek otvoreni za sve kontakte i sastanke. Postoje dva ključna problema s kojima se sada suočavaju naše stranke to su nedostatak financijskih sredstava i nedostatak dovoljno kadrova. Čini nam se da moramo početi od baze sa izgradnjom nove generacije revolucionarnih kadrova, ali to nije lako pošto vladajuća ideologija plaši i pasivizira potencijalne nove članove.
Ova dva problema stalno usporavaju naše akcije i čine nas ranjivima. Shvatili smo da su internet i socijalne mreže su vrlo dobri instrumenti propagande, čak i ako je reakcija javnosti spora.
U svakom slučaju mi ​​smo spremni raditi sa svima za rješavanje problema te da bi, ako netko to traži od nas u pomogli koliko možemo.

Hvala Vam.



U ime Mladih Socijalista Socijalističke radničke partije Hrvatske
Koordinator


Davor Rakić


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(Buon 8 Marzo! dal SRP - Partito Socialista dei Lavoratori, Croazia)

http://www.srp.hr/?p=980

Sretan 8. Mart!

U Hrvatskoj se 90tih krenulo putem kolektivnog zaborava i uživaljavanja u matricu nacionalnog i nacionalističkog sistema, te je žena skoro svedena isključivo na ulogu majke/stub hrvatske obitelji. Takvi svjetonazori ni danas nisu zanemarivi; žene su u pravilu nekoliko postotaka manje plaćene od muškaraca za isto radno mjesto sa istim stupnjem obrazovanja, na ženama u Hrvatskoj se eksperimentira u okviru zakona o MPO kojim se političke elite poigravaju i kalkuliraju, vjerske organizacije otvoreno pokušavaju penetrirati u obrazovni sistem, itd.

 

Danas se slobodnije prisjećamo Međunarodnog dana žena, sada se po tom pitanju rijetko prišiva etiketa koja ga posve krivo tumači; s obzirom je riječ o datumu kojeg su UN proglasile međunarodnim praznikom, pod jakim utjecajem feminističkih pokreta iz 70tih godina prošlog (20.)stoljeća. Osmi ožujka /marta simbolizira emancipaciju žena s početka XX stoljeća; u vremenu industrijske ekspanzije i proizvodnje u vrlo teškim uvjetima rada, kada je iscprljenost ili čak ugrožen život bio svakodnevnica. Tako se prisjećamo i požara u tekstilnoj tvornici u New Yorku, kada je poginulo 140 radnica, kao što se sjećamo i prvog obilježavanja Dana žena koji je organizirala Socijalistička partija Amerike 1909. godine, što je dvije godine kasnije potvrdila i Socijalistička Internacionala, na prijedlog Klare Zetkin.

 

Dvadeseto stoljeće je ženi omogućilo obrazovanje, pravo glasa, ohrabrilo smjelost da nosi hlače, moderan kupaći kostim i ostale modne detalje po svom izboru, gradi karijeru i sudjeluje u javnom životu, od showbusiness do politike ili obavljanja vojne službe. No, u nekim djelovima svijeta žene se sakati, brutalno kažnjava ili čak ubija za prijestupe koji su u drugom dijelu svijeta prihvatljiv način života. Svijet ne funkcionira po jednakim pravilima, iako su ljudi svugdje jednako sretni ili nesretni, karakterno dobri ili pokvareni,razlika je jedino u tome koliko ih sistemi uspjevaju držati pokornima; bilo preko radne ovisnosti ili silom.

 

Potpuna jednakost ljudi u smislu rodne, vjerske, rasne, nacionalne pripadnosti ili temeljem spolne orijentacije nije ni naša stvarnost, iako tzv zapadna civilizacija baštini mnoge demokratske odredbe i vrednote. Istinska je nejednakost uzidana u temelje te iste Zapadne civilizacije, koja iako bogatija od nerazvijenog i gladnog svijeta, bilježi veliko raslojavanje, osiromašenje i čak elemente postupnog raspada. U našem neposrednom okruženju su žene koje rade za “minimalac” u velikim trgovačkim lancima, opis radnog mjesta zahtjeva ljubaznost i koncentraciju – trgovina je ipak još jedina preostala cvjetajuća grana u ovoj zemlji; zatim prosvjetne radnice koje se srame javno izgovoriti koliki im je iznos mirovine kada je strpljivo zarade, službenice/činovnice, liječnice, novinarke itd Te veliki broj nezaposlenih žena koje miomilazi ovaj segment potplaćenost ili općenitog nezadovoljstva uvjetima rada.

 

Ako smo svojevremeno zaboravili i ovaj Međunarodni dan žena, dobivši nove vjerske praznike ili one koje nameće politička elita, možda smo -kao društvo- zaboravili i da je pravedniji život moguć i da ga možemo ostvariti ako o njemu razmišljamo, razgovaramo i na njega se pripremamo kroz politički rad.

 

Dan žena je nekome prilika da supruzi, djevojci, sestri, majci, kolegici..pokloni cvijet, a drugome možda podsjetnik i na društvo u kojem moramo biti jednaki pred zakonom – ljudska bića koja se nadopunjuju i obogaćuju zajednicu u svojoj različitosti.


SOCIJALISTIČKA RADNIČKA PARTIJA HRVATSKE za ekonomsku, socijalnu i političku demokraciju

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Vijest koju Slobodna Dalmacija nije htjela objaviti : 


Socijalistička radnička partija Hrvatske
Gradska organizacija Split
Zvonimirova 35 Split

 
Predmet: Izjava za javnost povodom 8. marta, Međunarodnog dana žena

 
Bunom tekstilnih radnica, u New Yorku 8. marta 1857. godine, žene pokreću nezaustavljivu borbu za svoja prava i društveni položaj, a od kada je Socijalistička partija Amerike prva obilježila Dan žena, on sve više dobiva planetarni značaj. Kako od početka ovaj datum predstavlja i klasnu borbu, da bi otupio njegov značaj, razvijeni kapitalistički Zapad mu je, svodeći ženu na majku i ljubavnicu, suprotstavio dva konzumeristička dana - Majčin dan i Valentinovo. 

Danas možemo reći da borba žena nije bila uzaludna i da se mnogo toga promijenilo, posebno na formalnoj, zakonodavnoj razini. Šta se naše zemlje tiče, formalna ravnopravnost je uglavnom zadovoljena, ali dnevna praksa, posebno na nižim društvenim razinama govori o mnogim problemima. Dok u visokoj politici ima 20-25% žena, na lokalnoj razini je to 5-6%; čest je slučaj da je za isti posao žena manje plaćena; među nezaposlenima prednjaće žene, kao i u radu na crno; žrtve nasilja većinom su žene... Danas se težište borbe sa zakonodavnog plana mora seliti u sferu primjene zakona, organizacije društva, edukacije i u porodicu. I koliko god da je žena de facto jači spol, učinimo sve da  ne mora i dalje nositi tri kantuna kuće!

Socijalistička radnička partija svim ženama čestita 8. mart, Međunarodni dan žena!
 

                                                                                Presjedništvo Gradske organizacije Split

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Roma, sabato 10 marzo 2012
ore 15.30, Museo della via Ostiense a Porta San Paolo

Presentazione della Mostra
Criminali di guerra italiani nei Balcani. Fatti personaggi documenti

Interverranno:
Francesco Polcaro (Presidente ANPI di Roma)
Antonino Intelisano (Procuratore Militare di Roma)
Davide Conti (curatore della mostra - https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#conti2011 )

scarica la locandina in formato PDF: 
http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/03/roma100312.pdf


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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 29-02-12 - n. 398

 

Senato della Repubblica

 

Sandro Pertini commemora Giuseppe Stalin

 

06/03/1953

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi il dolore e l'angoscia che sono in noi impediscono ogni frase retorica ed ogni accento polemico. Dinanzi a questa morte non si può rimanere che stupiti e costernati.

 

Stupiti, per la grandezza che questa figura assume nella morte. La morte la pone nella sua giusta luce; sicché uomini di ogni credo politico, amici ed avversari, debbono oggi riconoscere l'immensa statura di Giuseppe Stalin.

 

Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto. Siamo costernati dinanzi a questa morte per il vuoto che Giuseppe Stalin lascia nel suo popolo e nella umanità intera. Signori, se abbandonate per un istante le vostre ostilità politiche, come le abbandono io in questo momento, dovete riconoscere con me che la vita di quest'uomo coincide per trent'anni con il corso dell'umanità stessa. Quattro tappe, soprattutto, della esistenza di Stalin rappresentano quattro pietre miliari della storia universale.

 

Ottobre 1917: questa data costituisce una svolta decisiva per la storia del mondo, come la costituì il 14 luglio 1789. Il 14 luglio 1789 si affermò e trionfò il Terzo Stato che dette una sua politica, economica e sociale, a tutto il secolo xix. L'ottobre 1917, segna l'affermazione vittoriosa del Quarto Stato, il quale soprattutto da quel giorno diviene da oggetto soggetto di storia. Per opera di quella vittoria l'utopia d'uri tempo diventa realtà e quella che era una speranza a sospingere le masse diseredate ed oppresse verso la mèta suprema diviene una certezza.

 

Altra tappa della vita di Giuseppe Stalin è, a mio avviso, l'edificazione socialista nella sua terra. Allora erano molti i pessimisti, gli scettici che dicevano che non sarebbe stato possibile edificare il socialismo in un paese solo. Invece questo Uomo, ereditando il pensiero e lo insegnamento di Lenin, riuscì a trasformare il suo popolo; riuscì a dargli anche una economia industriale, che sembrava un tempo un sogno ed una pazzia, sfruttando le immense ricchezze che il suolo della sua terra racchiudeva. Portò, così, il lavoratore sovietico, liberato da ogni catena, ad un alto livèllo di vita e di dignità umana. E, badate, signori, è stato questo sforzo gigantesco a costruire ed a consolidare quella cittadella, contro cui più tardi s'infrangerà la valanga nazista.

 

Ed ecco la terza tappa che rappresenta un'altra pietra miliare per l'unità e su cui deve essere scritta la parola « Stalingrado». Signori, voi tutti ricorderete le ore angosciose che abbiamo vissuto quando la valanga nazista si rovesciò sull'Unione Sovietica. Le armate naziste già scorgevano le torri del Cremlino e le vette del Caucaso. Ebbene, noi sentivamo che se, per dannata ipotesi, fosse crollata l'Unione Sovietica, con l'Unione Sovietica - non dimenticatelo voi che mi ascoltate - sarebbero crollate tutte le speranze di un trionfo della libertà sulla dittatura nazifascista. In quel momento sentivamo che uomini di tutti i credi politici trattenevano il respiro consapevoli che la loro sorte era legata alla sorte di Stalingrado. E Stalingrado diventò la Valmy della Rivoluzione d'Ottobre e al mondo attonito offrì il miracolo di una strepitosa vittoria, sotto la guida di Stalin. Allora comprendemmo che da Stalingrado aveva inizio la vittoria delle armi democratiche contro le armi della barbarie !

 

Vi è poi l'ultima tappa, signori; altra pietra miliare sul cammino dell'umanità. Se a me, umile e piccolo uomo di fronte a tanta grandezza, fosse concesso di scoprire su questa pietra dei nomi, tre ne scriverei : «Pace Roosevelt Stalin». Perchè, signori, oggi noi dobbiamo tutti riconoscere che lo sforzo che ha fatto questo uomo in questi ultimi anni è stato quello di gettare le fondamenta di una pace sicura e duratura. Ecco perchè egli si intese subito con un altro uomo che aveva indicato al suo ed agli altri popoli la strada da seguire dopo la guerra, se si voleva veramente avviare il mondo verso la pace e non verso un conflitto mondiale : Roosevelt. Non è vero che Roosevelt sia stato ingannato! Egli ha ascoltato semplicemente la sua coscienza, il suo grande spirito ; e ecco perchè si intese subito con Giuseppe Stalin.

 

E Giuseppe Stalin continuò su questa strada che era la strada della pace.

 

Per quale ragione, o signori, egli ebbe tanto a cuore questo bene prezioso? Vedete, chi come noi è stato nell'Unione Sovietica ha avuto la esatta impressione che i dirigenti della politica dell'Unione Sovietica sentono di doversi preoccupare non soltanto delle sorti del popolo lavoratore sovietico, ma anche delle sorti dei lavoratori di tutta la terra. Ecco perchè, o signori, noi respingiamo sdegnosi e sdegnati l'insinuazione fatta da un'alta autorità politica italiana ed apparsa stamani sui giornali e che cioè Giuseppe Stalin «non abbia avuto comprensione per il popolo lavoratore italiano». Le sorti del popolo lavoratore italiano stavano a cuore a Giuseppe Stalin come gli stavano a cuore le sorti del popolo suo e quelle di tutti i popoli della terra.

 

Egli si è sempre battuto per la pace, consapevole che coloro che pagano il più alto tributo di sangue e di sofferenze, nella guerra, sono i suoi contadini e gli operai. E da buon socialista egli sapeva che non si doveva volere la guerra per distruggere quanto la società attuale ha costruito, bensì si deve tendere a trasformare la vecchia società per edificarne una nuova. Questa è stata la sua volontà ferma ; per questo egli negli ultimi anni si è battuto. Ha sempre respinto ogni provocazione, ha sempre rinunciato ad atti di forza pur di difendere questo bene che appartiene non solo al suo popolo, ma a tutta l'umanità.

 

L'ultimo suo atto come statista fu precisamente un nuovo appello per la pace. Egli ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L'ultima sua parola è stata di pace. Ebbene, in questa ora per noi così triste, ci auguriamo che questo invito alla pace, che rispecchia la volontà di tutti i lavoratori della terra, non cada nel vuoto, ma venga raccolto da tutti coloro che hanno nelle mani le sorti dei popoli.


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Andrea Martocchia (*)

Il prolungato “Ottantanove” della Jugoslavia

saggio allegato agli Atti del Convegno "Target" (**)


INDICE:
1 – Tra terremoto ideologico e terremoto geopolitico 
2 – L'idea nazionale jugoslava 
3 – Economia socialista di mercato 
4 - Interpretazioni
5 – L' “insostenibilità geopolitica” della Jugoslavia 
6 – Un prolungato golpe liberista 
7 - Conclusioni 
Scheda: Cronologia jugoslava, 1989-1991 (con Jean Toschi Marazzani Visconti)


SCARICA IN FORMATO PDF: 
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/ATTI/dvd_target/docs/martocchia_opuscolo.pdf

(*) segretario, Coord. Naz. Per la Jugoslavia - onlus 
(**) Meeting internazionale nel X Anniversario dei bombardamenti della NATO sulla Repubblica Federale di Jugoslavia - Vicenza 21-22/3/2009. Gli Atti sono online: https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/ATTI/atti.html


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(srpskohrvatski / italiano)


FIAT 500L... e gli attacchi ai lavoratori in Serbia si intensificano


1) Presentata a Ginevra la nuova 500 "Large"
da produrre a Kragujevac nella fabbrica Zastava *requisita a costo zero con tutti gli operai dentro* dalla FIAT nel 2010
2) Devastante de-industrializzazione in Serbia: Valjevo, Smederevo, Trstenik, Kragujevac
informazioni raccolte da Gilberto Vlaic al telefono con Rajko Blagojević della JSO-Zastava il 22/2/2012 e comunicato JSO del 24/2/2012
3) Lavoratori di Kragujevac deprivati dell'assicurazione sanitaria
solo a seguito di recentissimi scioperi hanno diritto al libretto sanitario... fino a giugno 2012. La solidarietà delle associazioni italiane operanti a Kragujevac


ALTRI LINK SEGNALATI:

DVOLIČNOSTI FIAT-A U SRBIJI I SINDIKATI
http://noviplamen.net/2012/02/08/dvolicnosti-fiat-a-u-srbiji-i-sindikati/
(testo originale:  Le ambiguità della Fiat in Serbia - di Enzo Mangini, 26/01/2012
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Le-ambiguita-della-Fiat-in-Serbia-12392 )

AGLI SMEMORATI RACCOMANDIAMO DI RILEGGERE:
FIAT Serbia. Un caso classico di imperialismo
di Andrea Catone (su L'ERNESTO 3/2010)
https://www.cnj.it/AMICIZIA/sindacale.htm#catone2010


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Presentata a Ginevra la nuova 500 "Large"

RASSEGNA STAMPA 
sull'annuncio del nuovo modello FIAT 500L, presentato in anteprima mondiale al Motor Show internazionale di Ginevra il 6 marzo 2012, che andrebbe in produzione a Kragujevac:

http://ujedinjeniregionisrbije.rs/2012/01/fijat-sumadinac-bice-fijat-500-l/
http://www.blic.rs/Auto/Noviteti/304987/Srpski-fijat-500L-Prve-zvanicne-fotografije
http://motori.corriere.it/motori/saloni/12_febbraio_02/nuova-fiat-500-l_2640c9b6-4d7f-11e1-bd39-8bec83f04289.shtml
http://www.repubblica.it/motori/attualita/2012/02/02/news/e_la_fiat_500_diventa_large_al_debutto_l_attesa_l-29196145/?ref=HRLV-5

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http://voiceofserbia.org/it/content/tadic-presentati-la-fiat-e-la-serbia

Tadic: Presentati la FIAT e la Serbia

06. 03. 2012. - 19:30 -- MRS

Alla 82esima Fiera internazionale dell’automobile a Ginevra oggi è stato presentato ufficialmente il nuovo modello della FIAT 500L che sarà prodotto negli stabilimenti della FIAT a Kragujevac in Serbia. Il Presidente serbo ha sottolineato a Ginevra che in questo modo è stata promossa anche l’economia serba. Questo modello sarà venduto in Europa e gli Stati Uniti. I cittadini serbi potranno avere la fiducia nel loro stato. La produzione del modello 500L aumenterà il Prodotto Interno Lordo della Serbia e la sua esportazione di un miliardo e mezzo di euro, ha detto Tadic. Egli ha precisato che durante il suo colloquio con il presidente della FIAT Sergio Marchionne è stato constatato che gli operai della fabbrica a Kragujevac dovranno lottaare per i posti di lavoro con la qualità del lavoro. Marchionne ha detto a Tadic che con la produzione a Kragujevac la FIAT desidera diventare più concorrente al mercato mondiale. Alla cerimonia della presentazione del modello 500L hanno presenziato anche il Ministro dell’Economia della Serbia Nebojsa Ciric, il sindaco di Kragujevac Verko Stefanovic e l’ambasciatore serbo in Svizzera Milan St. Protic. La compagnia FIAT-Chrysler ha comunicato che il prezzo del modello 500L si aggirerà intorno a 16.000 euro e che esso sarà prodotto in due versioni che consumeranno benzina e una che avrà il motore

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http://www.glassrbije.org/članak/tadić-u-ženevi-novi-početak-za-fiat-i-za-srbiju

Tadić u Ženevi: Novi početak za "FIAT" i za Srbiju

Uto, 06/03/2012 - 19:32 -- MRS

Projekat proizvodnje novog "FIAT"-ovog automobila "500-L" u fabrici u Kragujevcu predstavlja novi početak i za tu italijansku kompaniju i za Srbiju - izjavio je predsednik Republike Boris Tadić posle sastanka sa direktorom "FIAT-Krajsler" korporacije Serđom Markioneom, na Salonu automobila u Ženevi. Imamo odličnu saradnju kroz decenije, a sada se vraćamo proverenom partneru - istakao je Tadić. On je naglasio da će kompanija "FIAT-Srbija" i u budućnosti biti pouzdan privredni subjekat. Predsednik Tadić je dodao da sa Markioneom intenzivno razgovara o modalitetima dalje ekonomske saradnje, i to ne samo u autoindustriji.


=== 2 ===

Devastante de-industrializzazione in Serbia

Da Gilberto Vlaic della onlus Non Bombe Ma Solo Caramelle riceviamo e diffondiamo:

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Al telefono con Rajko il 22 febbraio 2012


Ho parlato a lungo con Rajko ieri per discutere problemi connessi alla campagna affidi e nuovi progetti in una scuola primaria.

Mi ha fornito informazioni importanti sulla situazione economica generale e dalla Zastava in particolare, pregandomi di inviarle a tutti. Eccovi un riassunto.


Ci si aspetta un grosso calo (dell’ordine di 40-50 mila addetti) dell’occupazione industriale e dell’indotto in Serbia durante il 2012.

I punti di crisi più grandi sono dati da:


  1. fabbrica metalmeccanica Krusik (produce armi) di Valjevo; ha circa 3500 dipendenti diretti e versa in profonda crisi; il suo ruolo nell’economia della città di Valjevo, che ha circa 60.000 abitanti, è paragonabile a quello della Zastava a Kragujevac.

Ricordo che a Valjevo è stata delocalizzata la produzione di calze della Golden Lady che ha chiuso i propri stabilimenti in Emilia.

A questo riguardo Riccardo Iacona ha appena prodotto una puntata del suo programma Presa Diretta che è andato in onda su Rai 3 domenica scorsa 19 febbraio 2012; se non la avete vista potete usare questo indirizzo:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-681d9560-8816-4fda-bd7f-553fcdbe4a5d.html#p=0

Ve ne consiglio vivamente la visione dal minuto 57 e 40 per circa mezz’ora; molto interessanti le interviste al Ministro dell’economia Nebojsa Ciric e a un giornalista serbo dal minuto 1:21:40 fino al minuto 1:25:50.


  1. acciaieria di Smederevo, della quale avevo parlato nella relazione sulla situazione economica della Serbia che avevo spedito a tutti il 29 gennaio scorso. La US Steel che aveva comprato lo stabilimento nel 2003 ha appena abbandonato la Serbia; i lavoratori diretti che perderanno il posto sono circa 5.500, mentre le ripercussioni sull’indotto interesseranno almeno 10.000 lavoratori.


Per quanto riguarda Kragujevac, c’è un grave problema nel gruppo Zastava, dove per più di 2000 lavoratori (circa 6000 persone con i loro familiari) non vengono più pagati i contributi sanitari, per cui non hanno più alcun diritto (già ce ne erano pochi...) sul fronte della salute; è il sindacato che cerca di sostenere le spese per i medicinali dei lavoratori. 

I lavoratori di Zastava Armi hanno occupato il 21 gli uffici del servizio di assicurazione sanitaria e ci resteranno fino a che il problema non sarà risolto.

Il Sindacato ha mandato al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei Ministri il comunicato che vi allego, sia in serbo che tradotto in Italiano [si veda al punto 3].


Un cordiale saluto a tutte/i

Gilberto Vlaic

Trieste, 23 febbraio 2012


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JEDINSTVENA SINDIKALNA ORGANIZACIJA ZASTAVA
Adresa : Kosovska 4, 34000 Kragujevac
Telefon/Faks : 034/335 367 & 335 762
Elektronska posta : jsozastava @ open.telekom.rs

data: 24/2/2012

La situazione in Serbia è estremamente drammatica. La crisi economica mondiale ha contribuito al peggioramento della situazione economica e sociale. Si prevedono 50.000 licenziamenti nell’anno corrente e secondo alcune analisi se ne prevedono perfino 100.000. La situazione nell’istruzione rappresenterà un problema particolare perchè secondo i dati dell’Unesco la Serbia è tra i paesi europei che investono meno per l’istruzione.
Ufficialmente, due terzi delle scuole non sono in funzione, 40 % delle scuole non hanno acqua. Per i salari dei dipendenti viene speso il 95 % dal budget destinato per l’istruzione mentre dal resto per ogni allievo delle elementari e medie giornalmente vengono impiegati 13 dinari (0,1 euro).

Per quanto riguarda la situazione economica, sono colpite di più le città dove nel passato c’erano le aziende grandi – giganti che erano portatrici dello sviluppo delle città intere. Ecco alcuni esempi :

Kragujevac : All’ epoca nella Zastava di Kragujevac c’erano 36 000 lavoratori e con l’indotto in Serbia e tutta l’ex Jugoslavia il numero arrivava fino ai 200.000 lavoratori.
Dell’ex Zastava oggi sono rimaste 20 imprese con 7000 lavoratori mentre l’ex Zastava Automobili che prima dei bombardamenti aveva 13.500 lavoratori oggi esiste come FIAT AUTO Serbia con 1150 addetti.

Valjevo : Questa città con circa 95.000 abitanti dipendeva dall’azienda ˝Krusik˝ dove lavoravano circa 11.000 lavoratori. Producevano batterie, componenti in plastica, in metallo (fucinati) ed anche il programma per l’industria militare. Prima della privatizzazione questo complesso era composto da 12 fabbriche di cui parecchie privatizzate, la maggiorparte senza successo. Il numero totale degli impiegati in queste 12 fabbriche è ora di 2100 lavoratori. A Valjevo c’è una fabbrica di calze, ˝VALI˝, il proprietario italiano ha assunto circa 1800 lavoratori con salario medio di 25.000 dinari (pari ai 220 euro). Ha inziato la produzione 6 anni fa. Facciamo presente che in questa fabbrica non esiste il Sindacato.

Trstenik : In questa città con 30000 abitanti c’era all’epoca un gigante ˝PRVA PETOLETKA˝ con reparti anche fuori città con oltre 14 000 lavoratori. Molti lavoratori dai paesi nei dintorni viaggiavano a Trstenik a lavorare. Questa fabbrica, oltre il programma per l’industria militare, più precisamente le componenti per gli aerei, produceva anche componenti idrauliche e freni, servosterzi come pure il materiale idraulico completo. Oggi a ˝PRVA PETOLETKA˝ lavorano 3.500 lavoratori.

Smederevo : Nella città, con 95.000 abitanti, c’era la grande acciaieria ˝SARTID˝ (produzione acciai e lamiere) che dopo la privatizzazione e vendita alla compagnia americana ha cambiato nome in ˝U.S. STEEL˝. Si riteneva che questa era stata una delle migliori privatizzazioni in Serbia. Verso fine dell’anno passato dopo che era pubblicata la notizia sulla perdita giornaliera di circa mezzo milione di euro, gli americani hanno semplicemente abbandonato l’acciaieria. Ora è a carico del governo serbo con circa 5000 lavoratori ai quali nel periodo prossimo saranno dati i salari dal bilancio della Repubblica della Serbia, tutto con preoccupazione di una catastrofe sociale che potrebbe colpire questa città.


Segretario
Rajko Blagojevic


=== 3 ===

Lavoratori di Kragujevac deprivati dell'assicurazione sanitaria

[Originalni tekst / la versione originale del testo seguente è scaricabile da qui:
https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/SamostalniKrag220212.pdf ]

Ci rivolgiamo a voi a nome delle nostre aziende e dei nostri 2165 lavoratori, di cui 250 invalidi, e 4500 membri delle loro famiglie a causa dell’irrisolto problema dell’assicurazione sanitaria di quest’anno.

Le nostre fabbriche sono in ristrutturazione già da molto tempo e il lavoro si svolge in condizioni eccezionalmente difficili (per esempio senza riscaldamento e adeguate protezioni individuali); noi abbiamo sempre rispettato gli impegni lavorativi e tutti gli accordi presi con ministeri competenti e abbiamo cosi’ contribuito alla stabilità sia delle nostre fabbriche che più in generale del Paese.

Nonostante i frequenti contatti con i rappresentanti della Repubblica e con i ministeri di competenza la soluzione del problema dell’assicurazione sanitaria è solo all’inizio.

Chiediamo che sia risolto al più tardi entro il 27 di febbraio prossimo.

In caso contrario saremo costretti a radicalizzare la lotta sindacale che comprende il blocco degli istituti della città e dei punti nevralgici del traffico e infine la marcia degli operai a Belgrado.

Aspettiamo che entro la fine di questa settimana che ci convochiate per risolvere in maniera collegiale questo problema scottante.

Kragujevac, 22 febbraio 2012.


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A seguito delle mobilitazioni, a inizio marzo i lavoratori della Zastava hanno ottenuto il pagamento dell'assicurazione sanitaria fino a giugno prossimo: si legga l'articolo

RADNICIMA "ZASTAVE" OVERENE ZDRAVSTVENE KNJIŽICE DO JUNA
https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/docu0005.JPG

Si vedano anche le fotografie delle mobilitazioni:
https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/Photo0195.jpg
https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/Photo0197.jpg
https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/Photo0199.jpg
https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/Photo0202.jpg

Nel frattempo, un messaggio unitario di solidarietà era stato inviato dalle associazioni italiane che da anni operano a Kragujevac:

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Procitaj ovu izjavu na srpskohrvatskom: https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/comunicato010312.jpg

Comunicato

  1. Al Presidente della Repubblica di Serbia Tadic, al presidente del Consiglio dei MInistri Cvetkovic e al Ministro dell’Economia Ciric
  2. Ai Sindacati dei lavoratori del gruppo Zastava di Kragujevac

Le nostre associazioni agiscono da piu’ di dieci anni in Serbia, cercando di portare solidarieta’ materiale ai lavoratori e agli ex lavoratori del gruppo Zastava di Kragujevac e alle loro famiglie attraverso la forma degli affidi a distanza dei loro figli e piu’ generalmente sviluppando progetti che vadano incontro a reali bisogni sociali della popolazione nel campo della scuola, della salute e del disagio fisico e mentale, in modo da sostenere gli ultimi, quelli che non hanno voce.

Esprimiamo la nostra piu’ convinta solidarieta’ ai lavoratori del gruppo Zastava che sono in lotta per chiedere che a loro e alle loro loro famiglie venga garantito il diritto primario alla salute, attraverso il pagamento dei contributi sanitari.

Non riusciamo a capire come un Governo, cosi’ generoso nel sostenere gli investimenti esteri nel proprio Paese, attraverso la creazione di zone franche, l’esenzione dalle tasse, altissimi contributi economici per la creazione di posti di lavoro che non si sa quanto dureranno, non sia in grado (o non voglia) garantire ai propri cittadini i diritti fondamentali, tra cui quello alla salute.

Da diverse citta’ d’Italia, 1 marzo 2012

A,B,C Solidarieta’ e Pace, ONLUS di Roma
ALJ Aiutiamo la Jugoslavia ONLUS di Bologna
Associazione Adottanti di Torino
Associazione Mir Sada - Progetto per la Pace di Lecco
Associazione Most za Beograd - Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione SOS Yugoslavia di Torino
Associazione Zastava Brescia per la Solidarieta’ Internazionale ONLUS
Non bombe ma solo caramelle ONLUS di Trieste
Un ponte per... ONLUS di Roma


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(francais / english)

1) Romanian workers fight cuts, prefer socialism
2) Roumanie : manifestations contre les privatisations


=== 1 ===

http://www.workers.org/2012/world/romania_0223/

Romanian workers fight cuts, prefer socialism

By Caleb T. Maupin 
Published Feb 20, 2012 10:26 AM

As imperialism emerged as a system, a few countries began to dominate and exploit the rest of the world. Among the first to be subjugated were the peoples of Eastern Europe. The vast natural resources and human labor to be found there have long been used to enrich capitalists elsewhere, while the people of Eastern Europe have lived in poverty.

The first and second world wars were caused by what V.I. Lenin called “inter-imperialist rivalries.” The ruling classes of Britain, France, Germany, Austria, Italy, Japan and the United States battled each other for the ability to exploit the peoples of the colonies and turn their labor and resources into profits.

In World War II, German imperialism invaded Eastern Europe and the Soviet Union, but Hitler’s armies were finally beaten back after enormous sacrifice and losses by the Soviet people. As the Red Army fought its way west, it liberated much of Eastern Europe from fascist regimes.

Romania embarks on socialist road

One of those countries, Romania, had been under fascist rule since 1940. Almost all Romanian socialists and communists in that period were either murdered, sent to concentration camps or fled to the USSR. In 1944, with Germany in retreat, the bourgeoisie of Romania defected from the Axis, brought back the monarchy and joined the Allies. But Soviet troops were occupying Romania. For two years it became a “people’s democracy,” in which the surviving communists attempted to share power with the anti-fascist capitalists and social-democrats. The monarchy remained, though stripped of its power.

However, this alliance was short-lived and unstable. By 1947, King Michael, a puppet of Western capitalists, was forced to flee. The banks, natural resources, factories, land and all other commanding heights of the economy were confiscated. The Romanian Workers Party, later renamed the Communist Party, abolished capitalism and began the struggle to construct socialism.

Even U.S. government sources have to admit that the Communist-led government immediately addressed the needs of the people. “Romania: A Country Study,” published by the Federal Research Division of the Library of Congress, confirms the many advances made during this period.

Between 1950 and 1971, the number of hospital beds per 1,000 people more than doubled in Romania. The number of doctors per 1,000 people increased by 25 percent. The infant mortality rate was reduced by more than 75 percent from 1950 to 1984.

In 1945, only 27 percent of the people were able to read and write. However, by 1966, “illiteracy was eradicated,” according to the Country Study.

By 1970, the number of teachers had tripled and the number of university professors in Romania had gone from only 2,000 before World War II to 13,000.

None of this was accomplished while foreign imperialists and capitalism dominated the country. Only when planning for human needs replaced capitalism were the Romanian working people able to advance so rapidly. The working-class government was able to mobilize the people to combat societal ills and create a better life, no longer restricted by the profit system.

However, in 1989 the Romanian working class suffered an extreme attack. After a right-wing coup d’etat and the execution of President Nicolae Ceausescu, a pro-Western capitalist government was created. The mines and factories of Romania were one by one sold off to the foreign imperialists.

There had no doubt been many problems and contradictions within the Romanian workers’ state that contributed to its eventual demise. The Ceausescu government was not consistently anti-imperialist, even entering into agreements with imperialist countries against other workers’ states. The government wound up heavily in debt to Western banks. It then cut the standard of living drastically in order to repay the debt, putting a heavy burden on the people. However, these departures from socialist development were not caused by the system but by the poverty and underdevelopment of Romania in a world dominated by imperialism.

When, after 1989, the capitalist profit system returned to Romania, unemployment, homelessness and attacks on social services returned with it.

The workers fight back

Some 48.7 percent of the youth in Romania today are at risk of poverty — the highest level in the European Union. (EUobserver.com, Feb. 8)

The health care system in Romania has been “on the verge of collapse.” The country’s hospitals are deeply in debt and routinely run out of basic supplies, such as stitches and antibiotics. (BBC News, Aug. 11, 2010)

Many Romanians have fled the country due to economic hardship. The population of Romania has actually decreased by 12 percent since 2002. (Daily Mail, Feb. 4)

As the global economic crisis unfolds, the capitalist government there, a tool of Western corporations, has responded with “austerity.” The wages of public sector workers have been cut by 25 percent. (Wall Street Journal Blog, Jan. 19)

Today, the revolutionary spirit that drove out the fascists and pushed socialist construction is re-emerging.

A law that would further privatize the health care system sparked uprisings throughout the country. Youth fought police in huge numbers and the controversial bill was scrapped.

Prime Minister Emil Boc, who led the push for cuts in social spending, had to resign on Feb. 6. The leadership of the growing revolt is unclear, but the sentiments are not. Austerity is being opposed by mass resistance.

A poll taken by the Center for the Study of Market and Opinion is quite fascinating. (See balkananalysis.com.) Although commissioned by an anti-communist foundation, the poll, taken in 2011, showed that “half the country” agreed that “life was better in Romania before 1989.” In addition, 61 percent said “communism is a good idea.”

An overwhelming 72 percent of respondents felt the state should provide employment — which the workers’ government did during the period of socialist construction, but the current government does not.

At this moment, Romania is once again a neocolony, owned and controlled by Western capitalists. It is saddled with $150 billion in foreign debt and austerity imposed from above. The polls and the massive upsurge and demonstrations show that many Romanian workers are clearly thinking about breaking their chains once again.


Articles copyright 1995-2012 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 

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=== 2 ===

http://www.michelcollon.info/Roumanie-manifestations.html?lang=fr

22 février 2012


Ambiance de crise en Roumanie où la révolte s’empare des habitants furieux. Le peuple de Bucarest et des autres villes s’oppose en effet à la politique inique du gouvernement, mise en œuvre pour satisfaire le diktat du Fonds monétaire international (FMI) et de l’Union européenne, en échange d’un prêt particulièrement onéreux.


La rage a explosé à cause des mesures draconiennes imposées par le FMI et la privatisation du système de santé voulues jusque-là par l’ex premier ministre Boc. Des dizaines de manifestants s’étaient donné rendez-vous à Bucarest le soir du 12 janvier pour crier leur colère. Les premiers affrontements avec la police commencèrent… Le mécontentement ne tarda pas à se transformer en révolte populaire et s’étend désormais aux autres villes du pays. Des milliers de manifestants ont répondu ainsi répondu à l’appel de la rue et ont bravé la police à Bucarest mais aussi Cluj, Iasi, Târgu-Mureş et beaucoup d’autres villes. Ces manifestations ont provoqué en quatre jours 70 blessés et plus de 250 arrestations.

 

Le 15 janvier, une foule impressionnante est descendue dans les rues de Bucarest pour réclamer le départ du Premier ministre, de son gouvernement et du Président, Traian Basescu. Le gouvernement lâcha du lest et annonça, temporairement, le retrait des réformes ayant trait au système de santé. Mais c’est bien la politique générale voulue par le gouvernement, soi-disant pour équilibrer les déficits publics et obtenir une aide du FMI, qui est mise en cause par les manifestants.

 

En 2010 déjà, le gouvernement avait abaissé de 15 % les retraites et diminué de 25 % le salaire des fonctionnaires, affamant ni plus ni moins le peuple dont les pensions de retraite avoisinent en moyenne les 160 euros mensuels quand les salaires ne dépassent pas les 350. Des mesures injustes dans le but d’obtenir du FMI et de l’UE un prêt de 20 milliards d’euros qui devrait permettre à la Roumanie, selon ce même gouvernement, de sortir de la crise et d’intégrer les pays « vertueux  » (selon les paramètres de l’UE), avec un niveau de déficit d’1,9 % par rapport au PIB (produit intérieur brut).

 

Dans les projets du gouvernement figure toujours un vaste programme en vue d’assainir les services de santé, avec, à la clé, une forte diminution d’effectifs dans les hôpitaux publics qui préfigurerait, selon les plus pessimistes (mais aussi les plus réalistes), une privatisation du secteur. Un choix que n’accepte pas le ministre de la santé, Raed Arafat, qui le critiquait lors d’un débat télévisé au cours duquel il a reçu un appel téléphonique en direct du président Basescu qui lui demandait de démissionner. Chose qu’a faite Arafat. « La goutte d’eau qui fait déborder le vase », selon un manifestant de Bucarest opposé aux choix gouvernementaux.

 

Pendant ce temps, le représentant en Roumanie du Fonds monétaire international et ex-ministre des finances, Mihai Tănăsescu, a souligné lors d’une entrevue donnée à une éminente radio privée que les marchés internationaux ne seraient pas influencés par le vaste mouvement de protestation si la Roumanie continue de suivre le pas des réformes mises en place. « Il s’agit certes d’un mécontentement accumulé sur la durée, et il représente une gêne imposée à la population qui a déjà beaucoup payé, mais ces réformées étaient nécessaires à la Roumanie », a commenté Tănăsescu. L’ex ministre a ajouté que les prochains temps seront durs pour la Roumanie, en raison de la dépendance des flux de capitaux provenant de l’étranger, et en particulier de la zone euro. Mais Tănăsescu a la mémoire courte et il devrait se rappeler les mesures draconiennes prises par son pays au cours des trois dernières années et qui ont provoqué ces révoltes populaires. Et il faut aussi souligner que ces mouvements contre le gouvernement et le président Tănăsescu n’ont jamais atteint un niveau aussi élevé depuis l’élection du chef de l’État, en 2004.

 

La crise semble irréversible, et le peuple roumain a raison de s’opposer aux mesures vexatoires d’un gouvernement et d’un président à la merci de grands organismes mondialistes qui sont littéralement en train d’appauvrir et de dépouiller la Roumanie. Emil Boc, membre et président du Parti démocrate-libéral (PDL), a dû démissionner le 6 février 2012 de ses fonctions de Premier ministre. Ce n’est, espérons-le, que le début de la chute des vendus.

 

Source : resistance-politique.fr



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(slovenscina / italiano)

Nuove segnalazioni su 10 Febbraio e dintorni

1) ROMA 3 MARZO: LA VERITA’ STORICA SULLE FOIBE
2) DELIRIO 2012. Rassegna di nuove "ciliegine" su "foibe" e confine orientale
3) RAI manipuliral s fotografijo slovenskih talcev
Reazioni in Slovenia a seguito del delirio revanscista di Bruno Vespa che Alessandra Kersevan ha osato "disturbare"
4) FARE RICERCA ONESTA. STORIA O “FOIBOLOGIA DI STATO”?
Nota a margine del libro "La Foiba dei miracoli" (Pol Vice)
5) Foibe: quale storia insegnare a scuola? (M. Barone)


LINK CONSIGLIATI:

CARTOGRAFIA PER PRINCIPIANTI
Per chi ignora, o vuole ignorare, “la complessa vicenda del confine orientale”, una selezione cartografica, da testi originali, per valutare l’evoluzione del confine orientale italiano tra occupazioni e guerre, con pubblicazioni sia dell’era fascista che relative alla guerra di liberazione nazionale jugoslava...
http://www.diecifebbraio.info/2012/02/cartografia-per-principianti/

DIECI FEBBRAIO MILLENOVECENTOQUARANTASETTE
Materiali di resistenza storica antifascista e internazionalista sulle questioni del confine orientale italiano
http://www.diecifebbraio.info/

LA PAGINA DI CNJ-ONLUS SULLA DISINFORMAZIONE STRATEGICA A PROPOSITO DI "FOIBE" E CONFINE ORIENTALE
https://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm


=== 1 ===

http://www.diecifebbraio.info/2012/03/roma-332012-la-verita-storica-sulle-foibe-contro-il-revisionismo-storico/

Sabato 3 Marzo 2012

alle ore 17.00

Via della Penitenza, 35 Roma

 
ASSOCIAZIONE ABITANTI IN TRASTEVERE

promuove:
 

LA VERITA’ STORICA SULLE FOIBE CONTRO IL REVISIONISMO STORICO  

Interverrà:

Lo Storico  Davide Conti della Fondazione Lelio Basso

che presenterà il suo libro: “L’occupazione italiana dei Balcani”

 

A finire, cena e canti partigiani.



=== 2 ===

DELIRIO 2012. Rassegna di nuove "ciliegine" su "foibe" e confine orientale

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Cerimonia del Quirinale, 10 febbraio 2012: la II G.M. in Istria descritta come sequela di "aggressioni contro italiani inermi da parte di jugoslavi solo perché erano italiani"

<< ... L'intervento del ministro per la Cooperazione internazionale e lo sviluppo, Andrea Riccardi, che ha sottolineato quell’amnesia nata “dalle passioni e dalle lotte della Guerra fredda, ma oggi quel tempo è finito". Ed aggiunge: "Fu una storia terribile tra italiani d'Oriente e slavi d'Occidente in una terra con una complessa stratificazione etnica". Una storia, "ripetutasi fino a ieri nei Balcani", ha continuato. Negli anni della Seconda guerra mondiale si trattò di "aggressioni contro italiani inermi [SIC] da parte di jugoslavi solo perché erano italiani [SIC] e mettevano in discussione il controllo titoista - ha ribadito il ministro - oggi sappiamo del disegno stalinista [SIC] che usava le etnie per affermarsi" [SIC - sicuramente il ministro si riferiva al disegno nazifascista - quello si, "usava le etnie per affermarsi"]. >>
Secondo Raoul Pupo << “Il fascismo si è impegnato a realizzare la bonifica etnica, ma quel che ha ottenuto, è stato di decapitare, impoverire ed umiliare le comunità slovene e croate che nella loro maggioranza sono rimaste salde sul territorio. Il regime di Tito invece ha proclamato la fratellanza italo-slava, ma gli italiani sono stati costretti [SIC] ad andarsene al 90%”. >> Chiosa la commentatrice, legata alla lobby neoirredentista: "Lo stesso metodo ma con risultati ben diversi". E si sbaglia, sia sul metodo (pulizia etnica da una parte, fratellanza dall'altra) sia sui risultati (esiste tuttora una comunità italiana in Istria così come una comunità slovena in Friuli-Venezia Giulia).

Fonte: Giorno del Ricordo: la cerimonia del Quirinale - 10 febbraio 2012
http://www.anvgd.it/notizie/12602-10feb12-giorno-del-ricordo-la-cerimonia-del-quirinale.html

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Miracolosa moltiplicazione degli "infoibati" a Trieste

Da:  Claudia Cernigoi 
Oggetto:  la moltiplicazione degli infoibati tramite la proliferazione delle onorificenze
Data:  11 febbraio 2012 10.29.23 GMT+01.00

Nel corso delle celebrazioni per il Giorno del Ricordo a Trieste sono state conferite 5 onorificenze a discendenti di "infoibati", come previsto dalla legge. Si consideri che di questi 5 nominativi i seguenti erano già stati insigniti.
ANTONINI Antonino, avvocato, già insignito nel 2011 a Trieste. sempre tramite la figlia Antonini Maria Novella-
GHERSA Giulio, militare, già insignito a Trieste nel 2009 e nel 2011, nel 2011 tramite Ghersa Giulio, nel 2012 tramite le figlie Ghersa Onorina e Mirella e la nipote Beatrice.
Non è la prima volta che le onorificenze vengono conferite più volte alla stessa persona. Forse è anche per questo che è così difficile risalire ai nominativi.
 
Claudia Cernigoi

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Sul Piccolo la città di Novigrad viene italianizzata in "Novegradi"

Da:  Giorgio Ellero 
Oggetto: Miracoli dalmati: moltiplicazione di esuli e pesci - (fwd) Re: prosegue il delirio sul 10 febbraio...
Data: 9 febbraio 2012 22.14.00 GMT+01.00

Certe cose si possono leggere soltanto su Il Piccolo alla vigilia del pianto istriano. 
Succede che sulle rive dell'isola dalmata di Pag (ovviamente sulla pagina della provincia perduta Fiume Istria Dalmazia si scrive Pago, cioè pago domàn) causa il maltempo sono spiaggiati una quantità notevole di pesci morti, tipo miracolo dell nozze di Caanan. Vicino Zara, inoltre, hanno ritrovato pure una tartaruga 'caretta caretta', tanto caretta al giornalista estensore e firmatario dell'articolo che qui trova occasione di far bella figura chiamando la località 'Novegradi (Novigrad)' - così testuale sta scritto nall'articolo-, rivelando finalmente la reale origine toponomastica del luogo, ovviamente quindi italianissima terra perduta. Non sto smaltendo una brutta sbornia: potete verificare su Il Piccolo di oggi. Ripeto: l'articolo è correttamente firmato... 

Jure

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Finalmente dei numeri attendibili! (seee magari...)


Video di "destra razionale" (pensate se fossero "irrazionali...")
 
http://www.youtube.com/watch?v=4a9X1ft4wso
 
scrivono:
 
il genocidio italiano in Istria:
350.000 esuli
200.000 infoibati (tutti civili, eh!)
TOTALE 550.000 persone
 
quanti abitanti aveva l'Istria?
 
Secondo il censimento del 1936, in Istria c'era un totale di 296.460 abitanti, a Zara 25.302 e a Fiume ed isole quarnerine 56.249, per un totale di 378.011.
(censimento riservato Perselli, da quanto ho trovato in rete, che comprende in ogni caso anche sloveni e croati, e altre minoranze, non solo gli italofoni).
 
Claudia


=== 3 ===

RAIUNO 13 febbraio 2012: ALESSANDRA KERSEVAN A “PORTA A PORTA” SMONTA LA PROPAGANDA REVANSCISTA

RASSEGNA STAMPA:
http://www.primorski.eu/stories/alpejadran/202925/
http://www.siol.net/novice/slovenija/2012/02/manipulacija_s_fotografijo_streljanja_tudi_na_rai.aspx#disqus_thread
http://www.sta.si/vest.php?id=1726191
http://www.dnevnik.si/novice/svet/1042509739
http://www.slomedia.it/nezaslisano-italijansko-fasisticno-okupacijsko-vojsko-zamenjali-za-partizane

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http://www.rtvslo.si/svet/rai-manipuliral-s-fotografijo-slovenskih-talcev/276815

RAI manipuliral s fotografijo slovenskih talcev


Zgodovinarka Kersevan: ''V Italiji nihče ne ve nič o agresiji Italijanov nad Slovenci

14. februar 2012 ob 13:50,
zadnji poseg: 14. februar 2012 ob 17:25
Rim, Ljubljana - MMC RTV SLO


V oddaji italijanske televizije RAI so objavili fotografijo, na kateri piše Obsojeni na smrt, ker so bili Italijani, a na njej dejansko italijanski vojaki streljajo na slovenske talce.

Ob dnevu spominjanja na fojbe in eksodus Italijanov iz Istre so na italijanski televizijski mreži RAI posvetili celotno oddajo Porta a Porta temu dogodku, oddajo pa so naslovili ''Trst je naš''.

Med samo razpravo v oddaji je bila dolgo časa v ozadju sporna fotografija, ki pa v resnici prikazuje streljanje na slovenske talce v vasi Dane v Loški dolini 31. julija 1942.

V oddaji je bila med gosti tudi zgodovinarka iz Vidma Alessandra Kersevan, ki je voditelja oddaje Bruna Vespo večkrat opozorila na neskladje objavljene fotografije, a jo je ta glasno utišal z besedami: ''Lahko vi vodite oddajo in grem jaz iz studia'' in ''če ne verjame, da je ta fotografija pristna, za njeno objavo nisem odgovoren jaz''.

Kot je pisal Primorski dnevnik, so omenjeno fotografijo zasledili tudi na spletni strani desničarske Azione Universitaria. Sicer pa je lani plakat objavila občina Bastia Umbra, pojavil pa se je celo na strani italijanskega notranjega ministrstva. Takrat je zunanje ministrstvo Republike Slovenije poslalo uradno protestno noto takratnemu italijanskemu veleposlaniku Alessandru Pietromarchiju.

V Uniji Istranov, ki je bila lani povabljena na spominsko slovesnost v italijansko občino Bastia Umbria pri Assisiju, so za napako izvedli, ko je bil plakat že natisnjen. Zagotovili so tudi, da pri njeni objavi niso sodelovali.

Skrajna desnica skuša vplivati na prepričanje ljudi
Zakaj je znova prišlo do neljubega incidenta, smo na MMC-ju povprašali kar zgodovinarko, ki je sodelovala v oddaji, Alessandro Kersevan. Na vprašanja, zakaj so v oddaji sploh uporabili fotografijo, ki je v preteklosti že zanetila toliko prahu, je odgovorila, da je to delo skrajne desnice v Italiji, ki želi med ljudmi povzročiti zmedo in vplivati na njihovo prepričanje.

''V Italiji nihče ne ve nič o agresiji Italijanov nad Slovenci. Ne želijo, da bi ljudje izvedeli resnico in ne želijo, da bi govorili o tem, kar se je dogajalo v Jugoslaviji v štiridesetih letih prejšnjega stoletja. Govorijo le o nasilju, ki so ga povzročili partizani, ne pa tudi o nasilju, ki so ga nad partizani izvajali fašistični vojaki.''

Nad reakcijo voditelja Bruna Vespe, ki jo je ob njenem opozorilu, da je fotografija neustrezna, nadrl, ni bila presenečena. ''Bruna Vespo je že tako dolgo televizijski voditelj, da se zna izvleči iz takšnih situacij. Dejal je, da so vzeli fotografijo iz slovenskih knjig. A to ni pravi odgovor, saj je sliko v javnost plasiralo italijansko zunanje ministrstvo. Z njim so želeli razširiti napačne podatke, češ da so nasilje povzročili Slovenci in ne Italijani.''

Po besedah Kersevanove je fotografija le del propagande zunanjega ministrstva o tem, kaj se je dogajalo v fojbah v štiridesetih letih prejšnjega stoletja, ''v italijansko javno mnenje želijo vnesti le veliko zmede''.

Kje je slovenska vlada?
Sogovornica je izpostavila tudi to, da je zanimivo, da se na predvajano oddajo ni odzvala uradna slovenska politika. Alessandra Kersevan je za MMC dejala, da je oddaja vsebovala veliko netočnega gradiva - poleg omenjene fotografije, so predvajali tudi kratke filme, ki so vsebovali napačne podatke, ti pa so bili podani v nezgodovinskem kontekstu.

''Slovenska vlada bi lahko naredila več, da bi ljudje stvari razumeli. Morala bi poslati protestno noto na italijansko televizijo RAI, da bi ta popravila storjene napake in ne bi zavajala ljudi o tem, kaj se je v tistem času dogajalo med Slovenijo in Italijo,'' je še dodala Kersevanova.

Na MMC-ju smo vprašanje o morebitnem ukrepanju glede manipulacije s fotografijo poslali na slovensko ministrstvo za zunanje zadeve, kjer so nam obljubili, da nam bodo odgovor posredovali v sredo.

Katja Štok, Enej Česnik


=== 4 ===

http://www.diecifebbraio.info/2012/02/fare-ricerca-onesta/

FARE RICERCA ONESTA. STORIA O “FOIBOLOGIA DI STATO”?

Nota a margine del libro La Foiba dei miracoli*

 

Partiamo da qualche dato storico già noto a chi è informato correttamente.

In Istria durante la seconda guerra mondiale furono estratti da una ventina di foibe (cavità carsiche) più di 200 cadaveri, e altri furono segnalati ma non fu possibile il loro recupero. Ciò avvenne dopo il breve e confuso periodo del “potere popolare” (8 settembre – primi di ottobre 1943) subentrato alla disfatta del regime italo fascista sulle regioni a est dell’Adriatico, che non fece in tempo ad organizzarsi stabilmente perché dovette subito opporsi, senza successo, alla “operazione nubifragio”, cioè alla travolgente riconquista della regione da parte delle truppe tedesche (i cosiddetti “ribelli” uccisi o fatti prigionieri, secondo una fonte ufficiale di Berlino, furono 13.000; molti di loro erano di nazionalità italiana). Alla luce della ricerca storica successiva  «l’insieme di quegli episodi di “infoibamento” si può a ragione definire un eccidio. Ma le cause, le dimensioni e le modalità di esso furono “mostruosamente” ingigantite e distorte ad opera della propaganda nazifascista, allo scopo di giustificare e far dimenticare i crimini e i massacri perpetrati prima dal regime italo/fascista e poi dagli occupanti nazisti e dai loro fiancheggiatori» [La foiba...cit., p.27].

Alla fine della guerra si verificarono altri casi nella zona di Trieste e Gorizia. Alcuni (qualche decina) furono accertati o come omicidi politici (esecuzioni sommarie nell’ambito del fenomeno che fu chiamato “la resa dei conti”, che coinvolse tutta l’Alta Italia), o come vendette personali o anche delitti comuni (rapine ecc.); quasi tutti i colpevoli furono individuati, processati  e condannati (alcuni dalle stesse autorità militari jugoslave).  Ma moltissime furono le segnalazioni di “scomparsi” militari e civili, a seguito sia delle sanguinose battaglie che si svolsero in quelle zone negli ultimi giorni di guerra, sia degli arresti e degli internamenti (alcune migliaia) eseguiti nelle settimane successive da parte della polizia politica jugoslava. La drammatica mancanza di notizie sulla sorte dei propri cari fu un terreno ideale per seminare ancora in grande stile il terrorismo mediatico sulle “foibe” da parte degli ambienti nazionalisti italiani e della stampa legata al CLN anticomunista triestino. Così crebbe ancora a dismisura il numero dei presunti “infoibati”, e furono diffuse altre mitiche “leggende”, oltre a quelle che circolavano già dal ‘43, col sostegno di massicce campagne di propaganda.

Quelle angosciose notizie, sebbene quasi mai verificate né verificabili, riuscirono ad esasperare i sentimenti collettivi di terrore e di odio in quegli italiani giuliano dalmati che erano stati classe dominante e privilegiata durante il periodo del “fascismo di frontiera” e che si sentivano minacciati a morte dai tanto disprezzati “s-ciavi”, diventati “demoni slavo comunisti”  ed ora perfino vincitori nella guerra che avrebbe invece dovuto sancire il trionfo imperiale dell’Italia e la totale sottomissione (o espulsione) di quei “barbari”. Tutto ciò, sommandosi alle reali difficoltà della dura situazione postbellica in zone già povere, portò all’esodo di massa, con tutte le note conseguenze (cfr. Sandi Volk, Esuli a Trieste..., KappaVu 2004).

Tuttavia l’obiettivo principale dei neo irredentisti, cioè l’assegnazione all’Italia dei territori contesi, non fu raggiunto (salvo che per Trieste e dintorni).

Però è un dato di fatto che già nell’immediato dopoguerra le “sensazionali rivelazioni sulle foibe” già diffuse dagli agenti nazisti e dalla Xa MAS, opportunamente “aggiornate” e ulteriormente ampliate, furono usate anche al tavolo delle trattative di pace di Parigi dagli esponenti del  governo De Gasperi, come argomento “forte” a sostegno delle rivendicazioni di sovranità italiana sulle regioni del “confine orientale”. Esse infatti furono inserite in un dossier dal titolo Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943, che fu trasmesso dal Ministero Affari Esteri – Divisione Generale Affari Politici – alle ambasciate italiane di Washington, Londra e Parigi il 28 agosto 1946. In esso si afferma in sostanza che gli slavo-comunisti avevano “occupato” l’Istria e parte della Venezia Giulia, e che vi stavano compiendo una vero e proprio “genocidio” (già iniziato nel ’43) ai danni degli italiani là residenti.

Alcuni miti della “foibologia” riuscirono nei decenni successivi (pur con alterne fortune) a conquistare sempre più l’immaginario collettivo, anche perché qualche storico professionista compiacente (v. p. es. R. Pupo e R. Spazzali nel loro Foibe, B. Mondadori 2003) li accettò in quanto «informazioni date generalmente per acquisite» senza fare alcuna verifica critica, confermando così la loro presunzione di verità. Ma soprattutto furono i riconoscimenti ufficiali da parte delle autorità statali della “nuova” Repubblica che trasformarono le montature mediatiche in “verità inconfutabili”.

Un esempio emblematico in questo senso è quello del pozzo di Basovizza, dichiarato “monumento di interesse nazionale” negli anni ’80, nonostante  l’inconsistenza delle presunte “testimonianze”; nonostante le smentite delle stesse autorità alleate; nonostante l’evidenza dei risultati negativi di numerose esplorazioni e svuotamenti; nonostante, infine, che sulla lapide fatta porre dai “foibologi ufficiali” siano state scritte cifre “variabili” sia sulla profondità del pozzo (prima 250, poi 500, infine, nel 1997, 300 metri)  sia sulla quantità di “salme di infoibati” (“misurate” addirittura in metri cubi: prima 300 e poi 500), mostrando con evidenza quale fosse il grado di attendibilità delle informazioni. Eppure diversi Presidenti della Repubblica, a partire da Cossiga, andarono a celebrare solennemente, si badi bene, non i caduti nelle sanguinose battaglie  che ci furono in quella zona fra le formazioni tedesche in ritirata e quelle jugoslave negli ultimi giorni di guerra (i pochi resti trovati  nel pozzo furono infatti di militari di entrambi gli eserciti), ma i “martiri – italiani” che sarebbero stati gettati in quella “foiba” dal “furore slavo-comunista” (per saperne di più si legga Claudia Cernigoi,Operazione “FOIBE” tra storia e mito, Kappa Vu 2005).

Un altro “mito fondativo” della foibologia è quello nato nel 1945/46 con le prime “testimonianze di sopravvissuti”, che furono inserite nel dossier sopra citato e usate durante le trattative di pace a Parigi come “prove” a conferma delle tesi neo irredentiste italiane.

Abbiamo chiamato “Foiba dei miracoli” quella in cui, secondo tali racconti, all’alba di un giorno di maggio 1945 gli slavo-comunisti avrebbero gettato sei militari istriani della Milizia di difesa territoriale (Mdt), dopo averli arrestati nella zona di Pola, imprigionati e trasferiti in diverse località, sottoposti a una lunga serie di umiliazioni, persecuzioni e torture insieme con molti altri, infine portati sull’orlo della voragine e mitragliati (in alcune versioni si legge anche di una o due bombe a mano scoppiate nell’acqua profonda dove le vittime sarebbero precipitate). Nonostante tutto ciò uno degli “infoibaati” (oppure due, la cosa è controversa) si sarebbe salvato (ovviamente in modo miracoloso) e avrebbe raccontato la sua avventura alle autorità alleate (di Pola e/o di Trieste).

Il libro che ha questo titolo e che porta la mia firma  è il risultato di un percorso di ricerca collettiva di tutto il gruppo di Resistenza storica coordinato da Alessandra Kersevan, senza il cui determinante aiuto non avrei potuto nemmeno sperare di condurre a termine un lavoro così impegnativo. In esso non solo si dimostra la falsità dei fatti raccontati dai presunti “sopravvissuti”, ma si analizzano puntualmente sia l’intreccio delle loro vicende personali, sia i vari passaggi nella costruzione e nella gestione politica (e mediatica) del mito da parte dei soggetti interessati.

Non intendo qui fare una presentazione generale del libro, ma solo prenderne spunto per fare una riflessione sulla delicata questione del metodo e del ruolo degli storici in questo importante e controverso settore di ricerca.

Ebbene: com’è stata presentata questa vicenda negli ultimi anni dagli storici considerati più autorevoli sull’argomento? Come  sono state usate le fonti originarie?

Gianni Oliva all’inizio del suo libro Foibe, le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria [2002, pp. 17-18] riportò una dopo l’altra due “testimonianze dirette di sopravvissuti”. Il nome (impreciso) del primo testimone, “originario da Sissano” (vicno a Pola), era Giovanni Radetticchio [recte Radeticchio; altre volte compare “Radeticchi”, “Raddeticchio” ecc.; nel suo Genocidio... Il “grande foibologo” Marco Pirina loreinventò: lo chiamò “Antonio” e lo fece apparire come “unico superstite” nientemeno che dalla foiba di Vines, nel settembre del 1943!]. Di lui Oliva non dice nient’altro; si sa (da altre fonti) che nel 1944-45 era “milite del presidio di Marzana” e che “dopo aver lasciato la sua deposizione emigrò in Australia”. L’altro, invece, è l’ormai mitico protagonista di questa vicenda, da qualche anno giunto alla celebrità per essere l’unico “sopravvissuto alle foibe” ancora in vita: Graziano Udovisi (premiato nel 2005 con l’Oscar tv come “uomo dell’anno”, sull’onda delle celebrazioni ufficiali dei “martiri delle foibe”). Oliva scrive solo che era un “insegnante istriano”, tacendo ciò che lo stesso Udovisi dichiara con orgoglio, cioè che aveva aderito da sùbito alla Milizia fascista dopo l’8 settembre ’43 diventando ufficiale della Mdt e comandante di presidio a soli 19 anni.

I brevi racconti riportati da Oliva parlano  di due “prodigi” diversi avvenuti in due foibe separate: Radetticchio fu portato “in direzione di Arsia” e cadde “nell’acqua profonda”, Udovisi nei pressi di “Fianona” si salvò aggrappandosi a “un alberello sporgente” [Arsia/Raŝa e Fianona/Plomin sono due paesi nella zona di Albona/Labin, distanti fra loro circa 15 km]. Le fonti citate sono diverse. Vediamo la prima  in ordine di tempo: “L’eccezionale testimonianza di Giovanni Radetticchio – scrive Oliva – è stata pubblicata per la prima volta il 26 gennaio del 1946 sul periodico della Democrazia cristiana di Trieste La Prora, e in seguito frequentemente utilizzata dalla pubblicistica del dopoguerra”. Anche Raoul Pupo e Roberto Spazzali nel loro Foibe [cit., pp.98-100] presentano lo stesso testo (con lievi differenze), indicando come fonte La Prora, e anch’essi attribuiscono il racconto a Radeticchio.

Solo i lettori pignoli notano che la fonte diretta di entrambe le citazioni è il fascicolo Foibe ed esodo [allegato al n.3/1998 della rivista Tempi&Cultura]. Ma in realtà anche qui la “testimonianza di un sopravvissuto all’infoibamento ... relativa ad un fatto accaduto nel maggio 1945” non è ripresa direttamente da La Prora, bensì da un opuscolo che il “Cln dell’Istria” pubblicò fra la fine del ‘46 e l’inizio del ‘47 col titolo Foibe, la tragedia dell’Istria, su cui quel racconto “venne riportato integralmente” [così si legge su Tempi&Cultura]. Nel 1990 Roberto Spazzali l’aveva scritto nel suo Foibe, un dibattito ancora aperto [p.186]: “L’articolo pubblicato da La Prora e la vicenda narrata nell’occasione (comparve) pure su una pubblicazione curata dal Cln d’Istria sulle Foibe ... per divulgare lo stato politico presente nei territori occupati dalle forze militari jugoslave”.

Si diràa che servono queste “pignolerie”?

Il fatto è che il recupero della fonte primaria ci ha permesso di scoprire alcune “strane” cose che si sono rivelate di estremo interesse.

Primo: il Cln Istria dichiarò palesemente il falsola “testimonianza” pubblicata da La Prora non fu affattoriportata integralmente in quell’opuscolo di propaganda. Il racconto là inserito e presentato come quello “pubblicato dal giornale di Trieste La Prora, che ne garantisce l’autenticità, il 26 gennaio 1946”, in realtà ne è una drastica riduzione (poco più della metà), con ulteriori variazioni. Le omissioni e le modifiche più importanti riguardano la localizzazione della foiba: “da Fianona in direzione di Pozzo Littorio” (oggi Podlabin, è un sobborgo di Albona, costruito dal regime fascista) [cfr. La Prora] diventò “in direzione di Arsia”, senza alcuna indicazione precedente [Cln Istria]. E’ notevole che G. Oliva attribuisca le due foibe (di Fianona e di Arsia) separatamente ai “due sopravvissuti”, mentre nel 1946 l’episodio raccontato era lo stesso, solo con diverse indicazioni di luogo!

Ma ecco la seconda “stranezza”: sia l’articolo de La Prora, sia la sua riduzione del Clni  sono rigorosamente anonimi! In essi non appare affatto il nome del “testimone sopravvissuto” (nel primo è scritto solo che “l’originale, regolarmente firmato, si trova in nostro possesso”). Dunque gli storici Oliva, Pupo e Spazzali hanno “forzato” l’attribuzione di quel racconto a Radeticchio, senza fornire alcuna spiegazione.

Quanto al maestro ex tenente Udovisi, egli va sostenendo da decenni  in pubblico la sua “verità”, con crescente successo, anche se, oltre che decisamente incredibile, essa è in contrasto sia con gli storici citati, sia col racconto anonimo de La Prora, sia infine, e soprattutto, coi primi documenti riservati del 1945 (riprodotti integralmente e commentati nel nostro libro) dove appare la firma di Radeticchio  (peraltro anche qui storpiata, perciò di dubbia autenticità), dove chi racconta afferma di essersi salvato da solo, e dove Graziano Udovisi appare addirittura deceduto  nella foiba con gli altri!

Egli invece in sostanza afferma che lui e “un altro” si salvarono insieme, o più precisamente che lui aiutòl’amico ad arrampicarsi dopo averlo fortunosamente “abbrancato per i capelli”...

Siamo riusciti a risalire anche all’origine della “versione Udovisi”.  Nell’agosto 1945 il giovane ufficiale collaborazionista dei nazisti fu arrestato a Padova, dov’era fuggito con documenti falsi. Al processo (tenuto a Trieste  nel settembre 1946)  dovette difendersi da accuse di delazione, maltrattamento ed omicidio di prigionieri. Fu allora che presentò una dichiarazione, inserita dal giudice nella sentenza  (riportata nel libro): lì si legge che “nel maggio 1945 presentatosi ai comandi jugoslavi, come prescritto dai bandi, venne arrestato, deportato ed infine assieme ad altri cinque compagni portato dinanzi una foiba istriana per essere giustiziato. Però egli ed un altro compagno, riuscirono, svincolandosi dai ceppi, a gettarsi nella foiba incolumi, uscendone miracolosamente salvi”. Forse anche per questo la condanna fu lieve (“anni due, mesi undici, giorni 16 di reclusione”). Dopo di allora questa “memoria” del “sopravvissuto” Udovisi rimase sepolta  negli archivi, insieme con gli atti del processo, per molti decenni senza che lui o qualche “storico accreditato delle foibe” ne abbia mai fatto cenno (vi lascio immaginare perché).

Come si vede, questa vicenda è un enorme “pasticcio”. Siamo certi che esso non fu generato da una serie di “errori di memoria” o di incomprensioni in buona fede, ma è il risultato di una serie di depistaggi creati ad arte fin dall’inizio per motivi precisi (che analizziamo puntualmente nel libro). Comunque una cosa è chiara: evidentemente non ci si può fidare della storiografia prodotta fino ad ora su questo argomento, per quanto “autorevole” essa sia: sembra che anche gli storici più competenti e seri si lascino “menare per il naso” dai “foibologi”, o ne siano complici (per qualche ragione che qui non commentiamo).

Insomma, ai risultati di ricerche e studi rigorosi, che pure esistono, continua a sovrapporsi la propaganda politica, funzionale ad obiettivi nazionali(sti).  Solo che nel dopoguerra l’ambiente politico di appoggio al neo irredentismo ex fascista era quello dei democristiani anticomunisti; oggi è anche quello degli ex comunisti. Lascio a voi le riflessioni sulle cause di questo sorprendente “passaggio di consegne”. Dico solo che a mio avviso anche oggi, come allora, gli obiettivi nazionali della “operazione foibe” non sembrano limitarsi alla riabilitazione del fascismo di Salò, ma si inquadrano nel rilancio “bipartisan” della politica imperialista italiana, proiettata in particolare proprio verso i Balcani, come indicano le cronache recenti: si vedano la partecipazione diretta alla disgregazione della ex Jugoslavia, l’impegno militare e di penetrazione economica in Albania, ed ora il tentativo di avere un ruolo primario nella creazione del nuovo “protettorato” NATO in Kossovo.

Per questi gravi motivi probabilmente anche questo libro sul mito dei “sopravvissuti” avrà vita difficile. Ne siamo coscienti, ma non abbiamo rinunciato a farlo, perché siamo «convinti che lavorare per far emergere la verità può essere difficile e pericoloso, ma non è mai inutile.» [pag. 45].

Pol Vice                                                                               Maggio 2008

 

*: LA FOIBA DEI MIRACOLI, indagine sul mito dei “sopravvissuti”, ed. KappaVu Udine 2008


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----- Messaggio inoltrato -----
Da: Marco Barone
Inviato:
 Mercoledì 15 Febbraio 2012 0:02
Oggetto: Foibe: quale storia insegnare a scuola?

L'argomento foibe è e deve essere sempre attuale.
E' compito dello studioso quello di andare alla

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ROMA Domenica, 4 marzo 2012
ore 18:00-21:00

Teatro Valle Occupato

Domenica 4 marzo siete invitati al Teatro Valle Occupato, dalle 18: 
"Porrajmos! Sterminio e resistenza del popolo rom".
Racconti, ritmi e vite.
Con le comunità rom e sinte per la prima volta sul palco, musiche di Assalti Frontali e Jovica Jovic (con i Muzikanti di Balval), le Chejà Chelen, Antun Blazevic (Theatre rom), Simonetta Salacone e tanti altri in arrivo!

Promuovono Associazione 21 luglio e Popica. 

L’ingresso è libero.
Per informazioni vai su www.21luglio.com 

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MILANO Giovedi, 8 marzo 2012
ore 20:45

dall'Associazione La Conta per la "Festa delle donne":

Desideriamo invitarvi a partecipare alla serata 
“ROMNIA' E SINTE - Le donne 'zingare' tra pregiudizio e marginalità" 
in occasione della ricorrenza dell’8 MARZO 2012, giovedì 8/03/2012 alle ore 20,45, con ingresso libero e gratuito, alla CGIL Salone di Vittorio in Piazza Segesta 4, con ingresso da Via Albertinelli 14 (discesa passo carraio) a Milano

In particolare la serata sarà dedicata donne Rom e Sinti attraverso i racconti, le storie, le testimonianze di Dijana Pavlovic, attrice e mediatrice culturale, e di altre donne Rom e Sinti. Sarà serata di unità multiculturale ed inclusiva dei Rom e dei Sinti della nostra città e non solo, per conoscere meglio le loro passioni, la loro condizione e la loro cultura e per contribuire ad annullare il pregiudizio e la marginalità. La serata si concluderà con un buffet offerto a tutti i presenti.


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