Informazione
1. BOPHAL
3 dicembre 1984 - 3 dicembre 2004:
La strage impunita della Union Carbide
2. PORTO MARGHERA
28 novembre 2002:
La Dow Chemical (ex Union Carbide) avvelena Mestre
3. PANCEVO
*** aprile 1999: la NATO intenzionalmente colpisce i serbatoi di
cloruro di vinile monomero allo scopo di sterminare la popolazione di
Pancevo e dintorni
*** novembre 2004: i media serbi ed internazionali, compresa l'agenzia
ANSA, disinformano sulla principale causa del vertiginoso aumento di
tumori a Pancevo
=== 1 ===
Da: andrea
Data: Ven 3 Dic 2004 17:14:34 Europe/Rome
Oggetto: venti anni fa : Bophal
3 dicembre 1984 : Bophal
Vedi le fotografie al sito:
http://www.magnumarchive.com/c/htm/
FramerT_MAG.aspx?Stat=Portfolio_DocThumb&V=CDocT&E=2TYRYDZY1N7J&DT=ALB
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http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/12_Dicembre/02/
bhopal.shtml
CRONACHE - Una nube tossica provocò una catastrofe: decine di migliaia
di morti
Bhopal vent'anni dopo. 555 dollari per il silenzio
I sopravvissuti aspettano i soldi della Union Carbide. In cambio
l'impegno di smettere di protestare
DAL NOSTRO INVIATO
[FOTO: Una donna di Bhopal, rimasta vedova dopo l'incidente della Union
Carbide (Reuters)]
BHOPAL -La tosse: per Arman, Raju e Ajju, che hanno 20 anni nel 2004, è
la colonna sonora della loro vita. La tosse dei loro padri, delle
madri, dei fratelli, delle sorelle, e dei vicini, oltre le sottili
tramezze. Notte e giorno, estate e inverno, le pareti nude di casa
riecheggiano i colpi di tosse. Non arriva e non arriverà mai quello
liberatorio, quello che riuscirà a espellere il male dai bronchi
sconquassati. Sopravvivere alla catastrofe chimica del 3 dicembre 1984
non è stato un grande affare: 240 mesi di tosse e fame e, adesso, 555
dollari e 55 centesimi a testa per smettere di protestare. Per lasciar
finalmente sbiadire sui muri la scritta «Hang Anderson», impiccate
Anderson, rinfrescata ancora ieri e riferita a Warren, l’ex
amministratore delegato della Union Carbide, la fabbrica americana di
pesticidi che ha trasformato una delle più belle e secolari città
dell’India centrale in un assordante lazzaretto di tisici inguaribili.
Venticinquemila rupie per smettere di lamentare cecità, nausee, vomiti
e fitte al petto. Per lasciare che il mondo dimentichi il nome di
Bhopal e le cifre mai precisate della strage.
Tra i sedicimila e i trentamila morti, mezzo milione di superstiti
malconci, 150 mila coi polmoni sfiniti e gli occhi cauterizzati dalla
grande ustione chimica. E nessun processo per stabilire come sia
accaduto.
Arman, Raju e Ajju, classe 1984 come la fuga di 40 tonnellate di gas,
sono amici d’infanzia, cresciuti insieme nelle strade di terra battuta
e pozzanghere di Congress Nagar, il quartiere musulmano a sud del
vecchio stabilimento. Il destino loro e del vicinato quella notte tra
il 2 e il 3 dicembre fu deciso dal vento che inseguì i fuggitivi verso
meridione, con la sua nube carica di isocianato di metile, lo
sterminatore di parassiti campestri, implacabile ingrediente di una
miscela brevettata dalla Union Carbide col marchio «Sevin».
L’efficacia collaudata sugli insetti nei laboratori della Virginia
occidentale diventò evidente, senza microscopio, ingigantita a misura
d’uomo in India. Non erano cocciniglie e pidocchi a contorcersi
nell’erba e nell’asfissia. Donne, uomini, bambini soffocavano nel loro
sangue e nel loro vomito, bruciavano senza fuoco. Minuti, ore, giorni,
mesi, anni: l’agonia si rivelò di proporzioni variabili. Proprio quanto
le stime del disastro, delle conseguenze e delle responsabilità. E
dell’impennata di tumori.
Vent’anni di congetture, che ad Arman, Raju e Ajju non interessano
granché: vogliono solamente 555 dollari e spiccioli ciascuno, al più
presto. «Perché senza quei soldi non possiamo far nulla» dice Arman, il
più loquace del terzetto, accovacciato sul pavimento di casa accanto al
padre, Feroz, venditore di farina, che dorme avvolto in una vecchia
coperta. Per i loro 1.666 dollari e rotti, i tre ragazzi hanno piani
precisi e comuni: «Prima cure mediche private e poi il business». Il
business? «Sì, un negozio. O un’altra attività, che ci permetta di
farci anche una famiglia». Con una ragazza di Bhopal? «Quelle di fuori
sono più sane - parla chiaro Arman, con un guizzo astuto negli occhi -.
Molte ragazze qui invecchiano senza un marito. A meno che siano molto
belle e molto ricche».
Una donna indiana davanti a un muro di Bhopal (Afp)
I tre amici riscuoteranno probabilmente i loro soldi prima di compiere
i 21 anni, e da quel momento nulla potranno più pretendere o
rivendicare per la loro infanzia bruciata e la loro adolescenza rubata
al calcio, al cricket, alla scuola: «Siamo cresciuti analfabeti e
deboli» apre bocca finalmente il timido Raju. Il quotidiano locale,
Sandhya Prakash , pubblica l’elenco dei convocati il giorno dopo in
tribunale, per la distribuzione degli assegni di risarcimento: le
vendite sono triplicate, come il prezzo del giornale, da due a sei
rupie. Dieci centesimi di euro ben spesi per quanti scopriranno di
poter incassare, vent’anni dopo, il corrispettivo della loro salute. O
dei loro morti: fino a un massimo di 100 mila rupie, 2.222 dollari e 22
centesimi, per un genitore o un figlio perduti. E’ la somma
riconosciuta a 3.017 vittime. Respinte altre 12 mila richieste.
Non sono pochi soldi, ma si dissolvono subito nelle mani inesperte dei
poveri, se arrivano a destinazione. E’ già successo con la prima rata,
anticipata dal governo indiano tra il 1991 e il ’96: «Molti si sono
comprati il televisore o sono stati spogliati dagli avvocati» racconta
Rachna Dhinagra, portavoce della Campagna Internazionale Giustizia per
Bhopal. Ora che la Corte Suprema indiana ha sbloccato i 327 milioni di
dollari depositati dalla Union Carbide per 566 mila vittime, si cerca
di scongiurare lo sperpero: «Stiamo organizzando gruppi di assistenza
finanziaria - annuncia Rachna -, suggeriamo di investire in azioni
delle Poste indiane, che rendono il 9 per cento, o di costruire una
casa con pannelli a energia solare».
Nata 26 anni fa a Delhi e cresciuta per 21 a Detroit, Rachna ha
abbandonato una carriera di consulente informatica in un’azienda
americana quando ha scoperto che la sua prima cliente sarebbe stata la
Dow Chemicals, il colosso che aveva assorbito la Union Carbide. E’
tornata in India e ora lavora alla Sambhavna Gynecological Clinic for
Survivors, il Day hospital fondato dallo scrittore Dominique Lapierre
con i diritti d’autore dei suoi successi: «La città della gioia», «I
mille soli» e, naturalmente, «Mezzanotte e cinque a Bhopal».
Lapierre è arrivato ieri sera, trionfalmente accolto dall’armata di
superstiti e attivisti. Le portabandiera sono due cinquantenni, Rashida
Bee e Champa Devi Shukla, che hanno brandito minacciosamente le loro
scope sotto le sedi della Dow Chemical di mezzo mondo, finché non hanno
spuntato i risarcimenti. Contente? «No, vogliamo che i dirigenti della
Dow vengano qui, in ginocchio - risponde Rashida -. Ci riusciremo.
Devono ripulire la fabbrica abbandonata». Le scorie tossiche sono
filtrate nel sottosuolo, hanno raggiunto la falda freatica, che disseta
14 comunità nel raggio di due chilometri: «Ventimila persone si stanno
avvelenando giorno dopo giorno», Rachna cita analisi e studi concordi.
La battaglia legale continua, come la tosse, come la contaminazione,
come le marce e gli scioperi della fame. Perché continua a uccidere
anche il killer, evaso a mezzanotte e cinque del 3 dicembre 1984, da un
sistema di sicurezza governato al risparmio. Un killer che, da
vent’anni, non fa differenza fra uomini e pidocchi.
Elisabetta Rosaspina
=== 2 ===
Bhopal e Porto Marghera:
elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova
Metil-isocianato è la sostanza che si sprigiona dalle ciminiere di
Bhopal e che causa 20mila morti e 500mila invalidi.
Toluene-isocianato è la sostanza contenuta nella nube sospesa sopra
Mestre e Marghera il 28 novembre di quest'anno [2002].
Ma le coincidenze sono anche altre.
E' la Union Carbide, ora Dow Chemical, a causare la strage di Bhopal.
E' la Dow Chemical la proprietaria dell'impianto esploso a Marghera,
dopo averlo acquisito dall'Enichem nel 2001.
Le vittime di Bhopal non sono ancora state risarcite dalla Dow
Chemical, la quale rifiuta a tutt'oggi di bonificare la zona inquinata,
e di disporre tutele alla popolazione malata.
Una piccola storia di una multinazionale per la quale è stato
privatizzato "un pezzettino" di Porto Marghera .
Bhopal a Bhopal
Bhopal, India, 3 dicembre 1984. Dalle ciminiere della Union Carbide si
sprigiona una nube di fumo impalpabile e dall'odore acre. Gli abitanti
della baraccopoli sono abituati a frequenti fughe di gas tossici,
(l'impianto di allarme è stato disattivato perché suonava in
continuazione), ma questa volta la concentrazione tossica nell'aria è
maggiore. Migliaia di volte maggiore. 20.000 vittime, mezzo milione di
invalidi.
Il responsabile dell'impianto, Warren Anderson, presidente della Union
Carbide si renderà latitante... Diciotto anni dopo la strage, la Union
Carbide non ha ancora iniziato la bonifica del territorio (2), e ha
anzi mandato la polizia contro gli ecologisti che avevano
provocatoriamente iniziato in proprio la bonifica della fabbrica.
Il governo indiano quest'anno ha chiesto una variazione del capo di
imputazione per Anderson, da "Omicidio" a "Negligenza" (1).
La Union Carbide, come risarcimento, ha offerto 470 milioni di dollari
al governo indiano, 800 dollari per ogni invalido permanente, 3.300
dollari per ogni morte causata dal disastro(2.5)...
Il 4 agosto 1999 la Dow Chemical Company annuncia la scalata alla Union
Carbide, delineando con questa acquisizione il secondo polo chimico del
mondo.
La Dow Chemical company è nota in tutto il mondo per aver inventato
"l'agente Orange"(3), un'arma chimica basata sulla diossina, usata
ufficialmente in funzione di defoliante per le operazioni militari in
Vietnam dal 1962 al 1971, arma che ha dimostrato il suo effetto
geneticamente devastante (a tutt'oggi decine di migliaia di bambini
vietnamiti nascono malformati).
Qualche utile informazione sull'agente di distruzione "Orange".
Si tratta di un'arma di distruzione di massa, in possesso della nazione
democratica e pacificatrice del mondo, gli Stati Uniti d'America! Non è
stato un "agente segreto", l'Orange, anche se per lunghi anni coloro
che ne hanno fatto uso volutamente e scientemente ne hanno nascosto gli
effetti sulle popolazioni e sull'ambiente.
Questa arma chimica di distruzione di massa è stata irrorata in modo
pesante su tutto il Vietnam, secondo la parola d'ordine "we will smoke
them out", li staneremo con il fumo, per "stanare" i combattenti
resistenti vietcong dai loro rifugi, come è stato fatto nelle grotte
afgane. Per queste operazioni, trent'anni fa gli Stati Uniti hanno
impiegato 72 milioni di litri di defolianti ed erbicidi, 100.000
tonnellate di bombe al napalm e al fosforo bianco, oltre a gas nervini
e altre armi non convenzionali. Gli agenti chimici venivano riforniti
da Monsanto, Dow Chemical, Hercules, Uniroyal, ecc.
Un medico vietnamita, Le Cao Dai, ha recentemente pubblicato un libro
"Agent Orange in the Vietnam War-Story and Consequences" nel quale
denuncia fatti e misfatti di quei veleni potenti; il peggiore di tutti
per persistenza e per i suoi effetti sull'uomo, sugli animali, e
sull'ambiente, e dunque sulla catena alimentare e sul biochimismo
cellulare, resta l'agente Orange.
La diossina 2,3,7,8-tetraclorodibenzoparadiossina(TCDD), composto
organico clorurato, risulta altamente tossica, tanto da essere
assolutamente proibita per uso agricolo come diserbante.
Per la diossina non si conoscono ne' antidoti ne' agenti decontaminanti
di sicura efficacia, data la sua struttura molecolare altamente stabile
e resistente agli acidi e agli alcali. Sono stati confermati, oltre
agli effetti immediati di tossicità o a scadenza più o meno lunga, come
il cloroacne devastante la cute, anche gli effetti cancerogeni e
mutageni. Sono stati sufficienti poche centinaia di grammi di diossina
dopo il disastro industriale per contaminare nel luglio del 1976 la
zona di Seveso-Meda in provincia di Milano. Sulla foresta vietnamita
sono stati irrorati 44 milioni di litri di agente Orange, pari a 170
chilogrammi di diossina.
Lo scopo delle irrorazioni era duplice, quello di "stanare il nemico" e
quello di inibirne i raccolti e prenderlo per fame, contro tutte le
convenzioni internazionali sul diritto bellico umanitario.
Il medico produce dati inoppugnabili, che attestano che ancora dopo
tanti anni 100.000 adolescenti, nati dopo un lungo periodo dalla fine
del conflitto, soffrono di gravi patologie, e che complessivamente un
milione di vietnamiti abbiano patito per la tossicità da diossina. Ogni
anno migliaia di bambini nascono con malformazioni e patologie, e molte
migliaia di adulti sviluppano malattie e forme tumorali dovute
all'azione dell'Agente Orange.
Ma l'Orange ha aggredito anche i militari americani presenti in
Vietnam, e i reduci veterani e le loro famiglie hanno intentato azioni
legali alle compagnie produttrici dei veleni irrorati usati nella
guerra chimica. Alla fine 70.000 danneggiati sono stati riconosciuti
dai tribunali come colpiti dall'Orange e hanno ricevuto congrui
indennizzi.
Ma chi indennizzerà il popolo del Vietnam?
Sicuramente le malformazioni e le malattie peseranno sulle teste dei
vietnamiti non si sa per quanto tempo, dato che l'azione teratogena e
mutagena può apparire anche nelle generazioni future.
E questo può bastare per capire quanto infame e ipocrita sepolcro
imbiancato sia il guerrafondaio Bush, che cerca dagli altri le armi di
distruzione di massa, che tiene celate nei suoi magazzini chimici e nei
suoi arsenali!
La Dow Chemical è anche una tra le aziende protagoniste
dell'occultamento delle risultanze sperimentali della cancerogenicità
del cloruro di vinile monomero (la sostanza responsabile delle morti a
Porto Marghera).
Questo viene evidenziato da uno studio della rivista "Zadig,
epidemologia e prevenzione", che cita testualmente documenti interni
alla società.
"La Dow si considerava anche «moralmente impegnata ad accertarsi che le
informazioni fornite dalle aziende europee rimanessero all’interno
della società, fino a quando non fosse stata data un’autorizzazione
formale a diffonderle». Per ottenere questo risultato la società aveva
ordinato che nessuno discutesse le ricerche europee, «nemmeno
all’interno della società», a meno che a farlo non fossero persone che
«avevano bisogno di sapere». E anche in questo caso, tale discussione
avrebbe dovuto ottenere un’autorizzazione"(3.5)
Nel 2001 la fusione tra i due imperi economici della chimica è
completa, ma la Dow Chemical -prevedibilmente- rifiuta di riconoscere
alle vittime di Bhopal i danni prodotti dalla assorbita Union
Carbide(4).
Il 9 febbraio 2001 Enichem (controllata di Eni) vende la sua divisione
Poliuretani alla Dow Chemical: è scoccata l'ora dell'ingresso di Dow
Chemical al petrolchimico di Porto Marghera (5); un simile ingresso con
cessione sarà invece impedito a Ravenna da mobilitazioni popolari nel
corso del 2001, a causa del tipo di produzione proposto dalla Dow
Chemical in quel sito; si trattava dell'impianto per la produzione di
glifosato, usato come diserbante nelle coltivazioni di prodotti
geneticamente modificati, resistenti perciò all'azione del glifosato
(6).
Bhopal e Marghera
Il nostro percorso è quasi concluso.
Riassumiamo: nel 1984 la Union Carbide con nubi di metil-isocianato
(2.5) inonda la baraccopoli di Bhopal, il suo massimo dirigente si dà
alla macchia, qualche anno dopo la Dow Chemical la assorbe, la stessa
multinazionale nega i risarcimenti agli indiani, e acquisisce nello
stesso periodo successivamente una fabbrica di Marghera.
E qui la storia si chiude con "l'incidente" del 28 novembre 2002,
quando una nube di toluene-isocianato (7) si diffonde nell'aria di
Marghera ed appesta i polmoni dei suoi abitanti. 4 feriti fra i
lavoratori nell'impianto.
Bhopal a Venezia
Ma la storia ha anche un suo tragico paradosso. Alla Fondazione Querini
Stampalia si è appena conclusa la mostra fotografica Bhopal a Venezia,
organizzata nella città lagunare da Greenpeace, con l'obiettivo
dichiarato di portare l'attenzione in città sulla pericolosità degli
impianti chimici, soprattutto quelli in via di dismissione.
Inutile dire che nel 90% degli articoli che riguardano l'esplosione del
28 novembre non troverete nessun riferimento alla storia della Dow
Chemical e della Union Carbide a Bhopal. A volte un semplice cambio
d'abito aiuta...
PS: la Dow Plastic, settore plastico della Dow Chemical, ha ricevuto
riconoscimenti internazionali per il suo aiuto al piano VNAH
(Assistenza agli handicappati vietnamiti). Qualcuno si era
probabilmente dimenticato che quegli handicaps erano stati provocati da
alcune delle invenzioni belliche della stessa multinazionale, che ora
andava fiera di tanto generoso aiuto…vampirizzazioni..!
(http://www.modplas.com/humanitarian_1102
Ultime notizie sulla Dow Chemical
La multinazionale Dow Chemical fa causa alle sue vittime: questa
incredibile vicenda viene denunciata da Greenpeace e sta accadendo in
India. La Dow, che nel 2001 si è fusa con la Union Carbide, ha chiesto
10 mila dollari ai sopravvissuti della tragedia di Bhopal. Questi si
sarebbero resi colpevoli di aver interrotto il lavoro della Compagnia a
Bombay, avendo promosso una manifestazione di due ore davanti alla sua
sede.
Si tratta dell'ultimo tassello di una tragedia che da 18 anni colpisce
gli abitanti di Bhopal, dopo la catastrofe ambientale avvenuta nella
notte fra il 2 e il 3 dicembre del 1984, per l'esplosione della
industria della fabbrica di pesticidi, dovuta ai tagli sulle misure di
sicurezza: dopo la fuoriuscita di 40 mila tonnellate di gas letali, tra
cui isocianato di metile e acido cianidrico, il bilancio fu di 8 mila
morti nei primi tre giorni, con mezzo milione di persone seriamente
intossicate.
Nel corso degli anni si calcola che siano deceduti almeno 20 mila
abitanti, e che ancora oggi ne muoia uno al giorno per le conseguenze
di quel disastro. Il numero immediato delle vittime fu altissimo, ma le
conseguenze della tragedia furono sicuramente peggiori.
A tutt'oggi l'area del disastro non è stata bonificata e l'impianto è
rimasto nelle condizioni di 18 anni fa, con i prodotto letali ancora
stoccati in bidoni che fanno fuoriuscire il loro contenuto tossico. Di
conseguenza vengono inquinate le falde acquifere e i campi coltivati:
altissimo è ancora adesso il numero di tumori, aborti, e malformazioni
neonatali.
Per indennizzare le vittime è stato stipulato un accordo vergognoso fra
il governo Indiano e la Compagnia, su una base di 473 milioni di
dollari, pari ad una media di 400 dollari per persona deceduta. Si
tratta di briciole, considerando il fatturato annuo pari a 26 miliardi
di dollari.
della Dow Chemical, che ha acquisito la Union Carbide con tutte le sue
attività e benefici, ma che deve accollarsi anche le passività e le
responsabilità del disastro.
Chiaramente gli abitanti di Bhopal si sono dichiarati insoddisfatti.
Pertanto il 2 dicembre scorso, nell'anniversario della catastrofe,
alcune centinaia di donne hanno sfilato sotto la sede della Dow
Chemical, a Bombay, chiedendo alla multinazionale americana di non
ignorare le sue responsabilità.
Le donne hanno consegnato campioni di terra e acqua inquinata,
prelevati dai dintorni della fabbrica dismessa e abbandonata; le donne
avevano in mano le Jhadoo, le scope tradizionali simbolo del potere
femminile, che volevano ricordare alla Dow la necessità di una bonifica
del territorio.
Tra le altre richieste, indennizzi più elevati, ma soprattutto
l'estradizione dagli Stati Uniti di quel Warren Anderson, a quel tempo
amministratore delegato della Union Carbide tuttora ricercato
dall'Interpol.
Le donne venivano ricevute da un funzionario della Dow, che le
rassicurava di far presenti le loro rivendicazioni alle "alte sfere"
della multinazionale. La risposta di queste "alte sfere" è stata la
richiesta di 10 mila dollari di danni per "perdita di lavoro".
(2.5) http://www.panna.org
(3) http://www.corpwatchindia.org/issues/PRT.jsp?articleid=64
(3.5) http://www.zadig.it/
(4) http://www.corpwatchindia.org/action/PRTA.jsp?articleid=1143
(5)
http://www.eni.it/italiano/notizie/comunicati/comunicati01/cs_09_02.html
(6) http://contropiani2000.org/bsf/cs/kontroverso_glisolfato.htm%c3%b9
(7)
http://www.repubblica.it/online/cronaca/marghera/marghera/marghera.html
(8) http://www.greenpeace.it/bhopal/
=== 3 ===
http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/20041130175933176674.html
AMBIENTE:SERBIA; ISPEZIONI PANCEVO, CORAGGIOSI CERCANSI/ANSA
(di Beatrice Ottaviano) (ANSA) - BELGRADO, 30 NOV - Apparentemente e'
una cittadina come tante, con il vantaggio di ospitare fabbriche
funzionanti in un paese, la Serbia, dove la disoccupazione si avvicina
al 50% della forza lavoro. Ma Pancevo, una decina di chilometri a est
di Belgrado, e' un vero e proprio 'pozzo dei veleni' che detiene il
poco invidiabile record nazionale di decessi per cancro e leucemia. La
situazione e' talmente grave che da tre anni a questa parte non si
trova nessuno, nonostante offerte di stipendio allettanti, che voglia
prendere il posto di ispettore per l'ambiente. Pancevo ha cominciato a
monitorare solo recentemente, da un paio d'anni, la portata del
disastro, grazie a un programma di aiuti varato dal ministero italiano
per l'ambiente in collaborazione con le province di Venezia e di
Ravenna. I dati sono piu' che allarmanti: solo nell'ultimo fine
settimana i livelli atmosferici di benzene, toluolo e diossido di
carbonio (sostanze tutte altamente cancerogene) superavano di oltre 100
volte la soglia di rischio, senza voler tenere conto di altre sostanze
inquinanti come il diossido di zolfo. ''La casistica sanitaria e'
catastrofica - dice la dottoressa Sonja Dietrov, dell'ospedale locale -
a Belgrado, il centro oncologico ha addirittura battezzato col nome di
'Pancevac' un tipo di cancro ai polmoni. Solo oggi ho personalmente
diagnosticato dieci tumori. La nostra cittadina conta in tutto 140.000
abitanti''. Al primo posto, sottolinea il medico, e' il carcinoma
mammario, seguito dai tumori dell'apparato respiratorio e dalla
leucemia infantile: ''Qui si registra fra l'altro il numero piu' alto
di gravidanze problematiche del Paese'', sottolinea Dietrov. Ma se si
cercano dati precisi e statistiche ufficiali sui decessi, ci si scontra
con un impenetrabile muro di gomma. Il problema di Pancevo nasce da una
concentrazione particolarmente alta di industrie pertrolchimiche - la
cittadina ospita tra l'altro la piu' grande raffineria di petrolio
della Serbia - e di fertilizzanti. Le fabbriche, gia' obsolete, sono
state gravemente danneggiate dai bombardamenti della Nato contro la
Jugoslavia della primavera del 1999, e alcuni impianti sono stati
riattivati in fretta e furia con soluzioni a dir poco provvisorie.
''Sistemi di filtraggio non ce ne sono o non funzionano - dice all'Ansa
Shimon Banciov, uno dei pochi coraggiosi che effettuano i monitoraggi
nell'area - e d'altro canto sono troppo costosi, stando ai direttori
delle aziende''. A un primo sguardo, il centro non sembra
particolarmente inquinato, se si eccettua qualche pennacchio di fumo
dalle ciminiere ''Ma non e' quello che si vede a essere davvero
pericoloso - sottolinea Slavica Jovanovic, giornalista di radio Pancevo
- le sostanze piu' letali sono invisibili e inodori. E le autorita'
locali mentono su tutta la linea. Figurarsi che i dati ufficiali
mettono al primo posto tra i fattori di inquinamento il traffico: ma
Pancevo non e' una metropoli''. ''Questo fine settimana e' stato
particolarmente disastroso - prosegue Jovanovic - e gli enti per la
salute pubblica hanno sfoggiato la consueta ipocrisia: hanno
consigliato ai cittadini di rimanere chiusi in casa con le finestre
sbarrate. La miglior cosa da fare forse era una evacuazione di massa''.
Tra le iniziative rese possibili dall'aiuto italiano, c'e' il
monitoraggio di quello che i cittadini di Pancevo considerano il cuore
del pozzo dei veleni, Vojlovica, un quartiere a sud all'incrocio fra
tre grandi complessi chimici e petrolchimici. ''Quella zona e' anche la
piu' coltivata dagli agricoltori locali - prosegue Jovanovic - per cui
i prodotti che troviamo al mercato contengono tutti la loro brava dose
di sostanze cancerogene. I contadini hanno imparato a mentire quando si
chiede loro dove abbiano i campi''. A Vojlovica, annuncia Banciov,
verra' piazzata una nuova unita' di misurazione appena arrivata
dall'Italia: ''Ho quasi paura all'idea di leggere i dati che ne
verranno fuori. Vorrei raccontarvi quello che potrebbe sembrare un
aneddoto: dato che non abbiamo nostri esperti, abbiamo mandato i dati
di un campione dell'aria di Pancevo a Chicago. Il dottor Martin Eugin,
che ha ricevuto le cifre, ci ha chiesto per tre volte conferma. Ci ha
detto che se le quantita' sono queste, e nessuna immediata misura
verra' presa, siamo di fronte a un reato penale, quello di strage''.
(ANSA). OT 30/11/2004 17:59
VEDI ANCHE:
Pancevo: Come si vive in una città in cui i cittadini possono solo
sognare l’aria pulita / Dieci diagnosi di cancro solo in un giorno a
Pancevo
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3973
----
SEE THE ORIGINAL TEXT AT:
http://globalresearch.ca/articles/CHO404B.html
La NATO ha volutamente causato una catastrofe ambientale in Jugoslavia
di Michael Chossudovsky
Con questa sua relazione, pubblicata per la prima volta nel 2000,
Michael Chossudovsky ha fornito un documento definitivo e la prova
fotografica che, contrariamente a quanto dichiarato da vari osservatori
internazionali, la catastrofe ambientale del petrolchimico di Pancevo
non fu un "danno collaterale" (ovvero un incidente di guerra),
tantomeno un caso di negligenza criminale (intesa come il risultato di
un’indifferenza criminale per le conseguenze).
La prova è schiacciante. La NATO fece saltare in aria, intenzionalmente
e meticolosamente, container di sostanze chimiche tossiche con
l’obiettivo di creare un inferno ecologico.
All’inizio della guerra, la NATO aveva dato rassicurazioni all’opinione
pubblica mondiale riguardo alla “precisione nel colpire gli obiettivi”
e all’uso di armi sofisticate, allo scopo di evitare “danni
collaterali”, rischi ambientali inclusi:
“Facciamo tutto il possibile per evitare inutili danni collaterali.
Abbiamo preso la cosa molto sul serio, lavorato sodo, investito molto
tempo per pianificare le missioni.” (1)
Nel complesso petrolchimico di Pancevo, alla periferia di Belgrado,
invece, è successo proprio il contrario. La sorveglianza aerea e
l’utilizzo di immagini termiche satellitari non sono state utilizzate
soltanto per bloccare l’industria petrolchimica jugoslava, ma anche,
appositamente, per generare un disastro ambientale.
I raid aerei sul complesso di Pancevo iniziarono il 4 aprile 1999 e
continuarono inesorabilmente fino al 7 giugno. Del complesso di Pancevo
faveva parte anche una raffineria petrolifera (costruita con supporto
tecnico della Texaco) e un impianto per produrre un fertilizzante
agricolo chimico. L’impianto petrolchimico venne completamente
bombardato (41 bombe e 7 attacchi missilistici). Le aree bombardate si
trovavano a meno di 200 metri da abitazioni civili.
All’inizio del conflitto, gli operai dell’impianto furono coinvolti
nella rimozione dei materiali tossici, svuotando molti grandi serbatoi
e container di sostanze chimiche, soprattutto proprio al fine di
evitare i rischi di “danni collaterali”. Poco a poco capirono che la
Nato li stava osservando attraverso i sistemi di sorveglianza aerea e
da satellite. Le immagini termiche permisero agli strateghi militari
della NATO di sapere quali container erano stati svuotati e quali
rimasti pieni.
Tutti i manufatti nell’impianto di Pancevo, compresi i container pieni
di sostanze chimiche, emettono raggi infrarossi. I misuratori termici
possono captare, da una spia satellitare o da un aereo, i raggi
infrarossi emessi da qualsiasi oggetto collocato situato all’interno
dell’impianto petrolchimico e trasformare le letture in un video ad
alta risoluzione o in una foto.
I misuratori termici possono captare differenze di temperatura di 0,1
gradi, consentendo agli strateghi della NATO di “classificare” e
distinguere facilmente i container pieni da quelli vuoti. Gli aerei da
guerra NATO possedevano diversi sistemi avanzati come sensori
infrarossi e elettro–ottici. Le immagini satellitari termiche furono
trasmesse dal Centro aereo di operazioni combinate (CAOC) di Vicenza,
Italia, dove furono decisi gli attacchi dei bombardieri. Vennero anche
utilizzati altri sistemi di sorveglianza avanzata compresi i piccoli
aerei senza pilota (UAV), e aerei spia d’alta quota U2.
Secondo quanto riferito da un portavoce del Pentagono, l’U2 “scatta la
foto da un’ altitudine molto elevata, la rinvia in America dove viene
analizzata”. Da là “le coordinate esatte dell’obiettivo” vengono
passate al CAOC di Vicenza che poi le “trasmette ai piloti". (2)
Gli strateghi NATO possedevano inoltre informazioni dettagliate sulla
disposizione dell’impianto, pensato e realizzato da una multinazionale
edile americana, la Foster Wheeler (un’impresa specializzata nella
costruzione di impianti petrolchimici). La NATO sapeva benissimo dove
stavano le cose. Con crudele ironia, un investimento statunitense in
Jugoslavia (finanziato con denaro prestato dalla World Bank) è stato
bombardato dallo zio Sam. I piloti in cabina sapevano di distruggere un
impianto “made in America”?
Molti container erano stati svuotati. Usando i rilevatori termici la
NATO era in grado di identificare quali serbatoi erano ancora pieni di
sostanze chimiche tossiche. Tra questi liquidi nocivi c’erano serbatoi
di etilene-dicloride (EDC), etilene, cloro, cloro-idrogeno, propilene,
e cloruro di vinile monomero (VCM). Come ben dimostrato dagli
ambientalisti, il cloruro di vinile monomero (CVM) usato per produrre
materie plastiche (es. resina PVC) è una pericolosa sostanza inquinante
e cancerogena. Può anche provocare danni al cervello e al fegato, oltre
che ai feti con gravi deficienze alla nascita.
Se l’unico intento della NATO fosse stato quello di chiudere
l’impianto, senza rischi ambientali “collaterali”, essa avrebbe potuto
farlo bombardando le attrezzature e i macchinari. Perché colpire con
tanta precisione anche i serbatoi con i liquidi tossici?
Le "bombe intelligenti” non erano stupide: andavano dove gli era stato
comandato. La NATO ha selezionato scrupolosamente i container, le
cisterne e i serbatoi cha contenevano ancora sostanze tossiche. Secondo
il direttore dell’impianto petrolchimico, la NATO non ha colpito
nemmeno un solo container vuoto: “Non è stato un caso, ha scelto di
colpire quelli pieni e le sostanze chimiche si sono riversate nel
canale che sfocia nel Danubio”. Inoltre, secondo il direttore
dell’impianto, le fuoriuscite di etilene–dicloride (EDC) hanno
contaminato 10 ettari di terreno nelle vicinanze dell’impianto (3)
Quando le bombe intelligenti colpirono i loro venefici obiettivi a
Pancevo, liquidi e vapori tossici si diffusero nell’aria, nell’acqua e
nel terreno. I container furono fatti esplodere o perforati
intenzionalmente. Nel complesso petrolchimico il terreno è ancora
imbevuto di etilene-dicloride tossico.
Secondo una relazione del Centro Ambientale Regionale per l’Europa
Centrale e Orientale (REC):
“Nel Danubio sono state riversate più di mille tonnellate di
etilene-dicloride provenienti dal complesso petrolchimico di Pancevo
(attraverso il canale che collega l’impianto al fiume). Più di mille
tonnellate di natrium idrossido fuoriuscirono dal complesso
petrolchimico di Pancevo . Circa 1.000 tonnellate di idrogeno-cloro
confluirono nel Danubio”. (4)
Otto tonnellate di mercurio si riversarono nel terreno. Anche
l’impianto per il trattamento delle acque venne bombardato,
contribuendo così ad aggravare l’impatto ecologico. (5)
Gli strateghi militari NATO sapevano con precisione cosa stavano
facendo e quali ne sarebbero state le conseguenze. Il 4 aprile, nella
raffineria vicina, due missili NATO colpirono le stanze di controllo
uccidendo tre membri dello staff. L’impianto si incendiò riducendosi a
un ammasso di macerie tossiche. Lo scopo era provocare un disastro
ambientale. La NATO si aspettava che, bombardando senza pietà Pancevo e
atre zone abitate da civili, il risultato sarebbe stato di intimidire
Belgrado forzandola ad accettare l’Accordo di Rambouillet, compresa la
famigerata Military Appendix [l'"Allegato B" del testo proposto dalla
delegazione statunitense] che, essenzialmente, garantiva alla NATO il
diritto di occupare tutta la Jugoslavia.
A seguito dei bombardamenti, i Verdi tedeschi e gli esperti del
Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), oltre ad altri gruppi,
visitarono l’impianto di Pancevo. La relazione dell'UNEP tralascia gli
effetti ambientali causati dai bombardamenti, mentre sottolinea, nelle
sue conclusioni principali, che Pancevo e altri impianti petrolchimici
del paese erano già a rischio ecologico, ancor prima dei bombardamenti,
a causa del basso livello degli standard ambientali. (6)
La relazione UNEP usa attentamente le parole per fungere da copertura.
Copre la NATO, minimizza la serietà della catastrofe ambientale, mentre
biasima (senza fornire prove) le autorità jugoslave. Il sostegno tacito
dell'UNEP alla legittimità dell’alleanza militare occidentale arriva a
fargli formulare risultati che contraddicono quelli di altri studi
scientifici, compresi quelli del Regional Environment Center per
l’Europa Centro-orientale (REC), realizzati per la Commissione Europea.
(4).
La complicità dell'UNEP, un’agenzia specializzata dell’ONU che ancora
si ritiene mantenga un minimo di integrità, è un ennesimo sintomo del
deterioramento del sistema delle Nazioni Unite che sta svolgendo un
fondamentale ruolo nel fornire copertura ai crimini di guerra della
NATO.
[ FOTO: 1. Una "bomba intelligente" ha colpito questo container con
precisione assoluta 2. Il container sulla destra e' stato bersagliato
dalla NATO perche' era pieno di VCM, altamente cancerogeno. (Vedi alla
URL:
http://globalresearch.ca/articles/CHO404B.html) ]
Note
(1) Dichiarazione del Generale Chrles Wald del Pentagono, Dipartimento
Difesa, Conferenza Stampa, Washington, 12 Aprile 1999.
(2) Dipartimento Difesa, Conferenza Stampa, Washington, 14 maggio 1999.
(3) Intervista realizzata dall’autore a Pancevo, Marzo 2000
(4) Si veda la relazione del REC intitolata “Valutazione dell’impatto
ambientale delle attività militari durante il conflitto in Jugoslavia”:
http://www.rec.org/REC/Announcements/yugo/background.html
(5) Intervista realizzata dall’autore a Pancevo, Marzo 2000
(6) Relazione UNEP dal titolo “Conflitto in Kosovo: Conseguenze per
l’ambiente e la popolazione”, realizzata per la Commissione Europea:
www.grid.unep.ch/btf/final/index.htmlhttp://www.grid.unep.ch/btf/final/
index.htm
© Copyright M CHOSSUDOVSKY 2004
am kommenden Wochenende in Kassel (Deutschland)
### VERANSTALTUNG:
FUNKTION, VERLAUF UND PERSPEKTIVEN
DES UN-SONDERGERICHTS GEGEN MILOSEVIC
Sonntag, 5. December 2004
Uni Kassel, Gebäude des FB Elektrotechnik
Wilhelmshöher Allee 73
Beginn der Veranstaltung: 9.30 h
Programm:
Filmvorfuehrung " De Zaak Milosevic"
mit Erlaueterungen des Co-Autors Germinal Civikov
Weitere Redner:
Klaus Hartmann (Vizepraesident des ICDSM)
Cathrin Schuetz (Mitglied des Verteidigungsteams) ###
Für weitere Infos ü. dem Friedenspolitischen Ratschlag, siehe:
http://www.uni-kassel.de/fb10/frieden/rat/2004/programm.html
sowie unten:
---------- Forwarded message ----------
Date: Mon, 29 Nov 2004 07:58:49 +0100
From: "Dr. Peter Strutynski" <strutype @...>
Subject: Großer Friedensratschlag in Kassel
Presse-Information
Friedenspolitischer Ratschlag am kommenden Wochenende in Kassel
Sehr geehrte Damen und Herren,
am kommenden Wochenende (4./5. Dezember) findet zum 11. Mal der
"Friedenspolitische Ratschlag" an der Universität Kassel statt.
Der "Friedensratschlag" wurde 1994 aus der Taufe gehoben und wird
seitdem an jedem ersten Wochenende im Dezember durchgeführt.
Veranstalter ist die AG Friedensforschung an der Uni Kassel.
Der Friedensratschlag verstand sich nie als ausschließlich akademische
Veranstaltung, sondern bezog immer außeruniversitäre Akteure ein. So
gelang es, dass die Ratschläge sich zu einem Treffpunkt von
Friedenswissenschaft, Politik und Friedensbewegung entwickelten, der von
vielen als wichtigstes friedenspolitisches Diskussionsforum in
Deutschland und über Deutschlands Grenzen hinaus betrachtet wird.
Der diesjährige Friedensratschlag steht unter dem Motto:
"Frieden durch Krieg?
- Für ein soziales Europa, von dem nur Frieden ausgeht
- Für einen Nahen Osten ohne Krieg, Besatzung und Terror
- Für eine gerechte Weltwirtschaftsordnung statt neoliberaler
Globalisierung"
In zahlreichen Plenarvorträgen sowie in insgesamt 27 Foren und Workshops
werden die Koordinaten der gegenwärtigen Weltpolitik analysiert, Trends
ausgemacht und friedenspolitischen Alternativen diskutiert. Dabei stehen
drei Problemkreise im Zentrum der Debattten:
1. die Militarisierung der Europäischen Union, die u.a. in dem
vorliegenden Verfassungsentwurf zum Ausdruck kommt,
2. die Lage im Nahen Osten, die sowohl im israelisch-palästinensischen
Konflikt als auch im fortdauernden Irakkrieg neue Antworten jenseits von
Krieg, Besatzung und Terror erfordert,
3. die zunehmende Polarisierung in der Welt zwischen der Ersten und der
Dritten Welt und zwischen Arm und Reich innerhalb der Gesellschaften,
die durch das herrschende Paradigma des Neoliberalismus und des
politischen Hegemonialismus an den Rand des wirtschaftlichen, sozialen
und ökologischen Abgrunds getrieben wird.
Das genaue Programm entnehmen Sie bitte unserer Website:
http://www.uni-kassel.de/fb10/frieden/rat/2004/programm.html
*****
Parallel zum "Friedenspolitischen Ratschlag", zu dem wieder mehrere
Hundert Teilnehmer/innen aus ganz Deutschland sowie aus dem europäischen
Ausland erwartet werden, tagen am Freitag, 3. Dezember, der
"Bundesausschuss Friedensratschlag" und am Montag, 6. Dezember, ein
Netzwerk aus Friedensorganisationen verschiedener europäischer Länder.
In beiden Netzwerktreffen sollen gemeinsame Aktivitäten der
Friedensbewegung und anderer sozialer Bewegungen zur Verhinderung der
vorliegenden EU-Verfassung vereinbart werden.
Zu Interviews oder sonstigen Anfragen bezüglich des Bundesausschusses
Friedensratschlag stehen Ihnen folgende Personen zur Verfügung:
Lühr Henken, Hamburg, Tel. 040/222629
Dr. Lothar Liebsch, Gießen, 0641/22966
Dr. Bärbel Schindler-Saefkow, Berlin, Tel. 030/4265290
Willi van Ooyen, Frankfurt a.M., 0170-1851517
Anne Rieger, Waiblingen/Stuttgart, 0711/536318
Dr. Peter Strutynski, Kassel, 0561/804-2314
*****
Pressetermine:
Natürlich würden wir uns freuen, wenn Medienvertreter/innen selbst an
den diversen Veranstaltungen des "Ratschlags" teilnehmen würden.
Pressemappen werden Ihnen beim Tagungsbüro ausgehändigt.
Daneben bieten wir Ihnen folgende Pressetermine an:
Samstagnachmittag, 4. Dezember, um 15 Uhr. Ort: Foyer des
Tagungsgebäudes. Hier haben Sie u.a. die Gelegenheit, mit den
Referentinnen und Referenten der ersten Planarveranstaltung zu
sprechen:
Daniela Dahn, Berlin
Prof. Dr. Frank Deppe, Marburg
Horst Schmitthenner, IG Metall
Sonntagvormittag, 5. Dezember, 10.45 Uhr. Ort: Foyer des
Tagungsgebäudes. Hier stehen Ihnen folgende Plenarredner und
Podiumsteilnehmer/innen zur Verfügung:
Peter Gingold (VVN-BdA, Teilnehmer der französischen Résistance gegen
den Nationalsozialismus),
Prof. Dr. Elmar Altvater (Berlin), der im Anschluss (11.30 Uhr) seinen
Planumsvortrag über "Menschliche Sicherheit" halten wird;
Dr. Angelika Claußen (IPPNW), Stephan Lindner (attac), Tobias Pflüger
(IMI e.V. und MdEP), Dr. Thomas Roithner (Österreichisches
Studienzentrum für Friedens- und Konfliktlösung, Wien-Stadtschlaining)
und Anne Rieger (Bundesausschuss Friedensratschlag).
Montag, 6. Dezember, 12 Uhr. Ort: Hörsaal 0315 (Wilhelmshöher Allee 73).
Mit Teilnehmer/innen von Friedensorganisationen aus anderen EU-Ländern.
*****
Sollten Sie im Vorfeld des Kongresses weitere Fragen an die
Organisatoren haben, so wenden Sie sich bitte an den Unterzeichner
dieser Pressmitteilung:
Dr. Peter Strutynski, Tel. 0561/804-2314
Handy-Nr. (nur vom 3. bis 6. Dezember): 0174-3775551
Ich hoffe Ihr Interesse für das friedenspolitische "Großereignis"
geweckt zu haben und verbleibe
mit freundlichen Grüßen
Peter Strutynski
(AG Friedensforschung an der Uni Kassel)
Kassel, den 28. November 2004
Besuchen Sie die Homepage der AG-Friedensforschung der Uni Kassel:
http://www.uni-kassel.de/fb10/frieden
La guerra si fa con la disinformazione e con la censura
1. I " reportage " dei mass-media USA, il loro stile, il contenuto...
(James Petras, Osservatorio Iraq)
2. L'ombrello di Chamberlain
(Antonio Tabucchi, L'Unità)
3. Italia: opporsi da subito alla militarizzazione dell'informazione
4. U.S. Psychological Operations: Military Uses Networks to Spread
Misinformation
(Democracy Now!)
ALTRI LINK / MORE LINKS:
GINO STRADA: FALLUJA, UNA STRAGE NAZISTA
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=1825
La battaglia di Israele a Falluja
...Israele ha giocato un ruolo importante nella battaglia per Falluja,
nonostante che gli Americani si siano preoccupati di nascondere questo
fatto. Ciò che è trapelato da parte di ufficiali, soldati e perfino
rabbini con la doppia cittadinanza che hanno preso parte alle
battaglie, alcuni dei quali sono stati uccisi dalla resistenza, è
solamente la punta dell'iceberg...
http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?langue=5§ion=&id=23284
PR Meets Psy-Ops in War on Terror
...The use of misleading information as a military tool sparks debate
in the Pentagon. Critics say the practice puts credibility at stake...
http://www.uruknet.info?p=7729 or
http://www.commondreams.org/headlines04/1201-01.htm
At Least 200,000 Fled Falluja, No Early Return Seen
...Figures compiled by the International Organization for Migration
show that 210,600 people, or more than 35,000 families, took refuge in
towns and villages around Falluja in the build up to the U.S. assault,
launched on Nov. 8...
http://www.uruknet.info?p=7758
http://www.reuters.com/newsArticle.jhtml?type=worldNews&storyID=6977981
--- 1 ---
I " reportage " dei mass-media USA, il loro stile, il contenuto...
James Petras, Osservatorio Iraq
Una delle tecniche è il " rovesciamento dei ruoli " che attribuisce i
crimini delle truppe d'invasione alle vittime: non sono i soldati che
causano la distruzione delle città e gli omicidi, ma le famiglie
irachene che " proteggono i terroristi " e " attirano su loro i
bombardamenti selvaggi”.
Sto leggendo il Giornale di Berlino di William Shirer, resoconto di un
giornalista sulla propaganda politica nazista durante gli anni 30, e
allo stesso tempo osservo i "reportage" USA per quanto riguarda
l'aggressione violenta contro Fallujah. I "reportage" dei mass-media
USA, il loro stile, il contenuto e particolarmente la lingua fanno eco
al loro predecessore di 70 anni fa con un grado mai raggiunto.
Coincidenze? Ovviamente! Nei due casi abbiamo eserciti imperialisti che
invadono paesi, che radono al suolo città, che massacrano civili - ed i
mass- media, privati nella forma, appendici statali nei fatti,
diffondono le menzogne più oltraggiose, per la difesa e
l'incoraggiamento della conquista condotta dagli " storm troopers " si
chiamino SS o marines. Allora nella Germania nazista e adesso negli
Stati Uniti i mass media ci dicono che gli eserciti d'invasione
"liberano il paese" da "combattenti stranieri", da "terroristi armati"
che impediscono al "popolo" di condurre la sua vita quotidiana. Ma
sappiamo che fra i 1000 prigionieri ci sono soltanto 4 stranieri (3
iraniani ed un Arabo); gli ospedali iracheni riportano che c'è meno del
10% di combattenti stranieri. In altri termini più del 90% dei
combattenti sono iracheni - la maggior parte di loro è nata, è stata
istruita ed ha educato la sua famiglia nelle città nelle quali
combattono. Come i mass media nazisti, le reti di radio e TV USA
riportano soltanto ciò che chiamano "perdite militari" dimenticando di
riportare i civili uccisi dall'inizio della guerra e le migliaia di
donne e bambini uccisi o feriti dall'inizio dell'attacco su Fallujah.
Ad immagine della Germania nazista, i mass-mass media USA diffondono
comunicati degli apparati militari USA non confermati riguardanti
omicidi sanguinosi, decapitazioni ed liminazioni "da parte dei
terroristi stranieri". Il sostegno incondizionato dei mass-media
nazisti/USA verso il campo di massacro è ben rappresentato nei loro
comunicati riguardanti i bombardamenti di massa su zone urbane
densamente popolate. Per la rete NBC, l'emissione di bombe di 500
libbre sulla città di Fallujah è descritta come colpire una "rete di
tunnel sotterranei degli insorti nella città". E le case, i mercati, i
negozi - le donne ed i bambini sopra questi tunnel - vaporizzati. La
loro esistenza non è mai riconosciuta dai reporters ed i media. La
quasi totalità della popolazione dell’Iraq non curdo è contraria
all'esercito USA ed al regime marionetta - ma i mass media chiamano i
patrioti che difendono il loro paese dagli invasori imperialisti
"insorti" riducendo al minimo il significato di un movimento di
liberazione su scala nazionale. Uno degli eufemismi più surrealista è
il riferimento costante alle "forze della coalizione" cioè ai
conquistatori coloniali USA ed i loro mercenari e briganti che dirigono
e controllano. I bombardamenti terroristici delle case, degli ospedali
e degli edifici religiosi con centinaia di aerei e di elicotteri sono
descritti dai mass media come "rassicurare la città per elezioni
libere”. "Liberare la città degli insorti" include il massacro
sistematico di amici, vicini e parenti di ogni iracheno vivo nella
città di Fallujah. "Circondare gli insorti" significa interrompere
acqua, elettricità, aiuto medico per 200.000 civili nella città e
mettere decine di migliaia di profughi sotto la minaccia d'epidemia di
tifo. "Pacificare la città" implica trasformarla in una desolazione di
rovine avvelenate e radioattive. Perché Washington ed i mass-mass media
utilizzano menzogne sistematiche, eufemismi grezzi? Principalmente per
rafforzare il sostegno a se stessi per l'omicidio di massa in Iraq. I
mass-mass media fabbricano una rete di menzogne per circondare questi
metodi totalitari di una aura di legittimità affinché le forze armate
continuino a distruggere le città in totale impunità. La tecnica
perfezionata da parte di Goebbels in Germania e praticata negli Stati
Uniti è di ripetere le menzogne e gli eufemismi fino a farne "verità"
accettate ed inserite nella lingua quotidiana. I mass-mass media
creando una routine di lingua comune coinvolgono gli ascoltatori. Le
domande tattiche dei generali, i comandanti che dirigono il massacro
(pacificazione) ed i soldati che assassinano i civili sono spiegate (e
digerite da milioni che ascoltano ed osservano) dalle autorità ai
giornalisti complici ed alle famose icone mediatiche. L'unità di
intenti tra gli agenti dell'omicidio di massa ed il pubblico USA
quotidiano è stabilita tramite i "comunicati stampa" : I soldati "
iscrivono i nomi" delle loro mogli e dei loro cari sui serbatoi e
veicoli armati che distruggono le famiglie irachene e trasformano
Fallujah in rovine. Soldati di ritorno dall’Iraq sono "intervistati" e
dicono che vogliono tornare per "essere con la loro unità" e "liquidare
i terroristi". Non tutte le forze di combattimento USA hanno
sperimentato le gioie di uccidere civili. Gli studi medici riportano
che un soldato su cinque di ritorno soffre per gravi traumi
psicologici, certamente possibili, per essere testimone o partecipante
all'omicidio di massa di civili. La famiglia di uno dei soldati di
ritorno, che si è recentemente suicidato, riportava che parlava
costantemente del suo omicidio di un bambino senza difesa nelle stradee
irachene - definendosi lui stesso uno “omicida”. Eccetto queste
considerevoli eccezioni i mass media utilizzano molte tecniche di
propaganda che calmano la "coscienza" dei soldati e dei civili USA. Una
delle tecniche è il " rovesciamento dei ruoli " che attribuisce i
crimini delle truppe d'invasione alle vittime: non sono i soldati che
causano la distruzione delle città e gli omicidi, ma le famiglie
irachene che "proteggono i terroristi" e "attirano su loro i
bombardamenti selvaggi”. La seconda tecnica è di riportare soltanto le
perdite USA delle "bombe terroristiche" per omettere le migliaia di
civili uccisi dalle bombe e dall'artiglieria USA. Le propagande nazista
ed USA glorificano l’ "eroismo", il " successo" delle loro truppe di
elite (le SS e i marines) - nell'assassinio dei "terroristi” o
"insorti" - ogni civile morto è contato come " sospetto simpatizzante
con i terroristi. I soldati USA e tedeschi hanno dichiarato ogni
edificio civile come "deposito" o "rifugio" per "terroristi" - da cui
il disprezzo totale per tutte le convenzioni di Ginevra che
disciplinano la guerra. Le pratiche USA e nazista di "guerra totale"
con quale delle Comunità intere, zone e città complete sono colpevoli
di proteggere "terroristi ricercati" è ovviamente la procedura militare
operativa classica dello Stato israeliano. Gli Stati Uniti
pubblicizzano la punizione crudele ed inusitata dei "sospetti" iracheni
(qualsiasi maschio tra i 14 ed i 60 anni) che fanno prigionieri:
fotografie appaiono nel Time e Newsweek di giovani uomini a piedi nudi,
coperti da teli o sacchi , strappati dalle loro case loro e spinti in
autocarri per essere portati verso "centri di sfruttamenti" per
interrogatorio. Per molto del pubblico USA quest'immagini sono parte
della "success story" - si dice loro che sono i "terroristi" che
vogliono far esplodere le case americane. Per la maggioranza che ha
votato Bush, la propaganda mediatica di massa ha insegnato loro che la
distruzione di decine di migliaia di iracheni è nel loro interesse:
possono dormire calmi, tanto ‘ "nostri boys" li uccidono " laggiù
lontano. E tutta la propaganda ha fatto di tutto per negare la
coscienza nazionale irachena. Tutti i giorni in tutti modi il
riferimento è alle fedeltà religiose, alle identità etniche, alle
vecchie etichette politiche, ai clan tribali e familiari. Lo scopo è di
dividere per conquistare, e presentare al mondo un Iraq "caotico”; nel
quale la sola forza coerente e stabile è il regime
coloniale. Lo scopo di queste aggressioni selvagge coloniali e di
questa etichettatura politica è di distruggere l'idea di nazione
irachena e sostituire al suo posto una serie di mini-entità governate
da briganti imperiali agli ordini di Washington.
Domenica 14 novembre, mattina: Oggi Fallujah è violentata e rasa al
suolo, catturata. Prigionieri feriti sono uccisi nelle moschee. A New
York i megacentri commerciali sono pieni di consumatori. Domenica
pomeriggio: i marines impediscono ai prodotti alimentari, l'acqua e le
medicine di entrare a Fallujah. Negli Stati Uniti di milioni di uomini
si siedono dinanzi alla loro televisione per osservare l'incontro di
calcio. Shirer ricordava che mentre i nazisti invadevano e devastavano
il Belgio e bombardavano Rotterdam, a Berlino i caffè erano pieni,
l’orchestra suonava e la gente portava a spasso i propri cani nei
parchi nelle domeniche pomeriggio piene di sole.
Notte di domenica 14 novembre 2004, accendo la televisione sul
programma " 60 minuti " ed osservo un replica della " intervista " di
Mike Wallace con Yasser Arafat. Come tutte le stars dei mass-media USA
ignora l'invasione israeliana del Libano e l'omicidio di migliaia di
palestinesi da parte di Sharon, l'occupazione militare della Palestina
e la distruzione di Jenin e di Gaza. Wallace accusa Arafat di essere un
bugiardo, un terrorista, di essere corrotto e deviato. 30 milioni di
focolari americani osservano questo spettacolo ignobile di un
apologista Sionista autocompiaciuto che brandisce gli "ideali
occidentali" che sono così tanto utili per radere al suolo città,
bombardare ospedali e sterminare una nazione. Sì, ci sono differenze
tra il resoconto di Shirer sulla propaganda nazista che difendeva la
conquista dell'Europa e le scuse mediatiche per l'invasione dell’Iraq e
per il massacro dei palestinesi da parte di Israele: il primo è
commesso in nome del Fuhrer e della madre patria, gli altri in nome di
Dio e della democrazia. Ditelo ai cadaveri divorati dai cani nelle
rovine di Fallujah.
www.counterpunch.org/petras11192004.html
tradotto da http://www.stopusa.be/newsletters/journal.php?Id=1674#1695
James Petras è professore di Sociologia all'Università di
Binghamton, New York. E' autore di 57 libri.
Traduzione italiana: Osservatorio Iraq
Articolo originale: http://www.uruknet.info/?p=7391
:: L'indirizzo di questa pagina è : www.uruknet.info?p=7715
:: L'indirizzo originale di quest'articolo è :
www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=319
--- 2 ---
L'ombrello di Chamberlain
Antonio Tabucchi, L'Unità
1 dicembre 2004
Antonio Tabucchi ha ricevuto ieri a Madrid il premio «Francisco
Cerecedo» per la sua opera di scrittore ma anche per gli articoli su El
Paìs, l’Unità e il Manifesto. Questo è il testo del discorso tenuto
durante la cerimonia
La libertà di parola è direttamente proporzionale alla democrazia.
Tipico di ogni totalitarismo è il controllo dell’informazione e la
sottomissione della parola libera. Lo sanno bene due Paesi come
l’Italia e la Spagna che hanno vissuto due lunghissimi periodi di
dittatura. Oggi la nostra Europa è una vasta comunione di Paesi nei
quali la parola libera, l’informazione libera, sono l’essenza stessa
dei valori democratici sui quali la Carta dell’Europa si basa. Con la
clamorosa eccezione dell’Italia.
Si dirà che in Italia non sono in vigore leggi speciali sulla libertà
di opinione e che la libertà di informazione è assicurata. È vero, ma
solo formalmente. Perché, a differenza del passato, ai giorni nostri
non è più necessario sorvegliare e censurare l’informazione: basta
comprarla. È quanto è successo all’informazione italiana, che per oltre
l’ottanta per cento appartiene a una sola persona, l’uomo più ricco
d’Europa, un miliardario della cui fortuna non si conoscono le origini.
E la persona che possiede la quasi totalità dell’informazione italiana
non è un privato cittadino, una persona qualsiasi, ma il presidente del
Consiglio, il capo di un governo. Inoltre costui non è un’industriale
dell’automobile o il proprietario di una catena di fast-food: egli
realizza i suoi guadagni sull’informazione, perché non solo la
possiede, ma la produce. Ad aumentare questo antidemocratico conflitto
di interessi si aggiunge oggi il controllo ferreo che il capo del
governo esercita sulla Rai, la televisione pubblica. Controllo che gli
ha permesso azioni che sarebbero inconcepibili in altri paesi
democratici: uso personale del mezzo pubblico, licenziamenti di
giornalisti non graditi, chiusure arbitrarie di programmi, propaganda
scoperta, notiziari addomesticati, agiografie della propria figura.
`È di questi giorni la notizia di un altro grave attacco alla libertà
di stampa in Italia. Il senato ha reso attuale una legge in vigore
durante la seconda guerra mondiale secondo la quale ai giornalisti è
vietato dare notizie sulle operazioni o gli spostamenti delle truppe
italiane inviate all’estero. È una legge di guerra per un Paese che in
guerra non è, ma che ha tuttavia inviato in Iraq truppe per iniziativa
del ministro della Difesa, senza il beneplacito del Parlamento. Tale
invio è stato denominato «Missione di Pace». Ebbene, i giornalisti
italiani non potranno più rendere conto ai cittadini italiani di ciò
che fanno i militari italiani in Iraq. La pena prevista arriva ai venti
anni di prigione. Attenzione: questa vecchia-nuova legge prevede anche
il divieto di fare propaganda di pace, perché i “pacifisti”, durante la
seconda guerra mondiale, erano considerati “disfattisti”. Uno dei primi
articoli della costituzione italiana recita: «L’Italia è un Paese che
ripudia la guerra». Potrebbe accadere che d’ora in avanti sventolare la
bandiera della pace sia considerato in Italia un reato punibile con
l’arresto.
Il problema della limitazione e del controllo dell’informazione
libera, divorata e sostituita da una informazione di propaganda feroce
e servile, non può essere lasciato fra le mura di un Paese a cui
guardare magari con distrazione o con benevola commiserazione. Esso
riguarda tutta l’Europa, perché quella informazione di propaganda che
sta divorando l’informazione libera non è innocua, ma è un veicolo
ormai a cielo aperto delle ideologie buie che segnarono l’Italia nel
ventennio fascista e che costituiscono la negazione dei principi su cui
la nostra Europa si fonda. Nel 1938 Lord Chamberlain tornò da una
“visita” nella Germania nazional-socialista assicurando all’Europa che
non c’era niente da temere. Portava con sé un ombrello. Con il senno di
poi, con quello che la Storia ha vissuto, vorrei interpretare
metaforicamente quell’ombrello come le difese immunitarie della
democrazia di cui l’Europa libera di allora disponeva. Ma Chamberlain
non aprì il suo ombrello: lo usava come bastone da passeggio. Se
l’Europa, ancora una volta, non saprà aprire l’ombrello di Chamberlain,
presto o tardi una pioggia di scorie infradicerà la sua Carta e i suoi
principi diventeranno illeggibili.
La mia è una lucida preoccupazione, è mio dovere manifestarla e lo
faccio con piena consapevolezza. Ma è soprattutto un appello. Urgente e
necessario.
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:: L'indirizzo originale di quest'articolo è :
www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=IDEE&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=39435
--- 3 ---
http://www.reporterassociati.org/
index.php?option=news&task=viewarticle&sid=4675
Italia: opporsi da subito alla militarizzazione dell’informazione
Nell’ultima settimana si è aperto in Italia un dibattito sulla riforma
del Codice penale militare approvata già in prima lettura al Senato,
che mette di fatto a rischio carcere ogni “rivelazione” sulle missioni
di pace. Duro commento arriva da Mimmo Càndito, giornalista de La
Stampa che parla di “processo di militarizzazione della politica”.
Manette per le voci libere sulla guerra. Per effetto di queste
decisioni diventano operativi gli articoli 72/73 del Codice penale
militare sulla "illecita raccolta pubblicazione e diffusione di notizie
militari" che porteranno secondo Càndito a limitare totalmente il
libero esercizio dei giornalisti sottostando a alla discrezionalità di
un comandante militare. “ E' un atto gravissimo. E' come se ci venisse
messa addosso la divisa militare, esattamente come durante la I e la II
guerra mondiale” commenta Càndito secondo cui non si salverebbero
neanche i giornalisti embedded, in quanto tutto sarebbe affidato alla
discrezionalità di chi dice: "tu stai infrangendo una norma del codice
militare".
Si ritorna a Lord Cadrington, comandante militare nel 1854 nella guerra
di Crimea, che decise per la prima volta il principio della censura
militare sulle notizie, di fronte al fatto che il Times aveva inviato
sul posto William Russel, il primo corrispondente di guerra moderno che
aveva cominciato a raccontare le miserie di quel conflitto". Siamo
tornati 150 anni indietro.
Dal mondo dei pacifisti nonviolenti arriva una prima voce di
opposizione che sta continuando in questi mesi in varie forme, tra cui
il presidio permanente che da oltre 60 giorni vede tutte le sere
davanti a Palazzo Chigi alcuni attivisti del Gruppo di Azione
Nonviolenta di Roma. Da Enrico Peyretti, membro del Movimento
Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento,
arriva una lettera che richiama i politici a diventare veramente
responsabili della democrazia e i giornalisti responsabili a fare una
pubblica verità.
“Parlare liberamente della guerra, denudarne il crimine, è parlare per
le sue vittime. Nessuno mai può proibirlo. Nessuno mai può obbedire
alla legge della guerra. Noi violeremo questa legge, in nome delle
leggi non scritte dell'umanità, e voi ci dovrete difendere. Noi la
stiamo già violando in anticipo, con tutte le nostre forze e
possibilità” scrive Peyretti in una sua lettera spedita a vari politici
e giornalisti.
Per lo studioso canadese Michel Chossudovsky, l’esercito degli Stati
Uniti sta insabbiando i crimi di guerra in Iraq. Dopo la messa in onda
delle immagini che ritraevano un marine USA che ha colpito a morte a
bruciapelo un rivoltoso Iracheno ferito durante l’assedio di Falluja,
l’esercito americano afferma che la fucilazione è avvenuta come un caso
fortuito, e in seguito al fatto che “un marine della stessa unità era
stato ucciso proprio il giorno prima, quando si era diretto verso il
corpo morto di un rivoltoso, predisposto a trappola esplosiva.”
Secondo Chossudovsky aprire un’inchiesta su questo evento “singolo” di
un prigioniero di guerra ammazzato innocente fa parte di una campagna
di propaganda. Si indirizza l’opinione pubblica a credere che nessun
altro sia stato arbitrariamente colpito, che i Marines sono soggetti ad
un preciso codice di comportamento e che i prigionieri di guerra
vengono trattati umanamente secondo la Convenzione di Ginevra.
Una copertura per i crimini ordinati oggetto di documentazione pubblica
quali l’uccisione di più di 100.000 civili Iracheni dal momento
dell’invasione dell’Iraq nel marzo 2003, dati confermati da un
autorevole studio Britannico.
Il numero dei giornalisti arrestati e minacciati dal governo ad
interim, instaurato dagli Stati Uniti, è in costante aumento in Iraq.
Ai mezzi di informazione è stato impedito in modo particolare di
documentare i recenti e spaventosi fatti di sangue a Falluja. Tra le
"100 direttive" firmate dall' ex amministratore statunitense in Iraq,
Paul Bremer, troviamo la direttiva n.65, usata il 20 marzo scorso per
istituire una commissione sulle comunicazioni e sui mezzi di
informazione iracheni.
Grazie a tale direttiva, la commissione ha il potere di controllare i
mezzi di informazione ed ha il controllo totale sulla concessione di
licenze e sulla regolazione delle telecomunicazioni, delle
trasmissioni, dei servizi di informazione e su tutte le altre strutture
mediatiche. E rivolto ai vescovi italiani riuniti in questi giorni è
l’appello di sacerdoti, religiosi e laici da Genova a Napoli, da Padova
a Perugia.
Persone come padre Alex Zanotelli, don Albino Bizzotto, don Luigi
Ciotti, don Andrea Gallo, don Vinicio Albanesi, il teologo don Carlo
Molari, ma anche laici come il giornalista Renzo Giacomelli e
tantissima gente comune, credenti che rispetto al “tacere
impressionante” sull’orrore di Falluja sentono un “fremito di
coscienza” e vivono “la sofferenza della vergogna e dell’impotenza”.
La richiesta ai vescovi è quella di condannare “il peccato di chi
continua ad uccidere”, di sconfessare “con una dichiarazione comune la
guerra con le sue violenze, menzogne e crudeltà” e perché ritirino i
cappellani militari presenti in Iraq.
Alla Conferenza Episcopale Italiana viene chiesto “un segno semplice,
eloquente, comprensibile dalle folle di poveri, sfiniti dalla violenza
indiscriminata: ritirate i cappellani militari, che in questo momento
sono assieme ai soldati italiani di fatto parte della coalizione
responsabile di quanto sta avvenendo”.
Reporter Associati
Media Watch
Mega Chip
Uruknet
Beati i Costruttori di Pace
Unimondo
Peacelink
Sos-informazione
--- 4 ---
U.S. Psychological Operations: Military Uses Networks to Spread
Misinformation
Democracy Now!
Thursday, December 2nd, 2004
The U.S. military is reportedly distributing misinformation to the
media as part of a campaign of psychological operations. The Los
Angeles Times ( http://www.uruknet.info/?p=7729 ) uncovered how the
military sent spokespersons to major news networks to deliberately lie
about military operations in Iraq in an effort to deceive the Iraqi
resistance. We speak with retired Air Force Colonel Sam Gardiner* .
The U.S. military is reportedly distributing misinformation to the
media as part of a campaign of psychological operations. This according
to a report in the Los Angeles Times. The paper has uncovered incidents
where the military has sent spokespersons to major news networks to
deliberately lie about military operations in Iraq in an effort to
deceive the Iraqi resistance.
In one case, on Oct. 14, a Marine spokesperson appeared on CNN from
Fallujah and said "Troops crossed the line of departure." CNN was soon
reporting the battle for Fallujah had begun. In fact it wouldn't begin
for another three weeks.
A senior Pentagon official told CNN that Gilbert's remarks were
"technically true but misleading." It was an attempt to get CNN "to
report something not true," the official said. The military claimed it
wanted to see how Iraqi fighters responded to the so-called news report.
Several top officials told the LA Times that they see a danger of
blurring what are supposed to be well-defined lines between the stated
mission of military public affairs and psychological and information
operations. One senior defense official told the paper "The movement of
information has gone from the public affairs world to the psychological
operations world. What's at stake is the credibility of people in
uniform."
* Col. Sam Gardiner, retired Air Force Colonel. He has taught strategy
and military operations at the National War College, AirWar College and
Naval War College.
To purchase an audio or video copy of this entire program, click here:
https://store.democracynow.org/?pid=10&show=2004-12-02 for our new
online ordering or call 1 (800) 881-2359.
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:: The original address of this article is :
www.democracynow.org/article.pl?sid=04/12/02/1513248
[ Lo stragista Ramush Haradinaj e' stato designato alla surreale carica
di "primo ministro del Kosovo" con il beneplacito dell'Occidente...
Sulla rete criminale da lui controllata vedi anche:
Inchiesta: i boss della narco-mafia in BiH
... Naser Keljmendi è uno stretto amico e collaboratore di Ramus
Haradinaj, generale dell'UCK, recentemente ascoltato dagli
investigatori dell'Aia. Secondo i dati della KFOR, il clan cui fa capo
Haradinaj sul territorio di Metohija, al quale appartiene anche Naser
Keljmendi, controlla gli affari di droga, armi e traffico di persone...
Secondo i dati del sottosuolo sarajevese, Naser Keljmendi, il
proprietario dell'albergo Casa Grande, è scappato dal Kosovo dopo il
conflitto armato, perché non voleva più pagare il racket a Ramus
Haradinaj, con il quale è giunto ad uno scontro aperto...
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3659/1/51/ ]
> http://www.serbianna.com/press/007.shtml
Who is Ramush Haradinaj?
Serbian original at Apis Group, Belgrade
Ramush Haradinaj, born on July 3, 1968 in the village of Glodjane,
municipality of Decani, is not only a criminal but a terrorist and
perpetrator of war crimes!
Terrorism and crimes of Ramush Haradinaj
Namely, in 1996, under the watchful eye of Albanian officers, Haradinaj
completed terrorist training and upon completion took part in the
opening of logistical bases for terrorists in the cities of Kuks and
Tropoi in Albania. From these bases he and a group of trustworthy
associates continuously injected weapons into Kosovo and Metohija.
In mid-1997 he illegally entered the country [the Federal Republic of
[Yugoslavia] and together with his brothers, Daut and Skeljzen,
organized terrorist attacks on police departments in the villages of
Rznic, municipality of Decani, and Ponosevac, municipality of
Djakovica, as well as against refugee camps in Junik and Babalac. In
the beginning of 1998 he formed a terrorist group in Glodjane which
according to his orders conducted ambushes and harrassment of Serbs and
Albanians loyal to the Republic of Serbia. In March 1998 this group
carried out an attack on a police patrol in the village of Glodjane and
on that occasion killed policeman Miodrag Otovic.
In April of the same year Haradinaj established the Metohija
headquarters of the terrorist Kosovo Liberation Army and a special unit
called the Black Eagles, promoting Idriz Balaj aka Toger as its
commander. Under the leadership of Ramush Haradinaj, the Black Eagles
kidnapped and brutally murdered approximately forty Serbian civilians,
including Slobodan Radojevic, Milos and Milica Radunovic, Darinka
Kovac, Novica Vujsic, Zdravko Radunovic. Some of the bodies were
recovered from Lake Radonjic (Radonjicko Jezero) and from water wells
in the villages of the muncipality of Decani.
Crimes against compatriots
Terrorists under the command of Ramush Haradinaj did not kill only
Serbs but also Albanians. Thus the aforementioned commander of the
Black Eagles Idriz Balaj Toger killed Agim Ibrahimi, a taxi driver from
Djakovica, at the end of 1998. At the end of 1999 the Black Eagles of
Ramush Haradinaj abducted Vesel Mursij and four other ethnic Albanians
who were thereafter kept imprisoned in the Dukadjini building in Pec.
Vesel Murisi managed to escape and the other four men were killed.
Their bodies were thrown into the Beli Drim River. Dzafer Djuka, a
political official from Pec, was among the victims.
That the terrorists under Ramush Haradinaj's command killed and abused
Albanian civilians, too, was proven in a trial conducted against Ramush
Haradinaj's brother, Daut, who has already been sentenced by the UNMIK
judiciary for crimes committed against Albanians in June 1999 and is
currently serving a prison term. Since we know that Daut was the deputy
of his brother Ramush in the Metohija headquarters of the terrorist
KLA, if we follow the principle of command responsibility the line
leads directly to Ramush Haradinaj. Unfortunately, the principle of
command responsibility has not been respected in this instance, i.e.
the international community has once again implemented its double
standards, leaving Ramush Haradinaj untouched by justice.
[PHOTO: German general Claus Reinhardt (KFOR commander Oct 1999-Apr
2000) and Ramush Haradinaj shaking hands in Prishtina. According to
Dnevnik they have close cooperation.]
Organizer of ethnic cleansing
Ramush Haradinaj is the organizer of ethnic cleansing of Serbs and
other non-Albanians from the areas of Pec, Decani and Djakovica. The
main perpetrators of these activities were members of the Black Eagles
under the commander of Toger. For example, in order to intimidate the
Serbs and destroy signs of Serb life and history on the territory of
Metohija, the Black Eagles torched the Serbian Orthodox church in the
village of Donji Ratis.
Ramush Haradinaj organized the murder of Zahir Zemaj
Haradinaj described his terrorist activities in an autobiographical
book in which he of course hides the killing of Serbian civilians and
his compatriots. He has gone so far as to organize, in June 2003, the
murder of Tahir Zemaj who testified regarding his crimes before
investigators of the Hague tribunal. The murder of Tahir Zemaj on
January 4, 2004 on Ramush Haradinaj's orders was carried out by the
Elsani brothers - Agim, Avni, Cerim, Adem and Ahmet - together with
Sali Lajic and Florim Ejupi aka Mazul and Luli.
However, evidence against Haradinaj for his crimes did not disappear
with the murder of Zemaj. It is in the possession of the Republic of
Serbia, which is currently conducting a case against Haradinaj before
the district court in Pristina, presently located in Nis, for terrorist
activities, murder, ethnic cleansing and genocide. Evidence has also
been provided to the Hague tribunal which has so far failed to issue an
indictment against this proven criminal.
Organization and financing of terrorist activities in south central
Serbia and the Republic of Macedonia
Haradinaj continued to conduct terrorist activities even after the
arrival of itnernational forces in Kosovo and Metohija and is deeply
involved in Albanian terrorist activities in south central Serbia.
Thus, for example, Malic Ndrecaj was sent on his orders to the district
of Vitina to organize the terrorist Albanian National Army. Today
Haradinaj is also especially active in acquisition of weapons and
secret training of Albanian terrorists from south central Serbia which
is being conducted in the villages of Kosovo and Metohija near the
administrative line.
Haradinaj is also involved in the operations of Albanian terrorists in
the Republic of Macedonia and providing financial support to Nazim
Haradinaj, who provided weapons for the Albanian terrorists in
Macedonia. Following the orders of Ramush Haradinaj, until the moment
of his arrest by Kfor in July 2002, his brother Daut was directly
involved in organizing the terrorist Albanian Liberation Army and
participated in clashes with security forces of the Republic of
Macedonia.
Ramush Haradinaj acquires the financial means for terrorism through
criminalactivities.
Murder and intimidation of political opponents
Ramush Haradinaj does not flinch from murdering his political
opponents. Thus the Eslani brothers together with the notorious Toger
followed his order on January 17, 2002 and liquidated DSK deputy Ismajl
Haradnaj and attempted the murder of Ramiz and Sadik Murici from Pec,
both DSK supporters. As well, the Elsani borthers in 2002 following
Haradinaj's order liquidated his former bodyguard Avni Elezaj, who was
supposed to testify regarding Haradinaj's conflict with the Musaj
family and Tahir Zemaj.
Under the patronage (command) of the Haradinaj brothers, prison camps
(detention centers) were formed which functioned from 1997-2003 in the
following locations: Likovac, Orlate, Malisevska Banja, Jablanica,
Smonica, Ozrim, Glamocer, Rakoc, and Kodralija. As an epilogue to this,
left behind them were mass graves in the following locations: Brekovac,
Ljubizda, Pec NN cemetery, Piskote, Radonjicko Jezero, Goden, Rakoc,
etc.
It is estimated that the number of their victims (of all nationalities)
may exceed three hundred people, largely civilizans.
It is estimated that Ramush Haradinaj is directly responsible for the
abuction of over four hundred people (1998-2002) of all nationalities.
It is estimated that three groups for stalking and liquidation under
his direct command are comprised of about 30 people specially trained
for this type of task. The punishment for disloyalty or disobedience of
members of the Kosovo Police Service or Kosovo Protection Corps is
death and his groups are responsible for multiple murders of Albanian
members of the KPS and translators.
Threats and intimidation of members of UNMIK (political and police
organizations) as well as their "lobbying" (bribery) also fall under
the domain of the work of Haradinaj's groups. All Albanian leaders in
the Kosovo Police Service must obey Haradinaj. He is the logistical
mastermind behind all Albanian National Army operations and an active
participant in its organization and planning. His men have been
appointed municipal mayors and, paradoxically, are also members of
negotiating groups for displaced persons from Kosovo and Metohija
(giving them access to Serbian and UNMIK plans).
In districts under his direct control, he has the most contact with
members of Italian Kfor and also controls the entire UNMIK judicial
system in Pec. He is behind attacks on Serb returnee villages near
Klina (Bicha). His groups is also responsible for the hushed up murder
of three members of UNMIK police in the village of Citak in 2003.
Haradinaj also has the most developed and organized operative
intelligence netweork in Kosovo, which also covers zones of interest in
central Serbia and throughout the territory of Montenegro. His
intelligence network also supports the increasingly strong illegal
network of associates and sympathizers of the Party of Democratic
Action (based in Pec with local branches in Rozaj, Plav and in the
Sandzak.
Al Q'aida connection
As far as Ramush Haradinaj himself is concerned, it is well to keep in
mind a fact presented before the U.S. Congress on December 13, 2000 by
Ralph Machek, the deputy director of the Criminal Intelligence
Administration of Interpol - that Muhamed al Zavahiri, the brother of
Dr. Ajman Zavahiri, the leader of the terrorist organization Egyptian
Jihad and ideologue of al-Q'aida, commanded an elite unit of the
terrorist KLA during the time of the conflict in Kosovo and Metohija.
What Machek failed to mention was that this unit was a part of the
military policy of the terrorist KLA for the region of Metohija under
the command of Daut Haradinaj, while the commander of all units of the
terrorist KLA for the region of Metohija was Ramush Haradinaj.
Even after the arrival of international forces in Kosovo and Metohija
the Haradinaj brothers continued to nurture their connections with
Islamic terrorists. In October 2001 on orders of Ramush Haradinaj his
brother Daut visited Sofia where he met with the aforementioned Muhamed
al Zavahiriji and discussed further tactics and activities by Islamic
terrorists in Kosovo and Metohija and the Republic of Macedonia.
It is not known whether al-Q'aida continues to count on the further
services of the Haradinaj clan, first and foremost, on Ramush
Haradinaj, a proven champion of the terrorist ideology of Islamic
extremists.
giriamo:
---
L'11 e il 12 Dicembre 2004 si svolgerà a Pisa il convegno nazionale su
"Il “Grande Medioriente”, l’Europa, le basi militari della guerra
infinita ", organizzato dal Comitato nazionale per il ritiro dei
militari italiani dall'Iraq, a cui il Forum contro la guerra aderisce e
partecipa.
Per maggiori informazioni www.forumcontrolaguerra.org
---
Mediterraneo para Bellum .
Il “Grande Medioriente”, l’Europa, le basi militari della guerra
infinita
Convegno nazionale – Pisa, 11 e 12 dicembre 2004
Biblioteca Comunale - Lungarno G. Galilei
• Il convegno "Mediterraneo para Bellum" è organizzato del Comitato
Nazionale per il ritiro immediato delle truppe dall’Iraq
(viadalliraqora@...) e si svolgera' il prossimo 11 e 12 dicembre
a Pisa ( presso la Biblioteca Comunale sita in Lungarno G.Galilei ).
• L'obiettivo sara' quello di analizzare le strategie economiche,
politiche, geostrategiche e militari che si confrontano nello
scacchiere mediterraneo e medio orientale, alla base dell'attuale
rafforzamento delle basi USA - NATO nel Mediterraneo, e di verificare
un percorso di coordinamento tra le realta' territoriali italiane che
lottano contro di esse.
• Il sabato 11 dicembre sara' dedicato alle relazioni e dibattito
generale :
Le tendenze alla guerra e la riorganizzazione della NATO,
i Neocons americani ed il "soft power" dell'Europa,
le risposte del movimento di lotta per la pace.
Inizio lavori ore 9.30
Intervento introduttivo del Comitato Nazionale per il ritiro immediato
delle truppe italiane dall’Iraq
Ore 9.50 Manlio Dinucci “ Le basi USA-NATO nel Mediterraneo nel quadro
del riorientamento strategico statunitense - Ore 10.10 Alberto Burgio “
Guerra e Democrazia” - Ore 10.30 Vladimiro Giacche’ “l’economia della
guerra infinita” - Ore 10.50 Stefano Chiarini “L’ideologia
fondamentalista dei Neocons” - Ore 11.10 Sergio Cararo “Il soft power
dell’Europa”
Pausa
Ore 11.30 contributo scritto di Walden Bello per il convegno: “ La
vittoria di Bush, Falluja e il Movimento globale contro la guerra” -
Ore 11.50 Mariella Cao - Comitato sardo "Gettiamo le basi”: “Sardegna,
l'isola-sentina della portaerei Italia" - Ore 12.10 Domenico Moro - Ore
12.30 Francesco Iannuzzelli - PeaceLink
Pausa pranzo - Presso il circolo agorà ( 500 metri di distanza dalla
Biblioteca) sarà disponibile cucina espressa a prezzi popolari per i
partecipanti al convegno.
Ore 15 ripresa lavori
con l’intervento di Gabriele Fruzzetti, per il Laboratorio per le
Disobbedienze Rebeldìa – Pisa - Ore 15.15 intervento dello spazio
antagonista Newroz “15 anni di lotte contro la militarizzazione dei
territori” - Ore 15.30 Mauro Bulgarelli - Ore 15.45 Bruno Steri - Ore
16 Alberto Tarozzi del Comitato "gettiamo le basi" di Bologna e
Romagna: “ Veleni civili, veleni militari. Per un territorio
dell’abitare” - Ore 16.15 Jacopo Venier - Ore 16.30 Maia Maiore del
Comitato Cittadino Spontaneo de La Maddalena : “32 anni di “convivenza”
con la base statunitense della Maddalena” - Ore 16.45 Luciano Pettinari
Pausa
Ore 17.15 Mauro Casadio - Ore 17.30 Vincenzo Miliucci - Ore 17.45
Roberto Taddeo del Comitato napoletano contro la guerra - Ore 18 CPA
Firenze - Ore 18.15 Francesco Martone - Ore 18.30 Luigi Marino - Ore 19
Francesco de Lorenzo
Cena - Presso il circolo agorà sarà disponibile cucina espressa a
prezzi popolari per i partecipanti al convegno
Domenica 12 dicembre Ore 9.30
• La domenica mattina continuerà il dibattito presso la sede del
circolo agorà, in Via Bovio 50 e ci concentreremo sull’ipotesi di
coordinamento tra le realta' presenti, con l'obiettivo di contribuire
al rafforzamento della rete nazionale e per una grande manifestazione
unitaria:
Le basi della guerra e le lotte per fermarle: incontro tra realta'
nazionali per rilanciare l'iniziativa sulle basi USA e NATO
Inizio lavori Ore 9.30
Sono previsti i seguenti interventi:
Contributo dal Movimento contro la guerra greco. Contributo dal
movimento contro la globalizzazione della Repubblica Ceca. Contributo
del movimento spagnolo contro la guerra - Marco Santopadre (Comitato
Nazionale per il ritiro delle truppe dall’Iraq) - Nella Ginatempo,
gruppo bastaguerra di Roma - A Manca pro s’indipendentzia, Sardegna con
“Colonialismo e occupazione militare in Sardegna” - Aldo Lombardi del
Comitato contro la militarizzazione del porto di La Spezia con “ Via
dal mare e dai porti – Le navi a propulsione nucleare e i sommergibili
nucleari” - Comitato Unitario Contro Aviano 2000 - COBAS Pisa -
Comitato permanente per la smilitarizzazione della base di Sigonella -
Gruppo pace Social Forum di Brescia - Comitato "gettiamo le basi" di
Cesena - Comitato per i due no Taranto – Circolo agorà Pisa
1. Da Otpor a Ukpora
di Soccorso Popolare, Padova
2. La crisi Ucraina o la risurrezione della guerra fredda
di Vladimir Simonov, commentatore politico di RIA Novosti
3. Ci sono gli Stati Uniti dietro i disordini a Kiev
di Ian Traynor, The Guardian
=== 1 ===
Da Otpor a Ukpora
(elaborazione di Soccorso Popolare di Padova)
27 novembre 2004, Padova
Il mondo non sta fermo mai, ma i passaggi spesso si assomigliano,
specie se il Leviatano è lo stesso. Dallo jugoslavo Otpor all'ucraina
Ukpora: “da Otpor a Ukpora” . Adesso è l'Ucraina a ballare!
Bisogna riconoscere ai borghesi dei meriti. Si imparano spesso più cose
nei loro libri e archivi, zeppi di dati, che in certi ideologici
libretti rossi o verdi. Non a caso c'era chi passava molto tempo nelle
biblioteche e negli archivi di Londra. Ma si sa che Marx non era un
marxista corretto.
Consideriamo questo articolo di Ian Traynor apparso il 26 novembre 2004
sul “Guardian” di Londra. Ne diamo citazione, e lo riproduciamo per
intero più avanti in una nostra traduzione, solo perché, a nostro
avviso, è una vera fonte di informazioni. Illustra nomi e cifre
dell'operazione in corso in Ucraina: 14 milioni di dollari è costata
finora agli USA “Ukpora”, l’Otpor dell'Ucraina, il movimento
"giovanile" messo su dalla CIA, perché gli USA possano impossessarsi
anche dell'Ucraina, come hanno fatto e stanno facendo in tante parti
del mondo.
Infatti, nell’articolo vi vengono sottolineati i riferimenti delle
operazioni consimili montate in Jugoslavia, Georgia, ecc. Con l’andar
del tempo le operazioni si sono perfezionate, ed ora vi concorrono
direttamente personaggi coinvolti in operazioni precedenti, da Walesa
ed altri Polacchi a diversi Serbi giunti appositamente da Belgrado.
In buona sostanza, la crisi è giocata come occasione di avanzamento
dell’Occidente verso Est, anche se gli interessi nel campo Occidentale
sono contraddittori, bastano i controversi rapporti tra Usa e Germania,
che infatti si propone in posizione di mediazione e non di
esacerbazione della crisi.
Questa crisi è di grande importanza, in quanto dimostra che:
1) Come già negli anni scorsi, esiste una oscillazione del pendolo
delle crisi geopolitiche verso l'Europa. Come per i terremoti, a un
centro di irradiazione in Medio Oriente risponde un centro di
irradiazione in Europa: in precedenza, Iraq-Jugoslavia, attualmente
Iraq-Ucraina. La placca è quella geopolitica centrale e l'infittirsi
delle crisi regionali dimostra la gravità della crisi generale.
2) Gli Usa restano l'elemento dinamico. Hanno deciso di combattere e
combattono. Con questa operazione inseriscono una bella zeppa tra il
campo occupato da Germania e Francia, e quello di Russia e la Cina.
3) L'esito della crisi è di notevole importanza. Se l'Europa consentirà
una seconda Jugoslavia e lascerà via libera ad un altra guerra civile
di scomposizione, si troverà contro la Russia, che verrà sospinta nel
campo della Cina e dell'India.
4) Pedine degli Usa in Ucraina sono le solite forze della “modernità”,
i preti conservatori, i banchieri, i sindacalisti, i poliziotti, le
“pasionarie”, i radicali e gli “studenti”.
I lavoratori Ucraini, delle regioni orientali come occidentali, del
nord e del sud dell’Ucraina, quelli lavoravano, lavorano e lavoreranno,
comunque!
5) A questo proposito, sarà interessante vedere nei prossimi giorni lo
schieramento del “nostro movimento”. Come ai bei tempi della Polonia, e
poi della svolta degli anni Novanta in Jugoslavia, vedremo chi saranno
coloro che si schiereranno con la “rivoluzione”!
Per mettere a fuoco la attuale composizione sociale della “rivoluzione”
Ucraina, ecco a voi un estratto di agenzia:
Leopoli, 15:47
Ucraina, 300 poliziotti giurano fedeltà a Yushenko
http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/rep_nazionale_n_887700.html
Trecento agenti di polizia ucraina hanno “prestato giuramento” oggi a
Leopoli, bastione nazionalista nell'ovest dell'Ucraina, al capo
dell'opposizione Viktor Yushenko, che martedì si era autoproclamato
Presidente. I poliziotti vogliono controllare questa regione per
impedire che gli autocarri che devono trasportare i manifestanti a Kiev
vengano bloccati.
Cosa sarebbe successo negli USA se, con molte più motivazioni, Kerry si
fosse proclamato Presidente e i suoi fedeli avessero bloccato tutti gli
uffici di Washington??
Ma, giustamente, con i se non si ragiona sulla Storia. La CIA non
finanzia (ancora!) “USApor”.
=== 2 ===
La crisi Ucraina o la risurrezione della guerra fredda
di Vladimir Simonov, commentatore politico di RIA Novosti
http://fr.rian.ru/rian/
index.cfm?prd_id=427&msg_id=5131089&startrow=1&date=2004-11-
25&do_alert=0
(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
Mosca, 24 novembre 2004
Viktor Yanoukovitch è stato etichettato come candidato pro-Russia.
Seguendo la stessa logica rozza e primitiva, Youchtchenko è stato
incasellato nella categoria degli “occidentalisti”. E quindi, se
Youchtchenko avesse realizzato una percentuale di voti superiore,
sembra evidente che l’Unione Europea, l’OSCE o gli Stati Uniti non
avrebbero dubitato un solo momento sul carattere democratico delle
elezioni presidenziali che si sono tenute, e sono ancora in corso, in
Ucraina. I comunicati facenti riferimento a irregolarità e brogli
sarebbero stati esclusi, ribaltando la questione, come se si fosse
trattato di trascurabili distorsioni assolutamente normali, insite a
qualsiasi elezione.
Purtroppo, Viktor Yanoukovitch ha realizzato uno score del 3% superiore
a quello del suo avversario, scarto sufficientemente convincente,
secondo i parametri ordinariamente applicati. Questo non impedisce che
si assista ad una valanga di roboanti e distruttive dichiarazioni da
parte dell’Europa e degli Stati Uniti, che lanciano anatemi sulle
elezioni Ucraine.
Jan Peter Balkenende, primo Ministro dei Paesi Bassi, che esercita il
turno di Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, ha
dichiarato che i risultati dello scrutinio erano “poco attendibili”,
ben prima del loro annuncio ufficiale. Il Dipartimento di Stato degli
Stati Uniti esige che non siano resi pubblici prima che l’inchiesta
sulle accuse di “brogli” non sia giunta a conclusione, vale a dire che
gli Stati Uniti dettano alla Commissione elettorale centrale di uno
Stato sovrano quello che deve fare.
Quanto a certe pubblicazioni Europee, che si investono con molta foga
della difesa solo di alcune cause, come ad esempio il quotidiano
francese “Libération”, queste fanno pressione sulla direzione
dell’Unione Europea perché “si pronunci senza indugio per le sanzioni”
che metterà in atto, se Yanoukovitch fosse ufficialmente dichiarato
vincitore.
Tutto questo viene presentato come un aiuto dell’Occidente all’Ucraina.
In realtà, gli interessi autentici dell’Ucraina sono in questo caso
relegati ad un livello molto basso, con il solo obiettivo di fare
piazza pulita in favore della risurrezione degli stereotipi della
guerra fredda, che sembravano sepolti da tanto tempo dalla storia.
Questi luoghi comuni condannano l’Occidente a ricercare, non importa se
si tratta di una situazione geopolitica spinosa, un motivo di conflitto
fra le forze del Bene e della Luce, da una parte, e la Russia, Impero
del Male e delle tenebre, dall’altra.
"Io farò tutto quanto é in mio potere perché almeno l’Ucraina resti al
nostro fianco…", così si era espressa la Commissaria della Commissione
Europea incaricata delle relazioni con l’estero. Vale a dire, che ben
prima che la prima scheda in favore di Yanoukovitch o di Youchtchenko
fosse introdotta nell’urna, questa membro del Direttivo dell’Unione
Europea partiva dal principio che esisteva un “nostro fianco”
contrapposto all’altro fianco, quello avversario, del nemico, cioè
della Russia.
D’altro canto, secondo questa commissaria europea, non poteva in alcun
caso essere riconosciuta la legittimità degli interessi della Russia
nell’area occupata da questo vicino e alleato storico, che è l’Ucraina.
Il Presidente Vladimir Putin ha percepito questo approccio come un
“tentativo, nel contesto della situazione in Ucraina, di risvegliare i
fantasmi paurosi del passato”. Secondo il leader russo, "dal punto di
vista delle relazioni internazionali attuali, questa attitudine è
assolutamente controproducente e sbagliata”.
Infatti, è importante che qualsiasi politologo ucraino imparziale
potrebbe spiegare in modo assolutamente comprensibile per tutti il
fatto che l’Ucraina si sia ritrovata unilateralmente sotto la sfera di
influenza dell’Unione Europea o, per parlare in termini più generali,
dell’Occidente, avrà conseguenze nefaste per questo Paese. Al
contrario, rapporti di equilibrio sia nei confronti dell’Unione
Europea, che della Russia sono vitali per lo sviluppo delle riforme e
per il progresso economico dell’Ucraina.
Sforzarsi di imporre l’alternativa artificiosa “o bene la Russia, o
bene l’Occidente” non può che pregiudicare lo svolgimento normale dei
processi democratici nel Paese. Per questo, si cerca di ottenere
dall’Ucraina a qualsiasi prezzo non tanto la democratizzazione della
società, quanto l’adozione di una linea politica filo occidentale, o
più precisamente antirussa.
Ricordiamo che questa specie di “braccio di ferro” nell’area di
influenza post-sovietica non è iniziato con l’Ucraina e non è stata
innescato da Mosca.
L'attuale “rivoluzione dei castagni”, che si sta sviluppando sulla
grande piazza di Kiev, non è che la metamorfosi della “rivoluzione
delle rose”, avvenuta esattamente un anno fa in Georgia.
E che ci si trovi a Tbilisi o nella capitale Ucraina, è la gioventù
radicalista che costituisce la principale forza motrice degli
avvenimenti. L’organizzazione Ucraina dei giovani "Pora" , nocciolo
duro dei manifestanti di Kiev, copia con cura zelante le strutture e i
metodi dell’organizzazione studentesca Georgiana "Kmara". Per altro, è
di dominio pubblico che gli attivisti di "Pora" e di "Kmara" sono stati
indottrinati dai teorici specialisti in colpi di Stato
anticostituzionali del movimento Serbo "Otpor". Si tratta del medesimo
movimento che, all’epoca, si è adoperato per il rovesciamento del
Presidente Slobodan Milosevic.
Appoggiandosi a questa impressionante analogia, numerosi analisti russi
sono arrivati alla conclusione che le azioni di protesta
dell’opposizione Ucraina sono state preparate e finanziate da lungo
tempo.
Effettivamente, la creazione di una città di tende in pieno centro di
Kiev, i gruppi elettrogeni e le cucine da campo che funzionano 24h/24,
per assicurare la logistica all’organizzazione di assembramenti a
durata illimitata, il riversamento senza interruzione nella capitale
Ucraina di un flusso di sempre nuovi manifestanti, arrivati a rinforzo
dalle regioni occidentali del paese per via aerea, con autocarri e con
treni, tutto questo induce a porsi la stessa domanda, per sapere “chi
paga?”.
“Dopo il suo esordio, l’opposizione era disponibile ad accettare
esclusivamente una cosa, la sua vittoria. La decisione di uscire dal
quadro della legalità, e quindi di mettere in atto un colpo di Stato, è
stata presa dalla squadra di Youchtchenko ben prima di tenere le
elezioni”, così pensa Viatcheslav
Igrounov, direttore dell’Istituto per le ricerche umanitarie e
politiche di Mosca.
Questo viene confermato dagli avvenimenti della Rada Suprema
(Parlamento) dell’Ucraina dove, martedì, si è potuto assistere allo
spettacolo del “giuramento presidenziale sulla Bibbia” di Viktor
Youchtchenko. L’autoproclamatosi vincitore non ha risposto alla domanda
dei giornalisti riguardo alla legittimità del suo atto, e quindi tutti
i discorsi restano inutili: solo 191 deputati si erano registrati per
partecipare ai lavori del Parlamento, mentre il quorum richiesto per
l’adozione di una mozione o di una decisione è di 226 presenti in aula.
I Deputati dei raggruppamenti politici che hanno sostenuto la
candidatura di Yanoukovitch non hanno partecipato a questa sessione
della Rada.
Sembra che l'opposizione non abbia coscienza del fatto che, tentando di
trasferire la crisi politica nelle strade, si sta privando di per se
stessa del diritto di qualificarsi come “democratica”.
Reclamando il riconoscimento della sua vittoria, la fazione di
Youchtchenko trascura l’altra metà del popolo Ucraino che ha sostenuto
il suo avversario. Perché Youchtchenko è disposto ad appoggiarsi a
certa gente che è pronta a considerare carta straccia la Costituzione e
a far ricorso alla violenza? Per un’unica ragione: perché sente che in
un quadro di legalità, ha troppo poche possibilità di conseguire i suoi
obiettivi.
Oltre a ciò, bisogna aggiungere che i consensi e gli apprezzamenti
ottenuti e affrettatamente formulati da parte delle strutture
dell’Unione Europea a proposito delle elezioni in Ucraina non possono
che destabilizzare la situazione, alimentando le pulsioni estremiste
presenti nel campo di Youchtchenko.
E adesso? Oggi, molto dipenderà dal presidente uscente Léonid Koutchma.
Lui stesso e il Presidente Vladimir Putin hanno sottoscritto
immediatamente la dichiarazione dei Ministri degli Affari Esteri
dell’Unione Europea contenente un richiamo a tutte le parti coinvolte
nella crisi politica in Ucraina ad astenersi dal ricorrere alla
violenza. Se Youchtchenko si considera un democratico, può optare per
due soluzioni: o trovare il coraggio e la volontà di riconoscere la sua
sconfitta, o di domandare, in perfetta legittimità, alla Corte Suprema
di pronunciarsi sulla validità del risultato delle elezioni.
E sarebbe bene che le medesime istituzioni Europee, che hanno
commentato con tanta veemenza la crisi politica in Ucraina,
contribuissero ad un tale epilogo della crisi.
In assenza di tutto questo, la situazione potrebbe sfuggire a qualsiasi
controllo e degenerare in un conflitto violento. I tentativi portati
avanti dall’opposizione per scrivere la storia dell’Ucraina nelle
strade costituiscono un gioco pericoloso, che potrebbe portare a tristi
conseguenze, con effetti globali anche su scala Europea.
Le priorità importanti dell’immediato non devono nascondere gli aspetti
generali, che si sono intrapresi sforzi per trasformare l’Ucraina e gli
altri Stati post-sovietici in un bastione avanzato in vista di uno
scontro tra l’Occidente e la Russia sulle tracce mefitiche dell’epoca
della contrapposizione fra i blocchi, di cui nessuno sente il bisogno,
e questi tentativi potrebbero far regredire il mondo agli anni di
un’era passata.
=== 3 ===
Ci sono gli Stati Uniti dietro i disordini a Kiev
di Ian Traynor
venerdì, 26 novembre 2004
The Guardian
http://www.guardian.co.uk/ukraine/story/0,15569,1360236,00.html
(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
Con i loro siti web e i loro adesivi, con i loro…tiri mancini e i loro
slogans miranti ad espellere il timore diffuso di un regime corrotto, i
guerriglieri democratici del movimento dei giovani dell’Ucraina Pora
hanno già raggiunto una notevole vittoria, qualsiasi sia il risultato
della pericolosa presa di posizione a Kiev.
L’Ucraina, tradizionalmente passiva nei confronti dei suoi politici, è
stata mobilitata da questi giovani attivisti democratici e non sarà più
la stessa.
Mentre i vantaggi all’Ucraina derivano dalla “rivoluzione dei castagni”
tutta colorata di arancione, la campagna è una creazione degli Stati
Uniti, un’operazione sofisticata e brillantemente concepita
nell’imporre il marchio e il mercato dell’Occidente che, in quattro
Paesi in quattro anni, è stata usata per tentare di recuperare elezioni
manipolate e far crollare regimi ripugnanti.
Predisposta e organizzata dal governo USA, con la messa in campo di
consulenti Statunitensi, di esperti sondaggisti, di diplomatici, dai
due grandi partiti Americani e da organizzazioni non governative USA,
l’operazione dapprima è stata applicata in Europa, a Belgrado, nel 2000
per sconfiggere Slobodan Milosevic alle votazioni.
Richard Miles, l’ambasciatore USA a Belgrado, vi ha giocato un ruolo
decisivo.
E l’anno scorso, come ambasciatore USA a Tbilisi, ha ripetuto il trucco
in Georgia, imbeccando Mikhail Saakashvili sul modo di abbattere Eduard
Shevardnadze.
Dieci mesi dopo il successo a Belgrado, l’ambasciatore USA a Minsk,
Michael Kozak, un veterano di simili operazioni in America Centrale, in
particolare in Nicaragua, organizzava un’operazione quasi identica per
cercare di rovesciare l’uomo forte della Bielorussia, Alexander
Lukashenko.
È stato un fallimento. “Non ci sarà nessun Kostunica in Bielorussia!”
questo ha affermato il Presidente della Bielorussia, riferendosi alla
vittoria a Belgrado.
Ma l’esperienza acquisita in Serbia, nella Georgia e nella Bielorussia
è risultata impagabile nel predisporre la caduta del regime di Leonid
Kuchma a Kiev.
L’operazione di ingegneria democratica attraverso le votazioni e la
disobbedienza civile risulta di così facile applicazione che i metodi
sono stati codificati in uno schema modello per riportare il successo
nelle elezioni di altri popoli.
Nel centro di Belgrado, vi è un ufficio squallido che ha a disposizione
dei giovincelli abili ad usare il computer che si identificano come
Centro di Resistenza Non-violenta. Se voi desiderate sapere come si
abbatte un regime che controlla i mezzi di informazione di massa, i
giudici, i tribunali, gli apparati di sicurezza e i seggi elettorali, i
giovani attivisti di Belgrado sono a disposizione, liberi, in affitto.
Questi sono saltati fuori dal movimento studentesco anti-Milosevic,
“Otpor”, che significa “Resistenza”. Lo stigmatizzare con una parola
singola, forte, attraente è importante. L’anno scorso, in Georgia, il
movimento studentesco equivalente era “Khmara”. In Bielorussia, “Zubr”.
Ora, in Ucraina è “Pora”, che significa “Tempo giusto”, “Adesso!”.
Inoltre, Otpor aveva uno slogan semplice, ma potente, che nel 2000
appariva dappertutto in Serbia, le due parole “gotov je”, che
significano “lui è finito!”, con riferimento a Milosevic. Un logo di un
pugno chiuso, in bianco e nero, completava la magistrale operazione di
marketing.
In Ucraina, il corrispondente logo è un orologio che batte le ore,
quindi da il segnale che i giorni del regime di Kuchma sono contati.
Adesivi, bombolette e siti web sono le armi dei giovani attivisti.
Ironia e spettacoli umoristici di strada di derisione del regime hanno
visto un immenso successo nell’eliminare completamente il timore della
gente verso il potere e nel renderlo furioso.
L’anno scorso, prima di diventare Presidente in Georgia, il Signor
Saakashvili, su indicazione degli USA, è partito da Tbilisi per
Belgrado per essere addestrato nelle tecniche della disobbedienza di
massa.
In Bielorussia, l’Ambasciata USA ha organizzato la spedizione nel
Baltico di giovani leaders dell’opposizione, dove questi si sono
incontrati con dei Serbi provenienti da Belgrado.
Nel caso della Serbia, dato l’ambiente ostile a Belgrado, gli Americani
avevano organizzato il rovesciamento del regime dalla confinante
Ungheria, a Budapest e a Szeged.
Nelle settimane ultime, diversi Serbi si sono recati in Ucraina. Anzi,
uno dei leaders da Belgrado, Aleksandar Maric, è stato respinto al
confine.
L’Istituto Nazionale Democratico del partito Democratico, l’Istituto
Internazionale Repubblicano del partito Repubblicano, il Dipartimento
di Stato degli USA e l’Agenzia Statunitense per lo sviluppo
internazionale sono gli organismi principali coinvolti in queste
campagne a livello popolare, come pure l’Organizzazione non governativa
Casa della Libertà e l’Istituto per una Società libera e aperta del
miliardario George Soros.
Esperti americani di indagini campione e consiglieri di professione
vengono assunti per organizzare gruppi di interesse ed usare dati
psefologici per disegnare le strategie. [N.del tr.: la psefologia è lo
studio del comportamento politico dell’elettorato in occasione delle
elezioni, basato sull’analisi della ripartizione del voto nei diversi
schieramenti, dei suoi spostamenti, della sua composizione.]
Le opposizioni, di solito litigiose e frazionate, devono stare unite
dietro la bandiera di un unico candidato, se vi deve essere una qualche
possibilità di deporre il regime. Questo leader viene scelto sulla base
dell’oggettività e del pragmatismo, anche se lui o lei sono
anti-Americani.
In Serbia, i sondaggisti Statunitensi “Penn, Schoen and Berland
Associates” avevano scoperto che il leader dell’opposizione filo
occidentale assassinato, Zoran Djindjic, in patria veniva insultato e
non aveva alcuna possibilità di battere Milosevic in una leale
consultazione. Allora venne convinto di mettersi in disparte in favore
dell’anti-Occidentale Vojislav Kostunica, che ora è il Primo Ministro
della Serbia.
In Bielorussia, funzionari Statunitensi hanno ordinato ai partiti di
opposizione di unirsi dietro il severo, e più anziano sindacalista,
Vladimir Goncharik, visto che piaceva di più all’elettorato di
Lukashenko.
Ufficialmente, il governo degli Stati Uniti ha speso 41 milioni di
dollari$, pari a 21.7 milioni di £ sterline, per organizzare e
finanziare l’operazione lunga anni per sbarazzarsi di Milosevic
dall’ottobre 1999. In Ucraina, si ritiene che l’impegno finanziario si
aggiri finora sui 14 milioni di dollari$.
Oltre il movimento studentesco e l’unità delle opposizioni, l’altro
elemento chiave nel disegno democratico è quello noto come
“classificazione del voto parallelo”, un registratore dei brogli nel
sistema elettorale, tanto cari ai regimi di cattiva reputazione.
Esistono professionisti controllori delle elezioni estere appartenenti
ad enti come l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa (OSCE), ma nelle elezioni Ucraine, come per le precedenti, hanno
giocato un ruolo importante migliaia di controllori locali della
consultazione, addestrati e pagati da gruppi Occidentali.
La Casa della Libertà e l’Istituto Nazionale Democratico del partito
Democratico NDI hanno procurato i finanziamenti per organizzare “il più
largo sforzo civile sul territorio per monitorare la consultazione” in
Ucraina, impiegando più di 1.000 osservatori addestrati. Hanno anche
organizzato gli exit polls. Domenica notte, questi sondaggi davano il
Signor Yushchenko in testa con 11 punti e costruivano il programma per
molto di quello che sarebbe accaduto in seguito.
Gli exit polls sono considerati determinanti, dato che prendono
l’iniziativa nella battaglia propagandistica con il regime,
invariabilmente presentandosi per primi, ricevendo una larga copertura
dai media e imponendo l’onere della risposta alle autorità.
La fase finale nello schema USA riguarda come reagire quando colui che
è in carica tenta di rubare l’elezione che ha perso.
In Bielorussia il Presidente Lukashenko aveva vinto, quindi la reazione
è stata minima. A Belgrado, a Tbilisi, ed ora a Kiev, dove le autorità
inizialmente hanno cercato di aggrapparsi al potere, il consiglio era
di rimanere calmi ma determinati, e di organizzare manifestazioni di
massa di disobbedienza civile, che dovevano conservare un carattere
pacifico, pur sotto il rischio di provocare il regime ad una violenta
repressione.
Se gli avvenimenti a Kiev confortano con successo gli USA nella loro
strategia di aiutare gli altri popoli a vincere le elezioni e a
sottrarre il potere ai regimi anti-democratici, è certo che si tenterà
di ripetere l’operazione dappertutto nel mondo post-Sovietico.
I posti da tenere sotto osservazione sono la Moldavia e le nazioni
assolutiste dell’Asia Centrale.
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GRAZIE / HVALA / THANKS
1. Disastro in Kosovo
Da "Liberazione" ed "Il Manifesto" sui terroristi pan-albanesi --
quelli incriminati all'Aia e quelli nominati "capi di governo" con il
beneplacito occidentale...
2. Links - da Osservatorio Balcani
3. Links - EN FRANCAIS
4. Dispacci ANSA
(a cura di IS)
=== 1 ===
da liberazione, 23/11/2004
Kosovo, corteo per i leader Uck accusati di crimini
Migliaia di kosovari di etnia albanese hanno manifestato per le vie di
Pristina a sostegno ai tre ex leader dell'Esercito di Liberazione del
Kosovo (Uck) che si ribellarono al governo serbo nel 1998-1999,
accusati per crimini di guerra. Fatmir Lumaj, Isak Musliu e Haradinaj
Balaj sono i primi albanesi kosovari ad essere comparsi davanti al
Tribunale dell'Aia per Crimini di Guerra nell'ex Jugoslavia. Sono
accusati di tortura e di aver ucciso 22 serbi e civili di etnia
albanese nel campo di detenzione di Lopusnik durante le operazioni di
guerra che hanno portato al ritiro delle forze serbe dalla provincia,
sotto l'amministrazione dell'Onu dal 1999. Le organizzazioni dei
veterani di guerra che hanno indetto la protesta hanno chiesto agli
uffici pubblici e alle fabbriche del Kosovo di interrompere le attività
dalle 11 alle 13 per permettere ai lavoratori di partecipare alla
manifestazione in «difesa dei valori della guerra condotta dall'Uck».
---
il manifesto - 28 Novembre 2004
ELEZIONI
Disastro in Kosovo
TOMMASO DI FRANCESCO
Il portavoce dell'Onu Jeff Bieley, a metà settimana, è stato
ponziopilatesco: «Non possiamo bloccare la nomina a premier in Kosovo
di Haradinaj. Andrebbe a discapito della democrazia...»; ma solo due
giorni prima Javier Solana, l'Alto rappresentante Ue per la politica
estera, aveva seccamente commentato: «Se il premier si deve presentare
al Tribunale dell'Aja non è certo nella migliore condizione per
applicare le norme a cui si richiama l'Unione europea». Una rivolta
contro la nomina è venuta sia dai partiti kosovaro-albanesi, sia dal
nuovo governo filo-occidentale di Belgrado. Alla base del nuovo caos
per la politica occidentale in Kosovo c'è il disastro delle elezioni
etniche del 23 ottobre scorso, avallate dalla comunità internazionale.
I risultati hanno dato la vittoria alla Lega democratica (Ldk) di
Ibrahim Rugova con il 45,30%, secondo il Partito democratico (Pdk) del
premier Bajram Rexhepi e dell'ex leader dell'Uck Hasim Thaqi con il
28,65%, solo terzo l'Aak dell'ex capo militare Ramush Haradinaj con
l'8,28%, quarto il nuovo movimento «Ora» dell'intellettuale-magnate
Veton Surroj con il 6,26%. Rugova ha vinto, ma in calo sul 2001 (aveva
più del 47%), conquistando solo la maggioranza relativa. Fatto più
grave, sul milione e 300mila albanesi aventi diritto, ha votato solo il
49-50%, la metà degli albanesi. Mentre i serbi hanno boicottato il voto
per protesta contro la pulizia etnica in corso da 5 anni - e tornata
visibile con i pogrom di marzo, l'uccisione di 32 persone e la
distruzione di altri 30 monasteri ortodossi. Il tutto a pochi mesi -
giugno del 2005 - dalla verifica degli accordi di pace di Kumanovo che
dovrebbero avviare l'autonomia della regione confermandone però
l'appartenenza alla Serbia. E Kofi Annan ha già respinto ogni pressione
per cambiarne ora lo status. Ma ecco che diventa premier a Pristina
l'uomo peggiore. La decisione è frutto di un accordo elettorale tra il
«moderato» Rugova e Haradinaj. Proprio negli stessi giorni in cui
Ramush Haradinaj è stato interrogato dal Tribunale dell'Aja per crimini
di guerra contro i serbi commessi nel 1998, prima della guerra
«umanitaria» della Nato, e nel 1999. Il 15 novembre si è aperto infatti
all'Aja il processo a tre uomini legati ad Haradinaj accusati di
«uccisioni, trattamenti crudeli, atti disumani» commessi contro civili
serbi e albanesi moderati detenuti nel campo di prigionia aperto dalle
milizie dell'Uck nella località di Lapushnik.
Appare chiaro che la coalizione voluta a tutti i costi da Rugova - a
cui l'ex Uck nel dopoguerra ha ucciso molti consiglieri - è
spaventosamente debole all'interno e impresentabile fuori. Può infatti
contare nel nuovo parlamento etnico su una maggioranza risicata di 62
voti su 120. «L'accordo sul nuovo governo rimanderà semplicemente la
crisi di poche settimane o mesi ed avrà conseguenze negative sui
processi previsti per il prossimo anno», ha accusato il movimento di
Veton Surroj che ha auspicato un intervento - mai arrivato -
dell'amministratore Unmik Jessen Petersen. Da Belgrado, il nuovo
premier Boris Tadic ha tuonato contro i «due pesi e due misure»: in
Bosnia, il rappresentante della comunità internazionale Ashdown
allontana dalla vita politica della Repubblica serba chi è solo
sospettato di contatti con i criminali di guerra. E denuncia Neboisha
Covic, coordinatore per il Kosovo del governo serbo: «E' un gioco
politico per poterlo poi assolvere da un eventuale processo una volta
diventato premier». «Immaginate che cosa accadrebbe se un simile
personaggio - ha concluso provocatoriamente Covic - diventasse premier
in Serbia?».
=== 2 ===
Links - da Osservatorio Balcani
---
Mr Privatizzazioni (mancate) va via dal Kossovo
23.11.2004 scrive Alma Lama - Un anno fa aveva bloccato il processo
di privatizzazioni in Kossovo. Da allora un duro braccio di ferro tra
lui e le autorità kossovare che lo accusavano di fare il gioco di
Belgrado. Ora Nicholas Lambsdorff è stato obbligato da Soren Petersen,
a capo dell’UNMIK, a gettare la spugna. (...) Lambsdorff, che è a capo
anche della Kosovo Trust Agency (KTA), istituzione che si occupa in
modo specifico di privatizzazioni, ha sospeso le vendite in attesa che
la situazione si chiarisse. (...) Esistono problemi di proprietà legati
allo scontro in atto tra autorità kossovare e Belgrado. Quest’ultima
afferma che le aziende sarebbero di proprietà dell’Unione Serbia e
Montenegro del quale formalmente il Kossovo è ancora parte. In effetti
proprio Belgrado possiede la maggior parte dei documenti relativi alle
aziende pubbliche del Kossovo. I kossovari però contestano di essere
stati cacciati tutti dal proprio lavoro nel 1990 [SIC - quando
viceversa furono i nazionalisti pan-albanesi ad incominciare la
politica del "boicottaggio". IS] e che successivamente molti di quei
documenti sono stati falsificati.
[NOTA: la materia del contendere riguarda i beneficiari della rapina
delle risorse del Kosovo, e non le privatizzazioni in quanto tali. In
questo senso, ed in un'ottica antiliberista, l'articolo di Osservatorio
Balcani e' fuorviante e va letto "tra virgolette". IS]
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3651/1/51/
Vedi anche:
Kossovo: privatizzazioni, paura di procedere
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2652
Kossovo: stop and go alle privatizzazioni
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2545
Kossovo: grande impresa? Un'illusione
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/1962
Privatizzazioni in Kossovo, una rapina?
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/922
Steiner: le privatizzazioni in Kossovo devono andare avanti
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/839
---
Shqipe e il Kosovo: un ricordo del 2000
18.11.2004 - Shqipe Habibi, kossovara, è stata rapita lo scorso 28
ottobre assieme a due colleghi in Afghanistan mentre vi si trovava per
conto delle Nazioni Unite. Non è stata ancora rilasciata. Carolina
Zincone, un’amica che ha lavorato con lei, racconta dei mesi trascorsi
insieme in Kosovo.
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3646/1/51/
Scandalo in Albania, Premier accusato di traffico d’armi
18.11.2004 scrive Indrit Maraku - Uno scandalo dai contorni poco
chiari vede coinvolto il premier Fatos Nano, accusato di traffico
d’armi da un deputato, Nikolle Lesi, editore del quotidiano “Koha
Jone”. La vicenda finisce in parlamento e il premier in procura
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3649/1/51/
Il Kosovo divide i Serbi
26.11.2004 Da Belgrado, scrive Danijela Nenadić
Continuano ad essere incerti i passi da fare dopo il boicottaggio
elettorale della maggioranza dei Serbi del Kosovo. Indecisioni che si
riflettono anche sul potere di Belgrado, dove prosegue il disaccordo
tra il premier e il presidente
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3664/1/51/
Carpentiere, marinaio, guerrigliero ... primo ministro, criminale di
guerra?
19.11.2004 - Il tribunale dell’Aja sta compiendo indagini su Ramush
Haradinaj, che in questi giorni potrebbe diventare il prossimo Primo
ministro del Kossovo. Un articolo tratto da TOL [e completamente
schierato sulle posizioni del separatismo pan-albanese. IS]
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3645/1/51/
=== 3 ===
Links - EN FRANCAIS
---
Signez la déclaration pour le Kosovo !
http://www.gael.ch/collectif/pages/declaration04.html
Comité pour la paix en ex-Yougoslavie
http://www.gael.ch/collectif/
Liste de diffusion : Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html
---
Interviews réalisés au Kosovo après plus de 5 ans "d'action
pacificatrice" de la communauté internationale
http://www.csotan.org/Kosovo2004/textes.php?type=Interviews
- Entretien avec Gušani Skender, Leposavic 14 août 2004
M. Gušani Skender, membre de l'Union des Roms de l'ex-Yougoslavie en
Diaspora (URYD) Responsable du camp de déplacés roms à Leposavic (nord
Kosovo).
- Entretien avec Oliver Ivanovic, Mitrovica 14 août 2004
Quelques semaines après cet entretien, Ivanovic devenait le principal
responsable serbe du Kosovo à appeler sa communauté à voter lors des
élections parlementaires du 23 novembre.
- Entretien avec Marek Nowicki, Pristina 16 août 2004
Nous avons rencontré Marek Nowicki dans ses bureaux de Pristina le 16
août 2004. Le Polonais, ancien dissident, dirige l'Ombudsperson
Institution in Kosovo , une équipe de quelques dizaines de personnes,
essentiellement des Kosovars, chargée de centraliser et de répondre aux
plaintes des citoyens envers les autorités locales ou internationales.
- Entretien avec Sava Janjic, Visoki Decani 21 août 2004
Référence morale pour de nombreux Serbes, figure emblématique d'un
clergé enraciné dans l'histoire de son peuple et tourné vers un avenir
des plus incertains, le père Janjic nous a livré sa vision de la
situation actuelle au Kosovo.
http://www.csotan.org/Kosovo2004/textes.php?type=Interviews
---
DANS LE SITE ANTI-YOUGOSLAVE "COURRIER DES BALKANS":
TPI : premier procès d’anciens guérilleros albanais de l’UCK
Le procès de trois anciens membres de l’Armée de libération du Kosovo,
accusés d’avoir battu et assassiné, en 1998, des Serbes et des
«collaborateurs» albanais dans le camp de prisonniers de Lapusnik a
commencé le 15 novembre. Les accusés nient toute participation dans les
meurtres et les mauvais traitements. Le procès va-t-il remettre le feu
aux poudres au Kosovo ?
http://www.balkans.eu.org/article4790.html
Kosovo : l’écrivain Cosic plaide encore une fois pour le partage
ethnique
http://www.balkans.eu.org/article4784.html
TPI : le Kosovo sous le choc des arrestations
http://www.balkans.eu.org/article2725.html
Kosovo : trois anciens combattants de l’UCK à La Haye
http://www.balkans.eu.org/article2719.html
Kosovo : d’anciens commandants de l’UCK inculpés de crimes de guerre
http://www.balkans.eu.org/article2038.html
Après les procès d’anciens combattants de l’UCK : " les Kosovars
doivent eux aussi affronter leurs démons "
http://www.balkans.eu.org/article3391.html
Kosovo : l’ombre d’Interpol plane sur les anciens dirigeants de l’UCK
http://www.balkans.eu.org/article3748.html
Transition économique au Kosovo : un processus bloqué
http://www.balkans.eu.org/article4443.html
=== 4 ===
TPI: DOMANI PRIMO PROCESSO CONTRO TRE ALBANESI DEL KOSOVO
(ANSA) - BRUXELLES, 14 NOV - Si aprira' domani all'Aja, davanti al
Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia, il primo processo della
storia del Tpi contro tre albanesi del Kosovo, accusati di crimini di
guerra e di crimini contro l'umanita' commessi durante il conflitto con
le forze serbe, negli anni 1998-1999. I tre imputati sono Fatmir Limaj,
33 anni, Haradin Bala, 57, e Isak Musliu, 34. Tutti e tre sono accusati
di ''uccisioni, trattamenti crudeli, torture e atti inumani'' commessi
contro civili serbi e albanesi del Kosovo detenuti in un campo di
prigione della guerriglia albanese dell'Uck a Lapushnik, nella parte
orientale del paese. (ANSA). OS
14/11/2004 12:39
TPI: APERTO PRIMO PROCESSO AJA CONTRO TRE ALBANESI KOSOVO
(ANSA) - BRUXELLES, 15 NOV - Si e' aperto oggi davanti al Tribunale
internazionale per la ex Jugoslavia il primo processo della storia
della Corte dell'Aja contro tre albanesi del Kosovo, accusati di
crimini di guerra e contro l'umanita' commessi durante il conflitto con
le forze serbe, negli anni 1998-1999. I tre imputati sono Fatmir Limaj,
33 anni, Haradin Bala, 57, e Isak Musliu, 34. Tutti e tre sono accusati
di ''uccisioni, trattamenti crudeli, torture e atti inumani'' commessi
contro civili serbi e albanesi del Kosovo detenuti in un campo di
prigionia della guerriglia albanese dell'Uck a Lapushnik, nella parte
orientale del paese. Nell'udienza di oggi, i tre sono apparsi distesi e
hanno salutato i familiari, oltre a prendere appunti delle accuse
lanciate dal procuratore, per il quale Limaj, Bala e Musliu ''hanno
partecipato a sevizie e torture inflitte contro i detenuti dei campi,
dove i prigionieri vivevano in condizioni inumane''. (ANSA) RIG
15/11/2004 16:22
KOSOVO: EX CAPO GUERRIGLIA DIVENTA PRIMO MINISTRO
(ANSA) - PRISTINA, 17 NOV - L'ex comandante della guerriglia albanese,
Ramush Haradinaj, si appresta ad essere nominato primo ministro del
nuovo governo del Kosovo. La notizia e' stata comunicata a Pristina
dalla Lega democratica (Ldk) del presidente Ibrahim Rugova, che alle
ultime elezioni politiche ha conquistato la maggioranza relativa in
parlamento e che insieme all'Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak)
costituisce il nuovo esecutivo. La scelta di Haradinaj, che costringe
per la prima volta all'opposizione il Partito democratico (Pdk) del
premier uscente Bajram Rexhepi (seconda forza politica della
provincia), ha colto di sorpresa gli osservatori internazionali,
impegnati a seguire le vicende giudiziarie di Haradinaj interrogato
pochi giorni fa dal tribunale dell'Aja che indaga sui crimini di guerra
in Kosovo. Per la fine di dicembre il procuratore Carla Del Ponte ha
annunciato una lista di nuovi incriminati, fra i quali finora si
riteneva potesse esserci proprio Haradinaj. La sua nomina a capo del
governo potrebbe ora scompaginare le strategie giudiziarie dell'Aja. La
nuova coalizione di governo potra' contare su una maggioranza
particolarmente risicata, con appena 62 voti su 120. La verifica della
nomina resta ora nelle mani del parlamento che dovra' votare la
fiducia.(ANSA) BLL
17/11/2004 19:56
editrice Westdeutsche Allgemeine Zeitung (WAZ), che da qualche anno
controlla tante testate balcaniche, compresa la belgradese "Politika" e
la rumena "Romania Libera"... ]
http://www.jungewelt.de
jW, 29.11.2004
Bodo Hombach beim Balkan-Monopoly
Unter Führung des schwergewichtigen Sozialdemokraten hat sich das
Imperium der Westdeutschen Allgemeinen Zeitung marktbeherrschend
ausgedehnt
"Hinter der WAZ steht die deutsche Politik und die deutsche Industrie,
stehen ihre Interessen auf dem Balkan. Dort unten gibt es sehr
interessante Rohstofflager ... " (Michael Dichand im Interview mit der
jungen Welt)
Der WAZ-Konzern mit Sitz in Essen macht einen Gesamtumsatz von knapp
zwei Milliarden Euro jährlich. Der Medienriese gibt nach eigenen
Angaben rund 30 Zeitungen und über 500 Zeitschriften und
Anzeigenblätter heraus. Die vor allem im Printgeschäft erwirtschaftete
Rendite ist deutlich überdurchschnittliche und soll selbst in den
jüngsten Krisenjahren noch über 10 Prozent vom Umsatz betragen haben.
Das ist auch Resultat der eisernen Sparpolitik der Konzernführung – vor
allem im Stammland Nordrhein-Westfalen wurden immer wieder Stellen
abgebaut. Wegen der wachsenden Aktivitäten in Osteuropa (dazu gleich
mehr) ist die Gesamtzahl der Mitarbeiter dennoch gestiegen und liegt
aktuell bei etwa 14 000 Beschäftigten. Da der Trust nach wie vor die
Bilanz nicht veröffentlicht, bleibt allerdings offen, welche
Unternehmen bei diesen summarischen Angaben berücksichtigt sind.
Kartellamt contra WAZ
Was unter Regie von WAZ-Geschäftsführer Bodo Hombach im Inland
getrieben wird, hat der Medienwissenschaftlers Horst Röper
(Formatt-Institut) auf einer Website der ARD beschrieben: "Der
WAZ-Konzern gehört zu jenen Großverlagen, die sich intensiv für eine
Novellierung des Kartellrechts einsetzen und sich davon eine deutliche
Deregulierung erhoffen. Vermutlich hat kein anderer Verlag so häufig
Probleme mit dem Bundeskartellamtgehabt und seine Interessen durch die
gerichtlichen Instanzen verfochten wie der WAZ-Konzern. In den meisten
Fällen behielt allerdings das Kartellamt das letzte Wort, so auch in
Bezug auf eine Anteilsreduzierung bei der Ostthüringer Zeitung in Gera.
Derzeit gehört die Zeitung aber immer noch vollständig zum Konzern. Das
Bundeskartellamt hat den Teilverkauf angemahnt und ein Zwangsgeld, ein
selten genutztes Instrument, angedroht."
(http://www.ard-werbung.de/showfile.phtml/roeper.pdf?foid=5452)
Wildwest in Deutsch-Südost
Wie das deutsche Großkapital insgesamt ist die WAZ in zunehmendem Maße
auf den Weltmarkt orientiert: Nach Angaben von Geschäftsführer Erich
Schumann lag der Auslandsumsatz im Jahr 2002 bei 43 Prozent des
Gesamtumsatzes. Da im Inland zuletzt keine größeren Aufkäufe mehr
getätigt wurden, dürfte sich der Auslandsanteil noch weiter erhöht
haben, denn insbesondere in Südosteuropa hat der Konzern weitere
Zukäufe getätigt und dürfte dort inzwischen marktbeherrschend sein.
Die WAZ ist auf dem Balkan in Bulgarien, Kroatien, Serbien-Montenegro
und Rumänien präsent und mischt seit zwei Jahren in drei Tageszeitungen
in Mazedonien mit, die den in dem kleinen Land tonangebend sind. In der
nordserbischen Vojvodina wurde 2003 die wichtigste Zeitung übernommen
und damit die Position im Land weiter ausgebaut – schon vorher hielten
die Westdeutschen 50 Prozent Beteiligung an der führenden serbischen
Tageszeitung Politika. Zudem hat sich der Konzern seit kurzem erstmals
in Griechenland engagiert.
Als Koordinator des Balkan-Stabilitätspaktes, der unter NATO-Regie nach
dem Jugoslawien-Krieg 1999 abgeschlossen wurde, konnte Hombach
Geldmittel in Milliardenhöhe dirigieren. Ob er diese Machtposition
genutzt hat, um den deutschen Presseeinfluß in der Region durch
günstige Zukäufe zu erhöhen, sollte besser nicht behauptet werden –
die WAZ und Hombach haben gegen die junge Welt Prozesse angestrengt
(vgl. jW vom xy). Ebenfalls teuer könnte es werden, würde jemand
insinuieren, die WAZ und Hombach hätten sich in Kroatien über
Kooperationen mit mafiösen Firmen eine dominierende Stellung erkämpft.
Dies hat Michael Dichand eine Anzeige eingebracht, dem Erben der
österreichischen Kronen-Zeitung. Das reichenweitenstärkste
Boulevard-Blatt der Welt gehört seit 1987 zur Hälfte der WAZ, aber
Zeitungsgründer Hans Dichand wehrt sich derzeit mit Macht gegen die
deutsche Bevormundung. Der Ausgang verschiedener Gerichtsverfahren ist
offen.
Jürgen Elsässer, Belgrad
---------------
Siehe auch:
Telepolis berichtet über Vorwürfe der Einmischung der WAZ in die
Berichterstattung der Zeitung Romania Libera während des Wahlkampfs in
Rumänien (Gewählt wird übrigens heute). Der Autor Helmut Lorscheid
nimmt auch die geringe Solidarität deutscher JournalistInnen unter die
Lupe. Immerhin hat der Deutsche Journalisten-Verband auf seiner
Verbandstagung eine Resolution verabschiedet, die gegen Eingriffe
deutscher Medienkonzerne, insbesondere der WAZ-Gruppe in Osteuropa, in
die Grundrechte von JournalistInnen...
http://www.heise.de/tp/r4/artikel/18/18809/1.html
Was in den deutschen Medien kaum aufgegriffen wurde, ist die Frage, ob
es bei einem milliardenschweren Auftrag an den europäischen
Rüstungskonzern EADS zur Sicherung der rumänischen Grenze mit rechten
Dingen zugegangen ist. Der Vertrag wurde im August in Anwesenheit von
Gerhard Schröder unterzeichnet. Die Zeitung Romania Libera berichtet,
dass der Vertrag ohne Ausschreibung vergeben wurde, obwohl das
rumänische Gesetz dies eigentlich vorsieht. Die Zeitung versucht
darüber hinaus, die Verwicklungen des Strategierats der rumänischen
Agentur für ausländische Investitionen (ARIS) zu klären. Vorsitzender
ist Ion Tiriac, der frühere Becker-Manager. Zu den Mitgliedern gehören
u.a. Bodo Hombach (früher EU-Koordinator für den
Balkan-Stabilitätspakt, heute WAZ) und Klaus Mangold (DaimlerChrysler;
DaimlerChryser hält ca. 30% der EADS-Aktien). Die Zeitung hat zu diesem
Thema einen dreiteiligen englischen Artikel auf ihre Webseite gestellt:
www.romanialibera.ro/editie/index.php?url=articol&tabel=z26102004&idx=96
MEDJUNARODNI POLOZAJ SRBIJE I CRNE GORE
I STRATEGIJA NJENE SPOLJNE POLITIKE
BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Beograd, 27. novembar 2004. godine
ETNOGRAFSKI MUZEJ
Okrugli sto na temu: MEDJUNARODNI POLOZAJ SRBIJE I CRNE GORE I
STRATEGIJA NJENE SPOLJNE POLITIKE
Izlaganje: Vladislav Jovanovic
I Stanje medjunarodnih odnosa
Medjunarodni odnosi uopste, a posebno u Evropi i nasem regionu, vec
petnaest godina negativno uticu na sveukupni polozaj nase zemlje i
njenu spoljnopoliticku aktivnost.
Odnose u svetu karakterisu globalizacija kao svetski proces
medjuzavisnosti drzava i njihove sve vece upucenosti na povezivanje i
saradnju u prakticno svim sferama zivota, s jedne strane, i globalizam
kao doktrina kontrolisanja planetarnih procesa i neoimperijalne
dominacije SAD i njenih najblizih saveznika u NATO nad citavim
regionima, s druge strane. Taj trend je dramaticno naglasen posle 11.
septembra 2001. godine kada je vojni intervencionizam postao tekuce
sredstvo strategije i politike SAD, dok je NATO, kao vojno krilo
globalizma, nastavio sa geografskim sirenjem ka istoku Evrope sa jos
nedefinisanom krajnjim ciljevima. Proglasena je opasna doktrina
preventivnog udara i slogan "ko nije s nama, protiv nas je". Kao
potencijalne mete, na udaru su se nasle ne samo drzave koje stite
teroriste, vec i one koje se drze neutralno. Zamajac odmazde pokrenut
protiv svetskog terorizma jos traje i ne zna se da li ce se, kada i gde
zaustaviti. Unilateralizam je odneo dramaticnu prevagu nad
multilateralizmom. Svetska organizacija je gurnuta u stranu,
marginalizovana i svedena na humanitarne i administrativne aktivnosti.
Svet je pritisnut zebnjama zbog neizvesnosti daljeg razvoja i
mogucnosti novih providnih izgovora i ratova. Posle angloamericke
agresije i okupacije Iraka, gde su energetsko - strategijski razlozi
igrali mnogo vecu ulogu od bezbednosnih i humanitarnih obrazlozenja,
vec se postavlja pitanje koja zemlja je sledeca potencijalna meta.
Nema nikakve sumnje u to da se borba protiv globalnog terorizma
otvoreno koristi i za zaposedanje strategijskih tacaka u blizini
najbogatijih lezista nafte i gasa na Srednjem Istoku i u Srednjoj Aziji
- tom mekom trbuhu koji razdvaja potencijalne protivnike ili suparnike
SAD: Rusiju, Kinu i Indiju.
Agresivni i ekspanzivni unilateralizam SAD nije mogao ostati bez
posledica na drzanje ostalih cinilaca u svetskoj politici. Islamske
mase dozivljavaju vojne okupacije Avganistana i Iraka, zajedno sa
nastavljenom podrskom SAD Izraelu, pre kao antiislamske nego kao
antiteroristicke poteze, zbog cega opsti rat protiv islamskog terorizma
potencijalno preti da se degenerise u verski rat Zapada i muslimanskog
sveta. Iako je sa SAD povezana tesnim proatlantskim nitima saveznistva
i partnerstva, EU se, zbog nepruzanja podrske ratu protiv Iraka, ubrzo
nasla pod pritiscima SAD, koje mogu da uspore, pa i ugroze dinamiku
njenog integrisanja i promovisanja kao samostalnog cinioca u svetskim
poslovima. Pored tradicionalno proamericke Velike Britanije, SAD su u
nedavnom prosirenju EU na evropski Istok stekle nove mogucnosti njenog
sapinjanja i blokiranja. Suprotstavljanjem Nove Evrope Staroj Evropi i
insistiranjem na prijemu Turske u clanstvo EU, SAD realno racunaju s
tim da ce to Uniju naterati da se i narednih godina vise bavi sobom
nego kritikom americke spoljne politike. Ali, i kad bi SAD bile lisene
tih mogucnosti uticanja na procese u EU, Evropa ce jos duze vremena,
bar sledecih deset godina, imati vise koristi od zadrzavanja statusa
mladjeg partnera i saveznika SAD nego od otvorenog rivalstva i
suparnistva sa njima.
Politiku neizazivanja SAD, sem kad se radi o najuzem krugu vitalnih
nacionalnih interesa, slede i Rusija, Kina, Japan, Indija, Brazil i
Iran, da i ne pominjemo ostale manje velike i razvijene zemlje. Iako
osudjuju americki unilateralizam i preferiraju multilateralizam, one se
ne odlucuju za cvrsce oblike multilateralnog okupljanja kao protivteze
moci i samovolji SAD. Umesto toga, radije jacaju svestranu medjusobnu
saradnju, a kada se pojavljuju kao grupacija, to oprezno cine pod
kisobranom borbe protiv medjunarodnog terorizma i pokrivanja trajnih
energetskih potreba. Izuzetak predstavlja povecana politicka i
ekonomska aktivnost Rusije u nekim zemljama tzv. bliskog inostranstva,
gde se njeni dugorocni interesi sukobljavaju sa strategijom SAD da
prodru sto sire i dalje u tzv. meki trbuh bivseg SSSR i sprece
obnavljanje "ruske imperije" u buducnosti.
Iza takvog predostroznog zauzimanja "garda" prema sve osionijim SAD i
njihovim neprekidnim usavrsavanjem novih vrsta oruzja, skriva se
latentna borba za ocuvanje postojecih ili sticanje novih energetskih i
sirovinskih resursa u pojasu od Bliskog istoka, preko Kavkaza i Srednje
Azije do granice Kine. Borba protiv medjunarodnog terorizma i kurs
sirenja demokratskih vrednosti na ostale geografske regione, sprecavaju
da se od drveca vidi suma. Kontrola postojecih i zaposedanje novih
bogatih izvorista nafte, gasa i ostalih vitalnih sirovina, a uskoro i
bogatih izvora sveze vode, postaju sve vise glavni pokretaci americkog
vojnog intervencionizma i autoritarnog politickog dianmizma, kao i
strategijskog razmisljanja i regionalnog multilateralizma drugih vecih
i razvijenih zemalja.
U senci ucestalosti americkih vojnih intervencija, raznovrsnih pretnji
pojedinim zemljama i stalnog povecavanja vojnog budzeta SAD, odvija se
i proces jacanja vojnih potencijala i odbrambenih mogucnosti Rusije,
Kine, Indije, Brazila i Irana, dok EU jos cvrsto vezuje NATO i sprecava
je da, bar u dogledno vreme, stekne kakvu-takvu vojnu samostalnost u
odnosu na starijeg saveznika SAD.
U drugom mandatu predsednika Busa treba pre ocekivati nastavljanje nego
modifikovanje unilateralizma SAD. Medjunarodni odnosi ce besumnje
prolaziti kroz nova teska iskusenja i krize, posebno ako bi se
isprovocirao neki oruzani zaplet sa Sirijom, Iranom ili Severnom
Korejom. Posle nasilnog ulaska Pakistana u privilegovani nuklearni
klub, povecace se broj zemalja koje ce jedinu verodostojnu zastitu od
vojne samovolje SAD ili NATO traziti u razvoju i posedovanju nuklearnog
odvracivaca, sto ce uzrokovati ostru reakciju, a verovatno i odmazdu
SAD ili Izraela.
II Stanje na Balkanu
Nepovoljan razvoj odnosa snaga u svetu nije zaobisao ni nas region. Ni
u jednom drugom delu sveta nije podanistvo SAD, EU i NATO toliko
izrazeno kao na Balkanu. Nigde nema toliko protektorata i idolatrije
prema evroatlantskim integracijama kao na tzv. Zapadnom Balkanu. Ni u
jednom drugom regionu nije praksa dvostrukih arsina i licemerne galame
dostigla takve razmere i perverznost kao na nasem prostoru. Spomenuti
centri moci unilateralno su proglasili Balkan svojom iskljucivom sferom
uticaja i ponasaju se kao pravi sizereni.
Pritiscima svake vrste i neravnopravnom tretmanu posebno je izlozen
srpski narod, koji se otvoreno tretira kao porazena strana i od kojeg
se ultimativno trazi da prihvati sve diktate, ukljucujuci i onaj da ima
genocidnu proslost i da mora da izvrsi sopstvenu denacifikaciju.
Pod okriljem takvih monstruoznih optuzaba i zahteva, vrse se svakovrsni
pritisci na Srbiju da prihvati konacan gubitak svoje hiljadugodisnje
provincije i duhovne kolevke - Kosova i Metohiju, a na Srbe u Bosni i
Hercegovini da se pripreme na lisavanje dobitaka iz Dejtonskog
sporazuma kao rezultat dosadasnjih i buducih negativnih presuda Haskog
tribunala. Pored dvostrukih arsine rezervisanih samo za Srbe, samo se
od Srbije ocekuje i trazi da pristine na teritorijalno umanjenje kao
uslov za ulazak u evroatlantske integracije.
Iz gore navedenog proizlazi da je medjunarodni polozaj Srbije i Crne
Gore, a posebno Srbije, veoma tezak i, na prvi pogled bezizlazan,
ukoliko ne pristine na moralno i teritorijalno sakacenje, tj. na ulazak
u evroatlantske organizacije sa genocidnom stigmom i teritorijalnom
zrtvom.
Zbog odsustva i minimalne svetske i evropske ravnoteze, prepusteni smo
volji, ili bolje reci samovolji, zapadnih centara moci, koji vojno,
politicki, ekonomski i medijski kontrolisu ceo region i diktiraju svoje
uslove saradnje i organizovanja. Nas nezavidan strategijski polozaj jos
vise otezavaju vazalni i epigonski odnos zvanicne vlasti posle
petooktobarskih politickih promena prema svemu sto dolazi sa Zapada i
duboka podeljenost gradjana Srbije na dva antagonisticka dela. Istorija
nas nije postedela tog endemskog prokletstva ni u sadasnjem mozda
najkriticnijem trenutku naseg postojanja kao modernog naroda.
Postavlja se pitanje postoji li neki drugi izlaz iz sadasnje pat
situacije za nasu zemlju i narod osim izlaza kojim je krenula vlast
posle 5. oktobra 2000. godine i nacina
na koji je to cinila. Izlaz koji bi bio manje bolan, manje
ponizavajuci, manje degradirajuci i manje gubitnicki?!
U potrazi za alternativnim putem, treba da podjemo od toga sta
spomenuti zapadni centri moci, kao i nasi susedi, znace za nas i sta mi
znacimo, ili mozemo da znacimo za njih. Treba se osloboditi
defetisticke predstave da su medjunarodni odnosi, posebno bilateralni,
jednosmerna ulica, tj. da u njima postoji samo davanje bez uzimanja,
samo izvrsavanje bez pregovaranja, samo zaduzivanje bez protivusluga.
Moze da zvuci paradoksalno, s obzirom na to da je svet u celini usled
jacanja intervencionisticke politike SAD I NATO, postao manje stabilan
i sa neizvesnijom buducnoscu, ali upravo takav razvoj pruza nam
potencijalne mogucnosti za oslobadjanje od "pretesnog zaketa" i
dobijanje nesto sireg manevarskog prostora. Naime, antiteroristicki rat
koji SAD vode na planetarnom planu protiv najcesce nevidljivih
neprijatelja, nepredvidivih namera i akcija, zahtevace od SAD da sto
pre ucvrste nedovoljno stabilizovane regione, u koje spada i Balkan,
kako bi se mogle u punijoj meri posvetiti obracunavanju sa glavnom
opasnoscu. S druge strane, u meri u kojoj ce se obracuni sa terorizmom
rasplamsavati, ti obracuni ce neizbezno poprimati - zelelo se to ili ne
- sve ozbiljnije crte sukoba sa radikalizovanim islamskim svetom, sto
moze voditi slabljenju americkog poverenja i oslanjanja na
tradicionalne islamske zemlje i saveznike.
Posto se stabilizovanje Balkana kao hitne potrebe americke globalne
strategije ne moze ni valjano ni trajno postici bez nase zemlje kao
njegovog geografskog sredista, njen znacaj i ulog u americkoj politici
srazmerno ce jacati, posebno u svetlu glasanja americkih Albanaca za
Busovog izbornog protivnika i uticaja islamskih fundamentalista na
muslimanski zivalj na Kosmetu, u BiH i Albaniji. Zbog tog neocekivanog
povoljnog vetra u nasa usamljena jedra, verovatno se priblizava
trenutak kada ce SAD poceti da shvataju da samo sa nasom zemljom, a ne
bez nje, a jos manje protiv nje, mogu da postignu zeljenu regionalnu
stabilnost koja ce na duzi rok garantovati bezbednost njihovih interesa
i biti pouzdani oslonac njihovog ukupnog prisustva.
Zbog perspective ovakvog moguceg zaokreta SAD prema nasoj zemlji i
njenim interesima, bilo bi nepromisljeno i stetno koristiti americku
zaokupljenost u Iraku i na Bliskom istoku za igranje na kartu Evropske
unije protiv SAD na Balkanu, jer je njihova politika prema nasoj zemlji
na duze vreme komplementarna i tesno sinhronizovana. Cak i ako SAD,
zbog svojih novih prioriteta, prepuste EU vecinski uticaj i
angazovanost na Balkanu, njihovi zajednicki ciljevi prema nama ostace
neizmenjeni, jer su identicni i dugorocni.
Iako u najnezahvalnijem medjunarodnom polozaju u poslednjih sto godina,
nasa zemlja poseduje realni partnerski potencijal, znacajan
geostrategijski polozaj i nezanemarljiv demografski i ekonomske
prostor, sto je cini privlacnom za druge i daje joj solidnu pocetnu
pregovaracku poziciju. Ali, da bi se taj potencijal mogao korisno
valorizovati u odnosima sa drugima, potrebno je prethodno ispuniti neke
neophodne uslove.
III Strategijske premise
Polazeci od svega sto je napred receno, strategija nase zemlje u
oblastima spoljne politike i medjunarodnih odnosa treba da se zasniva
na sledecim premisama:
1. U odnosima i saradnji sa susednim zemljama i zapadnim centrima moci
ne smemo niposto da prihvatimo da smo "porazena" zemlja i narod, sto
nam se sugerise preko nastavljanja politike uslovljavanja, pretnjama
novom izolacijom, neizbalansiranom politikom i praksom Haskog tribunala
i insistiranjem BiH i Hrvatske na tuzbama za agresiju i genocid kod
Stalnog medjunarodnog suda pravde u Hagu. Utoliko vise sto cinjenice ne
potkrepljuju takvo stanoviste:
a) Sporazum u Dejtonu je postignut na bazi kompromisa tri zaracene
strane, a ne na bazi pobede bilo koje od njih.
b) Kosovo i Metohija je agresijom NATO fakticki otrgnuto od Srbije, ali
njen suverenitet nije osporen a privremenu administrativnu vlast nad
njim imaju OUN, pred cijim autoritetom je NATO na kraju morao da
ustukne.
c) Hrvatska je odnela vojnu pobedu nad Srbima u Kninskoj krajini, ali
je to postigla nasilnim zauzimanjem Zona pod zastitom mirovnih snaga
OUN i vrsenjem ratnog zlocina najveceg etnickog ciscenja u gradjanskim
ratovima na prostoru ranije SFRJ.
Uprkos tim nespornim cinjenicama, zapadni centri moci uporno nastoje da
tendencioznim prikazivanjem dogadjaja tokom jugoslovenske krize i
angazovanjem nekih nasih nevladinih organizacija koje sirokogrudo
sponzorisu, kao i nekih politickih licnosti iz vlade DOS,
indoktriniraju nasu javnost da su Srbi i Srbija porazena strana i da
zbog toga treba da izvrse tzv. katarzu i prihvate sve posledice koje iz
poraza proizlaze. Zato je od vitalne vaznosti za nas narod i drzavu da
se takvim nastojanjima najodlucnije i argumentovano suprotstavljaju.
2. Bez obzira na takve pokusaje zapadnih centara moci, nasa zemlja
treba da razvija afirmativan prilaz prema razvijenom svetu i procesima
njegove integracije i da nastoji da, pod ravnopravnim uslovima, u
dogledno vreme bude njihov sastavni deo. Pored vlastitih interesa da
nas vide u svojim okvirima, ti centri moci, a narocito Evropska Unija,
imaju i nemerljiv istorijski dug prema nasem narodu i drzavi, jer su
pre cetrnaest godina najneposrednije doprineli dezintegrisanju i
rasturanju dotle najintegrisanijeg dela na evropskom kontinentu - SFRJ,
ciji nivo zajednistva EU jos nije dostigla niti ce uskoro dostici.
3. U razvijanju odnosa i saradnje sa susedima i drugim zemljama, a
posebno sa integracionim celinama, moramo se cuvati oba opasna
ekstrema: kako konfrontacije tako i kapitulacije. Oba predstavljaju put
bez povratka. Politika konfrontacije vodi u razvoj koji se najcesce ne
moze kontrolisati, sto je protivno principu predvidivosti u spoljnoj
politici. A politika kapitulacije spusta nas odmah ispod praga
ravnopravnosti sa drugim zemljama i nase osnovne nacionalne i drzavne
interese ostavlja nezasticenim i na volju drugima. Zato vodeca i trajna
maksima nase spoljnopoliticke strategije mora biti: ni konfrontacija ni
kapitulacija. Samo realna i odgovorna, principijelna i racionalna,
nacionalna i internacionalna spoljna politika moze nas zastititi od oba
ova ekstrema. Taj srednji put je ne samo respektabilan nego i jedini
moguc ukoliko zelimo da budemo subjekat a ne objekat u medjunarodnom
zivotu.
4. Spoljnopoliticka strategija svake zemlje mora se zasnivati na
postovanju vlastite nezavisnosti, suvereniteta i teritorijalne
celokupnosti. Nije slucajno sto svi ustavi modernih drzava sadrze takvu
afirmativnu odredbu. Te vrhovne vrednosti mogu biti ogranicavane ili
smanjivane samo slobodnim pristankom drzave u pitanju, a ne nametanjem
sa strane. Nazalost, nasa drzavna zajednica, a posebno Srbija, vrvi
upravo od primera spoljnog nametanja ogranicenja nezavisnosti i
suvereniteta nase zemlje, kao i pritiscima da pristine na gubitak
jednog dela svoje drzavne teritorije. To je razlog vise da ove vrhovne
vrednosti zauzmu u nasoj spoljnoj strategiji primarno mesto i budu
nedodirljive za druge. Odricanje od dela nezavisnosti i suvereniteta
radi integrisanja u moderni svet moze biti samo akt slobodne volje nase
zemlje, dok se odricanje od Kosova i Metohije ili bilo kog drugog dela
teritorije nase zemlje mora zabraniti i iskljuciti posebnom ustavnom
odredbom.
5. Kao sto se ne moze kvalifikovano i respektabilno ucestvovati u
medjunarodnom zivotu bez postovanja vlastite nezavisnosti, suvereniteta
i teritorijalnog integriteta, isto tako ne moze se steci uvazavanje
nacionalnih i drzavnih interesa od strane drugih zemalja i
integracionih celina bez insistiranja na jednakosti i ravnopravnosti.
To je sine qua non medjunarodnih odnosa. Pristanak na manje
ravnopravnosti ili cak prihvatanje neravnopravnosti u odnosima sa
drugim zemljama, sto se, nazalost, desavalo i desava i sa nasom
zemljom, predstavlja recept za siguran poraz u odbrani vlastitih
interesa i ciljeva. Princip ravnopravnosti nije nikakav akademski ili
teoretski hir, vec uslov koji izvire iz same prirode medjunarodnih
odnosa. Zemlja koja se striktno ne drzi tog principa, ne moze ocekivati
da ce njenu ravnopravnost postovati drugi. Nasa zemlja mora sto pre da
se izbori za ravnopravni polozaj i tretman, sto podrazumeva mnoge
korekcije u strategiji dosadasnje spoljne politike.
6. Zemlja koja cvrsto ne stoji iza svojih najvisih vrednosti i ne
insistira na ravnopravnosti u medjunarodnim zivotu, ne moze ni da tvrdi
da joj je stalo do svog dostojanstva. Stalno vodjenje racuna o
dostojanstvu zemlje nije stvar nacionalne sujete ili puke forme, vec
imperative real politike, cije potcenjivanje neminovno proizvodi stetne
posledice za zemlju. Dostojanstvo zemlje je sinonim za njenu
nezavisnost i suverenitet. U praksi nase zemlje ima primera da se
strani ambasador poziva na sednice vlade, ili da se strani drzavljani
zaposljavaju na visokim polozajima u kljucnim ministarstvima. Puna
konfuzija i kakofonija slobodnih razmisljanja i neutemeljenih predloga
postoje u vezi sa Kosovom i Metohijom. Takva praksa nije preporuka
drugima da nasu zemlju uzmu ozbiljno, ali jeste zahvalan motiv i poziv
zainteresovanim spoljnim ciniocima da nasu politicku nesredjenost i
neorganizovanost iskoriste protiv nasih interesa i ciljeva.
7. Nerazdvojno od dostojanstva zemlje je pitanje reciprociteta. Odnosi
elementarne jednakosti medju drzavama ne mogu se odrzavati bez primene
reciprociteta. Zemlja koja to ne cini ili cini neredovno, fakticki se
odrice dela svog suvereniteta. Propustanje primene reciprociteta
narusava ravnotezu u odnosima i otvara vrata drugim pritiscima i
ustupcima. Nazalost, u poslednje cetiri godine nasa zemlja se vise puta
odricala reciprociteta u odnosima s pojedinim zemljama, sto ni u jednom
slucaju nije bilo kompenzirano, a u primeru povlacenja protivtuzbe za
genocide protiv Hrvatske kod Stalnog medjunarodnog suda pravde u Hagu
nas tadasnji ministar spoljnih poslova je procesno ravnopravan polozaj
nase zemlje samovoljno, potezom pera, pretvorio u neravnopravan i time
bitno otezao nasu dalju odbranu.
IV Strategija u tekucoj spoljnoj politici
Samo ako u odnosima sa drugim zemljama i organizacijama imamo pred
ocima sve spomenute premise i od njih ne odstupamo bez unapred
osigurane adekvatne protivnaknade, nasa zemlja moze racunati na casno
mesto u medjunarodnim odnosima koje joj po definiciji pripada.
1. Nase nesumnjivo opredeljenje za evropske integracije ne sme da bude
razlog za odustajanje od nekih od spomenutih premise, vec dodatni motiv
da na njima s punim pravom insistiramo. Tim vise sto pregovori za
uclanjenje u EU ili u Partnerstvo za mir odrazavaju uzajamnost
interesa, a ne povlascenost jedne i podredjenost druge strane. To
konkretno znaci da ne treba da ulazimo u pregovore ako oni unapred
dovode u pitanje - posredno ili neposredno - teritorijalnu celokupnost
Srbije ili se od nas ocekuje da pristanemo na manje ravnopravan polozaj
nego ostale zemlje u regionu i Istocnoj Evropi. Da smo se toga drzali i
sacekali da EU i NATO prve iskazu svoj interes za institucionalno
povezivanje s nasom zemljom (koji nije manji od naseg interesa da se u
njih jednog dana integrisemo), bili bismo u mnogo ravnopravnijem
polozaju i ne bismo morali da ispunjavamo teske uslove pre otpocinjanja
pregovora. Posto se najvise spekulise sa buducim statusom Kosova i
Metohije, u pregovore sa spomenutim organizacijama treba da udjemo tek
posto od njih dobijemo precizna i javna uveravanja da priznaju
integralne granice Srbije sa Kosmetom kao njenim nerazdvojnim delom.
Svako precutkivanje tog pitanja s nase strane i propustanja da takvo
uveravanje zatrazimo, bice tumaceno kao najava naseg odricanja od te
Pokrajine.
2. Kao i sa EU, nasi buduci odnosi sa NATO ne smeju da budu na nasu
stetu. Oni bi to sigurno bili ako bismo odustali od tuzbe protiv deset
zemalja NATO pred Stalnim medjunarodnim sudom u Hagu bez istovremenog
povlacenja spomenute tuzbe BiH protiv nas pred istim sudom. Argumenat
NATO da nije logicno da trazimo clanstvo u Partnerstvu za mir i
istovremeno insistiramo na spomenutoj tuzbi veoma je neubedljiv u
poredjenju sa dva milenijuma starim pravnim pravilom o obavezi naknade
stete i moralnim i politickim dugom NATO da nasoj zemlji nadoknadi
stetu koju je pocinio tokom nezakonitog tromesecnog bombardovanja. Ako
bismo povukli spomenutu tuzbu bez spremnosti NATO da nadoknadi
pricinjenu stetu, to bi znacilo posredno saglasavanje sa opravdanoscu
agresije protiv nase zemlje. Neubedljivost argumenta NATO ogleda se i u
tome sto su SAD ultimativno trazile da uspostavimo diplomatske odnose i
razvijemo bilateralnu saradnju sa BiH bez obzira na to sto je pred
istoimenim medjunarodnim sudom protiv SRJ podnela tuzbu za agresiju i
genocid. Ako su SAD i druge vodece zemlje NATO stajale na stanovistu da
ta mnogo neugodnija i teza tuzba nije prepreka za institucionalizovanje
nasih bilateralnih odnosa i saradnje sa BiH, zasto onda smatraju da
nasa mnogo bezazlenija tuzba za naknadu stete predstavlja nepremostivu
prepreku za institucionalizovanje saradnje nase zemlje i NATO.
3. Nezavisno od toga da li ce EU i NATO uvazavati nase drzavne
postulate (teritorijalni integritet Srbije i ravnopravni tretman), ili
ce ih ignorisati i nasu kandidaturu za clanstvo uslovljavati nasim
pristankom na odvajanje Kosmeta od Srbije, nasa zemlja treba da ima,
kao svaka odgovorna zemlja, alternativna resenja koja ce je zastititi
od eventualne izolacije i garantovati nesmetan i bezbedan razvoj.
Ta alternativna resenja logicno se nude i sastoje se iz:
a) prosirivanja trgovinskih povlastica EU na neodredjeno vreme,
b) razvijanja ekonomsko-strategijskog partnerstva sa Rusijom, Kinom,
Ukrajinom, Belorusijom, Indijom, Japanom i Brazilom i aktiviranja
ekonomske saradnje sa tradicionalno prijateljskim zemljama u tzv.
trecem svetu,
c) prosirivanja trgovinskih i ekonomskih odnosa sa SAD i zakljucivanja
posebnog vojnog ugovora o iznajmljivanju jedne ili dve vojne baze
(ukljucujuci i Bondstil), na ograniceno vreme, uz odgovarajucu novcanu
naknadu, po ugledu na slicne ugovore koje su sa SAD ranije zakljucile
Turska, Grcka ili Spanija,
d) ponude zakljucenja regionalnog pakta o nenapadanju i pretvaranju
Balkana u zonu mira, stabilnosti i ravnopravne saradnje.
Takvim alternativnim resenjima nasa zemlja bi zadrzala aktivnu i
konstruktivnu politiku, "kupila" neophodno vreme i sacuvala perspektivu
povratka na prioritetno resenje - ravnopravno i integralno prikljucenje
evropskim integracijama i Partnerstvu za mir ako se i kada se za to
stvore povoljniji uslovi.
V Nacionalni konsensus i vlada nacionalnog spasa
Medjutim, ni prioritetno opredeljenje ni alternativna resenja nece biti
na vidiku realnih mogucnosti ako se nasa zemlja prethodno ne preuredi i
organizuje, privreda ne izadje iz umrtvljenosti i stabilizuje, narod ne
ozdravi od proslosti i endemski dubokih podeljenosti i zemlja ne
definise minimum najbitnijih nacionalnih i drzavnih interesa i pocne da
ih stiti i objasnjava jednim glasom.
Da bi nasa zemlja delovala uverljivo na druge, mora prvo da stekne
izgubljeno poverenje u sebe. Ne postoji drugi efikasan i plodotvoran
nacin da se to postigne do ostavljanja proslosti na miru, prevladavanja
istorijskih i novih podela i zakopavanja ratnih sekira od strane
politickih stranaka.
Pred monumentalnim zadacima obnove i sveukupnog stabilizovanja nase
zemlje, bez cega zastita i ocuvanje osnovnih nacionalnih i drzavnih
interesa nisu realno moguci, nijedna politicka stranka, sama ili u
koalicijama sa drugim slicnim strankama, ne moze da ponese teret
odgovornosti. To moze da ucini samo istorijski dogovor svih politickih
stranaka zastupljenih u parlamentu o obrazovanju vlade nacionalne sloge
ili nacionalnog spasa sa prihvatanjem moratorijuma na stranacke
aktivnosti za period od tri - pet godina, tokom kojeg bi se vlada
nacionalne sloge usredsredila na resavanje kljucnih nacionalnih i
drzavnih pitanja, oko kojih bi prethodno bio postignut cvrst i trajan
nacionalni konsensus. Sto pre dodje do takvog svestranackog sporazuma,
to bolje za Srbiju i nas narod. Ako su sindikati Leha Valense i general
Jaruzelski mogli da prevazidju dubine medjusobnih podela i postignu
poljski istorijski sporazum, koji je Poljsku izvukao iz opasnog
antagonizma i beznadja i stavio je na sine brzog napretka, zasto bi za
nase politicke stranke takvo nacionalno jedinstvo u ime visih narodnih
i drzavnih interesa bilo nemoguce? Vreme je da biraci testiraju
politicke stranke na takvom zadatku.
1. USA DEMOKRATE ORGANIZOVALE A BND PREPUSTIO SRBE ŠIPTARSKOM ZULUMU
(S. Nikolic)
[ Kosovo / pogrom: i democratici USA organizzano ed il servizio segreto
tedesco esegue... ]
2. KFOR I UNMIK, VIDE, CUJU I ZNAJU ALI IH NE ZANIMA (S. Nikolic)
[ Kosovo / terrorismo islamista: la KFOR e l'UNMIK vedono, sentono e
sanno tutto, ma si guardano bene dall'intervenire... ]
--- 1 ---
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-22.html
USA DEMOKRATE ORGANIZOVALE A BND PREPUSTIO SRBE ŠIPTARSKOM ZULUMU
Cuprija, 21. novembar 2004. godine
Pise: S. Nikolic
Drugi kanal nemacke državne televizije ZDF, prikazao je 19. novembra
emisiju koja dokumentuje da je BND tri nedelje pre progoma Srba marta
ovde godine znala da Šiptari planiraju nasilje. Izvor ove informacije
televizije ZDF je Šamsedin Džezairi "Komandant Hodža" koga je APIS
GROUP još 2001. godine odmah nakon teroristickih napada na SAD,
identifikovala kao jednog od nosioca teroristickih aktivnosti
teroristicke ONA u Republici Makdoniji i ukazala na njegovu vezu sa Al
Kaidom. Džezairi je prema televiziji ZDF saradnik BND i ova služba je
slušanjem njegovih razgovora imala podatke o predstojecem nasilju
šiptarskih terorista.
Naravno, odmah su usledili demantiji BND-a ali iz izvori u samom vrhu
nemackog obeveštajno-bezbednosnog sistema kažu, da je Džezairija od
BND-a preuzela nemacka Savezna vojna-obaveštajna služba (AFBN) i da se
on sada nalazi pod njenom zaštitom. Emisija na ZDF-u je rezlutat
osvete AFBN-a BND-u zbog nedostavljanja vitalnih podataka o pripremama
za nasilje. Nepripremljeni, nemacki vojnici u Prizrenu izvrgnuti su
ruglu, a sve to kao i progom Srba moglu su da budu izbegnuti samo da
je BND blagovremeno dostavio informacije nemackoj vladi i
prijateljskim službama. Tragajuci za organizatorima i pociniocima
martovskog nasilja a u cilje sprecavanja neceg slicnog pripadnici
AFBN-a su naišli na Šemsadina Džezairija i to je bila odlicna prilika
da se rivali iz BND-a udare po prstima.
Da spasu kolege bruke, pripadnici austrijske obaveštajne sužbe koja je
i inace pod kontrolom BND-a, odmah sutradan su preko narucenog teksta
u listu "Prese" cijoj se redakciji Džezairi "navodno" javio telefonom
plasirali informaciju da on nije bio direktno ukljucen u pripremu
martovskog nasilja nad Srbima, i da je samo sagledavajuci opštu
situaciju na KiM upozoravao da bi "stanje na Kosovu moglo da se
radikalizuje i da je dovoljna samo jedna varnica da dodje do
eksplozije" skidajuci time posredno odgovornost sa BND-a, koja i da je
imala tekve informacije, imala bi u obaveštajnom žargonu "plast sena"
ali ne i "iglu u njemu", tj. vreme, mesto, nacin, imena organizatora i
sl., kako bi nasilje bilo predupredjeno.
Džezairi, za koga "Prese" po nalogu austirjske obaveštajne službe
tvrdi da je bio saradnik americke CIA, naveo je da je u pripremu
martovskog nasilja na Kosovu bio ukljucen Savez veterana bivsih
pripadnika OVK. Taj Savez organizovao je demonstracije i protiv UNMIK-a
pred dramaticne martovske dogadjaje, podsetio je becki list. Ono sto
austrijska obaveštajna služba skriva jeste da je Džezairi clan
rukovodstva Savez veterana bivsih pripadnika OVK i da je neposredno
ucestvovao u planiranju i organizovanju demonstracija protiv NUMIK-a.
Takodje, plasirana je laž da Džezairi nije neposredno ucestvovao u
martovskom progomu Srba. Njega je Uprava za analitiku Resora javne
bezbednosti MUP-a Srbije identifikovala kao komandanta operacija
siptarskih terorista od 17.-19. marta u Uroševcu i Prizrenu.
Ono što je tacno u navodima lista jeste da je Savez veterana bivsih
pripadnika OVK bio ukljucen u pripremu martovskog nasilja na Kosovu
ali "Prese" iz razumljivih razloga ne istražuje dalje, jer kad bi
istraživao došao bi do podatka da je konce aktivnosti ove organizacije
u dogadjajima od 17-19. marta u svojim rukama držao i vukao Ramuš
Haradinaj, terorista, kriminalac, zlocinac i kandidat za novog
premijera, pod protektoratom ili bolje receno okupacijom Kosova i
Metohije.
Medjutim, pripadnici Savez veterana bivsih pripadnika OVK nisu jedini
koji su ucestvovali u martovskom progomu Srba. U tome su ucestvovali i
pripadnici KZK, KPS, razne grupe kriminalaca, pripadnici šiptarske
obaveštajne službe koja je pod kontrolom Hašima Tacija…Svi oni,
precizno su bili vodjeni iz štaba nadomak Gnjilana kojim je rukovodio
Vilijem Voker "stari prijatelj" srpskog naroda. Tu je skrojen plan da
masovno nasilje šiptarskih teorista pocne nekim inskonstruisanim
dogadjajem koji može da motiviše masu na nasilje i sakrije prave
motive. Kao inskonstruisani povod je osmišljen masakr sopstvene dece,
datum 11. mart, mesto selo Žitinje kod Klokot Banje. Nekoliko dana pre
toga, šiptarski teoristi su ukrali predajnik RTS-a kako srpska TV slika
sa KIM ne bi bila moguca a Keti Morton urednica CNN-a, inace supruga
Ricarda Holbruka imala je zadatak da na ovoj televiziji bespomucno
vrti snimke masakrirane šiptarske dece optužujici Srbe za to.
Medjutim, umešala se sreca i samo je ona decu spasla masakra a Srbiju
odgovornosti. Naime, na osnovu prijave jednog starijeg Šiptara UNMIK
policija je pokraj zgrade osnovne skole u koju idu siptarska deca,
pronasla kanistere za benzinom, a na terasi obliznje prazne srpske
kuce, detonator koji su specijalizovane ekipe policije demontirale.
Ovu informaciju su istog dana objavili neki siptarski elektronski
mediji, a 14. marta nju je zvanicno potvrdio i UNMIK. Sve to sasvim
jasno govori da su siptarski teroristi bili spremni da eksploziv
aktiviraju, zapale benzin, sprze decu a potom da od Kosovske Vitine
krenu u pogrom Srba koje bi optuzili da je masakr dece njihovo delo!
Na novu priliku se nije dugo cekalo. Povod je bio davljenje šiptarskih
decaka u reci Ibar koje je veštom manipulacijom Vokerovog štaba
iskorišceno i prikazno kao delo srpskih ekstremista koji su psima
naterali decake u vodu. Citavu pricu osmislio je bivši prpadnik
teroristicke OVK Haljit Barani i kao takvu je plasirao medijima na
albanskom jeziku, a iz Vokerovog štaba ona je dostavljena Keti Morton
koja je koristeci ovu globalnu TV stanicu prionula na posao pošteno
odradjujuci svaki dolar koji njen suprug dobije od šiptarskih
terorista i kriminalaca.
U isto vreme Hašim Taci, koji se u SAD našao po savetu svojih
prijatelja Servera, Klarka i Holbruka kako bi mu demokrate pružile
alibi i neophodnu zaštitu ako se desi nešto nepredvidjeno, na
Americkom institutu za mir, federalnoj državnoj instituciji SAD, koja
se krajnje degenerisala pod demokratama i postala leglo soroševaca i
antisrba kakav je Danijel Server, izgovara reci:" Ocekujem da ce 2005.
biti godina odluke o nezavisnosti Kosova i to ce biti u interesu
zapadnih demokratija. Samo vam prenosim volju naroda, politicari mogu
da cekaju, ali narod Kosova gubi strpljenje zbog nedostatka
odlucnosti", na KiM i tada pocinje eskalacija masovnog šiptarskog
nasilja. Tu frazu da Šiptari gube strpljenje zbog nerešenog statusa
KiM, danima su posle ponavljali kao papagaji svi njihovi politicari, a
navodno davljenje dece za koje su Srbi krivi bila je kap koja je
prelila cašu.
Vokerov štab je bio ona tacka u kojoj su se sticale linije
medijsko-lobistickih izvršilaca u SAD i komanadanata užasnog masovnog
nasilja nad Srbima širom KiM. Ruke svih bile su odrešene koliko je
dopuštao ovaj penzionisani oficir CIA sa dobrim vezama u ovoj agenciji
medju onima koji perferiraju Demokrate, tj. insajederima demokrata u
okviru CIA. Stratezi ove operacije koji su se nalazili na relaciji
Vokerov štab - Demokrate SAD, svesni da ce masovno nasilje izazvati
nepovoljne rekacije u zapadnim medijima, odnosno da ce biti teško tako
nešto pokriti dotadašnjim propagandnim stereotipima, pa makar to bilo
i navodno nasilno davljenju decaka, prateci situaciju u centralnoj
Srbiji, odlucili su da proizvedu dogadaj kojim ce biti ublažen loš
efekat i uspostavljena ravnoteža prestupa. Na ruku su im išle konfuzija
vlade, konfuzija u medijima, sasvim opravdana jaka emotivna reakcija
gradjana i njihov masovan izlazak na ulice. To je teren koji uz
prethodnu organizaciju mreže koju je izvršila šiptarska obaveštajna
služba omogucavao relativno lako izvršavanje postavljenog zadatka.
Akcija "uspostavljanja ravnoteže prestupa" trebalo je da se izvede u
tri grada: Beograd, Niš i Leskovac. Leskovac je naknadno otpao ali su
u Beogradu i Nišu "proizvedeni vrlo upotrebljivi dogadjaji". Kad je
rec o Beogradu, bile su planirane paljevine RTS-a, PINK-a i televizije
B92 koje su istina za volju jako loše i konfuzno izveštavale o
dogadjajima na KiM i emotivna reakcija ljudi na to je trebala da bude
iskorišcna veštom manipulacijom saradnika šiptarske obaveštajne
službe. Takodje, planiran je jak masovni napad na ambasadu SAD. Vecina
od ovih zamisli je sprecena delovanjem srpskih ljudi iz senke...
Nažalost, u Beogradu i Nišu su zapaljene džamije i to se desilo pre
svega zbog loše reakcije policije, a ti dogadjaji su zaista dobrim
delom u svetskom javnom mnjenju prekrili ono što se dešavalo na KIM
17.- 19 marta.
Kad se sve vezano za 17.-19. mart sabere, Šiptarski teroristi su
pobednici. Ubijeno je 19 Srba, preko 1000 je povredjeno, protereno
2.500 i bez ikakve nade su za povrata uprkos obecanjima tzv.
medjuanrodne zajednice, uništene su crkve, kuce... I pored obecanja
UNMIK-a da ce svi organizatori i izvršioci nasilja nad Srbima biti
izvedeni pred lice pravde to se do danas nije desilo. Emisiju ZDF-a
treba shvatiti kao svojevrstan poziv svima onima koji politicki
odlucuju na globalnom nivou da se suprostave šiptarskom terorizmu jer
sutra taj terorizam može biti usmeren prema njihovim vojnicima. A, kad
je rec o BND-u i skrivanju infomacija, nije im ni zameriti, oni su
godinama gajili, obucavali i slali s lanca na Srbe razne ustaške i
šiptarske krvoloke. Jedino možda, jer su sada zaista provaljeni,
njihov direktor gospodin August Hanning ako ima imalo casti, i ako je
imalo špijun džentlmen, treba da podnese ostavku.
Izvestaj ZDF Televizije je dostupan na adresi:
http://www.heute.t-online.de/ZDFheute/artikel/2/0,1367,HOME-0-
2220514,00.html
Video reportaza ZDF sa izjavama Semedina Dzezairija se mose
pogledati u Real Video formatu na:
http://rstreaming.zdf.de/zdf/56/041118_kosovo_hjo.ram
--- 2 ---
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-30.html
KFOR I UNMIK, VIDE, CUJU I ZNAJU ALI IH NE ZANIMA
Beograd, 28. novembar 2004. godine
Pise: S. Nikolic
Predsednik SNV severnog Kosova dr. Milan Ivanovic i potpredsednik ove
organiizacije dr. Rada Trajkovic, ponovili su juce po ko zna koji put
da na KiM deluje Al Kaida, i da je povezana sa smim vrhom šiptarskog
teroristicko-separatistickog pokreta. Isto tvrde brojni nezavisni
zapadni eksperti za terorizam, medjutim zvanicnike iz njhovih zemalja
to kao da ne zanima.
Dr. Milan Ivanovic je napomenuo da u južnom delu Kosovske Mitrovice
deluje islamska teroristicka grupa 'Abu Bekir Sidik' i možda je ovo
prilika da se šira javnost upozna sa jednom od islamskih teroristickih
grupa koje deluju na KiM.
Bela Al Kaida
Na celu 'Abu Bekir Sidika' nalazi se Ekrem Avdija poznat pod nadimkom
"Abusheib", rodjen 18.07.1971. godine u Kosovskoj Mitrovici. Ekrem
Avdija je diplomac Teološkog fakulteta iz Medine na koji je otišao kao
stipendista Saudijske Arabije, i svršeni kursista teroristickih kampova
Host u Avaganistanu i Abu Bekir Sidik u Jablanici kod Tešnja - BIH.
Islamska teroristicka grupa "Abu Bekir Sidik" nazvana je po istoimenom
mudžahedinskom odredu koji je 1998. godine izvodio teoristicke akcije
na KiM. Ovaj odred kojim je takodje komandovao Ekrem Avdija osnovan je
uz pomoc Abdulaha Duhajmana, rukovidioca navodne humanitarne
organizacije "Biro za islamski poziv" koja je delovala u BiH i bila
direktno finansirana od Saudijske Arabije. Duhajman se danas nalazi u
zatvoru u Alžiru i identifikovan je kao jedan od ljudi Osame Bina
Ladena, tj. kao terorista pripadnik Al Kaide.
Vojevanje odreda Abu Bekir Sidik koji je sacinjavalo oko 120 terorista
iz Saudijske Arabije, Egipta, Albanije i Irana nije bilo dugog veka.
Akcijama policije Srbije u jesen 1998. godine teroristicka OVK je bila
skoro potpuno razbijena a s njom kao njen integralni deo i odred Abu
Bekir Sidik. Ekrem Avdija, njegov zamenik Špend Kopriva i Nedžmedin
Lauš, uhapšeni su 18. avgusta iste godine u pokušaju da ilegalno predju
na terirtoriju Albanije. Tom prilikom kod njih je pronadjena veca
kolicina naoružanja, vojne opreme, rucnih bombi, kao i veci broj audio
i video kaseta propagandne sadržine, koje pozivaju na sveti rat protiv
nemuslimana - džihad.
Izlazak na slobodu zahvaljujuci SAD
Zbog teroristickog delovanja su Avdija, Kopriva i Lauš, osudjeni
pravosnažnim presudama na višegodišnje zatvorske kazne, ali su, 2001.
godine, pod pritiskom pre svega SAD, koji je izazvan delovanjem
Albansko-americke civilne lige, zajedno zajedno sa drugim teroristima
iz OVK pušteni na slobodu.
Po izlasku iz zatvora, Ekrem Avdija je nastavio da vodi "Kosovski
islamski biro" osnovan još januara 1998. godine u Kosovskoj Mitrovici
uz pomoc Duhajmana i Saudijske Arabije. Biro, i danas , kao i tada,
služi kao maska za dostavljanje finansijskih sredstava, ideološko
pridobijanje i regrutovanja lica muslaminske veroispovesti za džihad, a
njegove ispostave nalaze se širom KiM.
Verska indoktrinacija, novac, regrutacija, obuka, mreže i bombe
Sedište islamske teroristicke grupe "Abu Bekir Sidik", nalazi se u
južnom delu Kosovske Mitrovice, u naselju Tamnik a najcešca mesta
sastanka njeih pripadnika jesu lokal Besa i hotel Palas na ulazu u
Kosovsku Mitrovicu.
"Abu Bekir Sidik" sacinjavaju oko 30 terorista medju kojima su: Špend
Kopriva, Muhamed Avdija, Sami Hoti, Alija Hoti, Besim Ismailji, Sami
Hoti, Ertan Bitici, Ahmet Hodža, Ljuljazim Imeri, Nežmedin Lauš, Arif
Krasnici...
Islamska teroristicka grupa "Abu Bekir Sidik", blisko saradjuje sa
teroristicko-kriminalnom grupom Rahmana Rame koja takodje deluje na
podrucju južnog dela Kosovske Mitrovice, a u realizaciji zajednickog
cilja - zastrašivanju i proterivanju srpskog stanovništva iz severnog
dela Kosovske Mitrovice.
Takodje, "Abu Bekir Sidik" održava i tesne veze sa "Aktivnom islamskom
omladinom", ekstremnom islamskom organizacijim iz BiH. Miniranje pruge
Raška-Kosovska Mitrovica i bacanje bombe na policijski punkt Mehov krš,
2003. godine jesu koordinirane akcije "Abu Bekir Sidika" i "Aktivne
islamske omladine", tj. njenih pripadnika iz Novog Pazara.
Kad je rec o saradnji sa drugim organizacijama iz "islamske
teroristicke internacionale", "Abu Bekir Sidik" blisko saradjuje sa
navodnom humanitarnom organizacijom "IGASA" cijim ispostavama u Skoplju
i Zagrebu rukovode alžirski državljani Džamel Larmani zvani Abu Musab,
koji je u vreme oružanih sukoba na KiM bio jedan od instruktora
teroristima iz odreda Abu Bekir Sidik, i Abu Muhamed. "Islamic Relief"
iz Saudijske Arabije takodje jedna od organizacija sa kojom je "Abu
Bekir Sidik" razvio punu saradnju. Inace ova humanitarna organizacije
je u dužem vremenskom periodu, regrutovala decu bez roditelja albanske
narodnosti sa Kosmeta i slala ih na teroristicku obuku. Odabir dece
vršio se uz nesebicnu pomoc "Kosovskog islamskog biroa" u hotelu Lion u
Uroševcu. Takodje nikako ne sme biti zaboravljena veza izmedju "Abu
Bekir Sidika" i pojedinih predstavnika navodne humanitarne organizacije
"El Džila", koji predstavljaju glavnu vezu izmedju sponzora terorizma
iz islamskih zemalja i terorista na KiM, jugu centralne Srbije i
Republici Makedoniji.
Teroristi iz "Abu Bekir Sidika" postavili su u severnom delu Kosovske
Mitrovice, 1. decembra 2003. godine, bombu velike razorne moci. Bomba
je bila postavljena u blizini trafo stanice udaljene samo pedesetak
metara od studentskih domova i igrališta Srednje tehnicke škole
"Mihajlo Petrovic Alas". Bomba je na vreme uocena i pozvana je UNMIK
policija, cije su je specijalne jeidnice blokade tog dela grada
demontirale.
Sve ovo kao da UNMIK policija i KFOR ne vide...Možda i ne vide zaista,
i to im se donekle može oprostiti... Ono što im se ne može oprostiiti,
jeste to što oni ne žele da vide ni ono što je ocigledno, i na sta im
preostali Srbi na KiM ali i eksperti za terorizam iz njihovih zemalja
stalno ukazuju!
Data: Mar 30 Nov 2004 09:15:16 Europe/Rome
Oggetto: [CNJ lista interna] 7/12 - la Yugoslavia a 5 anni dalle bombe
NATO
Rispondere-A: muqawama @ freemail.it
La Sala Visioni XM24, all’interno del ciclo di Rassegna “Visioni
Globali”, presenta:
LA YUGOSLAVIA A CINQUE ANNI DALLE BOMBE NATO:
DEGENERAZIONE AMBIENTALE E SOCIALE
TENTATIVI DI SOPRAVVIVENZA E RINASCITA
Proiezioni e dibattito pubblico sulla situazione yugoslava
MARTEDI’ 7 DICEMBRE
ORE 20,30
Presso la Sala principale
dell’ExMercato di Via Fioravanti 24 Bologna
<La propaganda NATO e le vere cause della guerra. La distruzione delle
infrastrutture economiche.
I danni incalcolabili a terra-aria-acqua prodotti dai bombardamenti
mirati sul petrolchimico e sulle raffinerie.
L’impossibilità per le popolazioni colpite di farvi fronte con i pochi
mezzi a disposizione. La riduzione in miseria e l’azzeramento di un
paese una volta avanzato.
Le risposte che la società civile tenta di dare a tutto questo.
Giornali e TV hanno smesso da tempo di parlare delle vicende di questo
paese, ma a cinque anni dal delitto, la situazione jugoslava è
tutt’altro che normalizzata, e la coscienza dell’Europa è ben lungi
dall’essersi ripulita.>
Interventi di:
Alberto Tarozzi (Scienziati contro la Guerra, Comitato
Gettiamo le Basi)
Sergio Coronica (Ass. Un Ponte Per)
Claudio Bazzocchi (I.C.S.)
Proiezioni di:
DANUBIO, L’EUROPA SI INCONTRA
di A.Bougleux e L.Rosini (Italia 2004) - 30’ - produzione
Osservatorio sui Balcani. Il viaggio nel 2003 di un’ampia
delegazione di ONG lungo il Danubio da Vienna con destinazione
Belgrado. Un vasto ecosistema fluviale e sociale messo in crisi da
conflitti e disastri.
TARGETING EARTH
di A.Piccinini e M.Ferrari – 12’– produzione Teleimmagini.
Videointerviste a Scienziati Contro La Guerra
BOMBE SULLE INDUSTRIE CHIMICHE
Danni Ambientali della Guerra alla Serbia
Sascha Adamek (Germania 1999) 43' versione italiana
L'impatto ambientale della strategia bellica
NATO nei Balcani, specie nelle città serbe
epicentro di gravi danni ambientali per causa
dei bombardamenti come Novi Sad, Opovo e
soprattutto Pancevo, vittima di attacchi mirati
e ripetuti ai suoi impianti chimici, città dove la
contaminazione ha toccato livelli micidiali,
dove oggi si continua a morire di cancro e
avvelenamenti, e per molto altro tempo ancora.
http://www.ecn.org/xm24/salavisioni/