Informazione
(ANSA) - BELGRADO, 7 FEB - Si trasferisce anche sui media belgradesi - con accuse di presunti trascorsi familiari filo-nazisti - la montante ostilita' dell'establishment serbo contro l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari: l'emissario dell'Onu autore della recente proposta di soluzione sul controverso dossier riguardante il futuro status della provincia secessionista a maggioranza albanese del Kosovo. Una proposta che i leader della Serbia - malgrado gli inviti alla flessibilita' di vari mediatori internazionali, ultimi in ordine di tempo quelli della troika Ue - continuano quasi unanimemente a respingere come ''inaccettabile'' apertura al riconoscimento dell'indipendenza kosovara. E che ha scatenato il malanimo di molti media contro lo stesso Ahtisaari. Tra gli altri, il settimanale Nedeljni Telegraf, che oggi si scaglia in prima pagina contro l'inviso mediatore finlandese additandolo sic et simpliciter come ''figlio di nazista''. Nella sua caccia agli asseriti altarini della famiglia Ahtisaari, il settimanale serbo sostiene di aver trovato prove documentali ''compromettenti'' sul padre dell'ex presidente: militare, durante la II guerra mondiale, nelle file della divisione Viking, un'unita' finlandese - scrive - associata in modo organico ai ranghi allora alleati della Germania nazista. Il giornale ammette che la Viking non risulta coinvolta direttamente in processi per crimini di guerra, ma la presenta comunque come una unita' ''inquadrata direttamente nelle SS naziste''. Una marchio d'infamia - vero o falso, poco importa - che Nedeljni Telegraf pretende di riverberare sulle attivita' diplomatiche odierne del figlio. (ANSA). LR
07/02/2007 17:03
Greece: Kosovo link to embassy strike
Il missile sparato contro l'Ambasciata USA di Atene lo scorso 12
gennaio, e rivendicato da un sedicente gruppo "Lotta Rivoluzionaria",
era arrivato in Grecia dal Kosovo. Lo ha rivelato il quotidiano
Kathimerini, sulla base di fonti della polizia, lo scorso 6 febbraio.
La notizia però non è stata ripresa nemmeno dall'ANSA, di cui
riportiamo invece di seguito i dispacci dei giorni dell'attentato. Si
tratta dunque di segnali di impazienza degli estremisti pan-albanesi,
oppure aveva visto bene il KKE - Partito Comunista Greco - quando
aveva evocato la possibilità di una provocazione contro gli
antimperialisti?...
(a cura di IS)
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GRECIA: FONTI USA; RAZZO CONTRO AMBASCIATA, NESSUN FERITO
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Fonti dell'ambasciata USA ad Atene hanno
confermato che e' stato un razzo a colpire stamani la facciata della
sede diplomatica americana a Atene. L'ordigno e' penetrato attraverso
il vetro corazzato di una finestra all'altezza del terzo piano
dell'edificio. Le stesse fonti hanno inoltre confermato che
''l'attentato non ha provocato feriti ne' vittime''. Non e' stato
ancora accertato se il razzo sia un ordigno di costruzione
artigianale, come quelli utilizzati in passato dal gruppo
terroristico greco '17 novembre' oppure - come ha sostenuto un
esperto - un razzo modello FG7 di fabbricazione russa, arma che non
e' in dotazione all'esercito greco. (ANSA). MRR
12/01/2007 07:20
GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, TROVATO TUBO LANCIO RAZZO
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - La polizia greca ha trovato il tubo di
lancio da quale e' stato esploso il razzo che stamani ha colpito la
facciata dell'ambasciata Usa ad Atene provocando un foro nel vetro
corazzato di una finestra al terzo piano ma senza provocare vittime
ne' feriti. Lo ha riferito la radio ateniese Skay. La radio ha
precisato che l'ordigno sarebbe un razzo anticarro da 2.26 pollici.
Gia' nel febbraio del 1996 la sede diplomatica Usa era stata
obiettivo di un attentato del gruppo terroristico '17 novembre' che
aveva esploso un razzo anticarro da 3.5 pollici contro la parte
posteriore dell'ambasciata. (ANSA). MRR
12/01/2007 07:34
GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, GRUPPO RIVENDICA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Il gruppo terroristico greco ''Lotta
rivoluzionaria'' (EA, Epanastatikos Agonas), ha rivendicato poco fa
l'attentato di stamani contro l'ambasciata Usa ad Atene. Lo ha reso
noto la Tv privata Mega precisando che la rivendicazione e' stata
fatta da uno sconosciuto con una telefonata ai servizi di sicurezza
della sede diplomatica. Comparsa nel settembre 2003, Lotta
rivoluzionaria, considerata l'organizzazione terroristica piu'
pericolosa attualmente in Grecia, si e' gia' attribuita la
responsabilita' di sei attentati, l'ultimo dei quali l'8 giugno
scorso con una bomba fatta esplodere presso l'abitazione del ministro
della Cultura Yorgos Voulgarakis, gia' ministro dell'ordine pubblico.
In precedenza il gruppo aveva rivendicato un attentato contro un
commissariato di Atene a 100 giorni dalle Olimpiadi dell'agosto 2004
e un altro, nel dicembre scorso, contro il ministero dell'Economia
nel centro di Atene in cui due passanti erano rimasti feriti. Sinora
nessuno dei suoi membri e' stato arrestato. (ANSA). MRR
12/01/2007 08:23
GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, PER POLIZIA OPERA ESPERTI
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Sarebbe stato ''un esperto'' nel maneggiare
le armi a compiere l'attentato di stamani contro l'ambasciata Usa ad
Atene. Lo ha affermato un portavoce della polizia ateniese rivelando
che, secondo i primi accertamenti, il razzo che stamani ha colpito la
facciata dell'edificio e' stato quasi certamente esploso dall'interno
di un'auto in movimento. L'attentatore si sarebbe quindi disfatto del
tubo di lancio che e' stato trovato abbandonato in uno spiazzo di
terreno antistante l'ambasciata. Proseguono intanto i sopralluoghi
della polizia all'interno dell'edificio. Un ufficiale, parlando con
un giornalista della Tv privata Mega, ha detto di essere entrato
nella stanza dove e' penetrato il razzo. ''Non ho mai visto niente
del genere'', ha detto il poliziotto riferendosi all'entita' dei
danni constatati ed ha aggiunto che, a suo parere, il razzo ''e' di
fabbricazione est-europea''. (ANSA). MRR
12/01/2007 08:42
GRECIA: ATTENTATO CONTRO AMBASCIATA USA AD ATENE / ANSA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Un razzo e' stato lanciato stamani contro
l'ambasciata Usa di Atene. L'attentato - che e' stato rivendicato dal
gruppo terroristico greco Lotta rivoluzionaria (EA, Epanastatikos
Agonas) - non ha provocato ne' morti, ne' feriti. L'attacco contro la
sede diplomatica e' avvenuto alle 05:55 (le 04:55 in Italia) ed il
forte boato dell'esplosione ha scosso il centro di Atene mandando in
frantumi i vetri di decine di abitazioni circostanti. L'ordigno, che
secondo i primi accertamenti, e' un razzo anticarro da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa o est-europea, ha colpito l'edificio
poco al di sopra della testa della grande aquila (simbolo degli Usa)
che campeggia sulla facciata, aprendo un grosso foro nel vetro
corazzato di una finestra al terzo piano. Il razzo, secondo la
polizia, sarebbe stato esploso da una persona esperta nel maneggiare
le armi dall'interno di un veicolo in movimento. Il tubo di lancio
del razzo e' stato trovato abbandonato in uno spiazzo antistante la
sede diplomatica. La zona dove sorge l'ambasciata, sul trafficato
viale Regina Sofia, e' stata per alcune ore isolata da decine di auto
della polizia. Parlando con i giornalisti all'esterno dell'edificio,
l'ambasciatore Usa ad Atene Charles Rice ha definito l'attentato ''un
atto di violenza senza senso e ingiustificato in questo momento''
riferendosi agli ottimi rapporti che intercorrono tra
l'amministrazione di Washington e il governo di Atene. Il ministro
degli esteri greco Dora Bakoyanis si' e' recata sul posto dove ha
incontrato Rice al quale ha espresso la propria solidarieta'
assicurandogli inoltre che le autorita' elleniche faranno tutto il
possibile per assicurare alla giustizia i responsabili dell'attacco.
Gia' nel febbraio del 1996 la sede diplomatica Usa era stata
obiettivo di un attentato del gruppo terroristico '17novembre' che
aveva esploso un razzo anticarro da 3.5 pollici contro la parte
posteriore dell'ambasciata danneggiando tre auto ma, anche in quel
caso, senza fare vittime. Comparsa nel settembre 2003, Lotta
rivoluzionaria, considerata l'organizzazione terroristica piu'
pericolosa attualmente in Grecia, si e' gia' attribuita la
responsabilita' di sei attentati, l'ultimo dei quali l'8 giugno
scorso con una bomba fatta esplodere presso l'abitazione del ministro
della Cultura Yorgos Voulgarakis, gia' ministro dell'ordine pubblico.
In precedenza il gruppo aveva rivendicato un attentato contro un
commissariato di Atene a 100 giorni dalle Olimpiadi dell'agosto 2004
e un altro, nel dicembre scorso, contro il ministero dell'Economia
nel centro di Atene, in cui due passanti erano rimasti feriti. Sinora
nessuno dei suoi membri e' stato arrestato. (ANSA). MRR
12/01/2007 09:32
GRECIA: GOVERNO CONDANNA ATTACCO CONTRO AMBASCIATA USA/ANSA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - ''Un atto simbolico teso a provocare
l'opinione pubblica greca e a rovinare le relazioni internazionali
della Grecia'': cosi' il ministro della pubblica sicurezza greco
Vyron Polidoras ha definito l'attentato terroristico compiuto stamani
da sconosciuti che hanno lanciato un razzo contro l'ambasciata Usa di
Atene. L'attentato - rivendicato con una telefonata ai servizi di
sicurezza della stessa ambasciata dal gruppo terroristico Lotta
rivoluzionaria (EA, Epanastatikos Agonas) - non ha provocato morti
ne' feriti. Ma il forte boato dell'esplosione ha scosso tutta la zona
circostante, nel centro della capitale, ed ha mandato in frantumi i
vetri di decine di edifici. L'area e' stata subito isolata dalla
polizia. Le indagini sono condotte dal dipartimento antiterrorismo
ellenico coadiuvato dalle autorita' dell'ambasciata. L'ordigno, che
stando alle prime informazioni e' un razzo anticarro da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa o est-europea, ha colpito l'edificio
poco al di sopra della testa della grande aquila che campeggia sulla
facciata, aprendo un grosso foro nel vetro corazzato di una finestra
al terzo piano. Il razzo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato
esploso con un bazooka da una persona esperta nel maneggiare le armi
dall'interno di un veicolo in movimento. Il tubo di lancio del razzo
e' stato trovato a poche decine di metri dall'ingresso della sede
diplomatica. L'ambasciatore Usa ad Atene Charles Rice ha definito
l'attentato ''un atto di violenza ingiustificato in questo momento'',
considerati gli ottimi rapporti esistenti tra Washington ed Atene.
Sia il primo ministro Costas Karamanlis sia il partito socialista
Pasok all'opposizione hanno duramente condannato l'attentato, mentre
il ministro Polidoras ha dichiarato che ''le istituzioni dello stato
sono salde ed efficaci ed il terrorismo non passera' ''. La sede
diplomatica Usa era stata obiettivo di un attentato del disciolto
gruppo terroristico di estrema sinistra '17 novembre' nel febbraio
del 1996 quando un razzo anticarro da 3.5 pollici era stato lanciato
contro la parte posteriore dell'ambasciata danneggiando tre auto
diplomatiche ma, anche in quel caso, senza fare vittime. (ANSA). MRR
12/01/2007 12:03
GRECIA: FRENETICA CACCIA AD ATTENTATORI AMBASCIATA USA
(ANSA) - ATENE, 15 GEN - Le unita' antiterrorismo greche e i circa 50
agenti del Federal Bureau of Investigation Usa (Fbi) che indagano
sull'attentato contro l'ambasciata americana ad Atene avrebbero
''individuato'' due uomini (tre, secondo altre fonti) e una donna che
si ritiene siano i responsabili del lancio del razzo anticarro che
venerdi' mattina ha colpito, senza fare vittime, la facciata della
sede diplomatica. Le indagini, come rilevano stamane i giornali
ateniesi, proseguono a ritmo frenetico mentre si attende da un
momento all'altro la rivendicazione dell'attacco che si ritiene sia
opera del gruppo estremista di sinistra Lotta rivoluzionaria.
L'organizzazione, che ha fatto la sua comparsa nel settembre 2003 ed
e' ritenuto il gruppo terroristico piu' pericoloso a tutt'oggi attivo
in Grecia, si e' sinora attribuita la responsabilita' di sei
attentati, nessuno dei quali ha fatto vittime come nessuno dei suoi
appartenenti e' stato mai arrestato. Fonti vicine agli inquirenti
hanno reso noto che il numero degli attentatori e' emerso
dall'analisi delle immagini registrate dalla telecamere di sicurezza
installate all'esterno dell'ambasciata Usa e dalle testimonianze di
10 persone che al momento dell'esplosione (due minuti prima delle
06:00 locali) si trovavano a percorrere l'ampio viale Regina Sofia
sul quale sorge la sede diplomatica Usa. E' stato intanto accertato
che il missile anticarro che ha colpito l'ambasciata entrando da una
finestra al terzo piano e finendo in uno stanzino accanto all'ufficio
dell'ambasciatore Charles Ries, non e' un Rpg 18 da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa come reso noto in un primo momento
bensi' un Rpg 7 da 40 mm di fabbricazione cinese costruito
probabilmente nel 1974. L'ordigno, secondo gli inquirenti, sarebbe
stato portato in Grecia di contrabbando in quanto non e' in dotazione
all'esercito greco. (ANSA). MRR
15/01/2007 13:41
GRECIA: ATTENTATI,SI TEME NUOVO ATTACCO LOTTA RIVOLUZIONARIA
(ANSA) - ATENE, 16 GEN - Dopo l'attentato contro l'ambasciata Usa ad
Atene di venerdi' scorso, quando tre persone (due uomini e una donna)
ritenuti membri del gruppo Lotta rivoluzionaria hanno esploso un
razzo anticarro contro la facciata della sede diplomatica, adesso le
autorita' greche ma anche gli inquirenti americani sul posto si
aspettano che da un momento all'altro l'organizzazione estremista
torni a colpire. La preoccupazione e' diffusa e, come riferisce
ampiamente la stampa di Atene, sono diversi gli analisti che
ritengono che gli estremisti alzeranno ancora il tiro - come del
resto hanno fatto in una lenta 'escalation' in tutti i loro attacchi
precedenti - utilizzando ancora una volta un bazooka. ''Ma la
prossima volta - ha detto un funzionario di polizia che ha chiesto di
restare anonimo - non escludiamo che sara' versato del sangue''.
Circa l'eventuale utilizzazione ancora del bazooka, gli inquirenti
ritengono che Lotta rivoluzionaria ne abbia a disposizione almeno
altri otto: e' stato accertato infatti che il missile utilizzato - un
Rpg 7 cinese prodotto nel 1974 - faceva parte di una fornitura di
armi vendute da Pechino al governo albanese nel 1990. Ogni cassa di
bazooka ne conteneva nove ed e' logico presumere che gli estremisti
se ne siano procurati almeno una cassa intera. Proprio il fatto che
il razzo sia vecchio di 30 anni e quindi la sua potenza esplosiva si
sia con il tempo indebolita, hanno spiegato gli esperti, ha fatto si'
che i danni siano stati limitati. Lotta rivoluzionaria ha rivendicato
subito l'attacco con due brevissime telefonate all'ambasciata Usa, ma
gli inquirenti sono in attesa che gli attentatori si facciano vivi,
come avvenuto in passato, con un testo inviato a qualche giornale. Le
indagini, sulle quali trapelano pochissimi particolari, proseguono
intanto con l'analisi delle immagini digitali riprese dalle
telecamere di sicurezza installate all'esterno dell'ambasciata: da
esse gli investigatori avrebbero desunto i tratti somatici salienti
degli attentatori, tra i quali un uomo di circa 35 anni che sarebbe
gia' noto alla polizia e di cui si conoscono anche i suoi rapporti
con l'Albania. Circa la donna del gruppo, si e' appreso che avrebbe
tra i 35 e i 40 anni e che nei giorni precedenti l'attentato e' stata
vista piu' volte da diversi testimoni passeggiare di fronte
all'ambasciata fingendosi in tenera compagnia di un uomo ma, in
effetti, scattando foto con una macchina seminascosta sotto il
soprabito. Solo in questi giorni, fra l'altro, e' emerso che la
polizia greca aveva saputo della presenza di una misteriosa donna in
tutti i 'commando' che hanno portato a termine i sei attentati
firmati da Lotta rivoluzionaria dal suo apparire nell'autunno del
2003. Scarsi sono i reperti trovati sul luogo dell'attentato (come
mozziconi di sigarette) sui quali gli esperti della Scientifica
stanno conducendo indagini per risalire ai responsabili e, come ha
ammesso sconsolato un funzionario di polizia, ''e' come cercare un
ago dentro lo stadio olimpico''. (ANSA). MRR
16/01/2007 18:10
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http://www.resistenze.org/sito/te/po/gr/pogr7a13-000929.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - grecia - 13-01-07
da www.solidnet.org; http://inter.kke.gr/ , mailto:cpg@...
Il Partito Comunista di Grecia in merito all’attentato all’Ambasciata
USA ad Atene
L’Ufficio stampa del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE)
12 gennaio 2007
Il proiettile che ha colpito l’Ambasciata USA ad Atene,
indipendentemente dall’origine, offre agli USA la possibilità di
sfruttare l’esplosione nel contesto della sua offensiva generale
contro i popoli.
L’azione ha avuto luogo in un momento in cui gli USA stanno
bombardando la Somalia e incrementando le loro truppe di occupazione
in Iraq, misure che hanno provocato reazioni sia a livello
internazionale che all’interno del paese. L’attentato viene attuato
mentre viene proposto il piano generale imperialista sulla presunta
“democratizzazione del Medio Oriente”.
La discussione e le asserzioni circa il danno causato all’immagine
internazionale della Grecia sono fuorvianti. Il punto è che
l’attentato serve come alibi per l’intensificazione della repressione
di stato, delle misure di polizia e delle azioni dei vari servizi.
Ciò che bisogna fare è vigilare e agire per lo sviluppo del movimento
antimperialista, che rappresenta la condizione essenziale per mettere
ai margini ed isolare ogni provocazione, da qualunque parte provenga.
Atene, 12 gennaio 2007
L’Ufficio stampa del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE)
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di
Cultura e Documentazione Popolare
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From: r_rozoff
Subject: Greek Report: Missile Used In US Embassy Strike Came From
Kosovo
Date: February 7, 2007 11:04:42 PM GMT+01:00
To: stopnato @yahoogroups.com
- "It seems that the Albanian connection implies a
wider one that I don't want to think about....Lets
just say that it is a high profile inside operation."
-"I doubt that the culprits will be arrested."
http://www.ekathimerini.com/4dcgi/
_w_articles_politics_100012_07/02/2007_79818
Kathimerini (Greece)
February 7, 2007
Kosovo link to embassy strike
The missile fired at the US Embassy by Revolutionary
Struggle last month reached Greece via Kosovo, police
sources told Kathimerini yesterday in what authorities
believe is a breakthrough in their investigation.
Greek and US security agents have discovered that the
rocket-propelled grenade was removed from an army
warehouse in Albania in 1994 and taken to Kosovo,
where it came into the possession of an arms smuggler.
Authorities believe that the arms trader held on to
the weapon until 2001 and they are investigating his
contacts and dealings in the hope they will find out
who smuggled the rocket into Greece.
A high-ranking police source said that officers had
contacted foreign security services to obtain more
information and they hope their investigation will
develop further this week.
No member of Revolutionary Struggle, the leftist group
which claimed the embassy attack, has been caught
since the organization became active in 2003.
http://www.serbianna.com/news/2007/01173.shtml
Serbianna (US)
February 7, 2007
Kosovo Albanians implicated in Athens bomb attack
At least two independent sources confirm that the
Chinese-built RPG-7 rocket propelled grenade that was
fired at the US Embassy in Athens on January 12, 2007,
was supplied to the leftist Greek terrorist
organization, Revolutionary Struggle, by a Kosovo
Muslim Albanian militant group that was officially
renamed in 1999 by the NATO troops from the Kosovo
Liberation Army (KLA/UCK) to the Kosovo Protection
Corps.
The grenade narrowly missed the American seal,
punching through the Embassy window a few feet above
and landing in a bathroom on the embassy's third
story, where the ambassador has his office.
"There are various indications of an Albanian
connection," says Ioannis Michaletos from the World
Security Network Foundation.
"It seems that the Albanian connection implies a wider
one that I don't want to think about....Lets just say
that it is a high profile inside operation," says
Michaletos.
US-based Defense and Foreign Affairs Group says that
there is a "growing linkages between anti-Western
leftist terrorist groups and anti-Western Islamist
jihadi groups" such as the cash-rich KLA who, under
various acronyms, now controls the European narcotics
trade, sex slavery, arms dealing and is using the
Greek fanatical leftists [read: police operations -
RR]] to expand its geographic reach that is
"compounded by the reality of the large number of
Albanian nationals now resident in Greece".
"The revival of anti-US terrorist activities in
Greece, and throughout the Balkans, therefore, should
be expected to occur during 2007, particularly
associated with the attempts by the KLA to ensure
international recognition for an independent Kosovo,"
says Defense and Foreign Affairs analysis.
"Ironically," says Defense and Foreign Affairs,
independence of Kosovo "is supported by the US State
Dept., the very target of the Revolutionary Struggle
rocket attack."
"This was a violent act aimed to provoke Greek public
opinion and disturb relations with the United States,"
said Panayiotis Stathis, spokesman for the Greek
Public Order Ministry.
"I doubt that the culprits will be arrested," says
Michaletos.
<<
>>
Depuis
Washington DC (États-Unis)
A l’exception de The Washington Note et du Financial Times, les grands médias ont décidé de ne pas rapporter les propos de Zbigniew Brzezinski qui bouleversent la classe dirigeante états-unienne. Auditionné le 1e février 2007 par la Commission des Affaires étrangères du Sénat, l’ancien conseiller national de sécurité a lu une déclaration dont il avait soigneusement pesé les termes.
Il a indiqué : « Un scénario possible pour un affrontement militaire avec l’Iran implique que l’échec irakien atteigne les limites américaines ; suivi par des accusations américaines rendant l’Iran responsable de cet échec ; puis, par quelques provocations en Irak ou un acte terroriste sur le sol américain dont l’Iran serait rendu responsable. Ceci pourrait culminer avec une action militaire américaine "défensive" contre l’Iran qui plongerait une Amérique isolée dans un profond bourbier englobant l’Iran, l’Irak, l’Afghanistan et le Pakistan »
Vous avez bien lu : M. Brzezinski a évoqué la possible organisation par l’administration Bush d’un attentat sur le sol des États-Unis qui serait faussement attribué à l’Iran pour provoquer une guerre.
À Washington les analystes hésitent entre deux interprétations de cette déclaration. Pour les uns, l’ancien conseiller national de sécurité a tenté de couper l’herbe sous les pieds des néoconservateurs et de jeter le doute à l’avance sur toute circonstance qui conduirait à la guerre. Pour d’autres, M. Brzezinski a voulu, en outre, suggérer qu’en cas d’affrontement avec les partisans de la guerre, il pourrait rouvrir le dossier du 11 septembre. Quoi qu’il en soit, l’hypothèse de Thierry Meyssan — selon laquelle les attentats du 11 septembre auraient été perpétrés par une faction du complexe militaro-industriel pour provoquer les guerres d’Afghanistan et d’Irak — quitte soudainement le domaine du tabou pour être discutée publiquement par les élites de Washington.
http://www.voltairenet.org/article145116.html
Nouvelle Guerre froide
par Salim Lamrani* Les États-Unis reconstituent progressivement un réseau d’organisations destiné à dénigrer les États qui leur résistent et à y organiser des troubles politiques. Reporters sans frontières s’inscrit désormais dans cette perspective de nouvelle Guerre froide. Ainsi, l’association reprend-elle à son compte la propagande du département d’État contre le Venezuela. |
6 FÉVRIER 2007 |
Depuis l’élection de Hugo Chávez à la présidence de la République en 1998, Reporters sans frontières (RSF) a multiplié les attaques contre le gouvernement vénézuelien, l’accusant notamment de porter atteinte à la liberté de la presse. Pourtant, depuis 1999, près de 500 nouveaux organes de presse locaux et nationaux (journaux, radios et chaînes de télévision) ont vu le jour dans ce pays. Dernièrement, l’organisation parisienne s’est offusquée de la décision des autorités de ne pas renouveler la licence au groupe audiovisuel privé Radio Caracas Televisión (RCVT), qui expirera le 28 mai 2007 [1]. RSF a transformé ce choix tout à fait légal, car le spectre des ondes hertziennes appartient à l’État, en une « atteinte à la pluralité éditoriale [2] ».
RSF confesse qu’elle n’ignore pas « l’attitude de RCTV durant le coup d’État d’avril 2002 » qui n’avait pas « caché [son] soutien » au renversement de l’ordre constitutionnel [3]. Mais, selon l’entité française, le fait ne pas renouveler la licence d’une chaîne qui a ouvertement participé à un coup d’État – qui a coûté la vie à de nombreuses personnes – constitue une violation de la liberté de la presse. Le fait de ne pas renouveler la licence d’une chaîne qui a également pris part de manière active au sabotage pétrolier de décembre 2002, en lançant des appels au blocage général de l’entreprise PDVSA, – ce qui a failli conduire le pays à la banqueroute – n’est pas une décision légitime, sage et indispensable mais une « grave atteinte au pluralisme des médias » qui doit être condamnée [4].
Dans une situation similaire, n’importe quel autre gouvernement du monde aurait immédiatement pris des mesures draconiennes contre RCTV. Le président Chávez, lui, a préféré patienter jusqu’à l’échéance légale de la concession malgré la pression populaire. En effet, cette décision avait suscité la réprobation générale de la part de la majorité des citoyens vénézueliens qui ne comprenaient pas pourquoi une chaîne de télévision putschiste était encore autorisée à fonctionner. En outre, il ne s’agit nullement d’un cas de censure comme l’affirme RSF puisque RCTV pourra toujours continuer à fonctionner par câble et par satellite sans aucun problème. Elle n’utilisera pas simplement la fréquence qui appartient à l’Etat.
L’organisation parisienne feint d’ignorer la réalité médiatique du Venezuela. Elle ose parler de « pluralité éditoriale » alors que RCTV, Globovisión, Venevisión et Televen – qui contrôle près de 90 % du marché télévisuel et disposent donc d’un monopole médiatique indéniable – sont, selon RSF, « clairement situés dans l’opposition au gouvernement ». Cette exclusivité médiatique n’a évidemment jamais été dénoncée par RSF. Elle omet également de signaler que depuis l’accession de Hugo Chávez à la présidence, la principale activité de RCVT a consisté à diffuser de fausses informations au sujet de la politique du gouvernement et à inciter à l’altération de l’ordre constitutionnel, en se faisant le porte-parole des militaires insurgés prônant un coup de force [5].
Dans une lettre ouverte destinée au président Chávez, Robert Ménard, secrétaire général de RSF depuis plus de vingt ans, fait semblant d’ignorer les activités subversives et malveillantes de RCTV, sans aucun respect pour la déontologie journalistique. Pour RSF, diffuser de fausses informations, dénigrer constamment l’action du gouvernement, inciter la population à la désobéissance et à la violence, inviter régulièrement des généraux putschistes à déverser leur haine contre le président de la République n’est en rien condamnable car il s’agit simplement du rôle de « contre-pouvoir des médias ». Après tout, « l’exercice de l’autorité dans une démocratie s’expose par nature à la critique des médias [6] ».
Parfois, RSF, tellement obsédée par le fait de présenter le gouvernement bolivarien comme une menace pour la liberté de la presse, tombe dans l’absurde ne sachant plus quoi inventer. L’attribution de la publicité officielle, qui est une prérogative de l’État, devrait être confiée prochainement au Ministère de la Communication et de l’Information (MINCI). L’organisation parisienne s’inquiète de cette décision car « cette manne représente un gage de survie important pour un certain nombre de médias ». Il est fort probable – et logique – que le gouvernement ne financera pas les médias hostiles à son égard en signant des contrats publicitaires avec eux. Mais pour RSF, si le gouvernement refuse de faire appel à la presse privée pour sa publicité, il « porte atteinte aux médias et à leur indépendance [7] ».
Le 15 novembre 2006, RSF accusait également Numa Rojas, le maire de Maturín, de censurer « quatre médias critiques à son égard ». Rojas, membre du parti du président Chávez, dont la politique est constamment dénigrée par deux journaux et deux radios, a tout simplement décidé qu’il ne ferait plus appel à eux pour diffuser la publicité de la municipalité. Les quotidiens La Prensa et El Periódico de Monagas ainsi que les radios Órbita et 93.5 La Gran FM, tous affiliés à l’opposition, mènent depuis un certain temps une campagne acharnée à son égard. Pour RSF, « sanctionner financièrement [ces médias] en les privant de ressources publicitaires relève purement et simplement de la censure [8] ».
Dans son rapport 2006 sur la « liberté d’expression » à travers le monde, RSF accumule les accusations contre le Venezuela. « La loi sur la responsabilité sociale des médias et la réforme du code pénal, très restrictives en matière de liberté d’expression, sont autant d’incitations à la censure », affirme l’organisation parisienne, même si elle reconnaît que le gouvernement n’y a pas recouru. La loi en question adoptée le 7 décembre 2004 autorise la Commission nationale des télécommunications à suspendre les stations de radio et les chaînes de télévision qui « promeuvent, font l’apologie ou incitent à la guerre, à l’altération de l’ordre public et au délit [9] ».
Ainsi, pour RSF, interdire aux médias de lancer des appels à la guerre civile, au soulèvement armé, à l’assassinat du président de la République et des hauts dirigeants politiques ou à la violence, comme cela est le cas dans n’importe quel pays du monde, est une « incitation à la censure » au Venezuela. RSF remarque avec regret que « la législation semble cependant avoir eu un effet dissuasif sur les médias, quitte à priver la presse de son rôle de contre-pouvoir ». Que suggère RSF ? Autoriser les médias à lancer des appels à la haine, à la violence, à la subversion et à l’assassinat de Hugo Chávez au nom de la liberté d’expression [10]. ?
RSF fustige également l’article 297A du code pénal qui prévoit des peines de deux à cinq ans d’emprisonnement pour la diffusion de fausses informations de nature à « semer la panique » par voie de presse. Pour RSF, les médias vénézuéliens ont évidemment le droit de semer le trouble au sein du pays, cela faisant partie de la « liberté d’expression ». De la même manière, RSF dénonce l’article 444 qui punit d’un à trois ans d’emprisonnement les propos pouvant « exposer autrui au mépris ou à la haine publique ». Pour RSF, au Venezuela, la presse doit avoir le droit d’inciter à la haine [11].
Enfin, RSF a également condamné le fait que des fonctionnaires de la Conatel aient « saisi le matériel émetteur de la station [Radio Alternativa 94.9 FM de Caracas] au motif que celle-ci n’avait pas l’autorisation d’émettre ». RSF reconnaît pourtant que « la fréquence avait, en effet, été attribuée à une autre station en septembre 2004 ». Ainsi, selon RSF, le fait que les autorités vénézueliennes fassent respecter la loi, comme cela se fait dans n’importe quel pays du monde (en France, aucune radio ne peut émettre sans autorisation officielle), constitue une « violation de la liberté de la presse [12]. ».
RSF affirme être une organisation apolitique uniquement intéressée par la défense de la liberté de la presse. Elle déclare que son rôle n’est pas de s’immiscer dans les affaires internes du Venezuela. Mais la réalité est bien différente. RSF n’a jamais condamné la participation des médias privés dans la rupture constitutionnelle de 2002, se bornant seulement à reconnaître que « certains patrons de presse sont allés jusqu’à cautionner le coup d’Etat [13] ».
En réalité, plus de 90 % de la presse privée dont les quatre principales chaînes de télévision avaient ouvertement et activement soutenu la junte putschiste. Les principaux directeurs des médias privés s’étaient même réunis avec le dictateur de 47 heures, Pedro Carmona Estanga, le 13 avril 2002, pour recevoir les directives. Pour RSF, la participation au coup de force de la part des médias ne constituait pas un crime monstrueux. Il s’agit simplement d’« un manquement aux règles élémentaires de déontologie », rien de plus. Dans son rapport annuel de 2003, à aucun moment RSF ne condamne le rôle des médias dans le renversement du président Chávez [14].
Pis encore, le 12 avril 2002, RSF avait publié un article reprenant sans aucune réserve la version des putschistes et avait essayé de convaincre l’opinion publique internationale que Chávez avait démissionné :
« Reclus dans le palais présidentiel, Hugo Chávez a signé sa démission dans la nuit, sous la pression de l’armée. Il a ensuite été conduit au fort de Tiuna, la principale base militaire de Caracas, où il est détenu. Immédiatement après, Pedro Carmona, le président de Fedecámaras, a annoncé qu’il dirigerait un nouveau gouvernement de transition. Il a affirmé que son nom faisait l’objet d’un "consensus" de la société civile vénézuélienne et du commandement des forces armées [15] ».
Aussi incroyable que cela puisse paraître, ce communiqué n’a pas été émis par Washington, qui avait orchestré le coup d’État, mais par RSF.
« Les alters[mondialistes] ont toutes les indulgences pour l’ex-putschiste Hugo Chávez, ce caudillo d’opérette qui ruine son pays mais se contente – pour l’instant ? – de discours à la Castro sans trop de conséquences réelles pour les libertés de ses concitoyens ». Encore une fois, ces propos n’ont pas été tenus par le président George W. Bush. Ils ne sont pas non plus le fait des auteurs du sanglant coup d’Etat contre le président Chávez. Cette phrase n’est rien d’autre que l’œuvre de…Robert Ménard, le secrétaire général de RSF et a été publiée dans Médias, la revue officielle de l’organisation [16].
« Le gouvernement de Hugo Chávez est un échec, une catastrophe économique de promesses non tenues ». Ces propos ne viennent pas de l’oligarchie vénézuelienne, dont l’aversion à l’égard de celui qui vient de sortir victorieux de 12 processus électoraux consécutifs est sans limite, mais de… Robert Ménard encore une fois. Ils ont été prononcés à Miami (ville de Floride qui est devenue le fief des putschistes qui ont fuit la justice de leur pays) lors de la visite du secrétaire général de RSF à l’extrême droite cubaine et vénézuelienne en janvier 2004 [17].
Mais tout cela est-il étonnant quand l’on sait que la principale correspondante de RSF au Venezuela est la politologue María Sol Pérez Schael, éminent membre de l’opposition qui avait soutenu le coup d’État. Dans le journal El Universal, elle avait exprimé son soutien aux militaires putschistes qui occupaient la Plaza Francia et les avait qualifiés « d’hommes dignes qui ont su dominer leurs impulsions [et d’hommes] vertueux qui envoient un message de civisme au pays et au continent ». Leur message « de civisme » consistait en fait à lancer des appels à la grève générale et au sabotage pour renverser Hugo Chávez [18].
Est-ce surprenant quand l’on sait que RSF est financé par la National Endowment for Democracy (Fondation nationale pour la démocratie-NED), une entité créée par Ronald Reagan et financée par le Congrès étasunien dans le but de promouvoir la politique étrangère des Etats-Unis à travers le monde ? Que reste-t-il de la crédibilité de RSF ? Qui peut encore croire que cette organisation ne défend pas un agenda politique bien précis [19] ?
En mars 1997, le New York Times notait à ce sujet : « La National Endowment for Democracy a été créée il y a 15 ans pour réaliser publiquement ce que la Central Intelligence Agency (CIA) a fait subrepticement durant des décennies [20]. Elle dépense 30 millions de dollars par an pour appuyer des partis politiques, des syndicats, des mouvements dissidents et des médias d’information dans des dizaines de pays [21] ». En septembre 1991, Allen Weinstein, qui avait contribué à faire adopter la législation donnant naissance à la NED, déclarait au Washington Post : « Beaucoup de ce que nous faisons aujourd’hui a été fait par la CIA il y a 25 ans de manière clandestine ». RSF, financée par une officine écran de la CIA, selon Weinstein et le New York Times, pourra-t-elle encore tromper longtemps l’opinion publique [22] ?
RSF ne défend pas la liberté de la presse au Venezuela. Elle y défend les intérêts élitistes et mesquins des États-Unis et de l’oligarchie. Son traitement partisan et idéologique de la réalité vénézuelienne et le financement qu’elle reçoit de Washington ne laissent guère place au doute. Son objectif est de faire passer un gouvernement démocratique et populaire pour un prédateur de la liberté de presse à la conduite autoritaire, de le discréditer ainsi aux yeux de l’opinion publique internationale, pour justifier un éventuel coup d’État à son encontre ou une intervention militaire étasunienne.
Profesor de espanol y joven investigador en la Universidad Denis-Diderot de Paris |
[1] « Hugo Chávez et RCTV : censure ou décision légitime ? » par Salim Lamrani, Réseau Voltaire, 1er février 2007.
[2] Reporters sans frontières, « Le groupe RCTV pourrait perdre sa licence : Reporters sans frontières appelle le gouvernement à revoir sa position », 19 décembre 2006 (site consulté le 15 janvier 2007).
[3] « Opération manquée au Venezuela » par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 18 mai 2002.
[4] Ibid. ;Reporters sans frontières, « Le président Hugo Chávez annonce la fin de la licence de RCTV », 31 décembre 2006 (site consulté le 15 janvier 2007).
[5] Ibid.
[6] Reporters sans frontières, « Au nom du pluralisme des médias, Reporters sans frontières en appelle au président Hugo Chávez », 25 janvier 2007 (site consulté le 25 janvier 2007).
[7] Ibid.
[8] Reporters sans frontières, « Un maire censure quatre médias critiques à son égard », 11 novembre 2006. (site consulté le 13 novembre 2006).
[9] Reporters sans frontières, « Venezuela – Rapport annuel 2006 », 2006 (site consulté le 13 novembre 2006).
[10] Ibid
[11] Ibid
[12] Ibid
[13] Reporters sans frontières, « Venezuela – Rapport annuel 2003 », 2003 (site consulté le 13 novembre 2006).
[14] Ibid.
[15] Reporters sans frontières, « Un journaliste a été tué, trois autres ont été blessés et cinq chaînes de télévision brièvement suspendues », 12 avril 2002 (site consulté le 13 novembre 2006).
[16] Robert Ménard & Pierre Veuilletet, « La guérilla des altermondialistes contre l’info », Médias, n°1, 2004 (site consulté le 28 janvier 2007).
[17] Wilfredo Cancio Isla, « Reporteros sin Fronteras abre nuevas sedes en EEUU », El Nuevo Herald, 21 janvier 2004.
[18] El Universal, 22 novembre 2002.
[19] Robert Ménard, « Forum de discussion avec Robert Ménard », Le Nouvel Observateur, 18 avril 2005 (site consulté le 22 avril 2005).
Bologna, sabato 10 febbraio 2007
DISARMIAMOLI
PER UNA RETE NAZIONALE CONTRO LE BASI DELLA GUERRA E LA
MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETA'
Sala del Centro Katia Bertasi in via Fioravanti,14
(quartiere Navile - A pochi passi dalla Stazione Centrale).
http://nuke.disarmiamoli.org/
http://www.contropiano.org/Documenti/2007/
Febbraio07/10-02-07Convegno_Disarmiamoli.htm
SCARICA IL MANIFESTO DELLA INIZIATIVA:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/bologna100207.pdf
Il Comitato nazionale per il ritiro delle truppe italiane
338/9255514 - 338/4014989 – 338/1028120 - info @...
L'esperto di Medio Oriente ed Iraq stroncato da infarto a 55 anni Roma, 3 feb. (Apcom) - E' morto a Roma, stroncato improvvisamente da infarto a 55 anni, Stefano Chiarini: l'esperto di Medio Oriente ed Iraq del quotidiano 'Il Manifesto'. Chiarini, nato nel settembre del 1951, lascia la moglie Elena e due figlie. Storici i suoi servizi da Baghdad, dove si trovò unico giornalista con Peter Arnett quando iniziarono i primi bombardamenti americani, nella prima guerra del Golfo. Ed ancora a Baghdad Chiarini, dopo molti viaggi in Medio Oriente ed Iraq, ritornò, inviato dal Manifesto, per seguire la cronaca del sequestro della sua collega e grande amica Giuliana Sgrena. Fcs 031904 feb 07 |
Messaggi su Stefano Chiarini
Stefano: un amico e un compagno sornione e testardo della causa palestinese
Il telefonino che squilla in continuazione, i compagni da tutte le città che ti chiedono se è vero, come è accaduto, quando. Non è stato facile oggi pomeriggio apprendere per vie traverse, chiedere conferme dolorose e spiegare che Stefano è morto. Ci eravamo sentiti giovedi sera per scambiarci opinioni e idee sulla situazione in Palestina e sulle cose da mettere in cantiere nelle prossime settimane. Stefano, sornione come sempre, annunciava di stare qualche giorno a casa perchè gli faceva male una gamba. Oggi dovevamo risentirci per dividerci le cose da fare, le persone da sentire, le proposte da verificare...ma Stefano non potrà condividere questa lista di piccole-grandi idee sulle quali da anni abbiamo tentato in ogni modo di tenere il popolo palestinese e i suoi diritti al centro dell'agenda politica.
Abbiamo condiviso alcuni anni di iniziative straordinarie, di arrabbiature e di battaglie dando vita ad una esperienza anomala e unica come il Forum Palestina. Abbiamo condiviso le strade di Beirut fino a sollevarlo di peso in mezzo alla strada nominandolo scherzosamente "Lo Sceicco" e portandocelo in giro.
Mi e ci mancherà immensamente quella sua laboriosità e testardaggine con cui si misurava con gli obiettivi, quel suo non dirti mai di no sorridente che ti persuadeva poi a fare in buona parte come diceva lui.
Ci mancherà terribilmente Stefano,. Mancherà al popolo palestinese e a tutti coloro che testardamente come Stefano hanno voluto tenere aperta la "seccatura palestinese".
Ciao Sceicco, che la terra ti sia lieve
Sergio Cararo (Forum Palestina)
CI MANCHERAI, STEFANO
Attorno alle 18 di oggi è improvvisamente morto nella sua casa romana Stefano Chiarini, giornalista del quotidiano Il Manifesto. Se lo è portato via un infarto, non c'è stato niente da fare. Il Medio oriente era da sempre la sua passione, ed è stato l'unico giornalista italiano ad essere presente a Baghdad durante la prima Guerra del golfo, nel 1991 ed a tornarci anche in questi ultimi anni, sfidando la guerra e quegli squadroni della morte che hanno fatto pagare con la vita molti giornalisti troppo curiosi.
Aveva da subito aderito al Forum Palestina, convinto della necessità di schierarsi apertamente e senza ambiguità dalla parte del popolo palestinese, informando sulla situazione in Medio Oriente dalle pagine del Manifesto e poi anche de la Rinascita, e dai microfoni di Radio Città Aperta e di altre emittenti libere.
Ricordiamo con emozione la sua determinazione e il suo coraggio nel sostenere la causa palestinese e quella più in generale delle popolazioni arabe. Ricordiamo la sua accuratezza nel descrivere l'attualità mediorientale, sempre accompagnata da una riflessione e da una analisi preziosissime e originali in un panorama informativo dominato dal pregiudizio antislamico e filoisraeliano.
Ricordiamo la sua disponibilità a partecipare a mille iniziative su e giù per l'Italia, il suo attivismo come promotore e animatore dell'annuale delegazione nei campi profughi palestinesi in Libano. Ka campagna "Per non dimenticare Sabra e Chatila" è diventato negli ultimi anni uno strumento importantissimo contro la rimozione delle responsabilità israeliane nel massacro della inerme popolazione palestinese nei campi di Sabra e Chatila. Stefano ci ha raccontato cos'è Hezbollah senza pregiudizi e con lungimiranza, da giornalista e da compagno, quando per tutti questa parola significava solo "Partito di Dio".
Di Stefano vogliamo anche ricordare l'amicizia e la sensibilità di tutti i popoli oppressi e sfruttati: ricordiamo il suo lavoro di approfondimento sulla lotta del popolo irlandese, tra le altre cose.
Ci mancherai Stefano, ci mancheranno i tuoi articoli, ci mancherà la tua voce tranquillizzante, il tuo lavoro di inestimabile valore.
Un abbraccio da tutta la redazione di Radio Città Aperta
Sono sconvolto nell'apprendere la notizia della scomparsa di Stefano Chiarini ,avvenuta pochi ore fa nella sua abitazione a roma.
sono sconvolto inanzi tutto perche lo conosco ,come tanti altri ,da molti anni ,e per la sua statura ,onesta' personale ed intellettuale e la sua dedizione al suo lavoro.
ma anche e' uno dei piu' accaniti amici "quasi integralista" della palestina e della sua causa.
amcio e compagno di avvenura negli ultimi anni delle avventure per le strade di sabra ,Shatila ,Ein el helwi,Rashidie ,per non dire l'anoma e l'ideatore del comitato per non dimenticare sabra e shatila .
addio caro Stefano e la promessa e' sempre la stessa ,continuare ad amare la palestina,cio' la giustizia,e dare ,fare tutto il possibile perche trionfi.
Omar Suleiman (Napoli)
Stefano Chiarini era uno dei rarissimi giornalisti onesti che circolano in Italia dove, come si sa, la quasi totalità è fatta da mercenari "intellettuali" sempre disposti a qualunque menzogna, a qualunque denigrazione, a qualunque montatura...
La notizia della sua morte ci lascia senza parole. E' , per tutti, una grande perdita.
Le compagne e i compagni del Laboratorio Marxista (Viareggio)
La Rete degli Artisti contro le Guerre partecipa al lutto per la morte del compagno Stefano Chiarini che tanto ha contribuito alla causa del popolo palestinese. La sua opera verrà portata avanti da ognuno di noi e da tutti quanti abbiano a cuore le sorti non soltanto del popolo palestinese ma di titti i popoli che lottano per la loro libertà.
Edvino Ugolini
Rete Artisti contro le guerre
Questa notizia mi sconvolge, sicuramente si tratta di una perdita enorme,
Fabio Marcelli
Caro Stefano,
sono tempi molto duri per noi palestinesi. Non avremmo mai immaginato o sognato di assistere a quello che sta accadendo oggi fra di noi a Gaza, dove un palestinese spara ed uccide un'altro palestinese. Una guerra civile vera e propria, che è anche la conseguenza del fallimento della politica internazionale.
Ci siamo conosciuti agli inizi degli anni 80, da subito è nata un'amicizia ed un'intesa eccezionale che si è rafforzata col passaggio degli anni. In tutti i momenti più duri e difficili della nostra storia, sei sempre stato presente e molto attivo. Sei stato, a volte anche critico nei confronti della dirigenza palestinese, ma l' apprezzamento e la gratitudine di tutti noi e in primo luogo del grande Arafat sono stati enormi e manifestati in occasione degli incontri che avete avuto.
Stefano, grazie anche a te è nato e si è evoluto il movimento di solidarietà italiano con la lotta del nostro popolo anche attraverso la costituzione delle associazioni "Amici della Mezza Luna Rossa Palestinese" e "Per non dimenticare Sabra e Shatila".
La questione palestinese e i problemi del mondo arabo sono stati da sempre il fulcro della tua intensa attività, il maggior interesse e argomento delle tue opere. Con te abbiamo avuto uno dei massimi esperti del Medioriente in assoluto, e sul serio. Scritti sulla Palestina, sul Libano, sull'Iraq, sulla Siria, sull'Algeria, sull'Iran, su Israele ... attraverso il tuo giornale "Il Manifesto" e su tanti sia italiani che stranieri.
Ti piangeranno e ti ricorderanno per sempre, particolarmente, i familiari delle vittime innocenti dei campi profughi di Beirut, Sabra e Shatila, che tutti gli anni e per l'occasione ti aspettavano insieme a decine e decine di italiani per commemorare l'anniversario del massacro compiuto, nel settembre del 1982, dall'esercito israeliano guidato da Ariel Sharon.
In questo momento, difficile e drammatico, subiamo la tua mancanza e la tua scomparsa, grave per la tua famiglia e per noi che ci consideriamo parte di essa.
Al nostro popolo da oggi mancherà un profondo e sensibile conoscitore della sua tragica storia e l'opera di un uomo, un giornalista, impegnato per la libertà e la pace in medioriente e nel mondo. Grazie caro fratello e compagno per quanto hai fatto per noi.
Ciao Stefano.
Dr. Yousef Salman
Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia
Il giornalismo italiano perde oggi una grande voce libera, acuta e cosciente
Ne sentiranno la mancanza in molti soprattutto i popoli oppressi del Medio Oriente
Con grande rammarico e tristezza vi comunichiamo la notizia, di poche ore fa, dello spegnimento del giornalista de il manifesto il compagno Stefano Chairini a causa di un malore al cuore.
Gli arabi ed i palestinesi dell’Unione Democratica Arabo Palestinesi in Italia presentando il loro sincero e sentito cordoglio si stringono fortemente ai famigliari e parenti di Stefano nel loro dolore.
Appena sapremo, quando ci saranno i funerali, ve lo comunicheremo subito.
Ai funerali, preghiamo i nostri amici arabi di esserci tutti dando un segnale di riconoscimento alla bravura, sensibilità, solidarietà ed umanità di questo compagno che porteremo nei nostri cuori.
L'Unione Democratica Arabo-Palestinese
Oggi ho perso un solido compagno, un amico gentile, un grande giornalista.
Caro Stefano continueremo a batterci e cercare, con curiosità e coraggio, dalla parte del torto.
Un abbraccio intenso a tutta la redazione del Manifesto ed alla sua adorata famiglia.
Ciao Stefano, mi manchi già tantissimo.
Iacopo Venier (Responsabile Esteri Partito dei Comunisti Italiani)
Non ho parole adeguate per comunicarvi la notizia della morte di Stefano Chiarini.
E' talmente assurda e drammatica da lasciare tutti noi che l'abbiamo conosciuto, apprezzato ed amato, ammutoliti ed increduli.
Stefano era, e resta, la voce che abbiamo ascoltato e letto, e direi, tante volte inseguito, perchè capace di darci la conoscenza e la coscienza dei fatti.
Sappiamo che altri non gradivano i suoi interventi perchè non offrivano alibi ed anfratti bui dove nascondersi.
Le sue parole non si mimetizzavano dietro ipocriti sotterfugi.
Per noi erano la molla che ci faceva agire.
Noi lo amavamo per la sua semplicità di essere grande, per quel suo mostrarsi sempre aperto a tutto ed a tutti, per quel suo assicurarti un briciolo di attenzione anche quando era distratto e inseguiva altri pensieri.
Per noi era come il fuoco per la falena: ci attraeva e ci coivolgeva, ravvivando quel poco di umanità ch'era nascosto nel fondo della nostra coscienza.
Da lui abbiamo tratto il senso della nostra partecipazione ad una lotta che ci ha posto dalla parte di chi ha subito un torto epocale, che però nessuno vuole di fatto contrastare.
Stefano, immenso è il vuoto e la sofferenza che la tua morte ha prodotto in noi.
Mariano
cari compagni, che dire? Sono letteralmente annichilito dalla notizia!
Angelo Baracca
Noi compagne e compagni del Centro Sociale Vittoria di Milano abbiamo appena appreso la dolorosa notizia della scomparsa di Stefano.
Vogliamo ricordarlo per le numerose iniziative di controinformazione che abbiamo organizzato con lui. Abbiamo apprezzato la sua intelligenza , la sua lucidità e la sua capacità di affrontare la questione mediorientale da un punto di vista totalmente differente da quello dell'informazione ufficiale, dando spazio e voce a chi vede
quotidianamente negati i propri diritti e a chi normalmente spazio e voce non ha nei media allineati.
Ma vogliamo ora soprattutto ricordarlo per la sua sensibilità nel raccontare e comunicare il dolore e l'ansia di ribellione dei popoli palestinese, iracheno e libanese.
Questi popoli hanno perso un grande fratello e la causa della libertà ha perso un grande sostenitore.
Esprimiamo tutto il nostro dolore per la perdita di un compagno come Stefano, dal punto di vista umano oltre che politico.
Un abbraccio forte a tutti i suoi compagni e alla sua famiglia.
Ciao Stefano
I compagni e le compagne del Centro Sociale Vittoria di Milano
Apprendiamo in questo momento la notizia della morte di Stefano Chiarini:
è una grave perdita per tutti coloro che l'hanno conosciuto, per il movimento di sostegno alla resistenza del popolo palestinese.
Lo ringraziamo per il suo contributo, insostituibile; ricordiamo la sua presenza qui a Lucca alle nostre iniziative, la sua disponibilità, semplicità, umanità.
Che la terra ti sia lieve...
Associazione Ghassan Kanafani - Lucca
Molto molto addolorata. La sua purezza, la sua serietà lo sentivo come un fratello. Teneteci informati
flavia donati
una vera tragedia.
io che per anni raccolgo materiale sulla Palestina, potete capire come mi sento: triste, notificate mie condoglianze alla famiglia per favore.
muore un amico della Palestina, ragione di più continuare il nostro impegno per ricordarlo in eterno.
alex schiavi
con immenso dolore apprendiamo della tua scomparsa, carissimo stefano.
ci mancherai, ci mancheranno le tue parole, la tua voce, il tuo sorriso.
ora riemerge con forza il ricordo di quelle giornate trascorse insieme in libano nel 2002 per le strade sterrate dei campi profughi palestinesi e sentiamo ancor oggi dentro di noi la passione e la tenacia del tuo essere a fianco del popolo palestinese.
ti abbracciamo, arrivedereci caro e sorridente compagno!!
valentina e sandro (network per i diritti globali .barletta.)
sono dispiaciuto di questa grande perdita' condoglianza al forum e la
famiglia di Chiarini
Hamidi Behrooz iraniano da Palermo
traducco e diffondo alla mia lista (delle traduzioni del manifesto in francese), Stefano à quello che ho di più tradotto gli articoli ; non riesco a immaginare la lotta con la sua assenza...
Si vous avez quoi que ce soit à traduire pour diffuser, envoyez, ici (marseille) nous allons faire quelque chose avec jean el cheikh pour annoncer sa mort.
con affetto e tristezza
marie-ange
Dal Manifesto del 2 settembre del 2000:
E i palestinesi? Il mondo pensa veramente che si possa arrivare alla pace ignorando la loro esistenza? Il mondo pensa veramente che si possa continuare a negare loro una casa, un lavoro e, nel caso di Chatila, anche una degna sepoltura? Noi del manifesto non lo pensiamo. E abbiamo deciso di batterci perché il ricordo di quei morti non vada perduto. Che venga data loro una degna sepoltura. E siamo stati sommersi di lettere di sostegno. Una risposta che è anche una speranza di giustizia. Se ognuno portasse a Chatila un fiore nessuno potrebbe più ignorare quella fossa. Per quanto ci riguarda il sedici settembre noi saremo li con il "nostro fiore dall'odore del sangue ma anche del gelsomino".
Ci sono morti che pesano come piume, altre che pesano come montagne: per noi, che amiamo la Palestina, la giustizia e la verità, che siamo contro l’imperialismo americano e contro il sionismo oggi ci troviamo a subire questa immensa perdita.
Sarà più difficile ma dovremo saper andare avanti anche senza Stefano.
Il suo ricordo lo porteremo nel cuore e nelle piazze per farlo vivere ancora.
Un abbraccio forte ai suoi familiari
Francesco Giordano
Orribile, siamo tutti più poveri e la politica e il giornalismo italiano
più che mai.
Paola Ferroni per ALJ - onlus
Non mi sono fatto più vivo perchè ho avuto qualche casino personale di troppo, e pure noie di salute ... MA ora, davanti a questa notizia arrivatami or ora, non posso tacere.
Con Stefano se ne va un altro dei pochi della mia generazione che NON avevano ancora abbassato la guardia !!!
Uno dei pochi che, sia pur dalle pagine del "quotidiano comunista choc per i compagni chic", ha sempre saputo coerentemente esprimere una propria dignitosa linearità antimperialista, in spregio ad un isolamento via via più scandalosamente marcato.
E' profondamente vero, come dite voi, che di Stefano noi tutti sentiremo la mancanza, ben al di là degli inevitabili quanto parziali disaccordi che, nel corso di circa un quarantennio, possono essersi sporadicamente palesati da parte di alcuni di noi, nei confronti di qualche sua presa di posizione: ci rimarrà di lui il ricordo del suo lungo impegno, espresso sia sul fronte di una libera e mai accomodante CONTRO/informazione, che sul piano di uno sforzo analitico sempre comunque indirizzato ad una critica radicalmente partigiana, dell'oppressione genocidaria di un imperialismo ben lontano dall'essersi fatto negrianamente "ecumenico e consociativo" !!!
Un triste abbraccione a tutt*
Marco Melotti
Ho saputo adesso di Stefano, sono sorpreso e sconvolto, non bastano le
parole per definire il vuoto che lascia. Ciao Stefano.
Raffaele Della Corte
Laboratorio di Resistenza alla Guerra
Con Stefano Chiarini la Palestina ha perso un amico sincero, uno che non ha mai intrapreso la strada del compromesso e che ha saputo sempre e senza esitazioni individuare la differenza tra oppresso ed oppressore, documentandola e promuovendone la conoscenza con le sue puntuali corrispondenze dal campo, con i viaggi in Libano del comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, con il contributo attivo, e preziosissimo, a tutte le campagne di solidarietà con il popolo palestinese.
Le nostre iniziative, conferenze, convegni o manifestazioni che fossero, hanno spesso potuto avvalersi del privilegio del suo contributo di pensiero, ma Stefano non si è mai risparmiato nemmeno nel lavoro più modesto, si è speso anche nelle scuole, ha contribuito a diffondere la conoscenza della causa palestinese tra i ragazzi più giovani, spiegando i motivi del suo schierarsi a favore dei palestinesi con la sua innata pacatezza ma con una tale fermezza che finiva per impressionare e suscitare interesse anche in chi fosse a digiuno della questione, o, peggio, suggestionato dai pregiudizi diffusi dalla disinformazione dominante; quella stessa disinformazione contro cui Stefano ogni giorno si è battuto nei suoi articoli e nei suoi reportage, essendo ancora un giornalista per cui contano i fatti prima che le opinioni.
Noi perdiamo un compagno che sapeva coniugare tenacia e coerenza, che nei momenti d’isolamento politico della scomoda causa palestinese non si è mai tirato indietro. Una perdita così grave non è sostituibile, ma proveremo, Stefano, a portare nelle nostre iniziative future il tuo senso critico, la tua convinzione, la tua umanità di giornalista e comunista.
Comitato “Con la Palestina nel cuore”
E’ molto doloroso ammettere che un maledetto infarto ci ha strappato Stefano dalle mani, lo ha portato via. Stefano Chiarini, giornalista del Manifesto, che si occupava della Palestina, del Libano e dell’Iraq, una fonte di informazione immensa; si direbbe che conoscesse tutti e tutto sul Medio Oriente.
Stefano è stato l’ideatore del comitato italiano “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, che da anni organizza il viaggio di un gruppo di amici e compagni solidale con la questione dei profughi palestinesi, per visitare i loro campi in Libano, e sentire i protagonisti dirittamente, toccare la realtà che si vive all’interno di un campo profughi a Beirut, o a Sidone.
Sono anni che conosciamo Stefano, anni di lavoro e di preparazione, di iniziative non solo in Italia; in questi ultimi quattro anni abbiamo viaggiato tante volte, Stefano era sempre ottimista, anche nei momenti in cui l’ottimismo andava a farsi benedire.
Lo scorso settembre, esattamente un mese dopo il “ce
(Message over 64 KB, truncated)
(la prima parte è leggibile alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5279 )
--- da Claudia Cernigoi riceviamo e volentieri giriamo:
l nome di Oneto mi ricordava qualcosa, ecco cosa ebbi modo di
scrivere su di lui nella parte da me curata in "La memoria
tradita" (Zeroincondotta 2002):
< Gli antichi popoli padani, i miti del Nord, i simboli della terra e
del fuoco. Dietro al progetto dei Celti, temi e interessi che
avvicinano l’ideologia leghista a quella della nuova destra >.
Così inizia un servizio di Max Mauro sul “Friuli”
del 10.11.2000. Lo spunto per la ricerca è dato dal fatto che la
Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia aveva stanziato quattro
miliardi per “riscoprire e valorizzare” la memoria celtica. Artefice
di questo stanziamento l’assessore leghista udinese Alessandra Guerra
(già “ministro degli esteri” della Padania), per la quale il
giornalista ipotizza un incontro, durante una delle riunioni
veneziane del “governo padano”, con l’architetto piemontese Gilberto
Oneto “ideologo ufficiale della Lega Nord” e ritenuto “esperto” di
tematiche celtiche. In effetti, per la valutazione dei progetti
“celtici” degni di finanziamento, è stata nominata dalla Giunta
Regionale una commissione d’esperti della quale fa parte pure Oneto.
Oneto è tra l’altro il direttore della rivista
“Quaderni Padani”, editorialista de “La Padania” ed autore di diversi
pamphlet “padani”, tra i quali il più famoso è “L’invenzione della
Padania”. Le sue ricerche “celtiche” sono tese alla riscoperta di
“eroi padani”, visti come antesignani della lotta “anti-romana ed
anti-italica”. Ma scrive anche di immigrazione, con un articolo dal
titolo di sentore quasi ecologista, “Meno foresti e più foreste”, nel
quale teorizza “la chiusura totale dei flussi immigratori,
l’espulsione di tutti i clandestini e il ricollocamento nei paesi
d’origine di tutti i regolari”. (Ogni similitudine con il
forzanovista “umano rimpatrio” è puramente casuale?). Sui “Quaderni
Padani” è apparsa la “Proposta per uno statuto etnonazionalista”,
firmata da tale Flavio Grisolia, fondatore del movimento ligure
“Trincea d’Europa”, collaboratore del Centro Studi La Runa di
Chiavari e promotore del “Comitato per la difesa dei cittadini
vittime dell’invasione extracomunitaria” (come nome questo potrebbe
forse ricordare un po’ il “Comitato spontaneo di triestini che non
parlano lo sloveno” di Giorgio Rustia). Cosa intende Grisolia per
“etnonazionalismo”? Il “recupero del controllo etnico del territorio
e degli apparti produttivi secondo i valori della tradizione”, per
cui la sua conclusione è che la Lega Nord è “l’unico partito vicino a
questo sentire”. Del Centro Studi la Runa vale la pena di dire che,
oltre a dare spazio alle associazioni “celtiste”, dedica pure
attenzione alle posizioni politiche di Third position international
ed ad un altro link “Thule net”, che oltre ad evocare passati
nazionalsocialisti ci fa ripensare anche a quanto scritto da Carlo
Palermo.
Alle teorie d’Oneto si ispira anche l’associazione
lombarda “Terra insubre”, ma ci sono poi le varie associazioni
“tolkeniane”, sorte come gruppi culturali che si ispirano ai racconti
fantasy di Tolkien, scrittore che è stato sempre molto caro, con le
sue simbologie, alla giovane destra dagli anni Settanta in poi. Basti
pensare ai campi “hobbit” del Fronte della Gioventù ed a tutti gli
altri richiami alle saghe del Signore degli Anelli.
fine citazione. Tanto per avere un'idea di chi sono gli
"intellettuali" di questo Paese.
Saluti resistenti
Claudia Cernigoi
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> "Coord. Naz. per la Jugoslavia" ha scritto:
>
> Un quotidiano nazifascista / 1
>
> (riportiamo di seguito senza commenti, al solo scopo di lasciare "ai
> posteri" la documentazione di che cosa erano i quotidiani dell'Italia
> nel 2007. cnj)
>
> Libero 3 gennaio 2007 - pag.13
>
> L' Intervento
>
> Non solo barbari
>
> La Slovenia nell ' euro è una buona notizia
>
> di GILBERTO ONETO
(...)
(riportiamo di seguito senza commenti, al solo scopo di lasciare "ai
posteri" la documentazione di che cosa erano i quotidiani dell'Italia
nel 2007. cnj)
Libero 3 gennaio 2007 - pag.13
L' Intervento
Non solo barbari
La Slovenia nell ' euro è una buona notizia
di GILBERTO ONETO
Arrivano anche buone notizie. Assieme all ' ingresso in Europa delle
carovane dei parenti di Dracula che hanno oltrepassato la fortezza
Bastioni e che puntano direttamente ai cassetti dei nostri armadi, il
nuovo anno ha portato anche l ' entrata della Slovenia nell ' Euro.
Spiace solo un po ' che sparisca il Tallero, una moneta dal nome molto
simpatico ai milioni di orfani di Maria Teresa. Ma avremo, come vicini
di casa, un po ' meno di due milioni di signori mediamente civili,
educati, puliti e non troppo preoccupati dall ' idea che per vivere si
debba lavorare.
La Slovenia è un paese piccolo e ordinato, che somiglia sempre più alla
Stiria e alla Carinzia, e che in 16 anni di indipendenza ha percorso un
secolo di storia, dal socialismo brutale di Tito all ' Europa
postindustriale, che ha ripulito le proprie città dal lezzo
stagnante di
cavolo, che era un po ' il marchio olfattivo del regime. Pochi decenni
fa attraversare il confine era come entrare in un racconto di Ivo
Andric, in una sorta di Uzbekistan che cominciava alla periferia di
Trieste. Andarci oggi è trovarsi fra gente normale, anche cortese e bene
educata. Impressionano il numero delle librerie di Lubiana e la quantità
di pubblicazioni stampate in una lingua che ha meno parlanti del
piemontese e poco più del bresciano, che invece vengono fatte morire -
come tutte gli altri idiomi locali - perchè ci dicono essere sotto la
soglia biologica di sopravvivenza.
(segnalato su resistenza_partigiana @ yahoogroups.com)