Informazione

(english / italiano)

Decimo anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado

1) 10° anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado / 10th anniversary of the bombing of the Chinese Embassy in Belgrade (People's Daily, China)

2) CIA Figure In NATO Bombing Of Chinese Embassy Murdered (trovato morto negli USA l'uomo della CIA che aveva selezionato gli obiettivi dei bombardamenti NATO, tra i quali l'ambasciata della Repubblica Popolare Cinese)



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www.resistenze.org - popoli resistenti - cina - 19-05-09 - n. 274

Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
10° anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado
 
09/05/2009
 
Nella notte del 7 maggio 1999, ora di Belgrado (la mattina dell’8 maggio a Pechino) la NATO, sotto la guida degli Stati Uniti, sfacciatamente attaccava con i missili l'ambasciata cinese a Belgrado, provocando la morte di tre giornalisti cinesi e gravi danni agli edifici dell’ambasciata. Questo è stata una barbara scena nella storia umana.
 
Dieci anni più tardi, i media statunitensi si sono scientemente scordati di questo evento e rare sono le riconsiderazioni da parte delle autorità statunitensi. Il "bombardamento errato” resta la spiegazione ultima e la posizione degli Stati Uniti.
 
Un membro della presidenza del gruppo consultivo statunitense per gli affari cinesi ha affermato che la Cina, 10 anni dopo l'evento, è cresciuta e le relazioni con gli Stati Uniti sono rimaste stabili e si sono sviluppate a buon ritmo. Il "bombardamento errato" è diventato un evento insignificante della storia. Esperti cinesi in questioni militari tuttavia ritengono che se nel corso degli ultimi 10 anni le relazioni tra i due paesi si sono ampliate piuttosto che entrare in una fase di stagnazione, è solo perché la Cina ha compiuto enormi e sinceri sforzi in questo senso. Tenendo conto del fatto che questo evento riguarda una pagina di storia passata, la sorveglianza e la latente ostilità che gli Stati Uniti dimostrano nei confronti della Cina non sembra essere scomparsa. Il migliore esempio per dimostrare tale posizione si ha con i risultati del monitoraggio delle navi statunitensi per il trasporto di truppe nei mari cinesi nel corso degli ultimi due mesi.
 
Prima e dopo il 7 maggio di ogni anno, le corone e ghirlande adagiate da tutto il personale dell’ambasciata cinese in Serbia, dalle locali organizzazioni cinesi, dalle Ong siberiane e da singoli individui possono essere viste di fronte all'ambasciata cinese oggetto del bombardamento. Davanti all’ambasciata è stato eretto un monumento dove, a mezzogiorno del 7 maggio 2009, le persone convenute hanno assistito all’inaugurazione e alla posa dei fiori da parte di Jinghua Wei, ambasciatore cinese della Repubblica di Serbia, e Dragan Ailas, sindaco di Belgrado. Sul monumento è incisa in cinese e in serbo questa frase: "Con ciò si ringrazia per il sostegno e l'amicizia che la Repubblica Popolare della Cina ha fornito al popolo della Repubblica di Serbia durante uno dei suoi momenti più difficili. Questo monumento è istituito in segno di lutto per le vittime". Un funzionario locale che ha partecipato all’iniziativa ha riferito che la comunità internazionale manipolata dagli Stati Uniti non ha risposto adeguatamente, né ha condotto in modo approfondito le indagini sui bombardamenti all'ambasciata.
 
I reporter del Global Times hanno appreso che già nel febbraio di quest'anno, i sostenitori della Cina in Serbia, compresi il rettore dell'Università di Belgrado, il presidente dell'Associazione di amicizia Serbia-Cina ed il decano dell’Istituto Confucio avevano scritto congiuntamente una lettera al governo della città di Belgrado. Proponevano di erigere lapidi per i tre martiri: Shao-Yunhuan, Xu Xinghu e Zhu Ying. Alle ore 24 del 24 marzo, l'intera nazione della Serbia ha suonato l'allarme a lutto per le vittime dei bombardamenti NATO di 10 anni fa ed ha inoltre ricordato al popolo serbo che il paese non dimenticherà questa parte della storia.
 
La NATO, dopo il selvaggio bombardamento dell’ambasciata cinese, rilasciò una dichiarazione affermando di provare rammarico per le lesioni causate all’ambasciata e ai suoi diplomatici. Gli Stati Uniti e la NATO si scusarono dicendo che i funzionari dell’intelligence avevano utilizzato mappe non aggiornate, sebbene l’edificio dell'ambasciata cinese a Belgrado si distinguesse dagli altri. Questo bombardamento potrebbe ulteriormente complicare gli sforzi occidentali per garantire una risoluzione delle controversie per il Kosovo attraverso mezzi diplomatici, e provocare tensioni tra la Cina e gli Stati Uniti. Il New York Times del 9 maggio 1999 riferiva: "La gente dice che a Belgrado è difficile confondere l'ambasciata cinese con un obiettivo. L'ambasciata cinese è una struttura in marmo con vetri a specchio blu con sopra issata la bandiera cinese, mentre [il presunto obiettivo] è situato in un edificio bianco" ed è più vecchio.
 
Anche gli Stati Uniti meditarono sui propri errori dopo il bombardamento dell’ambasciata cinese. Cohen, l'allora segretario alla Difesa, annunciò che le mappe del ministero, così come segnalazioni dell’intelligence, sarebbe state aggiornate in modo da riportare accuratamente le precise coordinate di ambasciate e di altri luoghi di interesse. Il Boston Globe riferì, il 12 aprile 2000, che la CIA aveva preso provvedimenti contro sette dipendenti responsabili dei bombardamenti dell’ambasciata cinese a Belgrado. Il Washington Post riportava l’11 aprile dello stesso anno che la CIA aveva effettuato indagini e imposto le relative sanzioni in relazione al bombardamento all'ambasciata cinese dell’anno precedente. Funzionari della Casa Bianca hanno sempre insistito sul fatto che il bombardamento fu un incidente causato da una serie di errori a seguito del ricorso a mappe obsolete. Avevano pianificato di bombardare un dipartimento per l’approvvigionamento di armi della Repubblica Federale di Jugoslavia, ma le bombe in realtà colpirono l'ambasciata cinese a diverse centinaia di metri di distanza. Dopo l'incidente verificatosi nel Mar Cinese Meridionale a marzo di quest'anno, in cui navi cinesi e statunitensi sono state impegnate in un confronto, una relazione del Los Angeles Times menzionava il bombardamento dell’ambasciata e la relativa uccisione dei tre giornalisti cinesi per dare conto degli attriti militari e diplomatici tra Cina e Stati Uniti, citando notizie Reuters. La relazione affermava che il presidente statunitense Clinton e altri funzionari espressero le loro scuse per questo tragico errore e una irritata Cina aveva ritardato di tre mesi i colloqui per l'adesione all’organizzazione Mondiale del Commercio (WTO).
 
Gli alleati della NATO si allinearono con gli Stati Uniti sul caso del bombardamento. Un dirigente del Thales Group, importante produttore francese di strumentazione per la difesa, una volta affermò che nessun paese al mondo avrebbe fatto intenzionalmente queste cose alla Cina, e che persino gli Stati Uniti hanno dovuto pensare a quali conseguenze potrebbero affrontare facendo ricorso alla forza contro un paese in possesso di armi nucleari e con il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell'ONU.
 
Kenneth Lieberthal, ex consulente per la Cina della campagna elettorale di Obama, ha riferito che molti eventi storici vengono spesso citati nei seminari organizzati dalle scuole di pensiero di Washington, tra cui il ventesimo anniversario dell'inizio dei rapporti diplomatici tra Cina e Stati Uniti, il decimo anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese nella Repubblica Federale di Jugoslavia ed altri. Ad esempio, il decimo anniversario del bombardamento all’ambasciata cinese è stato menzionato in un seminario rivolto ai giovani cinesi tenuto dalla statunitense Brookings Institution alla fine aprile. Lieberthal pensa che negli Stati Uniti l’idea del “bombardamento errato” abbia preso piede, che le persone responsabili siano già state sostituite, e che il bombardamento all’ambasciata sia stato progressivamente dimenticato. Dieci anni più tardi, la Cina è cresciuta e le relazioni bilaterali Cina-USA si sono stabilizzate, la situazione generale sta cambiando in meglio ed il "bombardamento errato" è già diventato un evento della storia.
 
L’esperto militare cinese, Dai Xu, ha dichiarato che gli Stati Uniti non direbbero certamente di aver bombardato l’ambasciata “di proposito”, ma chiunque negli Stati Uniti e in Cina comprende ciò che è accaduto. Dieci anni dopo questo evento storico, la pagina del “bombardamento all’ambasciata” è stata voltata, ma gli Stati Uniti devono affrontare in modo chiaro la natura del problema. Sono ancora impegnati nella provocazione della sovranità della Cina, come dimostra la recente attività di sorveglianza sulle navi statunitensi nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Giallo. Si potrebbe dire che gli Stati Uniti producano un nesso causale tra gli incidente del bombardamento all'ambasciata e quello della collisione aerea di anni fa, il che dimostra il modo di pensare preventivo e potenzialmente ostile di questo paese. Dai Xu ha dichiarato che tale mentalità e ostilità non scompare voltando questa pagina di storia. Gli Stati Uniti e la Cina negli ultimi dieci anni sono stati impegnati in una cooperazione su vasta scala, che si basa su una grande sincerità come dimostrato dalla Cina. Lo sviluppo delle relazioni si basa fortemente sullo sforzo di entrambe le parti. Gli Stati Uniti dovrebbero imparare da queste lezioni ed astenersi dal provocare la sovranità di altre nazioni.
 
L’analisi di Dai Xu può essere avvalorata da quanto emerge all’interno di certi settori dell’opinione pubblica americana. La Jamestown Foundation ha pubblicato un articolo il 30 aprile, dicendo che "Le recriminazioni scoppiate tra la Repubblica Popolare di Cina e gli Stati Uniti nel corso degli ultimi confronti navali sino-americani rendono evidente quanti pochi progressi siano stati compiuti nel dialogo sulla difesa tra i due paesi nel corso degli ultimi due decenni ". Sulla Cina ha detto: “I cinesi hanno prontamente sospeso diversi colloqui militari, scambi e altri contatti in materia di difesa dopo il bombardamento dell’ambasciata di Belgrado nel 1999, la collisione del cacciabombardiere PE-3, in ritorsione all'annuncio degli Stati Uniti di importanti vendite di armi a Taiwan". Ha aggiunto inoltre che "mentre i funzionari statunitensi ricercano effettivamente il dialogo, i loro omologhi cinesi perseguono più il simbolismo che un alto livello di interazione". The National Interest online, in un articolo del 1 maggio, sostiene l’idea della minaccia militare cinese dicendo che "gli incidenti del passato, come il bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado e l’episodio dell’aereo spia del 2001, si verificano inevitabilmente".
 
Durante le interviste, alcuni esperti cinesi ritengono che il bombardamento dell’ambasciata abbia oggettivamente offerto alla Cina l'opportunità di riflettere e di cambiare. Da un lato, si è generalmente capito che la costruzione economica è la base sulla quale poggia il consolidamento della forza nazionale. Dall’altro, si è venuta a creare in modo diffuso la convinzione che solo una forte potenza militare ed un avanzato sistema di difesa nazionale può realmente proteggere e salvaguardare i risultati delle realizzazioni economiche.
 
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10th anniversary of the bombing of the Chinese Embassy in Belgrade

09:15, May 09, 2009

On the night of May 7, 1999, local time for Belgrade, (the early morning of May 8 in Beijing), the North Atlantic Treaty Organization (NATO), headed by the US, brazenly used missiles to attack China's embassy in Belgrade, leading to the death of three Chinese reporters and severe damage of embassy houses. This was a barbaric scene in human history. 

Ten years later, US media has selectively forgotten this event, and re-examinations by US authorities are rare. "Mistaken Bombing" is the final explanation and attitude of the US. 

A member of the US president China-focused advisory group said that China has already risen 10 years after the event, and the relations between China and the US have been stable and developed a good momentum. The "Mistaken Bombing" has become a blip in history. Experts on China's military issues believe however, that over the past 10 years, it is just because China has made such tremendous and sincere efforts that the cooperation between China and the US has expanded rather than stagnated. Taking into account that this event is a page already turned in history, the alertness and latent hostility that the US holds towards China seems not to have vanished. The best example to prove this issue is with the results from the monitoring of US troop ships in Chinese seas over the past two months.

Before and after May 7 every year, wreaths and garlands that were laid by the entire staff of the Chinese Embassy in Serbia, local Chinese organizations, Siberian non-governmental organizations and individuals can be seen in front of the Chinese embassy that was bombed. On noon of May 7 2009, people set up a monument in front of the bombed embassy. Wei Jinghua, the Chinese ambassador to the Republic of Serbia and Dragan Ailas, Mayor of Belgrade, unveiled and laid flowers by the monument. It is engraved with words in both Chinese and Serbian: "Hereby, thanks for the support and friendship that the People's Republic of China has given to the People of the Republic of Serbia during one of their toughest moments. This monument is established to mourn after the victims". A local municipal official who attended this activity said that the international community manipulated by the US did not make the appropriate response nor conduct in-depth investigations to the embassy bombing. 

Global Times reporters learned that as early as February this year, supporters of China in Serbia including the rector of the University of Belgrade, the president of the Serbia-China Friendship Association and the dean of the Confucius Institute had jointly wrote a letter to the city government of Belgrade. They proposed to put up memorial tablets for three martyrs—Shao Yunhuan, Xu Xinghu and Zhu Ying. At 12 pm sharp on March 24, the entire nation of Serbia sounded the alarm to mourn for the victims of the NATO bombing 10 years ago. It also reminded people that Serbia will not forget this part of history.

NATO issued a statement after its barbarous bombing of the Chinese Embassy, stating that it feels regret for any injuries caused to the Chinese Embassy and China's diplomats. The US and NATO apologized by saying that intelligence officials used out-of-date maps although the Chinese Embassy's building stands out in Belgrade. This bombing might further complicate the West's efforts to ensure a resolution through diplomatic means of disputes over Kosovo, and cause tension in China-US relations. The New York Times reported on May 9, 1999 that, "People in Belgrade said that it was difficult to confuse the Chinese Embassy with the intended target. The Chinese Embassy is a marble structure with blue mirrored glass and flies the Chinese flag, while [the intended target] is housed in a white office building" and has a longer history.

The US also meditated on its own errors after the bombing of the Chinese Embassy. Cohen, the then Defense Secretary, announced that existing maps of American defense works, as well as intelligence records, would be upgraded so as to accurately reflect the precise coordinates of foreign embassies and other locations of interest. The Boston Globe reported on April 12, 2000, that the Central Intelligence Agency (CIA) punished seven employees responsible for the bombing of the Chinese embassy in Belgrade. The Washington Post reported on April 11 the same year that the CIA had made investigations and imposed related punishment's in connection with the previous year's bombing of the Chinese embassy. White House officials had consistently insisted that the bombing was an accident which had resulted from a series of errors incurred as a result of the use of outdated maps. They had planned to bomb a Federal Republic of Yugoslavia weapons procurement department, but the bombs actually hit the Chinese Embassy several hundred yards away. After the South China Sea incident in March this year in which Chinese and US vessels engaged in a confrontation, a report by the Los Angeles Times mentioned the embassy bombing and related killing of three Chinese reporters when listing the military and diplomatic frictions between China and the US by quoting Reuters news. The report stated that US President Clinton and other US officials had expressed apologies for this tragic mistake and an angry China had delayed the talks for its accession into the WTO by three months.

The NATO allies stood in line with the US on the embassy bombing event. An executive of Thales Group, a major French defensive product manufacturer, once told reporters that there would not be any country in the world that would have done such things to China intentionally, and even the US had to think out what consequences it might face if it resorted to forces against a country with a whole series of nuclear arms and veto power in the UN Security Council.

Kenneth Lieberthal, former China advisor to the Obama campaign, said that many historical events were often mentioned at recent seminars organized by Washington think tanks, including the twentieth anniversary of the establishment of diplomatic ties between China and the US, the tenth anniversary of the bombing of the Chinese Embassy in the Federal Republic of Yugoslavia and others. For instance, the tenth anniversary of the Chinese Embassy bombing was mentioned in a seminar made to Chinese youth held by the US Brookings Institution at the end of April. He thinks that the views on the "mistaken bombing" have already taken root in the US, the persons responsible for the "mistaken bombing" have already passed away, and the embassy bombing has been gradually forgotten in the US. Ten years later, China has risen up, China-US bilateral ties have stabilized, the general situation is changing for the better, and the "mistaken bombing" has already become a moment in history.

China's military expert Dai Xu said the US would certainly not say it bombed the embassy "on purpose," but everyone in the US and China understands what happened. 10 years after this historic event, the "embassy bombing" page has been turned over, but the US clearly needs to address the nature of the problem. It is still engaged in provoking China's sovereignty, as shown by the recent activities of the US surveillance ship in the South China Sea and Yellow Sea. It could be said that the US has a causal association with the embassy bombing and plane collision incidents years ago, which demonstrates the country's precautionary mentality and potential hostility. Dai said such mentality and hostility will not disappear with the turning of this page. The US and China have engaged in extensive cooperation over the past decade, which is based on the great sincerity China has shown. The development of relations relies heavily on both sides making an effort. The US should learn from its lessons and refrain from provoking other nations' sovereignty.

Dai's analyses can be supported by some of the US' public opinions. The Jamestown Foundation of the US issued an article on April 30, saying that, "The recriminations that flared between the People's Republic of China (PRC) and the United States over the latest Sino-American maritime confrontation makes evident how little progress has been made in Sino-US defense dialogue during the past two decades." It passed the buck to China, saying "The Chinese have readily suspended various military visits, exchanges, and other defense contacts after the 1999 Belgrade Embassy bombing, the EP-3 collision, and in retaliation for the announcement of major US arms sales to Taiwan." It also said, "While the US officials involved seek substantive dialogues and briefings, their Chinese counterparts pursue more the symbolism of high-level interactions." The National Interest online of the US advocates China's military threats in an article on May 1, saying "Past incidents, such as the bombing of the Chinese Embassy in Belgrade and the 2001 spy-plane episode, will inevitably occur."

During interviews, some Chinese experts believe that objectively, the bombing of the Chinese embassy offered China an opportunity to reflect and transform. On the one hand, the general public has realized that economic construction is the basis on which the enhancement of the overall national strength rests. On the other hand, a strong belief has formed among the general public that only strong military power and an advanced national defense system can fundamentally protect and safeguard the results of economic construction.

By People's Daily Online


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CIA Figure In NATO Bombing Of Chinese Embassy Murdered

(Source: Rick Rozoff / Stop NATO: http://groups.yahoo.com/group/stopnato )


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http://loudounextra.washingtonpost.com/news/2009/mar/25/slain-loudoun-man-did-contract-work-cia/

Washington Post - March 25, 2009

Slain Man Had Been Contractor for CIA 

By Jonathan Mummolo 

A Loudoun County man slain while out for an early morning walk with his wife worked as a contractor at the Central Intelligence Agency for several years until 2000, the CIA confirmed yesterday, and investigators said they want to meet with agency officials to learn more about the nature of his work.

The sheriff said his officers have not determined a motive for Sunday's attack, in which William Bennett, 57, was killed and his wife, Cynthia, 55, was critically injured. The assault might have been random, but deputies have not ruled out the possibility that they were targeted.

"We're just trying to find out if there's anything in his background that could have led to this," Loudoun Sheriff Stephen O. Simpson said. "We do that with anybody; it's not just because he's with the government. You talk with family. You talk with friends. You talk with co-workers. You look for enemies."

Investigators spent yesterday knocking on doors and conducting interviews and were waiting for the government's consent to talk to Bennett's former colleagues, he said.

Simpson said investigators are also trying to determine whether the retired lieutenant colonel with the Army Special Forces has held any jobs since leaving the CIA.

Bennett and his wife, residents of nearby Potomac Station, were on their routine early morning walk in the Lansdowne area when they were attacked by as many as three assailants, authorities said.

A sheriff's deputy responding to a report of a commotion and a suspicious white panel van about 5:30 a.m. in the Lansdowne area discovered William Bennett's body on the side of Riverside Parkway, near a gravel path not far from Rocky Creek Drive. His wife was found about 30 minutes later in a ditch, beyond a bloodied white fence across the street. Both had suffered blunt force trauma, but no weapon was recovered, and they might have been beaten.

Investigators have not ruled out the possibility that the Bennetts were assaulted somewhere else and dumped there.

Cynthia Bennett remained in critical condition and has been unable to talk to authorities about what happened that morning. Neighbors have organized a community walk at 5:30 a.m. Sunday — the week anniversary of the attack — from the local Harris Teeter parking lot, 19350 Winmeade Dr., to the Riverside Parkway bridge and back. Organizers say it is a way to show respect for the Bennetts and feel less afraid in the neighborhood.

Since the attack, Loudoun authorities have appealed to the public for tips, but there are no suspects, Simpson said. Among the tips, his office has looked into was a report by a Shenstone Farm resident of a suspicious white van with Florida plates seen Saturday evening in the subdivision. Authorities said that the van was pulled over by deputies Saturday evening and searched and that they are confident its occupants were college students selling magazines and are not connected to Bennett's slaying.

He said he hopes federal officials will provide his office with details on the nature of Bennett's work but realizes much of that information might be confidential.

CIA spokeswoman Marie E. Harf declined to say when Bennett started working with the CIA or discuss the nature of his duties.

According to military and court records, William Bennett was born in Rochester, Minn., and joined the Army in October 1977. His postings included Vicenza, Italy; Fort Lewis, Wash.; and the District. He had received numerous commendations.

Cynthia Bennett also served in the Army, as a captain. She had joined in 1978. The family includes two adult children, authorities said. Members of the family could not be reached for comment.

Staff writer Allison Klein contributed to this report.

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http://www.wjla.com/news/stories/0309/608344.html

WJLA (ABC) - March 29, 2009

Early Morning Vigil Held for Lansdowne Attack Victims

LEESBURG, Va. - About 200 Lansdowne residents have held an early morning march to the place where one resident was killed and another was attacked a week ago. 

Fifty-seven-year-old William Bennett was found dead along Riverside Parkway near Rocky Creek Drive on March 22. His wife, 55-year-old Cynthia Bennett, was discovered severely injured across the roadway. The couple had suffered blunt force trauma. 

Police say Cynthia Bennett remains in critical condition and is unable to talk about what happened. Authorities say they continue to look for as many as three assailants. Bradford says the march was held at 5:30 a.m., because that's when the Bennetts were "struggling for their lives" a week ago. 

Guided by candlelight in the early hours of Sunday, Beverly Bradford and more than a hundred of her neighbors walked down the streets of their Lansdowne community. Residents hit the pavement to honor two of their own - William and Cynthia Bennett. 

"There's no sense in this crime from what we know. It's just tragic to have lives that were so full, and they gave so much back to their country and community - and to have it end so senselessly - its hard to put your mind around," said neighbor Sean Conlin. 

Song and prayer were included in the walk that led the neighbors by a makeshift memorial that sits where William Bennett died from his injuries. 

Police believe three to four men traveling in a white panel van are responsible. 

"We're going to stick to the end, if there is an end to this, and bring these people to justice and this can't happen again," said Tara Restivo, Lansdowne Resident. 

"It's just really a sad situation and we're all together here in this," said Colleen Yost, Lansdowne Resident. 

Community members have banded together to calm each other's fears and attempt to take back their neighborhood that just seven days ago was the scene of a horrific crime. Residents say they want to make sure nothing like this happens again. 

"This was a heinous crime, it was vicious and it was cowardly at the same time and we have to take our neighborhood back we have to take our sidewalks back," added Beverly Bradford, Lansdowne Resident. 

Authorities are still looking for suspects in the case. A reward of more than $20,000 has been offered for any information in the case. 

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http://www.loudouni.com/news/breaking-news/2009-03-26/lansdowne-murder-connects-1999-cia-bombing

Loudon Independent - March 31, 2009

Lansdowne Murder Connects to 1999 CIA Bombing

John L. Geddie 

William Bennett Slain Lansdowne resident William Bennett was connected with the Central Intelligence Agency (CIA) following his military service. 

In a conversation with the Loudoun Independent, the CIA's George Little confirmed that Bennett worked as a contractor for that agency for several years. His service to the company ended in the year 2000.

It has been reported by NBC Washington that Bennett was involved in the May 1999 NATO bombing of the Chinese embassy bombing in Belgrade during NATO involvement in Yugoslavia. 

Three Chinese citizens were killed in the attack. This accidental [sic] bombing was blamed an outdated map that showed the embassy at its prior location. The CIA later took responsibility for the error, firing one officer and reprimanding 20 more. It is unclear at this time the level of Bennett’s involvement and whether or not it might be linked to the deadly attack that took his life.

The Sheriff's Office continues to investigate the murder of William Bennett and the assault on his wife, Cynthia Bennett. They are receiving assistance from several organizations in the investigation. 

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http://macedoniaonl ine.eu/content/ view/6456/ 46/

Macedonian International News Agency - April 24, 2009

Man who selected NATO's bombing targets in Serbia found dead 

Slain Virginia resident William Bennett was connected with the Central Intelligence Agency (CIA) following his military service. The CIA's George Little confirmed that Bennett worked as a contractor for that agency for several years. His service to the organization ended in the year 2000.

It has been reported by NBC Washington that Bennett was involved in the May 1999 NATO bombing of the Chinese embassy bombing in Belgrade during NATO involvement in Yugoslavia. Three Chinese citizens were killed in the attack. 

This accidental [?] bombing was later blamed on an outdated map that showed the embassy at its prior location. The CIA later took responsibility for the error, firing one officer and reprimanding 20 more. It is unclear at this time the level of Bennett’s involvement and whether or not it might be linked to the deadly attack that took his life.

The Sheriff's Office continues to investigate the murder of William Bennett and the assault on his wife, Cynthia Bennett. The FBI has also joined the investigation.

Meanwhile not related to this case, though tied to the NATO bombing of Serbia, Amnesty International is seeking war crimes measures against the Alliance for bombing a TV Station which killed more than a dozen journalists. A spokesman for Amnesty International called it "one of the worst crimes" adding "you can't bomb and kill people simply because their news service was not inclined towards NATO". The Strasbourg Court had refused to accept the case filed by Amnesty International. 




SEGNALAZIONI PROSSIME INIZIATIVE 

22/5: Settimo (TO), UN SORRISO PER OGNI LACRIMA

23/5: Fermo, PROGETTO "PARTIGIANI JUGOSLAVI IN APPENNINO 1943-1944"

2/6: Novara, MANIFESTAZIONE CONTRO GLI F-35


=== 22/5 ===

Il CO.CI.SE – Associazione Genitori-Scuola Settimo Torinese, in collaborazione con la CASA DEI POPOLI di Settimo Torinese,  propone un'occasione di educazione alla convivenza ed alla solidarietà, oltre che di riflessione su fatti del  recente passato. 

Presentazione del libro:

 “UN SORRISO PER OGNI LACRIMA” 
voli a bassa quota in un dopoguerra jugoslavo

 alla presenza dell’autore

Alessandro Di Meo

volontario dell’Associazione “UN PONTE PER ...”
 (coordinatore e referente per l’area Serbia)
che parlerà della propria esperienza maturata fra i profughi di guerra della ex Jugoslavia 

c/o Sala Borgaro, Vicolo del Portone 
Settimo T.se.
Venerdì 22 maggio ore 21.00 

ENTRATA LIBERA


=== 23/5 ===

PROGETTO "PARTIGIANI JUGOSLAVI IN APPENNINO 1943-1944"

Il prossimo sabato 23 maggio verrà presentato a Fermo, nelle Marche, il progetto "Partigiani jugoslavi in Appennino".
Il progetto, promosso da una rete di storici ed appassionati esperti della Resistenza, consiste nella ricerca e divulgazione al grande pubblico del contributo fornito alla Resistenza antifascista ed antinazista in Appennino da parte di quegli jugoslavi che fino all'8 Settembre 1943 erano internati nei campi di detenzione su territorio italiano (per maggiori info si veda: https://www.cnj.it/PARTIGIANI/monumenti/index.htm ).
Alla iniziativa pubblica saranno presenti S. Angeleri, D. Conti, A. Martocchia.

Organizza: Collettivo Antifascista Fermo

sabato 23 maggio 2009 alle ore 21.00

presso Sede ANPI, Via dell'Università 18, Fermo

E-mail: collettivoantifascistafermo @ gmail.com


=== 2/6 ===

MARTEDÌ 02 GIUGNO  2009 A NOVARA
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
CONTRO GLI F-35


L’iter parlamentare per l’approvazione dell’insediamento, a Cameri (NO),  della fabbrica della morte per l’assemblaggio degli F-35 è ormai definito.  A partire dal 2010 inizierà la costruzione del capannone da cui usciranno delle macchine che verranno consegnate a diversi stati che li utilizzeranno per bombardare ed uccidere.

Tale impresa industriale-militare viene condotta, con ampio dispendio di denaro pubblico, dalla multinazionale statunitense Lockheed Martin in associazione all'italiana Alenia Aeronautica (del gruppo Finmeccanica) e coinvolgerà una serie numerosa di fabbriche di armi e di morte collocate qua e là sul nostro territorio. Insomma, il riarmo come via d’uscita dalla crisi economica, come con la Grande Crisi degli anni ‘30 e con la Grande Depressione di fine ‘800. Peccato che in entrambi i casi questa strada abbia condotto a guerre mondiali. Di certo, l’impiego dei nuovi bombardieri nelle missioni “di pace” produrrà distruzione, morte e  sofferenza.

Di sicuro gli F-35 sono i perfetti strumenti operativi di una sorta di gendarmeria mondiale in via di perfezionamento: una volta costruiti non faranno certo la ruggine in qualche hangar italiano o olandese, bensì saranno presto adoperati per uccidere e distruggere in svariate guerre, sia attuali sia future.
Gli F-35 ci costeranno un sacco di soldi: circa 600 milioni di euro per costruire e attivare la fabbrica di Cameri, circa 13 miliardi di euro (a rate, fino al 2026) per l'acquisto dei 131 aerei che l'Italia vuole possedere. Del resto è stato già speso o impegnato quasi un miliardo di euro. E ciò risulta ancor più impressionante se si considera la grave crisi economica in corso. Nessuno può ignorare che, con una spesa di questa entità, si potrebbero senza alcun dubbio creare ben più dei miseri 600 posti di lavoro promessi all'interno dello stabilimento di Cameri. Si potrebbe altresì intervenire in vario modo per migliorare le condizioni di vita di tutti: per esempio ampliando e migliorando la qualità della spesa sociale, tutelando davvero territori e città (basti pensare agli effetti del terremoto abruzzese), investendo in fonti energetiche rinnovabili e ridistribuendo reddito.
E poi vogliono costruire gli F-35 proprio ai confini del parco naturale del Ticino, che dovrebbe quindi sopportare l'impatto dei collaudi di centinaia e centinaia di aerei rumorosissimi e certamente inquinanti, con le relative gravi conseguenze per la salute e la qualità della vita degli abitanti della zona, mentre si potrebbe riconvertire il sito militare ad uso civile.

In definitiva, siamo contro gli F-35 perché ci ostiniamo a pensare che sia possibile vivere in un altro modo: senza aggredire gli altri popoli, senza militarizzare il territorio ed i rapporti sociali, operando perché cessi davvero la terribile guerra permanente che l'occidente dei ricchi conduce contro i poveri del nord e del sud del mondo.

Tutti a Novara, quindi, il 02 giugno 2009 alle ore 15.00, davanti alla stazione ferroviaria in piazza Garibaldi. Da lì partiremo per percorrere le strade della città e per gridare forte la nostra opposizione all'ennesima impresa di morte.

Contro la militarizzazione dei territori, contro le fabbriche della morte, contro tutte le guerre, per la riconversione dei siti militari ad uso civile, per un diverso modello economico.

Per adesioni: adesione@... - Per informazioni:  info@...

ADESIONI: http://www.nof35.org/doc/adesioni_300509.htm

LOCANDINA: http://www.nof35.org/images/Locandina%20020609.jpg

INDICAZIONI: http://www.nof35.org/doc/indicazioni.htm



(srpskohrvatski / italiano)

In occasione della Giornata della Gioventù 2009 (25 Maggio, importante festività della Jugoslavia unita, pacifica e socialista) si tiene a Belgrado una manifestazione di protesta davanti al Museo 25 Maggio, che proprio in questo periodo ospita una bellissima mostra sulle "staffette della gioventù" con l'esposizione di tantissimi omaggi resi al Maresciallo Tito da ogni angolo della Jugoslavia.

La manifestazione è indetta dalla coalizione "Comunisti della Serbia". Le parole d'ordine sono un esplicito atto d'accusa contro il regime capitalista, che dalla sua instaurazione fino ad oggi non solo ha portato lo squartamento del paese e la guerra, ma sta precipitando crescenti masse di popolazione nella povertà e nella disperazione più nera.

Sulle iniziative anticapitaliste e sulle lotte dei lavoratori in Serbia vige una rigida censura da parte dei media privati (cioè da parte di tutti i media) in Occidente, ed ovviamente anche in Serbia. Ma la quotidianità è sotto agli occhi di tutti - e nel socialismo quello che si vive oggi non era nemmeno immaginabile:


CRISI: SERBIA, NEGOZI 'SOS' PER I PIU' POVERI

(ANSA) La crisi e la recessione che stanno colpendo duramente la Serbia 
hanno indotto le associazioni sindacali e alcuni imprenditori della 
grande distribuzione ad aprire speciali punti vendita con prezzi 
superscontati, a beneficio delle persone a piu' basso reddito.

Sono i cosiddetti 'negozi SOS', che offrono in prevalenza prodotti di 
prima necessita' e di largo consumo a prezzi inferiori fra il 30% e il 
50% rispetto a quelli dei normali supermercati. Finora nella capitale 
Belgrado ne sono stati aperti tre, e si prevede che entro fine maggio il 
loro numero salira' rapidamente a 11.

A beneficiarne sono disoccupati, pensionati, studenti e tutti coloro che 
ricevono una paga inferiore a 20 mila dinari al mese (poco piu' di 210 
euro). Per poter acquistare in tali negozi e' necessario ottenere una 
tessera speciale che attesti la condizione disagiata.

Le autorita' di Belgrado hanno dato pieno appoggio all'iniziativa dei 
'negozi SOS' presa congiuntamente dall'Associazione dei sindacati liberi 
e indipendenti e dalla catena commerciale della grande distribuzione 
'Jabuka' (Mela). In Serbia le persone che vivono al di sotto della 
soglia di poverta' - valutata in circa 9 mila dinari (meno di cento 
euro) -sono intorno al mezzo milione, su una popolazione complessiva di 
circa 7,5 milioni di abitanti.

Con la crisi, il paese ha dovuto abbandonare ben presto l'idea di 
continuare con un tasso di crescita superiore al 6% annuo, fatto 
registrare negli ultimi anni. La recessione e' ormai una realta' e 
quest'anno, come indicato dalle autorita', il Pil dovrebbe far 
registrare un calo fra il 6% e il 7%. La disoccupazione e' attestata al 
14%, e secondo dati diffusi di recente dall'Ufficio nazionale di 
statistica, dall'inizio di quest'anno sono andati persi circa 10 mila 
posti di lavoro al mese.

La crisi colpisce non solo la Serbia ma tutti gli altri paesi dei 
Balcani occidentali. La Slovenia ha anch'essa deciso l'apertura di 
'negozi SOS' sul modello di quelli di Belgrado, mentre in Croazia tale 
iniziativa e' prevista a partire da settembre. La stessa Croazia, e il 
vicino Montenegro - in vista della stagione turistica - hanno avviato 
campagne per attrarre un maggior numero di turisti serbi, che nei due 
paesi erano numerosissimi prima delle guerre balcaniche.

La situazione e' peggiore in Bosnia-Erzegovina, la cui economia ha 
subito in modo particolarmente duro le conseguenze della guerra e dove 
la disoccupazione raggiunge punte del 40%. QN

13/05/2009 15:26


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UDRI PO KAPITALIZMU - DOSTA KUKANJA!

Dan mladosti 2009 i protestni miting

U organizaciji partije Komunisti Srbije - Program obeležavanja dana Mladosti

Partija komunisti Srbije, povodom obeležavanja Dana Mladosti, ispred Muzeja 25. maj, organizovaće doček štafeta Mladosti iz svih nekadašnjih Republika SFRJ, a ove godine u planu je i protestni miting.
Nas, komuniste, ali i ljude koji se sećaju ukupnog života i rada u SFRJ, često i uglavnom, sadašnji vlastodršci nazivaju nostalgičarima, a evo vreme pokazuje, da mi nismo nostalgičari, već ljudi koji znaju šta je pravda, šta je to život dostojan čoveka,...

A kada se mi prisećamo tih vremena, tog rada i života u SFRJ, nije to nostalgija, već uviđanje, da smo, kroz jedan vešt i pakleno dobro osmišljen plan, izmanipulisani, a potom, svojom pasivnošću, dozvolili, da nam kontrarevolucionari, kao produžena ruka svetskog kapitalizma, ne samo razbiju državu, izazovu krvave međunacionalne sukobe, ekonomska razaranja,... već da nas, na kraju stave u položaj robova. Od gospodara svog rada i rezultata rada, pretvoriše nas u sluge i robove!

Zato, ovog 25 maja, neće biti samo "nostalgije" - KREĆEMO U PROTIV NAPAD!!!

Osnova protesta su:

- Protest zbog pokušaja ministra Đelića da svojime "idejama" praktično izvrši prenamenu osnovne delatnosti muzeja, a iza toga stoji zakulisni plan u vezi sa trajnim zatiranjem osnovne delatnosti muzeja 25. maj. Zašto? Zato, jer svako podsećanje na SFRJ, izaziva strah i paniku kod vlastodržaca, da se prevareni narod konačno osvesti, digne glavu i s pravom krene u protiv napad!!!

- Protest zbog ukupnog stanja u Srbiji, ali i pokušaja vlasti, da svoju nesposobnost i nestručnost u vođenju države, prebaci na svetsku ekonomsku krizu,... spasavajući pri tom poredak i kapitaliste, opet i po ko zna koji put, na štetu većine građana Srbije!!!

Ujedinjena partija Komunisti Srbije, poziva građane, sve stvarne gubitnike ove, ne može se drukčije reći nego - kontrarevolucije, a to je ogromna većina svih stanovnika Srbije, da prisustvuju planiranim aktivnostima, a posebno PROTESTNOM MITINGU!

Zlo koje je nad nama - KAPITALIZAM, i pored svojih velikih zagovornika (oličenih u pripadnicima aktuelne vlasti) njegovog najgoreg oblika poznatog kao LIBERALNI KAPITALIZAM, koji je ustvari pljačkaški i poguban za većinu građana Srbije, sa eskalacijom krize, pokazalo je svu pohlepu kapitalista i nesposobnost, a time i pogubnost daljeg opstanka kapitalističkog sistema! Jer u pitanju je sistem od kojeg koristi ima mali broj ljudi! Dakle, kapitalizam nije rat za bolji život većine građana, kako nam to kapitalisti i njihova produžena ruka - vlast, neprekidno ponavljaju, već rat za veći profit i bolji život kapitalista!

Novopečeni kapitalisti, tajkuni,... na račun našeg rada i znoja, na račun našeg višegodišnjeg odricanja, uz pomoć kontrarevolucionara, u oblandu uvijenu Zakonom o privatizaciji, promeni Ustava,... oteše i od nas otuđiše naše fabrike, naš socijalistički društveni sistem, našu sveukupnu brigu o svakom čoveku,...

Zato poštovani građani, okupimo se i "UDRI PO KAPITALIZMU - DOSTA JE BILO KUKANJA".

Planirani protestni miting prvi je u seriji mitinga i predstavljanja ujedinjene partije Komunisti Srbije, širom Srbije!



Pridružite se ujedinjenoj partiji Komunisti Srbije, da zajedno, zbog nas, zbog naše dece, zbog dece naše dece, ponovo stvorimo društveni sistem u kojem ćemo živeti životom dostojnim čoveka! Nema više čekanja, "kukanje" je neproduktivno, a pasivnost pogubna!

Zato, uzmimo svoju sudbinu u svoje ruke, započnimo prave i za većinu građana neophodne promene i pobedimo ove zagovornike kapitalizma! Naterajmo ih da raspišu prevremene izbore, a onda, pobedimo ih i uklonimo iz političkog života, jer su posejali mržnju, bedu, pljačku, korupciju i izazvali mnogo nesreće i zla!!!

Počnimo pobednički pohod ka životu dostojnom čoveka, dolaskom na protestni miting!

Udružimo se!!!

Komunisti Srbije,
8. Crnogorske brigade 6/g1
Beograd
telefon/faks: 011 35-14-478
e-mail: komsrb@...


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Na sajtu http://komunisti.50webs.com objavljen je Progra obeležavanja Dana Mladosti, u obliku slike, kao što je slika gore desno, uzeta za logo događaja. U osnovi, u 9.00 počinje rad štand partije Komunisti Srbije, gde će se deliti oba broja lista Komunist, drugi propagandni materijal, amogu se kupiti i majice.
U 12.00 je doček štafeta iz svih republika nekadašnje SFRJ, oko 12.30 počinje protestni miting, u 13.00 polaganje cveća i štafeta na Titov grob, a potom poseta izložbi efekat Tito, koja je na zahtev naše partije produžena za čitavih mesec dana - do kraja maja.
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Dan mladosti 2009 i protestni miting
      
"Udri po kapitalizmu-dosta je bilo kukanja"

Organizuje: Komunisti Srbije

Plato ispred Muzeja 25. Maj, Kuća cveća
Bulevar kneza A. Karađorđevića-Botićeva 6, Beograd



(english / italiano)

JOE BIDEN, SPONSOR DI TUTTI I SECESSIONISMI, E' OGGI IN VISITA DA CONQUISTATORE IN SERBIA

1) A note and articles sent by Diana Johnstone:
Serbia nationalists opposed to Biden visit (DPA)
Joe Biden Caught Virulent Serbophobia from the Ustasha Clergy Back in the Early 1980s (http://byzantinesacredart.com/)
Glimmer of hope in Balkans (Joseph R. Biden Jr.)
Does Joe Biden Belong in the White House or the Nut House? (Andy Wilcoxson)

2) L'ANSA CHIAMA "CONSERVATORI" QUELLI CHE CRITICANO LA VISITA DEL GUERRAFONDAIO JOE BIDEN IN SERBIA

3) More articles from Stop NATO http://groups.yahoo.com/group/stopnato:
Biden bypasses Bulgaria but will visit Serbia / Sejdiu: Biden visit historic  / US may appoint new Balkan envoy / US refocusing on Balkans with Biden visit


LINKS:

THE VIDEO: Joe Biden, Ramush Haradinaj, Joseph DioGuardi: the US-Kosovo lobby

Sulla personalità di Joe Biden, nemico della Jugoslavia e della pace, attivo come "lobbista" per Slovenia, Croazia, Bosnia, Kosovo e tutti i secessionismi possibili, oggi vicepresidente USA nell'amministrazione Obama, leggi:
e tutti i messaggi rilevanti nella lista JUGOINFO:


=== 1 ===

NOTE (received by Diana Johnstone):

According to the news report below, some of these horrid nationalists displayed Biden quotes about Serbia to justify their lack of hospitality.  The report doesn't bother to tell readers what those quotes were.  Here is a sample:
"Serbs are illiterate degenerates, baby killers, butchers and rapists".
"...all Serbs should be placed in Nazi-style concentration camps".
Moreover, he was a main advocate during the Clinton administration of bombing Serbia and giving its territory to Albanians, with whom he maintained very close relations.
So one doesn't have to be a Serbian "nationalist" to oppose the Biden visit, which looks like the biggest provocation since Austria sent its Archduke Francis Ferdinand to be assassinated by Gavrilo Princip so it could declare war on Serbia and get rid of its "Serbia problem" in the Balkans.
Here is a some documentation on this outrageous display of imperial arrogance.
The most important is the video, in case you haven't seen it already.
Diana
 
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Serbia nationalists opposed to Biden visit

DPA, Friday, May 15, 2009 

BELGRADE, Serbia-Serbian nationalists on Friday expressed their opposition to the upcoming visit by U.S. Vice President Joe Biden, accusing him of being anti-Serb.
Biden arrives in Serbia next week as part of a Balkan tour that also includes visits to Bosnia and Kosovo. He is expected to meet with local political leaders and U.S. military and other personnel stationed in the region.
The tour is widely seen in Serbia as an important sign of continued U.S. support for the stabilization of the Balkans, which was embroiled in a series of ethnic conflicts during the 1990s.
But many in Serbia still view the U.S. as anti-Serb because of Washington's support for Kosovo's statehood. The former Serbian province declared independence last year.
The U.S. also led a NATO bombing campaign in 1999 that ended Belgrade's crackdown against the separatists in Kosovo, and Serbia's rule in the region.
Several nationalist parties handed a list of alleged Biden statements to the Foreign Ministry and accused him of supporting the 1999 NATO bombing.
"We believe that the statements and policies of Joseph Biden are contrary to the interests of Serbia and the Serbian people," said Jovan Palalic, of the Serbian Democratic Party.
Another politician, Aleksandar Vulin, added that Biden "is not welcome in Serbia."
The U.S. Embassy did not immediately comment on the nationalists' statements about Biden.
Serbian Interior Minister Ivica Dacic said Thursday authorities were boosting security measures to the highest level for Biden's visit.
 
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THE VIDEO:
Joe Biden, champion of Albanians against Serbs (that's called "multiculturalism"), promising to save Europe, in company of Ramush Haradinaj, perhaps the most murderous of Kosovo Albanian clan leaders, arrested by the Hague Tribunal for various massacres (also multicultural, by the way -- he killed unfriendly Albanians as well as Serbs), but finally released, after heavy Anglo-American pressure, because prosecution witnesses were intimidated (and sometimes killed). The second speaker is an Albanian-American ex-Congressman, Joseph DioGuardi, lobbyist for Kosovo Albanians.
 

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Joe Biden Caught Virulent Serbophobia from the Ustasha Clergy Back in the Early 1980s


When Obama's running mate Joe Biden stated that "all Serbs should be placed in Nazi-style concentration camps" during Senatorial deliberations in 1999 over NATO aggression on Serbia, most of the world was unaware of the source of such virulent Serb-hatred one would generally be ashamed of harboring, let alone advertising. But issuing a statement that amounts to approval of the genocide Serbian nation had already been subjected to during the WWII, by the Croat fascists -- Ustashe -- and that it should, indeed, have been entirely exterminated in the death camps of which Ustasha-run Jasenovac was the most macabre chain of slaughterhouses in Europe, could have been inspired only by the pathological Croat Ustasha ideology fueled and grown on pure, undiluted hatred of everything Serbian.
Indeed, as Croatia's Jutarnji List reports, it was the Croat Franciscan clergyman who planted the poisonous anti-Serb virus in Joseph Biden's heart and instilled unvarnished, thunderous Serbophobia in him, exemplified by Biden filing Senate resolutions, motions, holding speeches and giving interviews that are so blatantly hateful, biased and fanatically anti-Serb, one would have a hard time to match that level of vitriol against a nation in the statements of any and all the other American politicians.
As a good Roman Catholic, Senator Biden apparently chose to filter out some of the less popular bits about the shameful role Vatican has played during the Second World War and the Holocaust. He also seems to be blissfully unaware of the fact that Croat Franciscans were among the most rabid butchers who simply adored their ally -- Third Reich, both the German and Croat fuhrers (Ante Pavelic was a Croat fuhrer -- "poglavnik" -- during the WWII) and have actively helped Hitler-adoring satellite, Independent Republic of Croatia (NDH, spanning both present-day Croatia and Bosnia-Herzegovina) to commit one of the most horrific genocides in the European history, tearing -- eye-by-eye and limb-by-limb -- 750,000 Serbs, 60,000 Jews and 30,000 Gypsies in the Jasenovac concentration camp-complex alone.
So, when a Croat Franciscan clergyman Ilija Zivkovic spoke to Biden against the Serbs, Senator Biden listened and, as evident in the past two decades of his career, took all the pathological hatred for a factual source of information against the Serbian nation. What his Croat ultra-nationalist, Ustasha descendant advisers taught him about the Serbian nation was most evident on CNN's Larry King Live where Senator Biden, stricken by one of those Hitler seizures, proclaimed that "Serbs are illiterate degenerates, baby killers, butchers and rapists".
 
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THE WASHINGTON TIMES - COMMENTARY 24 July 2004

Glimmer of hope in Balkans
By Joseph R. Biden Jr.

Last week's inauguration of Boris Tadic as president of Serbia offers a window of opportunity for the former Yugoslavia. The Bush administration should seize the moment to reverse its policy of disengagement from the Balkans and resume America's indispensable role in the region as a proponent of human rights and democracy.
Mr. Tadic, a psychologist and former colleague of assassinated Serbian Prime Minister Zoran Djindjic, is a rare politician in that part of the world: a genuine democrat, untainted by association either with Josip Broz Tito's communists or with post-Tito ultranationalists. As defense minister, Mr. Tadic courageously undertook reform of the Serbian military, an essential task as yet uncompleted.
In contrast to current Serbian Prime Minister Vojislav Kostunica and other leading figures, and at personal risk to himself, Mr. Tadic has publicly called for full cooperation with the Yugoslav War Crimes Tribunal at The Hague. Nonetheless, he was criticized by some for going ahead with his planned inauguration on the anniversary of the 1995 Srebrenica massacre of Bosnian Muslims by Bosnian Serbs.
Instead, Mr. Tadic deftly used his nationally televised inauguration speech to drive home responsibility to a Serbian public often in denial about war crimes by mentioning Srebrenica in the same breath as Jasenovac, the World War II death camp run by the Croatian Ustasha fascists.
Ratko Mladic, the "Butcher of Srebrenica," remains at large, as do four former Serbian generals indicted by the war crimes tribunal for their actions in Kosovo. Until they are delivered to The Hague, Serbia will be denied membership in NATO's Partnership for Peace, the country's primary short-term foreign policy goal.
Now the small human-rights community in Belgrade is abuzz with rumors the U.S. may settle for a deal whereby, if Mr. Mladic is handed over, the four generals could be tried by Serbian courts.
Such a concession would be a serious mistake. First, it would undercut The Hague war crimes tribunal. Second, it would be totally impractical. Despite recent courtroom security improvements, many Kosovar Albanian witnesses would be afraid to testify in Belgrade. Moreover, Serbian law does not prohibit a chain-of-command defense, which the defendants would clearly use.
Although President Tadic has advocated return of Serbian sovereignty to Kosovo, no serious observer believes the province will ever again be ruled from Belgrade. The violent anti-Serb riots that claimed nearly 20 lives last March and destroyed hundreds of homes and churches showed that resolution of Kosovo's final status can not be postponed much longer.
The U.N. Mission in Kosovo has done a poor job and lost credibility in the province. It must be reformed under its newly appointed Danish director who will probably have an experienced American diplomat as his deputy. KFOR, the NATO-led peacekeeping force, also showed grave weaknesses in the March riots, with the U.S. troops providing the only major example of professionalism.
The international community should give the Kosovo Provincial Assembly the maximum authority possible, so it can prove to the world the ethnic Albanian leadership is capable of governing and can guarantee basic human rights for all ethnic groups. Just as victims of Serbian war crimes have a right to expect the perpetrators will be brought to justice, the remaining Serbs in Kosovo, and Serbian refugees who wish to return, have a right to expect personal security.
These and related questions provide a lengthy agenda for good faith negotiations between Belgrade and Pristina, which must resume promptly. The new Serbian foreign minister is Vuk Draskovic, the flamboyant anti-Milosevic politician from the 1990s who has gained Western respect as a thoughtful diplomat. The Kosovar leadership would do well to test Mr. Draskovic's seriousness.
The U.S. is in a unique position to facilitate negotiations. Bolstered by the image of American troops who protected Kosovo Serbs in the March riots, U.S. credibility has never been higher in Belgrade, which for the first time has a democratic president with cordial ties to Washington. The Kosovar Albanians remain deeply suspicious of other Europeans but still trust the U.S., whom they thank for overthrowing Slobodan Milosevic's tyranny.
Instead of ceding the leadership of Balkan affairs to the European Union, as we are about to do in Bosnia, President Bush should take advantage of this fortuitous constellation to re-engage in the Kosovo question by appointing a special envoy to the Balkans, a position that proved effective in the 1990s.
The special envoy, working with Serbs and Kosovars, with our European allies, and with the United Nations, could make a full-court press to resolve Europe's most volatile dispute. The stakes are too high to wait any longer.

Joseph R. Biden Jr. of Delaware is the Ranking Democrat on the Senate Foreign Relations Committee.
 
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BALKAN REPORT

Does Joe Biden Belong in the White House or the Nut House?

Vice-presidential candidate Joe Biden's demonstrably false rhetoric about the Kosovo war and his repeated plagiarisms indicate that he may be mentally unfit to assume the presidency.

by Andy Wilcoxson
(Libertarian)
Friday, September 12, 2008

In 1990 Sen. Joe Biden told a C-SPAN interviewer, "I made mistakes and I've said them straightforwardly, but I've never done some of the things that were alleged. I never plagiarized in law school."
Biden's law school records tell a different story. The records show that he stole 5 1/2 pages from an article published in the Fordham Law Review and submitted them as his own work. He even changed the numerical sequence of the footnotes to match his own numbering system. When his professors detected the plagiarism they gave him an F in the course, but Biden insisted that he didn't knowingly cheat.1
As David Greenberg, a professor of history and media studies at Rutgers University, recently explained in the Washington Post "Few remember the details surrounding the many incidents of word-theft, dating to law school, that disqualified him from the 1988 presidential race. Biden lifted words from Bobby Kennedy, Hubert Humphrey and the British politician Neil Kinnock; in the last instance, Biden stole autobiographical material, in effect making false claims about his own life. That suggests something pathological about Biden, for wholesale deceptions aren't easily explained away. The media opted not to reopen those incidents when Biden ran for president this year, but they should have. Character doesn't change easily; something troubling may still lurk beneath the smile and the logorrhea."2
Is Joe Biden is a pathological liar? If he's going to be one heartbeat away from the presidency, it's a question worth asking. Research has shown that pathological liars often believe their lies to such an extent that they can pass a polygraph exam.
It may not matter that Biden plagiarized parts of his autobiography, or that he cheated in law school and lied about it. But it does matter that he lies about foreign policy issues. Robert Gibbs, senior advisor to the Obama campaign, explained that Biden was chosen as Obama's running mate because of his "unparalleled foreign policy experience".3
Biden has a track record of lying about foreign policy issues. During the conflict in Kosovo Biden said, "People are calling this a civil war. You know, that's a little bit like calling the Nazi cleansing of Jews a civil war. What the hell are we talking about here? We're talking about a guy who is engaged in genocide."4
Admittedly, Biden wasn't the only one accusing Serbian leader Slobodan Milosevic of genocide in Kosovo. The State Department told us that half a million Kosovo-Albanian men were missing and feared dead at the hands of Milosevic's troops.5
Although Biden wasn't the only one alleging genocide, nobody appeared more certain of it than he was. When the war ended he went on CNN and said, "We're going to find that the atrocities far exceed anything anyone's known. We're going to find mass graves with thousands of people in them, and we're going to have to unmask for the Serbs and all the world what has happened here so it doesn't happen again."6
Biden was so sure of his claims that he wanted them held up to scrutiny. He said, "At the end of the day the Serb people have to be made aware about what happened. There are trials going to take place in The Hague and everybody in Serbia should have to see them. Otherwise there will continue to be this notion of oppression, and people I think you have got to have an awakening."7
In 2001 Biden got his wish. Slobodan Milosevic was delivered to The Hague and put on trial for war crimes. Serbia's B-92 television network broadcast the entire trial proceedings live, wall-to-wall, for all of Serbia to see. It was a fiasco for the prosecution, by the time of Milosevic's death in 2006 he was more popular than he was when the trial started and the Tribunal was viewed with scorn and suspicion.
As it turned out, the evidence unearthed by Hague investigators was nothing like the modern-day Holocaust alleged by Biden and the State Department. After more than a year of investigating, Hague spokesman Paul Risley announced, "The final number of bodies uncovered [in Kosovo] will be less than 10,000 and probably more accurately determined as between 2,000 and 3,000."8
When they wrapped up exhumations UN investigators had found a total of 2,788 bodies in Kosovo9 and the International Red Cross listed another 2,150 missing.10
The Humanitarian Law Center, a U.S.-funded NGO based in Belgrade, claims to have documented 9,702 people dead or missing from the war in Kosovo. Of this number, 4,903 are Albanians, 2,322 are Serbs, with the rest belonging to other nationalities or their ethnic identity remaining uncertain.11
Regardless of the numbers you use, the war in Kosovo was nothing like the systematic slaughter and genocide alleged by Joe Biden. The numbers of dead and missing don't even begin to approach the hundreds of thousands that were used to justify the U.S.-led NATO assault on Serbia.
Biden was the ranking member of the Senate Foreign Relations Committee during the Kosovo war. He was in a position to know that he was saying things that weren't true. Presidential Scholar Stephen Hess recently told Voice of America that Biden "knows a lot about the world, maybe of all the United States Senators, he knows the most."12
Biden was in a position to know that in Kosovo the Albanians provoked the war by attacking the Serbs in their own country. The Kosovo-Albanians were as subtle about their hostile intentions as a brick through a plate-glass window.
One doesn't have to look further than the public communiques that the Kosovo Liberation Army (KLA) published in the Albanian media in the years and months leading up to the war to see who started all of this. The KLA made no secret of the fact that they intended to forcibly seize the Serbian province of Kosovo and turn it into an Albanian state.
In 1996, two years before the war started, the KLA published a communique in the Albanian media that said, "Through this communique we would like to state clearly to the current Serbian political leadership that they must withdraw from our territories as soon as possible, or our attacks to liberate the country will be fierce and merciless."13
In a 1997 communique the KLA appealed to the Kosovo-Albanian public saying "Kosova and the other Albanian territories will not be liberated down the telephone or from an office, but only by a serious commitment in support of the armed struggle."14
The KLA published another communique in 1997 threatening the international community with "a greater slaughter than in Bosnia-Herzegovina" and warning the Serbs of a fate "worse than their Russian brothers in Afghanistan and Chechnya" unless their demands were met.15
The KLA was open about its mission, explaining in one communique that their "first fighters were the most fervent idealists for the independence of Kosova" They said, "The people of Kosova did not form their own liberation army for the purpose of a social revolution or to oppose government with a national tinge, but they are carrying on a struggle to be liberated from the century-old occupier. If you confuse these two things, this means that you are making a mistake on purpose."16
The Albanian grievance wasn't with Milosevic's government in particular; it was with Serbia "the century-old occupier". The Albanians were upset because the 1913 Treaty of London returned Kosovo to Serbia after 500 years of Ottoman occupation. That was the real issue.
If Milosevic had been the problem, the violence wouldn't have predated his political career. In 1981 nobody had even heard of Slobodan Milosevic, but Albanian separatists in Kosovo were rioting and carrying out deadly attacks against Yugoslav security forces. When the New York Times reported on the rioting they called it "the worst riots in Yugoslavia since World War II".17
In 1982 Becir Hoti, an ethnic Albanian official in Kosovo's government, explained the situation to the New York Times saying, "The nationalists have a two-point platform. First to establish what they call an ethnically clean Albanian republic and then the merger with Albania to form a Greater Albania."18
Biden must have known that the Albanians had been making threats and carrying out attacks against the Serbs for years before serious fighting broke out in 1998. A man in his position would have had to know.
By the latter part of 1998 the United States had involved itself in the conflict. The U.S. brokered what was supposed to be a cease-fire between the Serbs and the KLA.
On November 12, 1998 the UN Secretary-General issued a report on the cease-fire implementation, which found that "there has been a continued withdrawal of the Serbian security forces from Kosovo and numerous checkpoints and fortified positions have been dismantled."19
While the Serbian side was complying with the cease fire, the Secretary-General's report noted that "Kosovo Albanian paramilitary units are asserting their own authority to supplant that of the Serbian police in areas from which the police have withdrawn, and have established their own checkpoints on a number of secondary roads. ... Recent attacks by Kosovo Albanian paramilitary units have indicated their readiness, capability and intention to actively pursue the advantage gained by the partial withdrawal of the police and military formations. Reports of new weapons, ammunition and equipment indicate that the capacity of those units to re-supply themselves is still fairly good."20
The Serbs were bending over backwards to make peace with the Albanians, and the Albanians took that good will as an opportunity to ratchet-up their attacks and conquer more territory. When the Serbs realized that they were being double-crossed they sent their forces back in, and NATO used that as an excuse to start bombing them.
When you realize how the war started, what it was about, and how few people actually died in it, Biden's rhetoric about the Serbs waging a modern-day Nazi Holocaust against the Albanians sounds insane.
The media reported a genocide, but well-informed people knew better. Dietmar Hartwig, the chief of the European Union Monitoring Mission in Kosovo, commented on the media coverage saying, "I didn't think it had anything to do with reality. [The] reporting was always very one-sided. There was only one perpetrator and always one victim."21
As the ranking member of the Senate Foreign Relations Committee, Biden must have known better too. Did he know that was lying about the "Serbian genocide" in Kosovo, or is he a pathological liar who actually believes his own rhetoric? Given the absolute certainty with which he spoke, and his history of lying and serial-plagiarism one has to wonder.
When it comes to Joe Biden we face a tough dilemma. Which is more dangerous, a belligerent leader who attacks another country based on a lie that he knows is a lie, or a mentally ill leader who attacks another country because he concocts a lie in his own mind and comes to believe that it's true?

NOTES
1 - The Washington Times; August 23, 1990; Biden changes his story, insists 'I never plagiarized in law school'
2 - The Washington Post; August 24, 2008; Assessing Joe Biden
3 - Fox News Network; August 24, 2008 Sunday; Fox News Sunday 9:00 AM EST; Interview With Robert Gibbs
4- CNN; April 5, 1999; Larry King Live 21:00 pm ET
5 - The Boston Globe; April 20, 1999; Pg. A1; Up to 500,000 unaccounted for in Kosovo; Missing men feared dead, US reports
6 - CNN; June 10, 1999; CNN Today 13:00 pm ET
7 - CNN; May 20, 1999; Larry King Live 21:00 pm ET
8 - Evening News (Edinburgh); August 18, 2000; Kosovo Death Toll 'Exaggerated' Say Experts
9 - The Guardian (UK); Friday August 18, 2000; Serb killings 'exaggerated' by west Claims of up to 100,000 ethnic Albanians massacred in Kosovo revised to under 3,000 as exhumations near end
10 - UPI NewsTrack; December 6, 2006; 2,150 people missing in Serbia's Kosovo
11 - Globus (Zagreb, Croatia); February 2, 2007; Establishing the number of victims in the Yugoslav wars of succession
12 - Voice of America News; September 10, 2008; Obama-Biden Ticket Aims at Working Class Voters
13 - Text of KLA Communique No. 22 published in the Swiss-based Albanian-language newspaper 'Bota Sot' on 10th August 1996
14 - Text of KLA Communique No. 40 published in the Kosovo-Albanian newspaper 'Bujku', in Pristina, on 5th December 1997; p10
15 - Text of KLA Communique No. 35; published in the Kosovo-Albanian newspaper 'Koha Ditore', in Pristina, on 8th August 1997; p3
16 - Text of KLA Communique No. 78; published by the Kosovapress news agency web site on 16th May 1999
17 - The New York Times; April 20, 1981; Roots of Yugoslav Riots: Vague 'Enemy' Blamed
18 - The New York Times; July 12, 1982; Exodus of Serbians Stirs Province in Yugoslavia
19 - Kosovo: SG Report pursuant to Security Council resolutions 1160, 1199, 1203 (1998) S/1998/1068; 12 November 1998
20 - Ibid.
21 - Milosevic trial transcript; March 2, 2005; Testimony of Dietmar Hartwig; pg. 36991-36992


=== 2 ===

SERBIA-USA: VISITA BIDEN, CONSERVATORI CRITICANO VISITA

(ANSA) - BELGRADO, 15 MAG - Il Partito democratico serbo (Dss) dell'ex presidente ed ex premier Vojislav Kostunica, insieme all'alleato di coalizione di Nuova Serbia (Ns), ha diffuso un documento di critica e condanna della visita che il vicepresidente americano Joe Biden effettuera' a Belgrado la prossima settimana. Come riferisce l'agenzia Tanjug, nel documento - intitolato 'Mai nella Nato' - si stigmatizza la politica di Biden, che sarebbe contraria agli interessi della Serbia. ''Noi siamo convinti che le dichiarazioni e la politica seguita da Biden siano contrarie agli interessi della Serbia e dei suoi cittadini'', ha detto Jovan Palalic, deputato del Dss. A suo avviso, proprio la politica seguita da Biden porto' ai bombardamenti della Nato sulla Serbia e all'appoggio per la secessione e l'indipendenza del Kosovo. Secondo Palalic, Biden durante la sua visita potrebbe cercare di fare nuove pressioni sulla Serbia. Nei colloqui a Belgrado, ha affermato il deputato, il vicepresidente americano ''esercitera' molto probabilmente nuove pressioni sulla Serbia affinche' stabilisca relazioni di buon vicinato con il falso stato del Kosovo, indebolisca le istituzioni della Republika Srpska e rinunci alla neutralita' militare per cominciare il processo di adesione alla Nato''. Biden comincera' il 18 maggio un giro nei Balcani occidentali, visitando Serbia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. Secondo la tv B92, il vicepresidente dovrebbe fare tappa a Belgrado il 20 maggio. (ANSA). QN 
15/05/2009 16:26 


=== 3 ===

Stop NATO
http://groups.yahoo.com/group/stopnato

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http://www.sofiaecho.com/2009/05/02/713881_biden-bypasses-bulgaria-but-will-visit-serbia

Sofia Echo - May 2, 2009

Biden bypasses Bulgaria but will visit Serbia

by Gabriel Hershman 


US vice president Joe Biden will be visiting the Western Balkans in May but...Bulgaria would appear not to be on his planned itinerary.

The news came from the press service of the office of the Vice President of the United States.

According to the official message, Biden's Balkans tour will not reach Bulgaria because it will concentrate on the Western Balkans. Biden will be visiting Bosnia and Herzegovina, Serbia, and Kosovo. Biden's tour of the Balkans is due to start on May 18. He will be meeting with political leaders as well as with American troops stationed there.

His trip to Serbia could potentially be tense because Biden was one of the strongest supporters of the allied bombing of Belgrade in the 1990s.

According to reports, Biden did not hesistate to call former Serbian leader Slobodan Milosevic "a thug" to his face.

A Serbian political analyst, Obrad Kesic, was on record last year as saying that it would not be good for Serbia if Joseph Biden were elected US vice-president.

"He was not only one of those who the tabled resolution to bomb Yugoslavia in 1999, but he is also firm in his belief that changes in Serbia came as a result of pressure from Washington," Kesic told Belgrade daily Blic.
....
Kosovo declared independence from Serbia in 2008 and is recognised by at least 58 countries including the United States and most EU member states. 

Serbia, along with Russia, had protested against the Bush administration's recognition of Kosovo's unilateral declaration of independence last year. 

According to statements from the press service, Kosovo's capital, Pristina, is likely to be Biden's first stop on his Balkans visit. There, one can assume, Biden will be assured of a warm welcome. 


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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2009&mm=05&dd=14&nav_id=59139

Beta News Agency - May 14, 2009

Sejdiu: Biden visit historic 


PRISTINA - Kosovo President Fatmir Sejdiu says that the upcoming visit of U.S. Vice President Joe Biden to Kosovo will be a historic event. 

“The visit will be special, and of historic significance,” Sejdiu said, adding that the arrival of American officials was a sign of support for Kosovo, democracy and the successful development of all the countries in the region. 

Sejdiu said that Biden’s visit would be an opportunity to underline common and bilateral commitment to further, strong cooperation “between the two countries.” 

Kosovo media have identified Biden as one of the most prominent supporters of Kosovo independence over the last two decades. 

In a report previewing Biden’s visit to Kosovo, Radio Television Kosovo stated that the vice-president’s visit was expected not only to confirm continued U.S. support for Kosovo independence, “but the sanctity of territorial integrity” as well. [No doubt said with a straight face.]

Kosovo will be Biden’s first stop on his tour of the Balkans, before he moves on to Bosnia-Herzegovina and Serbia.  

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http://www.makfax.com.mk/en-Us/Details.aspx?itemID=4254

Makfax - May 14, 2009

US may appoint new Balkan envoy  


Brussels/Belgrade - Washington is displeased with the development of events in the Balkans, particularly with the EU's policy on Balkans' integration into the bloc, and it is likely to appoint a new envoy for the region.

U.S. Assistant Deputy Secretary of State Stuart Jones conveyed Washington's position at a meeting with journalists accredited to Brussels, the Makfax news agency said.

It's not a secret that the US is deeply concerned by frequent messages by some EU members challenging the Balkans' accession into the EU and NATO, Jones said.

He stressed that Washington wants to double efforts with the EU to speed up the Euro-Atlantic integration of the Balkans.

"The EU and NATO membership perspective is an important encouragement for reforms and stabilization of the region. Any halt of the process could jeopardize the reform process and the stability of the entire region," the US diplomat said.

He added that Vice President Jospeh Biden, who is due to visit Sarajevo, Belgrade and Pristina next week, will send a message that the new administration in Washington is very much interested in Balkan events.

Although the decision on appointing a new US envoy on the Balkans is still under consideration, his task would be to speed up the Euro-Atlantic integration of the region. 

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http://www.taipeitimes.com/News/world/archives/2009/05/17/2003443780

Deutsche Presse-Agentur - May 17, 2009

US refocusing on Balkans with Biden visit


-[The] US led airstrikes against Serbs in Bosnia and Serbia, as well as anchoring [military] missions in Bosnia and Kosovo.
In Kosovo, Biden on Thursday is expected to affirm US support for Kosovo and discourage ***separatist ambitions of the Serb minority*** dominating the northernmost section of the new country. 


WASHINGTON AND BELGRADE - US Vice President Joe Biden will embark this week on a tour of the Balkans to “refocus” on the region and “reset” uneasy relations with Serbia, the largest and central former Yugoslav republic.

Starting on Tuesday and ending on Thursday, Biden will visit Bosnia, Serbia and Kosovo. Although the West remains frustrated by the stalled progress of Bosnia and concerned about the potential for violence in Kosovo, Biden’s task will be to offer a new start to Belgrade.

“This is a tremendous opportunity to make it very clear to the government of Serbia ... that we hope to be able to press the reset button with Serbia,” a senior US official said, acknowledging “realistic expectations” that some differences “we’re not going to resolve, particularly over Kosovo.”

The task will not be easy, with relations burdened by the US role in the bombing a decade ago of Serbia — over former Serbian president Slobodan Milosevic’s actions in Kosovo — and Washington’s backing of Kosovo’s secession last year from Serbia.

“Biden would probably try to perform a small miracle and demonstrate that America is fully open toward Serbia, ready not only for correct but good relations,” Washington-based Serbian analyst Obrad Kesic told the Voice of America radio.

“That will, however, be difficult within the context of conditioning, particularly that linked to the independence of Kosovo,” Kesix said.

The US official said that Biden, who ix expected in Belgrade on Wednesday, would not press Serbia to recognize Kosovo’s independence, asking only that Serbia refrain from undermining Kosovo’s independence.

“We’re very realistic about this. We’re going to have to agree to disagree,” the official said. “We have an opportunity to reset and restart the relationship between the United States and Serbia.”

Biden’s visit signals a refocusing under new US President Barack Obama on the Balkan region, which was in the international spotlight during the wars of the 1990s, but largely off the top-priority agenda during the post-Sept. 11, 2001, US preoccupation with the Middle East.

Along with diplomatic leadership in the Balkans in the previous decade, the US led airstrikes against Serbs in Bosnia and Serbia, as well as anchoring peacekeeping missions in Bosnia and Kosovo.

In Kosovo, Biden on Thursday is expected to affirm US support for Kosovo and discourage separatist ambitions of the Serb minority dominating the northernmost section of the new country. 

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Stop NATO
http://groups.yahoo.com/group/stopnato




Aggiornamenti dal movimento contro la guerra

1) A ROMA GIOVEDI 21 MAGGIO 2009 GIORNATA DI MOBILITAZIONE CONTRO LA GUERRA
2) Vicenza è sempre più Africom (A. Mazzeo)


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A ROMA GIOVEDI 21 MAGGIO 2009 GIORNATA DI MOBILITAZIONE CONTRO LA GUERRA, LE BASI 
MILITARI, LA NATO, LE ARMI NUCLEARI, LO SCUDO STELLARE, GLI F35, 
 
A SOSTEGNO DELLA LEGGEDI INIZIATIVA POPOLARE SUI TRATTATI INTERNAZIONALI,LE BASI E LE 
SERVITU’ MILITARI SOTTOSCRITTA DA OLTRE60.000 CITTADINI E CONSEGNATA AL  PARLAMENTO ITALIANO IL 7 AGOSTO 2008.

A PIAZZA NAVONA, IL 21 MAGGIO

DALLE ORE  11.00 ALLE ORE 20.00,

PRESIDIO DI DENUNCIA E DI COMUNICAZIONE CON VIDEO, 
MOSTRE, DOCUMENTAZIONE SU GAZA (proiezione di: “Gaza. Il genocidio e il silenzio” e reportage fotografico di Alessia Leonello), AFGHANISTAN, IRAQ, LA 
NATO E LE BASI MILITARI, I CACCIABOMBARDIERI ATOMICI F35.

 
ORE 12.00:
CONFERENZA  STAMPA CON LA PARTECIPAZIONE DI DOROTHEA KRAUSS dell'Assemblea Permanente NO F35 di Novara IN VISTA DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A NOVARA IL 2 GIUGNO,  DI VAURO SENESI (e le sue vignette!) e dell’avvocato CLAUDIO GIANGIACOMO dell’Associazione Ialana.

Alla conferenza stampa sono stati invitati quotidiani nazionali, tv  radio e agenzie stampa
Promuove l’iniziativa il COMITATO  PROMOTORE  LA LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE CONTRO LE BASI, LE SERVITU’ MILITARI E I TRATTATI DI GUERRA, con il sostegno di:
Rete Disarmiamoli, Rete  Semprecontrolaguerra, Sinistra Critica, Rete dei Comunisti, Mondo Senza Guerre, Statunitensi for Peace and Justice, Circolo Arci “Arcobaleno” di Garbatella, Comitato per la Pace X° Municipio di Roma, Comitato NOF35-Novara, Pandora TV,  Comitato per il disarmo e la smilitarizzazione-Napoli, Comitato per la  smilitarizzazione di Sigonella, Comitato per la riconversione di Camp Darby. 


=== 2 ===

Vicenza è sempre più Africom

Autore: Antonio Mazzeo


Dal dicembre 2008, il comando SETAF (Southern European Task Force) dell’esercito USA di stanza a Vicenza ha assunto il nome di US Army Africa, componente terrestre di Africom, l’organismo delle forze armate statunitensi che sovraintende a tutte le operazioni di guerra nel continente africano. Mentre proseguono i lavori per trasformare il vecchio scalo aeroportuale Dal Molin, la città di Vicenza rafforza il suo ruolo di base avanzata per la proiezione di Stati Uniti e alleati NATO in Africa, ospitando il principale centro di formazione strategica degli eserciti dei paesi africani (alcuni dei quali in testa nelle classifiche relative a crimini di guerra, violazione dei diritti umani e repressione di organizzazioni e movimenti sociali). 

Quello che ricorda per certi aspetti la famigerata “Scuola delle Americhe” che formò migliaia di ufficiali latinoamericani nelle decadi in cui le dittature imperversavano nel continente, si chiama “Center of Excellence for Stability Police Units, (CoESPU)”, e dal marzo 2005 è ospitato presso la Caserma “Chinotto” di Vicenza, sotto il comando dell’Arma dei Carabinieri. Il 4 e 5 maggio, il centro di formazione e addestramento internazionale delle “forze di polizia” africane è stato visitato dal generale William “Kip” Ward, a capo del Comando Africom di Stoccarda. Nell’occasione, Ward ha incoraggiato l’alto ufficiale dei Carabinieri Umberto Rocca, responsabile del CoESPU, a proseguire nello “sviluppo delle abilità degli ufficiali delle forze di polizia africane affinché operino nelle missioni di peacekeeping nel continente”, assicurando che “Africom continuerà a mantenere stretti legami con il Centro d’Eccellenza di Vicenza”. “Fate buon uso di quest’esperienza”, ha poi raccomandato ai militari di Camerun, Nigeria, Mali e Burkina Faso, ospiti di uno dei corsi attualmente in fase di realizzazione nella città veneta. Prima di lasciare la caserma “Chinotto”, lo zar delle nuove campagne USA in Africa ha rivelato che Serbia, Nepal ed Indonesia potrebbero inviare presto propri reparti per potenziare le missioni internazionali di “peacekeeping” nel continente. 

L’idea di dar vita al Centro d’Eccellenza per le Unità di Polizia di Vicenza, sorse in occasione del vertice dei Paesi del G8 tenutosi nel 2004 a Sea Island, Stati Uniti. Allora fu adottato un piano d’azione denominato “Espansione della Capacità Globale nelle Operazioni per il Supporto della Pace”, con l’obiettivo di “aumentare la capacità di sostegno agli interventi di “peacekeeping”. In nome della “stabilità”, il G-8 di Sea Island decise di dare il via all’addestramento di 75.000 “peacekeepers” internazionali entro il 2010, 7,500 dei quali da destinare in “operazioni speciali” di “gestione della transizione da situazioni di post-crisi a contesti di maggiore stabilità per la ricostruzione”, prendendo come modello le Unità Multinazionali Specializzate (MSU) utilizzate dalle forze alleate e dalla NATO in Bosnia, Kosovo, Afghanistan ed Iraq. 

“L’ambizioso progetto del G-8 richiederà chiaramente accresciute capacità di peacekeeping per quei paesi le cui forze potrebbero essere messe a disposizione di Operazioni in Supporto della Pace”, – si legge nella scheda CoESPU predisposta dall’Arma dei carabinieri. “Sarà così necessario favorire la creazione di forze del tipo Carabinieri/Gendarmerie, preparate ad intervenire rapidamente, con apparati logistici autonomi, interoperabilità con componenti militari, e la capacità di stabilire una forte presenza di polizia in territori ostili”. Ecco allora l’asso nella manica, il Centro d’Eccellenza di Vicenza, target a breve termine la formazione di almeno 3.000 ufficiali e sottufficiali africani e lo “sviluppo di dottrine e procedure operative per prendere parte al Network strategico mondiale, interagendo con organizzazioni internazionali, istituti accademici e centri di ricerca”. 

La lista dei partner del Centro di Vicenza è lunga e variegata: oltre ad Africom ed US Army Africa, compaiono la NATO, l’Unione Europea, l’OSCE, il Dipartimento delle Nazioni Unite per le Operazioni di Peacekeeping, e una serie di centri di studi strategici statunitensi, come l’
United States Institute of Peace (USIP), the “Pearson Peacekeeping Training Center”, the “Defense Institute for International Legal Studies”, l’“US Peacekeeping Support Operation Institute”, il “George Marshall Center”, ecc.. Sino ad oggi sono stati inviati a Vicenza poliziotti e militari di nove paesi africani (Burkina Faso, Camerun, Egitto, Kenya, Mali, Marocco, Nigeria, Senegal e Sud Africa), cinque europei (Francia, Romania, Russia, Serbia ed Ucraina), cinque asiatici (Giordania, India, Indonesia, Nepal e Pakistan) ed uno latinoamericano (Cile). 

Dal punto di vista operativo, il CoESPU organizza annualmente una decina di corsi la cui durata varia dalle 5 alle 7 settimane e a cui partecipano sino a 100 ufficiali e sottufficiali alla volta. Le lezioni sono rigorosamente in lingua inglese e alla fine viene rilasciato un certificato che “abilita all’impiego ONU”. 

La caserma “Chinotto” ha riservato al Centro un’ampia e moderna sezione comprendente aule con attrezzature ad alta tecnologia, alloggi in grado di ospitare sino a 300 persone, sale multimediali e internet, un poligono di tiro indoor, una palestra e ampi spazi sportivi all’aperto, una biblioteca e una serie di servizi generali (barbiere, lavanderia, ecc.). L’infrastruttura militare è la stessa che ospita la sede del comando di Eurogendfor, la forza di gendarmeria europea entrata in funzione nel 2006 con oltre 3.000 uomini della polizia militare di Italia, Francia, Spagna, Portogallo ed Olanda, che può essere messa a disposizione dell’Unione europea, dell’ONU, della NATO, dell’OCSE e di altri organismi internazionali. 

Durante la sua visita a Vicenza, il capo supremo di Africom si è recato pure a Camp Ederle. A conclusione dell’incontro con il generale William B. Garrett III, comandante di US Army Africa, William Ward ha voluto ringraziare ufficialmente i militari statunitensi per il ruolo assunto nelle missioni in terra d’Africa. “US Army Africa sta supportando Africom in una serie d’incarichi finalizzati a migliorare le funzioni dei militari africani, costruire partenariati e promuovere forze militari professionali”, ha dichiarato l’alto comandante USA. 

“In Rwanda, il personale US. Army lavora attualmente insieme ai militari della Gran Bretagna per addestrare i soldati ruandesi. In Liberia, più di una dozzina di sottufficiali dell’esercito statunitense appoggiano il Liberia Security Sector Reform, un programma diretto dal Dipartimento di Stato per aiutare la ricostituzione delle forza armate liberiane”, ha aggiunto Ward. “Altre missioni degne di menzione includono i programmi logistici a favore di Botswana, Uganda e Rwanda. Ufficiali dell’US Army operano con la African Partnership Station, la missione della marina statunitense in Africa occidentale, e con la Combined Joint Task Force - Horn of Africa, la forza militare che opera congiuntamente con i nostri partner in Africa orientale”. 

Vicenza si conferma sempre più il cuore strategico delle operazioni terrestri di Africom.


Antirevisionismo vernacolare

Noiosa come una nebbia padana, insistente come certi venti anche quest’anno l’amministrazione comunale di Grumo Appula (in provincia di Bari), composta da un monocolore di destra, sostenuta da un consiglio comunale interamente di destra (comprensiva di un’opposizione, recentemente costituitasi, anch’essa di destra), ammannisce per la sua cittadinanza la celebrazione dei tragici eventi raccolti sotto la denominazione “foibe”, le gole del Carso dove, alla fine del secondo conflitto mondiale, morirono centinaia di persone. Dopo aver promosso convegni alla presenza di illustri sconosciuti, spacciati per storici, e di rappresentanti di movimenti di estrema destra (variamente legati all’eredità fascista), spacciati per esperti, quest’anno tocca al convegno su «Le foibe, storia di una tragedia dimenticata». 
Per chi non avesse ancora chiaro l’uso ideologico delle foibe da parte degli organizzatori, eloquente è il testo di presentazione apparso sui manifesti cittadini: «Il sacrificio e il martirio di tanti italiani vittime della violenza politica e della feroce pulizia etnica perpetrata dai comunisti di Tito devono essere profondamente radicati nella consapevolezza di tutti noi». Del testo si evidenzieranno la lettura in chiave esclusivamente etnico-politica degli episodi di violenza avvenuti, che individua negli slavi (diversità etnico-nazionale) e nei comunisti di Tito (diversità etico-politica) i responsabili, mentre descrive gli “italiani” e i “non-comunisti” come vittime (martiri, nel lessico enfatico del testo). Eppure una tale lettura manichea non regge sul piano storiografico, mentre è tutta funzionale ad imporre un ordine del discorso chiaramente nazionalista, che nega o rifiuta una rilettura storica degli eventi. Non si tratta, sia chiaro, di negare da parte nostra la realtà degli eccidi e dell’esodo di massa sui confini italo-jugoslavi. Si tratta invece di ripensare in chiave diacronica quelle violenze come anello terminale di una catena di violenze e di odi, diffusi nella vasta area attualmente divisa fra Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Croazia, che avevano trovato il proprio catalizzatore nella criminale condotta politico-militare, negli anni precedenti, dell’Italia fascista in quelle stesse zone. Si tratta di ripensare le vittime dei vari momenti di violenza in una chiave non solo etnica e non solo politica. Si tratta di ripensare gli eventi delle foibe nella cornice di tipiche violenze post-belliche in aree di confine. Si tratta di rispettare quelle vittime, evitando speculazioni politiche e operazioni revanchistiche.
Questi presupposti per una corretta divulgazione storica erano evidentemente del tutto assenti nelle intenzioni degli organizzatori e ovviamente dei relatori. Sull’elenco di questi conviene soffermarsi, tanto più che il medesimo parterre era già stato annunciato per un’analoga iniziativa in un comune vicino, Cassano delle Murge (in questo caso con l’aggravante della partecipazione del locale liceo), segno pertanto di una sorta di tour murgiano della compagnia. Fra i relatori, infatti, spicca il nome di tal Giorgio Rustia, gratificato della qualifica di «storico e presidente dell’associazione famiglie e congiunti deportati italiani in Jugoslavia e infoibati». In realtà, è sufficiente una rapida ricerca su internet presso siti di informazione alternativa (basta digitare tale nome nei siti di http://antagonismodisobbediente.giovani.it/ e http://www.studenti.it/roma/ ) per capire che si tratta di una figura su cui è possibile formulare una diversa qualifica: quella di aderente ad un movimento dichiaratamente di estrema destra (spesso indagato e condannato per gravi reati di varia natura), nazionalista e xenofobo.
Come se non bastassero impostazione programmatica e la selezione dei relatori, l’intenzione ideologica dell’iniziativa è svelata dalla data di svolgimento: il 27 aprile. A ridosso, anzi contro la data del 25 aprile e i suoi significati profondi: festa della Liberazione dall’oppressione nazifascista. Come dire: guardate, siamo noi i difensori della storia patria (tralasciando le colpe e i crimini dei fascisti italiani), non quelli che celebrano il ricordo dei partigiani e della nascita della Costituzione repubblicana. Quale che sia il giudizio sul rilievo di simili operazioni propagandistiche della destra italiana, stupisce che un’amministrazione – ancorché poco adusa all’approfondimento culturale e storiografico, al confronto e alla partecipazione cittadina – accolga una simile manifestazione proprio due giorni dopo il 25 aprile, in netta sovrapposizione fra date, che sa di provocazione e di liquidazione della festa della Liberazione dal nazifascismo. Stupisce ancor più il silenzio delle poche voci culturalmente attrezzate e legate a principi quali la difesa della memoria antifascista: a livello locale non si è udita alcuna voce pubblica contraria a tale iniziativa, tanto più che nel comune di Grumo Appula è rimasta traccia della presenza di soldati jugoslavi presso l’attuale scuola elementare (allora ospedale militare) e della sepoltura di non pochi di loro nel locale cimitero, ricordata da un’apposita stele con iscrizione in serbo-croato, “riscoperta” appena due anni fa in occasione della visita di una delegazione di studiosi italiani e serbi (ne fu data notizia su diverse testate locali e a livello internazionale dalla newsletter svizzera L’Avvenire dei lavoratori). In occasione di quella visita, che avrebbe visto anche la partecipazione di personale diplomatico serbo, assumendo così carattere istituzionale, venne informato l’attuale sindaco di Grumo Appula: ovviamente costui non diede cenni di risposta, ignaro della basilare correttezza fra amministratore e cittadini e del rispetto delle regole istituzionali. 
Vedi alla voce “revisionismo”: insieme di teorie e di ricerche che tendono a rivedere la storia recente d’Italia alla luce non già di un attività di ricerca storica correttamente svolta sul piano metodologico, ma in funzione dell’affermazione di ideali politici estranei o antitetici rispetto alla sintesi di culture politiche che ha prodotto la Costituzione repubblicana e il progresso della convivenza civile nel nostro Paese. È significativo che la trascuratezza del 25 aprile si accompagni con lo svolgimento di uno pseudo-convegno in antitesi.  
Un ulteriore spunto di riflessione riconduce al testo del manifesto succitato, che presenta un’altra inquietante indicazione: gli eventi luttuosi delle foibe (opportunamente rivisti e corretti) «devono – si badi bene, è un obbligo – essere profondamente radicati nella consapevolezza di tutti noi», quindi ci troviamo di fronte ad un tipico casi di costituzione di una “verità” storiografica da imporre dall’alto secondo i mezzi disponibili. In mancanza d’altro, i revisionisti nostrani si devono accontentare di certi “storici” e certi politici locali. A ciascuno il suo. 
Ai cittadini grumesi resta comunque un’amministrazione inadeguata rispetto alla manutenzione del manto stradale, alla sicurezza dei cittadini per via dei cani randagi (per esempio nei pressi della stazione FFSS) e all’offerta di ausilio per quanti hanno perso il posto di lavoro o lo hanno già perso. Ma capace di organizzare la solita manifestazione ideologica, tesa a strumentalizzare le vittime delle foibe. Una più forte richiesta di dimissioni dell’attuale amministrazione è il giusto epilogo di questa storia indecente, assieme alla promessa di un futuro incontro, finalmente adeguato sul piano storico, sull’argomento. 

 

GAETANO COLANTUONO 
gruppo Docenti precari mobilitati di Bari e provincia

per contatti: gaecolant @ libero.it


(francais / italiano)

La Bolivia-Croazia-Italia connection

1) Gli uomini neri (Contropiano)
2) Le complot contre Evo: patrons, néo nazis et… CIA (Jean Guy Allard)




=== 1 ===

Cari compagni, vi inviamo come anticipazione questo articolo di inchiesta sulle inquietanti connessioni tra i gruppi paramilitari fascisti in Bolivia, Balcani e Italia e che verrà pubblicato sul prossimo numero di Contropiano in uscita.
 
Cordiali saluti
la redazione di Contropiano
 
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Le reti del terrorismo neofascista ancora operative

Gli uomini neri

La Bolivia-Croazia-Italia connection 

Quando è giunta la notizia che le forze di sicurezza boliviane avevano smantellato una rete terroristica che intendeva uccidere il presidente Evo Morales e il vice presidente Garcia Linera, l’attenzione è andata subito sulla composizione di questa rete. In essa vi compaiono mercenari e neofascisti europei o boliviani di origine croata. Una ricerca più approfondita su quello che appare il “capo” del gruppo liquidato in un hotel di Santa Cruz – da anni regione praticamente in mano alla destra più violenta e reazionaria – porta direttamente a incrociare i dati con i gruppi mercenari e neofascisti che hanno combattuto al fianco dei gruppi fascisti croati nella guerra di secessione  che ha insanguinato la Jugoslavia negli anni ’90. 
Questi due fattori così lontani geograficamente- Bolivia e Croazia – hanno visualizzato un denominatore comune che coinvolge anche l’Italia e le reti neofasciste che hanno animato la “guerra a bassa intensità” anticomunista dagli anni Sessanta  in poi e che oggi godono di posizioni di potere e di risorse assicurate dal nuovo quadro politico italiano. Le forze antifasciste in Italia non possono dunque rimanere indifferenti di fronte alla gravità dei fatti rivelati da quanto accade in Bolivia. Non solo per la simpatia e la solidarietà verso il primo presidente indigeno nella storia recente dell’America Latina e della Bolivia o per il processo democratico e popolare che la nuova Costituzione boliviana sta realizzando. Quanto accaduto in Bolivia concretizza agli occhi dell’opinione pubblica l’esistenza ancora attiva di quella rete terroristica neofascista che ha insanguinato con attentati e stragi anche la storia recente dell’Italia e che ha trovato storicamente rifugio e complicità proprio negli ambienti della destra boliviana che oggi si oppone violentemente al cambiamento democratico in corso in Bolivia.

 

Chi sono gli uomini neri in Bolivia

La storia di Eduardo Rosza Flores, uno dei tre mercenari uccisi dalle forze di sicurezza boliviane dopo un violentissimo scontro a fuoco, è rivelatrice di scenari inquietanti che collegano i gruppi eversivi in America Latina con reti analoghe anche in Europa. 
Eduardo Rosza Flores nasce in Bolivia nel ’60 da padre ebreo comunista ungherese e madre cattolica boliviana, dopo un passaggio in Cile e uno in Svezia, a 14 anni ritorna in Ungheria. A Budapest finisce gli studi e si arruola. Si specializza militarmente in Unione Sovietica, ma dopo meno di due anni si dimette. «Niente di più noioso che fare il soldato in tempo di pace», spiegherà. Vivrà per un periodo in Israele «alla ricerca delle radici». 
Nel ’91 Flores era corrispondente per il quotidiano spagnolo Vanguardia e il giornale di Barcellona lo mandò a seguire gli albori del conflitto yugoslavo. Osservò due cose. «Che mi trovavo meglio con i soldati croati che con i miei colleghi» e che «i serbi sparavano deliberatamente sui giornalisti».Si licenziò con un telegramma. E’ entrato a far parte della Guardia Nazionale Croata, diventandone il primo volontario estero. Qualche tempo dopo gli fu affidata la formazione della Prima Unità Internazionale dell’esercito croato. Ottenne il grado di colonnello e per ordine personale del presidente croato Tujman è diventato cittadino della Croazia.
Rosza Flores organizzò la fuga degli ebrei albanesi da un paese ormai in disfacimento. Operazione di certo gradita al Mossad. Più di recente, fu avvistato in Iraq; si presume col ‘gradimento’ della Cia. Di passaporti ne aveva diversi 
Eduardo Rózsa Flores ha scritto libri, ed ha girato un film sulla epica lotta contro i "serbi aggressori" (il film si intitola “Chico”). Ma Rózsa è stato silenzioso su alcuni episodi della sua biografia. E’ noto che egli avesse qualcosa a che fare con l'uccisione di due giornalisti - lo svizzero Wurtenberg e il britannico Jenks. Vi erano prove serie, ma "la guerra ha cancellato tutto"."Nel ’94, trascorsi un paio di giorni con lui - racconta sul Resto del Carlino il giornalista italiano Andrea Cangini - e dopo l’uscita dell’intervista, fummo abbordati da un fotoreporter. Ci mise in guardia. Considerava Flores responsabile dell’assassinio di due giornalisti che indagavano su un traffico d’armi".
Prima di partire per la Bolivia, intervistato da un giornalista della TV di stato ungherese MTV, Rosza Flores ha detto: "Siamo pronti a dichiarare l'indipendenza della (più riottosa provincia autonoma boliviana) e alla creazione di un nuovo stato". (1)
Gli altri mercenari uccisi o arrestati hanno una storia meno “clamorosa” ma altrettanto indicativa.
I due mercenari morti insieme  a Eduardo Laszlo Flores erano Michael Dweyer (irlandese) e Arpad Magyarosi (ungherese-rumeno). I due arrestati sono Tádic Astorga di origini croate e un altro ungherese-rumeno Elöd Tóásó.
Il giornale Irish Times del 25 aprile, riferisce che l’irlandese Michael Martin Dweyer era arrivato in Bolivia in compagnia di un cittadino rumeno di origini ungheresi. Secondo il Sunday Times costui sarebbe Tibor Revesz che ha soggiornato all’Hotel Asturia di Santa Cruz dal 9 dicembre al 10 gennaio.
L’ungherese Revesz è il fondatore nel 2002 della Loggia Secuiesti (LS), una organizzazione paramilitare che punta alla secessione della regione di Szekely Landa dalla Romania. Nel suo statuto è scritto che “LS è una organizzazione sovrana destinata a formare milizie per difendere i cittadini e non per servire propositi politici che si finanzia con risorse private”. Uno dei fondatori di questa organizzazione è proprio Arpad Magyarosi rimasto ucciso nel blitz della polizia boliviana. Revesz e Dweyer si sono conosciuti come mercenari quando lavoravano nella stessa compagnia la Risk Management Services (I-RMS), a protezione di un gasdotto in Irlanda fortemente contestato dalla popolazione locale e dai gruppi ecologisti.
Grazie a un uomo della sicurezza boliviana infiltratosi nella cellula, sono stati individuati altri due componenti della stessa: Gueder Bruno e Mendoza Mazabi.  Gueder Bruno insieme all’infiltrato Ignacio Villa Vargas facevano parte degli apparati di sicurezza della Unione Giovanile Crucenista, protagonista degli episodi di violenza antigovernativa e contro gli indios a Santa Cruz.
I finanziatori di questa rete – alcuni importanti uomini d’affari di Santa Cruz – si sono già rifugiati all’estero tranne l’ex militare in pensione Lucio Anez Rivera. Si tratta di Alejandro Melgar (dirigente della Camera di Commercio, Industria e Turismo di Santa Cruz, collaboratore della organizzazione statunitense Human Rights Foundation e attualmente negli USA); Hurtado Vaca (dirigente della società Telefonica e finanziatore dell’ospitalità a Santa Cruz della cellula terrorista); Lorgio B. A., conosciuto come “Yoyo” possiede tre emittenti radio di Santa Cruz e fa parte del comitato civico “Pro Santa Cruz” che propugna la secessione dalla Bolivia. (2)
Ma se questi sono i pesci al momento finiti nella rete delle indagini, il vero padrone di Santa Cruz e capofila del movimento secessionista contro la Bolivia di Evo Morales è un altro boliviano di origine croata: Branko Goran Marinkovic Jovicevic. Il padre era un ustascia croato fuggito in Bolivia alla fine della Seconda Guerra Mondiale come tanti altri che si servirono della rat line messa a disposizione dai servizi segreti USA in funzione della lotta contro l’Urss. (3)

Branko Marinkovic è accusato di essere diventato uno degli uomini più ricchi del paese fregando le terre abitate dagli indios Guarayno e di pensare ad un modello di secessione di Santa Cruz simile a quello che portò alla secessione della Croazia dalla Jugoslavia.
A Santa Cruz agiscono organizzazioni come l’Unione Giovanile Crucenista (di cui abbiamo parlato ed è agli ordini di Brannko Marinkovic) e la Falange Socialista Boliviana che si ispira al franchismo spagnolo. “Se non ci sarà una mediazione internazionale in questa crisi – annuncia Marinkovic – andremo allo scontro e sfortunatamente ci saranno sangue a paura per tutti”. (4) 


Tra operazione Condor e Lega Anticomunista Mondiale. Cos’è la Fondazione UnoAmerica?

Ma nelle relazioni tra la cellula terroristica neutralizzata in Bolivia, emergono anche altre piste che passano attraverso alcuni ex militari della dittatura argentini (conosciuti come “carapintadas”) che per anni hanno ostacolato e minacciato i governi civili emersi dalla fine della giunta militare. Tra questi spicca l’ex militare argentino Jorge Nones Ruiz che manteneva i contatti con il capo militare della cellula terroristica Eduardo Laszlo Flores e agiva in Bolivia con un mandato di altissimo livello: la Fondazione UnoAmerica recentemente costituita (e con l’appoggio della destra europea, Aznar in testa) per contrastare apertamente i governi latinoamericani espressione del Foro di San Paulo (5).
La Fondazione UnoAmerica è stato costituita a metà dicembre dello scorso anno a Bogotà, in Colombia, uno dei pochissimi paesi latinoamericani rimasti alleati con gli USA nel continente. Ad esempio i terminali colombiani della Fondazione UnoAmerica sono la Fondazione di Difesa della Patria e la Federazione Verità Colombia (che trae origine dal Centro di Analisi Sociopolitiche, una “Ong” creata dai militari per contrastare le denunce delle Ong sulla situazione in Colombia). La Fondazione UnoAmerica è finanziata dalle ormai note organizzazioni governative statunitensi come l’USAID e il NED (National Endowment for Democracy) che sono la “facciata sociale” della CIA. Le altre connessioni sono con la Fondazione per l’Analisi Economica e Sociale (FAES) fondata dall’ex primo ministro spagnolo Josè Aznar e con la Fondazione Internazionale per la Libertà presieduta dallo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa convertitosi da anni in un soggetto ultrareazionario. In Italia, al momento, emergono legami solo con i soliti ambienti anticomunisti vicini al misterioso giornale “L’Opinione”. Indicativo è il fatto che nel sito di questa organizzazione gli unici paesi europei che hanno una propria sezione siano proprio Italia e Spagna (6)
La maggiore preoccupazione dichiarata dalla Fondazione UnoAmerica è che “L’America Latina è in pericolo perché esistono 14 paesi latinoamericani che appartengono o sono vincolati al Foro di San Paulo. Benché siano arrivati al potere per la via democratica, costoro stanno distruggendo la democrazia e le libertà come è il caso di Hugo Chavez, Evo Morales, Rafael Correa, Cristina Kirchner e Daniel Ortega”. Obiettivo di questa organizzazione è “creare un meccanismo di scambio, informazione, coordinamento permanente e mutuo appoggio tra i settori democratici”. Secondo alcuni osservatori è la versione rimodernata della micidiale Operazione Condor che coordinò le dittature militari negli anni ’70 e che fu creata per affrontare quella che veniva denominata “insorgenza sopranazionale” (7).

Secondo altre fonti questa rete richiama più da vicino la CAL (Lega Anticomunista Latinoamerica affiliata alla WACL, la Lega Anticomunista Mondiale) formata da gruppi neofascisti e di destra. Al congresso della CAL in Paraguay nel 1977 c’era anche Giorgio Almirante. A quello del 1979 a Buenos Aires partecipò sicuramente Stefano Delle Chiaie che insieme al Battallon 601 dell’intelligence dell’esercito argentino, stava preparando il colpo di stato di Garcia Meza in Bolivia che avvenne l’anno successivo.

Bolivia, Croazia, Italia e reti neofasciste

Come abbiamo visto, contro i governi progressisti dell’America Latina si stanno rimettendo in moto diverse reti  che hanno già sperimentato la loro sanguinaria attività nella guerra fredda. Gli “uomini neri” che si sono prestati a tutto campo nella “guerre di bassa intensità” in America Latina come in Europa, si stanno riattivizzando per impedire la sperimentazione e la crescita di un progetto socialista nel XXI° Secolo.
Quanto è coinvolta l’Italia in questo risveglio degli “uomini neri” dormienti? Le stragi fasciste, il ruolo di Gladio, la funzione dei  gruppi neofascisti contro la sinistra e i movimenti, il “noto servizio” etc. è tutta acqua passata – visto che il progetto neofascista in qualche modo oggi si esprime a livelli di governi centrale e locali - oppure questo attivismo merita la dovuta attenzione?
Quando sentiamo parlare di Bolivia possiamo non rammentare che quel paese è stato il rifugio di neofascisti “pesanti” come Stefano Delle Chiaie o Pierluigi Pagliai? Il primo collaborò al colpo di stato del 1980 del gen. Garcia Meza e ne divenne collaboratore insieme a Klaus Barbie, l’ex capo della Gestapo di Marsiglia. Il secondo fu ferito a La Paz il 9 ottobre 1982 e riportato in Italia – nel quadro dell’operazione Marlboro/Pall Mall dei servizi italiani - contro la sua volontà. Morì pochi giorni dopo in un ospedale romano. Il consulente del giudice Salvini, Aldo Giannuli, racconta che sull’aereo italiano espressamente inviato in Bolivia c’erano praticamente rappresentanti di tutti i servizi segreti e gli apparati di sicurezza italiani. Stefano delle Chiaie si sottrasse all’arresto attraversando il confine tra Bolivia e Argentina in compagnia di un uomo del Battallon 601 dell'Esercito Argentino.
Ma le connessioni tra i neofascisti italiani e la Bolivia sono tornate alla luce anche recentemente e proprio in occasione dei violenti pogrom contro gli indios e i funzionari governativi avvenuti sempre a Santa Cruz, il “cuore nero della Bolivia” (8).
Più di qualche testimonianza afferma di aver visto tra i killer che ammazzarono a settembre del 2008 un gruppo di indios nella località di El Porvenir, Marco Marino Diodato, un noto neofascista italiano rifugiatosi in Bolivia negli anni ’80 e oggi più che cinquantenne. 
Diodato in Bolivia si è sposato con una nipote del generale golpista Hugo Banzer, era diventato un uomo d’affari e un consulente militare in quanto ex paracadutista. Nel 1994/95 mette in piedi ua organizzazione paramilitare la FRIE (Forza di Reazione Rapida dell’Esercito)
Nel 1999 fu arrestato per una serie di truffe e condannato a dieci anni ma nel 2004 riuscì a “fuggire” dalla clinica Bilbao di Santa Cruz dove era riuscito a farsi ricoverare. Oggi lo segnalano come consigliere di Leopoldo Fernandez, governatore di Pando (un’altra delle regioni secessioniste che si oppongono al governo boliviano di Evo Morales) arrestato con l’accusa di essere il mandante proprio del massacro degli indios a El Porvenir (8)
Ma il vero crocevia di questa rete sembra essere la Croazia e la comune esperienza accumulata nella guerra civile secessionista in Jugoslavia durante gli anni Novanta. In quel conflitto, fascisti italiani, slavi, francesi, tedeschi etc si ritrovarono insieme nelle milizie paramilitari fasciste del Partito del Diritto Croato (HOS).
La Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle stragi, a cavallo tra il 2000 e il 2001, chiese al Ministero degli Interni e al ROS dei Carabinieri l’acquisizione dei “Dossier balcanici” contenenti una ventina di nomi di neofascisti che avevano combattuto in Croazia e Bosnia durante la guerra civile che dilaniò la Jugoslavia negli anni ’90. (9)
In quelle settimane si stava indagando sull’attentato dinamitardo contro Il Manifesto che portò al ferimento e all’arresto dell’attentatore – il noto neofascista Andrea Insabato. Quest’ultimo, nel 1991 aveva promosso l’arruolamento in Italia di mercenari disposti ad andare a combattere per “la sorella Croazia che ora ha un nemico più grande. Si deve difendere dai serbi e dai comunisti”. Per la polizia c’erano almeno una trentina di neofascisti esperti di esplosivi e una ventina di loro aveva combattuto in Jugoslavia. (10)
Il sito antifascista francese “Reflex” riferisce che neofascisti francesi, italiani e tedeschi, furono integrati in Croazia e Bosnia nella “Legione Nera”, derivazione balcanica messa in piedi dall’organizzazione fascista francese Nuova Resistenza nell’estate del 1991, ossia nello stesso periodo dell’arruolamento avviato da Andrea Insabato e dal suo gruppo “Rinascita Nazionale”. Ma se il progetto di Insabato si arenò – il suo progetto era una sorta di linkage con la destra croata che prevedeva l’aiuto militare italiano in cambio delle zone croate rivendicate dall’Italia – i fascisti italiani rimasero lo stesso a combattere nelle milizie paramilitari in Croazia e Bosnia contro serbi e musulmani (11).
In quel contesto si ritrovarono insieme un vasto raggruppamento di “uomini neri” non solo dell’Europa occidentale ma anche ungheresi, rumeni, ultracattolici irlandesi, personaggi del tutto simili a quelli che abbiamo trovati coinvolti nella vicenda boliviana.
Un ruolo centrale nel finanziamento dei gruppi fascisti nei Balcani, chiama in causa quella che possiamo definire la “Holding nera” cioè il complesso impero finanziario messo in piedi in Gran Bretagna da Fiore, Morsello e dai fuoriusciti neofascisti che gravitavano intorno a Terza Posizione e che oggi animano la più forte tra le organizzazioni neofasciste italiane: Forza Nuova.
Varie fonti britanniche – sia antifasciste che giornalistiche – segnalano l’impetuosa crescita finanziaria delle attività gestite in Gran Bretagna dal leader di Forza Nuova, Roberto Fiore. Ma segnalano anche come questa attività dei neofascisti italiani abbia potuto godere della copertura dei servizi segreti britannici Mi 6(copertura acquisita nei campi di addestramento dei falangisti in Libano) (12).

Le più note società che fanno capo ai neofascisti italiani in Gran Bretagna sono le agenzie turistiche Easy London e i circa 1.300 negozi della catena Meeting Point. .«Altre importantissime fonti di finanziamento del movimento sono due organizzazioni ultra cattoliche, che fin dagli inizi della latitanza hanno offerto a Fiore e Morsello protezione, ma soprattutto danaro, sono la St.George Educational Trust e la St.Michael Arcangel Trust, vale a dire enti per la promozione degli insegnamenti della chiesa cattolica. Della prima – afferma l’autore del libro “Trame Nere” Giuseppe Scaliati - Fiore è amministratore ed è direttamente collegata alla St.George League, un piccolo e ricchissimo gruppo nazista in contatto con personaggi e fondi delle ex SS; la seconda, al pari della prima in quanto a ricchezza, prende il nome dall’Arcangelo Michele, santo patrono dei miliziani della Guardia di ferro del leader fascista rumeno Corneliu Codreanu». E’ inquietante il nome scelto. Infatti dietro un rassicurante e molto cristiano nome come quello dell’Arcangelo Michele agiva proprio la Legione dell’Arcangelo Michele nella Romania fascista degli anni trenta e quaranta. E in tempi più recenti (il 2004)  i fascisti rumeni di Noua Dreapta hanno fatto parte del coordinamento neofascista europeo messo in piedi da Forza Nuova con  NDP (Germania); Noua Dreapt (Romania); Alleanza Patriottica (Grecia) e La Falange (Spagna). Mentre ne fanno parte semplicemente come affiliati: Renouveau Francais (Francia); Partido Nacional Renovador (Portogallo); Nationale Alliantie (Olanda) e Alleanza Nazionale Bulgara (Bulgaria). 

Ma non è tutto, un‘altra inchiesta giornalistica porta alla luce l’esistenza del “Gruppo dei Quaranta”. Il gruppo che utilizza anche i fondi della “Third Position International” doveva acquisire un intero paese in Spagna per farne una sorta di zona liberata nera. “Le tracce del gruppo” scrive Guido Olimpio, l’esperto di intelligence del Corriere della Sera “sono state individuate nella ex Jugoslavia, in Italia e ovviamente in Gran Bretagna. Usando come copertura ditte e società, i neonazisti  hanno arruolato lo scorso anno volontari da inquadrare nelle unità paramilitari della milizia croata HOS. Aiuti alla fazione sono stati inviati da Third Position International che ha patrocinato raccolte di denaro “in favore dei bambini croati”. Ed ancora “E’ probabile che attraverso il centro di reclutamento i neofascisti siano riusciti a raccogliere miliziani dell’ultradestra europea disposti a dar manforte ai camerati croati”. Sempre secondo Olimpio, il terminale italiano del “Gruppo dei Quaranta” è una rete che raccoglie i resti di varie formazioni (neofasciste, NdR) come i NAR, Ordine Nuovo e Terza Posizione (14).

La “sicurezza dei cittadini” come schermo della rete degli “Uomini neri”

Connettendo insieme questi pezzi, emerge un quadro che in Italia – e non solo in Bolivia e America Latina – nessuno farebbe bene a sottovalutare. La rete degli “uomini neri” che hanno combattuto tutte le guerre sporche della “lotta al comunismo”, appare piuttosto attiva, ben finanziata e organizzata. Le relazioni tra gli uomini neri in America Latina, Croazia, Italia etc. appaiono molto strette tra loro e ancora attrezzate per intervenire lì dove nuove campagne li chiamino in attività per i loro servigi: ieri in Jugoslavia, oggi in Bolivia, magari sotto il volto rassicurante di Ong o di una organizzazione religiosa europea (15).
E' emblematica la similitudine tra gli obiettivi della FIER costituita dal fascista italiano Diodato in Bolivia  ("proteggere i cittadini dai narcotrafficanti) con la Loggia Secuiesti di Arpad Magyarosi e di Tibor Revesz in Romania (“La LS è una organizzazione sovrana destinata a formare milizie per difendere i cittadini e non per servire propositi politici che si finanzia con risorse private”) e il progetto per l'Italia elaborato in Gran Bretagna dai leader Forza Nuova. In Italia uno degli obiettivi è quello di "dar corso ad azioni di contrasto alla micro e macrocriminalità e allo spaccio di stupefacenti, mediante la formazione di gruppi di tipo paramilitare non armati che dovrebbero operare dopo aver acquisito il necessario consenso della cittadinanza". Obiettivi così e parole del tutto simili le stiamo verificando da mesi nell’agenda politica del nostro paese.


Fonti: 

(1)   Andrea Cangini su “Il Quotidiano nazionale/Resto del Carlino” del 21 aprile 2009 ma anche Nik Nikandrov in  http://en.fondsk.ru/article.php?id=2111 tradotta in italiano da http://www.bollettinoaurora.da.ru  pubblicata nella newsletter del Coordinamento per la Jugoslavia dell’11 maggio “Balkan Connection en Bolivie”

(2)   http://www.laprensa.com.bo/noticias  del 10 maggio 2009

(3)   La Rat Line o sentiero dei topi fu la via di fuga che i servizi segreti USA e il Vaticano organizzarono nell’immediato dopoguerra per far fuggire in America Latina e Spagna i criminali nazisti e i loro collaboratori italiani, francesi, jugoslavi, polacchi, ucraini, rumeni etc. Snodo fondamentale della Rat Line era Genova

(4)   New York Times del 26 settembre 2008

(5)   Il Foro di San Paulo è il forum annuale della sinistra latinoamericana fondato nel 1990 nella città brasiliana e che è stato l’incubatoio dei processi di cambiamento popolare e democratico in tutto il continente. 

(6)   Vedi il sito della Fondazione: www.unoAmerica.org. Nel sito – nella sezione italiana - compare una intervista di uno dei maggiori commentatori de “L’Opinione” – Dimitri Buffa - al neofascista venezuelano Alejandro Pena Esclusa in visita in Italia. L’Opinione conta tra i suoi editorialisti anche il neofascista Giusva Fioravanti fondatore dei NAR,  autore di numerosi omicidi e condannato per la strage alla stazione di Bologna

(7)   Bruno Matapay in Virtin/Red Informativa del 24 aprile 2009

(8)   Maurizio Chierici. Il nodo Bolivia, su l’Unità del 14 maggio 2008

(9)   La Repubblica del 19 settembre 2008. Vedi anche l’inchiesta di www.selvas.org “Il caso Diodato”, l’italiano più famoso in Bolivia e l’inchiesta di Wilson Garcia Merida tradotta e pubblicata su:  http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=6084&lg=it 

(10)  Gianni Cipriani, Il Nuovo 23 dicembre 2000/ Indymedia Lombardia

(11) Atti della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle Stragi, seduta di martedi 9 gennaio 2001

(12) Sia il sito antifascista “Searchlight” sia The Guardian pubblicarono ampi servizi su questo

(13) Giuseppe Scaliati, “Trame Nere”, edizioni Frilli 2005

(14) Guido Olimpio, in Corriere della Sera del 24 novembre 1997

(15"Inside the League: The Shocking Expose of How Terrorists, Nazis, and Latin American Death Squads Have Infiltrated the World Anti-Communist League", by Scott and Jon Lee Anderson, 1986, http://www.namebase.org/sources/HB.html 

 
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Le complot contre Evo: patrons, néo nazis et… CIA
Jean Guy Allard   

La présence d’explosifs C-4 dans l’arsenal des mercenaires néonazis, le matériel favori du personnel cubain de la CIA, soulève toute une série d’interrogations.



 

Eduardo Rozsa Flores, le chef d’origine hongroise de la conspiration pour assassiner le Président bolivien Evo Morales, appartient aux cercles de l’extrême droite hongroise proches du parti néonazi Jobbik qui entretient illégalement une organisation paramilitaire, la Garde Hongroise.

Né en 1960 en Bolivie, Rozsa Flores a connu une trajectoire digne d’un Lee Harvey Oswald. Il a vécu successivement au Chili et en Suède pour finalement s’installer dans son pays d’origine, la Hongrie, où il a reçu un entraînement militaire et a rejoint la Jeunesse Communiste. Cependant, selon une biographie publiée par le site web Hungarian Spectrum, au début des années 90 il a rejoint l’armée Croate et a participé à divers combats au cours desquels il a été blessé trois fois. Suspecté de trafic d’armes et de drogue, il a abandonné le territoire croate et est revenu en 1994 en Hongrie.

De manière très étrange, Rozsa Flores réapparaît en 2003, affirme s’être converti à l’Islam et se prétend le porte-parole d’une faction « indépendante » iraquienne. Ensuite, il se rapproche des néo-nazis de Jobbik, un parti fasciste qui exige le rétablissement de la peine de mort et l’éradication des Roms (Gitans). Sa Garde Hongroise a été dénoncée à de nombreuses reprises pour son implication dans des incidents violents, notamment contre la communauté Rom.

Il a collaboré activement au site d’ultra droite Kapu et devient ami de son directeur, Zoltan Brady. Deux de ses complices présentent également des biographies qui mènent aux cercles de l’extrême droite.

Arpad Magyarosi, tué lors d’un combat, Elod Toaso, emprisonné, sont des hongrois de Transylvanie (Roumanie) qui ont rejoint en 2002 la Székely Légio (Légion Siculus), une organisation paramilitaire qui a projeté des attaques de commandos contre le territoire roumain. De son côté, l’Irlandais Michael Martin Dwyer, « soldier of fortune », une gâchette facile obsédée par les armes, a été mercenaire dans les Balkans et y a sans doute rencontré le leader du groupe, en Croatie.

Il reste à éclaircir comment Rozsa Flores et son équipe ont fini en exécutants des plans de l’opposition bolivienne de la région de Santa Cruz, qui dispose d’importants moyens pour financer une telle opération. Rozsa Flores reconnaît dans son profil sur Facebook être en contact avec le réseau d’ultra droite à la tête duquel on trouve le fasciste croate Branko Marinkovic Gora Jovicevic, ex-président du Comité Civique de Santa Cruz.

Ce fils de nazi contrôle Santa Cruz d’une façon telle qu’il est inconcevable que l’équipe de mercenaires ait pu agir sans son approbation. Rozsa a aussi été en relation avec Jorge Mones Ruiz, un ponte de UnoAmérica, une fondation fasciste liée à la CIA depuis l’époque de l’Opération Condor.

La présence d’explosifs de type C-4, le matériel favori des membres cubains de la CIA, soulève toute une série de questions. Au Venezuela, le juge Danilo Anderson a été victime d’un attentat réalisé à l’aide d’explosifs C-4 placés sous sa voiture, avec commande à distance. La tentative d’attentat à Panama contre le leader cubain Fidel Castro, ourdi en 2000 par Luis Posada Carriles, avait été planifié avec une bombe de plusieurs kilos de cet explosif militaire de fabrication nord-américaine. Ce type d’engin a été utilisé à de multiples reprises dans le passé, dans toute la trajectoire terroriste des extrémistes cubains de Miami.

Les Services de Renseignement Nord-Américains ont entretenu durant des décennies un énorme réseau de collaborateurs dans la région andine et a été jusqu’à placer dans le territoire bolivien des tueurs professionnels comme le criminel de guerre nazi Klaus Barbie et le terroriste cubain Antonio Veciana, qui a travaillé comme conseiller bancaire de l’USAID.

Une internationale d'assassins
 

« Je crois que la CIA a travaillé avec les « combattants de la liberté » en Europe de l’Est de la même façon qu’elle a créé la mafia de Miami dans le cas de Cuba ou les dénommés « Afghans » pour détruire l’Algérie socialiste après la guerre-provocation d’Afghanistan », commente depuis Paris Bruno Drewski, historien et politologue, spécialiste de l’Europe de l’Est.

Selon Drewski, il faut se souvenir de « l’assassinat du Secrétaire Général du parti communiste sud-africain, juste avant la chute de l’apartheid, par un polonais récemment immigré là-bas ». Le spécialiste rappelle également le positionnement des ex « dissidents » de l’Est en faveur de l’occupation de l’Irak et le rôle des ex « refuzniks » soviétiques (Chchtaranski, Lieberman), qui ont soutenu les pires excès d’Israël.

« Un important travail d’enquête reste à faire sur ces réseaux troubles pour découvrir les bases de cette internationale d’assassins », dit l’expert français.

La Bolivie a fait une demande officielle auprès d’Interpol pour qu’elle puisse faciliter les mouvements des cinq mercenaires.
Source: Kaos en la red

Traduction: Jean-Louis Seillier pour Investig'Action.





Cosa succede quando si incontrano un fisico nucleare e un´artista? Cosa provoca la fusione dell´uranio impoverito con i motivi del ricamo della tradizione popolare serba?

 

Venite a scoprirlo all´ART CAFÉ

di Sesto San Giovanni

sabato, 16 maggio, alle 18,00:

presentazione del libro, inaugurazione della mostra e qualche sorpresa...

 

L´artista. 
NATASA KARANOVI´C è pittrice e scultrice di Belgrado. Ha vissuto nei Paesi Bassi dove ha perfezionato le tecniche artistiche che utilizza. La sua arte si esprime nelle sculture in  ceramica, legno, bronzo e altri materiali, e nella pittura in acrilico e olio. Si cimenta anche nel disegno e nel progetto di gioielli. Vive, lavora, dipinge, crea sculture e canta la musica etnica a Varese. Insieme ad altre artiste della zona, nel 2004 ha creato Laboratorio D, un´associazione Amici dell´arte di Daverio.

Lo scienziato. 
MASSIMO ZUCCHETTI è ingegnere nucleare, dottore di ricerca in Energetica, professore ordinario del Politecnico di Torino e professore aggiunto all´Università di Shiraz (Iran). Insegna Sicurezza e Analisi di Rischio, Protezione dalle Radiazioni e Storia dell´energia nucleare, si occupa di fusione termonucleare controllata, smantellamento degli impianti nucleari, effetti delle radiazioni sull´uomo e sull´ambiente, scorie radioattive, uranio impoverito, sicurezza industriale, impatto ambientale, cambiamenti climatici. È autore di numerosi articoli su riviste internazionali del settore e su atti di convegni, tra l'altro nell'ambito del "Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra" (
www.scienzaepace.it ). È membro del Comitato Scientifico del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus. È anche consulente tecnico nel Processo Thyssen-Krupp dove nel dicembre 2007 morirono bruciati fra sofferenze atroci sette operai...


Il libro. 
"Depleted Uranium. A scientific approach..." è stato presentato con successo al Parlamento Europeo a Bruxelles il 31 marzo 2009. È in inglese, ma è la sintesi e aggiornamento di due libri sul DU usciti in italiano: "Uranio impoverito", CLUT, Torino, 2005, e "L´atomo militare e le sue vittime", UTET, Torino, 2008 (che contiene anche molto altro: test atomici, sottomarini nucleari...). 
In copertina: "Transmutation", lavoro dell´artista jugoslava Natasa Karanovi´c, richiama l´aggressione alla Jugoslavia di 10 anni fa, durante la quale, nei bombardamenti della NATO, è stato impiegato anche l´uranio impoverito.

 

Il colpevole.

L´ uranio impoverito è il termine con il quale si definisce la miscela di uranio più povera rispetto alla concentrazione naturale (0,7% circa) dell´ isotopo dinumero di massa  235 (235U). L´uranio impoverito è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell´uranio . Provoca danni irreversibili all´ambiente e alle persone per migliaia di anni.


Il luogo. 
Art Café è un nuovo spazio ristorazione, inserito all´interno del centro civico Spazioarte, che ospita eventi culturali e di intrattenimento. È situato nel parco di via Maestri del Lavoro (ang. viale Marelli), a Sesto San Giovanni.

 


Come arrivarci: 
in macchina da Milano: da piazzale Loreto seguire per viale Monza fino alla fine e poi proseguire sempre diritto per viale Marelli (senza salire sul ponte al semaforo dell´Oviesse!); dopo la Posta girare a destra e parcheggiare in prossimità dello Spazio Arte, una palazzina bassa circondata dal verde;
in macchina dall´autostrada: uscire a Sesto S.G., seguire il viale Fulvio Testi per Milano centro, fino all´incrocio Sesto/Bresso, girare a sinistra verso il centro di Sesto, sempre dritto sul cavalcavia, in fondo, al semaforo, girare a sinistra di quasi 180°: siete in viale Marelli; dopo il primo semaforo e la posta parcheggiare nel parco sulla destra.
in metropolitana: scendere alla fermata Sesto Marelli della MM1 rossa, uscire avanti sulla destra e proseguire per viale Marelli come in macchina, oppure scendere alla fermata successiva (Sesto Rondò, per la quale ci vorrebbe il biglietto interurbano), seguire il corridoio più lungo verso sinistra e uscire verso destra: siete già in viale Marelli - dopo circa 200m entrare nel parco sulla sinistra.



(srpskohrvatski / italiano)

Primo Maggio, lo spettro della Jugoslavia si aggira per la Croazia

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Čestitam vam 1. Maj Praznik rada i šaljem clijedeću informaciju.

U Puli su u Petak 1. maja na demonstracijama povodom Praznika rada, privedena u policijsku stanicu dva omladinca SRP-a zbog isticanja crvene zastave SKJ, na kojoj je pisalo "Proleteri svih zemalja ujedinite se" uz poznati logotip zvijezde petokrake sa srpom i čekićem.
U policijskoj stanici oduzeta im je zastava, sačinjen zapisnik, a kako smo obavješteni predmet će biti proslijeđen sucu za prekršaje, pod inkriminacijom "remećenje javnog reda i mira". Sa istom zastavom su naši omladinci nastupili i lani Prnog maja na istom mjestu, a bili su i na proslavi u Areni 2007. prilikom obilježavanja 60. godišnjice potpisivanja Pariškog ugovora, kojim su vraćeni Istra, Slovensko primorje i otoci, matici domovini. Tom su prilikom svi mediji u Hrvatskoj objavili tu fotografiju.
Zanimljivo je, da su zastavu omladinci držali mirno uz ogradu, a da su tek nakon završetka programa, nakon što su zastavu smotali i napustili mjesto gdje su bili, zaustavljeni od strane policije i privedeni.
Vjest se munjevito proširila pulom i objavljena je u gotovo svim medijima. Oduzimanje zastave i privođenje mladića osudio je na popodnevnom slavlju, predsjednik sindikata Istre i Kvarnera Bruno Bulić.

Vladimir Kapuralin - SRP Hrvatske

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SLIKE I KOMENTARI NA SAJTU:

Kako saznaje Regional Express policija je danas nakon prosvjeda sindikata koji je organiziran na Portaratu uhutila dvojicu mladića pripadnika Socijalističke radničke parije-SRP koji su privedeni u postaju zbog natpisa na zastavi. Po informacijama koje nam je dao Vladimir Kapuralin predsjednik stranke, na zastavi se osim parlole Proleteri svih zemalja ujediniti se nalazio i natpis SKJ-Savez komunista Jugoslavije što je najvjerojatnije bio povod za uhićenje. Uhićenje mladića u svom govoru održanom povodom proslave praznika rada u Šijanskoj šumi u Puli, oštro je osudio i Bruno Bulić predsjednik Sindikata Istre i Kvarnera. (N.M./REX )

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Sintesi in lingua italiana delle informazioni trasmesseci da Vladimir Kapuralin, responsabile Relazioni Internazionali del Partito Socialista di Lavoratori (SRP) della Croazia:

Durante la celebrazione del Primo Maggio a Pola organizzata dal sindacato, alcuni membri del Partito Socialista dei Lavoratori erano presenti alla manifestazione e due di loro hanno, come tradizione, innalzato la bandiera rossa della Lega dei Comunisti della Jugoslavia, con falce e martello e la scritta "Proletari di tutti i paesi unitevi".
Dopo la fine della celebrazione, i giovani hanno ritirato la bandiera e si apprestavano a lasciare la piazza quando sono stati fermati e portati alla stazione di polizia. La bandiera è stata sequestrata e contro i giovani è stato aperto un provvedimento giudiziario con l’incriminazione di "Turbativa della pace sociale e dell’ordine pubblico". A turbare le autorità croate è evidentemente il riferimento alla Lega dei Comunisti della Jugoslavia, che li imbarazza moltissimo. 
La notizia è stata diffusa a velocità fulminea in tutto il paese sin oltre la frontiera, ed è stata riportata da quasi tutti i media in Croazia. 
Nel suo discorso durante il festeggiamento della Festa dei lavoratori nel bosco presso Pola (Šijanska šuma), il presidente del Sindacato di Istria e Quarnaro, Bruno Bulić, ha criticato duramente l'avvenuto.




Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word) corredata di fotografie alla URL: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0409.doc 

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Da:  gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it
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RITORNO DALLA  ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 2-5 aprile 2009
(resoconto di viaggio  a cura di Stefano Verzegnassi e Gilberto Vlaic)

Questa relazione e’ suddivisa in sei parti.

  1. Introduzione e siti web
  2. Un camion di aiuti a dicembre 2008
  3. Luka M. e Ana S.
  4. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri
  5. Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava
  6. Conclusioni

1.  Introduzione 

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto circa un mese fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Il nostro sito e’ all’indirizzo

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999
Trovate tutte le informazioni seguendo il link 

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:

Molti dei progetti che abbiamo in corso a Kragujevac sono realizzati in collaborazione con altre associazioni: Zastava Brescia, ABC solidarieta’ e pace di Roma, Fabio Sormanni di Milano, e Cooperazione Odontoiatrica Internazionale.
Questi sono gli indirizzi dei loro siti:

2. Un camion di aiuti a dicembre 2008

All’inizio di dicembre 2008, insieme all’associazione Zastava Brescia, siamo riusciti a spedire un altro camion di aiuti. Ecco una sintetica descrizione del materiale spedito:
vari articoli per neonati (carrozzine, lettini, culle, seggioloni).
4 letti ortopedici e 2070 pannoloni per adulti per la associazione malati di sclerosi multipla di Kragujevac.
11 computers, 1 scanner e 2 stampanti
12 biciclette 
75 casse contenenti vestiario, scarpe, borse, biancheria e giocattoli
45 giochi in scatola
1 ping pong
Per questa spedizione abbiamo speso 875 euro.

3. Luka M. e Ana S.

Vi abbiamo gia’ parlato di Luka in alcuni messaggi spediti per email.
E’ un bambino di tre anni e mezzo, di Kragujevac, malato di tumore all’occhio sinistro.
A dicembre 2008 avevamo ricevuto una richiesta di aiuto da parte del Sindacato Zastava; l’ospedale di Siena, che ha che ha un centro di eccellenza in campo oftalmologico nel trattamento di questi tumori, aveva dichiarato la sua disponibilita' a riceverlo.
Dopo due settimane avevamo ottenuto tutti i documenti necessari per il visto di ingresso in Italia di Luka e di sua madre, MENO UNO, che si e' rivelato essere un muro insormontabile.
Si trattava della presa in carico delle spese sanitarie da parte del Ministero della salute di Belgrado; malgrado tutte le pressioni possibili due successive commissioni ministeriali hanno rifiutato questo documento ed allora e' diventato necessario trovare qualcuno che si accollasse le spese dell'intervento.
In una corsa contro il tempo siamo riusciti ad entrare in contatto con una ONLUS che ha il significativo nome di ''Bambini del Danubio'' che si occupa specificatamente di casi di questo genere e che ha garantito la copertura delle spese.
IL 30% del costo delle cure e' stato versato in banca il giorno 11 di dicembre, i visti sono stati dati il 12 e finalmente Luka e' giunto a Roma con la mamma Jelena il 16 dicembre. 
Alessandro di Roma, volontario della Associazione Un ponte per... e' andato a riceverlo a Fiumicino e lo ha accompagnato a Siena.
Purtroppo l'occhio era troppo compromesso ed e' stato enucleato; il primo gennaio scorso Luka e' poi arrivato a Trieste, presso l'Ospedale pediatrico Burlo Garofalo per le chemioterapie e sembra che il tumore sia stato sconfitto. Si è inoltre cercato di dotarlo della miglior protesi possibile; le spese relative sono state coperte da una sottoscrizione del Consolato di Serbia a Trieste e della Comunita' Serbo-Ortodossa.
Durante il suo lungo soggiorno triestino e' stato ospitato insieme alla mamma in una casa di accoglienza dalla Fondazione Luchetta. Mentre scriviamo questa relazione (inizio maggio 2009) Luka sta svolgendo gli ultimi controlli prima di tornare a casa. Un grandissimo grazie a tutti quelli che (e sono stati tanti!) in vario modo hanno contribuito a poter portare Luka in Italia.

Ana e' una ragazza di Kragujevac, malata di ataxia.
La avevamo conosciuta a ottobre scorso, durante la consegna del furgone per trasporto invalidi alla associazione Sclerosi multipla. Parlando con i volontari della Misericordia della Bassa Friulana di San Giorgio di Nogaro, Ana aveva espresso il desiderio di vedere Venezia prima di essere totalmente incapace di camminare. Rientrati in Italia, questi volontari, con la collaborazione di molte associazioni di questo piccolo centro friulano, hanno messo in piedi una catena di solidarieta' che ha permesso di soddisfare questo desiderio. Ana e' arrivata in Italia con i suoi genitori per una breve visita il 21 aprile ed e' rientrata a casa il 25.
La nostra associazione ha contribuito a questo viaggio occupandosi della richiesta dei visti di ingresso, che non e' stata facilissima visto che i genitori di Ana sono entrambi disoccupati. 

[fotografie: Luka a Trieste, dopo l’operazione - e con la sua nuova protesi - Ana e  sua madre all’arrivo in Italia]


4. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

Giovedi’ 2 aprile 2009

Siamo partiti in otto verso le 8 del mattino con il solito pullmino prestato dalla Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina: Bruno da Padova, Gabriella, Gilberto, Martina e Stefano da Trieste, Beatrice e Giandomenico da Conegliano, Giuseppina da Biella. Con noi una decina di scatoloni per altrettante famiglie di Kragujevac da parte dei donatori italiani e un centinaio di paia di scarpe e molti giocattoli.
Dario e Oliviero, affidatari di Roma, sono arrivati a Belgrado in aereo, e poi in auto a Kragujevac altrimenti per loro sarebbero stati necessari due giorni di viaggio in piu’.
La prima parte del viaggio si e’ svolto sotto continui violenti acquazzoni, che ci hanno rallentato molto e creato problemi al motore del pullmino. Per fortuna nulla di grave, solo un’ora di viaggio in piu’...
Verso le 7 di sera di sera siamo arrivati a Kragujevac, alla sede del Sindacato Samostalni.
Dopo i soliti calorosissimi saluti abbiamo preparato il piu’ velocemente possibile le buste contenenti gli affidi da distribuire il giorno seguente, controllati i pacchi regalo da distribuire (una decina doni di famiglie italiane alle famiglie serbe in affido) e finalmente sul tardi una eccellente cena serba con i nostri amici del Sindacato Samostalni e infine meritato riposo in un albergo in centro citta’.

Venerdì 3 aprile, 

rapida colazione in albergo e partenza verso la sede del sindacato, dove abbiamo appuntamento con i nostri amici alle 9.
Sarà una giornata intensa e piena di impegni.

LA FABBRICA
Si inizia con una visita guidata all’interno della fabbrica auto: è la prima volta che una delegazione della nostra associazione vi mette piede.
Veniamo accompagnati attraverso tutti i reparti, e nel mentre osserviamo, ci viene sommariamente spiegato il ciclo produttivo. Una precisazione a tal riguardo è necessaria; si tratta di un ciclo produttivo molto particolare, che consta di pochissime auto prodotte, o meglio, assemblate con pezzi arrivati dall’Italia; molte parti della lavorazione si svolgono a mano - e con ciò non si intendono le rifiniture, ma ad esempio anche la verniciatura - in un ambiente oltremodo insalubre, tra odori e rumori che ci riportano alla memoria vecchi documentari in bianco e nero sulle condizioni di lavoro della classe operaia di tanti anni fa (non che adesso le cose vadano per il meglio neanche in Italia, ma qui siamo veramente oltre).
Tant’è che alcuni di noi cominciano a sentirsi in affanno, e non possiamo fare a meno di considerare cosa significhi passare una vita di lavoro in un posto del genere.
La fabbrica rantola e sbuffa, in un estremo tentativo di sopravvivenza, ma è veramente allo stremo, con pezzi ricostruiti ma vuoti, altri rabberciati e altri ancora che semplicemente non ci sono più.

La Zastava è la Serbia” ci dirà di lì a poco Zoran Mihajlovic, segretario del sindacato Samostalni Zastava Auto e vice-segretario dei metalmeccanici di Serbia, e mai metafora ci è parsa fotografare meglio diciotto anni di crimini della cosiddetta comunità internazionale contro un intero popolo. Ci spiegherà, Zoran, cosa significhi l’accordo siglato lo scorso anno fra la Repubblica di Serbia e la Fiat, e che effetti sta avendo sui lavoratori Zastava.
Nella relazione di ottobre scorso vi avevamo fornito molti dettagli su questo accordo e sulle ricadute sui lavoratori.
E’ un caso da manuale di neocolonialismo. Vediamo.
La Fiat si impegna ad investire 900 mln di euro per rilanciare la più grande fabbrica dei Balcani e se ne garantira’ il possesso del 70% (la restante parte restera’ di proprieta’ pubblica).  In cambio non pagherà imposte e tasse di nessun tipo per dieci anni, e a carico della Serbia saranno anche le opere infrastrutturali e di bonifica dei terreni dagli effetti devastanti delle bombe – umanitarie e intelligenti – sganciate dalla NATO. Di più, l’accordo prevede anche il licenziamento di quasi tutti i lavoratori, con la promessa di assumerne poi 2.433 (si noti la precisione) per assemblare - e questo dato ci viene sottolineato più volte, assemblare e non produrre - svariate decine di migliaia di auto, destinazione per lo più la Federazione Russa, approfittando del fatto che fra questo paese e la Serbia non vi sono dazi di importazione.
L’ipotesi e’ di produrre la nuova Topolino ed una vettura di segmento B.
Senonchè arriva la crisi mondiale e la Fiat, che avrebbe dovuto versare una prima tranche da 200 milioni di euro entro il 31 marzo scorso, non sborsa neanche un centesimo.
Il governo serbo rinuncia alla penale che la Fiat avrebbe dovuto pagare vola a Torino per rinegoziare l’accordo, sui contenuti del quale nulla si sa. Nel frattempo ingegneri e tecnici italiani fanno i padroni e impongono lo smantellamento di interi reparti.
La resa delle autorita’ pubbliche e’ totale: Aleksandar Ljubic, rappresentante del governo nel consiglio di amministrazione della nuova societa’ FIAT Auto Srbija ha dichiarato al giornale on-line della citta’ che ‘’che quest’investimento sarà realizzato quando il produttore italiano giudichera’ che sia arrivato il momento giusto per la produzione del nuovo modello della classe A’’ (consultabile all’indirizzo http://www.kragujevac.rs/Home-197-4). Non esiste neppure piu’ il comune senso del pudore e del ridicolo...

La situazione alla stato attuale è quindi la seguente:
la Fiat si è ripresa gratuitamente la licenza che anni fa la Zastava aveva pagato alla stessa Fiat 3 milioni di euro, per produrre la vecchia Punto con il nome Zastava10; decide e dispone senza comunicare uno straccio di piano industriale, licenzia e ricatta i lavoratori, invitandoli a prendere esempio dalle maestranze  polacche del gruppo Fiat, che, a quanto dichiarano i dirigenti Fiat a Kragujevac, pare che lavorino a capo chino e senza protestare e, dulcis in fundo, non paga neanche quei pochi lavoratori – circa un migliaio – rimasti in produzione, i quali ricevono salari e stipendi direttamente dal governo serbo.
La produzione si limita al semplice assemblaggio di poche unita’ giornaliere (circa 20 all’inizio) di un modello della Punto  della FIAT, chiamato Punto 188; la prima unita’ e’ uscita dalla catena di montaggio il 30 marzo scorso.

[FOTOGRAFIE: Un capannone bombardato e non piu’ ricostruito - La verniciatura con le scope - ...e a spruzzo]

Che dire, a queste condizioni chi è che non saprebbe fare l’imprenditore?
Sebbene abituati a queste nefandezze da sempre, poichè da sempre la Fiat ha socializzato le perdite ovunque fosse presente e segnatamente in Italia, salvo tenersi ben stretti i profitti, restiamo per un attimo senza parole, poi partono le domande, tese ad approfondire ed evidenziare alcune questioni che ci stanno particolarmente a cuore, in particolare tre:
1 – se ci sono reazioni e di che tipo da parte dei lavoratori Zastava;
2 – se i lavoratori Zastava possono contare su qualche forma di solidarietà all’interno del quadro politico serbo, se cioè uno o più partiti stanno portando avanti una qualche forma di lotta al loro fianco;
3 – se vi sono rapporti con il sindacato italiano, e segnatamente con la FIOM.

Le risposte sono puntuali, brevi ma esaustive.

Si, i lavoratori Zastava stanno reagendo, impedendo ad esempio lo smantellamento di interi reparti deciso dagli Italiani.

No, tutte le forze politiche in Serbia – governo e opposizione – parlano della situazione della Zastava, ma nessuno sembra sapere realmente che fare e quindi nulla fa.

Si, i rapporti si stanno intensificando e, pur tra difficoltà, interessano tutta una serie di questioni, dalla formazione di quadri sindacali ai problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Una cosa preme molto ai nostri interlocutori presenti all’incontro, e cioè di far sapere anche con il nostro contributo ai lavoratori italiani di Pomigliano d’Arco e di Termini Imerese che la crisi dei loro stabilimenti non è causata dalla concorrenza dei lavoratori serbi, dal momento che a Kragujevac la Fiat attualmente e prevedibilmente anche in futuro non produce nulla ma solo smantella.
L’incontro finisce con un gran senso di impotenza e di rabbia, che del resto ci accompagna ad ogni nostro viaggio, ma questa volta con un segno di scoraggiamento ancora più marcato; con la consapevolezza cioè nostra e loro che adesso sono veramente soli.
Ci sembra davvero poca cosa la nostra solidarietà di lavoratori e famiglie italiani, ma è tutto quello che possiamo dare, e continueremo a darlo finchè servirà: l’incrociarsi dei nostri sguardi vale più di mille parole.

LA SALA “AZZURRA”
Giusto il tempo di considerare quanto ciò che abbiamo appreso cozzi con la rappresentazione che ne danno i media in Italia e cioe’ che sostanzialmente, grazie alla FIAT la Serbia si avvia ad uscire dal lungo e oscuro tunnel in cui l’ha cacciata la storia di questi ultimi vent’anni, che arriviamo all’inaugurazione della sala polifunzionale di proprietà del sindacato, che abbiamo contribuito a realizzare  insieme all’Associazione Zastava Brescia, e che è stata letteralmente ricostruita grazie al lavoro volontario degli operai della fabbrica. Noi ci siamo limitati a comperare i materiali necessari.
Sapremo poi che il nome deriva dal colore del sindacato, azzurro appunto, e questo tranquillizza alcuni di noi, che avevano temuto un qualche riferimento alla geografia politica italiana...
Comunque, a fugare ogni dubbio, al nostro arrivo si levano le note di Bandiera Rossa; il pubblico e’ veramente quello delle grandi occasioni, piu’ di cento persone, tante facce di operai conosciuti, abbracci calorosi. Una ragazza in costume di Sumadija ci offre il pane e il sale, uno dei segni piu’ simbolici della cultura serba. Segue quindi la cerimonia, con gli interventi  che suggellano una collaborazione ad un progetto fortemente voluto, uno spazio a disposizione e beneficio dell’intera comunità, pensato e realizzato da lavoratori in vera solidarietà e amicizia.
Momenti come questo aiutano a non disperare e, seppur possano apparire di poco conto, alimentano l’energia e la speranza necessarie a non mollare.
Le emozioni si susseguono fino all’atto finale, con Gilberto ed il Segretario del Sindacato Samostanli Camion  che piantano un tiglio nel prato davanti alla sala, a significare simbolicamente il profondo senso di fratellanza e unità che segna il nostro rapporto con i lavoratori e la cittadinanza di Kragujevac.
Sapremo poi che questo prato ha preso il nome di PARCO DELL’AMICIZIA.

[FOTOGRAFIE: La situazione di partenza... - e quella finale! - Il pane e il sale - L’inaugurazione della sala -  L’albero]

LA SCUOLA “IOVAN POPOVIC”
Dopo la pausa pranzo, in cui stranamente siamo riusciti a farci portare porzioni “umane” e non ‘’serbe’’, affrontiamo il pomeriggio, che si annuncia altrettanto denso di emozioni.
Si comincia dalla Scuola Iovan Popovic, un plesso situato in periferia, comprendente scuola dell’infanzia e scuola elementare.
Avevamo avuto modo di visitarlo durante il nostro precedente viaggio di ottobre, insieme agli amici della associazione di Brescia, e di fronte alla richiesta di contribuire a rendere vivibile la struttura, decisamente fatiscente, insieme avevamo convenuto che era una cosa assolutamente da farsi.
La piu’ grande urgenza era costituita dalla classe di scuola materna: 15 bambini erano costretti in circa 15 metri quadrati.
Il preventivo dei lavori era di circa 11.000 euro; eravamo rimasti d’accordo che noi avremmo contribuito con 6.500 euro (a meta’ con l’associazione di Brescia) e la Direttrice avrebbe chiesto al Comune di intervenire per il resto.
Purtroppo il Comune non e’ intervenuto; la Direttrice ha quindi rivisto il piano dei lavori e li ha limitati al massimo; sono stati spostati i muri interni, rifatto l’impianto elettrico e riparate le finestre.
Comunque, pur con i limitati mezzi impiegati, ora l’aula per i bambini dell’asilo è uno spazio accogliente e dignitoso, e la direttrice della scuola ce lo mostra con il giusto orgoglio. Molto ci sarebbe ancora da fare, a cominciare dai servizi igienici, ma intanto ci godiamo la felicità di alunni e maestre e la loro ospitalità.
Lasciamo la scuola circondati da affetto e gratitudine, che ricambiamo sentitamente, con la promessa di rivederci presto.
                             
[FOTOGRAFIE: La classe di scuola materna prima... - ...E DOPO]

LA SCUOLA “SVETI SAVA”
In questo caso la nostra associazione ha fatto da tramite per un intervento per così dire di rifinitura, fortemente voluto dal Comune di San Giorgio di Nogaro e dalla Misericordia della Bassa Friulana, indirizzato a fornire dell’attrezzatura necessaria la palestra della scuola. L’ambiente in cui ci troviamo è moderno e spazioso, lontano dall’emergenza, ma nondimeno riteniamo importante cha la collaborazione si sviluppi anche laddove la situazione si avvii lentamente e faticosamente verso una sorta di “normalità”, quanto mai importante in settori sensibili quali l’istruzione e la salute.
Ce lo esplicita molto francamente la direttrice della scuola, consapevole di trovarsi in una struttura che farebbe felice anche molti dirigenti scolastici italiani (questo lo aggiungiamo noi) me che senza l’aiuto ricevuto avrebbe corso il rischio di non venir utilizzata, e se una struttura non si utilizza è come non averla.
Ci salutiamo dopo un’ultima occhiata alla targa che ricorda il contributo sangiorgino – Comune e Misericordia – e ci avviamo verso l’ultima tappa della giornata.
Vogliamo ricordare comunque che questo e’ il secondo contributo di questo tipo dell’amministrazione comunale di San Giorgio: tre anni fa acquisto’ gli arredi per la palestra (nuovissima, ma senza alcunche’, neanche un pallone...) della Prima Scuola Tecnica per Ragionieri della citta’.

      

[FOTOGRAFIE: Due scorci della palestra - La targa che ricorda il contributo di San Giorgio]

LA SCUOLA TECNICA DI MECCANICA E TRASPORTI
Ogni volta che incontriamo gli amici della scuola tecnica è una festa, e ogni volta c’è qualche realizzazione in più, che prosegue e mette in moto un circolo virtuoso fra la scuola e il suo contesto sociale e territoriale: gli spazi recuperati e ristrutturati dell’ex officina e destinati all’aggregazione giovanile, piuttosto che il laboratorio odontoiatrico che garantisce prevenzione e cura gratuite a tutti gli studenti fino ai diciotto anni – in un Paese in cui la stragrande maggioranza della popolazione non si può permettere neanche di vedere da lontano un dentista – ci parlano esattamente di un forte presidio di inclusione sociale e culturale, e miglior risultato non potrebbe esservi per gli sforzi sostenuti dai lavoratori italiani in fattiva e concreta solidarietà con la popolazione serba. 
Visitiamo anche un’aula piuttosto grande e disadorna dove si sta tenendo un  corso gratuito di lingua italiana; e’ la futura sede della mediateca che la Scuola intende realizzare con il denaro avanzato sul progetto del Centro giovanile (4250 euro).
E mentre facciamo onore alla solita splendida ospitalità, prima di congedarci e chiudere la giornata, riflettiamo su un paio di aspetti che ogni volta ci colpiscono e che accompagnano la nostra speciale relazione con Kragujevac e la Serbia e la alimentano.
Il primo attiene più propriamente al nostro modo di intendere la solidarietà, cioè a dire  rapporto paritario in cui entrambe le parti crescono e si arricchiscono di rapporti e valori umani, denegando recisamente ogni deriva caritatevole – da benefattore a beneficato, per intenderci – e in cui i progetti si discutono e si portano a compimento quando nascono da effettive esigenze in loco, e non vengono proposti/imposti dall’esterno, cioè dall’Italia, con un approccio da primi della classe: così non funziona, o perlomeno è altro da ciò che l’associazione si propone, e l’esperienza di questi lunghi e difficili anni è lì a dimostrarlo. Può sembrare scontato, ma è bene rimarcarlo, come è bene rimarcare che la situazione attuale è figlia di precise responsabilità politiche dell’occidente “democratico”, e che le bombe sono partite dal nostro Paese e non dalla luna, e questo fatto pesa come un macigno sulle nostre coscienze: insomma, non è proprio il caso di sentirsi superiori in quanto donatori.
Il secondo riguarda le nostre interlocutrici, e non a caso usiamo il genere femminile: senza le sue donne la Serbia probabilmente non esisterebbe più da tempo. Non vi è settore in cui non si faccia sentire insostituibile la loro presenza, a tutti i livelli.
Vive una donna di granito su mille barricate” cantavano gli Stormy Six sull’epopea di Stalingrado: ci pare che si attagli alla perfezione alla donna serba, e c’è solo da sperare che il granito tenga ancora duro.

Sabato 4 aprile 2009

Un nuovo progetto
E’ il giorno dell’assemblea per la distribuzione delle quote di affido.
Ci hanno raggiunto Alessandro ed Alessandra, della Associazione romana ‘’Un ponte per...’’ che interviene nella citta’ di Valjevo, non molto distante da Kragujevac.
Eravamo entrati in contatto con Alessandro perche’ cercavamo qualcuno che ci aiutasse con Luka M. al suo arrivo a Roma alla fine di dicembre 2008; dal’aeroporto di Roma doveva poi trasferirsi all’Ospedale di Siena e Alessandro si era subito prestato. Era poi venuto a Trieste alla fine di marzo scorso per presentare un suo libro sull’esperienza fatta in dieci anni di attivita’ di solidarieta’ in Serbia.
Abbiamo proposto alla sua associazione di contribuire, insieme a noi e ai nostri amici di Brescia, alla realizzazione di un nuovo progetto, piuttosto oneroso e di sicuro impatto sociale: la costruzione della palestra per fisioterapia a favore dei malati di sclerosi multipla. Si tratta di un locale di circa 140 metri quadrati, da ristrutturare e da arredare per una spesa di circa 10-12 mila euro.
Ne discutiamo prima dell’assemblea con Jasmina Brajkovic, che ci ha consegnato i preventivi di spesa per la sala della palestra, per un bagno e per tutta la attrezzatura necessaria.
Nel momento in cui scriviamo questa relazione possiamo confermare che le tre associazioni hanno preso la decisione di realizzare il progetto; al momento e’ stato consegnato a Jasmina un primo contributo di 4500 euro (3000 da noi e 1500 da Brescia).

L’assemblea di consegna delle quote di affido
Atmosfera festosa, come sempre con piu’ di 300 persone presenti nella  grande sala della direzione della Zastava. Comunque la preoccupazione per il futuro e’ palpabile, i commenti sul non rispetto del contratto da parte della FIAT mostrano che si sta perdendo la pazienza perché i lavoratori sanno che è bene non fidarsi mai troppo della catena di comando gestita spesso da incompetenti, a volte da avventurieri senza scrupoli  e dei politici locali e nazionali le cui fortune sono in qualche modo legate al miraggio FIAT.

Noi comunque  proviamo sempre la stessa gioia nel rivedere persone che conosciamo ormai da anni, i “nostri“ operai e operaie, molti di loro ormai disoccupati, i loro figli che crescono viaggio dopo viaggio. Non si puo’ certo essere insensibili di fronte a questa grande assemblea paziente ed attenta  che trimestre dopo trimestre riceve un contributo che, pur rimasto uguale a quello iniziale, ha ancora un suo piccolo valore economico, ma e’ non solo questo. Precari, malandati, disoccupati, malati, disperati ma, almeno, non abbandonati da tutti. La solidarietà è soprattutto questo. 
Consegnamo  162 quote d’affido ed alcuni regali in denaro, per un totale di 16545 euro.

Durante il pomeriggio visitiamo due famiglie con figli in affido alla nostra associazione.
In un caso la madre lavora presso Zastava auto, in verniciatura.
Ci descrive la sua situazione e dei suoi compagni di reparto, sempre piu’ scoraggiati e senza speranze. Lavora in condizioni pesantissime e pericolosissime, senza diritti e per un salario da fame di 16000 dinari al mese.
Nell’altra famiglia il padre ha perso il lavoro a dicembre, ha 47 anni, due figli e non ha alcun futuro davanti a se’.
Benche’ l’accoglienza sia come sempre festosa ed amichevole, si avverte un senso di scoraggiamento crescente rispetto al passato; per anni questi lavoratori avevano stretto i denti e l’arrivo della Fiat aveva sollevato tante speranze, ma ora la delusione e’ profonda, cosi’ come la paura, perche’ ormai e’ chiaro che questa e’ l’ultima possibilita’; ma e’ anche chiaro che se l’accordo con la Fiat non sara’ un bluff  significhera’ comunque pochi operai al lavoro, grande sfruttamento e bassi salari.
Il giorno dopo con un viaggio tranquillissimo rientriamo in Italia.


5 – Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava

ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI

Cambio dinaro/euro

Dopo un lungo periodo in cui la moneta nazionale era sovrastimata rispetto all’euro (con una difesa ad oltranza da parte della Banca Centrale), con un cambio stabile od addirittura in rafforzamento, vi e’ stato un crollo del 20% circa del suo valore. 
Il cambio era di 80.2 dinari per un euro a giugno 2008, di 76.4 a settembre 2008 di 84.5 il 29-10-2008, e’ piombato a 97.7 dinari al 10-3-09.
Il potere d'acquisto dei salari scende costantemente dato che molti beni di largo consumo sono importati. Chi ha dei mutui da pagare non ce la fa piu’ specialmente se erano stati stipulati in euro.

Inflazione, produzione industriale e import/export

L’inflazione e’ stata del 5.3% nei primi due mesi del 2009.
La produzione industriale e’ calata del 19.7% a febbraio 2009 rispetto a febbraio 2008 e del 21.9% rispetto alla media del 2009.
Il commercio con l’estero di merci per il primo bimestre 2009, del totale di 3,17 miliardi di dollari, è inferiore del 36% rispetto allo stesso periodo del 2008. Le esportazioni (di circa 1 miliardo di dollari) sono scese del 35%, e le importazioni (2,12 miliardi di dollari) del 36,4%. Gli investimenti sono calati del 15%.
In questa situazione pesantissima si inserisce il Fondo Monetario Internazionale che garantira’ un prestito di 3 miliadi di euro per 24 mesi. Il prestito arrive

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(sul caso della nuova toponomastica fascista a Trieste si veda anche nel nostro archivio: 

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Comunicato del Coordinamento antifascista di Trieste
Data: Mercoledì 13 maggio 2009, 15:44

Oggi 13 maggio con l'apposizione della targa in onore di Mario Granbassi è stata perpetrata una vera violenza nei confronti di Trieste, città medaglia d'oro della Resistenza e sede della ben triste Risiera di San Sabba.
La cittadinanza democratica ed antifascista indica al contrario come esempio e modello da seguire Luciano Vezzoli, muggesano ed aviatore caduto in Spagna nella lotta contro il fascismo.
Questi raccolse l'invito di Carlo Rosselli da Barcellona  a combattere nelle Brigate internazionali contro il franchismo ed il fascismo.
Come gesto riparatorio i Cittadini liberi ed uguali, il Coordinamento antifascista di Trieste porteranno dei fiori al monumento ai quattro martiri fucilati in seguito alla sentenza del Tribunale speciale della sicurezza dello Stato nel 1930, e per ricordare Giordano Viezzoli caduto per la libertà in Spagna.

L'omaggio ai martiri per la liberta' antifascisti sara' effettuato  sabato 16 maggio ore 10 al cippo che ricorda i caduti di Basovizza; la cittadinanza si spostera' quindi al colle di S. Giusto per offrire dei fiori a Giordano Viezzoli
 
per il Coordinamento
Claudia Cernigoi 

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Vi invio il testo del volantino che è stato diffuso in occasione dell'intitolazione di una scalinata al giornalista fascista triestino Mario Granbassi, intitolazione fortemente voluta dalla Giunta comunale di Trieste. In esso si spiegano i motivi della nostra contrarietà a questa intitolazione. Per ulteriori informazioni:http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-perch%E9_intitolare_una_via_a_trieste_a_mario_granbassi%3F.php 
e
dove troverete una pagina del giornalino curato da Granbassi.

 

Claudia Cernigoi
 

Nonostante la mobilitazione di centinaia di triestini e le prese di posizione di numerosi esponenti della scena culturale (da Margherita Hack a Moni Ovadia, da Boris Pahor a Claudio Magris, gli storici Enzo Collotti, Mimmo Franzinelli, Fulvio Salimbeni, Claudio Venza, Diana De Rosa, Franco Cecotti), nonostante il parere contrario della Deputazione di storia patria, le proteste di un gruppo di docenti universitari catalani e l’intervento di Gerhard Hoffmann, novantaduenne reduce austriaco delle Brigate internazionali in Spagna, siamo giunti al momento della verità: mercoledì 13 maggio, alle ore 11.30, il Comune di Trieste intitolerà ufficialmente la scalinata (ora dedicata a Revere) a Mario Granbassi. L’amministrazione comunale ha tenuto a precisare che la via è dedicata al “giornalista” Granbassi e non alla medaglia d’oro Granbassi, già fiduciario del Gruppo rionale fascista “Luigi Razza” (con sede in piazza Verdi) fino al 1939, anno in cui morì in Spagna dov’era andato a combattere per i motivi che egli stesso così spiega nel suo Diario:
“La sento tanto profondamente come una guerra fascista, questa che sono venuto a combattere, sacrificando i miei affetti più cari e abbandonando il mio posto di lavoro!”. Ed ancora: “Gridare il nome del Duce, in faccia a questa trincea comunista, in questa notte di guerra, tanto lontano dalla Patria, è per me una soddisfazione che mi dà un’emozione profonda”.
Come contraltare a queste frasi da militante fascista vengono a volte citate altre parole di Granbassi, rivolte alla famiglia: “Piccoli miei, Fernanda, povera e buona mamma, come ho potuto lasciarvi?” Ma bisogna leggere anche la risposta che lo stesso Granbassi si dà: “Ma la fede è più viva che mai!”, frase che ci restituisce l’immagine del fanatico che ritroveremo in altre espressioni, come “ogni annunzio di azione mi eccita” e “invidio i miei colleghi che sono in trincea”.
Questo l’ideale che spinse Granbassi ad andare in Spagna: combattere i “rossi” e far vincere il fascismo, abbandonando per esso la famiglia e la sua professione di giornalista, e perdere la vita, motivo per cui fu decorato post-mortem:
“Comandante del plotone arditi di battaglione, si lanciava audacemente contro una munitissima posizione nemica che, con nutrito fuoco, causava forti perdite al suo battaglione, riuscendo, dopo aspro combattimento a corpo a corpo, a scacciarne l’avversario. Ferito, si faceva medicare sommariamente. Ripreso il comando dei suoi arditi, si gettava ancora, con suprema audacia, nella lotta finché, investito da una raffica di mitragliatrice, cadeva colpito a morte. Prima di spirare inneggiava all’Italia, incitando i suoi uomini a continuare la lotta e a non preoccuparsi della sua persona”. 
Ma, dicevamo, non è a questo fulgido esempio di fede fascista che viene intitolata la scala, bensì al “giornalista”, del quale a questo punto bisogna evidenziare i meriti.
Nel 1930, appena ventitreenne, Granbassi era già il conduttore di una rubrica radiofonica dell’Eiar rivolta ai piccoli ascoltatori intitolata “Balilla a noi” (e non, come si legge oggi, “Mastro Remo”, che era il nome del personaggio da lui interpretato e poi del giornalino, pure dedicato ai bambini, di cui fu redattore dal 17 maggio 1934). Sul retro di questa pubblicazione troverete una pagina particolarmente significativa della produzione giornalistica di Granbassi, ma per comprendere meglio il senso della trasmissione radiofonica del Nostro è necessario riportare alcuni passi da una lettera inviata dal Comitato provinciale di Trieste dell’Opera nazionale “Balilla” “per l’educazione fisica e morale della gioventù” al Prefetto di Trieste in data 1/12/1931. In questa nota (che si trova presso l’Archivio di Stato di Trieste) viene fatto un elogio della trasmissione radiofonica in onda due volte alla settimana che “si chiama ‘Balilla a noi’ ed è eseguita da Mario Granbassi (...) che in funzione di ‘Mastro Remo’ cura con molta passione (...) la preparazione di programmi (...) che per il loro carattere patriottico, fascista, educativo e ricreativo, sono veramente indovinati. (...) Tra i concorsi banditi ai giovani con questo mezzo è degno di nota quello indetto tra tutti i Balilla (...) collo scopo di raccogliere elargizioni in modo che questo Comitato Provinciale possa con esse acquistare apparecchi radio per i giovani del Carso (...) con questo mezzo riuscirà molto più facile lo svolgimento della sua propaganda sugli altipiani carsici. Le adesioni piovvero (...) da tutte le parti d’Italia (...) sostanzialmente però l’esito finanziario (...) è sempre rimasto molto inferiore all’esito morale (...) basta pensare all’età degli oblatori (...)”, però “pensando alla generale utilità che ne deriva dalla propaganda svolta in Carso per mezzo della Radio se ne deduce l’assoluta necessità di trovare i fondi sufficienti per l’acquisto degli apparecchi”. La nota conclude chiedendo al Prefetto “ il Suo prezioso interessamento allo scopo di ottenere (...) dato che il lavoro che l’O.N.B. deve svolgere nella regione ha vero carattere di bonifica nazionale un concorso adeguato al fine di poter acquistare un congruo numero di apparecchi (...)”.
Insomma, da qualunque parte la si voglia guardare, che Mario Granbassi sia stato combattente in Spagna o fiduciario del Fascio, conduttore radiofonico o giornalista, è sempre stato un fascista della più bell’acqua. Per cui invitiamo gli organismi competenti a correggere la targa: da “Mario Granbassi giornalista” a “Mario Granbassi fascista”: non solo in nome della verità storica, sia chiaro, ma anche per onestà intellettuale.
 


Fulmini e Terremoti - Oltre 14 miliardi di euro per il caccia F35  

Oltre 14 milardi di euro per il caccia F35 Lightning (fulmine) mentre mancano i soldi per i terremotati d'Abruzzo.

Video di Manlio Dinucci a cura della Rete Nazionale Disarmiamoli! 

http://www.disarmiamoli.org/index.php?option=com_content&task=view&id=336&Itemid=111

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Ricordiamo che sono online sui nostri siti internet anche le video-sintesi del

Meeting internazionale TARGET 
tenuto a Vicenza nel X Anniversario dei bombardamenti della NATO sulla Repubblica Federale di Jugoslavia: