Informazione

KOSOVO: GIORNALE SERBO, AHTISAARI E' FIGLIO DI NAZISTA

(ANSA) - BELGRADO, 7 FEB - Si trasferisce anche sui media belgradesi - con accuse di presunti trascorsi familiari filo-nazisti - la montante ostilita' dell'establishment serbo contro l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari: l'emissario dell'Onu autore della recente proposta di soluzione sul controverso dossier riguardante il futuro status della provincia secessionista a maggioranza albanese del Kosovo. Una proposta che i leader della Serbia - malgrado gli inviti alla flessibilita' di vari mediatori internazionali, ultimi in ordine di tempo quelli della troika Ue - continuano quasi unanimemente a respingere come ''inaccettabile'' apertura al riconoscimento dell'indipendenza kosovara. E che ha scatenato il malanimo di molti media contro lo stesso Ahtisaari. Tra gli altri, il settimanale Nedeljni Telegraf, che oggi si scaglia in prima pagina contro l'inviso mediatore finlandese additandolo sic et simpliciter come ''figlio di nazista''. Nella sua caccia agli asseriti altarini della famiglia Ahtisaari, il settimanale serbo sostiene di aver trovato prove documentali ''compromettenti'' sul padre dell'ex presidente: militare, durante la II guerra mondiale, nelle file della divisione Viking, un'unita' finlandese - scrive - associata in modo organico ai ranghi allora alleati della Germania nazista. Il giornale ammette che la Viking non risulta coinvolta direttamente in processi per crimini di guerra, ma la presenta comunque come una unita' ''inquadrata direttamente nelle SS naziste''. Una marchio d'infamia - vero o falso, poco importa - che Nedeljni Telegraf pretende di riverberare sulle attivita' diplomatiche odierne del figlio. (ANSA). LR
07/02/2007 17:03 



(italiano / english)

Greece: Kosovo link to embassy strike


Il missile sparato contro l'Ambasciata USA di Atene lo scorso 12
gennaio, e rivendicato da un sedicente gruppo "Lotta Rivoluzionaria",
era arrivato in Grecia dal Kosovo. Lo ha rivelato il quotidiano
Kathimerini, sulla base di fonti della polizia, lo scorso 6 febbraio.
La notizia però non è stata ripresa nemmeno dall'ANSA, di cui
riportiamo invece di seguito i dispacci dei giorni dell'attentato. Si
tratta dunque di segnali di impazienza degli estremisti pan-albanesi,
oppure aveva visto bene il KKE - Partito Comunista Greco - quando
aveva evocato la possibilità di una provocazione contro gli
antimperialisti?...
(a cura di IS)

---

GRECIA: FONTI USA; RAZZO CONTRO AMBASCIATA, NESSUN FERITO
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Fonti dell'ambasciata USA ad Atene hanno
confermato che e' stato un razzo a colpire stamani la facciata della
sede diplomatica americana a Atene. L'ordigno e' penetrato attraverso
il vetro corazzato di una finestra all'altezza del terzo piano
dell'edificio. Le stesse fonti hanno inoltre confermato che
''l'attentato non ha provocato feriti ne' vittime''. Non e' stato
ancora accertato se il razzo sia un ordigno di costruzione
artigianale, come quelli utilizzati in passato dal gruppo
terroristico greco '17 novembre' oppure - come ha sostenuto un
esperto - un razzo modello FG7 di fabbricazione russa, arma che non
e' in dotazione all'esercito greco. (ANSA). MRR
12/01/2007 07:20

GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, TROVATO TUBO LANCIO RAZZO
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - La polizia greca ha trovato il tubo di
lancio da quale e' stato esploso il razzo che stamani ha colpito la
facciata dell'ambasciata Usa ad Atene provocando un foro nel vetro
corazzato di una finestra al terzo piano ma senza provocare vittime
ne' feriti. Lo ha riferito la radio ateniese Skay. La radio ha
precisato che l'ordigno sarebbe un razzo anticarro da 2.26 pollici.
Gia' nel febbraio del 1996 la sede diplomatica Usa era stata
obiettivo di un attentato del gruppo terroristico '17 novembre' che
aveva esploso un razzo anticarro da 3.5 pollici contro la parte
posteriore dell'ambasciata. (ANSA). MRR
12/01/2007 07:34

GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, GRUPPO RIVENDICA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Il gruppo terroristico greco ''Lotta
rivoluzionaria'' (EA, Epanastatikos Agonas), ha rivendicato poco fa
l'attentato di stamani contro l'ambasciata Usa ad Atene. Lo ha reso
noto la Tv privata Mega precisando che la rivendicazione e' stata
fatta da uno sconosciuto con una telefonata ai servizi di sicurezza
della sede diplomatica. Comparsa nel settembre 2003, Lotta
rivoluzionaria, considerata l'organizzazione terroristica piu'
pericolosa attualmente in Grecia, si e' gia' attribuita la
responsabilita' di sei attentati, l'ultimo dei quali l'8 giugno
scorso con una bomba fatta esplodere presso l'abitazione del ministro
della Cultura Yorgos Voulgarakis, gia' ministro dell'ordine pubblico.
In precedenza il gruppo aveva rivendicato un attentato contro un
commissariato di Atene a 100 giorni dalle Olimpiadi dell'agosto 2004
e un altro, nel dicembre scorso, contro il ministero dell'Economia
nel centro di Atene in cui due passanti erano rimasti feriti. Sinora
nessuno dei suoi membri e' stato arrestato. (ANSA). MRR
12/01/2007 08:23

GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, PER POLIZIA OPERA ESPERTI
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Sarebbe stato ''un esperto'' nel maneggiare
le armi a compiere l'attentato di stamani contro l'ambasciata Usa ad
Atene. Lo ha affermato un portavoce della polizia ateniese rivelando
che, secondo i primi accertamenti, il razzo che stamani ha colpito la
facciata dell'edificio e' stato quasi certamente esploso dall'interno
di un'auto in movimento. L'attentatore si sarebbe quindi disfatto del
tubo di lancio che e' stato trovato abbandonato in uno spiazzo di
terreno antistante l'ambasciata. Proseguono intanto i sopralluoghi
della polizia all'interno dell'edificio. Un ufficiale, parlando con
un giornalista della Tv privata Mega, ha detto di essere entrato
nella stanza dove e' penetrato il razzo. ''Non ho mai visto niente
del genere'', ha detto il poliziotto riferendosi all'entita' dei
danni constatati ed ha aggiunto che, a suo parere, il razzo ''e' di
fabbricazione est-europea''. (ANSA). MRR
12/01/2007 08:42

GRECIA: ATTENTATO CONTRO AMBASCIATA USA AD ATENE / ANSA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Un razzo e' stato lanciato stamani contro
l'ambasciata Usa di Atene. L'attentato - che e' stato rivendicato dal
gruppo terroristico greco Lotta rivoluzionaria (EA, Epanastatikos
Agonas) - non ha provocato ne' morti, ne' feriti. L'attacco contro la
sede diplomatica e' avvenuto alle 05:55 (le 04:55 in Italia) ed il
forte boato dell'esplosione ha scosso il centro di Atene mandando in
frantumi i vetri di decine di abitazioni circostanti. L'ordigno, che
secondo i primi accertamenti, e' un razzo anticarro da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa o est-europea, ha colpito l'edificio
poco al di sopra della testa della grande aquila (simbolo degli Usa)
che campeggia sulla facciata, aprendo un grosso foro nel vetro
corazzato di una finestra al terzo piano. Il razzo, secondo la
polizia, sarebbe stato esploso da una persona esperta nel maneggiare
le armi dall'interno di un veicolo in movimento. Il tubo di lancio
del razzo e' stato trovato abbandonato in uno spiazzo antistante la
sede diplomatica. La zona dove sorge l'ambasciata, sul trafficato
viale Regina Sofia, e' stata per alcune ore isolata da decine di auto
della polizia. Parlando con i giornalisti all'esterno dell'edificio,
l'ambasciatore Usa ad Atene Charles Rice ha definito l'attentato ''un
atto di violenza senza senso e ingiustificato in questo momento''
riferendosi agli ottimi rapporti che intercorrono tra
l'amministrazione di Washington e il governo di Atene. Il ministro
degli esteri greco Dora Bakoyanis si' e' recata sul posto dove ha
incontrato Rice al quale ha espresso la propria solidarieta'
assicurandogli inoltre che le autorita' elleniche faranno tutto il
possibile per assicurare alla giustizia i responsabili dell'attacco.
Gia' nel febbraio del 1996 la sede diplomatica Usa era stata
obiettivo di un attentato del gruppo terroristico '17novembre' che
aveva esploso un razzo anticarro da 3.5 pollici contro la parte
posteriore dell'ambasciata danneggiando tre auto ma, anche in quel
caso, senza fare vittime. Comparsa nel settembre 2003, Lotta
rivoluzionaria, considerata l'organizzazione terroristica piu'
pericolosa attualmente in Grecia, si e' gia' attribuita la
responsabilita' di sei attentati, l'ultimo dei quali l'8 giugno
scorso con una bomba fatta esplodere presso l'abitazione del ministro
della Cultura Yorgos Voulgarakis, gia' ministro dell'ordine pubblico.
In precedenza il gruppo aveva rivendicato un attentato contro un
commissariato di Atene a 100 giorni dalle Olimpiadi dell'agosto 2004
e un altro, nel dicembre scorso, contro il ministero dell'Economia
nel centro di Atene, in cui due passanti erano rimasti feriti. Sinora
nessuno dei suoi membri e' stato arrestato. (ANSA). MRR
12/01/2007 09:32

GRECIA: GOVERNO CONDANNA ATTACCO CONTRO AMBASCIATA USA/ANSA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - ''Un atto simbolico teso a provocare
l'opinione pubblica greca e a rovinare le relazioni internazionali
della Grecia'': cosi' il ministro della pubblica sicurezza greco
Vyron Polidoras ha definito l'attentato terroristico compiuto stamani
da sconosciuti che hanno lanciato un razzo contro l'ambasciata Usa di
Atene. L'attentato - rivendicato con una telefonata ai servizi di
sicurezza della stessa ambasciata dal gruppo terroristico Lotta
rivoluzionaria (EA, Epanastatikos Agonas) - non ha provocato morti
ne' feriti. Ma il forte boato dell'esplosione ha scosso tutta la zona
circostante, nel centro della capitale, ed ha mandato in frantumi i
vetri di decine di edifici. L'area e' stata subito isolata dalla
polizia. Le indagini sono condotte dal dipartimento antiterrorismo
ellenico coadiuvato dalle autorita' dell'ambasciata. L'ordigno, che
stando alle prime informazioni e' un razzo anticarro da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa o est-europea, ha colpito l'edificio
poco al di sopra della testa della grande aquila che campeggia sulla
facciata, aprendo un grosso foro nel vetro corazzato di una finestra
al terzo piano. Il razzo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato
esploso con un bazooka da una persona esperta nel maneggiare le armi
dall'interno di un veicolo in movimento. Il tubo di lancio del razzo
e' stato trovato a poche decine di metri dall'ingresso della sede
diplomatica. L'ambasciatore Usa ad Atene Charles Rice ha definito
l'attentato ''un atto di violenza ingiustificato in questo momento'',
considerati gli ottimi rapporti esistenti tra Washington ed Atene.
Sia il primo ministro Costas Karamanlis sia il partito socialista
Pasok all'opposizione hanno duramente condannato l'attentato, mentre
il ministro Polidoras ha dichiarato che ''le istituzioni dello stato
sono salde ed efficaci ed il terrorismo non passera' ''. La sede
diplomatica Usa era stata obiettivo di un attentato del disciolto
gruppo terroristico di estrema sinistra '17 novembre' nel febbraio
del 1996 quando un razzo anticarro da 3.5 pollici era stato lanciato
contro la parte posteriore dell'ambasciata danneggiando tre auto
diplomatiche ma, anche in quel caso, senza fare vittime. (ANSA). MRR
12/01/2007 12:03

GRECIA: FRENETICA CACCIA AD ATTENTATORI AMBASCIATA USA
(ANSA) - ATENE, 15 GEN - Le unita' antiterrorismo greche e i circa 50
agenti del Federal Bureau of Investigation Usa (Fbi) che indagano
sull'attentato contro l'ambasciata americana ad Atene avrebbero
''individuato'' due uomini (tre, secondo altre fonti) e una donna che
si ritiene siano i responsabili del lancio del razzo anticarro che
venerdi' mattina ha colpito, senza fare vittime, la facciata della
sede diplomatica. Le indagini, come rilevano stamane i giornali
ateniesi, proseguono a ritmo frenetico mentre si attende da un
momento all'altro la rivendicazione dell'attacco che si ritiene sia
opera del gruppo estremista di sinistra Lotta rivoluzionaria.
L'organizzazione, che ha fatto la sua comparsa nel settembre 2003 ed
e' ritenuto il gruppo terroristico piu' pericoloso a tutt'oggi attivo
in Grecia, si e' sinora attribuita la responsabilita' di sei
attentati, nessuno dei quali ha fatto vittime come nessuno dei suoi
appartenenti e' stato mai arrestato. Fonti vicine agli inquirenti
hanno reso noto che il numero degli attentatori e' emerso
dall'analisi delle immagini registrate dalla telecamere di sicurezza
installate all'esterno dell'ambasciata Usa e dalle testimonianze di
10 persone che al momento dell'esplosione (due minuti prima delle
06:00 locali) si trovavano a percorrere l'ampio viale Regina Sofia
sul quale sorge la sede diplomatica Usa. E' stato intanto accertato
che il missile anticarro che ha colpito l'ambasciata entrando da una
finestra al terzo piano e finendo in uno stanzino accanto all'ufficio
dell'ambasciatore Charles Ries, non e' un Rpg 18 da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa come reso noto in un primo momento
bensi' un Rpg 7 da 40 mm di fabbricazione cinese costruito
probabilmente nel 1974. L'ordigno, secondo gli inquirenti, sarebbe
stato portato in Grecia di contrabbando in quanto non e' in dotazione
all'esercito greco. (ANSA). MRR
15/01/2007 13:41

GRECIA: ATTENTATI,SI TEME NUOVO ATTACCO LOTTA RIVOLUZIONARIA
(ANSA) - ATENE, 16 GEN - Dopo l'attentato contro l'ambasciata Usa ad
Atene di venerdi' scorso, quando tre persone (due uomini e una donna)
ritenuti membri del gruppo Lotta rivoluzionaria hanno esploso un
razzo anticarro contro la facciata della sede diplomatica, adesso le
autorita' greche ma anche gli inquirenti americani sul posto si
aspettano che da un momento all'altro l'organizzazione estremista
torni a colpire. La preoccupazione e' diffusa e, come riferisce
ampiamente la stampa di Atene, sono diversi gli analisti che
ritengono che gli estremisti alzeranno ancora il tiro - come del
resto hanno fatto in una lenta 'escalation' in tutti i loro attacchi
precedenti - utilizzando ancora una volta un bazooka. ''Ma la
prossima volta - ha detto un funzionario di polizia che ha chiesto di
restare anonimo - non escludiamo che sara' versato del sangue''.
Circa l'eventuale utilizzazione ancora del bazooka, gli inquirenti
ritengono che Lotta rivoluzionaria ne abbia a disposizione almeno
altri otto: e' stato accertato infatti che il missile utilizzato - un
Rpg 7 cinese prodotto nel 1974 - faceva parte di una fornitura di
armi vendute da Pechino al governo albanese nel 1990. Ogni cassa di
bazooka ne conteneva nove ed e' logico presumere che gli estremisti
se ne siano procurati almeno una cassa intera. Proprio il fatto che
il razzo sia vecchio di 30 anni e quindi la sua potenza esplosiva si
sia con il tempo indebolita, hanno spiegato gli esperti, ha fatto si'
che i danni siano stati limitati. Lotta rivoluzionaria ha rivendicato
subito l'attacco con due brevissime telefonate all'ambasciata Usa, ma
gli inquirenti sono in attesa che gli attentatori si facciano vivi,
come avvenuto in passato, con un testo inviato a qualche giornale. Le
indagini, sulle quali trapelano pochissimi particolari, proseguono
intanto con l'analisi delle immagini digitali riprese dalle
telecamere di sicurezza installate all'esterno dell'ambasciata: da
esse gli investigatori avrebbero desunto i tratti somatici salienti
degli attentatori, tra i quali un uomo di circa 35 anni che sarebbe
gia' noto alla polizia e di cui si conoscono anche i suoi rapporti
con l'Albania. Circa la donna del gruppo, si e' appreso che avrebbe
tra i 35 e i 40 anni e che nei giorni precedenti l'attentato e' stata
vista piu' volte da diversi testimoni passeggiare di fronte
all'ambasciata fingendosi in tenera compagnia di un uomo ma, in
effetti, scattando foto con una macchina seminascosta sotto il
soprabito. Solo in questi giorni, fra l'altro, e' emerso che la
polizia greca aveva saputo della presenza di una misteriosa donna in
tutti i 'commando' che hanno portato a termine i sei attentati
firmati da Lotta rivoluzionaria dal suo apparire nell'autunno del
2003. Scarsi sono i reperti trovati sul luogo dell'attentato (come
mozziconi di sigarette) sui quali gli esperti della Scientifica
stanno conducendo indagini per risalire ai responsabili e, come ha
ammesso sconsolato un funzionario di polizia, ''e' come cercare un
ago dentro lo stadio olimpico''. (ANSA). MRR
16/01/2007 18:10

---

http://www.resistenze.org/sito/te/po/gr/pogr7a13-000929.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - grecia - 13-01-07

da www.solidnet.org; http://inter.kke.gr/ , mailto:cpg@...

Il Partito Comunista di Grecia in merito all’attentato all’Ambasciata
USA ad Atene

L’Ufficio stampa del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE)

12 gennaio 2007

Il proiettile che ha colpito l’Ambasciata USA ad Atene,
indipendentemente dall’origine, offre agli USA la possibilità di
sfruttare l’esplosione nel contesto della sua offensiva generale
contro i popoli.

L’azione ha avuto luogo in un momento in cui gli USA stanno
bombardando la Somalia e incrementando le loro truppe di occupazione
in Iraq, misure che hanno provocato reazioni sia a livello
internazionale che all’interno del paese. L’attentato viene attuato
mentre viene proposto il piano generale imperialista sulla presunta
“democratizzazione del Medio Oriente”.

La discussione e le asserzioni circa il danno causato all’immagine
internazionale della Grecia sono fuorvianti. Il punto è che
l’attentato serve come alibi per l’intensificazione della repressione
di stato, delle misure di polizia e delle azioni dei vari servizi.

Ciò che bisogna fare è vigilare e agire per lo sviluppo del movimento
antimperialista, che rappresenta la condizione essenziale per mettere
ai margini ed isolare ogni provocazione, da qualunque parte provenga.

Atene, 12 gennaio 2007

L’Ufficio stampa del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE)

Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di
Cultura e Documentazione Popolare

---

From: r_rozoff
Subject: Greek Report: Missile Used In US Embassy Strike Came From
Kosovo
Date: February 7, 2007 11:04:42 PM GMT+01:00
To: stopnato @yahoogroups.com


- "It seems that the Albanian connection implies a
wider one that I don't want to think about....Lets
just say that it is a high profile inside operation."
-"I doubt that the culprits will be arrested."

http://www.ekathimerini.com/4dcgi/
_w_articles_politics_100012_07/02/2007_79818

Kathimerini (Greece)
February 7, 2007

Kosovo link to embassy strike

The missile fired at the US Embassy by Revolutionary
Struggle last month reached Greece via Kosovo, police
sources told Kathimerini yesterday in what authorities
believe is a breakthrough in their investigation.

Greek and US security agents have discovered that the
rocket-propelled grenade was removed from an army
warehouse in Albania in 1994 and taken to Kosovo,
where it came into the possession of an arms smuggler.

Authorities believe that the arms trader held on to
the weapon until 2001 and they are investigating his
contacts and dealings in the hope they will find out
who smuggled the rocket into Greece.

A high-ranking police source said that officers had
contacted foreign security services to obtain more
information and they hope their investigation will
develop further this week.

No member of Revolutionary Struggle, the leftist group
which claimed the embassy attack, has been caught
since the organization became active in 2003.



http://www.serbianna.com/news/2007/01173.shtml

Serbianna (US)
February 7, 2007

Kosovo Albanians implicated in Athens bomb attack

At least two independent sources confirm that the
Chinese-built RPG-7 rocket propelled grenade that was
fired at the US Embassy in Athens on January 12, 2007,
was supplied to the leftist Greek terrorist
organization, Revolutionary Struggle, by a Kosovo
Muslim Albanian militant group that was officially
renamed in 1999 by the NATO troops from the Kosovo
Liberation Army (KLA/UCK) to the Kosovo Protection
Corps.

The grenade narrowly missed the American seal,
punching through the Embassy window a few feet above
and landing in a bathroom on the embassy's third
story, where the ambassador has his office.

"There are various indications of an Albanian
connection," says Ioannis Michaletos from the World
Security Network Foundation.

"It seems that the Albanian connection implies a wider
one that I don't want to think about....Lets just say
that it is a high profile inside operation," says
Michaletos.

US-based Defense and Foreign Affairs Group says that
there is a "growing linkages between anti-Western
leftist terrorist groups and anti-Western Islamist
jihadi groups" such as the cash-rich KLA who, under
various acronyms, now controls the European narcotics
trade, sex slavery, arms dealing and is using the
Greek fanatical leftists [read: police operations -
RR]] to expand its geographic reach that is
"compounded by the reality of the large number of
Albanian nationals now resident in Greece".

"The revival of anti-US terrorist activities in
Greece, and throughout the Balkans, therefore, should
be expected to occur during 2007, particularly
associated with the attempts by the KLA to ensure
international recognition for an independent Kosovo,"
says Defense and Foreign Affairs analysis.

"Ironically," says Defense and Foreign Affairs,
independence of Kosovo "is supported by the US State
Dept., the very target of the Revolutionary Struggle
rocket attack."

"This was a violent act aimed to provoke Greek public
opinion and disturb relations with the United States,"
said Panayiotis Stathis, spokesman for the Greek
Public Order Ministry.

"I doubt that the culprits will be arrested," says
Michaletos.

<div>http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-il_quotidiano_%27libero% <br /> 27_ha_scoperto_una_nuova_foiba%21.php<br /> <br /> UNA NUOVA FOIBA SCOPERTA DAL QUOTIDIANO “LIBERO”<br /> <br /> Ci è capitato tra le mani (purtroppo in ritardo, ma confessiamo di  <br /> non essere assidui lettori di quel quotidiano che abusa del titolo di  <br /> “Libero”) un articolo firmato “mar. ve.”, che noi supponiamo essere  <br /> la sigla di quell’intellettuale dei nostri tempi che corrisponde al  <br /> nome di Marcello Veneziani. Nel caso si tratti di altra persona, non  <br /> tenete conto di quanto segue nel considerare l’articolo di “Libero”;  <br /> se invece si trattasse proprio di Marcello Veneziani, vorremmo  <br /> ricordare alcune sue dichiarazioni, fatte quando faceva parte del  <br /> consiglio di amministrazione della Rai e pubblicate sul periodico  <br /> della “destra sociale” di AN “Area” di dicembre 2003. Veneziani, dopo  <br /> aver sostenuto che quello che è mancato alla “storiografia per così  <br /> dire di destra” (ma la storiografia non dovrebbe essere “di destra o  <br /> di sinistra”, a parer nostro, dovrebbe semplicemente essere “seria”)  <br /> sono stati “strumenti adeguati, case editrici forti, adeguate casse  <br /> di risonanza”, ha esposto i suoi progetti per il futuro della RAI,  <br /> cioè “la necessità di ricostruire l’autobiografia della Nazione  <br /> attraverso la storia degli italiani” riaprendo i “capitoli rimossi di  <br /> alcune pagine importanti della storia d’Italia”, tra i quali  <br /> “capitoli” egli inseriva anche la questione delle “foibe”, infatti  <br /> era in quell’intervista che per la prima volta sentimmo parlare del  <br /> “progetto di una fiction sulle foibe (…) attualmente in progettazione  <br /> presso Rizzoli”.<br /> Ricordiamo tutti la scarsa qualità storica (su quella artistica non  <br /> infieriamo, ma rimandiamo i lettori alle recensioni presenti nel  <br /> nostro sito) dello sceneggiato dal titolo “Il cuore nel pozzo”, e ci  <br /> chiediamo come si possano coniugare un prodotto simile con la  <br /> ricostruzione della storia degli italiani auspicata da Veneziani.<br /> Non sappiamo dunque se sia stato proprio Veneziani ad avere firmato  <br /> l’articolo di “Libero” del 10 febbraio 2006 dal titolo “Finalmente il  <br /> ricordo delle foibe. Ma non fermiamoci alle parole”, articolo nel  <br /> quale è inserito un riquadro che dimostra, una volta di più, come la  <br /> “storiografia per così dire di destra” abbisogni di ben altro che di  <br /> “strumenti adeguati” come “case editrici forti ed adeguate casse di  <br /> risonanza” per diventare una storiografia degna di rispetto: avrebbe  <br /> bisogno di storici, storiografi e divulgatori che scrivano e parlino  <br /> con cognizione di causa e non solo perché un quotidiano ha messo a  <br /> loro disposizione uno spazio da riempire.<br /> Vediamo dunque questo riquadro con le seguenti annotazioni di  <br /> divulgazione storiografica.<br /> Titolo: “LE FOIBE ISTRIANE E CARSICHE. Le più famigerate tra oltre  <br /> 1.500”<br /> Dove il compilatore arriva ad umanizzare un fenomeno naturalistico,  <br /> non dotato di vita e volontà proprie (la foiba non è né uno squalo  <br /> tigre né un leone mangiatore di uomini, né un fenomeno paranormale  <br /> come il Triangolo delle Bermude che inghiotte chi vi si avvicina).<br /> Ma vediamo queste “famigerate” foibe. La prima è, ovviamente, quella  <br /> di Basovizza, definita “un pozzo di miniera per la ricerca del  <br /> carbone a poca distanza da Trieste”, e fin qui niente di male. Poi  <br /> leggiamo che “la profondità naturale era di 256 metri” (naturale? Se  <br /> il pozzo è artificiale, la sua profondità non può essere naturale),  <br /> ma “ora è di soli 135 a causa dei resti di circa 2.500 italiani”.<br /> Chi ci legge regolarmente saprà bene come sia rivoltante il balletto  <br /> delle cifre che vengono fatte sulla quantità degli “infoibati” nel  <br /> pozzo di Basovizza. Non esistendo alcuna prova concreta del numero di  <br /> chi vi sarebbe stato ucciso, da decenni i propagandisti (ecco, perché  <br /> è così che funziona la “storiografia per così dire di destra”: non  <br /> sulla base di dati storici, ma sulla base di illazioni) sparano (e  <br /> scusateci la caduta di stile) i numeri del lotto per dire quanti sono  <br /> stati “infoibati” a Basovizza. Facendo un breve riassunto, diciamo  <br /> che gli unici documenti ufficiali che hanno parlato dei recuperi dal  <br /> pozzo, cioè i verbali degli angloamericani, conservati negli archivi  <br /> di Londra e di Washington, non parlano né di migliaia né di  <br /> centinaia, ma neppure di decine di corpi recuperati: si parla di “una  <br /> decina di corpi smembrati” che non sembrarono sufficienti, dopo venti  <br /> giorni di lavoro, per proseguire le ricerche.<br /> Il pozzo fu nuovamente svuotato, fino alla profondità di circa 200  <br /> metri negli anni 50 ed anche in quell’occasione non furono recuperati  <br /> resti umani.<br /> (I documenti relativi sono diffusamente citati e in parte pubblicati  <br /> nel testo di C. Cernigoi “Operazione foibe tra storia e mito”,  <br /> Kappavu 2005, ma potete trovarli anche nel dossier “La foiba di  <br /> Basovizza” presente nel nostro sito).<br /> Notiamo (il perché di questa osservazione lo spiegheremo poi) come in  <br /> questo trafiletto su Basovizza non venga detto che la cavità è stata  <br /> chiusa, che il luogo è stato dichiarato monumento nazionale e vi sono  <br /> state erette diverse lapidi a ricordo.<br /> Segue la “Foiba di Monrupino”, definita “una voragine a 11 km da  <br /> Trieste, che sprofonda per 126 metri. Vi furono gettati circa 2000  <br /> civili triestini”.<br /> Ma ciò che risulta da documentazione ufficiale è che dalla cosiddetta  <br /> “foiba di Monrupino” furono recuperate circa 550 salme, tutte di  <br /> militari germanici caduti nella battaglia di Opicina di fine aprile  <br /> 1945, cui era stata data sbrigativa e temporanea sepoltura  <br /> nell’abisso: queste salme furono dapprima (giugno 1945) inumate al  <br /> Cimitero triestino di Sant’Anna, poi traslate al Cimitero militare  <br /> germanico di Costermano (VR), come risulta dai registri cimiteriali  <br /> triestini. Nessun civile triestino fu gettato nell’abisso di  <br /> Monrupino, e del resto, dobbiamo ricordare che tutti i triestini  <br /> (civili e militari) che scomparvero nell’immediato dopoguerra, furono  <br /> meno di 500, quindi non si capisce come potrebbero esserne stati  <br /> “infoibati” 2000 nella sola “foiba di Monrupino”. Sempre per  <br /> rimarcare la qualità della divulgazione storiografica “per così dire  <br /> di destra”.<br /> Ma arriviamo adesso alla sensazionale scoperta di “Libero”: la “Foiba  <br /> di Minerva”, che così viene descritta: “nell’impossibilità di  <br /> recuperare le vittime, il Comune di Trieste ha fatto chiudere  <br /> l’imboccatura di questa foiba nel Carso triestino ed erigere una  <br /> lapide-ricordo”.<br /> Ora, noi siamo anni che ci occupiamo di foibe, ma non abbiamo mai  <br /> sentito neppure nominare una “foiba di Minerva”. Per scrupolo abbiamo  <br /> chiesto informazioni anche ad amici speleologi, che sono caduti dalle  <br /> nuvole proprio come noi. Ci piacerebbe quindi sapere da dove “Libero”  <br /> ha tratto notizia di questa foiba, che, se fosse stata chiusa e  <br /> dotata di lapide-ricordo da parte del Comune di Trieste, dovrebbe  <br /> quantomeno essere citata nell’elenco dei monumenti e dei luoghi da  <br /> visitare nel nostro Comune (a scanso di equivoci diciamo che non c’è).<br /> Forse i solerti ricercatori hanno fatto confusione con un altro dio  <br /> romano, Plutone, che è anche il nome di un abisso dove sono stati  <br /> uccisi, da criminali comuni spacciatisi per partigiani, 18  <br /> prigionieri, le cui salme furono però recuperate; e del resto  <br /> l’imboccatura dell’abisso Plutone non è stata chiusa, né vi è stata  <br /> eretta alcuna lapide, mentre le voragini che sono state chiuse e  <br /> presso le quali sono state erette delle lapidi (anche se “Libero”,  <br /> come abbiamo visto, non lo dice) sono quelle di Basovizza e Monrupino.<br /> L’elenco si conclude con la “foiba di Cernovizza”, che si troverebbe  <br /> “nei pressi di Pola, vi furono gettate almeno 200 persone nel maggio  <br /> 1945 dagli slavi, che poi fecero franare l’imboccatura”.<br /> Anche qui però non abbiamo trovato dati certi su questa “foiba”:  <br /> Marco Pirina (che non è uno storico e per quanto concerne l’elenco  <br /> delle foibe ha per lo più pescato a piene mani dall’elenco di padre  <br /> Flaminio Rocchi, altra persona del tutto inattendibile in quanto a  <br /> ricostruzioni storiche) parla di una foiba di Cernovizza che si  <br /> troverebbe però presso Pisino; Luigi Papo (che neppure è uno storico,  <br /> ma ha compilato un lungo elenco di “foibe” un po’ più serio di quello  <br /> di padre Rocchi) non nomina alcuna foiba con questo nome, mentre cita  <br /> una foiba di Carnizza presso Arsia (zona mineraria di Albona).<br /> Ecco quindi una breve dimostrazione di come in sedici righe non solo  <br /> si prosegua nella mistificazione storica, ma si riesca addirittura ad  <br /> ampliarla ulteriormente aggiungendo altri dati inventati e del tutto  <br /> falsi.<br /> È nostro auspicio in conclusione che Veneziani non approvi questo  <br /> tipo di giornalismo come sistema per “ricostruire l’autobiografia  <br /> della Nazione”, e ne prenda le distanze; d’altra parte ci appare  <br /> particolarmente grottesco che sotto un trafiletto pieno di bufale  <br /> come quello che abbiamo citato, appaia un articolo (firmato Iuri  <br /> Maria Prado) dal titolo “E Fassino persevera nel manipolare la  <br /> verità”, perché, a prescindere di cosa faccia o non faccia Fassino,  <br /> ci si chiede da che pulpito venga la predica.<br /> <br /> ottobre 2006</div><br />



Convegno internazionale 

LA FRONTIERA ORIENTALE Conflitti - Relazioni - Memorie

Ancona 10 febbraio 2007 
Aula Magna Facoltà di Economia 

Organizzazione: Forum permanente tra le Associazioni antifasciste e partigiane e gli Istituti di storia delle città adriatiche e ioniche "G. Fuà"

 


I territori al confine orientale d'Italia costituiscono una sorta di laboratorio in cui si trovano condensati su di una scala geograficamente circoscritta alcuni dei grandi processi della contemporaneità: contrasti nazionali intrecciati a conflitti sociali, effetti devastanti della dissoluzione degli imperi plurinazionali che per secoli avevano occupato l'area centro-europea, regimi autoritari impegnati ad imporre le loro pretese totalitarie su di una società locale profondamente divisa, scatenamento delle persecuzioni razziali e creazione dell'universo concentrazionario nazista simboleggiato dalla Risiera di San Sabba, spostamenti forzati di popolazione secondo la logica della semplificazione etnica, conflittualità est-ovest lungo una delle frontiere della guerra fredda.
Analizzare questi processi nella loro complessità è il modo più degno di celebrare il giorno del ricordo, sapendo che il riferimento ai valori della Resistenza costituisce una bussola indispensabile per affrontare un tema che spesso è stato usato, e viene ancora usato, come arma per celare conflitti di interessi e di potere.



Programma

9,00 Saluti delle Autorità

9.30 Jože Pirjevec, Università Trieste e Koper
Sloveni e italiani sul confine mobile nel periodo 1918-1943

10,00 Costantino Di Sante, Irsml Marche
Gli italiani nei campi di concentramento jugoslavi

10,30 Franco Cecotti, presidente Irsml Trieste
La storia del confine orientale nei testi scolastici

11,00 Sandi Volk, storico biblioteca slovena Trieste
L’esodo dall’Istria, ragioni e cronologie

11,30 Carla Marcellini, Irsml Marche
“Tornerà l’Imperatore” letteratura e ricordi degli esuli

Gli studenti presentano i lavori realizzati *

Buffet

15,30 Claudia Cernigoi, storica e giornalista, Trieste
Le foibe tra storia e mito

16,00 Gorazd Bajc, Università del litorale Koper
L’inchiesta angloamericana del 1945, nuove fonti dall’archivio di Londra

16,30 Nevenka Troha, Istituto Storia Lubiana
La relazione della commissione paritetica storico-culturale italo-slovena

17,00 Stefano Lusa, storico e giornalista Pirano Slovenia
La comunità italiana in Istria dopo il secondo conflitto mondiale

17,30 Chiara Tedaldi, Università di Dublino
Vittime della storia, ostaggi della memoria

Intervento conclusivo di
Emilio Ferretti 
presidente del Forum permanente

 

* Gli studenti presenteranno i lavori realizzati sulla base del progetto “nei luoghi della memoria è scritta la nostra storia, è indicato il nostro futuro”, promosso dal Forum permanente e dall’ANPI Marche e sostenuto dalla Regione Marche con fondi comunitari.
Le loro ricerche, durate più di un anno, sono consistite nella referenziazione sulle carte geografiche delle province marchigiane dei più significativi “luoghi della memoria” siano essi luoghi di azioni partigiane, campi di internamento, luoghi di eccidi nazifascisti ecc. Il loro lavoro darà vita ad una vera e propria “guida ai luoghi della memoria nelle Marche”...


-----------------------
DA CLAUDIA CERNIGOI RICEVIAMO E VOLENTIERI GIRIAMO:
-----------------------


Cari compagni, l'associazione ADES (Amici e Discendenti Esuli Istriani, uno dei gruppi più neoirredentisti ed "antislavocomunisti" d'Italia, presidente Pietro Luigi Crasti) ha lanciato una petizione riguardo la mia presenza al convegno del 10 febbraio ad Ancona.
Di seguito il testo che hanno diffuso:

 

<<

Noi sottoscrittori della presente petizione
considerato
che il giorno 10 febbraio 2007- GIORNO DEL RICORDO degli Istriani, Fiumani e Dalmati, sancito con una legge del Parlamento italiano (L.92-2004) - presso l ’Università degli studi di Ancona è stato previsto il convegno “La frontiera Orientale –Conflitti, Relazioni, memorie”, con il patrocinio dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia che vede tra i relatori Claudia Cernigoi,

la quale afferma che la Foiba di Basovizza non contiene i poveri resti di tanti Istriani, Fiumani e Dalmati al suo interno fatti precipitare, bensì sostiene che essa è un’immondezzaio e quindi và riaperta e verificato il contenuto.
Considerato

che tale convegno offende la memoria di quanti uomini, donne, bambini furono vittime della feroce “pulizia etnica” risultato dell’ideologia totalitaria comunista del maresciallo Tito,
considerato
che i familiari, i discendenti delle vittime Istriane, Fiumane, Dalmate e gli Amici con essi solidali, sentono gravemente ferita la loro dignità personale ed infine i cittadini di Ancona unitamente a quanti desiderano che non venga squalificato il prestigio della Università degli Studi di Ancona

CHIEDONO AL MAGNIFICO RETTORE
dell’Università degli Studi di Ancona di sospendere con un atto proprio e CON URGENZA detto Convegno, in modo non si realizzi nella data prevista così IMPORTANTE per i significati che riveste e per le ragioni citate.

Seguono firme,


>> 

 

le firme raccolte sono già più di 400, tra le quali spicca quella di Paolo Signorelli, che potrebbe anche essere quel Paolo Signorelli, detto il "professore", che al Fuan di Roma formò intere generazioni di militanti di estrema destra, come scriveva Petrucci su "Avvenimenti" nel 1992 a proposito della formazione politica di Maurizio Boccaccio, passato attraverso il "FUAN di via Siena, la scuola di Paolo Signorelli dove sono cresciuti anche il giovane Alibrandi, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti".

 

Da parte mia propongo questo al Rettore dell'Università di Ancona: se i firmatari della petizione portano pubblicamente le prove (prove, non chiacchiere) che a Basovizza sono stati "infoibati uomini donne bambini giuliani dalmati fiumani e istriani", io rinuncio a partecipare al convegno. Ma se non hanno (come non hanno) le prove, sono intenzionata a portarli in giudizio, e che decidano i tribunali chi scrive falsità e chi fa ricerca storica.

 

Saluti resistenti
Claudia Cernigoi




(In una recente audizione dinanzi alla Commissione Esteri del Senato USA, il noto lobbysta e stratega Zbigniew Brzezinski si è lasciato scappare alcune frasi eloquenti sulla possibilità che un attacco contro l'Iran sia scatenato in seguito a provocazioni ben orchestrate: atti terroristici in Iraq o anche, se necessario, sul suolo USA, da attribuire agli iraniani... Come le bombe nel mercato Markale di Sarajevo, o come l'11 Settembre, insomma...)

---


Brzezinski confirme que les États-Unis peuvent organiser des attentats sur leur propre territoire

6 FÉVRIER 2007

Depuis
Washington DC (États-Unis)

A l’exception de The Washington Note et du Financial Times, les grands médias ont décidé de ne pas rapporter les propos de Zbigniew Brzezinski qui bouleversent la classe dirigeante états-unienne. Auditionné le 1e février 2007 par la Commission des Affaires étrangères du Sénat, l’ancien conseiller national de sécurité a lu une déclaration dont il avait soigneusement pesé les termes.

Il a indiqué : « Un scénario possible pour un affrontement militaire avec l’Iran implique que l’échec irakien atteigne les limites américaines ; suivi par des accusations américaines rendant l’Iran responsable de cet échec ; puis, par quelques provocations en Irak ou un acte terroriste sur le sol américain dont l’Iran serait rendu responsable. Ceci pourrait culminer avec une action militaire américaine "défensive" contre l’Iran qui plongerait une Amérique isolée dans un profond bourbier englobant l’Iran, l’Irak, l’Afghanistan et le Pakistan »

Vous avez bien lu : M. Brzezinski a évoqué la possible organisation par l’administration Bush d’un attentat sur le sol des États-Unis qui serait faussement attribué à l’Iran pour provoquer une guerre.

À Washington les analystes hésitent entre deux interprétations de cette déclaration. Pour les uns, l’ancien conseiller national de sécurité a tenté de couper l’herbe sous les pieds des néoconservateurs et de jeter le doute à l’avance sur toute circonstance qui conduirait à la guerre. Pour d’autres, M. Brzezinski a voulu, en outre, suggérer qu’en cas d’affrontement avec les partisans de la guerre, il pourrait rouvrir le dossier du 11 septembre. Quoi qu’il en soit, l’hypothèse de Thierry Meyssan — selon laquelle les attentats du 11 septembre auraient été perpétrés par une faction du complexe militaro-industriel pour provoquer les guerres d’Afghanistan et d’Irak — quitte soudainement le domaine du tabou pour être discutée publiquement par les élites de Washington.

---

05/02/2007

Zbig entre deux eaux 

5 février 2007 - Il est arrivé d'étranges aventures à Zbigniew (Zbig) Brzezinski, l'ancien conseiller à la sécurité nationale (directeur du NSC) du président Carter et l'un des "pères vénérables" de la communauté de sécurité nationale à Washington. Ces aventures, largement illustrées sur notre site, mérite un supplément d'enquête. Elles dévoilent certains aspects du profond désarroi et de possibles manigances de l'establishment washingtonien. D'autre part, elles ouvrent certaines perspectives inattendues par l'introduction d'un facteur également inattendu. 

Rappelons les événements, - tels que nous les avons vécus, nous, sur le site dedefensa.org 

. Le 1er février, nous indiquons, avec la citation de quelques extraits dans notre Bloc-Notes du jour, l'accès au site The Washington Note qui publie le texte intégral de l'intervention de Zbigniew Brzezinski devant la commission sénatoriale des relations extérieures. Brzezinski lira ce texte plus tard dans la journée, devant la commission du Sénat. 

. Si nous remarquons la puissance générale de la critique, nous l'apprécions mal en ne la situant pas dans son contexte. Et nous ratons l'essentiel. 

. Le lendemain 2 février, le site WSWS.org rend compte de la démarche de Brzezinski, en appuyant sur le fait que Brzezinski laisse clairement entendre que l'administration GW prépare éventuellement une ou des provocations pour justifier une attaque contre l'Iran. Un passage du texte de WSWS.org : 

«Most stunning and disturbing was his description of a "plausible scenario for a military collision with Iran." It would, he suggested, involve "Iraqi failure to meet the benchmarks, followed by accusations of Iranian responsibility for the failure, then by some provocation in Iraq or a terrorist act in the US blamed on Iran, culminating in a 'defensive' US military action against Iran that plunges a lonely America into a spreading and deepening quagmire eventually ranging across Iraq, Iran, Afghanistan and Pakistan." [Emphasis added].» 

. Le lendemain (3 février), WSWS.org revient sur l'affaire pour dire sa stupéfaction que l'extraordinaire "hypothèse" de Brzezinski ait été ignorée par l'essentiel de la presse comme il faut des USA. 

. Là où l'intervention de Brzezinski est reprise dans un certain détail, parfois avec un retard, on trouve en général des pudeurs révélatrices. C'est le cas de ce texte de Associated Press du 3 février, repris par CommonDreams.org. Si l'hypothèse de la provocation de l'administration est reprise, la précision qu'elle pourrait constituer en une attaque terroriste-bidon sur le sol des USA est écartée (effectivement, curiosité : pourquoi avoir éliminé cet élément du passage du texte de Brzezinski évoqué plus haut?) : 

Brzezinski «set out as a plausible scenario for military collision: Iraq failing to meet benchmarks set by the administration, followed by accusations Iran is responsible for the failure, then a terrorist act or some provocation blamed on Iran, culminating in so-called defensive U.S. military action against Iran». 

. Parmi les commentaires postés sur le forum de CommonDreams.org attaché à ce texte, on en trouve un intéressant, qui a remarqué l'omission. Nous soulignons (en gras) le passage qui nous intéresse. 

Optimismwill nous dit, le 4 février à 08H01 : 

«What the AP report leaves out, not surprisingly, is that ZB said the terrorist provocation might come on U.S. soil. This is a very significant statement, coming from a man who, in THE GREAT GLOBAL CHESSBOARD, written a few years before 9-11, called for a New Pearl Harbor to justify invading the "New Eldorado" of gas and oil in the Mid East/Central Asia. Here is an insider admitting that 9-11 might have been an inside job, and also claiming the Bush Administration is capable of doing it (again). 

»Congress and the Democrats?: Don't bet on them. They're making opportune noises, but won't do anything. The American people? Sadly, don't bet on them either: until after the fact, when the soldiers in Iraq are massacred, and the economy tanks. Then we might see some movement.» 

Le "politically correct" écarte la "démonisation" 

Cette remarque soutient l'essentiel de notre commentaire direct. («Here is an insider admitting that 9-11 might have been an inside job, and also claiming the Bush Administration is capable of doing it (again ).») En quelques mots, Zbigniew Brzezinski a donné le crédit essentiel du possible à l'hypothèse d'une manigance - quelle qu'elle soit, peu importe - autour de l'attentat du 11 septembre 2001. L'hypothèse devient, en un sens, et sans que ce jugement la décrédibilise fondamentalement (ni ne la crédibilise outre-mesure, d'ailleurs), "politically correct". Elle n'est plus, pour employer un autre langage, plus pompeux et emphatique, du domaine de l'"indicible". Quoiqu'on pense du caractère assez méprisable de ces catégories imposées par le conformisme des forces du pouvoir et du terrorisme de la pensée qui les soutiennent, il n'empêche qu'elles sont les barrières à franchir pour qu'une idée, une thèse, une théorie, passent du domaine maudit de la dissidence, du non-conformisme, au domaine de l'approbation officielle d'en débattre. Sans sacrifier au mépris qu'il est sain d'avoir pour cette manouvre, il faut en relever l'efficacité dans ce cas, - non pas tant pour le triomphe ou l'institutionnalisation d'une possibilité, que pour le désarroi que cette institutionnalisation sème dans le monde officiel et dans son univers virtualiste. Il est utile de savoir retourner contre lui les armes de contraintes de la psychologie dont use le système. 

Ce qui nous importe est donc le silence contraint qui a accueilli en général les propos de Brzezinski sans que ces propos puissent pourtant être passés tout à fait sous silence, - Brzezinski étant ce qu'il est. L'écho dans les canaux de l'information officielle a été dérisoire mais tout le monde à Washington sait bien ce que Brzezinski a dit. Le pendant de ce silence est l'absence de critiques de son intervention, notamment du passage incriminé, et de mise en cause et de contradiction de ce passage. C'est aussi révélateur. On se tait parce qu'on sait qu'il a raison. L'establishment est complètement sur la défensive, mais une défensive contrainte, presque paralysée. 

Il en ressort deux conséquences importantes. 

. La "démonisation" systématique des recherches faites sur les hypothèses de complot ou de complicité du pouvoir dans l'attaque du 11 septembre est décisivement mise en cause. Cela ne donne pas la clef de la vérité de 9/11 mais place ceux qui s'en occupent dans une position beaucoup plus libre pour poursuivre leurs travaux. C'est important pour la déstabilisation constante que ces travaux font peser sur l'establishment encore plus que pour le résultat éventuel de ces travaux,. 

. Un doute fondamental est désormais porté sur l'attitude et l'action du gouvernement, comme une ombre inquiétante. Cela vaut hier pour 9/11 et demain, voire tout à l'heure, pour son action face à l'Iran. Pendant de la mise en cause de la démonisation mentionnée plus haut, il s'agit d'un pas de plus dans la désacralisation du pouvoir US considéré comme sacré et universel («Nous sommes tous des Américains») au lendemain de 9/11. 

Reste maintenant l'énigme Brzezinski. Pourquoi a-t-il dit ce qu'il a dit ? L'homme n'est pas devenu un dissident du régime ni un adepte des thèses de complot (à moins qu'il n'en sache beaucoup sur l'attaque 9/11). Sans doute a-t-il répondu à son tempérament, - très vif comme l'on sait, - en même temps qu'à des informations précises qu'il possèderait sur certaines intentions ou possibilités d'intention de l'équipe GW dans la crise iranienne. S'ensuit un réflexe également vif, où se mêlent une colère et un mépris certains, contre l'administration Bush et sa politique infantile et brutale, et un accès de sincérité qui rencontre et exprime cette colère et le désir de Brzezinski de tout faire pour saboter l'action de cette administration. 

Exactement, - de la sincérité. Il ne faut jamais désespérer des réactions humaines les plus inattendues, mais aussi les plus fortes quand elles ont lieu, même dans l'atmosphère délétère de tromperie et de montage où nous baignons. L'accès de sincérité est la bombe par excellence dans cet univers clinquant de conformisme et de virtualisme. La sincérité fait bien des dégâts, quel que soit l'homme qui y cède, et d'ailleurs sans que lui-même n'en acquiert pour autant des vertus exceptionnelles. 

Tout cela est humain : dans l'atmosphère des contraintes terribles pesant sur les psychologies, certaines d'entre elles, les plus corsées ou les plus vives, cèdent parfois à la révolte, - à la sincérité, qui est aujourd'hui la plus terrible des révoltes parce qu'elle engendre une conviction dévastatrice face à la dialectique molle et contrainte de ceux, - la plupart chez ceux qui y adhèrent - qui suivent le conformisme et le virtualisme. Cet accès de sincérité est également le signe du caractère insupportable qu'atteint aujourd'hui la situation générale du système, avec les pressions qu'il impose aux psychologies. 





http://www.voltairenet.org/article145116.html


Nouvelle Guerre froide


La guerre de désinformation de Reporters sans frontières contre le Venezuela

par Salim Lamrani*

Les États-Unis reconstituent progressivement un réseau d’organisations destiné à dénigrer les États qui leur résistent et à y organiser des troubles politiques. Reporters sans frontières s’inscrit désormais dans cette perspective de nouvelle Guerre froide. Ainsi, l’association reprend-elle à son compte la propagande du département d’État contre le Venezuela.


6 FÉVRIER 2007

Depuis
Paris (France)

Depuis l’élection de Hugo Chávez à la présidence de la République en 1998, Reporters sans frontières (RSF) a multiplié les attaques contre le gouvernement vénézuelien, l’accusant notamment de porter atteinte à la liberté de la presse. Pourtant, depuis 1999, près de 500 nouveaux organes de presse locaux et nationaux (journaux, radios et chaînes de télévision) ont vu le jour dans ce pays. Dernièrement, l’organisation parisienne s’est offusquée de la décision des autorités de ne pas renouveler la licence au groupe audiovisuel privé Radio Caracas Televisión (RCVT), qui expirera le 28 mai 2007 [1]. RSF a transformé ce choix tout à fait légal, car le spectre des ondes hertziennes appartient à l’État, en une « atteinte à la pluralité éditoriale [2] ».

RSF confesse qu’elle n’ignore pas « l’attitude de RCTV durant le coup d’État d’avril 2002 » qui n’avait pas « caché [son] soutien » au renversement de l’ordre constitutionnel [3]. Mais, selon l’entité française, le fait ne pas renouveler la licence d’une chaîne qui a ouvertement participé à un coup d’État – qui a coûté la vie à de nombreuses personnes – constitue une violation de la liberté de la presse. Le fait de ne pas renouveler la licence d’une chaîne qui a également pris part de manière active au sabotage pétrolier de décembre 2002, en lançant des appels au blocage général de l’entreprise PDVSA, – ce qui a failli conduire le pays à la banqueroute – n’est pas une décision légitime, sage et indispensable mais une « grave atteinte au pluralisme des médias » qui doit être condamnée [4].

Dans une situation similaire, n’importe quel autre gouvernement du monde aurait immédiatement pris des mesures draconiennes contre RCTV. Le président Chávez, lui, a préféré patienter jusqu’à l’échéance légale de la concession malgré la pression populaire. En effet, cette décision avait suscité la réprobation générale de la part de la majorité des citoyens vénézueliens qui ne comprenaient pas pourquoi une chaîne de télévision putschiste était encore autorisée à fonctionner. En outre, il ne s’agit nullement d’un cas de censure comme l’affirme RSF puisque RCTV pourra toujours continuer à fonctionner par câble et par satellite sans aucun problème. Elle n’utilisera pas simplement la fréquence qui appartient à l’Etat.

L’organisation parisienne feint d’ignorer la réalité médiatique du Venezuela. Elle ose parler de « pluralité éditoriale » alors que RCTV, Globovisión, Venevisión et Televen – qui contrôle près de 90 % du marché télévisuel et disposent donc d’un monopole médiatique indéniable – sont, selon RSF, « clairement situés dans l’opposition au gouvernement ». Cette exclusivité médiatique n’a évidemment jamais été dénoncée par RSF. Elle omet également de signaler que depuis l’accession de Hugo Chávez à la présidence, la principale activité de RCVT a consisté à diffuser de fausses informations au sujet de la politique du gouvernement et à inciter à l’altération de l’ordre constitutionnel, en se faisant le porte-parole des militaires insurgés prônant un coup de force [5].

Dans une lettre ouverte destinée au président Chávez, Robert Ménard, secrétaire général de RSF depuis plus de vingt ans, fait semblant d’ignorer les activités subversives et malveillantes de RCTV, sans aucun respect pour la déontologie journalistique. Pour RSF, diffuser de fausses informations, dénigrer constamment l’action du gouvernement, inciter la population à la désobéissance et à la violence, inviter régulièrement des généraux putschistes à déverser leur haine contre le président de la République n’est en rien condamnable car il s’agit simplement du rôle de « contre-pouvoir des médias ». Après tout, « l’exercice de l’autorité dans une démocratie s’expose par nature à la critique des médias [6] ».

Parfois, RSF, tellement obsédée par le fait de présenter le gouvernement bolivarien comme une menace pour la liberté de la presse, tombe dans l’absurde ne sachant plus quoi inventer. L’attribution de la publicité officielle, qui est une prérogative de l’État, devrait être confiée prochainement au Ministère de la Communication et de l’Information (MINCI). L’organisation parisienne s’inquiète de cette décision car « cette manne représente un gage de survie important pour un certain nombre de médias ». Il est fort probable – et logique – que le gouvernement ne financera pas les médias hostiles à son égard en signant des contrats publicitaires avec eux. Mais pour RSF, si le gouvernement refuse de faire appel à la presse privée pour sa publicité, il « porte atteinte aux médias et à leur indépendance [7] ».

Le 15 novembre 2006, RSF accusait également Numa Rojas, le maire de Maturín, de censurer « quatre médias critiques à son égard ». Rojas, membre du parti du président Chávez, dont la politique est constamment dénigrée par deux journaux et deux radios, a tout simplement décidé qu’il ne ferait plus appel à eux pour diffuser la publicité de la municipalité. Les quotidiens La Prensa et El Periódico de Monagas ainsi que les radios Órbita et 93.5 La Gran FM, tous affiliés à l’opposition, mènent depuis un certain temps une campagne acharnée à son égard. Pour RSF, « sanctionner financièrement [ces médias] en les privant de ressources publicitaires relève purement et simplement de la censure [8] ».

Dans son rapport 2006 sur la « liberté d’expression » à travers le monde, RSF accumule les accusations contre le Venezuela. « La loi sur la responsabilité sociale des médias et la réforme du code pénal, très restrictives en matière de liberté d’expression, sont autant d’incitations à la censure », affirme l’organisation parisienne, même si elle reconnaît que le gouvernement n’y a pas recouru. La loi en question adoptée le 7 décembre 2004 autorise la Commission nationale des télécommunications à suspendre les stations de radio et les chaînes de télévision qui « promeuvent, font l’apologie ou incitent à la guerre, à l’altération de l’ordre public et au délit [9] ».

Ainsi, pour RSF, interdire aux médias de lancer des appels à la guerre civile, au soulèvement armé, à l’assassinat du président de la République et des hauts dirigeants politiques ou à la violence, comme cela est le cas dans n’importe quel pays du monde, est une « incitation à la censure » au Venezuela. RSF remarque avec regret que « la législation semble cependant avoir eu un effet dissuasif sur les médias, quitte à priver la presse de son rôle de contre-pouvoir ». Que suggère RSF ? Autoriser les médias à lancer des appels à la haine, à la violence, à la subversion et à l’assassinat de Hugo Chávez au nom de la liberté d’expression [10]. ?

RSF fustige également l’article 297A du code pénal qui prévoit des peines de deux à cinq ans d’emprisonnement pour la diffusion de fausses informations de nature à « semer la panique » par voie de presse. Pour RSF, les médias vénézuéliens ont évidemment le droit de semer le trouble au sein du pays, cela faisant partie de la « liberté d’expression ». De la même manière, RSF dénonce l’article 444 qui punit d’un à trois ans d’emprisonnement les propos pouvant « exposer autrui au mépris ou à la haine publique ». Pour RSF, au Venezuela, la presse doit avoir le droit d’inciter à la haine [11].

Enfin, RSF a également condamné le fait que des fonctionnaires de la Conatel aient « saisi le matériel émetteur de la station [Radio Alternativa 94.9 FM de Caracas] au motif que celle-ci n’avait pas l’autorisation d’émettre ». RSF reconnaît pourtant que « la fréquence avait, en effet, été attribuée à une autre station en septembre 2004 ». Ainsi, selon RSF, le fait que les autorités vénézueliennes fassent respecter la loi, comme cela se fait dans n’importe quel pays du monde (en France, aucune radio ne peut émettre sans autorisation officielle), constitue une « violation de la liberté de la presse [12]. ».

RSF affirme être une organisation apolitique uniquement intéressée par la défense de la liberté de la presse. Elle déclare que son rôle n’est pas de s’immiscer dans les affaires internes du Venezuela. Mais la réalité est bien différente. RSF n’a jamais condamné la participation des médias privés dans la rupture constitutionnelle de 2002, se bornant seulement à reconnaître que « certains patrons de presse sont allés jusqu’à cautionner le coup d’Etat [13] ».

En réalité, plus de 90 % de la presse privée dont les quatre principales chaînes de télévision avaient ouvertement et activement soutenu la junte putschiste. Les principaux directeurs des médias privés s’étaient même réunis avec le dictateur de 47 heures, Pedro Carmona Estanga, le 13 avril 2002, pour recevoir les directives. Pour RSF, la participation au coup de force de la part des médias ne constituait pas un crime monstrueux. Il s’agit simplement d’« un manquement aux règles élémentaires de déontologie », rien de plus. Dans son rapport annuel de 2003, à aucun moment RSF ne condamne le rôle des médias dans le renversement du président Chávez [14].

Pis encore, le 12 avril 2002, RSF avait publié un article reprenant sans aucune réserve la version des putschistes et avait essayé de convaincre l’opinion publique internationale que Chávez avait démissionné :

« Reclus dans le palais présidentiel, Hugo Chávez a signé sa démission dans la nuit, sous la pression de l’armée. Il a ensuite été conduit au fort de Tiuna, la principale base militaire de Caracas, où il est détenu. Immédiatement après, Pedro Carmona, le président de Fedecámaras, a annoncé qu’il dirigerait un nouveau gouvernement de transition. Il a affirmé que son nom faisait l’objet d’un "consensus" de la société civile vénézuélienne et du commandement des forces armées [15] ».

Aussi incroyable que cela puisse paraître, ce communiqué n’a pas été émis par Washington, qui avait orchestré le coup d’État, mais par RSF.

« Les alters[mondialistes] ont toutes les indulgences pour l’ex-putschiste Hugo Chávez, ce caudillo d’opérette qui ruine son pays mais se contente – pour l’instant ? – de discours à la Castro sans trop de conséquences réelles pour les libertés de ses concitoyens ». Encore une fois, ces propos n’ont pas été tenus par le président George W. Bush. Ils ne sont pas non plus le fait des auteurs du sanglant coup d’Etat contre le président Chávez. Cette phrase n’est rien d’autre que l’œuvre de…Robert Ménard, le secrétaire général de RSF et a été publiée dans Médias, la revue officielle de l’organisation [16].

« Le gouvernement de Hugo Chávez est un échec, une catastrophe économique de promesses non tenues ». Ces propos ne viennent pas de l’oligarchie vénézuelienne, dont l’aversion à l’égard de celui qui vient de sortir victorieux de 12 processus électoraux consécutifs est sans limite, mais de… Robert Ménard encore une fois. Ils ont été prononcés à Miami (ville de Floride qui est devenue le fief des putschistes qui ont fuit la justice de leur pays) lors de la visite du secrétaire général de RSF à l’extrême droite cubaine et vénézuelienne en janvier 2004 [17].

Mais tout cela est-il étonnant quand l’on sait que la principale correspondante de RSF au Venezuela est la politologue María Sol Pérez Schael, éminent membre de l’opposition qui avait soutenu le coup d’État. Dans le journal El Universal, elle avait exprimé son soutien aux militaires putschistes qui occupaient la Plaza Francia et les avait qualifiés « d’hommes dignes qui ont su dominer leurs impulsions [et d’hommes] vertueux qui envoient un message de civisme au pays et au continent ». Leur message « de civisme » consistait en fait à lancer des appels à la grève générale et au sabotage pour renverser Hugo Chávez [18].

Est-ce surprenant quand l’on sait que RSF est financé par la National Endowment for Democracy (Fondation nationale pour la démocratie-NED), une entité créée par Ronald Reagan et financée par le Congrès étasunien dans le but de promouvoir la politique étrangère des Etats-Unis à travers le monde ? Que reste-t-il de la crédibilité de RSF ? Qui peut encore croire que cette organisation ne défend pas un agenda politique bien précis [19] ?

En mars 1997, le New York Times notait à ce sujet : « La National Endowment for Democracy a été créée il y a 15 ans pour réaliser publiquement ce que la Central Intelligence Agency (CIA) a fait subrepticement durant des décennies [20]. Elle dépense 30 millions de dollars par an pour appuyer des partis politiques, des syndicats, des mouvements dissidents et des médias d’information dans des dizaines de pays [21] ». En septembre 1991, Allen Weinstein, qui avait contribué à faire adopter la législation donnant naissance à la NED, déclarait au Washington Post : « Beaucoup de ce que nous faisons aujourd’hui a été fait par la CIA il y a 25 ans de manière clandestine ». RSF, financée par une officine écran de la CIA, selon Weinstein et le New York Times, pourra-t-elle encore tromper longtemps l’opinion publique [22] ?

RSF ne défend pas la liberté de la presse au Venezuela. Elle y défend les intérêts élitistes et mesquins des États-Unis et de l’oligarchie. Son traitement partisan et idéologique de la réalité vénézuelienne et le financement qu’elle reçoit de Washington ne laissent guère place au doute. Son objectif est de faire passer un gouvernement démocratique et populaire pour un prédateur de la liberté de presse à la conduite autoritaire, de le discréditer ainsi aux yeux de l’opinion publique internationale, pour justifier un éventuel coup d’État à son encontre ou une intervention militaire étasunienne.




Profesor de espanol y joven investigador en la Universidad Denis-Diderot de Paris


[1] « Hugo Chávez et RCTV : censure ou décision légitime ? » par Salim Lamrani, Réseau Voltaire, 1er février 2007.

[2] Reporters sans frontières, « Le groupe RCTV pourrait perdre sa licence : Reporters sans frontières appelle le gouvernement à revoir sa position », 19 décembre 2006 (site consulté le 15 janvier 2007).

[3] « Opération manquée au Venezuela » par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 18 mai 2002.

[4] Ibid. ;Reporters sans frontières, « Le président Hugo Chávez annonce la fin de la licence de RCTV », 31 décembre 2006 (site consulté le 15 janvier 2007).

[5] Ibid.

[6] Reporters sans frontières, « Au nom du pluralisme des médias, Reporters sans frontières en appelle au président Hugo Chávez », 25 janvier 2007 (site consulté le 25 janvier 2007).

[7] Ibid.

[8] Reporters sans frontières, « Un maire censure quatre médias critiques à son égard », 11 novembre 2006. (site consulté le 13 novembre 2006).

[9] Reporters sans frontières, « Venezuela – Rapport annuel 2006 », 2006 (site consulté le 13 novembre 2006).

[10] Ibid

[11] Ibid

[12] Ibid

[13] Reporters sans frontières, « Venezuela – Rapport annuel 2003 », 2003 (site consulté le 13 novembre 2006).

[14] Ibid.

[15] Reporters sans frontières, « Un journaliste a été tué, trois autres ont été blessés et cinq chaînes de télévision brièvement suspendues », 12 avril 2002 (site consulté le 13 novembre 2006).

[16] Robert Ménard & Pierre Veuilletet, « La guérilla des altermondialistes contre l’info », Médias, n°1, 2004 (site consulté le 28 janvier 2007).

[17] Wilfredo Cancio Isla, « Reporteros sin Fronteras abre nuevas sedes en EEUU », El Nuevo Herald, 21 janvier 2004.

[18] El Universal, 22 novembre 2002.

[19] Robert Ménard, « Forum de discussion avec Robert Ménard », Le Nouvel Observateur, 18 avril 2005 (site consulté le 22 avril 2005).

[


( La SKOJ - Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia, organizzazione giovanile del Nuovo Partito Comunista NKPJ - spiega in questo comunicato le ragioni della sua opposizione al piano per la secessione del Kosovo recentemente presentato da Marti Ahtisaari. Il titolo del comunicato è significativamente: "NO alla ristrutturazione imperialista dei confini nei Balcani!" 
Sul "negoziatore" Ahtisaari basti ricordare ai "finti tonti" che si tratta del presidente onorario -sic- della lobby sorosiana ed atlantista "International Crisis Group" - si veda: http://www.crisisgroup.org/home/index.cfm?id=1139&l=1 )


SAVEZ KOMUNSITIČKE OMLADINE JUGOSLAVIJE
САВЕЗ КОМУНИСТИЧКЕ ОМЛАДИНЕ ЈУГОСЛАВИЈЕ

www.skoj.co.sr     skoj05 @ yahoo.com


NE IMPERIJALISTIČKOM PREKRAJANJU GRANICA NA BALKANU!

Marti Athisari  danas je srpskim vlastima predstavio svoje „rešenje“ statusa Kosova i Metohije. U dokumentu Martija Athisarija nigde se izričito ne pominje nezavisnost Kosova, ali se ni ne garantuje suverenitet i teritorijalni integritet Srbije.

Šta konkretno Marthi Athisari predviđa svojim „rešenjem“?

Plan Martija Athisarija predviđa da će Kosovo imati pravo da vodi pregovore i zaključuje međunarodne ugovore, uključujući i pravo da zahteva članstvo u međunarodnim organizacijama.  To nije ništa drugo do faktičke nezavisnosti i odvajanja od teritorijalnog integriteta i suvereniteta Srbije.

Plan predviđa čak i kosovski Ustav, i dobijanje državnih simbola-grba, zastave i himne. Zar to nije očigledan dokaz o pokušaju stvaranja nezavisnog KiM.

Plan predviđa da će međunarodni civilni predstavnik biti imenovan da nadzire implementaciju sporazuma i podrži relevantne napore kosovskih vlast, dok će snage KFOR-a ce zadržati svoje prisustvo na celoj teritoriji Kosova i obezbediti podršku kosovskim vlastima. Ovim se samo produžava i legalizuje okupacija Kosova i Metohije koja traje od 1999. godine.

Međunarodni civilni predstavnik (MCV), koji je istovremeno i Specijalni predstavnik Evropske unije, biće postavljen od strane Međunarodne grupe za nadzor koja je sastavljena od glavnih međunarodnih zainteresovanih učesnika. MCP će imati najviša ovlašćenja za nadzor nad primenom Rešenja. MCP će imati konkretna kako bi u mogućnosti da preduzima akcije neophodne za nadzor i obezbeđenje uspešne primene Rešenja. Ovo uključuju ovlašćenje da poništi odluke ili zakone donete od strane kosovskih vlasti i da kazni ili smeni javne funkcionere čije su akcije ocenjene od strane MCP da nisu u skladu sa slovom ili duhom Rešenja. MCP će takodje biti konačna instanca na Kosovu u vezi civilnih aspekata Rešenja. To su ista ona ovlašćenja koja ima specijalni nadzornik nad Bosnom i Hercegovinom, koji ima prava da smenjuje i prekraja i izbornu volju građana BiH ako to nije u interesu gazda u Vašingtonu.

Pa ovom „rešenju“ emisar zapadnog imperijalizma Marti Athisari nudi nezavisnost Kosova i Metohije na mala vrata. On nudi građanima Kosova i Metohije ne nezavisnost, nego dalju okupaciju i gazdovanje nad Kosmetom.

SKOJ vođen osnovnim načelima marksizma-lenjinizma oštro se protivi svim pokušajima imperijalista da odvoje Kosovo i Metohiju od naše zemlje. Jasno je komunistički pokret priznaje pravo na samoopredeljenje, ali u slučajevima kada to vodi do slabljenja i obaranja imperijalizma, što u pitanju Kosova to nije ni malo slučaj. Naš stav potvrđen je i na samitu Balkanskih komunističkih partija održanom u Atini gde su sve komunističke partije Balkana, uključujući i KP Albanije svojim potpisom potpisale rezoluciju protiv imperijalističkog prekrajanja granica Balkana.

Takozvane „pregovore o konačnom statusu Kosova i Metohije“ vodi čovek koji je pretnjama potpunim razaranjem Beograda i Srbije naterao Vladu SRJ na potpisivanje Kumanovskog sporazuma 1999. godine. Jasno je da ovde nema ni reči o bilo kakvim pregovorima, na delu je jednostrano odlučivanje mimo volje naroda Kosova, na delu je ostvarivanje imperijalističkih interesa vojne pesnice globalizma-NATO pakta.

Odvajanje Kosova i Metohije od Srbije praktično bi značilo da je zversko bombardovanje Srbije 1999. godine sprovedeno sa ciljem otimanja ovog dela teritorije od Srbije.

SKOJ je i ranije istakao stav da je na delu nedvosmisleno na delu iskorišćavanje Albanskog naroda od strane imperijalističkih centara moći na čelu sa SAD u cilju ostvarenja imperijalno-ekspanzionističkih ciljeva, kao i iskorišćavanje od strane vladajućeg proimperijalističkog režima u Prištini radi očuvanja sopstvenih pozicija i sprovođenje reakcionarnih nacionalističkih projekata.

Šestogodišnja politika okupacije na Kosovu i Metohiji preti da potpuno anulira rezultate koji su postignuti u proteklih pet i po decenija kada je Kosovo vlastitim naporima i uz podršku cele SFRJ ostvarilo značajan napredak na svim poljima.

Danas je preko 73% žitelja Kosova nezaposleno, sve glavne privredne grane su u rukama NATO okupatora koji slobodno raspolaže i ubira prihoda od onoga što je stvarano u interesu naroda Kosova i Metohije tokom proteklih pet decenija. Profit i vrednosti koje stvara radnička klasa Kosmeta koriste jedino NATO okupatorima koji imaju nad Kosovom i Metohijom punu ekonomsku, političku i zakonodavnu vlast.

Srbi, Crnogorci, Goranci, Albanci… nisu međusobni neprijatelji, jedini stvarni neprijatelj su psi rata NATO pakta. I stoga je jedini spas međusobni savez svih naroda Kosova i Metohije protiv NATO okupatora.

Komunisti su uvek bili za pronalaženje najpravednijih rešenja koja su u datom trenutku moguća a koja nisu u interesu imperijalističkih ciljeva i planova.

Postojeće okupaciono stanje ne odgovara trajnim i stvarnim interesima naroda Kosova, ono odgovara jedino imperijalno-ekspanzionističkim ciljevima NATO-a. Cilj politike koju vode razne "mirovne" međunarodne komisije jeste dalje produbljivanje postojećeg stanja po principu "zavadi, pa vladaj".

Istinski mir i saradnja mogući su jedino ako sve okupacione strane trupe odmah napuste Kosovo, Bosnu i Hercegovinu i povuku sve svoje trupe sa Balkana.

SKOJ se zalaže za trajno i pravedno rešenje koje će omogućiti miran i normalan život za sve na Kosovu i Metohiji, koji će omogućiti povratak raseljenih, obnovu i izgradnju, koji će omogućiti jednu novu perspektivu za sve na Kosmetu. 

Balkan pripada Balkanskim narodima!!!

Sekretarijat SKOJ-a
2. februar 2007. god.


Nemanjina 34/III, 11 000 Beograd, Srbija 
Tel/fax +381 11 2642 985


https://www.cnj.it/INIZIATIVE/bologna100207.htm


Bologna, sabato 10 febbraio 2007

DISARMIAMOLI
PER UNA RETE NAZIONALE CONTRO LE BASI DELLA GUERRA E LA
MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETA'

Sala del Centro Katia Bertasi in via Fioravanti,14
(quartiere Navile - A pochi passi dalla Stazione Centrale).

http://nuke.disarmiamoli.org/

http://www.contropiano.org/Documenti/2007/
Febbraio07/10-02-07Convegno_Disarmiamoli.htm


SCARICA IL MANIFESTO DELLA INIZIATIVA:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/bologna100207.pdf


Il Comitato nazionale per il ritiro delle truppe italiane
338/9255514 - 338/4014989 – 338/1028120 - info @...


Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia si unisce al cordoglio degli amici della Palestina, degli antimperialisti, dei famigliari e dei compagni più vicini a Stefano Chiarini, in occasione di questo lutto che rappresenta un durussimo colpo per il giornalismo onesto e per l'informazione indipendente. 
Noi, jugoslavi ed amici della Jugoslavia, abbiamo sperimentato amaramente, sulla nostra pelle, le conseguenze di un sistema giornalistico drogato ed asservito. Per questo avvertiamo con particolare dolore la gravità della mancanza di un giornalista vero, indipendente, non "embedded", quale è stato Chiarini.
Ciao Stefano, noi andiamo avanti. Fino alla vittoria. 


===

Annunciamo con sgomento che attorno alle 18 di ieri è improvvisamente morto nella sua casa romana Stefano Chiarini, giornalista del quotidiano Il Manifesto, portato via da un infarto. Con lui la Palestina ha perso un amico sincero, uno che non ha mai intrapreso la strada del compromesso e che ha saputo sempre e senza esitazioni  individuare la differenza tra oppresso ed oppressore, documentandola e promuovendone la conoscenza con le sue puntuali corrispondenze dal campo, con i viaggi in Libano  del comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, con il contributo attivo, e  preziosissimo, a tutte le campagne di solidarietà con il popolo palestinese.
Le nostre iniziative, conferenze, convegni o manifestazioni che fossero, hanno spesso potuto avvalersi del privilegio del suo contributo di pensiero, ma  Stefano non si è mai risparmiato nemmeno nel lavoro più modesto,  si è speso anche nelle scuole, ha contribuito a diffondere la conoscenza della causa palestinese tra i ragazzi più giovani, spiegando i motivi del suo schierarsi a favore dei palestinesi con la sua innata pacatezza ma con una tale fermezza che finiva per impressionare e suscitare interesse anche in chi fosse a digiuno della questione, o, peggio, suggestionato dai pregiudizi diffusi dall’informazione dominante; quella stessa disinformazione contro cui Stefano ogni giorno si è battuto nei suoi articoli e nei suoi reportage, essendo ancora un giornalista per cui contano i fatti prima che le opinioni.
Noi perdiamo un compagno che sapeva coniugare tenacia  e coerenza, che nei momenti d’isolamento politico della scomoda causa palestinese non si è mai tirato indietro. Una perdita così grave non è  sostituibile, ma proveremo, Stefano,  a portare nelle nostre iniziative il tuo senso critico, la tua convinzione, la tua umanità di giornalista e comunista. 

 

Comitato “Con la Palestina nel cuore”

 

I funerali del compagno Stefano Chiarini si terranno
lunedì 5 febbraio alle ore 12.00 
nella Chiesa di Nostra Signora di Coronato
in via dei Colli Portuensi a Roma (zona Monteverde)


===

Apc-GIORNALISTI/ E' MORTO STEFANO CHIARINI, 'IL MANIFESTO' IN LUTTO

L'esperto di Medio Oriente ed Iraq stroncato da infarto a 55 anni

Roma, 3 feb. (Apcom) - E' morto a Roma, stroncato improvvisamente da infarto a 55 anni, Stefano Chiarini: l'esperto di Medio Oriente ed Iraq del quotidiano 'Il Manifesto'. Chiarini, nato nel settembre del 1951, lascia la moglie Elena e due figlie.

Storici i suoi servizi da Baghdad, dove si trovò unico giornalista con Peter Arnett quando iniziarono i primi bombardamenti americani, nella prima guerra del Golfo. Ed ancora a Baghdad Chiarini, dopo molti viaggi in Medio Oriente ed Iraq, ritornò, inviato dal Manifesto, per seguire la cronaca del sequestro della sua collega e grande amica Giuliana Sgrena.

Fcs

031904 feb 07

===



Messaggi su Stefano Chiarini


Stefano: un amico e un compagno sornione e testardo della causa palestinese

Il telefonino che squilla in continuazione, i compagni da tutte le città che ti chiedono se è vero, come è accaduto, quando. Non è stato facile oggi pomeriggio apprendere per vie traverse, chiedere conferme dolorose e spiegare che Stefano è morto. Ci eravamo sentiti giovedi sera per scambiarci opinioni e idee sulla situazione in Palestina e sulle cose da mettere in cantiere nelle prossime settimane. Stefano, sornione come sempre, annunciava di stare qualche giorno a casa perchè gli faceva male una gamba. Oggi dovevamo risentirci per dividerci le cose da fare, le persone da sentire, le proposte da verificare...ma Stefano non potrà condividere questa lista di piccole-grandi idee sulle quali da anni abbiamo tentato in ogni modo di tenere il popolo palestinese e i suoi diritti al centro dell'agenda politica.
Abbiamo condiviso alcuni anni di iniziative straordinarie, di arrabbiature e di battaglie dando vita ad una esperienza anomala e unica come il Forum Palestina. Abbiamo condiviso le strade di Beirut fino a sollevarlo di peso in mezzo alla strada nominandolo scherzosamente "Lo Sceicco" e portandocelo in giro.
Mi e ci mancherà immensamente quella sua laboriosità e testardaggine con cui si misurava con gli obiettivi, quel suo non dirti mai di no sorridente che ti persuadeva poi a fare in buona parte come diceva lui.
Ci mancherà terribilmente Stefano,. Mancherà al popolo palestinese e a tutti coloro che testardamente come Stefano hanno voluto tenere aperta la "seccatura palestinese".
Ciao Sceicco, che la terra ti sia lieve

Sergio Cararo (Forum Palestina)


CI MANCHERAI, STEFANO

Attorno alle 18 di oggi è improvvisamente morto nella sua casa romana Stefano Chiarini, giornalista del quotidiano Il Manifesto. Se lo è portato via un infarto, non c'è stato niente da fare. Il Medio oriente era da sempre la sua passione, ed è stato l'unico giornalista italiano ad essere presente a Baghdad durante la prima Guerra del golfo, nel 1991 ed a tornarci anche in questi ultimi anni, sfidando la guerra e quegli squadroni della morte che hanno fatto pagare con la vita molti giornalisti troppo curiosi.
Aveva da subito aderito al Forum Palestina, convinto della necessità di schierarsi apertamente e senza ambiguità dalla parte del popolo palestinese, informando sulla situazione in Medio Oriente dalle pagine del Manifesto e poi anche de la Rinascita, e dai microfoni di Radio Città Aperta e di altre emittenti libere.
Ricordiamo con emozione la sua determinazione e il suo coraggio nel sostenere la causa palestinese e quella più in generale delle popolazioni arabe. Ricordiamo la sua accuratezza nel descrivere l'attualità mediorientale, sempre accompagnata da una riflessione e da una analisi preziosissime e originali in un panorama informativo dominato dal pregiudizio antislamico e filoisraeliano.
Ricordiamo la sua disponibilità a partecipare a mille iniziative su e giù per l'Italia, il suo attivismo come promotore e animatore dell'annuale delegazione nei campi profughi palestinesi in Libano. Ka campagna "Per non dimenticare Sabra e Chatila" è diventato negli ultimi anni uno strumento importantissimo contro la rimozione delle responsabilità israeliane nel massacro della inerme popolazione palestinese nei campi di Sabra e Chatila. Stefano ci ha raccontato cos'è Hezbollah senza pregiudizi e con lungimiranza, da giornalista e da compagno, quando per tutti questa parola significava solo "Partito di Dio".
Di Stefano vogliamo anche ricordare l'amicizia e la sensibilità di tutti i popoli oppressi e sfruttati: ricordiamo il suo lavoro di approfondimento sulla lotta del popolo irlandese, tra le altre cose.
Ci mancherai Stefano, ci mancheranno i tuoi articoli, ci mancherà la tua voce tranquillizzante, il tuo lavoro di inestimabile valore.

Un abbraccio da tutta la redazione di Radio Città Aperta


Sono sconvolto nell'apprendere la notizia della scomparsa di Stefano Chiarini ,avvenuta pochi ore fa nella sua abitazione a roma.
sono sconvolto inanzi tutto perche lo conosco ,come tanti altri ,da molti anni ,e per la sua statura ,onesta' personale ed intellettuale e la sua dedizione al suo lavoro.
ma anche e' uno dei piu' accaniti amici "quasi integralista" della palestina e della sua causa.
amcio e compagno di avvenura negli ultimi anni delle avventure per le strade di sabra ,Shatila ,Ein el helwi,Rashidie ,per non dire l'anoma e l'ideatore del comitato per non dimenticare sabra e shatila .
addio caro Stefano e la promessa e' sempre la stessa ,continuare ad amare la palestina,cio' la giustizia,e dare ,fare tutto il possibile perche trionfi.

Omar Suleiman (Napoli)


Stefano Chiarini era uno dei rarissimi giornalisti onesti che circolano in Italia dove, come si sa, la quasi totalità è fatta da mercenari "intellettuali" sempre disposti a qualunque menzogna, a qualunque denigrazione, a qualunque montatura...
La notizia della sua morte ci lascia senza parole. E' , per tutti, una grande perdita.

Le compagne e i compagni del Laboratorio Marxista (Viareggio)



La Rete degli Artisti contro le Guerre partecipa al lutto per la morte del compagno Stefano Chiarini che tanto ha contribuito alla causa del popolo palestinese. La sua opera verrà portata avanti da ognuno di noi e da tutti quanti abbiano a cuore le sorti non soltanto del popolo palestinese ma di titti i popoli che lottano per la loro libertà.

Edvino Ugolini
Rete Artisti contro le guerre



Questa notizia mi sconvolge, sicuramente si tratta di una perdita enorme,
Fabio Marcelli


Caro Stefano,

sono tempi molto duri per noi palestinesi. Non avremmo mai immaginato o sognato di assistere a quello che sta accadendo oggi fra di noi a Gaza, dove un palestinese spara ed uccide un'altro palestinese. Una guerra civile vera e propria, che è anche la conseguenza del fallimento della politica internazionale.
Ci siamo conosciuti agli inizi degli anni 80, da subito è nata un'amicizia ed un'intesa eccezionale che si è rafforzata col passaggio degli anni. In tutti i momenti più duri e difficili della nostra storia, sei sempre stato presente e molto attivo. Sei stato, a volte anche critico nei confronti della dirigenza palestinese, ma l' apprezzamento e la gratitudine di tutti noi e in primo luogo del grande Arafat sono stati enormi e manifestati in occasione degli incontri che avete avuto.
Stefano, grazie anche a te è nato e si è evoluto il movimento di solidarietà italiano con la lotta del nostro popolo anche attraverso la costituzione delle associazioni "Amici della Mezza Luna Rossa Palestinese" e "Per non dimenticare Sabra e Shatila".
La questione palestinese e i problemi del mondo arabo sono stati da sempre il fulcro della tua intensa attività, il maggior interesse e argomento delle tue opere. Con te abbiamo avuto uno dei massimi esperti del Medioriente in assoluto, e sul serio. Scritti sulla Palestina, sul Libano, sull'Iraq, sulla Siria, sull'Algeria, sull'Iran, su Israele ... attraverso il tuo giornale "Il Manifesto" e su tanti sia italiani che stranieri.
Ti piangeranno e ti ricorderanno per sempre, particolarmente, i familiari delle vittime innocenti dei campi profughi di Beirut, Sabra e Shatila, che tutti gli anni e per l'occasione ti aspettavano insieme a decine e decine di italiani per commemorare l'anniversario del massacro compiuto, nel settembre del 1982, dall'esercito israeliano guidato da Ariel Sharon.
In questo momento, difficile e drammatico, subiamo la tua mancanza e la tua scomparsa, grave per la tua famiglia e per noi che ci consideriamo parte di essa.
Al nostro popolo da oggi mancherà un profondo e sensibile conoscitore della sua tragica storia e l'opera di un uomo, un giornalista, impegnato per la libertà e la pace in medioriente e nel mondo. Grazie caro fratello e compagno per quanto hai fatto per noi.
Ciao Stefano.
Dr. Yousef Salman
Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia


Il giornalismo italiano perde oggi una grande voce libera, acuta e cosciente

Ne sentiranno la mancanza in molti soprattutto i popoli oppressi del Medio Oriente

Con grande rammarico e tristezza vi comunichiamo la notizia, di poche ore fa, dello spegnimento del giornalista de il manifesto il compagno Stefano Chairini a causa di un malore al cuore.

Gli arabi ed i palestinesi dell’Unione Democratica Arabo Palestinesi in Italia presentando il loro sincero e sentito cordoglio si stringono fortemente ai famigliari e parenti di Stefano nel loro dolore.

Appena sapremo, quando ci saranno i funerali, ve lo comunicheremo subito.

Ai funerali, preghiamo i nostri amici arabi di esserci tutti dando un segnale di riconoscimento alla bravura, sensibilità, solidarietà ed umanità di questo compagno che porteremo nei nostri cuori.
L'Unione Democratica Arabo-Palestinese


Oggi ho perso un solido compagno, un amico gentile, un grande giornalista.
Caro Stefano continueremo a batterci e cercare, con curiosità e coraggio, dalla parte del torto.

Un abbraccio intenso a tutta la redazione del Manifesto ed alla sua adorata famiglia.

Ciao Stefano, mi manchi già tantissimo.

Iacopo Venier (Responsabile Esteri Partito dei Comunisti Italiani)


Non ho parole adeguate per comunicarvi la notizia della morte di Stefano Chiarini.
E' talmente assurda e drammatica da lasciare tutti noi che l'abbiamo conosciuto, apprezzato ed amato, ammutoliti ed increduli.
Stefano era, e resta, la voce che abbiamo ascoltato e letto, e direi, tante volte inseguito, perchè capace di darci la conoscenza e la coscienza dei fatti.
Sappiamo che altri non gradivano i suoi interventi perchè non offrivano alibi ed anfratti bui dove nascondersi.
Le sue parole non si mimetizzavano dietro ipocriti sotterfugi.
Per noi erano la molla che ci faceva agire.
Noi lo amavamo per la sua semplicità di essere grande, per quel suo mostrarsi sempre aperto a tutto ed a tutti, per quel suo assicurarti un briciolo di attenzione anche quando era distratto e inseguiva altri pensieri.
Per noi era come il fuoco per la falena: ci attraeva e ci coivolgeva, ravvivando quel poco di umanità ch'era nascosto nel fondo della nostra coscienza.
Da lui abbiamo tratto il senso della nostra partecipazione ad una lotta che ci ha posto dalla parte di chi ha subito un torto epocale, che però nessuno vuole di fatto contrastare.

Stefano, immenso è il vuoto e la sofferenza che la tua morte ha prodotto in noi.

Mariano


Non ci posso credere... Ma il destino si accanisce sui migliori ? Stefano carissimo, preziosissimo, ammirevole... E' troppo grande il dispiacere.

Nella Ginatempo

cari compagni, che dire? Sono letteralmente annichilito dalla notizia!
Angelo Baracca


Noi compagne e compagni del Centro Sociale Vittoria di Milano abbiamo appena appreso la dolorosa notizia della scomparsa di Stefano.
Vogliamo ricordarlo per le numerose iniziative di controinformazione che abbiamo organizzato con lui. Abbiamo apprezzato la sua intelligenza , la sua lucidità e la sua capacità di affrontare la questione mediorientale da un punto di vista totalmente differente da quello dell'informazione ufficiale, dando spazio e voce a chi vede
quotidianamente negati i propri diritti e a chi normalmente spazio e voce non ha nei media allineati.
Ma vogliamo ora soprattutto ricordarlo per la sua sensibilità nel raccontare e comunicare il dolore e l'ansia di ribellione dei popoli palestinese, iracheno e libanese.
Questi popoli hanno perso un grande fratello e la causa della libertà ha perso un grande sostenitore.
Esprimiamo tutto il nostro dolore per la perdita di un compagno come Stefano, dal punto di vista umano oltre che politico.
Un abbraccio forte a tutti i suoi compagni e alla sua famiglia.

Ciao Stefano

I compagni e le compagne del Centro Sociale Vittoria di Milano


Apprendiamo in questo momento la notizia della morte di Stefano Chiarini:
è una grave perdita per tutti coloro che l'hanno conosciuto, per il movimento di sostegno alla resistenza del popolo palestinese.
Lo ringraziamo per il suo contributo, insostituibile; ricordiamo la sua presenza qui a Lucca alle nostre iniziative, la sua disponibilità, semplicità, umanità.
Che la terra ti sia lieve...

Associazione Ghassan Kanafani - Lucca


Molto molto addolorata. La sua purezza, la sua serietà lo sentivo come un fratello. Teneteci informati

flavia donati


una vera tragedia.

io che per anni raccolgo materiale sulla Palestina, potete capire come mi sento: triste, notificate mie condoglianze alla famiglia per favore.

muore un amico della Palestina, ragione di più continuare il nostro impegno per ricordarlo in eterno.

alex schiavi


con immenso dolore apprendiamo della tua scomparsa, carissimo stefano.
ci mancherai, ci mancheranno le tue parole, la tua voce, il tuo sorriso.
ora riemerge con forza il ricordo di quelle giornate trascorse insieme in libano nel 2002 per le strade sterrate dei campi profughi palestinesi e sentiamo ancor oggi dentro di noi la passione e la tenacia del tuo essere a fianco del popolo palestinese.
ti abbracciamo, arrivedereci caro e sorridente compagno!!
valentina e sandro (network per i diritti globali .barletta.)


sono dispiaciuto di questa grande perdita' condoglianza al forum e la
famiglia di Chiarini
Hamidi Behrooz iraniano da Palermo


traducco e diffondo alla mia lista (delle traduzioni del manifesto in francese), Stefano à quello che ho di più tradotto gli articoli ; non riesco a immaginare la lotta con la sua assenza...
Si vous avez quoi que ce soit à traduire pour diffuser, envoyez, ici (marseille) nous allons faire quelque chose avec jean el cheikh pour annoncer sa mort.
con affetto e tristezza
marie-ange 


Stefano è morto. Per chi ha la Palestina nel cuore è morto un pezzetto di sé.
Stefano era un giornalista vero, come ce ne sono pochi, molto pochi in Italia.
I suoi meriti sono stati non solo l’onestà nel fare il lavoro di informazione, ma anche di amare la verità e la giustizia schierandosi apertamente contro quella che è l’ingiustizia profonda: la Palestina, se si continua a parlare dei crimini israeliani di Sabra e Chatila lo si deve a lui.
La prima cosa che facevo dopo aver acquistato il giornale su cui scriveva regolarmente, era di guardare il suo articolo che mi faceva vivere e conoscere l’Irlanda, la Palestina, l’Iraq, il Libano; leggevo e sapevo, ero certo di sapere.

Dal Manifesto del 2 settembre del 2000:


E i palestinesi? Il mondo pensa veramente che si possa arrivare alla pace ignorando la loro esistenza? Il mondo pensa veramente che si possa continuare a negare loro una casa, un lavoro e, nel caso di Chatila, anche una degna sepoltura? Noi del manifesto non lo pensiamo. E abbiamo deciso di batterci perché il ricordo di quei morti non vada perduto. Che venga data loro una degna sepoltura. E siamo stati sommersi di lettere di sostegno. Una risposta che è anche una speranza di giustizia. Se ognuno portasse a Chatila un fiore nessuno potrebbe più ignorare quella fossa. Per quanto ci riguarda il sedici settembre noi saremo li con il "nostro fiore dall'odore del sangue ma anche del gelsomino".


Ci sono morti che pesano come piume, altre che pesano come montagne: per noi, che amiamo la Palestina, la giustizia e la verità, che siamo contro l’imperialismo americano e contro il sionismo oggi ci troviamo a subire questa immensa perdita.

Sarà più difficile ma dovremo saper andare avanti anche senza Stefano.

Il suo ricordo lo porteremo nel cuore e nelle piazze per farlo vivere ancora.

Un abbraccio forte ai suoi familiari


Francesco Giordano


Orribile, siamo tutti più poveri e la politica e il giornalismo italiano
più che mai.
Paola Ferroni per ALJ - onlus


Non mi sono fatto più vivo perchè ho avuto qualche casino personale di troppo, e pure noie di salute ... MA ora, davanti a questa notizia arrivatami or ora, non posso tacere.
Con Stefano se ne va un altro dei pochi della mia generazione che NON avevano ancora abbassato la guardia !!!
Uno dei pochi che, sia pur dalle pagine del "quotidiano comunista choc per i compagni chic", ha sempre saputo coerentemente esprimere una propria dignitosa linearità antimperialista, in spregio ad un isolamento via via più scandalosamente marcato.
E' profondamente vero, come dite voi, che di Stefano noi tutti sentiremo la mancanza, ben al di là degli inevitabili quanto parziali disaccordi che, nel corso di circa un quarantennio, possono essersi sporadicamente palesati da parte di alcuni di noi, nei confronti di qualche sua presa di posizione: ci rimarrà di lui il ricordo del suo lungo impegno, espresso sia sul fronte di una libera e mai accomodante CONTRO/informazione, che sul piano di uno sforzo analitico sempre comunque indirizzato ad una critica radicalmente partigiana, dell'oppressione genocidaria di un imperialismo ben lontano dall'essersi fatto negrianamente "ecumenico e consociativo" !!!
Un triste abbraccione a tutt*
Marco Melotti


Ho saputo adesso di Stefano, sono sorpreso e sconvolto, non bastano le
parole per definire il vuoto che lascia. Ciao Stefano.

Raffaele Della Corte
Laboratorio di Resistenza alla Guerra


Con Stefano Chiarini la Palestina ha perso un amico sincero, uno che non ha mai intrapreso la strada del compromesso e che ha saputo sempre e senza esitazioni individuare la differenza tra oppresso ed oppressore, documentandola e promuovendone la conoscenza con le sue puntuali corrispondenze dal campo, con i viaggi in Libano del comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, con il contributo attivo, e preziosissimo, a tutte le campagne di solidarietà con il popolo palestinese.
Le nostre iniziative, conferenze, convegni o manifestazioni che fossero, hanno spesso potuto avvalersi del privilegio del suo contributo di pensiero, ma Stefano non si è mai risparmiato nemmeno nel lavoro più modesto, si è speso anche nelle scuole, ha contribuito a diffondere la conoscenza della causa palestinese tra i ragazzi più giovani, spiegando i motivi del suo schierarsi a favore dei palestinesi con la sua innata pacatezza ma con una tale fermezza che finiva per impressionare e suscitare interesse anche in chi fosse a digiuno della questione, o, peggio, suggestionato dai pregiudizi diffusi dalla disinformazione dominante; quella stessa disinformazione contro cui Stefano ogni giorno si è battuto nei suoi articoli e nei suoi reportage, essendo ancora un giornalista per cui contano i fatti prima che le opinioni.
Noi perdiamo un compagno che sapeva coniugare tenacia e coerenza, che nei momenti d’isolamento politico della scomoda causa palestinese non si è mai tirato indietro. Una perdita così grave non è sostituibile, ma proveremo, Stefano, a portare nelle nostre iniziative future il tuo senso critico, la tua convinzione, la tua umanità di giornalista e comunista.

Comitato “Con la Palestina nel cuore”



E’ molto doloroso ammettere che un maledetto infarto ci ha strappato Stefano dalle mani, lo ha portato via. Stefano Chiarini, giornalista del Manifesto, che si occupava della Palestina, del Libano e dell’Iraq, una fonte di informazione immensa; si direbbe che conoscesse tutti e tutto sul Medio Oriente.
Stefano è stato l’ideatore del comitato italiano “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, che da anni organizza il viaggio di un gruppo di amici e compagni solidale con la questione dei profughi palestinesi, per visitare i loro campi in Libano, e sentire i protagonisti dirittamente, toccare la realtà che si vive all’interno di un campo profughi a Beirut, o a Sidone.
Sono anni che conosciamo Stefano, anni di lavoro e di preparazione, di iniziative non solo in Italia; in questi ultimi quattro anni abbiamo viaggiato tante volte, Stefano era sempre ottimista, anche nei momenti in cui l’ottimismo andava a farsi benedire.
Lo scorso settembre, esattamente un mese dopo il “ce

(Message over 64 KB, truncated)


Un quotidiano nazifascista / 2

(la prima parte è leggibile alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5279 )

--- da Claudia Cernigoi riceviamo e volentieri giriamo:

l nome di Oneto mi ricordava qualcosa, ecco cosa ebbi modo di
scrivere su di lui nella parte da me curata in "La memoria
tradita" (Zeroincondotta 2002):


< Gli antichi popoli padani, i miti del Nord, i simboli della terra e
del fuoco. Dietro al progetto dei Celti, temi e interessi che
avvicinano l’ideologia leghista a quella della nuova destra >.
Così inizia un servizio di Max Mauro sul “Friuli”
del 10.11.2000. Lo spunto per la ricerca è dato dal fatto che la
Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia aveva stanziato quattro
miliardi per “riscoprire e valorizzare” la memoria celtica. Artefice
di questo stanziamento l’assessore leghista udinese Alessandra Guerra
(già “ministro degli esteri” della Padania), per la quale il
giornalista ipotizza un incontro, durante una delle riunioni
veneziane del “governo padano”, con l’architetto piemontese Gilberto
Oneto “ideologo ufficiale della Lega Nord” e ritenuto “esperto” di
tematiche celtiche. In effetti, per la valutazione dei progetti
“celtici” degni di finanziamento, è stata nominata dalla Giunta
Regionale una commissione d’esperti della quale fa parte pure Oneto.
Oneto è tra l’altro il direttore della rivista
“Quaderni Padani”, editorialista de “La Padania” ed autore di diversi
pamphlet “padani”, tra i quali il più famoso è “L’invenzione della
Padania”. Le sue ricerche “celtiche” sono tese alla riscoperta di
“eroi padani”, visti come antesignani della lotta “anti-romana ed
anti-italica”. Ma scrive anche di immigrazione, con un articolo dal
titolo di sentore quasi ecologista, “Meno foresti e più foreste”, nel
quale teorizza “la chiusura totale dei flussi immigratori,
l’espulsione di tutti i clandestini e il ricollocamento nei paesi
d’origine di tutti i regolari”. (Ogni similitudine con il
forzanovista “umano rimpatrio” è puramente casuale?). Sui “Quaderni
Padani” è apparsa la “Proposta per uno statuto etnonazionalista”,
firmata da tale Flavio Grisolia, fondatore del movimento ligure
“Trincea d’Europa”, collaboratore del Centro Studi La Runa di
Chiavari e promotore del “Comitato per la difesa dei cittadini
vittime dell’invasione extracomunitaria” (come nome questo potrebbe
forse ricordare un po’ il “Comitato spontaneo di triestini che non
parlano lo sloveno” di Giorgio Rustia). Cosa intende Grisolia per
“etnonazionalismo”? Il “recupero del controllo etnico del territorio
e degli apparti produttivi secondo i valori della tradizione”, per
cui la sua conclusione è che la Lega Nord è “l’unico partito vicino a
questo sentire”. Del Centro Studi la Runa vale la pena di dire che,
oltre a dare spazio alle associazioni “celtiste”, dedica pure
attenzione alle posizioni politiche di Third position international
ed ad un altro link “Thule net”, che oltre ad evocare passati
nazionalsocialisti ci fa ripensare anche a quanto scritto da Carlo
Palermo.
Alle teorie d’Oneto si ispira anche l’associazione
lombarda “Terra insubre”, ma ci sono poi le varie associazioni
“tolkeniane”, sorte come gruppi culturali che si ispirano ai racconti
fantasy di Tolkien, scrittore che è stato sempre molto caro, con le
sue simbologie, alla giovane destra dagli anni Settanta in poi. Basti
pensare ai campi “hobbit” del Fronte della Gioventù ed a tutti gli
altri richiami alle saghe del Signore degli Anelli.


fine citazione. Tanto per avere un'idea di chi sono gli
"intellettuali" di questo Paese.
Saluti resistenti
Claudia Cernigoi

---

> "Coord. Naz. per la Jugoslavia" ha scritto:
>
> Un quotidiano nazifascista / 1
>
> (riportiamo di seguito senza commenti, al solo scopo di lasciare "ai
> posteri" la documentazione di che cosa erano i quotidiani dell'Italia
> nel 2007. cnj)
>
> Libero 3 gennaio 2007 - pag.13
>
> L' Intervento
>
> Non solo barbari
>
> La Slovenia nell ' euro è una buona notizia
>
> di GILBERTO ONETO

(...)

Cari compagni, vi segnalo l'articolo inserito in questi giorni nel sito della Nuova Alabarda sulle problematiche collegate alle "due memorie".
saluti resistenti
Claudia Cernigoi

 

 

 

GIORNATA DELLA MEMORIA E GIORNO DEL RICORDO.

 

Dopo l’istituzione del Giorno della Memoria per il 27 gennaio (anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa sovietica), le associazioni irredentistiche degli esuli istriani hanno tanto fatto e brigato da ottenere, nel 2004, che il 10 febbraio, cioè a pochi giorni di distanza da questa ricorrenza, venisse istituito il “Giorno del Ricordo” (si noti qui anche la similitudine linguistica tra “ricordo” e “memoria”), “dell’esodo e delle foibe”, ricorrenza istituita anche con il beneplacito di buona parte del centrosinistra, soprattutto i DS. A tre anni di distanza da questa “operazione”, possiamo vedere gli effetti che essa ha avuto sulla scena politica e culturale italiana (ma anche internazionale).
Innanzitutto vediamo che già da metà gennaio, cioè in prossimità del Giorno della Memoria, le associazioni degli esuli riempiono il calendario di proprie iniziative che, stante la vicinanza delle date e stante il fatto che, vuoi per capacità organizzativa, per spirito combattivo, per disponibilità di fondi, o chissà per quali altri motivi, sono molto più numerose e visibili di quelle indette per il 27 gennaio, mettendo di fatto in secondo piano quelle relative a questa ricorrenza.
C’è però una differenza di fondo nell’atteggiamento di chi si occupa delle due “giornate”. Mentre nelle intenzioni di chi ha ideato la Giornata della Memoria e di chi per celebrare questa giornata organizza convegni, dibattiti, iniziative culturali lo scopo era quello di ricordare ciò che è stato (la follia guerrafondaia e criminale del nazifascismo) affinché la storia non si ripeta e non vi siano più genocidi e violenze, la stessa cosa non la rileviamo nelle iniziative indette dalle varie associazioni di “esuli istriani” per il 10 febbraio (e parliamo qui della Lega Nazionale ed anche delle Comunità istriane).
Chi ha avuto modo di sentire o di leggere le testimonianze dei sopravvissuti dai lager nazifascisti (e diciamo nazifascisti perché anche il fascismo ha avuto i propri lager, pensiamo solo a quello di Gonars che si trovava a pochi chilometri da Trieste, circostanza spesso ignorata dagli stessi antifascisti), sa perfettamente che nella memoria di essi non c’è posto, di norma, per l’odio, per il rancore, per il desiderio di vendetta. Nella maggior parte dei casi, chi ha vissuto sofferenze indicibili, preferisce dimenticare, cerca l’oblio e per questo lascia da parte i sentimenti di odio che invece tengono vivo il dolore del ricordo.
Se andiamo invece a seguire le iniziative per il Giorno del Ricordo (10 febbraio), vediamo che la maggior parte di esse non sono finalizzate al superamento della fase storica che ha portato al Trattato di pace (perché il 10 febbraio è quello del 1947, quando l’Italia finalmente siglò il trattato di pace con il quale venivano sanciti i nuovi confini sorti dopo la seconda guerra mondiale), ma al reiteramento di una propaganda irredentistica, che partendo da dati storici falsi (come
l’ingigantimento delle cifre degli “infoibati”, cioè di coloro che, nell’allora Venezia Giulia furono uccisi, per vari motivi, tra i quali anche fatti di guerra, dai partigiani jugoslavi o condannati a morte come criminali di guerra dai tribunali jugoslavi), e dalla ripetizione della vecchia teoria (un tempo solo fascista) che il trattato di pace fu in realtà un diktat per l’Italia, ribadisce la teoria degli “ingiusti confini”, delle “terre rubate” e conclude con lo slogan “volemo tornar”.
Ora non ci dilungheremo sulla questione delle “foibe”, perché fin troppo spesso ne abbiamo parlato su queste pagine; diciamo solo che quelli che vengono fatti passare per “infoibati sol perché italiani” nella maggior parte dei casi si possono inserire nella categoria dei “morti per cause di guerra”, ricordando che nel corso della seconda guerra mondiale sono morte milioni di persone, a causa di una guerra che è stata voluta ed iniziata (cosa che pochi ormai ricordano) dalla volontà imperialistica dei regimi nazifascisti. È stata l’Italia fascista ad invadere, senza dichiarazione di guerra, ed a spartirsi, assieme ai propri alleati, la Jugoslavia, devastandola e provocando orrende stragi di civili; sono stati i regimi nazifascisti che hanno dichiarato guerra al mondo intero, perché volevano prendere il controllo di esso, e, dato che fortunatamente per i destini del mondo, la cosa non gli è riuscita e sono stati sconfitti (anche grazie al contributo di sacrifici delle varie resistenze europee, tra le prime quella jugoslava), alla fine del conflitto hanno dovuto pagare, in termine di perdita di territorio, questa sconfitta.
Così entriamo nel merito della questione che più è dibattuta in questi giorni nei convegni organizzati per il 10 febbraio: la questione degli “ingiusti confini”.
Se, come abbiamo sentito dire spesso in vari convegni cui abbiamo assistito, il diritto italiano sull’Istria e su Fiume era dato dal fatto che questi territori erano stati annessi in seguito
alla prima guerra mondiale (dove Fiume, ci si lasci dire, è stata annessa all’Italia con un colpo di mano in barba al trattato di pace ed al diritto internazionale), volendo seguire questa logica (che non è quella di “sangue e di suolo” che altri proclamano), dobbiamo accettare anche il fatto che in seguito ad un altro conflitto altri confini sono stati tracciati e territori che erano stati conquistati grazie ad una guerra vinta, sono poi stati tolti per una guerra (d’aggressione, ricordiamolo) perduta.
Così abbiamo sentito il professor Raoul Pupo, che sicuramente non è uno storico “neofascista”, sostenere che in realtà il trattato di pace del 1947 non è stato firmato con l’Italia, ma sopra l’Italia, perché alla fine della guerra l’Italia non esisteva come soggetto politico internazionale e quindi non aveva alcuna possibilità di negoziare, con i vincitori della guerra, i propri confini. Questa interpretazione, che è un po’ una variante del concetto di diktat, però non tiene conto di una cosa fondamentale: che l’Italia non era stata aggredita da nessuno degli Stati che vinsero la guerra, e che il fatto che l’Italia aveva perso la guerra era la mera conseguenza del fatto che l’aveva iniziata. L’attribuzione dell’Istria alla Jugoslavia, sostiene Pupo, rientra nella logica geopolitica di “accontentare” Tito, all’inizio concedendogli i territori che aveva militarmente conquistato, e successivamente per “tenerselo buono” in funzione antisovietica.
Ma al di là del diritto di “conquista” (che, come abbiamo visto prima, viene di solito fatto valere per i territori annessi dopo la prima guerra mondiale dall’Italia), queste interpretazioni di Pupo non tengono conto di altre cose. Che i territori istriani, ad esempio, non sono “italiani” per diritto di “sangue e di suolo”, dato che la popolazione è mistilingue, con predominanza di sloveni e croati all’interno e di istro-veneti sul litorale. Perché quindi dovrebbe essere “naturale” che questi territori dovessero rimanere all’Italia piuttosto che alla Jugoslavia, tenendo anche conto che l’Italia doveva risarcire danni di guerra di non poca entità al Paese che aveva invaso?
Una volta sancito, in queste conferenze “storiche”, che i confini sono, tutto sommato, ingiusti, i vari relatori vanno ad analizzare la questione dell’“esodo” degli istriani. Diciamo subito che, a parer nostro, un “esodo” che si prolunga per vent’anni, non può essere un “esodo” causato da “pulizia etnica”. Citiamo a questo proposito la testimonianza del giornalista Fausto Biloslavo, di passata militanza nel Fronte della gioventù, che si è più volte autopresentato come “nipote di infoibato e figlio di esule”, che nel corso di un intervento ha spiegato che il nonno paterno, di Momiano, dovette fuggire a Trieste “rocambolescamente” all’arrivo dei partigiani, “perdendo tutto”, e la moglie poté raggiungerlo assieme ai figli appena nel 1954. Dunque la famiglia rimase per nove anni a Momiano, sotto il “regime titino”, che evidentemente non li “infoibò”, né li espulse, nonostante con tutta probabilità il nonno fosse stato coinvolto con il regime fascista, se aveva dovuto filare via in fretta e furia abbandonando moglie e figli.
Ma queste contraddizioni stranamente non vengono rilevate da chi ascolta. Del resto, il racconto di Biloslavo non si discosta molto, per coerenza, da altre interpretazioni “storiche”. Il professor Pupo, ad esempio, sostiene che all’inizio il “regime jugoslavo” aveva fatto una distinzione tra italiani assimilabili al “regime” (operai, contadini, proletariato in genere) ed altri non assimilabili (i ceti più elevati), che furono cacciati fin dall’inizio. Ammesso e non concesso che questa interpretazione sia attendibile, non passa per la mente dello studioso che si fosse trattato di una “epurazione” politica e di classe e non etnica? Che furono indotti ad andarsene i possidenti, che avrebbero perduto, con il socialismo, i loro possedimenti, nonché i fascisti, esattamente come accadde per sloveni e croati che non si identificavano nel nuovo sistema di governo? Pupo sostiene poi che successivamente, dopo la svolta del Kominform, anche gli italiani che erano rimasti furono cacciati via, perché tutti simpatizzanti per l’URSS, in questo modo sarebbe stata completata la “pulizia etnica”: questa ci sembra ancora più fuorviante come interpretazione. Se ciò che sostengono questi studiosi, cioè che la comunità italiana fu interamente espulsa, con le buone o con le cattive, dalla Jugoslavia, fosse vero, oggi non avremmo in Istria una comunità italiana forte, compatta, ricca di istituzioni culturali, cosa che pure viene invece rivendicata da quegli stessi rappresentanti degli esuli che prima parlano di pulizia etnica e poi del fatto che gli italiani in Istria sono tuttora numerosi e presenti, senza rendersi conto che la seconda cosa escluderebbe la prima.
La comunità italiana in Jugoslavia ha sempre goduto di diritti specifici, a cominciare dalle scuole, per proseguire con il bilinguismo e con i seggi garantiti nei vari parlamenti. Se questo significa pulizia etnica, cosa dovrebbero dire gli sloveni d’Italia, che se oggi hanno le scuole con lingua d’insegnamento slovena è solo grazie al fatto che sono state istituite dagli angloamericani e poi conservate in base ad una precisa clausola contenuta nel Memorandum del 1954, mentre tutti gli altri diritti sono ben al di là di venire?
Ma è proprio grazie alle mistificazioni degli argomenti storici che alla fine emergono i contenuti che sono, a parer nostro, più preoccupanti, e che possono essere sintetizzati nello slogan “volemo tornar” che tanto spesso viene citato in queste rassegne, e sui quali contenuti ritorneremo, per un approfondimento, in un prossimo articolo.

 

Gennaio 2007


Un quotidiano nazifascista / 1

(riportiamo di seguito senza commenti, al solo scopo di lasciare "ai
posteri" la documentazione di che cosa erano i quotidiani dell'Italia
nel 2007. cnj)

Libero 3 gennaio 2007 - pag.13

L' Intervento

Non solo barbari

La Slovenia nell ' euro è una buona notizia

di GILBERTO ONETO

Arrivano anche buone notizie. Assieme all ' ingresso in Europa delle
carovane dei parenti di Dracula che hanno oltrepassato la fortezza
Bastioni e che puntano direttamente ai cassetti dei nostri armadi, il
nuovo anno ha portato anche l ' entrata della Slovenia nell ' Euro.
Spiace solo un po ' che sparisca il Tallero, una moneta dal nome molto
simpatico ai milioni di orfani di Maria Teresa. Ma avremo, come vicini
di casa, un po ' meno di due milioni di signori mediamente civili,
educati, puliti e non troppo preoccupati dall ' idea che per vivere si
debba lavorare.

La Slovenia è un paese piccolo e ordinato, che somiglia sempre più alla
Stiria e alla Carinzia, e che in 16 anni di indipendenza ha percorso un
secolo di storia, dal socialismo brutale di Tito all ' Europa
postindustriale, che ha ripulito le proprie città dal lezzo
stagnante di
cavolo, che era un po ' il marchio olfattivo del regime. Pochi decenni
fa attraversare il confine era come entrare in un racconto di Ivo
Andric, in una sorta di Uzbekistan che cominciava alla periferia di
Trieste. Andarci oggi è trovarsi fra gente normale, anche cortese e bene
educata. Impressionano il numero delle librerie di Lubiana e la quantità
di pubblicazioni stampate in una lingua che ha meno parlanti del
piemontese e poco più del bresciano, che invece vengono fatte morire -
come tutte gli altri idiomi locali - perchè ci dicono essere sotto la
soglia biologica di sopravvivenza.


(segnalato su resistenza_partigiana @ yahoogroups.com)