Informazione
Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic
I C D S M
Sofia-New York-Moscow-Belgrade
www.icdsm.org
Fondato il 25 Marzo 2001 a Berlino
20 giugno 2007
S.E. Sig. Boris TADIC,
Presidente della Repubblica di Serbia
S.E. Dr Vojislav KOSTUNICA,
Primo Ministro del Governo della Repubblica di Serbia
Vostre Eccellenze,
dopo che il Tribunale dell'Aia ha eseguito l'assassinio giudiziale
del Presidente Slobodan Milosevic, un uomo che aveva coraggiosamente
difeso la verità e gli interessi del popolo serbo, ci appare
assolutamente inaccettabile ed inappropriato che i membri della sua
famiglia siano adesso soggetti a persecuzione politica.
Siamo anche convinti che i continui ricatti e pressioni esercitate
sul governo serbo da parte del tribunale illegale e dei suoi sponsor
siano solo da disprezzare, e che la pratica del tribunale di di
violare i diritti umani debba essere pienamente denunciata e le
persone responsabili debbano essere chiamate a risponderne.
Tutto questo è importante anche per resistere alle ultime mosse
mirate a staccare la provincia del Kosovo-Metohija dalla Serbia, in
violazione della Carta ONU e della Risoluzione ONU 1244. C'è urgente
bisogno adesso di una vigorosa campagna per difendere l'integrità
territoriale della Serbia.
Speriamo che le Vostre Eccellenze troveranno il modo di opporsi a
questi sviluppi negativi per la Serbia. Agendo a questo scopo,
avreste il nostro sostegno pieno e sincero.
Per conto dell'ICDSM,
Velko VALKANOV, Copresidente (Bulgaria)
Ramsey CLARK, Copresidente (USA)
Sergei BABURIN, Copresidente (Russia)
Klaus HARTMANN, Presidente del direttivo (Germania)
=== ORIGINAL ===
The International Committee to Defend Slobodan Milosevic
I C D S M
Sofia-New York-Moscow-Belgrade
www.icdsm.org
Founded 25 March 2001 in Berlin
20th June 2007
H.E. Mr. Boris TADIC,
President of the Republic of Serbia
H.E. Dr Vojislav KOSTUNICA,
Prime Minister of the Government of the Republic of Serbia
Your Excellencies,
After the Hague tribunal carried out the judicial murder
of President Slobodan Milosevic, a man who had bravely defended the
truth and the interests of the Serbian people, we find it totally
unacceptable and inappropriate that the members of his family are now
being subjected to political persecution.
We are also convinced that the continuing blackmail and
pressure by the illegal tribunal and its sponsors on the Serbian
government deserve only disdain, and that the tribunal's practice of
violating human rights must be totally exposed and the persons
responsible made accountable.
All that is also important to resist the latest moves to
sever the province of Kosovo-Metohija from Serbia, in violation of
the UN Charter and UN Resolution 1244. A vigorous campaign to defend
the territorial integrity of Serbia is urgently needed at this time.
We hope that Your Excellencies will find a way to oppose
these negative developments for Serbia. In acting toward that end,
you would have our full and sincerest support.
On behalf of the International Committee to Defend
Slobodan Milosevic,
Velko VALKANOV, Cochairman (Bulgaria)
Ramsey CLARK, Cochairman (USA)
Sergei BABURIN, Cochairman (Russian Federation)
Klaus HARTMANN, Chairman of the Board (Germany)
In ordine cronologico inverso:
1) Chavez aprirà 200 “fabbriche socialiste” (luglio 2007)
2) A partire del primo maggio 2010 la giornata lavorativa in
Venezuela passa ad essere di sei ore (maggio 2007)
3) De-privatizzazione delle compagnie di telefoni e elettricità
(americane) (gennaio 2007)
(... per tacere delle politiche energetiche alternative e della
nazionalizzazione del petrolio!)
=== 1 ===
Chavez aprirà 200 “fabbriche socialiste”
Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha dichiarato che si appresta
a far partire “più di 200 fabbriche socialiste” come parte del
“progetto di sviluppo nazionale della rivoluzione bolivariana”.
Secondo Chavez nel corso dell’anno saranno inaugurate industrie in
settori strategici; fra quelli interessati ci saranno i settori
dell’alimentare, vestiario, chimico, automobilistico ed informatico.
Queste aziende “saranno create per rafforzare la nostra indipendenza
e sovranità, ed avranno come finalità la produzione per le necessità
di base di tutti”. Il presidente venezuelano ha pure annunciato che
sta per cominciare la distribuzione di computers, telefoni cellulari,
automobili e motociclette assemblati in Venezuela con il partneriato
di Cina ed Iran.
Lo stesso vale per “Industria Petrocasa”, un programma di costruzione
di alloggi popolari realizzati con materiale plastico derivato dal
petrolio.
Chavez cerca di ottenere l’autosufficienza del paese in modo da
dipendere sempre meno dalle importazioni. In merito ha dichiarato:
“Il prossimo anno queste imprese daranno i loro frutti, per questo ho
voluto che il 2008 sia l’anno di un nuovo ciclo della rivoluzione.
Non vi spaventate”
Queste dichiarazioni il presidente venezuelano le ha fatte in
occasione della cerimonia di inaugurazione di una centrale
termoelettrica nello stato occidentale dello Zulia, e sono state
trasmesse in tutta la nazione per radio e televisione. Egli ha pure
chiesto di non spaventarsi per il modello socioeconomico che si sta
introducendo nel suo paese: “E’ un progetto di sviluppo nazionale che
qui non era mai stato considerato... questo noi lo possiamo fare
perché siamo liberi”.
Il presidente ha fatto anche riferimento alla capacità del Venezuela
di costruire armi.
“Stiamo producendo granate e i nostri primi missiletti, che non vanno
molto lontano.. Non dobbiamo aggredire nessuno, ma che a nessuno
venga in mente di venire qui ad aggredirci”.
da Rebelion.org
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=52398
Fonte: aa-info @ yahoogroups.com
=== 2 ===
Epocale annuncio di Hugo Chavez: a partire del primo maggio 2010 la
giornata lavorativa in Venezuela passa ad essere di sei ore
Attilio Folliero
Caracas, 01/05/2007, LPG - E' un salto epocale, quello annunciato
oggi da Hugo Chavez, in occasione della Festa del Primo maggio.
Costituita una commisione presidenziale, presieduta dal Vice
Presidente Jorge Rodriguez, incaricata di promuovere una riforma
costituzionale tendente a portare la giornata lavorativa dalle
attuali otto ore a sei ore, con meta da raggiungere progressivamente
il primo maggio del 2010. Ossia, progressivamente la giornata
lavorativa in Venezuela passerá dalle otto ore attuali, a sei ore, il
che significa un enorme miglioramento della qualitá della vita del
lavoratore, del proletariato.
Con quest'annuncio Hugo Chavez si pone decisamente alla testa delle
rivendicazioni del proletariato non solo venezuelano e
latinoamericano, ma mondiale. Una dozzina di anni fa, in Italia sulla
scorta dell'approvazione in Francia di una legge che fissó la
settimana lavorativa a 35 ore, si ebbe un grande dibattito, poi
caduto nel dimenticatoio. Oggi, la sinistra che allora era alla testa
della rivendicazione della settimana lavorativa di 35 ore, é
pienamente inserita nel Governo, ma il tema della riduzione della
giornata lavorativa non é stato piú ripreso. Oggi, questa sinistra
sembra, preoccupata esclusivamente delle sorti del capitalismo
italiano in affanno per la profonda concorrenza da parte dei nuovi
capitalismi selvaggi, dove lo sfruttamento dei lavoratori é
illimitato ed il salario orario é di poche decine di centesimi di
dollari. Quest'annuncio di Chavez puó e deve avere ripercursioni
anche in Italia, stimolando la ripresa delle lotte rivendicative dei
lavoratori e del proletariato.
E' indubbio che l'annuncio di oggi, di Hugo Chavez avrá ripercursioni
non solo in America Latina, ma in tutto il mondo e soprattutto nei
paesi del capitalismo avanzato, dove la giornata lavorativa é ferma
alle otto ore. E' arrivato il momento che ovunque si apra la stagione
della rivendicazione della giornata lavorativa di sei ore. Da oggi é
necessario lottare per rivendicare una nuova riorganizzazione della
giornata dell'uomo: 6 ore per il lavoro, 6 ore per dormire, 6 ore per
la diversione e 6 ore per la formazione e la rigenerazione, per
alimentare il corpo e formare il cervello.
Ricordiamo anche che la rivoluzione bolivariana, in otto anni di
Governo Chavez ha sconfitto l'analfabetismo in Venezuela ed é
fortemente impegnata nella sfida per debellare la povertá entro il
2021. Ma la rivoluzione bolivariana non ha solo mete in Venezuela: é
di questi giorni il lancio del programma, nell'ambito dell'ALBA,
tendente a sconfiggere l'analfabetismo in tutta l'America Latina.
Inoltre, sono numerosi i programmi di solidarietá intrapresi nei vari
paesi dell'America Latina, fino ai settori poveri della societá
statunitense, ai quali lo stato venezuelano fornisce petrolio a
prezzo agevolato.
Se l'annuncio piú eclatante, che sicuramente fará il giro del mondo,
é quello della riduzione della giornata lavorativa, non meno
impattanti sono gli altri provvedimenti annunciati: da oggi il
salario minimo in Venezuela passa a 614.000 bolivares circa, con un
aumento del 20%. E' bene ricordare che il salario minimo é
accompagnato anche da un buono pasto giornaliero.
Negli otto anni di Governo Chavez il recupero del potere d'acquisto
reale del salario del lavoratore é cresciuto come in pochi paesi al
mondo: dai circa 30 dollari USA mensili del 1999, anno dell'arrivo di
Hugo Chavez al Governo, ai poco meno di 300 dollari USA mensili
attuali; in realtá aggiungendo il valore del buono pasto giornaliero,
il salario minimo supera i 400 dollari USA mensili. Ma vi é un altro
dato da considerare: quando Chavez arriva al Governo l'inflazione,
che nel 1996 arrivó a superare il 100%, (http://
www.lapatriagrande.net/01_venezuela/economia/ipc_ven.htm) divorava
interamente lo scarso salario; negli anni di Chavez l'aumento del
salario é sempre stato al di sopra dell'inflazione; nel mese di Marzo
2007, ad esempio, ultimo dato disponibile, l'inflazione é stata di
-0.7%.
Sono stati numerosi i provvedimenti annunciati e che da oggi entrano
in vigore, tutti tendenti a migliorare la qualitá della vita delle
fasce piú deboli, come la pensione sociale (il 60% del salario
minimo) per le persone anziane (61 anni di etá) che non hanno versato
contributi previdenziali e che fino ad oggi non avevano diritto a
nessuna fonte di reddito.
Ma oggi é anche il giorno della fine della "Apertura petrolifera",
ossia la legge che permise la privatizzazione del settore
petrolifero, pur in presenza di una legge costituzionale che
riservava l'attivitá lucrativa nel settore petrolifero ed energetico
esclusivamente allo Stato. Con l'"apertura petrolifera" negli anni
novanta si permise praticamente la privatizzazione del settore
petrolifero. A partire da oggi, l'attivitá petrolifero torna ad
essere interamente di uso esclusivo dello Stato.
E' proprio grazie al recupero degli introiti derivanti dallo
sfruttamento delle fonti energetiche che il Governo Chavez ha potuto
operare una ridistribuzione delle ricchezze piú giusta ed
inidirizzata fortemente a pagare l'enorme "debito sociale" di cui
furono vittime le classi lavoratrici e piú povere. Fino all'avvento
del Governo Chavez, le enormi ricchezze del Venezuela erano di uso
esclusivo delle classi oligarchiche e di governo, lasciando al
proletariato esclusivamente le briciole, ossia i circa 30 dollari USA
mensili di salario minimo, con cui era costretta a sopravvivere il
70% della popolazione venezuelana. Mai in passato i governi
venezuelani avevano realizzato politiche di carattere sociale: il 70%
della popolazione venezuelana non aveva diritto a sanitá, educazione,
formazione, pensione, assistenza sociale... non aveva diritto che
alla povertá estrema.
Oggi Chavez non é solo sempre piú saldamente al Governo nel suo
paese, ma é sempre piú popolare in America Latina e nel mondo intero
e lider riconosciuto alla testa delle rivendizioni del proletariato
mondiale.
Fonte: http://nuke.lapatriagrande.net
=== 3 ===
Chavez: (ri)nazionalizzazioni
Insediandosi a Caracas, annuncia «la strada verso il socialismo» e la
de-privatizzazione delle compagnie di telefoni e elettricità (americane)
Maurizio Matteuzzi da il Manifesto del 10.1.07 p. 6
Con un'accelerazione secca ma per la verità non inattesa la via
venezuelana al socialismo - anche se al «socialismo del secolo XXI» -
sembra tracciata e, stando alle parole del presidente Hugo Chavez, «è
irreversibile». Ne prendano buona nota Bush, le compagnie
transnazionali, la chiesa cattolica e l'opposizione venezuelana.
Alle parole socialismo e nazionalizzazioni delle «imprese
strategiche», la Borsa di Caracas è crollata - meno 9% ieri - e
quella di New York è stata costretta a sospendere le contrattazioni
delle azioni della Cantv, la compagnia telefonica privatizzata nel
'91, cadute del 35%.
Fra lunedì, quando nel teatro Teresa Carreño di Caracas ha ricevuto
il giuramento dei 27 ministri (di cui 15 nuovi nel consueto
tourbillon), e ieri mattina, quando nel Salon protocolar del
Congresso ha giurato per il suo nuovo mandato di 6 anni (fino al
2013, per il momento), Chavez ha interpretato fino in fondo il ruolo
di guastatore che l'ha reso, con l'ineluttabile tramonto di Fidel, il
leader latino-americano più esplosivo.
Ieri mattina le cerimonie sono cominciate presto, perché poi Chavez
doveva partire per Managua per presenziare all'insediamento di Daniel
Ortega. Alle 8, fiori al Panteon nazionale, dove riposa el Libertador
Simon Bolivar; alle 9 nella sede dell'Assemblea nazionale il
giuramento e l'imposizione della fascia presidenziale; subito dopo un
discorso che i network privati (e ostili) hanno dovuto ingoiare in
catena nazionale; alle 11 sfilata militare nel Paseo de los Proceres.
Fra lunedì e ieri Chavez ha tracciato la sua strategia per i prossimi
6 anni: 5 gli assi - o «i motori» - su cui si muoverà «la
rivoluzione». La nuova Ley Habilitante votata dall'Assemblea
nazionale (dove, dopo il ritiro suicida dell'opposizione dalle
elezioni del dicembre 2005, tutti i 167 seggi sono chavisti) per
avere i poteri speciali necessari ad adottare le riforme; la riforma
costituzionale «in senso socialista»; l'«educazione popolare»; la
«nuova geometria del potere»; lo «Stato comunale» («una specie di
confederazione regionale, locale, nazionale dei consigli comunali»)
quale primo passo dello «Stato socialista, dello Stato bolivariano
capace di guidare una rivoluzione». Per avviare questi 5 «motori»,
dovrà essere riformata «profondamente» la sua costituzione
bolivariana che allora, nel '99, già diede un colpo forte ma non
ancora letale al vecchio sistema della democrazia rappresentativa,
formale ed escludente che aveva retto il Venezuela dal '58 al '98
preservandolo da golpe e dittature militari ma facendo di
quell'Eldorado petrolifero il paese dell'incredibile tasso di povertà
(l'80% dei 26 milioni di venezuelani).
Ma Chavez non si è limitato a delineare la strada verso «la
Repubblica socialista del Venezuela». Ha detto altro e di più. E da
subito. Ri-nazionalizzare i settori strategici - a cominciare dalla
Cantv e dall'Edc, la compagnia dell'elettricità -, se non il petrolio
(con le compagnie transnazionali che sfruttano i giacimenti
tradizionali di Maracaibo e quelli nuovi dell'Orinoco ha stretto mesi
fa nuovi accordi che prevedono la creazione di joint ventures con
Pdvsa, la compagnia statale venezuelana, e il forte aumento di
royalities e tasse) almeno le raffinerie, revocare l'autonomia della
Banca centrale (un concetto proprio dell'era «neo-liberista»).
Abbastanza per far crollare, ieri, le Borse e provocare la prima
reazione minacciosa di Bush («Le compagnie Usa dovranno essere
risarcite adeguatamente»).
A parte il petrolio, da maneggiare con cura (il greggio venezuelano
rifornisce il 15% del mercato interno Usa e per le compagnie a stelle
e strisce il Venezuela continua a essere una festa), sotto tiro ci
sono Cantv e Edc. La compagnia dei telefoni è l'unica impresa del
Venezuela quotata a Wall Street ed è controllata dalla statunitense
Verizon (ma ci sono anche la Telefonica spagnola, la Deutsche Bank
tedesca, l'UBS svizzera, la Morgan Stanley americana e fondi di
investimento californiani ed elvetici); la compagnia elettrica,
privatizzata nel 2000, è controllata dalla AES Corp. basata ad
Arlington, Usa.
Chavez non si è risparmiato negli interventi degli ultimi due giorni
citando, per spiegare cosa significi il suo «socialismo del secolo
XXI», citando a profusione Marx e Lenin, il Trotzky della
«rivoluzione permanente» e la Bibbia o «il comandante» Gesu Cristo.
Ma questo può fare parte del personaggio.
Si vedrà presto se la via venezuelana al socialismo imboccherà la
strada presa a suo tempo dalla Cuba castrista o se sarà solo la
semplice - e quasi inevitabile - reazione del Venezuela, come di
molti altri paesi (anche moderati) dell'America latina, contro le
privatizzazioni selvagge e spesso fraudolente degli anni 90 del '900.
1) I. Pavicevac: Lettera aperta a D'Alema
2) Serravalle Pistoiese, 29 giugno: D'Alema contestato alla festa
della CGIL alla presenza di Epifani
=== 1 ===
----- Original Message -----
From: Ivan P. Istrijan
To: Coord. Naz. per la Jugoslavia
Sent: Sunday, June 17, 2007 9:58 AM
Subject: Fw: Lettera a D'Alema
Sig. ministro D'Alema
E p. c. Al sig. Prodi
Il Kosovo (e Metohija) indipendente è un'idea fascista del 1941 e Lei
con le recenti dichiarazioni non fa che accodarsi a questo continuato
atto di aggressione imperialista americana nello smembramento della
Jugoslavia socialista.
Come non vedere, in riferimento al 1941, che la proposta di un Kosovo
indipendente non è altro che un'espressione del revanscismo più bieco
di quelle forze che sono state sconfitte nell'ultima guerra (Italia e
Germania, quest'ultima, insieme al Vaticano, storica nemica della
Jugoslavia).
Gli schipetari, albanesi kosovari, secessionisti e terroristi, non
sono riusciti a perseguire nel loro intento utilizzando lo strumento
demografico tanto che l'espressione ricorrente da parte di costoro
era “vi sconfiggeremo con il c....”
La maggior parte del popolo albanese, e non albanese, del Kosovo e
Metohija volevano rispettare il governo del paese nel quale essi
vivevano.
I secessionisti albanesi non hanno mai voluto dialogare, nemmeno
l'ipotesi di una possibile divisione della regione, hanno invocato
l'intervento internazionale/americano, la barbara aggressione con
bombardamenti di cui il governo da Lei presieduto, all'epoca, si è
vantato.
Soltanto i miserabili, Rugova, Taci e quant'altri, possono applaudire
e costringere il proprio popolo ad applaudire gli autori dei
bombardamenti.
Al presidente Clinton è stata intestata una via a Pristina, non credo
che a Lei, sig. D'Alema, concederanno più che una pacca sulla spalla.
Personalmente ritengo che Lei non sia un uomo politico di grande
rilievo, in questo credo che anche gli albanesi siano del mio stesso
parere.
Un Kosovo indipendente non potrà diventare che uno stato di mafie con
“bulli e pupe” a intrattenere i “valorosi” (sic!) soldati americani
di stanza nella loro base di Bondsteel, da cui pensano di non andare
mai via!
Con profonda disistima
Ivan Pavicevac
=== 2 ===
From: annacapecchi @ gmail.com
Date: July 1, 2007 11:35:40 AM GMT+02:00
Subject: venerdi 29
CONTESTATO IL GUERRAFONDAIO D'ALEMA
Nel pomeriggio di venerdì 29 gugno, alla festa nazionale della CGIL
che si svolge a Serravalle Pisoiese (PT) erano presenti il segretario
generale CGIL Epifani e il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema.
Un gruppo di compagni, appena ha preso la parola il "PORTATORE DI
DEMOCRAZIA" D'Alema, ha steso uno striscione contro le guerra
imperialista di cui questo signore è uno dei maggiori promotori in
Europa. Hanno gridato slogan contro l'intervento in Afganistan, in Iraq.
Immediato e violento è stato l'intervento del servizio d'ordine del
sindacato, che ha letteralmente strappato di mano ai compagni lo
striscione. E successivamente vi è stato un massiccio intervento
della DIGOS, che coadiuvati da un sostenuto numero di poliziotti
nonche della scorta stessa del m/sinistro hanno provveduto a portare
via letteralmente di peso i compagni.
L'azione, seppure nel limite della partecipazione, del breve tempo
per pochi slogan, è stata alquanto devastante per la tranquillità con
cui la CGIL agisce in un territorio completamente controllato
(insieme ai DS) con metodi mafiosi.
Sul giornale locale si è provveduto a far passare la contestazione
come l'iniziativa di "un isolato giovane".
Non hanno però potuto impedire che tra i presenti si comprendesse il
significato dell'iniziativa, che ha invece trovato ampio consenso.
LA BALCANIZZAZIONE DEI COMUNISTI
Lo squartamento della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia
ha colpito ovviamente innanzitutto i comunisti, che erano il cemento
dell'unità del paese. Oggi, per loro l'agibilità politica in
repubbliche come la Croazia è pressochè nulla. Una situazione non
dissimile si è determinata in altre aree dell'Europa che furono
governate dai comunisti - dai Paesi Baltici alla Repubblica Ceca -
dove la messa fuorilegge è all'ordine del giorno. Parliamo di paesi
che sono già nell'Unione Europea, o sono in procinto di entrarci.
Inoltre, le difficoltà dell'azione politica e le sconfitte subite
hanno oggettivamente determinato fino ad oggi un processo di
frammentazione, dispersione e litigiosità interna nelle sinistre
anticapitaliste dell'area jugoslava. Questa condizione però
contraddice i bisogni ed i sentimenti della fascia maggioritaria
della popolazione, la quale, indipendentemente dalla nazionalità, è
duramente colpita dai processi di restaurazione/ristrutturazione
capitalistica e rimpiange in modo sempre più esplicito le conquiste
civili, il livello di benessere e la convivenza pacifica conseguiti
con il socialismo.
Di recente, un esperimento è stato avviato per superare la
frammentazione sia dal punto di vista politico-ideologico che da
quello nazionale. Si tratta di una rivista - NOVI PLAMEN
( http://www.noviplamen.org/ ) - dal carattere "transfrontaliero",
realizzata da anticapitalisti - marxisti, ambientalisti, libertari -
di alcune delle repubbliche in cui la Jugoslavia si è scomposta.
Tra gli animatori di questo esperimento ci sono anche comunisti
di Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia.
Le drammatiche vicende dei comunisti jugoslavi, ed il loro modo di
affrontare le difficoltà, sono di monito e di insegnamento anche per
i comunisti attivi nei paesi capitalisti: Italia compresa.
"Balcanizzazione" e confinamento in uno spazio di "dissidenza",
lontani dalla possibilità di incidere e di cambiare il corso delle
cose, appaiono incombenti anche qui.
Ne parliamo con
JASNA TKALEC
redattrice di NOVI PLAMEN, militante del SRP (Partito Socialista dei
Lavoratori, Croazia) ed aderente al CNJ (Coordinamento Nazionale per
la Jugoslavia, Italia)
MARCELLO GRAZIOSI
collaboratore de L'Ernesto, esperto di questioni balcaniche ed
internazionali
Coordina
ANDREA MARTOCCHIA
per l'Associazione "Politica e Classe" e per il CNJ.
VENERDI 6 LUGLIO 2007 ORE 21
presso la sede della
Associazione marxista Politica e Classe per il socialismo del XXI secolo
via Barbieri 95 (quartiere Navile)
Bologna
Promuovono
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - jugocoord@...
Associazione marxista Politica e Classe per il socialismo del XXI
secolo - politicaeclassebologna@...
PER ARRIVARE:
* in treno ed autobus:
dalla uscita principale della Stazione attraversare la strada;
prendere a sinistra; dopo 200m, in Via XX Settembre prospiciente alla
Stazione Autocorriere, attendere l'autobus in direzione opposta al
centro cittadino; prendere l'autobus n.11 e scendere a Fondo Comini
(ca. 7 minuti):
http://www.atc.bo.it/orari_percorsi/planner/plannerIT.asp
* in automobile:
da ogni direzione, imboccare la Tangenziale fino all'uscita n.6; alla
rotonda svoltare per il centro cittadino e percorrere Via Corticella
per circa 1km; subito dopo l'Ippodromo (grande cartello "BINGO
Ristorante") entrare a destra in Via Barbieri; percorrerla per circa 500m:
http://it.mappe.yahoo.net/tc/mappa.jsp?com1=bologna+%28bo%29&to1=Via+G.
+Francesco
+Barbieri&civ1=95&rg=15&pv=bo&cx=11.34383&cy=44.5167&lx=11.34383&ly=44.516
7&z=0.6&lv=1&ct=&st=&cs=&nm=&al=default&type=null&d=1
http://search.japantimes.co.jp/cgi-bin/eo20070702gc.html
Japan Times
July 2, 2007
Serbia owed justice in Kosovo
By GREGORY CLARK*
No commentator likes to sound like a conspiracy nut.
But if that is the fate of anyone who tries to
challenge the distortions involved in painting Serbia
as criminally guilty over Kosovo and the breakup of
the former Yugoslavia, then so be it.
Let's go back to the beginning. When Nazi Germany
tried to occupy Yugoslavia during World War II, the
Croat and Muslim minorities there backed the Nazis in
their campaign against the mainly Serbian resistance.
Even the Nazis are said to have been impressed by the
brutality with which the Croatian forces — the dreaded
Ustashi — set out to massacre and cleanse whole
villages and even towns of their Serbian populations.
Some 1 million Serbs died as a result, many of them in
the Croatian death camp at Jasenovac, said to rival
some Nazi Holocaust operations in scale and atrocity.
With the war over, Serb revenge seemed inevitable. But
the Yugoslav resistance leader, Tito, managed to
restrain passions by allowing Serbian domination of
the central government while dividing the nation into
semi-autonomous regions with mixed ethnic populations.
But it was an uneasy compromise, as I saw on the
ground in the former Yugoslavia of the '60s and as
even we in distant Australia probably realized better
than most.
There we saw frequent attacks by recalcitrant Ustashi
elements on Yugoslav diplomatic missions and the large
Serbian immigrant community.
We took it for granted that in any breakup of
post-communist Yugoslavia it would be insanity to ask
the large Serbian minorities in Croatia and Bosnia to
accept rule by their former pro-Nazi Croatian and
Muslim oppressors. But insanity prevailed, thanks
largely to pressure from Germany, Britain and the
United States, all seeking to expand influence into
yet another Eastern Europe ex-communist nation.
In short, the subsequent fighting was inevitable, as
were the atrocities, by all sides. But the Serbs could
at least claim they were seeking mainly to recover
some of the towns and villages they had lost under the
Nazis.
Much is made of Serbian revenge killings in the
Bosnian district of Srebrenica in 1995. But we see no
mention of the wartime and postwar killings of Serbs
in that area, which had reduced the Serbian population
from a prewar level of over half to less than one
third. Nor do we find much mention of the atrocities
involved in expelling hundreds of thousands of Serbs
from Croatia.
Enter the Kosovo problem.
To assist the Muslim side during the 1992-1995 Bosnian
fighting, British and U.S. intelligence organs
resorted to the extraordinary recruitment and training
of Islamic extremists from Afghanistan's anti-Soviet
wars of the 1980s.
Help and training was also given to Albanian Muslim
extremists setting up their Kosovo Liberation Army to
launch guerrilla attacks against isolated Serbian
communities. (These long-suspected facts were
confirmed by Britain's former environment minister
Michael Meacher writing in The Guardian newspaper
recently).
Even more extraordinary was the way Serbian attempts
to prevent or retaliate against those KLA attacks were
denounced as the "ethnic cleansing" of Kosovo's
Albanians (ironically it was the KLA that invented the
term, to describe its plan to drive out the Serbian
minority).
The U.S. and the North Atlantic Treaty Organization
move to bomb Serbia into submission followed soon
after, even though it was the KLA, not Belgrade, that
violated a 1998 ceasefire organized by the U.S.
The propaganda war used to justify Western policies
over Kosovo was unrelenting.
We were told that 500,000 ethnic Albanians had been
killed there by the Serbs (miraculously we are now
given a figure of around 10,000).
Much was made of a 1989 speech by former Yugoslav
leader Slobodan Milosevic said to call for "ethnic
cleansing" in Kosovo. But one has only to read the
speech to realize it said the exact opposite — that it
was a call for moderation in handling ethnic Albanian
hostility to a justifiably stronger Serbian political
presence there; the idea that the 10 percent Serbian
minority there would set out deliberately to expel the
large ethnic Albanian majority was patently absurd
from the start.
Yet that absurdity has regularly been trundled out by
allegedly objective Western commentators relying
heavily on the 1999 flight of ethnic Albanians to
neighboring Macedonia as proof. But that flight was
temporary, and came after the U.S./NATO bombing
attacks, not before. Some of it was also staged.
Almost nowhere do we see any mention of the hundreds
of thousands of Serbs, Jews, Gypsies [Roma] and
moderate ethnic Albanians since expelled permanently
from Kosovo by the now dominant extremists. Meanwhile
we are supposed to be annoyed by Belgrade's and
Moscow's resistance to a Kosovo independence that
would almost certainly see the remaining ethnic
minorities even further victimized.
The implications for the future are frightening. The
propaganda victory over Kosovo seems to have convinced
our Western policymakers that they can say anything
they like on any issue and rely on spin, black
information and a lazy or compliant media to get away
with it.
The 1999 ultimatum given Belgrade over Kosovo was pure
blackmail: Either you agree to our demands, no matter
how unreasonable (including the demand to put not only
Kosovo but also Serbia under NATO military
occupation), or we use our dominant air power to wreck
your economic and social infrastructure. The
subsequent destruction of Serbia's industries,
including its only car factory, was pure vandalism.
Even Belgrade's willingness to accept a Kosovo under
the control of moderate ethnic Albanians was rejected,
in favor of the KLA Muslim extremists the U.S. had
long supported. Ironically some of those extremists
have now joined al-Qaida's anti-U.S. jihad.
On the 50th anniversary of their original unification,
the EU powers congratulated themselves on the way they
had kept Europe free of war ever since 1945.
They did not seem even to notice how they had just
gone to war with a European nation called Serbia.
Serbia was the one European nation to resist Nazi
German domination (the others either surrendered or
collaborated). Its capital, Belgrade, was viciously
bombed as a result. The next time it was bombed was by
a NATO that included Germany and many of the other
former collaborator nations, this time to force it to
submit over Kosovo. Little wonder the Serbs remain
angry.
*Gregory Clark is a former Australian government
official and currently vice president of Akita
International University. A translation of this
article will appear at www.gregoryclark.net
(Source: R. Rozoff via http://groups.yahoo.com/group/stopnato and http://groups.yahoo.com/group/yugoslaviainfo )
2020:00:22&log=attentionm
"Sauvez deux personnes de la lapidation" ? Faux mails, fausses
pétitions, vraies manips.
Grégoire Seither
VASTE CAMPAGNE DE MANIPULATION DE L’OPINION SUR INTERNET
Depuis une semaine, tous les forums, blogs et mailing-list que je
modère sont envahis de messages à propos d’une pétition pour sauver
deux personnes condamnées à la lapidation en Iran. Ces messages,
envoyés sous des identités différentes (et souvent par des pseudos
aux adresses fausses) nous expliquent que :
Un homme et une femme auraient du être lapidés jeudi (le 21 juin
dernier) à Qazvine. La femme qui aurait du être victime de cette
sauvagerie est incarcérée depuis 11 ans. Les fosses dans lesquelles
les deux victimes auraient du être enfouies jusqu’à la poitrine
avaient été creusées et les amas de pierres qui auraient du mettre
fin à la vie des deux victimes avaient été transportés sur les lieux.
Tout était donc prêt pour une nouvelle scène d’horreur en Iran.
Si la cause apparente défendue par ces organisations “de défense des
droits de l’homme en Iran” est honorable (la lapidation est un acte
barbare), je me permets néanmoins de faire remarquer que les
organisateurs de cette campagne d’opinion ne sont pas honnêtes et que
leurs messages relèvent de la manipulation de l’opinion.
Lutter pour les droits de l’homme, oui, servir de marchepied aux
rêves de “remodelage du Moyen-Orient” des néoconservateurs à
Washington (USA), non !
Il s’agit d’une campagne concertée (le même message, traduit en
plusieurs langues, envoyé sous des pseudos différentes, est relayé
sur quasiment tous les forums ouverts ainsi que sur les blogs) en vue
de créer un “buzz” dans l’opinion et nous préparer psychologiquement
à la prochaine attaque militaire contre l’Iran.
Quand les bombes tomberont sur l’Iran, notre capacité d’indignation
sera émoussée, nous nous dirons “Bon, c’est pas bien de bombarder et
de tuer des civils, mais c’est de leur faute, ils l’avaient bien
cherché”...
C’est exactement ce qui s’était déjà passé pour la Serbie et pour
l’Irak.
Une campagne médiatique savamment orchestrée par des cabinets de
comm’ - et relayées par des personnes de bonne foi, ce qui donnait
encore plus de poids à l’argument, nous avait convaincus que “une
barbarie est entrain de se produire” et qu’il fallait bien “éliminer
ces méchants” en leur déversant des tonnes de bombes sur la tête.
Tant au Kosovo qu’en Irak, il s’était avéré ensuite que les choses
étaient bien différentes de ce que la presse avait voulu nous faire
croire.
Aujourd’hui nous avons au Ministère des Affaires Etrangères de la
France un ministre, Bernard Kouchner, qui avait à l’époque dirigé la
campagne de manipulation médiatique sur le Kosovo et ensuite approuvé
l’invasion de l’Irak par les forces américano-anglaises en reprenant
les arguments dictés par la propagande de la Maison Blanche…. Ce
n’est pas vraiment la personne idéale pour garder la tête froide face
à ceux qui nous poussent à bombarder l’Iran.
Il est donc important de garder à l’esprit que le site..
http://www.sauvelemonde.com/nous.htm
Est une création des mêmes auteurs que :
http://www.helpliberte.com/insurrection.htm
http://www.ncr-iran.info/fr/index.php
http://www.csdhi.org
http://www.iranmanif.org
http://www.iranfocus.com/french/modules/news/index.php
La totalité de ces sites sont crées et financés par des organisations
dépendantes de la NED (National Endowment for Democracy), qui n’est
qu’un paravent de la CIA aux Etats-unis, au service des projets
impérialistes.
Voir à ce sujet : “La NED, nébuleuse de l’ingérence
démocratique” (sur le site du Réseau Voltaire : http://
www.voltairenet.org/article12196.html ).
Luttons pour les droits de l’homme, mais gardons nos yeux ouverts et
méfions nous des manipulateurs qui cherchent à nous embrigader dans
leurs projets prédateurs.
Les petits mensonges de George W. Bush et de Colin Powell (souvenez
vous des “preuves” brandies à la télévision, devant l’assemblée
générale de l’ONU) ont coûté la vie à près d’un millions d’Irakiens
et plongé ce pays dans un chaos infernal... Ne laissons pas la chose
se reproduire avec l’Iran, la Syrie et le Liban
Grégoire Seither
http://libertesinternets.wordpress.com/2007/06/28/vaste-campagne-de-
manipulation-de-lopinion-sur-internet/
Tendone Dibattiti
Tendone Dibattiti
Tendone Dibattiti
Tendone Dibattiti
Ore 8:30 Visite guidate presso i luoghi della memoria (durata circa 2 ½h)
Tendone Dibattiti
Apertura Ristorante
Apertura Ristorante
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Invio in allegato, con preghiera di diffusione, la traduzione de "Terroristi Islamici" sostenuti dallo Zio Sam: “Operazioni Sporche” dell’Amministrazione Bush dirette contro l’Iran, il Libano e la Siria.Una analisi del Prof Michel Chossudovsky che fornisce molte risorse diriflessione su avvenimenti attualissimi.Carissimi saluti da Curzio"Terroristi Islamici" sostenuti dallo Zio Sam: “Operazioni Sporche” dell’Amministrazione Bush dirette contro l’Iran, il Libano e la Siria.by Prof Michel Chossudovsky(Traduzione ed elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)L’Amministrazione Bush ha ammesso di aver indirizzato contro l’Iran e la Siria azioni sotto copertura di natura aggressiva. L’obiettivo prefissato era di mandare in pezzi il sistema economico e monetario dei due paesi. Il malfamato Iran-Syria Policy and Operations Group – Gruppo per le Operazioni e le Politiche contro l’Iran e la Siria – (ISOG) creato all’inizio del 2006, integrato con funzionari della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato, della CIA e del Ministero del Tesoro, aveva il mandato di destabilizzare la Siria e l’Iran, per provocarne un “Cambiamento di Regime”: “Il comitato, lo Iran-Syria Policy and Operations Group [ISOG], si era incontrato settimanalmente per tutto il 2006 per coordinare azioni atte a creare limitazioni all’Iran nell’accesso alle istituzioni di credito e bancarie, per organizzare la vendita di materiale militare ai confinanti con l’Iran e per appoggiare le forze che si oppongono ai due regimi” (Boston Globe, 25 maggio 2007). Inoltre l’ISOG ha fornito assistenza sotto copertura ai gruppi di opposizione e ai dissidenti Iraniani. Le manovre propagandistiche del Gruppo sono consistite nell’alimentare disinformazione nelle catene di comunicazione e “nel costruire lo sdegno internazionale verso l’Iran”. (Boston Globe, 2 gennaio 2007)
Cambiamento di rotta nella politica verso Iran-Siria?Di recente, Washington ha annunciato un’evidente inversione di rotta: non più infide operazioni sotto copertura dirette contro “nemici canaglie” in Medio Oriente. Lo Iran-Syria Policy and Operations Group (ISOG) è stato congedato per ordine del Presidente Bush. Secondo funzionari del dipartimento di Stato, gli USA non saranno più impegnati in “azioni aggressive [sotto copertura] contro l’Iran e la Siria”. Un funzionario di grado elevato del dipartimento di Stato ha affermato: “ Il gruppo era diventato il centro dell’attenzione dei critici dell’Amministrazione che temevano stesse predisponendo azioni segrete che potevano portare ad un’escalation fino ad un conflitto armato con l’Iran e la Siria. L’atmosfera di segretezza che avvolgeva il Gruppo, al momento del suo insediarsi nel marzo 2006, accoppiata con il fatto che questo Gruppo era stato modellato sulla fattispecie di un simile comitato speciale per l’Iraq, aveva contribuito a questi sospetti. Il Gruppo [lo ISOG] ha chiuso i battenti per una diffusa percezione nella pubblica opinione che esso fosse designato a mettere in esecuzione i cambiamenti di regime.”Comunque, altri ufficiali del Dipartimento di Stato hanno dichiarato che il Gruppo aveva come obiettivo quello di “convincere i regimi dell’Iran e della Siria a mutare il loro atteggiamento, non di farli crollare”.
Dobbiamo credere a tutto questo?
Alcuni analisti di politica estera hanno definito la decisione di Washington come una prova di un “gradito alleggerimento” della strategia USA in Medio Oriente. Si considera che l’Amministrazione Bush abbia accantonato “i cambiamenti di regime” in favore di un più flessibile approccio, consistente in un dialogo costruttivo con Teheran e Damasco.Allora, noi veniamo informati che azioni aggressive sotto copertura sono state barattate con interventi diplomatici internazionali da condursi in tutta onestà. Lo scioglimento dell’ISOG arriva quando l’Amministrazione Bush si è imbarcata su un significativo nuovo tentativo di tenere incontri ad alto livello con l’ Iran e la Siria. In breve, prima che il Gruppo relativo alle questioni Iran-Siria venisse dismesso, la Segretaria di Stato Condoleezza Rice lanciava una iniziativa importante per impegnare l’Iran e la Siria in uno sforzo regionale per stabilizzare l’Iraq, capovolgendo la politica USA di vecchia data avversa a contatti ad alto livello con questi paesi.Per anni, l’Amministrazione Bush aveva evitato incontri con la Siria…Invece, questo mese la Rice si è incontrata in Egitto con il Ministro degli Esteri siriano, il primo incontro ad alto livello fra i due paesi dal 2004, e lunedì 4 giugno l’Ambasciatore USA in Iraq, Ryan Crocker, ha in programma di incontrare a Baghdad l’Ambasciatore iraniano.
Kenneth Katzman, uno specialista sul Medio Oriente presso il Servizio Ricerche del Congresso, lo strumento di indagine del Congresso USA, ha dichiarato di non pensare che sia stata una coincidenza la dismissione del Gruppo ISOG nel preciso momento in cui il Dipartimento di Stato ha dato il via alla sua estesa iniziativa diplomatica: "Io penso che la ragione effettiva per questo Gruppo era il favorire i cambiamenti di regime, e la Rice sta andando in una direzione totalmente differente. All’interno dell’Amministrazione, la tendenza verso i cambiamenti di regime effettivamente è andata via via sempre più indebolendosi."La decisione di smantellare ISOG è puramente un’operazione di cosmesi. Molte delle sue operazioni di intelligence rimangono in piedi. ISOG costituiva una delle diverse iniziative sotto copertura per destabilizzare l’Iran e la Siria. I cambiamenti di regime e le guerre illegali fanno tuttora parte dell’agenda dell’Amministrazione. Di fatto, nel corso degli ultimi quattro anni, vi era stato un incremento delle operazioni di intelligence sotto copertura tendenti a destabilizzare i regimi dell’Iran e della Siria. Per di più, queste operazioni sono state condotte in stretta coordinazione con i piani di guerra di Israele e della NATO, e costituiscono una parte cruciale delle operazioni militari appoggiate dagli USA contro l’Iran, la Siria e il Libano. Le operazioni segrete sono state sincronizzate con la road map militare, che comprende i diversi scenari di guerra immaginati dagli USA, a partire dal lancio nel maggio 2003 del " Theater Iran Near Term – Teatro Iraniano Quasi a Scadenza" (TIRANNT), appena un mese dopo l’invasione dell’Iraq. Questi scenari bellicosi esplicitamente prevedono i mutamenti di regime: ... Secondo il TIRANNT, gli strateghi dell’Esercito e del Comando Centrale USA hanno preso in considerazione scenari di guerra con l’Iran, compresi tutti gli aspetti di operazioni importanti per il combattimento, dalla mobilitazione al dispiegamento delle forze fino alle operazioni post-belliche di stabilizzazione dopo il cambiamento di regime." (William Arkin, Washington Post, 16 aprile 2006)
Gli USA sono sul piede di guerra e le diverse operazioni segrete e le campagne di manipolazione psicologica – che costantemente alimentano i canali informativi di immagini spregevoli del Capo di Stato Iraniano --, sono parte integrante dell’arsenale propagandistico e militar-spionistico. D’altro canto le operazioni sotto copertura sono in stretta coordinazione con i dispiegamenti militari USA, di Israele e della NATO nel Mediterraneo Orientale e nel Golfo Persico, che vedono lo svolgimento di importanti giochi di guerra quasi di continuo dall’estate 2006." Operazioni sporche" della CIA dirette contro l’IranIn coincidenza con l’annuncio dello scioglimento dell’ISOG, "La CIA ha ricevuto in segreto l’approvazione Presidenziale di imbastire un’operazione sporca segreta per destabilizzare il governo Iraniano, questo secondo funzionari in servizio ed ex dell’organizzazione di intelligence…" (ABC News Report 22 May 2007). Questa iniziativa parallela che vede la CIA responsabile, e che "ha ricevuto l’approvazione di funzionari della Casa Bianca e di altri agenti negli ambienti dello spionaggio", ha chiaramente il medesimo mandato che aveva ricevuto il defunto ISOG:Le fonti, che hanno riferito in condizioni di anonimato data la natura delicatissima del soggetto, affermano che il Presidente Bush ha sottoscritto un "provvedimento presidenziale non letale" che mette in moto un piano CIA che, da quel che si dice, include una ben congegnata campagna di propaganda, di disinformazione e di manipolazione relativa alle transazioni valutarie e di finanza internazionale Iraniane."Io non posso confermare o smentire se esista tale programma o se il Presidente lo abbia sottoscritto, ma questo sarebbe coerente con un approccio Americano globale che cerchi di trovare i modi di esercitare pressione sul regime Iraniano," ha dichiarato Bruce Riedel, un ufficiale superiore della CIA di recente a riposo, che aveva come campo di azione l’Iran e altri paesi della regione.Un portavoce del Consiglio Nazionale di Sicurezza, Gordon Johndroe, ha affermato: "La Casa Bianca non rilascia commenti in materia di intelligence."
E un portavoce della CIA: "Come è nostra abitudine, noi non commentiamo accuse non comprovate di attività segrete." (ABC News Report 22 May 2007)
Evidentemente, il piano della CIA era "pensato per esercitare pressioni sull’Iran a che bloccasse il suo programma nucleare di arricchimento di Uranio e che cessasse di appoggiare le forze della resistenza in Iraq." L’operazione sotto copertura, secondo funzionari Statunitensi, costituiva un’alternativa più leggera di un attacco militare contro l’Iran, un’opzione che invece vedeva favorevoli il Vice Presidente Dick Cheney ed altri falchi all’interno dell’Amministrazione.
L’ex ufficiale della CIA Riedel ha commentato: "Funzionari addetti all’intelligence, in servizio e a riposo, pensano che l’approvazione di questa operazione segreta significa che l’Amministrazione Bush, per il tempo che resterà in carica, ha deciso di non perseguire un’opzione militare contro l’Iran. Il Vice Presidente Cheney aiutava ad indirizzare la situazione in favore di un attacco militare, ma io reputo che si sia arrivati alla conclusione che un’aggressione militare avrebbe presentato più lati negativi che positivi."
Le operazioni di intelligence sotto copertura dirette contro l’Iran e la Siria non sono in alternativa ad un’azione militare. Anzi, tutto il contrario! Il piano della CIA è stato congegnato in appoggio alla strategia di Washington di destabilizzare Iran e Siria, per mezzo sia di azioni militari sia con mezzi non militari come operazioni segrete di intelligence.Sguinzagliare le Brigate Islamiche all’interno dell’Iran
Per quel che concerne l’Iran, l’intelligence USA è stata sostenuta da un gruppo terroristico con base in Pakistan, lo Jundullah (Soldati di Dio), che ha condotto incursioni terroristiche all’interno dell’Iran. Il gruppo opera "dalle basi che si trovano nell’aspra regione che comprende i tre confini fra Iran-Pakistan-Afghanistan." Secondo un resoconto di ABC News: "Un gruppo tribale di militanti Pakistani, responsabile di una serie di incursioni mortali di guerriglia all’interno dell’Iran, è stato segretamente sostenuto e consigliato da funzionari Americani fin dal 2005; questo è stato riferito ad ABC News da fonti dell’ intelligence Pakistana. Il gruppo, denominato Jundullah, è costituito soprattutto da membri della tribù Baluchi ed opera fuori della provincia del Baluchistan in Pakistan, proprio attraverso il confine con l’Iran. È responsabile della morte e del rapimento di più di una dozzina di soldati ed ufficiali Iraniani." (ABC News, 2 April 2007)Abd el Malik Regi, il capo di Jundullah, comanda una forza di diverse centinaia di guerriglieri combattenti "che attraversando il confine con l’Iran, organizzano attacchi contro ufficiali dell’esercito Iraniano e contro funzionari dell’intelligence Iraniana, catturandoli e filmandone la loro esecuzione,… Di recente, Jundullah si è attribuito il merito di un’aggressione in febbraio contro un bus nella città Iraniana di Zahedan, dove sono stati ammazzati almeno 11 Guardiani della Rivoluzione." (Ibid)
Fonti del governo Statunitense hanno reso noto che il capo di Jundullah "ha tenuto regolari contatti con ufficiali USA" ma negano "finanziamenti diretti" di Jundullah da parte dell’intelligence USA.
Intrinsecamente alle operazioni segrete della CIA, l’Agenzia non assicura mai finanziamenti "direttamente". Invariabilmente, procede attraverso una delle sue organizzazioni delegate, come l’Inter Services Intelligence (ISI) del Pakistan, che storicamente, dalla guerra Sovietico-Afghana, ha fornito appoggio a gruppi terroristici Islamici, ha finanziato i campi di addestramento e le scuole Coraniche madrassahs, sempre agendo per conto della CIA. In effetti, questo ruolo insidioso dell’ISI Pakistano (per conto della CIA) è candidamente ammesso dall’intelligence USA: "Fonti dell’intelligence USA affermano che Jundullah ha ricevuto denaro ed armi attraverso l’esercito dell’Afghanistan e del Pakistan e i servizi di spionaggio Pakistani. Il Pakistan ha ufficialmente smentito qualsiasi collegamento." ( Brian Ross e Christopher Isham, The Secret War Against Iran – La guerra segreta contro l’Iran, 3 aprile 2007)
Altri canali utilizzati dall’intelligence USA per finanziare il terrorismo sono tramite l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, dove il denaro di fondo viene incanalato verso i diversi gruppi di militanti Islamici su mandato dello Zio Sam. "Alcuni ex funzionari della CIA indicano che l’intesa nei confronti di Jundullah richiama alla mente come il governo USA abbia sempre usato e finanziato gruppi armati alleati attraverso altri paesi, come l’Arabia Saudita, per destabilizzare il governo del Nicaragua negli anni Ottanta [si ricordi l’affare Iran-Contra]." (Ibid)
Modello costante: le origini storiche del "Terrorismo Islamico"Ironicamente, i gruppi Islamici sono raffigurati come intimamente connessi con Teheran. L’Iran, un paese prevalentemente Sciita, viene accusato di dare ricetto a terroristi islamici Sunniti, quando di fatto questi terroristi Islamici sono "strutture di intelligence" degli Stati Uniti, appoggiate indirettamente da Washington.Questo ruolo dell’intelligence USA a supporto dei "terroristi Islamici" è ben determinato. Le operazioni segrete applicate contro l’Iran fanno parte di un modello costante.
La non tanto segreta agenda dell’intelligence USA, applicata in tutta l’Asia Centrale e il Medio Oriente, consiste nel provocare instabilità politica e fomentare conflittualità etniche in appoggio alle "organizzazioni Islamiche terroriste ", in definitiva con l’obiettivo di indebolire lo Stato Nazione e di destabilizzare i paesi sovrani.Dall’attacco della guerra Sovietico-Afghana e per tutti gli anni Novanta, la caratteristica precipua delle attività della CIA consisteva nel fornire appoggio sotto copertura alle "organizzazioni Islamiche terroriste ":
Nel 1979 veniva lanciata "la più grande operazione segreta nella storia della CIA" in risposta all’invasione Sovietica dell’Afghanistan a sostegno del governo filo-comunista di Babrak Kamal.
[Vedi Fred Halliday, The Country that lost the Cold War, Afghanistan (Il paese che ha fatto perdere la Guerra Fredda, Afghanistan) - New Republic, 25 marzo 1996 e Ahmed Rashid, The Taliban: Exporting Extremism (I talebani: come esportare l’estremismo), Foreign Affairs, novembre-dicembre 1999. vedi anche Michel Chossudovsky, America's "War on Terrorism", Global Research, 2005, Ch. 2.)
Con l’attivo incoraggiamento della CIA e dell’ISI-Inter Services Intelligence del Pakistan, "tra il 1982 e il 1992, circa 35.000 integralisti Mussulmani arrivarono per combattere in Afghanistan da 40 paesi Islamici. Inoltre, decine di migliaia arrivarono in Pakistan per studiare nelle madrasahs. Alla fine, più di 100.000 integralisti Mussulmani stranieri subirono la diretta influenza della jihad Afghana." (Vedi Chossudovsky, op cit)Queste operazioni segrete in appoggio delle "Brigate Islamiche" continuarono nel periodo post Guerra Fredda.Subito dopo la guerra Sovietico-Afghana, l’estesa rete militar-spionistica dell’ISI non veniva smantellata. La CIA continuava a sostenere la "jihad" Islamica fuori del Pakistan. Prendevano corpo nuove iniziative sotto copertura nell’Asia Centrale, in Medio Oriente e nei Balcani.
L’apparato militare e di intelligence Pakistano essenzialmente "era servito da catalizzatore per la disintegrazione dell’Unione Sovietica e per far nascere sei nuove repubbliche Islamiche in Asia Centrale." (Ibid). "Nel frattempo, missionari Mussulmani della setta Wahhabita dall’Arabia Saudita andavano a stabilirsi nelle repubbliche Islamiche dell’ex Unione Sovietica e perfino all’interno della Federazione Russa, andando ad intaccare le istituzioni dello Stato laico." (Ibid)
Un modello simile vedeva la luce nei Balcani. A partire dai primi anni Novanta, l’Amministrazione Clinton appoggiava il reclutamento dei Mujahideen di Al Qaeda per combattere in Bosnia a fianco dell’Esercito Musulmano di Bosnia. Per ironia, è stato il Partito Repubblicano a pubblicare un documento del Comitato del Partito Repubblicano del Senato USA che accusava Clinton non solo di un "partecipe coinvolgimento nel rifornimento di armi alla rete Islamica", ma anche di collaborare con la Third World Relief Agency – Agenzia per gli Aiuti al Terzo Mondo (TWRA), "un’organizzazione, si fa per dire, umanitaria, con sede in Sudan, che veniva ritenuta essere collegata con quei punti fissi di riferimento della rete terroristica Islamica, come lo Sceicco Omar Abdel Rahman (la mente direttiva condannata per gli attentati dinamitardi del 1993 al World Trade Center) ed Osama Bin Laden,... " (Il documento originale può essere consultato sul sito web del Comitato del Partito Repubblicano del Senato USA (Senatore Larry Craig), a http://www.senate.gov/~rpc/releases/1997/iran.htm )
Dal momento che è stata scatenata la Guerra Globale contro il Terrorismo (GWOT) sull’onda dell’11 settembre 2001, molti dei documenti ufficiali, che puntualizzano le insidiose relazioni fra intelligence USA e la "rete Islamica terroristica ", sono stati accuratamente sottratti alla pubblica visione.
Gli USA hanno sponsorizzato i "Terroristi Islamici" in LibanoLe recenti uccisioni di civili all’interno dei campi profughi Palestinesi nel nord del Libano sono state causate dagli scontri fra Fatah Al Islam e le forze armate Libanesi.Fatah al-Islam è un gruppo fondamentalista Sunnita, a predominanza non-Palestinese, che opera all’interno dei campi profughi. Inoltre, Fatah Al Islam fà riferimento alle sette Wahabite dell’Arabia Saudita, che hanno fatto parte delle operazioni segrete della CIA fin dallo scatenarsi della Guerra Sovietico-Afghana.
Le forze armate Libanesi sono state coinvolte nelle incursioni all’interno dei campi, soprattutto per sradicare i profughi Palestinesi.Secondo documenti stampa, il numero dei militanti di Fatah al Islam (costituito da combattenti Sauditi, Siriani, Yemeniti e Marocchini), all’interno del campo era dell’ordine dei 150-200 elementi. L’offensiva dell’esercito Libanese è stata spropositata, ed ha avuto come risultato perdite civili innumerevoli.
"Allora, l’assalto assolutamente spropositato contro il campo è stato incondizionatamente approvato dal Segretario di Stato USA Condoleezza Rice. La Rice ha dichiarato: “Il governo di Siniora sta combattendo contro un nemico estremista veramente brutale. Quindi, il Libano sta facendo la cosa giusta per cercare di proteggere la sua popolazione, per ribadire la sua sovranità ed allora noi diamo al governo Siniora tutto il nostro appoggio e questo è quello che bisogna tentare di fare.” Il Libano ha messo in atto un’azione di polizia contro questo minuscolo gruppo per chiedere agli USA 280 milioni di dollari per assistenza militare, nel tentativo di eliminare quella che viene definita pomposamente una “insurrezione”. Un portavoce del Dipartimento di Stato, Sean McCormack, ha affermato che la richiesta di fondi, 220 milioni dovrebbero andare alle Forze Armate Libanesi e altri 60 milioni di dollari alle forze di sicurezza, è stata presa in considerazione da Washington. L’anno scorso, gli USA hanno fornito al Libano 40 milioni di dollari in aiuti militari e un’addizionale di 5 milioni di dollari per quest’anno."Fatah Al Islam è stata presentata dai mezzi di comunicazione, in una logica completamente distorta, come un’organizzazione collegata al movimento Fatah in Palestina, un’organizzazione laica fondata da Yaser Arafat. Da un punto di vista ideologico, Fatah al Islam, assomiglia ad Al Qaeda, che è nota per essere finanziata dall’Arabia Saudita e dagli Stati del Golfo e appoggiata dall’Inter Services Intelligence (ISI) Pakistano, in coordinamento con i servizi segreti Statunitensi. Secondo Seymour Hersh, l’Arabia Saudita sta fornendo sotto copertura finanziamenti ed appoggi a Fatah Al Islam, in stretta consultazione con l’Amministrazione Bush. Hersh puntualizza su un "accordo privato" tra funzionari al vertice NeoCon e il Principe Bandar bin Sultan dell’Arabia Saudita, che ha operato da vicino con il Direttore della CIA George Tenet, quando era Ambasciatore Saudita a Washington.Anche il governo del Libano è coinvolto in questa operazione di intelligence:“L’attore chiave è il Saudita. Quello su cui io [Hersh] ho puntualizzato è stato una specie di accordo privato fra la Casa Bianca, stiamo parlando di Richard—Dick—Cheney ed Elliott Abrams, uno dei più importanti aiutanti della Casa Bianca, con Bandar [il Principe Bandar bin Sultan, consigliere per la sicurezza nazionale Saudita]. E l’idea era che i Sauditi fornissero sostegno sotto copertura, per appoggiare i vari gruppi jihadisti dalla linea dura, gruppi Sunniti, particolarmente in Libano, che avrebbero potuto essere presi in considerazione nel caso di un vero e proprio scontro con gli Hezbollah—il gruppo Sciita nel sud del Libano—essere presi in considerazione semplicemente come una risorsa. Ora noi ci troviamo nell’impresa di sostenere i Sunniti, ogni qualvolta possiamo, contro la Shia, contro gli Sciiti in Iran, contro gli Sciiti del Libano, vale a dire contro Nasrullah. La guerra civile! Noi ci troviamo nell’impresa di suscitare in tanti posti, in Libano particolarmente, una violenza settaria…”(CNN Interview with Seymour Hersh, CNN International's Your World Today, 21 May 2007)
Il modello dell’appoggio Saudita a Fatah Al Islam è parte di una operazione segreta sponsorizzata dagli USA, simile a quella portata avanti dalla CIA negli anni Ottanta a sostegno di Al Qaeda.“Bene, gli Stati Uniti sono stati profondamente coinvolti. Questa è stata un’operazione segreta che Bandar ha portato avanti con noi. Se voi ricordate, e non bisogna dimenticarlo, che noi siamo entrati in guerra in Afghanistan con l’aiuto di Osama bin Laden, i Mujahideen nel retroscena negli ultimi anni Ottanta con Bandar e con gente come Elliott Abrams attorno, l’idea essendo quella che i Sauditi promettevano che avrebbero controllato – loro avrebbero avuto il controllo sui jihadists mentre noi avremmo speso un po’ di denaro e di tempo, … usando ed appoggiando i jihadists negli ultimi anni Ottanta…E noi seguiamo ancora lo stesso modello… usando ancora i Sauditi per appoggiare gli jihadisti [Fatah Al Islam], i Sauditi che ci assicurano che hanno sotto controllo questi gruppi diversi, gruppi come quello che in questo momento è in contatto a Tripoli (Libano) con il governo.”(CNN Interview with Seymour Hersh, CNN International's Your World Today, 21 May 2007)
Inscenare un evento in Libano? Costruire una giustificazione umanitaria per un intervento militareFatah Al Islam è una "risorsa di intelligence" finanziata dall’Arabia Saudita. Mentre l’Amministrazione Bush accusa Damasco di appoggiare Fatah Al Islam, vi sono indicazioni che i morti ammazzati nei campi profughi Palestinesi sono il risultato di un’operazione di intelligence militare accuratamente programmata. A partire dall’estate 2006, in seguito ai bombardamenti Israeliani sul Libano, le forze della NATO si sono insediate all’interno del Libano e sulla linea costiera Siriana-Libanese. La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che dava il via al dispiegamento delle forze “peace-keeping” della NATO, costituiva il primo passo in questo processo, che era seguito al ritiro del 2005 delle forze Siriane dal Libano.L’obiettivo strategico militare è quello di scatenare all’interno del Libano una violenza settaria, che fornirà un pretesto "per motivi umanitari" ad un intervento militare più intenso da parte delle forze della NATO, sotto un formale mandato dell’ONU.
Questo intervento militare “di natura umanitaria” della NATO, in collegamento con Israele, può essere considerato come un risultato del ritiro delle truppe Siriane del 2005 e dei bombardamenti Israeliani del 2006. Se fosse promosso questo intervento, allora darebbe luogo de facto ad una situazione di una occupazione straniera del Libano e ad un rafforzamento di un blocco economico diretto contro la Siria.
Il pretesto per questo rafforzamento delle azioni militari è fornito dal supposto sostegno della Siria a Fatah Al Islam e dal presunto coinvolgimento di Damasco nell’assassinio di Rafiq Hariri. La tempestiva "inchiesta" sull’assassinio di Hariri e l’insediamento di un tribunale illegale stanno per essere usati dalla Coalizione per fomentare un sentimento anti Siriano nel Libano.
Da un punto di vista militare e strategico, il Libano è la porta di ingresso verso la Siria. La destabilizzazione del Libano favorisce l’agenda militare di USA-NATO-Israele diretta contro la Siria e l’Iran. L’intelligence USA scatena le sue brigate Islamiche, mentre accusa il nemico di appoggiare i gruppi terroristici, che di fatto sono sostenuti sotto copertura e finanziati dallo Zio Sam.© Copyright Michel Chossudovsky, Global Research, 2007
L’indirizzo url di questo articolo a: www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=5837*****IL MISTERO DI FATAH AL ISLAM
Beirut, maggio - I sanguinosi scontri nel campo profughi palestinese di Nahr el Bared, a Tripoli, in Libano, hanno attirato l'attenzione su un'organizzazione praticamente sconosciuta: Fatah al Islam. Arabmonitor ne ha parlato con l'opinionista libanese Hassan Hamadeh.
Come si spiegano gli scontri avvenuti a Tripoli ?
"Con un preciso progetto di creare le condizioni per trascinare l'esercito libanese in una guerra di logoramento".
Perché l'esercito libanese ?
"Perché costituisce l'unica garanzia contro un conflitto civile nel Paese. L'intera crisi è scoppiata quando questi fuorilegge hanno assaltato una banca a Tripoli e poi gli agenti della sicurezza interna sono intervenuti presso il loro covo, che conoscevano, per fermarli. Non sono stati in grado di farlo e hanno chiamato l'esercito che era all'oscuro di tutto, ed è finito nella trappola".
Ma il fenomeno dell'estremismo islamico sunnita in Libano esiste da tempo (nell'ottobre 2005 Charles Ayoub, direttore del foglio indipendente libanese Ad Diyar disse ad Arabmonitor che erano presenti nel Paese molti più militanti islamici di quanti uno potesse immaginare, molti erano stranieri e avevano il preciso obiettivo di destabilizzare il Libano).
"Il fenomeno è emerso cinque-sei anni fa, prima della stessa invasione dell'Iraq, e fu sostenuto dallo stesso Rafic Hariri che intendeva utilizzare i fanatici islamici, gente che guarda ad al Qaeda come riferimento, per i suoi scopi".
Chi li ha incoraggiati o sostenuti in questi ultimi anni ?
"Sicuramente il movimento Future di Saad Hariri (leader dell'attuale maggioranza parlamentare libanese) ha una grande responsabilità, perché voleva usarli. Non è un caso che elementi di Fatah al Islam abbiano assaltato la Banca del Mediterraneo (di proprietà della famiglia Hariri) a Tripoli, come episodio scatenante del conflitto, perché sembra che non fossero più pagati (consigliata la lettura di Franklin Lamb: Who is behind the fighting in North Lebanon, www.counterpunch.org). La Banca del Mediterraneo ha avuto lo stesso ruolo nelle vicende libanesi degli ultimi anni che il Banco Ambrosiano in Italia all'epoca della vicenda di Calvi, della P2 e dello IOR".
Si dice che siano molti gli stranieri tra i ranghi di Fatah al Islam.
"Lo stesso ambasciatore saudita a Beirut ha riconosciuto la presenza di un bel numero di suoi connazionali (Marwan Abdulal, dirigente palestinese che vive a Tripoli, ha detto ad Arabmonitor che tra i guerriglieri del gruppo i palestinesi sono i meno rappresentati)".
Come sono entrati in Libano e quando sono arrivati ?
"Sono entrati in prevalenza attraverso l'aeroporto internazionale di Beirut che porta ancora il nome di Rafic Hariri, sebbene non sia un onore per il nostro Paese. Sono entrati usando il corridoio militare utilizzato dalle forze dell'Unifil. Nessuno ha potuto fermarli, controllarli. Sono arrivati a piccoli gruppi dallo scorso autunno. Li hanno piazzati in prevalenza nel campo di Ein el Helweh (Sidone), perché là si mimetizzavano meglio in quanto c'era già un gruppo estremista islamico. Poi, grazie alla Securita
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A professori, intellettuali, politici, partigiani, studenti, militanti
e a tutti coloro che sentono i valori dell’Antifascismo e della Resistenza come i propri
Il centrosinistra ci ha presi in giro, non ha il controllo delle forze di polizia e cerca di salvarsi chiamando al governo il capo del gruppo di potere più forte, che non riesce a intaccare. Lo dice anche l'associazione dei prefetti, che parla di ministero di polizia (quello che esisteva prima del ritorno della democrazia).
Vorrebbero anche farci credere che è una scelta ottima per la democrazia, lineare e giusta, perché non si possono fare questioni personali. Infatti non facciamo questioni personali, poniamo questioni che hanno a che fare col rispetto dei diritti delle persone e con lo spirito e la lettera della Costituzione.
Se la risposta alle rivelazione di Founier (macelleria messicana) e all'indagine su De Gennaro (istigazione alla falsa testimonianza) è la nomina di De Gennaro a braccio destro del ministro degli Interni (!!!!) e del suo vice a capo della polizia, che cosa dobbiamo pensare?
Che possibilità ci lasciano?
Lorenzo Guadagnucci - comitato verità e giustizia per Genova
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«Cambiare perché tutto resti com'è". Il motto gattopardesco si adatta perfettamente al caso della sostituzione di Gianni De Gennaro con Antonio Manganelli a capo della Polizia. L'ennesima vicenda "all'italiana", confusa e nondimeno segnata da tratti inquietanti.
I fatti seguono l'iscrizione di De Gennaro nel registro degli indagati per "istigazione alla falsa testimonianza" nel filone d'indagine relativo ai fatti del G8 di Genova del luglio 2001 aperto con l'accusa di "falsa testimonianza" ai danni dell'ex questore Colucci.
Quest'ultimo, lo scorso 3 maggio, aveva ritrattato le dichiarazioni rese in aula, producendo una nuova ricostruzione tesa a scagionare il capo della Polizia, che da Roma seguiva la vicenda e impartiva ordini. Una ricostruzione "di comodo", probabilmente suggerita, secondo gli inquirenti, dallo stesso De Gennaro.
Sulla base di queste dichiarazioni, De Gennaro avrebbe disposto di allertare l'allora addetto stampa, Roberto Sgalla: «c'era aria di arresti». Insomma, quella notte del 21 luglio alla scuola Diaz poteva rappresentare l'occasione del "riscatto" per la polizia.
Sappiamo bene com'è andata a finire: l'irruzione, la devastazione, le violenze. A monte, il desiderio di "vendetta" per una piazza che, così si voleva far credere, era sfuggita di mano. Alla fine, a processo in corso, l'istigazione a raccontare un'altra verità, ben diversa da quella registrata dai filmati pubblicati dalla segreteria legale di Genova.
Le recenti dichiarazioni dell'ex vice-questore aggiunto della Celere di Roma, Michelangelo Fournier, sembrano completare il quadro: «Arrivato al primo piano dell'istituto ho trovato in atto delle colluttazioni (...). Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese, stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana».
Anche a queste vicende è legata la rimozione di De Gennaro? O si è trattato solo di un "normale avvicendamento", come ha tenuto a sottolineare il ministro dell'Interno, Amato? De Gennaro lascia dopo aver concordato un'"uscita onorevole": la designazione a capo di gabinetto del ministro, lo stesso che, sette anni addietro (il 26 maggio 2000), in qualità di Presidente del Consiglio, lo aveva nominato capo della Polizia.
Un precedente minaccioso: mai prima d'ora la carica di capo di gabinetto del Viminale era stata occupata da un capo di Polizia, per giunta gravato da così pesanti responsabilità nell'esercizio delle sue funzioni.
D'altro canto, non convince neanche la successione. Gli subentra, infatti, quell'Antonio Manganelli che, con l'incarico di Vice Direttore Generale di Pubblica Sicurezza, aveva condiviso responsabilità ed omissioni legate ai fatti di Napoli, i violenti scontri del 17 marzo 2001, vere "prove generali" della mattanza genovese.
Una scelta di continuità, ma anche una pesante ipoteca sulla credibilità democratica delle forze dell'ordine.
Sono gravi le responsabilità, a Napoli come a Genova, che riguardano la "catena di comando". Nella sua deposizione al processo, Fournier ha spiegato che sia Canterini (che dirigeva il primo reparto mobile di Roma, quello dell'irruzione) sia Mortola (allora capo della Digos genovese) prendevano ordini da due alti funzionari, il prefetto La Barbera (ora deceduto), ex-capo dell'Ucigos e il direttore Gratteri, all'epoca capo dello Sco, il Servizio Centrale Operativo, in seguito addirittura promosso questore di Bari.
Insomma, una vicenda inquietante che ha fatto indignare anche l'Unione europea per la violazione dei diritti umani consumata con le torture alla Diaz (senza dimenticare la caserma di Bolzaneto).
La Corte Europea dei Diritti Umani ha così dichiarato ricevibile il ricorso che, in relazione all'uccisione di Carlo da parte delle forze dell'ordine, è stato presentato dalla famiglia Giuliani per violazioni della Convenzione Europea dei Diritti Umani agli articoli 2 e 3 (diritto alla vita e divieto della tortura) e agli articoli 6 e 13 (processo equo e ricorso effettivo).
Ecco perché torna più che mai d'attualità, insieme con la denuncia della "continuità" sancita dall'incarico a Manganelli e la ricerca della verità sulla "catena di comando" nei fatti di Napoli e di Genova, la richiesta di una commissione parlamentare di inchiesta e l'istituzione del codice di riconoscimento a garanzia dei cittadini e per responsabilizzare gli agenti.
Una iniziativa forte per la verità e la giustizia da far vivere nel Parlamento e nel Paese e che deve impegnare anche il Governo al rispetto di un punto cardine del programma sottoscritto con il popolo del centro-sinistra.
*Senatore Prc-Se
29/06/2007
A professori, intellettuali, politici, partigiani, studenti, militanti
e a tutti coloro che sentono i valori dell’Antifascismo e della Resistenza come i propri
28/06/07 Torino palazzo di giustizia h 10.30 |
FABIO MARCO DAVIDE LIBERI SUBITO ! |
DAVIDE, FABIO, MARCO somo da giovedì agli arresti domiciliari.Arrestati perchè antifascisti, arrestati perchè autonomi. Da giovedì il movimento Torinese ha messo in campo iniziative in città, occupando il rettorato, organizzando un'assemblea e un presidio nel centro cittadino. Sono moltissimi gli attestati di solidarietàà che i compagni stanno ricevendo e che noi pubblichiamo; è stato anche redattto un appello per la loro scarcerazione immediata indirizzato a -professori, intellettuali, politici, partigiani, studenti, militanti e a tutti coloro che sentono i valori dell’Antifascismo e della Resistenza come i propri- DAVIDE, FABIO, MARCO liberi subito! LA CRONACA giovedì 14 GIUGNO Dalle 6.30 di del 14 giugno la Digos di Torino ha arrestato 3 compagni dell'Askatasuna e del collettivo universitario autonomo. Dopo aver perquisito le abitazioni li ha tradotti in questura notificando loro il mandato di custodia cautelare ai domiciliari. Davide, Fabio e Marco sono imputati dei reati di Violenza e resistenza a Pubblico ufficiale in merito agli scontri avvenuti all'università il 14 maggio quando un presidio antifascista impedì ai fascisti del Fuan di entrare a palazzo nuovo. Ci furono cariche della polizia dentro l'atrio dell'università e ci furono alcuni feriti. Due militanti dei Comunisti Italiani, che erano presenti alla manifestazione vennero già denunciati. In merito all'episodio, che ebbe molto eco sui giornali cittadini, vennero presentate alcune interrogazioni in consiglio comunale e in consiglio regionale, di solidarietà con gli studenti e di condanna alla manifestazione fascista.
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PRIMO FLASHBACK: