Informazione
(Intellettuali di lingua albanese riunitisi a Tetovo - nell'odierna FYROM - hanno fatto appello per la unificazione in un unico Stato dei territori popolati da genti di lingua albanese. Nelle intenzioni dei nazionalisti pan-albanesi, infatti, la secessione kosovara non è altro che il preambolo per la disgregazione anche degli altri Stati limitrofi...)
http://www.javno.com/en/world/clanak.php?id=61069
Javno.com (Croatia)
July 10, 2007
Fighting For Kosovo Independence With Guns
Albanian intellectuals called for the unification of
all Albanians. They see Kosovo's independence as the
precursor of a national union.
Albanian intellectuals from Macedonia, Albania and
Kosovo gathered over the weekend in Tetovo and are
advocating the unification of all Albanians.
The representative of the Macedonian assembly Fazli
Veliu announced that he and the members of the former
so-called National Liberation Army would help the
Kosovo Liberation Army (UCK) to fight for Kosovo
independence with weapons if necessary, reports the
Macedonian press on Tuesday.
Reporting on writings in the media in the Albanian
language in Macedonia about the gathering of the
Albanian intellectuals that took place last weekend,
the Skopje daily newspaper Vreme writes that they
called for the unification of Albanians from all
regions and assessed that Kosovo’s independence was
only the precursor of national unification.
On Tuesday, the Skopje daily newspaper Dnevnik
reported the statement made by Fazli Veliu,
representative of the opposition party Democratic
Union for Integration in Macedonia’s parliament and
president of the [National Liberation Army] veterans’
association ONA, which had started an armed conflict
with Macedonian defense forces in 2001, saying that,
along with the Kosovo UCK, he would fight for Kosovo’s
independence.
“If the resolution of the Kosovo issue keeps being
postponed,” Veliu threatened, “very soon, we will join
UCK soldiers, first at big protests in order to
internationalize the issue and then, if necessary, we
will win Kosovo’s independence with weapons.”
He thinks that he would have to gather all 10,000 ONA
members who fought in Macedonia in 2001, writes
Dnevnik.
Source: R. Rozoff through http://groups.yahoo.com/group/stopnato
par Jean-Michel BERARD, Chroniqueur au mensuel B.I. Balkans-Infos,
à lire ici: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5513 )
(Elaborazione e traduzioni di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova.
Ulteriori materiali e traduzioni curate da Curzio Bettio sulla problematica kosovara e pan-albanese saranno diffusi nel corso dei prossimi giorni attraverso questa lista JUGOINFO)
Voi convalidate (commi E, F e G, p.4) le proposizioni di Martti Ahtisaari di indipendenza del Kosovo, rimettendo schiena contro schiena le due fazioni, le cui posizioni si sarebbero radicalizzate. Di fatto, voi penalizzate Belgrado per le pretese capricciose di Pristina. La Serbia ha proposto per il Kosovo « tutto, salvo l’indipendenza ». Quale paese d’Europa concederebbe una tale libertà d’azione ad una delle proprie regioni ? Le dichiarazioni radicali, voi potrete riscontrare che sono degli Albanesi del Kosovo, loro che non concepiscono null’altro che la secessione. Inoltre è il non rispetto della Risoluzione 1244 da parte della NATO e della Missione delle Nazioni Unite (la MINUK), particolarmente sul piano monetario, anche da parte dell’amministrazione controllata, e la carenza di vigilanza alle frontiere, che hanno mandato in frantumi i legami fra la capitale e la sua Provincia. Ora, come prendere a pretesto questa rottura per renderla definitiva? Come invocare (paragrafo J, p.4) la mancanza di fiducia fra le comunità e l’instabilità della situazione per proporre una fuga in avanti ? Soprattutto, quando un poco prima, (paragrafo I, p.4) voi ammettete che « le relazioni fra il Kosovo e la Serbia dovevano, essendosi venuta a creare una limitatezza di legami culturali, religiosi ed economici, essere rinforzate ». Che ragionamento assurdo ! Prima innalzate una frontiera fra la Provincia Serba e il resto del Paese, poi voi richiamate Pristina e Belgrado a rinforzare i loro legami al di sopra dei vostri reticolati!
In uno strano spirito democratico, la relazione richiama i suoi desiderata (comma 4 , p.5) di un insediamento in Serbia di un governo filo Europeo. Bisogna essere ben cinici per meravigliarsi della percentuale di voto registrata dall’estrema destra nazionalista a Belgrado, perché ancora una volta questo è l’effetto specchio della vostra attitudine nei confronti del popolo Serbo: il disprezzo richiama il disprezzo. Quale altra scelta concedete ai Serbi, dei quali voi state mutilando il Paese? Dopo avere strappato alla Serbia il Kosovo, coccolerete la secessione degli Albanesi della vallata di Presevo, dei Musulmani del Sangiaccato di Novi Pazar, degli Ungheresi della Voïvodina ? Quando della Serbia non resterà altro che un riquadro per legumi, cosa credete che avverrà? Scaglierete ancora l’infamia sui Serbi che dissotterreranno i loro fucili per difendere i resti della loro casa comune?
Voi avete presente il proverbio della Romania : quando la casa del vicino va a fuoco, fa provvista di acqua. Che segnale inviate a questo membro dell’Unione Europea, che sedendo a Bruxelles dopo appena quattro mesi, assiste sbalordito nel consesso del Parlamento Europeo allo squartamento del suo vicino, quando Bucarest, con 1.620.000 cittadini di ceppo Ungherese concentrati in Transilvania, ospita anche nel suo interno un suo specifico Kosovo? Dato che voi mettete in pericolo il suo equilibrio, come potete stupirvi dei risultati prestigiosi del tribuno dell’estrema destra Corneliu Vadim Tudor, che intende « governare il paese con raffiche di mitraglia»? [Come potete stupirvi] Della crescita folgorante dell’euroscetticismo in questo paese, che tuttavia si è sottoposto a considerevoli sacrifici, dopo la caduta di Ceausescu, per riunirsi all’Europa? Dunque, non avete il timore di vedere la Romania prendere la deriva verso una nuova direzione « di anni di sconvolgimenti », di fasci e camice verdi? (3) Signor Moscovici , io leggo quotidianamente molti titoli della stampa Rumena. Dunque, conosco il vostro impegno personale per l’adesione di Bucarest all’UE. Voi conoscete la situazione e le paure che hanno prevalso a ragione del suo voto negativo alla relazione Lagendijk, a fianco della Grecia, della Bulgaria, di Cipro, della Slovacchia e della Spagna. Perché non avete avuto la bontà di rispondere alla proposta originale e costruttiva di Adrian Severin, eurodeputato Rumeno e socialista come voi?
Perché non tenete in alcun conto le doglianze di quei paesi che si oppongono al vostro piano? Certamente che Atene e Bucarest sono alleati tradizionali di Belgrado. Ma lasciar credere che la Romania, la Bulgaria e la Grecia abbiano votato spinte da ragioni di buon vicinato con la Serbia è molto inadeguato e voi lo sapete. Cosa pensate che la minoranza Turca della Bulgaria (10% della popolazione), già di per sé abbastanza turbolenta, vada a fare attualmente? Andrete anche a macellare le frontiere Bulgare, quando le autorità di Sofia reprimeranno brutalmente le aspirazioni separatiste delle loro popolazioni turcofone? La prevedibile frattura della Macedonia, dove un abitante su tre è Albanese, non rischia forse di estendersi a macchia d’olio sul versante Greco? Atene non ha forse delle ragioni valide per contestare il vostro approccio al problema del Kosovo, Atene che ha sempre in memoria il doloroso evento traumatico noto come “disastro di Smirne”, quando nel 1922, 1.500.000 Greci dell’Asia Minore furono buttati a mare dai Turchi, che cancellavano così 2.500 anni di presenza ellenica nell’altro lato del Mare Egeo?
Voi, che avete così duramente criticato il Presidente François Mitterrand per avere avuto frequentazioni con René Bousquet, uno ben addentro nei meccanismi della Soluzione Finale, non vi siete proprio imbarazzato di fiancheggiare Agim Ceku, il quale, prima di diventare Primo Ministro del Kosovo, è stato un ex “barbouze” dell’esercito Croato, che si è messo in evidenza nella Krajina per le sue atrocità, prima di comandare le bande di scorticatori dell’UCK e di essere messo sotto accusa per crimini di guerra commessi fra il 1995 e il 1999? Perché, malgrado la presenza di migliaia di soldati della KFOR, i rapimenti e gli assassinati sono moneta corrente in Kosovo, e i Serbi non sono le uniche vittime : ci sono anche i non-Albanesi, i Rom, gli Ebrei, i Gorani, gli Ashkali che vengono minacciati. (4)
Voi, che vi definite socialista, non siete imbarazzato di ritrovarvi nella indegnità interessata dell’Europa, che il grande Jaurès denunciava in circostanze simili più di un secolo fa ? (5) Non la imbarazza proprio il silenzio compiacente dei media occidentali ?
Il Kosovo è Serbo per più del 58% dal punto di vista catastale.(6) Questa è una realtà totalmente passata sotto silenzio dal rapporto di Joost Lagendijk. Come vi apprestate a gestire il diritto imprescrittibile alla proprietà privata (Articolo 17 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) con l’indipendenza di un Kosovo Albanese che spoglia i Serbi nella culla stessa della loro nazione? Voi avete appoggiato il ritorno degli Albanesi cacciati dalle loro case, ma la sorte dei non-Albanesi, dei Serbi, Rom, Ashkali, Ebrei, Gorani, che non hanno avuto altra scelta che la valigia o la bara, vi è indifferente. In otto anni, non avete fatto nulla per il loro ritorno. La vostra pretesa società multietnica porta soprattutto il marchio “multistandard” dei Dirittti dell’Uomo!
La Vostra storia familiare vi collega alla città Rumena di Braïla, grande porto sul Danubio e patria di Panaït Istrati. Si tratta di una eredità drammatica, dolorosa, che vi consegna una responsabilità particolare e supplementare.
Per le nostre comodità occidentali, possiamo contentarci delle vostre decisioni irresponsabili adottate in nostro nome, come dire « che non c’è fumo senza fuoco », che il Kosovo è comunque perso per la Serbia e che, se il passato della Provincia è stato incontestabilmente Serbo e cristiano ortodosso, il suo presente è del tutto incontestabilmente Albanese e musulmano sunnita.
O meglio, da uomini liberi – ma ne esistono ancora ?– possiamo ribadire che ciascun uomo che viene ammazzato per quello che é , è una parte della nostra stessa umanità che se ne va, che ogni chiesa che viene fatta saltare in aria con la dinamite nel cuore del nostro continente è una violenza arrecata alla nostra stessa chiesa.
NOTE:
(1) Parlamento europeo, rapporto n° A6-0067/2007, disponibile sul sito Internet http//:www.europarl.europa.eu /
(2) Jürgen Elsässer, La RFA dans la guerre du Kosovo, chronique d’une manipulation – La Repubblica Federale Tedesca nella guerra del Kosovo, cronaca di una manipolazione - Edizioni L’Harmattan, Paris, 2002, p.48 a 51
(3) Pierre Moscovici è il figlio di Serge Moscovici, nato nel 1925 a Braïla, in Romania. Nato da una famiglia di origine ebraica, fu espulso dal suo liceo a causa delle leggi antisemite, sfuggito per poco al pogrom di Bucarest nel gennaio 1941 scatenato dalla Guardia di Ferro, milizia fascista Rumena, in seguito fu costretto al lavoro forzato fino al 1944. Nel 1947, abbandonava la Romania per raggiungere Parigi, dove diventava, come si sa, il grande psicologo sociale. Serge Moscovici racconta questa ossidea nelle sue memorie, Chronique des années égarées – Cronaca di anni sperduti, Edizioni Stock, Parigi, 1997.
(4) Vedere l’eccellente documentario in DVD di Michel Collon e Vanessa Stojilkovic, Les damnés du Kosovo – I dannati del Kosovo, Bruxelles, 2000.
(5) Jean Jaurès, « Il faut sauver les Arméniens – Bisogna salvare gli Armeni », Edizioni Mille et Une Nuits, Paris, 2006. Discorsi dal 1896-1897.
(6) Ziua, (« Le Jour », quotidiano Rumeno di diffusione nazionale), « Le Kosovo, propriété des Serbes – Il Kosovo, proprietà dei Serbi », Bucarest, 8 gennaio 2007.
From: gilberto.vlaic @ elettra.trieste.itDate: July 14, 2007 12:35:04 PM GMT+02:00Subject: Relazione viaggio a Kragujevac giugno 2007Care amiche cari amici,vi invio la relazione del viaggio concluso poco meno di due settimane fa.Anche questa volta ho inserito alcune foto(SI VEDA LA VERSIONE IN FORMATO WORD, SUL SITO CNJ: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0707.doc )Il prossimo viaggio si svolgera' nel periodo 27-30 settembre.Chi fosse in arretrato con le quote e' pregato di versarle almeno due settimane prima del viaggio, in modo da permetterci di preparare per tempo le liste di consegna.Ci e' stato chiesto per il prossimo viaggio di fornire ai nostri ragazzi un po' di materiale scolastico, visto che il viaggio avverra' a scuola appena iniziata.Per preparare circa 200 pacchetti contenenti ciascuno6 quaderni formato A43 biro nere3 biro rosse3 matite1 temperamatite2 gomme12 pennarelli colorati1 album da disegno1 righello1 squadrettadovremo spendere circa 1700 - 1800 euro.Eventuali sottoscrizioni saranno benvenute...Buone vacanze a tutti!Gilberto VlaicNon bombe ma solo caramelle - ONLUS
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http://www.tesseramento.it/immigrazione/pagine52298/
newsattach1017_Unita%2002-07%20b.pdf
Da L’Unità del 2/07/2007, pag. 11
FLORIN, STORIA DI LAVORO NERO
«Sono caduto dal ponteggio, invece di aiutarmi mi hanno seppellito vivo»
Precipita da un ponteggio nel maggio del 2006. Ma non viene soccorso
perchè è un operaio in nero, come ce ne sono tanti in giro per i
cantieri d’Italia. E anzi i «compagni di lavoro» addirittura cercano
di seppellirlo vivo: troppo ingombrante anche solo quel suo povero
corpo finito mezzo maciullato dal volo.
È la tragica storia di un uomo rumeno, irregolare come tanti a Roma.
Ma questa storia, ora, ha un lieto fine e a raccontarla ieri è Dana
Mihalache, presidentessa dell’associazione «Spirit românesc» di Roma,
tanto che il 5 luglio il ragazzo tornerà in Romania per la
riabilitazione.
Lui è Florin, ha 37 anni, in Italia aveva scelto di fare fortuna. La
sua prima tappa è stata la Sicilia, dove come bracciante sperava di
riuscire a portare i primi soldi a casa. «Il suo racconto è
frammentato, ora soffre di crisi di memoria - racconta la Michalache
- Stava venendo a Roma, dalla Sicilia, per partire per la Romania.
Era alla stazione Tiburtina e dopo essersi messo a chiacchierare con
un tipo, forse dopo aver bevuto qualcosa di troppo, a un certo punto
si è trovato senza nulla, senza bagaglio né soldi».
La storia continua passando attraverso una ricerca di aiuto verso i
connazionali e una persona che gli avrebbe trovato lavoro fuori
città. «Si occupava di giardinaggio, stava lavorando su un primo
piano di un edificio. Da lì è caduto e ha preso una botta in testa. È
rimasto in terra per molto tempo, fino a che è venuto l'italiano che
gli aveva dato il lavoro.
Aveva notato, racconta lui, che aveva problemi alle ossa, così è
stato fatto salire in macchina e lo hanno lasciato insieme a tre
ragazzi dove c’erano diverse buche in terra. Lui è stato fatto
entrare lì dentro. Intanto, i ragazzi erano davanti a lui per
impedirgli di fuggire, mentre gli veniva buttata terra addosso».
Sepolto vivo. «Poi, si ricorda del Policlinico, dove ha subito un
intervento alla colonna vertebrale». Ora per Florin la vita cerca di
ricominciare.
Exportschlager Demokratie
Die Coca-Cola - Revolutionäre
Harald Neuber 25.06.2005
Von Osteuropa bis Asien organisieren sich junge Politaktivisten, um für Demokratie zu kämpfen. Aber wer profitiert von ihrem Einsatz?
Sie heißen Otpor, Pora, Kmara oder Yokh – in ganz Osteuropa haben sich neue politische Jugendorganisationen den Kampf für Demokratie auf die Fahnen geschrieben. Anfang Juni trafen sich diese Aktivisten erstmals in der albanischen Hauptstadt Tirana, um ihre Erfahrungen aus der politischen Arbeit auszutauschen. Eingeladen hatte die albanische Bewegung MJAFT (1) (Genug). Ian Traynor, ein Mitarbeiter der britischen Tageszeitung The Guardian, verfolgte das Ereignis und lieferte einen ersten umfassenden Bericht (2) über eine Politbewegung, deren Finanzquellen mindestens ebenso unklar ist wie ihre Ziele.
Ursprung in Serbien
Den Anfang (3) machte Otpor (4) (Widerstand). 1998 von einer Handvoll Studenten in Belgrad gegründet, entwickelte sich die Gruppe binnen kürzester Zeit zur Massenorganisation. Den Höhepunkt erreichte Otpor im Oktober 2000 mit dem Sturz des Machthabers Slobodan Milosevic ( Ein revolutionärer Nachtmittag in Belgrad (5)), damals hatte die Organisation nach eigenen Angaben 17.000 Mitglieder und war eine der wichtigsten Gruppen der serbischen Opposition.
Dieser Erfolg kam nicht aus heiterem Himmel. Politische Gegner warfen Otpor schon damals vor, aus dem Westen enorme Geldsummen erhalten zu haben. Tatsächlich ist inzwischen bewiesen, dass die ehemalige Studentengruppe mit ausländischer Unterstützung systematisch aufgebaut wurde. Einen entscheidenden Anteil daran hatte der US-amerikanische Multimillionär George Soros und seine Organisation Open Society (6).
Erstaunlich offen berichtete (7) Radio Free Europa/Radio Liberty Mitte April über die politischen Interessen hinter dieser Finanzierung. Als sich Ende der neunziger Jahre die Oppositionsbewegung gegen Slobodan Milosevic gebildet hatte, wollten westliche Akteure eine direkte Finanzierung dieser Gruppen vermeiden, ohne die Kontrolle über das Geschehen aufzugeben. In der damals marginalen Studentengruppe Otpor fand man das ideale Instrument.
Nach Angaben der Buchautoren Peter Ackermann und Jack Duvall finanzierte die US-Entwicklungsbehörde USAID den Löwenanteil des politischen Merchendisings; T-Shirts, Sticker und Poster. Allein im Jahr 2000 flossen den offiziellen Angaben zufolge 282.000 US-Dollar an Otpor, schreiben Ackermann und Duvall in Ihren Buch "A Force More Powerful: A Century of Nonviolent Conflict". Noch einmal 74.735 US-Dollar erhielt das International Republican Institute (8) von USAID, um die Otpor-Zentrale in Belgrad aufzubauen. Im Oktober jenes Jahres wurde Milosevic gestürzt. Seither ist die Organisation aus dem Straßenbild Serbiens verschwunden – um nun in anderen "Revolutionen" in Georgien, in der Ukraine oder zuletzt in Kirgisien in Erscheinung zu treten.
Regierungen zunehmend argwöhnisch
Die Verbindungen oppositioneller Jugendorganisationen zu westlichen Geldgebern ist den Regierungen dieser Länder nicht entgangen. Noch im September 2003, zwei Monate vor seinem Sturz, protestierte der damalige georgische Präsident Eduard Schewadnadse gegen die "ausländische Finanzierung" von oppositionellen Gruppen. Auch dabei fiel der Name der Soros-Organisation Open Society. Nach dem Regierungswechsel in Tbilissi ( Samtene Revolution in Georgien (9)) berichtete die Tageszeitung Novye izvestia, dass die politische Jugendorganisation Kmara fünf Millionen US-Dollar von Open Society erhalten habe. Soros persönlich dementierte die Anschuldigungen, und die Sache konnte nie abschließend geklärt werden.
Klarer war der Fall jedoch in der Ukraine, wo die Jugendorganisation Pora (10) eine führende Rolle in der "orangenen Revolution" innehatte. Vor dem Aufflammen der Oppositionsbewegung hatte der National Endowment for Democracy 240.000 US-Dollar freigegeben, "um die ukrainische Jugend zu einer stärkeren politischen Teilhabe" zu bewegen ( US-Werbeagentur will mit einer Website eine entscheidende Rolle in der "orangenen Revolution" gespielt haben (11)).
Das geschieht mit einfachen Werbemitteln und Logos, die auf den Wiedererkennungswert setzen. Otpor etwa hat eine geballte Faust zum Symbol, die im Jahr 2000 überall in Belgrad zu sehen war. Auch das Internet wird genutzt, um sich auszutauschen. Ivan Marovic, ein Veteran des Otpor, entwickelte zusammen mit US-Aktivisten zuletzt ein Computerspiel unter dem Namen "A Force More Powerful". Ziel darin ist es, unliebsame Regime zu stürze. Über die eigene Arbeit sagt Marovic: "Die Bewegung muss eine Marketingabteilung haben. (Die Marke) Coca Cola dient uns da als Vorbild."
Debatte um US-Finanzierung
Bei dem Treffen der Gruppen in Tirana Anfang des Monats wurde diese Finanzierung kritisiert. So halten Aktivisten aus Staaten wie Usbekistan ( Der Fall Usbekistan (12)) und Aserbaidschan weit weniger von den USA als ihre vermeintlichen Mitstreiter aus Serbien und der Ukraine. Immerhin stützen westliche Regierungen die Regime in Taschkent und Baku ( Die längste Schlange der Welt (13)), selbst wenn diese Massaker an der Opposition begehen ( Der Fall Usbekistan (14)). "Auch nach 13-jähriger Diktatur wollen die USA eben keine Revolution in Aserbaidschan", bestätigte Razi Nurullayev, ein Studentenaktivist aus Baku, dem Guardian.
Nurullayev, der die Organisation Yokh (Nein) gegründet hat, wandte sich nach eigenen Angaben an den US-Botschafter in Aserbaidschan – um danach nie wieder etwas von ihm zu hören. Das mag der Vorsicht im Westen geschuldet sein, denn eine direkte Unterstützung der Oppositionsbewegungen nach dem serbischen Vorbild ist in Anbetracht aufmerksamer Sicherheitsorgane kaum mehr möglich. Diese Rolle übernimmt nun Otpor unter dem Deckmantel der "zivilgesellschaftlichen Kooperation". Schließlich trafen sich führende Aktivisten dieser Gruppe vor der "orangenen Revolution" auch mit Vertretern der Opposition in der Ukraine.
Die Arbeit wird ihnen nicht ausgehen. In Usbekistan soll demnächst eine neue Gruppe mit dem Namen Bolga (Hammer) gegründet werden. Und auch in Belarus formiert sich die Opposition gegen Staatschef Alexander Lukaschenko. Sollte dieser bei den kommenden Präsidentschaftswahlen 2006 wiedergewählt werden, droht das größte Oppositionsbündnis Europäische Koalition Freies Belarus bereits jetzt mit einer "blauen Revolution", benannt nach ihrem Symbol: einer blauen Kornblume.
Links
(1) http://www.mjaft.org/en/index1.htm
(2) http://www.guardian.co.uk/international/story/0,,1499871,00.html
(3) http://www.pbs.org/weta/dictator/otpor
(4) http://www.otpor.com/
(5) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/8/8908/1.html
(6) http://www.soros.org
(7) http://www.rferl.org/featuresarticle/2005/04/47268268-9e3d-414a-928d-435ff4de8af2.html
(8) http://www.iri.org
(9) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/16/16152/1.html
(10) http://pora.org.ua/en/
(11) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/19/19459/1.html
(12) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/20/20318/1.html
(13) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/20/20199/1.html
(14) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/20/20318/1.html
Telepolis Artikel-URL: http://www.heise.de/tp/r4/artikel/20/20387/1.html
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Le film de Nikola Stojanovic, tourné en 1990 et interrompu par l’éclatement de la Yougoslavie, retrace l’histoire de Sarajevo à la veille de la Première Guerre mondiale et de l’attentat contre François-Ferdinand. Un film prémonitoire sur la fin d’une époque et sur l’histoire cinématographique de la Bosnie-Herzégovine, projeté enfin, dix-sept ans après son tournage et de nombreuses péripéties.
Par Nenad Kovacevic
A Uzice, le film Belle époque ou Dernière valse à Sarajevo (Poslednji valcer u Sarajevu), scénarisé et réalisé par Nikola Stojanovic, a été projeté pour la première fois en Serbie, dix-sept ans après son tournage, le vendredi 15 juin 2007 dans la nouvelle salle de cinéma de la ville. Le film retrace la fin d’une période appelée en Europe la « Belle époque ». L’action se déroule donc entre 1910 et 1914, à la veille de l’attentat de Sarajevo et de la Première Guerre mondiale. Et il a été tourné lors d’une autre Belle époque, celle qui précède l’éclatement de l’ex-Yougoslavie.
La projection du film était réservée à l’équipe du tournage, aux acteurs et à ceux qui ont permis que le film puisse voir le jour. La première du film a été projetée à Uzice car la compagnie de production Maja Film se situe dans cette ville.
Ce long métrage présente des passages du début du XXe siècle sur la question yougoslave. Un de ces passages montre les Serbes, les Croates et les Musulmans manifester ensemble contre l’Autriche-Hongrie, en chantant l’hymne « Hej Sloveni » et en faisant flotter le drapeau yougoslave...
Dernière valse à Sarajevo retrace l’histoire de Sarajevo à la veille de la Première Guerre mondiale et de l’attentat contre François-Ferdinand. On y voit aussi l’histoire cinématographique du pays à travers la vie de l’un de ses premiers metteurs en scène, Anton Valic, qui, avec sa caméra, a pu filmer l’attentat du 28 juin 1914. Le destin du film se lie au destin du pays dans lequel il fut tourné. Ce projet lancé au début des années 1990 a été entravé par l’éclatement de l’ex-Yougoslavie. C’est pourquoi il n’est projeté qu’aujourd’hui.
Nikola Stojanovic, le scénariste du film, a gagné en 1989 le Concours du Fonds pour le cinéma de Bosnie-Herzégovine pour un scénario d’une qualité exceptionnelle. L’équipe d’acteurs venant de Sarajevo, Zagreb, Ljubljana, Paris et Varsovie, a participé au tournage en 1990 en un temps record de 42 jours. Le montage du film et de la série télévisée a débuté l’année suivante, mais le travail a été interrompu par la guerre.
« J’ai trouvé le sujet du film en m’inspirant de la période de turbulences de 1910 à 1914 que l’on appelait en Europe la « Belle époque ». J’ai fait des recherches sur cette période historique pendant deux ans, même si le plan historique n’allait me servir que de fond dramatique me permettant d’exprimer la dichotomie entre les valeurs spirituelles et matérielles au sein de la société. Le sujet du film fait inévitablement référence à la période 1945-1990, il transcrit aussi la crainte d’assister à une nouvelle catastrophe dont Sarajevo serait l’épicentre. Le film n’aborde pas pour autant des thèmes comme la rhétorique politique, l’enchère ou l’arbitraire », explique Nikola Stojanovic.
Mihailo Todorovic, producteur de la compagnie Maja Film à Uzice, grâce à qui le film a pu être achevé, affirme qu’une somme d’environ 1.250.000 euros a été utilisée pour venir au bout de ce projet. Il ajoute que lors du siège de Sarajevo, « le matériel a failli être détruit ». « Les négatifs étaient à la compagnie Jadran Film à Zagreb, alors que le matériel de travail pour le montage utilisé avant la guerre se trouvait à Bosna Film à Sarajevo. Le producteur Bakir Tanovic a décidé de protéger le matériel chez lui. Cela n’a pas empêché le matériel d’être gravement endommagé », explique Todorovic. « Nos efforts surhumains nous ont permis de sauvegarder une œuvre artistique alors que tout le monde y avait renoncé, je veux parler des institutions culturelles des ex-républiques yougoslaves qui avaient participé à l’origine du projet », affirme le producteur.
L’équipe du film a fui Sarajevo au début de la guerre. « Notre première tentative de terminer le film en 1999 a échoué car l’opinion publique bosnienne nous accusait de ’nationalisme serbe’ », explique Todorovic. Le public serbe et croate interprétait mal le film et ce n’est qu’en 2003, après avoir rétabli les rapports culturels, que la réalisation du projet a pu reprendre avec le soutien de certains acteurs du cinéma.
Lors de la projection à Uzice, auteurs et artistes de différentes régions de l’ex-Yougoslavie se sont rassemblés pour assister à la séance du dernier film yougoslave. Nikola Stojanovic, scénariste et metteur en scène, est arrivé de Belgrade, le producteur Bakir Tanovic de Sarajevo, mais aussi les acteurs Davor Janjic, Petar Bozovic, Radmila Zivkovic, Boro Stjepanovic, Mira Banjac, Nebojsa Kundacina, Tatjana Pujin... Les rôles ont été distribués aussi à Vita Mavric, Alain Nouri, Senad Basic, Slobodan Ustic, Filip Sovagovic, Zvonko Lepetic, Rade Markovic, Davor Dujmovic, Snezana Martinovic, Haris Burina. On a pu voir aussi Arsen Dedic qui a composé la musique, Radosav Vladic, directeur de photographie, Miodrag Nikolic, scénographe, et Petar Putnikovic qui s’est occupé du montage.
« Mes amis, mes collègues, qui s’étaient dispersés, sont aujourd’hui réunis. Je suis heureuse de pouvoir vous rencontrer après ces nombreuses années de travail. A l’époque je n’imaginais pas que nous tournions un film sur la fin d’une époque au moment de la fin d’une autre époque. Je sais seulement que j’ai eu un immense plaisir à jouer dans ce film et que pour moi ce fut une époque forte de l’art », exprime l’actrice Mira Banjac après la projection du film qu’elle voyait pour la première fois. « Ce soir j’ai ressenti un véritable concert d’émotions. Tant d’années se sont écoulées depuis le tournage... Nous sommes nostalgiques et c’est assez douloureux de se remémorer tous ces souvenirs », nous a confié Nebojsa Kundacina.
La première officielle du film aura lieu au début du mois de juillet au Festival du film de Novi Sad puis en autonome il sera consécutivement diffusé à Belgrade, Sarajevo, Zagreb et Ljubljana.
Joie, douleur, tristesse...
« Ce film à été tourné lors d’une époque merveilleuse et maintenant je ne sais plus comment m’en rappeler : avec joie, douleur ou tristesse ? Ce film va être diffusé à Zagreb, Belgrade, Sarajevo dix-sept ans après que tout se soit écroulé, et la seule conclusion que l’on puisse en tirer est que l’art a, une nouvelle fois, surpassé la politique. Je regrette seulement que ceux qui nous dirigent et décident de notre destin ne comprendront pas que nous n’avons pas besoin d’eux pour nous réunir. » Ce sont les mots de l’acteur Petar Bozovic qui tient le rôle d’un capitaine autrichien à Sarajevo.
Bologna, promossa da CNJ ed Ass. marxista politica e classe, è rinviata a data da destinarsi.
Ce ne scusiamo con tutti gli interessati.