Informazione

"Processo" Milosevic:

Verso una nuova MANIFESTAZIONE
l'8 Novembre all'Aia (Olanda)

1. Convocazione della manifestazione

2. Lettera della Central General dos Trabalhadores (Brasile, Affiliata
alla Federazione Mondiale dei Sindacati – FSM) al "Tribunale" dell'Aia,
29/8/2003

3. Lettera di SLOBODA al Segretario Generale dell'ONU, 3/9/2003


=== 1 ===


SLOBODA udruzenje – Associazione LIBERTA’

Comitato jugoslavo per la liberazione di
SLOBODAN MILOSEVIC

Belgrado, Rajiceva 16, tel/fax 381 11 630549

In occasione della manifestazione del’28 giugno 2003 all’Aja abbiamo
consegnato le nostre richieste al “tribunale” e all’ONU, sotto il cui
formale patrocinio quell’istituzione agisce. Non solo le nostre
richieste non sono state accolte, ma le violazioni dei diritti umani da
parte del “tribunale” si sono ulteriormente aggravate. Per questo
motivo l’Associazione SLOBODA-LIBERTA’ appoggia l’appello del Comitato
organizzativo serbo-internazionale per organizzare una nuova

MANIFESTAZIONE ALL’AJA, l’8 NOVEMBRE 2003

“Mediante terrore e tirannia tentanto di impedire, o almeno
minimizzare, l’evidente fallimento del tribunale-fantoccio, un
tribunale che serve da arma di guerra contro il nostro paese e il
nostro popolo. Non è nulla di nuovo. Già nel 1742 Montesquieu scrisse:
“Non v ‘è tirannia più crudele che quella perpetrata sotto lo scudo
della legge e nel nome della giustizia”.” Slobodan Milosevic, 17 agosto
2003-09-06

-        Il “tribunale” dell’Aja, è non uno strumento di giustizia, ma
di aggressione e guerra

-        Il “tribunale” dell’Aja tenta di falsificare la storia della
Serbia, come rappresaglia contro i combattenti della libertà e per
proteggere i responsabili di politiche di guerra e colonialismo,
condannati in tutto il mondo.

-        Il “tribunale” dell’Aja, mediante il suo terrorismo contro il
popolo serbo e contro il presidente Milosevic, e, con la persecuzione
della sua famiglia e dei suoi sostenitori, tenta di sopprimere la
verità.

-        Una corte che viola i diritti umani nel modo in cui li viola
il “tribunale”, non dovrebbe poter esistere in nessun paese democratico
e civile.

-        Sono massimi responsabili dell’esistenza di tale “tribunale” i
governi degli USA e del Regno Unito, ma anche gli altri paesi membri
permanenti del Consiglio  di Sicurezza dell’ONU.

-        Nell’autunno di 70 anni, il “Terzo Reich” “processò” Dimitrov.
L’8 novembre di 65 anni fa, fu commesso uno dei massimi crimini del
nazismo: il pogrom della “Notte dei cristalli”. Uccidere nazioni, MAI
PIU’.

LIBERIAMO L’EUROPA E IL MONDO DAI FALSI “TRIBUNALI”!

LIBERTA’ PER SLOBODAN MILOSEVIC!

LIBERTA’ PER SERBIA E JUGOSLAVIA!

FACCIAMO APPELLO A TUTTE LE FORZE E ORGANIZZAZIONI PROGRESSISTE IN
EUROPA E IN TUTTO IL MONDO A UNIRSI A NOI.

Le manifestazioni e la lotta per questi obiettivi richiede aiuti
finanziari. Inviate le vostre offerte a “Sloboda”, Rajiceva 16, 11000
Belgrado, Serbia e Montenegro, Jugoslavia.

Per trasferimenti bancari, vedere istruzioni in www.sloboda.org.yu


=== 2 ===


CENTRAL GENERAL DOS TRABALHADORES

Affiliata alla Federazione Mondiale dei Sindacati – FSM

Sao Paolo, 29 agosto 2003

Mr. Hans Holthuis
Ufficio del Registro
Tribunale Criminale Internazionale per la Jugoslavia
L’Aja
Paesi Bassi

Signor Holthuis,

La Confederazione Generale dei Sindacati del Brasile – CGTB – ritiene
necessario esprimere la propria indignazione contro la recente
decisione del Tribunale dell’Aja di proibire le visite al Presidente
Milosevic.
Questa decisione arbitraria rafforza l’opinione, condivisa da vasti
settori dell’opinione pubblica internazionale, che il Tribunale
dell’Aja fu creato con l’esclusivo scopo di condannare il Presidente
Milosevic e di giustificare l’aggressione contro la Jugoslavia e i
crimini commessi da USA/NATO quando, in meno di 90 giorni, gettarono
25.000 tonnellate di bombe sulla Jugoslavia, assassinando 5000 civili e
ferendone altri 10.000, dei quali il 40% erano bambini.
Al terzo Congresso della nostra Confederazione, nel marzo 2002, i
lavoratori brasiliani manifestarono la propria consapevolezza dei
crimini attuati da USA/NATO. Condannarono gli aggressori stranieri e
misero in discussione il tribunale dell’Aja, giudicandolo un ulteriore
strumento controllato dal governo degli Stati Uniti.
Oggi, dopo l’attacco all’Iraq, tutti nel mondo siamo coscienti della
farsa messa in atto dall’amministrazione nordamericana per giustificare
l’invasione di un paese sovrano allo scopo di assicurare i propri
interessi. Di conseguenza, se il tribunale dell’Aja insiste nell’agire
in modo fazioso ed arbitrario, come ha fatto in passato, corre il
rischio concreto di finire nel discredito totale.
Alla luce di ciò, giudichiamo indispensabile che il tribunale dell’Aja
rispetti i diritti alla difesa e alle visite del Presidente Milosevic e
gli garantisca immediatamente il diritto al pieno accesso ai mezzi
d’informazione, un diritto che oggi è concesso costantemente ed
esclusivamente alla sola Pubblica Accusa.

In fede,

Antonio Neto
Presidente CGTB
Vicepresidente della Federazione Sindacale Mondiale

Maria Pimentel
Segretaria per i Rapporti Internazionali della CGTB

R. Mario de Andrade 61  CEP 01154-060
Sao Paolo/SP, Brasil,
Tel. 55 11 3663 0473, Fax 3824 5601


=== 3 ===


AL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, KOFI ANNAN

Ai governi di: Repubblica popolare di Cina, Repubblica di Francia,
Federazione Russa, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Italia.

(tramite le rispettive ambasciate a Belgrado)

L’associazione di cittadini “SLOBODA” – Comitato jugoslavo per la
liberazione di Slobodan Milosevic – esprimendo l’opinione di un vasto
settore della società, denuncia  gravi violazioni dei diritti umani e
di norme giuridiche e morali, universalmente riconosciute, da parte del
cosiddetto Tribunale Internazionale per l’ex-Jugoslavia (attivato su
mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite), nel corso del
processo che tale tribunale sta conducendo contro Slobodan Milosevic,
il quale per molti anni è stato presidente della Repubblica Federativa
di Jugoslavia e della Repubblica di Serbia.
Nel corso della sua cosiddetta riunione statutaria, svoltasi il 2
settembre del 2003, il tribunale dell’Aja ha nuovamente dimostrato la
sua indisponibilità ad attenersi anche in misura minima al principio
della parità tra pubblica accusa e diritto alla difesa, che pur
formalmente riconosce. Se questa dimostrata indisponibilità fosse
mantenuta, qualsiasi osservatore imparziale sarebbe costretto a
concludere che nel quadro delle Nazioni Unite sta operando una nuova
inquisizione, con l’unico scopo di sostenere gli interessi della Nato
nel Balcani. Se ne devono assumere la responsabilità i membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza.
Il tribunale si è anche dimostrato indisponibile ad accogliere la
proposta del presidente Milosevic di un’interruzione del processo per
due anni, allo scopo di permettergli di preparare la propria difesa
tramite l’esposizione dei fatti e la chiamata di testimoni, onde
neutralizzare con la verità i due anni trascorsi nella presentazione,
da parte della cosiddetta Procura, con l’aiuto dei servizi segreti di
alcuni importanti Stati, di faziosità, menzogne e travisamenti,
raccolti con il lavoro annoso di centinaia di persone e l’utilizzo di
cospicui fondi tratti dal bilancio delle Nazioni Unite. La procura,
oltre a risorse illimitate, ha avuto a disposizione almeno quattro anni
e mezzo (dal maggio 1999) ed è anche noto il fatto che abbia utilizzato
materiali raccolti fin dal momento della creazione del tribunale nel
1993.
Va inoltre denunciato che il tribunale, con l’utilizzo di tempi
processuali estremamente onerosi per l’imputato e la negazione di
un’adeguata assistenza medica, attenta alla salute e alla vita del
presidente Milosevic.
Al presidente Milosevic sono state pesantemente limitate le visite dei
membri della sua famiglia e, in seguito a decisioni recenti, non gli è
consentito ricevere le visite neppure dei suoi più stretti
collaboratori, membri del Comitato per la sua difesa e membri del suo
partito, annullando così altri elementari diritti della difesa. Infine,
al presidente Milosevic è stato rigorosamente proibito qualsiasi
contatto con i mezzi d’informazione, mentre, dal canto suo, la procura
esercita quotidianamente le sue frequentazioni con i media.
Chiediamo, alla luce delle condizioni di salute del presidente
Milosevic, al fine della parità tra i diritti delle parti e
nell’interesse della verità, che il processo all’Aja venga interrotto
per la durata di due anni e che il presidente Milosevic venga posto in
libertà, onde consentirgli di curarsi e garantirgli condizioni minimali
per la preparazione della sua difesa attraverso i documenti e i
testimoni che riterrà necessari, ponendo fine a una costante e
gravissima violazione dei diritti della difesa.
Unica alternativa a quanto sopra denunciato e richiesto sarebbe lo
scioglimento immediato del tribunale dell’Aja, onde evitare di
ulteriormente offuscare il prestigio e la rispettabilità di questa
organizzazione mondiale e dei governi che assumono le maggiori
responsabilità per le sue decisioni.

Belgrado, 3 settembre 2003

Per l’Associazione Sloboda
(Comitato Jugoslavo per la liberazione di Slobodan Milosevic)

Il presidente Bogoljub Bjelica

Telekomica con personaggi

1. Telecomica con personaggi.
I dettagli della piu' fallimentare impresa del colonialismo economico
italiano nei Balcani. Da "Il Manifesto" del 2/9/2003.
2. Telekom, gli Usa dissero no.
La voce del padrone, incarnata dall'ex inviato Gelbard, chiarisce una
volta per tutte: guai ai sudditi che cercano di fare affari con i
nostri nemici. Da "Panorama" del 4/9/2003.


=== 1 ===

il manifesto - 2 Settembre 2003

Telecomica con personaggi

Le verità sotto il cielo sono sempre più numerose di quante alcuni ne
sappiano contare. Il caso di Telekom Serbia è esemplare da questo punto
di vista. Forse gli italiani sono andati in Serbia per sfruttarla.
D'altro canto quale può essere il fine di un investimento all'estero se
non guadagnare il più possibile?
GUGLIELMO RAGOZZINO


Nel giugno del 1997 la società olandese Stet International Netherlands
N. V. (per gli amici, Sin) acquistò per un miliardo e 517 milioni di
marchi tedeschi dall'ente delle poste locale il 49% della Telekom
serba. Il 20% venne girato contestualmente per 624 milioni di marchi
alla società telefonica greca Ote. Il pagamento della Sin era previsto
in tre rate: 702 milioni di marchi subito, 117 entro sei mesi e il
resto «all'atto della licenza per la telefonia mobile (versati nel
marzo del 1998)». Il virgolettato è tratto dalla famosa inchiesta di
Repubblica del febbraio 2001 (Carlo Bonini e Giuseppe d'Avanzo) che ha
dato la stura alla tenebrosa vicenda. L'acquisto balcanico di Sin era
fatto per conto della casa madre di allora, di nome Stet, poi mutato in
Telecom Italia. E per questo la vicenda ha suscitato e suscita grandi
passioni in Italia pur essendo allora allora e rimanendo ancor oggi per
molti aspetti oscura, nonostante la bravura di Bonini&D'Avanzo,
nonostante la causa aperta al tribunale di Torino, nonostante
l'inchiesta del parlamento italiano tuttora aperta. Per non dire della
copertura generosamente offerta (la prima pagina tutti i giorni, per
mesi e mesi) da parte del Giornale, un quotidiano autorevole essendo in
parte del fratello di Silvio Berlusconi e in parte di una società dello
stesso presidente del consiglio.

L'oscura vicenda interessa ancora molto, anche se il proprietario di
Sin, dopo molte giravolte e cambi di gruppi dirigenti e proprietari -
dall'Iri al Tesoro, al mercato, a Colaninno, a Tronchetti
Provera/Pirelli - ha rivenduto la propria partecipazione, ridotta al
29%, in Telekom Serbia, nel febbraio del 2003 per 193 milioni di euro.
Anzi lo scarto tra il prezzo di vendita e quello d'acquisto ha
aumentato ancora di più i sospetti sull'operazione di allora. Perché
comprare in Serbia? Perché pagare una cifra così elevata? Perché
vendere a prezzo tanto vile?

Va detto subito che delle due l'una: o era maledettamente alto il
prezzo d'aquisto, o era stracciato quello di vendita. Ma era davvero
così elevata la cifra d'acquisto? I serbi dell'opposizione a Milosevic
si sono lamentati per la svendita subìta, e hanno pubblicato cifre
almeno doppie, sui 3 miliardi di marchi, attribuendole a banche
internazionali come l'Ubc svizzera o la Nat West inglese. Anche
trascurando la visione patriottica dell'opposizione di Belgrado, è
certo che in quel tempo le telecom europee occidentali e le compagnie
telefoniche del resto del mondo ricco stavano svolgendo campagne
d'acquisto nei paesi minori in tutto il globo; in particolare c'era una
corsa nei Balcani e dintorni dove erano attivi tedeschi e francesi. I
prezzi erano in grande tensione. La new economy trascinava le borse al
rialzo, quindi ogni nuova attività era promettente; le telecom dei
paesi forti avevano poi in corso programmi di privatizzazione che
liberavano decine di miliardi di dollari mettendoli a disposizione dei
dirigenti più dinamici. Per citare soltanto la nostrana Stet-Telecom,
la vendita di un terzo del capitale in mani pubbliche aveva fruttato al
Tesoro una cifra nell'ordine dei 30 mila miliardi delle vecchie lire.
Ma Telecom Italia, così ricca e piena di sé ha serie difficoltà per
affermarsi. Tenta di aprirsi una strada in Russia, me è respinta;
intanto francesi e tedeschi fanno altri affari. Per le avanguardie di
Telecom si apre uno spiraglio in Serbia, offerto proprio dalle
difficoltà politiche di Milosevic che rischia di perdere le elezioni
nell'autunno del 1997. Anni dopo, rispondendo in parlamento dopo le
rivelazioni di Repubblica, il ministro degli esteri Dini accennerà a
Siemens e Alcatel, due giganti della telefonia che hanno contratti per
300 milioni di marchi con Telekom Serbia. E' evidente che faranno da
tramite per la vittoria in Serbia delle loro compagnie telefoniche
nazionali. E allora si potrà dire addio al corridoio otto e a tutte le
speranze italiane di inserimento nei Balcani, infine pacificati. Così
c'è il blitz degli italiani, una volta tanto.

Gli Usa approvano, anzi, secondo Dini, gli chiedono di intercedere
presso Telecom per avere certi collegamenti telefonici all'ambasciata,
giù a Belgrado.

L'avventura serba dei telefonisti italiani resta sepolta dalla onde
successive di amministratori e gruppi dirigenti che si susseguono,
scalata dopo scalata, alla Telecom. E a ragione, probabilmente: nessuno
se ne vuole occupare, molti se ne vergognano come delle sregolatezze di
un antenato finito male. Occorre dire che la gestione italiana della
Telekom serba è vergognosa. Ci sono le clausole segrete dell'accordo,
quelle che consentono agli italiani comportamenti da occupanti. Gli
italiani impongono (secondo le informazioni dell'opposizione serba)
tecnologia propria e se la fanno pagare, ma installano centrali
arretrate, probabilmente dismesse, che portano indietro, invece che
avanti, il livello dei telefoni di Serbia. Circola una lettera di
protesta da parte di centinaia di ingegneri dell'impresa che non ne
possono più. Contro la gestione, avara e contro le commesse italiane,
scadenti, si arriva perfino a uno sciopero a oltranza.

Finisce il bel tempo; a Belgrado c'è guerra umanitaria per il Kosovo e
l'Italia bombarda le «sue» centrali telefoniche. La distruzione del
capitale non è estranea all'aumento dei tassi di profitto. Bisognerà
ricostruire e se nel frattempo Belgrado vorrà telefonare, dovrà
triangolare, a pagamento, con l'Italia.

Finisce il bel tempo anche per le grandi Telecom; l'ultimo acquisto è
nel 2000. I francesi prendono il controllo della Telecom polacca per 4
miliardi di dollari (oltre 8 miliardi di marchi). Gli italiani hanno
comprato grosso in Austria, pagando, nel novembre 1998, 1,9 miliardi di
euro per il 25% di quella Telekom. Quanto a dire 7,6 milioni di euro
per ogni 1%. Quando nel 2003, Telecom Italia rivende un 15% della
società comprata meno di 5 anni prima, il prezzo che ne ricava è di 559
milioni di euro, pari a 3,7 milioni per ogni 1%. Anche nella felix
Austria, senza bombardamenti, il prezzo si è più che dimezzato.

Dunque, tutto finito. Ora ci interessa il corridoio cinque e sono
altre e più modeste le nostre manie di grandezza. Resta dell'avventura
una traccia nelle tabelle dell'Onu. Nel World Investment Report del
2001, dal titolo evocativo Promoting Linkages cioè un invito a
promuovere legami, c'è un elenco di paesi che, tra il 1996 e il 2000,
hanno effettuato investimenti in Jugoslavia (Serbia-Montenegro). E' un
elenco breve, in milioni di dollari, su dati della banca centrale di
Jugoslavia. Al primo posto i Paesi bassi con 560, poi la Grecia con
481, poi il Lussemburgo con 102. Più sotto Cipro con 82 milioni,
Bahamas 14, Bulgaria 10, Italia 10, Stati uniti 8, austria 8 e Ungheria
4. Sappiamo già chi è nascosto dietro i Paesi bassi e del resto una
nota lo esplicita: sono gli italiani della Sin-Telecom, un po'
travestiti, ma non troppo. Poi, dopo i greci, Lussemburgo e Cipro
coprono evidentemente altri personaggi che non vogliono farsi
riconoscere. Un'altra tabella mostra i flussi di investimenti esteri
nel corso del decennio. Gli investimenti esteri oscillano tra i 250
milioni e i 90 fino al 1996. Si può immaginare che vi sia interesse a
investire dall'estero e resistenza, all'interno. Poi l'esplosione del
1997, con un dato che supera i 1.100 milioni di dollari. Poi, negli
anni seguenti, una repentina ricaduta ai livelli di prima del boom. Del
resto se gli investimenti esteri sono come certi italiani, è meglio
perderli che trovarli.


=== 2 ===

http://www.panorama.it/italia/politica/articolo/ix1-A020001020620

Telekom, gli Usa dissero no

di  Marco De Martino

4/9/2003  

Era l'inviato di Clinton nei Balcani all'epoca dell'acquisto della
società serba da parte della Telecom Italia. E smentisce con forza le
dichiarazioni di Dini e Fassino: «Eravamo contrari all'operazione ed è
falso che l'America incoraggiasse investimenti a favore di Milosevic"


Telekom Serbia: quella storia Robert Gelbard se la ricorda bene. Nel
1997 era l'uomo di punta della diplomazia americana nei Balcani. Il suo
titolo ufficiale era quello di inviato speciale del presidente Bill
Clinton per l'attuazione degli accordi di Dayton: durante la crisi del
Kosovo fu lui il rappresentante più alto del dipartimento di Stato Usa
nella regione, lavorando per lunghi periodi a stretto contatto con
Richard Holbrooke, l'artefice della pace nei Balcani. Gelbard oggi è un
consulente d'affari a Washington.
Di quella storia, di quell'operazione che portò la Stet ad acquistare
il 29 per cento della compagnia serba per 878 miliardi di lire, non ha
mai parlato. Ma basta riferirgli una frase che lui non conosce. Si
tratta dell'ultima dichiarazione di Piero Fassino, attuale segretario
italiano dei Ds e all'epoca sottosegretario alla Farnesina, sul
discusso affaire: "Dopo la pace di Dayton, la scelta di Usa e Ue fu di
tentare di favorire un'evoluzione democratica nei Balcani. Via le
sanzioni, via l'embargo. Le imprese europee e statunitensi furono
incoraggiate a investire".
Gelbard, evidentemente sorpreso, fa una pausa. E comincia le sue
rivelazioni a Panorama con un moto di rabbia: "Dire che noi americani
incoraggiavamo altre nazioni a investire in Serbia è ridicolo:
completamente falso. La notizia dell'investimento italiano fu anzi
accolta con grande preoccupazione dal governo americano: avevamo
ragione di ritenere che l'accordo contenesse elementi di illegalità".

Si ricorda quando veniste a conoscenza della trattativa?

No. Ma ricordo bene che ne fummo informati a cose fatte: non venimmo
mai consultati. E la cosa non ci rese certo felici.

Che reazione provocò la notizia?

Parlammo di quella vicenda in varie riunioni, ad altissimo livello.
Quei soldi italiani diedero una boccata di ossigeno a Milosevic, gli
permisero di comprare nuove fedeltà, di continuare a pagare gli
stipendi dei militari. Ma avevamo anche la preoccupazione che l'accordo
fosse stato condotto secondo modalità che poco hanno a che fare con
l'onestà.

A che cosa si riferisce?

Mi lasci solo dire che qualsiasi accordo stretto con la Serbia
all'epoca doveva essere fatto passando attraverso Milosevic e i suoi
compari.

Avevate informazioni dalla vostra intelligence che motivavano i
sospetti?

Su questo non posso rispondere.

Quali organismi del governo americano erano a conoscenza del problema?

Soprattutto il dipartimento di Stato.

E quindi anche l'allora segretario di Stato Madeleine Albright...

Lo ha detto lei. Quello che posso dirle è che si trattava di una
preoccupazione largamente condivisa.

Tentaste di capire dove finirono tutti quei miliardi?

Sì, e giungemmo alla convinzione che la maggior parte del denaro fosse
stato rubato. Si ricordi che a questo punto, nel 1997, Milosevic era
nei guai: la Serbia era al collasso economico, lui aveva bisogno di
nuovi investimenti sia per ragioni politiche sia per ragioni
economiche. Noi non volevamo che si rafforzasse politicamente e, per
questa ragione, mantenevamo le sanzioni.

È vero. Però l'Onu aveva tolto le sanzioni e quindi l'accordo non era
formalmente illegale.

Ma noi americani, ripeto, mantenevamo quello che chiamavamo "il muro
esterno delle sanzioni". Ci opponevamo cioè ai prestiti del Fondo
monetario e della Banca mondiale. E non esistevano relazioni con le
repubbliche della ex Jugoslavia, che non avevano ancora alcuna
rappresentanza alle Nazioni Unite.

Quindi non è esatto che dopo gli accordi di Dayton gli americani
guardavano con favore a investimenti che favorissero il processo di
pace (come ha dichiarato Fassino)?

È completamente falso. Completamente falso. Non avevamo alcuna ragione
al mondo per incoraggiare le aziende a dare soldi a Milosevic: volevamo
investimenti in Bosnia, non certo in Serbia. Ma il governo italiano
dell'epoca aveva una posizione diversa e la divergenza di opinioni era
profonda. In particolare con il ministro degli Esteri Lamberto Dini,
che era la persona con cui avevamo più contatti. L'accordo della
Telekom Serbia non aiutò certo le nostre relazioni con il vostro Paese.
Come risultato dell'affare pensammo anzi che gli italiani volessero
mantenere un rapporto di amicizia con Milosevic. Il problema turbò le
relazioni tra Stati Uniti e Italia per un certo periodo: ovviamente il
rapporto è talmente solido che una questione del genere non lo avrebbe
mai potuto incrinare.

Dini ha di recente dichiarato: "Nessuno ha avvertito che era
un'operazione a rischio".

È un'affermazione a cui è difficile credere.

Gli esponenti del governo italiano dell'epoca dicono di avere saputo
dell'accordo dopo che era stato siglato: a questo crede?

Non ho informazioni specifiche, ma anche questa è un'affermazione a cui
è difficile credere.

Di nuovo Dini: "A quell'epoca, dopo il trattato di Dayton che divideva
in tre l'ex Jugoslavia, c'era l'orientamento, in Europa e negli Usa, di
cercare di rendere più democratico e responsabile il regime di
Belgrado. Nel 1997 non c'erano preclusioni politiche". È vero?

Non esattamente. Il governo statunitense era contro ogni tipo di
accordo che portasse soldi nelle tasche di Milosevic. È vero che
appoggiavamo il processo democratico, è falso che appoggiavamo
Milosevic. Noi anzi appoggiavamo gruppi di opposizione come Zajedno,
che alle elezioni municipali vinsero molte poltrone di sindaco. Ma
pensavamo che l'investimento in Telekom Serbia avrebbe aiutato
Milosevic, che era il contrario di quello che volevamo.

Questa posizione americana era valida anche nel 1996, quando venne
architettato l'investimento in Telekom Serbia?

Ho assunto il mio ruolo solo l'anno dopo. Ma le posso dire che anche
prima di quella data non ha mai fatto parte della nostra politica
rinforzare Milosevic. Guardi, mi permetta di essere chiaro. L'accordo
di Dayton fu siglato nel novembre del 1995: nel gennaio del 1996 vidi
Milosevic, prima di assumere il mio ruolo, e già allora la sua non
collaborazione all'accordo di Dayton era chiara. Nel corso di
quell'anno anzi Milosevic fece molto poco per ridurre il potere di
Radovan Karadzic e Ratko Mladic (criminali di guerra serbi ancora
ricercati, ndr). E all'inizio del 1997 la nostra insoddisfazione nei
suoi confronti era ai massimi livelli. Albright fece allora la sua
unica visita a Belgrado per vedere Milosevic: fu un incontro di estrema
difficoltà a cui io fui presente.

Torniamo al punto che più ci interessa: l'accordo della Telekom Serbia.
Che cosa attirò la vostra attenzione?

Era una totale anomalia. Assieme agli italiani, erano i francesi i più
attivi nella regione. Ma questo contratto venne subito notato,
soprattutto per la quantità di soldi versati nelle casse della Serbia.

Prendeste provvedimenti?

Non avevamo alcuno strumento per farlo, l'Italia è un Paese sovrano.

Vi lamentaste con gli italiani?

Sì.

Chi lo fece, Madeleine Albright?

Di questo non voglio parlare.

Ripeterebbe le sue dichiarazioni davanti alla commissione parlamentare
d'inchiesta italiana?

A Roma vado sempre volentieri...


RISPOSTE E SILENZI DEI PROTAGONISTI
Come si sono difesi i responsabili del governo Prodi dalle accuse di
aver sottovalutato l'affaire

I "misteri" sono stati svelati la scorsa settimana. Allora, nel giro di
pochi giorni, Romano Prodi, Lamberto Dini e Piero Fassino hanno
raccontato la loro verità sulla Telekom Serbia. Nel 1997, all'epoca
della vicenda, erano rispettivamente presidente del Consiglio, ministro
degli Esteri e sottosegretario alla Farnesina. Panorama ha riassunto
l'affaire in sei domande chiave. Eccole, seguite dalle risposte date
dai tre politici a quotidiani e settimanali.

Avete saputo della trattativa per l'acquisto della Telekom Serbia da
parte della Stet prima del 9 giugno 1997, giorno della conclusione
dell'affare?

Prodi: "Mai, da nessuno e in alcuna forma, l'acquisto di una quota di
Telekom Serbia da parte di Stet fu sottoposto alla mia attenzione, né
come privato cittadino, né come presidente del Consiglio".

Dini: "Non mi sono mai occupato, né nessuno mi ha mai parlato di questo
affare Telekom. Seppi dell'acquisizione dai giornali, a contratto
firmato. E me ne rallegrai. La considerai una scelta di Belgrado
favorevole all'Italia".

Fassino: "La trattativa era nota".

È possibile che la Stet, un'azienda statale, potesse concludere un
affare da 878 miliardi di lire con il regime serbo senza l'assenso del
governo italiano?

Prodi: "Non vi era alcuna ragione né formale né sostanziale perché ciò
dovesse avvenire".

Dini: "Il governo dell'Ulivo è estraneo alla vicenda. Non ha
partecipato in alcun modo alla vicenda perché Stet non ha chiesto
aiuto. E ha condotto la trattativa da sola. Il ministero degli Esteri
interviene solo se è interpellato".

Fassino: "Il governo non ha avuto alcun ruolo perché non doveva averlo.
Se a livello internazionale la strategia fosse stata quella di isolare
Milosevic, allora si sarebbe dovuto intervenire. Ma poiché non era
così, il governo non lo fece".

Dopo l'accordo di Dayton del 1995, l'atteggiamento politico di Europa e
Usa nei confronti di Milosevic poteva giustificare un investimento di
questa entità in Serbia?

Prodi: Nessuna dichiarazione.

Dini: "Dopo il trattato c'era l'orientamento, in Europa e negli Usa, di
cercare di rendere più responsabile e democratico il regime di
Belgrado. Nel 1997 non c'erano preclusioni politiche. Nessuno poteva
immaginare quello che sarebbe accaduto dopo, Kosovo compreso".

Fassino: "Nel 1995, dopo la pace di Dayton, la scelta di Usa e Ue fu di
tentare di favorire un'evoluzione democratica nei Balcani. Via le
sanzioni, via l'embargo. Le imprese europee e statunitensi furono
incoraggiate a investire".

Francesco Bascone, ai tempi dell'affare ambasciatore italiano in
Jugoslavia, mandò al ministero degli Esteri 14 dispacci in cui veniva
denunciata la pericolosità dell'operazione e il fatto che non vi fosse
"nessuna assicurazione sulla destinazione dei soldi dell'affare". Come
mai nessuno tenne conto dei suoi avvertimenti?

Prodi: Nessuna dichiarazione.

Dini: "Bascone riferiva soltanto quello che la stampa locale diceva e
quanto emergeva con i leader dell'opposizione. Le lettere di Bascone,
come era normale, furono prese in considerazione dai direttori
generali".

Fassino: "Le parole dell'ambasciatore alla commissione dimostrano la
mia assoluta correttezza e la mia totale estraneità alla vicenda". Il 9
ottobre del 2002, il diplomatico aveva raccontato alla commissione
parlamentare d'inchiesta che l'attuale segretario dei Ds "durante una
sua visita a Belgrado, aveva manifestato un forte disagio per questa
trattativa, che si svolgeva in modo quasi segreto, senza informare
l'ambasciata e il ministero".

La Telekom Serbia fu pagata dalla Stet 878 miliardi e rivenduta a meno
della metà cinque anni dopo: fu un cattivo affare?

Prodi: Nessuna dichiarazione.

Dini: "Lo vedremo. Se hanno agito così, avevano tutte le ragioni per
pensarlo".

Fassino: "Sono decisioni aziendali, non dell'autorità politica. È
un'azienda a decidere il prezzo di un acquisto o di una cessione".

Accetterà di essere ascoltato dalla commissione d'inchiesta?

Prodi: "Sono disposto a essere ascoltato per fornire ogni utile
chiarimento agli organi legittimamente deputati ad accertare la verità".

Dini: "Ho già dichiarato anche in passato la mia disponibilità a essere
ascoltato dalla commissione quando essa lo ritenga opportuno".

Fassino: "Se la commissione vuole, sa dove trovarmi. Certamente, se mi
convocano andrò, come chiunque è tenuto a fare".

La dittatura della borghesia (3)

(la puntata precedente su
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2754 )

1. Ancora sul caso di David Pecha:
raccolta U R G E N T E di firme per solidarieta'

2. Ancora sulle scuole russe in Lettonia


=== 1 ===


* raccolta U R G E N T E di firme per solidarieta' *

Le opinioni del giovane Pecha

Appello

Il prossimo 24 settembre, verrà processato a Praga un giovane di 26
anni, David Pecha. La sua colpa è quella di aver scritto su un piccolo
giornale di sinistra della Repubblica Ceca che "di fronte alle grandi
ingiustizie sociali, l'alternativa resta la dittatura del proletariato".

Il giovane Pecha, residente in Moravia, la zona economicamente e
socialmente più povera della Repubblica Ceca e militante del Partito
Comunista Cecoslovacco (una scissione del Partito Comunista di Boemia e
Moravia, presente in parlamento e seconda forza politica del paese)
nell'esprimere la sua opinione sulla grave situazione economica e
sociale del suo paese e del mondo, ha fatto proprie le tesi di Karl
Marx comparse sul "Manifesto" più di centocinquanta anni fa e ritenute
dal giovane Pecha ancora attuali.

L'accusa intende portarlo in tribunale per i reati di "apologia del
comunismo" e "istigazione all'odio di classe" ossia i classici reati di
opinione con cui i tribunali speciali hanno processato gli oppositori
politici in ogni quadrante del mondo.

Noi riteniamo grave che nella Repubblica Ceca, la quale si appresta ad
entrare nell'Unione Europea, si possa processare per reati di opinione
un oppositore politico. Tantopiù in un paese dove il partito comunista
è la seconda forza politica ed ha una consistente rappresentanza in
Parlamento.

Intendiamo inoltre denunciare l'ondata di isteria anticomunista che, a
quattordici anni di distanza dal 1989, sta dilagando come una sorta di
"vendetta postuma" in molti paesi dell'Europa dell'Est. Partiti di
sinistra vengono messi fuorilegge in Romania, ex Jugoslavia,
Repubbliche Baltiche. Dirigenti e militanti politici vengono
perseguitati. Le secessioni avvenute in questi paesi continuano a
provocare processi di apartheid e di pulizia etnica come in Lettonia o
nel protettorato NATO in Kossovo.

L'Unione Europea, così attenta a segnalare le violazioni dei diritti
umani e politici in ogni quadrante del mondo, sembra non voler vedere
cosa accade dentro di essa o nei paesi che si apprestano ad entrare
nell'Unione.

L'allarme che intendiamo lanciare con questo appello ha la pretesa di
voler inserire nell'agenda della costituzione politica dell'Unione
Europea un "buco nero" che rischia di approfondire il deficit
democratico con cui questo processo continua ad andare avanti.

Chiediamo che il processo al giovane David Pecha venga monitorato da
osservatori e giuristi a livello europeo per impedire che le opinioni
politiche diventino oggetto di persecuzione.

11 settembre 2003


Primi firmatari:

Sergio Cararo (giornalista)
Cynthia D'Ulizia (giornalista)
Fulvio Grimaldi (giornalista)
Rita Martufi (ricercatrice)
Emidia Papi (sindacalista)
Luciano Vasapollo (docente universitario)


Appello promosso da La Rete dei Comunisti

INVIARE LA PROPRIA ADESIONE A:
segreteria@...

Radio Citta' Aperta 
SITO: http://www.radiocittaperta.it


=== 2 ===


IN LETTONIA 10.000 PERSONE HANNO MANIFESTATO IN DIFESA DELLE SCUOLE
RUSSE

http://www.kprf.ru/actions/17997.shtml

 
Il sito internet del PCFR ha ripreso dal giornale “Sovetskaja Rossija”
del 6 settembre la seguente notizia

 
Giovedì sera nel centro di Riga si è svolta una manifestazione di massa
in difesa delle scuole russe, in cui dovrebbe essere reso obbligatorio
l’insegnamento nella sola lingua lettone. Circa 10.000 cittadini di
lingua russa della capitale lettone, studenti e insegnanti delle scuole
russe, rispondendo all’appello del “Centro per la difesa delle scuole
russe”, si sono raccolti nel parco “Esplanada” nel centro della città,
per affermare il proprio diritto a ricevere l’istruzione nella lingua
madre.

I partecipanti alla manifestazione hanno innalzato striscioni, in cui
era scritto in russo, lettone ed inglese: “La nostra lingua è il nostro
futuro”, “Le scuole russe sono la nostra Stalingrado”, “Lettonia:
vergogna dell’Europa”.

Dal momento che la Duma di Riga si è rifiutata di concedere il permesso
per lo svolgimento del meeting dei cittadini di lingua russa nel centro
della città, la manifestazione si è svolta sotto forma di incontro con
i loro elettori dei deputati al Seim e alla Duma di Riga appartenenti
al gruppo “ Per i diritti dell’uomo nella Lettonia unita” (il
raggruppamento di sinistra, di cui fanno parte i compagni del Partito
Socialista di Lettonia, nota del traduttore).

 
Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Fassino e il fardello della modernizzazione

(commento al libro di Piero Fassino "Per passione")

di Claudio Grassi

Liberazione, 5 settembre 2003

Questo di Piero Fassino è un libro interessante e autentico, scritto
davvero con passione, quella profonda passione per la politica che ha
sin qui contraddistinto tutta la vita dell'attuale segretario dei Ds.
Sono pagine pensate, nelle quali si riflette un profilo culturale
coerente, precisatosi, nel segno di una sostanziale continuità, in
lunghi decenni di impegno militante. Quale sia il connotato di fondo è
presto detto. Fassino dichiara
senza remore la propria ispirazione socialdemocratica: di una
socialdemocrazia - conviene precisare - peculiare, figlia della
sconfitta del movimento operaio battuto dalla rivoluzione conservatrice
reaganiano-thatcheriana. Per cui mai nel libro emerge, nemmeno in
chiave problematica, la riflessione sulle responsabilità del
capitalismo in ordine ai devastanti problemi politici, sociali,
ambientali e persino morali che l'umanità si trova di fronte.
Ma veniamo ad alcuni snodi salienti della narrazione. Colpisce, in
primo luogo, come in tutte le fasi dello scontro politico richiamate
nel libro Fassino si sia collocato regolarmente su posizioni assai
prossime a quelle dell'avversario. Un caso appare tra tutti
paradigmatico. 1980, la
mobilitazione della Flm contro i licenziamenti decisi dalla Fiat. La
lotta si protrae per 35 lunghi giorni durante i quali Enrico Berlinguer
è vicino agli operai in sciopero, che lo festeggiano ai cancelli di
Mirafiori. Oggi Fassino ricorda e non lesina critiche. Gli appare
sbagliata la posizione oltranzista dei lavoratori e del sindacato dei
meccanici. Giudica errata
anche la scelta del segretario del Pci che avalla quella lotta e non si
pronuncia contro l'occupazione della fabbrica.
Sono pagine dure, come duro fu allora quello scontro. Vi è consegnata,
in sintesi, la tesi portante del libro. Fassino non è critico di
Berlinguer nell'intero arco della sua segreteria. Al contrario, ne
condivide le scelte degli anni Settanta: il compromesso storico,
l'opzione per la Nato, il governo di solidarietà nazionale, la
condivisione della linea dell'Eur e dei
sacrifici imboccata nel '77 dalla Cgil di Luciano Lama. Il problema è
però, ai suoi occhi, che quelle scelte non furono condotte sino in
fondo: si tentennò, non si ebbe il coraggio di “assumere un compiuto
profilo riformista di stampo socialdemocratico”. Questo è il punto,
assunto come un dogma. Poco o nulla rilevano i contraccolpi di quelle
scelte strategiche: il disastro elettorale dell'80 (quando il Pci si
fermò al 26%, otto punti in meno rispetto al '75), il tracollo del Pds
al primo test elettorale (16% nel '92).
Ovvia, poste queste premesse, la requisitoria nei confronti dell'ultimo
Berlinguer. Ovvia anche, benché non per questo meno sconcertante, la
celebrazione di Bettino Craxi, nel quale Fassino scorge un lucido
interprete di quella fase storica e politica. “Craxi interpreta le
domande di dinamicità di una società che cambia e chiede alla politica
di stare al passo. Il Pci invece vede nei cambiamenti un'insidia,
anziché un'opportunità”. Tradotto in volgare: Craxi ha il merito di
capire che la centralità operaia ha fatto il suo tempo, che il
conflitto di classe è una patologia distruttiva, che la
“modernizzazione” impone alla sinistra di riconoscere la centralità
dell'impresa e di farsi carico delle “compatibilità” del capitalismo.
Poco importano, ancora una volta, la dure repliche della storia: il
dilagare della corruzione tra le file del Psi craxiano e la sconfitta
storica della sinistra post-comunista che nei primi anni Novanta,
gettata alle ortiche la cultura classista, assumerà su di sé il
fardello della “modernizzazione” a suon di privatizzazioni, tagli del
welfare, riforme istituzionali e leggi maggioritarie.
Fassino non si limita alla politica interna, il libro è ricco di
riferimenti a questioni e vicende internazionali. Ma, giunti a questo
punto, sarebbe temerario attendersi sorprese. Non ce n'è. Il socialismo
reale è tutto un fallimento: ovviamente sui fallimenti delle
socialdemocrazie al governo in Europa dagli anni Ottanta in poi (e
tanto più sulle odierne porcherie di Blair) il silenzio è assoluto.
Maastricht? Rose e fiori, peccato solo che il centrosinistra al governo
non abbia completato la riforma delle pensioni e sia stato troppo
timido con la flessibilità. E i milioni di disoccupati, i nuovi poveri,
i bilanci terremotati delle famiglie? Inevitabili contraccolpi della
modernità. Gli Stati Uniti? Un modello di democrazia, e pazienza per la
dottrina della guerra preventiva e permanente (di cui invano si
cercherebbe traccia). Israele? “Non possiamo non amar[lo]. Non possiamo
non riconoscere Israele come una forte e libera democrazia”: dunque
nessun problema di occupazione militare di territori altrui, di
discriminazioni etniche, di violazioni di diritti umani.
La perla è, naturalmente, la parte dedicata alla guerra nella
ex-Jugoslavia. Fassino ci tiene a rivendicare un primato: “Nel governo
italiano, i più determinati nell'auspicare un intervento militare siamo
io e Andreatta”. Poi, però, dà a Massimo quel che è di Massimo:
“D'Alema rivela qui la sua parte migliore di uomo di stato: con
freddezza e lucidità gestisce i rapporti interni dell'Ulivo e si fa
apprezzare [.] dai generali della Nato”. E la distruzione della
Zastava? La pulizia etnica ancora in corso contro il popolo serbo? La
disoccupazione dilagante, l'uranio impoverito? Quisquilie, polvere
impalpabile sotto il
carro trionfale della Storia.
Non servono lunghi commenti né faticose interpretazioni. Fassino è
onesto, non si maschera, non stempera le proprie convinzioni. Del
resto, perché mai si dovrebbe volere occultare quanto si considera
titolo di merito? Senonché il punto è proprio questo. Come mai non si
avverte la problematicità di una metamorfosi ideologica e politica che
ribalta di 180 gradi una lunga storia e impedisce qualsiasi presa di
distanza dal neoliberismo, dall'attacco al lavoro e ai diritti sociali,
dalle nuove guerre imperialiste? Questo libro è uno specchio della
mutazione genetica subita dal Pci nel corso degli ultimi
vent'anni e della cui portata è indice proprio la concezione della
modernità di cui Fassino è entusiasta alfiere. Moderno non è il
processo, potenzialmente rivoluzionario, di espansione della
cittadinanza e di costruzione dell'universalità: moderna è la
“razionalizzazione” del
capitalismo, la controffensiva dei poteri forti (a mezzo di
compressione dei salari e flessibilità, di tagli alla spesa e
privatizzazioni) idonea a salvaguardare sufficienti margini di
profitto. Non c'è metro migliore della devastazione prodottasi a
sinistra nei due decenni alle nostre spalle.

Claudio Grassi

L'AMICO RITROVATO

“Lo devo dire al mio amico D'Alema. Hai faticato tanto a cercare di
costruire un rapporto con la borghesia e oggi la borghesia non c'è più”

Fausto Bertinotti citato dal "Corriere della Sera" del 8.9.2003

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 5 – 8 settembre 2003

(a cura di G. Vlaic; per contatti: gilberto.vlaic@...)


---


Resoconto di viaggio a cura Gilberto Vlaic del gruppo ZASTAVA Trieste

Questa relazione e' suddivisa in cinque parti:
A) Introduzione
B) Materiale trasportato, cronaca del viaggio, assemblea con i
lavoratori
C) Il microprogetto artigianato
D) Stato attuale della Zastava
E) Informazioni generali e conclusioni


Introduzione


Vi inviamo un resoconto del viaggio appena concluso alla Zastava di
Kragujevac per consegnare le adozioni a distanza, fatto dal
Coordinamento Nazionale RSU e dal Gruppo Zastava di Trieste.

Per i titolari delle nuove adozioni: le schede del bambino che vi e'
stato affidato vi saranno spedite per posta quanto prima.
Segnalateci eventuali problemi.

Questo resoconto si lega alle altre relazioni scritte con cadenza
praticamente trimestrale. Sono tutte reperibili su diversi siti, tra i
quali

- il sito del coordinamento RSU, all'indirizzo:
http://www.ecn.org/coord.rsu/
seguendo il link: Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:
http://www.ecn.org/coord.rsu/guerra.htm
dove sono anche descritte in dettaglio tutte le iniziative in corso, e
riportati i resoconti anche di altre associazioni.
L'ultimo del maggio 2003 e' all'indirizzo
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2003/2003_0509kragujevac_rel.htm

Gli stessi resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
che contiene inoltre centinaia di articoli sulla situazione nei Balcani
difficilmente reperibili sulla stampa nazionale.

Si consiglia inoltre, a chi non lo avesse gia' fatto, la letture dei
resoconti dei viaggi delle seguenti associazioni:
ABC –ONLUS di Roma (maggio 2003) all'indirizzo
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2003/2003_0530abc_relazione.htm

Zastava Brescia (giugno 2003) all'indirizzo
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2003/2003_0603brescia.htm

e ALJ di Bologna (luglio 2003) all'indirizzo
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2003/2003_0718_ali_bologna.htm

poiche' tutte contengono interessanti informazioni e descrizioni.


Materiale trasportato e cronaca del viaggio


Siamo partiti da Trieste venerdi' 5 settembre 2003 maggio alle 6 di
sera, in tre macchine.
Purtroppo il pullmino a nove posti, che ci e' sempre stato prestato da
un'associazione di solidarieta' internazionale triestina era stato
"vandalizzato" circa un mese fa, nel senso che gli erano state
asportate le targhe e danneggiato all'interno; dovremo quindi aspettare
la sua re-immatricolazione per poterlo usare di nuovo.
Questo ha comportato un notevole aumento delle spese di viaggio e una
ridotta capacita' di trasporto di materiali.
La delegazione era formata da 7 persone: Enzo, Renata, Mario e Luisa da
Padova, Alessandro da Fiumicello (Udine), Roberto e Gilberto da Trieste.
Un'altra macchina e' partita da Firenze con a bordo Alma da Firenze,
Lino da Lodi e Valerio da Milano. Ci siamo incontrati a Kragujevac il
sabato mattina.

Avevamo complessivamente una quarantina di scatole di aiuti alimentari
e vestiario. Per gli alimentari si trattava di regali alle famiglie
jugoslave da parte delle famiglie adottanti italiane, il vestiario era
frutto di una raccolta operata a Padova.

Avevamo ricevuto una generosa sottoscrizione (950 euro) dalle
associazioni culturali slovene di Trieste, in occasione della
manifestazione "Non bombe ma solo caramelle" che era stata organizzata
a Trieste il 7 giugno 2003, finalizzata
all'acquisto di materiale scolastico.
Fortunatamente il materiale e' stato comperato da un grossista
direttamente a Kragujevac, altrimenti non saremmo mai riusciti a
trasportarlo con noi, stanti le difficolta' del viaggio. Con tale cifre
abbiamo acquistato 1500 quaderni, 700 penne, 200 gomme, 200 squadrette
e 200 compassi.

Inoltre portavamo con noi cinque fiale di linfoglobuline, una
confezione di immunoglobuline e dieci flaconi di chemioterapici per un
valore complessivo di circa 4.000 euro, provenienti da un donatore
privato, per il reparto sterile dell'Ospedale pediatrico di Belgrado.

Le adozioni da distribuire erano 85, di cui 9 nuove, per un valore
complessivo di 12.650 euro

Infine avevamo 600 euro frutto della vendita dei prodotti di uncinetto
di sei operaie licenziate, che ci avevano affidato i loro lavori in
conto vendita a maggio scorso, all'interno del microprogetto
artigianato.

Ricordiamo che le spese di viaggio sono state direttamente sostenute
dai partecipanti, senza alcuno storno dai fondi ricevuti per le quote
di adozione a distanza da distribuire in questa occasione (come del
resto in tutti i precedenti viaggi effettuati).

Siamo arrivati a Kragujevac alle 8 del mattino, senza alcun problema
durante il viaggio; sorpresa positiva l'abolizione del visto di
ingresso, e le relative spese.

Dopo la verifica con Rajka e Milija delle liste delle adozioni e del
loro ammontare abbiamo visitato alcune famiglie, e quindi pranzato con
i rappresentanti dei lavoratori.

Poiche' Alessandro ed Enzo compivano gli anni, tutti gli incontri sono
stati particolarmente festosi ed pieni di allegria, con musica di
fisarmonica e canti fino a perdere la voce.

Nel pomeriggio abbiamo visitato un monastero ortodosso nei dintorni
della citta'.

Cena veramente straordinaria presso la famiglia il cui bambino e'
adottato da Alessandro, dove abbiamo gustato una vastissima serie di
piatti tradizionali.

Il mattino di domenica abbiamo distribuito le quote delle adozioni.
Durante l'assemblea e a cui hanno partecipato alcune centinaia di
persone c'e' stato il solito scambio di regali tra famiglie italiane e
jugoslave e viceversa.

Alla fine dell'assemblea abbiamo consegnato il ricavato della vendita
dei prodotti di artigianato e ricevuto in conto vendita alcune decine
di centrini, tovaglie e arazzi.
Pranzo a casa della bambina adottata da Enzo; cibo ottimo, in quantita'
gigantesche, musica e canti.
Nel pomeriggio abbiamo visitato altre tre famiglie e raccolto dai
delegati Zastava i dati aggiornati sulla fabbrica e alcune informazioni
generali della situazione economica e sociale complessiva del Paese;
sono riportate di seguito.

La sera abbiamo ascoltato il telegiornale regionale diffuso dalla rete
RTK, controllata dal comune di Kragujevac; per la PRIMA volta in
quattro anni di delegazioni italiane in citta' la nostra presenza e'
stata data come prima notizia nel palinsesto, ed il servizio e' durato
circa quattro minuti; inoltre sono stati trasmessi sia in Italiano che
in Serbo alcuni pezzi dell'intervento iniziale in assemblea, da dove
risultano chiarissime le motivazioni della nostra iniziativa: non
generica solidarieta' caritatevole ma specifico sostegno materiale di
lavoratori a lavoratori. I nostri amici delegati erano veramente
sorpresi!

Il mattino dopo a Belgrado abbiamo consegnato i chemioterapici;
l'incontro con la dottoressa che dirige questo reparto e' stato come al
solito estremamente toccante.
Abbiamo poi attraversato il viale delle ambasciate, che ospita tutta
una serie di ministeri completamente distrutti dai bombardamenti del
1999, e quindi siamo ripartiti per Trieste, dove siamo arrivati verso
le 10 di sera del 8 settembre.


Il microprogetto artigianato


Avevamo preso durante il viaggio di maggio scorso, su prezzi decisi
dalle donne di Kragujevac, una valigia intera di prodotti di
artigianato tessile, prodotti a uncinetto o ricamo da un gruppo di sei
operaie licenziate.

Durante le sagre e le feste estive a cui partecipiamo siamo riusciti a
vendere tutto il materiale ricevuto, grazie soprattutto alla
caparbieta' di Marvida del gruppo Zastava Trieste.

Si tratta di un salto di qualita' all'interno della campagna di
solidarieta'. Nel campo delle adozioni infatti c'e' inevitabilmente la
differenza tra chi da' e chi riceve; qui invece c'e' un rapporto
assolutamente paritario tra chi produce una merce e chi la compra. Puo'
essere l'inizio di una cooperativa femminile di lavoro artigiano.

Continueremo la vendita di questi prodotti nelle forme a noi consuete,
ma intendiamo anche verificare se e' possibile mettere in diretto
contatto questo gruppo di donne con la rete dei negozi del commercio
equo e solidale, in modo da allargare le possibilita' di vendita.
Vi terremo informati dell'evoluzione del progetto.


Stato attuale della Zastava


Nelle relazioni dei nostri viaggi precedenti, soprattutto a partire da
ottobre 2002, sono state fornite ampie e dettagliate informazioni sulla
situazione occupazionale, salariale e sindacale dei lavoratori.
Gli indirizzi a cui ritrovare queste relazioni sono riportati
nell'introduzione di questo documento.

La relazione scritta da Paola Ferroni di ALJ Bologna del luglio 2003
all'indirizzo
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2003/2003_0718_ali_bologna.htm
integra ulteriormente questi dati.

Si rimanda quindi a queste relazioni per avere una panoramica
dell'evoluzione della situazione della Zastava negli ultimi due anni

I dati non presenti nelle relazioni precedenti sono riportati di
seguito.

Una sola unita' produttiva delle 38 in cui e' stata smembrata la
Zastava (nell'agosto del 2001) e' stata al momento privatizzata: si
tratta della Jugomedica, che impiega 13 lavoratori e produce
attrezzature per studi dentistici.

Per quanto riguarda Zastava automobili (4300 lavoratori impegnati) la
produzione prevista per il 2003 era di 1800 vetture/mese; nel primo
trimestre del 2003 il consuntivo e' di 425 vetture prodotte.
Precedentemente ai bombardamenti la produzione era di 220.000
vetture/anno.

Zastava IVECO, produzione di camion (46% di capitale FIAT al momento
attuale), produceva negli anni '90 10.000 camion/anno con 4.500
lavoratori; nel 2002 sono stati prodotti 480 camion impegnando 2.800
lavoratori.
Nel 2003 nessun camion prodotto; la FIAT avrebe dovuto fornire i motori
EURO3 completi di cambio ma richiede il pagamento anticipato a prezzi
di mercato, e non all'ingrosso.

La centrale termica, che era stata totalmente distrutta dai
bombardamenti NATO del 1999 e ricostruita nell'estate dello stesso
anno, e' attualmente gestita dal comune di Kragujevac.
Ricordiamo che la centrale, oltre a rifornire di energia e fluidi la
Zastava, riscaldava la maggior parte degli edifici pubblici e dei
condomini della citta'. Una gestione completamente fallimentare delle
forniture di combustibile ha portato alla situazione paradossale di
continue interruzioni di fornitura di energia alle unita' produttive e
ad un abnome aumento dei costi (che sono addirittura quadruplicati).

Prima dello stato di emergenza dichiarato a marzo i lavoratori della
Zastava avevano intrapreso tutta una serie di lotte sotto le parole
d'ordine:
Pane, lavoro, diritti sindacali.
Riprenderanno nel corso di questo mese.


Informazioni generali e conclusioni


La situazione economica in Jugoslavia è ovviamente molto problematica.
Oltre alla Zastava sono centinaia le fabbriche che sono state
bombardate e non ricostruite.
Su una popolazione complessiva di 10.500.000 persone il numero di
disoccupati e' ufficialmente di un milione; il dato reale e' pero'
molto piu' elevato poiche' vengono considerati occupati anche i
lavoratori in cassa integrazione.

Ci sono 300.000 lavoratori occupati che non ricevono il salario da mesi.

Lavorano in nero circa 700.000 persone.

I pensionati sono circa un milione, con pensione media di 2.000 dinari
(circa 30-35 euro).

La legge sulle privatizzazioni ha fino ad oggi interessato 700 imprese
con un totale di circa 25.000 dipendenti.

Ricordiamo che una famiglia media di 4 persone ha bisogno di almeno 250
euro contando solo i generi di primissima necessita'.

I dati ufficiali affermano che circa i 2/3 della popolazione serba
spende meno di 1 euro al giorno pro-capite, e che un terzo spende meno
di mezzo euro al giorno; il 60% della spesa e' per il cibo.

Alcune informazioni sullla situazione in Kosovo.

Ad agosto 4 bambini serbi sono stati uccisi mentre facevano il bagno
nel fiume nel paese di Gorazdevac.
E' stato dichiarato il lutto nazionale per il 26 agosto scorso; la
K-FOR ha dichiarato la sua incapacita' a garantire l'incolumita' di chi
partecipava ai funerali, compresi esponenti del governo centrale.

Le scuole sono iniziate il primo settembre, ma non in Kosovo per i
bambini serbi, in quanto la K-FOR ha dichiarato di non poterli
proteggere.

Una delle famiglie appena adottate e' originaria di Pec; piu' di 20 dei
loro parenti sono profughi in Serbia e Montenegro; anche se volessero
tornare non potrebbero in quanto le loro case sono state bruciate.

La Classe lavoratrice jugoslava è oggi in condizioni di oggettiva
debolezza e deve fare i conti con la necessità di una ricostruzione
post-bombardamenti che ha ormai da due anni assunto una chiara
direttrice iper-liberista.
Lo Stato, governato da una coalizione di centro destra e fortemente
allettato e subordinato alle promesse di aiuto occidentali, ha lasciato
al libero mercato ogni decisione. Così i prezzi aumentano, le scuole e
la sanità diventano prestazioni disponibili solo per i più ricchi, le
fabbriche, le zone industriali sono all'asta di profittatori
occidentali che comprano tutto a prezzi bassi e ponendo condizioni di
lavoro inaccettabili.

Le famiglie che aiutiamo materialmente esprimono la loro gratitudine
per questi aiuti che sono indispensabili, ma la loro fondamentale
preoccupazione e' di non rimanere soli, abbandonati ed invisibili al
resto del mondo.

Dobbiamo intensificare i nostri sforzi affinche' giunga a loro la
nostra solidarieta' e fratellanza materiale e politica.


---


Intervento, a nome del coordinamento RSU e gruppo ZASTAVA Trieste,
svolto da Gilberto Vlaic di ZASTAVATrieste all'assemblea dei lavoratori
della Zastava di Kragujevac il 7 settembre 2003 in occasione della
consegna delle adozioni a distanza raccolte a favore delle famiglie dei
lavoratori tutt'ora senza lavoro e senza salario a causa dei
bombardamenti NATO delle fabbriche della Jugoslavia nel 1999.


Carissimi bambine e bambini, carissimi lavoratori della Zastava,
permettetemi di cominciare questa assemblea con tre parole nella vostra
lingua:
SVE VAS VOLIM

Eccoci di nuovo insieme, in questa bella occasione in cui riaffermiamo
i legami di affetto e solidarieta' tra lavoratori italiani e i loro
fratelli jugoslavi e i loro figli.
Queste non sono semplici occasioni in cui si manifesta una generica
solidarieta' con chi sta peggio di noi, ma sono esempi dell'interesse
comune che ci lega in quanto facciamo parte della stessa classe sociale.
I nostri interessi e i nostri obbiettivi come classe sono
inconciliabili con quelli di chi vuole dominare il mondo e appropriarsi
delle sue ricchezze e possibilita'.
Sono gli interessi di chi vuole vivere in pace, con un lavoro decoroso,
con scuola e sanita' pubbliche efficienti, con una giusta pensione per
gli anziani, senza barriere in un mondo libero, dove non esistano
popoli sfruttatori e popoli sfruttati, dove i giovani possano istruirsi
e lavorare nell propria terra, senza diventare servi a basso costo del
capitale.

Sulle macerie del Muro di Berlino si parlava di pace e di progresso. In
tutti questi anni abbiamo visto invece solamente un crescendo di guerre
e di miserie: dall'Iraq all'Afghanistan alla Palestina, per ritornare
di nuovo all'Iraq
PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA

In Jugoslavia, al centro dell'Europa, l'aggressione e' stata
ininterrotta e la spoliazione procede oggi a gonfie vele, come il caso
della Zastava dimostra.

E ora contro quale altro popolo si rivolgera' l'imperialismo americano,
con i suoi alleati occidentali?
Contro il popolo iraniano, per poter finalmente avere il dominio
geopolitico di quell'area del mondo, stategica per le risorse naturali
che contiene?
Oppure contro Cuba, colpevole di avere un sistema politico non
allineato economicamente, politicamente e culturalmente al liberismo
del Fondo Monetario Internazionale?

Di volta in volta l'aggressione viene presentata come "ingerenza
umanitaria" o "guerra preventiva al terrorismo" ma noi sappiamo bene
che sono sempre state e saranno sempre aggressioni per la sottomissione
di popoli non allineati o per la conquista di nuove fonti di materie
prime e di energia o per il controllo di territori strategici.
Basta riflettere sul fatto che, dopo l'aggressione al vostro Paese, gli
Stati Uniti hanno costruito in Kosmet la piu' grande base militare che
abbiano in Europa, Camp Bondsteel.

E inoltre sono forse state trovate le fosse comuni che sono state usate
per giustificare l'aggressione alla Jugoslavia?
Sono state trovate le armi di distruzione di massa inventate per
aggredire l'Iraq?

E tutto questo viene pagato da popoli innocenti con devastazioni e
lutti.

Il nosto NO alle guerre di aggressione imperialiste deve essere senza
condizioni, non solo perche' portano lutti, devastazione, fame, ma
perche' i loro scopi sono assolutamente opposti ai nostri interessi
come classe sociale.
E l'arma piu' forte che abbiamo per opporci e' la solidarieta'
internazionalista dei lavoratori. Il nostro mondo non e' quello dei
ricchi e dei governi, il mondo che vogliamo noi e' quello basato sul
lavoro e sull'amicizia tra i popoli.

Poche parole sulla situazione del mio Paese.
Il lavoro salariato e' al centro dell'attacco del governo di destra che
abbiamo; la nuova legge sul lavoro in discussione al parlamento rende
il lavoro sempre piu' frammentario e precario, in prospettiva distrugge
lo stesso contratto collettivo nazionale.
Ora poi vi e' un feroce attacco alle pensioni, con il tentativo di
diminuirne il valore e di costringere i lavoratori a lavorare alcuni
anni di piu' prima di potervi accedere.
La Scuola pubblica e' sottoposta a continui tagli nei suoi
finanziamenti.
Violando persino la Costituzione il governo alcuni giorni fa ha
concesso alle famiglie che mandano i loro figli alle scuole private un
regalo in denaro. E da noi le scuole private sono quasi tutte di tipo
religioso.

Ma torniamo alla nostra assemlea.
Portiamo con noi 85 adozioni, facenti capo alle RSU e al gruppo Zastava
di Trieste; 9 di queste sono nuove, a riprova del fatto che molti
lavoratori italiani non hanno dimenticato che cosa e' successo nel 1999.
Inoltre abbiamo ricevuto una generosa sottoscrizione dalle Associazioni
culturali slovene di Trieste, che ci hanno chiesto di acquistare
materiale scolastico da distribuire agli studenti.
Queste adozioni nuove e questa donazione sono anche il frutto della
rapida visita che alcuni mesi fa i vostri rappresentanti hanno fatto in
Italia e del progetto "Non bombe ma solo Caramelle" che ha visto la sua
prima edizione a Roma il 16 giugno scorso.
Circa 250 bambini di varie scuole elementari e medie italiane si sono
esibiti sul palco del teatro Ambra-Jovinelli di fronte a piu' di mille
persone e per un pomeriggio intero hanno cantato canzoni composte da
loro per esprimere con la loro sensibilita' di bambini il loro NO alla
guerra.
Mi sono tornati in mente tutti i disegni e le lettere che i bambini
jugoslavi scrivevano ai loro amici italiani nella primavera del 1999.

E voi bambini di Kragujevac eravate presenti, perche' e' stata letta
dal palco una delle vostre poesie e perche' un televisore all'ingresso
della sala trasmetteva il vostro saluto ai bambini italiani.
E' stato un ponte di amicizia e solidarieta' bellissimo.

Un abbraccio a tutti voi.

Kragujevac, 7 settembre 2003

PARLA L'EDITORE PIU' LIBERALE DELLA STORIA:
A GENOVA MENTRE MASSACRAVAMO I MANIFESTANTI HO CHIESTO A SCHROEDER
DELLE SUE ESPERIENZE CON LE DONNE

Testo integrale dell'intervista di Berlusconi apparsa il 4 settembre
2003 sul periodico LA VOCE DI RIMINI e sul settimanale inglese THE
SPECTATOR.


Intervista esclusiva al presidente del Consiglio nella sua villa di
Porto Rotondo in Sardegna

"Esportiamo la democrazia con la forza"


di Boris Johnson e Nicholas Farrell

Si è rappacificato con il cancelliere Schroeder, dopo che Lei ha
paragonato il parlamentare europeo Martin Schulz ad un kapò?

Non c¹è mai stata nessuna rottura. Con Schroeder ci fu solo una
telefonata. Ero io che ero offeso, il mio governo, il mio paese... ho
risposto con una battuta. Volevo essere spiritoso. Tutto il parlamento
ha riso. La mia risposta è stata presa ed usata contro di me. Ma sapete
una cosa? Era una risposta a cui era praticamente impossibile per me
resistere perché una
volta ho trasmesso 120 episodi di Hogan¹s Heroes in cui c¹era questo
Sergente Schulz. Vi ricordate? Era una battuta che mi è venuta
spontaneamente. Ed è uscita di getto. Cerco sempre di essere ironico
nei miei discorsi. Comunque, ho avuto una conversazione telefonica con
Schroeder in cui ho detto che la mia intenzione non era stata di
offendere e che ero dispiaciuto del fatto che la mia battuta avesse
offeso qualcuno.

Cosa lo ha provocato?

In quella seduta del Parlamento i discorsi erano stati preparati
precedentemente sotto la regia degli europarlamentari della Sinistra
italiana. Così ne era uscita la seguente immagine dell'Italia: uno, che
in Italia c¹è un signore che controlla l¹85 per cento della stampa
italiana - è vero il contrario - io sono l¹editore più liberale della
storia; due, che questa persona controlla anche tutta la televisione
italiana- quando ho un
amico che è Emilio Fede che ha il 7 per cento di share; tre, che metto
sotto i piedi i giudici italiani e quindi che, se l'Italia si
candidasse oggi per far parte dell'Unione Europea, sarebbe respinta.
Questo era l¹argomento dei discorsi della Sinistra quel giorno.
La realtà italiana è che è una democrazia assoluta con delle anomalie.
Una è che abbiamo un'opposizione che non è del tutto democratica perché
è fatta di persone che furono comunisti e protagonisti del partito
comunista italiano
che era stalinista in origine. Un'altra anomalia che all'estero non è
conosciuta è che abbiamo una magistratura estremamente politicizzata. E
la terza anomalia è che c'è una enorme disinformazione da parte della
stampa. Basta leggere "La Repubblica", basta leggere "L¹Unità" - sono
quotidiani
completamente al servizio della Sinistra. Se leggete "L'Unità"
penserete di star vivendo sotto una tirannia. Qual è la prova che noi
abbiamo una magistratura politicizzata? La dichiarazione stessa dei
giudici. In una delle loro organizzazioni - Magistratura Democratica -
hanno dichiarato
pubblicamente che i loro membri devono usare il sistema legale per
rovesciare lo stato borghese.

Berlusconi sulla cospirazione della sinistra

La gente non considera la storia della politica italiana. Per mezzo
secolo l'Italia è stata governata da una coalizione di cinque partiti
che erano di origine democratica e pro-occidente, i
cristiano-democratici, i socialisti, i repubblicani, i
social-democratici e i liberali. Il sistema italiano ha prodotto 57
governi in poco meno di 50 anni. Io sono a capo del
cinquantasettesimo governo e per la prima volta in cinquanta anni ho la
grande maggioranza in entrambe le Camere del Parlamento. Successe che
nel 1992, dopo la caduta del Muro di Berlino, il partito comunista, la
Sinistra, era stato sconfitto dalla storia, non fu processato per la
complicità morale con i crimini del regime comunista - che loro avevano
sempre appoggiato, dalla Cambogia a Fidel Castro a Milosevic - e
venivano appoggiati perché la Sinistra ha sempre avuto un'attrazione
fatale per la dittatura, sapete, e non furono portati in tribunale
perché la Sinistra fece infiltrare i suoi uomini in tutti i punti
nodali dello stato, cioè le scuole, i giornali, le stazioni TV, la
magistratura, nel sistema nervoso centrale dello stato.
Invece di essere processati, usarono le loro infiltrazioni non per
essere processati, ma per portare in tribunale tutti gli altri partiti,
a cui la storia aveva dato ragione.

Perché è entrato in politica

Sono entrato in politica con grande dispiacere, ma nel 1994 ho pensato
che l¹estrema Sinistra sarebbe stata un disastro per l'Italia. I
partiti della Sinistra controllavano il 34 per cento dei voti, ma
avevano più dell'80 per cento delle poltrone in Parlamento perché gli
altri partiti, quei cinque partiti che avevano governato l¹Italia per
50 anni, erano distrutti. Ero
l'uomo più popolare in Italia perché ho creato la TV commerciale dal
niente ed ero un importante uomo d'affari, perché ero un uomo di sport
con molte vittorie. Avevo cinque squadre e non solo di calcio, ma di
hockey, pallavolo, rugby ed erano vittoriose in tutti i campionati
italiani e mondiali. Ho costruito piccoli paesi ed ero il proprietario
della seconda più grande catena di supermercati - tutti gli italiani lo
sapevano. Ero alla guida di un movimento popolare, e la gente lo
diceva, tu sei la nostra sola speranza di non avere un governo di
Sinistra.

Perché tutti i commentatori lo attaccano?

Credo ci sia un elemento di gelosia in ognuna di queste persone perché
non riesco a trovare un'altra spiegazione. Tutti questi giornalisti -
Biagi, Montanelli - erano più anziani di me e credevano di essere loro
quelli importanti nel nostro rapporto. Poi il rapporto si è capovolto e
io sono diventato ciò che loro stessi volevano essere. Dunque, dato che
loro non mi sono politicamente affini, si è sviluppato un sentimento
irrazionale tra giornalisti italiani molto famosi.

Berlusconi dice di ammirare la signora Thatcher, ma sta veramente
conducendo una rivoluzione thatcheriana in Italia?

Sono un grande ammiratore della Signora Thatcher, ma ho letto nella sua
biografia che nei suoi primi quattro anni lei ha compiuto molto poco.
Ho grandi difficoltà con il sistema bicamerale italiano, e devo
discutere qualsiasi cosa con i miei compagni di coalizione. Il Primo
Ministro italiano non ha il potere di Tony Blair. Io ho solo il potere
di persuasione morale.
Non posso licenziare un ministro o un sotto-segretario, ed è quasi un
miracolo che sia stato capace di fare ciò che ho fatto. Ho ereditato
uno stato non solo con il debito pubblico più alto in Europa, al 105
per cento del nostro Pil, e il 6 per cento di quel Pil va nel ripianare
il nostro debito, e questo ha un fortissimo impatto sul nostro margine
di manovra. Ma ho anche ereditato un paese che è vecchio nelle sue
strutture e nelle sue istituzioni. L'Italia ha una classe
imprenditoriale Molto valida, grazie a Dio, e sono i 5 milioni di
imprenditori la vera ricchezza d¹Italia. Ma lo stato è vecchio,
obsoleto, con una pubblica amministrazione che è pletorica,
inefficiente e molto costosa.
Abbiamo abolito la tassa di successione, quella sulle donazioni,
abbiamo introdotto break di tasse per le imprese. Abbiamo aumentato la
deduzione dalle tasse per ogni figlio da 1m lire a 1.5m lire. In 5 anni
intendo mantenere la mia promessa e portare l'incidenza delle tassa sul
reddito
personale dal 47 per cento al 33 per cento. Allo stesso tempo voglio
creare delle grandi zone tax-free per i meno abbienti. Quando abbiamo
guardato i libri, abbiamo trovato un debito extra di 13 miliardi di
euro, ma dopo due anni siamo avanti sulla tabella di marcia. Ho
garantito le condizioni in cui ci saranno un milione di nuovi posti di
lavoro. Stiamo provando a
togliere persone dal mercato nero e regolarizzare il loro impiego. Poi
il tasso di crimini denunciati è del 12 per cento più basso, perché
stiamo trasformando la filosofia di giustizia e ordine da una filosofia
puramente repressiva ad una di tipo preventivo. Abbiamo introdotto una
figura simile a quella del vostro "bobby" in tutte le maggiori città
italiane: nelle strade,
nelle piazze, nei pressi delle scuole, negli stadi. Ora circolano in
coppia e in futuro forse potranno farlo da soli. Inoltre ho presentato
un vasto programma di opere pubbliche, del valore di 125 miliardi di
euro, comprendendo 125 opere di maggior importanza delle quali 6 sono
epocali, come il ponte a Messina e la barriera a Venezia. Sono già
riuscito a digitalizzare la nostra pubblica amministrazione e a rendere
il nostro mercato del lavoro il più flessibile in Europa. Ebbene sì, è
più flessibile
di quello inglese, ora.

La sua fiducia nella mediazione per la Convenzione europea.

Credo che il solo modo sia di approvare che ciò è emerso dalla
convenzione di Giscard esattamente come è, forse con una o due
modifiche, ma questo è tutto. L¹Italia è naturalmente favorevole
all¹introduzione di un riferimento alla cultura cristiana dell¹Europa,
o cultura giudaico-cristiana, ma ci sono
solo 4 paesi che appoggiano questa causa, Italia, Spagna, Olanda e
Polonia. Noi lo vogliamo ma francamente non credo che sarà possibile.
Sarebbe una buona cosa se avessimo una comune politica straniera, se
l¹Europa avesse una singola voce, ma so che al momento non è possibile.

Perché ha appoggiato la guerra in Iraq?

Abbiamo avuto molti dubbi sulla necessità di questa guerra, e abbiamo
cercato di evitarla, ma quando abbiamo visto che gli Stati Uniti e
l'Inghilterra, nostri tradizionali alleati, avevano deciso di fare la
guerra, noi siamo stati solidali nei loro confronti. Facciamo l'esempio
di un nostro fratello che si lancia in un affare dopo che per tre mesi
gli abbiamo chiesto di desistere - beh, è mio fratello, e lo appoggio,
anche se non al punto di pagare le sue perdite! E io ho fatto lo stesso
con gli Stati Uniti. Siamo vivi oggi grazie agli Stati Uniti. Furono
loro a liberarci dal nazismo e dal comunismo e ad appoggiare la nostra
crescita economica. Abbiamo vissuto per 50 anni sotto la loro ala
protettiva perché spesero il 4 per cento del loro Pil per proteggerci
contro l¹Unione Sovietica, e noi abbiamo speso solo l'1.5 per cento del
nostro Pil. Dunque abbiamo un senso di gratitudine che è assoluto,
assoluto. È stato difficile appoggiare la guerra perché avevo l'intera
Sinistra contro di me, ma ho tenuto la linea. Ho detto immediatamente
al presidente Bush che mi era costituzionalmente vietato mandare truppe
senza una seconda risoluzione dell'Onu, ma abbiamo mandato 3000 soldati
ora per aiutare la democrazia e mantenere la pace.

Cosa è successo alle armi di distruzione di massa?

Sono abituato a mettermi nei panni degli altri, e ho pensato che se
fossi stato in Saddam, mi sarei detto, "Faremo sparire tutte le armi di
distruzione di massa, perché così bloccheremo la risoluzione dell'Onu,
e non ci sarà un attacco dall¹America." Così Saddam ha eliminato le
armi di distruzione di massa perché qualcuno gli ha riferito, qualcuno
molto importante, che non ci sarebbe stato un attacco senza una
risoluzione dell'Onu. Dunque credo che le abbia distrutte o mandate
all¹estero.

L'opinione pubblica occidentale è stata ingannata su questa questione?

Questo non lo posso dire, non so come tutto questo sia successo. Provo
una grande stima per Tony Blair, e c'è una grande sincerità nei nostri
rapporti personali. Credo a Blair e Bush perché guardo nei loro occhi e
credo a loro. Non ho parlato direttamente a Bush o a Blair riguardo
l¹imminenza delle minacce dall'Iraq.

Berlusconi sul Medio Oriente...

Vorrei allargare i miei commenti e dire che, al di là dell'opportunità
di questa guerra, noi abbiamo certamente un grande problema nelle
relazioni tra l'Occidente e il mondo islamico. È un fatto che nel Medio
Oriente non c¹è democrazia e giudico questo intervento in Iraq positivo
perché ha messo fine ad una dittatura, e può essere paradigmatico per
l¹intera regione. Capisco la difficoltà di insegnare la democrazia a
gente che ha conosciuto solo la dittatura.

... e come rapportarsi col mondo.

Ci stiamo ora confrontando con una nuova situazione mondiale. Siamo
passati dallo scontro di due blocchi perché la federazione russa ha
deciso sotto la guida del signor Putin, di essere parte dell¹Europa e
dell¹Occidente. Questo è un evento molto importante. Ho avuto
l¹occasione di essere presidente dei G8 a Genova nel 2001, ed ero
l'ospite della cena, provando a portare ognuno dentro la conversazione,
e stavo facendo battute come al solito. Ho chiesto a Schroeder delle
sue esperienze con le donne, dato che è stato sposato quattro volte, e
l'ho fatto ridere. E dopo poco ho deciso di spostare la mia sedia dal
tavolo e lasciarli parlare, ed ho visto Blair scherzare con Chirac, e
Putin scherzare con Bush, e io stavo scherzando con tutti, ed
improvvisamente ho pensato, guarda, eccomi qui, un uomo che ha vissuto
sulla sua pelle la Seconda Guerra Mondiale, essendo nato nel 1936. Ho
visto mio padre vestito da soldato, e ho pensato, che mondo
meraviglioso.

Potrebbe essere così bello

Che mondo diverso lasceremo ai nostri figli. All'inizio del nostro
secolo, del nostro millennio! Che meraviglia! Mi è sembrato quasi
incredibile, perché quando ero un bambino, conoscevo il comunismo. Ero
a scuola dai Salesiani vicino a Milano, e alcuni preti che erano
fuggiti superando la cortina di ferro vennero a trovarci, e ci dissero
del terrore. Sapevo che
all'età di 12 anni che il comunismo era l¹oppressione più inumana e
criminale nella storia dell¹uomo. Il comunismo non è morto oggi, a
proposito: ci sono ancora più di un miliardo di persone nel mondo che
vivono sotto il comunismo, e dove l'opposizione è in prigione o in
esilio. Ma qui veniamo al punto, che ritengo straordinario, una
bellissima scena attorno ad un tavolo a Genova. Ero felice e ho pensato
che avremmo lasciato ai nostri figli una prospettiva di un mondo
pacifico- poi venne l'11 settembre e l'attuale situazione di terrorismo
e fondamentalismo.

Imporre Libertà e Democrazia

Così da quel giorno abbiamo discusso questa questione, e all'ultimo G8
abbiamo discusso il Nuovo Ordine del Mondo, che comprende un occidente
che è straordinariamente forte paragonato al resto del mondo; e abbiamo
promesso varie volte di dare ai poveri del mondo cibo, acqua,
educazione, sanità. Ma l'ho detto al summit di Evian, e l¹ho detto
quando ero al ranch con Bush per due giorni, non esiste un bene che
viene prima di questi beni materiali? E non è chiamata Libertà questo
bene? La libertà crea questi beni materiali, e senza di questa non
potrebbero esistere. Se c'è una dittatura, se c'è una tirannia, se non
c'è libertà, allora tutto questo denaro va nelle mani di despoti che lo
mettono nei loro conti nelle banche svizzere. Si armano e fanno guerra.

Una comunità di democrazie

Così ho detto, dato l'enorme e paradossale successo del
fondamentalismo, perché non parliamo più apertamente della comunità di
democrazie? Sì, perché non riformiamo l¹ONU? Diciamo che il signor X o
Y in questa o quella dittatura, tu devi riconoscere i diritti umani nel
tuo paese, e noi ti diamo 6 o 12 mesi o giù di lì, altrimenti
interveniamo. E possiamo farlo perché non c'è una forza contrastante.
Nei vecchi tempi l'America o la Russia non chiedevano ad un terzo stato
se i loro cittadini avessero diritti umani, o se l¹opposizione avesse
una voce. Loro chiedevano se stavano con loro o con gli altri. Se lui è
con noi, è abbastanza, e non importa se è un dittatore.
Se necessario con la forza. Ma ora, in questo nuovo ambiente, dobbiamo
considerare cosa sta creando la dittatura, e dobbiamo capire perché Bin
Laden esiste, e perché il
fondamentalismo genera terrorismo. Vi dico la verità, se vivessi in un
paese dove non ci fossero le elezioni, diventerei un rivoluzionario, se
non un terrorista. E questo è perché io amo troppo la libertà, e senza
libertà un uomo non è un uomo. Non ha dignità. E così oggi siamo
capaci, con Russia e America insieme, di guardare a tutti gli stati del
mondo, e valutare la
dignità di tutta la gente del mondo, e possiamo dar loro dignità e
libertà. Sì! Con la forza se necessario! Perché è l'unico modo di
mostrare che non è uno scherzo. Abbiamo detto a Saddam, fallo, o noi
arriviamo, e siamo arrivati e l'abbiamo fatto. Non posso dire da quale
paese mi è arrivata una telefonata nei giorni scorsi, ma mi ha chiamato
un importante leader e mi ha
detto: "Farò qualsiasi cosa gli americani vogliano, perché ho visto
cosa è successo in Iraq, e ho avuto paura."
(Il portavoce di Berlusconi ha indicato che il leader in questione era
il Colonello Gheddafi).

Il libro di Bush sugli stati canaglia

Ad Evian ho partecipato al mattino ad un meeting con il presidente
Bush, l'FBI e la CIA. E loro avevano un libro, con tutti i paesi del
mondo dove non c'è pace. Abbiamo cominciato con la Liberia, e poi Bush
ha detto "E l'Afghanistan?" e Chirac "E la Corea?", e siamo arrivati al
Kosovo, dove noi italiani abbiamo 3600 soldati, Bush mi ha detto
grazie. E io ho detto "No, sono io che ti ringrazio, perché il Kosovo è
vicino a me" Dunque abbiamo una compito morale di essere responsabili
per il Nuovo Ordine del Mondo, e dobbiamo capire che l¹America ha
400,000 soldati oltreoceano. E come è possibile questo? Grazie ai soldi
di quelli che pagano le tasse in America. Dobbiamo apprezzare tutto
questo, e dobbiamo muoverci anche noi.

L'europa non dovrebbe dividere il fardello?

Certamente, certamente, l'Europa dovrebbe spendere di più per dare alle
forze militari, o non sarà mai eguale agli Stati Uniti, e la distanza
tra noi sarebbe insanabile. Abbiamo molte difficoltà di budget in
Italia, e io ho ereditato una cattiva situazione ma sono convinto che
con il tempo l'Italia dovrebbe gradualmente spendere più soldi nella
difesa. Ma sono anche convinto che ci dovrebbe essere una spesa
intelligente, così che ogni paese europeo si specializzi in determinati
corpi.

Perché l'Economist crede che Lei non sia adatto a governare l'Italia?

L¹Economist ha fatto un grande e fondamentale errore confondendo le
guardie con i ladri. Ha preso i protettori della democrazia e della
libertà per i ladri, e ha preso i ladri per le guardie. Ha mescolato
tutto. Non ho mai guadagnato un soldo nella mia vita dalla politica. Ho
messo i miei soldi nella politica, sì, per finanziare Forza Italia. Non
oso telefonare al mio gruppo perché un solo operatore telefonico
potrebbe dire "Berlusconi sta chiamando". E per il conflitto di
interessi, è tutto il contrario, perché ho dovuto vendere tutto il mio
sistema di grandi negozi perché i comunisti non volevano comprare da me
e avevano una strategia BB - boicotta Berlusconi. Le autorità di
Sinistra non mi davano nessun nuovo permesso per costruire negozi, e
non ho chiesto alla Destra perché si sarebbe potuto pensare che io
avessi un interesse, quindi i miei figli hanno deciso di vendere.

E' giusto approvare leggi che la salvano dai processi?

Dovete capire che ho avuto più di 500 visite dalla Guardia di Finanza
al mio gruppo, che ho avuto più di 90 indagini. Dovete chiedere, qual è
il rimedio se un'intera procura, a Milano e a Palermo, non fa altro che
inventare teoremi su di me? Qual è il rimedio se loro continuano a
chiedermi di andare in tribunale, o continuano a farmi avere incontri
con i miei avvocati? Sto
governando o sto rispondendo continuamente a tutte queste accuse? Non è
possibile. Soltanto l'8 per cento degli italiani ha fiducia in questa
magistratura. Questo è perché hanno capito ciò che l'Economist non ha
ancora capito. Soltanto l'8 per cento. Dunque questo è sembrato il solo
possibile rimedio... non casi chiusi ma sospesi durante il periodo di
servizio allo
stato. Io ero contro. Non lo volevo... ma quando mi dicono - ho vinto
tutte le mie cause - eh - solo una rimasta - che i giudici di Milano
stanno facendo esattamente quello che hanno fatto nel 1994 - nel 1994
il mio governo cadde perché mi accusarono di corruzione, poi fui
prosciolto per sei anni. Ma fecero cadere il mio governo per quello.

Ma la sua azienda ha corrotto il giudice Squillante?

Per quanto riguarda il denaro, niente è stato provato, in relazione a
noi, in relazione alla mia azienda, cosa è stato dimostrato è solo il
pagamento delle parcelle agli avvocati che a Roma avevano in sistema di
conti bancari per e dalla Svizzera in cui tutti i giudici romani
avevano partecipato. Non
sto dicendo che questo fosse corretto, sto solamente dicendo che noi
non abbiamo nulla a che fare con questo, e in ogni caso, questo
Squillante non era coinvolto in un caso che coinvolgeva me. Perché il
mio gruppo dovrebbe pagare Squillante se non c'era una mia sola causa
che lui avesse per le mani. Tutte le mie cause erano a Milano, non a
Roma. Perché la mia azienda dovrebbe fare dei pagamenti a Squillante?
Squillante non era un giudice in nessuna delle nostre cause, quindi non
capisco come sia successo. Gli italiani credono in me e non credono ai
giudici.

Non credono all'Economist?

No! Loro sanno tutto questo. Ho vinto le elezioni con questa causa già
avviata, con tutta la TV contro di me. Gli italiani hanno creduto a me
e non hanno creduto ai giudici.

Perché l'opinione pubblica non La capisce all'estero?

Credo che l'80 per cento dei giornalisti siano di Sinistra, e abbiano
rapporti molto stretti con l'informazione estera, e hanno tutti un club
a Roma. Non concedo conferenze stampa all'informazione estera perché
loro la usano solo come opportunità per attaccarmi. Non prendono in
considerazione
cosa faccio o dico. Scrivono ciò che c'è già nella loro testa. Non
capiscono la nostra magistratuara. Guarda cosa è successo ad Andreotti,
che era stato condannato a 20 anni.
Andreotti, sette volte primo ministro, non era un mafioso?
Ma no, ma no. Andreotti è troppo intelligente. È troppo intelligente.
Guardate, Andreotti non è mio amico. Lui è di Sinistra. Hanno creato
questa menzogna per dimostrare che la Democrazia Cristiana che è stata
per 50 anni il partito più importante nella nostra storia non era un
partito etico, ma
un partito vicino alla criminalità. Ma non è vero. È una follia! Questi
giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono
politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro,
devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche.
Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto
della razza umana.

Date: Thu, 04 Sep 2003 10:53:22 +0200
Subject: Faillite de l'ONU au Kosovo (le rapport du CICR)
From: Philippe SCHELLER


Le rapport du CICR et l’ONU


Le vendredi 29 août 2003, le CICR avait invité les médias à un point de
presse, destiné à présenter un rapport complet et précis sur la
situation des personnes déplacées du Kosovo*. Quelques Serbes, victimes
de la guerre, accompagnés de sympathisants ont souhaité profiter de cet
événement pour exprimer à la presse et aux médias leur indignation
vis-à-vis du silence observé depuis plus de 4 ans sur cette question. En
Serbie et au Monténégro, survivent, actuellement encore, 230 000
personnes chassées du Kosovo après l'entrée des forces de l'OTAN.
Depuis juillet 1999, moins de 2% sont retournées dans leur foyer. En
quatre ans, le Kosovo a connu
6 013 attaques contre des Serbes provoquant la mort de 1 021 d'entre
eux.

Message précédent: http://www.gael.ch/collectif/damnes/20030829.html

Le rapport du CICR présente des chiffres accablants pour la MINUK, la
mission intérimaire de l’ONU, responsable juridiquement du Kosovo
depuis plus de 4 ans. Or, c’est précisément le jour de ce point de
presse du CICR, qu’une cérémonie a été improvisée par l’ONU,
rassemblant tous les
médias au Palais des Nations pour un hommage majestueux aux 23 victimes
de l’attentat de Bagdad : éclipsés les 1 021 morts du Kosovo ! Et qui
trouve-t-on parmi les orateurs de la cérémonie du Palais de Nations :
Bernard Kouchner, le premier administrateur du Kosovo occupé par l’OTAN!
Joli coup : pas un seul représentant des médias n’était présent au
point de presse du CICR. On utilise des morts pour en cacher d’autres,
un concept qui vaut bien celui des “bombardements humanitaires”.


Silence des médias


Comment expliquer ce silence des médias, depuis plus de quatre ans, sur
la question du Kosovo ? La réponse est simple: le constat des faits
objectifs constitue la démonstration flagrante que les buts réels,
cachés derrière l’intervention militaire de l’OTAN en 1999, n’étaient,
bien évidemment, pas « humanitaires », comme on a voulu le faire
croire. Il s’agissait, bien au contraire, d’une guerre impérialiste de
plus, sur un modèle qui a déjà fait ses preuves et qui continue à faire
des
victimes en Afghanistan et en Irak.


Objectifs cachés et erreurs d’analyse


Il y a pourtant une différence, et même une différence de taille : la
guerre du Kosovo a été rendue possible grâce à la complicité des
gouvernements sociaux-démocrates européens et accessoirement grâce à
l’approbation, tacite au moins, d’une large frange de la gauche (?)
réformiste. Ce désastre politique trouve son explication dans les
erreurs d’analyse aux conséquences dramatiques, qui ont accompagné
toute la période couvrant le démantèlement de la Yougoslavie, de 1991 à
1999.

La focalisation de l’analyse sur les caractéristiques
intercommunautaires du conflit a occulté les enjeux réels visant le
partage du territoire yougoslave. Cette dérive analytique a porté
l’ensemble des mobilisations anti-guerre vers un soutien désordonné à
l’une ou l’autre des communautés qui s’affrontaient sur le terrain,
sans dénoncer les objectifs de partage de territoire et les ingérences.
On a
même entendu des théories sur le soutien à apporter aux pacifistes des
«deux camps» à propos du Kosovo, ce qui revenait à dire que le conflit
avait pour « origine » les désaccords entre Serbe et Albanais,
justifiant, de ce fait, une intervention pour « aider ces communautés à
se mettre d’accord » ...

Malheureusement, les buts étaient tout autres et l’agression militaire
révèle, après 4 ans son vrai visage et des objectifs bien plus
sordides: la base militaire US de Camp Bondsteel est bel et bien
installée au Kosovo et l’entreprise de privatisations générale et
massive des territoires disloqués de l’ex-Yougoslavie est lancée à
pleine vitesse sous la pression conjointe du FMI, de l’OMC et de
l’Union Européenne !


Responsabilités


L’autre différence de taille, réside dans la résolution 1244 du Conseil
de sécurité de l’ONU, qui avait mis fin, rappelons-le, aux
bombardements de 1999, et qui place depuis plus de quatre ans, le
territoire du Kosovo sous responsabilité internationale. Nous sommes,
de ce fait, directement impliqués et le silence des médias et des
autorités devient coupable :
nous avons donc le devoir de parler du Kosovo, des personnes qui en ont
été chassés et des responsabilités engagées!


Philippe Scheller

Comité pour la paix en Yougoslavie

http://www.gael.ch/collectif/

pschelle@...

Argentina/Croazia

1. Prosciolti i trafficanti di armi amici degli ustascia
2. FLASHBACK: Argentina: vecchi camerati arruolano mercenari per la
Croazia


=== 1 ===

http://www.ansa.it/balcani/croazia/20030828161132671010.html

ARGENTINA: ARMI A CROAZIA, PROSCIOLTI MENEM E CAVALLO

(ANSA) - BUENOS AIRES, 28 AGO - L'ex presidente argentino Carlos
Menem e l'ex ministro dell'economia Domingo Cavallo sono stati
prosciolti dall'accusa di contrabbando nell'ambito di una vendita
illegale di armi a Ecuador e Croazia. La notizia, pubblicata oggi
in esclusiva dal quotidiano 'La nacion', e' stata confermata da fonti
vicine al giudice istruttore per i reati economici, Julio Speroni,
che hanno precisato tuttavia che il magistrato mantiene sotto
processo l'ex ministro della difesa Oscar Camilion e lo stesso Menem
per presunto arricchimento illecito. La vendita di armi a Ecuador
e Crozia fu effettuata fra il 1991 e il 1995 grazie a tre decreti
presidenziali segreti firmati da Menem e dai suoi ministri, in cui si
stipulava fra l'altro che il destino del materiale era Panama e
Croazia. Nel 2001, per questa vicenda l'ex capo dello stato fu
posto agli arresti domiciliari, cosi' come finirono in carcere il suo
ex cognato Emir Yoma, l'ex ministro della difesa Antonio Erman
Gonzalez e l'ex comandante dell'esercito Martin Balza. Ma una
sentenza della Corte suprema di giustizia del 20 novembre rigetto' le
imputazioni di associazione per delinquere, di cui Menem era ritenuto
il capo, e di falsita' ideologica. Ora contro Menem resta solo una
inchiesta riguardante un conto che lui ed i suoi collaboratori
avrebbero in Svizzera.(ANSA). SAL
28/08/2003 16:11

=== 2 ===

Argentina: vecchi camerati arruolano mercenari per la Croazia

di Gary Weber
(tratto da "WoZ-die Wochenzeitung", n.29 del 23/7/1993, Zurigo, CH)

Nessun cartello e nessuna bandiera danno ad intendere che in un
grattacielo della via Còrdoba, al n. 679, nel centro di Buenos Aires,
si svolge un pezzetto di guerra dei Balcani. Al secondo piano, nascosto
al termine di un lungo corridoio, un foglietto scritto a mano sta
appeso dietro al campanello: dice semplicemente "Croacia". Solo un paio
di giorni fa, secondo una vicina, campeggiava sulla porta un
rappresentativo cartello con la dicitura: "Ambasciata Croata". Poi però
ci sono state questioni, e lo hanno rimosso. Infatti nel Corpo
Diplomatico dell'Argentina non esiste alcuna Ambasciata croata, nè
alcun Ambasciatore croato [l'articolo risale al 1993, n.d.crj].
O almeno non ancora. Il Presidente Menem spinge per il riconoscimento
del nuovo Stato e vuole che sia nominato Ambasciatore il suo vecchio
compare Ivo Rojnica. Egli ha con lui un debito di gratitudine, visto
che il croato avrebbe sostenuto con forza il peronista nella battaglia
elettorale. Rojnica entra ed esce dalla residenza presidenziale, sempre
più preso negli ultimi giorni dalle preoccupazioni. La stampa gli dà la
caccia e cerca, invano finora, di cavargli un commento sulle ultime
rivelazioni. La comunità ebraica di Buenos Aires accusa Rojnica di
essere stato "complice attivo ed esecutore della volontà dei nazisti" -
secondo il "Semanario Israelita", che esce nella capitale. Il
settimanale ebraico cita una disposizione degli Ustascia, emanata nella
città di Dubrovnik il 25 maggio 1941, che impone il coprifuoco tra le
19 e le sette del mattino per gli ebrei e per i serbi. Questa
disposizione porta la firma di Rojnica. Fintanto che le acque non si
sono placate, il Senato, dal quale dipende la nomina dell'Ambasciatore,
non vuole prendere alcuna decisione.

Gli Ustascia governarono la Croazia insieme all'Italia e alla Germania
dal 1941 al '45. Per quanto di loro competenza essi presero parte alla
persecuzione dei partigiani, dei serbi e degli ebrei. Ante Pavelic,
fondatore degli Ustascia (1) e capo del governo della Croazia nazista,
dopo la capitolazione della Germania di Hitler scappò nell'Argentina di
Juan Peròn, travestito da frate francescano, con l'aiuto del Vaticano.
Anche Rojnica nell'Europa del dopoguerra temette la giustizia alleata.
In principio si rifugiò a Trieste. Ma lì fu arrestato, dopo che una
delle sue vittime, una ebrea, lo ebbe riconosciuto. I suoi commilitoni
ustascia lo fecero scappare dal carcere e lo condussero lungo le
cosiddette "linee dei topi" fino alla sicura Argentina. Di lì Pavelic e
Rojnica proseguirono le loro attività ustascia, tra l'altro pubblicando
a Buenos Aires la "Gazzetta Croata".
Dopo la caduta di Peròn, negli anni cinquanta, Pavelic ebbe delle
difficoltà. La Jugoslavia lo aveva accusato di essere responsabile
della creazione di 22 campi di concentramento e dell'assassinio di un
milione di serbi e 60mila ebrei, e ne aveva chiesto la estradizione al
governo argentino. In effetti la estradizione fu negata nel 1957. Dopo
essere scampato ad un attentato, il "Duce", come si definiva lui
stesso, riuscì a portarsi nella Spagna di Franco, dove morì nel 1959.
Rojnica rimase a Rio de la Plata, e divenne una delle maggiori figure
dell'imprenditoria tessile del paese. Secondo il quotidiano "Pàgina
12", egli avrebbe fornito dieci milioni di dollari ai suoi fratelli
croati per l'acquisto di armi. Però dall'Argentina i vecchi camerati
non inviano soltanto denaro. Nell'ufficio della via Còrdoba si è
indaffarati anche a reclutare mercenari, compito questo del quale si
occupa in special modo Domagoj Antonio Petric, che ufficialmente appare
come l'addetto-stampa della ipotetica Ambasciata. La "mano destra" di
Rojnica appartenne per dieci anni al Battaglione n.601 del servizio
segreto militare, ai tempi della dittatura argentina dei Generali,
tristemente noto per la pratica della tortura. Tra i suoi ex-colleghi,
Petric è soggetto ad una particolare attenzione, poichè la maggior
parte di loro non ha mai appreso un vero mestiere, a parte la "guerra
sporca", ed è pertanto oggi disoccupata. Particolarmente entusiasti per
il nuovo compito nella ex-Jugoslavia sono i cosiddetti "carapintadas",
l'ala fascista interna all'esercito, cui sono dovute svariate rivolte
contro il governo. I legionari vengono preparati al loro intervento in
Bosnia-Erzegovina in un campo di addestramento segreto, a Villa Alpina,
distante circa 700 km. da Buenos Aires.

Finora sono stati inviati in Croazia 329 mercenari argentini. Secondo
fonti argentine, 34 di loro sono già morti. Generalmente i combattenti
vengono imbarcati su voli di linea diretti a Roma o a Budapest, di qui
essi sono condotti a Zagabria in pullman. Il metodo di inviare Caschi
Blu argentini nelle zone di guerra si è rivelato particolarmente
economico. Tanti soldati, sottoposti dal governo Menem al comando
dell'ONU, svolgono nel frattempo il loro servizio nelle file della
legione straniera croata.


(1) Il fondatore del movimento Ustascia fu in realtà Ante Starcevic,
morto nel 1896, che riteneva i serbi "carne da macello" (cfr. Karlheinz
Deschner, "Die Politik der Päpste im XX Jahrhundert", ed. Rowohlt, Leck
(RFT) 1991 [n.d.crj]

(Tratto da:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1038 )

Due testi di Fulvio Grimaldi

1. Pace e Guerra
2. Resistenza fino alla vittoria

(dalla lista: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.)


--- 1 ---

Tratto da una conferenza dell'ALTRAFESTA
venerdì 18 Luglio 2003

FULVIO GRIMALDI
"Pace e Guerra"

Trascrizione a cura di Maurizio Tagliatesta


Io avevo pensato di parlare, almeno in parte, della mia esperienza di
guerra in Iraq, che ho vissuto e filmato. Mi preme illustrarvi le
verità contro l'incredibile montagna di menzogne, silenzi e cose
taciute che vi è stata invece somministrata da tutti i mezzi
d'informazione, a meno che non siate navigatori di internet e con la
possibilità di andare in alcuni siti (più che altro americani, inglesi,
tedeschi, francesi, ma pochi italiani), in cui vengono raccontate cose
diverse rispetto a quello che il sistema d'informazione mondiale vi
riferisce. Credo che la disinformazione sia il nodo, dal quale
discendono tutte le nostre debolezze, imprecisioni e incapacità di
reagire al rullo compressore dell'imperialismo americano, il cui
cammino è agevolato e lubrificato da un meccanismo collaudato di
mistificazioni e silenzi, spesso passivamente recepiti anche da chi
dovrebbe aver imparato a decodificare la comunicazione dell'oppressore.

Faccio un passo indietro. Quando sentiamo il nome dell'imperatore
Nerone, noi tutti abbiamo un'immagine molto precisa, a meno di non
essere degli studiosi o degli storici. L'immagine è quella di un
imperatore corrotto, autoritario, mezzo pazzo, incestuoso (con sua
madre Agrippina), matricida, per averla poi uccisa. Persecutore di
cristiani che egli fece morire nel fuoco o sulle croci e autore di
altre infinite nefandezze; mentre Roma bruciava, per sua opera, lui
stava con la lira a declamare i suoi deliri dai balconi dei palazzi
imperiali. Così è stato raffigurato nei film e anche nei libretti di
storia che ci hanno accompagnato a scuola.
E' una ricostruzione falsa, è una ricostruzione fatta dai vincitori. E
chi erano i vincitori alla resa dei conti? Erano i ricchi romani, era
l'aristocrazia, il Senato, più tardi la chiesa temporale, la chiesa che
si sostituiva al patriziato e all'imperatore nel dominio su Roma.
Nerone, secondo studi più attenti, seri e documentati nelle
biblioteche, era uno degli imperatori romani più saggi e democratici.
Era un governante che stava dalla parte del popolo, con ciò inviso al
Senato che invece era l'espressione politica dei patrizi, della classe
dirigente, dell'aristocrazia del sangue e del denaro.
Nerone era amante della pace, non coltivava le guerre ma l'arte, la
cultura, la riorganizzazione dello Stato in termini sociali, economici,
industriali. Ha riorganizzato Roma eliminando i quartieri fatiscenti,
infestati da epidemie e miseria, dove viveva la plebe più infima, un
sottoproletariato falcidiato da malattie e povertà. Una bonifica di
enorme portata, descritta poi come "l'incendio di Roma". Riorganizzò la
città secondo uno schema urbanistico che è rimasto la base della Roma
moderna, poi deturpato dalle amministrazioni successive al 1945 nella
maniera in cui sappiamo.
Per quanto riguarda la pace, a quell'epoca incombevano da Oriente i
Parti, e il Senato era ansioso di muovergli guerra, per ingrandire i
possedimenti dei suoi membri. Con la guerra i patrizi conquistavano
nuovi latifondi e nuove ricchezze. In più, allora come adesso, le
campagne belliche richiedevano grandi mezzi (catapulte, spade, scudi,
armature, logistica, trasporti, amministrazione) che l'industria
artigiana, al servizio dei grandi ricchi, produceva per essere di
consumati e riprodotti, creando così un business, un turn-over, dunqu
le guerre contro i pati dovevano continuare a tutti i costi. Vedi la
banda al potere negli USA. Nerone non voleva la guerra ma il
negoziato, una sistemazione, un accomodamento, un compromesso.
Ovviamente attirò le ire del Senato, di Seneca in particolare, passato
alla storia come grande filosofo, ma non come guerrafondaio; e poi gli
anatemi di Tacito, lo scrittore e storico del Senato.
Per quanto riguarda la storia della persecuzione dei cristiani, l'unica
verità è che questa storia è falsa. Nerone ha governato tra i primi
anni 50 e i primi anni 60 d. C. mentre la prima comunità cristiana
appare a Roma, dà segni documentati della sua esistenza nel 70 d. C.
Insomma, quando regnava Nerone, i cristiani non erano ancora arrivati.

Questa è l'informazione ufficiale, da sempre. Oggi le falsificazioni ci
sembrano colossali, vista la dimensione assunta dall'informazione
oligarchica in Occidente, ma l'intossicazione, la deformazione della
realtà per i fini politici di gruppi dominanti è una costante di tutta
la storia umana. Vorrei portarvi altri esempi che possono rovesciare
completamente la conoscenza del passato, o quantomeno modificare o
almeno istillare un dubbio sulla conoscenza del presente. Se ancora
poche settimane fa avessi posto queste domande:

quale paese del Medioriente ha armi nucleari nascoste e non dichiarate?
quale paese del Medioriente ha un arsenale biologico e chimico nascosto
e non dichiarato? quale paese del Medioriente non accetta i controlli,
ostacola le ispezioni e non fa sapere alla Comunità internazionale,
agli organismi internazionali, quello che nasconde? quale paese
commette o ha commesso stermini di minoranze nel proprio stato? quale
paese ha rapporti stretti di collaborazione con Al Qaida? quale paese
detiene in carcere, senza processo, migliaia di oppositori politici e
pratica la tortura secondo le denunce di Amnesty International e di
altri organismi seri di questo settore? quale paese del Medioriente
impone la censura e limita il diritto dell'informazione ai giornalisti
che lo visitano? quale paese del Medioriente minaccia espressamente il
mondo e l'Europa?

Ebbene, a queste domande, la stragrande maggioranza degli italiani
avrebbe risposto istantaneamente: l'Iraq. Invece la risposta è
un'altra, la risposta è: Israele. E provate a smentirmi.
Israele ha un arsenale di 400 bombe atomiche che ufficialmente non ha
mai dichiarato ma che è stato testimoniato da un coraggioso tecnico
Morderai Vanunu, ormai in prigione da 18 anni e 11 in isolamento in
Israele, rapito a Fiumicino sotto gli occhi della polizia italiana.
Israele ha un arsenale biologico e chimico che ha espressamente
dichiarato e che tutti gli scienziati conoscono, gli americani
confermano, ma Israele non ammette ispezioni.
Israele, come gli Stati Uniti, si rifiuta di accettare qualsiasi
ispezione delle Agenzie internazionali sui controlli degli armamenti
-lo hanno dichiarato ufficialmente-.
Israele sta continuando uno sterminio senza fine dei palestinesi, che
sono la sua minoranza interna (rovesciata rispetto alla minoranza di
ebrei immigrati 50 anni fa).
Israele ha rapporti con Al Qaida e con il terrorismo internazionale.
Secondo una denuncia fatta da pacifisti israeliani di alto livello come
il responsabile della Sicurezza palestinese, o il pacifista Uri Avnery,
Israele e il Mossad, hanno cercato di costituire cellule di Al Qaida
tra i palestinesi, in modo da poter criminalizzare la resistenza
palestinese identificandola con Osama Bin Laden. Su Al Qaida torneremo
nel corso di questo intervento.
Nei campi di concentramento delle prigioni israeliane, completamente
fuorilegge, ci sono 7.000 palestinesi soltanto a partire dalla Seconda
Intifada del 28 settembre di 2 anni fa. Sono sottoposti a tortura e
detenuti senza processo, e né i familiari, né gli avvocati, hanno il
diritto di accesso alle carceri per visitarli.
Israele impone la censura, l'ho sperimentato io stesso. Nel '67 mi
hanno mandato come inviato di "Paese Sera" a documentare la "Guerra
dei sei Giorni". Ogni mio articolo veniva controllato dalla censura
militare. Parti venivano completamente eliminate e non avevo la libertà
di esprimermi su quello che vedevo e conoscevo, sugli orrori di una
guerra di sterminio condotta già allora. Né in Jugoslavia né in Iraq ho
mai subito un minimo di censura su tutto quello che trasmettevo
telefonicamente, televisivamente o che registravo.
Qual è il paese mediorientale che minaccia l'Europa e il mondo? Ho la
dichiarazione di un insegnante dell'Istituto Superiore di Guerra
d'Israele, Martin Vanklever, di poche settimane fa, che dice: "Israele
ha la possibilità di colpire la maggior parte delle capitali europee
con armi nucleari. Abbiamo centinaia di testate, di missili atomici che
possono essere lanciati su obiettivi in ogni direzione, anche su Roma.
La maggior parte delle capitali europee sono obiettivi per le nostre
forze aeree". Questo, quando l'Europa, rispetto al massacro costante e
ininterrotto dei palestinesi, al loro esproprio, allo sterminio di
donne e bambini, opponeva qualche dubbio o qualche tentativo di
limitazione.
Ma parliamo un po' di terrorismo. Vedete, credo che queste
manifestazioni internazionali per la pace che abbiamo prodotto si siano
purtroppo esaurite fulmineamente, accettando il discorso falso della
fine di una guerra che non è affatto finita. E qua, io aggiungo: non è
affatto finita per merito dell'eroismo e della combattività, della
dignità, dell'orgoglio del popolo iracheno che sta opponendo quella che
noi un tempo a sinistra chiamavamo "lotta di liberazione", contro
occupanti, rapinatori, stupratori e assassini di massa. Perché quello
che è stato fatto in Iraq è un assassinio di massa. Hanno colpito
esclusivamente le infrastrutture e le popolazioni civili. Le bombe
dovevano compiere il lavoro che, altrove, per esempio in Africa, è
fatto dall' AIDS in Africa: sfoltire, spopolare, ridurre la pressione
demografica soprattutto della gente che vive in paesi dove non dovrebbe
vivere perché occupa territori con risorse che interessano
all'imperialismo. Lì c'è il petrolio, ed è meglio che dove c'è il
petrolio non ci siano popolazioni, altrimenti le compagnie petrolifere
si muovono con difficoltà, con rischi di controlli e resistenze .
Tra l'altro, la resistenza irachena ormai colpisce, anche se non lo
raccontano, ogni giorno (almeno 15 operazioni organizzate) e spiega il
subitaneo sparire dell'esercito iracheno di fronte all'invasione
americana. Si sapeva che lo scontro in campo aperto sarebbe stata la
fine per un esercito in stracci, tecnologicamente superato da
trent'anni, per un esercito che non aveva che armi leggere, nonostante
le fanfaluche raccontate dai "bugiardoni" delle tre "B" (Berlusconi,
Bush e Blair).
La guerriglia riesce a tenere inchiodati questi vincitori trionfanti in
un paese come l'Iraq, mettendoli in imbarazzo e provocando dubbi e
opposizione nella propria opinione pubblica. Stanno crescendo sia la
rabbia della gente contro le bugie, sia la rabbia per le perdite dei
propri congiunti e amici (lo stillicidio di almeno tre soldati
americani ogni giorno uccisi e di una quindicina di feriti). Questo
significa che gli Stati uniti avranno maggiore difficoltà a continuare
le aggressioni e la guerra permanente contro altri "Stati canaglia".
Nella guerra preventiva non c'erano fra gli obiettivi primari e
immediati la Siria e l'Iran, la Corea del Nord e Cuba? Ora tali
aggressioni sono diventate più problematiche, e lo dobbiamo alla
resistenza irachena.
Un tempo noi eravamo dalla parte di quelli che resistevano e credo che
dovremmo rimodellare i nostri atteggiamenti. Oltre agli aiuti alle
vittime (per noi oggi esistono solo vittime perché siamo buoni e
compassionevoli), forse c'è da considerare il fatto che bisogna dare
una mano a chi combatte e, col suo esempio, ci garantisce la speranza
di una liberazione.

Ma volevo parlarvi del terrorismo e dell'11 settembre. Vedete, non
credo che esista un terrorismo arabo. Io non ho prove che esista un
terrorismo che non sia nord americano e israeliano, se non tra cellule
condizionate e dirette a distanza dagli USA. Non c'è un paese arabo che
produca terrorismo. Il collegamento con l'Arabia Saudita è ciò che
hanno inventato coloro che hanno manipolato la verità sull'11
settembre; si sono inventati dei dirottatori sauditi e egiziani in modo
che si potesse creare un nuovo, feroce nemico dopo la scomparsa
dell'Unione Sovietica e del socialismo realizzato, che giustificasse
l'aggressività geopolitica e strategica degli Stati uniti finalizzata
al dominio del mondo, come dichiarano i documenti della cricca golpista
oggi al potere a Washington.
Il programma strategico USA dichiara che non deve esistere nessun
rivale che possa emergere e ostacolare il dominio mondiale degli Stati
uniti. E così si comportano, massacrando, aggredendo, facendo stragi,
guerre biologiche, chimiche e nucleari. Perché sull'Iraq è stata fatta
una guerra nucleare e non soltanto adesso, ma anche nel '91. Nel '91
hanno scaricato 400 tonnellate di polvere di uranio e plutonio che
ammazzeranno per generazioni e generazioni. Adesso le tonnellate di
uranio sono state nell'ordine delle migliaia e fanno quello che fa
l'AIDS, secondo una strategia cosciente e lucida dell'imperialismo.
Sull'11 settembre poniamoci qualche dubbio, se lo pongono anche negli
Stati Uniti. Ci sono siti interessanti dove si fa controinformazione,
dove si fa ricerca in maniera seria e documentata, andando a mettere il
naso dove i nostri giornalisti non lo mettono mai, ad esempio nei
documenti desecretati del Pentagono, della Casa Bianca e del
dipartimento di Stato, dove vengono fuori cose orrende, di un
terrorismo nord americano che dura da 100 anni.
Nel 1962, il Pentagono e il governo americano, approvarono un piano che
si chiama "Northwoods" che doveva creare il pretesto per attaccare
Cuba, dopo il fallimento della baia dei Porci. Il Pentagono preparò un
piano approvato dal governo e che Kennedy bloccò all'ultimo minuto,
perché all'epoca avrebbe provocato un conflitto mondiale. Poche
settimane dopo fu ammazzato, secondo le migliori fonti, dalla mafia
cubana di Miami. Il "Piano Northwoods" prevedeva dei bombardamenti alla
base di Guantanamo che avrebbe fatto esplodere i depositi di munizioni,
provocando la morte di molti soldati americani. Questi bombardamenti
avrebbero dovuto essere effettuati da agenti USA travestiti da militari
cubani. Poi si doveva affondare del naviglio in navigazione tra Cuba e
la Florida, con gente mandata ai pesci a centinaia, dando la colpa
sempre ai cubani. Inoltre si prevedevano una serie di attentati
(guardate è scritto, potete andarlo a cercare in internet: "Piano
Northwoods", Archivi di Sicurezza Nazionale "National Security
Archives") contro proprietà della mafia cubana a Miami -case private,
circoli, uffici, proprietà- e in varie località degli USA, con altre
centinaia di vittime. Infine sarebbe partito un charter americano, con
a bordo centinaia di giovani studenti statunitensi per un viaggio di
vacanza e studio nell'America centrale (Salvador, Honduras e Guatemala)
che, passando nello spazio aereo di Cuba, sarebbe stato abbattuto da un
Mig cubano, che non avrebbe dovuto essere un Mig cubano, ma un Phantom
statunitense camuffato. Questo è stato concepito, firmato e deciso dal
governo degli Stati uniti. Hanno seguito questa strategia per 100 anni,
ovunque, in giro per il mondo. Stiamo attenti a credere alle versioni
ufficiali dell'11 settembre.

In America, nei documenti che circolano sull'11 settembre, disponibili
a tutti voi, ci si chiede, da parte di scienziati, studiosi, personaggi
illustri come Chomsky o il professor Chossudovsky (insegna economia
politica a Toronto in Canada e ha fatto un gruppo di studio e ricerche
che si chiama "global research", preziosissimo), per quale motivo la
più aggiornata difesa aerea del mondo non sia intervenuta per quasi due
ore contro 4 aerei dirottati che facevano i pazzi nel cielo più
proibito e più difeso degli Stati uniti.
Secondo le disposizioni della difesa aerea, alla base Andrews c'erano
aerei pronti a decollare costantemente, come nelle altre basi, contro
eventuali intrusori. E' arrivato l'ordine del Capo di Stato Maggiore
dell'aeronautica militare americana di sospendere il meccanismo di
difesa antiaereo proprio alla vigilia degli attentati. Com'è possibile
che un sistema di difesa, che prevede l'alzarsi in volo in 2 minuti e
mezzo, il raggiungere tutti i punti del cielo degli Stati uniti in 8
minuti, non sia intervenuto per 2 ore contro gente che stava colpendo
obiettivi che hanno addirittura delle difese automatiche missilistiche
piazzate intorno ad esse, il Pentagono, la Casa Bianca e le Torri
Gemelle? Come è possibile che il presidente degli Stati uniti -questo è
documentato addirittura dalla televisione-, durante tutti gli attacchi,
pure informato costantemente di quello che stava succedendo (primo
schianto contro la prima torre, secondo contro la seconda torre, terzo
contro il Pentagono) continuasse a visitare una scuola elementare nelle
Florida raccontando favole ai bambini, senza cambiare espressione,
senza mettersi al sicuro, senza convocare i suoi collaboratori per
organizzare le difese a questo attacco senza precedenti al proprio
paese?
In America si chiedono come sia possibile che si raccontino panzane
come quelle dei dirottatori addestrati su degli aerei Chesna, che sono
poco più che deltaplani, per poi pilotare, senza esperienza, dei 747 e
757 Boeing.
In una trasmissione televisiva di Corrado Augias, vari, esperti
comandanti dell'aeronautica civile hanno dichiarato che si trattava di
un'impresa impossibile. E' impossibile virare e colpire tra i palazzi
il centro di un grattacielo, con un aereo gigantesco, dopo essere scesi
a spirale o in picchiata varie migliaia di metri in pochissimo spazio.
Esperti e comandanti di volo di tutto il mondo hanno confermato che
neanche con 10.000 ore di volo è possibile operare manualmente una cosa
di questo genere. E' soltanto possibile con comandi elettronici a
distanza, collaudati del resto alla grande in Afghanistan con gli aerei
Predator, senza pilota: partono, decollano, fotografano, mitragliano,
bombardano, ritornano e atterrano.
Se c'erano 19 dirottatori che si sono imbarcati su questi aerei, e sono
passati tutti per gli aeroporti, e tutti gli aeroporti degli Stati
uniti, come anche i nostri, hanno telecamere piazzate ovunque che
filmano qualsiasi passo, dall'ingresso, all'imbarco, al bar, al
controllo passaporti, alla consegna bagagli o al check in... dove sono
i filmati di questi 19 dirottatori che ci convincano che sono stati
loro? Non avrebbero dovuto essere trasmessi e ritrasmessi dalle
televisioni per cancellare ogni dubbio?
Un ostaggio ha telefonato dall'aereo a terra, alla mamma, dando nome e
cognome. Strano dare alla mamma nome e cognome: "sono Jack tal dei
tali...", mentre l'aereo era in una zona dove non c'era copertura del
telefonino, né era possibile comunicare col cellulare a terra da quel
l'altezza e a quella velocità
Si chiedono negli Stati uniti se un edificio colpito lateralmente possa
crollare simmetricamente su se stesso, se non quando delle cariche
esplosive sono state piazzate nei punti strategici della costruzione.
Le detonazioni delle esplosioni sono state sentite da testimoni,
compresi giornalisti della BBC, le cui testimonianze sono poi sparite.
Come una indagine dell'FBI ha appurato, nei giorni precedenti agli
attentati, c'è stato un insider trading, delle speculazioni nella borsa
di New York, su titoli che sarebbero poi crollati -linee aeree- e altri
saliti alla grande -assicurazioni-. C'è chi ha fatto miliardi. L'FBI ha
indagato e ha trovato gente che sapeva quello che sarebbe successo
prima di essere stata bloccata come tutte le altre inchiesta da Bush, e
ha scoperto comunque che chi aveva coordinato questi movimenti di
azioni era il direttore operativo della Cia, tale Buzzy Krongard. La
banca che ha gestito le operazioni era la Bankers Trust, che pochi mesi
prima aveva assorbito al A.B. Brown, una banca il cui vicepresidente
era appunto Krongard. Dopo la fusione, nel marzo del 2001, Bush ha
promosso Krongard a direttore operativo della CIA, il numero tre
dell'agenzia.
Posso aggiungere che Osama bin Laden è un socio di Bush; che la
famiglia di bin Laden ha imprese in comune con la famiglia Bush da
lunga data (da almeno 25 anni). La compagnia petrolifera ARBUSTO
appartiene ai bin Laden e ai Bush. I Bush sono quelli che hanno
incassato le ricchezze del produttore di armi per Hitler, von Thyssen.
La banca di von Thyssen, monopolista dell'acciaio tedesco che ha
riarmato la Germania di Hitler, aveva una filiale a New York diretta
dal nonno dell'attuale Bush minore, Prescott Bush. C'è una continuità,
un legame terroristico, imperialista, criminale.

Possiamo continuare a fare le manifestazioni per la pace? Dobbiamo. E
per favore, questa volta, a sostegno anche dei resistenti. Ma non
faremo mai goal, non sfonderemo, se non cominciamo a delegittimare i
banditi, i delinquenti, i bugiardi che stanno operando questo
planeticidio. Fin che non li smascheriamo e gridiamo come il bambino di
Andersen: "il Re è nudo", questi manterranno legittimità e credibilità.
Facciamo vedere che sono loro i terroristi. La matrice di ogni
terrorismo sono gli Stati uniti. Lo hanno praticato, l'hanno studiato,
l'hanno formulato nelle loro scuole. La "Scuola delle Americhe", che
adesso è stata spezzettata in varie agenzie per l'emergere di troppe
rivelazioni, troppe accuse, ha insegnato ai golpisti e ai dittatori
latino-americani per 50 anni tecniche di terrorismo, di
destabilizzazione, di colpi di stato. Ma dove sta il terrorismo? Non è
terrorismo di stato quello israeliano? Quello nordamericano? Quello
britannico? Quello di paesi vassalli, come l'Italia delle stragi di
Stato, di Gladio, della P2, che forniscono collaborazione e militari
agli aggressori?

Il giornale l'Unità è stato l'unico che ha ammesso una verità
sconvolgente alla fine della guerra, del massacro, dello squartamento
della Jugoslavia. Anche lì si era costruito il mostro, con tutte le
cose orrende su un solo piatto della bilancia, sull'altro niente. Ma è
il meccanismo collaudato fin dai tempi di Nerone, bisognava satanizzare
Milosevic. L'Unità ha avuto, come unico giornale italiano, la
deontologia e la coscienza civile di pubblicare la ricerca degli
investigatori dell'ONU e della NATO al termine della guerra alla
Jugoslavia e dell'occupazione del Kossovo da parte della NATO. L'ha
fatto in understatement, cioè in sordina, nella pagina interna, taglio
basso, ma l'ha fatto, l'unico. Ha rivelato che non c'era stata la
pulizia etnica di 400.000 albanesi-cossovari sterminati dai serbi come
diceva Wesley Clark, comandante in campo della NATO. E quando sono
entrati nel Kossovo hanno detto erano 40.000, perché c'erano tutti,
visto che sono 900.000 i cossovari-albanesi e 1.800.000 gli abitanti.
Com'è che c'erano tutti se ne erano stati ammazzati la metà e l'altra
metà erano profughi? Così sono scesi a 40.000. Ma gli investigatori, il
cui resoconto è stato appunto pubblicato da un unico coraggioso
giornalista sull'Unità, hanno detto che in 3 anni di guerra civile, tra
separatisti e narcotrafficanti UCK e forze Federali Jugoslave e 78
giorni di un bombardamento a tappeto della NATO sul Kossovo, anche
all'uranio, le vittime erano 2.800. Peccato che erano di tutte le
etnie, albanesi-cossovari, serbi, zingari (tanti), bulgari, egiziani e
greci. E questo ci dovrebbe veramente far riflettere su come è fatta
l'informazione, su che cosa dobbiamo esigere dall'informazione.

RISPONDENDO AD ALCUNE DOMANDE. Sull'Iraq: [nell'inchiesta del Senato
americano si legge che i presidenti Reagan e Bush hanno corteggiato
segretamente e illegalmente Saddam Hussein con uno slancio sconsiderato
in denaro e armi. Said Aburish, giornalista americano, in una
intervista ha dichiarato questa frase: "Saddam ha molto per cui
ringraziare la CIA, per aver portato il partito Ba'ath al potere, per
averlo mantenuto al potere, per averlo aiutato personalmente, per
avergli fornito aiuto finanziario durante la guerra in Iran, per averlo
protetto contro colpi di stato interni. E' un rapporto che continua dai
primi anni '60 ad oggi ed è un rapporto di amore e odio. Qui non c'è
questione di principio, non c'è democrazia da perseguire, non ci sono
diritti umani da proteggere, sono i nostri amici e i nostri
interessi"]. Questa informazione io la butteri subito in un cestino,
perché è un'informazione strumentale, quella che si fa sistematicamente
nei confronti di un nemico con lo scopo di "sputtanarlo" a sinistra
presentandolo come doppiogiochista, traditore della sua gente.
Togliergli ogni prestigio, ogni dignità di politico, di uomo di stato,
aggiungendo a questo l'efferatezza e la nefandezza, dallo
strangolamento dei bambini, ai nemici arrostiti, alle donne stuprate,
fino ad aggiungere poi "è un nostro fantoccio e stava dall'altra
parte". E' una contraddizione lampante. Il governo iracheno non è mai
stato dalla parte degli americani, ne è mai stato favorito dagli
americani e tutto il suo percorso lo dimostra.
La rivoluzione del '58 del Baath (era un partito socialista arabo
fondato da un marxista di nome Michel Aflak, antimperialista e per
l'unità araba), cacciò gli inglesi, portò al governo i comunisti e il
Partito Democratico Curdo con il quale governò fino al '79. Poi una
parte dei comunisti decise di schierarsi con l'Iran di Khomeini
obbedendo a Breznev, altri si rifiutarono. Saddam Hussein nazionalizzò
il petrolio e fu l'unico che ci riuscì, ed è il più grave affronto che
si possa fare al sistema imperialistico del petrolio anglo-americano.
In Iran, nel '52, Mossadegh fu cacciato con un colpo di stato che portò
lo Scià, per aver fatto la stessa cosa.
Saddam Hussein ha appoggiato i palestinesi fino all'ultimo giorno della
sua scomparsa da Baghdad, unico paese arabo che lo facesse. Questo non
piace agli israeliani e quel che non piace agli israeliani non piace
agli americani. Israele ha sostenuto l'Iran nella guerra Iraq-Iran con
piloti e istruttori e con lo scandalo Iran-Contras (quando vendeva armi
all'Iran e col ricavato gli americani finanziavano i banditi Contras in
Nicaragua). Documenti ufficiali del Congresso rivelano che gli USA
hanno armato l'Iran, non l'Iraq, dal 1981 al 1988. Potrei dire tante
altre cose. Ma, un amico della CIA, installato dalla CIA, non lo si fa
finire così e non se ne distrugge il paese distruggendone le basi,
sradicando ed epurando tutto il suo partito.

I kamikaze palestinesi non li vedo disperati, li vedo con un senso
della vita un po' diverso, da quello occidentale individualista che
impone il singolo individuo al centro di tutto. I kamikaze pongono la
Comunità al centro e muoiono per far vivere la Comunità ed è una forma
di affermazione della vita. Vive e conta un po' più la Comunità, un
tempo era così anche da noi.

Per quanto riguarda Fidel Castro, a parte il fatto che bisogna andare a
studiare quale partecipazione di massa c'è nel processo decisionale a
Cuba rispetto al nostro, in che misura noi pesiamo con le nostre
elezioni sui destini del nostro paese, in cui abbiamo una bella
democrazia che ci regala protagonisti come Berlusconi, Previti,
Dell'Utri e tutto il resto (che veramente non mi sembrano esempi di
democrazia da esportare da nessuna altra parte). Una democrazia
migliore di questa non c'è, per cui non abbiamo titoli per fare i
maestrini nei confronti degli altri.

Poi vorrei dire un'altra cosa, hanno detto che ci odiano. Non è vero
che ci odiano, odiano i governi. Sono molto saggi, sono molto maturi
nel Terzo Mondo. Non odiano gli italiani, gli europei, i cittadini
statunitensi, sanno fare la differenza tra governi e popoli. Quello
che gli dà fastidio, oltre allo sfruttamento delle multinazionali, alle
bombe all'uranio, ai genocidi, è che noi facciamo le crociate
ideologiche e culturali. E' che da mille anni noi pensiamo d'avere la
verità da portare ai selvaggi, quando la loro civiltà magari è
infinitamente più autentica e più avanzata della nostra, lo era
sicuramente al tempo delle crociate, probabilmente lo è anche adesso.
Noi affogati nel consumismo, nella mercificazione di tutto, nella
disponibilità alla mistificazione militarista. Ma che cosa abbiamo da
insegnare e da esportare?
Ho visto a Cuba partecipare le masse di quartiere, di municipio, di
città, alla nomina degli amministratori, alla revoca quando non
funzionavano. Certo non ci sono i partiti, ma allora vi dico una cosa:
Slobodan Milosevic, che tutti quanti a sinistra -tranne il sottoscritto
e anche un pezzo grande del mio partito- hanno chiamato dittatore e
despota. Tale non è mai stato. Eravamo semplicemente lobotomizzati
dalla propaganda imperialista che voleva fare la guerra per squartare
un grande paese non allineato, che aveva dei diritti sociali ancora in
vigore, protezione degli operai ancora in vigore. Ma doveva essere
frantumato e ridotto in piccoli pezzetti che si odiassero tra loro e
fossero inoffensivi e magari schiavi dell'imperialismo.
Milosevic non era un dittatore. Se noi avessimo guardato con attenzione
la televisione ce ne saremmo accorti, ma eravamo "infinocchiati" dalla
propaganda. In televisione avremmo visto che c'erano elezioni regolari
costantemente -nazionali, amministrative, federali e presidenziali-.
Addirittura che l'opposizione a Milosevic, monarchica e capitalista,
vinceva. Le maggiori città in Jugoslavia erano governate da Vuk
Draskovic (il monarchico, il santone) come Belgrado, Kragujevac, Nis,
Novi Sad. Ma che dittatura è?
Noi abbiamo visto per anni le manifestazioni dei cosiddetti studenti
democratici (attenti a quelle iraniane), che si chiamavano prima
"Alleanza Civica" e poi "Otpor" che facevano ogni week end grandi
manifestazioni a Belgrado. Non abbiamo mai visto in tre o quattro anni
queste manifestazioni trattate come il governo dell'Ulivo ha trattato i
"compagni" a Napoli, nel marzo di due anni fa, o nel luglio il governo
di Berlusconi a Genova per il G8. Arrivava la polizia con gli idranti a
dar da bere quando faceva caldo (io c'ero e l'ho visto) e lo potevate
vedere anche in televisione. Questo non succede in una dittatura.
C'erano i partiti in Jugoslavia. Su venti, due erano di sinistra (lo
IUL post-comunista e il Partito Socialista), gli altri erano tutti
quanti comprati dagli Stati uniti. Il "National Endowment for
Democracy", che è un istituto americano di Washington che fa da vetrina
alla CIA, ha versato 700 milioni di dollari in tre anni a questi
partiti. Li ha dotati di telefonini, di sedi con marmi alle pareti, e
il partito socialista e il suo presidente Milosevic, avevano lo
stipendio di funzionari in un paese del terzo mondo sotto embargo. E
dove sono finiti, a proposito, i soldi del "tesoro" di Milosevic,
negati da tutti i paesi in cui si diceva fossero custoditi?
Questi partiti sono stati comperati dall'imperialismo a suon di
dollari. "Otpor" e "Alleanza Civica" facevano le manifestazioni con le
bandiere americane, il loro programma diceva: "privatizzazione di
tutto" e lo stanno attuando. Oggi la Jugoslavia è un buco nero con al
potere una classe dirigente di mafiosi e narcotrafficanti. La legge che
proteggeva e garantiva gli operai nel caso di vendita dell'impresa -il
60% delle azioni agli operai-, è abolita. La scuola si paga, la sanità
si paga, la disoccupazione è circa il 27% della popolazione, il 40%
vive sotto il livello di povertà. Questo non c'era sotto Milosevic.
Milosevic è rimasto democratico, ha lasciato che l'opposizione
controllasse il 90% dei media, tutti finanziati dagli USA, compresa la
famosa radio B92, tanto cara ai nostri Disobbedienti. Se Castro avesse
fatto come Milosevic addio Cuba sovrana, indipendente, socialista,
speranza di tutta l'America Latina e dei popoli del mondo.
Ho scritto un articolo che mi ha causato moltissimi guai su
"Liberazione" in difesa di Cuba, pur prendendo le distanze dalla pena
di morte e dal carcere. Il carcere non mi va addirittura per Sofri che
dovrebbe, per conto mio, stare fuori dal contesto umano per il resto
della sua esistenza, per come fa il trombettiere di ciò che succede
all'ombra dell'imperialismo d'Israele e degli USA. Ma ho scritto:
ragazzi, quello che fa schifo è che noi chiamiamo dissidenti e
minoranze e oppositori una rete di terroristi, malfattori, al soldo
dello straniero che vuole distruggere quel paese e ridurlo come
Port-au-Prince ad Haiti. Erano terroristi assoldati da James Cason
(incaricato d'affari americano) con il compito di costruire una rete di
sabotaggi. Avevano programmato 29 dirottamenti, 9 li avevano già
attuati. Come si fa a chiamarli dissidenti? questo è collateralismo con
l'imperialismo. Non si può, diciamo pane al pane e vino al vino. Questi
erano terroristi di un paese da 40 anni in guerra, e sapete che tutti i
paesi del mondo, il nostro compreso, hanno ai più alti e insospettati
livelli infiltrati e spie al servizio del nemico.
Dieci marocchini sono stati giustiziati, impiccati soltanto una
settimana fa. Ne avete sentito parlare? A sinistra? Nel mio partito?
Neanche una parola. Un trafiletto sul "Manifesto". Ma su Cuba, "cazzo"
che casino abbiamo fatto. E allora c'è qualcosa di non molto onesto
sotto. Chiudo su Saddam.

Io so che era un governo autoritario, ho frequentato quel paese per 25
anni, ma so qualcosa che voi non sapete e dovreste sapere. Perché sul
piatto della bilancia hanno messo l'autoritarismo, il partito unico, i
comunisti massacrati, i curdi gassati. Peccato che i gas li abbiano
buttati gli iraniani, lo hanno affermato gli americani di nuovo,
recentemente. Già all'epoca, nel 1988, tutti i media e tutti i servizi
segreti del mondo avevano confermato che i gas sul villaggio curdo di
Halabieh li avevano gettati gli iraniani, che l'Iraq non disponeva di
quel gas nervino. Il 31 gennaio scorso uno dei massimi dirigenti della
CIA l'ha confermato sul New York Times. La storia che erano stati gli
iracheni venne diffusa dagli USA solo nel 1990, per agevolare
l'aggressione della prima guerra del Golfo. Ma sull'altro piatto della
bilancia c'era un paese che nel '56 era a livello di Port-au-Prince,
quando gli inglesi furono cacciati. In vent'anni si sono guadagnati la
sanità gratuita per tutti, in vent'anni si sono guadagnati
l'istruzione, cioè la conoscenza, cioè la critica (dall'asilo
all'ultima specializzazione universitaria con libri, mense e alloggio
per tutti e anche per gli studenti stranieri, gratuiti) e la casa
garantita a tutti. Era l'unico paese al mondo con piena occupazione. Va
bene, aveva il petrolio, ma quegli utili da petrolio andavano alla
gente, andavano alle masse e sono queste le cose contano, perché sono
diritti umani, sono i primi diritti umani. Chiedetelo agli iracheni che
oggi stanno nella "Resistenza Nazionale" contro questa occupazione,
perché si ricordano di quello che avevano. Si guardano intorno e vedono
l'Arabia Saudita e il Kuwait dove le donne non esistono, mentre in Iraq
prima facevano i ministri e i giudici, e su una massa sconfinata di
senza diritti regna una banda di satrapi corrotti e subalterni
all'imperialismo.
Non sono qua per esaltare Saddam Hussein, cosa di cui qualcuno subito
mi accuserà. Dico che bisogna sapere le cose e metterle tutte quante
sui piatti della bilancia. Esistono anche le conquiste sociali, la
dignità nazionale, la cultura, nessuno lo può negare. E per un popolo
che esce dal buco nero del sottosviluppo colonialista, contano. Poi è
difficile fare una democrazia perfetta, Milosevic insegna. Accettare
partiti quando si è assediati, quando ti fanno le guerre biologiche
ininterrotte, quando ti infilano spie, provocatori e terroristi per
mandare a picco il tuo esperimento sociale.
Perché l'Iraq, il Vietnam, la Jugoslavia e Cuba, vengono aggrediti non
soltanto perché dicono di no alla NATO. Dicono di no all'imperialismo e
vengono ammazzati, squartati, distrutti, perché sono un modello sociale
diverso. Un modello sociale che da noi si chiamava Welfare (ed era una
pallida imitazione di giustizia sociale) e che non deve più esistere.
Non ci devono più essere lavoratori, operai, contadini, che possono
pensare di studiare o farsi un trapianto di fegato anche se non hanno i
soldi. Questo modello non ci deve più essere nel mondo. Nel mondo della
privatizzazione, del turbocapitalismo. Perciò questi paesi vengono
aggrediti, non perché c'è un boia o una belva sanguinaria. Perché le
belve sanguinarie sono tutte a Washington o protette da Washington.

Il PNAC è un acronimo e sta per "Project for the New American Century"
(progetto per il nuovo secolo americano). E' un testo formulato nel
1992 dal gruppo dirigente attuale statunitense, prima di arrivare al
potere, mentre stava per finire il regno di Bush padre e incominciava
quello di Clinton. Era un progetto strategico fatto da un gruppo di
ebrei, (è un dato di fatto, Wolfowitz, Ledeen, Perle, Cheney, Rumsfeld,
eccetera) in stretto contatto ideologico e anche strategico con gli
estremisti del Likud israeliano e con Sharon. Questo progetto è stato
anticipato per la prima volta dal "New York Times" proprio nel '92.
Oggi è stato reso la politica ufficiale del governo Bush e del suo
gruppo e si chiama appunto "Strategia per la Sicurezza Americana nel
Nuovo Secolo". Questo documento ripete esattamente quello che era il
programma del '92, ed è oggi la linea ufficiale.
Prevede che gli Stati uniti puntino all'egemonia mondiale e questo
comporta l' eliminazione, la neutralizzazione di qualsiasi potenza che
possa emergere a contrastare tale egemonia. Chiaramente intendono
Europa, Russia e Cina, oltre che il mondo arabo. E che quindi qualsiasi
forza dovesse emergere e potesse contrastare gli interessi statunitensi
globali, cioè non limitati a settori dove gli americani sono presenti,
ma a tutto il mondo, questi devono essere affrontati. Da cui la scelta
e la decisione della "guerra preventiva infinita".
Poiché è evidente che coalizioni che si pongano il problema della
sopravvivenza e anche d'un certo imperialismo, come l'Europa in
particolare, e altri come la Russia e la Cina che stanno cercando di
ricostruirsi quanto meno a livello di potenza regionale, entreranno in
collisione con gli interessi USA. Ecco perché la linea strategica
americana attraverso la guerra Iraq, Iran, eccetera, punta come un
cuneo visibilissimo tra l'altro, verso la Cina e il centro asiatico.
Ultima cosa, trovo che non sia un problema di cultura ma di conoscenza
e che nei migliori dei miei interlocutori, tra quelli che più rispetto
e dai quali più mi aspetto, anche come contributo alla nostra salvezza
e in questo caso, dopo, di vittoria (perché la vittoria deve restare un
nostro concetto anche se la nominiamo molto di rado, ma ce l'hanno
regalata i partigiani), bisognerebbe conoscere il fatto che, o
ricordarsi del fatto che, i partigiani colpivano i soldati tedeschi,
perché in Italia, i civili tedeschi che avessero fatto le colonie, che
si fossero insediati al posto delle nostre case, al posto dei nostri
terreni, al posto dei nostri uliveti, non ce n'erano. Altrimenti come
tutti i movimenti di liberazione nazionale li avremmo colpiti.


--- 2 ---

MONDOCANE FUORI LINEA 1/9/3
FULVIO GRIMALDI

Resistenza fino alla vittoria


Tommaso di Francesco, del Manifesto, è stato tra tutti l'inviato e
commentatore che più correttamente ha raccontato guerra e frantumazione
della Jugoslavia, con tutte le infamie del caso giustamente attribuite
alla Nato e ai suoi ascari tagliagole dell'UCK kosovaro. Dribblati con
acume di marxista tutti i luoghi comuni della propaganda di guerra,
Tommaso è tuttavia inciampato su due stereotipi della disinformazione
imperialista (e velinara), purtroppo sui più insidiosi e tossici: la
inesistente "dittatura" del "nazionalista" Milosevic e la "pulizia
etnica" che i serbi avrebbero condotto contro le minoranze jugoslave,
in particolare contro gli albanesi del Kosovo. La storia e le indagini
di ONU e investigatori indipendenti hanno fatto giustizia di queste
falsità: Milosevic né era un dittatore, né seguiva politiche
nazionaliste, anzi, né Belgrado aveva mai condotto operazioni di
pulizia etnica. Semmai i serbi le avevano subite: in Croazia, Bosnia e
Kosovo. Lo stesso si può dire di un giornalista di Liberazione,
Giancarlo Lanutti, tra i pochi che non riecheggiano, a differenza di
altri autorevoli interventi su quel giornale, le fandonie e i veleni
della disinformazione israeliana e dei suoi succubi. Lasciato il segno
con termini come "criminali", "delitti", "suicidi disperati", riservati
ai combattenti palestinesi che si sacrificano colpendo, come suole
nelle guerriglie, il nemico dove più gli fa male (immaginate cosa
avrebbero fatto i partigiani se comunità tedesche fossero venute a
colonizzare l'Italia sotto la protezione delle armi naziste), brindato
inizialmente alla farsa della road-map e a protagonisti-fantocci come
Abu Mazen e la spia CIA Dahlan, ignorata sistematicamente la sinistra
palestinese, Lanutti è passato ad occuparsi di Iraq.
E subito ha gravemente sbagliato. Su due punti: ha attribuito
all'organizzazione criptostatunitense Al Qaida l'intenzione di mettere
alle corde gli USA (riferendosi agli attentati di Najaf e all'ONU);
"non esclude" che proprio nella situazione creata dalla guerra possa
essersi determinata quella saldatura fra al Qaeda (va scritto al Qaida)
e i seguaci in chiave antiamericana. Non contento, cita un affiliato
dello SCIRI filorianiano (cui apparteneva l'ayatollah Mohammed Al Hakim
ucciso dalle autobombe) per ribadire il concetto: "Al Qaida non può in
Iraq agire da sola, a fornirgli aiuto potrebbero essere proprio i
fedelissimi di Saddam".
E qui siamo all'apice della subalternità alle mistificazioni messe in
circolo dai disinformatori della banda Bush-Blair: Al Qaida
riconosciuta (e nobilitata!) come antagonista mondiale degli USA,
anziché, come tutti i commentatori e analisti seri hanno documentato,
strumento ultraventennale delle provocazioni e destabilizzazioni
imperialiste (Afghanistan, Bosnia, Kosovo, Indonesia, Filippine,
Kashmir, Algeria, perfino gli israeliani hanno tentato di creare una
cellula di "Al Qaida" nella resistenza palestinese); le resistenza
irachena perfidamente collegata al terrorismo (ribadisco: statunitense)
di Al Qaida. Con questi due colpi, si è fatto un enorme favore
all'imperialismo e alla sua strategia genocida: come già con i
combattenti palestinesi, si è creato il corto circuito, dettato
dallaCIA e dal Mossad, tra lotta di liberazione nazionale e
indiscriminato terrorismo Al Qaida; in seconda battuta, si è
accreditata la squadra di dinamitardi Al Qaida, teleguidata dalla CIA
in ogni sua manifestazione, come autentica forza di rivolta e
opposizione alla "civiltà occidentale". Non ci potrebbe essere nulla di
più debilitante per uno schieramento genuinamente antimperialista.
Ho voluto insistere su questi veri e propri tonfi dell'informazione di
sinistra, dovuti a ignoranza, pigrizia, timidezza, forse opportunismo
da salotto buono della politica o da alleanze spurie, perché è qui che
casca l'asino. In difesa della resistenza palestinese, irachena, di
tutti i popoli, in difesa della nostra capacità di decodificare gli
inganni padronali e imperialisti, abbiamo il dovere di esigere dagli
informatori e comunicatori, che si dicono dalla nostra parte, un
impegno professionale e politico più avveduto, libero e documentato.
Tanto per dire: non si può continuare a definire "dissidenti",
"opposizione", "minoranze", i terroristi cubani, corrotti e comprati
dal nemico yankee perché aiutino a riportare la propria patria alle
condizioni politiche, sociali e morali del vero dittatore Batista,
proconsole di mafia e USA.
Venendo invece direttamente ai patrioti iracheni, personalmente dubito,
in attesa di riscontri, che le autobombe contro ONU e lo SCIRI, pur
vergognosamente collaborazionisti, siano di una Resistenza che al di là
di ogni dubbio fa capo a Saddam Hussein e alla dirigenza del Baath, dei
comunisti della Tendenza Patriottica (scissi dal PC iracheno nel 1979,
quando Mosca ordinò al partito di schierarsi con l'invasore iraniano) e
delle altre formazioni nazionaliste e progressiste raccolte nella
Coalizione Nazionale Irachena (riunitasi a congresso a Parigi nel
febbraio di quest'anno) e rientrata in patria per contribuire alla
lotta contro l'invasore. Per chi conosce il popolo iracheno, risulta
chiaro che un attentato di tale portata contro l'ONU non sarebbe stato
condiviso, alla luce del fatto che, pur nella subalternità
istituzionale dell'ONU agli USA, questa organizzazione, con gli
ispettori dell'ultima fase che tentavano in ogni modo di contraddire le
false accuse di Washington e con protagonisti onesti come Denis
Halliday e Hans Von Sponeck, dimessisi dai rispettivi incarichi di
dirigenti degli aiuti alimentari in protesta contro il genocidio
angloamericano, non rappresentava certo il nemico principale. Quanto
alla strage di sciti a Najaf, scontato il collaborazionismo (ed
espansionismo iraniano) di Al Hakim e dello SCIRI, suscitare in questa
fase un conflitto interno tra comunità irachene, quando Saddam, in
numerosi comunicati, aveva insistito sull'urgenza dell'unità di tutte
le forze patriottiche, religiose e laiche, di ogni etnia, del resto già
attuata sul campo, nonché caratterizzare in senso terroristico la lotta
nazionale, poteva solo favorire il disegno di criminalizzazione dei
partigiani e di libanizzazione dell'Iraq, da sempre nei piani degli
occupanti: un suicidio per la Resistenza. Un disegno delittuosamente
favorito dal sedicente PC iracheno, vera copertura a sinistra
dell'occupazione, quando, entrato nel Consiglio di Governo nominato dal
Gauleiter Paul Bremer, insieme agli anticomunisti e narcotrafficanti
curdi di Jalal Talabani e ai manutengoli CIA dell'ex-Consiglio
Nazionale Iracheno di Londra, ha preso a diffamare la lotta armata,
attribuendole assurdi obiettivi di conflittualità settaria ed etnica.
So, per informazioni direttamente ricevute a Bagdad, durante
l'aggressione, dai responsabili iracheni, che il presunto disfacimento
della Guardia Repubblicana e delle milizie partigiane a partire
dall'occupazione del centro del paese non era che l'attuazione di un
progetto pianificato con largo anticipo, volto a impedire la totale
distruzione delle forze irachene a opera della macchina tecnologica
angloamericana e a preservare la loro integrità in vista di una guerra
di liberazione di lunga durata, nella quale i rapporti di forza si
sarebbero spostati a proprio favore. Proprio come succede adesso, con
una guerriglia a direzione centralizzata, ad altissima efficienza e
sofisticazione, sia contro le truppe d'occupazione e le forze
paramilitari e amministrative del collaborazionismo, sia contro le
infrastrutture petrolifere che impediscono agli USA di trarre profitto
dalla distruzione della sovranità del popolo iracheno. E' in atto una
grandiosa Intifada, centralmente diretta da Mossul al Nord a Bassora
nell'estremo Sud, radicata in una popolazione che conferma una volta di
più, al di là delle mire integraliste scite, limitata a settori
minoritari, la sua adesione al cinquantennale progetto di emancipazione
nazionale anticolonialista e che oggi è integrata dall'affluire di
migliaia di volontari arabi. Ne deriva una crisi profonda ed evidente
per i regimi genocidi (i costi stratosferici in termini umani e
materiali, il disincanto e la rabbia delle opinioni pubbliche, il
disvelamento dell loro natura criminale) che si sono imbarcati in
un'avventura di cui non hanno saputo minimamente calcolare le
conseguenze, la capacità di risposta politica, culturale e militare di
un popolo ideologicamente maturo, che non per nulla il governo caduto
aveva preparato a una guerra di liberazione di lunga durata, armando
oltre sei milioni di cittadini e addestrando alla guerra partigiana un
milione di militanti del Baath.
Dal 1917 al 1958, anno della rivoluzione, gli iracheni hanno saputo
incalzare gli occupanti coloniali britannici con un ininterrotto
seguito di rivolte, fino alla definitiva liberazione. Erano scimitarre
e carabine contro il primo esercito del mondo. Oggi hanno armi
migliori e, alle spalle, una riconquistata dignità, un'emancipazione
sociale e politica tra le più avanzate del Terzo Mondo e la
consapevolezza del proprio ruolo nella storia della lotta di
liberazione dei popoli. I partigiani iracheni, come quelli palestinesi,
lottano anche per noi. Già hanno inchiodato l'imperialismo in una
palude da cui non potrà che uscire sconfitto e che, intanto, gli ha
reso più problematiche altre avventure della guerra preventiva e
permanente. Meritano tutto il nostro sostegno, anzittutto con la
battaglia per la verità.

La dittatura della borghesia (2)

1. Romania: Il Partito Socialista del Lavoro cancellato dal “Registro
dei Partiti Politici” per decreto - Richiesta di solidarieta'
2. Lettonia: il Partito Socialista di Lettonia sulla discriminazione
della minoranza russa e degli altri gruppi nazionali


=== 1 ===

PARTITO SOCIALISTA DEL LAVORO, ROMANIA: I RISULTATI DEL NOSTRO
CONGRESSO STRAORDINARIO

www.solidnet.org                                                        
                                          28 agosto 2003

 

Il Partito Socialista del Lavoro, forza della sinistra socialista
romena, a conclusione del suo congresso, ha inviato il seguente
messaggio ai partiti comunisti, socialisti di sinistra e operai
invitati all’assise.

 

Partito Socialista del Lavoro

Consiglio Nazionale

Bucarest/Romania

Tel/Fax: +40-21-413.33.54

E-mail:c.cretu@... www.psm.ro

 
Cari amici,

Siamo molto onorati del vostro messaggio di solidarietà inviato al
Congresso Straordinario del nostro partito e abbiamo il piacere di
informarvi che il nostro congresso svoltosi il 23 agosto è stato un
successo. Il nuovo presidente del nostro partito è Constantin Rotanu
che, nel periodo 1992-1996, è stato deputato del Partito Socialista del
Lavoro nel parlamento romeno.

Come sapete, la Romania è divisa in 41 contee (Judete), inclusa la
capitale Bucarest. Di tutte le 41 filiali (organizzazioni di contea)
del nostro partito, 27 hanno partecipato al congresso, dove erano
presenti 350 delegati in rappresentanza di 31 contee, i quali hanno
votato all’unanimità contro il “Protocollo di fusione per
assorbimento”, siglato dall’ex presidente Ion Sasu con il Partito
Democratico Sociale (i socialdemocratici di Ion Iliescu e Adrian
Nastase, al governo del paese, fautori dell’adesione incondizionata
della Romania alla NATO e del coinvolgimento del paese nelle avventure
militari USA, a cominciare da quella in Iraq, dove è presente un
contingente di circa 400 soldati romeni, nota del traduttore).

Secondo la legge 14/2003 sui partiti politici della Romania,
l’approvazione della “fusione per assorbimento” tra due partiti, deve
essere ratificata dall’organo supremo di ciascun partito in sede
congressuale. L’ex leader del nostro partito Ion Sasu insieme ad altri
26 membri (su un totale di 141) del vecchio Consiglio Nazionale del
Partito Socialista del Lavoro, che sono entrati nel Partito Democratico
Sociale firmando il “Protocollo”, non hanno avuto il coraggio di
organizzare un Congresso, perché sapevano bene che l’opinione della
maggioranza dei nostri iscritti era di opposizione alla fusione.

In contrasto con la legge 14/2003, promossa proprio dal Partito
Democratico Sociale, questo partito ha influenzato con pressioni
politiche la Corte di Giustizia, in modo tale che il Tribunale di
Bucarest ha deciso il 21 agosto di accettare come valida la fusione e
di cancellare il Partito Socialista del Lavoro dal “Registro dei
Partiti Politici”.

Tale decisione sarà resa pubblica nei prossimi giorni, è l’unica
soluzione che ci rimane è quella di fare ricorso alla Corte d’Appello
di Bucarest nei tempi previsti dalla legge. Sulla base di tali
considerazioni, al momento, siamo interessati a ricevere da tutti i
partiti di sinistra nostri amici di ogni parte del mondo, messaggi di
solidarietà verso la nostra lotta contro l’azione intrapresa dal
Partito Democratico Sociale, che si propone di assorbire con mezzi
illegali il nostro Partito Socialista del Lavoro, allo scopo di
cancellare per molto tempo la presenza di forze socialiste di sinistra.

Come ben sapete, molto tempo fa la solidarietà internazionale
rappresentava una fondamentale caratteristica delle relazioni tra tutti
i partiti di sinistra. Sfortunatamente, al momento, la solidarietà
internazionale sembra caratterizzare maggiormente i partiti di destra.

In queste circostanze apprezzeremmo moltissimo il vostro sostegno,
attraverso l’invio alPrimo Ministro Adrian Nastase, che è il presidente
del Partito Democratico Sociale, alFax no.+40-21-222.58.14,
Tel:+40-21-230.36.60/314.34.00; alPresidente della Romania, Ion
Iliescu, che rimpiazzerà Nastase nel ruolo di capo del Partito
Democratico Sociale dopo le elezioni presidenziali che avranno luogo
nel 2004, alFax no.+40-21-410.38.58,
Tel.+40-21-410.39.41/410.00.81/410.05.81; aMrs. Rodica Stanoiu,
Ministra della GiustiziaalFax:+40-21-315.53.89,
Tel.+40-21-410.75.45/410.74.97; eall’Internazionale Socialista e alle
altre organizzazioni legali internazionali, vostrelettere di protesta,
solidarietà e appoggio verso la giusta causa e la lotta del nostro
Partito Socialista del Lavoro, per il suo diritto all’esistenza sotto
questo nome, nel rispetto della volontà della maggioranza degli oltre
110.000 membri del partito.

Approfittiamo dell’occasione per trasmettervi tutta la nostra
solidarietà ed amicizia e per assicurarvi che, passato questo
difficilissimo momento nella vita del nostro partito, svilupperemo
strettissime relazioni, ad ogni livello, tra i nostri partiti e su
scala internazionale.

Con amicizia e solidarietà

Constantin Cretu

Vicepresidente del Partito Socialista del Lavoro

(Traduzione di Mauro Gemma)


=== 2 ===

PARTITO SOCIALISTA DI LETTONIA: IN MERITO ALLE CONDIZIONI DELLE
MINORANZE NAZIONALI IN LETTONIA

www.solidnet.org                                                        
                                                 22 luglio 2003

Dal Partito Socialista di Lettonia

http://www.vide.lv/lsp/, mail to:treikals@...

 
Recentemente il Partito Socialista di Lettonia ha richiamato
l’attenzione dell’Unione Europea sulle condizioni di disparità, in cui
versano le minoranze etniche e linguistiche che vivono sul territorio
della repubblica baltica.

NOTA INFORMATIVA

In Lettonia, dal 1995 è in atto la transizione del sistema educativo
delle minoranze nella lingua di stato, il Lettone. La “Legge
sull’Educazione della Repubblica di Lettonia” costituisce la base
legale della riforma.

La minoranza etnica Russa rappresenta il 29,2% del totale della
popolazione. La minoranza linguistica Russa, vale a dire coloro che
indicano la lingua Russa come propria lingua madre, raggiunge il 37,3%.
La minoranza linguistica Russa include non solo la maggior parte degli
appartenenti all’etnia Russa, ma anche molti Bielorussi, Ucraini,
Ebrei, Polacchi, Lettoni e residenti di altre nazionalità.

Un sistema ben sviluppato di scuole per le minoranze nazionali esiste
in Lettonia, dove il 98,6% degli studenti studiano il Russo. Esso fu
realizzato nello stato indipendente della Lettonia già nel 1919, e si è
ulteriormente sviluppato durante il periodo sovietico, quando solo le
scuole russe funzionarono dopo il 1940, mentre le scuole delle altre
minoranze vennero chiuse. Restituita l’indipendenza alla Lettonia nel
1991, vennero ristabilite anche le scuole polacche, ebree, bielorusse e
lituane.

Oggi, un numero considerevole di famigliari di studenti istruiti in
lingua Russa ha reclamato molte volte che possa essere mantenuta
l’opportunità di studiare nella lingua madre in scuole finanziate dallo
Stato. L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nella sua
risoluzione 1236 (2001), insieme ad altre organizzazioni
internazionali, ha indirizzato alla Repubblica di Lettonia un appello a
mantenere il dialogo con i famigliari degli studenti. Ma i politici e
il governo ignorano ogni richiesta e raccomandazione, rifiutandosi di
aprire un dialogo fruttuoso con le organizzazioni dei familiari.

Le restrizioni nell’istruzione nella lingua madre delle minoranze
contraddicono le pratiche in vigore, gli standard dei diritti
all’educazione delle minoranze nazionali. Ne potrebbe derivare una
deformazione nell’autoconsapevolezza nazionale degli studenti, un basso
livello di competitività dei giovani nel mercato del lavoro e una
crescita dell’estremismo che potrebbe condurre la società a un
conflitto interetnico.

Facciamo appello ai deputati del Parlamento Europeo perché rivolgano
particolare attenzione alle richieste di cittadini contribuenti,
appartenenti alle minoranze nazionali della Lettonia, che intende
diventare uno stato membro dell’Unione Europea.

M. BEKASOV

Vicepresidente del Partito Socialista di Lettonia,
osservatore dell’8° Saeima della Repubblica di Lettonia
al Parlamento Europeo

(Traduzione di Mauro Gemma)

 

Testi di Mira Markovic


---
IN LINGUA ITALIANA
---

"La risposta"

adattamento alla lingua italiana di Marisa Fadda
traduzione dal serbo di Dragan Mraovic
Edizioni internazionali "Beta", Roma 1998

stralci su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2380

---

La notte e il giorno : diario, dicembre 1992-luglio 1994

adattamento alla lingua italiana di Marisa Fadda
traduzione dal serbo a cura di Dragan Mraovic
Roma : Beta , [1998]

---

Diario : 1992-1994

di Mira Markovic Milosevic
traduzione di Branka Nicija
Napoli : Pironti, 1999. - 366 p. ; 21 cm.

---

ALTRI TESTI IN LINGUA ITALIANA

"Faremo gli Stati uniti dei Balcani"

Conversazione con Mira MARKOVIC, professoressa di sociologia
all’Università di Belgrado e leader della Jul
(da LIMES 3/1998)

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/228

"Tutti i colori possono stare insieme tranne il nero"

da "Notte e giorno - Diario", BMG Belgrado 1995
(da LIMES 3/1996)

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/228

Intervista a "La Stampa", 28/6/2001

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1113


---
IN LINGUA INGLESE / IN ENGLISH
---

"All people in Yugoslavia should live together"
A speech by MIRJANA MARKOVIC,
Belgrade 10 march 1999:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/365

---

Date: Tue, 2 Sep 2003 11:28:38 -0400 (EDT)
From: "Wolfgang Mueller"
To: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Subject: (Yugoslavia) Books worth reading

"Andrej Nj."
Datum: Sun, 31 Aug 2003 11:03:35 -0700


*** TITLE: Answer

AUTHOR: Mira Markovic

Product Details:

ISBN: 1550821695
Format: Hardcover, 160pp
Pub. Date: May 1997
Publisher: Quarry Press

From the Publisher:

Given that Dr. Mira Markovic is the wife of Serbian president
Slobodan Milosevic, perhaps one could have expected from this book a
diatribe against the West, a propagandistic tool of Serbian
nationalism. If such is looked for, it is not to be found here. For an
interpretation of why the multifaceted ethnic and religious Federal
Republic of Yugoslavia has broken down into a strife which has baffled
Europe and the world - for this reason alone, Answer is worth reading.
Mira Markovic laments that the southern Slavic peoples had much more in
common, historically and culturally, than that which divides them. She
bemoans the fact that the works of Miroslav Krleza can no longer be
studied in Serbia and those of Janko Veselinovic and Djure Jaksic in
Croatia. She laments the passing of Serbia into nationalism and
chauvinism, greed and egoism as opposed to socialism and altruism. She
is varying in her levels of criticism of Serbia and the Serbian
establishment - but she is at all times critical. This is a book of the
Left, and also a critique of the same. With the Left, worldwide, in
disarray it is refreshing to read such an eloquent advocate of
left-wing ideas and socialism. Those of the old, humane, humanitarian,
utopian, justice-seeking Left will find much to reflect on, much to
appreciate, much to agree on, and maybe even a cause for
hope.


*** TITLE: Night and Day

AUTHOR/S: Mira Markovic, Margot Milosavljevic, Bosko Milosavljevic


From the Publisher:

Originally published in Belgrade during the fall of the Federal
Republic of Yugoslavia, Night & Day offers a special personal insight
into the events and personalities of this era. Mira Markovic is ideally
placed by virtue of her family and education to offer such a response.
Her parents fought alongside Tito in resisting Nazi occupation (her
mother was executed by the Nazis); she is married to Serbian president
Slobodan Milosevic; she is a respected Professor of Sociology at the
University of Belgrade; and she is a leading intellectual of the Left
in her country.
Mira Markovic writes from the perspective of an individual who grew up
in the socialist system that made Yugoslavia the envy of the communist
world. Her Yugoslavia was not a country of Croats, Serbs, Montenegrins,
Slovenes, and Muslims, but a country with a federal identity that
subsumed these ethnic and religious affiliations. She represents the
remaining communists who have seen the rise and fall of the world
created by Tito's partisans, and she serves as a witness to the
aftershocks of the collapse of this federation into chaos. Her writing
is informed by her intelligence and charged by her emotional response
to events. There is no better way to understand the crisis in
Yugoslavia than to read this book.