Informazione

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 9 - 12 maggio 2003
(resoconto di viaggio a cura Gilberto Vlaic del gruppo ZASTAVA
Trieste; per contatti: zastavatrieste@...)


Questa relazione e' suddivisa in sei parti:
A) Introduzione
B) Materiale trasportato e cronaca del viaggio
C) Il microprogetto artigianato
D) Riunione con il sindacato: il punto sulla campagna adozioni e
sul forno
E) Stato attuale della Zastava
F) Conclusioni


Introduzione

Vi inviamo un resoconto del viaggio appena concluso alla Zastava di
Kragujevac per consegnare le adozioni a distanza, fatto dal
Coordinamento Nazionale RSU e dal Gruppo Zastava di Trieste.

Per i titolari delle nuove adozioni: le schede del bambino che vi e'
stato affidato vi sono state spedite per posta.
Segnalateci eventuali problemi.

Questo resoconto si lega alle altre relazioni scritte con cadenza
praticamente trimestrale.
Sono tutte reperibili su diversi siti.

Il piu' completo e' il sito del coordinamento RSU, all'indirizzo:
http://www.ecn.org/coord.rsu/

seguendo il link: Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:
http://www.ecn.org/coord.rsu/guerra.htm

dove sono anche descritte in dettaglio tutte le iniziative in corso, e
riportati i resoconti anche di altre associazioni.
Tra le iniziative in corso si segnala che la manifestazione nazionale
non competitiva per bambini delle scuole elementari
"Non bombe ma solo caramelle"
e' ormai nella sua fase conclusiva che si terra' al Teatro Ambra
Jovinelli a Roma il 16 giugno prossimo.

I resoconti dei viaggi di ottobre e dicembre 2002 e gennaio 2003 sono
particolarmente ricchi di notizie sulla situazione dei lavoratori
della Zastava.
Sono rispettivamente riportati ai link:
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2002/2002_1014zastava.htm
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2002/2002_1221zastavareso.htm
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2003/2003_0203zastava.htm

Gli stessi resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages

che contiene inoltre centinaia di articoli sulla situazione nei
Balcani difficilmente reperibili sulla stampa nazionale.


Materiale trasportato e cronaca del viaggio

Il viaggio si sarebbe dovuto svolgere alla fine di marzo 2003, ma lo
stato di emergenza proclamato a meta' marzo - e finito il 27 aprile -
ci ha fatto decidere questo spostamento.

Siamo partiti da Trieste venerdi' 9 maggio alle 8 di sera, con un
pullmino a nove posti. La delegazione era formata da 7 persone: Angelo
da Lodi, Laura da Milano, Daniela e Gilberto da Trieste, Matej da
Gorizia, Giulio e Marco da L'Aquila.
Il pullmino ci e' stato prestato (gratuitamente) da un'associazione di
solidarieta' internazionale triestina e così ci siamo dovuti accollare
le sole spese del viaggio.

Avevamo una quarantina di scatole di aiuti alimentari, vestiario e
materiale scolastico. Per gli alimentari si trattava di regali alle
famiglie jugoslave da parte delle famiglie adottanti italiane, il
vestiario era frutto di una raccolta operata a a Trieste. Il materiale
scolastico (molte centinaia di quaderni, penne e pennarelli) era
frutto di due sottoscrizioni: una si era svolta tra gli studenti ed
il personale amministratiivo e docente dell'Istituto d'arte Nordio di
Trieste, l'altra tra i compagni di PRC di Castiglione D'Adda.

Inoltre portavamo con noi 21 di flaconi di chemioterapici per un
valore complessivo di 7.700 euro, provenienti da un donatore privato,
per il reparto sterile dell'Ospedale pediatrico di Belgrado.

Le adozioni da distribuire erano circa 70, di cui ben 11 nuove, per un
valore complessivo di 10.600 euro.

Il Circolo di PRC di Valle Elvo (Biella) aveva inoltre sottoscritto
due annualita' una-tantum, in memoria del loro compagno Giovanni
Sivieri.

Ricordiamo che le spese di viaggio sono state direttamente sostenute
dai partecipanti, senza alcuno storno dai fondi ricevuti per le quote
di adozione a distanza da distribuire in questa occasione (come del
resto in tutti i precedenti viaggi effettuati).

Siamo arrivati a Kragujevac alle 9 del mattino, senza alcun problema
durante il viaggio, se non la sorpresa di trovare quasi decuplicato il
costo del visto di ingresso rispetto all'ultimo viaggio effettuato a
gennaio. Al momento attuale il costo e' di 51 euro (precedentemente
6).

Dopo la verifica con Rajka e Milija delle liste delle adozioni e del
loro ammontare abbiamo visitato alcune famiglie.
Pranzo con vari rappresentanti sindacali, e successivamente riunione
per fare il punto sulla campagna delle adozioni e sul forno di
panificazione (vedi sotto).
Cena come a solito abbondantissima e buonissima presso una famiglia.

Poiche' i prezzi dei pochi alberghi di Kragujevac non smettono di
salire e sono ormai a livelli di circa 50 euro per pernottamento
abbiamo deciso di dormire presso alcune famiglie di contadini a circa
20 km. dalla citta'. Prezzi contenutissimi e ospitalita' splendida.

Il mattino di domenica abbiamo distribuito le quote delle adozioni.
Durante l'assemblea, particolarmente festosa e a cui hanno partecipato
alcune centinaia di persone c'e' stato il solito scambio di regali tra
famiglie italiane e jugoslave e viceversa; alla fine il bagagliaio del
pullmino era molto simile ad una distilleria di superalcolici e a una
fabbrica di biscotti, marmellate e centrini.

Pranzo veramente straordinario presso una famiglia, dove abbiamo
gustato una vastissima serie di piatti tradizionali.

Cena all'aperto presso un'altra famiglia, dove la madre - vedova e
licenziata dalla Zastava a causa dei postumi di un incidente stradale
- ci ha fatto un discorso particolarmente toccante sui significati che
per lei assume questa campagna di solidarieta'.

Il mattino dopo a Belgrado abbiamo consegnato i chemioterapici; siamo
quindi arrivati a Trieste all'una di notte del martedi' 13 maggio.


Il microprogetto artigianato

Appena entrati nella sala delle assemblee abbiamo avuto la sorpresa di
vedere che una decina dei grandi banchi con cui e' arredata erano
ricoperti da arazzi, tovaglie, centrini, tutti prodotti da un gruppo
di operaie licenziate.

Noi abbiamo preso in conto vendita, su prezzi decisi dalle donne di
Kragujevac, una valigia intera di questi prodotti. Tutto cio' in un
clima di assoluta reciproca fiducia.
I prodotti sembrano belli e i prezzi veramente contenuti.
Metteremo in vendita questi prodotti nelle solite feste e assemblee a
cui partecipiamo; verificheremo inoltre la possibilita' di metterli in
commercio attraverso la rete dei negozi del commercio equo e solidale.

Si tratta di un salto di qualita' all'interno della campagna di
solidarieta'. Nel campo delle adozioni infatti c'e' inevitabilmente la
differenza tra chi da' e chi riceve; qui invece c'e' un rapporto
assolutamente paritario tra chi produce una merce e chi la compra.
L'auspicabile decollo di questo progetto produrra' un sostegno al
reddito delle famiglie che non dipendera' piu' solamente dalla
solidarieta' ma dal LAVORO.
Puo' essere l'inizio di una cooperativa femminile di lavoro artigiano.


Riunione con il sindacato: il punto sulla campagna adozioni e sul
forno

Il sabato pomeriggio ci siamo incontrati con:
i rappresentanti del sindacato Zastava
il presidente del Sindacato cittadino Savez Samostalnih Sindikat
(l'analogo di una Camera del lavoro italiana)
il presidente del Sindacato Zastava IVECO
il segretario del sindacato ZZO - Zastava Zaposljvanje i Obrazovanje -
che riunisce i lavoratori Zastava in cassa integrazione a zero ore,
che loro chiamano Ufficio di collocamento Zastava.

Ci hanno ribadito l'importanza fondamentale che attribuiscono alla
campagna di adozioni, come sostegno al reddito delle famiglie.
Il numero di adozioni è stazionario intorno alle 1300; l'ammontare
dell'adozione costituisce una importante integrazione al reddito delle
famiglie aiutate.
Da parte nostra abbiamo sottolineato che se pur con fatica cercheremo
di garantire questo numero per almeno altri due anni. A fronte di
contributi che si spengono possiamo registrare sottoscrizioni nuove
che mantengono pressoche' costante il numero complessivo.

Il problema piu' importante e' cercare di mettere in piedi progetti
che si autosostengano e che possano produrre reddito a fronte di
lavoro.

In questo senso va certamente il progetto sull'artigianato.

Come sapete, da tempo ormai è in piedi un progetto per il
trasferimento a Kragujevac di un forno per panificazione con
potenzialita' produttive di circa 30 quintali al giorno, che va
esattamente in questa direzione con questi obbiettivi:

A) Creazione di posti di lavoro, non saranno tanti ma sono posti
di lavoro.
B) Sostegno al reddito delle famiglie attraverso la vendita di
pane a un prezzo che decidiamo noi
C) Il ricavato va di nuovo nel circuito della solidarietà
materiale
D) Si può anche pensare che si abbia formazione di nuova
professionalità.

Abbiamo tutti convenuto che l'accordo che si firmera' dovra'
rispettare i criteri sopraesposti.
Le difficolta' che si incontrano nella realizzazione del progetto sono
legate alla legge sulle privatizzazioni, che rende complessa
l'operazione.
Sono stati finalmente individuati due locali di proprieta' del
sindacato, posti a poche centinaia di metri dalla Zastava Iveco, in
piena zona industriale, che possono essere adatti allo scopo.
Le spese di ristrutturazione non sono ingenti, di poco superiori ai
10.000 euro; il sindacato se ne fara' carico attraverso il lavoro
volontario degli iscritti al ZZO e ai dipendenti di una azienda edile.
Se quindi non insorgeranno problemi legali il progetto sembra ormai in
dirittura d'arrivo.


Stato attuale della Zastava

Soprattutto nella relazione del viaggio di ottobre 2002, ma anche
nelle successive del dicembre 2002 e gennaio 2003 erano state fornite
ampie e dettagliate informazioni sulla situazione occupazionale,
salariale e sindacale dei lavoratori; erano inoltre contenuti cenni
storici sulla citta' di Kragujevac e sulla Zastava; rimandiamo quindi
a quelle relazioni chi volesse conoscere meglio quella realta'.

Di seguito riportiamo le nuove informazioni ottenute da colloqui con i
delegati.

Nessuna delle 38 unita' in cui e' stato suddiviso il gruppo Zastava e'
stata al momento privatizzata.

Il consuntivo dell'anno 2002 ha visto la produzione di 12.000 vetture,
a fronte di una programmazione di 20.000 e ad una produzione di
220.000 in epoca precedente al bombardamento della fabbrica.
La previsione di produzione per il 2003 era di circa 25.000 vetture,
di cui 7.000 con motore Peugeot con rispetto delle normative
anti-inquinamento Euro3 e 18.000 con livello Euro2 per il mercato
interno e la Macedonia.
A fronte di questo dato 100 lavoratori circa sono rientrati dalla
cassa integrazione a zero ore in Zastava Automobili.
Nei primi quattro mesi dell'anno sono state prodotte 2300 vetture con
motori Zastava.

Purtoppo la situazione e peggiorata poiche' la Peugeot non ha fornito
i motori, che voleva pagati alla consegna.
Di conseguenza a meta' aprile le fabbrica e' stata totalmente fermata.
Il Governo ha promesso denaro fresco per l'acquisto dei motori verso
la fine di maggio; se anche cio' dovesse succedere, i piani di
previsione non potranno essere rispettati.
Il salario per i lavoratori occupati e' stato comunque erogato per
intero per evitare una ondata di scioperi.

Continua la telenovela con il bancarottiere americano Malcom Bricklin,
che a ottobre scorso, sulla base di un incredibile piano industriale,
ha proposto di acquistare la Zastava Automobili, con l'ipotesi di
produrre tra cinque anni 220.000 automobili e con la previsione di
venderne il 75% sul mercato americano ed europeo. Ormai nessuno ci
crede piu'; Briklin non si e' presentato per la firma degli accordi
prevista ad aprile scorso.

Il salario medio attuale dei circa lavoratori 17.500 lavoratori in
produzione e' di 10.000 dinari al mese (165 euro), piu' basso del
salario medio nazionale che e' di 11.000 dinari (185 euro).
Ricordiamo che una famiglia media di 4 persone ha bisogno di almeno
250 euro contando solo i generi di primissima necessita'.

Alcune considerazioni sugli operai in cassa integrazione a zero ore:
nell'agosto 2001, quando scattarono i licenziamenti, erano 11.000.
Al momento attuale sono 6810. Molti sono andati via non perché vanno a
star meglio ma per disperazione, perché niente si è mosso, perché è
bloccata la produzione.
Un certo numero è andato in pensione, altri si sono licenziati, hanno
preso 100 euro per anno di lavoro perché erano pieni di debiti e ora
sono disperati, non hanno a chi rivolgersi.
In molte famiglie ci sono tutti e due i genitori in cassa
integrazione.
I sussidi sono da 4.000 a 5.000 dinari [65 - 80 euro] al mese, ancora
per i prossimi due anni, perché l'accordo era per quattro anni.
Importante è dire che l'età media è di 48 anni; ci sono tante malattie
dopo dieci anni terribili di embargo e di cibo scarso.
Quasi tutti i lavoratori che hanno lavorato nella ricostruzione sono
stati collocati in cassa integrazione a zero ore.
Parecchi sono morti, e non ci sono dati ufficiali, non si conoscono le
cause prevalenti di morte.
Non ci sono controlli periodici della salute, non c'è una banca dati.
Questi lavoratori non vedono speranze.

Peggio ancora stanno ovviamente quei circa 8400 operai che furono
definitivamente licenziati nell'agosto 2001, ricevendo una indennita'
di circa 100 euro per anno di lavoro svolto. Il denaro e' ormai finito
ro non esiste alcuna prospettiva.


Conclusioni

La situazione economica in Jugoslavia è ovviamente molto problematica.
Oltre alla Zastava sono centinaia le fabbriche che sono state
bombardate e non ricostruite.

Ad oggi i disoccupati sono circa un milione; gli occupati meno di due
milioni.
Ci sono 300.000 lavoratori occupati che pero' non ricevono il salario
da mesi.
Lavorano in nero circa 700.000 persone.

La legge sulle privatizzazioni ha fino ad oggi interessato 700 imprese
con un totale di circa 25.000 dipendenti.

La Classe lavoratrice Jugoslava è oggi in condizioni di oggettiva
debolezza e deve fare i conti con la necessità di una ricostruzione
post-bombardamenti che ha ormai da due anni assunto una chiara
direttrice iper-liberista.
Lo Stato, governato da una coalizione di centro destra e fortemente
allettato e subordinato alle promesse di aiuto occidentali, ha
lasciato al libero mercato ogni decisione. Così i prezzi aumentano, le
scuole e la sanità diventano prestazioni disponibili solo per i più
ricchi, le fabbriche, le zone industriali sono all'asta di
profittatori occidentali che comprano tutto a prezzi bassi e ponendo
condizioni di lavoro inaccettabili.

I dati ufficiali affermano che circa i 2/3 della popolazione serba
spende meno di 1 euro al giorno pro-capite, e che un terzo spende meno
di mezzo euro al giorno; il 60% della spesa e' per il cibo.


Non possiamo e non dobbiamo lasciare soli, abbandonati e invisibili, i
lavoratori e le lavoratrici jugoslavi e le loro famiglie.
Dobbiamo intensificare i nostri sforzi affinche' giunga a loro la
nostra solidarieta' e fratellanza materiale e politica.


---


Intervento, a nome del coordinamento RSU e gruppo ZASTAVA Trieste,
svolto da Gilberto Vlaic di ZASTAVATrieste all'assemblea dei
lavoratori della Zastava di Kragujevac il 11 maggio 2003 in occasione
della consegna delle adozioni a distanza raccolte a favore delle
famiglie dei lavoratori tutt'ora senza lavoro e senza salario a causa
dei bombardamenti delle fabbriche della Jugoslavia.


Care bambine, cari bambini, a voi, ai vostri genitori, a tutti i
lavoratori della Zastava porto il piu' caloroso saluto di tante
famiglie italiane, di tanti lavoratori che si sentono vostri fratelli
e che esprimono, con questa solidarieta' materiale, uno degli esempi
piu' belli e significativi della solidarieta' internazionalista e
dell'amicizia tra lavoratori di paesi diversi, uno dei migliori esempi
della fraternita' tra i popoli.

Oggi portiamo con noi piu' di 70 adozioni provenienti da tutta Italia:
dalla Sicilia al Piemonte, dalla Toscana al Friuli, dall'Abruzzo alla
Lombardia; di queste ben 12 sono nuove, a riprova del fatto che molti
lavoratori, molti cittadini italiani non hanno dimenticato e non
dimenticheranno mai che quattro anni fa l'Italia, insieme agli altri
paesi della NATO, aggrediva brutalmente la Repubblica Federale di
Jugoslavia.
Tre di queste adozioni nuove mi sono state consegnate domenica scorsa,
giorno del mio compleanno.
Voglio dirvi che non avevo mai ricevuto regalo piu' bello.
A questo proposito la breve visita di Rajka e Milja a Brescia e a
Trieste a meta' aprile scorso e' stata di grandissimo aiuto.
Noi dovevamo venire tra voi alla fine di marzo, ma gli avvenimenti
recenti accaduti nel vostro Paese ci hanno obbligato a cambiare la
data.

Dopo l'invenzione dell'ingerenza umanitaria, nome scelto per coprire
la piu' classica delle aggressioni imperialiste, e' stato usato il
nome di guerra preventiva per massacrare un altro popolo. Anche in
Iraq la guerra e' servita a mettere le mani sulle risorse di un
territorio, a determinare il controllo militare su un'area geografica
strategica del Medio Oriente.

Il movimento di opposizione alla guerra e' stato ed e' enorme in
tutto il mondo. Il 15 febbraio scorso decine di milioni di persone in
tutto il mondo hanno partecipato alle piu' imponenti manifestazioni di
massa che si siano mai tenute; a Roma eravamo in tre milioni, e si e'
sentita anche la voce dei lavoratori jugoslavi.
Probabilmente questo movimento cosi' grande e senza confini e'
riuscito a ritardare l'inizio dell'aggressione e forse a limitare i
lutti e le devastazioni sofferte dal popolo iracheno.

Ora gli Stati Uniti dichiarano conclusa la guerra e annunciano
trionfanti di aver portato liberta' e democrazia al popolo iracheno.

La liberta' di morire per mancanza di cibo, di acqua, di medicine, di
lavoro.
Questa e' la liberta' e la democrazia di chi si e' dichiarato padrone
dei destini del mondo.

Non siamo riusciti a fermare questa guerra ma non per questo dobbiamo
arrenderci.
In Italia, oltre a partecipare alle manifestazioni di piazza, per
esprimere il proprio rifiuto della guerra moltissimi cittadini
italiani hanno esposto alle finestre delle loro case le bandiere della
pace; sono centinaia di migliaia e continuano a essere esposte, segno
che nessuno crede che la guerra sia terminata. E del resto gia' si
fanno i nomi di quei popoli che dovranno essere sottoposti alle
amichevoli cure americane e inglesi e degli altri stati che si sono
associati a loro in questa terribile guerra infinita.
In questo quadro non si collocano soltanto le accuse alla Siria, i
duri moniti rivolti all'Iran affinché desista da qualsiasi
"interferenza" nelle relazioni tra le diverse componenti religiose
presenti in Iraq, le ricorrenti minacce alla Corea del Nord, ma anche
la campagna di aggressione puntualmente scatenata contro Cuba e contro
i paesi dell'America latina, senza dimenticare il popolo palestinese,
massacrato da decenni dall'imperialismo israeliano.

Come lavoratori dobbiamo essere assolutamente contrari a queste guerre
imperialiste, e dobbiamo opporci con tutte le nostre forze ad esse,
non solo perche' la guerra porta lutti e distruzioni, ma perche' sono
assolutamente contro i nostri interessi come classe sociale.
Gli interessi di chi vuole un lavoro normale, l'istruzione e la
sanita' pubblica per tutti, case riscaldate e decorose, giuste
pensioni per gli anziani; una vita dove i giovani possano crescere,
istruirsi e lavorare nella propria terra, e non diventare servi o
forza lavoro a basso costo del capitale occidentale.

L'arma piu' forte che abbiamo in mano e' la solidarieta'
internazionalista dei lavoratori.
Il nostro mondo non è quello dei ricchi e dei governi, il mondo che
vogliamo noi è quello basato sull'amicizia dei suoi popoli.

Poche parole sulla situazione del mio Paese.
Stiamo assistendo ad una progressiva fascistizzazione "morbida"
dell'Italia, che magari non ha i tratti quotidiani della brutalita'
del fascismo classico, ma che mette a serio rischio i diritti politici
e gli interessi materiali dei lavoratori. Ne' potrebbe essere
altrimenti, visto che gli eredi diretti del fascismo sono oggi al
governo nel nostro paese, insieme alla destra piu' razzista e
ultra-liberista.
La magistratura e' nel mirino del Governo, visto che ha osato
sottoporre a giudizio per corruzione il capo del governo e alcuni suoi
amici, con il rischio reale per la magistratura di perdere la sua
indipendenza. Si tenta inoltre di imbavagliare la stampa e la
televisione.
I diritti acquisiti dai lavoratori sono sottoposti ad un fortissimo
attacco specie per quanto riguarda le tutele contro i licenziamenti
senza giusta causa; a questo stiamo rispondendo proponendo
l'estensione a tutti i lavoratori dei diritti posseduti da quelli che
lavorano in aziende con piu' di 15 dipendenti. Su questo argomento si
terra' un referendum popolare il 15 di giugno prossimo.
Il rinnovo del contratto di lavoro nazionale dei metalmeccanici e'
stato firmato due giorni fa, senza la partecipazione della FIOM-CGIL,
che e' il sindacato assolutamente maggioritario in questa categoria.
I due sindacati minoritari che lo hanno firmato si rifiutano di
sottoporlo a referendum tra tutti i lavoratori; in questa maniera
salta il rapporto democratico tra lavoratori e loro rappresentanti.

Torno ora alla nostra assemblea.
Nel viaggio dello scorso dicembre vi avevo parlato dell'iniziativa
"Non bombe, ma solo caramelle"
che abbiamo lanciato tra gli studenti delle scuole elementari in
Italia.
Si tratta di un progetto in cui i bambini sono chiamati a esprimere il
loro rifiuto alla guerra, con la loro sensibilita' di bambini,
attraverso scritti, disegni canzoni. E chiediamo loro di non fermarsi
qui, ma di stabilire rapporti di gemellaggio con altre classi
scolastiche nei Paesi che hanno purtoppo conosciuto la devastazione
dell'aggressione imperialista.
Ricordo che il titolo di questa manifestazione e' stato tratto da una
lettera inviataci da una bambina di Kragujevac.
Ebbene, il progetto e' arrivato nella sua fase operativa; il prossimo
16 giugno in un grande teatro di Roma alcune centinaia di bambini di
molte scuole elementari, provenienti da tutta Italia, daranno vita
alla manifestazione finale.
Voi sarete presenti con un filmato che sara' proiettato all'inizio.

Termino rivolgendomi come al solito alle ragazze e ai ragazzi che tra
poco riceveranno le quote dei loro amici italiani; vi rinnovo
caldamente l'invito a scrivere alle famiglie italiane perche' una sola
vostra lettera serve piu' di mille dei nostri discorsi.

SVE VAS VOLIM

Kragujevac, 11 maggio 2003

ARTEL GEOPOLITIKA by www.artel.co.yu
office@...
Datum: 14. maj 2003. g.


Goran Matic: Hronika najavljenog hapsenja

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2003-05-14.html

zatvorenik br.1354
celija 3 - 0 - 2 - 18,
Centralni zatvor,
Beograd 16. april 2003.

Zamislite situaciju da uticajni faktori u
medunarodnoj zajednici pokrenu proces
preispitivanja decenijske politike pritisaka i sankcija
finaliziranih bombardovanjem SR Jugoslavije.
Pretpostavite da administracije zapadnih zemalja
pocnu da iznose negativne ocene o dugogodisnjoj,
evropskoj podrsci interesnom i krvavom komadanju
prethodne Jugoslavije, i osude politiku pritisaka,
sankcija i bombardovanja. Upitajte se, ko bi bio
najveca prepreka ovakvim promenama? Zna se,
vladajuca politicka garnitura u Srbiji. Ona bi
odlucno rekla - ne, promeni odnosa prema
decenijskoj satanizaciji srpskog naroda i osporavanju
prava Srbiji da definise svoju dr?avu na istim onim
principima koje su drugim narodima u prethodnoj
dr?avi uva?ili i podr?ali.
Jer, da Srbija nije bila izlo?ena pritiscima, stegnuta
sankcijama izlo?ena bombardovanju, takva politicka
garnitura nikada ne bi dosla na vlast u Srbiji. Ona se
ponudila da Srbiju izvuce iz ''mraka'' u koji je
Srbija bila gurnuta, vec samom cinjenicom da oni
nisu bili na vlasti. Njihovo zaposedanje vlasti je
najveci dogadaj u novijoj istoriji Srbije i naravno
najveca sreca za srpski narod, a jos vise za
nacionalne manjine u Srbiji. I ne samo nacionalne,
vec i politicke i druge. Sa njima su politicke,
nacionalne i druge manjine proglasene za vecine.
Tako se i aktuelna vlast ponasa kao da ima podrsku
apsolutne vecine u Srbiji, iako svi znaju da se radi o
podrsci apsolutne manjine. Samo u Srbiji je moguce
da kandidat koji dobije preko dva miliona glasova
izgubi mandat bez izbora i da sedi kod kuce, da
drugi sa podrskom od dva miliona biraca sedi u
Hagu, a da predsednika Skupstine i Republike glumi
osoba cija opcija ima podrsku 0,7 procenata birackog
tela.
Po aktuelnoj doktrini manjine, ''samoproglasenoj''
za vecinu, bilo koja druga politicka garnitura mo?e,
samo da nanosi stetu interesima Srbije, te joj samim
tim treba onemoguciti pristup vlasti. Prethodnu
vlast i njene reprezente treba unistiti ukoliko ne
prihvate ''misionarsko-prosvetiteljski'' karakter
nove politicke elite. Svaka konkurentska politicka
opciju i njeni nosioci moraju se satanizovati i
kriminalizovati, izvrsnim, pravosudnim i medijskim
aparatom, jer predstavljaju ''seme zla'' koje bi
jednog dana moglo da se docepa vlasti i povede
Srbiju stranputicom.
A narod. Narod gleda, cuti i odrice se. Deset godina
se odricao zbog napora da pomogne svojim
sunarodnicima da pre?ive nove forme starog, dobro
poznatog ekspanzionizma na Balkanu. Sada se odrice
svojih prethodnih izbora i prava: da brani ugro?eni
srpski narod, jedinstvo Srbije, nezavisnost, slobodu,
kao i bivse rukovodstvo
Narod mo?e, u izvesnim istorijskim okolnostima,
pod ogromnim pritiscima, da se i odrekne svog
prethodnog izbora zasnovanog na zastiti nacionalnih
i dr?avnih interesa. To mogu i da razumem. Ali ne
mogu da razumem negiranje prethodne ustavne i
nacionalne obaveze, prethodnog prava na pokusaj, da
se sacuva dr?avni suverenitet i integritet ili da se
pomognu Srbi koji su se preko noci nasli u
obespravljeni i ugro?eni u tudim nacionalnim
dr?avama. Legalizacijom istorijskog revizionizma,
zvanicnom promocijom bolesne politike o
univerzalnoj ''srpskoj krivici'', kao i transferom
borbe za slobodu i opstanak u ''zlocinacki
poduhvat'', trajno se ugro?ava sposobnost
konstituisanja ozbiljne dr?avne politike i ocuvanja
dr?ave.
Kada se predstavnici vlasti, izabrani na
demokratskim izborima izrucuju Haskom tribunalu,
zbog toga sto su obavljali svoje ustavne du?nosti i
obaveze, u obrani suvereniteta i integriteta zemlje,
onda je jasno da je se javnom mnenju raznim
manipulacijama pokusava da usadi sklonost ka
pristajanju na zavisnu poziciju, protektoratski status
i bespogovornom prihvatanju diktata sile. Doslo se
do ni?e tacke u moralnom posrtanju, nego sto je to
opisao Branislav Nusic u poznatoj pesmi ''Dva
raba'' zbog koje je robijao.

Srpska deco, sto citati znate,
Iz ovoga pouku imate;
U Srbiji prilike su take
Babe slave, preziru junake,
S toga i vi ne muc'te se d?abe;
Srpska deco postanite babe.

Da babe. Nusic kao da je predvideo da ce o sudbini
srpskog naroda i njegove dr?ave, u znacajnoj meri
odlucivati, Madlen Olbrajt i Karla Del Ponte, kao
kolekcionarke citave galerije likova iz srpskih
redova, koji su se politicki identifikovali kroz
ispunjavanje njihovih zahteva.
Ne postoji narod, na kugli zemaljskoj, koji je na
ovako sraman nacin trgovao sa glavama ljudi koji su
se borili za njega. Na?alost, ne i prvi put. Pogled na
srpska rukovodstva u Hagu i na atmosferu politickog
i medijskog linca, prema svemu sto je patriotsko,
dovoljan je da svaki patriota pocrveni od stida.
Ali, taj stid se nije manifestovao, u znacajnijoj meri,
u siroj javnosti. Niko se nije previse potresao, ili bar
to nisu preneli ''oslobodeni mediji'', zbog uvodenja
novih definicija patriotizma. I ako jeste, medijska
filtracija je to eliminisala. A sta je to ''novi
patriotizam''. Ljubav prema sili i moci koja ti
prekraja i komada dr?avu, umesto ljubavi prema
otad?bini. Ljubav prema protivniku kad procenis da
si slabiji. Novi patriotizam promovise i nova pravila
na politickoj i drustvenoj sceni.

-siptarski teroristi i etnicki cistaci su politicki
zatvorenici - pustaj iz zatvora

-politicki neistomisljenici su, ili mogu da budu,
ekstremisti i teroristi - zatvaraj

Prekrsena su osnovna nacela, i politickog ?ivota, i
aktuelne borbe protiv terorizma. Jer, jedina kazna za
losu politiku je slab izborni rezultat ili gubitak
izbora. Za terorizam su predvidene krivicne
sankcije. Za kriminalne aktivnosti je nadle?an
pravosudni i policijski aparat. U Srbiji su stvari
izmenjene. Politicki neistomisljenici idu u zatvor, a
dobrostojeci predstavnici i miljenici svih vlasti, a
narocito ove aktuelne, sa dugim kriminalnim
repovima, uz kupovinu ''indulgencija'' regulisu
svoju nedodirljivost. U parlamentu Kosova, sepure
se dokazani teroristi, etnicki cistaci i narkodileri.
Prijatelja i partnera, narkodilera i raznih drugih
kriminalaca, nisu postedeni ni parlamenti Srbije i
Vojvodine.

Pisem ovaj tekst, kao broj 3-0-2-18, u samici
Centralnog zatvora u Beogradu, dvadeseti dan od
kako sam pritvoren, sa obrazlo?enjem u pisanoj
formi, da moj ''boravak na slobodi ugro?ava
bezbednost drugih gradana i bezbednost Republike''.
Potpredsednik Jugoslovenske levice, zvanicnim
dr?avnim aktom, proglasen je za teroristicku pretnju.
Glavna pitanja koja su mi postavljali pripadnici
MUP-a, odeljenja za borbu protiv organizovanog
kriminala, bila su vezana za kretanje Mire Markovic
i njen broj telefona. I ona je teroristicka pretnja.
Misli i pise. Poma?e i bodri svog supruga u Hagu.
Veruje u buducnost levice.
Ako BIA sa bud?etom od skoro milijardu i po dinara
to nije utvrdila ili ne raspola?e sa ovim podacima,
smesta treba da je raspuste.
Pitanja postavljaju pripadnici MUP-a ciji ministar
nije podneo ostavku, nije smenjen i ne ispoljava ni
''promil'' odgovornosti za elementarnu
nebezbednost premijera. Bio je verovatno zauzet
novim poslovnim poduhvatima svog preduzeca,
kupovinom zemlje u bescenje, razvlacenjem stocnih
fondova i slicnim projektima. Umesto ostavke ili
smene, dobio je mandat i pravo na neogranicenu
osvetu. Umesto objektivne istrage zaleteo se, po
sopstvenim tvrdnjama, u ''obracun sa snagama
bivseg re?ima''. Svi oni koji su pokojnog premijera
tretirali kao politickog protivnika, ili ga kritikovali,
dospeli su na listu potencijalno sumnjivih. A mnogo
je bilo neistomisljenika u Srbiji. Zato je sumnjiva
cela Srbija.
List ''Politika'' vrvi od saopstenja raznih satelita i
medijskih policajaca vladajuce garniture,
pretvarajuci se u ''hroniku najavljenih hapsenja''.
Moje je najavio 23. 03. 2003. godine, izvesni
Radoslav Stojanovic u tekstu pod naslovom ''Ubice
su medu nama'', navodeci da sam 2000. godine,
tvrdio da je Zoran ?indic jedan od stubova
NATO-pakta u Jugoslaviji. Da, to sam tvrdio, to
mislim i sad, a verovatno je na takve kvalifikacije
pokojni premijer bio ponosan. On je zaista ?eleo da
bude stub NATO-a u regionu. A ko je, i sta ?eli da
bude taj Stojanovic, zaista ne znam.
Ali, zar je to danas va?no. Hapsenje i pritvor su
oznaka krivice za siroko javno mnenje. Za mene su
oznaka duboke nesigurnosti i straha aktuelne vlasti.
Straha od sopstvene neutemeljenosti, nesposobnosti i
losih namera. Zato su im i potrebna
''preutemeljena'' ovlascenja. Sa takvim
ovlascenjima policije, moguce je uhapsiti bas svakog
i odrediti mu ''policijski pritvor'', od 30 dana, a
mo?da i 60, 90 i vise.
Ko, i zasto, priziva nekadasnja ovlascenja Gestapoa i
NKVD-a. Stvar je krajnje prozirna. Istraga bez
javnosti, advokata, tu?ilastva i pravosuda, potrebna
je da se prikriju, friziraju, prepakuju, poniste i ociste
nepo?eljne cinjenice. Jednom recju da se otkloni
mogucnost da u kasnijem postupku izbiju na
povrsinu poslovi i veze odredene grupe ljudi sa
osumnjicenima za organizovani kriminal i ubistvo
premijera, ali i neka druga ubistva. Njihova istraga
ima ozbiljan problem. Treba da vise stvari zataska i
sakrije, nego da otkrije. To se onda i ne zove istraga,
nego monta?a istrage. Zato je potrebna ''mracna
komora'' sa dugotrajnom pritvorskom izolacijom
nepodobnih, da bi se obezbedio nesmetan rad na
monta?i materijala i odstranjivanju
kompromitujucih detalja.
Da li cemo uskoro, na domacim sudovima, gledati
dobro poznate specijalitete iz ''haske kuhinje'': la?ne
svedoke, ubice kao zasticene svedoke sa narucenim
iskazom, anonimne svedoke, la?ne eksperte i
neubedljivi politikantski scenario, prepun
revansistickih i pretecih izjava pripadnicima
''bivseg re?ima''.
A zna cela Srbija sta pokusava da se sakrije. Zna i
cuti. Ili je mo?da progovorila. Ne verujem jer sam
jos u samici. Mo?da je tek na pola puta od cutanja do
poluglasnog sapata. Mo?da ni toliko.
Ja to ne znam, danas 16. 04. 2003. godine,
dvadesetog dana u samici i potpunoj izolaciji. Ali
siguran sam da ce se istina cuti. Jer nemoguce je da
izneseni scenario zauvek ostane ''monopol na
istinu''. Nelogicno je da isti ljudi koji ilegalno, a
ipak pod okriljem i u ime MUP-a, pokusavaju da
uhapse Milosevica i ''privedu ga pravdi'', pucaju u
Vuka Draskovica, kidnapuju Miskovica i na kraju
cine osovinu ekipe koja je izvrsila atentat na ?indica.
Ko bi mogao da stane iza svih ovih aktivnosti. Kome
bi ovakav skup radnji predstavljao interes. Da li su
izvodaci svih ovih radova samo ''uslu?ni teroristi''.
Ako je tako, pravo pitanje je: za koga. Vise
narucilaca, ili jednog. Sta zapravo povezuje ovaj,
naizgled nelogican, niz radnji. Odgovor je
jednostavan - narucilac. S tim, sto sam siguran, da
Milosevic nije narucio sopstveno hapsenje krajem
marta 2001. godine. Neko jeste. Ko?

ARTEL GEOPOLITIKA by www.artel.co.yu
office@...
Datum: 20. maj 2003. g.

Prof. dr Oskar Kovac:
STRATEGIJA RAZVOJA U NESTABILNIM USLOVIMA

http://www.artel.co.yu/sr/gost/2003-05-20_1.html

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Okrugli sto na temu "Strategija razvoja u ote\anim uslovima"
Beograd, 15. april 2003. godine
Izlaganje: Prof. dr OSKAR KOVA?

Srbija vise od 10 godina ?ivi u veoma nestabilnim
uslovima, pa se prirodno postavlja pitanje da li iko u
njoj razmislja o autenti?noj dr?avnoj i nacionalnoj
strategiji. Srpska akademija nauka i umetnosti je, u
protekle tri godine, dva puta razmatrala tu temu.
Autori, koji su se tamo okupili, napravili su dva
vredna zbornika koja su izasla iz stampe. Vise njih je
postavljalo pitanje: dali je u danasnjim uslovima, u
danasnjem svetskom ekonomskom poretku, mogu?e
napraviti i sprovesti autenti?ne strategije razvoja.
Naravno, ima nametnutih strategija razvoja, neko je
napravio strategiju razvoja za BiH, za Kosovo i
Metohiju, za Avganistan i za Irak, ali to nema veze sa
nasom temom, mi raspravljamo o strategijama koje se
ti?u stanovnistva Srbije i koje prave oni na koje se
strategija odnosi.

Na ?alost, kada je re? o malim zemljama, one nisu ni
bile niti ?e ikada biti potpuno slobodne da prave
strategiju razvoja kakvu misle da treba da imaju, jer
postoje neka spoljna ograni?enja koja moraju da se
imaju u vidu. Izmedju ostalog, u tezama za nas skup su
neka od tih ograni?enja navedena. Recimo, prvo
ograni?enje je objektivan medjunarodni politi?ki
polo?aj, a zatim i geostrateski polo?aj nase zemlje oko
koje se ukrstaju vrlo razli?iti interesi. Slede?e
ograni?enje jeste pitanje: za koju dr?avu se strategija
pravi? Prema onome sta je Beogradski forum pokazao
u svojoj publikaciji o Ustavnoj povelji i o zajednici
Srbije i Crne Gore, nema u njoj nikakvog pravnog, a
ni ekonomskog osnova za pravljenje zajedni?ke
strategije. Nema jedinstvenog tr?ista, nema
jedinstvenog pravnog sistema. Prema tome, strategija
mora da se pravi samo za Srbiju dok se odnosi sa
Crnom Gorom ne promene.

Iako za malu zemlju uvek postoje objektivna
medjunarodna ograni?enja, to ne zna?i da je to
prepreka za pravljenje strategije razvoja. Jedino sto mi
nasu predstavu o strategiji razvoja moramo mo?da
malo da pojasnimo ili revidiramo. Nama je potrebna
strategija razvoja sa ciljem da postignemo neke
po?eljne maksimalne rezultate, ali ono sto je mogu?e
jeste u stvari proces optimizacije. Mi ?elimo da
ostvarimo neke maksimalne ciljeve uz data
ograni?enja. To je osnovno pravilo u ekonomiji. Kada
se ka?e da smo postigli optimalni rezultat, to ne mora
da bude nista sjajno. Sve zavisi od ja?ine ograni?enja.
Postigli bismo najvise sto je mogu?e u okviru tih
ograni?enja i to je optimalno. Ali to optimalno ne
mora da zvu?i toliko pozitivno kao sto mi ponekad
pri?eljkujemo.

Za nas ?e i medjunarodni polo?aj i geostrateski polo?aj
Srbije verovatno dugo biti izvesna ograni?enja i
strategiju moramo da pravimo u granicama tih
organi?enja. Evropska unija ima interesa da kontrolise
Panonski bazen, da kontrolise Dunav i
Moravsko-Vardarski koridor. U medjuvremenu
Atlantski pakt, ?itaj SAD, prave transverzalu:
Albanija- Kosovo- Jug Srbije -Bugarska -Turska i
fakti?ki na taj na?in ho?e da ostvare kontrolu nad
kriti?no va?nom ta?kom kontinenta koji one zovu
Eurazija. Ne govore vise o Evropi i Aziji, nego o
Eurazijskom kontinentu, a ova transverzala je vrlo
bitna za kontrolu odnosa Evrope i Zapadne Evrope sa
svim izvorima energije i drugih sirovina u Aziji. Mi
se nalazimo sada u tom sukobu interesa Evrope i
SAD. Oni ?e taj svoj sukob nekako da rese. Mi ga
resiti ne?emo, niti mo?emo tome doprineti. Kada ga
budu resili to ?e za nas biti jedna data okolnost koju
moramo uzeti u obzir pri pravljenju strategije razvoja.

U tom manevarskom prostoru koji nam ostaje i pored
spoljnih ograni?enja, postoje krupna unutrasnja
pitanja, a to su: kakav to karakter drustva dr?ave mi
imamo i ho?emo ili moramo da imamo, kakvi ciljevi
strategije razvoja iz toga prirodno proizilaze? Ne
mo?emo mi da biramo ciljeve privrednog razvoja kao
da smo u Norveskoj ili Kanadi. Moramo da biramo
ciljeve privrednog razvoja prema karakteru naseg
drustva, vrednosnog sistema i prema mnogim drugim
elementima.

Struktura naseg drustva velikim delom predodredjuje
ciljeve strategije. U nasem drustvu neku stabilnu,
civilizovanu, dobronamernu vlasni?ku klasu nemamo,
pogotovu ne takvu koja bi imala odgovornosti za
razvoj drustva i dr?ave. Ogromna ve?ina stanovnistva
?ivi od svog rada. To ne zna?i da dobro ?ivi, ali nema
drugih izvora. Ima mnogo nezaposlenih, mnogo
poljoprivrednika sa malo zemlje, mnogo ljudi u
penziji. Takva struktura drustva predodredjuje da mi
budemo drustvo i dr?ava socijalne pravde,
solidarnosti, jednakosti i tr?isne privrede, ali i
jednakih i ravnopravnih subjekata bez elemenata
monopola.

Dakle, sledi da nama odgovara dr?ava u kojoj ne vlada
kapital nego vlada ve?ina ljudi; - ako verujemo u
demokratiju i ako mislimo da je demokratija mogu?a
na ovim prostorima. Tada je prirodno da, u okviru
pomenutih ograni?enja, strategiju razvoja pravi ve?ina
i prave oni organi koje je ve?ina odabrala. Kako do?i
do takvih uslova za utvrdjivanje strategije? Nema
drugog nego opstim izborima, pa volja ve}ine u
drustvu da dodje do izra?aja. Iz opisane strukture
drustva ne mo?e da proizadje druga?iji karakter
vrednosnog sistema i ciljeva strategije privrednog
razvoja od izlo?enog.

Naravno, ukoliko do demokratskih izbora ne dodje ili
se posle njih spale izborni rezultati, onda se nama
nista dobro ne pise, onda ?e ovo te{ko vreme potpuno
vanrednih uslova da se nastavi. Ali je veliko pitanje da
li to jos iko ?eli da rizikuje, prema tome jednog dana
?e svakako do?i do toga da misljenje ve?ine mora da
predodredi sudbinu dr?ave i drustva. Kada bismo
stigli do te ta?ke da o ovim klju?nim pitanjima imamo
odredjeni stepen drustvene saglasnosti, onda bi izrada
strategije privrednog razvoja postala nau?no -stru?no
pitanje.

Mi smo to mnogo puta radili, znamo kako se radi,
znali bismo i sada to da uradimo. Zaista ima, kao sto
je re?eno, nekih pitanja koja su prosto nezaobilazna.
Cilj strategije razvoja treba da bude da ljudima
obezbedi egzistenciju, da mogu da zarade, da se
svojom aktivnos?u izdr?avaju. Prose?na stopa
aktivnosti stanovnistva u Evropskoj uniji je 67,4%.
Zna?i, od stanovnistva u dobu od 15 do 65 godina,
67,4% na neki na?in je ekonomsko aktivno. Ili je
zaposleno ili je samozaposleno u drugim
aktivnostima. U Hrvatskoj je stopa ekonomske
aktivnosti 56%, a u Madjarskoj (gde sam o?ekivao
znatno vise) je 59%. Ako uzmemo da je stopa
aktivnosti u Srbiji negde kao i u Hrvatskoj 56%, onda
da bismo u Srbiji dosli na nivo Zapadne Evrope od
67,4%, verovatno treba stvoriti uslove bar za milion
ipo ljudi da se ekonomski aktivira. Ina?e drustvo i
dr?ava ne?e mo?i da normalno funkcionisu. Ako
ho?emo stopu nezaposlenosti u Srbiji (a bila je juna
prosle godine 29% od ukupne radne snage) da
svedemo na evropski nivo, a u Evropi je 8%, onda
treba stvoriti najmanje 650 hiljada novih radnih mesta.
To su o?igledno vrlo jasni ciljevi privrednog razvoja,
bez njihovog resavanja nema boljitka. Ne mogu se
radna mesta stvoriti bez pove?anja proizvodnje a onda,
ako znamo za koliko treba proizvodnju pove?ati,
znamo koliko nam treba energije. Prema tome,
napraviti strategiju razvoja energetike apsolutno ne bi
trebalo da bude nikakav problem ako znamo koliko
ljudi ho?emo da zaposlimo i koliko proizvodnja za to
treba da se pove?a.

To je mogu?e, jer u ve?ini zemalja u svetu proizvodnja
za doma?e tr?iste ?ini prete?nu proizvodnju. Recimo
kod nas, izvoz i uvoz ?ine negde do jedne tre?ine
drustvenog proizvoda, dve tre?ine je proizvodnja za
doma?e potrebe zato {so su to proizvodi koji se po
prirodi stvari ne izvoze i ne uvoze, a tu je i sve ve?a i
ve?a usluga u drustvenom proizvodu.

Geografski polo?aj Srbije, konfiguracija terena,
interesi naseg okru?enja (EU i NATO pakta) sasvim
sigurno odredjuju neke saobra?ajne koridore u Srbiji i
normalno je da oni budu ukalkulisani u nasu strategiju
razvoja i to tako da dobar deo toga plati onaj kome ti
saobra?ajni pravci trebaju. Nama trebaju do odredjene
mere i do odredjenog kapaciteta, sve sto je preko toga
treba da invenstira onaj koji je zainteresovan.
Svetska banka je ve? objavila da nametnute strategije
razvoja ne funkcionisu, da interesi krupnih
medjunarodnih subjekata, kada steknu kontrolu na
nekoj teritoriji, ne mogu ve?ito da upravljaju tim
teritorijama kao protektoratima. Ostaje jedan
manevarski prostor u kome ima mesta za nacionalne
strategije razvoja. To zatim otvara pitanja: sta
proizvoditi, ko to da proizvodi, za koja tr?ista
proizvoditi i kako finansirati privredni razvoj.

Strategije formiranja privredne strukture

Ako se ostavi bez analize i komentara iskustvo
dugorocnog planiranja u prete?no netr?isnim
uslovima, ostaju dva specificna modela predvidanja i
gradenja privredne strukture (i industrijske politike) u
tr?isnim uslovima. Prvo je iskustvo zemalja Latinske
Amerike sa uvozno-supstitutivnom
industrijalizacijom, a drugo, praksa izvozno
usmerenog razvoja u zemljama jugoistocne Azije.

Uvozno supstitutivna industrijalizacija i izvozno
usmereni razvoj samo su na prvi pogled dijametralno
suprotne strategije razvoja i formiranja privredne
strukture. U sustini obe su obuhvacene politikom
zastite pod kojom se formiraju nove privredne
delatnosti. Uvozna supstitucija se obavlja pod
sistemom pasivne zastitne politike, zastite od uvoza,
dok se izvozno usmereni razvoj oslanja na
instrumentarijum aktivne zastitne politike, tj. politike
unapredenja izvoza.

Politika uvozno supstitutivne industrijalizacije bila je
karakteristicna za rane faze svesne razvojne politike, a
u akademskoj literaturi je uglavnom kritikovana kao
politika koja suboptimalno alocira resurse i stvara
distorzije u privredi. Ozbiljnija istorijska analiza je,
medutim, ubla?ila ovu kritiku. Uostalom, u danasnjim
uslovima u vecini zemalja nema mogucnosti da
nastanu nove proizvodnje a da po prirodi stvari ne
zamenjuju ili objektivno ne konkurisu uvozu. S druge
strane, nema dokaza da u sistemu nekompletnih
tr?ista, ekonomije obima, monopola, asimetrije i
imperfektnosti informacija, mo?e spontano da nastane
optimalna privredna struktura.

I jedna i druga strategija je intervencija u odnosu na
spontane tokove, intervencija za koju postoje valjani
razlozi. Obe strategije su sastavni deo pojma i
institucija mesovite privrede kojoj danas razvijene
privrede duguju svoj prosperitet.

Uvozno-supstitutivna strategija bila je osnovna
razvojna strategija grupe od cetrdesetak zemalja u
razvoju koje su posle Drugog svetskog rata pa do
kasnih 70-ih godina ostvarivale stopu rasta
drustvenog proizvoda po stanovniku od preko 2,5%
godisnje. Pri takvoj stopi rasta nacionalni dohodak se
udvostrucuje svakih 28 godina, odnosno u jednoj
ljudskoj generaciji.

Ta politika je pokrenula razvoj i stvorila zasticeno, a
time i profitonosno domace tr?iste za investitore. U
pomenutim zemljama nije bilo teorijski ocekivanih
makroekonomskih neefikasnosti. Na protiv, kod njih
je ukupna faktorska produktivnost rasla br?e i od one
u zemljama jugoistocne Azije. Dakle, supstitucija
uvoza kao strategija povecanja investicija i
produktivnosti donela je zavidne rezultate.

U novije vreme se uvozno-supstitutivna strategija
smatra delom politike privrednog razvoja koja je u
vecini zemalja pocela industrijalizacijom uz argument
zastite mlade industrije, sto ima teorijsko opravdanje.
Uvozno-supstitutivna faza razvoja je deo procesa
privrednog razvoja u kome se selektivno i na
ograniceno vreme stite odredeni sektori industrijske
proizvodnje dok ne postignu obim i efikasnost
proizvodnje sa kojom bi bili u stanju da izdr?e
konkurenciju na domacem i inostranim tr?istima.
Uvozno-supstitutivna politika bi se na kraju
pretvorila u izvozno usmereni razvoj. U prvoj etapi
razvoja podr?ava se poljoprivreda uvozom opreme i
izvozom njenih proizvoda. U drugoj fazi, dok se uvoz
industrijskih proizvoda nastavlja, domaca proizvodnja
nekih od tih proizvoda zapocinje pod odgovarajucom
zastitom. U trecoj fazi domaca industrija je vecinski
snabdevac domaceg tr?ista, a u konacnoj fazi nastaje
izvoz industrijskih proizvoda u velikim razmerama
(Shafaeddin 2000. s. 15.).

Cesto se promasaji uvozno-supstitutivne strategije
pripisuju argumentu (politici) zastite mlade industrije.
Pri tome se zaboravlja da je ponekad cela industrija
bila pod zastitom, ali ne po principu zastite mlade
industrije nego zbog deficita platnog bilansa. Pored
takve "lose" zastitne politike, koja je bila cesta u
Latinskoj Americi, postojala je i "dobra"
uvozno-supstitutivna strategija razvoja u zemljama
istocne Azije (isto, s. 19.).

Ekspanzija izvoza i priliv inostranog kapitala nisu cilj
nego sredstvo, instrument razvojne strategije.
Postepeno otvaranje domace privrede mo?e pospesiti
razvoj na vise nacina. Pri samom otvaranju javlja se
jednokratan porast bruto domaceg proizvoda (izra?en
u stranim cenama) zbog realokacije resursa u
efikasniju upotrebu. Po zavrsenoj realokaciji taj se
razvoj iscrpljuje izuzev ako postoje izvori dinamickih
koristi (kao sto je povecanje investicija na osnovu
povecane stednje, pad cena investicionih dobara tako
da ista finansijska sredstva omogucuju povecanje
realnih investicija, preraspodela nacionalnog dohotka i
konkurencija koje podsticu ljude da stalno sticu nove,
korisne kvalifikacije) a efikasnost rada i kapitala se
stalno poboljsava izmedu ostalog i kroz uvoz
opredmecene (oprema) i neopredmecene tehnologije.

Postoji i jednostavnije tumacenje moguceg doprinosa
izvoza privrednom rastu. Izvoz mo?e da nadoknadi
nedovoljnu velicinu domaceg tr?ista i omoguci
sticanje potrebnih deviza. Rast izvoza mo?e da
podstice rast kljucnih sektora privrede i povecanje
investicija. Efikasna razvojna politika oslonjena na
izvoz trebalo bi da se osloni na sledece uslove: da
izvoz bude konkurentan, sto implicira odredenu
politiku deviznog kursa, da ponuda rada i kapitala
bude adekvatna sto podrazumeva odredenu politiku
obrazovanja, saobracaja i finansijskog posredovanja, i
da potrebni uvozni inputi budu raspolo?ivi bez visokih
carina ili drugih ogranicenja. Ovakvu politiku su
vodile Republika Koreja, Tajvan (Kina), Singapur,
Meksiko i Kina, a tradicionalno to i cini Japan.

Osnove za stabilan razvoj Republika Koreja je stvorila
agrarnom reformom kada je zemlju japanskih
veleposednika podelila domacim seljacima i stvorila u
znacajnoj meri egalitarnu distribuciju dohotka. Od
1960. do 1973. razvoj je postao izvozno usmeren;
godisnje stope rasta izvoza bile su 40-50% dok je
proizvodnja rasla po stopi od 10%. Od 1962. godine
regularno su donoseni petogodisnji planovi koji su
uvozno-supstitutivnu strategiju pretvorili u
izvozno-usmereni razvoj. Ucesce bruto investicija u
osnovne fondove u drustvenom proizvodu je povecan
sa 15% u 1965. na 26% u 1969. godini. Drugi talas
velikih investicija i brzog rasta poceo je 1973. godine
kada je pocela da se formira teska industrija (celik,
automobili).

Fenomenalan razvoj Republike Koreje se objasnjava
zbirom nekoliko kljucnih faktora: povecana
akumulacija (faktora proizvodnje), poboljsana
alokacija resursa, ekonomija obima i tehnoloski
razvoj. Izvoz je, na strani tra?nje, bio lokomotiva
razvoja. Investiciona tra?nja je takode stalno bila jaka,
a produktivnost rada je rasla br?e u industriji nego u
drugim delatnostima.

Petogodisnji planovi su sasvim odredeno formirali
privrednu strukturu, birajuci pojedine, pre svega,
izvozno orijentisane sektore. Vlada je uticala je
usmeravanje kredita, odr?avala cenovnu
konkurentnost izvoza sa ponekad blago depresiranim
realnim efektivnim kursem nacionalne valute. Do
1980. godine su postojala znacajna ogranicenja uvoza
ali je posticanje izvoza postojalo jos iz sezdesetih
godina. Davane su poreske povlastice, carinski
povracaji, beneficirane kamatne stope (Collins, Park
1989. ss. 122-134.). Izvoznici su imali pristup
velikom broju subvencija. U pocetku su subvencije
bile u gotovini, a posle 1965. u vidu oslobodenja od
poreza i carina. Izvoznici su bili oslobodeni uvoznih
ogranicenja (dozvola). U 1970. godini ukupan efekat
svih vrsta subvencija iznosio je 27,84%. Krediti
izvoznicima su takode bili visoko subvencionisani, a
direktne izvozne subvencije davane su ne samo
finalnim izvoznicima nego i indirektnim izvoznicima.
Izvoz je znacajno reagovao na subvencije: 1%
povecanja subvencija donosio je 2% povecanja izvozne
ponude.

U Brazilu je takode jos od sezdesetih godina uspesno
primenjivan obiman sistem izvoznih podsticaja
uporedo sa blagom ali kontinuelnom politikom
depresijacije nacionalne valute. Rezultat je bio visok
rast industrijskog izvoza kao osnova "brazilskog cuda"
sve do du?nicke krize iz 1982. godine. Ukupna stopa
svih podsticaja bila je u 1977. godini 50%, a u 1980.
jos uvek 21,6% (Rodrik 1995. ss. 335-362.). U
sedamdesetim godinama brazilski izvoz industrijskih
proizvoda rastao je po 38% godisnje.

U teorijskoj literaturi (razvijenih zemalja) navedene
mere ekonomske politike smatraju se odstupanjem od
tr?isnih principa i kao izvor "distorzija" koje umanjuju
efikasnost alokacije resursa. U stvarnosti, medutim, ni
najrazvijenije zemlje nisu napustile principe zastite
mlade industrije i podsticanja izvoza.

U SAD administracija za mala preduzeca
subvencionisala je kredite 26 hiljada preduzeca, a taj
broj je do 1992. godine povecan na 58 hiljada
preduzeca. Industrijska preduzeca sa kapitalom ispod
40 miliona dolara mogu dobiti zajmove sa polovinom
tr?isne kamatne stope. U 1999. godini bilo je 821
razlicitih sema poreskih povlastica u 50 dr?ava SAD.
Procenjuje se da je u 1999. godini u SAD dato
poreskih povlastica u iznosu od 3,5 mld. dolara na
izvoz od oko 250 mld.dolara. Povlastice (poresko
oslobodenje izvoznih prihoda) dobijaju ne samo male i
nove kompanije nego i multinacionalne firme (kao
General Electric, Microsoft, Ford, Motorola, Boeing)
i to ne samo za nove proizvode nego i za proizvode od
nafte, automobile, i osnovna potrosna dobra
(Shafaeddin 2000. ss. 20-21.). Svaka americka
korporacija mo?e da osnuje (fiktivnu) firmu u
inostranim "off shore" zonama preko kojih ce izvoziti
proizvode sa preko 50% americkog sadr?aja. Prihodi
tih kompanija su do 65% oslobodeni americkih
poreza. Tako izvoznici mogu svoje poreske obaveze da
smanje za 10-30% (isto, s.21).

Nije, dakle, nepoznato da i najrazvijenije zemlje imaju
nacionalne razvojne strategije i da uticu na formiranje
svoje privredne strukture. Pitanje je, medutim, koji su
moguci kriterijumi za smislenu strukturnu politiku.

Kriterijumi strukturne politike

Vec je pokazano da su neki elementi razvojne
strategije svake zemlje predodredeni geografskim
polo?ajem, strukturom i razmestajem prirodnog
bogatstva, stepenom urbanizacije i demografskim
ciniocima. Ovi faktori prilicno jasno predodreduju
razvoj saobracajne i energetske infrastrukture,
poljoprivrede i socijalni razvoj. Zato ovde pod
kriterijumima strukturne politike mislimo na cinioce
na osnovu kojih se formira struktura industrijske i
ostale nepoljoprivredne proizvodnje.

Po klasicnoj i neoklasicnoj teoriji, strukturna politika
je nepotrebna jer ce po principu komparativnih
prednosti u svakoj zemlji da se formira struktura
proizvodnje, izvoza i uvoza koja je u skladu sa
strukturom raspolo?ivih faktora proizvodnje.
Naravno, ova teorija va?i samo ako su ispunjene neke
pretpostavke: perfektna konkurencija, konstantni
prinosi, tj. nepostojanje ekonomije obima i eksterne
ekonomije, a za finansijske transakcije i odsustvo
nekompletnosti i asimetrije informacija. Te
pretpostavke su danas sve manje ispunjene. Zato i
opsta ekonomska teorija i teorija spoljne trgovine
tra?e resenja ispitivanjem posledica napustanja
pojedinacnih ili svih tih pretpostavki. Nove teorije
nastale po tom osnovu cesto mnogo uspesnije
objasnjavaju formiranje proizvodnih i
izvozno-uvoznih struktura zemalja u danasnjim
uslovima i daju logicna resenja zatecenih
karakteristika pojedinih zemalja.

Intraindustrijska trgovina i strateska trgovinska
politika

Struktura proizvodnje u nekim zemljama mo?e da se
menja nezavisno od sopstvene razvojne strategije,
ukoliko su preduzeca posmatrane zemlje zahvacena
necijom politikom medunarodne fragmentacije
proizvodnje. Dekompozicija proizvodnog procesa na
radno-intenzivne i druge faze proizvodnje u tekstilnoj
industriji Evropske unije anga?ovala je preduzeca
zemalja istocne Evrope na "doradnim poslovima".
Ako bi vecina industrijskih sektora u tim zemljama
tako postala privesak preduzeca iz razvijenih zemalja,
nikakva nacionalna strategija razvoja ne bi bila
moguca.

Medutim, medunarodna fragmentacija proizvodnje je
moguca i na ravnopravnoj, racionalnoj osnovi, pri
cemu svi ucesnici samostalno donose svoje razvojne
odluke. Kada je u Evropskoj ekonomskoj zajednici
proces integracije dovoljno odmakao postavila se
dilema hoce li nova podela rada medu zemljama
clanicama da dovede do zatvaranja citavih
industrijskih sektora zbog intergranske specijalizacije
u proizvodnji pojedinih zemalja. To bi izazvalo, bar u
odredenom periodu, povecanje nezaposlenosti.
Prakticno se to nije desilo. Zemlje Evropske zajednice
nisu usle u proces medugranske specijalizacije nego u
unutargransku (intragransku) specijalizaciju. Ovaj
fenomen je zapa?an i ranije u statistickim analizama
svetske trgovine kada se pokazalo da se medu
pojedinim zemljama razmenjuju skoro isti proizvodi,
na primer, farmaceuske ili automobilske industrije.
Samo podrobnije analize su pokazale da se ne radi
bukvalno o istim proizvodima nego o razlicitim
proizvodima ili delovima proizvoda iste grane
industrije. Na taj nacin se Evropska unija spasla
velikih troskova restrukturisanja, a ceo proces je tekao
na osnovu ekonomske motivacije. U?a specijalizacija
je dovodila do koriscena ekonomije obima, a u
okru?enju komplementarnih delatnosti, i do pozitivnih
efekata eksterne ekonomije. Drugim recima, najveci
deo industrijskih delatnosti u zemljama Evropske
unije opstao je i posle stvaranja jedinstvenog
unutrasnjeg tr?ista, zahvaljujuci daljoj specijalizaciji
koja se sasvim dobro objasnjava u realnosti postojecim
odstupanjima od pretpostavki klasicne i neoklasicne
teorije (konstantni troskovi, potpuna konkurencija
itd.).

Razumno je postaviti pitanje zasto u ovu intragransku
specijalizaciju ne bi mogli da se ukljuce i proizvodaci
iz zemalja izvan Evropske unije; pogotovu imajuci u
vidu da se razlicitim sporazumima izmedu njih i
Evropske unije sve vise smanjuju prepreke za razmenu
industrijskih proizvoda. To znaci da i u njihovoj
postojecoj industriji ima osnova za dublju
specijalizaciju uz koriscenje kapaciteta, strucne radne
snage, iskustva i ostalih cinioca kao sto su stvorena
istra?ivacko-razvojna i obrazovna osnova.

Svaka vrsta tr?isne imperfektnosti koja je bilo uzrok
bilo posledica intraindustrijske razmene, pojedinim
privrednim subjektima obezbeduje monopolsku
poziciju, neku vrstu rente ili posebnu pregovaracku
snagu. Velike zemlje, koje imaju znacajan broj takvih
subjekata, odredenim merama ekonomske politike
mogu objediniti i pojacati tu pregovaracku snagu,
nametnuti preraspodelu koristi od razmene ka sebi bez
retorzivnih mera od strane drugih zemalja. Drugim
recima, medu dr?avama nejednake pregovaracke snage
one jace imaju racuna da vode takvu stratesku
trgovinsku politiku. Ovo, naravno, ne va?i za male
zemlje.

Aglomeracija i privredna struktura

Neispunjenost restriktivnih pretpostavki klasicnog i
neoklasicnog modela na jos neke nacine objasnjava
cinjenicu da struktura i razmestaj proizvodnje u
pojedinacnim zemljama u mnogome odstupaju od
predvidanja na osnovu raspolo?ivosti faktora
proizvodnje, odnosno teorije komparativnih prednosti.

Jedna od fikcija u toj teoriji je da nema transportnih
troskova. Koliko god da je tehnicki progres smanjio
troskove transporta i pratece infrastrukture, u
stvarnosti je polo?aj u svetskoj trgovini, pa i sam
stepen otvorenosti, pojedinih privreda ostao u
visokom stepenu odreden geografskim polo?ajem i
visinom transportnih troskova. Empirijske studije
pokazuju bitnu razliku medu zemljama koje imaju
neposredan pristup pomorskom transportu i onih koje
nemaju morske luke. Prva grupa ima ucesce uvoza u
bruto domacem proizvodu od 28%, a druga svega
11%. Osam od 15 najvecih izvoznika (nesirovinskih
proizvoda) u svetu su ostrvske zemlje, a ni ostale nisu
odsecene od mora. Transportni troskovi su danas
mnogo veca prepreka trgovini nego carine. U
transportne troskove racunaju se i troskovi
infrastrukture (kvalitet saobracajne i komunikacione
infrastrukture). Losa infrastruktura cini oko 40%
transportnih troskova u primorskim zemljama, a 60%
u onim odsecenim od mora. U ovoj drugoj grupi
zemalja transportni troskovi su u proseku za 55% veci
nego u primorskim zemljama. Povecanje transportnih
troskova za 10% smanjuje obim trgovine za 22,4%
(Venables 2001. ss. 451, 452, 463.).

Tvrdokorno opstajanje prostorne udaljenosti i
transportnih troskova objasnjava ne samo obim i
pravce spoljne trgovine nego i strukturu i razmestaj
proizvodnje u nacionalnim privredama. Izuzev u
slucaju prirodnih resursa, lokaciju preduzeca u
nacionalnim i regionalnim razmerama objasnjava
"nova ekonomska geografija".

Razmestaj pojedinih industrija u nacionalnim
privredama nije slucajan. Vecina srednjih i manjih
gradova ima prete?no jednu vrstu industrije, dok u
velikim gradovima postoji raznovrsnost industrijskih
preduzeca. Ovo se objasnjava ekonomijom
aglomeracije i transportnim troskovima. Visoka
koncentracija odredene industrije u jednom gradu
omogucava koriscenje efekata ekonomije obima na
nivou cele date industrije. Velika proizvodnja tra?i da
se plasira i na udaljenim tr?istima. Proizvodi sa
niskim transportnim troskovima mogu se prodavati na
regionalnim ili medunarodnim tr?isitima. Proizvodi
sa visim transportnim troskovima prodavace se samo
na lokalnom tr?istu, zato ce se proizvoditi na vise
lokacija.

Aglomeracija objasnjava gde ce se pojedine grupe
industrijskih delatnosti locirati, a samim tim i sta ce
se na odredenoj teritoriji proizvoditi. Bez prostorne
udaljenosti, transportnih troskova, ekonomije obima i
eksterne ekonomije, fenomen anglomeracije ne bi
postojao i prostorna lokacija preduzeca ne bi bila
va?na (Jovanovic 2003. s.2.). Aglomeracija znaci
okupljanje, grupisanje preduzeca u "grozdove"
(cluster) na odredenim lokacijama. Grozdovi se
stvaraju da bi preduzeca profitirala od prisustva
drugih, obicno na lokacijama sa znacajnom tra?njom
njihovih proizvoda. Tu, po pravilu, postoji gusta
mre?a dobavljaca potrepstina date grupe industrija.
Medu preduzecima postoji vrlo visok stepen podele
rada, visok nivo specijalizacije omogucava
akumulaciju znanja i primenu novih tehnologija,
visoka strucna kvalifikacija zaposlenih i neposredna
razmena proizvodnih iskustava omogucava
akumulaciju ljudskog kapitala .

U klasteru (grozdu) mogu biti vertikalno povezana
preduzeca (dobavljaci ili kupci) i horizontalno
povezane firme - konkurenti. Aglomeracija
omogucava preduzecima kolektivne koristi koje ne bi
ostvarile da su medusobno prostorno udaljena.
Eksterne ekonomije koje se stvaraju u grozdu su
razlicite od ekonomije obima koja je svojstvena i
donosi korist samo pojedinacnom preduzecu. Mnoge
firme sticu konkurentske prednosti ciji je izvor izvan
sopstvenog preduzeca ali u okviru mre?e preduzeca
koje cine grozd (isto, s. 34).

Iako se mnogi grozdovi u razvijenim zemljama
spontano formiraju, mnogi su se odr?ali zahvaljujuci
podrsci dr?ave. Jedna empirijska analiza sedam
industrija u SAD i Zapadnoj Evropi ubedljivo je to i
pokazala. Nemacka i americka proizvodnja u
farmaceutskoj i petrohemijskoj industriji oslanjala se
na istra?ivacki potencijal dr?avnih univerziteta.
Americka farmaceutska proizvodnja se u visokom
stepenu oslanjala na dr?avno finansirana istra?ivanja
putem mre?e nacionalnih instituta za zdravlje.
Proizvodaci poluprovodnika, racunara i softvera imali
su podrsku vojnih nabavki i vojnih programa
istra?ivanja u SAD Studija je takode dosla do nalaza
da u sektorima sa visokim fiksnim troskovima (za
istra?ivanje i razvoj) i gde proizvodne i marketinske
aktivnosti ukljucuju ekonomiju obima, prednosti
zacetnika pojedinih industrija po pravilu pripadaju
zemljama gde se ta proizvodnja prvo pojavila.

Zaklju?ak

Nacionalne strategije razvoja u sistemu maksimizacije
blagostanja na svetskom nivou, po misljenju tr?isnih
fundamentalista, nisu potrebne. To je veoma sporno.
Svetski maksimum nije zbir nacionalnih maksimuma.
Pri maksimizaciji neke svetske funkcije cilja
pojedinacnim zemljama pripada polo?aj koji mo?e da
bude ispod njihovog potencijalnog lokalnog
maksimuma. U tom slucaju bi svetski parlament i
svetska vlada trebalo da finansijskim transferima
obestete zemlje koje su nesto ?rtvovale zarad svetskog
maksimuma.

U takvom sistemu Srbija bi proizvodila samo maline
a sve bi drugo uvozila. Ako izvoz maline ne bi
obezbedivao potreban drustveni proizvod, po svetskim
kriterijumima bi se zasnovale i neke druge
proizvodnje. Posto nema svetskog parlamenta i
svetske vlade, te druge proizvodnje bi zasnovali
stvarni gospodari svetske privrede; transnacionalna
preduzeca i njihove maticne dr?ave. Proizvodna
struktura bi se formirala shodno njihovoj strategiji
medunarodnog razmestaja proizvodnje. Cak i kada bi
egzekutori svetskih kriterijuma razmestali
proizvodnju striktno po kriterijumima tr?isnog
fundamentalizma, taj sistem ne bi funkcionisao. Ako
tr?ista robe i faktora proizvodnje ne funkcionisu
potpuno ni u nacionalnim ekonomijama, jos manje ce
besprekorno funkcionisati na svetskom nivou.

Tr?isni fundamentalisti su protiv dr?avnog uticaja na
privredne tokove smatrajuci da je tr?isni automatizam
dovoljan. Ljudsko drustvo, medutim, ne cini samo
tr?iste. U razvoju drustva delatnost dr?ave nije
intervencija spolja vec sastavni deo jednog sveukupnog
procesa autoregulacije sistema. Otuda delatnost dr?ave
u interesu vecine stanovnistva nije nepo?eljna.

Nacionalne razvojne strategije moraju da se bave i
strukturom privrede, odnosno proizvodnje. Po?eljno je
da se formira struktura koja optimalno koristi sve
faktore proizvodnje i daje najveci efekat. Pokazalo se,
medutim, da ne postoji samo jedan kriterijum za
formiranje strukture i razmestaj proizvodnje. Zbog
neispunjenosti najva?nijih njegovih pretpostavki, to ne
mo?e biti samo klasican princip komparativnih
prednosti. Postoje i drugi kriterijumi. Intraindustrijska
specijalizacija i aglomeracija objasnjavaju i onu
strukturu i razmestaj proizvodnje u razvijenim
zemljama koja se ne mo?e objasniti raspolo?ivoscu
faktora proizvodnje.

U stvarnosti nema zemalja ciji prostor i privrede nisu
zahvaceni nekom razvojnom strategijom. Pitanje je
samo da li im je dozvoljeno da same formiraju svoju
razvojnu strategiju ili im je donose subjekti
"medunarodne zajednice". U prvom slucaju zemlje
same odreduju svoje ciljeve i puteve do njih. U
drugom slucaju to im nije dozvoljeno. Ko ne odreduje
svoje ciljeve i nezna kuda je krenuo, sasvim izvesno
tamo nikada nece stici.

Visa abolishment campaign / Kampanja za ukinuvanje viza /
Fushata e anulimit te vizave / Kampanja za ukidanje viza


http://www.citizenspact.org.yu/novisa/index.php

Citizens in countries in South-Eastern Europe stand in the queue for
hours or even days in front of Embassies and consulates, in order to
get a visa to visit a relative in a neighboring country, to travel
abroad for a sports game, a business deal or a cultural event or to
meet friends and partners in Western Europe.
We no longer accept this situation. We demand freedom of movement.
The existing visa regulations within South-Eastern Europe and between
countries in South-Eastern Europe and the `Schengen countries'
(Western and Central Europe):
Hamper normal communication between citizens
Hamper the process of strengthening of democracy in South-Eastern
Europe
Make the return of refugees to their places of origin more difficult
Block regional cultural and economic development and co-operation
Block the progress in the pan-European integration
We stand for ONE EUROPE: peaceful, democratic, prosperous!

We therefore demand:

1. Total abolishment of visas within South-Eastern Europe.
Highest priority should be given to the abolishment of the visa regime
between Yugoslavia and Croatia, because it obstructs the normalization
process between these countries and in the region as a whole.
Let us treat each other equally so that we can demand to be treated
equally by the world.
2. Total abolishment of visas between countries in South-Eastern
Europe and countries in Western and Central Europe (the `Schengen
countries').
States from South-Eastern Europe must work to meet the conditions for
visa abolishment. At the same time, the "Schengen countries" are
requested to start softening the visa regulations immediately
This campaign is an institutive of the Citizens' Pact for
South-Eastern Europe.

http://www.citizenspact.org.yu/novisa/index.php

-----Messaggio originale-----
Da: ANPPIA
Inviato: giovedì 22 maggio 2003 9.55
A: borisbellone@...
Oggetto: I: PROMEMORIA: Concerto / Koncert - contro l'equiparazione
dei combattenti per la libertà a fascisti e nazisti / proti enacenju
borcev za svobodo s fasisti in nacisti


----- Original Message -----
From: a.r.
Sent: Wednesday, May 21, 2003 11:10 PM
Subject: PROMEMORIA: Concerto / Koncert - contro l'equiparazione dei
combattenti per la libertà a fascisti e nazisti / proti enacenju
borcev za svobodo s fasisti in nacisti


PROMEMORIA

Associazione per la difesa dei valori dell'antifascismo e
dell'antinazismo

organizza venerdì 23 maggio in piazza Goldoni a Trieste a partire
dalle ore 19:

CONCERTO CONTRO L'EQUIPARAZIONE DEI COMBATTENTI PER LA LIBERTA' A
FASCISTI E NAZISTI

Suonano:

Fiberglas - Dirty fingers - 5SAV - Io non so

Alle ore 21: Concerto del CORO PARTIGIANO TRIESTINO "P. TOMAZIC"


PROMEMORIA

Drustvo za ohranjanje vrednot protifasisma in protinacisma
prireja v petek 23. maja 2003 na trgu Goldoni v Trstu od 19 ure

KONCERT PROTI ENACENJU BORCEV ZA SVOBODO S FASISTI IN NACISTI

Sodelujejo:

Fiberglas - Dirty Fingers - 5SAV - Io non so

Ob 21: Trzaski Partizanski Pevski Zbor "Pinko Tomazic"

USA, Balcani e "Notizie Est"


Ci e' stato segnalato un interessante articolo (All. 1) sulle
pressioni subite dai paesi balcanici in occasione della guerra in
Iraq. L'articolo riassume una serie di fatti significativi, per cui
vale la pena di leggerlo; tuttavia esso manca di fornire al lettore
una interpretazione complessiva, lasciando viceversa adito a grosse
ambiguita'. Su questo vale la pena di commentare brevemente.

L'articolo proviene dal notiziario "Notizie Est", curato da A.
Ferrario.
Nell'articolo si cita solamente di sfuggita un dato di fatto: e cioe'
che la "punta di diamante" dell'imperialismo statunitense nei Balcani,
la "base di lancio" delle operazioni USA a "difesa dei propri
interessi" in quell'area - e contro tutti gli altri paesi dell'Europa
orientale - e' l'attuale protettorato del Kosovo-Metohija.
Per potersi impiantare in Kosovo-Metohija gli USA hanno condotto la
aggressione contro la RF di Jugoslavia nella primavera 1999. In
Kosovo-Metohija gli USA hanno sostenuto - ed a loro volta sono
spalleggiati da (All. 2) - quel settore politico-criminale (il piu'
forte dell'area) identificabile nei settori nazionalisti pan-albanesi.
In Kosovo-Metohija gli USA hanno oggi una enorme base militare, la
piu' grande edificata all'estero sin dai tempi del Vietnam: si tratta
della base di Camp Bondsteel presso Urosevac, sulla quale
incredibilmente l'autore dell'articolo tace.

Altro motivo di ambiguita' nell'articolo e' il modo in cui vengono
ritratte le varie classi dirigenti balcaniche. Due sono i punti che ci
vedono in netto disaccordo con "Notizie Est", anche al di la' del
presente articolo:
Primo, la classe dirigente attuale in Serbia NON E' in continuita' con
quella passata ("di Milosevic"); essa sta viceversa operando una
rottura ed una svolta politica di 180 gradi in senso filo-occidentale.
Le tensioni - politiche e sociali - provocate da questa svolta sono
sotto gli occhi di tutti. Nonostante la posizione filoamericana
dell'attuale governo serbo, la stremata popolazione del paese rimane
per ovvi motivi la piu' acerrima oppositrice delle interferenze
statunitensi nell'area.
Si noti per inciso che "Notizie Est" ancora all'inizio del 1999
cercava di presentare alla nostra pubblica opinione il governo
socialdemocratico in Serbia come un governo filo-occidentale,
posizione che condusse infine "Notizie Est" a negare l'imminenza della
aggressione USA/UE contro la RF di Jugoslavia - cioe' di fatto a
negare l'evidenza.
Secondo, la impossibilita' per gli attuali staterelli balcanici di
esprimere una qualsivoglia posizione autonoma sullo scacchiere
internazionale, il loro status di "protettorati" e pedine di un ben
piu' ampio scontro, e' la inevitabile CONSEGUENZA DELLE SECESSIONI e
dei micronazionalismi fomentati a bella posta. Su quest'ultimo punto,
assolutamente cruciale, il notiziario "Notizie Est" nemmeno si
sofferma.

Come ben sanno i nostri iscritti - da molti anni a conoscenza dei
nostri scambi polemici con "Notizie Est" - il servizio curato da A.
Ferrario, pur presentandosi in una veste "neutra" e politicamente non
bene identificata, sin dall'inizio mostra alcuni tratti distintivi.

"Notizie Est" si presenta sin dalla sua creazione come espressione
sostanzialmente del lavoro di un singolo, tuttavia esso si appoggia ed
appoggia a sua volta quei settori tardo-trotzkisti (Bandiera Rossa,
Reds) che hanno violentemente attaccato l'unita' jugoslava. La
posizione antijugoslava di "Notizie Est" si e' esplicitata nei
contributi alla demonizzazione di alcune parti in causa e viceversa
nella benevolenza verso altre (spec. l'UCK kosovaro) miranti a
smembrare il paese multinazionale secondo criteri "etnici". Di fatto,
il lavoro essenzialmente di traduzioni presentato da "Notizie Est" e'
sempre stato basato su fonti filooccidentali, come la famigerata
rivista serba "Vreme" e tante altre di quel segno.

Dopo una fase "movimentista" - quando il sito di "Notizie Est" era
ospitato dal server dei Centri Sociali "Isole nella Rete", il suo
curatore pubblicava su "Guerre&Pace" ed era intervistato da radio "di
movimento" come Radio Sherwood - in tempi recenti "Notizie Est" si
distacca abbastanza radicalmente da quella apparenza "alternativa" ed
apre un raffinato sito internet, sul quale si presenta ai lettori come
"testata registrata presso il Tribunale di Milano" con un'ampia
redazione di persone che non e' piu' chiaro se lavorino a titolo
volontario o meno.

Alla pagina "Chi Siamo" del sito si legge: "testata online ... una
delle più autorevoli fonti in lingua italiana sui Balcani ...
totalmente indipendente e non affiliata ad alcuna organizzazione o
istituzione". Ma - allontanandosi del tutto dalla tradizione di
notiziario gratuito per i "compagni" - "Notizie Est" crea pure un
servizio commerciale: "Balcani Economia ... che ogni martedì offre a
operatori economici, istituzioni e ricercatori notizie e analisi
sull'economia e i mercati dei Balcani. Balcani Economia viene
distribuito via e-mail, in formato PDF, dietro sottoscrizione di un
abbonamento..." (Si veda: http://www.notizie-est.com/about.php ).

La nuovissima veste di "Notizie Est" viene pubblicizzata da "amici" di
un certo rilievo, come il servizio di aggiornamenti via internet di
LIMES - la rivista legata alla diplomazia italiana (All. 3) - ed
"Osservatorio Balcani".
Quest'ultimo (http://www.osservatoriobalcani.org) sembra raccogliere
in se contributi diversificati, spec. dagli ambienti delle cosiddette
ONG, ma risulta, dalle iniziative che organizza, di fatto vicino alla
diplomazia di "centrosinistra", europeista "a la Prodi". Alcuni
collaboratori di "Osservatorio Balcani" sono anche collaboratori di
"Notizie Est". Mentre il primo sito e' espressione di un sentimento
"democraticista" occidentale, il secondo servizio pare appoggiare una
"transizione" dei protettorati balcanici verso chissa' dove, ma in
ogni caso lontano il piu' possibile dai valori di Unita' e di
Fratellanza della Jugoslavia socialista. Su entrambi i siti le parole
"imperialismo" e "ricolonizzazione" sono usate molto poco ed,
eventualmente, in maniera discutibile.

Comunque, sulla questione delle pressioni USA sui Balcani invitiamo a
leggere l'articolo di A. Ferrario, pur prendendo le sue argomentazioni
con il beneficio d'inventario per tutti i motivi suddetti. Ma
attenzione: "Notizie Est" vieta "la ridiffusione dei testi e degli
altri contenuti del sito www.notizie-est.com senza la nostra previa
autorizzazione scritta". Percio', per evitare di finire in Tribunale,
siamo costretti a limitarci a segnalare il link:
http://www.notizie-est.com/article.php?art_id=776

Italo Slavo



--- Allegato 1 ---

http://www.notizie-est.com/article.php?art_id=776

N.E. BALCANI #671 - USA/BALCANI 22 maggio 2003

USA E BALCANI: GRANDI MANOVRE
di Andrea Ferrario

Una rassegna di come i singoli paesi balcanici hanno reagito alla
guerra in Iraq e alle conseguenti pressioni degli USA


--- Allegato 2 ---

KOSOVO ALBANIANS BACK US AND BRITAIN

PRISTINA, March 21 (Tanjug) - Several hundred ethnic Albanians on
Friday gathered in central Pristina to express unconditional support
to the war conducted by the United States and Britain against the
dictatorship of Saddam Hussain.
The rally was organized by associations stemming from the disbanded
Kosovo Liberation Army (KLA), as well as numerous trade unions from
Kosovo and students of the Pristina university. One of the organizers
of the rally, the president of the Association of KLA Veterans -
Sadik Halit Jaha, said that ahead of the fourth anniversary of the
NATO intervention against the Federal Republic of Yugoslavia, the
regime of Saddam Hussain can be compared to that of Slobodan
Milosevic who persecuted the ethnic Albanians. Halit Jaha said that
both then as today, ethnic Albanians sided with those who urge peace
and democracy, in this case the US and Britain. US office head Reno
Harnish sent a telegram to the organizers of today's rally expressing
gratitude on behalf of US President George Bush for the Kosovo
people's unconditional support to the US and British intervention in
Iraq.


--- Allegato 3 ---

-------- Original Message --------
Subject: Limes - L'Arabia americana
Date: 8 Nov 2002 11:38:47 -0000
From: Limes Newsletter "Novità" <tecnica@...>
To: jugocoord@...


Limes, rivista italiana di geopolitica - Newsletter Novità

8 novembre 2002

(...)

---------------------
BALCANI ECONOMIA
---------------------
Segnaliamo a tutte le persone interessate ai Balcani una nuova
iniziativa della testata Notizie Est, da anni impegnata
nell'informazione dell'area balcanica. E' online ogni martedì a
mezzogiorno "Balcani Economia", la prima newsletter settimanale
sull'economia balcanica. Notizie economiche brevi e indicatori
economico-finanziari tratti dalle fonti dei paesi dell'area.
Visita il sito di "Balcani Economia" a
http://www.notizie-est.com/baleconomia.php

(...)

--------------------------------------------------

Servizio offerto dalla redazione di Limes - rivista italiana di
geopolitica in collaborazione con Animago Sas (Lucca)

Per annullare l'iscrizione clicca il link seguente e segui le
istruzioni:
http://www.limesclub.it/newsletter/cancellazione.php?list_id=3

Per modificare l'indirizzo cui ricevere la newsletter è necessario
prima annullare l'iscrizione con la vecchia mail e poi iscriversi con
la nuova all'indirizzo: http://www.limesclub.it/newsletter/

Per informazioni sui contenuti della newsletter scrivi a:
web@...

Per informazioni sulle gestione tecnica scrivi a:
tecnica@...

Cuba, Italia, democrazia e diritti

[NOTA TECNICA PER GLI AMICI DELLA JUGOSLAVIA: "Liberazione" e' quel
giornale che ha titolato "BELGRADO RIDE" all'indomani del colpo di
Stato a Belgrado, il 6 ottobre 2000. Mentre "Belgrado rideva" i
compagni dei partiti e dei sindacati della sinistra belgradese erano
fatti oggetto di aggressioni e pestaggi. Oggi "Liberazione" nasconde
ai suoi lettori la natura reazionaria ed antipopolare del regime
allora instaurato in Serbia, e tace sulla ulteriore stretta repressiva
delle ultime settimane. (Italo Slavo)]


--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Fulvio Grimaldi" ha scritto:

A Sandro Curzi, direttore di "Liberazione",
A Paolo Serventi Longhi, Segretario Nazionale della Federazione
Nazionale della Stampa,
al Comitato di Redazione di "Liberazione".

Direttore,
quella in calce è l'ultima puntata di Mondocane apparsa il 9 maggio su
"Liberazione". Il giorno precedente tu me ne avevi annunciato la
pubblicazione e mi avevi raccomandato di restare in futuro nei limiti
degli accordi relativi ai contenuti della rubrica. Nel successivo
articolo, non più pubblicato, mi ero attenuto strettamente alle tue
indicazioni. Cinque anni fa, all'inizio della mia collaborazione con
il giornale, mi avevi detto che avrei potuto scrivere di tutto.
Successivamente, mi era stato chiesto di confinare i miei scritti a
temi ecologici. Da esperto, per 40 anni, di questioni internazionali,
mi è sembrato lecito inserire le questioni ambientali nel più vasto
contesto della politica e delle devastazioni ecologiche, che non mi
pare siano limitate alla preservazione dei fringuelli, o alla denuncia
di inceneritori. Del resto, nei miei quasi quotidiani dibattiti con
presentazione dei miei video sulle aree di crisi, i compagni mi
chiedono, da Bolzano a Trapani, di esporre le mie esperienze in fatto
di conflitti e questioni geopolitiche, immancabilmente connessi a temi
ecologici.
Il giorno successivo alla pubblicazione del Mondocane su Cuba, in cui
non ho certo espresso opinioni più "devianti" di quante ne erano state
già pubblicate su Liberazione e financo sul Manifesto, mi hai fatto
comunicare impropriamente dall' Amministratore del giornale, Mauro
Belisario, che la mia collaborazione era cessata. A prescindere che
tale comunicazione mi sarebbe dovuta arrivare da te e in modo formale,
non mi sono state illustrate le motivazioni per un simile
"licenziamento in tronco" di un collaboratore dopo cinque anni di non
indifferenti contributi. Arguisco, comunque, che il mio trattamento
dell'argomento Cuba abbia provocato il dissenso e la censura del
vertice del Partito. Arguisco anche che quel Mondocane sia stato
considerato la goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia
"eterodossità" rispetto alla "linea" di una parte della maggioranza
del Partito. Lo deduco dalle infinite censure che mi sono state
inflitte, fin dai tempi dell'aggressione alla Jugoslavia, quando,
contro le illusioni e gli errori di altri, documentai fatti poi
divenuti di comune certezza, come l'assoldamento dell'organizzazione
di opposizione serba "Otpor" (da altri in Liberazione definiti
"compagni del Movimento") da parte della CIA, il carattere
diffamatorio e non corretto della definizione di Milosevic come
dittatore, il crollo dell'accusa di "pulizia etnica" di fronte ai dati
rilevati dagli investigatori Nato e ONU, pubblicati addirittura su
"L'Unità". Una mia lunga e drammatica intervista con Milosevic,
l'ultima prima dell'arresto, venne pubblicata con grande interesse dal
"Corriere della Sera", ma ritenuta impubblicabile da "Liberazione".
Altre censure mi vennero imposte per aver intervistato a Bagdad,
l'autunno scorso, Tariq Aziz, e aver "confessato" di avere avuto da
questo uomo di Stato ripetute interviste, tanto che tutti i miei
successivi reportage vennero cestinati, per quanto non fossero per
nulla "scandalosi", o segnati da esaltazioni di Saddam Hussein. Questa
condotta si ripetè durante l'aggressione imperialista all'Iraq, quando
da Bagdad, tra difficoltà che si possono ben immaginare, offersi di
inviare articoli. L'offerta venne accettata, ma i miei pezzi, scritti
tra una bomba e l'altra, furono ridotti a "lettere al direttore", per
quanto, anche in questo caso, non vi si potesse rilevare alcun accento
"scandaloso".
A questo punto, mi è dovuta una spiegazione dettagliata dei motivi per
questo allontanamento in tronco, spiegazione che, per la verità,
meriterebbero anche i lettori dei miei articoli dai quali mi risulta
tu abbia ricevuto numerosi apprezzamenti e ora denunce di
inammissibile censura. Se una rubrica viene cassata, spetta all'autore
il diritto di salutare i suoi lettori, o a qualcun altro il dovere di
una spiegazione.
Pare davvero paradossale che, mentre Partito e Giornale sono impegnati
con grande energia nella difesa di giornalisti censurati ed epurati
dalla RAI, come Santoro e Biagi, per i quali si allestiscono
addirittura clamorosi "Sciuscià in piazza", e si pone al centro della
propria battaglia politica l'estensione dell'art.18 e, dunque, della
"giusta causa", questa "giusta causa" non venga attivata e nemmeno
comunicata a un collaboratore a contratto di un giornale che porta
nella testata la dicitura "comunista".
Rilevo anche che Liberazione si presenta come un giornale di partito,
e dovrebbe essere di TUTTO il partito, nelle sue diverse anime, ma
afferma anche di voler esser letto da chi comunista non è. Non credo
che questo comporti che chi comunista è non debba scriverci. Infine,
nel quadro delle caratteristiche che contrassegnano i materiali dei
media, è norma consolidata che le rubriche (con tanto di foto) non
debbano essere disciplinatamente omogenee alla linea del giornale, ma
abbiano gli attributi della libertà d'espressione e del segno
personale dell'autore. Forse conviene ricordarsi del ricco e
stimolante pluralismo che vigeva su L'Unità.
In attesa di una tua risposta a quanto sopra, ti saluto confortato
dalla solidarietà di tanti compagni e lettori.
Con riserva di adire agli strumenti sindacali e legali a disposizione.
Fulvio Grimaldi.
Roma, 19 maggio 03


CUBA
FULVIO GRIMALDI PER MONDOCANE O9/O5/O3

Lo fan tutte e stavo per pronunciarmi anch'io su Cuba. Riflettevo che
la pena di morte non mi pare per niente buona, tanto meno se inflitta
a democratici in fuga (qualcuno vorrebbe farli passare per dirottatori
a mano armata incaricati di promuovere iscrizioni agli uffici di
reclutamento della centrale mafio-terroristica di Miami). Non godo
delle prigioni (neanche quando inflitte ad Adriano Sofri che scambia
Trotzky per Bush e bagni di sangue per semina di democrazia), specie
se toccano a oppositori (integralisti rossi li definiscono mercenari
di Mr. Carson, incaricato USA della liberazione del popolo, reclutati
per l'ennesima campagna democratica: 70 miliardi di dollari rubati
dall'embargo, 3.478 cubani giustiziati con omicidi, invasioni, bombe,
guerre biologiche). Oppositori che vorrebbero per l'isola gli stessi
benefici goduti in passato da paesi come Cile, Guatemala, Argentina e,
ultimamente, Iraq. Stavo per esprimere tutta la mia fregola per i
diritti umani disattesi, quando, svaporata un po' di lucidità grazie a
un goccetto di Havana Club, mi sono ritrovato su alcuni, obliati
sentieri. Dalle parti di Guantanamo, superate dieci gabbie per polli
dove pastori e bambini afgani, incappucciati e incatenati in
ginocchio, venivano allevati a diritti umani, gironzolavo in una landa
resa verdissima e fronzuta, zeppa di bovini al libero pascolo,
ruscelli scalpitanti, uccelletti cinguettanti, pesticidi biologici
rampanti, grazie a un ciclopico lavoro di trasferimento d'acqua là
dove prima c'era un Sahara. Più in là, in quel di Bayamo, abitavo
aule, dormitori, basketdromi, mense e campi biologici, al seguito
dialettico di minigonellate fanciulle che acquistavano gratis
conoscenza e coscienza. Mentre, allungato lo sguardo oltremare,
scorgevo donne ravanare nell'analfabetismo per il 78% della
popolazione centroamericana e caraibica. Impegnato nello scatarrare i
residui delle patrie emissioni di diritti umani via marmitte e
ciminiere e ancora fosforescente per piogge di casalingo elettrosmog,
in cima alla sierra risanavo a forza di medicina naturale, in uno dei
mille ambulatori alimentati da pannelli solari con i quali questi
avanzi del realsocialismo arrivano al 35% di energia pulita. E allora,
dilemma: come la mettiamo con quest'isola? Mi soccorre il Tg: "In
Israele roadmap di pace e governo anti-Intifada di Abu Mazen
inaugurati con strage di palestinesi a Gaza. I marines sparano sulla
folla a Falluja, Bassora, Mosul, Bagdad" e superano i 30 milioni di
esecuzioni extragiudiziarie di dissidenti dal 1945 ad oggi. QUESTA è
serietà professionale in democrazia.

--- Fine messaggio inoltrato ---

Ciao,

desideriamo farti sapere che, nella sezione File del gruppo
crj-mailinglist, troverai un nuovo file appena caricato.

File : /IMMAGINI/varniunatu.jpg
Caricato da : jugocoord <jugocoord@...>
Descrizione : "VARNI U NATU" ("Sicuri nella NATO", "Safe in NATO") - Mladina (Slovenia), n.19/2003 - http://www.mladina.si/

Puoi accedere al file dal seguente indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/IMMAGINI/varniunatu.jpg

Per ulteriori informazioni su come condividere i file con gli altri
iscritti al tuo gruppo, vai invece alla sezione di Aiuto al seguente
indirizzo:
http://help.yahoo.com/help/it/groups/files


Cordiali saluti,

jugocoord <jugocoord@...>

Date: Tue, 20 May 2003 08:22:23 +0200
From: "Jedinstvena sindikalna organizacija Zastava" <sindikat@...>
Organization: Samostalni sindikat


GLI ORFANI DELLA YUGOSLAVIA

APPUNTI DI VIAGGIO DELLA DELEGAZIONE
DI UFFICIO ADOZIONI ZASTAVA - APRILE 2003

RAJKA VELJOVIC

E il 09. aprile, il giorno in cui 4 anni fa nel '99 la nostra fabbrica
e stata bombardata e rasa al suolo.

Partiamo al buio, alle 05 di mattina, dopo complicate procedure
burocratiche per ottenere il visto dall'ambasciata italiana a
Belgrado. Ricordo del 1. viaggio nel giugno del '99. Otenere il
visto fu piu semplice di ora: stranamente adesso, dopo 4 anni la
procedura e diventata molto piu complicata, fra l'altro con
parecchie ore in attesa nel cortile dell'ambasciata italiana a
Belgrado. E per fortuna non faceva molto freddo.

Arriviamo, da Kragujevac, a Belgrado, con le prime luci di un
giorno nuovo e promettente per la mia collaboratrice Milja, che per
la prima volta parte per Italia, terra della quale ha sentito tanto.
Dopo qualche minuto di ritardo, prima di passare ultimo cancello
per l'imbarco capiamo il motivo perche tanto staff di sicurezza.
Dalla sala di attesa guardiamo l'atterraggio degli aerei delle
delegazioni ufficiali di Romania, Bulgaria, Moldavia, Albania,
Grecia, guardiamo i tappetti rossi davanti agli aerei e ci ricordiamo
degli anni in cui aeroporti erano chiusi, e come per noi, gente
comune e ancora difficile muoverci oltre frontiera. Ricordo del
periodo felice, in cui con orgoglio, portavo passaporto yugoslavo,
senza aspettare la coda per i visti, ed in qualsiasi paese del mondo,
anche in quelli piu lontani, in cui incontravo persone che non erano
sicure dove fosse la Yugoslavia ed io spiegavo: "la Yugoslavia di
Tito" e capivano subito ... e si diventava subito amici...

Le nostre frontiere sono aperte per tutti, e ultimamente ci visitano
parecchi imprenditori occidentali, le vetrine dei negozzi pian piano
diventano come quelle occidentali, con gli stessi prezzi, a fronte di
un salario medio sotto i 150 euro a tempo pieno per i fortunati, non
ancora licenziati. Negozi pieni di merce, vuoti di clienti - paese
pieno di merci importate con esportazione minima.

Decolliamo "per arrivare in Europa" e per controllo dei passaporti
aspettiamo in fila non "UE", guardo l'altra fila che finisce in fretta
e mi chiedo quando faremo, anche noi, parte della famiglia
europea...

Il primo benvenuto di Riccardo, abbracci, emozioni, gioia perche
"abbiamo vinto" (siamo riuscite) solo grazie a loro, Zastava Brescia
ad essere qui. Siamo finalmente in Italia.

A Brescia il primo benvenuto ce lo augura il profumo di risotto di
Ugo, promessoci un'anno fa a Kragujevac. Non ha dimenticato la
promessa.

Stesso pomeriggio ci sentiamo gia a casa ospitate dalla famiglia di
Alfredo le cui due figlie meravigliose ci ospitano nella loro stanza,
cosi come con altri che pian piano arrivano, quelli che partecipano e
gestiscono progetto "Non bombe ma solo caramelle", progetto che
porta il nome del disegno del bambino di Kragujevac che nel '99 ho
portato, con altri disegni, in Italia. Disegni sui quali gli adulti
potrebbero imparare. Disegni che non fanno politica, ma che
portano lo stesso messaggio delle bandiere della pace, ma con un
aspetto ancora piu profondo, poiche riflettono 78 giorni di orrore
che purtroppo viene ripetuto in molte altre parti del mondo. Sono
tutte persone che gia parrecchie volte sono venute a Kragujevac per
portare aiuti alle famiglie dei lavoratori della fabbrica Zastava
distrutta nel '99. Si discute del proggetto"Premiata forneria mutuo
soccorso", delle adozioni in difficolta (non strano perche prima
siamo stati popolo di troppo, popolo invisibile - adesso popolo da
dimenticare e da accusare di nuovo. E comodo cosi, noi, brutti,
sporchi e cattivi contiamo solo quando c'e il business del
dopoguerra. A chi vuoi che importi del monumento nel cuore di
Belgrado dedicato ai bambini vittime dell'aggressione della Nato.
Le persone che ci sono rimaste vicine, che non ci hanno dimenticato
ci nutrono di speranza .... "che davvero, un altro mondo e
possibile"... Si discute anche su quelle adozioni nuove che alcune
associazioni miracolosamente riescono a conseguire, ci ricordiamo,
con molta emozione, dell'intervento della delegazione Zastava dal
palco il 15 febbraio scorso a Roma.

Dopo l'incontro caloroso ci accompagna pioggia e freddo, il giorno
dopo, mentre andiamo a incontrare Presidente della Provincia e il
Sindaco di Brescia, parliamo della situazione attuale nel nostro
paese, ringraziamo il Sindaco che una volta ha aderito al progetto
adozioni e facciamo presente che l'aiuto piu importante sarebbero
investimenti che potrebbero dare lavoro ai licenziati e disoccupati (
non parlo degli imprenditori che vengono tutti i giorni a vendere la
loro merce, gli scaffali dei nostri negozi ne sono pieni. Si, il
nostro mercato e grande, pero si dovrebbe muovere qualcosa per
ripristinare i clienti). Certamente, clienti non lo sono lavoratori
della Zastava, con un salario mensile sotto la media nazionale di
150 euro ne quelli dell'Ufficio di collocamento, con sussidio di 50
euro al mese, non quei lavoratori che devono sostenere le spese di
farmaci, esami, chemio (malatie in continua crescita), spese per far
studiare i figli, spese per le bolle arretrate di corrente, acqua
ecc....

Il Sindaco promette di aiutare associazione Zastava Brescia per
trasporto delle biciclette raccolte, riparate, diventate come nuove,
grazie ai donatori e volontari che gia fanno parte della famiglia
Zastava e donano biciclette alle famiglie operaie che abitano nella
lontana periferia. Ci salutiamo con il Sindaco ed a proposito degli
striscioni della sua avversaria alle prossime elezioni - bella donna
con occhi azzurri che dice "guarda i miei occhi e vedrai il futuro"
gli dico "io non guardo solo gli occhi, ascolto e non dimentico le
promesse". Poi gli faccio gli auguri di vincere alle elezioni,
sperando che manterra le promesse. Noi purtroppo siamo abituati a
promesse che poi non vengono mantenute.

Piove a catinelle, ed in un'ora libera chiediamo ad Ugo di
sacrificarsi e di portarci al centro commerciale, in attesa del
prossimo incontro ufficiale. Lo facciamo per Milja, che come
cittadina di un paese isolato da anni e che non e uscita oltre
frontiera, vede centro commerciale come un miracolo, come
aspetto di vita migliore (non siamo arrivati a vederlo dal punto di
vista consumistico - che cosa e consumismo per noi?) ma piu delle
offerte occidentali ci sono interessanti i clenti con i carrelli pieni
di roba, ed i commenti di Milja mi colpiscono direttamente al cuore
perche riconosco tutte le persone care e quelle sconosciute che ho
lasciato a pochi chilometri di distanza ma che fanno parte di un
mondo diverso. Immagino i nostri bambini davanti a centinaia di
tipi di dolci, e la nostra visita improvvisamente diventa utile,
perche Ugo mi chiede suggerimenti su che cosa e meglio portare
come regali alle famiglie. Gli spiego che non abbiamo l'abitudine
di consumare olio di oliva, parmigiano, acciughe, che le caffettiere
non ci sono e che per il nostro caffe, chiamato caffe turco, viene
usato caffe maccinato fine e che sarebbe meglio portare nutella (da
noi un lusso), cioccolatini e dolci molto desiderati dai bambini ma
poco accessibili, vitamine, materiale per l'igiene, materiale
scolastico, qualche vestito....

Mentre la pioggia continua ad accompagnarci andiamo alla Camera
del lavoro di Brescia, la quale continua ad appoggiare
l'associazione, grazie a persone come Greco, Fracassi... Conferenza
stampa, solo un giornalista. Mi viene di nuovo il pensiero "non
siamo piu di moda", poche le domande, nessuna su Kosmet
(Kosovo) durante tutto il viaggio - il muro del silenzio sul
protettorato in cui non hanno portato pace. Certo, non e comodo
parlare dell'insuccesso, come si verra a giustificare (oltre alla
pulizia etnica perpretata ai danni dei non albanesi) i mezzi
economici buttati... quanto ci sarebbe da dire, ma nessuno lo chiede,
e chi vorrebbe non e in grado di fare la domanda perche non ha le
informazioni di partenza...

Subito dopo, le emozioni fortissime, all'assemblea tutti ci
conosciamo. Quanto mi piacerebbe incontrare anche le persone
nuove, sconosciute a cui parlare. Guardiamo filmato fatto
dall'associazione in occasione di uno dei viaggi a Kragujevac, lo
guardo l'ennesima volta, ascolto la bella e professionale voce di
Massimo e provo, di nuovo, quel dolore che porto dal `99, il dolore
di una belgradese che e arrivata a Kragujevac per rimanerci un
anno, si e innamorata di questa citta operaia sino a sceglierla per la
sua vita futura, innamorata del monumento dedicato ai piccoli rom
lustrascarpe assassinati perche rifiutarono a lustrare gli stivali dei
nazisti tedeschi, la citta portatrice delle prime vittorie dei
socialisti, prime proteste operaie nella lotta per i diritti, primo
giornale socialista, citta martire in 1. e 2. guerra mondiale, citta
martire anche la 3. volta sotto le bombe della Nato ma anche citta
nominata dall'ONU citta di pace perche l'esempio di convivenza
multietnica, citta della Zastava ed infine citta dei disoccupati con
quartieri interi di profughi. Pochi lo sanno, che le piccole profughe
di Bosnia sono ospitate nel monastero di Kragujevac, e che nel centro
profughi del Kosmet c'e l'epidemia di tubercolosi, malatia della
poverta, in Europa dimenticata.

Ci salutiamo con adottanti di Milano, Biella, di Bolzano (che
ancora aiutano bambini di Mostar), cari amici che sono venuti a
incontrarci. Siamo insieme a cena e si costruiscono i ponti tra di
loro. Ed a loro racconto delle associazioni di Bari (Un ponte per..),
dell'ABC di Roma, di Aljug di Bologna, di Reggio, di Mir Sada di
Lecco, delle associazioni Zastava di Torino, di SOS Zastava di
Torino, Trieste..... E di tanti altri donatori singoli che fanno
miracoli.

Ed infine, ultima assemblea prima di lasciare Brescia, assemblea in
fabbrica, alla Alfa Acciai. Incontriamo lavoratori in tute, belle
mani operaie, e poesie di Michele, poeta operaio, che ha messo il
cuore nelle attivita delle adozioni, abbracciamo Alberto, Mirko-
jugoslavo di Croazia ed altri e mi rivolgo ai lavoratori (sala piena)
ricordandomi del periodo felice della Zastava, prima dell'embargo
negli anni novanta, in cui i reparti bollivano di movimentazione,
rumore degli impianti, catene con le macchine che brillavano,
entusiasmo degli operai, progetti per un futuro promettente che
offriva, loro, tutte le possibilita di costruirsi le proprie case, di
poter andare al mare, in montagna, di far studiare i figli, di potersi
curare... Tutto cio che e attualmente negato, anzi, negato gia
dall'inizio dell'embargo, arma piu potente per uccidere un popolo
in silenzio (oltre i mass media naturalmente, quando serve). Parlo ai
lavoratori della Alfa Acciai, dei reparti bombardati,
dell'entusiasmo con il quale abbiamo ripulito le macerie ed iniziato
la ricostruzione, ed infine della situazione attuale, scomposizione
delle fabbriche grandi, privatizzazione, disoccupazione, delle
riforme nel corso, e di quelle future che porteranno alla crescita dei
licenziati. Parlo delle leggi nuove, che negano i diritti che i nostri
nonni hanno acquisito, ed anche che la nostra terra, adesso offre
mano d'opera a basso costo. Verranno i padroni, offriranno forse,
invece di 150 euro un salario piu alto, e cosi, i padroni diventeranno
piu ricchi, lavoratori occidentali rimarranno senza lavoro, i nostri
lavoratori umiliati. questo dovrebbe essere uno dei motivi, almeno
per i lavoratori, per vivere in un'Europa davvero unita. Ed infine,
invito i lavoratori ad essere uniti, uniti nelle lotte che sono
comuni, le lotte per lavoro, un salario degno, e prima di tutto di
lottare per la pace e il futuro dei nostri figli.

Ultimi abbracci con l'augurio di incontrarci presto, e si parte per
Trieste, tanti bagagli nelle mani, tanti regali dai donatori, secondi
genitori, da portare ai bambini della Zastava, e tante emozioni nei
cuori. Nello scompartimento, Milja ed io ci scambiamo le
impressioni, a Padova sale il caro Pernigotti per salutarci, per
consegnare anch'esso dei pensieri per i suoi bambini, e per darci
una mano a cambiare treno. Incontro breve ma profondo ed
emozionante, di cose dette in fretta... Che hanno portato ad incontro
tipo quelli brevi ma che restano nel cuore e nella mente per tutta la
vita - il passeggiero di fronte che ci ha ascoltato in silenzio ma con
interesse, mentre scendeva dal treno si e rivolto a noi, ci ha stretto
le mani e le sue parole ci hanno portato via tutta la stanchezza...

Trieste. Abbracci con Gilberto, che gia fa parte di famiglia Zastava
e una conoscenza nuova. Mangiamo paeglia e parliamo di cose
diverse (un po' di rilasso), di poesia, dei libri e mi entusiasmo, e
si riaffaccia di nuovo, l'idea che mi muove sempre - idea dei ponti,
quelli di cui scrive Andric -di far conoscere poetessa Gaby, di
Trieste, con la poetessa Mariella di Bari, e gia le immagino
insieme, ma a Kragujevac. E guardo i quadri nella loro casa, i
quadri dei pittori da me preferiti, pittori chiamati naif nella mia
terra, nelle mie ex terre -Pavic, Laskovic. Mangiamo paeglia nella
casa degli italiani, parliamo della letteratura, e dai quadri, ci
guardano contadini dei villaggi yugoslavi, le case e paesaggi coperti
da neve...

Il giorno dopo accompagnate da Gilberto e solita pioggia, andiamo
a incontrare Sindaco di San Dorligo della Valle e rimaniamo subito
sorprese (a dir poco) dalla ospitalita e dalla bandiera appesa in
comune, bandiera che ci porta tanti ricordi al passato - bandiera
tricolore con stella rossa ....

Assemblea con il Sindaco, che porta la sua fascia, e con il pubblico
che parla la lingua che noi conosciamo, una delle ex nostre lingue,
come ci capiamo bene!... e la sala in cui si sente profumo di
nostalgia yugo immensa, l'insegnante di minoranza slovena che
piange e le sue parole che mi aprono ferite profonde "noi siamo
orfani della Yugoslavia, abbiamo perduto paese madre"...

Osteria di Cantonovello, gulas a tavola ed articoli sulla Zastava
sulle pareti, enorme e bellissimo mazzo di fiori, con gli auguri di
vida, che godiamo oggi e decidiamo di portarlo il giorno dopo, alla
Risiera di San Sabba, uno dei posti tragici come parco della
memoria "21 Ottobre" di Kragujevac, uno dei luoghi "da non
dimenticare".

Pomerriggio un'altra assemblea, sono grata a Knaip per le domande
che ha fatto perche cosi sono riuscita a dire qualcosa in piu e mi
emoziona l'intervento di una signora, partigiana, vedo in lei mio
padre, mi sembra di sentire lui mentre essa parla, capelli bianchi,
signora bella, alta con atteggiamento orgoglioso che non dimostra
gli anni che deve avere, ed un'altra che ascolta con attenzione e dai
suoi occhi vedo che essa ha capito, ha capito perche e successo...

Si va alla cena di saluto, e mentre viaggiamo, come ossessionate
contiamo quante bandiere di pace si vedono sui pallazzi e case,
bellissime bandiere, molte bilingue, con colombe o senza - per dire
no alla guerra... E qualche americana... per dire che cosa?

Cena in Casa del popolo, e prima di entrare vedo un pezzo delle
poesie di Nazim Hikmet - poeta turco che mi hanno scoperto
Mariella e Vigna "...Sopratutto credi all'uomo..." E una serata che
ci distrugge, inizia con il nostro desiderio che finisca presto per
riposare ed in serenita soffocare le emozioni che ci hanno portato
questi giorni, ed il posto al quale oggi ci ha portato Vlaic - su, in
alto, dal posto in cui camminava Napoleone abbiamo guardato il
mare e il confine con Slovenia. Pero, dimentichiamo la stanchezza,
ci sentiamo a casa in compagnia alle persone meravigliose,
parliamo la lingua che ci collega e poi cantiamo... ragazzo del coro
con la chitarra suona e canta nella nostra lingua le canzoni delle
nostre gioventu, canzoni yugoslave. Prometto al cantante di fargli
avere la canzone di Bajaga "I miei amici sono sparsi in tutto il
mondo".... (od Vardara pa do Triglava)

Ultimo giorno a Trieste, triste arrivederci lasciando i fiori alla
Risiera e poco dopo siamo gia nella macchina con Dora, cara amica
che in un giorno fa mille chilometri per prenderci e portarci a
Milano. E il primo giorno che si vede sole, la macchina di Dora
corre, la vedo gia stanca, passiamo Venezia e per fortuna Dora non
capisce Milja che disperata mi dice "ho sognato tutta la vita di
vedere Venezia...".

Arriviamo a Milano, prendo caffe offerto dalla mamma di Dora e
porto rametti di salvia e rosmarino che tengo ancora, essicati, come
ricordo di Carla e suo bel giardino.

A sera, a cena, conosciamo Giorgio e sua moglie, lui e un collega di
Dora, un segretario dalla Filcams di Milano, con lui parliamo del
presente del mio paese e sembra interessato a capire, ma dimostra
di conoscere bene il mio ex paese, quella che fu la Yugoslavia, e cio
mi commuove e mi fa soffrire. Pero, forse un altro ponte e stato
costruito.

Ultimo giorno, giorno di partenza, inizia con la preoccupazione,
dopo la notizia dello sciopero all'aeroporto. Dora, sempre qui, a
darci una mano ci accompagna all'ultimo incontro prima di
partire- pranzo con i torinesi che viaggiano solo per incontrare noi,
per portarci buone notizie sulle apparrecchiature sanitarie e
carrozzine per i malati di Kragujevac. Abbracciamo la solita
compagnia (Rosy, Fulvio, Pippo, Fabio) delle persone che aiutano le
famiglie di Kragujevac e ci salutiamo con un arrivederci a giugno
quando ci rivedremo a Kragujevac.

Arriviamo all'aeroporto ed in attesa di notizie sul volo parliamo di
tutte queste persone, che dopo 4 anni e il silenzio dei mass media,
ancora non hanno dimenticato i nostri bambini, dei ponti di
amicizia costruiti con le famiglie di Kragujevac, con noi tutti, e
speriamo, crediamo che continueranno ad esistere anche in un
futuro in cui non ci sara piu bisogno degli aiuti.

All'aeroporto aiutiamo una signora anziana a portare le sue valigie
pesanti, ci ringrazia, chiaccheriamo, essa ha un accento particolare e
si presenta yugoslava. Poi spiega che e di origini italiane, sposata
da 30 anni con un montenegrino e porta valigie pesanti di regali dai
parenti italiani - uovo di pasqua per nipote a Belgrado, parmigiano,
pasta, salamini - cose tipiche preferite ed io le dico "montenegrini
hanno dato all'italia una bellissima montenegrina, la regina Elena.
E come scambio Italia ci ha dato lei come sposa di un
montenegrino". Le ore di attesa le trascorriamo con la signora
yugo-italiana e le telefonate di Riccardo e Dora preoccupati del
decollo. Infine partiamo, per arrivare in un'altro mondo..

Sara piu facile continuare, resistere, dopo tutti questi incontri. Vi
aspettiamo tutti a Kragujevac, noi, orfani della Yugoslavia.

Questione ambientale e guerra nei Balcani:
Danni sociali, ambientali e sanitari dei bombardamenti del 1999
attraverso la stampa locale yugoslava


Tesi di Laurea (1) di Federica Alessandrini

(per contatti: federicalessandrini@...
La Tesi e' scaricabile alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/VARIE/alessandrini.z=
ip
)


* La principale fonte utilizzata per la ricerca è stato l'archivio
composto da una completa rassegna stampa curata dalla Dott.ssa Zivkica
Nedanovska. I giornali da cui sono stati tratti gli articoli sono
prevalentemente di origine yugoslava, eccenzion fatta per alcuni presi
da quotidiani inglesi ed italiani nonché da reti di informazione sulla
ex-Yugoslavia come Peacelink, Osservatorio sui Balcani e Coordinamento
Italiano per la Yugoslavia.

Perché la questione ecologica?

<< One of the great untold story of the Balkan conflict is that of the
enviromental damage caused by it >> (2)

Secondo Andrew Dobson esistono at least due importanti ragioni per cui
la questione ecologica connessa al conflitto del 1999 nei Balcani
andrebbe tenuta in grande considerazione: prima di tutto perché alcune
delle più tragiche conseguenze del conflitto sono direttamente legate
e connesse all'enviromental issue, in secondo luogo poiché la natura
del danno ecologico è "insidiosa", ossia difficilmente valutabile nel
presente e minacciosamente incombente sul futuro.
Come spesso accade in tempo di guerra, per motivi di coesione politica
internazionale, per colpevole disattenzione o consapevole
ipovalutazione del danno, alcuni aspetti bellici - siano essi connessi
ad un discorso sanitario, ambientale, demografico et al. - vengono
tralasciati o comunque posti in secondo piano relegandoli
nell'onnicomprendente categoria dei cosiddetti inevitabili "danni
collaterali". Se ci si ferma un attimo a riflettere su tale
denominazione potrebbe sorgere un primo quesito riguardo all'aggettivo
"collaterale": per chi? Solitamente questo tipo di danno va ad
incidere sulle condizioni delle popolazioni locali colpite dai
bombardamenti in corso: un simile discorso è forse estendibile anche
alla sfera ambientale?

<< enviromental effects travel through time as well as space, and some
of the unintended casualities of the war have yet to be born >> (3)

Quando si parla di ambiente le variabili cambiano in modo
significativo, basti pensare ai gravi danni ecologici subiti dal fiume
Danubio (4) durante il conflitto del 1999, quando in seguito a diversi
bombardamenti su industrie chimiche serbe si sono verificati
innumerevoli episodi di contaminazione fluviale da ammoniaca,
vinil cloruro monomero (VCM), metalli pesanti e quant'altro. Si
consideri ora che il bacino del fiume copre 817.000 km2 di territorio
appartenente a ben 17 paesi dell'Europa Centrale: come sarebbe
possibile pensare che in questo caso il danno subito dalla
ex-Yugoslavia non riguardi anche altri paesi, paesi in alcuni
casi estranei alla guerra in questione?
Il problema Danubio è solo uno degli aspetti della delicata questione
ecologica yugoslava, un altro tema di grande rilevanza che coinvolge
tanto il natural enviroment system quanto l'health system è quello
dell'uranio impoverito. Al di là di dubbi, incertezze, equivoci,
esagerazioni ed insabbiamenti riguardo all'eventuale relazione tra uso
di proiettili all'uranio impoverito ed insorgenza di certe patologie
in soggetti operanti in determinati territori, resta una spinosa
domanda: ipotizzando una qualche correlazione tra gli eventi,
sarebbe corretto parlare di "danni collaterali" limitati agli
obiettivi militari?

Media & guerra: un rapporto difficile ed ambivalente.

A partire da riflessioni di questo tipo è nata l'idea di una ricerca
volta ad indagare il tipo di impatto e di percezione dell'enviromental
risk da parte delle popolazioni locali rispetto alla delicata
questione ambientale e sanitaria in relazione agli eventi bellici del
1999.
Come intraprendere un simile studio senza essere sul campo?

<< while they do not create events, it can be argued that the media do
make the news, in the sense that they draw attention to specific
issues at the expense of others, interpret them in certain ways,
influence opinion or terminate it, almost at will >> (5)

Se è vero che i mezzi di comunicazione di massa hanno un grande potere
nel fare (do make) la notizia, attraverso lo studio della produzione
mediatica di un certo arco temporale dovrebbe potersi ricavare un
quadro generale capace di lasciare intendere presenza, assenza o
eventuale peso di pensieri, tensioni, preoccupazioni presenti nella
società di quel momento.

La Ricerca Sociologica.

Sono stati considerati circa 600 abstracts di articoli di stampa
nazionale yugoslava risalenti ad un arco temporale compreso tra il
Giugno 1999 ed il Dicembre 2002. E' stato possibile usufruire di tale
materiale grazie ad un archivio pre-esistente la cui esaustività è
garantita dal fatto che la spina dorsale dello stesso segue il filo
rosso della tematica ambientale-sanitaria ricorrendo perciò a testate
che hanno affrontato la questione con una certa omogeneità diacronica.
Tra le fonti yugoslave principalmente utilizzate si possono citare: 1)
l'agenzia di stampa Tanjug; 2) Radio B-92; 3) quotidiani come
Politika e Vecernje Novosti; Dnevni Telegraf, Blic, Glas Javnosti,
Danas; 5) quotidiani regionali quali Pancevac.
Una volta raccolto il materiale è iniziata la fase di catalogazione
svolta secondo un criterio sia tematico che cronologico (di tipo
annuale e mensile) e seguita da una sistematizzazione per fonte
(principalmente yugoslava o internazionale).
Oltre alle fonti sopra citate, l'altro importante strumento
metodologico utilizzato per la ricerca è stato quello dell'intervista
semi strutturata e del colloquio in profondità grazie alle quali è
stato possibile formulare riflessioni sulla validità o meno delle
ipotesi di partenza.
Le suddette ipotesi riguardano grosso modo tre sfere di riflessione:
1) modus operandi della stampa in un contesto bellico, ipotizzando
forme di filtraggio e censura a proposito dei gravi danni
ambientali/sanitari veicolati dalla guerra - con particolare
attenzione ai bombardamenti subiti dalle industrie chimiche e
dall'uso di armi all'uranio impoverito - ; 2) natura del conflitto in
ex-Yugoslavia inteso come guerra ecologica sia a livello di
intenzionalità che di effetti; 3) reazioni/dinamiche sviluppatesi
nella popolazione locale a fronte della problematica socio-ambientale,
ipotizzando una sorta di meccanismo di autocensura.
Per testare validità ed attendibilità di tali ipotesi il primo passo è
stato in direzione di confronto rispetto ai dati estrapolati
dall'analisi quali-quantitativa degli articoli analizzati. Dopo aver
creato le sei categorie concettuali di base denominate semplicemente
Voci si è cercato di individuare dei trend d'interesse mediatico nei
confronti dei singoli argomenti per poi cercarne eventuali
spiegazioni. Questo tipo di operazione ha rivelato una pressoché
totale assenza di articoli a proposito della situazione ambientale
fino all'anno 2000 ed un significativo - poiché crescente - interesse
per l'argomento dallo stesso anno in avanti.
Per quanto riguarda il lavoro svolto sui testi delle interviste il
primo passaggio utile è stata l'individuazione di diversi items
ricorrenti. In questo caso le segnalazioni più interessanti
riguardano da una parte l'omogeneità emersa a proposito delle pessime
condizioni ambientali dei siti bombardati dalla Nato e dall'altra la
netta spaccatura a proposito della questione Du (depleted uranium) e
delle operazioni mediatiche effettuate sulle notizie in tempo di
guerra.

Riprendendo dunque in mano le ipotesi iniziali, cosa emerge?
La testimonianza degli articoli pubblicati a partire dall'anno 2000
riguardo ai danni ambientali subiti durante il conflitto del 1999
spinge in direzione affermativa rispetto ad una constatazione di
effettualità del danno degna di una guerra ecologica e d'altro canto
interviste e colloquio in profondità portano verso una parallela
conferma dell'intenzionalità con la quale sono stati effettuati certi
tipi di bombardamenti.
Rispetto alla prima ipotesi sia l'analisi degli articoli che quella
delle interviste portano nella stessa direzione: la conferma di una
censura della stampa yugoslava durante e dopo il conflitto del 1999,
operazione attuata tramite un filtro delle informazioni.
Ciò che risulta quasi paradossale è il fatto che sull'altare del
mantenimento del public order sia stata immolata la possibilità di
denuncia rispetto ai gravi danni socio-ambientali riconducibili agli
attacchi aerei Nato in ex-Yugoslavia e ciò rimanda all'ultima ipotesi
formulata.
Scegliere di tacere riguardo ad alcune delle più pesanti conseguenze
dei bombardamenti non potrebbe forse indicare una specie di ambigua
complicità tra vittima e carnefice?
In questo caso i trend non aiutano poiché la vera fonte da considerare
sono piuttosto le interviste ed il colloquio da cui si ricavano
elementi convergenti verso la possibilità di una eventuale sorta di
autocensura scattata nelle popolazioni locali a proposito del rischio
ambientale-sanitario del loro territorio.

F. Alessandrini
federicalessandrini@...


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1) Tesi di laurea di Federica Alessandrini in Scienze Politiche
(Bologna), Indirizzo Politico-Sociale, Sociologia dello Sviluppo, 19
Marzo 2003:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/VARIE/alessandrini.z=
ip

2) A. Dobson, M. Waller, K. Drezov, B.Gökay, Kosovo, the politics of
delusion, Frank Cass Ed., London, 2001, p. 138.

3) Rapporto Unep, 1999.

4) T. Weymouth & S. Henig, The Kosovo Crisis. The last American War in
Europe?, Reuters, London, 2001, p.143.

5) M. Thompson, Forging War. The Media in Serbia, Croatia, Bosnia and
Erzegovina, University of Luton Press, 1999, p.21.

ÉLIE WIESEL PRIX NOBEL DE LA GUERRE

Élie Wiesel, prix Nobel de la Paix en 1986, publiait dans San
Francisco Chronicle le 12 mars 2003 un article appuyant la politique
des États-Unis face à Saddam Hussein.

Dans cet article Wiesel déclare, à propos de la guerre en Irak, qu'en
toute autre circonstance il aurait sans doute rejoint les marcheurs
de la paix. Quand on connaît les prises de position du Prix Nobel de
la paix, dans des conflits antérieurs, on se demande quelles doivent
être les circonstances d'une guerre pour que Wiesel rejoigne les
marcheurs de la paix? Il suffit d'examiner ses attitudes dans des
conflits récents pour douter de sa sincérité.

Ainsi, lors de la première guerre dans le Golf, Élie Wiesel brillait
par son absence parmi les marcheurs de la paix. Pourtant, dans le même
article il se demande si la guerre n'est pas la cruauté absolue et la
forme ultime de la violence. Enfin, à propos de la guerre en
Afghanistan, Élie Wiesel se tait aussi bien à propos du massacre des
prisonniers talibans que d'internement des survivants à la base de
Guantanamo, privés de toute protection juridique et enfermés dans des
cages, comme des fauves.

Mais si dans ces deux cas, l'intervention armée des États-Unis ait pu
paraître en partie justifiée par l'invasion de Kuweit et le fanatisme
des talibans, ce sont des conflits en Yougoslavie et la dernière
guerre contre Irak qui avaient mis en lumières l'alignement
inconditionnel d'Élie Wiesel sur la politique des États-Unis.

Dans l'article mentionné, Élie Wiesel affirme, en parfait accord avec
le président Bush, que Saddam Hussein était un tyran impitoyable d'un
État voyou, mais il oublie de rappeler que les États-Unis l'avait
soutenu tant qu'il faisait la guerre contre l'Iran. Quant à
l'épouvantail des armes prohibées dont Saddam aurait pu se servir,
Wiesel croit à leur existence, car il croit à la parole de Colin
Powell: « un homme d'un tel calibre ne risquerait pas sans raison son
nom, sa carrière, son prestige, son passé, son honneur ». On reste
perplexe devant la crédibilité d'Élie Wiesel. Ou elle frise la
jobardise ou elle est feinte. Dans ce dernier cas Wiesel suppose, à
tort, l'opinion publique capable d'avaler des pareilles couleuvres.
Or, voici qu'un mois après la fin des hostilités, les troupes
anglo-américaines n'ont pas trouvé la moindre trace de ces armes de
destruction massive. Élie Wiesel, est-il pris de doutes, de remords
d'avoir proféré un mensonge? La question ne se pose même pas. Le grand
homme se terre dans le silence, car il compte sur notre amnésie.

Mais c'est probablement dans le conflit qui avait déchiré
l'ex-Yougoslavie qu'apparaît le plus clairement l'ambiguïté d'Élie
Wiesel, l'homme de la paix virtuel et de la guerre réelle. Dans son
article, il affirme que seule une intervention militaire avait pu
mettre fin au bain du sang dans les Balkans. En effet, le 13 décembre
1995, Wiesel avait déclaré dans le bureau ovale de la Maison Blanche
et en présence du président Clinton que l'envoie des troupes de
maintien de la paix en Bosnie est un impératif moral. Fidèle à lui
même, il évoque la morale pour justifier les visées géostratégiques
des États-Unis et d'Allemagne, des véritables maîtres d'œuvre de cette
guerre.

Il est impossible d'imaginer que Élie Wiesel ne le savait pas, lui qui
fraie le gratin politique et intellectuel de son pays d'adoption. Si on
en doutait de cette réalité, il suffirait de relire les journaux
européens du décembre 1991 pour se rappeler que dans la nuit du 17 au
18 décembre 1991 le ministre allemand des affaires étrangères Hans
Dietrich Genscher avait arraché à Rolland Dumas, ministre des affaire
étrangères de la France, la reconnaissance de la Slovénie et de la
Croatie par les pays européens, ce qui a mis le feu aux poudres.
L'armement de la Croatie par l'Allemagne réunifiée et des musulmans
par des avions cargo américains atterrissant la nuit à l'aéroport de
Tuzla, en dépit de l'embargo sur les armes proclamées par les Nations
Unies, sont des secrets de polichinelle. Par la décomposition de la
Yougoslavie l'Allemagne avait enfin réalisé son vieux rêve de faire
disparaître le dernier vestige du traité de Versailles.

Pour ce qui est de la guerre en Bosnie tout se passait comme si dans
les esprits de certains dirigeants occidentaux ce conflit se présenta
comme une occasion unique de faire un deal avec le monde islamique :
concluons la paix en Israël et en contre partie vous aurez un État
musulman en Bosnie. Comment expliquer autrement sa charge contre les
Serbes dans son article du Time du 7 août 1995 et son support pour un
fondamentaliste islamique tel que Alia Izetbegovitch, auteur de la
fameuse Déclaration islamique qui prône l'incompatibilité d'un État
laïque avec la charia ?

Dans la politique tous les accords se font sur le principe du donnant
donnant, Hélène Carrère d'Encausse dixit. Elie Wiesel était le
complice conscient de cette politique.

Toutes les sanctions économiques contre la Yougoslavie et les actions
militaires contre les Serbes en Bosnie ont été justifiées par des
prétendus massacres commis par les Serbes. Or nous disposons
aujourd'hui des témoignages irrévocables prouvant qu'au moins deux de
ces massacres étaient organisés par les musulmans. Le premier de ces
massacres se produisit le 27 mai 1992 devant une boulangerie de la rue
Vasa Miskin à Sarajevo. Le général canadien Lewis MacKenzie, le
premier commandant des troupes des Nations Unies à Sarajevo, témoin
privilégié, écrit à ce propos dans son livre The road to Sarajevo :

« La présidence bosniaque dénonce un bombardement serbe. Les Serbes
parlent d'une charge explosive préparée à l'avance. Nos soldats (les
Canadiens) disent qu'il y a un certain nombre de détails qui ne
collent pas. La rue a été bloquée juste avant l'incident. Une fois la
file d'attente formée, les médias bosniaques ont fait leur apparition,
mais sont restés à distance avant de se ruer sur les lieux sitôt
l'attaque terminée ».

La première intervention militaire contre les Serbes de Bosnie s'était
produite suite au massacre de la place de Marcalé, commis prétendument
par les Serbes. D'après Le Nouvel Observateur du 31 août 1995, Édouard
Balladur, premier ministre français et les généraux français savaient
très bien que ce massacre n'était pas l'œuvre des Serbes, mais il a
permit à l'Otan de sortir de ses atermoiements. Donc les Serbes ont
été bombardé pour raison de commodité. Du moins Édouard Balladur a eu
le courage de dire « nul ne le conteste, pour gouverner, il arrive
qu'il faille recourir à des procédés qui ont peu à voir avec la morale
courante « ( Les mots des politiques, Éditions Ramsay, 1996).

Élie Wiesel ne pouvait pas ignorer ces faits, comme il ne pouvait pas
ignorer la mise en scène du massacre de Ratchak au Kosovo en 1999 car
celui-ci avait servi du prétexte pour déclencher la guerre contre la
Yougoslavie en mars de la même année, mais il continuait de se taire.

Ceci nous amène à poser la question si désormais le prix Nobel de la
Paix ne devait pas être attribué à titre posthume. Le cas d'Élie
Wiesel montre qu'un récipiendaire du prix Nobel de la paix peut de son
vivant se métamorphoser en un partisan de la guerre.

Il est probable aussi que si les membres de l'Académie norvégienne
s'étaient donnée la peine de lire le livre de Wiesel Legends of our
times, publié pour la première fois en 1968 chez Schocken Books, New
York, ils auraient réfléchi deux fois avant de lui donner le
prestigieux prix. Ils auraient pu y trouver notamment la phrase
suivante: « Chaque Juif, quelque part dans son être, doit instaurer une
zone de haine – une haine saine, une haine virile - pour tout ce que
les Allemands personnifient et représentent. Faire autrement serait
trahir les morts ».

Sans doute, Élie Wiesel a souffert dans sa chair à Auschwitz et on
peut comprendre qu'il ne porte pas les Allemands dans son cœur, mais
de là à faire l'apologie de la haine de tout un peuple, il y a là
quelque chose d'incompatible avec un homme qui aspire à être la
conscience universelle. Et puis, qui peut le nier, la haine n'est-elle
pas en dernière instance le désir de meurtre ?

À propos d'Élie Wiesel, on ne peut s'empêcher de penser à Primo Lévi,
un autre juif rescapé du camp d'Auschwitz et qu'on est tenté de
regarder comme antithèse de Wiesel. Il en est sur plusieurs plans. À
sa libération il reprend son métier d'ingénieur chimiste et fuit les
honneurs, les mondanités et surtout la fréquentations des puissants de
ce monde. Dans sa volonté de comprendre, il ira jusqu'à établir le
contact avec celui qui fut son chef au laboratoire de chimie à
Auschwitz et seule la mort de cet homme l'empêchera de le rencontrer.
Dans son œuvre magistrale, en grande partie autobiographique, la haine
d'Allemand est totalement absente. Lévi ne s'instaure pas le juge
suprême du Bien et du Mal, comme le fait Wiesel qui s'approprie ainsi
des attributs de Dieu. Pour un homme, qui se dit croyant, cette
appropriation abusive laisse une impression de malaise. L'œuvre de
Lévi pose implicitement la question fondamentale: comment un univers
concentrationnaire ait pu éclore au pays de Goethe et de Beethoven ?
C'est finalement la même question que Soljenitsyne pose pour la
Russie, patrie de Dostoïevski et de Tchaïkovski.

Plus je réfléchis sur ces deux rescapés d'Auschwitz, plus mes
préférences vont à Primo Lévi.


Trois-Rivieres (Canada), 15 mai 2003

Négovan Rajic

negovan.rajic@...

From: Marek Glogoczowski
Subject: "International community", Kosovo's proconsul Michael
Steiner & "Serben muss sterben" principle
Date: 16/05/2003 10:46


Below I pasted a copy of an e-letter I recently received from my
friend,
Piotr Bein, since 30 years established in Vancouver, Canada.
M.G.

-----------------------------

Mr. Lindmeier,

I will be as blunt as UNMIK's cynicism in its press release that
reminds me
of pre-school times when, unable to deal with the message, kids told
the
staff on me. Not only children try to undermine the messenger. You
must also
be aware of the thief who, to detract attention from himself, shouts
and
points to bystanders, like UNMIK does to Serb officials. Please pass
my
comment on to your superiors for a more meaningful answer.

Unfortunately for the "international community", many denizens of
conscience
agree with Mr. Dragan Rakic's complaint. Whom is this "car
registration
before capturing war criminals" rubbish for? We are tired of UNMIK-
KFOR
"inability" and perpetual blaming "the Serbs" for own failures to
accomplish
resolution 1244.

Recently I travelled in Kosovo, stayed with Albanians for a few
nights, and
visited tightly guarded Serb Orthodox monasteries and enclaves. A vice
gripped my throat every time I passed by burned out Serbian houses and
Albanian mansions with driveways paved with rubble from Serbian
houses.
Tears rolled down my face when I saw Serb cemetaries and churches
desecrated
and ruined. I was terrified when I saw some of them surrounded by
barbed
wire and watchtowers of KFOR who abandoned the posts.

I met Albanians involved in arms trade and sex slavery. A pimp
propositioned
me to visit his establishment "full of girls from Moldavia". Learning
that I
am unemployed, my hosts sincerely proposed that I participate in
their arms
trafficking. They told me they hate UNMIK nad KFOR, and are preparing
an
uprising. I saw brand-new posters with a logo of the UCK (outlawed and
supposedly disbanded Kosovo Liberation Army) in public offices and
businesses, even on a road sign next to an UNMIK police station.

Kosovo is dotted with pretentious monuments to fallen UCK men –
heroes to
the Albanians, war criminals to the Serbs. More than a thousand Serbs
are
still missing since US-led KFOR marched in and looked through fingers
at
Albanian extremists' "revenge crimes". A Kosovo Serb friend of mine,
in
Poland since the beginning of NATO attack on Yugoslavia, necessarily
stays
there to date, otherwise he would risk his life, if he returned. UCK
expelled his family to Serbia and Montenegro in 1999. They lost one
member
and everything they owned. I learned just before last Easter that the
Hague
"tribunal's" quest for Albanian victims in Kosovo has unearthed the
lost
family member.

Most of my Albanian interlocutors (and many Moslems in Montenegro,
too)
absolutely hate the Serbs. No registration plates will change their
hearts.
Until the meddling of "humanitarian" West and Islamist states towards
the
end of the past century, Serbs had no problem living and sharing with
Slovenes, Croats, Bosnian Moslems, Albanians and many other groups.
Yet, the
US-led "international community", sponsored hate-driven ethnic
cleansing of
hundreds of thousands of Serbs from Croatia, Bosnia and Kosovo, and
cynically accused "Milosevic and the Serbs" for doing it to the
others. In
these "humanitarian missions" Germany supplied arms, mercenaries,
money and
intelligence to the illegal secessionists in Slovenia, Croatia,
Bosnia and
Kosovo. No amount of disinformation will obliterate the facts. They
are all
over to be found, except at the kangaroo court in Hague and in German
official statements.

Among lighter "omissions", UNMIK-KFOR obviously do not react to lies
posing
as authoritative publications. This is your basic obstacle to normal
multi-etnicity declared in resolution 1244. At book stands on
Prishtina's
main street I browsed through many books that present propaganda
hoaxes
against the Serbs ("death camps" in Bosnia and Racak "massacre", for
example) as indisputable facts years after they have been debunked. If
anybody in the West tried to spread lies against the Jews, for
example, they
would not last a minute.

The Albanians I met resent the monthly expenses on Herr Steiner's
mansion in
Kosovo no less than they do the salaries of the UNMIK policemen; men
from
developing countries earn a huge multiple of their domestic pay. We
are
getting a good value for our taxes: I saw UNMIK toyotas 4WD
everywhere,
parked by the dozen at every UNMIK post, driving to and fro on every
road.
What for?

All Serbian vehicles that I saw in Kosovo had Steiner's plates for the
safety of the owners and passengers. Why does he insist on Belgrade's
recognition of something that should have been implemented in June
1999? In
Grachanica, one of a few remaining Kosovo Serb enclaves, I saw vendors
selling fuel in pop bottles, even though there is a new gas station
near the
village and Serb prices in dinars are equivalent to euro, the official
currency in Kosovo. Serbs would be attacked, if they ventured out –
explained several Serbs and Albanians. Minutes from the gas station
stands a
fort of the Swedish battalion of KFOR.

Why should Belgrade recognize Steiner's plates if UNMIK-KFOR has not
even
tried to remove the root of a fundamental personal safety problem of
the
Serbs in Kosovo? Nebojsa Covic did the right thing when
he "disappointed"
Herr Steiner.

Serbia has legal, historical and moral sovereignty over its ancient
Kosovo.
Hopefully Herr Steiner and German members of KFOR and UNMIK realize
that
they are occupiers in an illegally attacked state, while at the same
time
their government condemns an lawless attack and occupation of Iraq.
When
will UNMIK-KFOR bureaucrats get their act together? Not as long as
they are
the operatives of elites aspring to totalitarian government.

If Kosovo indicates official (overt and covert) German behaviour, I,
a Slav
and a Pole, am very concerned about Germans posing as benevolent
"international community" representatives. Herr Steiner is tacitly
implementing Austro-Hungarian empire's "Serben muss sterben" adage.
Serbia
is sovereign in Kosovo, like Poland is over its Western Lands re-
gained
after WW2. Once Poland joins European Union, revisionists may start
taking
over our land (see German whistle-blowing at
www.freenations.freeuk.com for
substantiation of this Polish "hysteria"). Then another Herr Steiner
will
justify this new "Drang nach Osten" cleansing with a bureaucratic
gimmick to
full the naive West.

If Slavs were as aggressive and cheeky as Albanians and other radical
Balkan
Moslems supported by radical Islam and the "international community",
they
would be prevailing all the way to Hamburg and the Elbe River, never
mind
the Balkans. Herr Steiner is playing with fire. If he is oblivious to
history, Slavs can be devastating when pressed to the wall. Seemingly
mindless destruction by the employees of German-owned farms and
businesses
that sprout in Poland might be a forewarning, if Germans, hiding under
"international community" and "humanitarian missions", don't change
their
social management approach. Until then, the likes of Herr Steiner can
ask
"dumm" questions – as at the end of his press release – till they
drop.

Dr Piotr Bein, PEng
Vancouver, Canada
and
Szczecin (not "Stettin"), Poland


-----Original Message-----
From: Christian Lindmeier [mailto:lindmeier@...
Sent: May 15, 2003 5:38 AM
To: "Michel Collon <michel.collon" <michel.collon@...>,
"Russell Gordon <russellgordon" <russellgordon@...>,
"BBC World <worldservice.letters" <worldservice.letters@...>,
"CANAUK <canauk" <canauk@...>,
"David NYTimes Binder <dabind" <dabind@...>,
"Glas Kosmeta KERP <kerp" <kerp@...>,
"<hrwatcheu" <hrwatcheu@...>, "<hrwdc" <hrwdc@...>,
"<hrwnyc" <hrwnyc@...>, "<hrwuk" <hrwuk@...>,
"Jared Israel <jaredi" <jaredi@...>,
"john_peter maher <jpmaher" <jpmaher@...>

Subject: Re: Michael Steiner

(See attached file: #964 - High ranking working group.doc)

UNMIK/PR/964
Wednesday May 14, 2003
SRSG Expresses Disappointment at Covic's departure from meeting of
High
Ranking Working Group


PRISTINA – SRSG Michael Steiner described the departure of Serbian
Deputy
Prime Minister Nebojsa Covic from the High Ranking Working Group, as
"disappointing".

"Mr. Covic wanted the High Ranking Working Group to meet and we were
ready
for it, but the meeting unfortunately did not take place," said SRSG
Michael
Steiner.

Mr. Steiner said that Mr. Covic wanted to discuss the Musliu case
first.
"Let me explain my position. Musliu is one of the most violent,
active,
organized crime figures in the region. Nevertheless, as in all cases,
the
rule of law must be followed."

"But this aside, Musliu is not in UNMIK's detention. So I am in not
in a
position to deal with this issue."

"I made this clear to Mr. Covic, but it did not satisfy him and he
suddenly
did not want the meeting he had requested."

"This is particularly disappointing because the first item on the
agenda was
the Protocol on mutual recognition of number plates. This protocol
has been
ready for signature and agreed by the Government in Belgrade since
August of
last year."

"So what does not signing it mean? It means limited freedom of
movement for
all communities and especially for Kosovo Serbs. Providing anonymous
number
plates for everyone is the most practical measure to improving
freedom of
movement and would have immediate results."

"Moreover, in the Common Document, UNMIK had made a `commitment to
increase
freedom of movement through the issuance of free (KS) license plates
to
Kosovo Serbs'. We continue to hand out free number plates to Kosovo
Serbs
and have extended our deadline pending signature of the protocol."

"I fail to understand why this protocol cannot be signed. As I said,
it is
in the interest of all communities and particularly Kosovo Serbs. I
must
ask: Why is it that the whole neighborhood and the EU countries
recognize KS
number plates but Serbia does not?"

======================================================================
===
From: "Dragan Rakic" <dragan@...>

Subject: Michael Steiner

Route: un.org

Sirs,

Michael Steiner's decision not to turn over to the
Serbian justice, the indicted war criminal and terrorist Sefcet
Musliu, if
it is his own, reveals once again that the UN is not able to rule out
the
Security Council resolution 1244, which certainly respects the part
of the
protection of Albanians, and nearly not at all the protection of the
Serbian
population.
The indicted person, Sefcet Musliu, was confirmed
commander of the terrorist groups in the Kosovo region, but also in
the
Southern Serbia, Medvedja , Bujanovac and Presevo, which are not
under the
UNMIK jurisdiction. Of course there cannot be any question of any
sort of
revenge or the violence, but only the respect of laws, and it seems
that
according to Mr. Michael Steiner, Serbia has no right to fully
exercise her
laws even on her own territory.
The question is how can then, any international instance press Serbia
to
turn over her indicted, and not to be able to legally exercise her
justice.
How can one criticize the Iraqi invasion by the coalition forces, and
do the
same in another part of Europe.
Instead of justice equal for all and the multiethnic
society, Mr. Steiner suggests to Serbs "the car registration plates",
like
if it was the most important matter in establishing the peace, order
and
justice.
Besides, the general impression is that although
the post Milosevic era is there , and the new government make efforts
and
all the necessary to comply to the international community's
exigencies, but
also laws, the very same community, at least a part of it, behaves
like
nothing was done.
What was not understood yet is that, any wrong move on behalf
of the international instances is cleverly used by those who still
hope the
return of the previous system and previous political groups. Would it
mean that someone intentionally maintains the country's instability
and
thus the uncertain situation in the whole of the region. If the aim
is a
multiethnic society, then there should not be what we call in France "
deshabiller Pierre pour habiller Paul", take from the ones to give to
the
others, which is exactly what Mr. Steiner seem to be actually doing.,
if
he is the only
authority in the Serbian Province.

Sincerely

Dragan Rakic

Strasbourg

France




--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Coordinamento Nazionale per
la Jugoslavia" ha scritto:

(...)

UNMIK: KOSOVO NOT SERBIAN PROVINCE
ACCORDING TO RESOLUTION 1244
PRISTINA,May 11 (Beta)- UNMIK Chief Michael
Steiner has clearly said that Kosovo is not a Serbian
province according to U.N. Security Council resolution
1244, UNMIK spokeswoman Isabelle Karlovic said on
May 9.
"The secretary general's special envoy (for Kosovo
Michael Steiner) said in (Vienna on May 8) that resolution
1244 leaves the issue of status open. The special envoy has
clearly said that Kosovo is not a province of Serbia
according to Resolution 1244," she said.
Steiner, SerbiaMontenegro ambassador Branislav
Milinkovic and representatives of the council's member
countries addressed an OSCE Permanent Council sitting on
Kosovo on May 8.

(...)