ALESSANDRA KERSEVAN
Informazione
Perchè non aderiamo alla manifestazione del 19 febbraio sulla Siria
Lettera aperta alla Cgil, alla Tavola della Pace e alle associazioni che aderiscono alla manifestazione del 19 febbraio indetta dal Consiglio Nazionale Siriano a Roma.
Con questa lettera aperta intendiamo dissociarci nettamente dalla manifestazione indetta dal CNS a Roma per il 19 febbraio e non possiamo condividere le ragioni di quanti aderiscono a quella piattaforma.
Ciò perché non vogliamo assolutamente un'altra guerra “umanitaria” che, come è avvenuto in Libia, sotto la pretesa di proteggere i civili ha scatenato invece la ferocia dei bombardamenti e dell'intervento NATO ed ha aggiunto alla guerra civile, in corso sul terreno, un altro bagno di sangue molto, molto più grande. Crediamo perciò che grazie al veto di Russia e Cina la minaccia di un "intervento umanitario" solo per il momento sia stata scongiurata.
Pensiamo però che sia necessaria una piattaforma di pace alternativa che ,a partire dalla cessazione delle violenze da entrambe le parti (governo e bande armate della cosiddetta opposizione), rivendichi un vero negoziato di pace. Ciò perché il massacro dei civili in corso sul terreno in Siria è frutto di una guerra civile tra due entità armate, come ha dimostrato il rapporto degli osservatori della Lega Araba-censurato dal Qatar- e come dimostrano numerose violenze sui civili, gli attentati terroristici, il cecchinaggio e numerose efferatezze compiute proprio dall'Esercito Siriano di Liberazione di cui è alleato il CNS.
Questo ultimo attribuisce le violenze solo all'esercito governativo e invoca nel volantino del 19 febbraio (e nella piattaforma su cui chiede le adesioni ) “le dimissioni di Assad e del suo staff” e inoltre “la difesa internazionale dei civili secondo lo Statuto dell'ONU”, il che equivale a chiedere nei fatti il cambio di regime a mano armata e nuovamente quell'intervento militare internazionale che è stato momentaneamente fermato dal veto in Consiglio di sicurezza dell'ONU. Questa strada porta direttamente alla guerra”umanitaria” della NATO contro la Siria ed a legittimare l'intervento militare già in atto in Siria con truppe della Turchia, del Qatar, della Libia, dell'Arabia Saudita e di tutte le petrolmonarchie del Golfo che stanno da tempo fomentando la guerra, appoggiando con mezzi militari e mediatici l'opposizione armata in Siria.
L'esperienza delle cosiddette guerre umanitarie dell'ultimo quindicennio ci ha insegnato che nessuna retorica dei diritti umani o di “contingenti necessità” può mascherare la realtà della guerra con i suoi lutti e le sue devastazioni senza fine. L'unica strada per fermare il massacro di civili è quella di fermare le violenze, non di amplificarle invocando l'intervento occidentale.
Invitiamo pertanto tutte le associazioni che ripudiano la guerra a dissociarsi apertamente dal CNS e dalla sua piattaforma.
Alleghiamo alla presente lettera:
a) una scheda informativa sul CNS con l'indicazione delle fonti;
b) un estratto in italiano del rapporto degli osservatori della Lega Araba;
c) la piattaforma di pace da noi proposta.
FIRME:
RETE NOWAR, PEACELINK, WILPFITALIA, UNPONTEPER, STATUNITENSI CONTRO LA GUERRA FIRENZE, U.S. CITIZENS FOR PEACE AND JUSTICE, RETE DISARMIAMOLI, CONTROPIANO, ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIA-CUBA circolo di Roma, ASSOCIAZIONE AMICI DELLA MEZZALUNA ROSSA PALESTINESE.
a)
SIRIA. l Cns (Consiglio nazionale siriano organizzatore della manifestazione del 19 febbraio a Roma) e le violenze su civili e militari
Marinella Correggia
E’ stato il nuovo governo della Libia, frutto della guerra della Nato, il primo a riconoscere già lo scorso ottobre come “legittimo rappresentante del popolo siriano” il Consiglio nazionale siriano (Cns), in inglese Syrian National Council (http://latimesblogs.latimes.com/world_now/2011/10/syria-libya-opposition.html). Il Cns a sua volta aveva riconosciuto il Cnt libico già prima della conquista di Tripoli.
Del resto, come ricorda Mustafa el Ayoubi su Confronti, nel 2011 “nell’ambito della Lega araba, la Siria aveva votato contro l’intervento militare in Libia. Era insomma un regime scomodo, non per il fatto che fosse anti-democratico ma perché anti-americano”. Così poco dopo, puntualmente scoppia una rivolta in Siria, “il 17 marzo a Daraa, una piccola città di 75mila abitanti. Non è stata una rivolta pacifica in quanto molti insorti erano armati e non esitavano a sparare sui civili e sulle forze dell’ordine”.
Il Cns, basato in Turchia (ma il suo leader Bhuran Ghalioun vive a Parigi da decenni; sostiene però di rappresentare l’80% dei siriani), il Cns, attraverso i suoi “osservatori sui diritti umani” da Londra e i cosiddetti “Comitati di coordinamento locale”, è la fonte quasi esclusiva delle notizie pubblicate sui media che accreditano la versione di una “rivolta a mani nude contro il dittatore”. Peraltro c’è uno scontro interno fra “attivisti” che si accusano reciprocamente (vedi la Seconda puntata di questa serie).
A differenza dell’altra opposizione che vuole il negoziato e non accetta la lotta armata né l’ingerenza, il Cns rifiuta ogni possibile negoziato e mediazione (come il Cnt libico, a suo tempo). Non ne ha bisogno, perché ha trovato molti alleati fra i paesi occidentali e petromonarchici, ai quali ha chiesto da tempo l’imposizione di una no-fly zone “per la protezione dei civili” (per esempio in ottobre: http://globalpublicsquare.blogs.cnn.com/2011/10/11/time-to-impose-a-no-fly-zone-over-syria/; e in gennaio: http://www.wallstreetitalia.com/article/1307700/siria-opposizione-invoca-intervento-onu-serve-no-fly-zone.aspx). Del resto come vari analisti hanno spiegato, anche nel caso siriano la no-fly zone non avrebbe senso e dovrebbe piuttosto sfociare in un vero e proprio sostegno aereo anti-governativo o Cas (close air support).
Il Cns ha stretto in dicembre un patto di collaborazione (http://www.nytimes.com/2011/12/09/world/middleeast/factional-splits-hinder-drive-to-topple-syrias-assad.html?_r=1&pagewanted=all) con il cd Esercito siriano libero (Free Syrian Army-Fsa).
Il rappresentante del Cns in Italia e organizzatore della manifestazione a Roma del prossimo 19 febbraio (che ha già avuto diverse adesioni di associazioni italiane) è Mohammed Noor Dachan. Sul sito del Syrian National Council risulta affiliato come appartenente alla Muslim Brotherhood Alliance (http://www.syriancouncil.org/en/members/item/241-mohammad-nour-dachan.html). Egli sostiene che la Fsa è formata da “soldati, sottufficiali e ufficiali che hanno scelto di rifiutare di sparare alla gente comune disarmata e non è un esercito di guerra, ma ha solo l'obiettivo di difendere le manifestazioni”. La realtà appare molto diversa.
Il cd Esercito libero appare responsabile di uccisioni di soldati e civili siriani (ci sono elenchi nominativi documentati, vedi puntata 3 di questo dossier) e atti di sabotaggio e terrorismo. Anche a Homs nella fase attuale (http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/7707-homs-un-testimone-racconta-il-terrore-gruppi-armati-non-damasco.html). Lo stesso il giornalista francese Jacquier è stato ucciso da gruppi armati dell’opposizione, secondo quanto raccolto da Le Figaro presso gli stessi osservatori della Lega Araba. Venerdì 10 febbraio, decine di morti in esplosioni ad Aleppo: la Fsa prima rivendica (“una risposta ai bombardamenti di Homs” dichiarava all’agenzia spagnola Efe il colonnello Riad Assad) poi smentisce e infine costruisce un’altra narrazione: surrealmente dichiarando ad Al Jazeera che effettivamente il gruppo ha attaccato Aleppo e le due basi militari con razzi e altro per “proteggere i civili che sarebbero scesi in piazza”, ma che gli attentati sono avvenuti dopo il ritiro dei suoi uomini. Secondo il McClatchi Newspaper, dietro i terroristi ad Aleppo c’è Al Qaeda. Del resto, leggiamo su TMNews, il leader di al Qaida, Ayman al-Zawahiri, ha espresso il suo sostegno alla ribellione siriana contro un regime definito antislamico, in un messaggio video diffuso su alcuni siti internet islamici: lo ha reso noto il centro di sorveglianza informatica Site. La stessa solidarietà a suo tempo espressa ai “ribelli” libici.
E il Ministro degli Interni dell’Iraq ha annunciato all’Agence France Press che molti jihadisti iracheni stanno andando in Siria. Nelle stesse ore la Lega Araba di cui l’Iraq fa parte ha deciso di chiedere alla “comunità internazionale” più sostegno per l’opposizione (che è armata).
Alla tivù satellitare saudita pro.opposizione al-Arabyiya, Ammar Alwani della Fsa dichiara: “Ogni soldato e ufficiale sono nostro obiettivo”; e “colpiremo Damasco”; poi l’inviato della tivù lo corregge e imbocca: “Vuol dire che colpirete obiettivi militari, non civili, vero?”.
Mentre la Turchia offre la base logistica alla Free Syrian Army, Qatar, Gran Bretagna e altri paesi non fanno mistero del loro appoggio “diplomatico” e finanziario e in armi; a metà gennaio lo sceicco Bin Khalifa Thani ha dichiarato la volontà di mandare truppe. E un video darebbe atto di una conversazione fra un militare israeliano e un armato della Fsa. Inglesi e francesi hanno confermato di aver mandato unità ad assistere i rivoltosi. Sono state scoperte armi inglesi avviate clandestinamente. Sul suolo siriano sono già operativi commandos e forze speciali. L’obiettivo è di creare delle “zone liberate” così da rendere legittimo l’intervento “umanitario” esterno. Uno scenario di destabilizzazione.
Da tempo l’opposizione siriana ottiene quotidianamente partite di armi (http://rt.com/news/syria-opposition-weapon-smuggling-843/). Obama chiede apertamente di sostenere gli armati anti-Assad e pensa di replicare i successi libici: nessun uomo, nessun morto, ma consiglieri e molti soldi. Fonti americane rivelano al Times un piano in fase di elaborazione da parte di Stati Uniti e alleati per armare i ribelli. Indiscrezioni che si incrociano con quelle del Guardian sulla presunta presenza di reparti speciali britannici e americani al fianco degli insorti. A Homs truppe inglesi e qatariote dirigono l’arrivo di armi ai ribelli e consigliano sulle tattiche della battaglia, secondo il sito israeliano Debka file (ne riferisce la RT, Russian Tv).
Del resto l’estate scorsa John Negroponte è arrivato all’ambasciata Usa a Damasco; quello stesso Negroponte che organizzò le squadre della morte in San Salvador che uccisero il Vescovo Oscar Romero; e che a Bagdad organizzò squadre della morte a danno degli iracheni.
A queste indiscrezioni la Russia ha reagito affermando che si tratta di informazioni ''allarmanti'', secondo il portavoce del ministero degli Esteri, Aleksandr Lukashevich (http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/siria-homs-strage-senza-fine-times-piano-1113360/www.peacelink.it).
Poi ci sono i mercenari libici. A dicembre il presidente del Consiglio nazionale siriano Burhan Ghalioun incontra a Tripoli i nuovi dirigenti. E scatta il piano che porta diverse centinaia di volontari libici in Siria, sparpagliati tra Homs, Idlib e Rastan (http://www.corriere.it/esteri/12_febbraio_10/olimpio-siria-insorti_a9528996-53da-11e1-a1a9-e74b7d5bd021.shtml). La missione è coordinata dall’ex qaedista Abdelhakeem Belhaj, figura di spicco della nuova Libia, e dal suo vice Mahdi Al Harati.
Intanto il sito di petizioni Avaaz, dopo aver diffuso per la Libia notizie di bombardamenti su civili (http://www.avaaz.org/it/libya_stop_the_crackdown_eu) in seguito ampiamente smentite, invita alla "battaglia mondiale" per la Siria dicendo: "Questo è il culmine della primavera araba e della battaglia mondiale contro i despoti sanguinari.
In conclusione, ecco quanto denuncia la stessa opposizione non armata (nelle parole di un esponente che preferiamo non citare per tutelarlo) “il Cns sembra fare il gioco degli sceicchi e del petrolio, sono in maggioranza fratelli musulmani che se ne fregano della democrazia e sanno benissimo che la Siria è abbastanza laica per poter arrivare al potere in modo democratico, non arriveranno senza armi, perciò stanno facendo di tutto per armare la rivoluzione, da altro canto, c'è la Turchia che si sente la nostalgia attraverso il partito di Erdogan per ottomanizzare la regione contro un'Europa ancora ostile nei suoi confronti. Non dimentichiamo che la rivoluzione siriana è la più importante in assoluto nel caso un probabile successo. Gli sceicchi del Golfo Persico temono per il futuro della loro monarchie basate comunque sulla dittatura e sull'ingiustizia”.
b)
Oggetto: Rapporto degli Osservatori della Lega Araba in Siria (alcuni estratti)
La traduzione completa è disponibile al link http://www.peacelink.it/conflitti/a/35517.html.
Fonte: Il Rapporto in lingua inglese è qui http://www.innercitypress.com/LASomSyria.pdf
VI. L'attuazione del mandato della Missione nell'ambito del protocollo
24. Il capo della missione sottolinea che la valutazione in termini di disposizioni del protocollo riassume i risultati dei gruppi, come trasmesso dai leader del gruppo in occasione della riunione con il capo della Missione il 17 gennaio 2012.
A. Monitoraggio e osservazione della cessazione di ogni violenza da tutte le parti in città e residenziali aree
25. All’assegnazione delle loro zone di lavoro e come punto di partenza, gli osservatori sono stati testimoni di atti di violenza perpetrati da forze governative e ad uno scambio di fuoco con elementi armati a Homs e Hama. Come risultato delle insistenze della missione per una totale fine della violenza e il ritiro di veicoli e attrezzature dell'esercito, questi sono stati ritirati. I rapporti più recenti della missione indicano una situazione considerevolmente più calma su entrambe le parti in campo.
26. A Dera'a e Homs, la Missione ha visto gruppi armati commettere atti di violenza contro le forze governative, causando morti e feriti nelle loro file. In certe situazioni, le forze governative hanno risposto agli attacchi condotti con forza contro di loro. Gli osservatori hanno notato che alcuni dei gruppi armati stavano usando razzi e proiettili perforanti.
27. A Homs, Hama e Idlib, le missioni degli osservatori hanno assistito ad atti di violenza commessi contro Forze governative e civili, che hanno causato diversi morti e feriti. Esempi di tali atti includono il bombardamento di un autobus di civili, che ha ucciso otto persone e ferito altri, tra cui donne e bambini, e il bombardamento di un treno che trasportava gasolio. In un altro incidente a Homs, un autobus della polizia è stato fatto saltare in aria, uccidendo due ufficiali di polizia. Sono stati bombardati anche una conduttura di carburante e alcuni piccoli ponti.
28. La Missione ha osservato che molti partiti hanno riferito falsamente di esplosioni o di violenze si erano verificate in diverse località. Quando gli osservatori sono andati in quei luoghi, hanno scoperto che quei rapporti erano infondati.
29. La Missione ha inoltre osservato che, secondo le squadre in campo, i media hanno esagerato la natura degli incidenti, il numero di persone uccise in incidenti e le proteste in alcune città.
B. Si sta controllando che i servizi di sicurezza siriani e i così chiamati “shabiha gangs” non ostacolino le manifestazioni pacifiche
30. Secondo gli ultimi rapporti ed incontri della “Head of the Mission” il 17 gennaio 2012 durante la preparazione di questa relazione, i leader del gruppo hanno testimoniato manifestazioni pacifiche sia da parte dei sostenitori del governo, sia dall’opposizione in numerosi luoghi.
Nessuna delle manifestazioni è stata interrotta, a eccezione di alcuni scontri minori con la Mission e tra i conservatori e l’opposizione. Questi non hanno avuto conseguenze fatali dall’ultima presentazione prima dell’incontro dell’8 gennaio 2012 della Commissione Ministeriale Araba sulla situazione in Siria.
31. Le relazioni e gli incontri dei leader del gruppo affermano che i cittadini affini all’opposizione circondano la Mission al suo arrivo e usano l’incontro come barriera contro i servizi della sicurezza. Comunque, tali incidenti sono gradualmente diminuiti.
32. La Missione ha ricevuto alcune richieste dai sostenitori dell’opposizione a Homs e Deraa affinché rimanga sul luogo e non parta, qualcosa che potrebbe essere attribuito alla paura dell’attacco dopo la partenza della Missione.
C. Si sta verificando la liberazione dei trattenuti durante gli eventi attuali
33. La Missione ha ricevuto relazioni dai partiti esterni alla Siria indicando che il numero di trattenuti era di 16.237. Si ricevono anche informazioni dall’opposizione interna al paese secondo cui il numero dei trattenuti era 12.005. Convalidando i numeri, le squadre sul campo hanno scoperto che c’erano alcune discrepanze fra le liste, che le informazioni erano errate e inaccurate, e che i nomi erano ripetuti. La Missione sta comunicando con le agenzie del Governo interessate per confermare tali numeri.
34. La Mission ha inviato al governo siriano tutte le liste ricevute dall’opposizione siriana interna ed esterna alla Siria. Secondo il protocollo, è stato richiesto il rilascio dei trattenuti.
35. Il 15 gennaio 2012, il presidente Bashar Al-Assad ha emesso un decreto legislativo che garantisce un’amnistia generale per i crimini commessi nel contesto degli eventi dal 15 marzo 2011 tramite l’emissione del decreto. Durante l’attuazione dell’amnistia, le autorità governative competenti si stanno periodicamente liberando dei trattenuti nelle varie regioni fintanto che essi non sono ricercati per altri crimini. La Missione sta supervisionando i rilasci e sta monitorando il processo insieme all’ attiva e piena coordinazione del Governo.
36. Il 19 gennaio 2012, il governo siriano ha affermato che 3.569 prigionieri sono stati liberati dai servizi di persecuzione militari e civili. La Missione ha verificato che 1.669 di quei trattenuti finora sono stati liberati. Si continua ad esaminare ulteriormente insieme al Governo e all’opposizione, facendo notare al Governo che i trattenuti dovrebbero essere liberati alla presenza di osservatori così che l’evento possa essere documentato.
37. La Missione ha convalidato i seguenti numeri per un numero totale di trattenuti che il governo Siriano ha finora affermato di aver liberato:
- Prima dell’amnistia: 4.035
- Dopo l’amnistia: 3.569
Il Governo ha perciò sostenuto che 7,604 prigionieri sono stati liberati.
38. La Missione ha verificato il corretto numero di prigionieri liberati, e si è arrivati ai seguenti numeri:
- Prima dell’amnistia: 3.483
- Dopo l’amnistia: 1.669
Il numero totale dei rilasciati confermati è perciò 5.152. La Missione sta continuando a monitorare il processo e a comunicare con il Governo Siriano per il rilascio dei prigionieri rimasti.
D. Si conferma il ritiro della presenza militare dai quartieri residenziali in cui ci sono e ci sono state manifestazioni e proteste
39. Sulla base delle relazioni dei leader del team sul campo e dall’incontro tenutosi il 17 gennaio 2012 con tutti i team-leader, la Missione ha confermato che i veicoli militari, i carri armati e armi pesanti sono stati ritirati dalle città e dai centri residenziali. Sebbene ci siano ancora alcune esistenti misure di sicurezza sotto forma di argini e barriere di fronte ai palazzi più importanti e nelle piazze, tutto ciò non ha effetto sui cittadini. Si deve notare che il Ministero della Difesa Siriano, in un incontro con “The Head of the Mission” che si è svolto il 5 gennaio 2012, ha affermato la sua prontezza nell’accompagnare “The Head of the Mission” in tutti i luoghi e città designate da questi ultimi e nei luoghi in cui secondo la Missione si sospetta che la presenza militare non sia ancora sparita, in vista dell’invio degli ordini sul campo e rettificando ogni violazione immediatamente.
40. Veicoli blindati (truppe militari) sono presenti in alcune barriere. Una di queste barriere si trova a Homs e anche a Madaya, Zabadani e Rif Damascus. La presenza di questi veicoli è stata riferita e di conseguenza sono stati ritirati da Homs. E’ stato confermato che i residenti di Zabadani e Madaya hanno raggiunto un accordo bilaterale con il governo in modo che direzioni la rimozione di tali barriere e veicoli.
E. Si conferma il riconoscimento da parte del governo siriano delle organizzazioni internazionali e arabe dei media e che a tali organizzazioni è permesso di muoversi liberamente ovunque in Siria
41. Parlando a nome del Governo, il Ministero Siriano dell’Informazione ha confermato che, dall’inizio di dicembre 2011 al 15 gennaio 2012, il Governo ha autorizzato 147 organizzazioni mediatiche arabe e straniere. Alcune di queste 112 organizzazioni sono entrate in territorio siriano, unendosi alle altre 90 accreditate organizzazioni che operano in Siria tramite i corrispondenti a tempo pieno.
42. La Missione ha esaminato questo problema. Sono stati identificati 36 organizzazioni mediatiche arabe e straniere e diversi giornalisti dislocati in un gran numero di città siriane. Sono state ricevute anche lamentele secondo cui il Governo siriano ha concesso ad alcune organizzazioni mediatiche l’autorizzazione ad operare per 4 giorni soltanto, tempo non sufficiente, soprattutto secondo le organizzazioni. Inoltre, per impedire che essi entrino nel paese fintanto che le loro destinazioni non vengono accertate, ai giornalisti è stato richiesto di ottenere ulteriori autorizzazioni una volta entrati nel paese e gli è stato impedito di raggiungere determinate zone. Il Governo Siriano ha confermato che garantirà alle organizzazioni mediatiche sul campo dei permessi validi per 10 giorni, con la possibilità di rinnovo.
43. Relazioni ed informazioni da alcuni settori (gruppi) indicano che il Governo ha imposto restrizioni sul movimento dei media nelle zone dell’opposizione. In molti casi, tali restrizioni hanno causato ai giornalisti ritardi nello svolgimento del proprio lavoro.
44. A Homs, un giornalista francese che lavorava per il canale 2 francese è stato ucciso e un giornalista belga è stato ferito. Il Governo e l’opposizione si accusano a vicenda della responsabilità per gli incidenti, e da entrambi i lati vengono pubblicate dichiarazioni di condanna. Il Governo ha istituito una commissione investigativa in modo da determinare la causa dell’incidente.Si può notare nelle relazioni della Missione da Homs, che il giornalista francese è stato ucciso da una bomba da mortaio dell’esercito dell’opposizione.
c)
PIATTAFORMA DI PACE
1. Cessate il fuoco e fine di ogni violenza da entrambe le parti in conflitto.
2. Condanna di ogni ingerenza militare esterna, diretta e indiretta, o minaccia dell'uso della forza e rispetto della sovranità nazionale della Siria nelle forme garantite dalla Carta dell'Onu.
3. Rinnovo della missione degli osservatori internazionali che comprenda mediatori neutrali di alto profilo etico nonché attivisti per la pace e i diritti umani, con compiti di verifica delle informazioni sulle violenze, di individuazione dei responsabili delle violenze e di risoluzione nonviolenta dei conflitti
4. Richiesta di una commissione indipendente nominata dalla Assemblea Generale dell'ONU per l'accertamento delle reponsabilità dlle violenze-da qualunque parte siano provenute-al fine di applicare le norme delle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani.
5. Sostegno al progetto di referendum e libere elezionicon la presenza di osservatori internazionali accettati dalle parti.
6. Il Governo e il Parlamento d'Italia agiscano come ponte di pace e come fautori di mediazione in piena conformità con l'art.11 della Costituzione italiana e secondo il principio di trasparenza del dibattito parlamentare.
Riteniamo necessario che tutte le associazioni pacifiste e della società civile che appoggiano la pace e la riconciliazione per il popolo siriano siano realmente neutrali tra le parti e non affianchino organizzazioni come il CNS che in questo momento approvano l'insurrezione armata in Siria.
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Jugoslavia e Venezia-Giulia: "Giornata del Ricordo" in biblioteca
Conferenza con relazioni di storici mercoledì nei locali di largo Monreale a Borghesiana. Dalle 17,30 : "Guerra, nazionalismi, massacri etnici e politici in Venezia Giulia, Slovenia a Croazia"
Potrebbe interessarti:http://torri.romatoday.it/borghesiana/giornata-del-ricordo-foibe-biblioteca-largo-monreale.html
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„"Giornata del Ricordo". Questo il nome dell'iniziativa che si terrà mercoledì 17 febbraio nella biblioteca Borghesiana di largo Monreale. "Guerra, nazionalismi, massacri etnici e politici in Venezia Giulia, Slovenia, Croazia: 1941-1945", questa la conferenza che si terrà a partire dalle 17,30.“
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„INTERVENTI: Promossa dalla biblioteca Borghesina la conferenza vedrà la partecipazione di alcuni storici come Davide Conti, che dibatterà in relazione "all'occupazione italiana della Jugoslavia e la Resistenza 1941-45". Alberto Becherelli: "Rapporti tra Italia e Stato Indipendente Croato, 1941-1943". Giancarlo Bertuzzi: "Resistenza italiana e movimento di liberazione sloveno e croato nella Venezia Giulia". E Sandi Volk con : "La documentazione esistente sulle foibe".
SCARICA IL VOLANTINO IN FORMATO PDF: http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/02/monterealev180212.pdf
comunicato sul sito ANVGD: http://www.anvgd.it/notizie/12597-07feb12-negazionismo-che-serpeggia-anche-al-confine-occidentale.html
* azione di disturbo dei militanti de La Destra:
- sabato 18 febbraio 2012
- 10.30 fino a 16.30
- Mostra sui Crimini Fascisti in Jugoslavia. Via Cavour, 65. Ventimiglia.
- Nella scorsa Mattinata si è verificata a Ventimiglia una grave provocazione squadrista da parte dei fascisti di "Gioventù Italiana" e de La Destra di Storace.
Approfittando del fatto che la mostra su Fojbe e Crimini Fascisti in Jugoslavia fosse presidiata soltanto da un paio di anziani compagni ultrasettantenni, i fascisti venuti da Sanremo e Imperia hanno iniziato a inveire e minacciare i presenti, fare saluti romani e insultare la memoria dei partigiani caduti.
Dopodichè si sono pure rivendicati l'azione a mezzo stampa con tanto di comunicato e di foto:
http://www.rivieranews.it/2012/02/12/leggi-notizia/argomenti/politica-1/articolo/ventimiglia-giovani-de-la-destra-contestano-mostra-sulle-foibe-allestita-dallassociazione-inteme.html
Come antifascisti del Ponente Ligure non possiamo accettare questo genere di insulti alla nostra città, Medaglia d'Argento alla Resistenza. ★
Invitiamo pertanto compagni e cittadini alla vigilanza e convochiamo nella mattinata di Sabato un Presidio Antifascista e Partigiano davanti alla Mostra sui Crimini Fascisti, in Via Cavour 65.
Durante l'iniziativa saranno letti brani del libro "Operazione Foibe a Trieste" (potete scaricarlo gratuitamente a questo link:
https://www.cnj.it/foibeatrieste/) della studiosa e storica Claudia Cernigoi, che rivela la mistificazione politica sulla vicenda delle Fojbe utilizzata dai fascisti e dalla destra come arma di propaganda anticomunista e antipartigiana.
Vi Aspettiamo!
Giovedì 23 febbraio ore 16:30
Reggio Emilia, sabato 25 febbraio 2012
ore 15:00, presso la Sala polivalente del centro sociale Rosta Nuova
in Via Medaglie d’Oro della Resistenza 6
RICORDIAMO
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In Slovenia gli artisti resistono
10 febbraio 2012
La testimonianza di uno scrittore. Anche nel paese limitrofo al nostro comincia a imperare il “liberismo anticultura”. Ma, a differenza dell’Italia...
Un popolo a volte dimostra la propria mancanza di rassegnazione anche senza mettersi a bestemmiare o a sfasciare vetrine in piazza. Testimonianza ne sia la manifestazione pacifica che circa trecento scrittori e intellettuali hanno tenuto il pomeriggio del 7 febbraio 2012 nel centro di Lubiana, con l’intenzione di aggiungere una nota polemica alla cerimonia ufficiale di premiazione del Premio Prešeren 2012, che si teneva la medesima sera in una sala congressi del grande Cankarjiev dom (palazzo destinato a incontri culturali, spettacoli, ecc. Ogni anno a novembre vi si tiene anche la fiera del libro nazionale).
Cosí quei trecento – dopo aver firmato, con altri cinquemila operatori culturali, una petizione che esprimeva la loro posizione rispetto al problema – si sono radunati all’aperto (il termometro segnava dieci sotto zero) e hanno discusso assieme, scandito tranquilli slogan, acceso lumini e... bruciato simbolicamente un violoncello autentico e funzionante. Perché? Qual era il “problema” che univa musicisti, scrittori e redattori, uomini di spettacolo e traduttori?
Semplice: il problema era che il governo ha deciso di eliminare il Ministero della Cultura, accorpandone le funzioni (e i funzionari) a quello dell’Istruzione. Prevedendone le probabilissime (io direi le ovvie) ricadute negative sul mondo dell’editoria e della cultura in genere, tutti si sono alquanto arrabbiati. La televisione nazionale ha dedicato servizi alla protesta sul primo canale. I giornali ne parlano tuttora (e anch’io, pur essendo un italiano vivente a Lubiana, faccio il mio dovere divulgando la faccenda, che dovrebbe far profondamente vergognare l’attuale governo sloveno). La cosa, insomma, non è restata incastrata nel “vuoto pneumatico” dell’omertà massmediatica – che invece in Italia funziona tanto bene quando c’è da annullare un evento “minoritario” sgradito al potere. Esempio: tu, cittadino, o tu piccolo coordinamento, scrivi alla Rai per dirle che il servizio fa schifo e spieghi con civiltà le tue ragioni? Nessuno ti risponde. È il “vuoto pneumatico”, il silenzio del potere che ti isola e ti uccide in quanto cittadino o piccola aggregazione di cittadini.
Ebbene, in Slovenia questo silenzio (nonostante un certo imbarbarimento evidente anche qui) è considerato immorale: se tu scrivi e spieghi civilmente le tue ragioni, esiste un funzionario che ti risponde, alla tv come in qualsiasi altro ente pubblico. E della cultura nessuno oserebbe addirittura dire, come il nostro Tremonti, che «non si mangia». E se anche qualche imbecille lo dice, c’è chi gli risponde a tono. E brucia i violoncelli sotto lo Cankarjiev dom.
Dunque, ovunque in Europa, davanti ai liberisti e ai liberomercatisti culturali, ai darwinisti sociali della cultura, agli ottusi nonlettori o lettori danbrowniani: resistere! Resistere! Resistere! Solidarietà alla lotta degli operatori culturali sloveni. E ai politici italiani: tagliassero le proprie scorte, non il bilancio della cultura, che già è uno dei piú bassi dell’Unione Europea!
L’immagine: il violoncello arso nel corso della manifestazione di Lubiana dello scorso 7 febbraio.
Sergio Sozi
(LM MAGAZINE n. 22, 14 febbraio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)
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SIRIA. Guerra mediatica (1°Puntata) di Marinella Correggia |
Come si usano i neonati di Homs. Domani la seconda puntata della controinchiesta. La tempesta mediatica imperversa sulla Siria. I cosiddetti Comitati di coordinamento locale (Lcc), appartenenti all’opposizione, hanno detto alla tivù del Qatar Al Jazeera che almeno 18 neonati sarebbero morti nelle incubatrici dell’ospedale pediatrico al Walid perché i colpi di artiglieria pesante dell’esercito siriano contro il centro di Homs avrebbero causato un black-out elettrico, togliendo l’alimentazione agli apparecchi. Il governo nega e sostiene che gli ospedali funzionano correttamente; anzi insieme a molte altre denunce circa atti di violenza e sabotaggio compiuti da gruppi armati, riferisce che l’ospedale al Naimi in provincia è stato preso di mira da gruppi armati che l’hanno saccheggiato. La notizia sui 384 bambini uccisi in Siria era già stata diffusa dall’agenzia Reuters il 27 gennaio (http://blogs.reuters.com/stephanienebehay) ma – curiosamente - è esplosa sui massa media solo il 7 febbraio, cioè dodici giorni dopo, ovvero quando l’escalation politico-mediatica sulla Siria aveva trovato una doppia difficoltà con l’occultamento del rapporto degli Osservatori della Lega Araba che era venuto alla luce e con Russia e Cina che avevano posto il veto al Consiglio di Sicurezza sulla risoluzione contro la Siria. Inoltre nel report ufficiale delle Nazioni Unite, la responsabile dell’Unicef Marixie Mercado riporta testualmente qual è la fonte delle sue informazioni e cioè che "secondo le organizzazioni siriane dei diritti umani oltre 400 bambini sono stati uccisi e altri 400 sono in custodia". Vedi:(http://www.unog.ch/unog/website/news_media.nsf/%28httpNewsByYear_en%29/36191A0CEBA1AED2C125799D0037EF1F?OpenDocument) Ma la notizia dei neonati di Homs ha avuto grande risonanza soprattutto in Italia. E’ lecito sollevare più di un dubbio. E non solo perché nemmeno i regimi più brutali avrebbero interesse a colpire neonati e ospedali (per la verità ad eccezione di Israele che gli ospedali palestinesi o libanesi li ha sempre colpiti e sempre ne è uscita impunita)- La fonte (gli Lcc) è di parte e non dà alcuna prova. Oltretutto, tutti gli ospedali hanno generatori; se c’è un black-out elettrico funzionano quelli. Succedeva perfino nell’Iraq e nella Libia sotto le bombe, dove l’elettricità andava a singhiozzo. Poi l’accusa di tagliare la spina alle incubatrici ha più di un precedente e non solo in Siria. Sempre smentito. La scorsa estate i social network (twitter a partire dal 30 luglio) diffondono l’atroce notizia: tutti i bambini prematuri sono morti nelle incubatrici ad Hama perché gli shabiba (milizie di stato) hanno tagliato l’elettricità durante l’assalto alla città. Si parla di qaranta in un solo ospedale; senza precisare quanti sarebbero negli altri. Il 7 agosto la Cnn riferisce: l’Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra (sempre quello) denuncia l’assassinio di otto bambini prematuri, “martiri” nell’ospedale al Hurani, sempre a causa dei black-out. Ovviamente nessuna notizia circa il lavoro dei generatori….Una foto corredava la denuncia: un gruppo di neonati, arrossati, tutti insieme in un unico lettuccio. Dopo qualche tempo viene fuori che la foto era stata pubblicata mesi prima sul giornale egiziano al Badil al Jadid e si riferiva a un problema meno grave, ed egiziano: un ospedale sovraffollato di Alessandria. I bambini erano rossi e vivi, anche se in spazi ristretti. Del resto, chi non ricorda l’altro falso, datato 1990? Gli invasori iracheni avevano rubato le incubatrici negli ospedali pediatrici, causando la morte di diversi bambini prematuri. Venne poi fuori che il tutto era stato orchestrato dall’ambasciata kuwaitiana negli Usa, che agiva sotto le mentite spoglie del Comitato “Citizens for a Free Kuwait” e con l’assistenza da parte dell’agenzia di public relations Hill & Knowlton - per la modica cifra di 1 milione di dollari. Del resto anche l’ultima denuncia dell’Unicef riguardo alla Siria (400 fra i minori – in inglese children) è molto vaga quanto alle fonti; si riferisce a “media presenti a Homs” e a “rapporti” (all'Unicef internazionale abbiamo chiesto più dettagli, finora invano). Il non avere avuto riscontro ci fa supporre, e ovviamente sperare, che la notizia sia falsa. Ma la sua diffusione sarà utilizzata per convince tanti pacifisti della giustezza di un’azione di guerra che di vittime bambine ne vedrà ben più di 400. |
SIRIA. Guerra mediatica (2°Puntata) di Marinella Correggia |
Notizie sulla fonte principale delle notizie (anche recenti) sui morti in Siria: L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Due "Osservatori" in contrasto tra loro . Una decostruzione dei dati della prima settimana di febbraio. Le ultime denunce diffuse da tutti i media sono provenienti come sempre da fonti dell’opposizione siriana (la Reuters almeno dice di non poter verificare): l’Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra (Sohr), i Comitati di coordinamento locale, il Cns (Consiglio nazionale siriano) e i Fratelli musulmani parlano di un “massacro di civili” a Homs venerdì sera, con oltre duecento morti e centinaia di feriti, vittime dei colpi di artiglieria e mortaio dell’esercito nei quartieri presi dagli insorti, soprattutto Khalidya; si riportano le voci di alcuni “residenti”. L’agenzia nazionale Sana nega i bombardamenti e afferma che i video di corpi morti sono di gente uccisa dalle squadre armate, le stesse che compiono rapimenti di civili e attentati contro infrastrutture civili. Il fatto certo sono gli scontri fra armati dell’opposizione e l’esercito. Un contesto di guerriglia urbana dove certamente la popolazione è esposta. In conferenza stampa il capo degli osservatori della Lega Araba, il generale sudanese al-Dhabi, ha affermato che soprattutto a Homs “la violenza delle forze dell’ordine è una risposta agli attacchi dell’opposizione”. Ma quel che è interessante è la lotta intestina nel principale informatore dei media occidentali e arabi in materia di morti in Siria: il già citato Sohr di Londra. Un’inchiesta pubblicata sulla versione inglese di Al Akhbar rivela l’inattendibilità di quella che è la fonte principale dei media rispetto alla “conta dei morti e degli assassini” in Siria. Il famoso Osservatorio siriano per i diritti umani Sohr ha infatti due teste ora platealmente in lotta fra loro e due siti con “notizie” divergenti. I due siti sono www.syriahr.org e www.syriahr.net (o anche syriahr.com). Il primo si definisce “sito ufficiale dell’Osservatorio”. Il secondo…anche, precisando di essere “l’unico sito ufficiale”. Su www.syriahr.org è in bella evidenza dal 17 gennaio una lettera collettiva firmata da siriani dell’opposizione che “sconfessa” Rami Abdul Rahman (alias Osama Ali Suleiman), “direttore” dell’Osservatorio stesso, con accuse anche piuttosto classiste (è “poco istruito”). Scusandosi con i lettori per la possibile “confusione”, i firmatari capitanati da un medico residente a Londra, Azzawi, affermano di aver chiesto tempo fa allo stesso “direttore” di lasciare perché egli scriveva anche di vittime fra le forze di sicurezza nazionali e altre notizie “non verificabili” oltre a non dare i nomi dei morti. Hanno poi aperto un loro sito, il syriahr.org. Dietro la rottura c’è il fatto che Suleiman è vicino all’opposizione del Ncb (National Coordination Body for Democratic Change in Syria) di al-Manna che vuole una soluzione interna e negoziale alla crisi e condanna la lotta armata, mentre gli altri sono del Cns di Gharioun, filo-Occidente, finanziati dai paesi del Golfo e collaboratori del cosiddetto Esercito libero siriano che conta parecchi arruolati da altri paesi. Ovviamente i media e i governi occidentali e arabi danno molta più eco al Cns. Suleiman ha denunciato le pressioni da parte degli altri membri (quelli pro-Cns) i quali gli hanno intimato di schierarsi per un intervento Nato e di non parlare dei morti fra i soldati siriani. Entrambi gli “Osservatorio siriano” sostengono di avere centinaia di “attivisti” in Siria dai quali ricevono video e notizie. Ma le verifiche? Le notizie più efficaci propagate dalle due teste del Sohr sono quelle sui “martiri bambini” e sulle famiglie massacrate. Mère Agnès-Mariam de la Croix, superiora palestinese del monastero siriano di San Giacomo, che sta diffondendo dal canto suo liste di vittime delle bande armate, ha fatto ricerche su caso recente che ha fatto il giro del mondo: la mattanza nel quartiere Nasihine di Homs di dodici membri della famiglia Bahadour fra cui vari bambini. Gli assassini, ha raccontato a Le Monde un vicino che avrebbe visto tutto…praticando un buco fra i muri, sarebbero “sette uomini in divisa, lealisti del regime, che poi protetti dai cecchini dell’esercito sono saliti su un blindato”. Giorni dopo la storia è ripetuta dalla Cnn. Ma la religiosa si è messa in contatto con la famiglia: “Abdel Ghani Bahader era fratello di Ghazouan Bahader, autista dell’ufficio del governatore di Homs. Egli ci ha riferito quanto segue: ‘Siamo una famiglia sunnita che lavora per lo stato. Vogliamo essere neutri. Ma gli insorti ci hanno attaccati più volte tanto che mio fratello voleva spostarsi altrove dopo aver rifiutato l’invito a unirsi all’Esercito siriano libero. Ma non ha fatto in tempo”. |
SIRIA. Guerra mediatica (3°Puntata) di Marinella Correggia |
La conta dei morti che nessuno fa: gli uccisi da bande armate (metà gennaio). Domani la quarta puntata. Il monastero di San Giacomo di Qara sta diffondendo le liste di “civili morti e feriti per opera di bande armate e non nel corso di proteste”, frutto della “violenza cieca di un’insurrezione sempre più manipolata”. Nomi, cognomi, età, indirizzo e circostanze. Le fonti sono gli ospedali, le famiglie e la Mezzaluna siriana (il cui segretario generale Abd al-Razzaq Jbeiro è stato ucciso mercoledì scorso). Ecco i numeri. Fra marzo e inizi di ottobre, la lista dei morti civili comprende 372 nomi, fra cui diversi bambini (il più piccolo era Moutasim al-Yusef di tre anni, morto ad Haslah il 6 settembre), donne (fra le quali Sama Omar, incinta, uccisa a Tiftenaz il settembre). La lista dei feriti per il solo mese di ottobre e per la sola provincia di Homs vede 390 nomi fra cui diversi bambini; il più piccolo, Ala Al Sheikh di Qosseir aveva un anno e mezzo). Fra gli ultimi uccisi, il curato greco ortodosso del villaggio di Kafarbohom. I cristiani starebbero abbandonando interi quartieri soprattutto a Homs e Hama. Fra la pittura delle icone per la sopravvivenza del monastero, l’aiuto a famiglie in difficoltà e le preghiere quotidiane, la superiora madre Agnès-Mariam de la Croix sta pensando a un “bollettino settimanale che risponda con fatti e nomi di vittime alle false liste di propaganda dell’Osservatorio siriano dei diritti umani basato a Londra”. Quest’ultimo per la conta dei morti è - insieme ai Cosiddetti Comitati di coordinamento locale - la fonte quasi unica della stampa internazionale e dello stesso Commissariato Onu per i diritti umani, che diffonde la cifra di cinquemila morti attribuendoli alla repressione governativa. Qualcuno comincia a dubitare dell’Osservatorio londinese che, dice la Madre, “spesso non dà nomi e quando li dà non precisa che si tratta di uccisi da bande armate”. Secondo le cifre governative, sono stati uccisi duemila fra poliziotti e soldati. Palestinese di nazionalità libanese, Agnès-Mariam de la Croix si è attirata gli strali della stampa francese (lei è francofona) che la accusa di essere pro-regime. Vede l’urgenza della verità, per contrastare “un piano di destabilizzazione che vuole portare a uno scontro confessionale e alla guerra civile, gli uni contro gli altri, in un paese che è sempre andato fiero della convivenza”. Nei mesi, il conflitto sembra essere passato “da una rivendicazione popolare di riforme e democrazia a una rivoluzione islamista con bande armate” (sostenuta dall’esterno, petromonarchie, Occidente, Turchia). La Madre ha ospitato nel monastero una riunione di oppositori disponibili a un dialogo nazionale, e ha anche mediato con l’esercito perché allentasse la pressione sugli abitanti di un villaggio. Un gruppo di giovani siriani ha iniziato un analogo lavoro di indagine e “controinformazione”. Hanno creato un “Osservatorio siriano sulle vittime della violenza e del terrorismo” (Sovvt) e faranno indagini sul campo per preparare dossier e documenti. Fanno strage, oltre ai colpi di arma da fuoco, gli ordigni esplosivi. Come quello che tra Ariha e Al Mastouma (provincia di Idlib) ha ucciso sei operi tessili ferendone altre sedici mentre viaggiavano sull’autobus aziendale. Vari altri cittadini sono rimasti vittime di un ordigno vicino a Majarez. Colpita alla testa su un altro bus aziendale una ingegnere di Maharda è morta per le ferite. Undici passeggeri sono morti e tre sono rimasti feriti su un autobus civile a Homs, attaccato da armati. L’agenzia stampa ufficiale Sana riferisce quotidianamente di agenti uccisi o feriti, rapimenti, esplosioni di ordigni che prendono di mira infrastrutture pubbliche (treni, linee elettriche, strade), disinnesco di esplosivi e sequestri di armi pesanti. |
SIRIA. Guerra mediatica (4°Puntata) di Marinella Correggia |
Le violenze su civili e militari. Il Cns (Consiglio Nazionale Siriano) organizza una manifestazione del 19 febbraio a Roma) con l’appoggio dei pacifisti con l’elmetto. E’ stato il nuovo governo della Libia, frutto della guerra della Nato, il primo a riconoscere già lo scorso ottobre come “legittimo rappresentante del popolo siriano” il Consiglio nazionale siriano (Cns), in inglese Syrian National Council (http://latimesblogs.latimes.com/world_now/2011/10/syria-libya-opposition.html). Il Cns a sua volta aveva riconosciuto il Cnt libico già prima della conquista di Tripoli. Del resto, come ricorda Mustafa el Ayoubi su Confronti, nel 2011 “nell’ambito della Lega araba, la Siria aveva votato contro l’intervento militare in Libia. Era insomma un regime scomodo, non per il fatto che fosse anti-democratico ma perché anti-americano”. Così poco dopo, puntualmente scoppia una rivolta in Siria, “il 17 marzo a Daraa, una piccola città di 75mila abitanti. Non è stata una rivolta pacifica in quanto molti insorti erano armati e non esitavano a sparare sui civili e sulle forze dell’ordine”. Il Cns, basato in Turchia (ma il suo leader Bhuran Ghalioun vive a Parigi da decenni; sostiene però di rappresentare l’80% dei siriani), il Cns, attraverso i suoi “osservatori sui diritti umani” da Londra e i cosiddetti “Comitati di coordinamento locale”, è la fonte quasi esclusiva delle notizie pubblicate sui media che accreditano la versione di una “rivolta a mani nude contro il dittatore”. Peraltro c’è uno scontro interno fra “attivisti” che si accusano reciprocamente (vedi la Seconda puntata di questa serie). A differenza dell’altra opposizione che vuole il negoziato e non accetta la lotta armata né l’ingerenza, il Cns rifiuta ogni possibile negoziato e mediazione (come il Cnt libico, a suo tempo). Non ne ha bisogno, perché ha trovato molti alleati fra i paesi occidentali e petromonarchici, ai quali ha chiesto da tempo l’imposizione di una no-fly zone “per la protezione dei civili” (per esempio in ottobre: http://globalpublicsquare.blogs.cnn.com/2011/10/11/time-to-impose-a-no-fly-zone-over-syria/; e in gennaio: http://www.wallstreetitalia.com/article/1307700/siria-opposizione-invoca-intervento-onu-serve-no-fly-zone.aspx). Del resto come vari analisti hanno spiegato, anche nel caso siriano la no-fly zone non avrebbe senso e dovrebbe piuttosto sfociare in un vero e proprio sostegno aereo anti-governativo o Cas (close air support). Il Cns ha stretto in dicembre un patto di collaborazione con il cd Esercito siriano libero (Free Syrian Army-Fsa). (http://www.nytimes.com/2011/12/09/world/middleeast/factional-splits-hinder-drive-to-topple-syrias-assad.html?_r=1&;pagewanted=all) Il rappresentante del Cns in Italia e organizzatore della manifestazione a Roma del prossimo 19 febbraio (che ha già avuto diverse adesioni di associazioni italiane) è Mohammed Noor Dachan. Sul sito del Syrian National Council risulta affiliato come appartenente alla Muslim Brotherhood Alliance (http://www.syriancouncil.org/en/members/item/241-mohammad-nour-dachan.html). Egli sostiene che la Fsa è formata da “soldati, sottufficiali e ufficiali che hanno scelto di rifiutare di sparare alla gente comune disarmata e non è un esercito di guerra, ma ha solo l'obiettivo di difendere le manifestazioni”. La realtà appare molto diversa. Il cd Esercito libero appare responsabile di uccisioni di soldati e civili siriani (ci sono elenchi nominativi documentati, vedi puntata 3 di questo dossier) e atti di sabotaggio e terrorismo. Anche a Homs nella fase attuale (http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/7707-homs-un-testimone-racconta-il-terrore-gruppi-armati-non-damasco.html). Lo stesso il giornalista francese Jacquier è stato ucciso da gruppi armati dell’opposizione, secondo quanto raccolto da Le Figaro presso gli stessi osservatori della Lega Araba. Venerdì 10 febbraio, decine di morti in esplosioni ad Aleppo: la Fsa prima rivendica (“una risposta ai bombardamenti di Homs” dichiarava all’agenzia spagnola Efe il colonnello Riad Assad) poi smentisce e infine costruisce un’altra narrazione: surrealmente dichiarando ad Al Jazeera che effettivamente il gruppo ha attaccato Aleppo e le due basi militari con razzi e altro per “proteggere i civili che sarebbero scesi in piazza”, ma che gli attentati sono avvenuti dopo il ritiro dei suoi uomini. Secondo il McClatchi Newspaper, dietro i terroristi ad Aleppo c’è Al Qaeda. Del resto, leggiamo su TMNews, il leader di al Qaida, Ayman al-Zawahiri, ha espresso il suo sostegno alla ribellione siriana contro un regime definito antislamico, in un messaggio video diffuso su alcuni siti internet islamici: lo ha reso noto il centro di sorveglianza informatica Site. La stessa solidarietà a suo tempo espressa ai“ribelli” libici. Alla tivù satellitare saudita pro.opposizione al-Arabyiya, Ammar Alwani della Fsa dichiara: “Ogni soldato e ufficiale sono nostro obiettivo”; e “colpiremo Damasco”; poi l’inviato della tivù lo corregge e imbocca: “Vuol dire che colpirete obiettivi militari, non civili, vero?”. Il cd Esercito libero non è solo siriano perché è anche formato da elementi esterni, non è un esercito perché vari gruppi agirebbero in autonomia e non è libero perché dipende da apporti esterni in armi, denaro e uomini. Accanto all’Esercito siriano libero, l’intervento armato occidentale e petromonarchico c’è già e da tempo. Non sotto forma di bombardamenti ma di finanziamenti e invio di armi, consiglieri e mercenari. In appoggio a gruppi armati anti-Assad. Che il Cns avalla e con i quali collabora. Mentre la Turchia offre la base logistica alla Free Syrian Army, Qatar e altri paesi non fanno mistero del loro appoggio “diplomatico” e finanziario e in armi; a metà gennaio lo sceicco Bin Khalifa Thani ha dichiarato la volontà di mandare truppe. Inglesi e francesi hanno confermato di aver mandato unità ad assistere i rivoltosi. Sono state scoperte armi inglesi avviate clandestinamente. suolo siriano sono già operativi commandos e forze speciali. L’obiettivo è di creare delle“zone liberate” così da rendere legittimo l’intervento “umanitario” esterno. Da tempo l’opposizione siriana ottiene quotidianamente partite di armi (http://rt.com/news/syria-opposition-weapon-smuggling-843/). Obama chiede apertamente di sostenere gli armati anti-Assad e pensa di replicare i successi libici: nessun uomo, nessun morto, ma consiglieri e molti soldi. Fonti americane rivelano al Times un piano in fase di elaborazione da parte di Stati Uniti e alleati per armare i ribelli. Indiscrezioni che si incrociano con quelle del Guardian sulla presunta presenza di reparti speciali britannici e americani al fianco degli insorti, così come quella del sito israeliano Debka su una infiltrazione sul terreno, a Homs. A Homs truppe inglesi e qatariote dirigono l’arrivo di armi ai ribelli e consigliano sulle tattiche della battaglia, secondo il sito israeliano Debka file (ne riferisce la RT, Russian Tv). A queste indiscrezioni la Russia ha reagito affermando che si tratta di informazioni ''allarmanti'', secondo il portavoce del ministero degli Esteri, Aleksandr Lukashevich (http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/siria-homs-strage-senza-fine-times-piano-1113360/www.peacelink.it). Poi ci sono i mercenari libici. A dicembre il presidente del Consiglio nazionale siriano Burhan Ghalioun incontra a Tripoli i nuovi dirigenti. E scatta il piano che porta diverse centinaia di volontari libici in Siria, sparpagliati tra Homs, Idlib e Rastan (http://www.corriere.it/esteri/12_febbraio_10/olimpio-siria-insorti_a9528996-53da-11e1-a1a9-e74b7d5bd021.shtml). La missione è coordinata dall’ex qaedista Abdelhakeem Belhaj, figura di spicco della nuova Libia, e dal suo vice Mahdi Al Harati. Intanto il sito di petizioni Avaaz, dopo aver diffuso per la Libia notizie di bombardamenti su civili (http://www.avaaz.org/it/libya_stop_the_crackdown_eu) in seguito ampiamente smentite, invita alla "battaglia mondiale" per la Siria dicendo: "Questo è il culmine della primavera araba e della battaglia mondiale contro i despoti sanguinari. In conclusione, ecco quanto denuncia la stessa opposizione non armata (nelle parole di un esponente che preferiamo non citare per tutelarlo) “il Cns sembra fare il gioco degli sceicchi e del petrolio, sono in maggioranza fratelli musulmani che se ne fregano della democrazia e sanno benissimo che la Siria è abbastanza laica per poter arrivare al potere in modo democratico, non arriveranno senza armi, perciò stanno facendo di tutto per armare la rivoluzione, da altro canto, c'è la Turchia che si sente la nostalgia attraverso il partito di Erdogan per ottomanizzare la regione contro un'Europa ancora ostile nei suoi confronti. Non dimentichiamo che la rivoluzione siriana è la più importante in assoluto nel caso un probabile successo. Gli sceicchi del Golfo Persico temono per il futuro della loro monarchie basate comunque sulla dittatura e sull'ingiustizia”. |
SIRIA. Guerra mediatica (5° Puntata) di Marinella Correggia |
Le risposte dell’Unicef alle nostre domande sui “384 bambini uccisi” dal regime. Le fonti sono sempre le stesse e si alimentano a vicenda. In Siria si muore ma non da una sola parte. Il 7 febbraio tutti i media danno grande risonanza a un “rapporto” dell’Unicef secondo il quale in Siria almeno 384 bambini sarebbero stati uccisi nei mesi di violenze e almeno altrettanti sarebbero imprigionati. L’Unicef è l’organismo delle Nazioni Unite per l’infanzia. Il suo attuale direttore è Anthony Lake, ex consigliere per la sicurezza di Clinton. In inglese il termine utilizzato è children; i media italiani traducono “bambini” per maggiore impatto mediatico, anche se in realtà nei rapporti dell’Onu children sono i “minori di 18 anni”. Perciò d’ora in poi useremo il termine “internazionale” children. La notizia del “rapporto Unicef” passa subito come ennesima conferma del fatto che il regime uccide e incarcera bambini in quantità. In realtà a) l’Unicef non ha stilato di suo nessun rapporto, bensì ha utilizzato come fonti gli “attivisti per i diritti umani” b) la denuncia Unicef è di molti giorni prima (http://www.contropiano.org/it/esteri/item/6675-siria-guerra-mediatica-prima-puntata). In effetti la notizia sui 384 bambini uccisi in Siria era già stata diffusa dall’agenzia Reuters il 27 gennaio (http://blogs.reuters.com/stephanienebehay) ma è esplosa sui massa media solo il 7 febbraio, dodici giorni dopo, ovvero quando l’escalation politico-mediatica sulla Siria aveva trovato una doppia difficoltà con l’occultamento del rapporto degli Osservatori della Lega Araba che era venuto alla luce e con Russia e Cina che avevano posto il veto al Consiglio di Sicurezza sulla risoluzione contro la Siria. Un primo problema è che non c’è un rapporto dell’Unicef:, la quale non ha condotto alcuna ricerca autonoma, bensì riporta quanto denunciano gli “attivisti”. Nel routinario briefing per la stampa da parte dell’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, la responsabile dell’organizzazione Marixie Mercado è citata così: "Secondo le organizzazioni siriane dei diritti umani oltre 400 children sono stati uccisi e altri 400 sono in custodia, torturati e abusati sessualmente” (http://www.unog.ch/unog/website/news_media.nsf/%28httpNewsByYear_en%29/36191A0CEBA1AED2C125799D0037EF1F?OpenDocument ). Marixie Mercado ha anche parlato della città di Homs, affermando che l’Unicef non ha accesso alle aree interessate di Homs e non può confermare l’impatto degli attacchi sui children, ma che “ci sono rapporti credibili, anche da parte di media internazionali presenti, sul fatto che i children sono vittime della violenza”: Il 27 gennaio l‘Unicef aveva riferito alla Reuters la cifra di 384 children uccisi alla Reuters e 380 detenuti e seviziati (“alcuni con meno di 14 anni”) precisando “le cifre vengono da organizzazioni per i diritti umani che riteniamo credibili perché si basano su rapporti degli ospedali e racconti delle famiglie”. Niente che sia stato raccolto di prima mano, dunque. Ci si fida degli “attivisti” (sulle cui performances a senso unico e prive di conferme, vedi puntate 1, 2 e 3). In dicembre la Commissaria Onu per i diritti umani Navi Pillai aveva parlato di 307 children uccisi nella “repressione da parte delle forze siriane”. Quali sono le fonti del rapporto della “Commissione d’inchiesta indipendente” del Consiglio per i diritti umani? Interviste con “attivisti” e “disertori” (un approfondimento su questi è in cantiere per la settima puntata). Negli ultimi giorni Pillay ha così denunciato la “repressione a Homs” attribuendola al “fallimento del Consiglio di Sicurezza”: “Secondo fonti locali e rapporti di media indipendenti l’esercito siriano attacca in modo indiscriminato con carri armati, elicotteri, mortai aree civili di Homs”. Non ci sono verifiche, e testimoni da Homs attribuiscono la responsabilità all’opposizione armata (vedi la prossima sesta puntata), ma non sono stati presi in considerazione. Nel “chi uccide chi e quanti”, il ruolo delle bande armate non è contemplato. Né ci si chiede se i numeri siano esatti. Allo stesso modo, i media, il rapporto dell’Onu di dicembre e le Ong, che hanno sempre come fonti “gli attivisti”, lanciano cifre non confermate sul numero totale di uccisi (5mila, poi seimila), e non indicano mai le responsabilità di bande armate dell’opposizione; eppure in diversi casi i nomi sono risultati falsi; e/o children e adulti uccisi erano membri di famiglie filogovernative e in altri i genitori stessi hanno affermato che se l’esercito fosse stato presente, i loro figli sarebbero ancora vivi. Emblematico ilo caso della piccola Afef Saraqibi, morta a 4 mesi. Indignazione e orrore: per gli “attivisti” era, incredibilmente, “la più piccola detenuta politica siriana, incarcerata con il padre e morta per le torture”. Finché la madre stessa ha dichiarato pubblicamente che Afef è morta in ospedale e di malattia. Sono poi numerosi i video e le foto mistificanti. Un esempio: questa foto con il titolo “strage di bambini” (http://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150588879226827&;set=p.10150588879226827&type=1&theater) è una delle foto del World Press Photo 2012 (mostra di fotogiornalismo internazionale) e non arriva dalla Siria,è stata scattata a Kabul dal fotografo afghano Massoud Hossaini http://www.facebook.com/massoud.hossaini?sk=info. Le ultime dichiarazioni dell’Unicef, così tempisticamente riprese come “rapporto”, suonano approssimative: “Ci sono rapporti di children uccisi e detenuti”; “Ci sono rapporti di bombardamenti a Homs”. Abbiamo dunque chiesto qualche chiarimento sulle fonti al portavoce Unicef da New York Peter Smerdon. Quando dite “Ci sono rapporti di children arrestati e torturati”, a quali fonti vi riferite? Risposta: “A organizzazioni credibili, si veda il recente rapporto sulla Siria di Human Rights Watch e il rapporto dei tre esperti della Commissione Onu per i diritti umani. Quanto al rapporto di Human Rights Watch di metà dicembre: è stato redatto sulla base di interviste ad attivisti dell’opposizione e a “disertori”. L’organizzazione statunitense non si pronuncia sui gruppi armati e lancia anche denunce poco credibili, come: “C’è un eccidio di bambini e i campi sportivi sono stati trasformati in lager”. Poniamo allora un’altra nostra domanda all’Unicef relativa al fatto che il governo siriano accusa la Free Syrian Army di distruggere le case in aree pro-governative. Risposta: “Ci sono molte accuse che circolano sulla violenza in Siria”. Ma come mai non fate mai riferimento alle violenze dell’opposizione armata, indicate anche dal rapporto degli Osservatori della Lega araba, unica fonte che è stata presente nel paese? Risposta: “Ci sono molti rapporti da varie fonti. Non possiamo citarli tutti”. Dunque non si cita il rapporto degli Osservatori (boicottato dal Qatar e dall’Arabia Saudita) in cui la natura non pacifica dell’opposizione è evidenziata. E su Homs, quali fonti indipendenti avete? Risposta Unicef: la Bbc che riferisce di bombardamenti che colpiscono i children”. Così, la Bbc che fa riferimento alle stesse fonti dell’opposizione, diventa essa stessa una fonte indipendente. Il 31maggio dell’anno scorso l’Unicef pareva più neutrale e chiedeva a “tutte le parti coinvolte” di risparmiare i civili, soprattutto children e donne. Riconoscendo dunque le violenze dell’opposizione. E aggiungeva: “non possiamo verificare i rapporti, ma chiediamo al governo di aprire un’inchiesta sui video di children detenuti e torturati”. ( Fonte: Contropiano.org ) |
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Lunedì 13 febbraio 2012
storica e titolare
della casa editrice Kappa Vu di Udine
INTERVERRA’
alla trasmissione televisiva “PORTA A PORTA”
RAI 1 ore 23 e 15
Argomento della puntata: FOIBE e LAGER FASCISTI
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Marco Barone
di CLAUDIA CERNIGOI
Dopo avere seguito interventi ufficiali, comunicati stampa, esternazioni varie e soprattutto avere visto il “documentario” di Roberto Olla sulle “foibe”, trasmesso dalla Rai la sera del 10 febbraio (e, da quanto si legge nel sito http://www.bellariafilmfestival.org/evento-2011-144.html “in proiezione permanente” presso il Museo della “foiba” di Basovizza), ho pensato che sarebbe il caso di cambiare l’intitolazione della ricorrenza del 10 febbraio da “Giorno del Ricordo” a “Giorno della Mistificazione Storica”.
Vorrei citare solo alcuni dei punti più significativi.
Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini (centrosinistra) ha ripreso le (purtroppo infelici) posizioni del presidente Napolitano che aveva parlato, già anni fa, di “volontà espansionistica del nazionalismo jugoslavo”.
Parlare di “nazionalismo jugoslavo” è già di per se stesso falsificante, dato che il concetto di Jugoslavia era nato come concetto sovranazionale e non nazionalista, ma il fatto più grave è il voler attribuire alla Jugoslavia una “volontà espansionistica” che essa non ha mai avuto, né quando, Regno di Jugoslavia, fu invasa da Germania e Italia, smembrata ed annessa in parte ai due stati aggressori, né quando, riconosciuta come Stato alleato nella coalizione antinazifascista, sotto la guida del Maresciallo Tito, liberò il proprio territorio dagli occupatori e giunse fino a Trieste e Gorizia. Per liberarle, non per “occuparle”, come recita il filmato di Olla, perché la Jugoslavia faceva parte della coalizione alleata (e ricordiamo che l’Italia, il Regno del Sud, era solo cobelligerante).
Nessuno parla mai della volontà espansionistica italiana, che nel 1918 aveva conquistato militarmente Trieste, Gorizia, l’Istria e parte della Slovenia (dove nella zona di Postumia non c’era neppure una piccola comunità italiana, ciononostante divenne parte integrante dello stato italiano): dunque perché scandalizzarsi quando la Jugoslavia, dopo avere conquistato militarmente dei territori interamente sloveni e croati o mistilingue, ha mantenuto la sovranità neppure su tutti questi territori misti, restituendo Trieste e Gorizia all’Italia?
È poi scandaloso che si continui a parlare di “migliaia” di persone “inghiottite dalle foibe”, quando si sa che dalle foibe istriane dopo l’8 settembre del 1943 furono estratte 210 salme, e che nel 1945 gli “infoibati” nel senso letterale del termine furono meno di un centinaio mentre la maggior parte degli scomparsi (da Trieste meno di 500, da Gorizia circa 550, da Fiume circa 350), escludendo i militari fatti prigionieri e morti nei campi, furono arrestati dalle autorità jugoslave perché accusati di crimini di guerra, e probabilmente condannati a morte, se non morti in prigionia.
Particolarmente grave ed agghiacciante l’affermazione fatta (l’Ansa non dice da chi) nel corso della presentazione di una mostra dedicata alle “foibe e all’esodo” a Trieste, dove si sarebbe “sottolineato il ruolo che svolse personalmente il maresciallo Tito nell’organizzazione delle attività terroristiche contro la popolazione inerme, culminate nelle Foibe, che sono state determinanti nel costringere all’esodo 350 mila italiani”. Come se Tito, nel corso della guerra, non avesse altre gatte da pelare che prendersela con gli istriani di etnia italiana.
Ma qui troviamo la novità di quest’anno: dopo anni ed anni di divulgazione di dati storici risultanti dalle ricerche di un manipolo di volonterosi (spesso non considerati dalla storiografia ufficiale), che hanno messo dei punti fermi su alcuni “miti” in tema di foibe, da quest’anno i toni sono cambiati: dando per assodato un “esodo” di 350.000 persone, è logico che per motivare un esodo di questa entità era necessario un fattore a monte, e cioè il “terrore” diffuso dalle “foibe”.
Il primo punto è che ad esodare non furono 350.000 persone, ma molte di meno. I dati più attendibili parlano di circa 200.000, il che è comunque una cifra piuttosto consistente, ma se consideriamo che questo “esodo” durò dal 1943 al 1960 più o meno (quindi in fasi storiche diverse), ci si aprono altri orizzonti di dubbio.
Ad esempio: perché la famiglia di Norma Cossetto, che era stata uccisa dai partigiani, scappò in Italia (RSI) quando l’Istria era sotto controllo nazifascista e non jugoslavo, e come i Cossetto anche i Cernecca, altra famiglia che nel dopoguerra diede vita alla propaganda sulle foibe, avendo avuto dei familiari uccisi dai partigiani, si trasferirono nel Veneto già alla fine del 1943?
Nel 1945, subito alla fine della guerra lasciarono l’Istria alcune categorie di persone che sicuramente non potevano rimanere lì date le circostanze, e non solo la nomenklatura fascista, gli squadristi ed i gerarchi, ma gli stessi impiegati statali, poliziotti, militari, che erano arrivati in Istria dall’Italia e una volta cambiato stato e governo avrebbero avuto difficoltà a reinserirsi.
Questo il primo “esodo”: ma dobbiamo poi ricordare la propaganda che veniva fatta dall’Italia per invitare gli italiani a lasciare la Jugoslavia, che prometteva loro mari e monti, salvo poi sistemarli nei campi profughi di fortuna. Molti istriani vennero via per amore di patria, perché non volevano essere cittadini jugoslavi, molti perché erano anticomunisti, la maggior parte perché erano convinti che in Italia sarebbero stati meglio. Le foibe in tutto questo c’entrano poco: c’entra molto invece la propaganda sulle foibe, quella che fa dire a Licia Cossetto “mezza Istria è stata infoibata”: e dalla mezza Istria rimasta sarebbero venuti via ancora 350.000 abitanti? Se consideriamo che i dati del censimento del 1936 danno come abitanti (compresi sloveni e croati) per Istria, Fiume, isole del Quarnero e Zara 378.000 persone, i conti non tornano proprio.
Lasciando da parte l’esodo torniamo ad esaminare la propaganda di questi giorni, che ci presenta i “titini” come feroci criminali assetati di sangue, che non considera che il periodo storico di cui si parla corrisponde ad una guerra mondiale che fece milioni di morti, che la guerra non fu iniziata dalla Jugoslavia, che l’Italia deportò popolazioni intere dai territori che aveva occupato in Slovenia e Croazia, che appoggiò il regime fantoccio di Pavelic in Croazia (che operò una pulizia etnica nei confronti della popolazione serba), che l’Italia stessa commise in Jugoslavia (ma anche in Grecia e in Albania, per non parlare delle precedenti guerre d’Africa) crimini di guerra per cui fu denunciata alle Nazioni unite ma nessun responsabile fu mai punito, anzi, il gasatore di africani Pietro Badoglio fu colui che traghettò l’Italia fino alla fine della guerra dopo che il “duce” fu deposto il 25 luglio 1943.
È questa la storia che non è conosciuta nel nostro Paese dall’opinione pubblica, né viene insegnata nelle scuole, e sulla quale gli storici accademici , così come i divulgatori (salvo alcune ammirevoli eccezioni) tendono a glissare. È per cancellare questa storia, per impedire che criminali di guerra fossero processati e condannati che il Ministero degli Affari Esteri (MAE) diede alle stampe nel 1947, in prossimità della firma del Trattato di pace, una sorta di “libro bianco” intitolato “Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943”, che voleva dimostrare come gli jugoslavi avessero operato violenze ed esecuzioni sommarie (le “foibe”) sui militari prigionieri e sui civili italiani. Peccato che questo testo è ricco di “bufale” e di scritti apocrifi, ricordiamo la famosa “relazione Chelleri”, quella su cui si sarebbero basati tutti gli storici per parlare degli “infoibamenti” di Basovizza e del “sopravvissuto alle foibe”, quello che i telespettatori sanno essere Graziano Udovisi, il quale asserisce anche di avere “salvato un italiano”, ma che da altri documenti risulta essere invece Giovanni Radeticchio, il quale aveva dichiarato, già nel luglio del 1945, di essersi salvato da un “infoibamento” nel quale invece aveva trovato la morte Udovisi (su questo si veda il testo di Pol Vice “La foiba dei miracoli”, Kappa Vu 2008). A domanda dello storico Spazzali, il capitano Carlo Chelleri ha negato di avere scritto questa relazione (R. Spazzali, “Foibe un dibattito ancora aperto”, Lega Nazionale 1990): quale attendibilità può avere? Poi nel testo c’è anche una testimonianza attribuita ad un “sottocapo meccanico” di nome Federico Vincenti, che parla di atrocità commesse dagli Jugoslavi nei confronti dei prigionieri italiani a Lissa: dove Federico Vincenti, partigiano combattente friulano, negò di essere mai stato prigioniero degli Jugoslavi e di avere fatto le dichiarazioni citate nel “libro bianco” (su questo si veda l’intervento di Luciano Marcolin dell’Anpi di Cividale in http://www.storiastoriepn.it/blog/?p=3617).
Ed infine in questo “libro bianco” troviamo una serie di fotografie che documentano atti di violenza commessi contro serbi… da parte ustascia, cioè fascista, spacciati per “violenza jugoslava contro jugoslavi”, eliminando del tutto la questione politica ma esacerbando la questione etnica.
Perché mi sono dilungata tanto su questo libro? Perché è stato ripubblicato nel 2009, anastaticamente, e perché la Regione Lazio lo vuole diffondere nelle scuole. E la diffusione di falsità negli istituti scolastici è uno scandalo che si dovrebbe impedire.
Ecco, queste alcune riflessioni “a caldo” (nonostante le temperature polari di questi giorni di febbraio) sul Giorno del Ricordo 2012. Nella prima edizione del mio studio sulle foibe, “Operazione foibe a Trieste” pubblicato nel 1997, citavo in apertura alcuni versi di una canzone degli Africa Unite: “Ruggine, penna di velluto, lecca il livido inchiostro, fango rapido, colpire la memoria, riscrivere la storia…”.
Lo hanno fatto, lo stanno facendo. È come un fiume in piena, melmoso, velenoso, che ci sta soffocando. E nonostante tutti gli sforzi di questi anni, sembra sempre più difficile correre ai ripari.
Claudia CERNIGOI
Febbraio 2012
Oggetto: replica, sulle foibe, a P. Bocchi candidato sindaco di Parma per "La Destra"
Data: 12 febbraio 2012 00.56.12 GMT+01.00
Dopo oltre 60 anni di colpevole oblio la storia sembra riconsegnare una giusta memoria della drammatica vicenda delle Foibe e delle migliaia di civili italiani (fra i quali donne, bambini ed anziani) torturati ed uccisi dai partigiani di Tito (nonché di Togliatti), in nome del comunismo e della pulizia etnica. Oggi, finalmente si possono commemorare la morte ed il barbaro eccidio di tanti nostri connazionali, nonché le sofferenze di quei profughi che, rientrati in Italia, venivano insultati e minacciati secondo l’equazione, diffusa e propagandata dal partito comunista, per cui italiani = fascisti. Oggi, giornata nazionale del ricordo di questo ignobile genocidio, possiamo finalmente pensare alle foibe, non solo come erano descritte fino ad oggi nei libri scolastici , “varietà di doline ed anfratti frequenti in Istria”, ma come luoghi di martirio per tanti compatrioti (fascisti e non) e di bestiale sfogo anti italiano.
E’ triste, però, constatare come questa vicenda storica non sia ancora parte di una memoria nazionale condivisa. A Parma il Comitato Antifascista organizza in tale giornata il solito convegno negazionista nel quale si sostiene che le Foibe Titine sono solo (come quella di Bassovizza per esempio) una creazione mitologica e leggendaria. Probabilmente 60 anni di menzogne e di propaganda camuffata da Storia, non sono stati sufficienti a placare gli animi dei seguaci di quell’ideologia che si nutre di odio e intolleranza, che ieri voleva “sovietizzare” l’Italia e che oggi vorrebbe ancora “infoibare” la verità.
Ed allora mi si lasci ricordare qualcosa che difficilmente si sentirà in questo od altri convegni. Mi lasci ricordare che il comandante Oskar Pikulic (cittadino italiano), meglio conosciuto come il “boia di Pisino” (dove fece infoibare più di 100 persone) e condannato a 2 ergastoli per strage, fu graziato da quel simpatico “nonnetto” di Pertini e omaggiato di medaglia al valore e pensione per meriti patriottici. Mi lasci ricordare che un altro criminale, Mario Toffanin (detto “Giacca” e condannato all’ergastolo per omicidio plurimo), responsabile della strage di Porzus, e di altri crimini “comuni” fu aiutato dal PCI a fuggire all’estero ed ottenne medesimi onori (grazie alla legge Mosca), grazia e pensione ( di 700 mila lire e percepita fino alla morte).
Anche questa è stata l’Italia del dopoguerra. Occorre ricordarlo ai nostri giovani e a quelli un po’ smemorati che oggi ricordano sì ma parzialmente, omettendo di nominare l’ideologia comunista quale vera responsabile di questa ed altre tragedie del novecento.
Priamo Bocchi
(candidato sindaco “La Destra” Parma)
OLTRE 700 CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI FASCISTI, E IL SIGNOR UDOVISI
Il sig. Bocchi, rappresentante de “La Destra”, una destra non liberale o gollista ma una destra fascista, pensa di cavarsela riportando qualche fatto tragico della lotta partigiana (Porzus), qualche “neo” presente nella parte giusta. Chè, com’è noto, la guerra abbruttisce un pò anche la parte giusta e bella. E, da questo punto di vista, è successo anche di peggio altrove, p.e. in Francia per i prigionieri tedeschi degli angloamericani e per i collaborazionisti francesi di Vichy. Dimentica appena, il rappresentante della destra fascista, che in Jugoslavia hanno operato oltre 700 (settecento) criminali di guerra italiani fascisti. A cominciare dai generali Roatta e Robotti, che ordinavano “testa per dente!” e “si ammazza troppo poco in Jugoslavia!”. Il dato dei criminali di guerra italiani non è inventato ma è della Commissione per i crimini di guerra della Nazioni Unite. E nessuno di costoro è mai stato processato, estradato e consegnato alle autorità jugoslave che ne avevano fatto richiesta; fosse stata soddisfatta tale richiesta, probabilmente ai militari italiani catturati e imprigionati dagli jugoslavi sarebbe andata meglio. Nessuno dei 700 criminali fascisti ha mai scontato un solo giorno di galera diversamente dai criminali nazisti che sono stati processati e condannati a Norimberga. Ma se anche fossero stati 70 anziché 700, se anche fossero stati 7 anziché 70, resta il fatto che è stata questa loro parte, è stata l’Italia fascista che ha intrapreso la guerra in Jugoslavia e nei Balcani, non viceversa. Non è la Jugoslavia che ha aggredito l’Italia, è l’Italia fascista che ha aggredito e occupato duramente la Jugoslavia, p.e. facendo di Lubiana (terra slovena dove nessuno parla italiano) una provincia d’Italia. E’ Mussolini che già nel 1920 a Pola affermava “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone”. Non risulta che da parte slava vi sia stata un’affermazione simile nei confronti degli italiani, o mire espansionistiche o imperialiste. Non si possono scambiare o confondere cause e effetti, pena la falsificazione della storia: la causa prima è stata il fascismo, le foibe sono una conseguenza. E sul numero dei morti delle foibe è del tutto non dimostrato il dato delle decine di migliaia o degli oltre diecimila che riporta in questi giorni lo spot televisivo – sì spot, propaganda!- in onda sulle reti nazionali pubbliche statali. Tale spot cita il sig. Graziano Udovisi quale scampato a una foiba. Bisognerebbe dire anche che il tale Udovisi, lungi dall’essere persona “super partes”, era nel 1945 tenente della fascista (della Repubblica di Salò) Milizia Difesa Territoriale, forza sottoposta direttamente ai tedeschi, e rastrellatore di partigiani in Istria. Il suo racconto è apertamente messo in discussione dal libro “La foiba dei miracoli” scritto da Pol Vice (Paolo Consolaro) pubblicato dalla casa editrice Kappa Vu di Udine nel 2008.
Se nell’Italia liberata dal fascismo si può esprimere liberamente, il sig. Bocchi ringrazi anche i comunisti italiani e Togliatti che hanno contribuito in prima persona a scrivere una Costituzione, la Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza, fra le più democratiche e socialmente avanzate del mondo.
Oggetto: I: replica, sulle foibe, a P. Bocchi candidato sindaco di Parma per "La Destra"
Data:
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Alessandra Kersevan
Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra
Appendice dal volume: Foibe. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica
Atti del Convegno: Foibe: La verità. Contro il revisionismo storico
tenuto a Sesto S. Giovanni (MI), 9 febbraio 2008
Collana di Resistenza Storica / Udine: Editrice KappaVu, 2008
Nel 1997 – in anticipo con la concezione della memoria alla 10 febbraio, secondo la quale i fatti storici esistono solo se vengono amplificati dai mass-media – la vicenda di Porzûs divenne di pubblico dominio con la presentazione al festival del cinema di Venezia del film Porzûs di Renzo Martinelli. Nonostante il titolo richiamasse in maniera diretta questa vicenda, il contenuto la riguardava solo a grandi linee, poiché erano inventati o stravolti i caratteri dei personaggi, le motivazioni, i comportamenti, il contesto in cui avvenivano, in linea con la revisione della resistenza che stava emergendo in quegli anni.[1] Negli articoli che apparvero sui principali giornali italiani a commento e critica del film, si disse in un primo tempo – e il regista non solo avvalorò questa tesi, ma ne fece la base del lancio pubblicitario – che finalmente emergeva la verità su Porzûs. In realtà Martinelli si avvalse della penna di Furio Scarpelli – autore di sceneggiature che hanno costruito l’immaginario collettivo dell’Italia del dopoguerra, come La grande guerra e Tutti a casa – per costruire un polpettone confusionario e anche un po’ razzista. In seguito alla querela per diffamazione da parte di Mario Toffanin, “Giacca”, il regista cambiò versione e disse che si trattava di una fiction.
In realtà la vicenda di Porzûs è stata nel dopoguerra trattata in molti giornali e libri a livello nazionale[2], e nel Friuli-Venezia Giulia non è passato anno senza che fosse ricordata in manifestazioni di varia natura, anzi, in questa regione Porzûs è stato uno dei miti fondanti del ceto politico dominante, in gran parte di origine osovana.
Su Porzûs inoltre si è per la prima volta evidenziata quella convergenza destra-sinistra tesa a ricostruire un immaginario condiviso anticomunista. Non è un caso che il film sia stato finanziato dall’allora governo di centro-sinistra, cioè dal ministro della cultura Walter Veltroni, ma apprezzato anche a destra.
In sostanza la tesi che passò – la stessa delle forze dominanti in tutti questi sessant’anni, ma con la differenza che veniva fatta propria anche dagli eredi del PCI – era quella della responsabilità dei comunisti friulani, e del PCI più in generale, presentati come asserviti agli interessi jugoslavi – mentre gli osovani risultarono i patriottici difensori dei confini dalle mire jugoslave.
La vicenda
In realtà non si sa ancora con precisione cosa sia successo a Porzûs: nella ricostruzione ufficiale ci sono soltanto certezze, ma se si analizzano i documenti quasi nulla corrisponde a ciò che viene dato per assodato.
Il 7 febbraio 1945 (così secondo la versione ufficiale e processuale, ma alcuni importanti documenti[3] e un ragionamento sui tempi dell’azione, la collocherebbero invece all’8 febbraio) un gruppo di circa un centinaio[4]di gappisti, partendo dal Bosco Romagno, una zona fra Cormons e Cividale in cui avevano la base, comandati da Mario Toffanin – Giacca, si diresse verso le malghe dette, in seguito, di Porzûs, ma in realtà chiamate a quel tempo di Topli Uork[5], dove aveva sede, dall’autunno precedente, il comando del Gruppo Brigate “Osoppo dell’Est” – composto dalla I e dalla VI Brigata, in realtà poche decine di uomini perché la gran parte erano in congedo in attesa della primavera – comandato da un capitano dell’esercito, Francesco De Gregori, “Bolla”.
Arrivati nei pressi delle malghe i gappisti finsero di essere un gruppo di sbandati o fuggiti dai convogli per la Germania che volevano aggregarsi ai partigiani. Questo inganno fu reso possibile anche dal fatto che chi li guidava era “Dinamite”, Fortunato Pagnutti, molto conosciuto alle malghe osovane perché in precedenza era stato partigiano dell’”Osoppo” e vi si recava spesso per prelevare esplosivi per operazioni di sabotaggio[6]. La presenza di Dinamite contribuì – si dice – a non creare sospetti negli osovani, che pur in quei giorni dovevano essere molto sospettosi, giacché Bolla non faceva altro che mandare relazioni ai propri comandi superiori in cui denunciava la presenza oltre al nemico palese (tedeschi e cosacchi) del nemico occulto(sloveni e garibaldini)[7].
A quel punto gli osovani dell’avamposto mandarono a chiamare qualcuno del comando e venne “Enea”, Gastone Valente, commissario politico della VI Brigata, a vedere di che si trattava. Enea pensò di dividere glisbandati fra coloro che volevano andare con i garibaldini – e quindi proseguire per un paese vicino, Canebola – e quelli che volevano rimanere con l’”Osoppo”. Ma subito si accorse che c’era qualcosa che non andava nel comportamento di questi sbandati e quindi mandò un biglietto a Bolla, che si trovava in una malga più in alto. Dopo che la “cernita”[8] era già iniziata, Giacca diede ordine di agire ai suoi e gli osovani vennero disarmati, bloccati e costretti ad atteggiarsi in maniera amichevole, per ingannare Bolla che intanto stava arrivando assieme a Aldo Bricco, “Centina”. Quando i due furono arrivati vicino al gruppo dei gappisti, uno di questi avrebbe colpito Bolla, mentre Centina, con uno scatto, riuscì a fuggire giù per il dirupo, inseguito dai gappisti e dai loro spari, che lo ferirono in più punti. Centina si rifugiò poi nel paese di Robedischis, dove c’era un ospedaletto partigiano sloveno in cui venne curato[9].
A questo punto i gappisti si rivelarono: gli osovani vennero tutti disarmati, Enea e Bolla tenuti nella malga, altri inviati ad aprire i bunker, pieni di alimenti, di armi e di altri materiali.[10] In una delle malghe fu trovata Elda Turchetti, segnalata da Radio Londra come una pericolosa spia, collaboratrice dei tedeschi. Questo, in base alle testimonianze che Giacca diede ad alcuni giornalisti nel dopoguerra, sarebbe stato il fatto che portò alla decisione di uccidere sul posto i comandanti osovani, rei di proteggere una spia.
Infatti Bolla ed Enea, insieme con la Turchetti vennero fucilati nella malga. I bunker vennero svuotati e il materiale portato nella base gappista al Bosco Romagno, dove vennero anche portati gli altri osovani fatti prigionieri[11]. Nella zona delle malghe risulta ucciso anche il giovane Giovanni Comin, che, fuggito il giorno prima dal treno che lo avrebbe portato nei lager in Germania, stava raggiungendo il comando osovano, ma anche la ricostruzione della sua morte non è molto chiara.
Nella base del Bosco Romagno i prigionieri osovani vennero divisi fra i vari battaglioni gappisti e poi uccisi a gruppi nei giorni successivi. Ma due di essi, Leo Patussi, “Tin” e Gaetano Valente, “Cassino”[12], si aggregarono ai gappisti e sopravvissero: sarebbero diventati poi i principali testimoni d’accusa. L’analisi del loro comportamento nel Bosco Romagno e delle loro dichiarazioni in sede istruttoria e dibattimentale solleva sconcerto, in quanto la gran parte delle loro testimonianze, se sottoposte ad analisi e confronto con altri testi e altri documenti, si rivelano chiaramente mendaci. Non è privo di significato che un personaggio come Tin, Leo Patussi, che in base alla ricostruzione ufficiale ha tradito i suoi compagni passando ai gappisti, sia diventato poi generale dell’esercito italiano.
Fra gli osovani uccisi c’era anche Guido Pasolini, il fratello di Pier Paolo.
Ciò che successe al Bosco Romano è tuttavia molto nebuloso e basato su testimonianze contraddittorie; il riconoscimento dei corpi riesumati è dovuto quasi esclusivamente ad alcuni preti, fra cui don Aldo Moretti[13], il fondatore e la vera mente dell’”Osoppo”.
I personaggi
Prima di passare a parlare del contesto in cui questa vicenda avviene e dei complicati intrecci e motivazioni, è necessario analizzare brevemente l’elenco dei nomi che si trovano sulla lapide a Porzûs, un elenco di 20 nomi, alcuni dei quali, come vedremo, sicuramente non centrano con questi fatti:
Comandante Bolla, Francesco De Gregori[14]: insignito di medaglia d’oro al valor militare. Era stato un ufficiale dell’esercito, volontario in Spagna (con i fascisti), combattente nei Balcani, monarchico. Aderì all’”Osoppo” nella primavera del ’44. Era il comandante del Gruppo Brigate “Osoppo dell’Est”, ma proprio nel giorno dell’eccidio si stava trasferendo in pianura per assumere l’incarico di capo di stato maggiore del gruppo divisioni “Osoppo-Friuli”, ma anche per incontrarsi con il federale fascista di Udine, Mario Cabai. Il suo posto al gruppo di Brigate dell’Est doveva essere preso da Centina, Aldo Bricco (scampato all’eccidio fuggendo e curato dalle ferite in un ospedaletto sloveno).
Bolla viene sempre indicato come comandante della I Brigata, ma in realtà non lo era più dall’estate del ’44, quando era diventato vicecomandante della divisione unificata “Osoppo-Garibaldi” e poi, allo scioglimento di questo comando, era diventato comandante appunto del gruppo brigate “Osoppo dell’Est”. Dal momento che la I Brigata ha avuto altri comandanti, non si capisce perché questi siano stati oscurati, se non ipotizzando che per la ricostruzione di questa vicenda fosse meglio che i loro nomi non venissero ricordati. Avranno infatti tutti un ruolo importante nelle organizzazioni clandestine anticomuniste sorte in Friuli[15] già prima della fine della guerra e confluite poi in Gladio. Il comandante della I brigata al momento dei fatti di Porzûs era Marino Silvestri, futuro membro di Gladio/Stay Behind, che non fu mai chiamato a testimoniare, sebbene fosse stato fra gli artefici di un accordo con i repubblichini e i nazisti in funzione antigaribaldina noto come il Presidio di Ravosa, di cui si parlò molto al processo di Lucca[16].
Delegato Politico Enea, Gastone Valente: era del Partito d’Azione. Nel dopoguerra, in una sua intervista, Giacca avrebbe dichiarato che l’unica cosa di cui si dispiaceva riguardo all’azione che aveva comandato, era la morte di Enea. Era uno dei non numerosi azionisti rimasti nell’”Osoppo” dopo il cosiddetto golpe di Pielungo del luglio del ’44, quando la componente militare e democristiana dell’”Osoppo” con una sorta di putsch aveva allontanato i dirigenti azionisti, troppo inclini al comando unitario con i garibaldini. Tuttavia, secondo la testimonianza al processo di Maria Pasquinelli, agente al servizio della X Mas, a casa di Enea sarebbero avvenuti i primi contatti fra “Osoppo” e X Mas per costituire un fronte unitario antislavocomunista. Ma probabilmente la Pasquinelli si era fatta accogliere in casa con un ricatto.[17] Anche Enea viene di solito indicato con un ruolo sbagliato, come delegato politico[18] della I Brigata “Osoppo”, mentre lo era della VI, oppure si dice anche che stava per prendere il posto di Alfredo Berzanti[19] come delegato politico del gruppo Brigate dell’Est, cosa che non risulta dai documenti. È stato insignito della medaglia d’argento al valor militare. Non si capisce il perché di questa discriminazione rispetto a Bolla, medaglia d’oro, dal momento che sono morti nelle stesse circostanze e la storia partigiana di Enea era anche più intensa di quella di Bolla.
Sulla lapide poi ci sono i nomi di battaglia degli uccisi in ordine alfabetico; di questo elenco, si può rilevare:
- il corpo di Egidio Vazzaz, “Ado”, non è mai stato trovato, né ci sono altre prove valide perché sia stato inserito fra gli uccisi;
- “Rinato”, “Mache” e “Vandalo” sono morti in altre circostanze che già al processo di Lucca, nel 1951, erano emerse e non centrano con Porzûs;
- “Flavio”, Erasmo Sparacino, risulta dai documenti presso l’anagrafe di Cividale fucilato dai nazisti il 12/02/45; anche dopo che nel mio libro ho dimostrato questo fatto, il suo nome continua ad essere citato fra le vittime di Giacca;
- “Gruaro”, Comin Giovanni, non era osovano, ma garibaldino e il suo nome da partigiano era “Tigre”; non si capisce come mai i dirigenti osovani lo abbiano indicato sia nella lapide sia nel processo con questo nome di battaglia del tutto inventato[20];
- Di fronte a tanti nomi sbagliati o che non dovrebbero esserci, nella lapide manca invece quello di Elda Turchetti, che pure nei giorni precedenti all’eccidio era stata arruolata nelle file osovane, con un numero di matricola, 1755, e nome di battaglia, “Livia”. Ciò risulta dallo stesso diario di Bolla e da documenti presenti nell’Archivio “Osoppo”.
Elda Turchetti – indicata anche con il nome di copertura di Wanda Merlini – nell’estate del ’44 era stata segnalata da Radio Londra su indicazione degli stessi servizi informativi osovani come «spia accertata» al servizio dei nazisti. Nel dicembre del ’44 si consegnò a una formazione partigiana, per dimostrare la sua estraneità alle accuse. Ammetteva di essere stata al servizio dei tedeschi dalla fine di giugno del ’44, ma solo per une mese e di essersi poi accorta dello sbaglio e di aver lasciato l’incarico[21]. Ma a quale formazione partigiana si era consegnata? Al processo si disse, e questa naturalmente è la versione generalmente accettata, che si era consegnata a un garibaldino di nome Paura, il quale poi l’avrebbe passataagli osovani. Questo venne interpretato come uno degli elementi dell’inganno contro il gruppo di Bolla: infatti i garibaldini l’avrebbero consegnata agli osovani proprio per poter accusarli di proteggere una spia e aver il pretesto per l’eccidio. Ebbene, gli stessi documenti stilati da Bolla dicono che invece la Turchetti si consegnò a un osovano di nome “Gloster”, Alfonso Linda, e che questi la portò alle malghe. Anche su questo fatto, dunque, la ricostruzione processuale, ispirata dalla parte civile osovana, è falsa. Alle malghe sarebbe stata sottoposta a processo da Bolla e considerata innocente, tanto da essere arruolata nelle file osovane, eppure questo non fu mai detto al processo, né il suo nome è stato inserito nella lapide. Evidentemente la cosa risultava troppo compromettente dal momento che il suo nome come spia era stato ripetutamente fatto proprio da Radio Londra[22].
Bisogna ora ricordare chi furono i principali imputati gappisti e garibaldini.
Mario Toffanin, Giacca[23], operaio, originario di Padova, che già nel ’41 era a combattere nelle formazioni di Tito contro i nazifascisti. Arriva in Friuli nel 1944 e prende il comando di formazioni gappiste. Quelli che combatterono con lui gli erano molto affezionati, e nel dopoguerra andavano spesso a trovarlo nel paese vicino a Capodistria in cui era emigrato nel dopoguerra, per sfuggire all’arresto. Invece con alcuni dei comandanti garibaldini ebbe un rapporto conflittuale, specialmente con il commissario politico di tutte le “Garibaldi” friulane, Mario Lizzero – Andrea, e col commissario politico della “Garibaldi-Natisone”, Vanni Padoan, che lo consideravano insubordinato e settario. Nonostante questo – forse per il suo coraggio e determinazione nelle azioni – continuava ad essere comandante della brigata gappista. Dopo i fatti di Porzûs venne però allontanato e il comando della Divisione Gap costituita negli ultimi mesi prima della liberazione, passò a Valerio Stella, “Ferruccio”, il quale fu anche coinvolto nel processo per i fatti di Porzûs, incarcerato, ma assolto. Giacca non è mai stato arrestato e non ha mai testimoniato ufficialmente sui fatti. Nel dopoguerra ha rilasciato alcune interviste a giornalisti e una alla radio di Udine “Onde furlane”. Gli sono state attribuite molte dichiarazioni spesso contraddittorie.
Nella versione avallata a suo tempo dal PCI friulano guidato da Mario Lizzero, l’azione di Porzûs sarebbe stata un colpo di testa di Giacca. Secondo un’altra versione Giacca, a causa del suo carattere molto settario e poco riflessivo, avrebbe trasformato in eccidio quello che era solo un ordine di arresto di Bolla a causa delle sue trame con i repubblichini.
Degli altri gappisti coinvolti nelle inchieste si può dire che molti erano piuttosto giovani, di estrazione operaia o contadina, ma c’erano anche uno studente, un maestro e un medico. Alcuni furono incarcerati, anche a lungo, ma poi ritenuti innocenti, molti altri fuggirono, quasi tutti in Jugoslavia per sottrarsi all’arresto; alcuni sono ritornati in Italia solo dopo l’amnistia alla fine degli anni cinquanta, altri sono rimasti in Jugoslavia.
42 furono i condannati a varie pene detentive, fra essi anche alcuni dei maggiori dirigenti della Resistenza friulana, come Ostelio Modesti, “Franco”, il segretario della federazione clandestina udinese del PCI e Alfio Tambosso, “Ultra”, responsabile organizzativo, considerati i mandanti. Nel processo vennero coinvolti anche i vertici della divisione “Garibaldi-Natisone”, il comandante Mario Fantini, “Sasso”, il commissario politico Giovanni Padoan, “Vanni”, e il massimo esponente militare garibaldino della resistenza friulana Lino Zocchi, “Ninci”, comandante del Gruppo Divisioni “Garibaldi-Friuli”. Di questi, Fantini e Zocchi, a lungo incarcerati, vennero assolti; invece Padoan, il maggior obiettivo delle montature osovane, assolto a Lucca venne condannato in appello a Firenze come mandante. Non fu coinvolto nel processo il commissario politico di tutte le formazioni garibaldine friulane, Mario Lizzero, Andrea. Nel dopoguerra sarebbe diventato il maggior esponente comunista, a lungo segretario della federazione e poi deputato al parlamento
Vladimir Krsljanin, predsednik Organizacije Pokret za Srbiju, clan Internacionalnog komiteta “S. Milosevic”, Pocasni professor Sveucilista u Moskvi, cetvrtog po znacaju u Rusiji.
P. - Vlado, za koga glasati. Tko ima najvece verojatnosti da pobedi?
O. - Eto, velike su predizborne igre u Srbiji. Nazalost zemlja nema jedan svoj nivo potrebne normalne samostalnosti. Sve je kontrolisano od zapadne sluzbe i zapadnog kapitala. Svima je jasno da ta vlada i sva njena politika ne moze da potraje i da je pri krahu. Bilo po ekonomskoj, bilo po drustvenoj krizi. Te zbog povecanih problema u resavanju krize Kosova i Metohije i najzad, i ne zadnje, kriza koja je zahvatila Zapad, t.j. Evropsku zajednicu.
Jer svi znamo da je politika bila sazeta u slogan „Evropa nema alternativu“ i sva demontaza ekonomskog, socijalnog sistema u zemlji se skrivala iza tog slogana. Sada je jasno da taj slogan ne donosi Srbiji nista i stvorila se sada jedna nova vazna cinjenica u raspolozenju gradjana koja jos pred nekoliko meseci nije bila tako velika i ocigledna, a to je uz masovno opredelenje protiv NATO pakta i za, istovremeno, neku vrstu saveznistva sa Rusijom. Sada se stvorila jasna vecina protiv EU. Dakle u vreme kada je ova vlada dosla na vlast vecina je bila za ulazak Srbije u Europsku uniju, nazalost. Ljudi su u medjuvremenu te iluzije izgubili i sad te tri velike cinjenice zapravo bi trebalo da usmere buducu politiku Srbije, medjutim raspored politickih snaga i opredelenje politickih partija ne daju dovoljno garancije da ce to u potpunosti i biti. Najvise sansi na izborima, po istrazivanjima javnog menja, ima Srpska Napredna Stranka. Medjutim njena linija je nekako mutna i kompromisna i oni ce u velikoj meri dobiti protestne glasove, da tako kazem. Mnogi ce glasati za njih bez mnogo vere u njihovu sposobnost da pozitivno promene stanje u zemlji samo zato jer u jima vide faktor koji ce najbrze da skine sadasnju garnituru sa vlasti. Ima jos nekoliko stranaka koje su jasnije u opredeljenjima a to su; Demokratska Stranka Srbije i Srpska Radikalna Stranka narocito, ako se govori o toj opstoj drzavnoj politici. A postoje brojne snage i pojedinci, da tako kazem, na tom patriotskom, ukljucujuci levo patriotski deo politickog spektra, koji su ranijih godina bili jako onemoguceni u svom politickom delovanju i stvaranju neke artikulisane politicke snage.
Mi sad znaci ovde imamo jedno udruzenje, grupu koja pokusava da nadoknadi tu slabost srpskog politickog zivota, znaci organizaciju koja nastupa pod imenom Pokret za Srbiju i koja nastoji da okupi sve te ljude i grupe, ukljucujuci neke omladinske patriotske organizacije kako bi se u tu politicku bitku, bilo samostalno bilo mozda u saradnji sa nekom od tih krupnih stranaka koje ce lako uci u Parlament dodalo srpskoj politici onaj kvalitetet, ona autenticnost koja nece moci da se kontrolise od zapadnih centara moci, bez obzira na njihov ogroman uticaj u ovom casu u Srbiji.
P. - Pa najbolji im je primer, ovima koji se predomisljaju, kako ide Evropa u ovom casu?. Svuda protestne manifestacije, u Grckoj, Spaniji...?
P. - Evo sada u Italiji, sklonili su Berluskonija, nije ni zasjela, tako rekuc ova nova vlada Maria Montia i vec se dizu protesti, ... Zna se tko je Mario Monti i koga predstavlja...
P. Kad si vec spomeuo ubistvo Gadafija, vidim, narocito na ruskoj TV da se spominje i smrt Slobodan Milosevica. Znaci nije zamro pokret za rehabilitaciju Slobinog imena? Vidim tu Pohvalu koju su ti urucili u Rusiji...?
O. Jeste, ja sam dobio titulu na jednom od najvecih, cetvrtom po znacenju, ruskom Univerzitetu, i u obrazlozenju se navodi i to izmedju ostalog , da se ona dodeluje za koordinaciju rada Medjunarodnog komiteta „Slobodan Milosevic“. Komitet se ranije, dok je on bio ziv, zvao Komitet za odbranu Slobodana Milosevica, sada se zove Medjunarodni komitet „S. Milosevic“ i vecinom ljudi koji su bili aktivni u tom komitetu, ...on je sacuvao... jos uvek ima tri kopredsednika; Remzi Klarka, V. Zjukanova i S. Baburina i ima jedno opredelenje i nastojanje da sad i na jednom simbolicnom politickom planu afirmise ideje za koje je Slobodan Milosevic ziveo i za koje je i izgubio zivot ..da prikaze njihovu aktuelnost danas, a da sa druge strane pomogne u rasvetlavanju njegovog sudskog ubistva i u tom smislu angazovanje kanadskog advokata Kristofer Bleka, od strane porodice sakupljeno je vec dosta podataka koji ukazuju na nesumnjivu odgovornost Tribunala za njegovu smrt. Medjutim i sam Tribunal a i istrazne vlasti u Holandiji, uprkos zahtevima advokatove porodice ne pokazuju dovoljnu koperativnost da nam dostave na raspolaganje sve one materijale, dokumente koje su prikupili u njihovim istragama, koje naravno nisu dali nikakav rezultat, koji su samo iskorisceni da zabasure ovaj tragicni dogadjaj. Imamo, i to je satisfakcija za nas u Srbiji da se u Rusiji, za nasu borbu, gleda s postovanjem i u pozitivnom svetlu i nadamo se da ce to pomoci i u mnogim drugim stvarima da to, kako da kazem, zauzme adekvatno mesto i u samoj Srbiji i na nasem prostoru uopste.
P. - I poslednje pitanje, na koje se takorekuc, lome koplja. Situacija na Kosovu i Metohiji. Mislis li da ce Srbi tamo ipak nekako izdrzati, svojim stavom, obranom?
Prvo region o kome govorimo, sever Kosova i Metohije, mogao bi se pre nazvati Severni Kolasin, ili recimo Juzni Kopaonik. Znaci to je region koji je tek 1966., administrativnom odlukom tadasnjih vlasti prikljucen K i M. Njemu su, t.j. on cak nije bio u sastavu Velike Albanije u 2. svetskom ratu. Dakle to nije ni Kosovo ni Metohija, to su dve velike visoravni koje mozete na karti jasno videti, i na Googlu, sta je Kosovo, sta Metohija, i videt cete naravno da taj deo ne pripada ni jednoj od tih 2 regija, vec je on samo administrativno u sastavu Pokrajine. I u njemu, izuzev Kosovske Mitrovice, koja je zbog sukoba podeljena na 2 dela gde je stanovnistvo bilo pomesano ranije, ali u svim ostalim delovima su iskljucivo uvek ziveli samo Srbi. Znaci bez obzira sto su administrativno pripadali Pokrajini oni se nisu nikad u potpunosti osecali pripadati istoj, vec su bili samo upuceni na normalnu saradnju. A kad granica nije postojala bilo je to sasvim normalno i prirodno sa ostatkom Srbije.
I to je deo odgovora zasto su oni tako homogeni u svojim zahtevima i tako odlucni.
Medjutim s druge strane oni imaju siroku podrsku Srbije u svim faktorima, pojedincima, grupama, kojima je stalo do integriteta Srbije i koji znaju ako se proces puzajuceg priznavanja nezavisnosti koja je ova oblast upravo ugovorila, t.j. Weekiliks potvrdjuje sa Angloamerikancima da znaci da oni su zapravo izborili formulu koja je Angloamerikancima prihvatljiva. Znaci da Srbija na papiru nikad ne izvrsi to priznanaje, ali de facto priznaje nezavisnost. Dakle da uspostavi sve vrste medjudrzavnog saobracaja sa nekom drzavom koju priznaje a da je to eto tako teoretski ne priznaje. Medjutim naravno ovde se radi i o legalizacije agresije NATO- a i legalizacije pristinske teroristicke narkomafije, dakle nemozemo nikako govoriti o sadasnjim rukovodiocima K i M, odnosno tih albanskih teroristickih grupa. Ja i ne volim da kazem albanskih. Izvinjavam se sto sam i ovog puta upotrebio, jer je i albansko stanovnistvo bilo njihova zrtva i jos uvek njihovih pritisaka. Isto slicno kao u Libiji. Samo je tu radjeno malo temeljnije i na duzi rok a tamo je bas radjeno brutalno. Znaci vi ubacite grupu bandita, date im svu mogucu materijalnu i logisticku propagandnu podrsku i onda ih pretvarate u nekakvu politicku snagu iako oni nemaju nikakvu ukorenjenost u narodu. Znaci ti likovi koji su na celu; Haradinaj, Taci i dr., oni, znaci ta nakomafija pristinska je danas postala vodeca narkomafija u Z. Evropi, zapadnom svetu. Pobedila je italijansku mafiju i ostvaruje godisnji profit, prema ruskim podacima, od 4 milijarde, pardon, preko 3 milijarde eura godisnje, uglavnom na prometu afganistanskog heroina. Znaci sad kad vidite NATO u Afganistanu, gde se proizvodnja heroina povecala za 44 puta vise od kada je NATO tamo dosao, znaci i profit od preko 3 milijuna eura sto je vise nego sto je dvostruki budzet K i M, koji ta mafija ostvaruje, prodavajuci drogu pre svega jednoj Evropi i Americi, znaci vidimo koliko je to veliki zlocinacki poduhvat s kojim se nikako ne smijemo pomiriti.
I poslednji, narocito znacajan faktor, znaci ova kriza na severu je izbila ne zbog upornosti, hrabrosti Srba na severu, koja se pokazala poslednjih 4 meseci vec zbog pretnje da se kopija „Oluje“ iz Krajine sprovede nad tim regionom potpuno po istoj tehnologiji, lokalnim izvrsiocima, ali i ogromnu vojnu logisticku podrsku... Cak 14 „Apaca“ stiglo je u bazu „Bondstil“. Sve je bilo spremno da se Srbi sa Severa zbrisu vojnim putem. Ali ono nasta se nije racunalo u tom planiranju, bilo je njihovo jedinstvo s jedne strane, a s druge strane podrska koju je Rusija obezbedila u Savetu bezbednosti. Ovog puta ne posredstvom Srpske vlade koja je pokazala prilicnu neodlucnost po tim pitanjima, nego direktno. Dakle znaci oni su na sednicama Saveta bezbednosti, koji su na zahtev zapadnih sila sve bile zatvorene za javnost, kazali Amerikancima da znaju za njihove planove i da ti planovi nece proci, da to Rusija nece dozvoliti. Eto imamo sad tu sdituaciju koja traje , koja je napeta i dalje i koja mora da se razresi, ali verujem da ce ta odlucnost Rusa i Srba tamo ipak obezbediti da se stvari dalje ne pogorsavaju.
P. – Pa kako se moze pregovarati sa onima koji su optuzeni za trgovinu ljudskim organima? Zna se da Zapad, t.j. Amerika, zataskuje sudjenje.
O. – Naravno, da, kako da kazem, pa videli ste kako je Zapad hladno priznao da su eto pogresili, da nije bilo oruzja za masovno unistavanje u Iraku, mozda ce nesto priznati u vezi Libije, oko Afganistana je svo vreme bilo jasno. Nekakvi teroristi navodno organizuju sve ono u Nju Jorku, 11. septembra. Pri tom su svi poreklom iz Saudijske Arabije.
Sta ima logicnije posle svega toga nego da napadnete Afganistan? Znate...
P. – Prije toga je Bin Laden bio njihov prijatelj...
O. – Naravno, naravno! Medjutim sve te stvari su mnogo vise prodrle u javnost nego pozadina agresije na Jugoslaviju i situacije na K i M, i ocigledno je da je kolicina njihovog prljavog vesa, zapadnog, tamo tako velika i kompromitujuca a i pozicija koju oni tamo drze sa svojom najvecom vojnom bazom, neki kazu na svetu, u Evropi svakako im je toliko vazna da oni ne dozvoljavaju zasad da istina gromoglasno izadje na videlo. To je nesto oko cega se svi moramo truditi i sto je bitno za razumevanje sadasnje krize i sadasnjeg ponasanja zapadnih faktora na globalnoj sceni. Znaci mora se i istina o K i M do kraja izneti na videlo.
P. – Hvala Vlado!
Intervista a Vladimir Krsljanin
Vladimir Krsljanin è Presidente dell’Associazione Pokret za Srbiju (Movimento per la Serbia), membro del Comitato internazionale “S. Milosevic” (già ICDSM). Recentemente insignito della nomina a professore benemerito all’ Università di Mosca (quarta per importanza in Russia).
R. - Ecco vedi, grandi sono i giochi preelettorali in Serbia. Purtroppo il Paese non ha un suo livello di sovranità normale, necessario. Tutto viene controllato dai servizi occidentali e dal capitale occidentale. A tutti è chiaro che questo governo non può durare e che anche tutta la sua politica è arrivata alla fine. Sia a causa della crisi economica che di quella sociale, a causa dei problemi crescenti per la soluzione della crisi del Kosovo e Metohija, e infine, ma non ultima, la crisi che ha preso l’Occidente, cioè l’ Unione Europea...
Perchè tutti sappiamo che la politica è stata riassunta nello slogan “Non c'è alternativa all’ Unione Europea” e tutto lo smantellamento statale del sistema economico e sociale nel Paese si è nascosto dietro questo slogan. Ora è chiaro che questo slogan non porta alla Serbia niente, e che si è verificato un nuovo fatto molto importante nell’umore dei cittadini, fatto che ancora alcuni mesi fa non era cosi grande ed evidente, e cioè il grande schieramento contro il patto NATO ed in qualche modo un riavvicinamento all’alleanza con la Russia. Si è formata una chiara maggioranza contraria all'Unione Europea.
Dunque nel periodo in cui questo governo è venuto al potere la maggioranza era per l’adesione della Serbia all’ UE, purtroppo. Ora queste illusioni nella gente sono svanite. Questi tre fatti dovrebbero indirizzare la politica della Serbia. Ma lo schieramento delle forze politiche e lo schieramento dei partiti, purtroppo, non fornisce una sicura garanzia di questo. Le maggiori chance alle elezioni, secondo i sondaggi dell’opinione pubblica, vanno alla Srpska Napredna Stranka [Partito Progressista Serbo], però la sua linea interna è in qualche modo nebulosa, fatta di compromessi. A loro però, andranno, credo, in grande misura i voti di protesta, per così dire, perchè sono ritenuti un fattore che quanto prima riuscirà ad abbattere questo governo. Ci sono alcuni partiti che sono molto più espliciti nel loro schieramento e questi sono in particolare la Demokratska Stranka Srbije [Partito Democratico di Serbia] e il Partito Radicale Serbo, se parliamo di politica statale in generale. Esistono inoltre numerose forze, anche individuali, per così dire, patriottiche, inclusi gli orientamenti patriottici di sinistra in questo spettro politico, i quali negli anni passati erano impossibilitati nelle loro azioni politiche e nella costruzione di forze politiche articolate.
D. - Dunque in tanti si sono ricreduti sulla politica di adesione all’UE, vedendo la crisi che dilaga in vari Stati europei - si vedano le manifestazioni in Grecia, Spagna, ecc. - e non solo?
R. - Naturalmente, anche in Italia. Tutto questo non si puo più nascondere, malgrado le notizie che ci propalano, incomplete, qui sulle grandi TV, senza spiegazioni sufficienti, comparandole con le dichiarazioni dei nostri ministri che continuano a ripetere la loro ammirazione per l’Unione Europea. Ogni persona di media levatura comprende che qualcosa non quadra e che non va come dovrebbe andare.
D. - Ecco, in Italia: hanno cacciato Berlusconi, ma il nuovo governo eletto già viene contestato con manifestazioni... Sa qualcosa su Mario Monti...?
R. - Certo, certo. Tutto questo concetto di liberalismo finanziario, questa nomenclatura, che sta attraversando il mondo e si manifesta nel mondo, si esplica in larga misura con concezioni corporativistiche tipiche del fascismo. Guardate cosa hanno fatto in Libia, le minacce alla Siria, all’Iran... Alcuni di loro sono intenti ad iniziare una nuova guerra Mondiale, a provocare una grande crisi mondiale, per conservare il loro immeritato dominio finanziario, immeritato naturalmente, perche l’introduzione di tale liberalismo speculativo è imposta al popolo con la forza. Mai, in nessuno Stato, nemmeno negli USA, in Gran Bretagna, né nei maggiori stati dell’ UE, il popolo ha avuto l’ occasione di esprimersi su questo. E nemmeno è stato informato delle conseguenze di questo liberalismo, perchè si potesse esprimere. Dunque grande è la discordia... rispetto a tutti questi malanni ed ai loro errori, che si vorrebbero risolvere facendoli pagare al popolo. Il popolo naturalmente, non viene interpellato, il popolo si rifiuta di pagare, si ribella, perciò le manifestazioni in Grecia, ed in altri paesi. Questa resistenza aumenterà e può portare ad un grande crack in Occidente se non prevarrà il realismo da qualche parte, perchè questo singolare sistema sia cambiato per vie legali.
D. - Visto che accenniamo all'assassinio di Gheddafi, ho visto che alla TV russa parlano anche della morte di Slobodan Milosevic. Dunque non è andata ancora nel dimenticatoio la verità sulla morte di Milosevic, la volontà di riabilitare il suo nome? Ed in merito all’onorificenza conferitati honoris causa, da una delle più prestigiose Università statale russe...
R. - Si mi hanno conferito il titolo honoris causa in una delle più prestigiose Università statali russe, la quarta in ordine d’ importanza. Nella motivazione tra l’ altro è scritto che viene assegnata per la coordinazione del lavoro del Comitato Internazionale per Slobodan Milosevic. Il Comitato prima, fintantoché era in vita S. Milosevic, si chiamava Comitato Internazionale per la Difesa di S. Milosevic - ICDSM - mentre ora è il Comitato Slobodan Milosevic, nel quale sono impegnate la maggioranza delle persone che erano già attive allora nell' ICDSM ed ha anche mantenuto i tre vicepresidenti: Ramsey Clark, Velko Valkanov e Sergej Baburin, con l’impegno attuale che sul piano politico-simbolico si continui la attività per affermare le idee per le quali S. Milosevic ha vissuto e per le quali ha perso la vita, si dimostri la sua attualità odierna e, allo stesso tempo, si cerchi di chiarire le circostanze del suo assassinio giudiziario. In questo senso l’ impegno dell’ Avvocato canadese Cristopher Black... mentre da parte dei familiari si sono raccolti molti dati che dimostrano senza alcun dubbio la responsabilità del Tribunale per la sua morte. Lo stesso Tribunale e gli organi investigativi in Olanda, malgrado le richieste dell’ Avvocato e della famiglia, non dimostrano sufficiente cooperazione per metterci a disposizione tutto quel materiale e documentazione raccolta nelle loro investigazioni. Le quali, naturalmente, non hanno dato nessun risultato, essendo servite soltanto a nascondere questo tragico evento. Dunque anche questa è una soddisfazione per noi in Serbia, il sapere che in Russia si guarda con grande stima ed in una luce positiva a questa nostra lotta. E speriamo che ci aiuteranno anche in altro modo, come dire, a prendere una posizione adeguata nella stessa Serbia e sul nostro suolo in generale.
D - Una ultima domanda. Il punto dolente, sul quale, come si usa dire, si spezzano le lance. La situazione in Kosovo e Metohija. Pensi che i serbi resisteranno in qualche modo, nella loro posizione, con la loro difesa?
R. - Credo e spero di si. Sono molto coesi, molto bene radicata è la loro dirigenza. Tutti i quattro comuni locali, dei quali parliamo, senza curarsi di a quali partiti del Parlamento appartengano i rappresentanti, o a quali partiti appartengano i loro stessi consiglieri comunali, hanno dimostrato un’incredibile unità nella difesa dei loro diritti, noncuranti di che cosa pensino i loro partiti. In proposito bisogna citare alcuni fatti.
Innanzitutto, la regione della quale parliamo: il Nord del Kosovo e Metohija si potrebbe chiamare piuttosto Nord Kolasin, oppure Sud Kopaonik, dunque questa è la regione che solo nel 1966 è stata aggregata al Kosovo e Metohija, con una decisione amministrativa del governo di allora. Ed essa non faceva nemmeno parte della Grande Albania nella II Guerra Mondiale. Dunque questo non è né Kosovo né Metohija - sono due altipiani che si possono ben distinguere sulla carta geografica, oppure su Google, da quello che è il Kosovo e da quello che è Metohija e potrete vedere, naturalmente, che questa parte non fa parte né dell'una né dell’altra regione, ma si trova a far parte soltanto amministrativamente della Regione del Kosovo-Metohija. Ed in essa, eccetto Kosovska Mitrovica, che a causa degli scontri è ora divisa in due, la popolazione era mista. Però nelle altre parti vivevano esclusivamente i serbi. Dunque, malgrado che siano appartenuti amministrativamente alla Regione, mai i suoi abitanti si sono sentiti fino in fondo di far parte del Kosovo-Metohija. Erano indirizzati ad una cooperazione normale, ed era una cosa normale e naturale quando non c’erano le frontiere. E questo è una parte della risposta alla domanda sul perchè loro sono così compatti nelle loro rivendicazioni e così determinati.
Dunque, installare tutta una fattispecie di relazioni inter-statuali con uno "Stato" che riconosce anche se, per così dire, in teoria non lo riconosce. Naturalmente si tratta così anche di legalizzare l’aggressione NATO e la narcomafia terroristica di Pristina - ma noi non possiamo assolutamente parlare coi cosiddetti governatori odierni del Kosovo e Metohija, cioè con questi gruppi albanesi. E mi scuso perchè anche questa volta ho usato l’espressione "albanesi", benché anche la popolazione albanese sia stata ed è tuttora vittima della loro repressione.
La stessa cosa è accaduta in Libia. Soltanto che qui [nel Kosovo e Metohija] è stato fatto più radicalmente, a lunga scadenza, mentre in Libia hanno agito proprio in maniera brutale. Vale a dire: voi buttate là un gruppo di banditi, dategli tutto il sostegno materiale, logistico, propagandistico, possibile e poi formateli per farne una forza politica, anche se essi non sono minimamente radicati nella popolazione. Significa dunque che questi personaggi - come Ceku, Haradinaj, Thaci ed altri... significa che questa narcomafia di Pristina oggi è diventata la mafia vincente nell’ Europa occidentale, nel mondo occidentale. Ha vinto contro la mafia italiana e realizza un profitto, secondo i dati russi, di quattro, o comunque ben oltre i tre miliardi di euro all’anno, in particolare con il commercio dell’eroina dall'Afghanistan.
E da ultimo, un fattore particolarmente importante di questa crisi che si è manifestata negli ultimi mesi, a parte la tenacia, il coraggio dei serbi del Nord del Kosovo, cosicché il copione della “Operazione Tempesta” nelle Krajine non si manifestasse in questa regione, con la stessa tecnologia, con gli esecutori locali, con il grande sostegno militare e logistico... Sono arrivati addirittura 14 “Apache” nella base di Bondsteel. Tutto era pronto perchè i serbi del Nord fossero cancellati con l’intervento militare. Ma nella pianificazione in quel momento non avevano fatto i conti con l’unità dei serbi da una parte e dall’altra il sostegno che la Russia ha assicurato nel Consiglio di Sicurezza ONU. Questa volta non tramite il governo Serbo, che ha dimostrato molta indecisione nella questione. Nelle sedute del Consiglio di Sicurezza, che su richiesta dei paesi occidentali erano chiuse al pubblico, i russi hanno detto agli americani di conoscere i loro piani e che questi piani non sarebbero passati perchè la Russia non lo avrebbe permesso.
D. – Ma come si potrebbe mai dialogare con gente implicata nel traffico di organi umani?! Si sa che gli USA ostacolano l’arresto di certi personaggi incriminati.
O. – Eh, si! Che dire... avete visto come l'Occidente ha freddamente confermato, si, di aver sbagliato: che non c’erano armi di distruzione di massa in Irak; forse ammetteranno qualcosa anche in relazione alla Libia. Per quanto riguarda l’ Afganistan era tutto verosimilmente chiaro. Alcuni terroristi, si dice, organizzano tutto a New York l’ 11 Settembre, ma tutti sono originariamente dell’ Arabia Saudita. Cosa può essere più logico che attaccare l’ Afganistan?!...
D. - Non dimenticando che Bin Laden era a suo tempo amico degli USA...
R. - Certo, certo, però tutto questo è passato in primo piano nei media mondiali, invece quello che riguarda i retroscena dell’aggressione alla Jugoslavia e la situazione nel Kosovo e Metohija no. E' evidente che per gli occidentali la quantità dei loro panni sporchi qui è tale e così compromettente, ed anche la posizione che essi detengono con la loro base militare - qualcuno dice sia la più grande al mondo, ma senz’altro lo è in Europa - è tanto importante che non permettono, per ora, che la verità esploda ed esca alla luce. Questo è qualcosa per cui noi tutti dobbiamo adoperarci, ed è essenziale per capire la crisi odierna e il comportamento odierno degli attori occidentali sulla scena globale. Dunque si deve andare fino in fondo anche con la verità sul Kosovo e Metohija.
D. - Grazie Vlada.
O. – Grazie a voi.
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Oggetto: Padova 16 febbraio: I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA
Data: 08 febbraio 2012 22.24.24 GMT+01.00
Storie e memorie di una vicenda ignorata
La pagina su Facebook: http://www.facebook.com/event.php?eid=103675256383363
L'immagine aerea del sito ove sorgeva il campo militare di Gravina:
ore 17:00 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università, Aula A (Via del Santo)
Presentazione del volume
I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana
Storie e memorie di una vicenda ignorata
incontro con l'autore Andrea Martocchia
organizza Centro di Documentazione Comandante Giacca
info: comandantegiacca @ libero.it
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http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58025
Auf den Spuren des Organhandels im Kosovo - Film von Arndt Ginzel, Martin Kraushaar und Ulrich Stoll
ZDFzoom - Sendung vom 13.07.2011
Die "ZDFzoom"-Reporter begeben sich auf Spurensuche ins Kosovo und nach Albanien. Sie treffen Menschen, deren Angehörige vor Jahren verschwanden.
Sie finden Dokumente und Zeugen, die die Verschleppung der Zivilisten nach Albanien bestätigen. Die Reporter entdecken ehemalige Geheimgefängnisse und provisorische Kliniken, in denen die tödlichen Organentnahmem abgelaufen sein sollen. Die Organe wurden laut Zeugenaussagen nach Istanbul transportiert.
Die Vereinten Nationen stoppten vor Jahren die Untersuchungen in diesem Fall. Die bis dahin gesammelten Beweismittel wurden vernichtet. Jetzt hat die Justizverwaltung für den Kosovo, EULEX, die Ermittlungen zum Organhandel wieder aufgenommen. Die Fahnder stießen dabei auch auf einen aktuellen Fall: Im Jahr 2008 fanden mehrere Dutzend illegale Organtransplantationen in einer Klinik in Pristina statt, der Hauptstadt des Kosovo. In der von einem deutschen Urologen finanzierten "Medicus"-Klinik verpflanzten Ärzte aus dem Kosovo und der Türkei die Nieren mittelloser "Spender" aus Osteuropa. Die Organempfänger zahlten sechsstellige Euro- Beträge für die verbotenen Operationen. Experten wie Prof. Nancy Scheper-Hughes von der Universität Berkeley halten es für möglich, dass ein internationaler Organhändlerring vom Kosovo-Krieg bis heute den Handel mit menschlichen Nieren in der Balkanregion betreibt.
”Le Nazioni Unite sapevano, i rappresentanti di tutte le principali istituzioni internazionali in Kosovo sapevano, ma a quel tempo e per vari anni seguenti la politica della comunità internazionale poneva la stabilità al disopra della giustizia. Per la salvaguardia della stabilità si chiudevano entrambi gli occhi”, ha detto Ljajic citato dai media.
Il traffico di organi denunciato nel rapporto da Dick Marty sarebbe stato messo in atto alla fine degli anni novanta in Kosovo e Albania dagli indipendentisti dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) ai danni di prigionieri serbi da loro uccisi. Tra gli altri a essere coinvolto sarebbe l’attuale premier kosovaro Hashim Thaci, allora leader dell’Uck, che nega ogni accusa.
Nel macabro traffico di organi umani messo in atto alla fine degli anni novanta in Kosovo e Albania vi furono anche donne e non solo prigionieri di guerra serbi. E non è escluso che gli espianti avvenissero non solo da cadaveri ma anche da persone ancora vive, che morivano successivamente agli interventi attuati nelle apposite ‘cliniche’ degli orrori. Sono alcuni dei nuovi particolari diffusi dai media serbi
Basandosi su un rapporto dell’Unmik del dicembre 2003, i media di Belgrado hanno fornito ulteriori elementi sulla vicenda, che aveva come vittime principali prigionieri serbi degli indipendenstisti dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) e che vede coinvolto fra gli altri l’attuale premier kosovaro Hashim Thaci, allora tra i leader dell’Uck.
Il trasporto dei prigionieri serbi nel nord dell’Albania, dove venivano uccisi e i loro organi prelevati e venduti, cominciò alla metà del 1999 quando tra cento e 300 persone furono rapite, si legge nel rapporto che Unmik consegnò alla fine del 2003 al Tribunale penale internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia (Tpi).
Stando ai media di Belgrado, un’inchiesta ufficiale tuttavia non fu mai avviata. Gran parte delle vittime, si legge nel rapporto, erano uomini serbi del Kosovo fatti prigionieri fra giugno e ottobre 1999. A cominciare dall’agosto 1999 alcuni di quei prigionieri furono trasferiti dal nord dell’Albania in altri luoghi di detenzione (case private e stabilimenti industriali) nel centro del paese, in prevalenza nei pressi della città di Burrel, circa 110 km a sudovest di Kukes.
I prigionieri venivano condotti inoltre in campi di detenzione vicino a Peshkopi, 50 km a est di Burrel. Stando al rapporto, i prigionieri portati nell’Albania centrale venivano trasferiti ulteriormente ,a piccoli gruppi, verso una casa privata a sud di Burrel, trasformata in una clinica di fortuna. Lì venivano eseguiti gli espianti di organi sui prigionieri, che poi morivano e venivano sepolti nelle vicinanze. L’età delle vittime oscillava fra i 27 e i 50 anni.
Gli organi espiantati venivano quindi trasportati all’aeroporto di Rinas, presso Tirana, da dove partivano per paesi esteri, di regola con voli commerciali, il lunedì e il mercoledì per Istanbul. Tra i prigionieri condotti alla clinica presso Burrel vi era anche un piccolo numero di donne provenienti dal Kosovo, dall’Albania e dall’Europa dell’est. L’ultimo trasporto di prigionieri verso la clinica si registrò nella primavera o inizio estate del 2000.
Il rapporto di Unmik, secondo i media serbi, si basa su interviste con almeno otto testimoni. Le operazioni di trasporto delle vittime e le procedure mediche e churgiche venivano attuate con il contributo o con il coinvolgimento diretto di esponenti di alto e medio rango dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), come pure di medici kosovari e di altri paesi. L’intera operazione, afferma il rapporto di Unmik, fu appoggiata da uomini legati alla polizia segreta albanese del passato governo di Sali Berisha. (Fonte: www.blitzquotidiano.it)
Organhandel im Kosovo. Spuren nach Deutschland
von A. Ginzel, M. Kraushaar und U. Stoll
Die europäische Strafverfolgungsbehörde Eulex erhebt Anklage gegen mutmaßliche Organhändler im Kosovo. Im Zentrum der Ermittlungen steht die private Medicus-Klinik am Stadtrand von Pristina. Dort wurden laut Anklageschrift, die Frontal21 vorliegt, mehrere illegale Nieren-Transplantationen durchgeführt.
Lutfi Dervishi. Quelle: ZDF
Der Arzt Lutfi Dervishi soll an illegalen Transplantationen beteiligt gewesen sein.
Unter den Organempfängern ist demnach auch ein deutscher Dialysepatient aus Nordrhein-Westfalen. Er habe dafür 81.892 Euro an einen israelischen Vermittler gezahlt. Spender der Niere war eine 50-jährige Frau aus Osteuropa. Zudem haben die Recherchen ergeben, dass ein deutscher Urologe Teilhaber und Mitbegründer der Medicus-Klinik ist. Er streitet jede Mitverantwortung für den illegalen Organhandel ab. Die Medicus-Klinik firmierte als "Deutsche Klinik für Herz- und Gefäßerkrankungen."
2008 hoben Ermittler im Kosovo ein internationales Netzwerk von Ärzten und Mittelsmännern aus, die in ärmeren Ländern Organspender anwarben und an wohlhabende Nieren-Patienten vermittelten. In der am 27.04.2011 vom Gericht zugelassenen Anklageschrift heißt es: "Die Opfer waren Roma und Bürger aus Moldawien, Kasachstan, Russland und der Türkei. Sie wurden mit dem falschen Versprechen geködert, dass sie für die Organentnahme Geld bekommen würden."
Unter den Ärzten, die in der Medicus-Klinik illegale Transplantationen vornahmen, soll auch der türkische Chirurg Yusuf S. sein, gegen den laut Anklage bereits international wegen Menschenhandels und illegaler Organentnahmen ermittelt wird.
© ZDF 2011
Kosovo, epicentro europeo di droga
24.08.2011, 09:04
Nel suo intervento all’Accademia della polizia a Belgrado, il capo dell’Agenzia antidroga della Russia, ha annunciato che il Kosovo si trasforma nell’epicentro del traffico degli stupefacenti in Europa. Qui, ha aggiunto Viktor Ivanov, si intrecciano i flussi della cocaina che arriva dall’Africa, e dell’eroina che va dalla Turchia (si tratta di 50 tonnellate l’anno circa). Il reddito di questo traffico raggiunge i 3 miliardi di euro, il doppio rispetto al bilancio del Kosovo.
Il procuratore Williamson in Kosovo
L’americano John Clint Williamson si metterà a capo dell’indagine sul caso della “trapiantologia nera” in Kosovo. La sua nomina alla carica di procuratore capo da parte della Commissione speciale EULEX ha suscitato la perplessità presso i kosovari.
Negli anni 2001-2002 nell’ambito della missione ONU in Kosovo Williamson era il responsabile del sistema carcerario nel Territorio. A giudicare dai fatti svolgeva le sue funzioni in modo poco efficace: proprio in quel periodo erano falliti tutti i tentativi di Belgrado di dare il via all’indagine sui casi di commercio clandestino di organi umani. Vladimir Bojovic, ex capo della Commissione per gli affari delle persone rapite e disperse, dice che le autorità della Serbia sapevano dei casi di commercio di organi ancora nel 2001 ma le istanze giudiziarie dell’UNMIC (Missione Civile dell’ONU in Kosovo) sotto la sua guida non desideravano collaborare.
A proposito, nel rapporto sulla “trapiantologia nera” in Kosovo, preparato dal relatore speciale dell’Assemblea Parlamentre del Consiglio d’Europa Dick Marti, si legge che la missione EULEX che alla fine del 2008 aveva assunto la maggioranza dei potgeri dell’UNMIC, si era scontrata con grandi difficoltà nell’ambito dell’indagine sui gravi crimini poiché nei precedenti anni molti documenti e prove testimoniali erano andati stramemente perduti. Dick Marti sottolinea nel suo rapporto che all’inizio degli anni 2000 (proprio ai temi di Williamson) indagini relativamente all’implicazione di politici kosovari ai crimini contro i non albanesi praticamente non c’erano.
Della nomina di Williamson è scontento anche Marco Jakshic, vice presidente della Skupshina della comunità dei municipi del Kosovo e della Metochia.
Questa nomina è uno strumento per nascondere tutti i dettagli e particolari dei casi di commercio clandestino di organi umani nel Territorio. La Serbia doveva far sì che l’indagine fosse controllata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e non dall’EULEX.
Il capo della delegazione serba ai negoziati con Pristina Borislav Stefanovich pure ritiene che la nomina di Williamson non corrisponda all’esigenza di Belgrado che insiste nella sua richiesta che l’indagine sul caso della “trapiantologia nera” sia svolta sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza dell’ONU come è stato praticato nei confronti di tutti gli altri crimini di guerra commessi nello spazio dell’ex Jugoslavia. Intanto in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro un simile formato si sono pronunciati gli USA, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania.
Il Ministro per gli affari del Kosovo e della Metochia ha dichiarato di volere credere che l’indagine possa essere imparziale. Ma secondo le sue parole, il popolo serbo non si fida di Williamson.
Solo il Procuratore serbo per i crimini di guerra Vladimir Vukchevic ha dichiarato di sostenere Williamson. Ciò è logico: Vukchevic ha diretto la maggioranza delle operazioni kper la consegna dei serbi al Tribunale Internazionale per l’ex Jugoslavia presso cui l’americano ha lavorato dal 1994 al 2001. A proposito, ha partecipato esclusivamente ai processi a carico degli imputati serbi.TRAFFICO DI ORGANI UMANI IN KOSOVO - DALLA CASA GIALLA AL MEDICUS
L’inchiesta era bloccata a lungo a causa di varie forme di ostruzione, cosa in genere taciuta dall’EULEX, limitandosi ad ammettere che ci sono problemi seri nella protezione dei testimoni. Gli inquirenti russi e dell’EULEX, hanno confermato ufficialmente che almeno due cittadini russi sono vittime del traffico di organi umani in Kosovo, e che nella clinica privata „Medicus“ gli è stato esportato un rene. Nel frattempo si è fatto vivo un altro testimone, di cui deposizione, a quanto pare, sarà cruciale per il processo. Si tratta del cittadino canadese Raul Fain, al quale è stato trapiantano il rene a Pristina, dopo che ha pagato agli organizzatori di questo ignobile atto 87mila euro. Le prove raccolte finora, secondo la stampa russa, indicano che la „clinica della morte“ a Pristina ha ingannato i serbi, i turchi, i moldavi, i kazakistani, i bielorussi e i russi, offrendogli 15mila euro per un rene. Nessuno di loro, però, è stato pagato, anche se gli organi sono stati venduti sul mercato nero fra gli 80 e i 100mila euro. L’inchiesta russa si occupa anche degli avvenimenti accaduti una decina di anni prima, nella cosiddetta Casa gialla nel nord dell’Albania, e delle scomparsa di 300 serbi, rom e cittadini di altri paesi. È stato confermato che venivano trasferiti in Albania dove gli venivano estratti i reni e gli altri organi.
Le prove raccolte finora potranno difficilmente essere smentite dai sospettati principali nello scandalo Medicus, da alcuni albanesi kosovari, dagli ex impiegati nella clinica, dai dottori turchi e israeliani, e da Iljir Recaj ex alto funzionario del ministero kosovaro della salute. L’inchiesta russa conferma quello che si supponeva e che è emerso anche dalle nostre indagini, cioè che i principali sospetatti in questo caso non sono anche le persone più importanti nella catena di traffico di organi umani, ma che a capo si trovavano le persone che oggi fanno parte del vertice politico kosovaro. Dall’altra parte, è semplicemente impossibile separare lo scandalo Medicus – traffico di organi umani in una casa privata a Pristina, scoperto nel 2008, dallo scandalo Casa gialla in Albania – dove venivano esportati e venduti gli organi dei serbi kosovari e dei rom rapiti nel 1999, anche se i rappresentanti dell’EULEX avevano affermato in precedenza che i due casi non sono affatto collegati fra loro. Tutto si svolgeva secondo lo stesso principio. I trapianti nella Medicus, modesto ambulatorio, venivano eseguit da una squadra ben addestrata con la loggistica sviluppata in tante parti del mondo. E alla fine, la cosa significativa, in tutti e due i casi come gli organizzatori principali vengono menzionati l’attuale premier kosovaro, Hasim Taci, e i suoi più stretti collaboratori. Resta però aperta la domanda chi sono „le forze misteriose“ che rinviano la decisione di portare davanti alla giustizia gli esecutori di questo mostruoso crimine.
MOSKAU, 01. Februar (RIA Novosti).
La Nato ha impedito al Tribunale per la ex Yugoslavia di investigare sul traffico di organi in Kosovo e Albania.
Pubblicato il 01 febbraio 2012
Ria Novosti – Traduzione a cura del CeSPIn – Puntocritico
http://sp.rian.ru/international/20120201/152603736.html
L’Alleanza Atlantica e la Missione dell’ONU in Kosovo UNMIK hanno impedito al Tribunale Penale Internazionale per la Yuguslavia di investigare sul traffico di organi umani nella regione, ha informato l’ex giudice del tribunale Carla Del Ponte, intervistata oggi dall’agenzia serba Tanjug.
Secondo Del Ponte, il suo dipartimento ha ricevuto nel 2004 un’informativa segreta dell’UNMIK sul traffico illegale di organi nei Balcani, ma non ha potuto investigare in merito a causa dei numerosi ostacoli.
“La NATO e la UNMIK ci hanno negato importanti documenti, così come le autorità albanesi non ci hanno permesso di ispezionare tombe e cimiteri nel loro territorio” ha dichiarato l’ex giudice.
I casi di traffico di organi in Kosovo sono stati denunciati per la prima volta dall’ex giudice del Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia, Carla Del Ponte. Nel suo libro pubblicato la primavera scorsa, Del Ponte afferma che a fine anni 90′ centinaia di persone non albanesi sono state condotte forzatamente dal Kosovo all’Albania per la sottrazione illegale di organi.
Il commercio illegale della clinica Medicus è venuto alla luce nel 2008, dopo il caso di un cittadino turco di 23 anni che è stato vittima di una sottrazione illegale di reni a beneficio di un cittadino israeliano di 70 anni che pagò 120.000 euro per il suddetto organo.
In seguito furono arrestati due urologi e un dirigente del centro medico. Seguentemente le autorità fermarono anche un ex segretario del Ministero della Sanità kosovara, sospettato di collaborare con gli accusati.
Secondo quanto rivelato, i potenziali donatori di organi venivano intercettati nei paesi dell’Europa dell’Est e Asia Centrale, come Turchia, Kazakistan, Moldavia o Azerbaijan, con la promessa di una ricompensa di 20.000 euro. Sebbene molti donatori non poterono mai riceverla.
Il Kosovo ha proclamato la propria indipendenza in modo unilaterale nel 2008, appoggiato dagli Stati Uniti e vari paesi europei. Molti altri paesi tra cui Russia, Cina e India si sono rifiutati di riconoscere tale indipendenza.
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...In relazione allo spot televisivo sul “giorno del ricordo” in onda in questi giorni sulle reti nazionali statali si segnala che il citato sig. Graziano Udovisi era nel 1945 tenente della fascista Milizia Difesa Territoriale, sottoposta direttamente ai tedeschi, e rastrellatore di partigiani in Istria; il suo racconto è messo in discussione dal libro “La foiba dei miracoli” scritto da Pol Vice (Paolo Consolaro) e pubblicato dalla casa editrice Kappa Vu nel 2008... (Comitato antifascista e per la memoria storica – Parma)
Dagli organizzatori riceviamo e diffondiamo:
<< A causa del maltempo, previsto anche per i prossimi giorni, e dell’impossibilità per i relatori di raggiungere Parma, la manifestazione antifascista “Foibe e fascismo” alternativa al “giorno del ricordo delle vittime delle foibe” programmata per venerdì 10 febbraio al cinema “Astra” è rinviata, è rinviato anche il presidio di sabato 11 in via Tito.
La manifestazione, settima edizione, si terrà sempre al cinema “Astra” all’inizio di maggio; la data precisa sarà comunicata in seguito.
In relazione allo spot televisivo sul “giorno del ricordo” in onda in questi giorni sulle reti nazionali statali si segnala che il citato sig. Graziano Udovisi era nel 1945 tenente della fascista Milizia Difesa Territoriale, sottoposta direttamente ai tedeschi, e rastrellatore di partigiani in Istria; il suo racconto è messo in discussione dal libro “La foiba dei miracoli” scritto da Pol Vice (Paolo Consolaro) e pubblicato dalla casa editrice Kappa Vu nel 2008.
Comitato antifascista e per la memoria storica – Parma, 7 febbraio 2012 >>
Salò (BS), venerdi 10 febbraio 2012
ore 20:30 presso: Fondaco Palazzo Coen – Biblioteca Comunale (ingresso via Fantoni e Via Brunati)
In occasione della Giornata del Ricordo 2012
Le vittime dimenticate della seconda guerra mondiale
RELATORI:
Milovan Pisarri – Matteo Pizzolante
COORDINA:
Paolo Canipari
ORGANIZZANO: Anpi, Aned, Gruppo Bresciano di Ricerca per le “Giornate del Ricordo”
SCARICA LA LOCANDINA CON ULTERIORI INFORMAZIONI – IN FORMATO PDF: http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/02/salo100212.pdf
Cadoneghe (PD)
venerdi 10 febbraio 2012
ore 20:45 presso la Sala consiliare del Municipio
* presentazione del libro di D. Gobbo "L'occupazione fascista della Jugoslavia e i campi di concentramento per civili jugoslavi in Veneto, Chiesanuova e Monigo (1942-1943)"
* proiezione del documentario "Un campo di concentramento a Chiesanuova (Padova)" di Franco Biasia
SCARICA LA LOCANDINA PER MAGGIORI INFORMAZIONI - IN FORMATO PDF: http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/02/cadoneghe100212.pdf
Lunedì 13 febbraio 2012
ALESSANDRA KERSEVAN
storica e titolare
della casa editrice Kappa Vu di Udine
INTERVERRA’
alla trasmissione televisiva “PORTA A PORTA”
RAI 1 ore 23 e 15
Argomento della puntata: FOIBE e LAGER FASCISTI
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