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Mercenari / 1

Manovalanza pan-albanese per la guerra di mafia a Napoli e per la
guerra civile ad Haiti

1. Centinaia di «mercenari stranieri» sono i nuclei di fuoco dei clan
camorristi (R. Saviano, Il Manifesto)

2. Kosovo Liberation Army helps establish "protectorate" in Haiti
(Anthony Fenton, www.haitiaction.net)


=== 1 ===

Il Manifesto, 21/11/2004

L'armata albanese nella nuova guerra di Napoli

Centinaia di «mercenari stranieri» sono i nuclei di fuoco dei clan
camorristi

Un'alleanza organica consolidata ormai da anni tra clan campani e
famiglie mafiose albanesi sta recando vantaggi a entrambi, sia per
l'accesso alle «materie prime» della filiera della droga sia per il
controllo del territorio. E la guerra di camorra forse è solo all'inizio
ROBERTO SAVIANO
NAPOLI

La guerra di camorra scoppiata a Napoli nelle ultime settimane svela le
potenti alleanze internazionali dei clan napoletani. Per la prima volta
nella storia criminale italiana infatti i clan hanno fatto appello ad
un vero e proprio esercito mercenario straniero per combattere le
rivalità interne e rilanciare il controllo militare ed economico del
territorio. Paolo Di Lauro, il boss di via Cupa dell'Arco, uno dei più
potenti narcotrafficanti d'Europa, nei mesi scorsi ha chiesto alle
famiglie albanesi con cui da sempre è in contatto per l'importazione di
cocaina e hashish un aiuto militare per svolgere la sua personale
battaglia nel territorio di Secondigliano e di Scampia. Le famiglie
albanesi hanno risposto positivamente alla richiesta affidando i propri
soldati al comando del boss di Secondigliano. Circa trecento sino ad
ora sono gli uomini dei clan albanesi sbarcati in Campania, pronti a
combattere a fianco del clan Di Lauro contro gli scissionisti. Agiscono
velocemente e scompaiono, non hanno legami con il territorio, non si
nascondono nelle zone maggiormente presidiate, ricevono aiuti logistici
dai clan in questo momento meno ostili a Di Lauro come i Nuvoletta di
Marano, dormendo e muovendosi quindi lontano dall'epicentro della
guerra. Dispongono ovviamente di documenti falsi: nessuno di loro è
entrato in Italia clandestinamente; sono partiti mesi fa dall'aeroporto
di Rinas, controllato direttamente dai cartelli mafiosi di Durazzo, e
risultano regolarmente assunti in aziende del nord Italia e del
casertano.

Una forza micidiale

Questo esercito stipendiato da Di Lauro è una forza militare micidiale:
ma mostra anche la fragilità degli equilibri e delle alleanze della
camorra napoletana. Ciò che più d'ogni cosa teme oggi il clan Di Lauro
è il tradimento da parte dei propri alleati: un esercito «esterno»
direttamente pagato e controllato dal boss è la miglior garanzia di
fedeltà, ancor più perché dopo l'assolvimento dei compiti militari
questi uomini ritorneranno in Albania e non avanzeranno richieste sul
territorio per il sostegno concesso. La serie di agguati
«inspiegabili», come i colpi sparati il 6 novembre a Scampia contro
un'auto di sottufficiali di carabinieri fuori servizio, o gli spari
contro un finanziere il 14 novembre, potrebbero ascriversi ai killer
albanesi, che non essendo della zona non hanno riconosciuto i loro
obiettivi - o al contrario stanno irrigidendo il presidio del
territorio al punto da intervenire violentemente contro ogni presenza
delle forze dell'ordine, anche fuori servizio.

La camorra campana è legata da anni a doppio filo con i clan albanesi.
Le famiglie mafiose albanesi a più stretto contatto con i clan
napoletani e casertani sono quelle di Valona, Durazzo, Fier ed Elbasan.
L'alleanza ha avuto origine alla fine degli anni `90 quando i clan
albanesi hanno iniziato a radicarsi in Campania rendendosi disponibili
ad svolgere i ruoli più rischiosi e meno redditizi come il trasporto
della droga, il controllo della prostituzione, lo spaccio. I clan
albanesi hanno avviato il rapporto con i clan campani non innescando
mai situazioni di crisi, pagando sempre le percentuali sui profitti e
cercando un rapporto economico d'alleanza e mai di semplice connivenza.
Del resto la confederazione casalese nel casertano permise al defunto
boss albanese Kastrati Agim di sedere nella propria cupola. Attualmente
nella provincia di Caserta, a Mondragone, il boss Augusto La Torre (ex
pentito) sposando una donna albanese in seconde nozze sembra aver
ufficialmente permesso ai clan di Elbasan e Tirana di accedere con
poteri di dirigenza nel territorio del litorale casertano.

Per comprendere la forza delle alleanze tra mafia albanese e camorra
basterà ricordare che il famigerato «comandante Arkan» (il serbo
accusato di crimini contro l'umanità per i massacri in Bosnia) durante
gli anni della guerra nell'ex Jugoslavia chiese aiuto al boss Francesco
Schiavone detto Sandokan (così dice un'informativa del Sismi del `98)
per mediare con i clan albanesi che gli bloccavano in Kosovo le armi
acquistate in Macedonia e Turchia.

Il clan Di Lauro ha iniziato ad avere rapporti con i clan albanesi
attraverso l'importazione di droga, Paolo Di Lauro - prima come parte
dell'alleanza di Secondigliano, poi come boss autonomo - ha coltivato
rapporti con i clan di Fier e con i kosovari. In queste zone, secondo
indiscrezioni, ha iniziato da anni ad investire in raffinerie e
depositi, riuscendo a coinvolgere centinaia di persone nell'economia
della droga. Proprio nella zona di Fier sono stati bruciati i campi di
patate esistenti per riconvertirli a canapa indiana.

Napoli nei rapporti tra camorra e mafia albanese rappresenta uno snodo
centrale. Proprio grazie alla mediazione dei clan secondiglianesi e
soprattutto di Paolo Di Lauro i clan albanesi sono riusciti ad attivare
contatti diretti con i narcos colombiani, con cui Di Lauro ha da sempre
ottimi rapporti. Questi contatti hanno permesso agli albanesi di
importare dalla Colombia la pasta di coca, elemento fondamentale per la
raffinazione della cocaina. Prima della mediazione della camorra i clan
albanesi per produrre autonomamente droga erano costretti ad accedere
al mercato afghano, egemonizzato dai clan russi e dalla `ndrangheta che
ovviamente imponevano prezzi altissimi sui propri «prodotti primi»,
costringendo gli albanesi ad un mero ruolo di distribuzione. Grazie a
questa mediazione tra Colombia e Albania, Napoli è divenuta il centro
di un florido mercato capace di distribuire i propri prodotti in mezza
Europa.

Di Lauro ha saputo gestire al meglio questa sua capacità di grossista
capace di accedere sia ai cartelli produttori colombiani sia a quelli
albanesi, ed ha sfruttato questo suo doppio accesso per fondare un
patto internazionale da cui ha ricevuto come profitto diplomatico
prezzi convenienti e prodotti di prima qualità. In tal senso Cosa
nostra accede ad una parte dei traffici albanesi proprio grazie al boss
secondiglianese che per via dei suoi ottimi rapporti con i Nuvoletta
(clan di Cosa nostra in Campania) riesce a commerciare anche con la
mafia siciliana. Cosa nostra solo recentemente ha rivolto interesse al
mercato albanese e kosovaro, in passato preferì non investire in
Albania propri capitali conservando esclusivamente i canali
sudamericani e imbastendo alleanze con i clan russi.

Svista imprenditoriale

Questa sorta di svista imprenditoriale da parte di Cosa nostra,
generata forse dall'impossibilità di avere referenti sicuri sul
territorio essendo il tessuto della mafia albanese profondamente
frammentato, ha permesso alla camorra casertana e napoletana di godere
d'un mercato quasi del tutto assente da concorrenti, dove le
possibilità d'accesso erano già formate e strutturate dai precedenti
canali del contrabbando di sigarette.

La capacità imprenditoriale del gruppo Di Lauro di fatturare un
profitto pari al 500% dell'investimento iniziale guadagnando solo
attraverso il mercato della droga oltre 400 milioni di euro l'anno,
nasce proprio dalla possibilità di importare attraverso canali sicuri e
privilegiati grosse partite di droga a prezzi particolarmente bassi
rispetto a quanto riescono a fare altri sodalizi criminali. Convenienza
e qualità del prodotto hanno permesso a Paolo Di Lauro di diventare un
leader assoluto del narcotraffico napoletano, surclassando i suoi ex
alleati di Secondigliano, boss ben più carismatici e con un'esperienza
militare e politica più collaudata. La guerra di camorra scoppiata a
Napoli quindi non trova origine esclusivamente in cause interne legate
al territorio, alla spartizione delle zone, ma anche in una
macroeconomia fondata su affari legali ed illegali che ha indotto una
parte degli affiliati di Di Lauro a scindersi - così come il loro ex
capo aveva a sua volta fatto con l'Alleanza di Secondigliano.

Produzioni in Cina

Le 879 pagine d'inchiesta prodotte dalla Dda di Napoli nel luglio 2004
avevano descritto in modo accurato l'economia legale della camorra
mostrandone la portata internazionale. In breve le famiglie del
cartello secondiglianese erano riuscite a installare aziende in Usa
capaci di produrre elettrodomestici, trapani e prodotti ad alta
tecnologia per circa 300 milioni di dollari. Di Lauro stesso, assieme
al boss Eduardo Contini, è riuscito ad egemonizzare il mercato delle
macchine fotografiche contraffatte che lui stesso fa produrre
attraverso investimenti in Cina nelle medesime fabbriche che le
producono per le grandi marche. Gran parte invece degli investimenti
nel settore del vestiario sono avvenuti in Francia ed in Germania.

Inoltre recenti indagini della Procura Antimafia di Napoli mostrano che
il clan Di Lauro può godere di capitali direttamente presenti nel
tessuto finanziario di alcune banche napoletane, capitali che riesce a
versare frazionandoli in diversi conti correnti attraverso funzionari e
impiegati di banca complici. La possibilità di accedere ad una grande
liquidità direttamente a Napoli ha permesso a Di Lauro di aumentare
vertiginosamente il numero di nuovi affiliati rispetto agli altri clan,
sempre in crisi con gli stipendi. Gli scissionisti, capeggiati pare da
Raffaele Amato, ex uomo di fiducia di Di Lauro, hanno tentato in questi
mesi di generare una fronda all'interno del clan. A causa della
latitanza il boss Di Lauro si è visto costretto a delegare spesso i
propri affari ai suoi uomini, che hanno una piena autonomia operativa
dovendo rendere conto esclusivamente dell'aspetto economico. Da qui la
possibilità per molti capizona di avere contatti diretti con i
produttori e quindi di accedere al mercato della droga senza la
mediazione di Di Lauro. Una sorta di passaggio dal ruolo di dipendenti
a quello di imprenditori, senza per questo entrare in contrasto con la
dirigenza dei Di Lauro.

Appare però singolare la scelta degli «scissionisti» di volersi rendere
autonomi non considerando ingenuamente la risposta militare del boss
che ovviamente non vuole vedere comparire sul proprio campo concorrenti
economici. In questo senso emergono le possibili ambiguità degli altri
soggetti camorristici napoletani. Sembrerebbe che le famiglie
napoletane abbiano portato avanti una strategia ambigua, stipulando
prima una sorta di patto volto a difendere gli scissionisti del clan Di
Lauro poi invece tradendoli e lasciandoli soli ed esposti al massacro.
Una strategia per indebolire dall'interno il clan Di Lauro, divenuto
troppo potente. Con grande probabilità i boss del centro storico,
Giuseppe Misso e Vincenzo Mazzarella, avevano promesso copertura ai
frondisti senza però poi concederla realmente.

Un aperitivo della guerra

Che le decisioni di Misso in questa fase siano particolarmente delicate
lo si comprende dalla velocità con cui la Dda partenopea in questi
giorni si è affrettata, dopo cinque anni di normale detenzione, a porre
in regime di 41 bis il boss, che dal carcere continuava tranquillamente
a comandare il suo clan. Ambigui ancor più dei boss del centro storico
risultano anche gli ex appartenenti al cartello secondiglianese.
Contini, da sempre in buoni rapporti con Di Lauro, non ha fatto muovere
un solo suo uomo al fianco del boss e Pietro Licciardi, un boss
potentissimo a piede libero nemico da sempre di Paolo Di Lauro, non ha
fatto scendere in campo il suo esercito, che ammonterebbe ad oltre
mille uomini. La guerra vista sinora, che ha causato oltre cento
vittime, rischia di divenire soltanto un aperitivo di quello che
potrebbe essere il conflitto tra clan se tutti i boss decidessero di
coalizzarsi contro Di Lauro e se il piano militare diverrà l'ambito in
cui porre i nuovi equilibri imprenditoriali dell'economia-camorra.


=== 2 ===

http://www.haitiaction.net/News/AF/11-22-4.html

Kosovo Liberation Army
helps establish "protectorate" in Haiti

by Anthony Fenton

"No decision has yet been taken, but in French diplomatic
circles...they say that there has been talk of a sort of guardianship!=
as in Kosovo... Even if the United Nations doesn't want this kind of
intervention leading to military occupation, this might be inevitable
until elections are organized."

- Michel Vastel quoted in Haiti-Progres
[http://www.haiti-progres.com/2003/sm030305/eng03-05.html], March 5,
2003.


In the almost nine months since Aristide was overthrown, this piece of
'foreshadowing' by Quebec reporter Michel Vastel has resurfaced many
times. Like the desire for genuine democracy in Haiti, it just won't
seem to go away.

Recent findings indicate that the United States Agency for
International Development (USAID) is employing suspected war criminals
from the Kosovo Liberation Army (KLA) in Haiti. The KLA is best known
as a terrorist organization with ties to the CIA, US State Department,
and narco-trafficking. This news was recently reported on by
Flashpoints Radio's Kevin Pina:

"All you have to do is look at their (USAID's) September document,
which is published on their website, for the "Office of Transition
Initiatives," (OTI) and what you will see in that document is that
USAID is paying three consultants to help consult for the integration
of the former brutal military into the current Haitian police force.
And who are those three consultants? Those three consultants are
members of the Kosovo Liberation Army."(Flashpoints interview, November
19, 2004, www.flashpoints.net)

In a separate interview, Pina states that a "source close to the U.S.
embassy confirmed that there are three members of the KLA on the ground
in Haiti."(1)

That they are employing KLA "training and management specialists" is
stated explicitly in the USAID-OTI report
[http://www.usaid.gov/our_work/cross-cutting_programs/
transition_initiatives/country/haiti/rpt0904.html] cited by Pina:

"OTI continues to work closely with the U.S. Embassy and IOM to develop
options for a reintegration program for former combatants. Training and
management specialists of the Kosovo Protection Corps, a civilian
response unit consisting primarily of former Kosovo Liberation Army
members, have been brought to Haiti to assess how the Kosovo model
might be applied there. OTI and IOM have also closely followed the
negotiations between the former military and the IgoH (Interim
Government of Haiti)."

Several news reports have indicated that members of the former army
have already begun integration
[http://haitiaction.org/News/BT/11_17_4.html] into the Haitian National
Police. Other reports have described how former military have been seen
collaborating with the United Nations
[http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=55&ItemID=6456]
in ex-military controlled areas in Northern Haiti and elsewhere.

The connection between the KLA, the United States - in particular U.S.
Ambassador to Haiti James Foley and Haiti's paramilitaries/former
military - is not new. In an article published the day Aristide was
ousted by the U.S., Canada, and France-backed coup, Ottawa Professor
Michel Chossudovsky effectively predicted the scenario
[http://www.globalresearch.ca/articles/CHO402D.html] that we are now
seeing played out today. Chossudovsky first describes the KLA in Kosovo:

"The KLA had been involved in similar targeted political assassinations
and killings of civilians, in the months leading up to the 1999 NATO
invasion as well as in its aftermath. Following the NATO led invasion
and occupation of Kosovo, the KLA was transformed into the Kosovo
Protection Force (KPF) under UN auspices. Rather than being disarmed to
prevent the massacres of civilians, a terrorist organization with links
to organized crime and the Balkans drug trade, was granted a legitimate
political status."

Chossudovsky also points out the connection between James Foley
(appointed ambassador to Haiti in September, 2003) and the KLA:

"At the time of the Kosovo war, the current ambassador to Haiti James
Foley was in charge of State Department briefings, working closely with
his NATO counterpart in Brussels, Jamie Shea. Barely two months before
the onslaught of the NATO led war on 24 March 1999, James Foley had
called for the "transformation" of the KLA into a respectable political
organization:

"We want to develop a good relationship with them (the KLA) as they
transform themselves into a politically-oriented organization,' ..`(W)e
believe that we have a lot of advice and a lot of help that we can
provide to them if they become precisely the kind of political actor we
would like to see them become... "If we can help them and they want us
to help them in that effort of transformation, I think it's nothing
that anybody can argue with..' (quoted in the New York Times, 2
February 1999) "

As we consider the connection between this context and that of the
paramilitaries-cum-"liberators" in Haiti, led by Guy Philippe and Jodel
Chamblain, some further KLA context is essential. Writes Chossudovsky:

"The US State Department's position as conveyed in Foley's statement
was that the KLA would "not be allowed to continue as a military force
but would have the chance to move forward in their quest for self
government under a 'different context'" meaning the inauguration of a
de facto "narco-democracy" under NATO protection."

It's also important to note how Ambassador Foley is perceived by
Haitians. A Haitian lawyer who "asked not to be named" told the
Ecumenical Program in Central America and the Caribbean's
[http://www.epica.org] delegation "What I see now is we're going right
into a dictatorship. U.S. Ambassador Foley is the real President of
Haiti! Each day I get more and more scared. It's the rewriting of
1915."(2)

The closest visible emulation of the "Kosovo Model' in Haiti, then, has
been through formation of Guy Philippe's political party, National
Reconstruction Front (FRN). Philippe has stated that his main priority
if elected president would be to officially reconstitute the Haitian
army: "This would be a professional army
[http://www.cooperativeresearch.org/
searchResults.jsp?searchtext=guy+philippe&events=on&entities=on&articles
=on&topics=on&timelines=on&projects=on&titles=on&descriptions=on&dosearc
h=on], not the one we had," he says, reasoning that "(y)ou can't have
foreigners invest without security." USAID, in their most recent
October report
[http://www.usaid.gov/our_work/cross-cutting_programs/
transition_initiatives/country/haiti/rpt1004.html], provide some early
campaigning for Philippe when they state "Many Haitians feel U.N.
peacekeepers are doing little to halt the violence and want the interim
government to formally reinstate the army Aristide disbanded ten years
ago." Never mind that this statement contradicts the internationally
recognized consensus in Haiti that Aristide's disbanding of the
military was universally supported.(3)

Philippe, it has been thoroughly established, has strong ties to the
"political opposition" Democratic Convergence, who "boycotted" the 2000
presidential elections that elected Aristide in a landslide and
proceeded - with the assistance of the National Endowment for Democracy
financed International Republican Institute - to destabilize Aristide
and his Lavalas government. One of the strongest established links has
been that between Philippe and self-styled "intellectual author" of the
February coup, Paul Arcelin, former Montreal Professor and
brother-in-law of former Canadian Member of Parliament Nicole
Roy-Arcelin. Arcelin also has ties to Canadian Foreign Affairs Minister
Pierre Pettigrew.

Arcelin admitted (Montreal Gazette, March 9th, 2004) days after the
coup that he and Philippe had spent at least two years trying to
overthrow Aristide. Arcelin was the Democratic Convergence's Dominican
Republic liaison. The Dominican Republic provided the staging ground
for the eventual CIA-led coup d'etat by housing, training, and clothing
the paramilitaries. Between October 2000 and February 2004, Philippe
and fellow paramilitaries staged several armed incursions into the
Haitian countryside and areas along the Haiti-DR border, killing
several, but always managing to escape authorities. Chossudovsky
succinctly draws the KLA-Philippe connection, "For the CIA and the
State Department the FLRN and Guy Philippe are to Haiti what the KLA
and Hashim Thaci are to Kosovo."

The way to apply the USAID/Ottawa Initiative on Haiti idea of the
"Kosovo Model" was described by Chossudovsky:

"In other words, Washington's design is "regime change": topple the
Lavalas administration and install a compliant US puppet regime...What
is at stake is an eventual power sharing arrangement between the
various Opposition groups and the CIA supported Rebels...A bogus
(symbolic) disarmament of the Rebels may be contemplated under
international supervision, as occurred with the KLA in Kosovo in 2000.
The "former terrorists" could then be integrated into the civilian
police as well as into the task of "rebuilding" the Haitian Armed
forces under US (or UN/RCMP) supervision. What this scenario suggests,
is that the Duvalier-era terrorist structures have been restored. A
program of civilian killings and political assassinations directed
against Lavalas supporter is in fact already underway."

There has not been, aside from extensive lip service paid to the idea,
any disarmament.(4) 'Sweeps' of poor neighborhoods known to be the
heart of Aristide support in Port au Prince (such as Bel Air, La
Saline, Martissant), have yielded hundreds of arbitrary arrests but few
arms, as the pro-Aristide resistance has strengthened. Members of the
resistance movement have stated that "we will no longer just stand like
zombies and let them kill us. We will continue to demand the return of
our elected president and we will defend ourselves against them when
they come to kill us. We are not animals, we are not bandits and we did
not start this killing
[http://blackcommentator.com/109/109_haiti.html]. They did."

The killing began the moment Aristide was carted away on the American
airplane. The National Lawyers Guild [http://nlg.org/] reported that an
estimated 1,000 bodies, as according to the director of the State
Morgue, had been buried in mass graves
[http://www.dissidentvoice.org/July2004/Fenton0727.htm] within one
month of the coup. Several other human rights organizations have
detailed and documented the targeting of Lavalas supporters, and
several of the Lavalas leadership remain imprisoned on groundless (if
any) charges. The resistance fighter cited above may be referring
specifically to the new wave of violence that began on September 30th,
when Haitian police fired into unarmed crowds of demonstrators, killing
at least two according to admissions made later by puppet PM Gerard
Latortue.

Only two weeks later, Pina reported that "The General Hospital had to
call the Ministry of Health today in order to demand emergency vehicles
to remove the more than 600 corpses
[http://haitiaction.org/News/HIP/10_15_4a.html] that have been
stockpiled there, that have been coming in from the killing over the
last two weeks alone. That's how much killing that has been going on
here in the streets of Haiti that has not been/being reported and has
not talked about." Meanwhile, mainstream outlets cannot seem to get
their numbers straight, frequently omitting officially acknowledged
numbers such as those reported on by Pina, and even those reported on
by USAID-funded "human rights groups" such as the NCHR. Some mainstream
outlets have reported the following
[http://www.alertnet.org/thenews/newsdesk/NAJLA2915.htm]:

"At least 170 people have been killed by gunfire in recent violence in
Haiti, most of them from slum strongholds of supporters of ousted
president Jean-Bertrand Aristide, a human rights group said on
Friday....Another 241 people have been wounded by gunshots in violence
from Sept. 1 to Oct. 26..."

These numbers alone demonstrate that Aristide supporters are being
targeted, with over 400 acknowledged gunshot victims in eight weeks.

As is made clear in the epigraph, talk of reconstituting Haiti's army
along the lines of Kosovo was first leaked out of official circles
after the January 2003 Ottawa Initiative on Haiti meeting, hosted by
Canada's secretary of state for Latin America, Denis Paradis.

Where Denis Paradis would later deny
[http://dominionpaper.ca/weblog/2004/09/
interview_with_denis_paradis_on_haiti_regime_change.html] having
planned "regime change" in Haiti, this is really only a matter of
semantics, as he frequently employed the term 'responsibility to
protect' in the context of what needed to be done in Haiti. This
doctrine, established by Jean Chretien at the request of UN Secretary
General Kofi Annan (5), is tantamount to an official reformalization of
imperialism, and is merely a new way to state what in 1902 John
Atkinson Hobson described as "trusteeship" as a means of managing the
problem of the "lower races." According to Hobson, "The real issue is
whether, and under what circumstances, it is justifiable for Western
nations to use compulsory government for the control and education in
the arts of industrial and political civilization of the inhabitants of
tropical countries and other so-called lower races."

Hobson, like Paradis, was thinking of Haiti when pontificating towards
the most efficient and justifiable means of subjugating peoples deemed
inferior to the white race:

"If we look to the native social systems of the tropical East, the
primitive savagery of Central Africa...or the black republic of Hayti
in the present...the lesson seems everywhere the same; it is that there
will be no development of the resources of the tropics under native
government." (6) Equally, both Hobson and Paradis would argue that the
"care and education of a "lower race" as a trust" is based on the
"friendly motives" of imperial countries.

Where the Kosovo style trusteeship for Haiti was only theoretical in
January 2003, it is reaching real fruition by virtue of the most
horrific crimes perpetrated against Haiti's poor majority. Even the
mainstream has reported on the more than 30 execution-style killings of
Haitian youths, including women caught in the crossfire of UN-supported
PNH incursions into poor neighborhoods in recent weeks. With seasoned
putschists and terrorists such as USAID and KLA helping the
increasingly militarised and UN/RCMP backed Haitian police pacify
supporters of democratic principles in Haiti, the world is getting a
look at the future of "humanitarian intervention."

It's fitting that the Miami Herald has recently opined
[https://registration.miami.com/reg/
login.do?url=http%3A%2F%2Fwww.miami.com%2Fmld%2Fmiamiherald%2Fnews%2Fopi
nion%2F10242634.htm] that "As Haiti descends deeper each day into
anarchy, the time has come to consider some form of international
protectorate to take temporary control of that beleaguered Caribbean
country." Don Bohning further posits that "As unpalatable as it may be
for the vast majority of Haitians, who spent 1915 to 1934 under a U.S.
Marine occupation, ceding temporary sovereignty to an international
body is one option slowly gathering momentum." This article as much as
any indicates the level of fascistic pontification that will
increasingly be allowable, buttressed no doubt by George Bush's
re-election. Haiti's "protectorate status" would be overseen by "a
Brazilian-led regional coalition."

Obviously Bohning is in denial over the fact that the "anarchy" to
which he refers was brought about largely by an internationally imposed
economic embargo combined with other tried and true destabilization
efforts (eg. The EU's funding the opposition, NED and IRI's funding,
training the paramilitaries, the ownership of private media by the
opposition, etc.) Haiti's "failure" has always had ready-made
justification in the eyes of "white supremacist terrorists"
[http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=36&ItemID=6000]
as against the "necessity" of colonial occupation.

These recent discoveries make it clear that when James Foley came to
Haiti last September, the CIA's wheels were in serious motion, and
Aristide and democracy's days were numbered in Haiti. It should
surprise no one that Foley should enlist the efforts of his war
criminal KLA friends, who proved themselves so valuable to the NATO-led
"coalition of the killing"
[http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=55&ItemID=6546]
in 1999.(7)

With all of the "trustees" that it can handle, now as much as ever
Haiti needs a massive outpouring of international solidarity.


Notes:

(1) With the author, November 20, 2004.

(2) From the cover of "A People's Fact Finding Investigationto Haiti."

(3) "An internationally sponsored public opinion poll taken in March
1995 found that 72 percent of the sample approved the government's
purges of the army," in Robert Maguire's "Demilitarising Public Order
in a Predatory State: The Case of Haiti," North-South Agenda Papers,
1995, p. 12.

(4) In the section "Strengthening the operational capacity of the PNH,"
the World Bank/European Commission convened Haiti Interim Cooperation
Framework calls for the expansion of the PNH from the current strength
of 3000 "to 6000 in 2006...and to 20,000 in 2015." (p. 14, "republic of
Haiti: Interim Cooperation Framework, 2004-2006, Summary Report) In the
meantime, some 25,000 former military, termed "beneficiaries" will have
been "provided assistance" with ICF funding. See:
http://haiticci.undg.org/
index.cfm?Module=ActiveWeb&Page=WebPage&s=introduction&NewLanguageID=en.

(5) This report is about the so-called "right of humanitarian
intervention": the question of when, if ever, it is appropriate for
states for take coercive - and in particular military - action, against
another state for the purpose of protecting people at risk in that
other state. See:
http://www.dfait-maeci.gc.ca/iciss-ciise/report-en.asp.

(6) Cited in Philip D. Curtin's "Imperialism," p. 319-337. (7) On the
KLA, see Chossudovsky's Kosovo "Freedom Fighters" Financed by Organized
Crime" [http://www.heise.de/tp/r4/artikel/2/2743/1.html]. See also
Znet's extensive Kosovo archives [http://www.zmag.org/ZMag/kosovo.htm].

The author can be reached at afenton @....

(english / italiano)

*** L'eroica resistenza del popolo iracheno ***

Parte ottava:

1. Link ad articoli vari in lingua italiana

2. US Chemical Weapons Use In Fallujah / Sull'uso di armi chimiche a
Falluja da parte degli aggressori statunitensi

3. Hospitals targeted by US aggressors

4. More links


=== 1. Link ad articoli vari in lingua italiana ===


I media tendono ad insabbiare i crimini di guerra USA in Iraq

di Michel Chossudovsky
www.globalresearch.ca - Il pane e le rose

( in english: http://www.uruknet.info/?p=7347
http://globalresearch.ca/articles/CHO411B.html )

http://www.uruknet.info?p=7562
http://www.pane-rose.it/pagina_art.php?id_art=4027&loc=1

---

La Nazione Araba ha una Missione Eterna: Unità, Libertà, Socialismo

Partito Baath Arabo Socialista - Iraq, 7 novembre 2004
Tradotto da Al-Moharer; Traduzione italiana: Lega Antimperialista

( in english: http://www.uruknet.info/?p=7263 )

http://www.uruknet.info?p=7470
http://www.anti-imperialism.net/lai/
texte.php?langue=5§ion=BD&id=23256

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Terroristi Made in USA

I fondamentalisti islamici sauditi appoggiano l'occupazione USA
dell'Iraq - di Michel Chossudovsky, www.globalresearch.ca - Freebooter

16 novembre 2004 - Il "fondamentalismo islamico" associato con il clero
wahabita dell'Arabia Saudita viene presentato con disinvoltura alla
pubblica opinione degli USA come una minaccia per la sicurezza
dell'America. Viene detto che gli insorti in Iraq sono sostenti da
ricchi donatori sauditi ed associazioni di beneficenza islamiche.
Secondo i media occidentali, le stesse organizzazioni e fondazioni
religiose dell'Arabia Saudita e degli stati del golfo che hanno
sostenuto i talebani ed al Qaeda, compreso il "nemico numero uno" Osama
bin Laden, adesso sostengono i "terroristi" in Iraq. Questi resoconti
distorcono la natura del movimento di resistenza iracheno. La campagna
di propaganda dell'amministrazione consiste nel ritrarre quelli che
combattono contro l'occupazione USA come dei "terroristi islamici"...

( in english : http://www.uruknet.info/?p=7272 )

http://www.uruknet.info?p=7362
http://freebooter.da.ru/

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FALLUJA: LA GUERNICA D'AMERICA

di HECTOR CARREON - Los Angeles, Alta California - Il 26 Aprile del
1937, la Luftwaffe nazista scagliò 100.000 libbre di bombe sul pacifico
villaggio basco di Guernica, in Spagna, su incitamento del
Generalissimo fascista Francisco Franco.
Alla fine del giorno, Guernica era ridotta totalmente in macerie,
1.654 civili baschi erano stati massacrati e 889 feriti. Il mondo in
quei giorni rimase sconvolto da quell'azione brutale. Il Generalissimo
Franco negò inizialmente di fronte alla stampa che l'incursione fosse
mai avvenuta. Successivamente, quando vennero pubblicate le fotografie
del massacro, il fascista Franco scagliò la colpa della distruzione e
delle uccisioni di Guernica su coloro che l'avevano difesa...

( in english : http://www.uruknet.info/?p=7057 )

http://www.uruknet.info?p=7368
http://www.comedonchisciotte.luogocomune.net/
modules.php?name=News&file=article&sid=191

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A Falluja muore anche la libertà di stampa

Osservatorio Iraq 19 novembre 2004 - Sembrerebbe che la cosa più
difficile per gli Usa nella battaglia di Falluja, nonostante le
precauzioni prese, sia stata quella di non far trapelare nulla sulla
strage di civili.
In parte ci sono riusciti, sono pochissimi i giornalisti che hanno
potuto riportare informazioni sulla condizione della popolazione
(Fadhil Badrani per la BBC, e involontariamente l'operatore nella NBC).
Nessuno dei media si preoccupa di chiedere il numero dei morti civili,
o di fare semplicemente due conti su chi siano realmente i 1600 morti
ammessi dal Pentagono...

http://www.uruknet.info?p=7387
http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/
article.php?articleid=290

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“Dov’è il mondo? Dove sono tutti?”

Baghdad Burning - Osservatorio Iraq
da: “Baghdad Burning”, 10-13 novembre 2004
Sabato 13 novembre 2004 - A Falluja la gente viene assassinata. Le
storie che arrivano sono orribili. Gente uccisa a sangue freddo per la
strada che viene seppellita sotto tonnellate di cemento e ferro...

http://www.uruknet.info?p=7379
http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/
article.php?articleid=250

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La Resistenza guarda oltre Falluja

di Syed Saleem Shahzad

KARACHI, 18 novembre 2004 - La superiorità militare americana ha
prevalso a Falluja, ma non è certamente un colpo tremendo per
l'insurrezione, che continuerà la sua resistenza, lavorando nello
stesso tempo alla costruzione di un movimento politico che coinvolga
gli esuli nelle Nazioni arabe e non-arabe per la liberazione dell'Iraq
dalla dominazione straniera...

http://www.uruknet.info?p=7425

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Il “modello afgano” ed il massacro di Faluya

Higinio Polo, www.resistenze.org - popoli resistenti
da Rebelion - http://www.rebelion.org/noticia.php?id=7634

16 novembre 2004 - Pochi giorni dopo la celebrazione della vittoria
dell’estrema destra che governa a Washington, cominciava la sanguinosa
operazione contro Faluya, preparata in anticipo negli uffici del
Pentagono. La pressione dei settori più conservatori degli Stati Uniti
e dei suoi complici nel mondo, che sostengono che Bush ha vinto e per
questo ha ragione, si è materializzato nel massacro di Faluya...

http://www.uruknet.info?p=7448
http://www.resistenze.org/sito/te/po/ir/poir4m17.htm

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Annientare Falluja non metterà fine alla guerra in Iraq

Patrick Cockburn, Nuovi Mondi Media, da Counter Punch

20 novembre 20034 - Non vi è alcun dubbio che gli Stati Uniti possano
riconquistare Falluja, anche a costo di distruggere gran parte della
città. Ma è difficile che ciò possa avere un qualche effetto sulla
guerriglia. È probabile, invece, che la riconquista di Falluja risulti
tanto insoddisfacente nel porre fine alla resistenza, quanto lo è stata
la cattura di Saddam Hussein o il passaggio a un governo iracheno ad
interim. Ciascuno di questi eventi era stato descritto come un successo
che avrebbe segnato un punto a favore degli Usa. Invece, i
combattimenti si sono fatti più sanguinosi e diffusi...

http://www.uruknet.info?p=7453
http://www.nuovimondimedia.com/
modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=902&mode=thread&order=
0&thold=0

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Nel segno di Bush

Giulietto Chiesa, Megachip, da il Manifesto del 23-11-2004

Martedì, 23 novembre 2004 - La conferenza di Sharm el Sheikh nasce
sotto il segno di Bush vittorioso e le sue conclusioni appaiono già
scontate. Gli iracheni saranno trascinati al voto il 30 gennaio 2005, a
prescindere da ogni valutazione - ieri, in tal senso, c'è stata la
rivolta dei paesi arabi - sulla validità di una elezione che si tiene
in un paese di guerra, con uno stillicidio incessante di morti, di
attentati, di rappresaglie in cui il cittadino qualunque ha,
ottantacinque volte più di "prima", la probabilità di morire ammazzato.
Gli iracheni conosceranno la democrazia al piretro, allo zolfo e al
napalm e non sapremo mai quanti l'avranno gradita perchè non c'è spazio
per osservatori esterni diligenti tra un proiettile vagante e un altro,
tra un'autobomba e un carro armato. Noi li bombardiamo e li massacriamo
perché votino...

http://www.uruknet.info?p=7520
http://www.megachip.info/modules.php?name=News&file=article&sid=278

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WASHINGTON IMPONE GLI OGM ALL'IRAK

Green Planet

Paul L. Bremer, l'ex capo dell'Autorità provvisoria della coalizione ha
geneticamente modificato l'agricoltura irachena, stabilendo il
monopolio sulle sementi di 25 anni per le arboree, di 20 anni per le
altre. Ne avevamo già parlato qui: http://www.uruknet.info/?p=6435 -
Altri dettagli...

http://www.uruknet.info?p=7521
http://www.greenplanet.net/Articolo6431.html

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Un marine uccide 7 civili iracheni in un autobus

Granma - RAMADI, Iraq, 21 novembre.- Le agenzie di stampa segnalano che
un marine statunitense ha ammazzato 7 civili iracheni che viaggiavano
su un autobus a Ramadi, una delle città dove la resistenza è più
attiva, situata 110 Km ad Ovest di Baghdad. Stando alle informazioni
delle fonti militari nordamericane, confermate dalla polizia irachena,
il marine (sabato scorso) ha sparato perché il conducente dell’autobus,
per motivi sconosciuti, non si è fermato ad un posto di blocco ed “ha
ignorato gli avvertimenti”...

http://www.uruknet.info?p=7518
http://www.granma.cu/italiano/2004/noviembre/lun22/marine-it.html


=== 2. Chemical Weapons / Armi chimiche ===


Iraqi Physician Confirms US Chemical Weapons Use In Fallujah

Omar al-Faris, JUS, Nov 18, 2004 - Anger that is seething throughout
Iraq and the world over the assault of Fallujah turn to rage yesterday
as an Iraqi physician came forward to confirm reports of the use of
banned chemical weapons in Fallujah...

http://www.uruknet.info?p=7388
http://www.jihadunspun.com/intheatre_internal.php?article=100586&list=/
home.php&

---

Statement from Falluja: 5000 were killed by USA chemical weapons

www.albasrah.net - 22 /11/ 2004
Photos and video files (included)

American terrorists use the civilians of Falluja as human shields on
their vehicles against the resistance during house raid in Falluja.

Fallujan women victim
http://www.alwasan.net/ihc/users/409/olouj...uj/bayanfa1.jpg
http://img118.exs.cx/my.php?loc=img118%e2%84%91=bayanfa1.jpg

http://www.w6w.com/w6w.php?
The above web page is a declaration made on by Falluja resistance about
USA war crimes and their use of weapons of mass destruction. The
resistance in Falluja insists that it has photos and video files of
many of these crimes and it will release them whenever possible.

The statement released today 22 /11/ 2004 has said that:
“the US army in Falluja has used weapons of mass destruction and
chemical weapons which killed more than 5000 of civilians”

The statement listed some of the main war crimes of the US army in
Falluja: “
1 . The US army bombards Falluja with poisoned gases and chemical
weapons
2. The US army bombards Falluja with Phosphoric pumps
3 . The US army have destruct houses, Mosques and stores and rubber
value things
4 . The US army killed about 5000 civilians, most of them children,
ladies and elderly people, put to death wounded and sick people, and
peel them in the ground. Then, the USA army has buried many of those
civilians in collectivism graves. However, it also disallowed for the
resistance who were killed to be buried and let them to be eaten by
dogs!
5 . The US army has arrested about 3000 civilians and raped women and
children.”
The statement said that the resistance has challenged the US army
around Falluja to allow international media and independent firm to
monitor these crimes. It has offered a 24 Hours ceasefire to ensure
safety for the evacuations of civilians and their wounded relatives.
The Resistance in Falluja assures that it still controls more than %
50of the city and it gain victory over occupation.

Some recent photos from Falluja
http://uploads.savefile.com/users/uploads/51740410.jpg
http://www.shohood.com/Public/Shohood_Images/5197.jpg (A civilian who
were carrying his mother)
http://www.jlsaat.host.sk/upload/docs/neda2.wmv (Video file of a man
from Falluja describing what happened in Falluja)
http://uploads.savefile.com/users/uploads/51740401.jpg (Collective
annihilation-genocide)
http://us.news1.yimg.com/us.yimg.com/p/rid...r4265495919.jpg


http://www.uruknet.info?p=7516
http://www.albasrah.net/maqalat/english/1104/statement-
falluja_221104.htm

---

Abitanti nei pressi di Falluja rivelano di aver seppellito 73 vittime
in una fossa comune

Arabmonitor

Baghdad, 21 novembre - E' fallito un agguato ai danni del comandante
della polizia di Hilla: l'autobomba è esplosa senza investire la sua
macchina. Fonti della polizia irachena hanno reso noto che è imminente
un'operazione militare contro le aree di Haswa, Latifiya, Mahmoudiya, a
sud della capitale, che dovrebbe essere condotta dalla Guardia
nazionale irachena, appoggiata da forze di polizia. Fonti militari
statunitensi hanno fatto sapere che dopo i nove corpi di soldati della
Guardia nazionale ritrovati ieri nel centro di Mosul, giustiziati con
un colpo alla nuca, oggi nei sono stati rinvenuti altri tre. Si tratta
di Peshmerga curdi, come quasi tutti i membri della Guardia nazionale.
Ieri, su un sito Internet, l'organizzazione di al Qaeda in Iraq aveva
rivendicato l'uccisione di 17 guardie nazionali presso una base di
Mosul.

Un convoglio militare americano è stato attaccato a Baghdad, mentre un
oleodotto è stato sabotato nell'area di Kirkuk. Combattimenti si sono
registrati anche oggi a Ramadi con almeni sei morti. In serata, gruppi
della resistenza hanno attaccato una base statunitense in città. Fonti
di polizia del luogo hanno rivelato che ieri in città soldati americani
hanno aperto il fuoco su un pullmino pieno di civili, uccidendo sette
persone. Le fonti statunitensi non hanno commentato la notizia.
Abitanti di un villaggio nei pressi di Falluja hanno affermato, stando
ad al Jazeera ( http://www.uruknet.info/?p=7461 ), di aver seppellito
in una fossa comune 73 corpi carbonizzati di donne e bambini, bruciati
dalle bombe napalm usate dagli americani nell'assalto a Falluja. Le
vittime non erano in condizioni di essere identificate. Al Jazeera ha
sottolineato che non è chiaro come le 73 persone siane morte. Fonti
militari Usa hanno annunciato il rilascio di oltre 400 uomini fermati a
Falluja su un totale di 1450.

http://www.uruknet.info?p=7464
http://www.arabmonitor.info/news/dettaglio.php?idnews=7660 =it

---

il manifesto - 23 Novembre 2004
JAZEERA

Raid al napalm su Falluja?

Trovati 73 corpi (donne e bimbi) carbonizzati

«Le abbiamo sepolte, ma non abbiamo potuto identificarle perché erano
carbonizzate dalle bombe al napalm usate dagli americani». Gli abitanti
del villaggio di Saqlawiya, che si trova vicino a Falluja, hanno
raccontato alla tv del Qatar al Jazeera di aver aiutato a seppellire 73
corpi di donne e bambini completamente bruciati, messi tutti nella
stessa fossa. La triste storia delle fosse comuni, iniziata ai tempi di
Saddam non è ancora finita. Non ci sono conferme se a Falluja sono
state usate bombe al napalm, ma anche i cadaveri ritrovati lo scorso
anno dopo la feroce battaglia all'aeroporto di Baghdad erano
completamente carbonizzati e alcuni avevano ipotizzato l'uso di bombe
nucleari. Non ci sono verifiche possibili da fonti indipendenti, del
resto le notizie giunte finora dal fronte di battaglia sono quasi
esclusivamente quelle fornite dai giornalisti «embedded» con le truppe
americane che peraltro arruolavano solo statunitensi e britannici.
Dagli abitanti fuggiti negli ultimi giorni si hanno invece notizie di
molti corpi rimasti senza sepoltura: era troppo pericoloso raccogliere
i cadaveri durante i combattimenti. Ieri, per la prima volta
dall'inizio dell'offensiva, il comando americano ha permesso a un
convoglio della Mezzaluna rossa (la Croce rossa irachena) di entrare in
città con sette autoambulanze e due camion di cibo. Nei giorni scorsi i
convogli dell'organizzazione umanitaria erano stati bloccati al di là
dell'Eufrate. Quindi ora forse riusciremo ad avere qualche notizia in
più sulle condizioni in cui sono ridotti gli abitanti rimasti in città
- la maggioranza era fuggita - durante quindici giorni di feroci e
ininterrotti attacchi.

Ieri Bill Taylor, responsabile della ricostruzione del dipartimento di
stato, ha fatto sapere che gli Stati uniti spenderanno oltre 100
milioni di dollari per la ricostruzione di Falluja. Si tratta di
edifici pubblici e case private, negozi, infrastrutture. Una
distruzione che poteva essere evitata, se fosse stata scelta un'altra
soluzione per Falluja, come auspicato anche da molti iracheni. E tutti
i civili uccisi, di cui non si conosce il numero e forse non si saprà
mai? Basteranno 100 milioni di dollari per ridare fiducia agli abitanti
di Falluja? Improbabile, più facile il contrario. E' infatti
prevedibile, anche secondo gli osservatori, che questa «pacificazione»
non spianerà la strada alle elezioni. La rabbia degli abitanti del
triangolo sunnita sarà più probabilmente capitalizzata da chi è
disposto a fare di tutto per evitare il voto. (gs)

---

Falluja women, children in mass grave

Aljazeera.net - Sunday 21 November 2004 - Residents of neighbouring
Saqlawiya village have told Aljazeera that they helped bury the bodies
of 73 women and children who were burned beyond recognition.
"We buried them here, but we could not identify them because they were
charred by the use of napalm bombs used by the Americans," said one
Saqlawiya resident in footage aired on Sunday.
There have been no reports of the US military using napalm in Falluja
and no independent verification of the above statements...

http://www.uruknet.info?p=7461
http://english.aljazeera.net/NR/exeres/24EBE5BB-CA3F-462B-8279-
546BC1D9B7E6.htm


=== 3. Hospitals targeted by US aggressors ===


PETITION
ON BEHALF OF UNNAMED, UNNUMBERED PATIENTS AND MEDICAL STAFF OF THE
FALLUJA GENERAL HOSPITAL
AGAINST THE UNITED STATES OF AMERICA

ASSOCIATION OF HUMANITARIAN LAWYERS

http://www.uruknet.info?p=7490

---

Evidence mounts of US war crimes in Fallujah

Simon Assaf, Socialist Worker / Stop the War Coalition, Tower Hamlets
CND www.stopwar.org.uk

Movember 23, 2004 - Iraqi doctors have accused the US military of
committing a war crime after they destroyed a neighbourhood clinic
during the assault on Fallujah...

http://www.uruknet.info?p=7536
http://www.socialistworker.co.uk/article.php4?article_id=4164


=== 4. More links ===


What was the principal motive for the U.S. invasion of Iraq?

Monthly Review

http://www.uruknet.info?p=7395
http://www.monthlyreview.org/nfte1104.htm

---

IRAQ: High levels of radioactive pollution seen in the south

IRIN News - BASRA, 18 Nov 2004 (IRIN) - Iraqi environmental scientists
investigating radioactive pollution around the southern city of Basra
are finding alarmingly high levels of radiation left by the use of
depleted uranium (DU) in recent wars. But given the lack of a
permanent, elected government in Iraq and poor security, they are
finding it difficult to get permission to remove contaminated material
amid growing instances of cancer and birth defects in the area...

http://www.uruknet.info?p=7370
http://www.irinnews.org/
report.asp?ReportID=44210&SelectRegion=Iraq_Crisis&SelectCountry=IRAQ

---

US soldiers in Iraq suffer horrific brain and mental injuries

By Rick Kelly - 20 November 2004

According to official figures, the Iraq war has so far seen 9,000 US
soldiers wounded in action, in addition to the more than 1,200 troops
killed. These wounded, whose numbers may well be underestimated,
include those with gunshot and shrapnel wounds, lost limbs and other
injuries caused by landmines and bombs. Less well known, however, is
the terrible toll enacted through brain and psychological injuries,
which frequently have devastating and permanent effects...

http://www.uruknet.info?p=7437
http://www.wsws.org/articles/2004/nov2004/sold-n20.shtml

---

Children Pay Cost of Iraq's Chaos

Malnutrition Nearly Double What It Was Before Invasion
Karl Vick, Washington Post Foreign Service

BAGHDAD, November 21, 2004 -- Acute malnutrition among young children
in Iraq has nearly doubled since the United States led an invasion of
the country 20 months ago, according to surveys by the United Nations,
aid agencies and the interim Iraqi government...

http://www.uruknet.info?p=7452
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A809-
2004Nov20.html?nav=rss_world

---

Official UNICEF statement

Bellamy speaks out for children in Iraq

NEW YORK, 23 November 2004 – UNICEF today again expressed deep concern
about the devastating impact the hostilities in Iraq is having on the
overall well-being of the country’s children.
“This protracted fighting and instability is wreaking havoc on Iraqi
children,” UNICEF Executive Director Carol Bellamy said.
In addition to the ongoing difficulties of living amidst daily violence
and widespread insecurity, children are also suffering from the
inadequacy of basic services such as water and sanitation, Bellamy said.
“Latest reports are showing that acute malnutrition among young
children has nearly doubled since March 2003,” she said...

For more information, please contact:
Gordon Weiss, UNICEF New York, +1 212 326 7426,
gweiss @...

http://www.uruknet.info?p=7532
http://www.unicef.org/media/media_24233.html

---

Turkish Report: Israeli Presence in Northern Iraq

Arutz Sheva - November 24, 2004

The November 18th edition of the United Arab Emirates newspaper
Al-Bayan carried an abstract of what it claimed was a Turkish newspaper
report on Israeli activity in Iraq.


The reported activity includes buying land and buildings by way of
Turkish Jews in northern Iraq, and encouraging Jewish businessmen to
increase Israeli trade with Iraq. Specifically cited were the purchase
of 1,500 acres in Kirkuk, 500 acres and 30 buildings in Irbil, and 500
houses near Mosul. The Turkish newspaper, Cumhuriyet, said that its
information came from a high-level Turkish intelligence report on
Israeli activity in Iraq.

The newspaper said that Israel's policies in Iraq are aimed at
strengthening the mostly Kurdish northern province of Arab Iraq in
order to counter any possible future Iraqi threat to the Jewish state.
To this end, Israel began its investments in northern Iraq under the
cover of the semi-autonomous area the US established even when Saddam
Hussein was still in power, as early as 1993.

On the other hand, according to the Al-Bayan newspaper, the Turkish
report cites an Israeli desire to make land in Iraq "holy" for Jews.
The Turkish intelligence officials allegedly report further that Israel
is not interested in a confrontation with Turkey, but is acting to keep
a Turkish military influence out.

All rights reserved IsraelNationalNews ©

http://www.uruknet.info?p=7541
http://www.israelnationalnews.com/news.php3?id=72515

---

Operation Barbarossa and Operation Phantom Fury: Different Only by a
Matter of Degree

Kurt Nimmo

November 24, 2004 - Reading about the destruction of Fallujah, now that
details are trickling in (mostly in the European press), I am reminded
of Hermann Goering who said, during Operation Barbarossa (Germany’s
doomed invasion of Russia), that the Germans had no problem killing
civilians and POWs because Germany had not signed the Geneva
Convention...

http://www.uruknet.info?p=7546
http://kurtnimmo.com/blog/index.php?p=434

[ Ramush Haradinaj, il terrorista dell'UCK cui e' stata assegnata in
questi giorni la surreale carica di "primo ministro della Kossova",
secondo l'articolo che riportiamo di seguito e' il mandante
dell'assassinio del testimone scomodo Tahir Zemaj. Haradinaj e'
notoriamente implicato nei crimini di guerra della primavera del 1999:
di questo si sta discutendo persino al "tribunale ad hoc" dell'Aia... ]

( procitaj isto :
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-19.html
Ramuš Haradinaj premijer? )


http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-24_1.html

RAMUŠ HARADINAJ ORGANIZOVAO UBISTVO HAŠKOG SVEDOKA TAHIRA ZEMAJA

Beograd, 23. novembar 2004. godine
Pise: S. Nikolic

Tahir Zemaj, nekadašnji komandant teroristicke organizacije FARK, potom
predsednik Rugovinog DSK za opstinu Decani, njegov sin Enis Zemaj (22),
i rodjak Hasan Zemaj (30), takodje istaknuti aktivista DSK za Decani,
ubijeni su 04.01.2003. godine oko 18 casova, u blizini kombinata
"Druri"u Peci. Ova ubistvo izvršila su po nalogu Ramuša Haradinaja
braca Eljšani - Agim, Avni, Cerim, Adem i Ahmet zajedno sa Salijem
Ljajicem i Fljorim Ejupijem zvanim "Mazulj" i "Ljulji".
Da bi shvatio motiv ovog ubistva, potrebno je vratit se malo unazad i
osvetliti lik i delo Tahira Zemaja kao i istoriju sukoba
Zemaj-Haradinaj.

1. Tahir Zemaj - oficir JNA, narkodiler, pripadnik
obavestajno-politicke agenutre BND-a, terorista i funkcioner DSK

1.1 Oficir JNA
Tahir Zemaj je rodjen 1951. godine u Gornjim Streovcima kod Decana.
Posle zavrsetka vojne akademije kao potporucnik, i clan SKJ, dosao je
na sluzbu u knjazevacki garnizon. Srpski je govorio odlicno neretko se
predstavljao kao Slovenac, bio je omiljen u drustvu a u Knjazevcu je
dobio i nadimak "Toni". Iz Knjazevca je prebacen u Negotin gde je uz
kafane i kocku brzo zaboravio svoju prvu zenu Elmazu kojom su ga
roditelji jos kao dete ozenili. U Knjazevcu se vencava sa Slobodankom
Travicom s kojom je u braku ziveo tri godine. Brak je razveden po tuzbi
Slobodanke Travice a Zemaj prebacen u Zajecar.
U Zajecaru i pocinje njegova vrtoglava vojnicka karijera uz pomoc
njegovog zemljaka Alije Muhadzirija kome "Toni" postaje zamenik i ima
njegovu potpunu zastitu za svoje kockarske i kafanske bahanalije. Ubrzo
se ozenio Ljiljanom Stankovic, pravnicom u zajecarskoj privrednoj
komori. Sa njom je dobio dvoje dece. Taj brak je trajao i kad je "Toni"
otisao na KiM i tamo postao jedan od celnih ljudi u rukovodstvu
"Sekretarijata za narodnu odbranu" u Pristini.

1.2 Narkodiler
Godine 1986., Tahir Zemaj se povezao sa Dutom Kadriovskim jednim od
kumova siptarskog organizovanog kriminala. Juna iste godine Tahir Zemaj
i Daut Kadriovki, sastaju se nedaleko od restorana Rugova, u naselju
Aktas u Pristini. Sastanak je odrzan u automobilu Tahira Zemaja, i tom
prilikom je Kadriovski na rec dao Zemaju pola kilograma heroina koji je
bivsi oficir JNA a tadasnji sekretar fudbalskog kluba "TIMOK" iz
Zajecara Ram Sejdiju plasirao u Dalas - SAD. Posle prodaje prvih pola
kilograma heroina za koji je Ram Sejdiju u Dalasu uzeo 18.000$, svi su
bili zadovoljni jer su racunali da je to samo pocetak "rada" na
americkom trzistu. Nakon nekoliko dana sve se ponovilo, Zemaj je uzeo
drogu od Kadriovskog, odvezao se do Zajecara, Ram Sejdiju je drogu
zapakovao u duplo dno kofera, odvezao se na Surcinski aerodrum i odatle
u SAD, u Teksas, u Dalas. Uspesno je prosao sve aerodrumske kontrole,
medjutim nije sve islo kako je trebalo, drogu su i pre nego sto je
izasla na trziste od Deskua, coveka koji je bio zaduzen za njeno
iznosenje na narkotrziste Dalasa oteli cnrci.
Zamenik okruznog javnog tuzioca u Pristini Resat Milaku, podigao je
10.maja 1988. godine optuznicu protiv 35 osoba zato sto su u vremenskom
periodu od 1985 pa do 14. januara 1988.godine na organizovan nacin
kupovali narkoticka sredstva u vecim kolicinama u Turskoj,
transportovali ih do Pristine, gde su ih cuvali, preradjivali i
pakovali, a zatim transportovali u Italiju, Svajcarsku, SR Nemacku,
Spaniju, Madjarsku i SAD. To je bila mreza Dauta Kadriovskog, a deo nje
je bio i Tahir Zemaj. Kako je zvanicno saopsteno gotovo od prvog dana
za ovu mrezu znali su orgni SUP-a. Odredjne informacije su sa terena
stizale svakodnevno, a inspektori su budno pratili aktivnosti kompletne
mreze krijumcara. Odluka da se razbije ova mreza doneta je pocetkom
1988. godine kada se sa sigurnoscu znalo da poseduju posiljku droge.
Iznenadnim upadom u stan glavnih "mafioza" pronadjeno je u golubarniku
Bedzeta Blace 4,2 kg heroina namenjenog za transport u Madrid, stajalo
je u zvanicnom saopstenju.
Tadasnji Savezni SUP, Republicki i Pokrajinski bili su ponosni na ovu
operaciju. Medjutim, ako su zaista znali od pocetka za ovaj posao sa
narkoticima, postvlja se pitanje zasto su dozvolili i tolerisali sve to
do 1985. pa do 1988. godine. Zasto banda Kadriovskog nije uhapsena
posle 10 ili 30 kg heroina nego se cekalo da prosvercuju preko 150kg
narkotika. Osim toga pohapseni su samo clanovi bande Kadriovskog a ne i
on sam. Kadriovski je nastavio i dalje da "radi" organizujuci druge
grupe, a u poslu sa narkoticima je i danas. Ovom "uspesnom" akcijom
izgubljena je jedna od sansi da se siptarskom organizovanom kriminalu
zada ozbiljan udarac i da se razotkriju veze izmedju siptarskih
politickih struktura i kriminalaca.

1.3 Saradnik BND-a
Tahir Zemaj je zbog trgovine narkoticima, oruzjem i omogucavanja
Siptarima da ne sluze vojsku zavrsio u zatvoru, osudjen na visegodisnju
robiju. Kako je uspeo da dobije vikend iz niskog zatvora ostaje
nejasno, ali dolazi u Zajecar zdravi se sa porodicom i bezi u SR
Nemacku gde se pridruzuje siptarskim teroristickim organizacijama.
Sasvim je ocigledno da su nemacke obavestajno-bezednosne strukture
ozbiljno racunale na Tahira Zemaja u "projektovanju" dogadjaja na KiM
jer su mu nemacke vlasti dale azil! Bujar Bukosi i njegova garnitura u
koju je spadao Zemaj bili su deo politicke i obavestajne agenture koju
je BND stvorio u cilju realizacije tajnih operacija na KiM, a u svrhu
realizacije spoljnopolitickih intresa nemacke drzave na prostoru Srbije
i SRJ.
Naime, 1992. godine je samoproklamovani premijer Bujar Bukoši je uz
blagonaklonost nemackih vlasti osnovao od bivših oficira grupu "za
vojnu problematiku i bezbednost", kasnije preimenovanu u "ministarstvo
odbrane Kosova" na cijem je celu bio pukovnik Ahmet Krasnici, a kojoj
je pripadao i Tahir Zemaj. Tada su pocele i prve obuke albanskih
teorista u Nemackoj. Decembra 93. godine, Bukosi je osnovao je i fond
"Domovina zove", organizaciju za prikupljanje novaca namenjenog nabavci
oružja i opreme za "Vojsku Kosova" iz koje ce kasnije izaci teroisticka
organizacija FARK. Fond je registrovan u Nemackoj, u okviru albanske
demokratske zajednice. Fond "Domovina zove" imao je ekspoziture u 12
zemalja Evrope i Amerike. Devize koje je on sakupljao išle su delom za
obuku, opremu, naoružanje i strane placenike, a delom za propagandu i
potkupljivanje lobista i uticajnih grupa u vladajucim krugovima Zapada.
To su priznale i zapadne vlade, pa su, mada kasno, tek sredinom 1998.
godine, donele odluku o zabrani tog fonda, medjutim ona je vise bila u
fuknciiji otkazivanja "pomoci" Bukosiju i Rugovi i prilanjanja Hasimu
Taciju. I pored zabrane, fond je nastavio ilegalno da funkcionise, a
funkcionise i danas.
Koliko je zapad tolerisanjem ovakvih fondovao pomogao teoriste i uticao
na izazivanje i rasplamsavanje krize na KiM govori brojka od od 150 do
400 miliona dolara koja se slivala u ovaj fond godisnje. Novac je
sakupljan od dobrovoljnih priloga Siptara, "poreza", koje im su im
nametnuli Rugova i Bukošijeva "vlada" i zaradom od preprodaje droga,
iako mnogi danas zaradu od narkotika uglavnom pripisuju Hasimu Taciju i
teoristickoj formaciji OVK. Jedan od dokaza povezanosti bosova
siptarskog organizovanog kriminala i lidera Ibrahima Rugove poseduje i
ceska sluzba bezbednosti-BIS koja je foto-dokumentovala njegov susret
sa Princom Dobroshijem glavnim narko bosam u Ceskoj, decembra 1998,
koji mu je to prilikom dao novcani prilog.

1.4 Ratovanje protiv Srba u Hrvatskoj
Tahir Zemaj je ucetvovao u sukobu u Hrvatskoj na strani ustaskih
bojovnika, a sredinom 1988. godine je po nalogu samozvanog premijera
"kosovske vlade u egzilu" Bujara Bukosija iz Albanije dosao na KiM.
Pred naletom MUP-a Srbije u drugoj polovini septembra 1988. godine
Zemajevi teroristi ali i Haradinajevi koji su vrsili teroristicke akte
u istoj "operativnoj zoni", i medju kojima je vladalo veliko rivalstvo,
bacajuci oruzje prebegli su u Albaniju. Postoje dokazi da je Tahir
Zemaj za vreme svog kratkog boravka na KiM odgovaran za 40 ubistava
srpskih civila.

1.5 Umešanost u teroristicke akcije u Republici Makedoniji
U jednom intrvjuj listu "Koha ditore" Zemaj je rekao da se vratio na
Kosovo i Metohiju, odakle je otišao za vreme bombardovanja, da bi
"ujedinio Albance u borbi za nezavisnost i povecao profesionalizam u
"Oslobodilackoj nacionalnoj armiji u Makedoniji". Samim tim, je priznao
svoju i umešanost Ibrahima Rugove u dogadaje u Makedoniji. U
teroristicke aktivnosti siptara u Makedoniji je umesan celokupan
politicko-teoristicki establisment Siptara sa KiM. Ibrahim Rugova preko
Tahira Zemaja i njemu odanih teorista, Hasim Taci preko Azema Sulje,
Kadri Veselija i terorista iz KZK kojima je nominalni komandant bio
Agim Ceku a fiktivni Gzim Ostremi, Ramus Haradinaj preko Dauta
Haradinaja i njima odanih teorista.
Vratio sam se da bih ujedinio Albance radi suprotstavljanja
rasporedivanju srpskih snaga u kopnenoj zoni bezbednosti, podizanju
zida u Kosovskoj Mitrovici i najavljenom povratku 170.000 Srba u
Pokrajinu - kazao je Zemaj, koji je kasnije postao i funkcioner DSK,
iskazujuci time i stavove svog lidera Ibrahima Rugove. On je takodje
izrazio nadu da ce se, uz pomoc njegovog autoriteta, ujediniti
politicki faktori Kosmeta k njihovom zajednickom cilju - unapredivanju
Kosovskog zaštitnog korpusa i nezavisnosti. Iz ove recenice se videla
jasna zelja Ibrahima Rugove da preko Tahira Zemja preuzme nad KZK.
Medjutim u tome nije uspeo, Agim Ceku je i dan danas komandant KZK, a
ova formacija predstavlja licnu gardu Hasima Tacija.
Biografija Tahira Zemaja sasvim jasno pokazuje veze Ibrahima Rugove sa
terorizmom i njegovim finasiranjem od novca koji potice od trgovine
narkoticima. Takodje, optuzuje neke zapadne zemlje pre svega SR Nemacku
da je aktivno pomagala organizovanje, finasiranje i obuku siptarskih
teorista o cemu si i casni novinari iz ove zemlje pisali u njihovoj
stampi.

2. "Istorijat" licnog sukoba Tahira Zemaja sa Haradinajem i Tacijem

Licni sukob izmedju teroriste Tahira Zemaja s jedne strane i terorista
Ramusa Haradinaja i Hasima Tacija s druge ima svoje korene u
koncepcijske razlike u strategiji terorizma protiv drzave Srbije i
njenih organa bezbednosti, nacinu uvlacenja NATO-a u rat i ostvarenja
koncepta o KiM kao nezavisnoj drzavi, a zapocet je 1998. godine.
Zemajeva teroristicka formacija sastavljena od 22 oficira i stotinu
"boraca" uspela je sredinom 1998. godine da ilegalno predje granicu i
obrela se najpre u Glodjanu, sa namerom da se stacionira u Juniku i
tamo zapocne sirenje "vojske ministarstva odbrane". No, kako su dosli
na Haradinajev posed, ovaj im je u skladu sa prethodnim upozorenjima
koje je Zemaj u Albaniji dobijao od predstavnika "generalstaba OVK"
Azema Sulje, Adema Grabovcija i Saliha Jasarija, da nece biti
dobrodosao na KiM, priredio adekvatan docek. Blokirao ih je sa svojom
grupom, zapretio da ce ih eliminisati i naredio da se odmah vrate
odakle su dosli, u Albaniju. Haradinaj je dolazak Zemajeve grupe
terorista smatrao problematicnim za teroristicku OVK, posto je Zemaj
zeleo da deluje van postojece komande. Nekako je postignuto primirje
ali samo na kratko jer je ubrzo Haradinaj sa svojm grupom napao petoro
Zemajevih ljudi kvalifikujuci ih izdajicama i tom prilikom im je oteo
oruzje i novac koji su imali kod sebe.
Posle ofanzive MUPa- Srbije i Haradinaj i Zemaj se stacioniraju u
Papracanu, gde je Haradinaj uz stranu pomoc pre svega SAD i Rustema
Tetaja napravio kasarnu i poligon za obuku. U Papracanu je i Zemaj
napravio svoj stab za Metohiju naspram onom koji je nesto ranije
napravio Haradinaj za isto podrucje. U slucaj se umesao vrh
teroristicke OVK. Predstavnici "generalstaba OVK", medju njima i Hasim
Taci, dosli su u Papracane i smatrajuci da protivnickoj strani ne treba
dozvolitit da deluje smenili Zemaja sa mesta "komandanta operativne
zone Dukadjinske ravnice" i ponovo vratli Haradinaja. Tom prilikom je
Hasim Taci zvani Zmija vodio jednosatni razgovor sa Ahmetom Krasnicijem
Bukosijevim ministrom odbrane koji se nalazio u Albaniji. Posto je on
odbo da smeni Zemaja, Taci je, psujuci, Krasniciju ostro zapretio: " S
tobom cu brzo zavrsiti misiju" . Kako je Zemaj kasnije pisao u svojoj
knjizi Taci mu je tom prilikom rekao:"Protiv tebe Tahire Zemaje i
tvojih jedinica ratovacu kao protiv Srba!"
Zatim je usledilo je izvrsavanje odluke "generalstaba OVK" o
udaljavanju Zemaja i njegovih terorista iz Papracana. Naime, Haradinaj
je avgusta 1998. godine upao sa svojom grupom u kasarnu u Papracanu i
uperio puske i minobacace u Zemajaevu grupu. Dao je rok Zemaju i
njegovim oficirima pola sata da napuste kasarnu u Papracane. Ovi su to
morali da ucine, da bi se potom napravilo nekakvo primirje, ali
nakratko. Polovinom septembra i jedna i druga grupa terorista su pod
naletom MUP-a Srbije prebegle u Albaniju.
Posle dolasak KFOR-a i UNMIK-a na prostor KiM, sukob izmedju ovih
terorista je nastavljen verbalno i propagandno - i Zemaj i Haradinaj su
napisali knjige, Zemaj - "Tako je govorio Tahir Zemaj" a Haradinaj -
"Svedocenje o putu u slobodu" , u kojima su izneli niz optuzbi na racun
jedan drugog. Zemaj je u svojoj knjizi osim optuzbi na racun Haradinaja
je direktno optuzio Hasima Tacija za ubistvo Ahmeta Krasnicija, prvog
Rugovinog i Bukošijevog coveka zaduženog za stvaranje albanskih
"oružanih snaga za Kosovo" (FARK). U knjizi se Zemaj se priseca
Tacijevih pretnji Krasniciju telefonom iz Papracana, kada Krasnici nije
hteo da ga smeni sa mesta "komandanta" "operativne zone Dukadjini" - da
ce sa njim "uskoro završiti misiju" navodeci i indikativnu cinjenicu da
se Taci vece pre nego što je ubijen Krasnici, u Tirani sastao sa
Ibrahimom Keljmendijem, poznatim po prljavim likvidacijama.
Zemaj je tri puta bio meta atentata i po pristinskim medijima je javno
optuzivao Hasima Tacija i Ramusa Haradinaja, da su njhovi organizatori.

3. Tahir Zemaj haski svedok

U intervjuima datom prištinskom dnevniku "Koha ditore", Tahir Zemaj je
izjavljivao je da je kontaktirao sa zvanicnicima Haškog suda. Izvori iz
Haskog suda kazu da je Zemaj njihovim istraziteljima ispricao svoja
saznanja o zlocinima vezanim za 6 masovne grobnice kod Radonjickog
jezera. Grobnice su se nalazile u kanal izmedju Bistrice i ostrva
Radonjic, u Radonjickom jezero i u neposrednoj blizini kanala. Iz njih
je 08.09.1998.godine, izvadjeno 37 leseva oba pola, cak i ostaci jednog
deteta koje je jos pilo mleko na cuclu. Po svedocenju Zemaja,
Haradinajevi terorista su Srbe kidnapovali, dovodili na obalu kanala
izmedju Bistrice i ostrva Radonjic, ubijali ih i tela bacali u kanal,
samo jezero ili u rake koji su kidnapovani morali sami da iskopaju.
Navodi Zemaja se u potpunosti slazu sa dokazima koje MUP Srbije,
povodom ovog zlocina poseduje, a koji takodje optuzuju Ramusa
Haradinaja, kaze izvor iz haskog tribunala. Sve dokaze o ovom i drugim
zlocinima siptarskih terorista MUP Srbije je predao haskom tribunalu,
medjutim do sada ni jedan optuznica nije podignuta.
Zemaj je haskim istraziteljima takodje dao iskaz o tome kako su mu
Ramus Haradinaj i Hasim Taci u toku 1998.godine likvidirali nekoliko
ljudi, pominjuci pri tom ime zloglasnog "porucnika" Trogera poznatog po
likvidacijama i mucenjima Srba i Siptara. Haske istrazitelje su posebno
zanimala Zemajeva saznanja o tome ko je likvidirao Ahmeta Krasnicija.
Izvor iz Haskog tribunala navodi da je Zemaj za ovo ubistvo direkno
okrivio kao organizatore Hasima Tacija, Azema Sulju ujaka Hasima
Tacija, poznatog pod nadimkom "Veliki ujak" i Kadri Veselija. a kao
ubicu Ibrahima Keljmendija.
Motiv saradnje Tahira Zemaja sa haskim tribunalom je bio osveta,
izmirenje starih politickih dugova i pokusaj da se optuzivanjem Tacija
i Haradinaja, podizanjem optuznice protiv njih od strane haskog
tribunala, razbije struktura njihove politicke moci cime bi Rugovin DSK
dobio mogucnost da nesmetano vlada pokrajinom, i samostalno u skladu sa
svojom koncepcijom pokusa da ostvari svoje separatisticke ideje.

4. Svedocenje protiv grupe "Dukadjini"

Svedocenjem pred istražiocima Haškog tribunala i na sudjenju protiv
grupi "Dukadjini" koja je bila u sastavu teroristicke OVK, terorista
Tahir Zemaj poceo da ispunjava obecanje da ce obelodaniti dokaze o
zlocinima teroriste Ramusa Haradinaja i njemu odanih terorista koji su
se borili u okviru OVK Medju teroristima iz grupe "Dukadjin" nalazio se
i brat Ramusa Haradinaja, Daut Haradinaj.
Sudenje teroristickoj grupi poznatoj pod imenom "Dukandin", jedno je od
najvecih i najzanimljivijih od dolaska KFOR-a i UNMIK-a na KiM. Ovim
sudjenjem je na posredan nacin pocelo da se dokazuje, da teroristi iz
OVK nisi bili nikakvi romanticni borci za slobodu kakvim su ih
predstavljali zapadni mediji, vec najobicnije ubice koje su ubijale i
"svoju bracu po oruzju i ideji" zbog koncepcijskih razlika i licnih
sujeta. Takodje, pocelo je da izlazi na videlo da je i frakcija
separatistickog pokreta na cijem je celu bio Ibrahim Rugova imala
"svoje" teroriste - FARK!
Sudskim vecem predsedavao je medunarodni sudija Moris de Tevanari, a
tužbu je zastupao medunarodni tužilac. Optuženi Idriz Balaj, Bekim
Zekaj, Ahmet Elšani i Ramuš Ahmetaj uhapseni su 18.juna ove godine, a
Daut Haradinaj se sam predao dan kasnije. Na sudenju pojavilo se 48
svedoka a medju njima i Tahir Zemaj, Ilir Selimaj... Optužnicu je na
pocetku sudjenja procitao medunarodni javni tužilac Antonia Astula. On
je naveo da je sve pocelo konfliktom izmedu rivalskih pripadnika OVK
(izbegao je da kaze da je sve pocelo konfliktom izmedju rivalskih
teroristickih grupa i da nisi svi sacinjavali OVK). Jednu grupu su
cinili pripadnici OVK zone Dukandin, dok su drugu predstavljali
pripadnici brigade u egzilu, koju je vodio Tahir Zemaj. Zemajeva
formacija je bila bliska Demokratskom savezu Kosova (DSK) Ibrahima
Rugove, i nazivana je Oslobodilacka armija Republike Kosovo (FARK).
Tužilac je naveo da su optuženi, 23. juna 1999. godine, ispred robne
kuce u Peci, oteli Baškima Balaja, Sinana Musaja, Rezu Osaja, Rama
Idriz Peju i Vesela Muricija, sve sa podrucja opštine Decani. Optuženi
su tu petoricu Siptara prebacili u štab OVK u Peci, a potom ih, po
nalogu Ethema Cekua, brata Agima Cekua, odveli u selo Ratište kod
Decana, kako bi se sastali sa jednim od komandanata OVK - Ramušom
Haradinajem. Tu petoricu su, prema navodima tužilaštva, do nesvesti
pretukli prvooptuženi Idriz Balaj, potom Daut Haradinaj i Bekim Zekaj.
Oteti su istog dana ponovo pretuceni, nakon cega su odvedeni u jednu
kucu iz koje su se potom culi pucnji. Prema navodima optužnice,
cetvorica otetih Siptara su ubijena, dok je Vesel Murici uspeo da
pobegne i na sudjenju pojavio kao jedan od svedoka optuzbe.
Teroriste iz grupe "Dukadjin" je sudsko vece u Okruznog suda u Pristini
zbog otmice, zlostavljanja i ubistva cetvorice, terorista iz
organizacije FARK, 13. decembra osudilo na ukupno 31 godinu zatvora.
Odbrana optuzenih je najavlila zalbu Vrhovnom sudu Kosova.

Karla zašto ne podižeš optužnicu?

Svedocenje protiv pripadnika teroristicke grupe Dukadin bila je kap
koja je preila cašu Tahir Zemaj je morao da umre. Besan zbog zatvorske
kazne na koju je osuden njegov brat, Ramuš Haradinaj je izdao nalog za
likvidaciju Zemaja kako bi ga zauvek ucutkao. Medjutim dokaza
Haradinajevih zlocina je toliko mnogo da ih ništa ne može obrisati pa
makar likvidirao pola sveta. Te dokaze je država Srbija predala Haškom
tribunalu medutim ovaj sud još uvek nije podigao optužnicu protiv
Haradinaja pa se s pravom postavlja pitanje, narocito ako se ima u vidu
slucaj Vojislava Šešelja pred Haškim tibunalom koji se tamo nalayi
navodno zbog raspirivanje verske i nacionalne mržnje, šta je još
potrebno da Haradinaj najzad bude optužen?

All’interno del corso di Storia contemporanea tenuto dal prof. Nico
Perrone della facoltà di Scienze politiche di Bari, vi sarà un ciclo di
tre conferenze tenute dal dott. Andrea Catone sul tema
 
Origini storiche e dissoluzione della Jugoslavia
 
Lunedì 29 novembre - AULA Moro ore 10.00 – 12.00
Martedì 30 novembre - AULA Moro ore 12.00 – 14.00
Mercoledì 1° dicembre – AULA 3 (piano terra di Giurisprudenza) – ore
12.00 – 14.00

Per ulteriori informazioni:
most.za.beograd @... oppure
mostzabeogradbari @...

 
http://www.ilmanifesto.it


il manifesto - 21 Novembre 2004
STATI UNITI

Le profonde radici della guerra di Bush

Da Reagan Nel degrado sociale la chiave delle scelte di guerra
JOSEPH HALEVI

Secondo il New York Times il vice presidente Dick Cheney è pronto ad
abolire le tasse sui redditi per sostituirle con un'imposta sulle
vendite - paragonabile all'Iva - con funzioni fortemente regressive.
Già nel regime fiscale varato nel 2003 la riduzione delle aliquote
favorisce appena lo 0,2% più alto dei contribuenti! Questo strato sta
ricevendo tagli fiscali quindicimila volte maggiori della media
percepita dai contribuenti i quali dovranno anche sostenere il costo e
il peso dell'ulteriore sfascio dei servizi pubblici. Il londinese
Independent dell'8 novembre riassume un articolo non firmato di un alto
funzionario del dipartimento di stato pubblicato sulla rivista
elettronica statunitense Salon accessibile solo per abbonamento. Pare
che il programma della seconda presidenza Bush preveda, in stretto
coordinamento con Israele, l'eliminazione del regime baathista in Siria
nonchè delle installazioni nucleari iraniane. Il tutto condito anche
dalla promessa fatta apertamente da Bush agli anticastristi di Miami di
«liberare» Cuba. Certo, in questo caso si tratta piuttosto di aumentare
le azioni di strangolamento a di sabotaggio contro l'Avana, perché la
regola principale di Washington, dopo le esperienze della Corea e del
Vietnam, è di non impegnarsi mai direttamente contro un avversario che
possiede la capacità di aggirare la superiorità tecnico-militare
americana. Riconquistata la presidenza e assicuratosi il controllo del
senato, il gruppo al potere negli Usa si sta lanciando a capofitto
nella trasformazione del paese in un buco nero, il cui effetto, come
sappiamo, è quello di dilaniare la materia che incontra nel suo
cammino. Tuttavia il processo inizia da lontano. L'elemento di maggiore
continuità risiede nella politica estera. Ha ragione Gabriel Kolko
quando nel suo ultimo libro sostiene che dal 1945 in poi il governo Usa
ha sempre visto la politica in funzione di interventi militari e che a
questi viene affidato il compito di risolvere le questioni politiche
(Another Century of War? New York: The New Press, 2002). Per Kolko tale
visione comporta un ciclo infernale che di guerra in guerra ha finito
per far approdare il fronte sul territorio americano: il 9/11/2001
appunto. Non vi è forse continuità tra Brzezinski e Wolfowitz quando il
primo sostenne, in un'intervista al Nouvel Observateur del 15 gennaio
del 1998, che, sotto suo consiglio, Carter fece intervenire la Cia in
Afghanistan prima dell'intervento sovietico per costringere l'Urss a
impantanarsi in un suo Vietnam? E quando il giornalista francese fa
notare che ciò ha alimentato il fondamentalismo islamico Brzezinski
risponde: «cos'è più importante nei confronti della storia del mondo? I
talebani o la caduta dell'impero sovietico? Qualche islamista agitato,
o la liberazione dell'Europa centrale e la fine della Guerra Fredda?».
La continuità è non solo idoleogica ma concreta e da Brzezinski ci
porta a Clinton e da lì a Bush. Kolko sottolinea come l'intero
armamentario dell'Afghanistan venne tenuto al caldo e catapultato poi
verso la Jugoslavia fino al Kosovo sempre per effettuare guerre volte a
impedire agli europei qualsiasi coordinamento nella politica estera, e
a isolare i russi.

Assieme alla totale irresponsabilità dei dirigenti Usa, emerge anche la
piena consapevolezza dei servizi di Washington circa gli effetti di
tali politiche. Il termine «blowback», la fiamma che soffia verso chi
l'ha attizzata, fu coniato dalla Cia stessa dopo aver effettuato il
golpe contro Mossadegh in Iran nel 1953 in un rapporto segreto che
articolava la possibilità di sviluppi inattesi e contari. Ma queste
consapevolezze non portarono ad alcuna critica riguardo la validità
delle azioni intraprese. Ed è qui che si manifesta la continuità della
politica di Washington, solo che ora, e passiamo ai cambiamenti, essa
si espleta sia in uno schema di guerra permanente sia contro la
popolazione statunitense.

Il mutamento avvenne con Reagan. Non si potrà mai capire cosa stia
accadendo negli Stati uniti se non si coglie il significato della
reazione reaganiana. Distruzione dell'apparato industriale, inizio del
grande sbando della popolazione, allora prevalentemente di quella
operaia e declino mortale del sindacalismo. Oggi il processo investe
anche i colletti bianchi, Secondo un'inchiesta del Boston Globe del
novembre 2003 i posti di impiegati e tecnici in pericolo, passibili di
spostamento verso paesi esteri come l'India, sono circa 14 milioni. Il
fenomeno fu anticipato nella sua dimensione politico-istituzionale,
prima che si manifestasse, da Bertram Gross, un politico democratico
che nel 1980 pubblicò un libro eccezionale, Friendly Fascism («Fascismo
amichevole»). La tesi di Gross consisteva nell'enucleare la
riorganizzazione delle oligarchie economiche statunitensi diretta a
creare «una struttura di potere integrata tra il Big Business ed il Big
Government tramite ideologie tecnocratiche e metodi avanzati per
governare e confondere il pubblico», nonché «sovvertimento sottile
delle pratiche democratiche» e «uso diretto del terrore attuato con
violenza di bassa intensità, con un escalation poco costosa, con
terrore indiretto attraverso conflitti etnici, vari capi espiatori e
disordine programmato» (p. 170). L'assioma su cui poggiava la
ristrutturazione oligarchica era secondo Gross «la spinta a mantenere
l'unità dell'impero del mondo libero».

Rileggendolo oggi il lavoro di Gross fa risaltare la crisi indotta
negli Usa dallo sfascio dell'Urss. La Cina non era trasformabile ipso
facto in un nemico frontale credibile perché l'uso della carta cinese
contro l'Urss aveva costituito la condizione per avviare Pechino a una
accelerata integrazione economica con le multinazionali Usa dopo
l'ascesa di Deng Xiao Ping. Si ricade quindi sul modo con cui Kolko
caratterizza la strategia Usa post-sovietica: la ricerca di nemici
credibili, cioè da sposare come dice il sociologo e collaboratore della
rivista ebraica Tikun, Charles Derber (Regime Change Begins at Home,
San Francisco: BK, 2004).

Chi cerca trova e con il «blowback» attizzato da decenni, il risultato
è certo. Sposare il nemico è per Derber la condizione essenziale al
fine di ottenere la coesione di ciò che egli chiama la corpocrazia,
cioè il potere delle corporations, mantenendo il grande pubblico
all'oscuro e nella paura. Il grande pubblico, che non ha più gli
strumenti di coagulo politico-sociale ma vive chiuso negli infiniti
sobborghi, senza sindacati sul posto di lavoro e soprattutto senza
posto di lavoro. La devastazione reaganiana, la bolla dot com, hanno
obbligato la gente a lavorare tanto con posti di lavoro vieppiù
evanescenti. E' il job stesso che sta sparendo, osserva acutamente
Dreber. Questa è la chiave per interpretare la trasformazione degli
stati socialdemocratici del Midwest - ove, si ricordi, il radicalismo
operaio era spesso accompagnato da una forte fede religiosa - in zone
dominate dal radicalismo politico neoconservatore.

Fra un po' sparirà anche la Social Security, ultimo rimasuglio
rooseveltiano, i cui fondi privatizzati saranno gettati in pasto a Wall
Street.


il manifesto - 23 Novembre 2004
ASIA PACIFICO

Cina-Usa, scontro d'egemonia

JOSEPH HALEVI
La questione nucleare della Corea del nord non era nell'ordine del
giorno del Forum dei paesi dell'Asia e Pacifico, concluso domenica a
Santiago del Cile: tuttavia il presidente degli Stati uniti George W.
Bush l'ha trasformata nell'unico elemento rilevante della riunione
annuale di un' organizzazione senza peso politico-istituzionale.
L'Associazione dei paesi dell'Asia e Pacifico, Apec, fu ideata del
governo laburista australiano nel 1988. Allora l'iniziativa fu subito
sponsorizzata dagli Usa, che temevano la formazione di un blocco
economico nipponico in Asia che avrebbe indebolito l'influenza di
Washington proprio nelle zone costruite dagli Stati uniti, cioè i paesi
dell'Asean (prima fra tutti l'Indonesia di Suharto) e la Corea
merdionale. L'Apec smise però di avere qualsiasi funzione politica con
la crisi asiatica nel 1997 e il crollo del regime di Suharto l'anno
successivo. Nel frattempo il blocco economico nipponico non si è
formato, anzi l'area di egemonia nipponica sta cambiando polo di
attrazione. Infatti, il vuoto apertosi con la crisi asiatica è stato
colmato dalla Cina, che ha modificato radicalmente la natura
dell'economia politica dell'Asia. Il problema centrale per gli Stati
uniti dunque è impedire che il ruolo aggregante svolto dalla Cina sul
piano economico in Asia orientale, che ha permesso al Giappone di
uscire dalla lunga stagnazione, si trasformi in una forza politica
volta a indebolire l'egemonia Usa nella regione. In questo contesto
l'unico elemento significativo dell'incontro dell'Apec a Santiago è
stato l'uso da parte di Bush della Corea del Nord come strumento di
disarticolazione delle relazioni intra-asiatiche. Dalla crisi
artificialmente creata da Bill Clinton nel 1993, che si preparava a una
guerra anche nucleare contro la Corea del nord, i paesi asiatici non
hanno mai nascosto la loro avversione alla politica di Washington. Nel
1993-1994 Clinton fu costretto a cedere e fare marcia indietro perché
Corea del sud, Cina e più silenziosamente il Giappone furono concordi
nell'impedire azioni unilaterali americane. Malgrado alcuni contenziosi
importanti, come la vicenda dei giacimenti di gas nel mar cinese
orientale che oppone il Giappone alla Cina, l'opposizione dei due paesi
e della Corea meridionale alla linea di Washington permane.

A Santiago, Bush si è fatto carico di parlare a nome di tutti - Cina,
Russia, Giappone e Corea meridionale - dicendo che farà assumere a quei
paesi un'unica posizione nei confronti di Pyongyang, cioè quella
statunitense. Il che tradotto in soldoni signfica vi farò litigare tra
di voi.

Questo è l'obiettivo immediato del governo Usa, mentre l'opzione di una
guerra non è per nulla da scartare. Gli unici ad avere armi nucleari
operative in zona sono appunto gli Stati uniti. Del resto, appena
quattro anni dopo l'accordo del 1994 con Pyongyang, aerei Usa di stanza
nella Carolina del nord compirono esercitazioni di bombardamenti
atomici simulandoli su uno scenario nord-coreano. La «guerra (infinita)
al terrorismo» può certo avere una sua autonoma dinamica allucinante.
Tuttavia le persone che la manovrano, i Dick Cheney e i Paul Wolfowitz
sono, come già lo era Kissinger, dei glaciali calcolatori geopolitici
che hanno sempre ben presente, soprattutto il primo, gli interessi
economici che sostengono la loro geopolitica. E' interessante quindi
notare che proprio mentre Bush diceva ai cinesi, nonchè ai russi e ai
giapponesi, «parlerete tutti all'unisono con me», il presidente cinese
Hu-Jintao già si trovava in America Latina dall'11 novembre in visita
uffciale di quattro paesi: Argentina, Brasile, Cile, Cuba. Lo spirito
ed i contenuti della visita vanno completamente contro la strategia Usa
verso le Americhe volta ad agganciare, con accordi di libero scambio
bilaterali, paese per paese isolando il Mercosur. Sulla falsariga della
visita effettuata in Cina da Lula a metà dell'anno, Hu Jintao ha
proposto rapporti commerciali e strategie di investimento che
renderebbero i paesi implicati meno dipendenti dalle relazioni
verticali con gli Usa. I cinesi la sanno lunga, cosa che nelle
condizioni di oggi fa più bene che male.

[ Questa lunga e dettagliata analisi sul ruolo del servizio segreto
militare tedesco (BND) nel massacro della Jugoslavia e nell'attuale
politica dei pogrom in Kosovo si inserisce nella serie di rivelazioni
che sullo stesso tema stanno apparendo in questo periodo sulla stampa
serba e tedesca. Sullo stesso argomento invieremo una serie di
importanti articoli di Juergen Elsaesser nei prossimi giorni - nel
frattempo si veda anche:
BND-Mann an UCK-Spitze
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4024
Volontari che possano farsi carico delle traduzioni di questi documenti
dal serbocroato e dal tedesco sono ovviamente i benvenuti. (a cura di
IS) ]

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-23.html

BND - sredstvo operativne spoljne politike SR Nemacke

Beograd, 22. novembar 2004. god.
Pise: S. Nikolic

Crtice iz delovanja prema prostorima bivse SFRJ


POGLEDATI:
USA DEMOKRATE ORGANIZOVALE A BND PREPUSTIO SRBE SIPTARSKOM ZULUMU
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-22.html


1. Kratak istorijski osvrt

Aprila 1945. godine tri visoka funkcionera u vojnoj-obavestajnoj sluzbi
Vermahta ocenila su da brod tone. Bili su to general-major Rihard
Gelen, pukovnik Gehard Vesel i potpukovnik Herman Baum. Tajno su se
sastali u jednom hotelu u Saksoniji i dogovorili da se predaju
Amerikancima. Da bi kod njih ostavili sto bolji utisak, resili su da
ponesu sve poverljive materijale koji su im bili dostupni, a to je
najvise bilo izvestaja prikupljenih na istocnom frontu., nesto sto ce
OSS preteca CIA-e izuzetno ceniti. Dogovor je podrazumevao da niko
nista nece reci Amerikancima o poverljivoj arhivi, ali svako ima pravo
da pregovara u ime druge dvojice. Kolona od tri kamiona sa pedest
celicnih kofera krenula je prema Bavarskoj. Pre dolaska na odredjeni
cilj, sofere su zamenili Gelen, Vesel i Baum. Dokumentacija je
sakrivena u bavarskim brdima.
Gelen je prvi pao u ruke Amerikanaca. U pocetku mu nisu mnogo verovali,
ali kad su saznali da ga Rusi traze povezali su ga sa brigadnim
generalom Sibertom, koji je jos pre okupacije Nemacke bio spreman da
preuzme u sluzbu nemacke obavestajce kako bi oni, nihova saznanja i
mreze bile koriscene protiv Sovjeta. Ta ideja je potekla od Alana Dalas
koji je u to vreme boravio u Svajcarskoj.
Kada je potvrdjeno da je Gelen zaista vrhunski nemacki obavestajac za
istocni front i da zaista postoji pedest celicnih kofera sa poverljivim
materijalom, Gelen je prebacen u Vasington. U medjuvrmenu Baum je
obilazio zarobljenicke logore i skupljao proverene nemacke obavestajce,
narocito one koji su stekli iskustvo na istoku. Jula 1946. godine Gelen
se sa grupom saradnika vraca iz Vasingtona u Nemacku gde je Baum vec
uveliko formirao organizaciju, iz uz instrukcije Amerikanaca dogovoreno
je da on prikuplja podatke, dok bi ih Gelen i njegova grupa
analizirali, vrednovali i distribuirali.
Neizbezno je doslao do rivalstva izmedju Gelena i Bauma. Pobedio je
Gelen i Amerikanci su mu dali odresene ruka za prikupljanje informacija
iz istocnih zemalja, njihovu obradu i distribuciju. Hladni rat je vec
dobijao svoje obrise i OSS je morala da bude efikasna. Dogovoreno je da
Gelenova organizacija saradjuje sa Amerikancima sve dok se ne formira
nezavisna nemacka vlada.
Decmbra 1947. godine Gelenova organizacija se preselila u malo mesto
Pulah, deset kilometara od Minhena, u luksuzne vile u kojima su nekad
ziveli Hes, Borman, i druge nacisticke glavesine. Dekretom vlade SR
Nemacke od 01.08.1955. Gelenova organizacija transformisana je u
zvanicnu drzavnu organizaciju pod imenom Savezna obavestajna sluzba,
Bundesnachrichtendienst - BND.
Organizacija Gelen je pocela sa pedesetak ljudi, a vec 1969. godine BND
je brojao 5.000 zaposelnih i imao oko 17.000 agenata u celom svetu.
Centralizovana, dobro tehnicki opremljena, nemacki precizna i uz dobru
saradnju sa obavestajnim sluzbama NATO-zemalaja, BND je stekao ogroman
renome koji i danas ima.

2. BND - najvisa nacionalna obavestajna institucija u obavestajnom
sistemu SR Nemacke

BND predstavlja najvisu nacionalnu obavestajnu instituciju u
obavestajnom sistemu Savezne Republike Nemacke. To znaci da sve druge
sluzbe bezbednosti kao sto su Biro za radio kontrolu (AFMBW), Savezna
vojno-obavestajna sluzba (AFNB), Vojna kontraobavestajba sluzba (MAD) i
Savezni biro za zastitu Ustava (BfV), moraju da saradjuju s njom.
Duznost drugih sluzbi je da sve podatke ustupe BND-u. Medjutim,
istovremeno postoji i obaveza BND-a, da u svoje podatke inkorporise
zahteve i potrebe drugih bezbednosnih organizacija SR Nemacke, i da ih
informise o rezultatima svoga rada na poljima koja su za nju sekundarna
a za ove organizacije primarna.

3. Osnovna delatnost, korisnici informacija i saradnja sa drugim
obavestajnim sluzbama

Osnovna delatnost BND-a je prikupljanje i izucavanje podataka o drugim
drzavama, sa posebnom paznjom na sledece oblasti: politika, ekonomija,
vojska, transport i saobracaj, i tehnicki pronalasci. Korisnici
informacija BND-a su ministarstva za: spoljne poslove, privredu,
unutrasnje poslove, odbranu, iseljena lica i izbeglice i za sveopsta
nemacka pitanja. Navedena ministarstva svojim zahtevima prema BND-u,
odredjuju i angazovanje, orjentaciju i ciljeve ove obavestajne sluzbe.
Osim unutrasnjih korisnika informacija BND-a pojavljuju se i drugi
korisnici kao sto su prijateljske obavestajne sluzbe u okviru NATO-a,
prijateljske obavestajne sluzbe van NATO-a, i vrhovna komanda
NATO-a. BND, NASA i CIA su sa pocetkom sukoba u bivsoj Jugoslaviji
osnovale zajednicki obevestajni centar u Garblingenu (Nemacka) samo za
prikupljanje i anlizu informacija iz bivse Jugoslavije.

3.1 Saradnja BND i HNA

BND je uvek dobro saradjivao sa austrijskom vojnom-obavestajnom sluzbom
- HNA koja je veoma angažovana na Balkanu gde se izmedu ostalog može
osloniti na veliku mrežu obaveštajaca sa druge strane Karavanki.
Obevastajcima HNA se na predavanjima stalno napominje da za njih
postoje dva polja delovanja - jedna polovina je zapad; a po jedno celo
polje predstavljaju istok i Jugoslavija. U jednom zapisniku iz 1957.
godine o razgovoru predstavnika BND i HNA piše: "predstavnik BND "je
ukazao... da odeljenje za radio-izvidanje BND uprkos dovoljnom ljudstvu
i materijalnim sredstvima nije u mogucnosti da obradi sve oblasti, za
koje je zaduženo. Narocito se "Oblast jug-istok" (npr. Jugoslavija,
Rumunija, Bugarska, delovi Madarske itd.) veoma teško ili uopšte ne
može obuhvatiti, delom iz prijemnotehnickih razloga, delom zbog
ljudstva." Problem je rešen - i to tako sto je uz pomoc americkog novca
izgradena jedna moderna stanica za osluškivanje na istocnoj granici
Austrije kod Hainburga, kojom se mogu nadgledati telekomunikacije u
celoj bivsoj Jugoslaviji i drugim delovima jugoistocne Evrope. Austrija
je dobijala finansijsku pomoc, a za uzvrat se obavezala da informacije
prosleduje 'prijateljskim' zapadnim službama. Trake su slate u Pulah a
da ih takoreci u Austriji niko nije ni preslusavao.
"Upuceni znaju da naše službe svoje zadatke dobijaju manje od samih
Austrijanaca, a više iz Pulaha. Nemali broj oficira HNA radi prikriveno
za BND", pisao je 1979. jedan zaposleni iz HNA tadašnjem ministru
odbrane Otu Rešu. Godine 1989. sklopljen je dodatni ugovor o saradnji
na Balkanu izmeju BND, CIA, i HNA.

3.2 Saradnja BND i HNA na prostorima bivse Jugoslavije - Slovenija

U jugoslovenskoj krizi pocetkom devedesetih, HNA je uz instrukcije koje
je dobijala od BND-a funkcionisala u korist secesionista, koje su
podržavali Bon i Bec. Jednu važnu ulogu u svemu tome igrao je jedan
austrijski nacista iz funkcionerskog kadra Hajderove "Slobodarske
partije Austrije" izuzetno blizak BND-u. O tom coveku iz Slobodarske
partije i HNA, Helmutu Štubneru, pisao je "Profil" u avgustu 1995.
"Štubner je u HNA deset godina bio oficir zadužen za poducavanje novih
kadrova i stalno se kretao u ekstremno desnim krugovima. Prvo je
podržavao akciju 'Nova prava', onda se na Beckom univerzitetu spojio sa
desnim studentskim udruženjima - medu njima je bio i Franc Radl,
optužen za podmetanje pisma-bombe. U godinama koje slede Štubner je sa
jednom grupom tvrdolinijaša delovao u okružnim odborima "Slobodarske
partije", povremeno je radio i u partijskoj centrali u Becu, u
okruženju predsedavajuceg Rajnera Pavkovica. Nemackog nacionalistu
Štubnera narocito su zanimala pitanja o evropskim manjinama; on se
zajedno sa "Austrijskim udruženjem zemljaka" zalagao za nemacke manjine
u Erdelju i drugim mestima. Njegov diplomski rad iz oblasti
medunarodnog prava obradivao je 'zaštitu manjina u Sloveniji i
Hrvatskoj'."
Kada je 1. jula 1991. u Becu osnovano "Austrijsko-slovenacko društvo",
Štubner je bio jedan od protagonista koji su se zalagali za priznavanje
secesionisticke države. Osnivaci su vecinom bili iz Slobodarske
partije, izmedu ostalih i Ginter Encensdorfer, referent za nacionalna
pitanja u partiji. Iz zapisa jednog funkcionera Slobodarske partije
saznalo se da je Štubner vodio nekoliko razgovora licno, sa Hajderom. U
jednom pismu, upuceno tadašnjem generalnom sekretaru Slobodarske
partije Valteru Majšbergeru, Štubner se u februaru 1992. hvali da je sa
uspehom "smislio velikodušnu akciju" za "put samoopredeljenja Slovenije
i Hrvatske".
Nekoliko meseci kasnije Štubner je otkriven pri pokušaju stvaranja
privatne vojske u južnom Tirolu. Njegovi tadašnji partneri u Bolcanu
preneli su državnom tužilaštvu u Insbruku ono što im je rekao: "Ako
Slovenija vecim delom bez borbe uspe da dobije nezavisnost, onda je to
rezultat višegodišnje dobre vojne pripreme, koju je sprovela austrijska
obaveštajna služba. Za dan X (gradanski rat ili ratni sukob sa
Srbijom), Štubner je po nalogu HNA, sa drugim austrijskim oficirima u
Sloveniji izgradio baze za sopstvenu teritorijalnu odbranu, a ljude
poducio, pripremio i snabdeo ih oružjem. Samo zahvaljujuci ovim dobrim
pripremama, Slovenija je danas nezavisna." Prilikom kucnog pretresa je
na hard-disku Štubnerovog kompjutera pronaden "Nacrt jednog scenarija
za politicko pronalaženje cilja u aktuelnom secesionistickom sukobu u
Jugoslaviji". Ime fajla: "Južni vetar". U jednom adresaru pronadeni su
ime i adresa slovenackog šefa obaveštajne službe Renata Krajnca.
Saznanja drzavne policije Austrije - STAPO, konkurentskoj organizaciji
HNA, takodje prikazuju Štubnera kao deo koji je "smislio velikodušnu
akciju". Konkurecija izmedju STAPO i HNA je rezultat njihove politicke
privrzenosti - HNA tradicionalno privržena Austrijskoj narodnoj partiji
i Slobodarskoj partiji, dok je Stapo više pod uticajem
Socijaldemokratske partije Austrije. STAPO je i "namestio" otkrivanje
Stubnera pri pokusaju stvaranja privatne vojske kao i pustanje u
javnost kompromitujucih detalja o Stubneru i HNA. "U Stapou se tacno
secaju da su u slucaju napada od strane JNA, cinovnici HNA u džepu
imali spreman plan evakuacije za slovenacku vladu. U datom slucaju bi
Slovenci u Austriji osnovali vladu u egzilu. Supruge slovenackih
najviših politicara vec su bile smeštene u jednom skrovištu u
Gradišcu", pisao je dnevni list "Kurijer". Još tada je Stapo
pretpostavljao da se radi o "grupi agenata, koji su upadljivo bliski sa
Slobodarskom partijom". Pored Štubnera, ovoj grupi su pripadali ili je
trebalo da pripadaju HNA-brigadiri "Nj". i Volfgang Jung. "Nj". je po
"Kurijeru", imao "odlicne veze sa tadasnjim ministrom odbrane Vernerom
Faslabendom", Jung je voda Hajderovog "sigurnosno-politickog radnog
kruga" i zamenik predsednika odeljenja spoljnih poslova u HNA. Sve ove
informacije je "Kurijer" dobio iz STAPO-a, a u cilju neutralisanja
ekstremista iz Slobodarske partije i kidanju njihoih veza sa HNA.
Citava akcije ja izvedena u cilju zastite ustavnog poretka Austrije.

3.3 Saradnja sa drugim obavestajnim sluzbama

BND godinama saradjuje i sa izraelskim obavestajnim sluzbama,
razmenjuci iskustva iz upotrebe tehnickih sredstava, posebno sa nekim
firmama iz izraelskog vojno-industrijskog kompleksa. Sve obavestajne
sluzbe iz nemackog obavestajnog sistema medju njima i BND, su se
angazovale na formiranju, organizaciji i obuci hrvatske obavestajne
sluzbe, a uzele su ucesce i u organizovanju obavestajne sluzbe Sovenije
i obuci kadrova za nju. Odstranjivanjem starog obavestajnog prstena u
obavestajno-bezbednosnom sistemu Hrvatske, BND je iz ovog sistema
iskljucio tzv. partizanski kadar i uspostavio potupnu kontrolu nad njim.
BND je takodje bio angazovan na formiranju, organizaciji i obuci
albanske obavestajne sluzbe. BND odlicno saradjuje i sa obavestajnim
sluzbama pojedinih arapskih i africkih zemalja. Saradnja izmedju BND-a
i uopste citavog nemackog obavestajnog sistema nikad nije bila narocito
razvijena sa britanskim obavestajnim sitemom bez obzira na pripadnost
istom vojnom savezu. Situacija nije poboljsanja ni posle konstituisanja
Evropske unije. Naprotiv, stice se utisak da rivalstvo izmedju njih
dobija sve veci znacaj.
BND ima filijale u oko 100 zemalja sveta i to nemacke poreske obveznike
kosta preko 500 miliona evra godisnje.

4. Organizaciona struktura BND

Vrh BND-a cini Generalna direkcija na cijem celu se nalazi direktor.
Diretor je direktno vezan za Saveznog kancelara. To prakticno znaci da
je BND potcinjen uredu saveznog kancelara, a njome neposredno rukovodi
sef ovog ureda, cije je sediste u zgradi vlade u Berlinu.
U Generalnoj direkciji BND-a slivaju se svi podaci koje njeni organi i
agentura prikupi. S obzirom da su ostale institucije, sem Generalne
dirkecije, kamuflirane, to se medjusobni saobracaji i kontakti , kako
sa nizim organima, tako i sa agenturom stogo zakonspirisani.
Generalna direkcija se cetsto naziva "Centrala", sediste joj je u
Pulahu, nedaleko od Minhena. BND u Pulahu zauzima 46.000 kvadratnih
metara, i smesten je u 140 zgrada, vecinom nalik na barake. Izuzev
zaposlenih i onih koji tamo stanuju, pristup u centralu BND-a je strogo
ogranicen.
Gneralna direkcija ima cetri uprave:
- Prva uprava se bavi obavestajni radom u inostranstvu. U okviru nje
nalaze se odeljenja koja se bave obavestajnim radom i prikupljanjem
informacija po odredjenim sektorima kao sto su vojska, privreda,
naoruzanje i oprema, politika tehnika i kontraspijunaza. Kroz ovih sest
odeljenja obuhvacen je sav obavestajno informativni rad na prikupljanju
informacija, a to znaci konkretan operativni rad na stvaranju agenture
i njenom rukovodjenju. Svako od navedenih odeljenja ima po 13 referata
koji obuhvataju odredjene zemlje ili sire regione, zavisno do interesa
BND-a za odredjena podrucja. Pripadnici I uprave pojavljuju se kao
instruktori u organizacionim jedinicama koje su nosioci obavestajnog
delovanja na odredjeno pravcu na primer:
Bec-Zagreb-Sarajevo-Tirana-Atina.
- Druga uprava obuhvata tehnicko-tehnolosku podrsku ostalih uprava
sluzbe i tehnicke protiv mere. Njeni zadaci se mogu sagledati iz
odeljenja koja ima u svom sastavu, a to su: prislusna sluzba veze,
elektronika, radio-prislusna sluzba kao i tajna tehnika koja ima
najsiru priemenu u operativnom radu.
- Treca uprava je analiticka i organizacijski je tako postavljena, da
je skoro potpuno identicna I upravi, ima kao i ona ista odeljenja sem
za kontraspijunazu, ali zato ima odeljenje za legalne izvore i
personalna dosije, dok je broj referata isti kao i kod I uprave. Za ovu
upravu se moze reci da je karakteristika BND-a a istovremno i imperativ
svaremene obavestajne sluzbe, jer je njen zadatak da analizira
informacije koje prikupi I uprava, da te podatke, posto su prosli kroz
odredjenu obradu, daje drugima na koriscenje, bilo u vidu, informacija
ili vec gotovih obrada i podataka.
Korisnici njenih informacija su na prvom mestu preko Predsednika BND-a,
Savezni kancelar. Ova uprava dostavlja direktne podatke ostalima - kao
sto su : savezno ministarstvo spoljnih poslova, unutrasnjih poslova,
odbrane, privrede, Savezni ured za stampu. Pored korisnika u zemlji
pojavljuju se i drugi korisnici analitickih rezultata III-ce uprave kao
sto su prijateljske obavestajne sluzbe u okviru NATO-a, prijateljske
obavestajne sluzbe van NATO-a, i vrhovna komanda NATO-a. Svakako ovo
informisanje je obostrano zasnovano na prijateljskim osnovama,
odredjenim obavezama ali i na bazi reciprociteta. U okviru BND-a ova
uprava takodje ostalim upravama daje na koriscenje rezultate svog
analitickog rada.
Moze se slobodno reci da I-va i III-ca uprava predstavljaju jednu
celinu jer I-va uprava radi na prikupljanju informacija putem raznih
izvora i svojim operativnim radom, a III-a uprava analitickim putem
sredjuje, analizira, i uopstava rezultate rada I-ve uprave za
koriscenje drugim zainteresovanim organima. Rezultate rada III-ce
uprave u punoj meri koristi i I-va uprava za poboljsanje svoga rada.
- Cetvrta uprava je za opste poslove i ona prakticno svojim radom
obsluzuje ostale tri uprave a time i celu BND. Ova uprava ima 11
odeljenja: Finansije, pravnu sluzbu, upravu, organizaciju sluzbe,
kadrovsko odeljenje, obuku, podrucje zastite, kurirsku sluzbu, vezu sa
stampom i dokumentaciju sa centralnom bibliotekom. Nazivi pojedinih
odeljenja jasno govore o njihovim osnovnim zadacima.

5. Organi dejstva BND-a

Organi dejstva BND-a su nize organizacijske jedinice - Generalna
zastupnistva. To su obavestajni centri na teritoriji SR Nemacke, koji
se nalaze u vecim mestima i administrativnim centrima, i samostalni su
u planiranju i realizaciji obavestajne penetracije prema odredjenim
pravcima. Generalna zastupnistva su organizacijski postavljena slicno
Generalnoj direkciji, sa najjace izrazenim sektorom I-ve uprave.
Obavezno su Generalna zastupnistva kamuflirana kao neka preduzeca gde
je normalan protok ljudi. Generalno zastupnistvo koje deluje prema
zmelajma bivse Jugoslavije nalazi se u Minhenu.

6. Ljudstvo

U okviru BND-a zaposleno je oko 7.000 ljudi. Svi sluzbenici BND-a koji
operativno rade imaju slobodno izabrana imena i odgovarajucu profesiju,
kao i takva dokumenta koja odgovaraju njihovom kamufliranom polozaju.
Takodje svaki pripadnik BND-a ima svoj "nuzni broj" (Nottnumer), koji
mu sluzi za identifikaciju u svojoj zemlji, kada ne zeli da otkrije
svoj pravi identitet pre organima policije, koja tada broj proverava u
centrali BND-a. U medjusobnom saobracaju pripadnci BND-a koriste se
samo pseudonimima a takav postupak je i sa agenturom gde se za svaki
izvor podataka daju ocenu verodostojnosti i vaznosti koji iznose.
Prpadnici BND-a koji rade sa agenturom zive pod posebnim rezimom (pod
drugim imenom, ograniceno im je kretanje, stalno su pod zastitom i
kontrolom). Prilikom odlaska u penziju za njih i dalje vazi obaveza
cutanja o poslu na kome su radili.

7. Agentura

7.1 Vrbovanje i obuka agenata

BND ima razradjen sistem niza postupnih mera za angazovanje agenture.
Pronalazenje kandidata za agente, pored zvanicnih organa BND-a, vrse i
posebni saradnici "Tiperi" koji su regrutovani iz takvih profesija koje
im omogucavaju veci broj kontakata sa licima koja iz inostranstva
dolaze u Saveznu Republiku Nmacku (turisticki biroi, firme,
instituti..). "Tiperov" zadatak je da pronadje lice sa odredjenim
sposobnostima, prikupi osnovne podatke o takvoj licnosti i da ih
dostavi organu BND-a, time je njegov zadatak zavrsen. Na osnovu tih
podataka, ako se donese pozitivna odluka, nastupa poseban saradnik
"Forscher" (istrazivac - proverac), ciji je zadatak da prikup detaljne
informacije o kandidatu: politicka opredeljenost, odnos prema svojoj
zemlji, drustveni polozaj, biografske podatke i sl., i da pokusa da
uspostavi licni kontakt ali samo u cilju provere. Na osnovu
prikupljenih podataka i eventualnog licnog kontakta "Forsher" predlaze
nacin stupanja u kontakt sa kandidatom za vrbovanje kao i sam proces
vrbovanja.
Sam proces vrbovanja i pripreme izvodi zvanicni organ BND-a koji se
naziva "Weber" (lice koje vrbuje). "Weber" pravi plan vrbovanja,
odabira mesto, gde ce izvrsiti vrbovanje, nacin prilazenja kandidatu i
obavlja ostale tehnicke pripreme za sto uspesnije izvrsenje svog
zadatka - vrbovanje. Pre vrbovanja uocene su mogucnosti kandidata, kao
i motivi za saradnju na osnovu koje bi pristao na vrbovanje, kakvi su
mu uslovi dolaska u SR Nemacku ili neku drugu zemlju, zbog mogucnosti
odrzavanaj veze. Kada "Weber" izvrsi vrbovanje kandidata, on ga predaje
na vezu WM "Fureru" koji se dalje brine o instruktazi agenta i
odrzavanju veze.
BND ide na dugorocniji rad sa agenturom pa joj zbog toga posvecuje punu
paznju kako u instruktazi tako i u odnosu prema njoj. Agentu se kroz
instruktazu daje znanje po pitanjima na kojima ce raditi, a narocita
paznja se posvecuje pisanju izvestaja i njihovom dostavljanju.
Izvestaju treba da budu kratki, pregledni, jasni sa oznakom
verodostojnosti podataka koji se iznose u izvestaju. Izvestaji se
najcesce salju u pismu obicne sadrzine, napisani pomocu tajnih mastila
ili specijalnog indiga. Agent dobija nekoliko adresa na koje upucuje
svoje sifrovane izvestaje. Pored toga svaki agent ima odredjeni broj
kodova za kratka saopstenja i upozorenja. U upotrebi su i mikro filmovi
iako redje zbog svoje komplikovanosti obrade od strane agenta. U cilju
odrzavanja veze sa svojom agenturom BND svakodnevno koristi emisije
niza radio stanica gde se u njihovim emisijama u pojedinim tekstovima
preko sifre daju uputstva i kratka saopstenja.
Kroz rad sa agenturom BND nastoji da sa agentom stvori odnso
medjusobnog poverenja, pa se zbog toga retko menja operativac koji
odrzava vezu sa agentom. BND u svakom pogledu vodi brigu o agentu kao
licnosti i pruza mi svaku pomoc. Placanje agenture se vrsi prema
prodkciji, tj. prema broju i kvalitetu podataka koje agent pruza, a u
pojedinim situacijama vrse se i posebna nagradjivanja u cilju
stimulisanja rada agenata i sto boljeg vezivanja u obavestajnom radu.
Sastanke sa agenturom BND odrzava u svojoj zemlji ili u trecim zmljama
(trecim zemlajma smatraju se zemlje iz kojih nije agentura sa kojom se
odrzava veza a niti obavestajna sluzba koja tu vezu odrzzva), sto na
prvom mestu zavisi od mogucnosti agenta. Rezident je uvek u susednoj
zemlji, zbog sigurnosti. Tajnosti u odrzavanju ovih sstanaka pridaje se
puna paznja prvenstveno sa aspekta cuvanja agetna.

7.2 Podela agenture

BND je izvrsio podelu svoje agenture na kategorije i to na osnovu
ciljeva za koje se odredjeni agent upotrebljava i na osnovu odnosa
agenta prema cilju i njegovim mogucnostima. Obavestajni cilejvi su :
politicki, vojni, privredni, naoruzanje i oprema i tehnika i odgovaraju
odeljenjima koja se tim pitanjima bave u okviru I-ve uprave BND-a.
Agenturu kao izvor podataka, u odnosu na cilj podeljena je na:
"P" izvori su oni agenti koji vrse vazne funkcije u drzavnom aparatu,
vojsci i sl., i mogu pruziti najkvalitetnije informacije;
"U" izvori su oni agenti koji mogu samo da opserviraju cilj bez
prodiranja u njega;
"R" izvori su najbrojniji saradnici. To su lica koja mnogo putuju i
najvise prikupljaju podatke iz one oblasti koja je najbliza njihovoj
profesiji. Podatke prikupljaju kriz razne kontakte i opservacijom.
"S" izvori su agenti ugradjeni u strane obavestajne sluzbe.
Za svakog agenta se vodi karton "WKW" (ko koga poznaje), tako da se kod
provale agenta blagovremeno obavestavaju sve veze koje mogu biti
ugrozene. Svaki slucaj otkrivanja i kompromitovanja agenture se izucava
ponaosob, utvrdjuju se uzroci kako je do toga doslo, u cemu su bile
slabosti prilikom rukovodjenja agenturom i kakve se posledice mogu
ocekivati po dalji rad.

8. Subverzija i tajne operacije - instrumenti BND-a

Posebnu paznju BND posvecuje subverzivnim aktivnostima a u okviru njih
stvaranju tzv. politicke agenture i tajnim operacijama, sve to u cilju
ostvarenja interesa SR Nemacke u odredjenoj drzavi ili regionu..
Politicka agentura je strogo namenska agentura koja se ne poistovecuje
sa obavestajnom delatnoscu. U tom smislu BND stalno prosiruje svoj
katalog "KO JE KO" u odredjenoj zemlji vodeci racuna o perspektivnim
kadrovima. U BND-u se definise lista onih koji dobijaju stipendiju za
usavrsavanje u Nemackoj. BND odredjuje koji ce strani politicar dobiti
podrsku bilo novcanu bilo finansijsku.
Stvaranje politicke agenture je proces koji se po doktrini BND-a odvija
u dva pravca:

1. stvaranje oslonca u postojecim drustveno-politickim strukturama,
2. prodiranje i stvaranje agenture u onim regionima zemlje "zrtve" i
delovima drustva koji se ocenjuju kao zariste sukoba
Vrbuje se elita - intelektualci, vrhunski strucnjaci, novinari,
urednici stampanih i elektronskih medija, bogati pojedinci u nacelu
mladi ljudi pred kojima je buducnost i koji imaju izglede da dodju na
znacajne rukovodece polozaje ili do znacajnih finansijskih sredstava.
Cilj je prodor u drustvene strukture zemlje zrtve, sa tezistem na
intelektualne krugove i sredstva informisanja. Znacajnu uloga u tim
aktivnostima pridaje se politickoj emigraciji , disidentima, i drugim
otvorenim protivnicima rezima, koji obezbedjju kanale i veze u zemlji i
izvrsavaju zadatke. Organizuje se njihovo okupljanje, podrzava
negativan stav prema postojecem sistemu... Mada su te veze otvorene,
njihova pozadina se brizljivo prikriva. Jedinstvo svih tih snaga
ostvaruje se na istovetnosti ideoloskih uverenja i politickih pogleda
sa zemljom pokroviteljom (SR Nemackom), cija je namera da se oni
nametnu masama. Cilj stvaranja politicke agenture je projektovanje
politickih dogadjaja, odnosno politicke buducnosti zemlje zrtve kao i
obezbedjenje podrske akcijama specijalnog rata a u svrhu realizacije
interesa SR Nemacke.

8.1 Polititicka agentura u Hrvatskoj

Dugorocan isplativ rad na stvaranju politicke agenture, njeno perfektno
rukovodjenje i koriscenje moglo se videti na primeru Hrvatske, gde su
upravo pripadnici politicke agenture koju je stvorio BND a u ciji
sastav su usli pripadnici ekstremnih i teoristickih ustaskih
organizacija, komunisti i disidenti kakav je recimo bio ubijeni Bruno
Busic, novinari kakvi su bili recimo nekoliko novinara "Vjesnika",
kadrovi iz INI-e, bili glavni protagnosti secesionizma. BND je kroz
jednu takvu agenturu omogucio pomirenje ustasa i partizana cime su
udareni temelji danasnjoj Hrvatskoj. U vezi s tim pisac knjige "Ratnici
u senci", Erih Smit Embaum, koja se u nemackim knjizarama pojavila
1994. godine tvrdi: "Krajem osamdesetih godina, veze izmedju hrvatskih
secesionista i BND poprimile su tako cvrste forme da su od tog trenutka
pa nadalje sve odluke u Zagrebu, sto su se donosile na planu strateskih
i personalnih pitanja, donosene u dogovoru Krajacicevog kruga i BND
instanci ustaskih emigranata". Tom krugu su pripadali Franjo Tudjman,
Stjepan Mesic, Josip Boljkovac, Josip Manolic i fra Tomislav Duka.
Kasnije su im se prikljucili Martin Spegelj, Janko Bobetko i Zvonimir
Cervenko.

8.2 Politicka agentura BND-a u okviru siptarskog secesionistickog
pokreta

BND je po slicnom sistemu stvorio politicko-obavestajnu agenturu i
medju siptarima koju su cinili pripadnici raznih siptarski
ultranacionalnih i teroristickih organizacija koje su uz precutnu
saglasnot a neke od njih iz uz gotovo otvoreno podrzavanje nemacke
drzave delovale na njenom tlu. Tako je 92. godine samoproklamovani
premijer Bujar Bukoši je uz blagonaklonost nemackih vlasti osnovao od
bivših oficira grupu "za vojnu problematiku i bezbednost", kasnije
preimenovanu u "ministarstvo odbrane Kosova". Na njenom celu je bio
Ahmet Krasnici kasnije ubijen od strane konkurentske teroristicke
organizacije OVK. U "ministarstvu odbrane Kosova" visoku funkciju je
zauzimao i Tahir Zemaj begunac iz niskog zatvora, bivsi ofici JNA, za
kojim je bila raspisana poternica a kome su nemacke vlasti dale azil!
Osnivanjem "ministarsta odbrane Kosova" pocinju u Nemackoj i intezivne
obuke siptarskih terorista koje su po peporuci BND-a vodili bivsi
oficiri Bundeswera i pripadnici Legije stranaca.
Decembra 93. godine, Bukosi je osnovao je i fond "Domovina zove",
organizaciju za prikupljanje novaca namenjenog nabavci oružja i opreme
za "Vojsku Kosova" iz koje ce kasnije izaci teroristicka organizacija
FARK. Fond je registrovan u Nemackoj, u okviru albanske demokratske
zajednice i imao je filijale u 12 zemalja Evrope i Amerike. Devize koje
je on sakupljao išle su delom za obuku, opremu, naoružanje i strane
placenike, a delom za propagandu i potkupljivanje lobista i uticajnih
grupa u vladajucim krugovima Zapada. To su priznale i zapadne vlade, pa
su, mada kasno, tek sredinom 1998. godine, donele odluku o zabrani tog
fonda, medjutim ona je vise bila u fuknciiji otkazivanja "pomoci"
Bukosiju i Rugovi i prilanjanja Hasimu Taciju. I pored zabrane, fond je
nastavio ilegalno da funkcionise, a funkcionise i danas. O sva
upozorenja koja je upucivala SDB u vezi navedenih aktivnosti SR Nemacka
se oglusivala.
BND i CIA su pocetkom 1996. godine su svoju pomoc usmerile prema
ljudima koji su stvorili teroristicku organizaciju OVK iz cisto
prakticnih razloga - koncepcija za koju su se zalagali Bukosi i Rugova
bila je isuvise spora za realizaciju njihovih interesa na prostoru SRJ,
u teroristima OVK su videli brze resenje. Rugova je sklonjen u stranu
kako bi posle vojne intervencije mogao realtivno neokaljan da bude
ponovo politicki rehabilitovan a teroristima iz OVK je prepusteno da
etnicki gotovo ociste KiM od Srba. Rugova je politicki rehabilitovan uz
pomoc SAD i EU u kojoj glavnu rec vodi Nemacka i danas je nekakv
predsednik Kosova a na delu imamo pokusaj neutralisanja terorista iz
OVK cije su vodje postale vodje politickih partija. U tom pokusaju SAD
i Nemacka preko svoji obavestajnih sluzbi koriste koncept i strategiju
"suprostavljanja siptara siptarima" sve pod velom sudjenja za zlocine
koje su teroristi iz OVK pocinili nad civilima siptarima, pripadnicima
druge teroristicke formacije FARK i velom borbe protiv organizovanog
kriminala. Cilj je podrzati uspostavljanje politicke vlasti i moci
jednog saradnika u ovom slucaju Ibrahima Rugove i neutralisanje drugih
saradnika zbog njihovih pretenzija koje mogu destabilizovati citav
region. SAD i Nemacka ne zele, bar za sada nove sukobe u regionu, jedan
od njihovih geopolitickih ciljeva je ispunjen, stacionirane su na KiM,
koja predstavlja makro tvrdjavu Balkana odakle je moguce kontrolisati
saobracajnice, koridore i strateske pravce na Balkanu. Osim toga na KiM
se nalaze prirodni resursi vredni vise desetina milijardi dolara i
kontrolom nad njima u dobroj meri se moze kontrolisati privredni razvoj
citave Srbije sto je tema jednog posebnog teksta.

9. Tajne operacije - Hrvatska

Uklapajuci se u americku koncepciju sukoba niskog inteziteta, uz
jednovremenu realizaciju svojih posebnih interesa (pokusaj nametanja
novog faktora i sila u Istocnoj Evropi, Balkan kao odskocna daska za
dalje sirenje uticaja na Istok) na prostoru bivse SFRJ, BND je bio u
prilici da tajnim operacijama, obavi najveci deo posla zahvaljujuci
svojim vezama sa emigrantskim organizacijama i profasistickim
teroristickim grupama u Sloveniji i Hrvatskoj, ali i koriscenjem svoje
obavestajne i gore pomenute politicke agenture.
Kljucni covek BND-a, koji je uz aminavanje Klausa Kinkela, direktora
BND-a od 1979. do 1982. godine, a tadasnjeg ministra inostranih poslova
SR Nemacke, radio na projektu hrvatske secesije bio je Klaus Derner.
Klaus Kinkel je jos dok je bio na funkciji sefa nemacke obavestajne
sluzbe radio na razbijanju Jugoslavije, a postavljenjem na funkciju
ministra inostranih poslova je to samo nastavio. Pomenuti Derner je od
pocetka sedamdesetih radio na tlu Jugoslavije i uspostavio je posebno
bliske kontakte odrzavao sa Krajacicem a potom i njegovim krugom koji
su sacinjavali Josip Manolic, Josip Boljkovac, Franjo Tudjman i Stipe
Mesic. Dener je bio zaduzen da "pomiri" ustaske emigrante i teroriste i
bivse komuniste a potom nacionaliste. U tu svrhu on je organizovao
veliki broj njihovih sastanaka u Nemackoj i Austriji ali i u nemackom
konzulatu u Zagrebu.
Zapazenu ulogu u je imao i Johan Dengler, bivsi oficir Vermahta,
austrijski diplomata i obavestajac visokog iskustva jos iz drugog
svetskog rata. Johan Dengler nije bio obavestajac koji sakuplja podatke
vec je otkrivao politicare sa kojima se u perspektivi moze raditi - sto
u prevodu znaci one na koje moze da se utice. Kao dugogodisnji konzul
Austrije u Zagrebu i ambasador u Budimpesti, bio je u mogucnosti da
pomogne nacionalistickim snagama u Hrvatskoj da povezu cvrsce sa
uticajnim licnostima u Becu, Budimpesti, Vatikanu, a posebno u Bonu,
angazujuci im i obavestajne kontakte. On je odigrao veoma vaznu ulogu u
povezivanju vrhovnistva Hrvatske sa nemackim politickim i obavestajnim
vrhom. Bio je izuzetno blizak sa Vladom Gotovcem, Stankom Goldstajnom,
i Hrvojem Sasicem. Kao veznik nemacke obavestajen sluzbe, krajem 1990.
godine, licno je Tudjmanu izlozio kompletnu strategiju i sugerisao
nacin i postupke pri razbijanju Jugoslavije i otcepljenju Hrvatske.
Nikako ne sme da se u svemu ovome zaboravi lik i delo dr. Ernesta
Buera. Bauer je rodjen u folksdojcerskoj porodici u Zagrebu 1910.
godine. Po zavrsenom filozofskom fakultetu 1937. godine predavao je
istoriju u Zagrebu i Vinkovcima. U vreme NDH bio je sef ABVER-a za
Bjelovar, potom konzul NDH u Pragu i atase za propagandu u Bukurestu.
Sve vreme je u ovom gradovima istovremeno obavljao i poslove za ABVER.
Posle rata je doktorirao u Gracu, 1953. godine i sve vreme bio jedan od
rukovodecih ljudi u "Hrvatskom nacionalnom vecu". Iako je 1957. godine
penzionisan kao general-potpukovnik BND-a, on prakticno nikad nije
otisao u penziju, posebno kad je rec o njegovom angazovanju prema SFRJ.
Susret Tudjmana i Bauera organizovao je bivsi pukovnik ABVER-a Vladimir
Musa. Juna 198. godine Tudjman je posetio u Nemackoj Ernesta Bauera i
tom prilikom su dogovorena osnovna nacela HDZ-a i udareni temelji
njegove totalitarne vlasti. Bauer je tom prilikom postavio Tudjamnu
odredjene uslove, cijim bi ispunjavanje pomogao svom "pulenu" da doje
na vlast. Tudjman je dobio "domaci" zadatak da pronalzazi puteve
povezivanja HDZ sa muslimanskim stanovnistvom BiH. U tome je svako
nasao svoj interes. Nemackoj je bio potreban saveznik koji ima korene u
Aziji, gde su izvori nafte - muslimani, a Hrvatskoj koja ima lobi,
strategijski - zaledje. Osim toga Bauer je od Tudjamna trazio da u vrhu
buduce hrvatske policije i diplomatije budu "provereni Hrvati", Gojko
Susak i Perica Juric, zvanicno jastrebovi HDZa u stvari agenti BND-a
koji su Tudjmana trebali da drze na oku. Tudjman je prihvatio ovu
ponudu. Najveca zasluga ovog penzionisanog generala BND-a je sto
Tudjamnu pomogao da stupi u vezu sa BND i CIA i sto je HDZ za izbornu
kampanju iz Nemacke dobila 6 miliona DM.

9.1 Ilegalno naoruzavanje Slovenaca, Hrvata i muslimana

Da bi osigurala da svoj suverenitet brane vojnim sredstvima SR Nemacka
je obezbedila ilegalno naoruzavanje oruzanih snaga Slovenije i Hrvatske
- za izvodjaca radova je bio odredjen BND. BND je hrvatskim i
slovenackim bankarima i trgovcima oruzjem omogucio kontakte sa
medjunarodnim trgovcima oruzjem, a onda se postarao da sve ide glatko.
Medju partnerima BND-a u naoruzavanju Hrvatske i Slovenije bili su
trgovci oruzjem Karl Hajnc Sulc, Mertins-firma Meleks, Hriscanska
milicija iz Bejruta... Karl Hajnc Sulc je kupio velike kolicine oruzja
i vojnog materijala bivse istoconemacke vojske i sve to preproda
Tudjmanu. Sulca je Tudjmanu preporucio BND koji je i kontrolisao citav
posao. Nemacko oruzje je u Sloveniju i Hrvatsku stizalo zaobilaznim
putem, tako je licenca za proizvodnju Ambrust raketa prodata Belgiji i
Singapuru a odatle su trgovci oruzjem uz podrsku BND-a to oruzje
prodavali Hrvatskoj i Sloveniji. Standardna oprema Hrvata su postale
puske i revolveri MP-5 proizvodjaca Heckler/Koch, a na tone oruzja i
opreme iz bivseg DDR-a medju njima puske AK-74, municija, kamioni,
transporteri, je takodje na ovaj nacin isporuceno Hrvatskoj.
Osim ilegalnog naoruzavanja Slovenaca i Hrvata, SR Nemacka je aktivno
ucestvovala i u naoruzavanju muslimana u BiH. Novinari nemackog TV
magazina "Monitor" su 27. februara 1997. godine argumentovano dokazali
da je BND bio umesan u ilegano naoruzavanje muslimana u BiH. Kljucna
licnost u citavoj toj prici bio je Kristof fon Becold, rukovodilac
nemacke delegacije u posmatrackoj misiji EU za Hrvatsku i Bosnu. Fon
Becold je rukovodio zagrbackom filijalom BND-a ciji je centar bio u
jednoj vili, u diplomatskoj cetvrti Zagreba. Novinarima "Monitora",
lekari i osoblje bihacke bolnice priznali da su nemacki posmatraci pod
zastavom EU u dzipovima dovozili municiju koja je bila skrivena u
paketima sa oznakom "decja hrana" i "mleko u prahu". O tome postoje
cak, i knjige i primopredaji "robe", koja pokazuje da je samo jednom
prilikom, 27.marta 1994. jedna nemacki "posmatrac" dovezao 17.280
metaka raznog kalibra. Osim toga agenti i saradnici BND-a su u Sarajevo
prenosili i velike kolicine novca, pa su pojedine posiljke bile "teske"
i do 50.000 DM. Zamenik Kristofa fon Becolda u posmatrackoj misiji EU
bio je pukovnik Grapengeter koji je pre dolaska u Zagreb radio u Rimu,
tako da je bio dobro upoznat sa situacijom na prostoru bivse
Jugoslavije. Grapengeter je bio veza BND-a sa visokim predstavnicimsa
hrvatske i muslimanske vojske.
Zapazenu ulogu u naoruzavanju muslimana u BiH imao je i Nurif
Rizvanovic koji je kao oficir JNA 1987. godine osudjen na kaznu zatora
od 7 godine zato sto je za potrebe BND-a pod pseudonimom "BND-270"
prikupljao podatke o JNA i odbrani zemlje stepenovane kao vojna tajna.
Rizvanovica koji je na izdrzavanje kazne u KP Dob kod Ljublajne otisao
9.marta 1988 oslobodila je nova vlast Slovenije 1990 godine. Posle toga
on je osnovao firmu "Lanfer" za sedistem u Novom Mestu koja istovremeno
bila obavestjani punkt BND-a. Po zadacima BND-a Rizvanovic je ilgalno
uzvozio naooruzanje za potrebe SDA u istocnoj Bosni. Operacija sa
Rizvanovicem nije dugo trajala, jer je on bio covek koji je prvenstveno
radi za sebe, svoju materijalnu korist, i zavrsila se skandalom u koji
su bili upelteni i Adil Osmanovic Taran covek BND-a koji je bio poslat
da kontrole Rizvanovica i Hriz Redzic, muslimanski poslanim u skupstini
BiH, takodje na vezi BND-a.

Zakljucak

Sve ovo govori da je Nemacka dugo vremena sredstvima operativne spoljne
politike pripremala teren za nastupanje u ulozi velike politicke sile
kako na istoku, tako i na zapadu evropskog kontinenta. Bon je posle
osvajanja punog suvereniteta krenuo u ekspanzivni prodor a Balkan mu je
posluzio samo kao odskocna daska za dalje sirenje svog uticaja na
Istok. Jedna od glavnih poluga u tom sirenju Nemacke predstavlja BND,
posle pada Varsavskog pakta druga najveca tajna sluzba u Evropi.
Zahvaljujuci preko 80 filijala sirom sveta, saradnji sa preko 150
drugih tajnih sluzbi, vrhunskim tehnoloskim pozicijama i zastrasujucem
ekonomskom potencijalu Nemacke, BND preti da postane jos uticajniji
faktor moci u medjunarodnoj politici, utoliko pre sto u medjudrzavnim
odnosima nastupa i dalje sa tradicionalnim politickim sredstvima moci
iz perioda hladnog rata.
Medjutim, na osnovu iznetog o organizaciji i metodama rada BND-a ne
treba izvuci zakljucak da je to savrsena obavestajna organizacija kojoj
se ne moze suprostaviti u njenom delovanju. BND je pored uspeha imala i
niz vrlo ozbiljnih neuspeha u svom radu, a o tome dovoljno govori
situacija iz 1969. i 1970. godine kad je Saveznu republiku Nemacku
zahvatio talas samoubistava odgovornih funkcionera, sto je svakako bilo
u vezi sa obavestajnim radom. Osim toga treba dodati su pripreme za
izvodjenje teroristickog akta AL-Qai'de (teroristicki napad na WTC)
dobrim delom izvedene u Nemackoj a da citav njihov obavestajno
bezbednosni sistem nije imao nikakve informacije o tome.

Esecuzioni, decapitazioni ed altre operazioni propagandistiche

Larry Chin, Freebooter

20 novembre 2004 - Il modello è rimasto costante ed ovvio. Ogni
resoconto di notizie o scandalo che risultassero dannosi per l'agenda
di guerra Bush/angloamericana sono stati seguiti, entro poche ore, da
esecuzioni scioccanti (vere ed inscenate) che vengono attribuite agli
"insorti terroristi", nonostante circostanze discutibili, prove non
verificabili e fonti inaffidabili, come funzionari dei servizi segreti
e militari "innominati".

I responsabili di queste azioni non sono stati identificati e
probabilmente non lo saranno mai, in gran parte grazie ai deliberati
oscuramenti giornalistici dalle zone di guerra degli USA/Pentagono, ed
ai corporate media carichi di disinformazione e controllati da Bush.

Ciò che è chiaro, indifferentemente dall'identità degli esecutori, è
che i risultati hanno beneficiato esclusivamente la macchina bellica
degli USA/amministrazione Bush, mentre hanno completamente indebolito
gli obiettivi politici e di pubbliche relazioni dei movimenti e gruppi
anti-USA/antioccupazione. I metodi utilizzati per il rapimento e
l'assassinio di Margaret Hassan, Nick Berg ed altri corrisponde
accuratamente al profilo delle classiche operazioni occidentali di
intelligence e controinsurrezione.

Margaret Hassan

I resoconti delle carneficine da genocidio, delle atrocità e dei
crimini di guerra che vengono ora commessi dalle forze USA a Fallujah
(v. anche i dispacci di Dahr Jamail dall'Iraq:
http://www.dahrjamailiraq.com/ ) sono stati "ricambiati" da un video
dell'apparente esecuzione di Margaret Hassan, una funzionaria del
soccorso CARE che era amata e rispettata dagli iracheni ed anche dai
non iracheni. Questo atto, imputato agli insorti, ha provocato
risentimento tra gli iracheni verso i combattenti ribelli.

Ma l'omicidio della Hassan èra parte di una operazione
dell'intelligence britannica (
http://www.jihadunspun.com/intheatre_internal.php?article=10

0224&list=/home.php& ) ? Il racconto di un giornalista giordano:

"I britannici hanno cercato di assicurarsi da ogni potenziale
contraccolpo del pubblico e dei loro parlamentari laburisti (nel caso
le cose andassero proprio male) ordinando ai loro agenti in campo in
Iraq di rapire Margaret Hassan, l'operatrice dell'associazione di
beneficenza Care International.

"Il recente comunicato dei mujaahideen ha esposto la politica di
sicurezza britannica ed ha negato ogni coinvolgimento del JTJ nel
rapimento. Il rapimento invierà al pubblico britannico il messaggio che
la resistenza irachena è composta da mostri e pluriomicidi e che non vi
può essere altra risposta che cancellarli dalla faccia della terra,
prolungando dunque il ridispiegamento delle truppe britanniche nella
regione vicina a Baghdad".

Il rapimento e l'esecuzione della Hassan non hanno proprio alcun senso
eccetto quello di un'operazione di intelligence di agenti USA,
britannici o alleati degli USA ( http://www.uruknet.info/?p=6457 ):

"Ma perché la resistenza dovrebbe rapire chi per 25 anni ha fornito
assistenza umanitaria al popolo iracheno? E' possibile che la
resistenza irachena voglia negare assistenza umanitaria al popolo
iracheno? Naturalmente no. In America, i media ufficiali rispondono
tutti i giorni a queste domande: la resistenza irachena è fanatica,
assassina, non è niente altro che una sregolata confederazione di
terroristi, criminali, folli islamici, sadici dementi che fanno saltare
in aria autobombe in piazze di mercato affollate ed uccidono donne e
bambini ed i loro vicini. Comunque, vi è un'altra possibile
spiegazione: il rapimento di Margaret Hassan è parte di un'operazione
antinsurrezione ideata per far apparire malvagia la resistenza e così
rivoltarle contro l'opinione pubblica mondiale".

Per più di 20 anni la stessa Hassan è stata una delle più potenti voci
sulla crisi umanitaria in Iraq. E recentemente è stata una critica
dell'occupazione. In un precedente filmato la Hassan ha invocato che i
britannici se ne vadano dall'Iraq. Era uno svantaggio nelle pubbliche
relazioni.

Il rapimento Torretta-Pari

Nel settembre 2004 vennero rapite in circostanze sospette due giovani
volontarie umanitarie, Simona Torretta and Simona Pari. Di questo sono
stati incolpati gli insorti e/o dei terroristi collegati a Zarqawi (
http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/FJ15Ak02.html ) .

Secondo un'inchiesta del britannico Guardian, gli insorti iracheni non
erano dietro il rapimento delle due volontarie italiane
(http://www.islamonline.org/English/News/2004-09/16/article06.shtml ) :

"Il Guardian ha detto che il rapimento di Simona Torretta e Simona Pari
porta il marchio di un'operazione coperta straniera, un tentativo di
screditare l'incessante resistenza irachena contro le forze di
occupazione USA.

"Il quotidiano di vasta divulgazione aggiunge altri sospetti di un
coinvolgimento straniero nell'operazione poiché è stata eseguita
soltanto a pochi metri dalla pesantemente pattugliata Zona Verde senza
nessuna interferenza da parte della polizia irachena o dei militari USA.

"Il Guardian sostiene che le armi utilizzate nell'operazione erano più
sofisticate di quelle usate solitamente dalla resistenza irachena
poiché i rapitori usarono AK-47, fucili e pistole con il silenziatore e
armi da stordimento, mentre i partigiani iracheni usano sempre
Kalashnikov arrugginiti.

"Ancora più sorprendente, secondo il quotidiano britannico, è che i
rapitori indossavano uniformi della Guardia Nazionale irachena e si
presentarono come dipendenti di Iyad Allawi [Primo Ministro iracheno]."

L'esecuzione di Nick Berg

Nella primavera del 2004 Nick Berg è stato "giustiziato" da agenti dei
servizi segreti USA o alleati degli USA per distogliere l'attenzione
dagli scandali delle torture a Abu Ghraib (
http://www.globalresearch.ca/articles/CAR405A.html ).

Vi sono anche abbondanti prove che, sulla base di una dettagliata
analisi de La Voz de Aztlan ( http://www.uruknet.info/?p=2837 ), il
film dell'esecuzione di Nicholas Berg nella primavera del 2004 era una
completa falsificazione ( http://uruknet.info/?colonna=m&p=3081 ) .
Nonostante questa ed altre smentite, la decapitazione di Berg resta una
spaventosa immagine che provoca odio "antiterrorista".

Daniel Pearl

L'uccisione del giornalista Daniel Pearl (
http://www.globalresearch.ca/articles/KUP209A.html ) è stata
analogamente distorta per avvantaggiare la propaganda della "guerra al
terrorismo"e far divampare la collera contro i presunti terroristi di
al Qaeda coinvolti negli attentati dell'11/9.

Proprio come Margaret Hassan era un problema di pubbliche relazioni che
doveva essere soffocato sul nascere, Pearl era un fastidio. Era alla
ricerca di collegamenti tra il terrorismo, i gruppi terroristi ed i
servizi segreti e poco prima di essere assassinato faceva ricerche
sull'ISI Pakistano (in pratica una succursale della CIA).

L'esplosione dell'incubo post 11/9

E' chiaro che la maggior parte, se non tutti, i convenientemente
sincronizzati rapimenti ed esecuzioni, i falsi allarmi terroristici, i
video di Osama Bin Laden, gli arresti di "al Qaeda", il costante rullio
di tamburi su Zarqawi (v. anche qui: http://uruknet.info/?p=3472 ),
sono stati allestiti e sfruttati dalla propaganda bellica
anglo-americana ( http://globalresearch.ca/articles/CHO409D.html ),
calcolata per 1) distrarre dalla verità dell'aggressione unilaterale
anglo-americana, 2) far rivoltare l'opinione pubblica mondiale contro
coloro che resistono alla guerra ed all'occupazione a guida USA e 3)
mantenere la paura, la violenta emozione ed il mito basato sull'odio
del "terrorismo" e del "fanatico nemico esterno".

Allo stesso tempo, ciò che non può essere ignorato è che la reazione
atrocemente violenta da parte delle vittime dell'aggressione a guida
USA si muoverà a spirale fuori controllo, se non è già accaduto. Mentre
l'aggressione a guida USA ha continuato ad intensificarsi essa ha
spinto le sue vittime verso azioni di resistenza ed autoconservazione
sempre più disperate. Di proposito.

Come scrive Mike Ruppert in Crossing the Rubicon (
http://www.fromthewilderness.com/ ): "Persino se non ci fossero stati
[terroristi] prima dell'11/9 (e ce ne erano) gli USA sarebbero andati
in cerca di creare l'ostilità che fiorisce in ogni parte del globo
contro questo paese". Dalla "guerra al terrorismo" ai bombardamenti,
alle invasioni ed occupazioni dell'Afghanistan e dell'Iraq. Dal
massacro di Mazar-I-Sharif alle celle di tortura di Guantanamo Bay ed
Abu Ghraib. Oggi in Iraq i soldati americani uccidono con fanatica sete
di sangue, mostruosamente dimostrato dal quotidiano massacro a
Fallujah, gli assassini nella moschea ( http://www.uruknet.info/?p=7347
) ed i precedenti incidenti come le "uccisioni compassionevoli" di
iracheni innocenti che scaricano un camion della spazzatura (
http://www.sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?file=/chronicle/archive/2004/
11/05/MNGC99MHHJ1.DTL ).

In questo mondo da incubo di guerra infinita e crescente e cicli
continui di provocazione e risposta, diventa difficile, se non
impossibile, distinguere la brutalità di aggressori criminali dagli
atti di resistenza a questa aggressione. Proprio come Israele e la
Palestina sono bloccati da decenni in cicli infiniti di violenza
imprevedibile ed incontrollabile, il mondo intero, acceso dalla
polveriera della "guerra al terrorismo" dell'11/9, è preparato per la
stessa cosa.

Questa guerra, e la propaganda che la alimenta, devono essere fermate.

Larry Chin è un giornalista freelance e redattore associato di Online
Journal.

Traduzione italiana: Freebooter

Articolo originale: http://www.uruknet.info/?p=7412

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:: Articolo n. 7534 postato il 24-nov-2004 11:24 ECT

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Carcere duro per stampa e pacifisti

SARA MENAFRA, il manifesto

Legge marziale permanente. La delega approvata al Senato rischia di
mandare in galera gli inviati di guerra, ma anche le Ong e i pacifisti
colpevoli di «collaborare col nemico» e di «nutrirli»

19 novembre 2004 - Non ci saranno solo gli inviati di guerra nel mirino
del codice militare, se la delega per la riforma approvata due giorni
fa al Senato dovesse essere confermata alla Camera. Due giorni fa il
senatore diessino Elvio Fassone, che ha seguito passo passo il testo in
commissione Difesa, spiegava che i giornalisti inviati in territori di
guerra, che «si procurano notizie concernenti la forza, la preparazione
o la difesa militare» e le diffondono, rischiano pene che vanno da
cinque a vent'anni di reclusione. Anche se gli obiettivi erano tutti
puntati sull'ennesimo rimpasto di governo è scoppiato il caso, con
giornalisti e parlamentari su tutte le furie.

A guardarci meglio, però, si scopre che la delega approvata dal Senato,
con 132 voti favorevoli e 45 contrari, ha contenuti parecchio più ampi
e capaci di trasformare il paese in uno stato militarizzato almeno per
tutta la durata delle missioni di Peace keeping in cui siamo coinvolti.

L'idea di fondo della delega n. 2493 è che durante le missioni di
guerra la giustizia militare applichi il Codice militare di guerra così
com'era stato scritto nel 1941, salvo qualche piccola modifica. Durante
i periodi di «conflitto armato» come quelli di Peacekeeping, appunto,
il parlamento decreta lo«Stato di guerra», che non è il «Tempo di
guerra» previsto dalla Costituzione e di fatto mai applicato dal 1945
ad oggi, ma una condizione adatta alle guerre di oggi, in cui si
interviene manu militari senza dichiarare niente a nessuno e che in
pratica attiverebbe comunque il Codice militare di guerra, ovvero la
legge marziale.

Applicare il codice di guerra durante le missioni di Peacekeeping
darebbe un potere enorme ai giudici della magistratura militare, che
oggi hanno invece competenze sempre minori (basti pensare che tutta la
magistratura militare italiana nell'ultimo anno ha prodotto sì e no
1000 sentenze). Ma attiverebbe anche una serie di norme pensate mentre
l'Italia era in guerra, e forse persino quelle pensate nel 1930 dal
Codice Rocco. Il nostro Codice penale, che non è altro quello del
Fascismo riformato, prevede una serie di norme che entrano in vigore in
«Tempo di guerra» e visto che la delega non lo esclude esplicitamente,
potrebbero entrare in vigore anche durante il nuovo «Stato di guerra».
Per dirne uno l'articolo 245 che punisce con la reclusione «da cinque a
quindici anni» «Chiunque tiene intelligenze con lo straniero per
impegnare o per compiere atti diretti a impegnare lo Stato italiano
alla dichiarazione o al mantenimento della neutralità». E se in questa
previsione finissero pure i pacifisti o i social forum che si
riuniscono a livello globale per parlare di pace, magari invitando
anche rappresentanti politici o di governo? Persino le Ong colpevoli di
«Somministrazione al nemico di provviggioni» (art. 248) potrebbero
rischiare la «reclusione non inferiore ai cinque anni». E a voler
essere cattivi, i tranistoppers di due anni fa che bloccavano treni e
navi potrebbero essere imputati di «distruzione o sabotaggio di opere
militari» (art. 253).

«Il buonsenso dice - spiega il senatore Fassone- che una serie di norme
siano adeguate all'oggi o abrogate. Però è anche vero che questa è una
delega a modificare, dunque tutto ciò per cui non c'è un mandato
specifico deve essere lasciato così com'è, e quindi queste norme
potrebbero diventare attuali». E' quello che accadrebbe per gli
articoli 72 e 73 del codice di guerra, quelli che potrebbero spedire in
galera i giornalisti.

Cambierà poco, invece, per i militari impegnati nelle suddette missioni
di Peacekeeping che applicano il codice militare di guerra già da due
anni. Su diretta richiesta della Nato, per la missione «Enduring
freedom» del 2002 l'Italia ha approvato una legge che sottopone i
militari impegnati nelle missioni internazionali al codice militare di
guerra. Grazie a quella legge i quattro elicotteristi di Viterbo, che
la primavera scorsa si sono rifiutati di volare perché i loro mezzi non
erano sufficientemente protetti, sono ancora sotto indagine per
«ammutinamento» e «codardia», anche se circa un mese fa la procura
militare di Roma ha chiesto di archiviare l'inchiesta.

Nel 2002 furono in pochi a stracciarsi le vesti, visto che si parlava
di militari. Per fortuna questa volta che l'estensione della legge
marziale rischia di spedire in carcere fino a vent'anni pure i
giornalisti, ad arrabbiarsi sono già in parecchi. Oltre al senatore
Fassone, ieri ha protestato contro la legge anche la deputata Elettra
Deiana di Rifondazione comunista e membro della commissione Difesa
della Camera secondo cui « Siamo di fronte ad una vera e propria
decostituzionalizzazione di fatto dell'articolo 11 della Costituzione
(quello che garantisce la libertà di stampa ndr)». Secondo Deiana siamo
di fronte all'«introduzione della legge marziale «senza garanzie né
procedurali né politiche ma a totale discrezionalità del potere
politico-militari e con la possibilità dell'estensione della stessa
legge marziale anche in ambiti personali».

Durissimo pure il commento di Domenico Leggiero dell'Osservatorio per
la tutela del personale civile e militare: «L'idea di fondo è la
separazione definitiva delle forze armate dal resto dello stato
italiano. Se la delega sarà approvata avremo due stati, uno militare e
uno civile, nello stesso paese».


MIMMO CANDITO
«E' la fine del nostro lavoro»

TOMMASO DI FRANCESCO, il manifesto

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/20-Novembre-2004/
art43.html

Parla l'inviato: «Vince la guerra sulla libertà di stampa»

19 novembre 2004 - Sulla riforma del Codice penale militare approvata
già in prima lettura al Senato, che mette di fatto a rischio carcere
ogni «rivelazione» sulle missioni di pace, abbiamo rivolto alcune
domande a Mimmo Càndito, tra i più importanti inviati speciali,
commentatore di politica internazionale, corrispondente da quasi tutte
le ultime guerre e una delle firme di prestigio de La Stampa.

Come giudichi questa «riforma» che espande il codice militare di guerra
anche alle missioni di pace?

Credo che rientri all'interno di quel processo di militarizzazione
della politica che si sta sempre più estendendo, prendendo come modello
evidentemente le logiche che operano agli interno degli Stati uniti, al
rapporto subordinato fra società e potere militare che si va sempre più
estendendo in ogni parte del mondo. Io ricordo sempre quello che hanno
scritto i due colonnelli cinesi Ghao Yang e Bang Sansuy che hanno
scritto un libro decisivo, Guerra senza fine, dove dicono
sostanzialmente che il baratro che un tempo divideva il territorio
della guerra da quello della non guerra ormai è pressoché colmato. La
guerra sta occupando anche i territori che prima non gli appartenevano:
è il processo di militarizzazione della politica. Ora estendere il
codice militare anche alle missioni di pace è sicuramente un
cambiamento culturale impressionante.

Per effetto di queste decisioni diventano operativi gli articoli 72/73
del Codice penale militare sulla «illecita raccolta pubblicazione e
diffusione di notizie militari»...

Non più di alcuni mesi fa un collega venne inquisito dalle parti di
Nassiriya perché aveva pubblicato delle informazioni e ancora non si
era all'interno di questa logica. Ci possiamo immaginare una volta che
questa diventi istituzione giuridica quali siano i rischi connessi .
Cioè che tutto venga sostanzialmente affidato alla discrezionalità con
la quale un comandante militare potrà decidere se quello che noi stiamo
cercando di pubblicare rientra all'interno di questa normativa. Addio
libero esercizio del nostro lavoro.

Già, che fine fa il nostro lavoro? Perché si dice in questi articoli
che è punito con la reclusione militare da due a dieci anni «chiunque
si procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa
militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro
stato sanitario, la disciplina o le operazioni militari e ogni altra
notizie che non essendo segreta ha tuttavia carattere riservato». Se
poi le notizie raccolte vengono diffuse gli anni di carcere passano da
un minimo di cinque ad un massimo di venti...

Che il nostro lavoro lo andiamo a fare in carcere. No bisogna opporsi
fermissimamente a questo non soltanto per quello che riguarda la
definizione giuridica della norma ma per l'atteggiamento culturale che
comporta. Perché trasporta il nostro lavoro all'interno di un processo
del quale il controllo militare finisce per essere l'unica forma
possibile di confronto e di dialettica. Io mi rifiuto di immaginare che
la mia attività possa essere sottoposta al giudizio discrezionale di un
comandante che decide se mandarmi in tribunale o meno, farmi processare
o meno. Questo elimina qualsiasi esercizio libero e discrezionale della
mia personale attività giornalistica, cioè della libertà di
informazione. E' un atto gravissimo perché sposta su un terreno diverso
quello che è stato finora l'esercizio dell'attività giornalistica. Che
a quel punto non è più un libero esercizio d'informazione che riguarda
la società civile e che nasce all'interno di una società civile ma
viene collocata all'interno della logica strettamente militare. E' come
se ci venisse messa addosso la divisa militare, esattamente come
durante la I e la II guerra mondiale.

I giornalisti diventerebbero tutti embedded o sarebbero in difficoltà
perfino loro?

Non si salvano nemmeno gli embedded. Tutto infatti è affidato alla
discrezionalità di chi dice: tu stai infrangendo una norma del codice
militare. Si ritorna a Lord Cadrington, comandante militare nel 1854
nella guerra di Crimea, che decise per la prima volta il principio
della censura militare sulle notizie, di fronte al fatto che il Times
aveva inviato sul posto William Russel, il primo corrispondente di
guerra moderno che aveva cominciato a raccontare le miserie di quel
conflitto. Siamo tornati 150 anni indietro.


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:: Articolo n. 7443 postato il 21-nov-2004 01:59 ECT

DA UCRAINA (E DINTORNI)

documenti a cura di Mauro Gemma

1. Prima del ballottaggio:
- PER L'OCCIDENTE JUSCHENKO AVEVA GIA' VINTO, ANCORA
PRIMA DELL'APERTURA DELLE URNE
- “OGGI O DOMANI POTREMMO ESSERE TESTIMONI DI UN FORTE CONFLITTO IN
UCRAINA"

2. Dopo il ballottaggio:
- PUTIN RESPINGE LE CRITICHE OCCIDENTALI
- IL PARLAMENTO DELLA CRIMEA ESPRIME IL SUO APPOGGIO A VIKTOR JANUKOVIC
- Dichiarazione del leader dei comunisti della Crimea
- “NON PERMETTERE LA SECESSIONE!”
Comunicato dell’agenzia comunista ucraina “Partaktiv.info”
- GLI OPERAI DI KIROVOGRAD SI SCHIERANO CONTRO LE AZIONI DISTRUTTIVE DI
JUSCHENKO
- LUKASHENKO SI E’ CONGRATULATO CON JANUKOVIC PER LA VITTORIA
- I CONTRACCOLPI DELLA RIVOLTA DI KIEV
Anche in Moldavia la NATO cerca la prova di forza
- ZJUGANOV: “A KIEV NON ASSISTEREMO A UNO SCENARIO AMERICANO-GEORGIANO”

3. FLASHBACK
In un'intervista dell'aprile del 2002, il leader comunista
ucraino Simonenko descriveva gli scenari che, attraverso
l'azione coordinata dell'Occidente e dei fascisti di
Juschenko, rischiano di concretizzarsi in queste ore


=== 1 ===

21 Novembre 2004

PER L'OCCIDENTE JUSCHENKO AVEVA GIA' VINTO, ANCORA
PRIMA DELL'APERTURA DELLE URNE
 
Poche ore fa, mentre le agenzie occidentali lanciavano messaggi secondo
cui, ancor prima dell'apertura delle urne elettorali, Juschenko, il
candidato "beniamino" dell'Occidente avrebbe già vinto il secondo turno
delle elezioni, i militanti nazionalisti filo-NATO scendevano in
piazza, pronti a delegittimare qualsiasi risultato contrario alla
volontà dei loro protettori americani ed europei.
In realtà gli ultimi sondaggi (alle 21,30 ora di Kiev) sembravano
fortemente contrastanti tra loro: alcuni istituti demoscopici ucraini e
russi (al contrario di quelli occidentali) attribuivano la vittoria al
candidato filo-russo Janukovic.
E' certo, comunque, che, fino alla tarda nottata, non sarà chiaro chi
avrà vinto il ballottaggio. Fonti vicine al Partito Comunista di
Ucraina hanno definito tutti gli exit polls "assolutamente privi di
serietà", mentre, la leader del Partito Progressista Socialista Natalja
Vitrenko ha affermato che, secondo i dati a sua disposizione, Janukovic
sarebbe in testa con un vantaggio del 5-6%. 
Janukovic, comunque si è dichiarato disposto "ad accettare qualsiasi
risultato" e ha fatto appello al suo concorrente perchè si comporti
nello stesso modo, nel caso dovesse perdere.
Se le aspettative dei "padroni americani" non dovessero realizzarsi, si
può essere certi che gli appelli alla mobilitazione lanciati dai
sostenitori di Juschenko si tradurranno nell'organizzazione di violente
azioni di destabilizzazione. In tal senso si stanno muovendo le
manifestazioni al grido di "L'Ucraina non è morta" in corso di
svolgimento in diversi centri del paese, in cui sono attivi in
particolare i gruppi direttamente collegati al serbo "Otpor". Del
resto, la giornata delle elezioni ha già visto una vittima, nella
persona di un poliziotto ucciso ad un seggio elettorale. E nelle ultime
ore si è diffusa la voce che il palazzo dello staff elettorale di
Janukovic sarebbe stato minato.
Il clima di tensione potrebbe essere favorito anche dal quasi sicuro
coro di sostegno dell'intera rete dei "media" e delle istituzioni
occidentali,  (sinistra alternativa compresa, c'è da scommettere) che,
da domani, saluterà il (almeno per ora) virtuale "cambio democratico"
nella vita dell'Ucraina. Non è casuale che rappresentanti degli
osservatori del parlamento europeo abbiano già oggi fatto balenare la
possibilità che, se le cose non dovessero andare "per il verso giusto",
l'Ucraina subisca lo stesso trattamento che da tempo è riservato alla
Bielorussia di Aleksandr Lukashenko.  

---

22 Novembre 2004

“OGGI O DOMANI POTREMMO ESSERE TESTIMONI DI UN FORTE CONFLITTO IN
UCRAINA”

http://www.strana.ru

Dopo la vittoria elettorale del premier Viktor Janukovic, il politologo
russo Vjaceslav Nikonov, presidente del fondo “Politica”, descrive il
possibile scenario di scontro politico anche violento dell’Ucraina in
un’intervista al sito filo-presidenziale “Strana.ru”.

D. Vjaceslav Aleksejevic, oggi ci sono tutte le condizioni per parlare
di vittoria elettorale di Viktor Janukovic. Considera inaspettato
questo risultato?

R. No. In generale, è andata come doveva andare. Dopo che sono stati
risolti i problemi relativi alla partecipazione al voto nell’oriente
dell’Ucraina, che al primo turno è stata molto più bassa che
nell’occidente; Quando sono stati comunicati i dati della
partecipazione al voto delle singole regioni, è apparso evidente che
Janukovic stava vincendo.

D. Ci sono elementi per non credere ai dati della Commissione
elettorale centrale, come dichiarano i sostenitori di Viktor Juschenko?

R. Francamente non ne vedo. In ogni caso, Janukovic, con le cifre di
partecipazione al voto che si sono registrate al secondo turno, non
poteva non vincere. Inoltre, qualcosa ha potuto cambiare le opinioni
degli elettori tra il primo e il secondo turno: i dibattiti televisivi
tra i candidati. Juschenko ha perso il confronto. Per questa ragione
non si capisce su che cosa potesse puntare per aumentare il primato,
ricevuto nel primo turno.

D. Come si evolverà la situazione in Ucraina?

R. In piazza l’opposizione ha già proclamato Juschenko presidente
dell’Ucraina, e non ha certo intenzione di tornare sui suoi passi.
Penso che il candidato che ha perso cercherà di prendere il potere con
la forza.

D. Allora ritenete che Juschenko non contesterà i risultati elettorali
pacificamente, facendo ricorso?

R. Ne dubito. Naturalmente, i ricorsi ci saranno, ma se non oggi, certo
domani saremo testimoni di un forte conflitto.

Traduzione dal russo di Mauro Gemma 


=== 2 ===

PUTIN RESPINGE LE CRITICHE OCCIDENTALI

http://lenta.ru/world/2004/11/23/congratulation/

23 novembre 2004

“Non potremo riconoscere e neppure respingere i risultati delle
elezioni in Ucraina, fino a quando non saranno resi
ufficiali…Raccomandiamo a tutti di seguire il nostro esempio”,- ha
detto il presidente della Russia nella sua conferenza stampa in
Portogallo.
“Tutto deve svolgersi sul terreno della legalità. L’Ucraina è un forte
stato europeo con un sistema giuridico sviluppato, e non è il caso di
darle lezioni. Essa stessa è in grado di insegnare”,- ha dichiarato il
presidente.
Putin ha anche definito fuori luogo le osservazioni dell’OSCE, che ha
messo in dubbio i risultati delle elezioni in Ucraina.
“Sappiamo in quali condizioni di difficoltà si sono svolte le elezioni
in Afghanistan, sappiamo come sono andate le elezioni nel Kosovo, dove
centinaia di migliaia di serbi, cacciati dalle loro case, non hanno
potuto prendere parte alla votazione. Conosco le conclusioni che l’OSCE
ha tratto anticipatamente in merito alle elezioni in Iraq, e anche voi
le conoscete”, - ha spiegato Putin.
“Se in futuro qualcuno utilizzerà l’OSCE per raggiungere i propri
obiettivi politici, allora questa organizzazione perderà la propria
autorità nel mondo”, - ha sottolineato il presidente russo.

--- 

IL PARLAMENTO DELLA CRIMEA ESPRIME IL SUO APPOGGIO A VIKTOR JANUKOVIC

Le azioni dell’opposizione a Kiev vengono definite “una minaccia di
secessione”

http://www.rian.ru

23 novembre 2004

Il Soviet Supremo della Repubblica Autonoma di Crimea dichiara che “il
rifiuto dell’opposizione di riconoscere i risultati delle elezioni del
presidente dell’Ucraina costituisce una reale minaccia di secessione, e
mette in dubbio l’esistenza stessa dello stato indipendente ucraino”.
Lo dichiara una risoluzione, approvata oggi nella seduta straordinaria
del parlamento della Crimea.
La risoluzione è stata appoggiata da 81 degli 85 deputati (molti dei
quali comunisti, nota del traduttore)che hanno preso parte alla
votazione.
“Mantenere la pace civile e la concordia tra le nazionalità della
penisola è possibile solo in condizioni di stabilità politica e di
azioni concordate da tutti gli organi del potere dell’Ucraina”.
Nel documento si afferma che a esprimersi in tal senso sono gli
elettori della Crimea, che hanno espresso il loro sostegno a Viktor
Janukovic”. “Tale sostegno, del resto, - si afferma nella risoluzione –
Janukovic lo ha ottenuto dalla maggioranza degli elettori dell’Ucraina”.
Ad avviso dei deputati della Crimea “il tentativo di premere con la
forza sulla Commissione elettorale centrale perché si schieri dalla
parte dell’opposizione, contraddice tutte le norme della democrazia
esistente in Ucraina”.

--- 

LEONID GRAC: “L’OPPOSIZIONE SI E’ POSTA DA SOLA IN UN ANGOLO”

Dichiarazione del leader dei comunisti della Crimea

http://www.partaktiv.info/news/41a36bcf3785b/

23 novembre 2004

“Il polverone giuridico si è diradato. In sostanza V. Janukovic è ormai
riconosciuto come il vincitore della corsa presidenziale”, - ha così
commentato la situazione in Ucraina uno dei leader del Partito
Comunista di Ucraina Leonid Grac.
A suo avviso, “le congratulazioni di V. Putin hanno di fatto risolto la
questione. L’opposizione si è relegata da sola in un angolo. Ora paesi
con altri passaporti chiederanno spiegazioni a qualcuno. Questo è il
vero problema dell’opposizione”.

--- 

“NON PERMETTERE LA SECESSIONE!”

L’agenzia comunista ucraina “Partaktiv.info” ha diffuso il seguente
comunicato approvato dai consigli delle regioni di Donetsk, Lugansk,
Kharkov, Odessa e dal Soviet Supremo della Repubblica Autonoma di Crimea

http://www.partaktiv.info/news/41a35c84626ab/

23 novembre 2004

Le azioni dei sostenitori di Viktor Juschenko provocano in noi una
profonda preoccupazione. I tentativi di cambiare i risultati delle
elezioni con metodi violenti e illegali, non possono essere
giustificati neppure dall’esistenza di violazioni nel corso del secondo
turno delle elezioni presidenziali dell’Ucraina. Tanto più che le
violazioni si sono manifestate in tutte le regioni del paese, e, in
migliaia di casi, la colpa ricade proprio sui sostenitori di Juschenko.
Siamo indignati per gli insulti pronunciati dal leader dell’opposizione
all’indirizzo di milioni di elettori ucraini, che hanno dato il loro
voto al vincitore di questa consultazione, Viktor Janukovic.
Noi esigiamo l’interruzione delle interferenze nel processo di politica
interna dell’Ucraina da parte dei sostenitori e degli sponsor di Viktor
Juschenko, che intendono predisporre per l’Ucraina uno scenario
georgiano di sviluppo degli avvenimenti e privare il popolo ucraino del
diritto alla scelta del presidente del paese.
Proprio per questa ragione, riteniamo che ogni problema, compreso
quello della valutazione dei risultati delle elezioni presidenziali,
debba essere risolto nell’ambito delle leggi in vigore e della
Costituzione dell’Ucraina.
Viktor Janukovic ha già fatto un primo passo, dichiarandosi disponibile
a tenere in considerazione l’opinione degli elettori di Juschenko,
attribuendo al loro leader un posto dignitoso nel nuovo sistema di
potere statale. Ora l’opposizione deve a sua volta dimostrare di essere
effettivamente democratica e patriottica.
Avvertiamo che quindici milioni di elettori, che hanno votato per
Viktor Janukovic, sono in grado di difendere la loro scelta.

--- 

GLI OPERAI DI KIROVOGRAD SI SCHIERANO CONTRO LE AZIONI DISTRUTTIVE DI
JUSCHENKO

Dal sito comunista “Partaktiv.info”

http://www.partaktiv.info/news/41a2069e552ab/

22 novembre 2004

In tutta l’Ucraina, in risposta alle azioni dell’opposizione, si stanno
svolgendo assemblee dei collettivi di lavoro, per esprimere appoggio al
vero vincitore della corsa presidenziale, Viktor Janukovic.
Nella regione di Kirovograd assemblee di lavoratori si sono svolte in
tutte le fabbriche.
Si è anche svolta una manifestazione di massa delle forze democratiche
in piazza Kirov. Vi è stata approvata una risoluzione che chiede il
mantenimento della stabilità del paese e il sostegno a V. Janukovic.
Gli operai hanno condannato energicamente le azioni distruttive
dell’opposizione.

--- 

LUKASHENKO SI E’ CONGRATULATO CON JANUKOVIC PER LA VITTORIA

http://www.korrespondent.net

23 novembre 2004

Nello stesso momento in cui l’Unione Europea stava varando un programma
di gravi sanzioni contro la Bielorussia, seguendo l’esempio americano
di poche settimane prima, Lukashenko è stato tra i primi a riconoscere
la legittimità della vittoria di Janukovic.
Contemporaneamente, numerosi militanti dell’opposizione bielorussa
filo-NATO accorrevano a Kiev a fianco di Juschenko.

Il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko, in una
conversazione telefonica, si è congratulato con Viktor Janukovic per la
vittoria nelle elezioni presidenziali in Ucraina.
Come ha comunicato il servizio stampa dello stato bielorusso, nel corso
della telefonata è stata espressa la ferma determinazione dei due
interlocutori a sviluppare i rapporti bielorusso-ucraini in modo
dinamico e in misura sempre crescente.
La vittoria di Janukovic è stata salutata anche dal leader della
“Repubblica Moldava di Transdnistria” Igor Smirnov.

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I CONTRACCOLPI DELLA RIVOLTA DI KIEV

Anche in Moldavia la NATO cerca la prova di forza

di M.G.

Fonte: “ITAR TASS”

Secondo quanto riferisce l’agenzia russa “ITAR TASS”, mentre a Kiev si
svolgeva la prova di forza dei sostenitori di Juschenko, in Moldavia
entravano in fibrillazione le forze antigovernative che premono per
l’ingresso del paese nella NATO. E’ prevista, infatti, per i prossimi
giorni una mobilitazione di piazza dei militanti della destra
nazionalista filo-romena, con il fantasioso pretesto della protesta
contro le “repressioni di massa” che sarebbero attuate dall’attuale
presidente comunista Vladimir Voronin. 

--- 

ZJUGANOV: “A KIEV NON ASSISTEREMO A UNO SCENARIO AMERICANO-GEORGIANO”

Dichiarazione del leader del Partito Comunista della Federazione Russa
all’agenzia “Interfax”

http://www.partaktiv.info/news/41a2069e552ab/

22 novembre 2004

Il leader del PCFR Ghennadij Zjuganov ha invitato l’opposizione
ucraina, sostenitrice della candidatura di Viktor Juschenko nelle
elezioni presidenziali in Ucraina, a dar prova di ragionevolezza e
responsabilità.
“Oggi è essenziale attendere la proclamazione dei risultati ufficiali
delle elezioni presidenziali”.
Zjuganov ha fatto rilevare l’evidenza della vittoria dell’attuale
premier ucraino Viktor Janukovic. Essa è attribuibile al fatto che egli
“gode del sostegno della grande maggioranza degli elettori dell’Ucraina
orientale, la parte più popolosa del paese”.
“Juschenko e i suoi sostenitori oggi si agitano e fanno la voce grossa.
E’ una linea assolutamente distruttiva, diretta a favorire la divisione
nella società ucraina”.
A suo parere, gli osservatori del PCFR, inviati in Ucraina, non hanno
registrato gravi violazioni durante la votazione. “Le violazioni hanno
avuto un carattere per lo più tecnico-organizzativo”.
Rispondendo ad una domanda in merito alla presunta veridicità del fatto
che il ministero degli affari interni dell’Ucraina passerebbe dalla
parte dell’opposizione, come era successo ad esempio al tempo del
cambio di potere in Georgia, G. Zjuganov ha espresso l’opinione che non
si assisterà ad una simile evoluzione degli avvenimenti a Kiev.
“Qui (a Kiev) gli scenari allestiti dall’ambasciatore americano a
Tbilisi non si manifesteranno”, - ha dichiarato il leader dei comunisti
russi.

 Traduzioni dal russo

=== 3 ===

FLASHBACK

In un'intervista dell'aprile del 2002, il leader comunista
ucraino Simonenko descrive gli scenari che, attraverso
l'azione coordinata dell'Occidente e dei fascisti di
Juschenko, rischiano di concretizzarsi in queste ore

in
http://www.resistenze.org/sito/te/po/uc/pouc2d12.htm


Piotr Simonenko: "i poteri attuali vogliono la divisione dell'Ucraina"

www.izvestia.ru
1 aprile 2002

Il partito comunista è l'unica seria forza politica del paese che non
ha dubbi nel pronunciarsi per l'avvicinamento alla Russia. Piotr
SIMONENKO, leader del PCU, il 31 marzo, ha commentato i possibili
risultati e le conseguenze delle elezioni parlamentari ucraine con la
corrispondente delle "Izvestia" Janina SOKOLOVSKA.

D. Prima delle elezioni, con Lei, unico tra i leader di partiti
ucraini, si è incontrato il presidente della Russia Vladimir Putin.
L'appoggio di Mosca le è stato di aiuto nella campagna elettorale?

R. In quanto fatto politico l'incontro ci ha giovato. Ma non abbiamo
parlato solo di elezioni, ma anche del futuro dell'Ucraina, delle
prospettive delle relazioni tra Mosca e Kiev.

D. Siete l'unico partito, tra quelli in grado di competere, che si è
battuto, nel corso della campagna elettorale, per il rafforzamento
della collaborazione con la Russia, e il riconoscimento dei diritti
della lingua russa. Gli altri si sono forse "dimenticati" della Russia
e del russo?

R. Anche in passato abbiamo cercato di far introdurre in Ucraina la
Carta europea delle lingue delle minoranze nazionali. Il Parlamento ci
ha appoggiato, ma il presidente Kuchma ha stravolto la decisione,
facendo intervenire il Ministero della Giustizia. Noi esigiamo che la
seconda lingua ufficiale debba essere il russo. Ora la destra cercherà
di cambiare la normativa sul bilinguismo. La maggioranza dei partiti
"non si ricorda" anche della partnership strategica con la Russia,
nell'intento di trascinare il paese verso l'Occidente.
Occorre prestare attenzione ai metodi che hanno usato le destre (
"Nostra Ucraina" e il "Congresso dei nazionalisti ucraini" che in essa
è confluito) alla Rada. L'immagine di "Nostra Ucraina" si fonda sulla
persona di Iuschenko, anche se, in realtà, egli non rappresenta nulla.
Lo stanno lanciando per le elezioni presidenziali, che, per la verità,
sono già iniziate da quando Iuschenko riuscì ad ottenere più del 20%
dei voti nella parte occidentale del paese. Tutto ciò porterà alla
divisione dell'Ucraina. La "Zapadenschina" (in ucraino, la parte
occidentale della repubblica, nota del traduttore) cadrà sotto
l'influenza dell'America, l'Est sotto quella della Russia e la Crimea
sotto l'influenza della Turchia. Il giornale "Izvestia" è stato tra i
primi a parlarne. E' un progetto che ora sta per essere concretizzato
dai poteri ucraini.

D. Lei parla del federalismo o della divisione in tre Ucraine?

R. Sono possibili alcune varianti: la creazione di una federazione o di
una confederazione oppure addirittura la totale separazione. Il
processo procederà a tappe. Oggi si sta facendo strada l'idea, lanciata
da "Ruch popolare" (nazionalisti ucraini, nota del traduttore) negli
anni '90: la creazione di un'Assemblea delle regioni. I vertici
smentiscono nei fatti lo slogan sbandierato "dell'unità del paese".

[ Source - en francais:
http://www.reseauvoltaire.net/article12196.html
- castillano:
http://www.redvoltaire.net/article2880.html
- arabe:
http://www.shabakatvoltaire.net/article9.html ]


Le reti dell'ingerenza "democratica"

(di Thierry Meyssan da Reseau Voltaire)

La NED (National Endowment for Democracy)
non è nient'altro che la continuazione
delle azioni segrete della CIA con altri mezzi


La NED, la fondazione statunitense per la democrazia, fu creata da
Ronal Regan per perpetrare le azioni segrete della CIA, fornendo
apporto finanziario e manipolando le organizzazioni sindacali, le
associazioni e i partiti politici. Il principio della NED è: "ciò che è
bene per l'America, è bene per il mondo"

Nel suo discorso sullo Stato dell'Unione, il presidente Bush ha
annunciato la sua intenzione di duplicare il budget della Fondazione
Nazionale per la Democrazia (NED). Questo organismo fu creato da Ronal
Reagan per perpetrare le azioni segrete della CIA, fornendogli apporto
finanziario e manipolando le organizzazioni sindacali, le associazioni
e i partiti politici. La NED si vanta di aver diretto e manipolato il
sindacato polacco Solidarnosc, la Carta dei 77 e molti altri gruppi.
Sotto la direzione del Dipartimento di Stato e in associazione con i
partiti repubblicano e democratico e con i sindacati, la NED ha trovato
numerosi "ripetitori", istituzionali e privati, in tutte le parti del
mondo, inclusa la Francia.

Il Presidente George W. Bush ha annunciato, il 20 gennaio 2004, durante
il suo ultimo discorso sullo Stato dell'Unione, che duplicherà il
budget della Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED) e che
concentrerà "i suoi nuovi sforzi nella promozione delle elezioni
libere, del libero interscambio, della libertà di stampa e della
libertà sindacale nel Medio Oriente". Si tratta, per la Casa Bianca, di
accompagnare la sua azione militare nella regione con un'ingerenza
crescente nella vita di alcuni stati.

Agli inizi degli anni '80, il presidente Ronald Reagan stigmatizzò
l'Unione Sovietica come l'"Impero del Male" ed elaborò nuovi modi per
combatterla. Alla "contesa" diplomatico-militare, si aggiunse allora
una grande impresa di destabilizzazione attraverso la mobilitazione
della società civile. Dopo che le azioni segrete della CIA furono rese
note da una serie di commissioni d'inchiesta e condannate dall'opinione
pubblica, il Consiglio di Sicurezza Nazionale decise di continuare la
sua azione con metodi meno sporchi e sotto un'altro nome.
Principalmente, la nuova struttura doveva essere protetta
dall'alternanza di una amministrazione bipartisan.

Creata ufficialmente il 6 novembre 1992, la Fondazione Nazionale per la
Democrazia (National Endowment for Democracy - NED
[http://www.ned.org/%5d) dispone di uno stato giuridico di associazione
senza scopo di lucro. Ma il suo finanziamento è approvato dal Congresso
e figura nel capitolo del budget del Dipartimento di Stato destinato
all'Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (US Agency for International
Development - USAID [http://www.usaid.gov/%5d). Per mantenere l'illusione
che sia un'organizzazione privata, la NED riceve anche donazioni da tre
associazioni, che sono a loro volta finanziate indirettamente da
contratti federali: la Smith Richardson Foundation
[http://www.srf.org/%5d, la John M. Olin Foundation
[http://www.jmof.org/%5d e la Lynde and Harry Bradley Foundation
[http://www.bradleyfdn.org/%5d.

[PHOTO: "In occasione del ventennale della Fondazione Nazionale per la
Democrazia (NED), riceviate le mie congratulazioni. Voi avete
contribuito, con il vostro valoroso appoggio materiale, tecnico e
morale all'attività di coloro i quali si impegnano per la democrazia in
vari paesi. Vi trasmetto la mia speranza che sappiate andare avanti con
questo importante impegno in ogni parte del mondo, nei mesi e negli
anni a venire. Tony Blair".]

La maggior parte della figure storiche delle azioni clandestine della
CIA sono state, per alcuni periodi, membri del Consiglio Amministrativo
o della direzione della NED, tra i quali Otto Reich, John Negroponte,
Henry Cisneros o Elliot Abrams. Ora lo è la presidente Vin Weber, ex
rappresentante repubblicano per il Minnesota, fondatrice
dell'associazione ultra conservatrice Empower America
[http://www.empoweramerica.org/%5d e ricercatrice di fondi per la
campagna di George Bush nel 2000. Il suo direttore esecutivo è Carl
Geshman, un ex trotskista convertito nel responsabile del Partito
socialista degli Stati Uniti (Social Democrats, USA
[http://www.socialdemocrats.org/%5d) e membro della corrente
neoconservatrice [1].

La NED non è nient'altro che la continuazione delle azioni segrete
della CIA con altri mezzi, ragione per cui il Regno Unito e l'Australia
si associano alla sua gestione nel segno dell'accordo che regge le
relazioni tra i servizi segreti militari.

Il principio della NED è: "ciò che è bene per l'America, è bene per il
mondo". I fondi vengono gestiti, di conseguenza, da un Consiglio
Amministrativo in cui sono rappresentati il Partito Repubblicano, il
Partito Democratico, la Camera di Commercio degli Stati Uniti e il
sindacato AFL - CIO. Ognuno di questi propone delle azioni che devono
essere accettate dai due terzi dei membri.

Dopo l'attribuzione, il denaro transita attraverso istituti controllati
da alcuni di questi membri. In pratica, questo porta la NED a
determinare gli stati che saranno bersagli delle sue azioni. In questi
la NED ha il potere di finanziare partiti e interlocutori sociali per
far cadere governi e insediare persone secondo "l'interesse
dell'America" e non secondo l’interesse di uno o dell'altro membro.
Sebbene venne istituita per lottare contro il comunismo, è esattamente
dalla scomparsa dell'Unione Sovietica che la NED gode dalla miglior
salute. Mentre pretende di dedicarsi alla promozione della democrazia,
non fa altro che sottomettere Stati riproducendo in questi gli
interessi contraddittori della classe dirigente americana.

Da questo punto di vista, la NED è probabilmente la principale
responsabile della crisi delle democrazie nel mondo: non ha mai smesso
di falsificare i meccanismi istituzionali e di assimilare la democrazia
a una "buona amministrazione" in nome di popoli che, di fatto, vengono
sostituiti.

Dall'altro punto di vista, l'uso di istituti con diverse etichette
politiche nasconde all'opinione pubblica l'origine dei fondi e le
modalità con cui vengono assegnati. In molto stati, i beneficiari di
questi "aiuti" sono manipolati senza che se ne rendano conto.

I quattro istituti satelliti della NED sono:

• Centro Americano per la Solidarietà dei Lavoratori (American Center
for International Labor Solidarity - ACILS
[http://www.solidaritycenter.org/%5d). Presieduto da John J. Sweeney nel
suo ruolo di segretario generale del AFLC-CIO
[http://www.aflcio.org/home.htm%5d.
• Centro per l'Impresa Privata Internazionale (Center for International
Private Entreprise - CIPE [http://www.cipe.org/%5d). Diretto da Thomas J.
Donohue nel suo ruolo presidente della Camera di Commercio degli Stati
Uniti [http://www.uschamber.com/%5d, ovvero come «padrone dei padroni »
[2]
• Istituto Repubblicano Internazionale (International Republican
Institute - IRI [http://www.iri.org/%5d). Presieduto dal senatore John
McCain, sconfitto alle primarie del 2000 da George Bush, attualmente
principale difensore parlamentare della guerra globale contro il
terrorismo.
• Istituto Nazionale Democratico per gli Affari Internazionali
(National Democratic Institut for International Affairs - NDI
[http://www.ndi.org/%5d). Presieduto dall' ex Segretario di Stato
Madeleine K. Albright.

[PHOTO: I quattro istituti satelliti della NED]

Il sistema di istituti satelliti è ispirato a quello stabilito dagli
Stati Uniti, come esercito di occupazione, in Germania con la Friedrich
Ebert Stittung [http://www.fes.de/%5d, la Friedrich Naumann Stiftung
[http://www.fnst.org/webcom/show_article.php/_c-449/i.html%5d, la Hans
Seidal Stiftung [http://www.hss.de/%5d e la Heinrich Boell Stiftung
[http://www.boell.de/%5d, utilizzate come "trasmittenti" finanziarie al
posto degli istituti tedeschi.

Seguendo lo stesso principio, la NED ha incontrato corrispondenti in
diversi stati alleati, membri della NATO o dell'antica ANZUS, tra cui:
la Westminster Foundation for Democracy [http://www.wfd.org/%5d (Regno
Unito), il International Center for Human Rights and Democratic
Development [http://www.ichrdd.ca/splash.html%5d (Canada), la Fondation
Jean Jaurès [http://fondatn7.alias.domicile.fr/affiche_site.php4%5d e la
Fondation Robert Schuman [http://www.robert-schuman.org/%5d (Francia), il
International Liberal Center [http://www.silc.se/%5d (Svezia), la Alfred
Mozer Foundation [http://www.alfredmozerstichting.nl/%5d (Olanda).

In occasione del suo ventennale, la NED ha fatto un bilancio delle sua
azioni da cui si apprende che questo organismo finanzia e dirige
attualmente più di 6.000 organizaazioni politiche e sociali in tutto il
mondo. La NED proclama di aver creato interamente il sindacato
Solidarnosc in Polonia, la Carta dei 77 in Cecoslovacchia e Otpor in
Serbia. Inoltre, si congratula di aver creato sia la radio B29 sia il
giornale Oslobodjenje nell'antica Yugoslavia e un sacco di nuovi media
indipendenti nell'Iraq liberato.

La NED pubblica il Journal of Democracy
[http://www.journalofdemocracy.org/%5d distribuito in tutto il mondo, e
la rivista Encuentro [http://www.cubaencuentro.com/%5d diffusa soprattuto
a Cuba e molti altri libri collettivi. Inoltre, organizza prestigiose
conferenze con gli intellettuali che patrocina (per esempio con lo
storico François Furet e con il patron della stampa francese Jean
Daniel). Poi, la NED "forma" quadri politci e sindacali, nel mondo
intero, poichè "tutto riguarda l'esercito della democrazia".

Ufficialmente, il presupposto della NED è solo di 50 milioni di
dollari. Ma si aggregano a questa quantità numerosi altri finanziamenti
destinati alle operazioni che organizza. Queste partecipazioni esterne,
valutate in varie centinai di milioni di dollari all'anno, provengono
principalmente dal Dipartimento di Stato, dal dipartimento del Tesoro
e, discretamente, dalla CIA.


Note:

[1] Ricordiamo che la maggioranza dei neoconservatori sono personalità
trotskiste che si allearono con la CIA contro lo stalinismo. Questa
corrente "idealista di sinistra", anticamente strutturata intorno al
Parlamento democrativo di Henry Scoop Jackson, si unì al Partito
Repubblicano ed esercita oggi una forte influenza intellettuale sulla
Casa Bianca e sul Pentagono.

[2] Il CIPE organizza azioni contro la corruzione attraverso
Transparency International [http://www.transparency.org/%5d e contro lo
sfruttamento del lavoro infantile attravero la Social Accountability
International [http://www.cepaa.org/%5d.


Thierry Meyssan, giornalista e scrittore, è presidente di Reseau
Voltaire a Parigi. In Italia ha pubblicato "L'incredibile menzogna.
Nessun aereo è caduto sul Pentagono", Roma, Fandango Editore, 2002.

Fonte: http://www.reseauvoltaire.net/article12196.html
Traduzione a cura di Nuovi Mondi Media [http://www.nuovimondimedia.com/%5d

Questo articolo è disponibile in francese
[http://www.reseauvoltaire.net/article12196.html%5d, spagnolo
[http://www.redvoltaire.net/article2880.html%5d e arabo
[http://www.shabakatvoltaire.net/article9.html%5d

Fonte: www.nuovimondimedia.com

fare lezione sotto le basi

Corso Media and conflicts Balcani.
docente Alberto Tarozzi.
Corso di laurea in Sviluppo e cooperazione internazionale.
Universita di Bologna.

Venerdi 26 novembre 2004 il corso si svolge al cinema Aurora di S.
Giorgio di Cesena, proprio sotto quella base di Pisignano da cui piu'
di 5 anni fa partirono alcuni degli aerei che andarono a bombardare la
ex-Jugoslavia.
Parleremo di quella guerra, in parte dimenticata, della sua
rappresentazione mediatica e dell'impatto che ebbero i bombardamenti di
allora sulla salute e sull'ambiente delle popolazioni colpite, cercando
di capire come si sia evoluta la situazione nel corso del tempo.

Col patrocinio della Presidenza della Commissione Cultura del Comune di
Cesena, dell'Assessorato alla Pace e alla cooperazione internazionale
del Comune di Cesena, dell'Assessorato all'Ambiente della Provincia di
Ravenna.

ore 9 30
Saluto di Maria Grazia Zittignani e Davide Fabbri del Comune di Cesena.

ore 10
Visione del filmato 'Bombe sulle industrie chimiche'  di S. Adamek e di
altra documentazione relativa all'impatto ambientale e sanitario delle
guerre nei Balcani.

ore 11 30
Ambiente e salute nella stampa di un Paese bombardato, dal dopoguerra
ad oggi.
Conversazione con Federica Alessandrini e Zivkica Nedanovska del Gruppo
di ricerca su Guerra ambiente e salute nei Balcani.

ore 12 30 Break sotto le basi.

ore 14
Perchè parlare ancora di quella guerra.
Ennio Remondino gia' corrispondente da Belgrado per la Rai ai tempi
della guerra.
Andrea Mengozzi assessore della Provincia di Ravenna che coopera al
monitoraggio ambientale di Pancevo, citta' sede di un petrolchimico
bombardato durante la guerra.

I lavori chiuderanno entro le 16.
Il cinema Aurora è dotato di 250 posti e gli studenti, che hanno la
priorita', sono circa 200, ma un po' di spazio c'è ancora.
Vi si puo' arrivare seguendo la strada che da Cesena porta a Cervia
deviando a sinistra al cartello V stormo oppure accodarsi ai pullman
(riservati agli studenti) che alle 9 partiranno dalla stazione di
Cesena.  

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-11-19.html

Ramuš Haradinaj premijer?

Cuprija, 19. novembar 2004. god.
Pise: Sladjan Nikolic

Portparol DSK Ljuljzim Zenelji je u Prištini u sredu izjavio da je ova
partija odlucila da da formira novu tzv. kosovsku vladu sa Alijansom za
buducnost Kosova koju predvodi Ramuš Haradinaj. U vladajucu koaliciju
ce uci još nekoliko manjih partija, najavio je Zenelji posle sednice
predsedništva DSK, koji je na oktobarskim kvaziparlamentarnim izborima
osvojio najviše glasova i postao najjaca stranka u provizorijumu koji
se naziva kosovski pralament.
Još nije odluceno ko ce biti predsednik nove vlade, ali ako se zna da
je AZBK ranije uslovila ucešce u koaliciji dodeljivanjem mesta
premijera njenom lideru, Ramušu Haradinaju, onda je sasvim izvesno da
je on najozbiljniji kandidat za to mesto cime se otvara mogucnost sa
šiptarski organizovani kriminal (videti: ARTEL tekst - Borba za lokalnu
vlast u u UN/NATO protektoratu) dobije i svog premijera i time obezbedi
potpunu pobedu na nedavno održanim lokalnim izborima na KIM!

Medutim, Ramuš Haradinaj, roden 03.07.1968. godine u selu Glodane,
opština Decani, nije samo kriminalac (videti: ARTEL tekst - Borba za
lokalnu vlast u u UN/NATO protektoratu) vec terorista i zlocinac!

1. Terorizam i zlocini Ramuša Haradinaja

Naime, godine 1996., Haradinaj je pod budnim okom albanskih oficira
završio teroristicku obuku u ovoj zemlji a po njenom završetku
ucestvovao je u stvaranju logistickih baza za teroriste u gradovima
Kuks i Tropoja. Iz tih baza je sa grupom poverljivih saradnika
kontinuirano ubacivao oružje na KiM.
Sredinom 1997. godine, ilegalno je ušao u zemlju i, zajedno sa svojom
bracom, Dautom i Škeljzenom, organizovao teroristicke napade na
policijsko odeljenje u selu Rznic, opština Decani, i selu Ponoševac,
opština Djakovica, kao i na izbeglicka naselja u Juniku i Babalacu.
Pocetkom 1998. godine, u Glodanima, formirao je teroristicku grupu koja
je, po njegovim nalozima, vršila akcije presretanja i zastrašivanja
Srba i Šiptara lojalnih Republici Srbiji. Ova grupa je u martu 1998.
godine izvršila napad na policijsku patrolu u selu Glodane i pri tom
ubila policajca Miodraga Otovica.
U aprilu iste godine, Haradinaj formira štab teroristicke OVK za
Metohiju i specijalnu jedinicu "Crni orlovi" a Idriza Baljaja zvanog
"Toger" promoviše u njenog komandanta. Pod rukovodstvom Ramuša
Haradinaja, "Crni orlov"i su kidnapovali i na brutalan nacin ubili oko
cetrdeset srpskih civila, medu njima: Slobodana Radojevica, Miloša i
Milicu Radunovic, Darinku Kovac, Novicu Vujsica, Zdravka Radunovica…
Jedan broj leševa je pronaden u Radonjickom jezeru i seoskim bunarima u
opštini Decani.

1.1 Zlocini nad sunarodnicima

Teroristi pod komandom Ramuša Haradinaja nisu ubijali samo Srbe vec i
Šiptare. Tako je vec pomenuti komandant "Crnih Orlova" Idriz Baljaj
Toger krajem 1998. godine ubio Agima Ibrahimija, taksistu iz Djakovice.
"Crni orlovi" Ramuša Haradinaja su krajem 1999. godine izvršili otmicu
Veselja Murišija i jos cetri Šiptara koje su nakon toga držali
zatvorene u zgradi "Dukadini" u Peci. Veselj Muriši je nekako uspeo da
pobegne a ostala cetvorica su ubijena. Njihova tela su bacena u reku
Beli Drim a medu žrtvama je bio i Džafer Đuka, politicki funkcioner iz
Peci.
Da su teroristi koje je predvodio Ramuš Haradinaj ubijali i
zlostavljali i Šiptare civile dokazano je u procesu koji je vodjen
protiv rodjenog brata Ramuša Hradinaja, Dauta koji je vec osudjen od
strane UNMIK pravosudja za zlocine pocinjene nad Šiptarima, juna 1999.
godine i trenutno se nalazi na izdržavanju zatvorske kazne. Ako se zna
da je Daut bio zamenik svog brata Ramuša u okviru Glavnog štaba
teroristicke OVK za Metohiju i poštuje princip komandne odgovornosti.
onda ta linija ide sve do Ramuša Haradinaja. Nažalost ovde princip
komandne odgovornosti nije poštovan i tzv. medjunarodna zajednica još
jednom primenila sistem dvostrukih aršina pa je Ramuš Haradinaj ostao
izvan domašaja pravde.

1.2 Organizator etnickog cišcenja

Ramuš Haradinaj je organizator etnickog cišcenja Srba i drugih
nealbanaca sa prostora Peci, Decana i Đakovice. Glavni izvodaci tih
aktivnosti su bili pripadnici Crnih orlova pod komandom Togera. Tako su
recimo u cilju zastrašivanja Srba i ponistavanja posojanja srpskih
tragova na prostoru Metohije zapalili i crkvu u selu Donji Ratiš.

1.3 Ramuš Haradinaj je organizovao ubistvo Tahira Zemaja

Svoje teroristicke akcije Haradinaj je opisao u autobiografskoj knjizi,
naravno skrivajuci ubistva srpskih civila i svojih sunarodnika. Cak je
otišao toliko daleko, pa je januara 2003 godine organizovao ubistvo
Tahira Zemaja koji je pred istražiteljima Haškog tribunala svedocio o
njegovim zlocinima. Ubistvo Tahira Zemaja 04.01.2003. godine, po nalogu
Ramuša Haradinaja izvršli su braca Eljšani - Agim, Avni, Cerim, Adem i
Ahmet zajedno sa Salijem Ljajicem i Fljorim Ejupijem zvanim "Mazulj" i
"Ljulji".
Medutim, ubistvom Zemaja nisu nestali dokazi koji optužuju Haradinaja
za zlocine. Njih poseduje država Srbija i protiv Haradinaja se pred
okružnim sudom iz Prištine, trenutno smeštenim u Nišu, vodi postupak u
vezi sa teroristickim akcijama, ubistvima, etnickim cišcenjem i
genocidom. Dokazi su takodje predati i Haškom tribunalu koji do sada
nije podigao optužnicu optužnicu protiv ovog osvedocenog zlocinca.

1.4 Organizacija i finansiranje teroristickih akcija na jugu centralne
Srbije i Republici Makedoniji

Sa teroristickim akcijama Haradinaj je nastavio i posle dolaska
medjunarodnih snaga na KiM i duboko je umešan u teroristicke akcije
Šiptara na jugu centralne Srbije. Tako je recimo, Malic Ndrecaj po
njegovom nalogu upucen na na podrucje Vitine radi organizovanja
teroristicke ANA. Haradinaj je i danas posebno aktivan u nabavci oružja
i tajnoj obuci šiptarskih terorista sa juga centralne Srbije koja se
izvodi u selima na KiM a duž administrativne granice.
Haradinaj je umešan i u delovanje šiptarskih terorista u Republici
Makedoniji - upucivanje finansijske podrške Nazimu Haradinaju, koji je
oružjem snabdevao albanske teroriste u Makedoniji. Po nalogu Ramuša
Haradinaja, njegov rodjeni brat Daut Haradinaj, je sve do hapšenja od
strane pripadnika KFOR-a, jula 2002. godine neposredno organizovao
teroriste ONA i ucestvovao u borbama protiv snaga bezbednosti Republike
Makedonije.
Finansijska sredstva potrebna za terorizam Ramuš Haradinaj stice
kriminalnim aktivnostima - (videti: ARTEL tekst - Borba za lokalnu
vlast u u UN/NATO protektoratu)!

1.5 Ubistva i zastrašivanje politickih protivnika

Ramuš Haradinaj se ne libi da i da ubija svoje politicke protivnike.
Tako su braca Ešljani zajedno sa zloglasnim Togerom po njegovom nalogu
17.01.2002. godine likvidrala poslanika DSK Ismajlja Haradinaja i
pokušala ubistva Ramiza i Sadika Muricija iz Peci simpatizera DSK.
Takodje, braca Eljšani su 2002. godine po nalogu Haradinaja likvidirala
i njgovog bivšeg telohranitelja Avnija Eljeyaja, koji j terbalo da
svedoci o sukobu koji je Haradinaj imao sa porodicom Musaj i Tahirom
Zemajom.

1.6 Veza sa Al Kidom

Kad je rec o Ramušu Haradinaju nikako ne treba zaboraviti ni cinjenicu
koju je pred Kongresom SAD, 13.12.2000. godine izneo Ralf Macek,
pomocnik direktora Kriminalisticko-obaveštajne uprave Interpola da je
Muhamed al Zavahiri, brat dr. Ajmana Zavahirija, lidera teroristicke
organizacije Egipatski džihad i ideologa Al Kaide, predvodio elitnu
jedinicu teroristicke OVK za vreme sukoba na KiM. Ono što je Macek
precutao jeste da je ta jedinica bila u sastavu vojne policije
teroristicke OVK za oblast Metohije kojom je rukovodio Daut Haradinaj a
komandant svih jedinica teroristicke OVK za podrucje Metohije bio je
Ramuš Haradinaj.
Braca Haradinaj su i nakon dolaska medjunarodnih snaga na KiM nastavili
da neguju svoje veze sa islamskim teroristima. Tako je Daut Haradinaj
po nalog Ramuša, oktobra 2001. godine boravio u Sofiji gde se sastao sa
vec pomenutim Muhamedom Al Zavahirijem gde je razradivana dalja taktika
i strategija delovanja islamskih terorista na KiM i u Republici
Makedonoji.

2. Medjuanrodna zajedniica mora spreciti izbor Haradija na mesto
premijera

Vecina ovih podataka poznata je KFOR-u, UNMIK-u i najmocnijom vladama
tzv. medjunarodne zajednice, i samo ako one dozvole jedan terorista,
kriminalac i zlocinac kakav je Ramuš Haradinaj može posati premijer
jedne vlade pa bila ona i ovakva kakva je kosovska. Te vlade imaju
instrumente da sprece izbor Haradinaja na mesto kosovskog premijera i
one to moraju uciniti u ime zaštite osnovnih vrednosti naše
civilizacije. U suprotnom, ako te najmocnije svetske vlade ne ucine
ništa i Haradinaj bude bude izabran za premijera, to ce znaciti da se
terorizam, zlocin i organizovani kriminal nagraduju, i to ce biti
podsticaj za sve teroriste sveta da cine isto kao i Haradinaj, jer ce
jednog dana biti nagradjeni visokom politickom funkcijom a medjunarodna
zajednica nece uciniti ništa da to spreci.
Osim toga izbor Haradinaja za premijera dace krila svim
ultranacionalnim snagama u regionu da njegov izbor i nereagovanje
medunarodne zajednice iskoriste u svrhu manipulacije masama a u borbi
protiv krhkih demokratskih snaga. Posebno ce biti oskoljeni
ultranacionalisti iz redova Albanca jer ce izbor Haradinaja za
premijera videti kao još jednu pobedu na putu ka Velikoj Albaniji.
Izbor Haradinaja za premijera znacice i kraj snova proteranih Srba o
povratku na svoja ognjišta na KiM, izazvace stanje krajne beznadežnost
kod njih ali i kod onih preostalih na KiM, krajnje nepoverenje u
medjunarodnu zajednicu, spostvenu državu i ocaj. A iz ocaja i takvog
stanja ljudi obicno se sami organizuju i uzimaju stvar u svoje ruke...
Kakav bi oblik to organizovanje dobilo najbolje je da nikad ne vidimo
kao i to da Haradinaj nikad ne bude izabran za premijera.

Da: "Klaus von Raussendorff" <redaktion @ aikor.de>
Data: Mar 2 Nov 2004 16:57:01 Europe/Rome
Oggetto: Milosevic-Prozess: "Die Eigenart der Veranstaltung"

Liebe Leute,

zum Stand des Milosevic-Prozesses dokumentiere ich:


»NIEDERLAGE FÜR DAS GERICHT«
SLOBODAN MILOSEVIC DARF SICH VOR UN-TRIBUNAL IN DEN HAAG WIEDER SELBST
VERTEIDIGEN. AUCH BERUFUNGSINSTANZ WAR MARKE EIGENBAU DES GERICHTS.
Ein Gespräch mit Klaus Hartmann*
junge Welt v. 02.11.2004
http://www.jungewelt.de/2004/11-02/019.php
Interview: Peter Wolter
[ 1 ]

„DIE EIGENART DER VERANSTALTUNG“:
WARUM DAS HAAGER TRIBUNAL SICH NICHT LEISTEN KANN, MILOSEVIC DAS RECHT
AUF PERSÖNLICHE VERTEIDIGUNG ZU GEWÄHREN.
Von Tiphaine Dickson und Aleksandar Jokic
Centre for Research on Globalisation v. 24. Oktober 2004
http://globalresearch.ca/articles/DIC410A.html
[ 2 ]

KEIN EXKLUSIVES RECHT AUF FAIRNESS
TRIBUNAL IN DEN HAAG: GEHT DER MILOSEVIC-PROZESS OHNE DIE ZEUGEN DES
ANGEKLAGTEN ZU ENDE?
Von Germinal Civikov
Freitag v. 15. Okt. 04
http://www.freitag.de/2004/43/04430801.php
[ 3 ]


S p e n d e n a u f r u f :
der Deutschen Sektion des
Internationalen Komitees für die Verteidigung von Slobodan Milosevic
www.free-slobo.de

Das Haager "Tribunal" will Slobodan Milosevic endgültig zum Schweigen
bringen

Ursprünglich sollte im Juli 2004 Slobodan Miloševics Verteidigung
beginnen, für die man ihm nur drei Monate Vorbereitungszeit zugestanden
hatte, während die "Ankläger" seit 1994 mit einem personell und
finanziell gewaltigen Apparat gegen ihn ermittelten. Die Dauer seiner
Verteidigung wurde auf 150 Tage beschränkt - die Hälfte der Zeit, die
die "Ankläger" in Anspruch nahmen. Der uralte Rechtsgrundsatz der
Waffengleichheit zwischen Anklägern und Angeklagtem wird mit Füßen
getreten. Aber damit nicht genug.

Ende August 2004 konnte Slobodan Miloševic noch mit einer etwa
vierstündigen eindrucksvollen Erklärung seine Verteidigung eröffnen.
Doch unmittelbar danach, am 02.09.04, nahm das "Tribunal" unter
Missachtung der eigenen Statuten (Artikel 21 4 d) den schlechten
Gesundheitszustand, den es selbst zu verantworten hat, zum Vorwand,
Slobodan Miloševic das Recht auf Selbstverteidigung zu nehmen.

Damit entsprachen sie dem langgehegten Wunsch der "Anklage", Slobodan
Miloševic endlich zum Schweigen zu bringen, da der "Angeklagte" nicht
nur die falschen Anschuldigungen gegen ihn entkräftet, sondern auch die
wahren Schuldigen an der jugoslawischen Tragödie benannt hatte: die
nach Einfluss auf dem Balkan strebenden Großmächte, die über zehn Jahre
hinweg mit allen erdenklichen Mitteln die Zerschlagung Jugoslawiens
betrieben, zuletzt 1999 mit einem offenen Angriffskrieg, gefolgt von
der Installation einer Marionettenregierung in Serbien und Montenegro
im Jahr 2000.

Nicht einmal die Nazis im "Reichstagsbrandprozess" oder die
Apartheid-Rassisten in den Rivonia-Prozessen haben sich erlaubt, Georgi
Dimitroff bzw. Nelson Mandela einen Zwangsverteidiger aufzuzwingen, um
ihnen das Recht auf Selbstverteidigung zu nehmen.

§ Gegen diesen neuerlichen Rechtsbruch in Den Haag muss die
Verteidigungsarbeit intensiviert werden!

§ Gegen die geballte Macht des NATO-Apparates steht allein die Stimme
von Slobodan Miloševic - und unsere Unterstützung seines
Rechtsberaterteams. Und dieser Stimme muss im Namen der Gerechtigkeit
wieder Gehör verschafft werden.

§ Jede noch so kleine Spende wird dringend benötigt. Die Aggressoren
dürfen nicht die Geschichte schreiben! Jede Spende für den
Rechtshilfefonds ist ein Beitrag zur Verteidigung des Völkerrechts!

Wir bitten um Spenden auf das Konto

Peter Betscher
Kennwort "Rechtshilfefonds"
Stadt- und Kreissparkasse Darmstadt
Kto.-Nr. 102 144 163
BLZ 508 501 50

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... und in der Schweiz:

Vereinigung für Internationale Solidarität e.V.
4000 Basel
PC 40-493646-5
Kennwort: Rechtshilfefond


Mit internationalistischen Grüßen
Klaus von Raussendorff

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Informationsdienst der Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS)
e.V.,
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[ 1 ]

junge Welt v. 02.11.2004
http://www.jungewelt.de/2004/11-02/019.php
Interview: Peter Wolter

»NIEDERLAGE FÜR DAS GERICHT«
SLOBODAN MILOSEVIC DARF SICH VOR UN-TRIBUNAL IN DEN HAAG WIEDER SELBST
VERTEIDIGEN. AUCH BERUFUNGSINSTANZ WAR MARKE EIGENBAU DES GERICHTS.

Ein Gespräch mit Klaus Hartmann*


F: Aus Den Haag kommt die Nachricht, daß der vor dem
»Kriegsverbrechertribunal« angeklagte ehemalige Staatspräsident
Jugoslawiens, Slobodan Milosevic, sich jetzt doch selbst verteidigen
kann. Ein Etappensieg?

Zunächst einmal ist diese Nachricht eine gute Nachricht. Sie markiert
eine Niederlage der allzu brutalen Strategie des »Tribunals«, das
entgegen allen internationalen Normen und entgegen der eigenen
Prozeßordnung dem Angeklagten das Recht auf Selbstverteidigung nehmen
wollte. Aber es ist schon deshalb kein Sieg für Milosevic, da es nun
die Tribunalärzte in der Hand haben, ihn krank zu schreiben und von der
Verhandlung auszuschließen, wann immer die Tribunalsregie das verlangt.

In dem Fall würde wieder ein Pflichtverteidiger eingesetzt. Es handelt
sich dabei um die Bestellung eines Zwangsverteidigers durch die
Hintertür, wenn auch nicht auf die direkte brutale Tour, mit der man
gerade gescheitert ist. Damit wollte man angeblich versuchen, den
Prozeß abzukürzen.

F: Wer ist die »Berufungsinstanz«, die diese Entscheidung getroffen hat?

Marke Eigenbau – wie alle Entscheidungen des »Tribunals«. Es schafft
seine Regeln selbst und sitzt auch in eigener Sache zu Gericht. Das
heißt, der Chef der Berufungskammer ist auch der Präsident dieses
Jugoslawien-Tribunals, Theodore Meron aus den USA.

F: Wie kam es überhaupt zu dieser Entscheidung?

Das »Tribunal« hat Milosevic just in dem Moment das Recht auf eigene
Verteidigung entzogen, als er mit dem Aufruf eigener Zeugen beginnen
wollte. Dieser Beschluß resultiert aus dem Besuch der ehemaligen US
Außenministerin Madeleine Albright bei dem Tribunalsverantwortlichen.
Die internationale Presse hat darüber kaum berichtet.

Die jetzige Entscheidung überrascht nicht, da ja die Pflichtverteidiger
vor wenigen Tagen ihren Rücktritt erklärt hatten. Sie waren
gescheitert, weil binnen zwei Monaten von über 200 Entlastungszeugen
nur fünf bereit waren auszusagen. Darüber hinaus mußten sie von
verschiedenen Anwaltskammern standesrechtliche Restriktionen
befürchten, weil sie entgegen der internationalen Rechtsstandards
überhaupt bereit waren, diesen Auftrag zu übernehmen.

F: Es wird gesagt, die Konstruktion dieses Gericht stamme von der
US-Regierung.

Die frühere Gerichtspräsidentin hat Frau Albright die »Mutter des
Tribunals« genannt. Und der frühere NATO-Sprecher Jamie Shea, der
Erfinder der »Kollateralschäden«, hat die NATO als die »Freundin des
Tribunals« bezeichnet. Das macht natürlich den politischen Charakter
dieser Veranstaltung deutlich.

F: Es war unübersehbar, daß das Gericht durch diese Weigerung der
Zeugen in eine sehr schlechte Lage manövriert worden war. Es gab
kürzlich Gerüchte, die US-Regierung erwäge einen Strategiewechsel im
Umgang mit dem Gericht. Ist das schon dieser Strategiewechsel?

Völkerrechtler aus aller Welt, auch solche, die Milosevic nicht
freundlich gesonnen sind, haben kritisiert, durch die Verweigerung der
Selbstverteidigung würden internationale Rechtsstandards in
gravierendem Maße verletzt. Damit drohte auch in der öffentlichen
Wahrnehmung eine Justizfarce. Das hat außerdem in Regierungskreisen der
USA in letzter Zeit zu Äußerungen geführt, die deutlich die
Uneffektivität dieses Tribunals beanstandeten. Es wurde laut darüber
nachgedacht, das Mandat des Tribunals zu beenden und die Fälle an die
jeweiligen Heimatländer zurückzugeben.

F: Wie finanziert sich das Gericht eigentlich?

Für das letzte Jahr liegen mir über die Zahlungsweisen für dieses
Tribunal keine Erkenntnisse vor. Wenn das Tribunal eine Körperschaft
der Vereinten Nationen wäre, dürfte es nur aus deren ordentlichem
Haushalt bezahlt werden.
Daraus kamen jedoch nur geringe Summen – den Löwenanteil bestritten die
Regierungen der USA und Saudi-Arabiens sowie private Stiftungen wie
Rockefeller, Time-Warner und die des internationalen Börsenspekulanten
George Soros


* Klaus Hartmann ist Bundesvorsitzender des Deutschen
Freidenker-Verbandes und Vizepräsident des Internationalen Komitees für
die Verteidigung von Slobodan Milosevic


***********************************************************
[ 2 ]

Centre for Research on Globalisation
24. Oktober 2004
http://globalresearch.ca/articles/DIC410A.html

„DIE EIGENART DER VERANSTALTUNG“:
WARUM DAS HAAGER TRIBUNAL SICH NICHT LEISTEN KANN, MILOSEVIC DAS RECHT
AUF PERSÖNLICHE VERTEIDIGUNG ZU GEWÄHREN.

Von Tiphaine Dickson und Aleksandar Jokic


Als Slobodan Milosevic nach seiner Überstellung nach Den Haag, die
einem Kidnapping gegen Lösegeld ähnlicher sah als einer Auslieferung,
aufgefordert wurde, zur Anklage Stellung zu nehmen, gab er der Kammer
des Internationalen Straftribunals für das ehemalige Jugoslawien (ICTY)
nicht das typische „Nicht schuldig“ zur Antwort. Stattdessen entgegnete
Milosevic: „Das ist nicht mein Problem, das ist Ihr Problem.“

Und in der Tat ist die Anklage inzwischen zum Problem des ICTY
geworden. Als die Ankläger im Frühjahr nach dem Rücktritt des
Vorsitzenden Richters Richard May am Ende ihres Sachvortrags angekommen
waren, lamentierten viele in den Medien über den Fehlschlag des
Versuchs, den Beweis eines Völkermords zu erbringen, andere zeigten
sich unbeeindruckt von dem verwirrenden Bild schwacher Zeugen, die im
Kreuzverhör eines Angeklagten zusammenfielen, der durchweg darlegte,
dass das ICTY keine rechtliche oder Recht sprechende Institution ist.
Stimmen wurden laut, die zunehmend ernste Besorgnis äußerten, dass der
Prozess aus den Geleisen lief. Erwartungen schienen unerfüllt geblieben
zu sein.

Als die Phase des Sachvortrags der Verteidigung näher rückte, und
Milosevic ankündigte, er werde 1600 Zeugen aufbieten, um zu
untermauern, was er von Anfang an gesagt hatte, nämlich dass die
„Balkan-Kriege“ in Wirklichkeit ein einziger Krieg waren, und zwar
gegen Jugoslawien, geplant und ausgeführt von den Westmächten, 1999
gipfelnd in dem entsetzlichen Höhepunkt eines 78tägigen
NATO-Bombardements, da richteten die einflussreichen Förderer des ICTY
das Visier auf die bevorstehende Verteidigung und argumentierten, dass
man Milosevic das Recht, sich persönlich zu verteidigen, nun „lang
genug“ gewährt habe.

Der kämpferische Medieneinsatz war und bleibt beträchtlich und wirft
eine nahe liegende Frage auf: was steckt in der gegenwärtigen Phase der
Verhandlungen, dass eine derartige kollektive Anstrengung der Abwehr
erforderlich ist?

Die jüngste Offensive ist offensichtlich von Furcht bestimmt. Sie
stellt aber nicht nur das international verbriefte Recht der
Selbstvertretung in Frage (und damit die Freiheit, eine echte
Verteidigung vorzutragen), sondern ist darüber hinaus darauf
abgestellt, Milosevic daran zu hindern, die Illegalität des ICTY und
seiner Funktionen darzulegen. Präsident Milosevic hat in der Tat
durchweg argumentiert, dass das ICTY Apologetik für die Zerstörung
Jugoslawiens betreibt, Rechtfertigungsgründe für die Aggression liefert
und die Geschichte umschreibt. Daher die anscheinend endlosen
Anspielungen nicht auf die Gesundheitsschäden von Präsident Milosevic
sondern auf die die Beschädigung des „Ansehen des Gerichts“, seiner
„Glaubwürdigkeit“ und „Legitimität“.

Die öffentliche Lobbyarbeit des ICTY für die Anordnung der
Zwangsverteidigung von Slobodan Milosevic übernahm ein Trio strammer
ICTY-Befürworter: David Scheffer, Michael Scharf, and Judith Armatta.
Was sie vorbrachten, verriet - vielleicht unbeabsichtigt - die
eindeutig politische Natur dieser Veranstaltung.

In einem Artikel ("Enough of Milosevic’s Antics") in der International
Herald Tribune (v. 13. Juli 2004) beeilt sich David Scheffer, der
ehemalige Sonderbotschafter für Fragen von Kriegsverbrechen unter
Außenministerin Albright, Milosevic als Nicht-Menschen zu behandeln und
auf das ICTY einzuwirken, seine „Autorität“ gegen ihn durchzusetzen.
Scheffer schreibt: „Als Vorsitzender Richter verstand es der
verstorbene Richard May geschickt mit Milosevics Ausübung seines Rechts
der Selbstvertretung umzugehen, indem er ihm täglich genug Leine ließ,
sich auszusprechen, um dann plötzlich die Leine anzuziehen, wenn er zu
weit ging.“ Die eindrucksvolle Verwendung der Metapher „die Leine
anziehen“ erfolgt hier im Lichte der nur peinlich kurz zurückliegenden
Gräueltaten im Gefängnis von Abu Ghraib in Irak, wie in dem Foto von
der Soldatin Lynndie England, die ein nacktes menschliches Wesen an
einer Leine hält, für immer festgehalten. Will Scheffer auf das ICTY
einwirken, sich Abu Ghraib anzugleichen, dies aber mehr auf dem
juristischen Schlachtfeld als dem militärischen? Was immer seine
Absichten, in einer wichtigen Beziehung gibt es kaum einen Unterschied
zwischen dem physischen und dem metaphysischen Leineanziehen: beides
wurzelt fest in den primitivsten rassistischen Verhaltensweisen
gegenüber ihren zur Sache degradierten Zielobjekten. Und wer genau ist
das Zielobjekt von David Scheffers Kommentaren? Anscheinend nur
Milosevic, der auf diese Weise seiner Eigenschaft des Menschseins
entkleidet wird. Doch da ist noch ein anderes, noch wichtigeres Ziel:
die Richter und Ankläger des ICTY werden implizit daran erinnert, dass
sie bloße Werkzeuge (Sachen) des Imperiums sind. Sie täten daher besser
daran, Leistung zu erbringen.

Und was sind die Leistungen, die vom ICTY zu erbringen sind? Der
Prozess verursacht Schwindel erregende Kosten, woraus folgt, dass eine
Verurteilung erfolgen muss, und dass „Justiz“ zwingend dazu führen
muss, Milosevic mundtot zu machen, denn er ist „angeklagt wegen
Verbrechen von enormer Schwere auf dem Balkan: Völkermord, Verbrechen
gegen die Menschlichkeit und Kriegsverbrechen. Diese schreien nach
Sühne. Die Vereinten Nationen und ihre Mitgliedsstaaten verausgaben
riesige Geldsummen für diese Verfahren für einen bestimmten Zweck,
nämlich für Justiz und nicht für politische Ausfälle und ausufernde
Verteidigungsreden.“ Es ist unklar, ob dies ein rechtliches oder
politisches Argument ist. Es könnte sein, dass Scheffers Position - im
Sinne einer neuen juristischen Herangehensweise - darin besteht, dass,
weil Milosevic der schwersten aller Verbrechen angeklagt ist, und diese
nach „Sühne schreien“, diese Tatsache an sich schon einen über jeden
vernünftigen Zweifel erhabenen Beweis für seine tatsächliche Schuld
darstellt. Denn wer mag sich schon vorstellen, dass das ICTY
leichtfertig Vorwürfe erhebt und
einen amtierenden Präsidenten mitten in einem Aggressionskrieg gegen
sein Land anklagt? Ansonsten könnten Scheffers Worte einen direkten
politischen Anspruch zum Ausdruck bringen: „Wir haben dafür bezahlt,
und wir haben sicher nicht dafür bezahlt, dass dieser Mann mit uns
umspringt.“

Scheffer befürwortet die Anordnung eines Zwangsverteidiger, “um die
Integrität des Verfahrens zu gewährleisten, das sich einem Punkt nähern
könnte, wo es zum Bruch mit der internationalen Gemeinschaft kommt.“
Die Ungeduld, die hier im Namen des Phantoms der internationalen
Gemeinschaft zum Ausdruck kommt, könnte tatsächlich gerade Scheffers
eigene sein, sowie die von Leuten seines Schlages, die mit der
Einrichtung des ICTY eng verbunden sind. Jedenfalls ist der Punkt der,
dass das ICTY keine legale Autorität hat, die über die ihm vom
Sicherheitsrat gewährten Befugnisse hinausgehen und durch seine eigene
Berufungskammer, d.h. durch sich selbst, als rechtlich gültig erachtet
worden sind. Daraus folgt: seine Autorität „muss durchgesetzt werden“.
Gerade dieses Verfahren, als solches an sich ein Rechtsmissbrauch, muss
vor „einem lähmenden Missbrauch“ geschützt werden, und zwar vor der
öffentlichen Brandmarkung durch Milosevic, und insbesondere durch seine
Zeugen: „Ein massives kriminelles Unternehmen diesen Charakters
verdient ein langes, sorgfältig entwickeltes Verfahren, das
unvermeidlich Verzögerungen erleben wird. Das ist die Eigenart der
Veranstaltung. Aber der Zeitpunkt ist gekommen, die dem Gericht
verliehene Autorität durchzusetzen und einen lähmenden Missbrauch des
Verfahrens durch Leute wie Slobodan Milosevic zu verhindern.“ Wahrlich:
„Die Eigenart der Veranstaltung“. Diese muss dringend zu Ende gebracht
werden, denn das ICTY ist im Gegensatz zu Recht sprechenden
Körperschaften in aller Welt eine „begrenzte Unternehmung“, darum
bemüht, Ermittlungen, Verfahren und Berufungsverfahren vor Ablauf einer
vom Sicherheitsrat gesetzten Frist - das ist die genannte
„Abschlussstrategie“ - im Jahre 2010 abzuschließen. Bis dahin muss eine
Verurteilung sichergestellt sein. So wie alle Vorstellungen gelaufen
sein müssen, bevor der Zirkus die Stadt verlassen kann.

Ebenso dringend ist, dass insbesondere “Serben” “die Autorität des
Gerichts respektieren” und vermutlich kann dieser Sinneswandel nur
erfolgen, wenn Milosevic mundtot gemacht und die Illegalität des
Gremiums nie wieder erwähnt wird: „Wenn die Disziplin eines kompetenten
Anwalts in den Gerichtssaal Einzug hält, würden Milosevics Serben
vielleicht lernen, die Autorität dieses Tribunals zu respektieren.“

Abschließend strapaziert Scheffer noch einmal seine Metapher der Leine,
um seinem Gedanken Nachdruck zu verleihen, dass Milosevic „dauerhaft“
zum Schweigen gebracht werden muss, da er ja irgendwie nicht-human ist:
„Milosevic ist lange genug mit dem Gericht umgesprungen. Es ist Zeit,
die viel benutzte Leine von Richter May dauerhaft anzuziehen.“

Nach Scheffers Eröffnungssalve sprach sich auch Michael Scharf,
Gastprofessor für Recht an der Case Western Reserve University und
Mitverantwortlicher bei der Schaffung des ICTY, in der Washington Post
(vom 29. August 2004) mit geradezu frösteln machender Klarheit und
unter Verwendung strikt politischer Argumente für Zwangsverteidigung
aus. ("Making a Spectacle of Himself: Milosevic Wants a Stage, Not the
Right to Provide His Own Defense"). Den mittlerweile geläufigen
Refrain, Slobodan Milosevic “spielt für das heimische Publikum”
weidlich ausschlachtend, ist Scharf empört von der Idee, dass der
nicht-vertretene Angeklagte einen Schauprozess irgendwie ausnutzen
könnte, um Unterstützung in Serbien und Montenegro zu gewinnen, wo doch
das ICTY, so erklärt er allen Ernstes, eigentlich geschaffen wurde, um
Milosevic aus der Politik zu entfernen und die Serben zu „erziehen“,
damit er und seinesgleichen für immer aus dem Verkehr gezogen sein
würden. Das sein eigenes Argument die politische Natur des ICTY
bestätigt und in aller Offenheit seine Ziele als nicht-juristische
klarstellt, hält Scharf nicht davon ab, das Verfahren als einen
„internationalen Kriegsverbrechen-Prozess“ und die Institution als
einen „Gerichtshof“ zu beschreiben.

Scharf: “Milosevics sarkastische Verteidigungsstrategie wird ihm
wahrscheinlich keinen Freispruch einbringen, aber sie ist auch nicht
auf den Gerichtshof in Den Haag abgestellt. Sein Publikum ist das
Gericht der öffentlichen Meinung zu Hause in Serbien, wo der Prozess
eine der meist gesehenen Fernsehsendungen ist, und wo Milosevics
Ansehen weiter steigt. Meinungsumfragen besagen, dass 75 Prozent der
Serben nicht meinen, dass Milosevic einen fairen Prozess bekommt, und
67 Prozent denken, dass er nicht für irgendwelche Kriegsverbrechen
verantwortlich ist. ‚Slobo Held!’ ist an Belgrads Bussen und Häusern
ein allgegenwärtiges Graffiti. Letzten Dezember gewann er in einer
landesweiten Wahl mit Leichtigkeit einen Sitz im serbischen Parlament.“

Was diese Besorgnisse und politischen Trivialitäten mit internationalem
Recht - soweit dieses als judikative Aktivität angesehen werden kann -
zu tun hat, bleibt unklar. Wenn jedoch, - an die Adresse einer
uninformierten westlichen Öffentlichkeit gerichtet, hier die Idee
vermittelt werden soll, dass das ICTY, falls es einem Mann, der ein
halbes Jahrzehnt lang auf dem Balkan der Hauptgesprächspartner des
Westens war, grundlegende international anerkannte Menschenrechte
gewährt, in seiner Mission scheitert, die Serben zu „erziehen“, dann
weiß man, was gemeint ist. Scharf bedauert die Tatsache, dass
Meinungsumfragen ergeben, dass „75 Prozent der Serben nicht meinen,
dass Milosevic einen fairen Prozess bekommt.“ Scharfs Enttäuschung über
diesen Ausdruck verbreiteten Misstrauens - das durchaus gegen die
Institution überhaupt gerichtet sein könnte - beruht auf der Annahme,
dass die öffentliche Meinung in Serbien und Montenegro irregeleitet ist
und kein rechtes Verständnis für die „Fairness“ des Verfahrens hat.
Aber wenn Scharf behauptet, dass die ICTY-Verhandlungen eine der meist
gesehenen Fernsehsendungen sind, dann bildete sich die öffentliche
Meinung doch wohl durch den Anschauungsunterricht der
Prozessverhandlungen; und dann bestünde das Problem nicht in einer im
Ausland zu verortenden kollektiven Selbsttäuschung sondern in der im
Westen herrschenden Unkenntnis darüber, wie das ICTY in seiner
täglichen Arbeit funktioniert. Die denn weitgehend nicht im Einklang
steht mit dem - durch Überzeugung oder missionarischen Eifer - im
Westen weit verbreiteten Glauben, dass die Verfahren in Den Haag an
sich fair sind.

Scharfs Sorgen wegen der Graffiti an Bussen und Häusern in Belgrad mag
auch ein Ausdruck seines Umweltbewusstsein sein. Doch jede von
„Slobo-Held!“- Losungen ausgehende Bedrohung verblasst im Vergleich zu
den Auswirkungen der NATO-Bombardierungen, und insbesondere, vor dem im
Boden und Grundwasser Serbiens und Montenegros zurückgebliebenen
abgereicherten Uran. Mag sein, dass die „serbische“ Öffentlichkeit
durch den „Gerichtshof“ noch nicht ausreichend erzogen worden ist, um
diese beunruhigende Wirklichkeit aus den Augen zu verlieren, mit der
sie noch Jahrzehnte, und vielleicht Jahrhunderte zu tun haben wird.
Diese Wirklichkeit und die allgegenwärtigen Erinnerungen an die Bomben
der NATO in den Straßen von Belgrad haben vielleicht einigen Einfluss
auf die öffentliche Wahrnehmung der „Fairness“ des ICTY gehabt.

Auch wenn Scharfs Anschlag auf Milosevics Recht auf persönliche
Verteidigung ganz auf der Linie von Scheffers Forderung liegt, dass die
„Leine dauerhaft angezogen werden sollte“, gibt es doch einen wichtigen
Unterschied in der Herangehensweise. Wo Scheffer den verstorbenen
Richter May als eine Art kompromisslosen Tierbändiger schildert, stellt
Scharf ihn als einen irregeleiteten Trottel dar. Statt seine Fähigkeit
zur Disziplin hervorzuheben, beschuldigt er ihn - in einer viel
sagenden Demonstration der Degradierung der ICTY-Funktionäre,
insbesondere des verstorbenen, zu bloßen Sachobjekten - zu lasch
gewesen zu sein und irrtümlich gehandelt zu haben, als er Milosevic
überhaupt das Recht auf Selbstvertretung zugestand. Er schreibt:
„Tatsächlich alles, was mit dem Milosevic-Prozess schief gelaufen ist,
kann auf diese irrige Entscheidung zurückverfolgt werden.“

Und „schief gelaufen“ ist, dass Milosevic „geringschätzige Bemerkungen
über das Gericht“ gemacht und Zeugen „eingeschüchtert“ hat. Milosevic
erkennt das ICTY nicht an, und das hat er immer wieder gesagt. Und was
das „Einschüchtern“ angeht, so ist das bis zu einem gewissen Grade, ob
wir das gut finden oder nicht, Teil der Kunst des Kreuzverhörs. Aber
Scharfs Schwerpunkt liegt nicht so sehr auf diesen Beschwerden sondern
vielmehr auf seinen wilden Behauptungen über Milosevics wachsende
Popularität in Serbien und Montenegro.

Scharf macht völlig klar, dass das ICTY aus politischen Gründen
geschaffen wurde, befürwortet aber, Slobodan Milosevic einen Anwalt
aufzuzwingen, um ihn daran zu hindern, genau denselben Gedanken auf den
Punkt zu bringen. Der einzige Unterschied besteht darin, dass Milosevic
„geringschätzig“ ist, während Scharf argumentiert, dass die offenkundig
politischen Ziele des ICTY irgendwie vertretbar sind:

„Bei Schaffung des Statuts des Jugoslawien-Tribunals legte der
UN-Sicherheitsrat drei Ziele fest: erstens das serbische Volk zu
erziehen, das lange von Milosevics Propaganda irregeleitet war, und
zwar im Bezug auf die Aggressionsakte, Kriegsverbrechen und Verbrechen
gegen die Menschlichkeit, die von seinem Regime begangen worden sind;
zweitens nationale Versöhnung zu erleichtern, indem Milosevic und
anderen Spitzenpolitikern die Hauptverantwortung zugeschoben und
aufgedeckt wird, wie das Milosevic-Regime gewöhnliche Serben dazu
gebracht hat, Gräueltaten zu begehen; und drittens eine politische
Katharsis zu fördern und dabei neu gewählte Führern Serbiens in die
Lage zu versetzen, sich von den repressiven politischen Praktiken der
Vergangenheit zu distanzieren. Mays Entscheidung, Milosevic zu
gestatten, sich selbst zu vertreten, hat diese Ziele ernsthaft
unterhöhlt.“

Die Vorstellung, dass mit dem Recht Milosevics, sich selbst zu
vertreten, die “Ziele” der Schaffung des ICTY “ernsthaft unterhöhlt”
wurden, ist selbst für Leichtgläubige des Guten zu viel. Doch wenn
diese Ziele sind und bleiben, Slobodan Milosevic die Verantwortung
„zuzuschieben“, und die Serben in dem Glauben zu „erziehen“, wie
schlecht er war - oder wie schlecht letztlich Jugoslawien war - , dann
sind dies Ziele, die von dem Angeklagten sicherlich nicht geteilt
werden. Milosevic hat durchaus nicht die Absicht, dem ICTY behilflich
zu sein, „die Serben zu überzeugen“, dass die gegen Jugoslawien
begangenen Aggressionsakte gerechtfertigt waren. Insbesondere aber
können die von Scharf dargestellten politischen Ziel, seien sie nun
vertretbar, moralisch korrekt oder politisch zweckmäßig, nicht legal
machen, was illegal ist; sie können nicht legitim machen, was illegitim
ist, und, was das Entscheidende ist, sie können ein politisches Gremium
nicht in einen Gerichtshof verwandeln.

Wie vielleicht unvermeidlich, ordnete das ICTY die Zwangsverteidigung
an. Am 2. September wurden zwei der ehemaligen amici curiae „berufen“
(assigned), - die Kammer bestand pointiert auf der Verwendung dieses
Begriffs anstelle des offensichtlich unfeinen „auferlegt“ (imposed) -
Slobodan Milosevic zu vertreten und erhielten Vollmacht über seine
Verteidigung, einschließlich der Gestaltung seiner Strategie und der
Auswahl der Zeugen. Die Befugnisse, die den Zwangsverteidigern gewährt
wurden, waren weitaus einschneidender als erwartet; und dies
anscheinend selbst von dem Hauptanklagevertreter, der während der
Anhörung offenbar einen „standby-Anwalt“ anvisiert hatte, der bereit
wäre, einzuspringen, falls Milosevics Gesundheitszustand ihn am
Tätigwerden hindern sollte. Stattdessen wurde die Verteidigung Fremden
übertragen, die, außer dass sie von ihrem „Mandanten“ keine
Instruktionen erhielten, in diesen Verhandlungen bereits als eine
andere Partei agiert hatten, nämlich als „Freunde“ eines „Gerichts“,
das der Angeklagte nicht anerkannte.

Dass diese Zwangsbestellung von Anwälten einen Interessenkonflikt
darstellt, dass sie den Internationalen Pakt über bürgerliche und
politische Rechte verletzt, dass weder das südafrikanische
Apartheid-Regime noch Nazi-Deutschland gegen Mandela beziehungsweise
Dimitroff Zwangsverteidiger bestellt hat, und dass die Anordnung der
Zwangsverteidigung tatsächlich die Verhandlungen weiter verzögerte
(während Milosevic gesund ist), hat jene nicht abgeschreckt, welche die
Entscheidung des ICTY verteidigen, Präsident Milosevic das Recht
abzusprechen, Zeugen aufzurufen und seine Verteidigung vorzutragen. Und
seine Verteidigung ist das Problem, da sie sich ehrlicherweise als eine
politische Verteidigung vor einem politischen Gremium präsentiert.

Der Zwangsverteidiger bemühte sich vergeblich, seit Anfang September
mehr als fünf Zeugen zu präsentieren und war damit konfrontiert, dass
sich Experten, Diplomaten, Offiziere und Dutzende anderer weigerten, an
einer Verteidigung teilzunehmen, die nicht die Verteidigung war, die
sie zu unterstützen eingewilligt hatten. (Hier ist anzumerken, dass vor
einer normalen Instanz der Judikative Zeugen keine Mitsprache dabei
haben, ob sie am Funktionieren der Rechtsprechung mitwirken wollen oder
nicht. Die Etymologie des Wortes „subpoena“ - „unter Strafandrohung“ -
macht klar, dass legale Gerichte auch legale Vollmachten haben) Diese
jüngste Krise vor dem ICTY veranlasste neue Interventionen in den
Medien im Interesse der Glaubwürdigkeit des ICTY. Aber die politische
Natur dieser Einlassungen hatte den gegenteiligen Effekt.

Judith Armatta, eine Anwältin, die als Prozessbeobachterin für die in
den USA ansässige Coalition for International Justice tätig ist, verrät
ebenso wie ihre Vorgänger, Scheffer und Scharf, den wahren Grund für
die Zwangsbestellung von Anwälten für Slobodan Milosevic. (Justice, not
Political Platform for Milosevic in International Herald Tribune vom 7.
Oktober) Natürlich mögen weder Armatta noch das ICTY seine “politische
Verteidigung“. Armatta unterstellt, dass Milosevic - und andere vor den
ad hoc-Gremien des Sicherheitsrats, wie dem International Criminal
Tribunal for Ruanda (ICTR) in Arusha, Tansania - einfach launenhafte
Angeklagte sind, die sich weigern, die geltende Prozessordnung zu
respektieren, während diese gut gerüsteten Gerichte dafür kämpfen,
trotz Obstruktion „unvernünftiger“ Angeklagter faire Verfahren zustande
zu bringen. Eine solche Darstellung sowohl der Position von Slobodan
Milosevic (und der ruandischen Angeklagten vor dem ICTR) als auch der
Legitimität der ad hoc-Tribunale ist jedoch falsch.

Armatta schreibt, dass der “Prozess von Slobodan Milosevic vor dem
Internationalen Straftribunal für das ehemalige Jugoslawien zu einem
unentschiedenen Gegeneinander (stand-off) geführt hat, bei dem der
Wille des UN-Gerichtes dem Willen einer Einzelperson, des Angeklagten,
gegenüber steht.“

Diese Beschreibung des Milosevic-Falles als eines Kampfes zweier Willen
ist, gelinde gesagt, eigenartig, denn sie stellt das ICTY in diesem
„unentschiedenen Gegeneinander“ fälschlich als den unterlegenen Teil
dar, der etwas Hilfe und Ermutigung braucht. Was könnte denn das ICTY -
das die volle Unterstützung der einzigen Supermacht genießt - in diesem
„Willenskampf“ mit Milosevic benachteiligen? Die von ICTY-Unterstützern
wie Armatta verbreitete Botschaft ist, dass das Handicap des ICTY durch
seine Tendenz gegeben ist, aus Fairness über Bord zu gehen. Der
Versuch, so fair wie möglich zu sein, bringt die Kräfte der Justiz in
Schwierigkeiten. Daher solche Appelle an das ICTY wie dieser: „Es ist
Sache dieses Tribunals, gegen Milosevic aufzutreten, die eigene
Autorität durchzusetzen und die Welt einen Schritt näher an die
Herrschaft des Rechts heranzubringen.“ Aber ist faires Verhalten die
Hauptsorge des ICTY? Und wie kann das „Auftreten“ gegen Milosevic
irgendjemanden näher an die Herrschaft des Rechts heranbringen,
insbesondere wenn dabei internationale Menschenrechtsinstrumente
verletzt werden?

Das Problem liegt in dem, was Milosevic zu sagen hat. Dass das ICTY die
Zwangsverteidigung pointiert aus „Gesundheitsgründen“ angeordnet hat,
ist für Armatta eine zweitrangige Überlegung, wie wahrscheinlich auch
für die Kammer selbst, die die Tatsache unbeachtet ließ, dass Slobodan
Milosevic sich drei Jahre mit Geschick selbst verteidigt hat und
bereits zehn Jahre an Blutdruck leidet. In Wahrheit wurden seit
Anordnung der Zwangsverteidigung die Gesundheitsgründe, mit denen die
Maßnahme gerechtfertigt wurde, schrittweise durch Andeutungen ersetzt,
dass Milosevic der nötige „Respekt vor dem Gericht“ fehlt.

Armattas Kritik an Slobodan Milosevics Verhalten könnte glauben machen,
dass sie über einen speziellen Zugang zu seinem Gehirn verfügt. Sie
geißelt ihn nicht nur für fehlende Zusammenarbeit bei der laufenden
Verletzung seiner Rechte sonder enthüllt auch, warum er einen so
widersetzlichen Kurs eingeschlagen hat: „Der Angeklagte weigert sich,
mit den Anwälten zusammen zu arbeiten oder bei der Auswahl und
Aufrufung von Zeugen zu helfen oder eine Verteidigungsstrategie zu
entwickeln, da er nicht versucht, sich zu verteidigen sondern den
Prozess als Plattform für seine politische Agenda zu benutzen.“

Wollte man nicht Milosevic sondern das ICTY einer derartigen
Psychoanalyse unterziehen, so könnte man bei dieser Untersuchung darauf
eingehen, welche Konsequenzen sich völlig vorhersehbar aus der
Anordnung der Zwangsverteidigung ergeben. Armatta beschreibt die Lage
folgendermaßen: „Fast die Hälfte der Zeugen, die ursprünglich für
Aussagen in seinem Interesse vorgesehen waren, ist seinem Beispiel
gefolgt und hat sich geweigert vor Gericht zu erscheinen, wenn
Milosevic nicht gestattet wird, sich selbst zu vertreten.“ Wollte man
spekulieren, so könnte man postulieren, dass die Anordnung der
Zwangsverteidigung nichts mit Gesundheit oder Fairness zu tun hat. Der
Grund könnte ganz im Gegenteil sein, dass das ICTY das Erscheinen der
meisten seiner Zeugen zu verhindern wollte, da diese die illegale Natur
des ICTY bloßstellen würden. So könnte man sich im Bereich der
Spekulation vorstellen, dass man richtig vorhergesehen hat, dass man
durch die Anordnung der Zwangsverteidigung einen Boykott durch jene
Zeugen herbeiführen würde und das Verfahren zu einem schnellen
Abschluss bringen würde, ohne dass die meisten von ihnen je in
Erscheinung träten.

Aber diese Art Spekulation gilt als unangebracht. Und sie verträgt sich
nicht mit Armattas Beschreibung der gegenwärtigen Situation als eines
Kampfes der Willen, die doch absolut klarstellt, wo der gute und der
schlechte Wille anzutreffen sind. Und wie wäre die abscheuliche Absicht
dessen, dem böser Wille zu unterstellen ist, besser zu entlarven, als
durch den Hinweis auf seine durchgängige Opposition gegen das
Verfahren, das doch seinem Wesen nach als fair zu betrachten ist?
Armatta behauptet, als ob darin der schlüssige Nachweis seines bösen
Willens liegt, das Milosevic „durchgängig erklärt hat, dass er die
Legitimität des Tribunals nicht anerkennt und jede Gelegenheit nutzen
wird, seinen politischen Fall an die Öffentlichkeit zu bringen.“

Es sollte inzwischen offenkundig sein, dass wenn Slobodan Milosevic
behauptet, dass das ICTY illegal ist, er natürlich jede ihm gebotene
Gelegenheit ergreifen wird, die Welt dieses Tatsache wissen zu lassen.
Schlägt Armatta vor, dass jene die mit vernünftigen rechtlichen
Argumenten einwenden, dass diese Institution illegal ist, sich ihr
nichtsdestoweniger ruhig unterordnen sollten und persönlich zu den
illegalen Aktivitäten beitragen, die sich gegen sie selbst richten?
Armatta äußert - ebenso wie Scheffer und Scharf - Besorgnis über die
schädlichen Auswirkungen der Selbstvertretung auf andere Fälle. Scharf
befürchtet, Saddam Hussein könnte „die einzigartige Gelegenheit der
Selbstvertretung (nutzen), tägliche Angriffe gegen die Legitimität des
Prozesses und die US-Invasion im Irak zu starten.“ Ist es also so, dass
allen Zielobjekten von Aggression das Recht auf Selbstvertretung
versagt werden muss? Oder enthält die Schaffung des ICTY durch den
Sicherheitsrat (der anschließend das ICTR einrichtete, ein Gremium ohne
die gerichtliche Befugnis für die Behandlung der Invasion Ruandas durch
die von den USA unterstützen „Rebellen“, eine Aggression, welche den
tragischen Krieg des Landes auslöste) an sich schon eine ganz andere
Botschaft? Könnte es sein, dass es kein Recht auf Selbstverteidigung
gibt, wenn die USA oder ihre Klienten die Aggressoren sind?

Die Essenz von Armattas Klagen über Milosevic, dem nicht gestattet
werden darf, gegenüber dem Willen des ICTY die Oberhand zu erhalten,
ergibt sich aus einer verfehlten Ansicht des ICTY und seiner Verfahren.
Sie erklärt:

„Als ein legitimes Gericht ist es damit beauftragt, Sorge zu tragen,
dass Recht geschieht im Bezug auf verabscheuenswürdige Verbrechen,
einschließlich Völkermord, die während der 1990er Jahre überall auf dem
Territorium des ehemaligen Jugoslawien begangen wurden. Seine
fundamentale Verantwortung ergibt sich, wie diejenige aller Gerichte,
gegenüber der Sphäre des Rechtsprechung.“

Es ist wahrscheinlich kein Zufall, dass das Gericht als “legitim”
beschrieben wird. Da diese Institution im Bezug auf ihre Legalität
zweifelhaften Charakters ist, soll sie bewusst als „legitim“
dargestellt werden. Das ist die bekannte Taktik, die schon von Antonio
Cassese, dem ehemaligen Präsidenten des ICTY angewandt wurde mit seiner
unzweideutigen Behauptung, das der Krieg der USA gegen Jugoslawien
(mittels der NATO) im Jahre 1999 illegal aber eine gute („legitime“?)
Sache war, da er zur Entstehung eines neuen rechtlichen Prinzips führen
könnte. Könnte es sein, dass sogar Armatta mit Milosevic hinsichtlich
der Illegalität des ICTY
übereinstimmt? Dieses kleine Problem der Illegalität kann jedoch völlig
außer Acht gelassen werden, da sich „die fundamentale Verantwortung des
Gerichts gegenüber der Sphäre der Rechtsprechung“ ergibt. So entsteht
das Bild eines illegalen aber legitimen Gerichts, das Rechtsprechung
ausübt!
Wenn man es verwirrend findet, dass ein illegales Gericht legitim sein
kann, ist es noch weit anfechtbarer daraus den Schluss zu ziehen, dass
das ICTY Rechtsprechung ausübt. Denn wie kann ein Gericht
Rechtsprechung ausüben, ohne dass ein ordentliches Verfahren
eingehalten wird?

Gleichwohl argumentiert Armatta in Reaktion auf den Boykott der
Verhandlungen durch viele von Slobodan Milosevics Zeugen, dass sie eine
Art von Pflicht gegenüber diesem Prozess hätten. „Zeugen, die zu diesen
Sachverhalten Aussagen machen können, schulden es dem Angeklagten, der
Öffentlichkeit und den Opfern, an dem Prozess teilzunehmen.“ Aber wenn
der Prozess an sich unfair ist, und das Gericht illegal ist, gibt es
niemanden, dem die Zeugen irgend etwas schulden.

Die Notwendigkeit, die Herrschaft des Rechts zu wahren, wird von
Armatta zur Untermauerung ihrer Behauptung vertreten, dass das ICTY es
zu Recht ablehnt, durch Präsident Milosevic „gehighjacked“ oder
„erpresst“ zu werden. Aber die „Herrschaft des Rechts“ bedeutet etwas
ganz anderes als der Prozess, den Armatta zu legitimieren versucht. A.
V. Dicey, der berühmte britische Verfassungsrechtler, liefert die
klassische Definition:

„Wir meinen vor allem, dass kein Mensch zu bestrafen ist oder an Leib
und Gut beeinträchtigt werden kann, außer wegen eines eindeutigen
Bruchs des Rechts, nachgewiesen in einem ordentlichen Verfahren vor
einem ordentlichen Gericht des Landes.“

Gegen Slobodan Milosevic wird keineswegs „in einem ordentlichen
Verfahren vor einem ordentlichen Gericht des Landes“ verhandelt. Das
ICTY wurde nicht aufgrund von Vertrag oder Abstimmung durch die
UN-Generalversammlung eingerichtet. Das Verfassungsgericht von
Jugoslawien befand, dass Milosevic in Verletzung jugoslawischen und
internationalen Rechts nach Den Haag „überstellt“ wurde. Das Konzept
des „gemeinschaftlichen kriminellen Unternehmens“, das von der Anklage
in einigen Fällen nicht den Nachweis einer völkermörderischen Absicht
verlangt, ist eine jüngere Entwicklung der Rechtsprechung. (Nicht alle
würden dieses Richterrecht als mit dem Gedanken übereinstimmend
ansehen, dass die erforderliche Absicht des Völkermords die Schwere des
Verbrechens reflektieren muss, und das sie daher speziell gegeben sein
muss. Das erste Urteil eines ad hoc-Gerichts, dass Völkermord
definierte, Prosecutor v. Akayesu, nannte dies dolus specialis
(spezieller Vorsatz). Die meisten würden jedoch argumentieren, dass die
herabgesetzten Anforderungen „gut“ sind. Wiederum vielleicht ein
Ausdruck von „illegal aber gut“. Dicey definiert die Herrschaft des
Rechts als ein System, das sich an die Gleichheit vor dem Gesetz hält.
Der Ankläger des ICTY (per Statut ein „Organ“ des Gremiums) hielt es
nicht für notwendig, auch nur eine einzige Klage im Ergebnis der
Myriaden von Verstößen gegen internationales Recht im Zuge der
78tägigen Bombenkampagne der NATO gegen Jugoslawien im Jahre 1999 zu
erheben.

Michael Scharf argumentiert, das ICTY diene dem Ziel, das serbische
Volk zu “erziehen” und “Versöhnung” auf dem Balkan zu fördern. Aber
dies sind keine Funktionen der Rechtsprechung, und Slobodan Milosevic
sollte das Recht haben, auf etwas hinzuweisen, was die Schöpfer des
ICTY - Scharf gilt als Mitwirkender bei der Annahme der
Sicherheitsratsresolution 827 mit dem Statut des ICTY - ohne Zögern
selbst darlegen.

Zu argumentieren, dass das ICTY nicht Grundrechte und internationales
Recht verletzt sondern vielmehr „die Herrschaft des Rechts“ schützt,
ist nicht nur falsch sondern verfälscht geradezu die Idee als solche.

Am 21. Oktober hat die Berufungskammer des ICTY die Parteien zur
Berufungsklage der bestellten Anwälte gegen die Entscheidung der
Tatsachenkammer über die Anordnung der Zwangsverteidigung angehört.
Slobodan Milosevic argumentierte, dass die Bestellung von
Zwangsverteidigern und die Verletzung des Rechts auf persönliche
Verteidigung in den Bereich politischer Gerichte gehört wie im 17.
Jahrhundert die Star Chamber, und verwies auf Scharfs Erklärung, dass
die Ziele des ICTY ihrer Natur nach unverhohlen politisch, nicht
juristisch sind. Sodann erklärte Milosevic, dass er angesichts der
Tatsache, dass der Prozess ein politischer ist, eine politische
Verteidigung verlange, die allein durch Selbstverteidigung zu erreichen
ist. (Tatsächlich bestimmen jüngste Änderungen des ICTY-Verhaltenscodex
für Strafverteidiger, dass die Anwälte

„sich keines Verhaltens schuldig gemacht haben dürfen, sei es in
Ausübung ihres Berufes oder auf andere Weise, (...) das geeignet ist,
das öffentliche Vertrauen in das Internationale Tribunal zu schmälern
(...) oder auf andere Weise das Internationale Tribunal in Misskredit
zu bringen.“)

Darauf entgegnete der Präsident des ICTY, Theodor Meron:

“Ich glaube wirklich, und ich glaube, dass alle meine Kollegen sehr
fest daran glauben, dass dieser Prozess kein politischer Prozess ist.
Es ist ein juristischer Prozess unter Berücksichtigung der
Menschenrechte und eines ordentlichen Verfahrens um festzustellen, nach
internationalem Recht und gemäß dem Statut, ob - um festzustellen, ob
Sie über jeden vernünftigen Zweifel schuldig sind oder nicht. Und wir
hätten diese Verhandlungen nicht in der Art geführt, wenn wir nicht
überzeugt wären, dass dies wirklich nicht nur ein juristischer Prozess
ist, sondern ich glaube, es ist das Musterbeispiel eines fairen
Prozesses.“

Wenngleich wir feststellen, dass die Bemerkungen von Präsident Meron
eine implizite Zurückweisung von Scharfs Konzeption der Ziele des ICTY
darstellen, bleibt allerdings die Tatsache, dass das ICTY nicht klar
darauf hingewiesen hat, dass es derartige Behauptungen nicht dulden
würde. Denn wer oder was gefährdet die Glaubwürdigkeit des ICTY?
Präsident Milosevic, der gehindert wird zu argumentieren, dass das ICTY
ein politisches Gremium ist oder Leute wie Scheffer, Scharf und
Armatta, die deutlich machen, dass es dies ist? Könnte es einfach sein,
dass das ICTY wirklich ein politisches Gremium ist, dessen Schaffung
und Beendigung - anders gesagt, dessen Geburt und Tod - das Ergebnis
von politischen Entscheidungen sind?

Diese politische Wirklichkeit enthüllt “die Eigenart der
Veranstaltung”. Und die Tatsache, das nicht jeder das Recht hat, gerade
auf diesen Punkt hinzuweisen, verstärkt nur die Argumente von Slobodan
Milosevic, selbst wenn ihm das Recht genommen ist, sie zu äußern.


Übersetzung aus dem Englischen: Klaus von Raussendorff

Tiphaine Dickson ist Strafverteidigerin in Montreal und wirkte als
führende Anwältin in einem der ersten Völkermord-Prozesse der UN vor
dem ICTR in Arusha/Tansania. Sie ist zu erreichten unter:
tiphainedickson @ videotron.ca

Aleksandar Jokic ist Professor für Philosophie an der Portland
Staatsuniversität und Direktor des Center for Philosophical Education
in Santa Barbara. Er ist zu erreichen unter: ajokic @ sbceo.org


© Copyright Tiphaine Dickson an Aleksandar Jokic, CRG 2004 .

********************************************************************
[ 3 ]

Aus: Freitag v. 15. Okt. 04

http://www.freitag.de/2004/43/04430801.php

KEIN EXKLUSIVES RECHT AUF FAIRNESS
TRIBUNAL IN DEN HAAG:
GEHT DER MILOSEVIC-PROZESS OHNE DIE ZEUGEN DES ANGEKLAGTEN ZU ENDE?

Von Germinal Civikov

Anfang September hatten die Richter des Haager Jugoslawien-Tribunals
beschlossen, dem einstigen jugoslawischen Präsidenten Slobodan
Milosevic Pflichtverteidiger zuzuordnen. Begründet wurde dies mit der
angeschlagenen Gesundheit des Angeklagten. Daraufhin musste der Prozess
unterbrochen werden, da Milosevic auf seinem Recht bestand, sich selbst
verteidigen zu
können, und viele der von ihm benannten Zeugen ihre Aussage wegen der
Entscheidung des Tribunals verweigerten.

Ob denn der Zeuge ein echter Amerikaner sei, möchte Ankläger Geoffrey
Nice zunächst wissen. James Jatras, Jurist, Ex-Diplomat und
langjähriger außenpolitischer Berater der Republikaner im US-Senat,
bestätigt vor dem Haager Gericht, dass er in den USA geboren und
aufgewachsen sei. Und wie sehe es denn mit seinem Vater aus - setzt
Geoffrey Nice nach. Sei der geborener Amerikaner? Ja, Vater und Mutter
wurden auch in den USA geboren, bestätigt der Zeuge. Jatars sagt nicht
von sich aus, dass der Vater ein hoch dekorierter Oberst der
US-Luftstreitkräfte und Militärattaché in Moskau war.
Und weiter, wie geht es weiter mit dem Familienstammbaum? - bohrt der
Ankläger, und siehe da: die Großeltern des Zeugen kommen aus
Griechenland!
Und dann möchte der Ankläger bitte noch wissen, welcher Konfession
James Jatras angehöre. Der griechisch-orthodoxen etwa?

Als das bestätigt wird, lehnt sich Geoffrey Nice zufrieden zurück.
Seine Botschaft an die Richter im Milosevic-Prozess ist klar: James
Jatras präsentiert sich zwar als Amerikaner, eigentlich aber ist er
orthodoxer Grieche und daher als Zeuge eines Serben zumindest dubios,
wenn nicht unglaubwürdig.

Dies alles geschieht am 9. September 2004, während der 289. Sitzung des
Tribunals gegen den Ex-Präsidenten Jugoslawiens. Die Videoaufnahme der
Vernehmung dieses zweiten Zeugen des Angeklagten ist noch immer nicht
freigegeben. "Mister Nice is not nice", kommentiert James Jatras später
seine Befragung.

Das Gericht erfüllt der Anklage ihren heißesten Wunsch

Wäre es vor einem US-Gericht denkbar, dass der Staatsanwalt die
Glaubwürdigkeit eines Zeugen zu erschüttern sucht, indem er dessen
ethnische Herkunft und Konfession ins Spiel bringt? Im Haager Tribunal
ist das möglich, ohne die Richter zu verärgern. Ein Gerichtshof, der
für sich in Anspruch nimmt, den ethnischen Wahn und dessen Verbrechen
zu verfolgen, lässt zu, dass ein Ankläger ungestört seine ethnischen
und konfessionellen Vorurteile zur Schau stellt. Unter anderen
Umständen würde sich vermutlich auch Geoffrey Nice einen solchen
Vernehmungsstil nicht erlauben, doch warum sollte er bei einem
Gerichtshof Zurückhaltung üben, der bisher viele Frivolitäten der
Anklage durchgehen ließ: Anwälte im Zeugenstand, fragwürdige
Video-Mitschnitte als Beweisstücke, Zeugenbefragungen per Video, jede
Menge an geschützten Zeugen und geschlossenen Sitzungen, die einen
Großteil des Verfahrens vor der Öffentlichkeit verborgen hielten.

Nun also erfüllte das Gericht am 2. September der Staatsanwaltschaft
ihren heißesten Wunsch und entzog Milosevic das Recht, sich selbst zu
verteidigen.
Mehrmals hatte Chefanklägerin Carla del Ponte während der ersten Runde
des Prozesses verlangt, dem Angeklagten Pflichtverteidiger zu
verordnen, da er politische Reden halte und das Verfahren sabotiere -
und jedes Mal hatten das die Richter mit geradezu pathetischen
Begründungen abgelehnt: Das Recht, sich selbst zu verteidigen, sei ein
fundamentales Menschenrecht und deshalb in den Statuten des Tribunals
verankert.

Aber ausgerechnet in einer Prozessphase, da Milosevic seine Zeugen
präsentiert, werden ihm Pflichtverteidiger mit der Begründung
verordnet: Er sei zu krank, um weiter Anwalt in eigener Sache zu sein.
Daher müssten die bisherigen Prozessbeobachter Steven Kay und Gillian
Higgins für einen fairen Prozess sorgen, indem sie seine Verteidigung
übernehmen. Richter Kwon meinte allen Ernstes, es wäre
selbstmörderisch, würde sich der Angeklagte weiter selbst verteidigen.
Schließlich sei man auch verpflichtet, einen
Selbstmörder daran zu hindern, Hand an sich zu legen.

Dass sich Slobodan Milosevic nicht in einem engen strafrechtlichen
Sinne verteidigt, mag zutreffen, obgleich auch in juristischer Hinsicht
seine Befragung von Zeugen der Anklage durchaus überzeugen konnte.
Andererseits hat der Angeklagte eine Verteidigung in einem rein
strafrechtlichen Sinne bisher immer abgelehnt, was sein - international
verbürgtes - Recht ist. Milosevic erkennt das Tribunal nicht an und hat
mehrfach erklärt, die Prozesstribüne nutzen zu wollen, um in aller
Öffentlichkeit seine Sicht vom Zerfall Jugoslawiens kundzutun. Worin
also bestehen die Motive der Richter, dem Angeklagten plötzlich zwei
Pflichtverteidiger zu verordnen? Sorgen sie sich um Milosevics
Gesundheit - oder um die Wirkung seiner Beweisführung durch Zeugen und
Dokumente?

Womit das Gericht bei seinem Entschluss ganz gewiss nicht gerechnet
hat, das ist der jäh ausgebrochene "Aufstand der Zeugen". Der vom
Ankläger Geoffrey Nice ethnisch taxierte James Jatras war der zweite
und vorletzte von bislang 23 Vorgeladenen. Als ehemaliger
außenpolitischer Berater des US-Senats hatte er Verwicklungen der
Clinton-Administration in Waffenlieferungen aus dem Iran an die
bosnischen Muslime sowie die Rolle der CIA bei der Teilnahme von
Mudschaheddin am Bürgerkrieg in Bosnien bezeugt, die heute mit al Qaida
in Verbindung gebracht werden. Jatras zitierte Dokumente, wonach die
damalige US-Regierung schon im August 1998 - sieben Monate vor Beginn
der NATO-Luftangriffe - den "ultimativen Beschluss" gefasst hatte,
wegen des Kosovo-Konflikts gegen Jugoslawien militärisch vorzugehen,
sobald sich dafür ein Vorwand bieten sollte.

Der dritte und bislang letzte Zeuge der Verteidigung war der kanadische
Historiker Roland Keith, der zu Protokoll gab, als Leiter einer
OSZE-Mission im Kosovo 1998/99 sei er auf kooperative jugoslawische
Militärs gestoßen, die sein Inspektoren-Team nicht behinderten.
Nirgendwo habe er ernsthafte Übergriffe der jugoslawischen Armee
wahrnehmen können, während die albanische UÇK durch Angriffe auf
Polizeipatrouillen die Lage destabilisiert habe, um harte Reaktionen
des Westens zu provozieren. Zu einer "humanitären Katastrophe" - so
Keith - sei es im Kosovo erst gekommen, als die NATO ab Ende März 1999
mit ihren Bombardierungen begann.

Weitere Zeugen gab es nicht. Wie Pflichtverteidiger Steven Kay bekannt
gab, wollten die Vorgeladenen erst dann vor Gericht erscheinen, sobald
der Angeklagte wieder das Recht habe, sich selbst zu verteidigen. James
Bissett, früher Botschafter Kanadas in Belgrad, sprach in einem Brief
an die Pflichtverteidiger gar von einem "Schauprozess" - er wolle als
Zeuge nicht an dieser "Pervertierung des Rechtes" beteiligt sein. Und
George Kenney, früherer Balkan-Experte im State Department, ließ
wissen, für ihn sei Milosevic nicht schuldig im Sinne der Anklage, doch
müsse er sich unter den gegebenen Umständen als Zeuge in dieser Sache
verweigern. Eine Entscheidung, wie sie inzwischen 260 der von der
Verteidigung benannten Persönlichkeiten teilen. Nur Yves Bonnet,
ehemaliger Chef des französischen Geheimdienstes, teilte mit: Er werde
aussagen und zwar zugunsten des Angeklagten. Er wisse, Milosevic sei
nicht für die Kriegshandlungen seinerzeit in Bosnien verantwortlich zu
machen, da die bosnischen Serben nicht unter seinem Kommando standen.

Auf die epidemische Zeugenverweigerung hatte Richter Robinson Anfang
September zunächst mit einer Suspendierung des Verfahrens für vier
Wochen reagiert, woraufhin Pflichtverteidiger Steven Kay einen
Kompromiss ins Gespräch brachte. Danach sollte Milosevic das Recht
zugestanden werden, jeweils als erster die Zeugen zu befragen, während
die Pflichtverteidiger gewissermaßen als Standby-Anwälte verfügbar
blieben - für das Gericht ein inakzeptables Verfahren. Dieses Votum
wiederum ließ Kay den Antrag stellen, von seinem Amt entbunden zu
werden.

Am 29. September schließlich teilten die Richter schriftlich mit, das
Recht auf Selbstverteidigung des Angeklagten sei dem Recht auf einen
fairen Prozess untergeordnet. Sollte Milosevic weiterhin jede
Kooperation mit den Pflichtverteidigern ablehnen, könnte die
Fortsetzung der Beweisaufnahme zur Disposition stehen. Steven Kay
konterte noch einmal, es gebe einen prinzipiellen Widerspruch im
Verhalten der Richter - einerseits werde der Angeklagte für zu krank
erklärt, um sich selbst verteidigen zu können, andererseits sei er
gesund genug, um als verhandlungsfähig zu gelten.

Milosevic wird verurteilt, ist Chefanklägerin del Ponte überzeugt

Für jeden unvoreingenommenen Beobachter steht außer Zweifel, dass es
mit dem Milosevic-Prozess vorzugsweise darum geht, die Deutungshoheit
über das Zerbrechen der jugoslawischen Föderation zwischen 1991 und
1999 zu sichern. Im vorherrschenden Geschichtsbild ist für den
ehemaligen Präsident Jugoslawiens der Part eines Verschwörers
reserviert, dessen "joint criminal enterprise" darauf gerichtet war,
durch Krieg und Vertreibung einen "großserbischen Staat" erstehen zu
lassen. Bei einem Schuldspruch würden dieses Muster und damit auch der
NATO-Luftkrieg von 1999 strafrechtlich legitimiert. Jene Intervention,
von der es hieß, sie sei zwar völkerrechtlich illegal, aus humanitären
Gründen aber legitim gewesen.

Milosevic seinerseits sieht bekanntermaßen gleichfalls eine
Verschwörung am Werk, allerdings eine zur Zerstörung Jugoslawiens, die
hauptsächlich von der Bundesrepublik Deutschland, dem Vatikan und
später den USA betrieben worden sei. Dass es in den jugoslawischen
Kriegen zu fürchterlichen Verbrechen kam, bestreitet er nicht, wohl
aber die eigene politische Verantwortung für die 1991 mit teilweise
barbarischen Konsequenzen einsetzende Sezession.

In einem Zeitungsinterview gab sich Chefanklägerein Carla del Ponte
jüngst siegessicher: "Milosevic wird schuldig gesprochen und
verurteilt." Die "politischen Elemente" seiner Verteidigung könnten die
entscheidenden Punkte ihrer Anklage nicht erschüttern.

Diese Gewissheit wirft freilich die Frage auf, warum lässt man den
Angeklagten dann nicht diese Elemente präsentieren? Geoffrey Nice
machte jedenfalls kein Hehl aus seiner Genugtuung, dass die
Entscheidung über die Pflichtverteidiger für Milosevic die Möglichkeit
einschränken werde, "das Tribunal als politische Plattform zu
benutzen". Dieser Beschluss fiel übrigens, nachdem der Angeklagte im
Eröffnungsplädoyer zu seiner Verteidigung angekündigt hatte,
verschiedene westliche Führer wie Ex-Präsident Clinton und den
britischen Premier Blair als Zeugen laden zu wollen.

Soweit wird es nicht kommen, denn offenbar soll auch das geringste
Risiko vermieden werden. So könnte der "Prozess des Jahrhunderts" unter
Umständen auch ohne die Zeugen des Angeklagten fortgeführt und zu Ende
gebracht werden. Schließlich habe Milosevic "kein exklusives Recht" auf
ein faires Verfahren, meint Judith Armatta von der Coalition for
International Justice.


Der Autor verfolgt den Prozess für mehrere Zeitungen in den
Niederlanden.


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E N D E