Informazione

Sul carattere della UE e le illusioni della sinistra

http://www.resistenze.org/sito/os/ep/osep4m06.htm
www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società -
06-11-04

da www.solidnet.org

CP Boemia e Moravia. Conferenza delle sinistre a Roma
Fonte: PC Boemia e Moravia, 29 Ottobre 2004
http://www.kscm.cz, mailto:leftnews@ kscm.cz

Conferenza Internazionale dei Partiti della Sinistra Europea

Discorso del compagno V. Exner, Vicepresidente del PC di Boemia e
Moravia della Repubblica Ceca. Roma, 24 Ottobre 2004.


Il Partito Comunista di Boemia e Moravia ha espresso le proprie riserve
sulla “Bozza di Trattato per istituire la Costituzione Europea” fin
dall’inizio. La “Bozza di Trattato” contiene significativi
trasferimenti di competenze dai governi nazionali all’UE. Secondo
alcuni articoli, la sovranità sarebbe limitata praticamente alle aree
dei servizi alla salute, istruzione, cultura e sfere municipali. In
più, gli articoli permettono interferenze esterne nel sistema politico
ed economico nazionale. Mentre diminuisce  la sovranità degli stati
nazionali, si rinforza la centralizzazione delle decisioni, facendo
ricorso a varie forme di maggioranza.

La “Bozza di Trattato”, che assicura che sia mantenuto l’attuale
sistema politico UE secondo il modello originale dei “Quindici”, crea
perplessità sui principi connessi all’orientamento sociale, agli
standard del minimo sociale comune, alla pubblica tutela per assicurare
l’esistenza.

Con un rafforzamento della Sinistra perseguiamo la via del futuro
sviluppo dell’Europa e della sua organizzazione.

Nel preambolo del trattato l’UE è presentata come rappresentante
dell’intera Europa. Ma non è così, se cerca una posizione da
superpotenza e il ruolo - per noi non accettabile - di competitore
degli USA nel dominio del Mondo. Nel trattato si fa riferimento
all’Europa come portatrice di civiltà, senza menzionare altre culture.
Noi sosteniamo proposte tendenti ad assicurare eguale status a tutti i
paesi membri dell’UE, includendo la loro partecipazione a tutti i
livelli comunitari, per far sì che i paesi con una bassa quantità di
popolazione non siano in minoranza nelle questioni che li riguardano.

Non concordiamo nemmeno con l’UE che si muove verso un aumento del
settore militare, verso l’unificazione della politica estera e della
sicurezza, l’esclusione del Parlamento europeo dalle decisioni
riguardanti le questioni militari. Politiche che per molti paesi
membri, inclusa la Repubblica Ceca, fanno parte delle decisioni del
Parlamento Nazionale.

Ci sforziamo di completare e rendere esplicitamente obbligatoria  la
parte della II della Carta dei Diritti, con i patti internazionali sui
diritti civili e politici. Siamo di fronte alla possibilità di
discriminazioni per l’impegno politico. L’assunzione della Carta dei
Diritti Fondamentali è presentata come un raggiungimento, mentre questa
carta contempla meno diritti di quanti siano già compresi in molte
costituzioni borghesi degli stessi paesi membri e della Convenzione
Europea dei Diritti Umani. Sono riconosciuti soprattutto i  diritti per
i proprietari e i datori di lavoro.

In breve possiamo dire che la Bozza di Trattato serve a rinforzare il
possibile adattamento delle istituzioni UE secondo gli intenti
capitalistici della globalizzazione mentre non porta alcun
miglioramento per la maggioranza della popolazione dei paesi membri
dell’UE e assolutamente nessuno per i cittadini europei. La Bozza di
Trattato conferma il carattere burocratico dell’UE.

Il PC di Boemia e Moravia approva una nuova e più lucida riforma
dell’UE ma non su questa via; e potrebbe essere soddisfatto solo da
cambiamenti sostanziali.

La militarizzazione dell’UE è parte integrale dell’intero trattato, e
gli stessi requisiti sono trasferiti ai paesi membri. Lo scopo è un
interventismo militare sia con la Nato, sia in modo indipendente
secondo le autonome decisione delle istituzioni europee. L’art. I-41,
riferito all’organizzazione europea della Difesa, promuove l’industria
militare attraverso l’Agenzia Europea della Difesa e illustra lo
sviluppo del settore bellico.

Nell’ Art I-43 la dottrina della guerra preventiva è sottoposta a
“clausola di solidarietà”, espressione che suona pacifica ma che nei
fatti sarà drastica e dannosa, poiché gli stati membri saranno
richiesti di azioni comuni per prevenire minacce terroristiche e
proteggere l’istituzione democratica da ogni possibile attacco (il che
può portare all’intervento armato anche su un sospetto di terrorismo,
inclusi possibili interventi negli stati membri).

L’Art.I-6 dichiara che “la Costituzione e la legge adottata dalle
istituzioni in esercizio competente dell’Unione, sanciscono che questa
debba avere il primato sulla legge degli Stati Membri” Così può
intervenire in tutto ciò che si può dire progressista  o servire
potenzialmente al progresso sociale. Una maggioranza qualificata del
Parlamento Europeo può questionare la violazione dei valori europei da
parte di uno stato membro, con l’ammenda della sospensione dei diritti.

Noi pensiamo che la Bozza debba acquisire sostanziali contenuti di
classe a livello nazionale ed europeo. Pur rifiutandola nel suo
assunto, sosteniamo azioni volte allo scopo di:
*difendere i diritti democratici e dei lavoratori
*lottare contro lo stato-polizia
*opporsi alla militarizzazione, elemento dell’ordine imperialista del
mondo
*difendere il diritto dei popoli ad autodeterminare il loro sviluppo e
la loro sovranità
*sostenere la socializzazione dell’Europa e lottare contro
l’imperialismo in Europa e nel Mondo

Infine una nota sull’Art. aggiuntivo 8, riferito ai simboli. Pensiamo
che la memoria collettiva sia scippata dell’anniversario della vittoria
antifascista, del ruolo decisivo dell’URSS, dei movimenti di resistenza
e del ruolo guida dei comunisti. Chiediamo la celebrazione del 60°
anniversario della vittoria sul nazi-fascismo nella II° Guerra Mondiale.


L’allargamento dell’UE: conseguenze nazionali e internazionali della
rappresentanza ceca nell’Unione Europea

Discorso del capo Dipartimento di Relazioni Estere del PC BM, H. Charfo


L’accordo tra l’Associazione della Repubblica Ceca e la Comunità
Europea ha aperto il mercato ceco ad una competizione ineguale e le ha
tolto gli strumenti necessari a proteggere le proprie industrie e
l’agricoltura. Ciò è successo quando, con la dissoluzione del Comecon,
la RC ha perso i propri mercati negli ex paesi socialisti e, in seguito
a politiche mirate dei governi di destra, i suoi partner tradizionali
nei paesi in via di sviluppo.

La privatizzazione e la restituzione delle proprietà statali ai
precedenti proprietari ha portato al fallimento di grandi imprese
agricole e industriali. Inevitabilmente essi erano stati sostituiti in
alcuni casi da unità produttive no profit. La privatizzazione si è
anche basata sul credito; tutto ciò ha portato al collasso delle nostre
tradizionali grandi imprese, e conseguentemente ha portato alla
crescita della disoccupazione, che oggi è all’11% e in alcune regioni
al 20%. Il culto miope dello strumento del mercato che i governi di
destra hanno fatto passare, hanno solo reso l’economia ceca più
arretrata e destrutturata.

Unirsi all’UE in un momento di così grande debolezza, porterà
ulteriori deformazioni alla nostra economia, distruggendo quanto è
rimasto dell’industria Ceca, trasformando i  nostri impianti
manifatturieri  in impianti di assemblaggio e incrementando
disoccupazione, povertà, e arretratezza. I nuovi membri dell’UE non
possono beneficiare dei fondi agricoli e di ristrutturazione allo
stesso modo dei vecchi membri.

La continuazione della privatizzazione, con la vendita delle società
alle corporation transnazionali porterà ad una perdita totale di ogni
controllo dello stato sui prezzi. Oggi in effetti assistiamo ad un
aumento del costo di molti servizi e prodotti, che era già cresciuto e
ora cresce   ancora, come risultato delle basse ‘quote’ imposte da
Bruxelles e dall’aumento delle importazioni da paesi esterni
all’Europa. Con la crescita della disoccupazione e l’aumento dei
prezzi, i redditi della popolazione non possono certo migliorare, e la
povertà e lo scontento si approfondiscono.

La posizione del 5° congresso, del PC BM, Dicembre 1999, era che il
partito non rifiutava l’integrazione ma ora rifiuta l’attuale forma
burocratica e non democratica dell’UE. La forma dell’UE è peggiorata
dal 1999. Anche il presidente Klaus ha ammesso pubblicamente
l’ingiustizia degli accordi associativi dell’UE e degli stessi
responsabili di questa; invece di portare la nostra economia allo
stesso piano di quella dell’UE, gli accordi hanno contribuito a far
diventare la RC economicamente e socialmente arretrata. Al summit di
Nizza, tenuto l’8-10 dicembre 2000, il sistema di voto venne cambiato,
gli stati più grandi guadagnarono maggior potere di voto nel decisivo
Consiglio dei Ministri. In seguito a questo cambiamento, la Germania e
altri degli stati più grandi, UK, Francia, Italia, possono bloccare
ogni decisione del Consiglio. Con questo sistema di votazione la RC non
ha più alcuna possibilità di influenzare o cambiare nulla. E la nuova
Costituzione UE conferma solo questa tendenza.  

I termini dell’accesso all’UE  firmati a Copenhagen dalla coalizione
di governo non garantiscono  che la RC si svilupperà in linea con gli
altri membri europei. Se noi non ci fossimo uniti all’Europa nel 2004,
il fattore tempo sarebbe stato dalla nostra parte, dal momento che per
la contingenza di debolezza economica che viviamo, non avremmo dovuto
osservare le quote ristrette nell’agricoltura, nell’industria e nel
commercio estero che sono state fissate dall’UE. Se non ci fossimo
uniti all’UE nel 2004, noi avremmo almeno conservato la possibilità di
salvare un po’ del nostro mercato interno. Mentre l’atteso aiuto
finanziario UE non compenserà le perdite economiche e sociali che sono
emerse come risultato dell’aperta competizione e dall’osservanza delle
quote ristrette.

Se il nostro partito avesse accettato di unirsi nel 2004 all’UE in
questi termini, avremmo potuto correre irresponsabilmente un rischio
politico che ci avrebbe potato a perdere la fiducia degli elettori nel
partito. Nessuno può manovrare così lontano e mostrare che la
situazione economica e sociale della repubblica Ceca si svilupperà dopo
l’entrata nell’UE; quasi all’opposto, gli sviluppi in questo breve
periodo hanno mostrato che gli standard di vita della grande
maggioranza della nazione diminuiranno. Il risultato del referendum per
l’entrata della R Ceca nell’UE è una responsabilità politica di quei
partiti che hanno votato a favore dall’accesso accelerato all’UE; il
fatto che il PC BM abbia raccomandato al popolo di votare contro
l’ingresso nell’UE significa che non ha fatto questo incorreggibile
errore.

Se non ci fossimo uniti all’UE nel 2004, non avrebbe voluto dire che
ci saremmo trovati isolati ma che avremmo potuto continuare la nostra
cooperazione economica con l’UE e anche con gli altri stati, e che
saremmo andati a preparare un’integrazione europea basata
sull’eguaglianza e il mutuo beneficio. Tutta la nostra strategia di
accesso in UE è stata errata, perché era basata sulla priorità della
corsa della RC nell’UE. Una simile strategia non poteva portare a
giusti accordi per una partecipazione in termini soddisfacenti dei
cechi nell’Unione.

I membri dell’UE hanno dato alle compagnie transnazionali le maggiori
opportunità di muovere i bene i loro capitali e di gestirli. Possiamo
anche vedere come queste compagnie transnazionali minaccino i
lavoratori in Francia, Germania, Spagna e ovunque siano richiesti
salari più alti: “tu vuoi scioperare, così noi ti chiudiamo gli
impianti e li riapriamo da qualche altra parte”. Nei paesi avanzati le
maggiori opportunità sono state create per intensificare lo
sfruttamento e il ricatto dei lavoratori. I lavoratori dell’Ovest, al
tempo del mondo bipolare, spuntarono un miglior standard di vita e
diritti sindacali grazie a un movimento sindacale di alta qualità e ben
organizzato e anche all’esistenza di una comunità socialista europea;
non per merito dell’UE .

Molto dipende da come, con quali accordi, noi entriamo nell’UE. Con
eque opportunità la Sinistra avrebbe la possibilità di rafforzare la
sua posizione; entrare alle attuali condizioni esporrebbe la Sinistra a
rischi. Le conseguenze dell’accesso del Partito Comunista di
Slovacchia, che ha votato per l’adesione all’UE, sono un chiaro esempio.

La questione è se, nella data situazione, per la Sinistra sia
possibile cambiare il carattere dell’UE dall’interno a favore dei
lavoratori. La risposta è chiara. L’idea che il carattere dell’UE possa
essere cambiato dall’interno dato l’attuale bilanciamento di forze a
vantaggio dei lavoratori è un’illusione irrealizzabile. Cito i fatti.
Ci sono 732 membri nel Parlamento Europeo, ma i parlamentari che
appartengono alla Sinistra Unita Europea/ Verdi Nordici di Sinistra
sono solo 41. La Repubblica Ceca ha in Parlamento 24 membri; nelle
elezioni europee  il PC BM ha conquistato il 25% degli stati della RC.
Anche se il PC BM ha aggiunto i suoi 6 parlamentari al gruppo della
Sinistra europea, i rappresentanti dei gruppi di Destra e
Socialdemocratici nel Parlamento Europeo sono cresciuti di 18 con
l’apporto della RC. E’ un’illusione pensare che la Sinistra sarebbe più
forte e più influente  in conseguenza dell’entrata nell’UE.  Nell’UE il
quadro delle forze politiche dei nuovi stati membri, esclusa Cipro, è
sbilanciato in favore della Destra. Nessun Partito Comunista dei nuovi
paesi membri è rappresentato nel Parlamento Europeo.

I primi paesi membri dell’UE stanno considerando di introdurre
cambiamenti amministrativi per prevenire un influsso laburista dai
nuovi stati. Queste misure devono essere percepite non solo dai partiti
fratelli dei paesi che hanno aderito per primi all’UE ma anche dai loro
sindacalisti, che certamente vogliono difendere gli interessi dei loro
stessi lavoratori. E’ difficile sollevarsi quando il periodo di
preparazione dei rappresentanti UE non è usato per assicurare che il
livello sociale e economico dei nuovi membri sia sollevato a quello dei
vecchi membri.

Un’altra illusione è pensare che l’Europa possa essere un contrappeso
all’egemonia US, se la Nato è controllata dagli USA e dai membri
dell’UE che sono membri della Nato. E’ necessario notare
l’approfondimento del processo di militarizzazione dell’UE: si stanno
creando forze di rapido intervento europee, capaci di intervenite dove,
per motivi tattici o politici, la Nato non può esporsi direttamente.
Solana ha sottolineato più volte la compatibilità politica e operativa
di queste unità con la Nato. L’indipendenza dell’Europa dalla politica
egemonica US può essere assicurata solo se si archivia questo patto
militare come un residuato del mondo bipolare, o se i membri europei si
ritirano dalle strutture militari Nato. Questo è il requisito
prioritario per l’indipendenza e la sicurezza europea e anche una
fondamentale necessità per assicurare la pace nel mondo.

Traduzione dall'inglese di Bf

[ La guerra mondiale per l'acqua e' cominciata - in Kosmet! Lo sostiene
la prof. M. Andjelkovic Lukic nell'articolo che riportiamo di seguito,
e che speriamo di poter presto proporre anche in lingua italiana. ]


http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2004-11-10.html

SVETSKI RAT ZA VODU JE POCEO NA KOSMETU

OGLEDALO
20. oktobar 2004. god.

Dr Mirjana Andelkovic Lukic
Clan Beogradskog odbora
Srpskog narodnog pokreta SVETOZAR MILETIC


Proizvodnja vezana za hemijsku industriju spada u tzv. ''prljave''
tehnologije, jer se u otpadnim vodama cesto nalaze štetne i otrovne
hemikalije poput fenola, benzola, toluola, bifenila, teških metala,
olova, arsena žive, mangana, raznih kiselina, alkalija i drugih štetnih
jedinjenja.

S obzirom na sve strožije zahteve za kvalitet otpadnih voda koje se
ispuštaju u slobodne vodotokove-reke, ukazuje se potreba za delotvornim
i ekonomicnim odstranjivanjem rastvorenih ili emulgovanih otpalih
hemikalija. Suspendovane i emulgovane organske materije mogu se iz
otpadnih voda ukloniti taloženjem, flokulacijom, ili filtracijom, za
šta postoje razlicite tehnike bazirane na apsorpciji na aktivnom uglju,
oksidaciji ozonom, vodonikperoksidom, ekstrakciji tecnim rastvaracima
ili biološkom tretmanu. Ove prerade otpadnih voda su vrlo skupe cak i
za bogate zemlje, te otuda one plasiraju svoju prljavu tehnologiju u
siromašne zemlje, cime se zagaduje vazduh, voda i tle. Da li se i nama
sprema slicna sudbina?

U siromašnim zemljama, vode su mnogo ugroženije nego u bogatim, jer je
precišcavanje i kontrola otpadnih voda skup tehnološki postupak. Cena
postupka precišcavanja otpadnih voda u jednoj fabrici papira, napr., u
kojoj se papir proizvodi po sulfitnom postupku, skoro je jednaka ceni
cele fabrike.

Srbija je bogata vodama. Od 145 zemalja sveta, ona zauzima 45 mesto po
bogatsvu vode. Okružena je visokim planinama i poseduje na hiljade
potoka i reka sa cistom vodom. Izvorišta ciste vode se nalaze ispod
svih planina: Strešera, Kopaonika, Zlatibora, Tare, i mnogih drugih.
Nema planine u Srbiji na kojoj ne žubore potoci ciste planinske vode.

Kosmet je naša pokrajina koja je izuzetno bogata raznim rudnim
bogatstvima, pocev od procenjenih 17 milijardi tona kvalitetnog
lignita, pa preko rudnika Trepce, koji je na trecem mestu u svetu po
bogatstvu olovno-cinkane rude, koja sadrži zlato i srebro, a uz te
metale nalaze se i mnogi retki metali koji su neophodni za savremene
tehnologije. Najverovatnije da ispod ležišta uglja ima i nafte.
Amerikanci uglavnom znaju šta se sve krije u nedrima pitome
kosovsko-metohijske visoravni. Njihovi sateliti snimaju svaki pedalj
zemljine kugle posebnim tehnikama baziranim na infracrvenom zracenju,
tako da na osnovu IC spektra procenjuju eventualna nalazišta u svakoj
zemlji na svetu. Oni smatraju da je bogatstvo neke zemlje, posebno
ukoliko je ona mala i siromašna, njihovo, jer je to cista slucajnost
što se to bogatstvo našlo na baš toj teritoriji. Stoga nije slucajno
Madlen Olbrajt nešto slicno vec rekla Rusima aludirajuci na njihovo
siromaštvo i da je cista slucajnost da se neprocenjiva rudna nalazišta
Sibira, vode, šume, nalaze na njihovoj teritoriji.

Nesumnjivo je da uz sva ta bogatstva Kosmet ima i izuzetno znacajan i
povoljan strategijski položaj, a uz sve to poseduje izvore vode koji ce
u buducnosti biti resurs za ucene i trgovine. Kosmet je okružen
najvecim planinskim masivima Balkana, koje sacinjavaju Šar-Planina,
Prokletije, Golija, Kopaonik, Mokra Gora. Sa ovih se planina veliki
broj reka, recica i potoka sliva prema Lepencu, Drimu, Ibru, Labu,
Binickoj Moravi. Ovaj resurs na Kosmetu je veoma znacajan i fokusirao
je interes medunarodnog kapitala za ovo podrucje. Vec se uveliko
planira izgradnja velike termocentrale na Kosmetu, a kao energent ce se
koristiti ugalj. Nama dim i smog, njima cista energija.

U svakom slucaju onaj ko upravlja ovim prostorom, može u buduce da
racuna na veliki profit. Usled promene klime, globalnog zagrevanja i
topljenja lednika na polovima, dolazi do promene klime. Naš klimatski
kontinentalni pojas polako postaje suptropski, što više nije samo
statisticki podatak klimatologa, vec ocigledno povecanje dnevne
temperature u toku proleca i leta, koje sve više osecamo. Polako
ulazimo u klimu sa samo dva godišnja doba: vrelim letom i hladnom zimom.

Svetska Konferencija za ocuvanje prirodnih resursa u organizaciji
Rojters fondacije u Londonu 1994 god. je proglasila predeo Plitvickih
jezera i delove Kosmeta za važne regije u snabdevanju Evrope cistom
pijacom vodom.

Do 2020 godine temperatura na zemlji ce porasti u proseku za 6 do 10°S
što ce ugroziti opstanak dela covecanstva, ali i nekih životinjskih i
biljnih vrsta. Predvida se da ce u severnim delovima Evrope i na
Britanskim ostrvima doci do pojacanog ledenog efekta, nešto kao mini
ledeno doba, južni i istocni deo Evrope bice predeli sa pustinjama i
tropskom klimom, dok ce izuzetak biti severni delovi Makedonije,
centralne Bugarske i cela teritorija SCG, koje ce imati suptropsku
klimu. I ono što je u ovoj katastroficnoj prici veoma znacajno, taj deo
Evrope ce jedini imati dovoljno izvora sveže i pijace vode.

Za ovo stanje nedostatka vode u svetu, vec se prave strategije
delovanja. Tako je 1992 godine u Rio de Žaneiru održan ''Samit o
Zemlji''u organizaciji UNCED-a (Konferencija UN o životnoj sredini i
razvoju). Na završnoj sednici donet je dokument 21 juna pod nazivom
''Agenda 21'' i u njemu se prvi put zvanicno najavljuje globalno
integrisani menadment vodnih resursa. Zakljucci doneti na toj
Konferenciji sadrže pravce delovanja i proglašeni su zadatkom od
izuzetne važnosti. Dva znacajna zakljucka, koji se ticu i nas, su:

1. za ocuvanje cistoce vode, potrebno je obezbediti multidisciplinarne
timove, koji ce prevladati ogranicenja lokalnih struktura vlasti i
prevazici koncept suverenosti države,

2. voda ima ekonomsku vrednost, samim tim treba da dobije i
odgovarajucu cenu, bez obzira na oblik ili svrhu korišcenja.

U ovim dvema izdvojenim tackama iz ''Agende 21'' naslucuje se da se
siromašnim zemljama onemogucuje raspolaganje vlastitim resursima i da
se govori o prevazilaženju koncepta suverenosti, što se u govorima
svetskih mocnika sve više cuje. Sve rede se govori o državi i njenim
suverenim pravima, a sve više se pominju teritorije, odnosno regioni. I
naša zemlja spada u ''regione'', ali bogate vodom, te je zato potrebno
da se odvoji od svojih izvorišta.

Voda je opšte dobro svih ljudi na ovoj planeti. Bez vode nema života na
zemlji. Nafta može da se zameni drugim energentima, ali voda se nicim
ne može da zameni.

Sveža nezagadena voda je ogranicena i lako ranjiva prirodna sirovina,
neophodna za život ljudi, životinja i biljaka, za ocuvanje sredine, za
industrijsku i poljoprivrednu proizvodnju. U novoj podeli finansijske
moci i snaga, kada je suverenost neke države ''prevaziden koncept'',
njena teritorija, izvorišta vode, ili rudna bogatstva, proglašavaju se
resursima od nacionalnog interesa velikih sila. Teritorija, na kojoj se
nalaze izvorišta kvalitetne vode i velika rudna bogatstva, nafta,
brutalno se destabilizuje i osvaja ratom. Rat za vodu je u svojoj
vojnoj fazi poceo bombardovanjem naših prostora osiromašenim uranom.,
koji zagaduje podzemne vode za period od 4 milijarde godina, koliko
traje period poluraspada urana 238.

U našoj zemlji je aktuelna privatizacija svega što je isplativo i što
dobro posluje. Tako se privatizuju (a zapravo prodaju za po 10 ili 15
puta jeftinije) dobra profitabilna preduzeca. Velika je buka podignuta
oko prodaje vode ''Knjaz Miloš'', ali nikako da se sa prodajom svi
usaglase. Svako bi hteo da profitira: oni koji kupuju da kupe jeftino,
a oni koji prodaju, da prodaju što skuplje. Država se tu pojavljuje
samo kao strana koja jedva ceka da sve to lepo raskrcmi, da nešto stavi
u budžet, i da se neki procenat slije u neciji džep (jer i to je u
skladu sa zapadnim nacinom poslovanja). O dugorocnim interesima zemlje
i njenog stanovništva, sa aspekta zdravlja ljudi, ovde niko ne vodi
racuna. Prodavanje vlastitih izvorišta zdrave vode je nepopraviva
šteta. Kad je u pitanju voda, država bi morala da zaštiti svoje izvore,
jer to je u njenom interesu, ali i u interesu njenog stanovništva.
Država bi morala da nade nacina da ostane vecinski vlasnik preduzeca od
nacionalnog interesa, posebno kad su u pitanju rudna bogatstva i izvori
ciste pitke vode. Da ne dodemo u situaciju kad cemo pored naše vode da
budemo žedni, ili da pijemo skupu, a našu vodu, ili što je najgore, da
pijemo lošu, hemijski i biološki neispravnu vodu.

U tacki 1 gornje Agende se pominju multidisciplinarni timovi za
ocuvanje cistoce vode, ali na medunarodnom nivou. To znaci da ce
siromašne zemlje, poput naše, zbog nedostatka novca, dozvoljavati da
njenim vodenim izvorima komanduju neke multinacionalne kompanije koje
ce svaki izvor zdrave vode proglasiti svojim interesom.

Voda je ranjiv i osetljiv biološki sistem. Lako se zagaduje, a teško i
mukotrpno oporavlja. Voda nije dobro koje je neuništivo i koje može da
traje u beskraj. Voda je život.

Rat za vodu je vec poceo u Evropi, i to nažalost na našim prostorima,
na Kosmetu.

(francais / italiano)

Il Kosmet dopo le elezioni

"...Rugova e' nato il 2 dicembre 1944 nel villaggio di Crnce d'Iskod,
nel Kosovo occidentale, da una famiglia benestante di piccoli
proprietari terrieri. Il padre, albanese della regione di Pec, e il
nonno furono vittime dei partigiani comunisti" (SIC - fonte: ANSA)

1. Segnalazioni articoli di Osservatorio Balcani

2. Dispacci ANSA

3. En francais


=== 1 ===

Segnalazioni articoli di Osservatorio Balcani

NOTA: Osservatorio Balcani "è un progetto della Fondazione Opera
Campana dei Caduti di Rovereto, con il sostegno del Forum Trentino per
la Pace ed il supporto della Provincia Autonoma di Trento e del Comune
di Rovereto. Si occupa di fornire un’informazione costante sul sud-est
Europa e di sostenere l’azione nell’area di associazioni, ONG ed enti
locali attivi nella cooperazione e nella diplomazia popolare. Oggi una
parte importante del nostro lavoro è sostenuto dal Ministero degli
Affari Esteri, nel quadro della legge 84 che regola gli interventi di
cooperazione italiana nell’area balcanica..." (A. Rossini, su:
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3582/1/51/ )

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UE verso il Kossovo: ma senza strategia

18.10.2004 scrive Željko Cvijanović
Se Bruxelles mira a sostituire le Nazioni Unite nel protettorato, deve
innanzitutto rendere più univoca e significativa la propria attuale
presenza in Kossovo. Un articolo di Markus Bickel, redatto per IWPR e
tradotto a cura di Osservatorio sui Balcani.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3520/1/51/

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Kossovo: le elezioni viste dal basso

21.10.2004 scrive Davide Sighele
Oramai ci siamo. Sabato i kossovari si recheranno alle urne per
eleggere la nuova Assemblea. Per il Rappresentante Speciale Jessen
Petersen è l’appuntamento più importante della recente storia del
Kossovo. Una breve intervista a Agron Kaliqani, collaboratore del
Tavolo Trentino con il Kossovo a Pec/Peja

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3538/1/51/

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Elezioni in Kosovo, pronti al via

21.10.2004 scrive Luka Zanoni
Terminata la campagna elettorale, non senza polemiche, il Kosovo si
avvicina al giorno delle elezioni. Sabato 23 ottobre, quasi un milione
e mezzo di elettori si recherà alle urne. Un aggiornamento alla vigilia
delle elezioni

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3544/1/51/

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Elezioni in Kosovo: bassa affluenza, assenti i serbi

25.10.2004 - La seconda tornata elettorale per il Parlamento kosovaro
si è conclusa sabato 23 ottobre. Piuttosto bassa l’affluenza alle urne,
praticamente assente per la comunità serba. Elezioni che sembrano
cambiare poco e confermare lo status quo politico e sociale della
provincia.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3553/1/51/

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Tirana commenta le elezioni in Kossovo

25.10.2004 scrive Artan Puto
Elezioni senza incidenti, vittoria di Ibrahim Rugova, boicottaggio dei
serbi ed affermazione oltre le aspettative del magnate dell’editoria
kossovara Veton Surroi. Sono gli elementi messi in risalto dai
quotidiani principali dell’Albania, sempre attenti alle vicende che
coinvolgono i “cugini” kossovari.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3552/1/51/

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Kossovo: oltre al governo anche un’opposizione?

25.10.2004 scrive Alma Lama
Sabato in Kossovo si è votato. La Comunità Internazionale sottolinea la
mancanza di incidenti e che tutto si è verificato in piena
tranquillità. Restano però le inquietudini legate al boicottaggio in
massa della comunità serba e le speranze dello sviluppo di una
dinamica, sino ad ora assente, governo-opposizione.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3554/1/51/

---

Kossovo: un passo avanti, uno indietro

27.10.2004 scrive Davide Sighele
Elezioni non risolutive. Certo, tenutesi senza incidenti, ma solo il
50% degli aventi diritto si è recato a votare e la comunità serba di
fatto non sarà rappresentata in modo effettivo in Assemblea. Una novità
per il Kossovo potrebbe invece essere la nascita di una dinamica
governo-opposizione.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3561/1/51/

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Kosovo: dilemmi serbi

28.10.2004 Da Belgrado, scrive Danijela Nenadić
Sono parecchi i dilemmi coi quali la comunità serba del Kosovo e la
Belgrado ufficiale si devono confrontare. Il boicottaggio non sembra
aver favorito nessuno, anzi sembra aver sollevato una serie di
questioni di non facile soluzione

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3569/1/51/

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Dal Kossovo a Kabul: il drammatico destino di un’operatrice umanitaria

03.11.2004 scrive Alma Lama
Dopo i bombardamenti NATO Shqipe Habibi, kossovara, aveva iniziato a
lavorare per l’OSCE nel suo Paese. Poi, per le Nazioni Unite, era stata
mandata a Timor Est ed infine in Afghanistan. Dove, lo scorso 28
ottobre, è stata rapita.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3588/1/51/

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Kossovo: il dibattito elettorale sui mezzi di informazione. Un commento

04.11.2004 - Robert Gillette, Commissario Temporaneo dei Media del
Kossovo, risponde alle critiche di Baton Haxhiu, direttore della
Associazione dei giornalisti kossovari, sulle regole imposte alla
copertura mediatica della campagna elettorale. Robert Gillette
interverrà al convegno di Osservatorio sui Balcani il 3 e 4 dicembre
prossimi a Venezia
Di Robert Gillette, Pristina, per IWPR

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3591/1/51/


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DISPACCI ANSA

http://www.ansa.it/balcani/kosovo/kosovo.shtml

KOSOVO: NATO INVIA ALTRI 2.000 UOMINI PER ELEZIONI

(ANSA) - BRUXELLES, 20 OTT - La Nato ha inviato in Kosovo altri 2.000
uomini, divisi in cinque battaglioni, per controllare meglio la
provincia serba durante le elezioni legislative di sabato prossimo. Lo
ha segnalato oggi una alto funzionario dell'Alleanza atlantica al
quartier generale di Bruxelles precisando che le cinque unita'
resteranno nell'inquieta provincia a maggioranza albanese amministrata
dall'Onu ''fino al sei novembre''. Risale dunque a 19 mila la forza
della Kfor, la missione di pace della Nato in Kosovo. In questi giorni,
come noto, scatta la piena operativita' degli 800 militari italiani -
paracadutisti della Folgore e fanti di Marina del Reggimento San Marco
- inviati in Kosovo per contribuire alla sicurezza delle elezioni del
23 ottobre. Questi militari, che rimarranno in Kosovo per circa cinque
settimane, si aggiungono ai 2.800 italiani gia' schierati in ambito
Kfor. La Nato era stata costretta a inviare rinforzi gia' nel marzo
scorso a causa delle violenze inter-etniche che avevano fatto 19 morti
e piu' di 900 feriti.(ANSA). CAL
20/10/2004 18:00

KOSOVO: ELEZIONI, SERBI PROTESTANO A MITROVICA CONTRO VOTO

(ANSA) - PRISTINA, 20 OTT - Circa 1.500 serbi hanno protestato oggi
nella citta' di Kosovska Mitrovica, nel Kosovo settentrionale, contro
le elezioni politiche generali che si svolgeranno sabato prossimo in
tutta la provincia a maggioranza albanese. I manifestanti di Mitrovica
- che, accogliendo le richieste di Belgrado, hanno preannunciato che
non voteranno - hanno definito la consultazione ''la legittimazione
della pulizia etnica e della creazione di uno Stato indipendente''. Gli
albanesi del Kosovo premono per l'indipendenza della provincia, che dal
giugno 1999 e' sotto l'amministrazione delle Nazioni Unite, ipotesi
fortemente osteggiata dalla Serbia, di cui il Kosovo e' ancora
formalmente parte. In Kosovo vivono attualmente circa 100mila serbi,
tuttora rinchiusi all'interno di 'enclave' protette da 20mila soldati
della Kfor, Forza di pace a guida Nato. Altri 180mila serbi sono
fuggiti dopo la fine dei bombardamenti della Nato, nel giugno del 1999.
Il resto della provincia e' abitato da 1 milione e 800mila albanesi.
(ANSA). BLL-COR
20/10/2004 20:28

KOSOVO: SEGRETARIO NATO, APPELLO AD ANDARE A VOTARE

(ANSA) - BRUXELLES, 22 OTT - Le elezioni legislative che si svolgeranno
domani ''rappresentano una tappa importante nella costruzione del
futuro del Kosovo'', ha detto oggi il segretario generale della Nato
Jaap de Hoop Scheffer, il quale ha rivolto un appello ''a tutti quelli
che sono abilitati a votare, qualunque sia la comunita' alla quale
appartengono, ad esercitare questo diritto democratico''. Per de Hoop
Scheffer ''la partecipazione alle elezioni e' la migliore maniera per
tutte le persone interessate di far sentire la loro voce e di far
valere i loro legittimi interessi''. Il segretario della Nato ha quindi
chiesto a tutti di fare in modo che ''queste elezioni si svolgano
pacificamente'', ricordando che la consultazione sara' ''seguita con
grande attenzione dalla comunita' internazionale''. Infine de Hoop
Scheffer assicura che la forza di pace della Kfor ''svolgera'
pienamente il suo ruolo per mantenere un ambiente pacifico e la Nato ha
dispiegato delle forze supplementari in Kosovo e nella regione per
dimostrare la sua capacita' e la sua determinazione''. (ANSA). VS
22/10/2004 20:04

KOSOVO: ITALIA PRIMO CONTRIBUTORE PER PEACEKKEPING

(ANSA) - NEW YORK, 22 OTT - Il contingente militare italiano in Kosovo
e' diventato il primo in termini di presenze dopo il dispiegamento
delle unita' dei reggimenti Folgore e San Marco che hanno portato il
totale delle truppe italiane all'intreno delle forze internazionali a
3.393 uomini. Lo ha annunciato in un comunicato la Rappresnetanza
permanente d'Italia all'Onu. Questi sforzi - sottolinea il comunicato -
confermano l'impegno italiano per le operazioni di peacekeeping nel
mondo e in particolare nei Balcani. (ANSA). BN
22/10/2004 21:52

KOSOVO: ELEZIONI; RUGOVA, E' UN VOTO PER L'INDIPENDENZA

(ANSA) - PRISTINA, 23 OTT - ''Queste elezioni sono importanti per il
riconoscimento formale della nostra indipendenza'': lo ha detto questa
mattina il presidente del Kosovo, l'albanese Ibrahim Rugova, recandosi
a votare presso la scuola ''Iliria'' di Pristina. Accompagnato dalla
moglie Fana, Rugova si e' detto certo sul futuro della provincia (che
attualmente e' parte della Serbia): ''Il nostro sara' un Kosovo
indipendente - ha spiegato - integrato nell'Unione europea e nella
Nato, e permanentemente amico degli Stati Uniti''. A meta' del prossimo
anno e' previsto l'avvio dei negoziati per la definzione dello status
permanente della provincia, che dal giugno del 1999 e' sotto il
protettorato delle Nazioni Unite. (ANSA). BLL-COR
23/10/2004 12:40

KOSOVO: ELEZIONI; SERBI BOICOTTANO, VINCE LA LINEA DURA/ANSA

(di Carlo Bollino e Dragan Petrovic) (ANSA) - PRISTINA/BELGRADO, 23 OTT
- Vince la linea dura imposta da Belgrado e i serbi del Kosovo
disertano in massa le elezioni. Oggi si e' votato nella provincia serba
a maggioranza albanese per eleggere il nuovo parlamento che avra' fra i
suoi compiti futuri, anche quello di decidere insieme alla comunita'
internazionale lo status definitivo della provincia. Ma i serbi,
proprio in vista di questa scadenza cruciale, hanno accettato l'invito
rivolto dal premier Vojislav Kostunica e dal patriarca della chiesa
ortodossa Pavle ed hanno boicottato il voto. Neppure l'uno per cento
dei 218.000 serbi invitati a partecipare alle votazioni si sono
presentati alle urne, contro il 42 per cento fatto registrare dagli
albanesi a due ore dalla chiusura. Secondo i primi dati diffusi nel
pomeriggio, gli elettori serbi si contavano in termini di unita': 290
quelli che hanno votato in Kosovo (su 100 mila) e 384 (su 118 mila)
quelli che lo hanno fatto presso i centri di votazione aperti in Serbia
e Montenegro. Come dire un'affluenza dello 0,3 per cento. Un totale
fallimento per la comunita' internazionale, che ha ripetuto senza sosta
il suo appello alla partecipazione, ma un fallimento anche per il
presidente della Serbia Boris Tadic, che si era unito a questo invito
sfidando la posizione intransigente di Kostunica e Pavle. Quando nel
2001 Kostunica era capo dello Stato e quella volta fu lui ad invitare i
serbi a partecipare al voto, l'affluenza fu del 53 per cento. La linea
moderata serba appare dunque sconfitta, ed a nulla sono valsi gli
sforzi di leader come Oliver Ivanovic, che credono nel dialogo, per
giungere ad una soluzione pacifica di quell'irrisolto nodo balcanico
che continua ad essere il Kosovo. Ieri sera Ivanovic e' apparso in una
televisione di Tirana parlando addirittura in lingua albanese, gesto
che non ha precedenti nelle insanguinate relazioni fra i due popoli.
Gesto che tuttavia, alla luce di questo accaduto oggi, sembra destinato
a rimanere isolato. Confermato il boicottaggio serbo, resta ora da
vedere in che modo il voto di oggi cambiera' gli equilibri politici
all'interno del fronte politico albanese (i primi risultati sono attesi
per la notte). La Lega democratica del presidente moderato Ibrahim
Rugova (che nelle elezioni precedenti ottenne 47 seggi su 120) viene
data in calo, a tutto vantaggio dei partiti nati dalle ceneri della
disciolta guerriglia. La sfida piu' importante riguarda il Partito
democratico (Pdk) del primo ministro Bajram Rexhepi, che nel 2001
ottenne 26 seggi, e l'Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) di Ramush
Haradinaj, che ne conquisto' otto. La sorpresa potrebbe giungere dal
movimento 'Ora' guidato dall'intellettuale Veton Surroi, per la prima
volta sceso nell'arena politica sperando di raccogliere consensi nel
vastissimo bacino degli scontenti. ''Non lasciate che il vostro futuro
sia deciso da altri'', ha ripetuto questa mattina il capo della
missione Osce in Kosovo, Pascal Fieschi, rinnovando invano il suo
appello alla partecipazione serba. ''I serbi che oggi hanno votato sono
i vincitori morali perche' hanno avuto il coraggio di prendere in mano
il proprio destino'', gli ha fatto eco Oliver Ivanovic. Riferendosi
entrambi al decisivo appuntamento del prossimo anno, per quando la
comunita' internazionale ha preannunciato l'avvio dei negoziati per la
definzione dello status della provincia. ''Si trattera' di riconoscere
formalmente l'indipendenza del Kosovo'', ha pronosticato oggi il
presidente Ibrahim Rugova, fingendo di ignorare la posizione di
Belgrado, che boicottando il voto ha gia' lanciato la sua sfida. Che
sembra essere quella di negare qualunque legittimita' ai nuovi organi
dirigenti del Kosovo, e quindi alle concessioni che in futuro, pur se
con l'avallo internazionale, potranno riuscire a ottenere. (ANSA).
BLL-COR
23/10/2004 20:58

KOSOVO: ELEZIONI; SERBI DISERTANO, RUGOVA CALA MA VINCE

(di Carlo Bollino e Dragan Petrovic)
(ANSA) - PRISTINA/BELGRADO, 24 OTT - Vince la linea dura imposta da
Belgrado, e i serbi del Kosovo disertano in massa le elezioni, mentre
il partito del presidente moderato Ibrahim Rugova, pur apparendo in
calo, si conferma la prima forza politica della provincia.
Ieri si e' votato per le seconde elezioni politiche generali in tutto
il Kosovo per nominare il nuovo parlamento che avra', fra i suoi
compiti futuri, anche quello di decidere insieme alla comunita'
internazionale lo status definitivo della provincia.
Ma i serbi, proprio in vista di questa scadenza cruciale, hanno
accettato l'invito rivolto dal premier Vojislav Kostunica e dal
patriarca della chiesa ortodossa Pavle ed hanno boicottato il voto.
Neppure l'uno per cento dei 218.000 serbi invitati a partecipare alle
votazioni, si sono presentati alle urne, contro il 55/60 per cento
fatto registrare dagli albanesi.
Secondo i dati diffusi in serata, gli elettori serbi che si sono recati
ai seggi si contavano in termini di unita': poco piu' di 900 quelli che
hanno votato in Kosovo (su 100mila) e circa 300 (su 118mila) quelli che
lo hanno fatto presso i centri di votazione aperti in Serbia e
Montenegro.
Un totale fallimento per la comunita' internazionale, che ha ripetuto
senza sosta il suo appello alla partecipazione, ma un fallimento anche
per il presidente della Serbia Boris Tadic, che si era unito a questo
invito sfidando la posizione intransigente di Kostunica e Pavle.
La linea moderata serba appare dunque sconfitta, ed a nulla sono valsi
gli sforzi di leader come Oliver Ivanovic (alleato di Tadic), che
suggeriscono il dialogo per giungere ad una soluzione pacifica di
quell'irrisolto nodo balcanico che continua ad essere il Kosovo. ''La
gente non ha votato per paura'' ha denunciato Ivanovic''.
Confermato il boicottaggio serbo, non si sarebbe verificata la
paventata rivoluzione negli equilibri politici all'interno del fronte
politico albanese. Secondo i primi dati non ufficiali diffusi in
nottata dai diversi partiti, la Lega democratica (Ldk) del presidente
Ibrahim Rugova (che nelle elezioni precedenti ottenne 47 seggi su 120),
pur apparendo in calo, di fatto si conferma la prima forza politica del
Kosovo.
In crescita si dice il Partito democratico (Pdk) del primo ministro
Bajram Rexhepi, che nel 2001 ottenne 26 seggi e che questa notte ha
annunciato di averne conquistati 35.
La sorpresa si e' confermata il movimento 'Ora', guidato
dall'intellettuale Veton Surroi, per la prima volta sceso nell'arena
politica sperando di raccogliere consensi nel vastissimo bacino degli
scontenti. A Pristina il partito di Surroi sarebbe diventato la terza
forza politica, raggiungendo l'Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak),
dell'ex comandante della guerriglia Ramush Haradainaj, altra formazione
politica in calo.
Per una conferma bisognera' tuttavia attendere i risultati ufficiali,
annunciati per domani (lunedi').
''Non lasciate che il vostro futuro sia deciso da altri'' ha ripetuto
ieri mattina il capo della missione Osce in Kosovo, Pascal Fieschi,
rinnovando invano il suo appello alla partecipazione serba.
''I serbi che oggi hanno votato sono i vincitori morali perche' hanno
avuto il coraggio di prendere in mano il proprio destino'', gli ha
fatto eco Oliver Ivanovic.
Entrambi si sono riferiti al decisivo appuntamento del prossimo anno,
per quando la comunita' internazionale ha preannunciato l'avvio dei
negoziati per la definizione dello status definitivo della provincia.
''Si trattera' di riconoscere formalmente l'indipendenza del Kosovo'',
ha pronosticato nel giorno del voto il presidente Ibrahim Rugova,
fingendo di ignorare la posizione di Belgrado, che boicottando le
elezioni ha gia' lanciato la sua sfida. Che sembra essere quella di
negare qualunque legittimita' ai nuovi organi dirigenti del Kosovo, e
quindi alle concessioni che in futuro, pur se con l'avallo
internazionale, potranno riuscire a ottenere. (ANSA). BLL-COR
24/10/2004 00:10

KOSOVO: ELEZIONI; RUGOVA, L'UOMO-MISTERO DELLA POLITICA

(PROFILO)
(ANSA) - PRISTINA, 24 OTT - Intellettuale prestato alla politica,
moderato e fautore della non violenza, Ibrahim Rugova, 60 anni, capo
della Lega democratca (Ldk) e' il primo presidente democraticamente
eletto del Kosovo, in carica dal 4 marzo 2002.
Leader storico dell'autonomia della provincia ed oggi acceso
sostenitore dell'indipendenza, Rugova e' nato il 2 dicembre 1944 nel
villaggio di Crnce d'Iskod, nel Kosovo occidentale, da una famiglia
benestante di piccoli proprietari terrieri. Il padre, albanese della
regione di Pec, e il nonno furono vittime dei partigiani comunisti.
[SIC]
Cio' nonostante, oltre che presidente dell'Unione degli scrittori del
Kosovo, fu membro della Lega dei comunisti della provincia fino al
1988, quando venne espulso insieme agli altri intellettuali firmatari
dell'''Apel 215'', oppositori dell' emendamento della Costituzione
serba che cancellava l'autonomia del Kosovo.
Moderato di sinistra, fondo' la sua Lega democratica del Kosovo (Ldk)
nel 1989, sull'onda dell'entusiasmo seguito nei Paesi dell'Europa
orientale al crollo del comunismo. Alle elezioni clandestine del 1992
fu eletto presidente della autoproclamata Repubblica del Kosovo con
oltre il 95% dei voti, entita' mai riconosciuta a livello
internazionale.
La sua strategia della ''resistenza passiva'' (che gli consenti' di
restare leader indiscusso della comunita' albanese del Kosovo dal 1990
al 1998), si e' scontrata con gli scogli dell'oltranzismo e della lotta
armata. Di fronte alla brutalita' della repressione serba, lo ''stato
parallelo' creato da Rugova si dimostro' infatti insufficiente a
contenere il malcontento albanese, e l'Uck (movimento armato fino ad
allora relegato alle zone piu' interne e povere del Kosovo), divento'
per molti il nuovo, credibile, punto di riferimento.
Ai negoziati di Rambouillet del febbraio 1999 (il cui fallimento
determino' l'inizio dei bombardamenti da parte dell'Alleanza
atlantica), Ibrahim Rugova era ridotto ormai a una figura poco piu' che
simbolica e durante le prime terribili settimane della guerra rischio'
perfino di apparire un traditore quando, prelevato dalla polizia serba
a Pristina, fu portato a Belgrado e costretto a stringere la mano al
presidente Milosevic davanti alle telecamere del regime.
Riuscito a rifugiarsi in Italia, Rugova segui' da lontano la fine del
conflitto e il faticoso arrivo della pace. Forte della propria cultura
e del carisma che lo contraddistingue (era stato studente alla Sorbona
e uno degli allievi prediletti di Roland Barthes), Ibrahim Rugova ha
saputo attendere il momento opportuno per rientrare sulla scena
politica riuscendo a scalzare alle elezioni amministrative del
settembre del 2000 i due partiti nati dalle ceneri dell'Uck, ormai
disciolto, ed a restare prima forza politica della provincia in tutte
le successive votazioni, comprese le elezioni politiche generali di due
giorni fa.
Schivo nei rapporti con la stampa e criticato per l'impronta dirigista
che ha imposto all'interno del suo partito, Rugova viene guardato dai
suoi detrattori come un autentico mistero della politica. Nonostante la
scarsa visibilita' istituzionale che ha scelto, e le ripetute critiche
che gli sono piovute addosso, riesce infatti a vincere in tutti gli
appuntamenti elettorali smentendo ogni volta le previsioni che
puntualmente lo danno per sconfitto. (ANSA). BLL 24-OTT-04 17:13 NNNN
24/10/2004 17:17

KOSOVO: ELEZIONI; RUGOVA IN SELLA E BELGRADO SFIDA ONU/ANSA

(di Carlo Bollino e Dragan Petrovic). (ANSA) - PRISTINA/BELGRADO, 24
OTT - Le elezioni di sabato non hanno cambiato nulla in Kosovo: il
partito del presidente Ibrahim Rugova rimane il piu' votato, e lo
scontro fra serbi e albanesi e' immutato nella sua rigidita'. La
vittoria del boicottaggio serbo suggerita da Belgrado fa calare nubi
oscure sull'orizzonte dei negoziati che il prossimo anno la comunita'
internazionale intende aprire per definire, dopo sei anni di
protettorato Onu, lo status definitivo della provincia. ''La mancata
partecipazione al voto e' stato il referendum serbo contro quello che
finora ha fatto la comunita' internazionale in Kosovo'', commenta a
Belgrado Radmila Trajkovic, esponente del consiglio nazionale serbo.
Che avverte: ''Ora almeno e' chiaro che quando si parlera' di
negoziati, la comunita' internazionale e i kosovari avranno come
controparte Belgrado e sette milioni di serbi, e non un gruppetto dello
0,3 per cento (coloro che hanno partecipato al voto - ndr) che lotta
per piccoli interessi personali''. Una sfida lanciata non solo alla
missione delle Nazioni Unite (Unmik) ma alla stessa leadership albanese
che attraverso il presidente Rugova, ieri definiva la scadenza del
negoziato come il semplice ''riconoscimento formale della nostra
indipendenza''. Una indipendenza che nessun serbo accetta, ma che i
falchi di Belgrado intendono difendere negando la stessa legittimita'
delle istituzioni. ''Quando i serbi nel 2001 hanno preso parte alle
elezioni legislative, cosa hanno ottenuto in cambio? - si chiede la
Trajkovic - hanno ottenuto la nuova pulizia etnica avvenuta a marzo
scorso, con 350 case distrutte, quello che era rimasto delle chiese e
monasteri raso al suolo e 19 morti''. Una posizione alla quale l'ala
moderata vicina al presidente Boris Tadic, che invano si era espresso a
favore della partecipazione al voto, risponde con argomenti diversi:
''Non dovremmo dimenticare cosa accadde dieci anni fa ai nostri
fratelli serbi di Croazia e Bosnia che decisero di seguire ciecamente
la linea di Milosevic. Belgrado oggi e' un partner che non ha forza ne'
credibilita' internazionale - avverte Oliver Ivanovic, fra i leader
contrari al boicottaggio - questo li portera' prima o poi a cedere,
davanti ai soldi o sotto la pressione delle sanzioni, e il Kosovo
otterra' l'indipendenza prima di quando gli stessi albanesi se lo
aspettino''. Se sul fronte serbo lo scontro interno e' dunque alle
stelle, sul fronte albanese il confronto e' ancora congelato in attesa
dei risultati ufficiali delle urne che potrebbero conoscersi gia'
domani. Le proiezioni diffuse dai partiti e da un'organizzazione di
osservatori indipendente confermano la vittoria della Lerga democratica
(Ldk) di Ibrahim Rugova che secondo gli ultimi dati avrebbe ottenuto il
47 per cento dei voti, vale a dire l'identico risultato delle politiche
precedenti. Posizioni sostanzialmente immutate anche per il partito
democratico (Pdk) del premier uscente Bajram Rexhepi vicino al suo 26
per cento, e per l'Alleanza (Aak) dell'ex comandante della guerriglia
Ramush Haradinaj, riconfermato all'8 per cento. Al quarto posto con un
6.5 per cento (dato anch'esso stimato) si piazza il nuovo movimento
''Ora'' dell'intellettuale miliardario Veton Surroi. Se questi dati
verranno confermati e' difficile prevedere particolari cambiamenti di
governo rispetto all'attuale, che vede uniti in una pur difficile
coalizione il partito di Rugova e quello di Rexhepi. ''La sola
alternativa possibile potrebbe essere un accordo fra l'Ldk e il
movimento Ora - commenta l'analista kosovaro Baton Haxhiu - ma a mio
parere e' difficile che si realizzi vista l'avversita' personale che
Rugova ha finora manifestato nei confronti di Surroi''. Ma a
prescindere da chi e come formera' il nuovo esecutivo, nulla cambiera'
sulla posizione degli albanesi rispetto alla loro identica pretesa di
indipendenza, contrapposta in modo netto alla sovranita' rivendicata
dalla Serbia. Ancora una volta spettera' alla comunita' internazionale
tentare di individuare un compromesso che appare sempre piu' difficile.
Nel frattempo gli stessi osservatori internazionali si consolano
certificando l'andamento delle elezioni, che si sono svolte in modo
libero e democratico: un successo di cui e' difficile prevedere per
quanto tempo potranno andare fieri.(ANSA) BLL-COR
24/10/2004 19:00

KOSOVO: ELEZIONI; RUGOVA, L'UOMO-MISTERO DELLA POLITICA

(PROFILO)
(ANSA) - PRISTINA, 24 OTT - Intellettuale prestato alla politica,
moderato e fautore della non violenza, Ibrahim Rugova, 60 anni, capo
della Lega democratca (Ldk) e' il primo presidente democraticamente
eletto del Kosovo, in carica dal 4 marzo 2002.
Leader storico dell'autonomia della provincia ed oggi [SIC] acceso
sostenitore dell'indipendenza, Rugova e' nato il 2 dicembre 1944 nel
villaggio di Crnce d'Iskod, nel Kosovo occidentale, da una famiglia
benestante di piccoli proprietari terrieri. Il padre, albanese della
regione di Pec, e il nonno furono vittime dei partigiani comunisti
[SIC].
Cio' nonostante, oltre che presidente dell'Unione degli scrittori del
Kosovo, fu membro della Lega dei comunisti della provincia fino al
1988, quando venne espulso insieme agli altri intellettuali firmatari
dell'''Apel 215'', oppositori dell' emendamento della Costituzione
serba che cancellava l'autonomia [SIC] del Kosovo.
Moderato di sinistra, fondo' la sua Lega democratica del Kosovo (Ldk)
nel 1989, sull'onda dell'entusiasmo seguito nei Paesi dell'Europa
orientale al crollo del comunismo [SIC]. Alle elezioni clandestine del
1992 fu eletto presidente della autoproclamata Repubblica del Kosovo
con oltre il 95% dei voti, entita' mai riconosciuta a livello
internazionale.
La sua strategia della ''resistenza passiva'' (che gli consenti' di
restare leader indiscusso della comunita' albanese del Kosovo dal 1990
al 1998), si e' scontrata con gli scogli dell'oltranzismo e della lotta
armata. Di fronte alla brutalita' della repressione serba, lo ''stato
parallelo' creato da Rugova si dimostro' infatti insufficiente a
contenere il malcontento albanese, e l'Uck (movimento armato fino ad
allora relegato alle zone piu' interne e povere del Kosovo), divento'
per molti il nuovo, credibile, punto di riferimento.
Ai negoziati di Rambouillet del febbraio 1999 (il cui fallimento
determino' l'inizio dei bombardamenti da parte dell'Alleanza
atlantica), Ibrahim Rugova era ridotto ormai a una figura poco piu' che
simbolica e durante le prime terribili settimane della guerra rischio'
perfino di apparire un traditore quando, prelevato dalla polizia serba
a Pristina, fu portato a Belgrado e costretto [SIC] a stringere la mano
al presidente Milosevic davanti alle telecamere del regime [SIC].
Riuscito a rifugiarsi in Italia, Rugova segui' da lontano la fine del
conflitto e il faticoso arrivo della pace. Forte della propria cultura
e del carisma che lo contraddistingue (era stato studente alla Sorbona
e uno degli allievi prediletti di Roland Barthes), Ibrahim Rugova ha
saputo attendere il momento opportuno per rientrare sulla scena
politica riuscendo a scalzare alle elezioni amministrative del
settembre del 2000 i due partiti nati dalle ceneri dell'Uck, ormai
disciolto, ed a restare prima forza politica della provincia in tutte
le successive votazioni, comprese le elezioni politiche generali di due
giorni fa.
Schivo nei rapporti con la stampa e criticato per l'impronta dirigista
che ha imposto all'interno del suo partito, Rugova viene guardato dai
suoi detrattori come un autentico mistero della politica. Nonostante la
scarsa visibilita' istituzionale che ha scelto, e le ripetute critiche
che gli sono piovute addosso, riesce infatti a vincere in tutti gli
appuntamenti elettorali smentendo ogni volta le previsioni che
puntualmente lo danno per sconfitto. (ANSA). BLL 24-OTT-04 17:13 NNNN
24/10/2004 17:17

KOSOVO: ELEZIONI; RUGOVA VINCE E PENSA AL NUOVO GOVERNO/ANSA

(ANSA) - PRISTINA/BELGRADO, 25 OTT - Mentre i partiti albanesi del
Kosovo si preparano ai negoziati per costituire il nuovo governo nato
dalle elezioni di sabato, la comunita' internazionale incalza le
autorita' di Belgrado sulla definizione dello status della provincia.
Il segretario britannico per le questioni europee, Denis MacShane,
giunto in visita oggi a Belgrado, ha avvertito che ''a questo punto il
tempo stringe per definire lo status definitivo del Kosovo'', ed ha
esortato le autorita' serbe ''ad avviare contatti con la leadership
albanese'' per giungere ad un'intesa. Secondo Londra ''ogni rifiuto al
dialogo diretto fra Pristina e Belgrado fa accrescere l'urgenza della
questione nell'agenda internzionale, mentre a Londra e in altre parti
d'Europa vogliamo che la soluzione venga trovata qui e non imposta
dall'esterno''. A rappresentare la parte albanese nei negoziati che la
comunita' internazionale intende promuovere da meta' del prossimo anno,
sara' il nuovo parlamento costituito con le elezioni politiche generali
di sabato. L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in
Europa (Osce) che ha sovrinteso e monitorato l'intero processo, ha
garantito che le procedure di voto si sono svolte in modo libero e
democratico. E nell'annunciarlo ha diffuso anche i primi risultati
ufficiali, che restano tuttavia incompleti in attesa di una verifica
conclusiva degli eventuali ricorsi che richiederanno almeno una
settimana di tempo. Sulla base del 90 per cento dei seggi scrutinati,
la Lega democratica del presidente Ibrahim Rugova si conferma
vittoriosa con il 45,3 per cento, in lieve calo rispetto al 47 per
cento ottenuto nelle precedenti consultazioni. Un risultato che un
portavoce del partito ha tuttavia smentito: ''Le nostre rilevazioni -
ha affermato - ci indicano ad oltre il 50 per cento''. In ogni caso
Rugova, che punta alla sua rielezione come presidente, non potra' fare
a meno di scegliere anche questa volta la strada della coalizione.
Alleato piu' probabile resta il Partito democratico (Pdk) del premier
uscente Bajram Rexhepi, che secondo l'Osce ha ottenuto il 28,6 per
cento, un punto e mezzo in piu' rispetto al 2001. Stabile l'Alleanza
per il futuro del Kosovo (Aak) dell'ex comandante della guerriglia
Ramush Haradinaj, che ha conservato il suo 8 per cento, mentre il nuovo
movimento ''Ora'' del magnate dell'editoria Veton Surroi ha strappato
al suo esordio elettorale il 6,5 per cento. Venti seggi del parlamento
su 120 sono riservati per legge alle minoranze, 10 dei quali ai serbi,
che avendo pero' boicottato le elezioni hanno ottenuto solo lo 0.2 per
cento dei voti, come dire nessun deputato in piu' oltre la soglia
legale, salvo eventuali ripescaggi. Rugova si appresta ad avviare le
consultazioni con le altre forze politiche albanesi molte delle quali,
compreso lo stesso Surroi, sono pronte ad entrare in coalizione. Il
voto non ha modificato in modo sensibile gli equilibri politici
interni: una larga maggioranza potrebbe tuttavia servire a Rugova non
soltanto per garantirsi la riconferma alla presidenza, ma anche per
ottenere maggior forza in vista dei cruciali negoziati con Belgrado,
che restano la prossima, decisiva, scadenza per esecutivo e parlamento.
(ANSA) BLL-COR
25/10/2004 19:38

KOSOVO: ELEZIONI, OSCE PROCLAMA RISULTATI UFFICIALI

(ANSA) - PRISTINA, 3 NOV - L'Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa (Osce) ha proclamato oggi a Pristina i risultati
ufficiali delle elezioni politiche generali che si sono svolte in
Kosovo lo scorso 23 ottobre. I dati ricalcano in pieno le proiezioni
diffuse all'indomani del voto e confermano la vittoria della Lega
democratica (Ldk) di Ibrahim Rugova che con il 45 per cento ha
conservato i suoi 47 seggi in parlamento (su 120). In lieve crescita il
Partito democratico (Pdk) del premier Bajram Rexhepi salito al 29 per
cento con 30 seggi. Terza forza politica si conferma l'Alleanza per il
futuro del Kosovo (Aak) dell'ex comandante della guerriglia Ramush
Haradinaj con l'8 per cento e nove deputati. Al quarto posto con il 6
per cento e 7 deputati si piazza ''Ora'', il nuovo movimento del
magnate dell'editoria Veton Surroi alla sua prima prova elettorale.
Dieci seggi del parlamento sono riservati per legge alla minoranza
serba (che li ottiene nonostante abbia boicottato il voto), e dieci
alle altre minoranze della provincia. Da oggi decorre il termine di 48
ore per presentare eventuali ricorsi, trascorso il quale i risultati si
considerano definitivi. Gli equilibri all'intero del fonte albanese
appaiono dunque immutati, ed ora tocca alla Lega democratica avviare i
negoziati per la composizione del nuovo esecutivo che potrebbe
ricalcare la formula del precedente, con una coalizione composta da Ldk
e Pdk. Rugova tuttavia non ha escluso la possibilita' di costituire una
coalizione piu' allargata, necessaria non soltanto a garantirgli fra
due anni la rielezione a presidente del Kosovo, ma anche ad
attribuirgli maggiore forza in vista dei negoziati internazionali per
la definizione dello status della provincia previsti per meta' del
prossimo anno.(ANSA) BLL
03/11/2004 17:18

KOSOVO: ELEZIONI, DEPUTATI SERBI NON ENTRANO IN PARLAMENTO

(ANSA) - BELGRADO, 3 NOV - Non entreranno nel parlamento kosovaro i
dieci deputati serbi eletti nelle politiche tenutesi il 23 ottobre in
Kosovo: lo ha detto il loro portavoce Oliver Ivanovic dopo un incontro
con il presidente serbo Boris Tadic, che aveva a suo tempo invitato la
comunita' serba della provincia a votare. Stando a Ivanovic, ''Nei
primi tre mesi di attivita' del governo vedremo se le condizioni di
vita e di sicurezza dei cittadini serbi miglioreranno: se cosi' dovesse
essere, parteciperemo ai lavori parlamentari''. A Belgrado stasera e'
atteso il capo dell'Unmik Soeren Jessen Petersen, che incontrera' oggi
e domani Tadic, il premier serbo Vojislav Kostunica e il presidente
serbomontenegrino Svetozar Marovic, nonche' i ministri degli esteri Vuk
Draskovic e della difesa Prvoslav Davinic. Al centro dei colloqui
saranno i temi che hanno favorito il boicottaggio serbo alle elezioni
del 23 ottobre, cioe' il mancato ritorno dei profughi e la mancata
concessione di un'ampia autonomia alle enclavi serbe in Kosovo. (ANSA).
OT
03/11/2004 17:24

KOSOVO: INDAGATO ALL'AJA CHIEDE POSTO DI PRIMO MINISTRO

(ANSA) - PRISTINA, 5 NOV - L'ex comandante della guerriglia albanese in
Kosovo, Ramush Haradinaj, ha chiesto di assumere il posto di primo
ministro come condizione per prendere parte al nuovo governo della
provincia. La proposta di Haradinaj, che guida l'Alleanza per il futuro
del Kosovo (terza forza politica della provincia), e' giunta a poche
ore dalla richiesta del tribunale dell'Aja per i crimini di guerra
nell'ex Jugoslavia di poterlo interrogare. ''Non so di cosa sia
eventualmente accusato - ha detto Haradinaj - ma ho gia' fatto sapere
di essere pronto a rispondere a qualsiasi domanda''. La domanda di
Haradinaj di guidare il nuovo esecutivo sarebbe stata finora respinta
da Ibrahim Rugova, capo della Lega democratica (Ldk) che con 47 seggi
controlla la maggioranza relativa nel nuovo parlamento del Kosovo. Il
tribunale internazionale dell'Aja, che sta processando l'ex presidente
serbo Slobodan Milosevic anche per i crimini di guerra commessi in
Kosovo, ha gia' sotto custodia quattro ex appartenenti all'Uck,
movimento armato albanese di cui Haradinaj e' stato uno dei comandanti
locali.(ANSA) BLL-COR
05/11/2004 18:04


=== EN FRANCAIS ===

DANS LE SITE PRO-SECESSIONISTE ET
ANTI-YOUGOSLAVE "COURRIER DE BALKANS" :

Déplacés, l'éternel retour

Dans un jeu d’échecs, les pions sont les pièces qui sont le plus
souvent manipulées et le plus souvent sacrifiées. Ces pions ont peu de
champ de manœuvre sur l’échiquier. Dans le jeu politique en cours au
Kosovo, les personnes déplacées et leur droit au retour sont des pions.
Le point de vue du médiateur pour les droits de la personne au Kosovo.
Par Marek Antoni Nowicki, médiateur pour les droits de la personne au
Kosovo.

http://www.balkans.eu.org/article4740.html

Kosovo : le véritable travail contre les ségrégations commence
aujourd’hui

Les discriminations tiennent à l’âge, au sexe, à la race ou au genre.
Le Kosovo a adopté une loi contre toutes les formes de discrimination,
mais quand sera-t-elle vraiment appliquée ? Nous entamons avec cet
article la publication régulière des chroniques d’Antoni Nowicki,
Médiateur pour les droits de la personne du Kosovo.

http://www.balkans.eu.org/article4712.html

---

Après les élections : le dilemme des Kosovars et des institutions
internationales
http://www.balkans.eu.org/article4721.html

Les Serbes du Kosovo boycottent massivement les élections
http://www.balkans.eu.org/article4711.html

Kosovo : la MINUK contre la démocratie ?
http://www.balkans.eu.org/article4707.html

Kosovo : les défis qui attendent le futur gouvernement
http://www.balkans.eu.org/article4706.html

Kosovo : l’heure des tractations politiques approche
http://www.balkans.eu.org/article4700.html

Kosovo : les nouveaux partis essaient de séduire des électeurs de plus
en plus déçus
http://www.balkans.eu.org/article4703.html

Kosovo : la vraie partie se jouera après les élections du 23 octobre
http://www.balkans.eu.org/article4692.html

Kosovo : meetings serbes pour le boycott des élections
http://www.balkans.eu.org/article4693.html

Kosovo : le journaliste Veton Surroi fait une entrée tonitruante en
politique
http://www.balkans.eu.org/article4705.html

Voyage en Unmikistan
http://www.balkans.eu.org/article4640.html
Kosovo, mon amour
http://www.balkans.eu.org/article4638.html
Droit, légitimation et politique extérieure : l’Europe et la Guerre au
Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article2767.html
Carnets imaginaires d'un vrai voyage au Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article2766.html
Les oiseaux noirs du Kosovo : un juge à Pristina
http://www.balkans.eu.org/article1631.html

Toute sélection Kosovo :
http://www.balkans.eu.org/livres_sujet.php3?id_mot=45

---

Kosovo : l’école et l’expérience de l’État

Qu’apprend-on à l’école ? La hiérarchie, les rapports de force, le
sexisme et le mépris des « autres », ceux qui appartiennent à une autre
ethnie ou à un autre groupe social. Le premier contact des jeunes
enfants avec le système social leur apprend comment ruser et biaiser
avec l’autorité. Comment transformer l’école pour en faire, au
contraire, un lieu d’apprentissage à une véritable citoyenneté ouverte ?

http://www.balkans.eu.org/article4757.html

À lire aussi :

Kosovo : des manuels d’histoire qui attisent la haine
http://www.balkans.eu.org/article3891.html

Kosovo : les jeunes filles privées d’école ?
http://www.balkans.eu.org/article4383.html
  
Kosovo : polémiques autour de l’enseignement islamique à l’école
http://www.balkans.eu.org/article3134.html
  
Kosovo : enseignement islamique à l’école ?
http://www.balkans.eu.org/article3031.html
  
Écoles serbes du Kosovo : rien ne va plus
http://www.balkans.eu.org/article2919.html

(questa intervista comparirà sul prossimo numero di Contropiano -
http://www.contropiano.org/ )


A Parigi il congresso di "Actuel Marx"

L’autismo del marxismo europeo

Intervista con Luciano Vasapollo


A cavallo tra settembre e ottobre, a Parigi si è svolto il congresso
"Marx Internazionale IV" promosso da "Actuel Marx". Intorno a questa
prestigiosa rivista marxista francese, in questi anni si è ritrovato il
dibattito e l’elaborazione marxista europea. Il pregio di aver tenuto
duro negli anni della caccia alle streghe culturale scatenatasi negli
anni Novanta, non ha impedito che l’elaborazione marxista in Europa sia
via via ricaduta in quel difetto ben individuato trenta anni fa da
Perry Anderson ne "Il dibattito nel marxismo occidentale". Anderson,
contestava ai marxisti europei di essersi ritirati dal rapporto con il
conflitto di classe ed i movimenti reali e di essersi rifugiati sugli
aspetti sovrastrutturali ed accademici. La definizione di
"Katedhersocialisten" (socialisti da cattedra) è qualcosa di meno di un
anatema e qualcosa di più di una critica. Luciano Vasapollo, studioso
marxista italiano, autore di numerosi testi tradotti ormai in varie
lingue, insieme ad altri
marxisti europei, statunitensi e latinoamericani, ha contribuito a
riaprire negli ultimi anni un dibattito su questioni decisive come la
teoria marxista del valore, l’imperialismo, la centralità del conflitto
tra capitale e lavoro. Vasapollo ha partecipato al congresso marxista
di Parigi ed è stato relatore in alcuni workshop ed in una delle
plenarie finali. In più occasioni è entrato in conflitto con le altre
"scuole" del marxismo occidentale. Gli abbiamo chiesto di spiegarci
come è andata la discussione.


D: Quale era l’agenda della discussione del Congresso marxista di
Parigi? C’è stato un confronto tra le varie "tendenze"?

Il tema dell’incontro era "Guerra imperiale, guerra sociale" ed era
suddiviso in dodici sessioni scientifiche, tra cui economia, diritto,
ecologia, genere, storia, filosofia, socialismo. Il confronto in verità
è avvenuto un po’ a compartimenti stagni tra le varie tendenze ed ha
privilegiato un carattere un po’ accademico della discussione.

D: Ma quali sono, per grandi linee, le tendenze marxiste attuali?

Una prima possiamo definirla come accademica nel senso stretto della
parola e che non si pone il problema di una dialettica con i movimenti
reali ma solo quello di una ipotizzata "originalità culturale". Ci sono
poi altre due tendenze che si esprimono con un linguaggio più radicale,
mi riferisco a coloro che condividono l’elaborazione di Toni Negri e
agli studiosi più vicini alla IV Internazionale. Usano un linguaggio
radicale ma sotto molti aspetti convergono con la prima per la distanza
con cui si misurano dai movimenti sociali reali. Esiste poi una quarta-
nella quale mi trovo collocato - che potremmo definire di "studiosi
militanti" che hanno un rapporto più stretto con i movimenti sociali,
sindacali etc. e che si è consolidata soprattutto in America Latina.

D: Dopo gli anni del silenzio e della resistenza culturale - gli anni
Novanta - a che punto è secondo te il dibattito e l’elaborazione
marxista in Europa?

Girando un po’ per vari incontri a livello internazionale, devo
ammettere che la nostra posizione - fino a qualche anno fa piuttosto
ostracizzata a livello culturale ed a livello politico - oggi sta
trovando maggiori occasioni di confronto. In questi anni si è riaperto
un dibattito ampio ed anche aspro sulla attualità della teoria del
valore di Marx. Il dibattito è scaturito all’inizio dentro l’ambito
marxista in cui emergevano posizioni che potremmo definire "sraffiane"
che affermano di voler mantenere una visione marxista ma nei fatti
l’hanno svuotata dai suoi contenuti con argomentazioni che non hanno
retto sul piano scientifico. In alcuni casi queste posizioni sono
approdate al keynesismo - anche se con un linguaggio più radicale. Gli
stessi keynesiani sono divisi tra keynesiani "di sinistra" e
"neokeynesiani"con posizioni diversificate. Ci sono poi alcuni che sono
approdati a quello che chiamano postmarxismo e che ormai sostengono
apertamente la fuoriuscita dal marxismo salvandone solo alcuni scritti
giovanili come i "Gundrisse". Due anni fa organizzammo a tale scopo un
convegno internazionale all’Università di Roma, che ha presentato una
elaborazione collettiva mia, di Carchedi, Freeman, Kliman e Giussani,
la quale ha riaffermato la validità dell’intero impianto scientifico
marxiano sul valore sottolineando come la trasformazione del valore in
prezzi fosse un falso problema. Per tre giorni c’è stato un confronto
ricco ma anche aspro tra posizioni diverse anche divergenti dalla
nostra (Mongiovi, Foley, Screpanti ed altri). Ma il vero nodo di
divergenza resta a mio avviso la dialettica tra l’elaborazione teorica
e il movimento reale.

D: A questo congresso marxista di Parigi si notavano assenze
significative?

Per paradosso c’era una sottostima di presenze dalle aree più al centro
del conflitto di classe e di impetuosi processi di cambiamento come
l’America Latina, l’Asia, l’Europa dell’Est o ad esempio la Germania.
Pochissimi anche gli studiosi della Grecia. Il rischio
dell’eurocentrismo si è corso abbastanza chiaramente.

D: Come mai il nesso tra teoria e prassi, cioè tra elaborazione
marxista e realtà del conflitto di classe, si è così "allentato" in
Europa?

Occorre tenere conto che i grandi partiti comunisti sono scomparsi in
Spagna, Italia e Francia. In quest’ultima il PCF sta virando verso la
socialdemocrazia piuttosto nettamente anche se incontra forti
resistenze all’interno. In Spagna l’esperienza di Izquierda Unida è in
forte crisi e in Italia abbiamo due partiti comunisti pari a un quarto
del peso politico ed elettorale del vecchio PCI. Ma in Italia la virata
di Bertinotti, quella che alcuni definiscono una nuova Bolognina,
possiamo dire che è stata innescata e si è inserita proprio su questo
indebolimento del carattere rivoluzionario dell’elaborazione del
marxismo in Europa. Non è solo il problema dell’eclettismo ma è ad
esempio la rinuncia a mettere in discussione i rapporti di proprietà o
la rimozione della categoria dell’imperialismo che stanno ormai
spianando la strada al keynesismo, anche radicale, come quadro teorico
dell’azione politica di partiti che si chiamano ancora comunisti.

D: Perry Anderson, diversi anni fa, sosteneva che il marxismo
occidentale avesse in un certo senso perduto la sua carica
"rivoluzionaria" mentre questa era andata crescendo nel terzo mondo.
C’è del vero o no in questa affermazione?

La tesi di Perry Anderson mantiene la sua straordinaria attualità anche
trenta anni dopo. Il problema non è il terzo mondo ma il rapporto tra
oggettività e soggettività che si esprime concretamente nelle
situazioni dove il conflitto di classe si rivela più acuto. Il problema
non è neanche quello del linguaggio. Anche tra i marxisti europei si
ricorre a linguaggi e categorie radicali ma spesso si mettono sullo
stesso piano terrorismo e resistenza, c’è la demonizzazione della
violenza indipendentemente dai contesti in cui avviene il conflitto, si
accettano gli anatemi e le chiavi di lettura dell’imperialismo sugli
"Stati canaglia". Si cerca in sostanza di mettere sulla graticola il
Novecento ma si ricorre a categorie sempre del Novecento per definire
la realtà o banalizzare le varie posizioni. In Europa si è dato il
comunismo come fenomeno novecentesco che, nel migliore dei casi, rimane
come orizzonte lontano dell’umanità. E’ una posizione determinista che
attende la caduta del capitalismo a causa delle sue contraddizioni
implicite, omettendo il dato decisivo della soggettività che muove in
questa direzione; ragione per cui in attesa che questo accada ci si
appiattisce su un programma sostanzialmente riformista magari con un
linguaggio un po’ più radicale. In altre parti del mondo la lotta per
la trasformazione sociale si pone concretamente come alternativa di
sopravvivenza per quote rilevanti di umanità. Ad esempio è il caso
dell’America Latina.

D: Ci è sembrato però che te ed altri studiosi marxisti presenti al
congresso avete dovuto faticare un bel po’ per discutere e far
discutere ad esempio di Cuba o dei movimenti in America Latina. Com’è
andata?

E’ la diretta conseguenza di quello che dicevo prima. Quando diventa
necessario trasferire i problemi dalla dimensione teorica a quella
pratica, molti marxisti europei vanno fuori di testa. Ciò spiega perché
non si capisce l’importanza del Venezuela di Chavez, della resistenza
di Cuba al progetto egemonico dell’imperialismo USA in America Latina,
magari contrapponendo quella di Lula ad altre esperienze importanti per
quell’area del mondo o accusando i movimenti sociali latinoamericani di
non capire il processo democratico. I due dibattiti che abbiamo animato
su Cuba e sull’America Latina, hanno visto come protagonisti proprio
quegli studiosi "militanti" - come Remy Herrera o Al Campbell ma
soprattutto latinoamericani come Paulo Nakatami, Leda Paulani, Flavio
Bezzerra De Farias, Isabel Monal, Elena Alvarez ed altri - che hanno
avuto una funzione decisiva di orientamento della discussione sui
problemi connessi al conflitto di classe e alla resistenza globale.

D: Nella plenaria che hai tenuto insieme a Gorge Labica, Samir Amin,
Isabel Monal, tra te e Samir Amin c’è stata un po’ di discussione sul
ruolo dell’Europa. Quale erano i punti di divergenza?

Premesso che ho una grande stima di Samir Amin perché lo ritengo uno
studioso marxista onesto, la discussione c’è stata su una diversa
analisi del ruolo dell’Europa e dell’imperialismo statunitense. Sono
moltissimi gli studiosi e i compagni che vedono nell’Europa una sorta
di alleato tattico contro il nemico principale rappresentato dagli USA.
Questa posizione che ha una sua legittimità, porta però a sottovalutare
il processo di costituzione del polo imperialista europeo. Molti
ritengono che l’Europa del XXI Secolo sia la stessa del secolo scorso
quando esisteva il bipolarismo USA-URSS. Penso di poter dire che non è
più così e che questo processo se è stato subalterno agli USA per più
di mezzo secolo oggi non lo è più, e non lo sarà più neanche sul piano
politico e militare che sono stati sempre i due punti deboli del polo
imperialista europeo. E’ un dibattito vero e che ha bisogno di
approfondimenti rigorosi. Su questo la nostra rete ha prodotto diversi
testi come "La dolce maschera dell’Europa", "Il piano inclinato del
capitale" o "Eurobang". C’è materiale per fare questa discussione e c’è
una grande stima per studiosi come Samir Amin che pure non condividono
la nostra tesi con il quale ci piacerebbe portare avanti il confronto.

D: La tesi della competizione globale sostenuta da te e da altri
marxisti, ripropone in qualche modo attualizzandola, una analisi
dell’imperialismo e della competizione interimperialista che è stata
rimossa o negata nel dibattito marxista contemporaneo. Cosa diverge tra
la vostra tesi e, ad esempio, quella de "L’Impero" o quella della
globalizzazione neoliberista?

A questo abbiamo dedicato un intero libro insieme a James Petras e
Mauro Casadio ed un altro - "Competizione globale" che vede anche un
contributo di Henry Veltmeyer - sta uscendo adesso nelle librerie.

L’Impero parte dal presupposto che nel mondo contemporaneo il conflitto
sia tra un capitale collettivo e le moltitudini, che lo stato-nazione
abbia perso la sua funzione strategica e che l’Europa sia il "topos"
democratico per la trasformazione sociale. Noi riteniamo, al contrario,
che la centralità del conflitto sia oggi più che mai quella tra
capitale e lavoro, che settori sociali ben definiti abbiano interesse a
ricomporre i loro interessi dentro un progetto di cambiamento radicale
dei rapporti di proprietà e dei rapporti sociali. La tesi della
competizione globale afferma che lo Stato-nazione non è stato superato
ma è stato sussunto dentro i poli imperialisti sopranazionali che ne
esercitano le funzioni e, soprattutto, che non siamo più in presenza di
un capitale collettivo come può essere stato nell’epoca della
globalizzazione, ma di poli imperialisti in competizione tra loro. Per
spezzare i meccanismi regressivi di questa rinnovata competizione
interimperialista, i movimenti di resistenza popolare sono decisivi.
Alla competizione globale capitalistica è oggi necessario opporre una
resistenza globale che è cresciuta soprattutto in America Latina e Asia
e che può influenzare sul piano concreto - e non tanto su quello del
terzomondismo romantico - anche la lotta politica qui in Europa. Di
questi movimenti di resistenza dobbiamo salvaguardare l’indipendenza
sapendone cogliere le peculiarità e gli elementi di ricomposizione più
avanzata sul terreno dell’antimperialismo e della fuoriuscita dal
capitalismo.

==========================

ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci  27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it

*** CONTRIBUISCI E FAI CONTRIBUIRE:
Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC ***

IL NOSTRO SITO INTERNET:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm

IL TESTO IN LINGUA ITALIANA DELLA AUTODIFESA DI MILOSEVIC, IN CORSO
DI REVISIONE E CORREZIONE, E' TEMPORANEAMENTE OSPITATO ALLA PAGINA:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

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"Processo Milosevic": Kay e Higgins chiedono di andarsene

---o---

PREMESSA

A causa delle ben note difficolta' finanziarie, sia l'elettricita' che
l'acqua dell'ufficio dell'Ass. Sloboda - la sezione belgradese del
nostro Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic
(ICDSM) - sono state tagliate a partire da lunedi scorso.
Questo significa tra l'altro che, a tempo indeterminato, alcuni dei
piu' stretti collaboratori di Milosevic a Belgrado, e nostri preziosi
corrispondenti, non hanno piu' accesso ad internet.

Questa vicenda ci costringe a rammentare a tutti i nostri amici e
sostenitori che, senza mezzi finanziari, la difesa di Milosevic non ha
chances. Il "Tribunale" garantisce infatti solamente le spese
essenziali per il viaggio dei "testimoni" in occasione delle udienze;
ma tutte le spese di documentazione, comunicazione, gli spostamenti per
la preparazione delle udienze, i contatti e tutte le attivita' dei
consulenti legali di Milosevic (da non confondere con gli "avvocati
d'ufficio" imposti dall'accusa, vedi sotto) e del Comitato di difesa
vanno autofinanziate. Inoltre, servono soldi per pubblicare i testi
relativi al "processo- farsa", poiche' la loro diffusione via internet
ha una presa limitata, e con il trascorrere del tempo si disperde e si
va perduta.

Si valuta che sia indispensabile raccogliere almeno 10mila euro al mese
per far fronte a tutte le necessita' di assistenza legale, di
documentazione e di comunicazione. Le sottoscrizioni piu' regolari e
consistenti finora sono arrivate dalla Serbia e dalla Germania, dove
esiste una nutrita comunita' di emigrati, per un ammontare mensile di
poche centinaia di euro in tutto. Si badi bene: NON ESISTONO ALTRE
FONTI DI FINANZIAMENTO. Una legge passata dal Parlamento serbo la
scorsa primavera - che in linea di principio avrebbe garantito una
parziale copertura delle spese - e' stata subito "congelata" in seguito
alle minacce occidentali. Una qualsivoglia campagna di finanziamento su
basi volontarie a Belgrado e' praticamente irrealizzabile. A causa
delle scelte estremistiche, in senso neoliberista, del regime
instaurato il 5 ottobre 2000 la situazione sociale e' disastrosa, la
disoccupazione dilaga, i salari sono da fame, chi ha i soldi per
mangiare li tiene ben stretti e solo in pochi casi e' disposto a
rischiare la galera (o peggio: vedi le torture in carcere nella
primavera 2003, durante la cosiddetta "Operazione Sciabola") in
attivita' politiche o di solidarieta' a favore di Milosevic: il quale
viene tuttora demonizzato dai media locali - oramai tutti in mano a
societa' occidentali, soprattutto tedesche - esattamente come da noi. A
tutti deve essere infine chiaro - se ancora ci fosse bisogno di
ripeterlo - che al di la' delle menzogne giornalistiche NON ESISTE
ALCUN "TESORO NASCOSTO" DI MILOSEVIC, e che il nostro impegno per la
sua difesa e' insostituibile oltreche' indispensabile.

La Sezione Italiana dell'ICDSM, ringraziando tutti quelli che hanno
finora contribuito alla campagna di autofinanziamento (nel corso di un
anno sono stati raccolti circa 2500 euro dall'Italia), chiede che lo
sforzo in tal senso prosegua, cosi' come sta proseguendo in tutte le
altre realta' nazionali.

CONTRIBUISCI E FAI CONTRIBUIRE:

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

---o---

TPI: MILOSEVIC; AVVOCATI UFFICIO, CON SLOBO RAPPORTI FINITI

(ANSA) - BRUXELLES, 9 NOV - Il rapporto con Slobodan Milosevic ''si e'
completamente deteriorato'': lo affermano i due avvocati d'ufficio
dell'ex presidente jugoslavo al Tpi dell'Aja, che oggi hanno rinnovato
la propria richiesta di essere sollevati dall'incarico. Ribadendo
quanto gia' dichiarato piu' volte nelle ultime settimane, Steven Kay ha
detto al Tribunale penale internazionale sull'ex Jugoslavia che sia
egli stesso sia Gillian Higgins non possono assolvere le proprie
funzioni, visto che l'imputato continua a rifiutarsi di cooperare. Nel
ricordare il periodo in cui entrambi i legali erano 'amici curiae'
(avvocati incaricati di vegliare sul corretto svolgimento del processo)
di Milosevic, Kay ha precisato che tale rapporto e' ormai
''completamente deteriorato''. Qualche giorno fa, Milosevic (63 anni)
e' riuscito ad ottenere dalla Corte quello che chiedeva da tempo, e
cioe' di riacquistare il diritto all'autodifesa, che potra' esercitare
finche' le sue condizioni di salute glielo permetteranno. Nel frattempo
i suoi avvocati d'ufficio non usciranno di scena come avrebbero voluto,
ma continueranno a seguirlo, pronti a sostituirlo se la sua cartella
clinica dovesse registrare un improvviso peggioramento, secondo quanto
ha deciso la Corte dell'Aja rispondendo al ricorso interlocutorio
presentato da Milosevic dopo la nomina d'ufficio - il 2 settembre
scorso - dei due avvocati difensori britannici. In un breve intervento
all'udienza di oggi, Milosevic ha detto, rivolgendosi ai giudici, di
ritenere che la Corte ''ha la competenza per regolare la situazione
creata da voi stessi''. ''Una dichiarazione certamente molto
succinta'', ha poco dopo ironizzato il procuratore, Geoffrey Nice, nel
ricordare i lunghi discorsi che Milosevic ha tenuto in piu' di
un'occasione al processo, iniziato nel febbraio del 2002, in cui l'ex
uomo forte di Belgrado e' accusato per i conflitti balcanici dei primi
anni novanta. (ANSA) RIG    09/11/2004 18:56

http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/20041109185633149532.html

(english / italiano)

Ucraina: aggiornamenti

1. Dmitrij Jakushev: SULLE ELEZIONI IN USA E IN UCRAINA
2. Elezioni in Ucraina: Lettera aperta di Luigi Marino a
La Repubblica (dal sito internet dei Comunisti Italiani)
3. JANUKOVIC E I COMUNISTI HANNO CONCLUSO UN’ALLEANZA ELETTORALE?
4. Partito Progressista Socialista di Ucraina: “VOTARE PER JUSCHENKO
SIGNIFICA VOTARE PER L’ADESIONE DELL’UCRAINA ALLA NATO”

5. John Laughland: WESTERN AGGRESSION
6. Progressive Socialist Party to back Yanukovich in runoff against
'pro-fascist dictatorship, colonization by US' / Kiev Mayor warns
Yuschenko against hampering Nov 6
festivities


=== 1 ===

SULLE ELEZIONI IN USA E IN UCRAINA

di Dmitrij Jakushev

http://www.left.ru/2004/15/yakushev114-2.html

Di seguito la traduzione di un interessante articolo, scritto dallo
studioso marxista russo Dmitrij Jakushev, alla vigilia delle elezioni
presidenziali in USA e Ucraina.

 
Putin ha sostenuto apertamente Bush. Il presidente russo spera
sinceramente che, vincendo ancora una volta la lotta per la Casa
Bianca, Bush, in segno di riconoscenza, avrà la volontà di frenare gli
umori antirussi dell’establishment americano. In realtà, il suo è un
errore serio di valutazione, persino dal punto di vista della politica
della borghesia e delle esigenze di sopravvivenza del regime. Inoltre,
le riverenze a Bush rischiano di compromettere il sostegno pubblico di
cui finora dispone Putin, sia in Russia che nel mondo, senza che possa
venirgli in cambio qualcosa dal punto di vista delle relazioni con gli
USA, anche nel caso di vittoria di Bush. Non si può che concordare con
Brzezinski, quando afferma in un’intervista a “Novaja Gazeta” che
“l’idillio tra l’America e Putin è finito”. Si, è veramente il caso di
credere all’anziano anticomunista e russofobo, quando afferma che:

“L’idillio con Putin, sia per i repubblicani che per i democratici, è
finito. Non prevedo rilevanti differenze nell’atteggiamento che Bush e
Kerry terranno verso la Russia. La preoccupazione per quanto sta
accadendo in Russia è condivisa dai più influenti circoli politici
degli USA. E’ il riflesso della delusione nei confronti di Putin, che
ha cominciato a condurre una politica esplicitamente antidemocratica,
che si traduce nella feroce e rovinosa guerra in Cecenia.” (“Novaja
Gazeta”, 14 ottobre 2004,
http://2004.novayagazeta.ru/nomer/2004/76n/n76n-s10.shtml, nota del
traduttore)

Le contraddizioni oggettive della Russia di Putin con i centri
imperialistici sono troppo grandi, perché si possa sperare, non solo in
rapporti di alleanza, ma neppure nella coesistenza pacifica. In questo
caso hanno certamente ragione i neoliberali quando affermano che non ci
sarebbero problemi con l’Occidente, non ci sarebbero atti terroristici,
solo se la Russia si ritirasse dal Caucaso, vendesse “Gasprom” e
“Transneft” e si adattasse alle ricette del FMI...

Un enorme significato per il futuro della Russia hanno anche le
imminenti elezioni del presidente dell’Ucraina. E’ addirittura
possibile affermare che l’Ucraina sta attraversando il suo “momento
della verità”, che assume un significato storico per tutto il mondo. E’
proprio in Ucraina che oggi si manifestano le più acute contraddizioni
mondiali. La Russia non può permettere che qui si affermi un regime
nazionalista ad essa ostile, perché in tal caso sarebbe la stessa
Russia ad avere i giorni contati. La Russia non può esistere senza
l’Ucraina, sua parte costitutiva indispensabile. L’Occidente, invece,
non può permettere che l’Ucraina cada sotto l’influenza della Russia.
Ci troviamo di fronte ad una contraddizione che può essere risolta solo
con la forza. La politica della lotta per l’Ucraina potrebbe anche
assumere, nel breve periodo, una continuazione bellica.

Che le parti non possano intendersi è testimoniato dagli ultimi giorni
della campagna elettorale. I seguaci di Juschenko danno ad intendere di
essere pronti a non riconoscere i risultati delle elezioni e a
trasferire la lotta per il potere nelle strade, come si è visto con i
violentissimi incidenti scatenati il 23 ottobre vicino al palazzo della
Commissione elettorale centrale. Sulla determinazione anche della parte
avversaria di andare fino in fondo testimonia invece la visita
presidenziale senza precedenti di Putin in Ucraina, e il suo appello
rivolto direttamente al popolo di questo paese a pochissimi giorni
dalla votazione.

Proviamo allora ad immaginare come potrebbero svilupparsi gli
avvenimenti. La Commissione elettorale centrale potrebbe ratificare la
vittoria di Janukovic e la cosa è assolutamente verosimile.
L’opposizione, gli osservatori occidentali, centinaia di migliaia di
sostenitori di Juschenko potrebbero non accettare la decisione. Ciò
potrebbe avvenire dopo il secondo turno. Allora tra potere e
opposizione si scatenerebbe la battaglia per il controllo di Kiev. E la
peculiarità della situazione potrebbe consistere nel fatto che la parte
soccombente non fuggirebbe a Mosca o a Washington, ma cercherebbe di
consolidare le sue posizioni a Donetsk (roccaforte filo-russa di
Janukovic, nota del traduttore) o a Leopoli (la città transcarpatica,
dove del resto, già dopo il primo turno, migliaia di militanti di
movimenti ultranazionalisti, sostenitori di Juschenko, sono
minacciosamente scesi in piazza, nota del traduttore). E ciò
significherebbe due governi e la sanzione della divisione dell’Ucraina.
Verrebbe dimostrato, tra l’altro, che l’Ucraina non è mai stata e mai
potrà essere una nazione separata, e che una sua parte significativa è
sempre stata e sempre rimarrà Russia.

In questa situazione, i comunisti hanno il compito di sviluppare la più
vigorosa propaganda antimperialista, di esigere l’unione dei nostri
popoli in uno stato unitario, di farla finita con la borghesia privata
venduta, dal momento che la vigliacca borghesia russo-ucraina non andrà
mai fino in fondo nella realizzazione dell’unità dei nostri popoli. Una
variante alternativa per i comunisti potrebbe essere semplicemente
quella di sedersi a bere il tè, aspettando che finalmente si creino le
condizioni per un’autentica, veramente pura, lotta di classe, facendo a
meno di qualsiasi corbelleria nazionale e unitaria.

Può anche darsi che le mie siano solo assurdità e che non si avveri
nulla di tutto ciò. Può darsi che, più semplicemente la vittoria vada a
Janukovic e che Juschenko la accetti. O che succeda il contrario, con
Janukovic che si adatta alla vittoria di Juschenko. Non lo so, ma
personalmente ho molti dubbi che ci troveremo di fronte ad uno scenario
così “usuale”.


Traduzione dal russo di Mauro Gemma      


=== 2 ===

Elezioni in Ucraina: Lettera aperta di Luigi Marino a
La Repubblica
 
Ufficio stampa

Roma, 3 novembre 2004
Egregio Direttore,

sono appena tornato dall'Ucraina insieme agli altri parlamentari della
delegazione italiana, osservatori internazionali per conto dell'Osce, e
confesso di essere sorpreso da quanto riportato negli articoli di
Giampaolo Visetti...

Non so da dove si siano attinte le notizie. Come possono testimoniare
anche gli altri colleghi inviati, in coppia, nelle diverse località
scelte dall'Osce, si è riscontrato un clima elettorale più che sereno.
Non si è avvertita alcuna tensione, né nella città di Kiev, né nei
distretti della regione, né alla vigilia del voto, né durante, né dopo.
Centoquarantamila poliziotti nella sola Kiev? Carri armati? In tutti i
seggi da noi monitorati (chi scrive è stato in undici seggi rurali
della regione di Kiev), erano presenti i rappresentanti dei ben 24
candidati in gara sia nelle Commissioni elettorali che tra gli
osservatori accreditati.

Nessuna irregolarità è stata da noi riscontrata né nei seggi, né a
livello di commissioni elettorali territoriali, alle quali pervengono i
verbali con i pacchi delle schede debitamente sigillati e firmati da
tutti i componenti dei seggi. Nei seggi rurali era presente un solo
poliziotto e secondo la legge in locali adiacenti al seggio. Gli
scrutini si sono svolti sotto gli sguardi attenti di tutti i
rappresentanti dei candidati in lizza. Insomma le garanzie erano
offerte dalla stessa presenza dei rappresentanti dei diversi candidati
a tutti i livelli.

Riferisco tutto ciò solo per amore di verità. Per quanto mi riguarda
infatti mentre i programmi del candidato socialista e di quello
comunista mi sono apparsi chiari, ben difficile comprendere le
differenze in termini di reali scelte diverse di politica estera e di
politica economica interna tra i due massimi candidati Yanukovich e
Yushenko, salvo che per le accuse di corruzione rivolte ad Yanukovich
da Yushenko, il che non è certamente poco e determinerà senz'altro il
risultato del ballottaggio.

Aggiungo che i risultati di questo primo round rispecchiano
pedissequamente quelli dei sondaggi pubblicati dalla stessa Osce, che
davano i due contendenti maggiori alla pari. Tutto ora dipende dal
sostegno che gli altri partiti, in particolare i partiti socialista e
comunista, daranno all'uno o all'altro candidato nel ballottaggio.
Questa la mia testimonianza, sia pure limitata alla regione di Kiev ed
ai pochi giorni di permanenza. Desidero altresì ricordare che l'Ucraina
è un paese di grande civiltà e lo svolgimento delle elezioni non è
certamente paragonabile a quello di altri paesi (Afghanistan, ecc.).

Cordiali Saluti

Sen. Luigi Marino

(dal sito dei comunisti italiani)


=== 3 ===

JANUKOVIC E I COMUNISTI HANNO CONCLUSO UN’ALLEANZA ELETTORALE?

www.ukraine.ru

5 novembre 2004

Il sito ucraino, collegato al russo “Strana.ru”, espressione delle
posizioni dell’amministrazione presidenziale, ha diffuso il seguente
comunicato:

 
Mosca, 5 novembre –La direzione del Partito comunista di Ucraina (KPU)
e il candidato alla presidenza del paese Viktor Janukovic hanno
raggiunto un’intesa sulla preparazione di un programma comune per far
uscire il paese dalla crisi economica e sociale. Lo ha comunicato il
leader del PCFR Ghennadij Zjuganov, commentando le consultazioni di
oggi tra la direzione del KPU e Janukovic.

“Janukovic è pronto ad inserire nel suo programma diverse proposte,
sostenute dai comunisti nel corso dell’ultimo decennio”, - ha affermato
Zjuganov oggi all’emittente radiofonica “Eco di Mosca”. Il leader dei
comunisti russi ha salutato questo passo del Partito Comunista di
Ucraina, definendolo “un approccio costruttivo”.

“Le proposte in merito alle pensioni minime, al salario, al
bilinguismo, ed altre ancora sono assolutamente costruttive, e per
questa ragione ho inteso fare appello ai sostenitori dei comunisti in
Ucraina, perché facciano la scelta più ragionevole: quella di avviare
consultazioni con Janukovic”, - ha rilevato Zjuganov.


Fonte della notizia: “Interfax”
Traduzione dal russo di Mauro Gemma 


=== 4 ===

“VOTARE PER JUSCHENKO SIGNIFICA VOTARE PER L’ADESIONE DELL’UCRAINA ALLA
NATO”

Il Partito Progressista Socialista di Ucraina decide di votare per
Janukovic al ballottaggio per le presidenziali

http://www.proua.com

5 novembre 2004

Natalja Vitrenko,  presidentessa della formazione di estrema
sinistra, emersa da una scissione del Partito Socialista di Ucraina
(che ha deciso di votare per il candidato filoccidentale Viktor
Juschenko) ha rilasciato una dichiarazione, in cui, tra l’altro, si
afferma l’intenzione di far confluire l’1.5% dei consensi, attribuito
alla sua candidatura presidenziale per il primo turno, sul premier
Viktor Janukovic.

“Indipendentemente da chi sarà eletto presidente, il nostro partito
condurrà un’opposizione socialista. Dal momento che sia Janukovic che
Juschenko non attueranno certamente trasformazioni socialiste in
Ucraina. Riteniamo però di dover appoggiare Janukovic esclusivamente
per un fattore di politica estera.Janukovic è per l’unione con la
Russia e la Bielorussia, mentre Juschenko vuole che l’Ucraina diventi
un’appendice di materie prime dell’Occidente e che aderisca alla NATO".

                        Traduzione dal russo di Mauro Gemma


=== 5 ===

http://www.spectator.co.uk/article.php?id=5200&issue=2004-11-06

Western aggression

John Laughland

The Spectator (Britain) - November 6, 2004

(John Laughland on how the US and Britain are
intervening in Ukraine’s elections)

A few years ago, a friend of mine was sent to Kiev by
the British government to teach Ukrainians about the
Western democratic system. His pupils were young
reformers from western Ukraine, affiliated to the
Conservative party. When they produced a manifesto
containing 15 pages of impenetrable waffle, he gently
suggested boiling their electoral message down to one
salient point. What was it, he wondered? A moment of
furrowed brows produced the lapidary and nonchalant
reply, ‘To expel all Jews from our country.’

It is in the west of Ukraine that support is strongest
for the man who is being vigorously promoted by
America as the country’s next president: the former
prime minister Viktor Yushchenko. On a rainy Monday
morning in Kiev, I met some young Yushchenko
supporters, druggy skinheads from Lvov. They belonged
both to a Western-backed youth organisation, Pora, and
also to Ukrainian National Self-Defence (Unso), a
semi-paramilitary movement whose members enjoy posing
for the cameras carrying rifles and wearing fatigues
and balaclava helmets. Were nutters like this to be
politically active in any country other than Ukraine
or the Baltic states, there would be instant outcry in
the US and British media; but in former Soviet
republics, such bogus nationalism is considered
anti-Russian and therefore democratic.

It is because of this ideological presupposition that
Anglo-Saxon reporting on the Ukrainian elections has
chimed in with press releases from the State
Department, peddling a fairytale about a struggle
between a brave and beleaguered democrat, Yushchenko,
and an authoritarian Soviet nostalgic, the present
Prime Minister, Viktor Yanukovych. All facts which
contradict this morality tale are suppressed. Thus a
story has been widely circulated that Yushchenko was
poisoned during the electoral campaign, the fantasy
being that the government was trying to bump him off.
But no British or American news outlet has reported
the interview by the chief physician of the Vienna
clinic which treated Yushchenko for his unexplained
illness. The clinic released a report declaring there
to be no evidence of poisoning, after which, said the
chief physician, he was subjected to such intimidation
by Yushchenko’s entourage — who wanted him to change
the report — that he was forced to seek police
protection.

It has also been repeatedly alleged that foreign
observers found the elections fraught with violations
committed by the government. In fact, this is
exclusively the view of highly politicised Western
governmental organisations like the OSCE — a body
which is notorious for the fraudulent nature of its
own reports, and which in any case came to this
conclusion before the poll had even taken place — and
of bogus NGOs, such as the Committee of Ukrainian
Voters, a front organisation exclusively funded by
Western (mainly American) government bodies and
think-tanks, and clearly allied with Yushchenko.
Because they speak English, the political activists in
such organisations can easily nobble Anglophone
Western reporters.

Contrary allegations — such as those of fraud
committed by Yushchenko-supporting local authorities
in western Ukraine, carefully detailed by Russian
election observers but available only in Russian — go
unreported. So too does evidence of crude intimidation
made by Yushchenko supporters against election
officials. The depiction is so skewed that Yushchenko
is presented as a pro-Western free-marketeer, even
though his fief in western Ukraine is an economic
wasteland; while Yanukovych is presented as
pro-Russian and statist, even though his electoral
campaign is based on deregulation and the economy has
been growing at an impressive clip. The cleanliness
and prosperity of Kiev and other cities have improved
noticeably.

There is, however, one thing which separates the two
main candidates, and which explains the West’s
determination to shoo in Yushchenko: Nato. Yanukovych
has said he is against Ukraine joining; Yushchenko is
in favour. The West wants Ukraine in Nato to weaken
Russia geopolitically and to have a new big client
state for expensive Western weaponry, whose
manufacturers fund so much of the US political
process.

Yanukovych has also promised to promote Russian back
to the status of second state language. Since most
Ukrainian citizens speak Russian, since Kiev is the
historic birthplace of Christian Russia, and since the
current legislation forces tens of millions of
Russians to Ukrainianise their names, this is hardly
unreasonable. The continued artificial imposition of
Ukrainian as the state language — started under the
Soviets and intensified after the fall of communism —
will be a further factor in ripping Ukraine’s
Russophone citizens away from Russia proper. That is
why the West wants it.


=== 6 ===

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=1420775&PageNum=0

Itar-Tass - November 3, 2004

Progressive Socialist Party to back Yanukovich in
runoff

KIEV - The Progressive Socialist Party of Ukraine,
whose leader Natalia Vitrenko came fifth in the first
round of a presidential election with 1.5 percent of
votes, has stated its bid to support Prime Minister
Viktor Yanukovich in the runoff election.
Progressive socialists believe that “in case Viktor
Yushchenko is elected president, the establishment in
Ukraine of a pro-fascist dictatorship as well as
Ukraine’s colonization by the USA are inevitable”.
The party comes out in favor of Ukraine’s entry into
the union with Russia and Belarus. That is why it
welcomes the policy of the present government towards
the setting up of common economic space with Belarus,
Russia and Kazakhstan.
The Progressive Socialist Party of Ukraine has urged
socialists and communists, whose candidates came third
and fourth in the first round of the election, to
support Yanukovich.
Since neither opposition presidential candidate Viktor
Yushchenko nor Prime Minister Viktor Yanukovich took
more than 50 of the vote, a runoff between the two is
scheduled for November 21.

---

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=1428811&PageNum=0

Itar-Tass - November 5, 2004

Kiev Mayor warns Yuschenko against hampering Nov 6
festivities

KIEV - Kiev Mayor Alexander Omelchenko has warned the
oppositionist parties united in Our Ukraine bloc with
presidential candidate Viktor Yuschenko at the head
the city authorities will launch a court motion if
they organize actions hampering official festivities
on the 60th anniversary of Kiev's liberation from Nazi
troops.
Saturday, the oppositionists plan holding an action on
Independence Square to kick off an all-Ukraine
marathon they have entitled The People Is Invincible.
Our Ukraine officials say such actions will be held in
all regions of the country until November 21, the date
of the second round of presidential election, in which
Yuschenko is competing neck and neck with Prime
Minister Viktor Yanukovich.
Yuschenko is expected to address participants in the
Saturday meeting and demonstration.
Mayor Omelchenko said, however, Our Ukraine had been
allowed to hold actions on all the streets and squares
in Kiev, except Independence Square and Kreschatik
Avenue.
“Liberation Day events are more important than Our
Ukraine’s marches,” he said in an interview with
reporters.

Direttiva Bolkestein, ovvero: si chiude la trappola della UE

1. La segreteria nazionale della FIOM chiede di fermare la nuova
direttiva
2. Attac Italia sulla "direttiva Bolkestein"
3. Dal FSE di Londra, 15 ottobre 2004: un APPELLO contro la
privatizzazione dei servizi sanitari ed alcune prossime SCADENZE


=== 1 ===

http://www.resistenze.org/sito/te/pr/la/prla4l28.htm
www.resistenze.org - proletari resistenti - lavoro - 28-10-04

La segreteria nazionale della FIOM chiede di fermare la nuova direttiva
sugli orari e la “direttiva Bolkenstein” dell’Unione Europea


Due direttive dell’Unione europea, in discussione in questo periodo,
possono produrre danni enormi ai diritti dei lavoratori e alla
contrattazione sindacale. La revisione della Direttiva sugli orari
peggiora ancora normative che hanno allargato flessibilità selvagge nei
tempi di lavoro. Si estenderebbe per tutto l’anno la flessibilità a 48
ore settimanali. Si darebbe la possibilità di deroghe individuali
all’orario settimanale fino a 65 ore. Si peggiorerebbe ulteriormente la
condizione dei lavoratori a chiamata e di tutti coloro che non hanno un
orario definito.

La nuova Direttiva sugli orari è quindi inaccettabile, essa distrugge
i Contratti nazionali e crea lo spazio per l’assoluto arbitrio negli
orari settimanali, per la totale individualizzazione di essi. Questa
Direttiva va quindi messa in discussione radicalmente e la Fiom chiede
a tutte le forze politiche di attivarsi affinché non vengano messi in
discussione fondamentali diritti dei lavoratori.

La Segreteria nazionale della Fiom aderisce poi con convinzione alla
campagna, lanciata nel corso del Social Forum di Londra, per fermare la
“DIRETTIVA BOLKENSTEIN” dell’Unione Europea. Tale direttiva, approvata
dalla Commissione europea nello scorso 13 gennaio verrà discussa a
partire dal prossimo 11 novembre nel Parlamento europeo e concluderà il
suo iter procedurale probabilmente nella primavera del 2005.

La gravità della Direttiva è che essa scardina i principi di
solidarietà e eguaglianza, di estensione dei diritti sociali e del
lavoro, che dovrebbero essere alla base dell’Unione e che sono
fondamentali per molte costituzioni, compresa quella della Repubblica
italiana. La Direttiva, nel nome dell’estensione del libero mercato e
della libera concorrenza, afferma il principio della più selvaggia
delle competizioni sul piano dei servizi, delle attività economiche,
dei rapporti di lavoro. Molti sono i punti inaccettabili della
Direttiva, ma quello più grave risiede nell’articolo 16, relativo al
principio del paese d’origine.

Secondo questo nuovo principio un fornitore di servizi è sottoposto
esclusivamente alla legge del paese in cui ha sede l’impresa, e non a
quella del paese dove fornisce il servizio. Un’impresa può assumere i
lavoratori e poi trasferirli in un altro stato, mantenendo leggi,
contratti, norme di sicurezza e di controllo del paese d’origine. Si
può così realizzare un gigantesco caporalato europeo, perfettamente
legalizzato, ove i lavoratori vengono assunti nei paesi a più basso
salario e con meno diritti e poi, trasferiti per lavorare nei paesi ove
le condizioni di lavoro sono migliori, senza che questo produca nessun
mutamento della loro condizione. E’ chiaro che per questa via si
scardinano i contratti, le norme di legge e di sicurezza, si crea un
meccanismo di concorrenza selvaggia tra imprese e lavoratori, che porta
allo smantellamento dei diritti sociali europei.

La Fiom ritiene necessaria la cancellazione di questa Direttiva e
chiede ai movimenti sociali e alle forze politiche, di far sì che un
tema di questa portata non sia affrontato dalle istituzioni, tenendo
all’oscuro gran parte dell’opinione pubblica.

La Fiom impegna tutte le proprie organizzazioni a partecipare alla
campagna di mobilitazione per conoscere e fermare la Direttiva sugli
orari e la “Direttiva Bolkenstein” e per riaffermare quei principi di
solidarietà sociale e di uguaglianza dei diritti che devono essere alla
base dell’Europa comunitaria.

Roma, 27 ottobre 2004


=== 2 ===

Da: rifondazione_paris
Data: Lun 8 Nov 2004 18:07:57 Europe/Rome
A: info_prc_paris @ yahoogroups.com
Oggetto: [info_prc_paris] Attac Italia sulla "direttiva Bolkestein"


Bolkestein. Dall'Unione Europea una direttiva contro lo stato sociale e
i diritti del lavoro


Si chiama Bolkestein - dal nome del Commissario Europeo per la
Concorrenza e il Mercato Interno dell'uscente commissione Prodi
- la Direttiva con cui l'UE si appresta a dare il colpo di
grazia a quel che resta del "modello sociale europeo", già
agonizzante dopo le privatizzazioni che si sono succedute e la
continua messa in discussione dei diritti sociali e del lavoro [Marco
Bersani, Attac Italia].


La proposta di Direttiva - approvata all'unanimità della
Commissione Europea nello scorso 13 gennaio - è entrata in
dirittura d'arrivo: il prossimo 11 novembre si terrà l'udienza al
Parlamento Europeo della Commissione per la Concorrenza e il Mercato
Interno; a fine novembre sarà sottoposta al vaglio del Consiglio
dei Ministri Europei; da lì inizierà l'iter procedurale per
giungere, probabilmente a marzo 2005, al voto finale del
Parlamento Europeo.

La Direttiva Bolkenstein -elaborata dopo la consultazione di ben
10.000 aziende europee e nessun sindacato e/o organizzazione della
società civile- è uno degli obiettivi di mobilitazione contenuti
nell'appello dei movimenti sociali uscito dal Forum Sociale Europeo
di Londra, in cui si è proposto il lancio di una campagna
continentale per il ritiro completo e immediato della stessa.
Proviamo a capire perchè.

Come il Gats

Pomposamente annunciata come un provvedimento teso a "diminuire
la burocrazia e ridurre i vincoli alla competitività nei servizi
per il mercato interno", la Direttiva Bolkenstein (IP/04/37) si
prefigge di imporre ai 25 Stati membri dell'Unione le regole
della concorrenza commerciale, senza alcun limite, in tutte le
attività di servizio"; dove, per servizio si intende (art. 4)
"ogni attività economica che si occupa della fornitura di una
prestazione oggetto di contropartita economica". E' evidente la
similitudine con i principi e le procedure già stabilite in sede
di Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) con l' Accordo generale
sul Commercio dei Servizi (Gats). Similitudine che è esplicitata
direttamente a pag. 16, laddove si dice come " i negoziati Gats
sottolineano la necessità per l'UE di stabilire rapidamente un
vero mercato interno dei servizi per assicurare la competitività
delle imprese europee e rafforzare la sua posizione negoziale".
Ed ecco svelato l'arcano: l'Europa deve privatizzare i servizi
sul mercato interno per poter pretendere, da una posizione di
forza all'interno dei negoziati Gats, la privatizzazione dei
servizi nel resto del mondo. Ovvero, siamo all'Europa che, lungi dal
proteggere le popolazioni dalla globalizzazione neoliberista, si
candida ad assumerne la guida.

Peggio del Gats

Ma la Direttiva Bolkenstein va ancora oltre. Innanzitutto perchè
- al contrario del Gats - non prevede alcuna possibilità di
restrizioni nazionali all'accordo. Configurandosi come una direttiva
"orizzontale" e non nominando alcun settore in particolare, si
applica dovunque sia possibile l'apertura di un mercato, intendendo
l'esistenza di un mercato "ogni settore di attività economica in
cui un servizio può essere fornito da un privato". In secondo
luogo perchè gli ostacoli "burocratici" alla competitività,
che si prefigge di eliminare, sono in larga parte le disposizioni
prese dai poteri pubblici per la migliore prestazione del
servizio in termini di garanzie sociali ed ambientali, di tutela
dell'accesso universale, di trasparenza delle procedure, di
qualità del servizio, di diritti del lavoro, di contenimento
delle tariffe.

In pratica, si rimette radicalmente in discussione il potere
discrezionale delle autorità locali; poco importa che queste ultime
siano elette e controllate democraticamente dai cittadini, a
differenza dei membri della Commissione Europea!

Il principio del paese d'origine

Ma il cuore della Direttiva Bolkenstein - e la sua eccezionale
gravità - risiede nell'art. 16 relativo al principio del paese
d'origine. Con questo principio, l'UE rinuncia definitivamente
alla pratica dell'armonizzazione" fra le normative dei singoli
Stati, pratica che era finora assurta ad elemento quasi
fondativo dell'Unione stessa.

Secondo il nuovo principio, un fornitore di servizi è sottoposto
esclusivamente alla legge del paese in cui ha sede l'impresa, e
non a quella del paese dove fornisce il servizio. Per dirla in parole
semplici quanto apparentemente incredibili: un' impresa polacca
che distacchi lavoratori polacchi in Francia o in Belgio, non
dovrà più chiedere l'autorizzazione alle autorità francesi o
belghe se ha già ottenuto l'autorizzazione delle autorità
polacche, e a quei lavoratori si applicherà solo la legislazione
polacca.

E' evidente, in questo principio, la novità introdotta
dall'allargamento dell'UE agli ex-paesi dell'Est: poiché entrano
nell' UE paesi le cui legislazioni fiscali, sociali e ambientali in
questi quindici anni di "transizione" sono divenute quelle
proprie dello "Stato minimo", si abbandona l'armonizzazione e si
prepara un processo di vero e proprio dumping sociale. Siamo di
fronte ad un incitamento legale a spostare le imprese verso i
Paesi a più debole protezione sociale e del lavoro, e, una volta
approvata definitivamente la Direttiva, a pressioni fortissime
sui Paesi i cui standard sociali e di lavoro sono storicamente
molto più avanzati.

Colpo di grazia allo stato sociale e ai diritti del lavoro

Senza volersi addentrare in ulteriori, ma significativi, dettagli
- come, ad esempio, il fatto che il controllo sulle condizioni di
lavoro dei lavoratori distaccati in un altro paese è affidata
agli ispettori del paese d'origine! - appaiono chiarissimi i
segni che la Direttiva Bolkestein è destinata a lasciare:
a) apertura alla concorrenza e alla privatizzazione di quasi
tutte le attività di servizio, dalle attività logistiche di
qualunque impresa produttiva ai servizi pubblici come istruzione
e sanità;
b) deregolamentazione totale dell'erogazione dei servizi con
drastica riduzione, se non annullamento, delle possibilità
d'intervento degli enti locali e delle organizzazioni sindacali;
c) destrutturazione e smantellamento del mercato del lavoro
attraverso la precarizzazione e il dumping sociale all'interno
dell'Unione Europea

Necessaria una mobilitazione di massa

Se questo è il quadro, stupisce come la risposta da parte di
partiti, sindacati e movimenti abbia tardato ad arrivare. A partire
dall'informazione, ancor oggi patrimonio di poche e volenterose
organizzazioni, ma priva della diffusione di massa che una
Direttiva così grave meriterebbe.

Al Forum Sociale Europeo di Londra, la rete europea di Attac ha
costruito due seminari ed un workshop che hanno visto la partecipazione
di componenti importanti dei sindacati e dei movimenti: dalle
marce europee alla Federazione Europea dei Trasporti,
dall'insieme dei sindacati nordici (svedesi e belgi in prima
fila) al Sud-PTT francese, da Oxfam Solidarity alla Cgil -
Funzione Pubblica. Ma tutto ciò continua ad essere largamente
insufficiente rispetto alla portata dell'attacco ai diritti, prevista
dalla direttiva Bolkenstein. Senza una forte mobilitazione dei
sindacati nazionali ed europei, dei movimenti sociali
continentali, delle forze politiche nei Parlamenti nazionali ed
Europeo, la partita del modello sociale europeo rischia di
essere definitivamente persa. Per questo e da subito, occorre
che nei luoghi di lavoro, nei territori e nelle sedi istituzionali si
costruiscano percorsi di sensibilizzazione e di mobilitazione
che, a partire dalla prossima scadenza dell' 11 novembre al
Parlamento Europeo, giungano nel marzo 2005 a Bruxelles con una
grandissima manifestazione per l'Europa sociale e per il ritiro
"senza se e senza ma" della famigerata Direttiva Bolkenstein.
Un'altra Europa è possibile, ma a condizione che ciascuno si assuma
la sua parte nel difficile compito di costruirla.

Comunicato stampa di Attac Italia

(fonte: www.contropiano.org)


=== 3 ===

APPELLO PER UNA MOBILIZZAZIONE PER LA DIFESA DEL DIRITTO ALLA SALUTE
CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI SANITARI

Londra 15 ottobre 2004

I partecipanti ai seminari sul diritto alla salute, svoltisi nel FORUM
SOCIALE EUROPEO di Londra, propongono all’Assemblea dei Movimenti
Sociali di assumere come obiettivo prioritario, nelle mobilitazioni
contro le privatizzazioni dei servizi sociali, la difesa del diritto
alla salute della popolazione. In Europa, la negazione di questo
diritto che è il frutto delle politiche neoliberiste, sta assumendo per
donne e uomini aspetti drammatici. Le politiche sanitarie neoliberiste
hanno trasformato la salute della gente in merce da cui trarre profitto.
L’attacco ai sistemi sanitari pubblici in tutta Europa e le politiche
di privatizzazione dei servizi stanno di fatto impedendo a molti
cittadini l’accesso all’assistenza sanitaria.
I servizi privatizzati sono piu’ costosi e meno accessibili per la
gente. Questa logica di privatizzazione impedisce una ricerca
indipendente perche’ assoggettata agli interessi delle multinazionali.

Il Trattato sulla Costituzione Europea sta cancellando il diritto alla
salute che in molti casi esisteva nelle Costituzioni Nazionali.
I partecipanti al seminario dichiarano la loro totale opposizione a
questo Trattato, frutto di accordi tra banche e potere economico, che
non ha tenuto in considerazione il soggetto piu’ importante rispetto a
queste scelte: le popolazioni europee. Per questo motivo invitano a
votare contro I referendum nazionali sul Trattato.
Rifiutano altresì gli accordi che vanno in questa direzione ed in
particolare la Direttiva Bolkestein che rende ancora piu’ duro
l’accordo generale sul commercio dei servizi (GATS).

PHM (People’s Health Movement), GHW (Global Health Watch), REDS (Rete
Europea per il Diritto alla Salute) si battono contro l’esclusione e
per il diritto all’accesso ai servizi sanitari pubblici senza
discriminazioni.
Si mobilitano altresi’ per ottenere in tutti i paesi servizi sanitari
pubblici gratuiti in grado di soddisfare i bisogni della popolazione.

Le reti si battono contro l’Europa “Fortezza” che nega i diritti ai
migranti impedendo loro di accedere alle strutture sanitarie e di
vivere in condizioni dignitose.
Per questo motivo le reti si propongono di costruire uno spazio
specifico sulla salute nel Forum Sociale Mediterraneo nel giugno 2005.
Inoltre PHM, GHW e REDS stanno collaborando all’organizzazione, insieme
alle reti latino amercicane e afro asiatiche del Forum Mondiale sulla
Salute che si terra’ a Porto Alegre dal 23 al 25 gennaio 2005 prima del
Forum Sociale Mondiale e dell’Assemblea Mondiale per la Salute dei
Popoli che si terra’ a Cuenca (Eq) nel luglio 2005.

Le reti che hanno organizzato I seminari sulla salute - PHM, GHW e REDS
- propongono una campagna di mobilitazione contro la privatizzazione
dei servizi sanitari a partire dal sostegno alla lotta dei cittadini
ungheresi, che stanno organizzando un referendum nazionale contro la
privatizzazione degli ospedali pubblici.

Fanno appello a tutti i presenti all’Assemblea dei Movimenti Sociali
per contribuire attivamente alla realizzazione delle giornate di
mobilitazione contro la privatizzazione dei servizi sanitari.

3 DICEMBRE 2004 giornata contro la privatizzazione della salute in
appoggio al referendum in Ungheria

18 FEBBRAIO 2005 giornata contro la Costituzione Europea e la Direttiva
Bolkestein in coincidenza con il Referendum sul trattato di
Costituzione Europea che si svolgerà nello stato Spagnolo.

10-16 APRILE 2005 settimana di mobilitazione contro gli accordi sul
Commercio

(deutsch / italiano)

L'IMPERIALISMO "ETICO" DELLA SOCIALDEMOCRAZIA EUROPEA

Mentre nella SPD tedesca di parla oramai esplicitamente delle
"responsabilita' imperiali" che la nuova Europa si dovrebbe assumere e
si esaltano l'aumento delle spese militari e la creazione di nuovi
"protettorati", il segretario del Partito della Rifondazione Comunista
dichiara su l'Unita' che bisogna "isolare" chi sostiene la resistenza
irachena.
Sono due drammatici esiti della deriva della socialdemocrazia europea,
tradizionalmente guidata da quella austro-tedesca -- dal tradimento
storico dei "crediti di guerra" (prima guerra mondiale) fino alla "Bad
Godesberg" della SPD (1958).

1. SPD sieht imperiale Aufgaben
2. UE: BERTINOTTI, UNA BAD GODESBERG EUROPEA PER FERMARE DESTRA DI BUSH
3. ISOLIAMO CHI PARLA DI RESISTENZA

(a cura di Italo Slavo)

1)

SPD sieht imperiale Aufgaben

http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1099960362.php

09.11.2004

Klartext

BERLIN/BONN (Eigener Bericht) - Führende Persönlichkeiten der in
Deutschland regierenden Sozialdemokraten (SPD) und ihnen nahe stehende
Analytiker verlangen ein deutliches Bekenntnis zu ,,neuen Formen von
Imperialismus". Mit wenigen Ausnahmen sei die EU von fragwürdigen
Staatsgebilden umgeben und habe für ,,Stabilitätsexporte" auch mit
militärischen Mitteln zu sorgen, äußert der Leiter des Referats
,,Internationale Politikanalyse" der sozialdemokratischen
Friedrich-Ebert-Stiftung. Der Wissenschaftler hatte bereits vor mehren
Monaten wörtlich angemahnt, die EU müsse ,,Kanonen statt Butter"
finanzieren. In einer Berliner Politikstudie über ,,Das imperiale
Europa" heißt es ergänzend, die EU habe ,,imperiale Aufgaben"
wahrzunehmen, die sie nach Afrika und Asien führen werde. Der ehemalige
Bundesminister Egon Bahr ist der Auffassung, Deutschland müsse die
Aufstellung europäischer Streitkräfte forcieren und mehr nationalen
,,Stolz" entwickeln. Dies vertraute Bahr (SPD) einer deutschen
Wochenzeitung an, die wegen ihrer Verbindungen zu rechten Kreisen von
mehreren Verfassungsschutzämtern beobachtet wird.

Zu den fragwürdigen und instabilen Staatsgebilden (,,failing states")
zählt Michael Dauderstädt von der ,,Friedrich-Ebert-Stiftung" (FES)
praktisch sämtliche Grenzanlieger der EU und nimmt von dieser
folgenschweren Einordnung lediglich die Schweiz, Norwegen sowie Island
aus.1) Auch Israel, erst recht aber die Staaten der arabischen
Halbinsel und Nordafrikas, die GUS, Rumänien und Bulgarien werden von
Dauderstädt in unterschiedliche Kategorien politischer oder sozialer
Minderwertigkeit eingereiht. Selbst Italien sieht Dauderstädt von
Makeln behaftet (keine ,,effiziente und transparente
Regierungstätigkeit"), die dem politischen Ordnungsempfinden der
deutschen Außenpolitik widersprechen.

Unangebracht

Wegen der weltweiten Defizite müsse sich ,,Europa" auf verstärkten
,,Stabilitätsexport" vorbereiten, nachdem es internationale Erfahrungen
bei der Errichtung von ,,Protektoraten" bereits gemacht und ,,neue
Formen des Imperialismus" erprobt habe. Zu diesen Protektoraten mit
mehr ,,Wohlstand" zählt Dauderstädt Bosnien-Herzegowina, Kosovo,
Afghanistan und ,,einige afrikanische Länder". Um auch die
Gesellschaften des übrigen Afrika und ,,der arabischen Welt" aus ihren
gegenwärtigen Zuständen in ähnliche Verhältnisse zu überführen, ist es
nach Auffassung des FES-Spezialisten geraten, großzügig vorzugehen.
,,Ideologisches Beharren auf idealtypischen Reformen wie Wahlen und
Wirtschaftsfreiheit" hält der FES-Referatsleiter in diesen Ländern für
unangebracht.

Kriegspolitik

Der weltweite ,,Stabilitätsexport" gehört zur ,,Übernahme imperialer
Aufgaben" und muss ,,zielsicher" beschritten werden, ergänzt der
Berliner Politik-Professor Herfried Münkler.2) Münkler hat
,,(f)ließende Grenzen" entdeckt, die ,,im Osten und Süden" zur
,,wirtschaftliche(n) Durchdringung" einladen. Die ,,Kontrolle" ,,des
nordafrikanischen Raumes wegen der dortigen Energievorkommen" gehöre
deswegen zu den vornehmsten Aufgaben des europäischen Imperiums.
Bevorzugte Fürsorge verdient laut Münkler auch ,,die südöstliche
Peripherie" (Türkei), die ,,nach dem Modell der vom Zentrum weg
verlaufenden Kreise und Ellipsen zu organisieren" ist. Damit bezieht
sich Münkler auf die Raumtheorien der deutschen Kaiserzeit und deren
Gründungsvater Friedrich Ratzel.3) Wie Ratzel lehrte, ist bei der
,,Raumbeherrschung" vom Zentrum zur Peripherie vorzugehen, wobei ,,der
Krieg die Schule des Raumes" wird.4) Die von Münkler herangezogenen
Raummodelle wurden im NS-Staat weiterentwickelt und fundierten die
faschistische Kriegspolitik.

Selbstbestimmt

Das sich entwickelnde Selbstbewusstsein imperialer Größe führt zu
fortschreitenden Annäherungen zwischen nationalen, nationalistischen
und rechtsextremen Fraktionen der deutschen Außenpolitik. Jüngstes
Beispiel ist ein Interview, das der ehemalige Bundesminister Egon Bahr
(SPD) einer deutschen Wochenzeitung unter Beobachtung des
Verfassungsschutzes gewährte. Darin empfiehlt Bahr den Lesern mehr
(National-),,Stolz" und rät zur Aufstellung einer EU-Armee, die
,,selbstbestimmt", nämlich in Konkurrenz zu den USA, ,,eingesetzt
werden" müsse.5)

Engagiert

Wegen der parlamentarischen Erfolge rechtsextremer Parteien in
Deutschland macht sich Bahr ,,keine Sorgen". Auf die Frage, ob deutsche
Schulen und Universitäten eine ,,Fixierung auf die Zeit des
Nationalsozialismus" betrieben, antwortet Bahr bestätigend, man hätte
in der Nachkriegszeit gegen die angebliche ,,Fixierung" deutlicher
auftreten sollen. Im Verlauf des Interviews lobt der ehemalige
Bundesminister das unter Beobachtung stehende Blatt wegen seiner
,,leidenschaftlich" und ,,engagiert" betriebenen Publizistik.

1) Michael Dauderstädt: Exporting Stability to a Wider Europe: From a
Flawed Union to Failing States; Internationale Politikanalyse -
Europäische Politik, Oktober 2004
2) Herfried Münkler: Das imperiale Europa; Die Welt 29.10.2004
3) S. dazu die Rubrik Geschichte
[http://www.german-foreign-policy.com/de/hist-archiv/dne.php%5d. S. auch
Raum im Werden
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1051048800.php%5d
und Aus der Tiefe des Raums
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1076722965.php%5d
4) Friedrich Ratzel: Politische Geographie, München/Leipzig 1897
5) ,,Wir müssen lernen, wieder eine normale Nation zu sein"; Junge
Freiheit 05.11.2004

s. auch Kanonen statt Butter (II)
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1074294898.php%5d
und In Liebe - Krieg
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1073865483.php%5d
sowie Schubweise barbarisch
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1091397600.php%5d

Informationen zur Deutschen Außenpolitik
© www.german-foreign-policy.com

2)

UE: BERTINOTTI, UNA BAD GODESBERG EUROPEA PER FERMARE DESTRA DI BUSH

Roma - Invita l'Europa a recuperare "una sua ideologia" da contrapporre
a quella "politico-religiosa della destra americana" il leader di
Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, che con "La Repubblica"
spiega di riferirsi ad "una ideologia" che non risale a Marx ma a che
affondi le radici nella "lezione sull'uguaglianza di Norberto Bobbio" e
"sul modello del manifesto dei socialdemocratici di Bad Godesberg".
"Fatte tutte le distinzioni possibili -afferma Bertinotti- nel voto
americano c'è una quota de te fabula narratur che ci riguarda tutti. La
destra americana vince grazie ad una gigantesca operazione
ideologico-culturale". "Con un enorme flusso di denaro verso le chiese
estremiste e i circoli culturali più radicali, i repubblicani -aggiunge
Bertinotti- hanno compiuto un 'investimento politico a redditività
differita', che nel fuoco della guerra e della crisi dell'economia
poteva essere riscosso solo attraverso una fondamentalistica visione
duale del mondo: le forze del Bene che lottano contro il Male".

Adnkronos (martedì 9 novembre)

BAD GODESBERG, PROGRAMMA DI (1958).

Approvato dal Partito socialdemocratico tedesco in occasione
del suo congresso del 1958 nella cittadina termale vicino a
Bonn, in Renania, rappresentò la più profonda revisione
programmatica compiuta dal partito dal programma di Erfurt (1891). La
Spd abbandonava la prospettiva rivoluzionaria per accettare il
riformismo, con l'intento di conquistare più ampi consensi
elettorali.

http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/b/b002.htm

3)

ISOLIAMO CHI PARLA DI RESISTENZA

Così titolava una intervista a Bertinotti apparsa sull'Unita' del 26
settembre 2004, nella quale il segretario nazionale del PRC, a
proposito dell'Iraq, diceva tra l'altro:

<< Non è vero che i nemici di Bush siano i nostri amici.
Respingiamo questa tesi. (...) L'idea, purtroppo, seppur minoritaria, è
presente nel mondo. Non vorrei che tutto scadesse in un banale
provincialismo. Perché se uno legge i testi che girano nel mondo si
potrà rendere conto che autorevolissimi uomini della cultura
terzomondista e di sinistra sono su questa tesi. (...) Nomi non ne
vorrei fare, ma basta vedere qualche convegno terzomondista [sic] e
leggere la letteratura che circola in questi ultimi mesi. A Londra, in
occasione del Social Forum dal 15 al 17 ottobre, avremo la riprova,
purtroppo. Questa cosa non va presa sottogamba nel modo più assoluto.
(...) È evidente che queste tesi che io considero così gravi e
pericolose possono far breccia anche in qualche area. Che non riesce a
vedere una prospettiva diversa per battere la guerra e non si rende
conto che il terrorismo e la guerra sono assolutamente speculari. >>

Nell'intervista il riferimento è a "pochissimi, una frangia marginale
del corteo" del PRC del 25 settembre u.s., che avrebbero "inneggiato
slogan macabri su Nassirya". Poiche' pero' nessuno dei partecipanti al
corteo ha sentito, tantomeno pronunziato slogan simili, e' evidente che
il "reato" che viene qui contestato e' quello di "parlare di
resistenza", come viene ben spiegato nel titolo.

[ Sulla manifestazione del 13 novembre a Roma vedi l'appello di
convocazione ad es. su:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma131104.htm
Sul martirio della citta' di Falluja vedi ad es. la documentazione su:
http://www.uruknet.info ]


Che Falluja il 13 novembre sia su tutte le nostre bandiere

(di Fulvio Grimaldi)


Cari compagni,
la controinformazione internazionale e in particolare quella USA,
perlopiù ripresa da Uruknet, ci riversano agghiaccianti materiali su
quello che sta succedendo a Falluja. Come sapete, la città è assediata
e bombardata giorno e notte da oltre un mese. Nessun centro abitato,
dalla fine della seconda guerra mondiale, da Dresda, Stalingrado e
Hiroshima, ha subito un simile tentativo di liquidazione totale. 10.000
soldati statunitensi, rinforzati nelle retrovie dalle truppe
britannicke della Black Watch e da decine di migliaia di mercenari
delle compagnie private, stanno stringendo d'assedio i 100.000 abitanti
sopravvissuti o non fuggiti dei 500.000 originari. Sono ormai quasi
esclusivamente uomini. I bombardamenti hanno distrutto centinaia di
case d'abitazione con il pretesto, totalmente falso e smentito da
osservatori, analisti, nonchè dalle autorità religiose e amministrative
della città, di voler colpire Abu Mussab Al Zarkawi e i suoi seguaci.
Mentre è ormai provato che Zarkawi è un'invenzione degli strateghi USA
(oscenamente avallata da Padre Benjamin - divenuto repentinamente
antisaddamista - che gli attribuisce addirittura il controllo su 62
gruppi di combattimento:
http://www.uonna.it/vivi-reporter-francesi.htm ), un pretesto come lo
era Bin Laden quando si trattava di polverizzare l'Afghanistan per
uccidere il socio di Bush, gli abitanti di questo eroico simbolo della
resistenza antimperialista sono privati, non solo degli elementi di
base per sopravvivere - acqua, cibo, medici e farmaci (quasi tutti gli
ospedali sono stati distrutti), energia - ma perfino di un minimo di
solidarietà internazionalista, di quella che era ancora viva e si
manifestava al tempo dei massacri sionisti di Jenin, Ramallah, Rafah,
Khan Junis, Nablus - pure assai minori per portata genocida - e quanto
menoriuscì a frenare l'impeto stragista degli israeliani e a portare
questi crimini contro l'umanità alla ribalta internazionale,
alimentando la crescita e la forza del movimento contro la guerra e
contro l'imperialismo.

A Falluja sono stati frantumati a forza di bombe ad alta penetrazione,
ordigni incendiari, cannonate di grosso calibro, bombe a grappolo,
bambini, donne, uomini, quanti non ne hanno uccisi nei loro attacchi
tutti i combattenti suicidi palestinesi. Contemporaneamente una ONG
dalle ambiguità comprovate come Human Rights Watch, da sempre in
sintonia con i regimi di Washington, salvo qualche "correzione", fa
circolare la cifra di 400.000 vittime del precedente governo iracheno,
di cui 100.000 curdi, curdi che sarebbero stati uccisi nell'ultimo anno
di guerra Iraq-Iran. Inutile dire che la bufala dei curdi gassati da
Saddam a Hallabja è già stato smentita (il bombardamento con i gas fu
effettuato dagli iraniani) nel modo più autorevole dagli alti livelli
della CIA (Stephen Pelletiere, capo analista Cia di quella guerra, New
York Times 31/1/2003) (1), nonchè da tutti i servizi d'informazione
dell'epoca. Ma HRW non fornisce la benchè minima prova, oppure una per
quanto dubbia fossa comune, a sostegno della cifra (2), che, comunque,
collide con quanto ipotizzato dalla Croce Rossa e da altri enti di
ricerca per i quali le morti violente sotto il precedente regime non
superano il 2% di quelle verificatesi dall'inizio di questa guerra. E'
chiaro l'intento di questa organizzazione sedicente non governativa di
annullare l'effetto degli almeno 100.000 ammazzati tra i civili
iracheni, documentati da istituti prestigiosi come la Columbia
University e l'Università Al Mustanseria di Bagdad e riportati
dall'insospettabile periodico medico britannnico "Lancet".

A Falluja si muore come le mosche, a Falluja si sta compiendo, secondo
Simon Hersh, il giornalista che ha violato la consegna del silenzio
sulle stragi di My Lai in Vietnam e la strategia delle torture imposte
da Washington ad Abu Ghraib e in mille altre carceri, un olocausto di
porporzioni inenarrabili. Confortato dalla rielezione del burattino
Bush, la cerchia di neonazisti sionisti germogliati sotto Reagan e
ormai completamente padroni di un paese lobotomizzato dalla paura
indotta e in corso di rapida fascistizzazione, si appresta, fuori dal
giudizio di qualsiasi consesso umano o giuridico, a menare colpi
definitivi al più resistente e avanzato popolo del Medio Oriente. Un
popolo decisivo per il destino di quella regione, e non solo. Caduta
Falluja, e poi le altre città sotto controllo di una Resistenza che,
come dimostrano il suo eccezionale coordinamento, la sua capacità di
colpire come e quando vuole, l'appoggio popolare totale, le sue riserve
militari e umane, la sua coscienza politica, rappresenta oggi la più
grande minaccia per l'avanzata dell'imperialismo occidentale, le armate
barbare intenderanno muoversi all'assalto e alla distruzione di altri
popoli, stati, classi.

Falluja è una linea di resistenza dall'elevatissimo valore simbolico e
politico. Falluja è la cartina di tornasole dell'agghiacciante barbarie
degli aggressori e dell'eroismo degli aggrediti. A Falluja, come hanno
scritto gli abitanti della città martire inviando appelli alla comunità
umana, si difendono i valori di quella comunità, la sua stessa vita, il
suo futuro. Possibile che il presidente fantoccio installato dagli USA
a Bagdad si possa spendere per frenare il suo primo ministro, l'arnese
terrorista Cia Allaui, dall'assalto a Falluja, possibile che lo spento
notaio della "comunità internazionale" a stelle e striscie, Kofi Annan,
si sbilanci con un'invocazione ad evitare la carneficina e passare al
negoziato, mentre il movimento contro la guerra, lo schieramento
antimperialista, le persone perbene se ne rimangano in silenzio, per
poi inorridire magari quando qualche evento fortuito o qualche
residuato dell'ecatombe porteranno alla luce frammenti dell'orrore
inflitto a Falluja?

Dove è la nostra solidarietà con coloro che resistono all'imperialismo
ben oltre le nostre capacità e disponibilit, fino al costo della vita?
Potevano, i combattenti, la gente di Falluja fuggire tutta quanta e
lasciare ai barbari il loro deserto. Perchè credete che sono rimasti
lì, in armi, a difendere la loro città, il loro paese, la loro
sovranità, la loro dignità? Per tutte queste cose e per una cosa in
più: noi!

IL 13 NOVEMBRE ABBIAMO ANNUNCIATO CHE MANIFESTEREMO A ROMA, DA TUTTO
IL PAESE, CONTRO IL MURO DI SHARON, Abbiamo anche inserito un capoverso
contro l'occupazione di Palestina e Iraq e per il ritiro delle truppe
straniere dall'Iraq. Giusto. Ma oggi come oggi, con Falluja moribonda e
in piedi sotto i nostri occhi e alla mercè del nostro nemico mortale,
forse, nel rilanciare la manifestazione nazionale del 13, ci vuole
qualcosa in più. A Stalingrado abbiamo dovuto stare zitti. A Dresda
eravamo confusi. A Marzabotto eravamo inermi. A Hiroshima abbiamo
capito tardi. Non facciamo che dobbiamo vergognarci davanti ai ragazzi
di Falluja stroncati con l'RPG in mano, alle mamme e ai bimbi tritati
dalle bombe, davanti al nostro specchio, davanti ai nostri figli. Non
pieghiamoci davanti agli imbroglioni della "spirale guerra-terrorismo"!
Non ce le perdonerebbero gli stessi palestinesi che, ricordiamocene, il
17 gennaio del 1991 seppero stare, a costo di tutto, dalla parte giusta.

Che Falluja il 13 novembre sia su tutte le nostre bandiere, su tutti i
nostri striscioni, in tutte le nostre parole d'ordine, in tutte le
nostre anime, se ce l'abbiamo.

Fulvio Grimaldi


Note


1. Stephen C. Pelletiere - NYTimes, A Glimpse of The Past: A War Crime
or an Act of War?: http://www.uruknet.info?p=880

Vedi anche:

Sanjay Suri, Saddam può chiamare la CIA in sua difesa:
http://www.uruknet.info?p=4138

Jude Wanniski, Saddam Hussein Did Not Commit Genocide:
http://www.uruknet.info?p=1454

Carlton Meyer, Saddam never gassed his own people:
http://www.uruknet.info?p=3943

Jude Wanniski, Defending Saddam, Not President Bush:
http://www.uruknet.info?p=4249


2. Jude Wanniski, Falluja & Those Mass Graves:
http://www.uruknet.info?p=6856

Vedi anche:

Mass graves in Iraq : http://www.uruknet.info?p=3372

Mail&Guardian, Blair Admits 'Mass Graves' Claim Untrue:
http://www.uruknet.info?p=4209

Jude Wanniski, `The Media, Losing Their Way`:
http://www.uruknet.info?p=5935

MEDIA LENS, MEDIA ALERT: 100,000 IRAQI CIVILIAN DEATHS - PART 2:
http://www.uruknet.info?p=6833


 L'indirizzo di questa pagina è : www.uruknet.info?p=6899

 L'indirizzo originale di quest'articolo è :
   www.mondocane.splinder.com

(english / italiano)

Anche un pezzo di Grecia nella Grande Albania

PREMESSA: Un po' come nella nostrana "vulgata" della questione degli
"esuli istriani", anche negli articoli che qui riportiamo, riguardanti
gli esuli schipetari della Cameria (Epiro), "l’accusa di aver
collaborato con i fascisti e i tedeschi" viene usata sostanzialmente
come una nota di merito, o quantomeno un punto a favore: qualcosa da
far valere in positivo nel contenzioso in atto con la Grecia.
Rileviamo dunque con sorpresa e preoccupazione che il portale
"Osservatorio Balcani" (OB), nel contenzioso tra Grecia ed Albania,
sposa immediatamente ed acriticamente la posizione revanscista
pan-albanese. La cosa sorprende di meno notando come sull'argomento OB
si avvale essenzialmente del lavoro di propaganda del gruppo di
"Notizie Est", che da anni conosciamo per le sue posizioni
pregiudizialmente a favore di quei secessionismi revanscisti - UCK
compreso - che hanno squartato i Balcani, capovolgendo gli esiti della
II Guerra Mondiale. [A cura di Italo Slavo]

1. Albania-Grecia, scontro aperto sulla “Cameria” (Indrit Maraku / OB)

2. Albania: la questione dei Cam e la paura di Tirana (Indrit Maraku /
OB)

VEDI ANCHE:

Cameria: non cambia la posizione del governo greco
(Fonte: "Lobi", Skopje, marzo 2004)

http://www.notizie-est.com/article.php?art_id=916

ALTRI LINK / MORE LINKS:

The Greek Foreign Ministry Condemns Violence Against Greek Minority In
Albania

http://www.mpa.gr/article.html?doc_id=483794

Macedonian minority criticise Greece at OSCE conference
(by George Papadakis)

http://www.eurolang.net/news.asp?id=4785

Albanian Authorities Blow Up Cross Outside Orthodox Church

http://www.mpa.gr/article.html?doc_id=480506

Troubled Greek-Albanian history (by George Gilson)

http://www.athensnews.gr/athweb/
nathens.prnt_article?e=C&f=&t=01&m=A06&aa=2


=== 1 ===

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3574/1/51/

Albania-Grecia, scontro aperto sulla “Cameria”

29.10.2004 scrive Indrit Maraku
Durante la recente visita del presidente greco Stefanopulos in Albania
si è riaccesa l’annosa questione della Cameria, regione al nord ovest
della Grecia un tempo abitata da albanesi, spesso fonte di tensione fra
i due stati confinanti


È di nuovo scontro tra Tirana ed Atene, e al centro delle polemiche
ritorna l’ormai nota questione “Cameria”. Il Presidente greco,
Kostantinos Stefanopulos, in visita ufficiale il 18 ottobre nella
capitale albanese, ha dichiarato che quello dei Cam è un problema
dimenticato ed ormai appartenente al passato. In totale disaccordo con
lui, il Presidente della Repubblica, Alfred Moisiu, che nella congiunta
conferenza stampa ha espresso pensieri diversi. La polemica, poi, si è
spostata sui media che hanno protestato apertamente contro l’arroganza
di Stefanopulos. Al quale, è “scappata” pure una minaccia: se le
richieste della minoranza greca non verranno accettate, l’Albania non
entrerà mai nell’Unione europea.

“Problema dimenticato”!

Arrivato a Tirana il 18 ottobre, il primo colloquio del Presidente
greco, durante la sua visita di tre giorni, è stato con colui che lo ha
invitato, l’omologo albanese Moisiu. Ne segue una conferenza stampa,
dove da subito si nota il clima teso. All’interesse dei giornalisti sui
problemi dei Cam, Stefanopulos risponde seccamente: “è una questione
definitivamente chiusa che appartiene al passato”. Trovandosi davanti
allo stupore dei presenti, aggiunge: “Non esiste la necessità di
risolvere il problema dei Cam e non vedo perché dobbiamo tornare alle
pretese sulla questione. Non desidero ricordare il passato che
appartiene al 1944. La Grecia ha rinunciato a tali pretese”.
Altrettanto decisa anche la replica di Moisiu, secondo il quale “devono
cominciare al più presto i negoziati bilaterali a livello di esperti
per trovare la giusta soluzione giuridica al problema delle proprietà
dei Cam e degli albanesi in Grecia”.

La tempesta esplosa sui media e l’indignazione generale dell’opinione
pubblica ha dato un po’ di coraggio pure al Primo ministro Fatos Nano,
da sempre molto vicino ad Atene. “Nessun Presidente o Primo ministro
può sollevarsi contro gli esperti e la storia”, ha detto nell’incontro
con Stefanopulos, nella seconda giornata della visita, senza
dimenticare di sottolineare la retorica delle “ottime relazione” tra i
due Paesi.

E la voce grossa di Tirana sembra aver funzionato, vista la marcia
indietro del Presidente greco che, mentre stringeva la mano al capo del
Parlamento, Servet Pellumbi, ha accettato l’esistenza di un “problema
Cam”, nonostante abbia evitato di pronunciare queste parole. “La
questione delle proprietà dei cittadini albanesi in Grecia, e
viceversa, deve essere risolta per vie legali e con il dialogo”, ha
detto, mentre il suo interlocutore albanese definiva “legittime” le
richieste dei Cam.

La regione della Cameria, nel nord-ovest della Grecia, era abitata da
albanesi fino alla seconda guerra mondiale, quando vennero cacciati
dalle proprie terre e perseguitati dalle autorità greche con l’accusa
di aver collaborato con i fascisti italiani e quelli tedeschi: i Cam
furono espulsi, 70 villaggi abitati da loro vennero svuotati e i beni
sequestrati. Ora i Cam chiedono di riavere le loro proprietà, ma il
tempo non promette: alla fine dell’anno scadono gli effetti di una
legge di Atene sul riconoscimento dei patrimoni e chi non avranno
presentato una richiesta entro questo termine perderanno ogni diritto.

La minaccia

È dagli inizi degli anni Novanta, quando i primi emigranti albanesi
andarono a lavorare in Grecia, che le divergenze tra i due Stati non
mancano. Di fronte ai problemi dei suoi cittadini con le autorità
elleniche, Tirana spesso ha dovuto abbassare la testa, cosciente del
rischio di ritrovarsi a casa centinaia di emigranti mandati indietro,
ai quali non aveva niente da offrire. Si tratta della famigerata
“operazione scopa” che Atene ha usato con abilità in tutti questi anni
per zittire i vari governi albanesi.

Ma era da un po’ di tempo che molti analisti di geopolitica avvertivano
di un trasferimento delle pressioni elleniche a Bruxelles e a
Strasburgo: ora la minaccia più grande sembra il veto della Grecia
sull’integrazione dell’Albania nell’Unione europea e nella Nato.

A dare conferma degli avvenuti cambiamenti di strategia è stato lo
stesso Presidente greco Stefanopulos, durante il terzo e l’ultimo
giorno della sua visita nel sud del Paese, dove ha avuto vari incontri
con rappresentanti della minoranza greca. “L’Albania non entrerà
nell’Ue – ha detto - senza adempiere le vostre richieste, dalla A alla
Z. Ho chiesto al Governo albanese anche il riconoscimento delle vostre
proprietà, come accade con i cittadini albanesi. Questa richiesta verrà
soddisfatta”.

Avendo, forse, “dimenticato” quello che aveva affermato solo due giorni
prima a Tirana, sulla rinuncia da parte di Atene delle sue pretese
territoriali, Stefanopulos è tornato a parlare di “Vorioepir”, una zona
nel sud d’Albania che la Grecia rivendica come propria e pretende che
sia popolata dalla sua minoranza, i “Vorioepirioti”, che il Presidente
definì “l’anima dell’ellenismo”. Un argomento che per Tirana non esiste
assolutamente.

Il capo dell’organizzazione “Omonia” (che difende i diritti della
minoranza greca), Jani Jani, prendendo coraggio dalla presenza di
Stefanopulos, ha alzato la voce lamentandosi. “Noi non viviamo – ha
detto – ma sopravviviamo in questo Paese, perciò non abbandonateci”.
Poi le richieste: “Vogliamo che a Himara (cittadina del sud dove vive
una minoranza greca, ndr) siano aperte delle scuole greche, che gli
standard delle lezioni siano uguali a quelle dei Paesi dell’Ue e che la
lingua greca diventi ufficiale in quelle zone dove vive la minoranza e
che il Governo albanese riconosca la nostra identità greca”. Jani Jani
si è spinto più in là, accusando i governi di Tirana degli ultimi 14
anni di aver rubato le proprietà della minoranza greca.

Forte anche la reazione del Partito repubblicano (Pr, opposizione), che
ha chiesto una mozione di sfiducia per il Premier Nano. Il suo numero
uno, Sabri Godo, chiamato anche “la vecchia volpe” per le sue abilità
in politica, ha detto che il Parlamento europeo si è occupato diverse
volte della minoranza greca e le pretese di Atene sono risultate
infondate. Per Godo, le dichiarazioni di Stefanopulos mostrano che “le
reminiscenze del passato esistono ancora”. Più duro, invece, è stato
con il capo dell’Omonia: “Il diavolo ha fatto vedere apertamente le
corna. Qui ci sono tendenze di annessione e tentativi di toccare la
sovranità” del Paese. Dashamir Shehi, invece, a capo della commissione
parlamentare sulla Difesa, ha detto che la minoranza greca gode di più
diritti di quanto si meriti. “La minoranza greca non può pretendere di
più: le abbiamo dato la terra che noi ancora non abbiamo, le abbiamo
dato scuole dove studiano solo 3 alunni, le abbiamo dato una
rappresentanza nell’amministrazione pubblica non del 2% quale è, ma del
10%”.


=== 2 ===

http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/3026

Albania: la questione dei Cam e la paura di Tirana

26.04.2004 scrive Indrit Maraku
La popolazione della Cameria – territorio nel nord-ovest della Grecia
abitato da albanesi fino alla seconda guerra mondiale – venne cacciata
dalle proprie terre e perseguita dalle autorità elleniche con l’accusa
di aver collaborato con i fascisti


L’8 aprile rimarrà a lungo nella memoria degli albanesi d’origine Cam
come il giorno in cui il Parlamento bocciò una risoluzione riguardante
i loro diritti. I Cam chiedono da anni il riconoscimento e la
restituzione del loro patrimonio in Grecia, perso alla fine della
seconda guerra mondiale, quando l’allora governo di Atene li cacciò
dalle loro case con l’accusa di collaborazione con il fascismo. La
risoluzione, sulla quale era stato raggiunto un accordo tra
l’opposizione e la maggioranza, è stata bocciata all’ultimo momento
dopo il cambiamento di rotta dei socialisti al potere su pressione
greca.

Sentendosi traditi da coloro che hanno il dovere di proteggere i loro
interessi, i Cam hanno protestato davanti alla sede del Parlamento in
una manifestazione che è sfociata in violenza: i manifestanti si sono
scontrati con la polizia cercando di entrare all’interno dell’edificio,
ma sono stati bloccati dall’ingente cordone di forze speciali in tenuta
anti-sommossa.

I Cam e le loro richieste

La popolazione della Cameria – territorio nel nord-ovest della Grecia
abitato da albanesi fino alla seconda guerra mondiale – venne cacciata
dalle proprie terre e perseguita dalle autorità elleniche con l’accusa
di aver collaborato con i fascisti e i tedeschi. Circa 70 villaggi
abitati da loro vennero svuotati, i beni confiscati e l’intera
popolazione Cam venne espulsa.

Gli albanesi della Cameria ora chiedono l’intervento del Parlamento di
Tirana e dell’Unione Europea (di cui la Grecia è membro) per riavere le
loro proprietà. Richieste che durano sin dall’inizio degli anni
Novanta, ma che fino ad ora sono state sempre ignorate. Ora i tempi
stringono e i Cam rischiano di perdere tutto. Infatti, alla fine di
quest’anno dovrebbero scadere gli effetti di una legge del Governo
d’Atene per il riconoscimento dei patrimoni: quelli che non avranno
presentato una richiesta entro questo termine perderanno ogni diritto
sulle loro proprietà.

Ma si tratta pur sempre dei Balcani, dove i problemi diventano ancora
più intrecciati del solito. Il Parlamento greco non ha ancora
ratificato l’abolizione dello stato di guerra fra Albania e Grecia, il
quale rimane ancora in vigore, sia pur formalmente, sin dal 1944. Gli
albanesi hanno da sempre accusato Atene di ritardare questa ratifica
proprio per non procedere alla restituzione dei beni ancora trattati al
pari di bottino di guerra.

“È incredibile ed umiliante che il Parlamento bocci una risoluzione
riguardante il proprio popolo – dice Servet Mehmeti, a capo
dell’associazione ‘Cameria’ – Noi ci sentiamo delusi ed estremamente
sdegnati da quest’azione. Questo – spiega – per noi significa
giustificare ora, nel 2004, le azioni repressive del 1944 che erano una
conseguenza della seconda guerra mondiale”.

Il colpo basso dei socialisti

Dopo innumerevoli rinvii, sembrava che tutto andasse verso il giusto
fine. Socialisti e democratici si erano già messi d’accordo sul testo
della risoluzione, la quale era stata varata all’unanimità dalla
commissione parlamentare creata appositamente per questo problema.
Proprio quando sembrava che tutto ormai fosse soltanto una formalità,
la notizia della bocciatura è arrivata come una doccia fredda: 55
deputati del Parlamento si sono astenuti, 53 hanno votato pro e 4
contro.

La sberla dei socialisti ha lasciato tutti a bocca aperta. Secondo i
media, che citano non meglio precisate fonti all’interno del gruppo
parlamentare socialista, il Premier Nano, ritenuto legato da rapporti
molto stretti con Atene, avrebbe dichiarato che “l’approvazione della
dichiarazione sui diritti dei Cam invece di risolvere il problema, lo
avrebbe accentuato”.

Invece l’opposizione di centro-destra, che ha votato a favore della
risoluzione, considera “assurda” la decisione del Parlamento. “Sarebbe
stato meglio non sottoporla alla votazione – ha dichiarato Fatmir
Mediu, a capo del Partito repubblicano, spiegando che “bocciarla
vorrebbe dire ignorare del tutto la questione dei Cam”.

Da parte loro, i media hanno subito accusato Atene di aver fatto
pressione sul Governo di Tirana, ricattandolo con un’altra questione,
quella degli almeno 800 mila emigranti albanesi che vivono in Grecia,
gran parte dei quali senza regolare permesso di soggiorno. In Albania
si temeva che una risoluzione del genere avrebbe scatenato la reazione
greca, la quale di fronte ad ogni problema negli ultimi anni tra i due
Paesi, si è sempre tradotta nella famigerata operazione “Scopa”,
cacciando verso l’Albania centinaia e centinaia di emigranti tra i
quali anche quelli con regolari documenti di soggiorno.

E sono stati gli stessi socialisti ad ammetterlo, su pressione dei
media. Il deputato socialista Petro Koci ha dichiarato che il suo
partito ha condotto una politica amatoriale sulla risoluzione dei Cam,
gestendo male il problema. Spartak Braho, anch’egli socialista, ha
ammesso che la causa principale della bocciatura della risoluzione è il
problema degli emigranti albanesi in Grecia e la pressione di Atene che
minaccia di cacciarli via. Il più duro è stato Sabit Brokaj, per il
quale il problema degli emigranti è solo una giustificazione. Secondo
lui, la bocciatura della risoluzione è l’ultima raccomandazione di
Nicolas Gage (a capo della lobby ellenica negli Stati Uniti) ai
dirigenti dello Stato e della politica albanese. Per Brokaj, salvo il
Presidente della Repubblica Moisiu, tutti i vertici dello Stato sono
responsabili per la bocciatura della risoluzione sui Cam.

“La forca sulla quale la Grecia tiene il governo albanese riguardo la
politica degli emigranti è solo un gioco di pressioni – ha detto - al
quale si sottomettono quei politici albanesi che sono legati ai
monopoli greci, oppure coloro che si sono compromessi nell’economia
informale o negli introiti illegali. Io continuo a pensare che i Cam
abbiano ragione e debbano essere sostenuti”.

In un summit a Sarajevo dei Paesi dell’Europa dell’est, il Premier Nano
ha incontrato l’omologo greco Karamanlis, il quale l’ha invitato a
visitare Atene nei primi giorni di maggio, dove si sono messi d’accordo
per discutere, tra l’altro, anche delle richieste della popolazione Cam.

Ma a dire la sua sulla questione, pur se indirettamente, è stato anche
il Presidente della Repubblica, Alfred Moisiu. Il capo dello Stato,
andando anche al di là delle richieste dei Cam, ha chiesto alla classe
politica di non essere timida nel risolvere i problemi regionali ma di
cooperare alla ricerca di alternative concrete. “Nel trattare questi
problemi c’è bisogno di riflessione anche da parte dei nostri politici
– ha detto – La loro timidezza non parla di realtà e coerenza”. Secondo
Moisiu, “la cooperazione con i vicini non viene aiutata lasciando in
sospeso i problemi ma parlandone e risolvendoli”.

SECONDO L'UNIONE EUROPEA, I REFERENDUM VANNO BENE SOLO QUANDO SERVONO A
FRAMMENTARE I PAESI E A METTERE LE "ETNIE" LE UNE CONTRO LE ALTRE


Anche la repubblica ex-Jugoslava di Macedonia ha la sua "DEVOLUTION":
cosi' viene chiamato dai media locali il progetto di decentramento
amministrativo sponsorizzato dalla UE e dagli USA.
Contro questa vera e propria "dissolution" dello Stato -- simile alla
nostra nel senso dello smantellamento dello "stato sociale" ma gravida
di implicazioni molto piu' serie in un contesto inquinato dai
micronazionalismi e dal secessionismo -- tutte le opposizioni hanno
promosso un referendum che si e' tenuto ieri e che e' stato fatto
fallire dal governo, mero esecutore dei diktat delle potenze
imperialiste (soprattutto quella tedesca e quella statunitense).
L'Ue ha oggi accolto "con soddisfazione" il fallimento del referendum,
i cui promotori sono definiti "nazionalisti" dai nostri media
asserviti e dalle agenzie di Stato. Sia l'Alto rappresentante Ue per la
politica estera, Javier Solana, sia il commissario per le relazioni
esterne, Chris Patten, hanno commentato positivamente il fatto che
non sia stato raggiunto il quorum di partecipazione. Solana ha in un
comunicato sottolineato per esempio che il ''chiaro'' risultato di
ieri ''permette al paese di proseguire nell'attuazione della riforma
sulla decentralizzazione'', consentendo al governo di ''portare
avanti i cambiamenti cruciali sul fronte economico e sociale''.
''Cosa ancora piu' importante'' - ha sottolineato Solana - il voto di
ieri ha evidenziato che ''i cittadini hanno scelto di mantenere in
piedi il cammino intrapreso verso l'Ue''. Da parte di Patten, la
''soddisfazione'' sul fallimento del referendum e' stata sottolineata
in modo esplicito: un risultato positivo del voto - ha precisato la
portavoce di Patten - avrebbe rappresentato un ''serio ostacolo'' al
processo di avvicinamento della Macedonia verso l'Europa.


(vedi anche: MACEDONIA: REFERENDUM; UE, SODDISFAZIONE PER FALLIMENTO
VOTO
http://www.ansa.it/balcani/macedonia/20041108150533147367.html )

[ L'ultima, tragicomica novita' dalle repubbliche jugoslave: e' la
invenzione della "lingua montenegrina", anche definita "lingua madre"
(sic) in un acrobatico e ridicolo sforzo di differenziazione e
secessione dall'ambito culturale cosiddetto "serbo". Come se vi
dicessero: da oggi in Toscana si parla solo la "lingua toscana", non
piu' l'italiano.
E' un passaggio ulteriore ed estremo, insomma, di quel separatismo
culturale ipersciovinista che vorrebbe negare l'esistenza della lingua
comune degli slavi del sud: il serbocroato -- o croatoserbo o jugoslavo
che dir si voglia.
In quest'ultima vicenda, che viene dopo dopo i casi del "croato", del
"bosgnacco" e dello stesso "serbo", la tragedia si ripete sotto forma
di farsa: questa della "lingua montenegrina" e' apparsa infatti da
subito come una vera e propria buffonata, che esemplifica pero' il
sostanziale suicidio culturale al quale e' stato costretto tutto un
popolo, o (se preferite) tutti i popoli jugoslavi. Dove sono gli
intellettuali, i letterati, i linguisti occidentali e filo-occidentali,
in questa evenienza? Che cosa hanno da dire i Matvejevic, i Pirijevec,
le Janigro o gli Stefano Bianchini a riguardo? A giudicare dall'attuale
loro perfetto silenzio, niente; d'altronde, che cosa potrebbero dire
adesso, dopo che per anni hanno avallato esplicitamente e/o
implicitamente questa deriva decadentista, questa aberrazione del
differenzialismo culturale a scopo di carnaio e devastazione politica?
Però, mentre gli opportunisti ed i vigliacchi tacciono, in Montenegro
sono già incominciati i licenziamenti di quegli insegnanti che si
rifiutano di prestarsi a questa farsa vergognosa. (A cura di A.
Martocchia) ]

Sullo stesso argomento vedi anche :

Monténégro : Des licenciements au nom de la langue
http://www.balkans.eu.org/article4723.html

e dal nostro archivio
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages :

"Maternji jezik" ili "srpski jezik"... ili SRPSKOHRVATSKI ?
JUGOINFO 3 Nov 2004

IN MONTENEGRO NON SI PARLA SERBOCROATO
JUGOINFO 24 Ott 2004

PROTEST PROFESORA SRPSKOG JEZIKA U NIKŠICU
JUGOINFO 7 Set 2004

Sulla questione della lingua e letteratura serbocroate e della loro
"abolizione per legge" negli staterelli etnici sorti dallo squartamento
della Jugoslavia, vedi anche :

Jezičko pitanje (Nenad Glišić)
JUGOINFO 16 Set 2004

UNA LINGUA "BOSNIACA", PER DECRETO OSCE
JUGOINFO 26 Ago 2004

Il croato creato e la frattura delle lingue - Un commento di Babsi
Jones, da http://www.exju.org/comments/590_0_1_0_C/
JUGOINFO 6 Gen 2004

nonche' l'articolo di Luka Bogdanic:
“Serbo o croato? L’uso geopolitico della lingua”, apparso su Limes a
gennaio 2004 ("Il nostro oriente. I Balcani alle porte")

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Razbijeno ogledalo srpsko

Matija Beckovic

Dogorelo je do jezika! Ako je ta vest tacna - dogorelo je do temelja.
Vest je stigla iz Crne Gore, koju je jezik stvorio i u kojoj izvan
jezika nema nikoga i nicega.
Od bolesnika se najpre trazi da isplazi jezik i kaze "A". Spasioci
hitaju da davljeniku izvuku jezik da se jezikom ne udavi. Za onog ko je
promenio svetom kaze da je prekrenuo jezikom. Da li je i Crna Gora
prekrenula jezikom upravo se utvrduje. Jezik najtacnije pokazuje ne
samo da li je jedan covek, nego i da li je jedan narod ziv ili nije.
Da je najnovije usekovanije jezikov u Crnoj Gori ispratio muk, znali
bismo da je Crna Gora pala sapatom, razjezicena i obezlicena. Crna Gora
kakvu znamo moze opstati samo na jeziku na kojem je i postala. Ticanje
u zivac jezika je ispitivanje njenog ili-ili, biti ili ne biti. I ako
nestane Crna Gora ce svoju poslednju rec reci na srpskom jeziku.
Svaki dan umire po jedan jezik, a jezik ne umire dok ne umre narod koji
ga govori. U Crnoj Gori bi se moglo desiti nesto sto se jos nije desilo
nigde i nikome. Da se sudbina naroda i jezika razdvoje, pa da umre
narod koji ga je govorio a da njegov jezik ostane zdrav i ziv.

CETIRI IMENA

DA se predmet zove maternji jezik bivalo je i ranije, ali ono sto je
uradilo Ministarstvo prosvete Crne Gore bivalo nije. Naime, ono je uz
maternji jezik dodalo i kako se on zove. I da ne bi bilo zabune navelo
da ima cetiri imena.
Ali kako je svaki covek roden od majke logicno je da ih bude i vise.
Ali ako broj maternjih jezika ne prede broj stanovnika, to opet nece
biti neki preterano veliki broj. Bilo je oko 20 odsto onih koji su se
na popisu stanovnika izjasnili da govore crnogorskim jezikom. Slucajno
se taj procenat poklopio i sa procentom nepismenih i nikako ih ne bismo
smeli dovoditi u vezu. Iz te izjave izveden je zakljucak da je to i
njihov maternji jezik, a da majke niko nista nije pitao. A ta provera
je bila neophodna. Pogotovo u danasnjoj Crnoj Gori gde majke cesto ne
govore istim jezikom kao njihova deca, a jos cesce deca jedne majke
pripadaju razlicitim nacijama i govore razlicitim maternjim jezicima.
Kuca se u stroj Crnoj Gori zvala kula. U nase vreme ta kula je postala
vavilonska i to ona posle pometenija jezikov. Tako bi umesto
lakomislenog zakljucivanja kako se zove njihov maternji jezik bilo
verodostojnije ispitivanje u kojem bismo dobili odgovor na pitanje:
"Koliko ste imali godina kad ste prvi put progovorili crnogorskim
jezikom? Da li ste pre toga govorili nekim drugim jezikom ili ste
progovorili prvi put?" Takvim ispitivanjem ne bi bila na dobitku samo
lingvistika montenegrina-materina, nego i covecanstvo, koje se
obogatilo saznanjem da ljudi u ozbiljnim godinama mogu progovoriti
nekim jezikom i to istovremeno i obavezno, pod uslovom da su iz iste
partije.
Srpski jezik, ime i pismo zabranjivali su u Crnoj Gori samo okupatori.
I to u ratu. Nemoguce je zamisliti neku domacu vlast, kakva god bila,
koja bi u miru davala za pravo okupatorima.
Istina, nekada jednojezicna i jezikonosna Crna Gora danas ima sve po
dvoje.
Jedan od najmanjih evropskih naroda jedini je koji pripada dvema
nacijama. Iz tog dvojstva nastaju i dva jezika i dve istorije i dve
civilizacije. A te istorije i civilizacije, crkve i nacije, javljaju se
u jednoj kuci, medu bracom i sestrama, pa je neko rekao - da bi im se
po vazecim zakonima i teorijama valjalo medusobno uzimati - zeniti i
udavati.
Sto je sve po dvoje nikoga ne zabrinjava jer uprkos tome o svemu
odlucuju samo jedni, i sto ih je manje tim vise i cvrsce.
I tako podvojena Crna Gora i dalje ostaje ogledalo srpsko. Istina,
razbijeno.

LUDNICA OTVORENOG TIPA

SA svih govornica se u demokratskoj Crnoj Gori svakodnevno ponavlja da
svako moze svoj jezik da zove kako hoce i da je to jedno od osnovnih
ljudskih prava. Nazalost, ili mozda srecom, takvo pravo nigde u
civilizovanom svetu ne postoji, ako je ikada igde i postojalo. Tako bi
samo Drago Dragovic, koji je nekad bio jedini centor "u pecatnji
slobode crnogorske", prosirio svoje nadleznosti i dobio nova
ovlascenja. Kad bi jurisdikcija Draga Dragovica bila prihvacena u
lingvistici, zasto ne bi i u fizici i matematici. Medu onima cija je
glavna deviza: "Hocu i drago mi je!" imao bi veliki broj pristalica a
neznalice bi konacno docekale oslobodenje od svih stega.
Razume se da je jedno od osnovnih ljudskih prava nemati pojma ni o cemu
ali jos nije bilo drzave koja je to pravo unela u skolski program. Kad
bi to bilo moguce onda bi svaka vlast imala pravo da svoju teritoriju
izdvoji iz nadleznosti bilo koje nauke, a bezakonje stavi pod zastitu
policije. Zar se vec nesto slicno nije dogodilo u Niksicu gde su
profesore koji su postovali ustav otpustili sa posla.
Crnogorski je jedini strani jezik koji se predaje na srpskom jeziku. Uz
to, crnogorski jezik je jedini strani jezik koji se srpski govori, cita
i pise. I ko pravilnije govori srpski, sto ima bolju dikciju i
preciznije osecanje za melodiju i akcente srpskog jezika, to tecnije i
izvornije govori crnogorski. Do naseg vremena nije se znalo da se moze
govoriti jedan jezik i biti poliglota. I to je jedan od lingvistickih
fenomena koji je svet dobio sa naseg terena.
Da li je moguce da je jezik u Crnoj Gori do sad cekao da mu bas
sadasnja vlast nadene ime?
Bilo bi tragicno kad bi se pitanje srpskog jezika ticalo samo profesora
niksicke gimnazije i ostalo u nadleznosti zakona o radnim odnosima i
zavoda za zaposljavanje Crne Gore. Otkaze su dobili ne samo profesori
srpskog jezika nego i elektroinzenjeri, profesori biologije,
filozofije, fizike, matematike, istorije, ruskog jezika, pa cak i kafe
kuvarica. A tako moze da prode svako ko se slepo drzi ustava Crne Gore.
Bilo je originalnijih i dobronamernijih predloga da se kao izlaz iz
ovakvog zamesateljstva u Crnoj Gori kao sluzeni jezik uvede engleski.
To bi bio prvi slucaj da se u jednoj zemlji za sluzbeni jezik uzme onaj
koji niko ne govori. Ili ga govori tako i toliko da bi sluzbeni jezik
mogao biti i nemusti.
Bilo kako bilo, tako se Crna Gora i Srbija pretvaraju u ludnicu
otvorenog tipa. Kad bi bila zatvorena ne bi imao ko ni da je zakljuca
ni da nasije kosulja.

JEZIK I IME

CRNA Gora se na srpskom jeziku zove Crna Gora. Crnogorci se na srpskom
jeziku zovu Crnogorci. Crnogorski jezik se, cak i po vazecem ustavu
Crne Gore zove srpski jezik ijekavskog izgovora. Na drugim maternjim
jezicima Crna Gora se zove drukcije, pa bi oni koji hoce da joj promene
jezik najpre morali promeniti i njeno ime. Tih imena ima u izobilju:
Karadag, Malezez, Montenegro, Mavro Vuko... "Gorski vijenac" se samo na
srpskom tako zove dok je "Luca mikrokozma" smo na srpskom luca, a
mikrokozma na svim jezicima.

TRI SLOVA

ZANIMLJIVO je da za postojanje crnogorskog jezika nema pisanih dokaza.
Niti oni koji tvrde da njime govore imaju nesto napismeno. Kazu da za
sad ima samo ime i tri slova. Ali s tim slovima se lakse kvici, sisti i
vristi nego sto se govori. Cudno da pre danasnjih Crnogoraca nije bilo
Crnogoraca koji su govorili crnogorskim jezikom. Zato je njihov jezik
crnogorskiji od crnogorskog, kako je kazao jedan od najistaknutijih
lingvista. Crnogorski bez muke uci se po recnicama, gramatici,
pravopisu, prirucnicima za srpski jezik ciji su autori, opet, vecinom
Crnogorci.

PODRSKA OTPUSTENIMA

Ovaj tekst Matija Beckovic je napisao kao podrsku profesorima Niksicke
gimnazije, otpustenim zbog neprihvatanja da predaju maternji, umesto
srpskog jezika. On je i danas u Niksicu sa njima.

http://www.novosti.co.yu/