Informazione


La verità sull'episodio della guerra in ex Jugoslavia presentato dai grandi media come la peggiore atrocità in Europa dalla seconda Guerra Mondiale

IL DOSSIER NASCOSTO DEL "GENOCIDIO" DI SREBRENICA

- L'analisi del gruppo di ricercatori americani
- Documenti e testimonianze inedite
- Il rapporto censurato dei Serbi di Bosnia
- Un video dubbio passato al microscopio

( il libro è la versione italiana del documento 
edito in Francia dalle Editions Le Verjus (2005):
Le dossier caché du "genocide" de Srebrenica
sulla base del lavoro di ricerca svolto dallo
SREBRENICA RESEARCH GROUP

Edizioni La Città del Sole,
Napoli 2007, 12 euro

traduzione di Jean Toschi Marazzani Visconti
Editing di Ivana Kerečki
collana Frontiere del Presente / 15
ISBN 978-88-8292-351-8


Contiene il rapporto censurato dei serbi di Bosnia
(in inglese su:



(srpskohrvatski / italiano)

Due iniziative: richieste di sostegno

1. FONDAZIONE "A. CESAREC" / Zaklada "A. Cesarec", Zagreb

2. NOVI PLAMEN


=== 1 ===

FONDAZIONE "A. CESAREC"

Club della Fondazione
Pavla Hatza 14
Zagabria

Oggetto: richiesta d'aiuto finanziario in forma di donazioni o sostegno

La Fondazione "A. Cesarec" è stata creata in base alla Legge sulle
Fondazioni (Gazzetta Uff. 36/95 e 60/01) ed all'Ufficio centrale di
Stato per la direzione delle categorie (...) del maggio 2004 ed è
iscritta nel Registro delle Fondazioni.
Lo scopo della Fondazione "A. Cesarec" è la promozione dell'attività
di ricerca ed editoriale allo scopo di promuovere al pubblico le
tradizioni la cultura scientifica, patrimonio della sinistra croata.
La Fondazione si rivolge a tutti i cittadini interessati.
Con lo Statuto della Fondazione si enunciano gli scopi e gli obiettivi
della sua esistenza, tra i quali l'apertura di un club dei soci con
annesse biblioteca e sala di lettura.
Poichè la Fondazione e' priva di spazio, siamo costretti
ad affittare un locale ad uso della Fondazione, perchè senza l'apertura
di questo centro diminuisce l'incidenza che la Fondazione può avere
nel pensiero di sinistra.
A questo scopo abbiamo stampato il preventivo delle spese come previsto
nella Legge sulle Fondazioni per poter incominciare l'attività del Centro.
Sottolineiamo che l'apertura del centro è indispensabile ed urgente
perchè nel corso degli Anni Novanta, con l'instaurazione del nuovo
potere in Croazia e sotto l'influenza della Chiesa Cattolica si è arrivati
ad un massiccio rogo della letteratura di sinistra e del pensiero operaio
dichiarati "pagani"; perciò essa si può trovare soltanto presso i
cittadini anziani, che vanno scomparendo. 
Per consentire a questi di donarci questa letteratura abbiamo bisogno 
di un locale nel quale potremmo conservarla, tenere aperta la biblioteca 
e la sala di lettura.

Il programma finanziario della Fondazione per l'anno corrente è di circa
31500 euro e si compone come segue: 

1. Pigione annuale per due vani ed un bagno a Zagabria in Via Pavle Hatz 14
2. Utenze:
 elettricità  285 euro
 acqua  110 euro
 riscaldamento  621 euro
 telefono  695 euro
 portineria e posta  840 euro
 compenso, inclusi contributi fiscali ed assistenziali, per chi tiene aperta la sede 5710 euro
 diarie e viaggi 500 euro
 compenso seminaristi (uno all'anno) 350  euro
 6 scaffali per i libri  510 euro
3. Abbonamenti a quotidiani
 Vecernj List (2 copie) e Novi List (2 copie) 1130 euro 
4. Stampa:
 - Abbonamenti a riviste settimanali:
 Feral Tribune, Nacijonal, Globus 261 euro
 - pubblicazione del mensile:
 "Novosti iz ljevice" (Novità della Sinistra") 20000 euro
5. Acquisto delle nuove edizioni annuali della letteratura di sinistra 440 euro

Nella speranza di qualsiasi contributo ed aiuto, cordialmente vi salutiamo.

Ringraziando anticipatamente,
La direzione della Fondazione "A. Cesarec"
Bozidar Dugonjic

ZAKLADA "August Cesarec"
10000 Zagreb (HR), Jurisiceva 7

---

Zaklada "A. Cesarec"
Klub zaklade
Pavla Hatza, 14 Zagreb

Predmet: Molba za finacijsku pomoc u vidu donacije ili podupiratelja


Zaklada "A. Cesarec" osnovana je temeljem Zakona o zakladama i fundacijama (N.N. broj 36/95 i 60/01), Rjesenjem Sredisnjeg drzavnog ureda zaUpravu klasa: UP/I 230-01/04-01/8 urbroj 515-03-04-6 od 20. svibnja 2004. godine i upisana je u Zakladni upisnik (Zakladna knjiga broj 1, reg. broj zakladnog uloska 78). 
Svrha Zaklade "A. Cesarec" je: Promicanje istrazivacke i nakladnicke djelatnosti, te utlecanje na javnost u cilju promicanja tradicija i misaonih dostignuca hrvatske ljevice.
Zaklada je namjenjena svim zainteresiranim gradjanima.
Statutom Zaklade za ostvarivanje svrhe postojanja Zaklade predvidjen je otvoreni klub Zakladnika s citaonicom i knjiznicom.
Kako je Zaklada oskudna s prostorom prisiljeni smo unajmiti prostor za klub Zaklade, jer bez kluba bitno se smanjuje prostor djelovanja lijeve misli. U tu svrhu dali smo izraditi troskovnik za djelovanje kluba koji vam prezentiramo sa ciljem da nasfinancijski pomognete, t.j. u skladu sa Zakonom o zakladama da nam budete doonator ili podupiratelj kako bismo plan realizirali i zapoceli s radom kluba.
Napominjemo da je otvaranje kluba nuzno i hitno potrebno jer je u Hrvatskoj u 90-tim godinama doslo po tadasnjoj vlasti i uz pritisak katolicke crkve do masivnog spaljivanja literature lijeve i radnicke misli nazvavsi je "poganom" pa se ista moze iskljucivo naci kod zitelja starije dobi, a oni prirodnim procesima nestaju. Da bismo im omogucili doniranje nam te literature nuzan nam je prostor u kojem cemo izvrsiti pohranu. a potom otvoriti klub sa knjiznicom i citaonicom.
Financijski program kluba Zaklade za tekucu godinu iznosi 31.500 eura a sastojise od:
> 1. Godisnja najamnina 2 prostorija i WC-a u Zagrebu, ul. Pavla Hatza 14
> 2. Rezije - struja 285 eura
> voda 110
> grijanje 621
> telefon 695
> zajednicki domar i postarina 840
> naknada osobi za vodjenje kluba sa doprinosima 5710
> dnevnice sa putnim troskovima 500
> vodjenje strucnih seminara (jedan godisnje) 350
> regali zaknjige 6 kom x 85) 510
> 3. Dnevni listovi citaonice:
> Vecernji list (2 kom)
> Novi list (2 kom) 1.130
> 4. Tjedni listovi: Feral tribune, Nacional, Globus 261
> Mjesecni list:
> Stampanje lista "Novosti s ljevice" 20.000
> 5. Nabava novo objavljene godisnje literature ljevicara 440

U nadi bilo kakve i kolike pomoci srdacno vas pozdravljamo i unaprijed se zahvaljujemo.

Upravitelj Zaklade "A Cesarec"
mr. Bozidar Dugonjic

Zaklada "August Cesarec"
10.000 Zagreb, Jurisiceva 7


=== 2 ===

NOVI PLAMEN

Una nuova rivista per la sinistra anticapitalista e radicale
di tutto lo spazio jugoslavo
 
La nostra aderente Jasna Tkalec fa parte del comitato di redazione della nuova rivista di politica e cultura "Novi Plamen", il cui primo numero è uscito in febbraio in Croazia e dovrebbe essere diffuso in Bosnia-Erzegovina a giorni.

Si tratta di un esperimento "rivoluzionario" nel panorama editoriale del Balcani, sia in senso stretto che in senso lato. In senso stretto, perchè il progetto - quello di una rivista sulle tematiche della sinistra radicale che abbia diffusione in tutta l'area di lingua serbocroata, vale a dire in almeno quattro delle repubbliche sorte dalla disgregazione jugoslava: Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro - non ha precedenti e dimostra una grande determinazione ed uno straordinario slancio ideale in un contesto così difficile e, da molti punti di vista, rischioso; ed in senso lato, perchè questa rivista potrebbe diventare un riferimento naturale per le molte tendenze, politiche e culturali, ispirate alla critica del capitalismo ed al cambiamento "di sistema" nell'area jugoslava dopo la guerra fratricida, in una fase in cui la crisi politica, sociale e culturale è ancora profonda e lontana dall'essere risolta.

Il nome della rivista è un nome che richiama una esperienza storica, e gloriosa, del movimento socialista jugoslavo.
Per la realizzazione della iniziativa un lavoro notevole è prestato da militanti vicini al Partito Socialista Operaio (SRP - Croazia) ed al Partito Comunista dei Lavoratori di Bosnia-Erzegovina (RKP-BiH); tuttavia nella redazione non ci sono solo marxisti, ma anche libertari, ambientalisti, eccetera. Una delle "culture politiche" fortemente presenti è quella della critica libertaria di Chomsky (sono già stati stabiliti contatti con la redazione di Z-mag). 

Tutto questo rispecchia il panorama della sinistra anticapitalista nelle repubbliche jugoslave ex-federate, che è necessariamente frastagliato. Va ricordato che, oltre alle differenze storiche ed ideologiche, che dividono la sinistra radicale non solo in Europa ma nel mondo intero, nel Balcani si paga ovviamente pure lo scotto delle divisioni nazionali e degli effetti di una propaganda di guerra che dura ormai da più di 15 anni. L'esperimento di "Novi Plamen" sarà riuscito se servirà a trovare nuove sintesi, sia dal punto di vista politico-ideologico che da quello culturale-nazionale. 
Non a caso le "preoccupazioni" maggiori vengono proprio dal carattere pluri-statale della iniziativa e della stessa composizione della redazione. Alcuni possibili collaboratori e "sponsor" un po' opportunisticamente ammoniscono proprio di non esagerare con lo jugoslavismo, per non essere da subito tacciati di "tradimento della patria" da tutte le parti. 
Nella redazione sono rappresentate poi sia una tendenza più legata alla vecchia Jugoslavia federativa e socialista, sia un'altra più "movimentista" ed "antinostalgica".

Parlando dei comunisti e della loro storia, viene d'altronde da chiedersi: è utile, oggi, criticare e contestare le esperienze socialiste "reali", quale quella della Jugoslavia federativa, o non sarebbe meglio rivalutarle e ricordarle? Forse, semplicemente, quelle esperienze (ma anche quella dell'URSS, e le altre) si possono finalmente analizzare in maniera obiettiva, valutando aspetti diversi e contraddizioni, per rivolgersi al futuro. Solo in quest'ottica un progetto come "Novi Plamen" può avere delle prospettive, senza rischiare di essere preso nella morsa tra censura di regime e cedimenti in senso anticomunista.

Un altro aspetto stimolante è quello dell'intervento culturale ed artistico - il quale, pure, necessariamente porterà ad evidenziale il carattere unitario della cultura degli Slavi del Sud.
Ci sarà spazio per l'informazione indipendente, a partire dalle inchieste sulla situazione sociale nelle varie repubbliche: anche in questo si ritroverà il carattere internazionale-internazionalista dei problemi!

Oltre a trasmettere a questi compagni i nostri auguri per la buona riuscita della iniziativa, dobbiamo interrogarci su come poter aiutare noi, materialmente, dall'estero. 
Un modo semplice è quello di far conoscere questa iniziativa, e di stabilire contatti a livello internazionale legandola con le iniziative affini attive ad es. nel panorama italiano.
Per un aiuto più "concreto" ed immediato, il numero del conto corrente al quale si possono inviare gli aiuti per la pubblicazione della rivista è il seguente:
Reifesen Bank, Zagabria, Cro , Numero del conto corrente: 24840081103959884

Per ogni ulteriore informazione e per stabilire contatti e collaborazioni si può contattare Jasna Tkalec: 
jasna.tkalec @ zg.t-com.hr

(per il CNJ, il responsabile politico: Andrea)



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YmlsaXRhJyBlIGNvcHlyaWdodCA8YnIgLz4gZGVpIHNpdGkgbGlua2F0aSBvIGRpIGNoaSBsaSBoYSBzY3JpdHRpLjwvZGl2PjxiciAvPg==



27 February 2007
Lenin's Tomb
www.leninology.blogspot.com

Genocide, Bosnia and the ICTY

After all that, this

http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/6395791.stm .

According to the Associated Press reportthe International Court of Justice finds that no one in Serbia, or any official organ of the state, could be shown to have had the deliberate intention to "destroy in whole or in part" the Bosnian Muslim population. "The judges found that Serbia, although it supported the Bosnian Serbs, fell short of having effective control over the Bosnian army and the paramilitary units that carried out the massacre". Further, "Unusual for such an important case, most judges were in accord, voting overwhelmingly on the various points of the decision."

This assessment results from a case put by the Bosnian government, and it conclusively debunks the legal case that the massacres carried out by the Bosnian Serb army were part of a campaign of genocide. There is no question that the Bosnian Serb army committed atrocities, as did the Bosnian Croat army and the Bosnian Muslim army; further, Serbian and Croatian forces carried out the most killings and atrocities, reflecting their relative strength in the civil war that they were fighting (a civil war that need not have happened, had the United States government not encouraged its client Alia Izetbegovic to withdraw from an already negotiated settlement).
However, there is no basis for the claim that the Serbian government ordered, encouraged or participated in a genocide against Bosnian Muslims. Why does this matter? Well, truth matters. It does matter if the repeated claims of an expansionist Serbian state recreating fascism, genocide and concentration camps on European soil were a pack of lies. It does matter if Western states and media organisations retailed a fairy tale, with Izetbegovic given a size-nine halo, Tudman largely acquitted (until he conveniently snuffed it) and Milosevic equipped with horns and trident. It does matter if those apologists for Western state aggression, Glucksmann, Ignatieff, Hitchens et al, regurgitated propaganda with the ludicrous result that when Yugoslavia was bombed Western liberals were actually able to derive some libidinal satisfaction from it, guilt-free. It does matter if our language is degraded so that the word genocide can be promiscuously bruited by those who, by their own implicit definitions, could find themselves charged with genocide practically every week.

It also sheds some light on the procedures of another court. As Ed Herman has correctly pointed out

http://www.hartforhwp.com/archives/27a/147.html :

Milosevic was not indicted along with Mladic and Karadzic in 1995 for the ethnic cleansing in Bosnia in prior years, so the belated attempt in The Hague in 2002 to make him responsible for those killings suggests that UN war crimes tribunal chief prosecutor, Carla Del Ponte did this because she saw that the killings in Kosovo - http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/1530781.stm -  fell far short of anything she could pass off as "genocide".

The ICTY, which is to be distinguished from both the ICC and the International Court of Justice, has been pursuing a process of indictments of senior state and army personnel, including most notoriously the trial of Milosevic. It has refused to take up the issue of war crimes committed by the United States in Yugoslavia, because it owes its existence to the United States. It was and remains an auxiliary of American power, and this verdict lends some weight to Herman's suggestion.

You may say, reasonably, that the ICTY's own verdicts and conclusions also make the point well enough. You may fairly add that the ICJ doesn't challenge the ICTY's definition of the Srebrenica massacre as 'genocide' - indeed, affirms it - but merely says that this was the responsibility of the Bosnian Serb army under General Krstic, who himself is presumed to have been acting under orders from Ratko Mladic. That is true, and strange: the massacre of thousands of men of military age is an atrocity, but under no
reasonable definition is it genocide. Although if we were to expand the definition of genocide in that fashion, we would end up including several recent massacres by the United States government in the category of genocide: in fact, the massacre at Mazar i-Sharif would also be genocide.
The sole purpose of using the word here is to instrumentalise its normative force, to affirm the basic narrative, and to avoid the reality

http://www.ingentaconnect.com/content/klu/eujp/2005/00000021/F0020002/00006852

that a civil war driven by competing nationalist states pursuit of influence in the post-federal polity, and manipulated by imperialist states, killed 100,000 people in Bosnia, with the dead including 55,261 civilians, of which 38,000 were Muslims and Croats, and 16,700 Serbs. As Ed Herman has written elsewhere

http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=8244 ,

the narrative of a Srebrenica genocide has been politically useful in various ways: first, it obscured the process of massacres and ethnic cleansing being carried out by Croat forces at the time, when Croatia was being supported by Western powers; second, it provided an excellent cover story for the 1995 bombing of Serb positions and subsequent carve-up, with its disastrous consequences; third, it has provided a compelling excuse for prolonged intervention into the former Yugoslavia long after the massacre, with the West's political and military control effectively persisting in both Bosnia and Kosovo to this day. They are, you are supposed to gather, holding back the next genocide.

Because there was not genocide, but massacres on all sides, as it were, because none of the state leaderships was angelic, does not mean we should be satisfied with the repellent explanation offered by some that nationalist/tribal hatreds dunnit. That culturalist explanation is every bit as facile as Hitchens' understanding of the conflict, which was that it was between those who loved cosmopolitanism and religious freedom, and those who supported segregation and religious intolerance and so on. The story initially is one of state failure, of ruthless IMF-driven neoliberalism that produces wave after wave of political crisis and struggle, of savage cutbacks and extraordinary levels of unemployment, and of recrudescent nationalism among the intelligentsia that is increasingly instrumentalised by the various states in the federal republic. Secondly, it is one of conflict over the power that each state would have in the future. For Croatia and Slovenia, the two richest states, the promise of Europe was alluring compared to remaining in a failing state with massive problems of production and cohesion. On the other hand, they weren't too solicitous with constitutional law on matters of secession, and Croatia in particular had begun to repress its Serb minority in ways that gave them ample reason to worry about their illegal secession (part of the illegality of Croatia's secession was that it ignored the wishes of the Serb minority, in violation of constitutional law). Izetbegovic began planning for a war as early as February 1991, and had formed paramilitaries and started to seek assistance from Muslim supporters several months before declaring independence and long before the founding of the Republic of the Serbian People of Bosnia and Herzegovina.

Thirdly, the story is one of imperialist intervention. Western powers saw the crisis and attempted to turn the situation to their advantage. Germany was swift to recognise Croatia an Slovenia when they decided to break away.
The United States and the EU recognised Bosnia and Herzogovina as an independent state in 1992, despite the fact that only 39% of voters had registered support for secession, and despite the obvious opposition of Bosnian Serbs. This last resulted in Bosnian Serbs declaring their own independent republic, thus prompting Izetbegovic's declaration of war. The Yugoslav national army intervened in a half-hearted, brief effort to prevent Slovenian secession, but made a more successful and sustained bid to capture large areas of Croatia, including those areas with dense Serb populations.
Croatia, for its part, sought not only to recapture lost territory but to annexe a sizeable portion of Bosnia too. In 1995, Croatia launched an ethnic cleansing drive in Krajina called Operation Storm, driving out not only the Serb forces but the pesky Serb population whose complaints of suffering oppression at the hands of a Nazi sympathiser and his army had caused some problems. Two months previously, Bosnian Serb forces committed the notorious massacre at Srebrenica. Several smaller massacres were also being carried out by Serb, Croat and Muslim forces, as is well-known and partially attested to by the mortality figures. And the US, amid a flurry of self-righteous propaganda, launched bombing raids on Serbian positions until it achieved acquiescence and cemented partition on terms amenable to itself, with a Western-imposed polity ruling in Bosnia, pro-Western regimes in Croatia and Slovenia, and the FRY substantially reduced in size. With the glorious intervention into Kosovo, whose noble impress includes ethnic cleansing, child sex slavery, corrupt occupation and immiseration, a second military base in the Balkans was established, using the KLA as a political foil. In 2000, David Benjamin, a member of the US National Security Council under Clinton, took Bush to task over his early criticisms of "nation-building" in Kosovo:

Mr Bush showed a misunderstanding of a major strategic achievement of the Clinton administration ... In particular [he] missed the intrinsic connections between enlargement and the conflict in the Balkans ... NATO enlargement advanced US interests in dealing with one of the country's foremost strategic challenges: coping with a post-communist Russia whose trajectory remains in question. (Quoted in Vassilis K. Fouskas, Zones of Conflict: US Foreign Policy in the Balkans and the Greater Middle East, Pluto Press, 2003, p 49).

NATO enlargement, hedging in post-communist Russia, advancing US strategic interests. For such prizes, they helped bring devastation to Yugoslavia. For such rewards, they spent years promoting a heavily politicised 'tribunal' to produce a background noise of "genocide" on European soil. And it is to preserve the utility of this tactic that anyone, like Chomsky or Herman, who happens to take truth seriously, is ritually denounced for "downplaying" atrocities, or even supporting genocide  - http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=8327 .






From:   info  @...
Subject: 4 marzo 2007 - PRIMO INCONTRO NAZIONALE PER LA RETE "DISARMIAMOLI! "
Date: February 26, 2007 8:43:55 AM GMT+01:00

Gentile jugocoord ,

Domenica  4 marzo ore 9,30 a Firenze, Santa Maria Novella (presso il dopolavoro ferroviario - uscita stazione a destra, scendere la scalinata e proseguire sul  marciapiede 500 metri )

 

PRIMO INCONTRO NAZIONALE delle realtà interessate al percorso della rete nazionale “Disarmiamoli”

 

In allegato - https://www.cnj.it/INIZIATIVE/firenze040307.jpg - la locandina dell'incontro, che vi chiediamo di diffondere.

 

Comitato promotore per  la Rete nazionale Disarmiamoli

 

www.disarmiamoli.org     info@...     3389255514    3381028120    3304014989



=== === ===



CON L'OCCASIONE RICORDIAMO CHE SEMPRE A FIRENZE, LA SERA DI VENERDI 2 MARZO, SI TERRÀ UNA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI JEAN TOSCHI MARAZZANI VISCONTI "IL CORRIDOIO".







Iniziative della base PRC contro il revanscismo sulle "foibe"

Oltre all'interessante OdG votato dal Circolo PRC di Tavagnacco (UD) - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5312 - ed all'incontro promosso da alcuni parlamentari - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5330 -, tra le iniziative dei settori più sensibili e coerentemente antifascisti del PRC segnaliamo anche:

(1) "Progetto Memoria" della Federazione di Roma affigge manifesti antifascisti, il sindaco Veltroni li fa staccare

(2) O.D.G. DEL CIRCOLO PRC «MUSCI» DI PARMA PER LA CONFERENZA D'ORGANIZZAZIONE (18 FEBBRAIO)

(3) "E se Mesic avesse ragione?"
di Igor Kocijancic (Gruppo consiliare Partito della Rifondazione Comunista Friuli Venezia Giulia)

(4) Comunicato di Rifondazione Comunista di Viterbo




=== 1 ===

L'OTTIMO MANIFESTO DI "PROGETTO MEMORIA" SI PUÒ SCARICARE AL SITO:



FOIBE: AN, A ROMA COPERTI MANIFESTI NEGAZIONISTI ORA VORREMMO REAZIONE DI VELTRONI
SI STA CREANDO CLIMA PREOCCUPANTE

Roma, 26 feb. - (Adnkronos) - Sono stati coperti i vergognosi manifesti a firma 'Rifondazione Comunista Roma - Progetto Memoria', che negano la tragedia delle Foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, con delle strisce con scritto 'Manifesto negazionista, Vergogna!'. 'Dopo aver scritto a Napolitano, Bertinotti e Veltroni per chiedere un intervento immediato delle Istituzioni contro i manifesti negazionisti di Rifondazione comunista di Roma, siamo passati all'azione. Lasciare quei manifesti in giro per Roma era un vero e proprio insulto alla memoria e una gravissima offesa ai familiari delle vittime del massacro delle Foibe". Lo hanno dichiarato in una nota congiunta il capodelegazione di An al Parlamento europeo, Roberta Angelilli, il senatore di An, Marcello De Angelis, e il presidente di Azione giovani Roma, Federico Iadicicco.
"Si sta creando un clima preoccupante con la sinistra di governo - hanno aggiunto gli esponenti in una nota - prima i manifesti di questo fantomatico 'progetto memoria', che evidentemente fa ancora fatica ad ammettere gli eccidi dei partigiani comunisti di Tito e il silenzio durato cinquant'anni delle Istituzioni italiane, e poi il convegno istituzionale della Provincia che apre le porte a teorie negazioniste. Dopo aver dimenticato per troppo tempo, l'Italia e' riuscita a ricostruire una memoria condivisa su quanto successo al nostro confine orientale".
"Ora bisogna fermare quest'opera di negazionismo della sinistra estrema e proprio per questo speriamo che le parti piu' moderate del centrosinistra - hanno concluso gli esponenti di An - prendano le distanze, condannandone le tesi aberranti. Infine, ci aspettiamo una parola di chiarezza da tutte le Istituzioni: e' arrivato il momento che Veltroni, Gasbarra e lo stesso Prodi sconfessino i loro alleati'.

(Rre/Col/Adnkronos) 26-FEB-07 13:49

FOIBE: IL COMUNE DI ROMA RIMUOVE I MANIFESTI DI RIFONDAZIONE 

(AGI) - Roma, 26 feb. - "In seguito alla segnalazione della presenza di manifesti di stampo negazionista delle Foibe, l'Amministrazione capitolina ha attivato gli interventi necessari per la loro defissione". Lo riferisce una nota dell'ufficio decoro urbano del comune di Roma. "Sono gia' state date disposizioni affinche' i manifesti vengano tolti. Le nostre squadre sono a lavoro per localizzare i manifesti e rimuoverli", ha detto il vice Capo di Gabinetto del Comune di Roma, Luca Odevaine. I manifesti di Rifondazione comunista erano stati denunciati da An, che vi aveva affisso strisce con su scritto "Manifesto negazionista, vergogna!".
"Dopo aver scritto a Napolitano, Bertinotti e Veltroni per chiedere un intervento immediato delle Istituzioni contro i manifesti negazionisti di Rifondazione comunista di Roma, siamo passati all'azione - scrivono il capo delegazione di An al parlaemnto europeo Roberta Angelilli, il senatore di An Marcello De Angelis, il presidente di Azione giovani Roma, Federico Jacicco. - Lasciare quei manifesti in giro per Roma era un vero e proprio insulto alla memoria e una gravissima offesa ai familiari delle vittime del massacro delle Foibe. Si sta creando un clima preoccupante con la sinistra di governo: prima i manifesti di questo fantomatico 'progetto memoria', che evidentemente fa ancora fatica ad ammettere gli eccidi dei partigiani comunisti di Tito e il silenzio durato cinquant'anni delle Istituzioni italiane, e poi il convegno istituzionale della Provincia che apre le porte a teorie negazioniste. Dopo aver dimenticato per troppo tempo, l'Italia e' riuscita a ricostruire una memoria condivisa su quanto successo al nostro confine orientale. Ora bisogna fermare quest'opera di negazionismo della sinistra estrema e proprio per questo speriamo che le parti piu' moderate del centrosinistra prendano le distanze, condannandone le tesi aberranti. Infine, ci aspettiamo una parola di chiarezza da tutte le Istituzioni: e' arrivato il momento che Veltroni, Gasbarra e lo stesso Prodi sconfessino i loro alleati". 

(AGI) Est 261854 FEB 07


=== 2 ===

O.D.G. SULLA "QUESTIONE FOIBE" E IL DISCORSO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO DEL 10 FEBBRAIO APPROVATO DAL CIRCOLO PRC «MUSCI» DI PARMA
DURANTE LA CONFERENZA D'ORGANIZZAZIONE DEL 18 FEBBRAIO

«Vi fu un moto di odio e di furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica».

Il circolo P.R.C. «Sorelle Musci» di Parma considera queste parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Napolitano il 10 febbraio in occasione della celebrazione della «Giornata del ricordo» assolutamente gravi e del tutto inaccettabili.

Esse si inscrivono nel generale quadro di mistificazione e revisione della storia del secolo scorso in atto da anni e intrapreso dalle destre; in particolare fascisti e postfascisti strumentalizzano da sempre il dramma delle foibe e dell'esodo per attaccare l'antifascismo e la Resistenza, il movimento di Liberazione e i partigiani, i comunisti.

Non vi fu disegno annessionistico slavo, semmai vi fu una Conferenza di Pace alla quale l'Italia prese parte, nella persona di De Gasperi, come Paese sconfitto alleato della Germania. Non vi fu pulizia etnica da parte jugoslava, come dimostra il fatto stesso che non più di trenta sono stati i riconoscimenti conferiti a parenti delle vittime delle foibe da parte dello stesso Napolitano nella commemorazione del 10 febbraio. Un tentativo organizzato e programmato di pulizia etnica vi fu piuttosto da parte dell'Italia fascista. A cominciare dal violento discorso razzista di Mussolini del 1920 a Pola e dalle azioni squadriste, poi con l' "italianizzazione" realizzata durante il ventennio nero, infine con i crimini commessi durante l'occupazione militare di Slovenia e Croazia in seguito all'immotivata aggressione italiana della Jugoslavia del 1941. 

I fatti tragici delle foibe del settembre-ottobre '43 e del maggio '45 sono storicamente inseriti in questo contesto, non sono assimilabili ai crimini del fascismo e non mettono in discussione il grande valore della Resistenza italiana e della Resistenza jugoslava, con la quale ultima, dopo l'8 settembre '43, si schierarono e combatterono ben 40.000 soldati italiani abbandonati dai loro comandanti e dallo stato maggiore italiano.

I fatti delle foibe, per quanto tragici, sono di dimensioni molto più contenute (circa 500 vittime, per lo più militari, forze dell'ordine, funzionari dell'Italia fascista occupante la Jugoslavia), sono stati una reazione ai crimini fascisti più di giustizia sommaria da parte di partigiani jugoslavi che non violenza programmata dall'alto del vertice titino.

Il circolo «Sorelle Musci» di Rifondazione chiede:

- ai dirigenti nazionali del P.R.C. di prendere le distanze dalle parole del Presidente Napolitano;

- al quotidiano del partito, «Liberazione», di dare più spazio e risalto alle varie iniziative in corso in Italia dirette a contrastare il disegno revisionistico della storia e a pubblicare interventi critici in relazione alle manifestazioni ufficiali della «Giornata del ricordo», istituita nel 2004 col voto contrario del PRC in Parlamento;

- al compagno Sandro Curzi, membro del Consiglio d'Amministrazione della RAI TV, di adoperarsi affinché la tv di Stato trasmetta il filmato della BBC «Fascist Legacy» che documenta i crimini di guerra commessi dall'Italia fascista in Africa e in Jugoslavia. 


=== 3 ===

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
Gruppo consiliare

Partito della Rifondazione Comunista

tel. segreteria:040/3773257 – fax 040/362052 e-mail 
rifcom.fvg @ libero.it 

COMUNICATO STAMPA
Con cortese preghiera di pubblicazione

"E se Mesic avesse ragione?"

Sarà sicuramente una posizione scomoda, ma quando si dissente bisogna 
anche chiarire i motivi del dissenso. Sono tra i pochi che non ha 
particolarmente apprezzato alcuni passi del discorso pronunciato dal 
Presidente Napolitano il 10 febbraio al Quirinale, e sono, guarda 
caso, gli stessi passaggi che hanno provocato le reazioni del 
Presidente croato Mesic, e che vanno spiegate. 
Il Giorno del Ricordo è ormai realtà, e tutto si può dire di questa 
ricorrenza fissata con Legge dello Stato, tranne che non sia e non 
sia stato un evento scelto e perseguito accuratamente con un 
approccio tutto politico dal precedente governo di centro destra ed 
assecondato da gran parte dello schieramento componente l'attuale 
maggioranza dell'Unione. A voler ben vedere Mesic non nega 
l'esistenza delle foibe, ma parla, riferendosi al discorso del nostro 
Presidente di "razzismo, revisionismo e revanscismo" esprimendo una 
valutazione su un passo preciso del discorso pronunciato al 
Quirinale, laddove si dice, appunto, …"Vi fu un moto di odio e di 
furia sanguinaria e un disegno anessionistico slavo, che prevalse 
innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri 
contorni di una pulizia etnica".
Sono parole che hanno fatto trasalire anche il sottoscritto, poiché 
mi rifiuto di credere e pensare che il Presidente Napolitano e gli 
apparati del Quirinale ignorino la storia e la verità almeno in 
ordine al ruolo che toccò all'Italia alla Conferenza di Pace di 
Parigi, quello, cioè, di alleato sconfitto della Germania, insieme a 
Romania, Ungheria, Bulgaria e Finlandia. Dalla parte dei vincitori 
sedevano gli USA, l'URSS, il Regno Unito, la Francia, la Polonia, la 
Jugoslavia, la Cecoslovacchia e la Grecia. Alcuni di questi paesi non 
esistono più (l'URSS, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia), ma è 
francamente su questo dato e sul presunto ruolo egemone slavo che 
avrebbe prevalso sul Trattato di Pace che arrivano le giuste 
obiezioni di Mesic.
E' vero, l'Italia perse la Venezia Giulia, che però era appartenuta 
fino al 1918 all'Impero di Austria e Ungheria, ma se è per questo 
perse anche la Provincia di Lubiana…
Inoltre fummo costretti a cedere territori anche alla Francia (comuni 
di Tenda, Briga, Valdieri e Olivetta San Michele, il passo di 
Monginevro, la valle del monte Thabor, il colle di Moncenisio e parte 
del Piccolo San Bernardo). Vogliamo riaprire una contesa territoriale 
anche con la Francia?
Credo che Mesic abbia da ridire, e giustamente, su questa parte del 
discorso. Del resto, lo ebbe a dire lo stesso Alcide de Gasperi, 
quando poté prendere la parola alla Conferenza di Pace, il 10 agosto, 
dopo tre giorni di attesa: »Prendendo la parola in questo consesso 
mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, é 
contro di me: e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa 
considerare come imputato e l'essere citato qui dopo che i più 
influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga 
e faticosa elaborazione.«
In buona sostanza, Mesic ci ricorda che il Trattato di Pace vale 
ancora. E' comprensibile, anche se non condivisibile, che per le 
associazioni degli esuli fosse importantissimo rivendicare proprio la 
data del 10 febbraio per l'istituzione della Giornata del Ricordo, ma 
era prevedibile che con tali modalità di costruzione dell'evento non 
ci sarebbe stata alcuna possibilità di determinare alcuna verità, 
tantomeno quella storica. Infatti, questa ricorrenza continua ad 
essere motivo di divisione e di aspra polemica. La novità di 
quest'anno é che ha assunto anche valenza internazionale, guardacaso 
proprio da parte di chi fu uno dei recenti promotori del percorso di 
riconciliazione tra Italia, Croazia e Slovenia...

Trieste, 13 febbraio 2007
Igor Kocijancic


=== 4 === 

Comunicato di Rifondazione Comunista


Siamo sconcertati dal tenore delle celebrazioni dell’appena trascorso
Giorno del Ricordo, sconcertati dalla follia che ha preso Viterbo e
l’Italia intera coinvolgendo anche le alte cariche della sinistra che
non hanno lesinato ad unirsi al coro strumentale “anti-antifascista”
(come si usa dire oggi) della destra. 

Sconcertati dalle reazioni suscitate dalle fondatissime accuse del
presidente croato Stjepan Mesic (e anche di larghi strati dell’opinione
pubblica croata e slovena, nonché degli italiani della Dieta Democratica
Istriana), il quale ha semplicemente ricordato al suo omologo italiano
di aver omesso che le foibe titine furono la reazione alla politica di
sterminio attuata nei Balcani dal nazifascismo.

Il PRC di Viterbo e i suoi consiglieri comunali, l’ANPI provinciale e il
CAT, hanno trattato diverse volte l’argomento, cercando di
contestualizzarlo: rischiamo di ripeterci all’infinito, ma siccome qui
sembra che la propaganda neofascista e antislava abbia più peso di
comprovate verità storiche, ci vediamo costretti a ribadire.

Innanzitutto va sottolineato che il Giorno del Ricordo, istituito con la
legge n° 92 del 30 marzo 2004, proprio mentre sono al governo gli ex MSI
(partito erede dell’esperienza fascista) è la risposta alla Giornata
della Memoria del 27 gennaio, nata per ricordare i sei milioni di ebrei
sterminati dal nazismo in alleanza con l’Italia fascista. È quindi
frutto dell’ormai purtroppo consolidato mercimonio della memoria
storica, espletato non da storici e ricercatori ma da politici avvezzi
perlopiù a criteri di lottizzazione, ai quali rispondono anche laddove
si tratta di questioni delicate e complesse come quella del confine
orientale italiano, sulla quale - a quanto pare - sanno poco o nulla.

Per contestualizzare, occorre innanzitutto far presente che il fascismo
non divenne razzista e xenofobo a causa delle cattive compagnie ma lo fu
sin dalla sua fondazione. 

Difatti, se nel resto del paese lo squadrismo nero aveva come obiettivo
le sedi operaie e le sezioni dei partiti proletari, a ridosso dei
confini orientali si rivolgeva anche contro le istituzioni culturali
slave, con le stesse modalità che conosciamo per le Camere del Lavoro:
devastazione degli interni e rogo delle suppellettili e del materiale
cartaceo in strada, ai quali si accompagnava il pestaggio di quei
cittadini che non volevano o non sapevano parlare italiano. 

Pulizia etnica e annichilimento delle minoranze slave, ma anche
germanofone (le uniche due relativamente consistenti nel paese), furono
fra i principali obiettivi del progetto mussoliniano. 

Per verificare ciò basta dare un’occhiata ai fascicoli degli
antifascisti nel Casellario Politico Centrale (pubblicati dall’ANPPIA),
per notare il numero impressionante di cognomi, soprattutto slavi, di
condannati od inquisiti dal Tribunale Speciale per aver parlato la
lingua madre o per aver inneggiato all’indipendenza della propria terra.

Durante tutto il ventennio, il regime prese provvedimenti rigorosissimi
in questo senso con: obbligatorietà dell’italiano, italianizzazione dei
cognomi e deportazione di massa. Non lo si vuole ricordare, ma il nostro
paese è stato disseminato da campi di concentramento destinati alle
popolazioni slave e, in genere, a quelle colonizzate.

Questa politica trova il suo apice nell’invasione dei Balcani, frutto
dell’opportunismo fascista: si voleva entrare in guerra al fianco della
Germania di Hitler, tenendo contemporaneamente una porta aperta alle
potenze dell’Intesa, in vista d’una possibile funzione mediatrice; e per
questo veniva ingaggiata una guerra parallela su fronti alternativi a
quelli tedeschi. 

Quando, 10 giugno 1940, la dichiarazione di guerra viene inoltrata agli
ambasciatori, non vi sono risorse e armamenti sufficienti per sostenere
un conflitto, e si pensa quindi alle “deboli” nazioni vicine come il
regno di Jugoslavia che, proprio come era successo per l’Albania,
avrebbero capitolato senza batter ciglio. Le cose andranno diversamente:
il Regio Esercito dimostrerà ben presto le sue crepe, chiamando i
tedeschi sul fronte balcanico.

Hitler considerava gli slavi come facenti parte di una razza inferiore,
appena un gradino sopra gli ebrei, affetta dal germe del comunismo: una
popolazione da schiavizzare a vantaggio della grandezza germanica. 

Dello stesso parere l’ispiratore del fuhrer, Mussolini, che consigliava
ai soldati italiani in Jugoslavia di dimenticarsi di essere padri di
famiglia. Da queste concezioni nasce l’appellativo di “slavo-comunista”,
e per la sottomissione degli “slavo-comunisti” era lecito qualsiasi
espediente, anche il più riprovevole. 

Difatti l’occupazione della Jugoslavia da parte dei “tedesco-nazisti”
(per usare un linguaggio consono) e degli “italo-fascisti”, con
l’ausilio degli “slavo-collaborazionisti”, è stata contrassegnata dal
terrore, dalle deportazioni di massa, dai campi di concentramento ove
venivano internati ed eliminati ebrei, zingari, serbi e antifascisti,
nonché dalla devastazione di villaggi, con conseguenti incendi,
saccheggi e inaudite violenze contro i civili. Si distinguono in
particolare i reparti delle camicie nere dell’esercito italiano, in un
paese aggredito che non aveva mosso guerra o minacce contro alcuno.

Con diverse sfumature, combattono al fianco degli occupanti gli ustascia
croati, più fedeli al Vaticano che all’Italia, impegnati nella
cattolicizzazione dei Balcani, per la quale effettuano le macabre
conversioni di massa: cristiano-ortodossi prigionieri vengono fatti
inginocchiare e obbligati al battesimo, pena la morte. 

Queste operazioni trovano la benedizione di Stepinac, arcivescovo di
Zagabria, proclamato beato come martire della cristianità (!) da
Giovanni Paolo II nel giubileo 2000, perché finita la guerra verrà
condannato dai tribunali jugoslavi a 19 anni di lavori forzati. Oltre
agli ustascia ci sono anche le SS locali che rispondono direttamente ad
Hitler, come quelle bosniache (note come SS musulmane) e altre forze
minori. 

I Cetnik, i monarco-nazionalisti serbi, giocano invece un ruolo ambiguo:
sostengono il regno di Jugoslavia che vogliono “serbizzare” ma nello
stesso tempo, poiché visceralmente anticomunisti, contro il comunismo
finiranno per schierarsi. 

Tutte queste milizie collaborazioniste intendevano utilizzare
l’occupazione al fine di sottomettere le etnie vicine o fare pulizia al
loro interno. 

Dall’altra parte della barricata la Resistenza dell’EPLJ (Esercito
Popolare di Liberazione Jugoslavo), capeggiato dal maresciallo Tito. È
un esercito aconfessionale e multietnico che ha lo scopo di riunire
tutte le popolazioni slave del sud (letteralmente: jugoslave) contro
l’invasore fascista. 

È una resistenza massiccia e determinata che avanza inesorabilmente da
sud verso nord. Per quanto riguarda gli italiani fatti prigionieri, la
prassi in genere è questa: coi soldati semplici viene fatta opera di
persuasione con la richiesta di entrare nella Resistenza, mentre non c’è
scampo per le camicie nere, malmenate e anche uccise.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43 molti soldati del Regio Esercito
si uniscono alla Resistenza jugoslava; in molti entrano proprio
nell’EPLJ, accolti a braccia aperte come fratelli.

Questo conflitto è caratterizzato per l’utilizzo delle foibe (o foive),
cavità carsiche naturali che le popolazioni del posto hanno utilizzato
da sempre come discariche e che nella seconda guerra mondiale vengono
adoperate per buttarvi materiale bellico, carcasse di animali, cadaveri
dei bombardamenti alleati e tedeschi uccisi (onde evitare diffusioni di
epidemie e rappresaglie) ecc. Ma il loro utilizzo a fini di genocidio
viene inaugurato dal fronte nazifascista per eliminare gli
“slavo-comunisti”.

Quando la guerra finisce, e l’Italia - è bene ricordarlo - è un paese
aggressore sconfitto, sono tanti gli odii accumulati: come si può oggi
pretendere che quella tragedia passasse invano? 

Così le popolazioni inferocite da ciò che avevano subito o visto, non
esitano a ricorrere anche alla giustizia sommaria, rivolgendosi
prevalentemente contro fascisti, nazisti, collaborazionisti slavi (e
questo smentisce l’ipotesi della pulizia etnica) ed ex “tutori
dell’ordine” come carabinieri e secondini, ma anche persone innocenti,
che finiscono gettati nelle cavità carsiche. 

Vengono per questi, come in ogni guerra (le guerre, in linea di massima,
bisognerebbe non farle!), istituiti anche campi di concentramento, ove
si vive in condizioni terribili, le stesse che si vivono all’esterno, in
un territorio dove gli occupanti avevano distrutto tutte le
infrastrutture. 

Finiscono per essere uccisi anche dei “partigiani” perché in alcuni casi
settori monarchici e conservatori della Resistenza italiana che
operavano al confine orientale, finirono per unirsi in funzione
antislava alla X MAS e alle SS tedesche. È stato questo un aspetto che
ha fortemente segnato, ad es., il CLN triestino; ed è per questo che
anche in alcuni “siti partigiani” su internet si può incappare in
contenuti che non hanno nulla da invidiare al revisionismo strumentale
“anti-antifascista”.

Si era inoltre formata in Istria e Dalmazia una borghesia, più o meno
possidente, di italiani favoriti dalla pulizia etnica che venivano
espropriati dalla socializzazione del nuovo governo jugoslavo e
costretti all’esilio: questi vengono accolti in Italia con tutti gli
onori, con lo status di profughi politici, senza che venisse mai loro
imposta alcuna forma di silenzio od oblio, cosa che oggi si vuol far
credere.

Passato il conflitto le organizzazioni neofasciste che operano a ridosso
del confine orientale iniziano una campagna antislava, finalizzata alla
“liberazione degli italiani dal giogo titino”: una battaglia a dir poco
ridicola, poiché gli italiani che vivono nella federazione jugoslava si
vedono, al pari di tutte le altre componenti etniche, riconosciuti tutti
i diritti linguistici e culturali. 

I guai per loro inizieranno con la dissoluzione della Jugoslavia.
Parimenti a ciò vengono diffuse pubblicazioni nelle quali si sparano
cifre a dir poco fantasiose sulle “migliaia di italiani infoibati, con
la sola colpa di essere tali, dagli slavo-comunisti”. 

Attenzione: non si tratta di inoppugnabile documentazione storiografica
ma di libelli vergati da scrittori o giornalisti politicamente orientati
che si basano su voci e sul sentito dire, quando non sulla propaganda
nazifascista del periodo bellico. È stato così per decenni.

La questione foibe viene recuperata durante l’ondata anticomunista degli
anni ’90, a seguito dello sdoganamento degli ex missini. Nessuno finora
ha saputo fornire dati certi sul numero degli infoibati dalla
Resistenza, né - cosa tutt’altro che trascurabile - sulla loro identità.

Si è arrivati quindi all’istituzione del Giorno del Ricordo: alla
“foiba” di Basovizza (in realtà una miniera abbandonata) che fa da
contraltare ad Auschwitz.

Si aggiunga a ciò che i criminali “italo-fascisti” non sono stati mai
processati nel nostro paese per le loro responsabilità nell’occupazione
dei Balcani, sulla quale ha sempre gravato una cappa di censura che si
estende a tutte le altre avventure coloniali sabaude e fasciste: è ormai
celebre il caso di Fascist Legacy, il film a riguardo prodotto dalla BBC
nel 1989, subito acquistato dalla RAI e non ancora trasmesso. 

Si aggiunga in fine che i processi sulle foibe se ne svolsero, in
un’ottantina, subito dopo la guerra con relative condanne.

Avremmo voluto che durante le celebrazioni del 10 febbraio venisse fatto
almeno un cenno anche su d’una soltanto delle questioni qui sopra
elencate, ma sia a livello nazionale che locale (vedi le dichiarazioni
del presidente della Provincia di Viterbo Alessandro Mazzoli: “Foibe,
una pagina terribile di storia”, www.tusciaweb.it, 9/2/’07) così non è
stato.

Partito della Rifondazione Comunista





www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 05-02-07 

da: www.solidnet.org;  http://inter.kke.gr/ , mailto:cpg@...
 
Conferenza Internazionale sulla “Questione Orientale”
Istanbul, 20 gennaio 2007

Contributo del Partito Comunista di Grecia (KKE)
 
22 gennaio 2007
 
Cari compagni,

 

Ci è particolarmente gradito prendere parte a questo incontro organizzato dal Partito Comunista di Turchia in occasione del suo 8° Congresso, sul tema la “Questione Orientale”. Cogliamo l’occasione per salutare l’eroica lotta dei comunisti Turchi, in particolare nelle attuali condizioni eccezionalmente difficili, in cui l’imperialismo si presenta sempre più aggressivo e barbaro su tutti i fronti. Queste lotte sono direttamente collegate con il tema di questo incontro.

 

Esiste oggi una “Questione Orientale”, e come si manifesta in rapporto al passato quando riguardava fondamentalmente il destino dell’Impero Ottomano? Dal punto di vista territoriale, il terreno di intenso confronto rimane praticamente lo stesso (i Balcani, la regione del Caucaso e il mondo Arabo) e la forma dei conflitti internazionali che si accendono in ragione delle aspirazioni imperialiste al controllo di queste regioni somiglia fortemente alla forma dei conflitti che hanno portato alla dissoluzione dell’Impero Ottomano. Ma ciò riguarda unicamente la forma, dal momento che il contenuto sociale e di classe di tali conflitti è cambiato radicalmente.

 

Le condizioni storiche oggettive sono oggi completamente differenti. Allora la lotta fu ingaggiata dalla classe borghese in ascesa che, con l’aiuto del giovane proletariato, lottava per demolire i bastioni feudali in Europa; ora, con la creazione del sistema imperialista internazionale, la classe borghese ha assunto la posizione tenuta in passato dai signori feudali, e la lotta si conduce contro il reazionario capitale monopolistico e l’oppressione e lo sfruttamento intollerabili esercitati su scala globale da un pugno di rappresentanti degli interessi monopolistici guidati dagli USA, ma anche con “volenterosi alleati” nell’UE e negli stati capitalistici in ascesa.

 

Oggi il compito di demolire i bastioni imperialisti della reazione può essere svolto solo dalla nuova classe in ascesa, la classe lavoratrice con i suoi alleati e gli altri strati e settori sfruttati della società.

 

In aggiunta, oggi il movimento Comunista e Operaio deve fronteggiare l’ondata controrivoluzionaria che ha provocato l’abbattimento del potere socialista in URSS e negli altri paesi socialisti europei, la dissoluzione del Patto di Varsavia e il cambiamento nei rapporti di forza su scala internazionale a favore del capitale. Inoltre, dobbiamo sottolineare quanto continui ad essere corretta anche oggi l’analisi di Lenin e dei Bolscevichi in merito alla questione degli “Stati Uniti d’Europa” in presenza di un regime capitalista. Se dovessero realizzarsi, questi stati uniti sarebbero reazionari e genererebbero un’intesa temporanea con i capitalisti, il cui unico scopo sarebbe quello di soffocare il socialismo in Europa.

 

Dopo il 1945, sotto la leadership degli USA, fu creata la NATO, insieme alla Comunità Economica Europea (CEE), il cui scopo principale era quello di soffocare il socialismo in Europa e nel 1991 la controrivoluzione ottenne una temporanea vittoria, i cui effetti si sono sempre più fatti sentire tra tutti i popoli e gli stati. Ciò è particolarmente vero nella nostra regione. I Balcani, il Mediterraneo, i paesi del Nord Africa, della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo, la regione del Golfo e del Mar Rosso sono stati travolti dal turbine del “nuovo ordine mondiale” che l’imperialismo sta cercando di imporre con qualsiasi mezzo. La Jugoslavia è stata dissolta e sostituita da piccoli, deboli stati e protettorati, come la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo, che si trovano sotto il diretto controllo degli USA, della NATO e dell’UE.

 

E’ evidente che la regione continua ad avere per gli interessi imperialisti - in particolare di USA, Gran Bretagna, Francia e Germania e dei rispettivi monopoli internazionali - il medesimo significato militare che aveva nel passato. Le rilevanti riserve energetiche della regione, specialmente di petrolio e gas naturale, hanno spinto le forze imperialiste a intervenire direttamente per assicurarsi il controllo su tali ricchezze, provocando anche un’intensa rivalità tra le potenze in questione.

 

Oggi, le forze imperialiste stanno cercando di costruire un sistema interstatale nella nostra regione, attraverso la creazione di un contesto che si affidi alla forza delle armi della NATO e che protegga le multinazionali nei loro tentativi di infiltrazione in questi paesi. Ciò include il controllo dei canali internazionali del Mar Nero, dell’Egeo, di Suez e del Mar Rosso, come pure della regione del Golfo.

 

Questo arco si estende fino alla costa orientale dell’Asia del Sud-Est, e il suo scopo principale è quello di assicurare la supremazia USA-NATO.

 

La NATO, soprattutto dal momento della dissoluzione del Patto di Varsavia e dell’URSS, ha elaborato una nuova dottrina riguardante il ruolo che essa intende giocare nelle nuove condizioni, che estende il campo di intervento oltre i suoi limiti, fino ad includere gli ex paesi socialisti dell’Europa Centrale e Orientale e i Balcani, e che prevede l’espansione in direzione di altri paesi del Mediterraneo. La nostra regione è stata indicata come un’area ad alto rischio per la sicurezza della NATO e per gli interessi che vengono serviti. E’ stata anche creata una flessibile e potente forza di intervento multinazionale che dovrebbe entrare in azione in qualsiasi momento la NATO ritenesse che l’ordine mondiale imperialista venga “disturbato”. E’ praticamente la regola che i paesi divenuti membri della NATO, a un certo momento diventino anche membri dell’UE. Ci sono alcune eccezioni a questo processo, come Malta e la Repubblica di Cipro, dove registriamo condizioni particolari, ma ciò non cambia la regola.

 

Sono in corso conflitti e rivalità per la supremazia nella distribuzione dei mercati e delle sfere di influenza, specialmente per il controllo delle risorse energetiche e delle vie del loro trasporto. Si manifestano direttamente e indirettamente su fronti di battaglia, in esplosioni di scontri nazionalistici, in conflitti tra paesi confinanti. In questo gioco geostrategico, ogni potenza partecipa in proporzione al suo peso e alla sua grandezza nella piramide imperialista, alla sua collocazione nel sistema internazionale e alla sua ubicazione geografica. La nostra regione è situata nel mezzo di un’area cruciale. Infatti, negli ultimi anni si è trovata sempre più coinvolta. La situazione si è aggravata dopo la guerra in Jugoslavia e specialmente dopo la guerra in Iraq e il permanere dell’occupazione da parte degli USA e dei loro “volenterosi alleati”.

 

L’impiccagione di Saddam Hussein è stata probabilmente solo il pretesto per mettere in moto diversi piani per la regione, che causeranno reazioni a catena ed effetti collaterali. La lacerazione e la divisione dell’Iraq non possono essere esclusi.

 

La Strategia Mediterranea della NATO, formulata nel vertice di Istanbul del giugno 2004, ha aperto la strada a nuove minacce, perché in effetti si tratta di una strategia per dividere popoli e paesi, e per facilitare l’egemonia degli USA e delle altre forze dominanti dell’UE. Tutti i paesi del Medio Oriente e, più in generale, la regione ne sono in un modo o nell’altro coinvolti.

 

La situazione nel Medio Oriente è estremamente allarmante. La questione centrale qui è la Palestina, mentre la situazione in Libano rimane complicata in seguito essenzialmente alla sconfitta della macchina bellica israeliana nella guerra contro questo paese, attuata per annientare la resistenza Libanese.

 

In tutto questo intreccio di conflitti e problemi, sia la Grecia che la Turchia rappresentano “parte del problema”. E ancor più oggi, quando entrambe giocano un ruolo più attivo in tutti i processi in corso che investono la regione.

 

Grecia e Turchia sono paesi vicini con confini comuni. Entrambe queste nazioni appartengono alla NATO dal 1952; la Grecia è membro con pieni diritti dell’UE dal 1981, mentre la Turchia ha avviato negoziati per diventarlo a sua volta. In entrambi i paesi, la presenza degli USA è un fattore decisivo nelle relazioni reciproche. Sebbene i due paesi siano membri della NATO e collaborino sotto il suo ombrello in varie missioni militari (come in Bosnia, Kosovo e Afghanistan), esistono serie differenze tra le loro classi borghesi e le loro forze politiche dirigenti, che si manifestano in ogni occasione, sia riguardo a Cipro, sia riguardo allo sfruttamento delle risorse marine e sottomarine dell’Egeo, che alle questioni relative alle dispute sui confini, o alla questione delle minoranze presenti nella regione.

 

In merito a queste materie, il KKE è dell’opinione che il problema delle differenze tra Grecia e Turchia non possa trovare soluzione senza affrontare più in generale la questione della strategia delle forze imperialiste nella regione, senza prendere in considerazione la rivalità tra l’UE e gli USA e gli interessi su larga scala che sono stati resi manifesti. La classe borghese in ogni paese cerca di ottenere relazioni preferenziali con entrambi i centri imperialisti, allo scopo di realizzare i propri obiettivi. L’orientamento degli imperialisti oggi è quello di creare dispute su trattati ed accordi conclusi precedentemente e che riguardano i nostri due paesi, di mettere in discussione le frontiere internazionali, per arrivare a nuovi accordi che riflettano gli interessi imperialisti. La Grecia ha problemi nei Balcani e nell’Egeo. La Turchia ha problemi rispetto all’Iraq e alla sua occupazione da parte delle forze USA-britanniche e ai loro piani per la creazione di uno stato Curdo che ridisegnerebbe i confini dell’intera area.

 

Le nostre frontiere statali, così come sono state tracciate dai trattati nel passato, non devono cambiare e le minoranze che esistono in tutti gli stati della regione, e che vengono frequentemente utilizzate dagli imperialisti come pedine nella ben nota politica del “divide et impera”, devono avere gli stessi diritti ed obblighi entro i confini degli stati che ora abitano. L’unica via per far prevalere questa politica, che corrisponde agli interessi della classe lavoratrice e dei popoli della regione, è quella dell’esistenza di un decisivo fronte contro l’imperialismo e le organizzazioni imperialiste, e contro la politica degli USA, della NATO e dell’UE. I nostri popoli devono intensificare la loro vigilanza e attenzione e devono sviluppare un ampio fronte unitario di lotta antimperialista tra tutti i popoli, per la sovranità e l’integrità territoriale dei paesi, per la pace e una normale coesistenza e collaborazione tra popoli e paesi della regione, in opposizione alla politica del “divide et impera” e degli interventi imperialisti.

 

Su questo terreno si erge il fondamentale principio dell’internazionalismo e del socialismo, “che nessuna nazione può essere libera se opprime altre nazioni” (Marx e Engels). Questo principio viene continuamente violato dagli imperialisti.

 

Come Lenin ha rilevato in “Sul diritto di autodecisione delle nazioni” (Aprile-Giugno 1914):

 

“Gli interessi della classe operaia e la sua lotta contro il capitalismo esigono la piena solidarietà e l’unità più stretta degli operai di tutte le nazioni, esigono che si opponga resistenza alla politica nazionalistica della borghesia di qualsiasi nazionalità. Perciò negare alle nazioni oppresse il diritto di autodecisione, cioè di separazione, oppure sostenere tutte le rivendicazioni nazionali della borghesia delle nazioni oppresse, equivarrebbe, per i socialdemocratici, a sottrarsi ai compiti della politica proletaria e a subordinare gli operai alla politica borghese…Il minimo appoggio del proletariato di una qualsiasi nazione ai privilegi della “propria” borghesia nazionale susciterà inevitabilmente la sfiducia del proletariato delle altre nazioni, indebolirà la solidarietà internazionale di classe, dividerà gli operai con grande gioia della borghesia” (Capitolo 5. La borghesia liberale e i socialisti opportunisti nella Questione Nazionale)

 

Il KKE sostiene con tutte le sue forze lo sviluppo di relazioni fraterne di coordinamento e collaborazione con il Partito Comunista di Turchia, come anche con tutti i partiti e movimenti antimperialisti, radicali; allo stesso modo, noi appoggiamo le iniziative congiunte delle organizzazioni sociali e di massa greche e turche che condannano le manifestazioni di ostilità tra i nostri popoli e promuovono l’amicizia e la cooperazione. Nulla potrà dividere i nostri popoli. Essi hanno solo da guadagnare nel respingere con decisione i piani imperialisti. La nostra è una lotta comune.

 

Gli interessi di classe della classe lavoratrice della Grecia risiedono nell’avanzata della sua lotta per cambiare gli attuali rapporti di forza a sfavore dell’UE, della NATO e degli USA e per costruire il Fronte di Lotta Antimperialista-Antimonopolista per il Potere Popolare e l’Economia Popolare.

 

Gli interessi di classe della classe lavoratrice della Turchia risiedono in una consistente lotta per difendere i diritti e gli interessi dei lavoratori e degli altri strati popolari, per impedire che il paese aderisca all’UE, e per far avanzare la lotta del Fronte Patriottico e del Partito Comunista di Turchia contro i monopoli, la NATO e l’imperialismo USA.

 

La lotta del popolo lavoratore di ogni stato membro dell’UE deve rifiutare le illusioni suscitate dalla socialdemocrazia e dalle forze opportuniste che questa associazione capitalista reazionaria possa trasformarsi in amica dei popoli e della pace. La lotta deve essere diretta a indebolire l’UE e a cambiare i rapporti di forza a favore delle forze politiche che sono contro i monopoli e il loro potere, contro l’imperialismo e le guerre imperialiste, contro la NATO, contro gli interventi e la barbarie scatenata sui popoli che resistono.

 

La lotta in ogni paese e la modifica degli attuali rapporti di forza a favore di coloro che cercano di cambiare l’attuale società capitalistica, che aspirano al socialismo, è la strada che potrebbe spingere paesi a rompere con questa Unione, a indebolirla, favorendone la dissoluzione e l’eliminazione.

 

La nostra lotta comune contro l’imperialismo USA, contro il centro imperialista dell’UE, contro la NATO e contro il nuovo ordine imperialista farà maturare i frutti della prosperità, della pace, dell’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del socialismo!

 




(Sulle scioccanti rivelazioni di Zbigniew Brzezinski, che ha ipotizzato azioni terroristiche auto-inflitte sul territorio statunitense ed iracheno allo scopo di criminalizzare l'Iran ed aggredirlo, si veda:

Guerra all'Iran. Il "plausibile scenario" di Brzezinski! di Giulietto Chiesa

Brzezinski confirme que les États-Unis peuvent organiser des attentats sur leur propre territoire
http://www.voltairenet.org/article145137.html )


http://www.resistenze.org/sito/te/po/us/pous7b14-001084.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - stati uniti - 14-02-07 

da http://www.wsws.org/articles/2007/feb2007/brze-f03.shtml
World Socialist Web Site www.wsws.org WSWS: News & Analysis: Nord America, 3/2/07

 

Perché la stampa degli Stati Uniti tace sulla messa in guardia di Brzezinski sulla guerra contro l'Iran?
 
di Barry Grey  

 

Washington DC, 3 febbraio 2007

 

I principali giornali nazionali e la maggior parte delle emittenti radiofoniche hanno evitato persino di dare conto della sbalorditiva testimonianza rilasciata giovedì dall’ex consulente nazionale per la sicurezza Zbigniew Brzezinski di fronte al Comitato Relazioni Estere del Senato.

 

Brzezinski, consulente per la sicurezza nazionale del Presidente Jimmy Carter, è fra le figure più significative all'interno dell’apparato della politica estera degli Stati Uniti. Egli ha indirizzato un’aspra critica alla guerra in Iraq, ammonendo che la politica dell'amministrazione Bush stava inevitabilmente portando ad uno scontro militare con l’Iran che avrebbe avuto conseguenze disastrose per l’imperialismo degli Stati Uniti.

 

Estremamente significativa e scomoda è stata l’insinuazione di Brzezinski che era probabile che l'amministrazione Bush stesse costruendo un pretesto per giustificare un attacco militare all'Iran. Nel presentare quello che ha definito uno "scenario plausibile di collisione militare con l'Iran", Brzezinski ha esposto il seguente processo di eventi: "il fallimento dell’Iraq di soddisfare i parametri previsti, seguito da accuse agli iraniani per la responsabilità del fallimento, poi qualche provocazione o un atto terroristico in Iraq, di cui incolpare negli Stati l'Iran, culminando con azioni militari “difensive” (virgolettate o meno) degli Stati Uniti contro l'Iran..."

 

Brzezinski pensava talmente che un attacco militare degli Stati Uniti all'Iran sarebbe stato un'azione aggressiva presentata come se fosse una risposta difensiva a pretestuose provocazioni iraniane, che andò vicino a insinuare, senza proprio affermarlo esplicitamente, che, per offrire un casus belli per la guerra, la Casa Bianca sarebbe stata capace di fabbricare o favorire un attacco terroristico all'interno degli Stati Uniti.

 

Va da se che tale testimonianza data in un’udienza congressuale aperta, proveniente da qualcuno con decenni di esperienza nel comparto di politica estera degli Stati Uniti e stretti legami con l’apparato militare e di intelligence, non solo fa notizia ma è della più immensa e grave importanza. Ogni giornale o canale di informazione obiettivo e coscienzioso considererebbe un obbligo informare il pubblico di tali sviluppi.

 

Ora, né il New York Time né il Washington Post, hanno riportato nelle loro edizione di venerdì, nemmeno due righe di notizia sulla testimonianza di Brzezinski. Né lo hanno fatto USA Today o il Wall Street Journal. Tutte queste pubblicazioni hanno naturalmente a Washington uffici ben forniti di personale e una regolare copertura congressuale di specialisti inviati che trattano di questo genere di questioni politiche scottanti, come la guerra all’Iraq.

 

Non c'è spiegazione innocente per la loro decisione di nascondere questa storia. Il Washington Post di giovedì pubblicò un’ampia colonna di pagina-due con fotografia sulla presenza di Henry Kissinger il giorno precedente di fronte al medesimo comitato del Senato. Dove l’ex segretario di Stato sotto Richard Nixon fece una dichiarazione complessivamente di appoggio alla politica di guerra dell'amministrazione Bush.

 

Inoltre, l'edizione web del Post riportò un rapporto dell’Associated Press sulla presenza di Brzezinski. Quell’articolo introduceva sottili ma significativi cambiamenti allo scenario speculativo di Brzezinski sul percorso di guerra in Iran che avevano l'effetto di sottovalutare l'acutezza ed l’urgenza della critica di Brzezinski all'amministrazione Bush. Ometteva l’allusione che un attacco terroristico all'interno degli Stati Uniti potesse diventare la giustificazione per la guerra, e rimuoveva dal discorso di Brzezinski le virgolette di una" guerra difensiva" contro l'Iran.

 

Il World Socialist Web Site venerdì ha telefonato a New York Times, Washington Post, Wall Street Journal e USA Today per chiedere un chiarimento per la loro omissione nel riportare la testimonianza di Brzezinski. Nessuno dei giornali ha risposto alle nostre chiamate.

 

Allo stesso modo le emittenti televisive di informazione: " News Hour with Jim Lehrer" su PBS ha fatto vedere un clip di Brzezinski che esponeva il suo scenario di guerra di fronte al comitato del Senato, senza fare alcun commento. "NBC Nightly News" ha ignorato completamente la storia.

 

La rimozione di questa critica di condanna della guerra all’Iraq, dei metodi cospirativi dell'amministrazione Bush e della loro deriva verso un guerra ancora più vasta in Medio Oriente, sono una dimostrazione in più del carattere reazionario e corrotto dei mass media americani. Indica che i media istituzionali ancora una volta si stanno preparando, come nella corsa all'invasione dell'Iraq, a servire da cassa di risonanza per la propaganda di guerra e le bugie dell'amministrazione.

 

Traduzione dall’inglese per resistenze.org di Bf
 

 




NAŠA MILENA

Per ricordare Milena, che ci ha lasciato tre anni fa, abbiamo messo in rete alcune immagini e versi, in serbocroato e in italiano, frutto del suo lavoro appassionato:



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Tra gli scritti di Milena abbiamo ritrovato:
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TU, "EX"-JUGOSLAVA/O, RISPONDI!

1) Di che nazionalita' sei? Lo sai - o no?

2) Ti danno un passaporto?

3) Dove passano le nuove frontiere?
a. fra te ed il tuo coniuge?
b. fra te ed i tuoi figli?
c. fra la tua casa e quella del tuo vicino?
Chi ti rilascia il visto sul passaporto per andarlo a trovare?
Prima parlavate la stessa lingua - vi potete capire adesso?

4) I tuoi cari sono vivi o morti?
a. Quali sono vivi, e dove si trovano?
b. In quanti sono morti?
c. Sono sepolti - e dove?
d. Quanti nella fossa comune?
e. Il corpo del morto si trova in una o in piu' fosse?

5) Prima della guerra civile, quando viaggiavi "dal fiume Vardar al Monte Triglav e dall'Adriatico al Danubio", sapevi dove finiva una repubblica e dove ne cominciava un'altra?

6) Per fare questi viaggi, avevi bisogno di un passaporto?

7) Il tuo libretto degli assegni era valido o no su tutto il territorio jugoslavo?

8) Quanti tipi di moneta avevano le sei repubbliche jugoslave?

9) Avevi paura a venire in Serbia per non essere divorato da uno o piu' serbi? (Per i serbi: potevate spostarvi o vivere in pace, con pari diritti, nelle altre repubbliche?)

10) Ti serviva un vocabolario quando parlavi con la gente delle altre repubbliche jugoslave?

11) Avevi difficolta' a mandare i figli a scuola?

12) Hai avuto gratis l'assistenza medica e le medicine?

13) Hai mai sospettato che, dopo anni di lavoro, non ti sarebbe
stata assicurata la pensione? Oppure che un bel giorno te la tolgono?

14) Potevi rilevare o costruire una impresa privata per guadagnare piu' del tuo stipendio?

15) Potevate farvi una casetta o una casa al mare o in montagna, tu e tuo marito, grazie al vostro lavoro, senza rubare?

16) Una volta scelto il terreno per la tua casa delle vacanze da edificare, ti ponevi il problema che il terreno non si trovasse in un'altra repubblica jugoslava?

17) Sapevi che i paesi "ricchi" dell'Occidente non hanno in gran parte risolto i problemi della sanita', della scuola, della casa, del lavoro?

18) Credevi che la Jugoslavia a pezzi sarebbe stata migliore della Jugoslavia integra?

(1994)




From:   andrea.boc@...
Subject: bastardi.....
Date: February 24, 2007 3:35:21 PM GMT+01:00
Return-Path: <andrea.boc@...>
Received: from wr-out-0506.google.com (64.233.184.227) by mail-mx-2.tiscali.it (7.2.069.3) id 457EC6B60D46E4F0 for jugocoord@...; Sat, 24 Feb 2007 15:35:22 +0100
Received: by wr-out-0506.google.com with SMTP id i20so745277wra for <jugocoord@...>; Sat, 24 Feb 2007 06:35:22 -0800 (PST)
Received: by 10.114.185.8 with SMTP id i8mr1503297waf.1172327721804; Sat, 24 Feb 2007 06:35:21 -0800 (PST)
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Mime-Version: 1.0
Content-Type: multipart/alternative;  boundary="----=_Part_58208_28471846.1172327721765"


Voi siete dei grandi bastardi. Continuate a negare le centinaia di milioni di morti che il comunismo ha causato in tutto il mondo...continuate a difendere persone che farebbero rabbrividire hitler....vi auguro tutto il male possibile di questo mondo...site dei grandi pezzi di merda....ma le vostre ore sono contate vi troveremo uno per uno e ve la faremo pagare molto cara....per tutti i morti innocenti che avete ucciso per tutta la libertà che avete negato... 

il popolo si desterà e allora dovrete avere paura.....

-- 
Certo, chi combatte può morire... chi fugge resta vivo. Almeno per un po'.
Agonizzanti in un letto, fra molti anni da adesso, siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere un occasione, solo un altra occasione, di tornare qui sul campo di battaglia ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita, ma non ci toglieranno mai la LIBERTA!!!!



"LE MANIFESTAZIONI NON SONO IL SALE DELLA DEMOCRAZIA" 
(Giorgio Napolitano)


Illustre Presidente della repubblica

Lei ha perfettamente ragione: le manifestazioni non sono il sale della 
democrazia. Il sale della democrazia sono i mille parlamentari 
nominati dalle oligarchie dei partiti che succhiano il sangue del 
Paese e, a turno di due, si esibiscono ogni sabato al Bagaglino!!!
Complimenti!!!

Pietro Ancona da Palermo 





1) Roma 28/2: "RESISTENZA STORICA" SULLE FOIBE 

2) Squadristi impediscono a La Spezia l'intervento di A. Kersevan sui campi di concentramento per slavi su territorio italiano

3) Annullato a Bellaria, in seguito alle pressioni fasciste, il convegno in cui A. Kersevan avrebbe dovuto presentare il suo libro sul campo di Gonars


=== 1 ===

From:   internazionale  @...
Subject: "RESISTENZA STORICA" SULLE FOIBE
Date: February 20, 2007 2:57:55 PM GMT+01:00

Mercoledì 28 febbraio 2007
Presso la Sala della Sacrestia Palazzo Valdina Vicolo Valdina 3 - ore 18.00

 

On. Iacopo Venier
Partito dei Comunisti Italiani

 

On. Gianluigi Pegolo
Partito della Rifondazione Comunista

 

Invitano a partecipare alla presentazione degli studi di  “Resistenza Storica” sulle Foibe, il campo di concentramento fascista di Gonars, la lotta partigiana nelle terre a cavallo del confine orientale.

 

Saranno presenti :
Alessandra Kersevan
Storica, coordinatrice del gruppo di ricercatori di “Resistenza Storica”

 

Giacomo Scotti
giornalista e scrittore di Fiume/Rijeka, studioso della Resistenza

 

 

P.S.
Per entrare nei palazzi della Camera dei Deputati è necessario comunicare il nome alla mail:
venier_i  @...
o al n° 0667604135 o al fax 0667604570
entro lunedì 26 febbraio.
Gli uomini per entrare devono portare la giacca.

 


=== 2 ===


SQUADRISMO A LA SPEZIA


Il 9 febbraio u.s. a La Spezia ad Alessandra Kersevan è stato impedito di concludere una conferenza sui crimini di guerra commessi dagli italiani contro le popolazioni slave nel corso della II Guerra Mondiale. 
Il giorno prima, l'8/2, su il Giornale era comparso un articolo dal titolo: "E a La Spezia fanno parlare la storica friulana negazionista Kersevan". Nel pomeriggio con una telefonata la responsabile dell'Istituto Storico spezzino avverte la relatrice che arrivano pressioni dal prefetto e da altri personaggi perché la conferenza non venga fatta. Ma la Presidente del consiglio provinciale, Bertone, decide di assumersi la "responsabilità" di farla, la conferenza. Tutti gli altri politici (la provincia è amministrata dal centro-sinistra) che dovevano essere presenti si defilano. 
Durante la conferenza, dopo cinque minuti, mentre la relatrice esamina le vicende dell'aggressione alla Jugoslavia, una persona dal pubblico (la sala era piena, circa 150 persone) interrompe dicendo che "non deve parlare di campi ma di foibe". Continua a ripetere la stessa cosa per oltre cinque minuti, mentre la presidente e altre persone cercano di convincerlo a lasciar continuare. 
Intanto un altro si ammanta con una bandiera italiana; altri due o tre cominciano a spalleggiare il primo. Su invito della Bertone interviene la Digos, che con molta delicatezza convince il tipo ad uscire un momento. Dopo un minuto rientra e continua a fare quello che faceva prima, gridando e impedendo alla Kersevan di continuare. Intanto interviene quello con la bandiera, proponendo che la legge proposta da Mastella contro il negazionismo venga estesa anche ai "negazionisti delle foibe". 
Praticamente dopo oltre 2 ore di bagarre, alle 19.30 la Kersevan rinuncia al suo intervento. 

(a cura di AM per il CNJ, sulla base di quanto riferito dalla diretta interessata)



=== 3 ===


CONTRASTARE IL REVISIONISMO STORICO

ANNULLATO UN CONVEGNO SUL CAMPO DI CONCENTRAMENTO FASCISTA DI GONARS - RELATRICE LA COMPAGNA ALESSANDRA KERSEVAN - CHE AVREBBE DOVUTO PRESENTARE IL SUO LIBRO.

DOPO CHE I FASCISTI E I FORZAITALIOTI AVEVANO DISTURBATO UN CONVEGNO ANALOGO A LA SPEZIA CONTINUANO I TENTATIVI DI REPRIMERE LA VERITA' STORICA SU QUANTO E' AVVENUTO TRA IL 1940 E IL 1945 SUL CONFINE NORD-ORIENTALE ITALIANO.

Alessandra Kersevan era stata invitata dal locale Istituto storico e dal comune di Bellaria Igea Marina a fare una conferenza per presentare il suo libro sul campo di concentramento di Gonars. Era l'ultima di una serie di conferenze dedicate alla storia del confine orientale.

In questa organizzazione si era poi inserita anche la Provincia di Rimini.

L'Istituto annullava all'ultimo momento la conferenza adducendo come scusante che c'erano state pressioni da parte di AN, che denunciava la Kersevan come storica "negazionista".

Nella vicenda dei campi di concentramento i negazionisti caso mai sono quelli di AN, ma tant'è i politici di centro sinistra della provincia han pensato bene di cedere alle pressioni squadristiche e hanno annullato la conferenza.

Va aggiunto il testo della mail che la storica ha indirizzato al Presidente e all'Assessore della provincia di Rimini (quest'ultima poi ha scritto, scusandosi e rinnovando la "stima" nei suoi confronti...):


"Vi state prestando ad una operazione di censura di stampo fascista, nei confronti di una studiosa che il vostro istituto storico aveva giudicato scientificamente degna di fare una conferenza, ma voi avete preferito basarvi sui giudizi politicamente interessati dati da politici di AN.

La vicenda del campo di concentramento fascista di Gonars e degli innumerevoli altri campi fascisti in cui morirono fra il 1941 e il 1943 7000 sloveni, croati, montenegrini - donne, uomini, vecchi, bambini, cioè famiglie intere rastrellate dall'esercito italiano in quelle terre occupate e ANNESSE (!!) - di fame e di malattie è uno dei tanti crimini di guerra impuniti commessi dall'esercito italiano in Jugoslavia. I politici (o politicanti, forse è meglio usare questo termine) italiani che si riempiono ora da destra a sinistra la bocca con la giornata del ricordo, non sanno nulla della storia delle terre del confine orientale e di ciò che il fascismo vi ha rappresentato. La mia conferenza poteva essere una buona occasione per saperne qualcosa, almeno per la popolazione di Bellaria. Vi ricordo che la stessa legge istitutiva della giornata del ricordo, parla anche delle "più complesse vicende del confine orientale", e quindi avreste avuto anche la copertura della legge, se vi occorreva proprio. Ma come diceva il Manzoni, il coraggio uno non se lo può dare, e voi non ve lo siete dato. Forse si tratta solo di piccoli e meschini calcoli politici.
L'assessore alla cultura di Bellaria, unica che mi abbia contattato, anche se solo dopo che io l'avevo cercata, mi dice che la mia presenza avrebbe messo in pericolo l'ordine pubblico. A parte l'evidente esagerazione, mi pare che i fascisti adesso abbiano capito bene cosa dovranno fare in futuro, quando si parlerà di argomenti che non gradiscono: mobiliteranno le loro squadracce minacciando l'ordine pubblico, e tutti caleranno le brache. Mi pare che il fascismo nel '20 abbia trionfato così. Spero che tutto questo vi si rivolti contro, e che gli elettori antifascisti della provincia di Rimini sappiano almeno togliervi il loro consenso.

Alessandra Kersevan"


CHE FARE?

Ormai da due anni in coincidenza del 10 febbraio assistiamo ad indecorose iniziative e prese di posizione sulle questione "foibe", che anziché riflettere la verità e le documentazioni storiche manifestano posizioni strumentali e storicamente prive di ogni fondamento tipiche del revanscismo nazionalista che ha sempre ispirato i fascisti di ogni risma ed oggi lambisce ampi settori del centro-sinistra.

Occorre contrastare la tendenza alla menzogna storica estendendo iniziative tipo quella di Alba e Crema.

La nostra associazione è disponibile a dare il suo contributo culturale, politico ed organizzativo per preparare unitariamente per l'anno prossimo un convegno-seminario nazionale che dia un contributo storicamente rigoroso su ciò che è accaduto sul confine nord-orientale italiano in tutta la prima metà del secolo scorso in modo da contrastare strumentalizzazioni, menzogne e superficialità.

Rimaniamo in attesa di contributi e proposte.

Milano, 16 febbraio 2006

Per L'altra Lombardia - SU LA TESTA

Giorgio Riboldi

Associazione L'altra Lombardia - SU LA TESTA
Sede nazionale Milano
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telefoni : 339 195 66 69 oppure 338 987 58 98