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Polonia: pretese “storiche” su questioni attuali


di Fabrizio Poggi, 4 settembre 2017

Il governo polacco stanzierà 30 milioni di euro per la costruzione di una barriera di 730 km, al confine con l’Ucraina, che impedisca l’accesso a cinghiali e maiali selvatici portatori della peste suina, il cui virus è stato riscontrato in una decina di aree ucraine. 

Forse anche per far fronte alla spesa, Varsavia sta sempre più insistentemente sollevando la questione delle “riparazioni di guerra” con Germania e Russia. Quest’ultima, dicono a Varsavia, quale “erede legale della Russia sovietica”, è addirittura chiamata a pagare i 30 milioni di rubli in oro che la Russia di Lenin avrebbe dovuto versare alla Polonia in base all’accordo di pace di Riga, sottoscritto nel 1921 alla fine della guerra russo-polacca. A Mosca si dice che le chances polacche di vedere quella somma sono pari a zero.

Per quanto riguarda la Germania, il Bundestag ha ribadito che non esistono basi giuridiche perché la Polonia possa pretendere le riparazioni per la Seconda guerra mondiale. Deutsche Welle scrive che in fase di messa a punto dell’accordo del 1990, la Polonia, “con tacita rinuncia, non aveva presentato richieste di riparazioni”: pertanto, le rivendicazioni polacche avevano perso forza giuridica, al più tardi, al momento della firma di quell’accordo. Oltre alla scadenza dei termini per la presentazione di richieste, nota DW, il Bundestag ribadisce la posizione del governo tedesco del 1999, in cui si parla di “perdita di territori e proprietà”, “termine superiore ai 50 anni dalla fine della guerra” e “Accordo 2+4”, in riferimento all’accordo sulla “Risoluzione definitiva della questione tedesca”, firmato tra RFT e RDT da un lato e Francia, Gran Bretagna, URSS e USA dall’altro e in cui si parlava anche delle questioni territoriali tedesco-polacche. Berlino respinge anche eventuali pretese avanzate da privati cittadini polacchi. 

Da diverse parti si nota come, se Varsavia non riconosce oggi gli accordi sottoscritti nel 1953 tra RDT e Repubblica Popolare di Polonia e non si riconosce dunque erede di quest’ultima, ciò equivale a mettere in dubbio anche le proprie attuali frontiere, con i territori ex tedeschi acquisiti alla fine della guerra, in particolare, gran parte dell’ex Prussia orientale. In effetti, Varsavia non è disposta a rinunciare a quanto acquisito a ovest e a nord, a spese della Germania, grazie agli accordi di Jalta e di Potsdam, ma non nasconde affatto le proprie pretese su quanto “perduto” a sudest, coi territori occupati nel 1921 proprio grazie all’accordo capestro di Riga e tornati all’Ucraina nel 1939. Sembra addirsi alla Polonia odierna, osserva Balalaika24.ru, la definizione datale a suo tempo da Winston Churchill, quale “iena d’Europa”, in riferimento ai suoi tentativi di strappare pezzi di territori vicini.

Per quanto riguarda le “riparazioni” russe, a Varsavia si sostiene che “anche i russi portano la responsabilità di quanto hanno fatto in Polonia” e, vaneggiando sulla grandezza polacca, si blatera sui trilioni di zloty spesi per la ricostruzione al termine della Seconda guerra mondiale: “immaginate che avremmo potuto spendere quei soldi per lo sviluppo del paese e non per la sua ricostruzione. La Polonia sarebbe oggi due volte più potente, noi guadagneremmo due volte tanto, come in Occidente”. Poveri polacchi!

Da Mosca, il responsabile per le questioni giuridiche con la UE, Aleksandr Treščëv, ha dichiarato che, in base a “varie risoluzioni ONU e al diritto internazionale, è semmai la Russia che potrebbe pretendere riparazioni dalla Polonia per quanto fatto a vantaggio di questa nell’ultima guerra: per far questo, non sono ancora scaduti i termini, mentre dalla pace di Riga sono trascorsi quasi cento anni”. Il vicepresidente della Commissione esteri del Senato, Vladimir Džabarov, ironizza che, seguendo la logica polacca, Mosca potrebbe pretendere riparazioni dalla Polonia per l’invasione del 1612 e dalla Francia per il 1812. “Queste dichiarazioni sono solo sciocchezze” ha detto Džabarov; “Sembra che l’attuale governo polacco non abbia prospettive, sia troppo nazionalista e non capace di compromessi. Lo hanno già capito in Europa e cominciano a preoccuparsi di Varsavia”.

A questo proposito, tutti i media internazionali sottolineano il recente battibecco tra Emmanuel Macron, che ha parlato degli “errori commessi dal governo polacco” – sulla questione del rifiuto di accettare le “quote” migratorie – e la premier polacca Beata Szydło, che ha consigliato a Macron “di pensare agli affari del suo paese” e lo ha accusato di “arroganza” e di cercare di “eliminare uno dei pilastri della UE”, dopo che il presidente francese aveva dichiarato che “la Polonia non decide oggi il futuro dell’Europa e non lo deciderà nemmeno in seguito”. Ovviamente, nota Politkus.ru, Bruxelles non ha intenzione di entrare in aperto conflitto con Varsavia, quando sullo sfondo c’è un confronto geopolitico ben più importante con la Russia.

E, comunque, in qualunque direzione si manifestino, ovest, sudest o est, è chiaro che Varsavia, avanzando pretese di riparazioni o restituzioni, si sente ben spalleggiata da oltreoceano: per questo, la cosa riveste solo esteriormente un aspetto “storico” e maschera solo parzialmente l’attualità dei rapporti Washington-Berlino-Mosca, di cui Varsavia e Kiev non sono che un ingranaggio. 

La disputa “storica” va vanti infatti anche tra Varsavia e Kiev e i rapporti polacco-ucraini, nota Irina Simonenko su Balalaika24.ru, non stanno attraversando il momento migliore: sono tuttora aperte le questioni delle pretese di Varsavia sui territori dell’Ucraina occidentale, dell’idea polacca di raffigurare la cappella “Orlęta Lwowskieche” a L’vov sui nuovi passaporti, delle recriminazioni storiche intorno a UPA e Bandera. Va avanti da qualche anno la faccenda della “Reštitúcia Kresov”, con la preparazione delle cause giudiziarie di cittadini polacchi che pretendono di rientrare in possesso di proprietà in Galizia, Volinia e “Zakerzonie”.

Verso ovest, sia la questione migratoria (con le possibili sanzioni UE per il rifiuto polacco a rispettare le “quote”), sia quella del “North stream-2” e della bretella “Oral” (che collega il “North stream-1” ai sistemi di transito dell’Europa centrale e occidentale attraverso la Germania e alla cui realizzazione Varsavia si oppone, temendo la perdita dei diritti di transito sui gasdotti che attraversano l’Europa centrale) costituiscono gli elementi “nazionali” della disputa polacco-tedesca, all’interno, però, di un più ampio gioco internazionale, in cui la Polonia, spalleggiata dagli USA, mira a divenire il polo esteuropeo della NATO, contrapposto a quello occidentale franco-tedesco, non così ligio ai disegni yankee. Varsavia, nota il presidente della Commissione esteri del Senato russo, Konstantin Kosačev, si erge a leader del “nuovo Patto antikomintern”, cioè della dichiarazione congiunta uscita dalla recente riunione a Tallin tra i ministri di Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Croazia, Slovacchia, Ungheria e Rep. Ceca, sulla “Eredità criminale di comunismo e nazismo”. Ma lo fa, sostanzialmente, per mascherare con un sipario “ideologico” il fronte dei paesi che si oppongono alle “quote” migratorie della UE, su cui insistono i capofila Merkel e Macron.

La forma è dunque storica e si manifesta a uso interno in bordate a tribordo e a babordo. Così, se in Occidente si continua a tacere sul patto stretto nel 1934 tra Józef Piłsudski e Adolf Hitler, ecco che, ancora Balalaika24.ru, nota che, ai moderni polacchi, Varsavia evita di ricordare di come, durante l’occupazione, i nazisti premiassero i polacchi con 5 kg di zucchero per ogni ebreo denunciato e come i tedeschi rimanessero sempre a corto di zucchero; cerca di non ricordare come la cattolica Armia Krajowa e altre bande simili, in risposta, è vero, ai massacri OUN-UPA in Volinia, perpetrassero massacri di ebrei, ortodossi e uniati di Polonia e, se da una parte organizzavano qualche incursione antitedesca, dall’altra compivano stragi di militari sovietici, civili polacchi e lituani, milizia popolare polacca, anche a guerra finita. E Varsavia tace su come la popolazione tedesca di quei territori della Germania annessi alla Polonia dopo il 1945, sia stata in parte massacrata (quasi 2 milioni di persone) e in parte derubata e cacciata dalle proprie case.

Se questa è la “forma”, la sostanza è però molto attuale e va al di là del solo pubblico interno della Trzecia Rzeczpospolita Polska, passando per manie di grandezza, sponsorizzate da interessi geopolitici globali, a ovest della Granica na Odrze i Nysie Łużyckiej (la linea Oder-Neiße) e a est dei Księstwo di Włodzimierskie e Halickie (i principati di Volinia e di Galizia).

Manie, interne ed esterne, “vaneggianti delirio e oblio di mente ottenebrata e malvagità e lacrime e rabbia e sete di strage”, direbbe Ovidio.




(hrvatskosrpski / italiano)

80 anni dalla fondazione del PC di Croazia

1) Neće nas navući na fašizam – 80. obljetnica osnivanja KPH na Anindolu (Radio Samobor)
2) Govor Vladimir Kapuralina povodom obilježavanja 80-e godišnjice osnivanja KPH
3) Forum radnika SRP-a: Anindol 2017.
4) Se ne parla anche su VOCE JUGOSLAVA, la nostra trasmissione autogestita su Radio Città Aperta


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Neće nas navući na fašizam – 80. obljetnica osnivanja KPH na Anindolu


Anja Franić - Modrić, 9. Rujna 2017.

Udruga antifašističkih boraca i antifašista grada Samobora Svete Nedelje i Društvo “Tito” Samobora i Svete Nedelje danas su na Anindolu, ispred Spomen stećka, organizrali obilježavanje 80. godišnjice održavanja 1. Kongresa Komunističke partije Hrvatske. Naime, 1. kolovoza u Samoboru su se satali Josip Broz Tito i 16 njegovih drugova kako bi u tajnosti osnovali KPH.
Obilježavanje povijesnog događaja za većinu govornika bila je prilika osvrnuti se na aktualnu atmosferu u društvu i, kako je rečeno, pokušaje revizije povijesti u kojoj antifašistički pokret dobiva negativne konotacije.

Tako je predsjednik Saveza društava Josip Broz Tito – Hrvatska Jovan Vejnović prvo istaknuo da je socijalistički pokret na ovim prostorima nastao nakon 1. svjetskog rata kao odjek Oktobarske revolucije i velikih revolucionarnih gibanja na tlu Europe te da je na izborima u Kraljevini Jugoslaviji Komunistička partija bila treća politička snaga pa je potom zabranjena. Nakon pojave opasnosti od širenja fašizma i nacizma komunistički pokret dobiva novi zamah, a Josip Broz Tito po povratku iz Rusije 1930-tih godina odlučuje poraditi na stvaranju i oživljavanju partijskih organizacija širom Jugoslavije. Naime, kaže Vejnović, Tito je shvatio da s obzirom na odnose i činjenicu da je Jugoslavija višenacionalna država te da je za njenu uspješnost potrebno ostvariti ravnopravnost svih naroda, nužno i neophodno osnovati nacionalne komunističke partije. Rezultat toga je da je KP imala velik politički i društveni utjecaj i bez toga bi teško bilo stvoriti front protiv fašizma, kaže Vejnović.

– U današnjem kontekstu sve to se smatra komunističkim nametanjem, diktaturom, totalitarizmom. Zar bi nešto što je u osnovi totalitarno moglo imati tako široko rasprostranjen utjecaj, kao što se vidjelo 1941., među radnicima i masama ljudi u Jugoslaviji. Zar bi nešto što je sektaško moglo imati takvog uspjeha i polučiti takve rezultate. U današnjem politčkom kontestu sve ono što se događalo od ’41. do ’45. proglašava se borbom za vlast i komunističkim zločinima. A što je ta Partija i što su ti ljudi koji su na poziv Partije došli i pokrenuli slavnu narodnooslobodilačku borbu, poslije rata ostvarili? Zar je moguće da se na bazi totalitarizma i diktature razvije takav polet kao što je bio u obnovi razrušene zemlje, da se u zemlji koja je imala 80 posto nepismenih ona potpuno iskorijeni. Zar je moguće da se totalitarnim naziva razdoblje u kojem se ostvaruju najviše stope ekonomskog rasta, u kome je stvorena humanistička i tehnička inteligencija koja je bila u stanju da se ekonomski probije po čitavom svijetu, da se razvije država koja je prvi put u povijesti ovih prostora stavljena kao značajan faktor na političku mapu Europe. Oni koji govore o tome kao o totalitarizmu su fanatici čiji je fanatizam zasnovan ne na želji za revizijom povijesti, nego za potpunim krivotvorenjem povijesti i izbacivanjem svega što u toj povijesti vrijedi. Nije problem u tome što oni tako govore o prošlosti, problem je što oni nama za budućnost nude nešto što je civilizacijski bio najniži rang u ljudskom društvu, a to je fašizam. Što da im kažemo – nikad više! Neće nas na to navući – poručio je predsjednik Saveza društava Josip Broz Tito – Hrvatska Jovan Vejnović dodavši da je ipak siguran kako u ovoj državi postoje ljudi i snage koje su sposobne oduprijeti se tome.

Slično je rezonirao i Ivan Fumić u ime Saveza antifašističkih boraca i antifašista Republike Hrvatske:
– Skidanjem ploče maršala Tita svi su problemi u Hrvatskoj riješeni – sada će teći med i mlijeko, tvornice će se dizati, mladi će pohrliti izvana natrag, polja će sama rađati. Sada Hasanbegović spašava Hrvatsku, a njegov pokrovitelj biskup Košić nam toliko dobročinstva nudi da još samo nedostaje, kao neki prijašnji svećenici, da krsti i blagoslivlja noževe pa se možemo nanovno klati. Molim vas, nemojmo nikada biti malodušni! Nikada se nismo predavali, borba je neprestana, to je život. Jedina poruka svim ljevičarima je – nemojmo se dijeliti, ujedinimo snage jer da nije bilo ujedinjenih snaga ne bismo pobijedili u NOB-u – poručio je Fumić dodavši da ustaškom znamenju u Hrvatskoj nema mjesta.

U ime Radničke fronte okupljenima se obratio i Matija Đolo koji je objasnio da ne želi toliko govoriti o prošlosti KPH, koliko o očuvanju njihove baštine:
– Dva su ključna momenta zbog kojih današnje obilježavanje ne može ostati samo prigodničarsko: jedan je revizija prošlosti koja oslobodilačku, narodnu borbu nastoji prikazati kao protunarodnu, nametanje vlasti narodu. U to smo se mogli nedavno uvjeriti u Jastrebaskom gdje smo svjedočili izokretanju povijesti u kojoj je ustaški logor za djecu postao bolnica, a partizansko oslobođenje te djece prikazano je kao napad i otmica. Tom prilikom digli smo svoj glas protiv takvih laži, protiv prikazivanja ustaških izdajica i zločinaca kao nacionalnih heroja. Partizanski borci prikazani su kao borci za nepravdu, a borili su se jedino za pravdu. Ono čega se bojim je da ćemo i ubuduće morati dizati glas protiv takvih revizija.
Drugi momenat zbog kojeg su ovakva obilježavanja danas bitna i aktualna je društveni i ekonomski sistem u kojem danas živimo, odnosno preživljavamo. Nekadašnju solidarnost, sigurnost zaposlenja, besplatno i svima dostupno obrazovanje, besplatnu i jednako dostupnu zdravstvenu skrb, dostojne i sigurne mirovine, sve nekadašnje stečevine socijalističkog sustava, danas nažalost zamjenjuje nesputano tržište. Svakodnevno oko sebe vidimo primjere nečovječnosti koja nastaje kada se žrtvujemo kapitalu, tržišnoj učinkovitosti i profitu. Danas, da bi takav sustav usmjeren protiv većine naroda, a za korist jednoj manjini objesnijoj nego vlastela i plemići iz feudalizma, imao kakve nade održati se malo dulje, brišu se tragovi koji nas podsjećaju na drugačiji svijet. Zato je ove godine moralo biti uklonjeno ime maršala Tita sa zagrebačkog trga. Zato su 90-tih morali biti uništeni toliki spomenici NOB-u. Jer ne smijemo zaboraviti da borba koju je povela KP nije samo borba za oslobođenje od okupatora, bila je istovremeno i borba za oslobođenje radnika – rekao je Đolo te dodao da je potrebno baklju borbe prethodnika preuzeti i prenijeti dalje, a da je jedina budućnost demokratski socijalizam!

U ime Grada Samobora kao pokrovitelja svečanosti Vinko Kovačić je svima poželio dobrodošlicu:
– Mi u Gradu Samoboru s ponosom se prisjećamo današnjeg dana prije 80 godina gdje je grupa hrabrih ljudi na čelu s drugom Titom osnovala Komnunističku partiju Hrvatske. Sa ciljem borbe za bolje društvo, za ravnopravnost žena i da isprave sve nepravde – poručio je Kovačić te poželio da se dogodine svi nađu u još većem broju “kod Stećka” – rekao je Kovačić.
Prilikom govora predsjednik Foruma seniora SDP-a Dušana Plečaša moglo se čuti nezadovoljstvo činjenicom da na obilježavanje 80. obljetnice osnivanja KPH nije došao i predsjednik SDP-a Davor Bernardić, a Plečaš je okupljene podsjetio da je KPH u svom tadašnjem proglasu naglašavala kako se treba braniti interese radničke klase, ali i nacionalne slobode, ravnopravnosti i bratstva među narodima.

U ime SRP-a i Koordinacije radničkih komunističkih partija s područja bivše Jugoslavije Vladimir Kapuralin je naglasio da je Partija bila relativno mala politička organizacija u svojim početcima, ali da se kvalitetno organizirati i suočila s događajima koji su uslijedili pa ostvarila “pobjedu protiv okupatora, povrat okupiranih i oduzetih teritorija, reindustrijalizaciju i rekulturizaciju zemlje, uvođenje samoupravljanja kao izraza emancipatorskih težnji radnika i seljaka, osnivanje Pokreta nesvrstanih”. Ustvrdio je da su nekao tih postignuća epohalna, a da je jedan od najbitnijih fakrota za te uspjehe bilo jedinstvo Partije, kakvog danas na ljevici nedostaje.

Zvjezdana Lazar, koja je govorila u ime stranke Komunističke partije Hrvatske također je naglasila razjedinjenost ljevice kao jedan od problema, ali i istaknula važnost komunističkog pokreta.
– U teškoj borbi riskirali su vlastiti život za sve ono što nam je danas desnica oduzela, nemamo više slobodu, pravedno i pošteno društvo te zemlju socijalne sigurnosti, zemlju radnika i seljaka. Ma koliko god desnica bila glasna i negirala povijest, spremni smo se s njima uhvatiti u koštac i dokazati ono što cijeli svijet zna i potvrđuje: da nije bilo druga Tita, bratstva i jedinstva i njegovih komunista, hrabrosti i odlučnosti, već tada bi tuđe čizme po nama gazile, a neki drugi ljudi nama gospodarili, kao što to danas čine – rekla je Lazar.

Na obilježavanju 80. obljetnice osnivanja KPH na Anindolu se okupilo stotinjak ljudi, a među njima i izaslanik Grada Vinko Kovačić, izaslanik SDP-a Dušan Plečaš, izaslanik Saveza antifašističkih boraca Ivan Fumić, izaslanstva Saveza komunista Hrvatske, SRP-a, Radničke fronte, predsjednik Zajednice udruga antifaštističkih boraca i atifašista Zagreba i Zagrebačke županije Pero Rajić, Zveze boraca Slovenije, društvo J.B.Tito iz BiH, izaslastva udruženja antifaštista Zagreba, Zagrebačke, Karlovačke i Međimurske županije te izaslanstva društava Josip Broz Tito i Udruge antifašista Istarske i Primorsko-goranske županije. Izaslanstva su bila i položila vijence kod Spomen stećka. Program, čiji je pokrovitelj bio Grad Samobor, vodio je Dubravko Sidor, a za glazbene predahe bio je zadužen Zagrebački partizanski zbor pod ravnanjem maestra Salamona Jazbeca koji je tijekom svečanosti zdušno otpjevao državnu himnu, Internacionalu, Budi se istok i zapad, Padaj silo i nepravdo te Crvene makove. Po završetku svečanosti je na Tanc placu održan i mali domjenak.

 
Kruno Solenički



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Govor Vladimir Kapuralina u ime SRP-a i Koordinacije radničkih komunističkih partija s područja bivše Jugoslavije povodom

OBILJEŽAVANJA  80-e  GODIŠNJICE  OSNIVANJA  KPH

 

Drugarice i drugovi, dragi gosti i prijatelji

 

Čast mi je i zadovoljstvo pozdraviti vas na ovom svečanom skupu posvećenom obilježavanju ovog značajnog događaja osnivačkog kongresa KPH, održanog na ovom mjestu, kraj Anindola 1. i 2. augusta 1937. godine.

Posebno sam ponosan činjenicom što vas mogu pozdraviti u ime Socijalističke radničke partije, idejnog i političkog slijednika nekadašnje KP, a kasnije SK, koordinacije KP i RP s jugoslavenskog prostora i u svoje lično ime.

Među ukupnim aktivnostima kongresa poseban značaj pripada proglasu, kojeg njegova klasno-socijalna originalnost i univerzalna vrijednost i danas čini aktuelnim, citiram:

„Između radničkih interesa i stvarnih interesa hrvatskog naroda nema i ne može biti nesuglasica, jer su radnici, kao dio svog naroda, krvno zainteresirani da narod bude slobodan, da mu bude osiguran razvitak, da se poštuje sve što je lijepo i napredno u njegovoj tradiciji i kulturi. Boreći se za te ideale, mi se borimo protiv nacionalne zagriženosti, jer znamo da su pravi napredak i sloboda Hrvatskog naroda osigurani samo u hrvatskoj slozi i suradnji s ostalim narodima Jugoslavije.“

Ova misao aktualna je i danas i ona eksplicitno govori kako komunisti vjerodostojnije brinu i o nacionalnim interesima od ostalih građanskih stranka, naročito onih klerofašističkih, jer interesi radnih ljudi ne mogu biti u suprotnosti s nacionalnim, dočim interesi kapitala mogu biti u koliziji s nacionalnima, jer je kapital transgraničan i transnacionalan.

Događaji koji su uslijedili pokazali su kako je partija, koja je tada konsolidirana kao integralni dio KPJ na čije čelo je te godine došao drug Tito, bila u stanju procijeniti političke prilike koje su vodile prema svjetskom ratu. I bila je jedina politička snaga u zemlji idejno osposobljena, pripremiti i organizirati aktivan otpor neprijatelju i njegovim pomagačima, povesti narod u oslobodilačku borbu i socijalističku revoluciju i izvojevati pobjedu. Iako malobrojna, sa svega 12-estak hiljada članova, uspjela je samoorganizirano i uspješno voditi jedan od najvećih, zapravo jedini ozbiljni unutrašnji otpor Hitleru i njegovim domaćim i stranim pomagačima i čije su oružane snage do kraja rata dosegle brojku od 800.000 boraca, što zbog svojeg klasno-socijalnog, ali i moralnog određenja, nije uspjelo mnogim brojnijim partijama građanske provenijencije. Te partije ne samo da se nisu suprotstavile nadolazećoj opasnosti, već su odbile i suradnju s KPJ.

Komunističkoj partiji je to uspjelo, zahvaljujući ne samo svojoj klasno-socijalnoj poziciji u društvu, već i zahvaljujući i visokom stupnju discipline i požrtvovanosti, kako u političkom radu tako i u oružanoj borbi, u kojoj su mnogi dali svoje živote.

Dragi prijatelji, danas kad se prisjećamo ovih časnih događaja koji su obilježili epohu koja je iza nas, kad smo došli da se poklonimo i njihovoj žrtvi, red je da rezimiramo rezultate njihovog rada i da povučemo neke usporedbe s vremenom sadašnjim.

Rezultati koje su ljudi na ovim prostorima postigli u burnim vremenima koja su slijedila, a koja su posljedica političkog djelovanja partije i njena vodeća uloga u NOB-i i revoluciji i poslijeratnoj izgradnji su:

- Pobjeda nad okupatorom i domaćim klerofašističkim snagama u ratu.

- Pripojenje oduzetih ili ustupljenih dijelova zemlje.

- Uvođenje samoupravnog socijalizma kao jedinstveni primjer prirodne pozicije rada u

društvu i emancipatorskih težnji radnika i seljaka, koji bi bili u stanju upravljati vlastitim

sudbinama.

- Najintenzivniji period privrednog i kulturnog razvoja, dotad nezabilježen na ovim

prostorima.

- Najduži period mira među pripadnicima različitih nacionalnih i konfesionalnih pripadnosti

na ovim prostorima koji je trajao gotovo pola stoljeća, od završetka II. svjetskog rata do

kontrarevolucije i secesije 90-ih.

- Najveći ugled koji su narodi ovih krajeva postigli u međunarodnim relacijama.

- Doprinos osnivanju Pokreta nesvrstanih, svojevremeno najbrojnije grupe zemalja

orijentiranih ka miroljubivoj koegzistenciji.

Neki od ovih rezultata, poput uvođenja samoupravljanja i osnivanje Pokreta nesvrstanih, spadaju u epohalne okvire.

Sve je to postignuto uz puni državnički suverenitet, bez gubitka ijednog privrednog ili financijskog objekta, infrastrukture i ni jednog pedlja nacionalnog tla, a u međunarodnim razmjerima pitalo nas se za mišljenje i uvažavalo naš stav.

Imajući sve to u vidu, nameće se pitanje: kako je to sve partiji uspijelo, u čemu je tajna, u čemu je razlika u postignutim rezultatima u odnosu na ostale pokrete otpora u tada okupiranoj Evropi?

Mada ova pitanja traže posvemašnju analizu, ovo danas nije mjesto, a ni raspoloživo vrijeme nam ne omogućuje dublju analizu, ali ako apstrahiramo politički i vojni talent predvodnika i komandanta Josipa Broza Tita, a koji se može svesti pod osnovnu prirodnu mudrost, onda nam ostaje kao bitan činioc jedinstvenost vodstva i pokreta ,iako su se u otpor neprijatelju uključili i pripadnici građanskog svijetonazora, ali pokret je vodila jedna partija, a ne pet.

U prilog ovakvog promišljanja svjedoče i događaji prilikom disolucije partije i države tokom kontrarevolucije i secesije.

Iako globalni geopolitički tektonski poremećaji 90-ih nisu zaobišli ni nas, dapače primjer jugoslavenskog samoupravljanja, s do tada jedinstvenom primjenom u svijetu, bio je nepoželjan svjetskim moćnicima te ga je trebalo ukinuti kroz proces koji je osmišljen izvana, a sproveden iznutra. Posao im je između ostalog olakšao i otklon SK od svoje povijesne klasne misije. Tome je prethodila birokratizacija partije, prodor nacionalizma, nesnalaženje vodstva, sukob interesa, dvojni moral, lične ambicije i slično. Tada je došlo do većeg stupnja razumijevanja i suradnje između pripadnika partije i nacionalista, odnosno protivnika revolucije unutar vlastitih nacionalnih korpusa, nego između pripadnika partije različitih nacionalnih korpusa.

Rezultat je svima poznat, jednostrana secesija Slovenije i Hrvatske koju su prema domino efektu slijedile i ostale republike, što je za posljedicu imalo rasplamsavanje međuetničkog i konfesionalnog oružanog sukoba s elementima građanskog rata, a putem kojeg je provedena kontrarevolucija, čime su privredni, financijski i ljudski resursi prepušteni na milost i nemilost stranim i novoinstaliranim domaćim kapitalistima.

Vrši se revizija povijesti te se po principu zamjene teza napadaju i omalovažavaju najznačajniji događaji i njihovi nosioci pa i sam Tito.

Tako smo se mi, slijednici naših prethodnika kojih smo se danas došli ovamo prisjetiti, ovih događaja, našli u poziciji veoma sličnoj onoj u kojoj su se nalazili oni u svoje vrijeme. Hrvatska, ali i ostale državice nastale na jugoslavenskom prostoru nalaze se pred potpunim ekonomskim slomom, a izgubljen je suverenitet na dulji period. U to nas je dovela politika restauracije sprovođena od stranaka građanskog tipa pa je naivno i iluzorno očekivati da nas one mogu i izvući iz te situacije, ali isto to ne može niti fragmentirana tzv. ljevica.

Dakle, da zaključim: 90-ih se nije dogodilo čudo, dogodila se povijest koju nismo očekivali i koju u datom trenutku nismo mogli iščitati i koja nas je vratila na početak. Mi se sad nalazimo na početku i ovdje danas na ovom mjestu obilježavamo događaj iz kojega možemo izvući pouku – svatko onaj tko je sposoban i koga je volja učiti.

  

Anindol 9. IX. 2017.

Vladimir Kapuralin



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Forum radnika: Anindol 2017.


U Anindolu smo 1. 8. 2017. polaganjem vijenaca i kratkim govorima obilježili 80. godišnjicu osnutka Komunističke partije Hrvatske, a na istom smo se mjestu i istim povodom okupili i 9. rujna 2017.

Nakon što je Partizanski zbor otpjevao hrvatsku himnu i Internacionalu, položeni su vijenci, a govore su održali predstavnici Saveza antifašističkih boraca i antifašista RH (SABA), Saveza društava “Josip Broz Tito”, SDP-a, Socijalističke radničke partije (SRP), Radničke fronte  i Saveza komunista Hrvatske (SKH).

Svi su se govornici prisjetili slavne prošlosti, osvrnuli na mučnu sadašnjost i otvorili pitanje budućnosti. Kako se nositi s novim izazovima, kako na njih odgovoriti, kako djelovati?

Pravi se odgovori mogu naći samo ako se dobro prepoznaju i analiziraju uzroci i ako se u prošlosti pronađe nadahnuće za budućnost.

 

Antifašizam je klasna borba. Bio i mora biti. Jučer, danas, uvijek!

Anindol, 2017.


Okupili smo se na mjestu na kojem je prije nešto više od 80 godina osnovana Komunistička partija Hrvatske. Referat je na tom osnivačkom kongresu, u noći između 1. i 2. kolovoza 1937., podnio Josip Broz Tito. Prisjećajući se narodnooslobodilačkog rata i pobjede nad fašizmom i nacizmom, o Komunističkoj partiji i Titu govorimo kao o simbolima antifašizma.

Govorimo i o sadašnjem vremenu u kojem vidimo novi uzlet fašistoidnih ideja, svugdje u svijetu. Radikalne nacionalističke stranke vode hajku protiv imigranata optužujući ih da će domaćim radnicima uzeti posao i srušiti cijenu radne snage. Za loše plaće, nezaposlenost, pad standarda… nisu krive pogubne ekonomske politike, nije krivo deregulirano tržište, nije kriv razulareni kapitalizam, krivce se traži u onima koji nisu naša nacija.

Kad se u Hrvatskoj nabrajaju krivci za sve veću bijedu u kojoj živimo i beznađe zbog kojih mladost iseljava, pored onih koji su druge nacije ili vjere, ima tu i udbaša, orjunaša, privatizacijskih pljačkaša…, ali i, gle čuda, “naslijeđenog socijalističkog mentaliteta”. Kakav misaoni salto mortale treba napraviti da bi se za bijedan život u kapitalizmu okrivio daleko pravedniji i humaniji socijalizam? Socijalizam u kojem se Hrvatska razvijala brže nego ikad u svojoj povijesti, kad je vanjski dug bio manji nego danas, kad je hrvatsko stanovništvo raslo, kad su industrijski giganti bili u hrvatskom vlasništvu, kad je nezaposlenost bila mala, kad je zaposlenje bilo sigurno, kad su socijalne razlike bile manje, kad su plaće bile realno veće nego danas, kad su zdravstvo i školovanje bili besplatni, kad su se radnicima dijelili društveni stanovi, kad se moglo jeftino ljetovati u radničkim odmaralištima, kad su žene išle u mirovinu s 55, a muškarci sa 60 godina… Sve su te činjenice nevažne, sve to treba iščupati iz svijesti naroda – jer nije bilo ostvareno u neovisnoj hrvatskoj državi.

Izvorni fašistički simbol je fascio, snop pruća. Jedan prut je lako lomljiv, više njih zajedno je teško polomiti. Jedan čovjek je slab, zajednica je jaka i izdržljiva. Pod tim je simbolom Mussolini pozvao Talijane na jedinstvo. Nema razlika ni klasa, najvažnije je pripadati istoj naciji, organiziranoj u snažnoj državi. Sve je podređeno nacionalnom jedinstvu. Tako se to radi i danas, kod nas. Na sve se gleda kroz prizmu nacionalnog jedinstva i nacionalnih interesa. Ponovo gledamo kako se nacija nasilu harmonizira. A svima koji ne vide tu harmoničnu idilu i postavljaju logična pitanja (zašto među pripadnicima iste nacije ima onih koji žive u dvorcima i onih koji kopaju po kantama za smeće?), njima se lijepe etikete “jugonostalgičara” i “mrzitelja svega što je hrvatsko”. U vremenu krize i rastućeg siromaštva, umjesto lijeka propisuje se opijenost nacionalnim. A nacionalno u isti koš stavi i Todorića i njegovog skladištara, iako jedan ima besramno mnogo, a drugi ponižavajuće malo, ne samo kad je riječ o bogatstvu, nego i s obzirom na moć i društveni utjecaj. Radnik će zbog najmanjeg duga biti pod ovrhom, a za vlasnika će se napisati Lex Agrokor…

Lako je uočiti da fašističke ideje bujaju u vremenu krize, ali je lako uočiti i da su krize sistemska karakteristika kapitalizma. Osnovna napetost u kapitalističkom društvu je napetost između rada i kapitala. Da bi prikrila tu temeljnu opreku i da bi razbila jedinstven nastup radničke klase, kapitalistička društva pribjegavaju pričama o nacionalnom jedinstvu, potiču uvjerenje da je nacionalna pripadnost od presudne važnosti, inzistiraju na različitosti od drugih naroda. Fašizam se u kapitalizmu ne događa slučajno, on je posljedica načina funkcioniranja kapitalizma, njegove želje da razbije jedinstvo radništva, da klasnu solidarnost razbije mitom o nacionalnom jedinstvu. Što su razlike unutar nekog društva veće, to su veće i napetosti. Kako napetosti rastu tako se sve žešće govori o nacionalnom jedinstvu. U konačnici, do eskalacije ne dolazi tamo gdje bi trebalo – u području suprotstavljenih interesa rada i kapitala – nego tamo gdje je napetost premještena, u području nacionalizma. O nacionalnim se interesima govori sve agresivnije i sve isključivije i vrlo se lako sklizne – u fašizam.

Kod nas je antifašizam došao u paketu sa socijalizmom. Svaki antifašizam, ako je dosljedno promišljen, mora biti antikapitalistički, jer fašizam je dijete kapitalizma. I zato, tko ne želi o kapitalizmu, neka šuti o fašizmu!

Svaka bi politička stranka morala precizno odrediti svoj identitet, jasno iskazati koga zastupa. Ne može se zastupati sve građanke i građane Republike Hrvatske, jer građanin je i Todorić i njegov skladištar, a interesi su im oprečni i svaki zakon kojim se nešto regulira, svaka mjera koja se izglasa, svaka odluka koja se donese – pogoduje ili jednom ili drugom. Ono što je jednom poželjno (poput fleksibilizacije i deregulacije tržišta rada), za drugog je pogubno.

Komunistička partija Hrvatske, kao dio KPJ, svojevremeno se jasno definirala kao zastupnica interesa radničke klase. Ona nije organizirala pokret otpora (koji želi pobijediti fašizam da bi se društvo vratilo na prethodno stanje), nego je povela narodnooslobodilački rat. Istodobno s otporom okupatoru, organizirala se i razvila nova vlast i stvorio novi društveni sustav – socijalizam.

Suočeni s današnjim fašistoidnim idejama i u naporima da im se odupremo moramo dati odgovore na ključna pitanja: zašto se te pogubne ideje ponovo javljaju, sada i ovdje, koje teške probleme prikrivaju, zamagljuju, lažno prikazuju kao ugroženost nacije. Ljevica mora dati jasan odgovor: nije ugrožena nacija, ugroženi su ljudi koji žive od svog rada, ugrožena je radnička klasa. Obilježavajući 80. godišnjicu osnutka Komunističke partije Hrvatske, prisjetimo se da su se naši antifašisti, pored za oslobođenje zemlje, borili i za klasne promjene. Antifašizam je klasna borba. Bio i mora biti. Jučer, danas, uvijek!

 

Forum radnika SRP-a

Vesna Konigsknecht



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Dell'80.mo Anniversario dalla fondazione del Partito Comunista di Croazia si parla nella nostra trasmissione autogestita su Radio Città Aperta, appena ripresa dopo la pausa estiva. La nuova puntata è online alla pagina: http://www.radiocittaperta.it/djmix/voce-jugoslava-12-settembre-2017/


VOCE JUGOSLAVA  JUGOSLAVENSKI GLAS

"Od Vardara do Triglava - Dal fiume Vardar al monte Triglav"


Od utorka svake sedmice, na sajtu http://www.radiocittaperta.it , slušajte emisiju  "Jugoslavenski glas". Emisija je dvojezična, po potrebi i vremenu na raspolaganju. Podržite taj slobodni i nezavisni glas! Pišite nam na 
jugocoord@... i potražite na www.cnj.it . Odazovite se!


Ogni settimana, a partire dal martedì, sul sito http://radiocittaperta.it/ potete ascoltare la trasmissione "Voce jugoslava". La trasmissione è bilingue, a seconda del tempo disponibile e della necessità. Sostenete questa voce libera ed indipendente! Scriveteci all'email jugocoord@... e leggeteci su www.cnj.it . Sosteneteci con il 5 x mille!


Program   12.IX.2017  Programma

- 80. obljetnica osnivanja KPH na Anindolu. Neće nas navesti na fašizam!

- Još jedna ponižavajuća odluka Plenkovićeve vlade. Vila Idola u Puli biskupiji.

- Ramuš Haradinaj: Nastavak razgovora sa Beogradom nema alternative. U medjuvremenu primljen kod Ambasador SAD u Prištini...

- Datumi, da se ne zaborave:

   10.9.1918., potpisivanje kapitulacije Austrougarske monarhije i formiranje Kraljevine SHS.

   10.9.1919., u Zagrebu održana osnivačka konferencija SKOJ-a, na kojoj je bilo oko 50 mladih komunista – predstavnika komunističkih klubova i udruženja.

   13.9.1942., počela historijska bitka za Staljingrad  

   9.9.1845., u Zaječaru je rodjen Svetozar Marković, političar i književnik. Smatra se osnivačem socijalističkog pokreta u Srbiji i prvim teoreticarem realizma u srpskoj književnosti.

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- Nell' 80-esimo Anniversario della fondazione del PC di Croazia, a Anindol vicino Zagabria. Il fascismo non passerà!

- Un'altra dimostrazione di deferenza del governo di Plenković verso la Chiesa cattolica croata: a Pola, Villa Idola regalata alla diocesi.

 - Il neo-premier kosovaro Ramuž Haradinaj: "La prosecuzione del dialogo con Belgrado non ha alternative". Nel frattempo si reca dall'Ambasciatore USA a Pristina...

- Date da ricordare:

  10.9.1845, nasce a Zaječar in Serbia Svetozar Marković, politico e letterato. Fondatore del Movimento socialista. 

  10.9.1918, l'Austria-Ungheria firma la sua capitolazione. Si forma lo Stato dei Serbi, Croati e Sloveni.

  10.9.1919, a Zagabria si svolge l'Assemblea costitutiva della SKOJ (Lega dei giovani comunisti), alla quale partecipano una cinquantina di giovani comunisti, rappresentanti di varie associazioni e club.

  13.9.1942, inizia la battaglia per Stalingrado.






Libero spaccia fake news razziste e pericolose sulle “malattie”


di Redazione Contropiano, 6 settembre 2017

Occorre dirlo senza giri di parole: l’informazione spazzatura va sanzionata, soprattutto se procura allarmi e semina sostanze tossiche nel senso comune.

La prima pagina del quotidiano “Libero” ci ha abituato a titoli gridati e notizie spazzatura. Materiale odioso molto spesso, ma corrispondente all’ambiente che lo produce e lo recepisce. Ma è cosa totalmente diversa fare titoli come quello oggi in copertina [ http://contropiano.org/img/2017/09/Schermata-del-2017-09-06-11-42-40.png ], non solo perché palesemente falso (come stanno cercando di far capire decine di infettivologi intervistati dai media più diversi), ma perché semina volutamente allarmi infondati e istigazione all’odio; benzina sul fuoco sulla già rovente situazione in Italia.

Diffondere l’idea di un nesso tra immigrati e ricomparsa di malattie estinte nel nostro paese non solo è scientificamente sbagliato, ma è socialmente pericoloso.

L’unico “mediatore” esistente per tramettere il virus della malaria tra umani (a parte la trasfusione diretta, che nel caso di Trento non c’è stata) è la zanzara anofele. Nessun altro tipo di zanzara può riuscirci. Il ritorno o meno di questo tipo di zanzara sul territorio italiano dipende eventualmente dai mutamenti climatici, non dalle migrazioni. Se anche un “africano” volesse portarsi qualche zanzara al seguito (al guinzaglio, in valigia, ecc), questa non potrebbe sopravvivere in un clima inadatto.

Questo è quanto ci dice la scienza.

Naturalmente sappiamo bene che malattie un tempo debellate (al pari della malaria) oggi tornano ad affacciarsi. Basta pensare che sono stati chiusi ospedali dedicati e sanatori per alcuni casi di Tbc, la cosiddetta “malattia dei poveri”, che insorge a causa delle condizioni di vita (abitazione insalubri, scarsa o cattiva alimentazione, ecc) che rendono vulnerabili all’eventuale contagio.

Ci sembra decisamente improbabile che i direttori di Libero (gli inquietanti Vittorio Feltri e Pietro Senaldi) non abbia sentito nessun medico per informarsi meglio prima di fare un titolo così. Dunque è stata una decisione a mente fredda, volontaria e con l’intenzione scoperta di speculare sulla morte di una bambina di quattro anni.

Per questo riteniamo indispensabile, in casi come questo, sanzionare un organo di dis-informazione. A tutti – anche a noi – capita di sbagliare o di prendere fischi per fiaschi. Qui non c’è nessun errore, ma una volontà perversa, razzista, senza scrupoli.

Capiamo benissimo che invocare sanzioni contro l’informazione spazzatura e allarmista è un terreno scivoloso, così come sono evidenti i tentativi di enfatizzare le fake news per ridurre le possibilità che in Rete si sviluppi un serio sistema mediatico alternativo ed efficace, fuori e contro il monopolio mainstream di giornali e telegiornali.

Ma è anche necessario che chi fa informazione – così come medici o ingnegneri – abbia e rispetti scrupolosamente un codice deontologico e, qualora non lo faccia, che gli organi preposti al rispetto di questo codice intervergano. In questo caso è l’Ordine dei Giornalisti.

Se l’informazione spazzatura diffonde invece allarmi sociali infondati, che possono innescare azioni e reazioni pericolose nelle relazioni sociali del paese, si configura un reato vero e proprio e qui non è più un problema deontologico, ma penale.

Il problema sorge quando l’”informazione spazzatura” coincide con la strategia non dichiarata di “autorità costituite”, che hanno contribuito al diffondersi di un clima razzista e xenofobo nel paese per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica la nuova escalation colonialista verso l’Africa, fino a renderla la soluzione migliore e ineluttabile.

E’ un corto circuito pericoloso, in cui la prima pagina di Libero appare solo come un test: se passa anche questa senza incidenti si può procedere a tutto campo e senza più alcun freno inibitorio.

 


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IL BANDO IN LINGUA ITALIANA: https://www.cnj.it/home/index.php?option=com_content&view=article&id=8684:premi-giuseppe-torre-per-elaborati-critici-sul-tribunale-per-la-ex-jugoslavia&catid=13&lang=it&Itemid=109
DOWNLOAD THE CALL AS PDFhttps://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/ICTY/Call2017.pdf


“Giuseppe Torre” Prizes for Critical Studies about the Tribunal for the ex Yugoslavia

 

Introduction

With the aim of spreading a critical view regarding the birth and the activity of the “International Criminal Tribunal for the ex-Yugoslavia” (ICTY), JUGOCOORD ONLUS [a no-profit organization for social benefit, based in Italy] banishes two prizes for the year 2018.

 
  1. Object

The prizes will be assigned for essays, already discussed dissertations (Degrees or Masters), scientific articles or books devoted to the critical analysis of the ICTY activity.

The works, which can be written in English or in Italian, must offer a significant contribution to the study as well as to the popularization of the matter, while investigating the origin and the acts of the ICTY.

In particular, in accordance with the intents of the prizes’ Donor[1], the activity of ICTY shall be investigated as a primary tool in the context of the international vicissitude which brought first to the end of the Socialist Federative Republic of Yugoslavia and then of the Federal Republic of Yugoslavia (Serbia and Montenegro).

The works will pass a first scrutiny by the Jury, which will verify their interest under one or more of the following aspects:

- legitimity (of the institution itself);

- impartiality (in making allegations as well as imposing and executing convictions);

- contribution to peace among the conflicting parties on the territory of the former Federative Socialist Republic of Yugoslavia;

- protection of the rights of the accused (including: life, health, defence, rightful treatment at conviction);

- possible contradictions with the principles of sovereignity of the States and self-determination of the (discriminated) Peoples, as it stands in international law.

Above all will be appreciated works which, although scientifically rigorous and in-depth, are nevertheless suited to spreading the issue towards non-specialists through avoiding mere jurisprudential reviews and exaggerated technicalities.

 
  1. Prizes

Two prizes will be assigned, the first amounting 7.000 euro and the second 3.000 euro (both tax netto), to those works which will be chosen as the best ones by the unquestionable decision of the Jury.

JUGOCOORD ONLUS will take care of regulating the tax and social issues which will result to be applicable.

The Jury may not assign one or both prizes in case the received works will be considered as not worthy.

 
  1. Participation

Citizens of all countries, ages, qualifications are eligible to apply.

Each work to concur must be mailed in 4 full identical paper copies, which can be sent starting 1 March 2018 and must arrive not beyond 1 June 2018 (“Call deadline”) by registered post to the address:

JUGOCOORD ONLUS, C.P. 13114 (Uff. Roma 4), 00100 ROMA - ITALY.

 

Together with the paper copies, the following items must be also sent within the same envelope labeled “Concorso Torre 2018”:

* 4 copies (at least one of them with original signature, albeit not authentified) of the Application for participation to the prize, containing the following information: name and surname, date and place of birth, citizenship, postal address, email address and phone number to be used for receiving any communications connected with the competition, passport or identity card specifications, legal residence, tax number or equivalent, a short text to explain the reason for participating in the competition and describing the projects of ideas for a future use of the work itself; it will be also necessary to declare to have read the present Call and to accept it in full and to allow the treatment of the personal data for the purposes of the competition as prescribed by the Italian law decree D.lgs. n. 196/2003;

* possible additional documents (e.g. multimedial).

The essay must not have been published at the time of the Call Deadline.

All receive copies will NOT be sent back to the Authors, nor be transmitted to others, unless specific agreements will be made directly between them and JUGOCOORD ONLUS. One of the received copies will be acquired in the Archive of JUGOCOORD ONLUS, the other will remain at disposal of the Jury members.

Applications will not be considered if sent beyond the Call Deadline or written in a manner inconsistent with the provisions of this Article.

 
  1. Jury and Awards Ceremony

The Jury is formed by three experts of the issues to be dealt with in the essays, which are not members of the ONLUS.

The Jury will proceed through unquestionable judgement to evaluating the received works and assigning the prizes keeping into consideration, apart from what contained in the Object of the Call, also: methodological rigor, relevance to the proposed theme, originality and possible impact to the aim of spreading a critical view on the institution and the activity of ICTY.

The prizes assignment will be made public starting 15 October 2018 on the internet site www.cnj.it .

Each prize winner will be also informed at one of the addresses given in the respective Application for Participation before 1 November 2018, and will be invited, with refund of travel expenses, to take part to the awards ceremony which will be held in Milano within the end of the same year.

 

For further information about this Call please contact: jugocoord@... .

 
 

[1]) It is the legacy of Giuseppe Torre, an antiwar activist who died recently, which made it possible to banish this tender. His analysis of the Yugoslav crisis of the end of the XX Century can be found in the article “The dissolution of Yugoslavia and the present humanitarian catastrophe (2006):

https://www.cnj.it/AMICIZIA/giuseppetorre.htm#gamadi2006 .




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(srpskohrvatski / english / italiano)

Za nas bit\'će uvijek Trg Maršala Tita

1) Zagabria, scompare \"Piazza Tito\" (Giovanni Vale)
2) Tito: zalud prijeti ponor pakla (Društvo Josip Broz Tito – Split)
3) FLASHBACK: Skup “Antifašizam je moj izbor” u Zagrebu, 28.8.2017.


Nello stesso paese in cui si cambia la toponomastica in senso anticomunista, nessuno tocca la lapide neonazista apposta presso l\'ex campo di sterminio di Jasenovac:
Croatia’s Government Still Hasn’t Removed a Fascist Plaque Near Jasenovac Concentration Camp (Aug. 28, 2017 by BALKANIST)
If it’s been eight months and a country’s leadership still hasn’t managed to remove a fascist plaque from the area near a WWII concentration camp, either it can’t figure out how or it doesn’t really want to... After more than eight months, if a country’s leadership still hasn’t removed a fascist plaque from a WWII concentration camp it’s probably safe to assume it doesn’t really want to. 


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Zagabria, scompare \"Piazza Tito\"

Dopo un lungo e acceso dibattito, il consiglio comunale di Zagabria ha ribattezzato la piazza dedicata al maresciallo Tito. Continua in Croazia lo scontro sull\'eredità simbolica della Jugoslavia socialista


04/09/2017 -  Giovanni Vale Zagabria 

Zagabria non ha più una piazza dedicata a Josip Broz Tito. Con 29 voti a favore, 20 contrari ed un astenuto, il consiglio comunale della capitale croata ha infatti deciso, giovedì 31 agosto, di rinominare “piazza maresciallo Tito” in “piazza della Repubblica croata”.

Durante una lunghissima assemblea, iniziata nella mattinata di giovedì e durata fino a tarda notte, la maggioranza conservatrice guidata dal sindaco Milan Bandić ha ingaggiato un lungo dibattito dal carattere storico con l’opposizione socialdemocratica, finendo col sancire, dopo la mezzanotte, la fine di questa piazza istituita nel 1946 (prima si chiamava semplicemente “piazza del teatro”, per via dell’opera nazionale che si erge al suo interno).

A nulla dunque sono servite le proteste dei giorni scorsi ed in particolare quella del 22 giugno, quando in occasione del Giorno della lotta antifascista, un migliaio di persone si sono riunite nei pressi del teatro per opporsi al già annunciato intervento sulla toponomastica cittadina.

Piazza Tito passa alla storia

“Piazza maresciallo Tito passa alla storia e speriamo che ci resti”, ha scandito, alla chiusura del voto, la presidente dell’assemblea comunale Andrija Mikulić (Hdz). Per la destra ed in particolare per il movimento di estrema destra “Indipendenti per la Croazia” (Neovisni za Hrvatsku, NHR) di Zlatko Hasanbegović e Bruna Esih, si tratta di una grande vittoria simbolica. Si tratta di “un momento storico”, ha dichiarato l’ex ministro della Cultura Hasanbegović, parlando di “una piccola e tarda soddisfazione per tutte le vittime del terrore comunista jugoslavo durante e dopo la guerra”.

Politicamente, Hasanbegović è riuscito a far pesare i propri cinque rappresentanti in consiglio comunali (su un totale di 51), costringendo il primo cittadino Bandić (un ex socialdemocratico) a sacrificare piazza Tito in cambio del sostegno necessario ad arrivare alla maggioranza assoluto.

Lo stesso Bandić si è espresso giovedì in modo più cauto, ma comunque in linea con il voto che ha difeso. “Nessuno qui vuole sottostimare l’importanza del maresciallo Tito tra il 1941 e il 1945. Sappiamo dov’era la Croazia, dov’era Tito e com’è finita la Seconda guerra mondiale”, ha affermato il sindaco, che ha invitato il governo a rimouvere tutti i simboli che celebrano i regimi totalitari, senza fare distinzione di quale regime si tratti o di dove si trovino i simboli.

Le proteste dell\'opposizione

Di tutt’altra opinione l’opposizione socialdemocratica, che durante il dibattito in aula ha difeso il ruolo cruciale avuto da Josip Broz Tito durante la Seconda guerra mondiale e la sua figura di statista durante i decenni successivi. “Chi sarà il prossimo croato a cui toglierete una strada o una piazza?”, ha dunque chiesto alla maggioranza Rajko Ostojić dagli scranni del partito socialdemocratico (Sdp). “L’obiettivo qui è nascondere la situazione economica, mettere una maschera sui grandi problemi di cui siamo testimoni”, ha aggiunto il rappresentante Sdp, convinto che “c’è una lunga serie di sfide (da affrontare) e invece stiamo tornando al problema degli ustascia e dei partigiani”.

Anche l’ex presidente Ivo Josipović è intervenuto nella polemica, ringraziando su twitter Hasanbegović “per la sua idea che i cartelli riportanti “piazza maresciallo Tito” siano conservati in un museo”. Così facendo, “non servirà costruirne di nuovi quando, dopo le prossime elezioni, riporteremo piazza Tito”, ha promesso l’ex capo di Stato socialdemocratico.

Si apre un vaso di Pandora

Sul breve termine, tuttavia, la previsione più azzeccata potrebbe essere quella di Tomislav Tomašević, il giovane rappresentante di “Zagreb je naš!”, secondo cui la decisione della giunta Bandić aprirà “un pericoloso vaso di Pandora”. In effetti, data la divisione profonda che attraversa la società croata sui temi legati alla Seconda guerra mondiale e dato il fatto che altre città (come Karlovac) hanno già intrapreso una campagna di modifica della toponomastica controversa.

Inoltre, il governo di Andrej Plenković è al momento alle prese con la delicata questione della targa commemorativa installata a Jasenovac e contenente il motto ustascia “Za Dom spremni!”. Incalzato dai rappresentanti delle minoranze, indispensabili all’esecutivo per avere la maggioranza al Sabor, il principale partito di destra, l’Hdz di Plenković, sta esitando sul da farsi.

Lo slogan ustascia vicino al campo di concentramento voluto proprio da Pavelić ha già rovinato le relazioni con Belgrado e non solo, ma intervenire in fretta per rimuoverlo non piacerebbe di certo all’ala più oltranzista del partito. La stessa da cui è stato espulso anche Hasanbegović, oggi in grado di modificare la geografia di Zagabria.


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Uno scambio di tweet tra due ricercatori, ed una domanda: quante sono le vie e le piazze nei paesi sorti dalla dissoluzione della Jugoslavia ancora dedicate a Tito?
E in che zone ve ne sono di più? E\' da qui che è nata l\'indagine realizzata da Giorgio Comai, collaboratore di OBCT, che ha interrogato il database di Google Maps.
Qui di seguito le visualizzazioni grafiche dei risultati emersi [ https://giorgiocomai.eu/FindingTito/summary-of-results.html ] e il post dove viene spiegato il lavoro realizzato [ https://giorgiocomai.eu/2017/09/04/the-prequel-to-finding-tito/ ]


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TITO: ZALUD PRIJETI PONOR PAKLA

Društvo Josip Broz Tito – Split izražava zgražanje i najoštriju osudu nad sramnim i necivilizacijskim činom  Gradske skupštine Zagreba – uklanjanje imena Trg maršala Tita!

Dramatični događaji na društvenoj sceni Hrvatske od „dolaska demokracije“ 90-tih, sveli su se na totalno brisanje i poništenje svega što je u ratnom i poratnom periodu ostvareno, provodeći reviziju i falsificiranje povijesti od strane  kvaziznanstvenih i revanšističkih snaga, što kulminira zadnjih godina i mjeseci kroz namjeru profašističke i antikomunističke politokracije uklanjanja i posljednjih ostataka antifašizma i konačnom udaru na jedan od njenih najčvršćih stupova, udaru  na Josipa Broza Tita!

Na Tita, građanina svijeta i ličnosti broj jedan 20. stoljeća, kojeg su prijatelji voljeli, a neprijatelji duboko cijenili i uvažavali.

Na Tita, antifašističkog vojskovođu, koji je, kao vođa malene i vrlo dobro organizirane Komunističke partije, okupio sve južnoslavenske narode na otpor fašističkim okupatorima i domaćim izdajnicima, stvorio od malih golorukih partizanskih odreda snažnu armiju kojom je, ispisujući najslavnije stranice naše povijesti, žestoko porazio fašiste, donio mir, slobodu i još nezabilježeni progres u ovom dijelu Evrope.

Na Tita, državnika koji je izveo društvenu revoluciju, uveo jedinstveni u svijetu samoupravni socijalizam – vlast radnog naroda, podigao porušenu zemlju do nivoa srednje razvijene, predao tvornice radnicima – zemlju seljacima; izgradio na stotine hiljada tvornica, škola, bolnica, vrtića, staračkih domova, radničkih odmarališta, cesta i zaposlio gotovo sve radno sposobno stanovništvo; dao ženama pravo glasa i slobodu izbora o svom tijelu; omogućio besplatno školovanje i zdravstvo, dijelio stanove, ostvario pristojnu mirovinu i socijalnu sigurnost; podigao društveni i osobni standard dostojan čovjeka te osigurao potpunu političku, ekonomsku, vojnu i svaku drugu neovisnost zemlje, povezao se sa cijelim svijetom.

Na Tita, ponos svog naroda koji ga je najiskrenije volio, ispjevao mu bezbroj partizanskih, radničkih i prigodnih pjesama, pronosio svoju ljubav štafetom kroz cijelu zemlju predajući mu je za rođendan nazvan Danom mladosti.

Na Tita, političara, velikog boraca za dekolonizaciju svijeta, za nuklearno razoružanje i demilitarizaciju svijeta, koji je Staljinu rekao odlučno „Ne!“ i time promijenio tok povijesti, osigurao samostalnost zemlje u odlučivanju o pitanjima od vitalnog značaja. Svojom je mudrom politikom miroljubive koegzistencije među narodima stvorio Pokret nesvrstanih zemalja i bio njegov doživotni predsjednik, čime je osigurao mir među suprotstavljenim blokovskim silama, ostvario visoki ugled, poštovanje i uvažavanje jedne male zemlje, te njen golemi utjecaj na svjetsku političku scenu.

Na Tita, koji je u svom životu, punom mnogobrojnih prepreka i  teških odluka, morao često donositi brze i dramatične – znao je i pogriješiti i o njima treba objektivno raspravljati i valorizirati ih, no dobra djela, ukupno uzevši, daleko ih nadilaze, ali i ne opravdavaju.

Na Tita, čiji je  pogreb okupio gotovo cijeli politički svijet koji mu je spontano iskazao zahvalnost i duboko poštovanje kao velikanu svoga naroda i cijeloga svijeta! Tih dana, najznačajnije ličnosti svijeta su u superlativima govorili o Titu, a kojeg su znala i mala djeca u najzabitijim selima crne Afrike.

Na Tita, revolucionara i dosljednog komunistu, lučonošu i svjetionik progresivnih društvenih procesa za buduće generacije, čovjeka koji je još za dugog i burnog života kroz prošlo stoljeće, prije svih, pretvorio teoriju u stvarnost.

Protestni miting građana Zagreba, simbolično održan na Trgu žrtava fašizma, istom onom kojem su ove vlasti rigidno uklonile ime da bi ga upornom  borbom antifašisti vratili natrag, šalje istu poruku: vratit ćemo Trg maršala Tita, kojeg, objektivno, današnja Hrvatska apsolutno ne zaslužuje.

U zemlji u kojoj je svakim danom sve gore i gore za malog čovjeka, radnika i građanina, umjesto da se oštrica kritike usmjeri na nesposobnu i bešćutnu vlast, loše stanje prikriva se bjesomučnom, patološkom hajkom na ljevicu, antifašiste, komuniste, socijalizam, Tita.

Političkim mizerijama i sitnim dušama, koji su se dokopali  pozicija političkom manipulacijom, detroniziranjem Tita – velikana antifašističkog svijeta, što niti jedna zemlja članica Antifašističke koalicije nije do sada učinila,  najbolje govori o profašističkom karakteru njihove politike. Time su duboko uvrijedili žrtve rata, mnoge ranjene i raseljene, razorenih obitelji i domova, borce NOB-a. Stoga im poručujemo da im trajno ostaje legendarnog Starog vidjeti u mnogim našim sugrađanima kojima, iz straha da ih ne poraze,  nisu dali priliku da odlučuju, svjesni da se može izbrisati ime jednog trga, ali ne i dubok trag koji je Tito ostavio u  ljudima. Tako će mu i dalje gledati u leđa, makar su, na sramotu svih građana ove zemlje, izbrisali ime  vrhovnog komandanta s trga njegovog Grada heroja! To je još jedna velika blamaža Hrvatske pred cijelim začuđenim svijetom koji je u mnogim zemalja postavio njegove spomenike, ime trgova i ulica, dok je jedan asteroid dobio Titovo ime kao i vrh jedne planine.

Titov nije samo jedan trg, Titov je cijeli svijet!

 

Split, 01. 09. 2017.

Društvo Josip Broz Tito – Split



=== 3: FLASHBACK ===


POZIV: Protiv preimenovanja Trga maršala Tita u Zagrebu!

Inicijativa “Antifašizam je moj izbor” organizira istoimeni skup

28.8.2017. u 19 sati na Trgu žrtava fašizma

 

Posjetite Facebook stranicu

https://www.facebook.com/search/top/?q=antifasizam%20je%20moj%20izbor

komentirajte, potvrdite svoj dolazak i, što je najvažnije, dođite!

 

Udruge i političke stranke koje su do sada podržale skup (iz sata u sat nas je sve više, stalno nam se priključuju nove udruge, stranke, pojedinci):

 

SAVEZ ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA REPUBLIKE HRVATSKE

SAVEZ DRUŠTAVA JOSIP BROZ TITO HRVATSKE

ZAJEDNICA UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA ZAGREBAČKE

ŽUPANIJE I GRADA ZAGREBA

DRUŠTVO JOSIP BROZ TITO ZAGREB

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA JUG ZAGREB

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA MEDVEŠČAK ZAGREB

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA DUBRAVA SESVETE

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA TREŠNJEVKA

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA SAMOBOR

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA MAKSIMIR

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA ČRNOMEREC

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA CENTAR ZAGREB

MREŽA ANTIFAŠISTKINJA  ZAGREB, MAZ

ANTIFAŠISTIČKA LIGA HRVATSKE

BRID

CENTAR ZA MIROVNE STUDIJE

CENTAR ZA ŽENSKE STUDIJE

DOCUMENTA

SNV

SOCIJALISTIČKA RADNIČKA PARTIJA HRVATSKE, SRP

GRADSKA ORGANIZACIJA SRP-a Zagreb

GLAS

NAPRIJED HRVATSKA

NOVA LJEVICA

RADNIČKA FRONTA

SDP

ZA GRAD

ZAGREB JE NAŠ

ŽENSKA MREŽA HRVATSKE

 
 

Predstavnici SRP-a aktivno sudjeluju u pripremi skupa (naši su predstavnici u organizacijskom odboru), a na skupu želimo, pored antifašizma, istaknuti i druge vrijednosti koje simbolizira Tito. Evo našeg proglasa:

 

SOCIJALISTIČKA RADNIČKA PARTIJA HRVATSKE

 

Kome i zašto treba Tito?

 

Tito je trebao narodu koji je krenuo u borbu protiv fašizma  i nacizma, protiv zločinaca i izdajnika koji su stranim silama dijelili hrvatsku zemlju. Tito treba narodu i danas kao simbol antifašističke borbe i pobjede u Drugom svjetskom ratu. Tito ne treba bijednim revizionistima koji hrvatski narod s položaja pobjednika guraju na stranu gubitnika. Tito treba narodu koji se s ponosom sjeća tko je pobijedio ’45.

Tito je trebao narodu koji nije htio primati naredbe iz Moskve i koji se nije mirio s blokovskom podjelom svijeta. Tito treba narodu i danas kao simbol nepokoravanja jačima. Tita ne trebaju jadni klimavci koji samo izvršavaju naređenja iz Bruxellesa ili Washingtona. Tito treba narodu koji ne pristaje biti moneta za potkusurivanje moćnih.

Tito treba narodu koji pamti industrijski razvijenu zemlju i radničko samoupravljanje, stabilnost rada na neodređeno vrijeme, plaće od kojih se može živjeti, besplatno zdravstvo i školstvo, dostupne stanove. Tito ne treba tajkunima i pljačkašima, lopovima i petparačkim političarima koje su potkupili oni koji žive u dvorcima. Tito treba narodu kao simbol pravednijeg i humanijeg društva. 

 

Tito treba narodu kao simbol borbe i pobjede, kao sjećanje i kao poticaj – 

za nove borbe i nove pobjede.

 

Pripremili smo i transparente sa sljedećim parolama:

TITO, ZAUVIJEK! KAO SIMBOL ANTIFAŠIZMA I SOCIJALIZMA

ANTIFAŠIZAM JE MOJ IZBOR – SOCIJALIZAM JE MOJ IZBOR

PRVO SU DOŠLI PO TRGOVE… ŠTO JE SLJEDEĆE?

TITO, SIMBOL SLAVNE PROŠLOSTI I BORBE ZA SRETNIJU BUDUĆNOST

 

Pozivamo sve članove i simpatizere, sve slobodno misleće i ponosne građanke i građane da se pridruže skupu, da hrabro i jasno iskažu svoj stav:

 

IZDAJNICIMA I ZLOTVORIMA NE DAMO NI SVOJU PROŠLOST NI SVOJU BUDUĆNOST!

 

Vidimo se 28.8.2017. u 19 sati na Trgu žrtava fašizma!


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Kratak osvrt na skup “Antifašizam je moj izbor”

Jučer je (28. 8.), kao iskaz protivljenja promjeni imena Trga maršala Tita, u Zagrebu održan skup “Antifašizam je moj izbor”. Iako se na Zagreb oko 17 sati sručila obilna kiša koja je padala sve do samog početka skupa, na Trgu žrtava fašizma su se ipak okupili oni kojima je stalo do vrijednosti koje baštinimo iz sretnijih vremena. Mediji su solidno popratili skup, reportaže s mnoštvom fotografija mogu se naći na T-portalu, Indexu, u Jutarnjem, Večernjem, Novostima…

Okupljenima su se obratili Sandra Benčić iz Centra za mirovne studije, student Jakov Kolak, redatelj Ivica Buljan, psihologinja i spisateljica Mirjana Krizmanić, Anja Matković je pročitala odlomak iz “Jame” I. G. Kovačića, pjevale su se partizanske, ali i novije pjesme, poput “Za dom spremni nismo” zagrebačkog kantautora Mikija Solusa.

Sudionici skupa su jasno istaknuli privrženost vrijednostima antifašizma, nažalost ne i socijalizma. Samo smo se mi uz antifašizam jasno opredijelili i za socijalizam, o čemu svjedoče naše parole i petstotinjak letaka koje smo podijelili okupljenima.

Iako su govornici naglasili neke njegove aspekte (poput besplatnog školstva i zdravstva), sam socijalizam, kao sustav koji omogućuje i podrazumijeva te i brojne druge vrijednosti, je od ostalih sudionika – prešućen. Čak je i čuveno “Socijalizam ili barbarstvo” Rose Luxemburg preinačeno u “Antifašizam ili barbarstvo”. Izgleda da je socijalizam bauk koji kruži Hrvatskom, čak i na ljevici. Ovo je samo kratak osvrt na održani skup. Sam fenomen zaziranja od socijalizma zaslužuje podrobnu analizu, argumentiranu kritiku i odlučnu akciju.

Uz fotografije koje se mogu naći u novinama i na portalima, evo i nekoliko naših.



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L\'11 giugno 2017, nella puntata de \"La lingua batte\" sul tema \"L\'italiano è una lingua accogliente?\" trasmessa in diretta dalla festa di Radio3 a Forlì (*), sull\'uso del termine \"slavo\" Alessandro Marzo Magno ha detto alcune cose giuste ed alcune clamorosamente sbagliate.
\"La Jugoslavia non esiste più\" è una affermazione vera dal punto di vista politico ma falsa dal punto di vista socio-culturale e storico-geografico. Ragionando come Marzo Magno dovremmo affermare che l\'Europa non è mai esistita, tantomeno gli \"europei\", visto che Marzo Magno conclude che \"quindi non esistono più gli jugoslavi\".
Sappia invece che gli jugoslavi esistono: nella nostra associazione ne abbiamo diversi, a partire dal presidente che in troppe occasioni pubbliche è costretto ad esclamare \"Mi vedete? Io esisto. Quindi gli jugoslavi esistono\". Comunque, qualora la sua esistenza non sia abbastanza convincente, consigliamo a Marzo Magno una semplice ricerca internet per trovare altre associazioni e gruppi (ad es. su facebook ed altri social) dove incontrare centinaia di migliaia di jugoslavi.

Sorprende che RadioTre abbia voluto riproporre, nella puntata de \"La lingua batte\" del 3 settembre, queste affermazioni di Alessandro Marzo Magno che, contraddicendo le intenzioni, dimostrano come l\'italiano possa diventare una lingua non accogliente, non inclusiva, bensì affatto discriminatoria.

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia onlus

(note inviate il 3 settembre 2017 alla redazione della trasmissione di Radio3 e al diretto interessato)




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(PARTE SECONDA E FINE)

Uranio \"impoverito\", aggiornamenti 2015-2017

(in ordine cronologico inverso)

(SEGUE DALLA PARTE PRIMA: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8758 )
5) La battaglia sui risarcimenti ai militari in Italia (delle vittime civili, invece, se ne fregano):
– Uranio impoverito, in Toscana lo Stato condannato a risarcire un militare (2017)
– Cassazione: SI al risarcimento per il militare morto per l’uranio impoverito (2016)
– Morì per l’uranio impoverito. Condannato il ministero della Difesa (2016)
– Uranio impoverito, Difesa condannata: “Sapeva dei rischi, soldati non tutelati” (2015)
6) Uranio impoverito, la strage silenziosa continua (2015)
Le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero, ma anche fra i loro figli...


=== 5 ===


Uranio impoverito, in Toscana lo Stato condannato a risarcire un militare

Il Ministero della Difesa dovrà pagare 447 mila euro a un soldato ammalatosi in guerra
19 aprile 2017

Si era ammalato durante una missione militare, dopo essere entrato a contatto con proiettili a uranio impoverito. Ora, dopo anni di battaglie giudiziarie, il Tar della Toscana ha condannato il ministero della Difesa a risarcire di 447.000 euro il militare, capitano dell\'Esercito.
Il dispositivo accoglie la richiesta del militare che e\' stato impiegato in una missione militare dall\'ottobre del 1996 al giugno del 2002. Un impegno che gli e\' costato la salute. In effetti, due anni piu\' tardi, nel 2004 il soldato si e\' visto diagnosticare un carcinoma papillare alla tiroide, per i quale e\' stato sottoposto a un intervento chirurgico di tiroidectomia totale. Il comitato di verifica ha stabilito, alcuni anni dopo, che le cause del tumore erano \"dipendenti da causa di servizio\" e \"riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione\".
Vale a dire, in missione il soldato e\' entrato a contatto con armamenti e proiettili a uranio impoverito senza le dovute informazioni o protezioni messe a disposizione dal ministero. I giudici amministrativi, guidati dal presidente del Tar della Toscana Armando Pozzi, hanno rigettato le tesi dell\'avvocatura dello Stato sia sulla mancata conoscenza al tempo della nocivita\' dell\'uso dell\'uranio impoverito sia su un carente nesso causale fra la malattia che e\' insorta al termine dell\'operazione e gli armamenti a rischio. Inoltre, per l\'avvocatura dello Stato il ministero avrebbe offerto sufficienti precauzioni per lenire la nocivita\' dell\'uso dell\'uranio sul campo di battaglia. Argomentazioni rigettate in toto dal giudice amministrativo.
Nella sentenza, il Tar ricorda come il massimo organismo previsto dalla pubblica amministrazione per decidere in merito, cioe\' il comitato di verifica delle cause di servizio nel 2008 abbia dato ragione al militare. Inoltre, che l\'uranio impoverito sia responsabile dei tumori alla tiroide e\' avvalorato da una \"sterminata letteratura\" scientifica, gia\' assimilata negli anni dalla giurisprudenza. Peraltro, sin dalla guerra nel Golfo del 1991 sono stati accertati casi di cancro riconducibili alla particolare miscela di proiettili e dal 1992 anche lo Stato italiano e\' stato messo al corrente delle contromisure adottate, per preservare la salute degli uomini in divisa, in ambito Onu e Nato. Il procedimento e\' stato particolarmente travagliato. Il ricorrente inizialmente ha incardinato la causa contro il ministero della Difesa in sede civile, dopodiche\' a seguito di una sentenza favorevole in primo grado, la Corte d\'appello di Firenze ha palesato la propria incompetenza giuridica a beneficio del Tar. Tuttavia, di quella fase processuale i giudici amministrativi hanno salvato un pezzo significativo: la perizia della Ctu con la monetizzazione
 del danno riportato. Il soldato, che continua col grado di capitano a svolgere la propria mansione di paracadutista, si e\' visto riconoscere 27.250 euro derivanti dall\'invalidita\' temporanea, ulteriori 321.678 euro dall\'invalidita\' permanente e altri 98.850 euro per il mancato impiego nelle missioni svolte all\'estero del reggimento di appartenenza. Il ministero della Difesa e\' stato condannato, inoltre, a rifondere gli interessi maturati e 4.000 euro di spese legali.


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CASSAZIONE: SI’ AL RISARCIMENTO PER IL MILITARE MORTO PER L’URANIO IMPOVERITO
 
Da Studio Cataldi
http://www.studiocataldi.it
21/11/16
 
Per le sezioni unite, sono vittime del dovere i militari morti per le malattie contratte dopo la missione in Bosnia
 
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno disposto, con la sentenza n. 23300/2016, che il militare colpito da patologia fatale causata dal contatto con l’uranio impoverito (sostanza notoriamente cancerogena), fa parte della categoria delle “vittime del dovere”. 
 
La vicenda vede protagonista un militare ventisettenne che, in seguito a missioni in Somalia e Bosnia nell’anno 2000, muore a causa di un tumore. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto la richiesta di risarcimento addotta dagli eredi del giovane militare ai sensi della Legge 266/05. 
 
Il Ministero della Difesa contesta tale decisione e propone ricorso sostenendo che nella fattispecie si esclude il diritto soggettivo in ragione di ciò che si evince dalle valutazioni del comitato di verifica per le cause di servizio.
 
La Corte precisa, invece, che nel caso in specie i benefici accordati in favore alle vittime del terrorismo e della criminalità si estendono alle cosiddette “vittime del dovere”; detta estensione è dovuta alla disciplina dell’articolo 1 nei commi 562-565 della Legge 266/05.
Inoltre, viene sottolineato che si considerano “vittime del dovere” i soggetti indicati nell’articolo 3 della Legge 466/80 come disposto dal comma 563 della legge sopracitata del 2005. 
In particolare si fa riferimento ai dipendenti pubblici deceduti o invalidi in maniera permanente a seguito di attività di servizio o nell’esercizio di funzioni di istituto conseguenti a lesioni derivanti da eventi verificatisi: 
-         nel contrasto a ogni tipo di criminalità; 
-         nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; 
-         nella vigilanza a infrastrutture civili e militari; 
-         in operazioni di soccorso; 
-         in attività di tutela della pubblica incolumità; 
-         a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità.
 
Altresì, i soggetti beneficiari sono, oltre ai soggetti di cui al comma 563, anche chi a seguito di missioni nazionali o internazionali, muoia o sia colpito da infermità permanente e ciò sia causato dalle condizioni ambientali e operative peculiari del servizio. Quindi, il comma 564 equipara tali soggetti a quelli di cui il comma precedente ampliando la categoria dei beneficiari.
 
Il giovane militare durante le missioni alle quali aveva preso parte era venuto a contatto più volte con uranio impoverito ritenuto la causa dell’insorgere della patologia e della relativa morte. 
Orbene, il ricorso del Ministero della Difesa viene respinto proprio in ragione del nesso di causalità tra la sostanza ritenuta cancerogena e la patologia che ha causato la morte del militare. 
Al rigetto del ricorso segue la condanna in capo al Ministero al pagamento delle spese giudiziarie.
 
Avvocato Gioia Fragiotta
gioiafra  @hotmail.com

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LA BATTAGLIA VINTA DELLA MADRE GIUSEPPINA 

Morì per l’uranio impoverito
Condannato il ministero della Difesa

Salvatore Vacca, militare di 23 anni, era morto per gli effetti dell’uranio utilizzato negli armamenti. Per i giudici è stato esposto senza adeguate informazioni sulle precauzioni da adottare

di Virginia Piccolillo, 20 maggio 2016

Salvatore Vacca, fante del 151° reggimento della Brigata Sassari, morì a 23 anni, nel settembre 1999, per una leucemia dovuta agli effetti dell’uranio impoverito. A distanza di oltre 16 anni l a Corte d’Appello di Roma, ha dato ora ragione alla battaglia della «madre coraggio» Giuseppina, condannando il ministero della Difesa per omicidio colposo. E nella sentenza, pubblicata ieri, ha messo la parola fine su ciò che è sempre stato negato. «La pericolosità delle sostanze prescinde dalla concentrazione» dell’uranio impoverito delle armi. Il ragazzo venne esposto senza «alcuna adeguata informazione sulla pericolosità e sulle precauzioni da adottare». Secondo i giudici, inoltre, «vi è compatibilità tra il caso ed i riferimenti provenienti dalla letteratura scientifica» nonché «esistenza di collegamento causale tra zona operativa ed insorgenza della malattia». Secondo la sentenza, oltre all’indennizzo già ricevuto, le vittime o i loro familiari hanno diritto anche al risarcimento dei danni subiti. Per Salvatore Vacca è stato calcolato intorno a 1,8 milioni di euro.

«I soldi? Non serviranno»

«Non saranno i soldi, se mai li dovessero dare, a colmare il dolore che ha lasciato Tore» commenta, emozionata, mamma Giuseppina, assistita dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia. «Avrebbe fatto 40 anni domenica scorsa. Anzi ha fatto 40 anni: per noi è sempre qui. Gli amici, come ogni anno nel giorno del suo compleanno, sono venuti a mangiare gli amaretti, a bere una birra. Era un ragazzone alto, 1,82, pesava 80 chili quando è partito per la Bosnia. Alla fine ne pesava 50. Sapeva che stava per morire. Ma scherzava, era sempre lui. Quando uscì l’ultima volta dalla dialisi che non ce la faceva più alzo il braccio e disse al babbo: “Batti il cinque”. Due giorni dopo non c’era più». 

Dicevano: «Sta bene, non ha niente»

Negli occhi ancora quel ragazzone «coccolone, affettuoso, generoso con tutti». Nel cuore ancora la rabbia per la verità negata. «Dicevano: “sta bene, non ha niente”, anche quando lui dimagriva un chilo al giorno. Aveva la leucemia. Quando finalmente lo portarono al reparto oncologico la dottoressa grido: ‘Me lo avete portato già morto!”». E ancora: «Dopo cominciarono a dire che si erra ammalato in licenza. Ma dove avrebbe preso tutti quei metalli e quelle sostanze che aveva nel sangue qui a casa? Io ancora non sapevo nulla. Non sapevo dell’uranio che si irradia dai proiettili sparati. Tutti negavano. Sei mesi dopo Tore era già morto».

La strage dei 333

«Questa sentenza mette la parola fine sul piu’ noto dei casi di quella che può essere considerata una strage: 333 militari morti e oltre 3600 malati» dichiara soddisfatto Domenico Leggiero, responsabile dell’Osservatorio militare, da sempre vicino alle vittime da uranio e ai loro familiari. E auspica che «dopo mille resistenze, ora potrà avere maggiore attenzione il lavoro svolto dalla commissione parlamentare guidata dall’onorevole Gian Piero Scanu, che ha riacceso le speranze delle famiglie che hanno perso il loro congiunto e delle migliaia che stanno soffrendo. La sentenza capita proprio al momento giusto: giovedì sarà audito in commissione il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che non potrà che prendere atto della sentenza». 

I precedenti

Vacca era uno dei soldati italiani morti per malattie contratte dopo la partecipazione a missioni militari nei Balcani e in Albania. Tra gli altri Valery Melis, morto nel 2004 dopo una lunga malattia manifestatasi al ritorno dalla missione in Kosovo. Per questo episodio la Difesa era già stata condannata dal tribunale civile di Cagliari ad un risarcimento di 584 mila euro ai famigliari [ http://www.corriere.it/cronache/11_agosto_14/uranio-impoverito-risarcimento-soldato-morto-kosovo_11811274-c64d-11e0-a5f4-4ef1b4babb4e.shtml ]. Anche in quel caso il giudice aveva sottolineato la conoscenza da parte dei vertici militari della pericolosità dell’utilizzo di proiettili contenenti uranio impoverito e la mancanza di informazioni presso i soldati che non erano stati messi nelle condizioni di adottare precauzioni adeguate. Sempre per l’esposizione alla stessa sostanza era morto nel dicembre scorso, per tumore, Gianluca Danise [ http://www.corriere.it/cronache/15_dicembre_23/uranio-morto-militare-che-ricompose-resti-vittime-nassiriya-d0861a58-a973-11e5-8f07-76e7bd2ba963.shtml ], primo maresciallo incursore dell’Aereonautica Militare, veterano di tante missioni all’estero, che aveva anche partecipato alla ricomposizione dei corpi delle vittime dell’attentato di Nassiriya.

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Uranio impoverito, Difesa condannata: “Sapeva dei rischi, soldati non tutelati”


Sentenza definitiva della Corte d’Appello. Sul caso di un sottufficiale morto di cancro dopo la missione in Kosovo. Con “l\'inequivoca certezza” del nesso di causalità tra esposizione alla sostanza tossica e la malattia. L’avvocato Tartaglia: “Dimostrato che i vertici militari conoscevano i pericoli e non hanno fatto nulla per prevenirli”. Leggiero (Osservatorio militare) chiede un incontro a Mattarella (che declina)


di Antonio Pitoni | 26 maggio 2015

E’ una storia di silenzi, omissioni e verità nascoste. Ma anche di morte e sofferenza. La racconta la prima pronuncia della corte d’appello di Roma, definitiva dal 20 maggio, sui casi dei decessi legati all’uso dell’uranio impoverito in Kosovo. Ed è una sentenza dirompente. Non solo per l’entità del risarcimento record (quasi 1 milione 300mila euro oltre al danno da ritardato pagamento) accordato ai familiari di un militare italiano ammalatosi e deceduto per un tumore contratto dopo aver partecipato proprio a quella missione. Ma anche per le motivazioni con le quali il ministero della Difesa è statocondannato a pagare. Innanzitutto, perché la decisione della prima sezione civile della corte d’appello di Roma conferma, come già accertato dal tribunale, “in termini di inequivoca certezza, il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale”. Ma, sanziona, come già fatto dal giudice di primo grado, anche la condotta dei vertici delleForze Armate per aver omesso di informare i soldati “circa lo specifico fattore di rischio connesso dell’esposizione all’uranio impoverito”.

DIFESA A RISCHIO In pratica, come spiega al ilfattoquotidiano.itl’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, che rappresentava in giudizio i familiari del sottufficiale morto dopo aver prestato servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, la sentenza “ha accertato non solo che i vertici militari erano a conoscenza dei rischiderivanti dall’esposizione all’uranio impoverito, ma anche che non hanno fatto nulla per prevenirli“. E a niente sono valse, sul punto, le doglianze del ministero della Difesa. Perché perdere la vita in guerra per una pallottola -è il senso della sentenza- fa parte dei rischi del mestiere di un militare. Ma altro conto è morire contraendo un tumore per l’esposizione a sostanze tossicheignorandone i possibili effetti che, invece, come sostiene la sentenza, erano noti ai vertici della Difesa.

TUTTI IN PROCURA “Fino alla decisione della corte d’Appello, anche sulla base delle conclusioni delle varie commissioni parlamentari che si sono occupate dei casi di tumore da esposizione all’uranio impoverito che hanno coinvolto diversi militari italiani, il nesso di causalità era confinato nel campo della probabilità  – aggiunge l’avvocato Tartaglia – Questa sentenza, invece, stabilisce il principio dell’inequivoca certezza, cioè che la causa della malattia contratta dal militare poi deceduto è proprio l’esposizione a questa sostanza”. Aprendo, adesso che è passata in giudicato, scenari giudiziari  imprevedibili. “Perché si tratta di una decisione – prosegue il legale – che potrebbe dar luogo a responsabilità penale per reati gravi perseguibili anche d’ufficio”. Insomma, non è da escludere che la decisione del giudice civile e la condotta dei vertici militari diventino materia d’interesse anche per la Procura della Repubblica.

SILENZI COLPOSI Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado avevano ripercorso alcune tappe della vicenda legate alla missione in Kosovo poste poi a fondamento delle rispettive decisioni. L’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito (cosiddetti DU) “era stato confermato dal memorandum del Department of the Army – Office of Surgeon General” del 16 agosto 1993, “dalla Conferenza di Bagnoli del luglio 1995″, dalla “relazione della commissione d’inchiesta del Senato approvata in data 13 febbraio 2006″ e “dalla deposizione del dottor Armando Benedetti”, esperto qualificato in radio protezione del Cisam (il Centro interforze studi per le applicazioni militari) ascoltato proprio dalla commissione parlamentare in merito all’utilizzo del DU in Kosovo ed alla riscontrata presenza della sostanza nella catena alimentare. Tutti elementi dai quali «poteva evincersi che ilministero della Difesa fosse a conoscenza dell’esistenza dell’uranio impoverito durante la missione di pace o quanto meno sul serio rischio del suo utilizzo nell’area, nonché degli effetti del DU per la salute umana”. Insomma, secondo i giudici, sussistevano “tutti i requisiti per configurare una responsabilità del ministero della Difesa… per avere colposamente omessodi adottare tutte le opportune cautele atte a tutelare i propri militari dalle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito”.

SCAMBI AL VERTICE Ma nella vicenda c’è anche un risvolto extragiudiziario sollevato da Domenico Leggiero, responsabile del comparto Difesa dell’Osservatorio militare del personale delle forze armate. Riguarda gli scambi di informazione che ci furono sul tema tra vertici militari e politici.  E che interessa anche l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarellaprima vice presidente del Consiglio (dal 21 ottobre 1998 al 22 dicembre 1999) e poi ministro della Difesa (dal 22 dicembre 1999 all’11 giugno 2001) nei governi D’Alema e Amato.

Quando il militare deceduto, della cui vicenda si occupa la sentenza della Corte d’Appello, prestava servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, l’attuale capo dello Stato non rivestiva più alcuna carica di governo. “Ma da ministro”, ricorda Leggiero, “sulla questione delle munizioni arricchite con uranio impoverito impiegate nella guerra dell’ex Jugoslavia era intervenuto più volte dopo i primi casi di leucemia che avevano iniziato ad abbattersi sui reduci delle missioni nei Balcani”. Il 27 settembre 2000Mattarella in effettirispose in Parlamento ad un’interrogazione relativa a due episodi di decessi verificatisi tra i militari italiani. “Nel primo caso il giovane, vittima della malattia, non era mai stato impiegato all’estero – spiegò l’allora ministro della Difesa – Nel secondo caso il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, a Sarajevoprecisamente, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito”. Circostanza poi rivelatasi non vera. Perché in Bosnia, zona diSarajevo compresa, gli aerei americani scaricarono 10.800 proiettili all’uranio impoverito. E lo stesso Mattarella, tre mesi dopo, il 21 dicembre 2000, ne prese atto.

PROTEZIONE ASSICURATA  Il 10 gennaio 2001, Mattarella intervenne di nuovo al Senato: “Per quanto riguarda il Kosovo, come è noto da allora, la Nato, nel maggio 1999, ha fatto sapere di aver utilizzato in quella regione munizionamento all’uranio impoverito… L’ingresso delle nostre truppe in Kosovo è avvenuto successivamente alla notizia pubblica – ripeto – dell’uso di munizioni all’uranio impoverito… Di conseguenza, fin dall’ingresso dei nostri militari in Kosovo si sono potute adottare misure di protezione adeguate”. Messaggio rassicurante, ma che adesso non trova riscontro nella sentenza della Corte d’Appello di Roma passata in giudicato. Secondo la quale, anzi, il vertice militare ha “colposamente omesso” di adottare misure adeguate per tutelare i nostri soldati. Per cui, domanda Leggiero: “I vertici militari non hanno informato il ministro? Cosa molto probabile. Hanno sdrammatizzato la situazione convinti di controllare le conseguenze della vicenda? Cosa probabile. O, infine, i vertici militari hanno detto la verità al ministro, che quindi sapeva? Cosa molto poco probabile”.

INCONTRO DECLINATO Comunque siano andate le cose, Leggiero ha scritto una lettera al capo dello Stato per avere un incontro e discutere della vicenda dell’uranio impoverito.Richiesta però declinata da un suo collaboratore: “Sono spiacente di doverle comunicare”, recita la risposta dal Quirinale, “che l’agenda presidenziale, per i prossimi mesi, è fitta di impegni istituzionali”.


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Uranio impoverito, la strage silenziosa continua

Le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero, ma anche fra i loro figli. La lista dei bambini venuti al mondo con malformazioni e quella degli aborti terapeutici o spontanei continua a salire. E il lavoro della commissione d\'inchiestra della Camera è tutto in salita

DI ARIANNA GIUNTI
31 dicembre 2015


L’ultima a nascere in ordine di tempo è stata una bambina che oggi ha due anni e mezzo, affetta da labiopalatoschisi, quella malformazione della bocca che viene comunemente definita “labbro leporino”. Proprio come è successo con suo fratello - che oggi ha 7 anni - i medici si sono accorti dell’anomalia quando era ancora nella pancia della mamma.

Poi ci sono quelli che, invece, non sono mai nati. Le loro madri hanno scelto di abortire. Una decisione straziante, per evitare che i neonati venissero al mondo in condizioni fisiche già pesantemente compromesse. Infine ci sono gravidanze che si sono interrotte da sole, dopo pochi mesi di gestazione. Lasciando nei genitori un grande vuoto e mille domande.

L’uranio impoverito continua la sua strage silenziosa. E\' di pochi giorni fa la notizia della morte del maresciallo incursore dell\'Aeronautica Gianluca Danise, che nel 2003 a Nassiriya ricompose i corpi dei suoi colleghi uccisi da un attentato terroristico, stroncato da un tumore alla rinofaringe e abbandonato dalle istituzioni - come lui stesso ha denunciato - nei lunghi anni di malattia.

Ma le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero – che ancora oggi a distanza di vent’anni continuano ad ammalarsi di tumori e leucemie – ma anche fra i loro figli. La lista dei bambini venuti al mondo con malformazioni e quella degli aborti terapeutici o spontanei continua a salire. Quantificarli con precisione è quasi impossibile, ma secondo le associazioni che da anni si battono per denunciare le conseguenze dei metalli pesanti sui soldati italiani si parla ormai di diverse decine di casi dichiarati.

Le chiamano “vittime terze”, perché le loro vite sono state pregiudicate e danneggiate indirettamente dalle esposizioni dei loro genitori. Fra questi ci sono anche figli di civili, che si sono ritrovati a vivere in prossimità di luoghi contaminati da uranio, torio, gas radon in aree dove si sperimentano gli armamenti, come Salto di Quirra, sede di un poligono interforze a disposizione della Nato.

A tutti gli effetti, si tratta di vittime invisibili. Per la prima volta, però, a occuparsi dei civili sarà la commissione d’inchiesta della Camera (promossa da Sel e Movimento 5 Stelle) incaricata di far luce sui mancati risarcimenti alle vittime dell’uranio, che sta cercando di partire fra mille intoppi e che in questi giorni sta tentando di mettere insieme i nomi delle persone coinvolte. Con un occhio di riguardo ai paesi sardi di EscalaplanoCapo Teulada e Perdarsefogu, che si trovano a pochi passi dai poligoni.

Ma la strada è tutta in salita. Fra i soldati c’è infatti chi è ancora in servizio e, temendo ritorsioni, preferisce non denunciare. E poi c’è chi semplicemente prova vergogna, e non vuole che la sua storia venga alla luce. Più spesso il problema è burocratico. Le anomalie genetiche non sono state denunciate alla nascita e quindi nelle statistiche sanitarie e nei registri della Asl praticamente non esistono. Tantomeno esistono per i tribunali, che non hanno fatto partire alcuna inchiesta.

Però le storie sono moltissime. E alcune delle vittime solo adesso trovano il coraggio di parlare in forma rigorosamente anonima. E’ in questi mesi, infatti, che si deciderà tutto. E solo se quest’ultima commissione d’inchiesta riuscirà a provare un nesso di causalità fra le anomalie genetiche dei bambini e le esposizioni da uranio dei loro genitori ci sarà possibilità di avere giustizia e un legittimo risarcimento economico.

“La paura di parlare è tanta – confermano a l’Espresso dalla neonata Commissione d’inchiesta incaricata di redigere i nomi delle vittime – però noi facciamo un appello anche attraverso la stampa: trovate il coraggio di abbattere questo muro di gomma”.

IMPASSE BUROCRATICA

Ci ha provato, per esempio, S.I., figlia di un militare in forza al poligono di Teulada. “Per ben nove anni – è il resoconto della donna contenuto in una missiva destinata al ministero della Difesa – sono stata una residente del dovere, perché nel poligono ha prestato servizio per molto tempo mio padre, maresciallo dell’Esercito”. “Mi sono ammalata di due gravi malattie, il morbo di Basedow e una forma di sclerosi – spiega – e ho avuto un bambino nato con grossi problemi genetici, che purtroppo di recente è deceduto”.

Secondo la donna – assistita dall’associazione Anavafaf – a provocare le sue malattie e la disabilità del figlio sarebbe stata la prolungata esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti. Non solo uranio impoverito ma anche radiazioni di torio, “perché nel poligono sono stati ampiamente utilizzati e sperimentati i missili Milan che contengono, appunto, torio”.

La sua casa sorgeva vicino a un territorio che oggi viene considerato “non più bonificabile e permanentemente interdetto alle abitazioni”. Nonostante questo, però, le sue richieste di risarcimento finora sono state sempre ignorate. E non perché non ci fosse un nesso fra la sua malattia e quella del figlio, ma per semplici intoppi burocratici. “Nonostante fosse chiaro a tutti che io ero una comune cittadina, il mio caso è stato preso in mano dal Comitato Cause di Servizio della Difesa, ovvero l’ufficio che si occupa dei militari, che poi mi ha risposto dicendo che non poteva occuparsi di me, in quanto non militare”.

Una situazione kafkiana, che finora non ha trovato soluzione. E che lascia nella donna un forte amaro in bocca: “Oltre ad aver perso mio figlio e ad aver pagato le spese delle cure di tasca nostra, mi sono trovata a dover subire un atteggiamento di diffidenza e sospetto: hanno persino affidato ai carabinieri locali un’indagine per accertare a quale distanza si trovasse il poligono rispetto all’alloggio nel quale risiedevo, nonostante fosse noto a tutti dove si trovassero le abitazioni per il personale di gestione del poligono”. “Credo che un minimo di rispetto fosse dovuto verso chi, con grandi rischi, è stato al servizio del Paese e verso chi, non facendo parte del corpo militare, non poteva nemmeno chiedere l’adozione di misure protettive, come semplici mascherine, per evitare di respirare quel veleno”, è l’amara conclusione della donna nella sua lettera al Ministero.

Interpellato da l\'Espresso (in data primo dicembre 2015, ndr) , fino a oggi il ministero della Difesa non ha risposto alle nostre domande che erano state poste per fornire una corretta ed equilibrata esposizione dei fatti.

TUMORI INFANTILI

E nessun interesse da parte delle istituzioni - denunciano le associazioni - sembrerebbe esserci stato verso quei genitori che hanno visto, misteriosamente, i figli morire a causa di tumori infantili a poche settimane o addirittura a poche ore dal parto, alcuni di loro nati senza parte del cervello. Casi clinici inspiegabili, capitati fra persone senza precedenti simili nella loro storia familiare. A rompere un dolorosissimo silenzio lungo vent’anni c’è, per esempio, un capitano dell’Aeronautica che oggi chiede di sapere perché suo figlio, concepito dopo sei anni di servizio al poligono interforze di Salto di Quirra, sia nato con un tumore al rene. Per quel bambino non c’è stato scampo: è morto 30 giorni dopo essere venuto al mondo.

Gravi malformazioni sono state registrate alla nascita anche nel figlio di Vincenzo Z., maresciallo dell’Esercito che ha prestato servizio in Bosnia nei primi anni Duemila e che ha effettuato numerose esercitazioni a Capo Teulada.

Affetto da una grave forma di idrocefalia anche il bambino di E.D., un ex soldato reduce da missioni nei Balcani, che oggi chiede di conoscere la verità. Mentre una lunga lista di aborti (terapeutici e non) è stata registrata fra le mogli dei soldati che, nei Balcani e in Kosovo, erano addetti alle bonifiche del terreno dove erano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito. Raccontano oggi alcuni di loro: “I nostri superiori erano stati molto chiari: ci avevano consigliato di non fare figli per almeno tre anni dalla fine della missione all’estero”. “Una testimonianza inquietante – conferma l’ammiraglio Falco Accame a capo dell’associazione Anavafaf – che emerse, riferita dagli onorevoli Pisa e Angioni, anche nel corso dell’audizione del generale Michele Donvito alla commissione Difesa della Camera il 29 giugno del 2004”.

“L’emergenza uranio non è finita e le conseguenze continuiamo a pagarle, visto che ancora oggi riceviamo lettere disperate di genitori con figli portatori di anomalie genetiche – spiega Accame – Queste persone meritano, una volta per tutte, che sia data loro una risposta”.

“NASCONDETELI IN CASA”

Chi è in grado di spiegare questa situazione in tutta la sua cruda semplicità è Mariella Cao, battagliera fondatrice del comitato sardo Gettiamo le Basi, che da anni lotta perché l’opinione pubblica sia informata su quello che succede attorno ai poligoni di tiro della Sardegna.

“I casi sono molto più numerosi di quelli che sono stati raccontati finora – è la premessa della donna – solo che da parte dei genitori di questi bambini c’è sempre stata una forte reticenza a parlare, dettata soprattutto dalla paura di subire ritorsioni o addirittura di perdere il proprio impiego nell’Esercito”. E non solo da parte dei militari, visto che l’eventuale chiusura di una base interforze porterebbe alla perdita di lavoro anche per centinaia di civili.

Nel paese di Escalaplano, per esempio, a una manciata di chilometri dal poligono di Quirra, dove in 2.600 abitanti nei primi anni Duemila si è raggiunto un picco di 14 bambini con gravissime malformazioni genetiche, la regola ufficiale era quella di tacere. Qualsiasi cosa accadesse. E dunque, se i casi non venivano denunciati negli ospedali, era come se non fossero mai esistiti. Un copione che si è ripetuto anche nei comuni di JerzuBallao e Tertenia.

“Alle mamme di questi bambini veniva detto senza tanti giri di parole: nascondeteli in casa”, racconta oggi Mariella Cao. E così loro, un po’ per paura un po’ per vergona, eseguivano.

“Chi non ha trovato il coraggio di parlare, o si è ostinato a sostenere che le anomalie genetiche fossero soltanto un caso, non è però da biasimare – riflette la fondatrice di Gettiamo le Basi – immaginate cosa significa, per la madre di un bambino che sta morendo, prendere coscienza che la malattia di suo figlio non è dovuta a una coincidenza o a una tremenda sfortuna, ma a dei responsabili in carne e ossa, che guadagnano su questa situazione. Rendersene conto può portare alla disperazione. O alla follia”.

Non hanno taciuto, ma hanno gridato tutta la loro rabbia e il loro dolore, invece, l

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(PARTE PRIMA: français / srpskohrvatski / italiano)

Uranio \"impoverito\", aggiornamenti 2015-2017

1) La Serbie a décidé de poursuivre les pays de la coalition menée par les Etats-Unis (2017)
2) Dr Danica Grujičić: NATO počinio genocid nad zdravljem građana Srbije [contiene dati statistici sulle malattie in Serbia post-bombardamenti]
3) Rivelazione choc da maresciallo Finanza: uranio in Italia già dal 1994 (2017)
4) FLASHBACK / DOCUMENTI: L’Italia chiamò. Uranio impoverito: i soldati denunciano
(CONTINUA NELLA PARTE SECONDA)


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Bombardements à l\'uranium appauvri en Serbie en 1999 

18 ans après les opérations militaires en ex-Yougoslavie, la Serbie a décidé de poursuivre les pays de la coalition menée par les Etats-Unis. 

La population continue de souffrir des conséquences de l\'utilisation de munitions à l\'uranium appauvri. La Serbie a annoncé son intention de poursuivre en justice les pays de l\'OTAN pour l\'intervention de 1999 en ex-Yougoslavie. A l\'initiative de l\'Académie serbe des sciences et des arts, une équipe de juristes internationale se prépare à saisir les autorités judiciaires de chacun de ces pays, parmi lesquels les Etats-Unis et le Royaume-Uni. « Entre dix et 15 tonnes d\'uranium appauvri ont été utilisés lors des bombardements de l\'OTAN en Serbie en 1999 », rappelle Srdjan Aleksic, l\'un des avocats qui supervise la procédure légale. « A cause de cela, chaque année, 33 000 personnes tombent malades en Serbie. Cela représente un enfant par jour », a-t-il ajouté.

Source: ALERTE OTAN N°65 - 2e trimestre 2017


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Il seguente interessante articolo contenente alcuni –rari– dati statistici sulle malattie in Serbia post-bombardamenti. Di seguito anche una recente intervista alla stessa dottoressa Grujičić. 

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20. jul 2017 

Dr Danica Grujičić uverena: Neće postojati zakon niti sila koje će sprečiti tužbu NATO-a zbog 1999. godine!

Javlja se svakodnevno veliki broj vojnih lica, naučnika, lekara koji imaju podatke, ekonomista i pravnika koji su spremni da učestvuju u ovom poduhvatu - otkriva dr Grujičić


Doktorka Danica Grujičić povodom podataka BATUT-a o posledicama bombardovanja 1999. godine zastupa stav da građani imaju prava da znaju istinu, a da država ima dužnost da to omogući i da reaguje na te činjenice zbog čega se zalaže za to da koordinaciono telo ispita činjenice.

- Nećemo odustati od zahteva da se formira koordinaciono telo koje će ispitati sve posledice. I naravno, ako se precizno matematički dokaže da smo u pravu, neće postojati zakon niti sila koje će sprečiti tužbu NATO paktu, da li pojedinačno zemlje članice ili alijansu to je pitanje za pravnike. Javlja se svakodnevno veliki broj vojnih lica, naučnika, lekara koji imaju podatke, ekonomista i pravnika koji su spremni da učestvuju u ovom poduhvatu - piše opanak.net.

Podaci BATUTA više su nego zabrinjavajući:

– Registrovani maligni tumori 2001 godine – 30 744
– Registrovani maligni tumori 2014 godine – 35 319 (+15%)

– Umrlo od karcinoma 2001 – 16 776
– Umrlo od karcinoma 2014 – 21 322 (27%)

– Od sist. maligniteta (leukemije/limfomi) oboleli 2001 – 734
– Od sist. malig. (leuk./limfomi)oboleli 2014 – 1539 (+110%)

– Umrlo od sistemskih maligniteta 2001 – 468
– Umrlo od sistemskih maligniteta 2014 – 1216 (+160%)

– Od 2001 do 2014 u Srbiji od sistemskih malignih neoplazmi umrlo je 12 585. Sistemski maligni tumori cine svega 5% od ukupnog broja svih tumora.

– VAŽNO! NATO je 1999. godine na Srbiju i Crnu Goru prosuo 186 Gbq (gigabekerela) uranijuma 238 čije je vreme poluraspada 4,5 milijardi godina. To je 18600 bekerela po jednom stanovniku. Dozvoljena doza je 80 bekerela godišnje po stanovniku. I da vas podsetim to je samo priča oko OU a pored toga se nalazi posebno zagađenje hemijom, gasovima, itd.


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NATO počinio genocid nad zdravljem građana Srbije 

Biljana Radivojević | 25. decembar 2016. 21:00 | Komentara:  93
Neurohirurg prof. dr Danica Grujičić : Od leukemije je smrtnost povećana čak 139 odsto od 2002. godine. Otrovi su otišli u vodu, vazduh, zemlju, ušli i u lanac ishrane. U velikom porastu su i autoimune bolesti

MALIGNE bolesti su u Srbiji gotovo tri puta učestalije nego u svetu: kod nas se na 100.000 stanovnika registruje 5.500 obolelih od različitih vrsta karcinoma, a u svetu 2.000! Samo od leukemija smrtnost je od 2002. godine povećana za čak 139 odsto. Broj obolelih od karcinoma kod nas svake godine raste za dva odsto, a u svetu za 0,6 procenata. To je posledica bombardovanja! Mladima kojima smo ostavili ovakvu zemlju i sve probleme sa kojim se susreću, ostavili smo i probleme o kojima ne smemo da pričamo, i za koje ne smemo da tužimo zlikovce koji su ih stvorili. Sramota!

Ovako za \"Novosti\" govori profesorka dr Danica Grujičić, jedan od naših najboljih neurohirurga, načelnik Odeljenja neurohirurgije u Kliničkom centru Srbije.

Na posledice bombardovanja SRJ, 17 godina kasnije, dok stručna javnost, sa izuzetkom prof. dr Slobodana Čikarića, predsednika Društva Srbije za borbu protiv raka, uglavnom, \"zaobilazi\" ovu temu, prof. Grujičić upozorava na društvenim mrežama, u video-prilozima, na javnim tribinama...

* Mnoge vaše kolege tvrde da ćute zato što se porast obolevanja od raka u Srbiji ne može direktno dovesti u vezu za bombardovanjem?

- Činjenice su tu. Svedoci smo svakodnevno pojave sve većeg broja solidnih tumora koji se javljaju 15 do 20 godina nakon bombardovanja. Pored toga što se javljaju u većem broju, tumori su i agresivniji i to je razlog što se po smrtnosti od malignih bolesti nalazimo u samom vrhu Evrope. Samo starošću populacije i pušenjem se to ne može objasniti.

* Šta vas podstiče da sada ukazujete na posledice NATO bombardovanja 1999. godine? 

- Načinjena je ogromna šteta životnoj sredini. U Srbiji je 1999. godine počinjen ekocid, štetne materije, ne samo osiromašeni uranijum nego i brojni produkti postrojenja hemijske industrije koja su bombardovana otišli su u velikim koncentracijama u vazduh, vodu, zemljište i ušli u lanac ishrane. Građani Srbije o tome ne znaju ništa, pre svega zato što vlasti do sada nikada nisu o tome govorile. Podaci postoje i neophodno je da građani Srbije znaju kolika i kakva šteta im je naneta.

* Zašto?

- Ako ni zbog čega drugog, onda bar zbog preventive. Sve vlasti Srbije od 2000. su se ogrešile o stanovnike ovih krajeva jer nisu nikada formirale nikakvu komisiju od nezavisnih stručnjaka, opremile ih odgovarajućim laboratorijama i omogućile da nam tačno kažu šta je zagađeno, a šta ne. Ponašanje NATO je bilo nedopustivo, pre svega zato što su bombardovali sva hemijska postrojenja koja su se nalazila na mapama hazarda, što znači da su bila uredno obeležena. Namerno su ih gađali, što je samo dokaz da je njihova namera bila genocidna - zagaditi životnu sredinu građana Srbije.

* Da li zbog toga što govorite trpite neku vrstu pritisaka? 

- Ne. Nisam nikada trpela, a ni sada ne trpim nikakve pritiske zato što pričam ono što mislim.

* Neke vaše kolege, međutim, tvrde da se čitava priča o posledicama NATO bombardovanja preuveličava, i da se osiromašenog uranijuma koji je tada bačen u Srbiji treba plašiti \"taman koliko kobri i krokodila\".

- To su ljudi koji ne znaju šta je kancerogeneza i kako rak nastaje, pa o tome ne treba ni da pričaju. Šteta je naneta u trenutku kada je bilo bombardovanje, to je ono što tvrdimo mi koji se zalažemo za istinu. Alfa čestice su ušle u naše organizme i šteta je napravljena. Nju jeste teško, ali nije nemoguće dokazati. Umesto da se svi zalažemo da se to ispita, postoje kolege koje pokušavaju na sve načine da dokažu suprotno. Koji su njihovi motivi ne znam. Da je u pitanju želja za istinom, sumnjam.

NEBEZBEDNA MESTA ZA ŽIVOT

* Posledice bombardovanja po životnu sredinu i stanovništvo ne mogu se, ipak, tumačiti samo kroz uticaj osiromašenog uranijuma?

- Uništavanje naftnih skladišta je dovelo do oslobađanja ogromnih količina ugljen-dioksida, ali i posebne grupe visoko kancerogenih jedinjenja koja predstavljaju policiklične aromatične ugljo-vodonike. Povišene količine dioksina i furana su registrovane čak u Trakiji u Grčkoj u aprilu 1999. U Bariču je u Savu ispušteno 165 tona fluorovodonične kiseline. U Pančevu i Novom Sadu u Dunav je otišlo tri tone žive. Srbija i Crna Gora su predstavljale jedan od šest evropskih centara raznovrsnosti, a mnoge životinje i biljke koje nisu bile ugrožene pre bombardovanja, to su postale. Novi Sad, Bor, Kragujevac i Pančevo su proglašeni nebezbednim mestima za život.

* Da li vas kao lekara koji se svakodnevno suočava sa obolelima od najtžih tumora, i lično, takvi stavovi vređaju?

- Svako ima pravo na svoje mišljenje kao i pravo da dokazuje ono što govori. Ne vređaju me ljudi koji ne znaju šta je kancerogeneza.

* Čini se da smo 17 godina kasnije nekako, bar u većini, postali pomirljivi, kao da su nas bombardovali \"šarenim bombonama\". 

- \"Problem\" sa građanima Srbije je što i pored najgore moguće propagande, većina, ipak, misli svojom glavom i ima odličan osećaj za pravednost. Smatram da većina građana Srbije sluti šta je ovde urađeno i zato i ne veruje \"zvaničnicima\". Pored toga, postoji nešto što se zove i lično iskustvo - ne samo maligne bolesti, u porastu su i autoimune bolesti o kojima niko ne govori, pa onda i sve veći broj parova koji se leče zbog steriliteta...

* I sve to se može direktno povezati sa bombardovanjem?

- Naravno da nije samo bombardovanje krivo za sve, ali je njegov udeo u svemu ovome i te kako merljiv. Naleti NATO avijacije su potrošili kiseonika koliko sva živa bića u Srbiji potroše za 50 godina, iz svog prirodnog ležišta je izbačeno oko 3,8 milijardi kilograma zemlje. Sad se pitajte odakle ovoliko klizišta. Samo tri tone žive je otišlo u Dunav, 165 tona fluorovodonične kiseline...

* Da li, onda, posledice te ekološke katastrofe izlaze i van granica Srbije?

- Pošto iz Dunava dobijaju vodu i pojedine članice NATO, kao što su Bugarska i Rumunija, očito da i unutar NATO postoje značajnije i manje značajne zemlje i nacije. Ćutanje o svemu ovome odgovara samo NATO plaćenicima, onim nesrećnicima kojima je sopstveni džep važniji i od države, i od nacije, i od komšija, kao i samom NATO, jer ako se o tome ne govori nema ni odštete koju bi ti zlikovci morali da plate i ne samo nama, već i Iraku, Siriji, Libiji.....

* Vi se zalažete za formiranje neutralne komisije koja bi ispitala posledice bombardovanja?

- Samo neutralna komisija sastavljena od domaćih i stranih stručnjaka bi mogla da pruži sve informacije. Ljudi od struke se nigde u svetu ne plaše da kažu svoje mišljenje. Najbolji primer za to vam je Senegalac Bakari Kante koji je u aprilu 1999. bio u Srbiji i napisao izveštaj za UN koji je kasnije sklonjen od očiju javnosti, gde je jasno rekao da je napravljena ekološka katastrofa. Do tih podataka je naknadno došao američki novinar Robert Parson, kome možemo da zahvalimo što uopšte bilo šta znamo iz tog izveštaja.

* Šta takva komisija može da uradi?

- Nije dovoljno samo formirati komisiju, uz komisiju mora ići odgovarajuća laboratorija koja će biti u stanju da analizira sve što je potrebno. Komisija mora imati odgovarajući budžet, jer analize određenih hemijskih materija nisu uvek jeftine. Prema tome, Srbija mora imati laboratoriju koja je u stanju da identifikuje svaku supstancu, da se ne bi ponavljala situacija kao sa aflatoksinom pre neku godinu. Samo tako će formiranje komisije imati smisla. Baz toga, komisija ne može mnogo da uradi.


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Rivelazione choc da maresciallo Finanza: uranio in Italia già dal 1994


La rivelazione è arrivata durante un\'audizione alla Commissione Parlamentare Uranio Impoverito, con le parole del maresciallo in pensione Giuseppe Carofiglio, ex addetto all\'armeria della X legione della Guardia di Finanza.
I cittadini italiani hanno così appreso, ufficialmente, che nel 1994 in Italia erano presenti oltre 20 casse di munizioni all\'uranio impoverito, di cui il maresciallo è stato testimone oculare. Per la prima volta viene rivelato ciò che per anni in tanti, tacciati di complottismo, hanno sostenuto: l\'uranio impoverito in Italia c\'era eccome.

Il M5S, come sempre, vuole andare fino in fondo. Chiediamo l\'immediato intervento delle autorità giudiziarie competenti e lo ribadiremo al presidente Scanu: è più che mai importante agire subito, affinché eventuali prove, anche documentali, che persistano nei depositi di Pozzuoli e presumibilmente di La Spezia non vengano inquinate e si possa ulteriormente acquisire quante più notizie ed informazioni su quanto dichiarato dal maresciallo Carofiglio.

Vogliamo anche sapere se la Breda, azienda italiana, ha prodotto tali proiettili, dove sono stati eventualmente prodotti, e con quale destinazione. Soprattutto: come faceva ad avere uranio impoverito, che si ricava dallo scarto di centrali nucleari? Chi gliel\'ha venduto, chi ha autorizzato l\'acquisto?

Se tutto ciò che il maresciallo afferma troverà ulteriori riscontri, sarà necessario riportare indietro di 20 anni anche le eventuali responsabilità politiche e militaridi tutti quegli esponenti che hanno sempre negato la presenza di tali munizionamenti \"pesanti\" in Italia. 
E si tratta di nomi, anch\'essi, piuttosto pesanti.


Giulia Grillo e Gianluca Rizzo, M5S Commissione Parlamentare Uranio Impoverito
Scritto da M5S Camera News pubblicato il 28.06.17

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Si vedano anche:

Uranio impoverito: ancora malattie e decessi fra i militari (e non solo) (di Enzo Jorfida, PRC – 16 lug 2017)
... In questa legislatura dal 2015 è stata insediata una nuova Commissione Parlamentare di indagine sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito, presieduta dal democratico sardo Gian Luigi Scanu, Commissione che ad oggi ha certificato 7.000 militari ammalati e 344 decessi dovuti a neoplasie connesse all’esposizione agli agenti nocivi liberati dall’uranio 238 9. 
Davanti alla Commissione è apparso per testimoniare (vedi il Fatto Quotidiano del 1 e 29 giugno 2017) l’ex Maresciallo della Guardia di Finanza (corpo di Polizia a ordinamento militare del quale il PRC-SE chiede da tempo la smilitarizzazione) Carofiglio, il quale aveva denunciato che già nel 1994 vi erano proiettili all’uranio impoverito in dotazione a due mezzi navali della G.d.F., proiettili custoditi in un deposito della Marina Militare situato alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (NA), deposito utilizzato anche dalla G.d.F. Vi erano, nel deposito, una ventina di casse di proiettili da 30 millimetri, fabbricati dalla Breda Meccaniche Bresciane di Gardone Valtrompia. Per l’esattezza 576 proiettili per un peso di circa 300Kg. Questi proiettili, dopo l’intervento per misurare la radio-attività svolto dall’allora Agenzia Nazionale della Protezione Ambientale, sarebbero stati “smaltiti” con una esercitazione in mare da parte di due motovedette fra Ponza e Ventotene...

Uranio 238, lo Stato Maggiore scarica la responsabilità dei proiettili radioattivi sulla Finanza (di Alessandro Mantovani | 29 giugno 2017)
Il maresciallo Giuseppe Carofiglio conferma: “Quei colpi anche in Italia”. La Difesa: “Mai nelle forze armate”

“Uranio 238 usato anche in Italia” (di Alessandro Mantovani | 1 giugno 2017)
Un ex maresciallo: “Fotografai quei proiettili nel 1994 in un deposito a Pozzuoli, li spararono i finanzieri tra Ponza e Ventotene”. I ministri, compreso Mattarella, hanno sempre detto: “Mai avuti”


=== 4: FLASHBACK / DOCUMENTI ===

L’Italia chiamò.
Uranio impoverito: i soldati denunciano


di Leonardo BrogioniAngelo MiottoMatteo Scanni
Edizioni Ambiente, 2009 
ISBN 978-88-96238-07-3
L’Italia chiamò è anche un documentario, la cui versione originale (in dvd allegato al libro) ha una durata di 47 minuti.
€ 16,90 – Acquista libro+dvd sul sito di Edizioni Ambiente: http://www.edizioniambiente.it/libri/277/l-italia-chiamo/

«I soldati americani erano equipaggiati diversamente. Prima di entrare in una zona considerata a rischio indossavano tute protettive, guanti speciali, maschere con filtro. Noi invece lavoravamo a mani nude, le nostre maschere, quando ce le davano, erano di carta, tute niente».
Quattro soldati cercano un difficile ritorno alla normalità dopo essersi ammalati di tumore operando in zone bombardate con armi all’uranio impoverito. Luca, Emerico, Angelo e Salvatore hanno scelto volontariamente la divisa, ma sono stati abbandonati dall\'Esercito proprio quando hanno dovuto lottare per la vita. Chi ha denunciato ha subito minacce e ricatti, chi ha taciuto è sprofondato nella solitudine. L’Italia chiamò è un’inchiesta multimediale che racconta attraverso immagini e testo gli effetti dell’inquinamento bellico sul personale delle forze armate impiegato in Bosnia, Kosovo e Iraq. Il documentario giornalistico, premiato dalla critica, riannoda in un diario intimo le storie dei soldati, ricostruendo la catena delle responsabilità.
Ottobre 1993. Travolto dallo scandalo della Sindrome del Golfo, che ha fatto migliaia di vittime tra i militari inviati in Iraq, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti dirama le prime norme generali di protezione dall’uranio impoverito. Il videotape informativo, originariamente destinato alle caserme, viene trasmesso a tutti i paesi membri dell’Alleanza atlantica, ma in Italia lo Stato maggiore dell’Esercito non lo mostrerà mai ai soldati, che continueranno a partire per le missioni di “pace” all’estero senza adeguate protezioni, ammalandosi e morendo. Perché i vertici delle forze armate hanno taciuto? Hanno sottovalutato i rischi della contaminazione oppure nessuno ha voluto assumersi la responsabilità di rispondere alle famiglie di chi aveva subito la contaminazione? In uno scenario inquinato da statistiche fasulle, due Commissioni parlamentari d’inchiesta hanno cercato di ristabilire la verità dei fatti, riuscendoci solo parzialmente. Per alcuni scienziati non è dimostrabile il nesso causa-effetto tra l’insorgenza dei tumori e l’esposizione all’inquinamento bellico. Ma nei corpi dei soldati ci sono elementi chimici che possono provenire solo da esplosione di uranio impoverito. Di recente i tribunali ne hanno riconosciuto gli effetti letali, aprendo la strada a centinaia di richieste di risarcimento. Mentre la politica litiga sulle cifre, chiunque è libero di sperimentare armi non convenzionali nei poligoni sardi, bastano 50 mila dollari e un’autocertificazione. Il picco dei decessi deve ancora arrivare, avvertono gli scienziati, aspettiamoci il peggio.

L\'AUTORE
Leonardo Brogioni è fotografo e giornalista. Nel 1992 è tra i venti fotografi europei del Premio Kodak European Panorama of Young Professional Photography. Nel 1998 vince il Premio AFIP per la fotografia italiana di ricerca nella sezione reportage. Dal 1999 al 2002 scrive di fotogiornalismo sulla rivista Progresso Fotografico. Dal 2000 è docente di fotogiornalismo all\'Istituto Europeo di Design. È tra i fondatori dell\'associazione di cultura fotografica Polifemo.
SOMMARIO
Introduzione 
di Maurizio Torrealta
Una guerra in cifre 
  
Operazione vulcano   

Caporalmaggiore Luca Sepe   

Emergenza Croce Rossa   

Gli aspetti scientifici   

Sopravvivere di surgelati   

L’isola dei poligoni   

Scienziati contro la guerra   

Causa di servizio   

Cronologia   

Fonti   

Ringraziamenti   

Nota sugli autori

Guarda il trailer di 2minuti circa: https://www.youtube.com/watch?v=MtSck0uvses




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Si vedano anche i recenti scandalosi provvedimenti polacchi, accolti con acquiescente silenzio dalle istituzioni della UE:

Pologne : une offense à la mémoire de la Résistance (JACQUES KMIECIAK, 11 Jul 2017)
... Elle vise à effacer de la mémoire collective toute référence à la Pologne populaire (1944 – 1989) et aux indéniables avancées sociales dont elle a été porteuse (pouvoir ouvrier dans les entreprises, accès à l’éducation et à la culture, santé gratuite, redistribution des terres aux paysans)...

Il presidente polacco cancella e stravolge la storia della 2° guerra mondiale (PTV News 18.07.17)

Upozorenje Varšavi: “Rušenje spomenika Crvenoj armiji neće proći bez posljedica” (19/07/2017 – SAŠA F.)
Rusko Ministarstvo vanjskih poslova je usvajanje zakona o uklanjanju spomenika i spomen obilježja sovjetskim vojnicima koji su oslobodili zemlju od nacističke okupacije tijekom 1944. i 1945. u Poljskoj nazvalo pretjeranom provokacijom...

Débaptisations de rues en Pologne : une atteinte à la mémoire des luttes (22 Jul 2017)
Enseignant-chercheur à l’Institut national des langues et civilisations orientales (INALCO / Paris), historien, géopolitiste, Bruno Drweski, revient sur le processus dit de « décommunisation » en cours en Pologne...

Qualcuno, a Varsavia, si ricorda ancora dei nazisti (PandoraTV News – No Comment 04.08.17)

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I partiti comunisti contro le vergognose provocazioni anticomuniste della presidenza dell\'UE

28 Agosto 2017

Le dichiarazioni di condanna della “Giornata Europea” all\'insegna dell\'anticomunismo e della falsificazione della storia

Traduzione di Marx21.it

Sull\'iniziativa anticomunista dell\'Unione Europea del 23 agosto in Estonia
Comunicato del Partito Comunista Portoghese (PCP)

Il Partito Comunista Portoghese denuncia e condanna con forte indignazione la promozione, da parte della presidenza estone dell\'Unione Europea, il 23 agosto, a Tallin, capitale dell\'Estonia, un\'altra grave manifestazione di anticomunismo e revisionismo storico.

Con il pretesto della celebrazione dell\'autoproclamata e provocatoria “Giornata europea della memoria delle vittime di tutti i regimi autoritari e totalitari”, l\'Unione Europea promuove, identificandosi con esse, le più reazionarie concezioni e falsificazioni della storia contemporanea, calunnia senza scrupoli le esperienze del socialismo e in modo deplorevole equipara fascismo e comunismo, assolvendo e passando sotto silenzio i crimini del nazifascismo e le responsabilità delle grandi potenze capitaliste che – con il Trattato di Monaco, che aveva legittimato l\'annessione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista – hanno aperto la strada all\'inizio della Seconda Guerra Mondiale e all\'invasione dell\'Unione Sovietica da parte delle orde hitleriane.

Si tratta di un\'iniziativa ancor più deplorevole, in quanto in paesi che fanno parte dell\'Unione Europea – come nel caso dell\'Estonia – crescono il razzismo e la xenofobia, si perseguitano e proibiscono i partiti comunisti e si criminalizza l\'ideologia comunista, si riabilitano criminali fascisti, si distruggono simboli della lotta antifascista e della vittoria ottenuta, con il contributo determinante dell\'Unione Sovietica, sul nazi-fascismo – senza dimenticare che in Ucraina l\'elogio del fascismo e dell\'anticomunismo è diventato la politica del potere golpista.

Il PCP ritiene necessario non passare sotto silenzio tutto ciò e protestare energicamente contro una così grave manifestazione di oscurantismo anticomunista, tanto più quando questa è promossa da un\'entità che, pretendendo di dare al mondo lezioni di “democrazia” e “diritti umani”, si pone al servizio del grande capitale e delle grandi potenze e pratica la politica delle imposizioni sovranazionali, dell\'aggressione e limitazione della sovranità nazionale e della democrazia, dell\'intensificazione dello sfruttamento, dell\'attacco ai diritti sociali e lavorativi, e in cui si stanno sviluppando tendenze e pratiche repressive di limitazione di diritti e libertà fondamentali, e militariste.

Il PCP, che pretende dal governo portoghese una chiara presa di distanze da questo tipo di operazioni di falsificazione della storia e anticomuniste, non permetterà che si copra di candore il fascismo e si criminalizzi l\'ideale e il progetto comunista, si penalizzi il decisivo contributo dei comunisti e del sistema socialista alla sconfitta dei tenebrosi progetti del nazi-fascismo e alle grandi avanzate progressiste e rivoluzionarie nel XX secolo

I Partiti Comunisti e Operai di tutto il mondo denunciano l\'evento anticomunista organizzato dalla presidenza estone dell\'Unione Europea

solidnet.org

I Partiti Comunisti e Operai denunciano l\'evento anticomunista organizzato dalla presidenza estone dell\'Unione Europea, nell\'ambito della cosiddetta “Giornata europea della memoria delle vittime dei regimi totalitari”, che l\'Unione Europea, negli ultimi anni, ha stabilito per il 23 agosto.

L\'incontro anticomunista si propone di calunniare il socialismo e le sue conquiste senza precedenti per i lavoratori, di falsificare la storia, di equiparare inaccettabilmente e senza alcun fondamento storico il comunismo con il mostro del fascismo e le sue atrocità.

L\'equiparazione provocatoria del fascismo con il comunismo significa assolvere il fascismo e il ventre che lo genera e alimenta, vale a dire il sistema di sfruttamento capitalista. E per questo che, mentre i comunisti sono perseguitati e condannati, mentre i partiti comunisti di diversi paesi dell\'UE vengono proibiti, allo stesso tempo si rende onore e si concedono pensioni ai collaboratori dei nazisti e ai loro eredi politici.

I lavoratori e i popoli possono già trarre conclusioni dal fatto che l\'intensificazione dell\'anticomunismo è il segnale del rafforzamento delle misure antipopolari, della restrizione dei diritti dei lavoratori, dello scatenamento di nuove guerre imperialiste.

La verità presto si farà luce. 100 anni dopo la Grande Rivoluzione Socialista d\'Ottobre, la superiorità del sistema socialista non può essere nascosta, anche se oggi esso è investito da tonnellate di fango. I popoli, attraverso le loro lotte, troveranno il cammino per conquistare una società in cui la ricchezza appartenga a chi la produce, il socialismo e il comunismo.

I Partiti della rete Solidnet (in attesa di ulteriori adesioni):

 

Partito Comunista dell\'Albania
Partito Algerino per la Democrazia e il Socialismo (PADS)
Partito Comunista di Australia
Partito del Lavoro dell\'Austria
Partito Comunista dell\'Azerbaigian
Partito Comunista del Bangladesh
Partito Comunista Brasiliano
Partito Comunista del Brasile
Partito Comunista della Gran Bretagna
Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia
AKEL, Cipro
Partito Comunista di Boemia e Moravia
Partito Comunista della Danimarca
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista dell\'Estonia
Partito Comunista della Finlandia
Partito Comunista Tedesco
Partito Comunista Unificato della Georgia
Partito Comunista di Grecia
Partito Operaio Ungherese
Partito Comunista dell\'India
Partito Comunista dell\'India (Marxista)
Partito Tudeh dell\'Iran
Partito Comunista di Irlanda
Partito dei Lavoratori dell\'Irlanda
Partito Comunista di Israele
Partito Comunista (Italia)
Movimento Socialista del Kazakistan
Partito Socialista della Lettonia
Partito Comunista del Lussemburgo
Partito Comunista di Malta
Partito Comunista del Messico
Partito Socialista Popolare del Messico
Partito Comunista della Norvegia
Nuovo Partito Comunista dei Paesi Bassi
Partito Comunista Palestinese
Partito Comunista Paraguayano
Partito Comunista Peruviano
Partito Comunista Filippino (PKP-1930)
Partito Comunista della Polonia
Partito Socialista della Romania
Partito Comunista della Federazione Russa
Unione dei Partiti Comunisti - Partito Comunista dell\'Unione Sovietica
Partito Comunista Russo dei Lavoratori
Partito Comunista dello Sri Lanka
Partito Comunista dei Popoli di Spagna
Partito Comunista della Svezia
Partito Comunista Siriano
Partito Comunista del Tagikistan
Partito Comunista della Turchia
Partito comunista di Ucraina
Unione dei comunisti in Ucraina
Partito Comunista del Venezuela

Altri partiti

Partito Comunista dei Lavoratori Bielorusso - Sezione del CPSU
Partito dei Lavoratori Comunisti per la Pace e il Socialismo (Finlandia)
Palo di Rinascita Comunista in Francia
Partito Comunista Rivoluzionario (Francia)
Partito Rivoluzionario Comunista di Francia
Partito Comunista del Kazakistan - sezione del CPSU
Partito Comunista del Kirghizistan
Partito Comunista della Lettonia - sezione del CPSU
Partito Comunista della Moldova - Sezione del CPSU
Partito Comunista di Puerto Rico
Partito Comunista Romeno
Partito Comunista Romeno XXI Secolo
Unione del Popolo Galiziano
Partito comunista della Transnistria-sezione del CPSU
Partito dei Comunisti USA



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di Bruno Guiguedocente di filosofia e analista politico

Initiative Communiste, mensile del Polo di Rinascita Comunista in Francia

Traduzione di Marx21.it

Nel 1973, il colpo di stato del generale Pinochet contro il Governo di Unità Popolare in Cile provocò unondata di indignazione senza precedenti nei settori progressisti del mondo intero. La sinistra europea ne fece il simbolo del cinismo delle classi dominanti che avevano appoggiato questo pronunciamiento. Accusò Washington, complice del futuro dittatore, di aver ucciso la democrazia armando le braccia assassine dei militari golpisti. Nel 2017, al contrario, i tentativi di destabilizzazione del potere legittimo in Venezuela hanno raccolto nel migliore dei casi un silenzio infastidito, un sermone moralizzatore, quando non una diatriba antichavista da parte degli ambienti di sinistra, che si trattasse di responsabili politici, di intellettuali che godono di appoggi o di organi di stampa a grande tiratura.

Dal Ps allestrema sinistra (ad eccezione del Pôle de renaissance communiste en France, che ha le idee chiare), si rimesta, si mette insieme capra e cavoli, si rimprovera al Presidente Maduro il suo autoritarismo il tutto mentre si accusa lopposizione di mostrarsi intransigente. Nel caso migliore, si chiede al potere legale di fare dei compromessi, nel peggiore si esige che si dimetta. Manuel Valls, ex primo ministro socialista, denuncia la dittatura di Maduro. Il suo omologo spagnolo, Felipe Gonzalez, trova scandaloso lappello alle urne, e incrimina il montaggio truccato della Costituente. Il movimento diretto dalla deputata della France Insoumise, Clementine Autain, Ensemble condanna il caudillismodel potere chiavista. Eric Coquerel, anche lui deputato della France Insoumise e portavoce del Parti de Gauche (il partito fondato da Mélenchon NdT) mette fianco a fianco i violenti che sarebbero dai due lati, pur avvertendo ingenuamente che non vuole criticare Maduro.

Cosè successo tra il 1973 e il 2017? Mezzo secolo fa, la sinistra francese ed europea era generalmente solidale  almeno a parole  con i progressisti e i rivoluzionari dei paesi del Sud. Senza ignorare gli errori commessi e le difficoltà impreviste, non sparava alla schiena dei compagni latinoamericani. Non distribuiva responsabilità ai golpisti e alle loro vittime con giudizi salomonici. Si schierava, a costo di sbagliare, e non praticava, come fa la sinistra attuale, lautocensura codarda e la concessione allavversario a mo di difesa. Non diceva: tutto questo è molto brutto, e ognuno ha la sua parte di responsabilità in queste violenze riprovevoli. La sinistra francese ed europea degli anni 70 era certamente ingenua, ma non aveva paura della sua ombra, e non beatificava a ogni piè sospinto quando si trattava di analizzare una situazione concreta. È incredibile, ma pure i socialisti, come Salvador Allende, pensavano di essere socialisti al punto da rimetterci la vita.

A guardare lampiezza del fossato che ci separa da quellepoca, si hanno le vertigini. La crisi venezuelana fornisce un comodo esempio di questa regressione perché si presta a un confronto con il Cile del 1973. Ma se si allarga lo spettro dellanalisi, si vede bene che il decadimento ideologico è generale, che attraversa le frontiere. Nel momento della liberazione di Aleppo da parte dellesercito nazionale siriana, nel Dicembre 2016, gli stessi progressisti che facevano gli schizzinosi davanti alla difficoltà del chavismo, hanno cantato insieme ai media detenuti dalloligarchia per accusare Mosca e Damasco delle peggiori atrocità. E la maggior parte dei partiti di sinistra francese (Ps, PCF, Parti de Gauche, Npa, Ensemble, i Verdi) hanno organizzato una manifestazione davanti allambasciata russa a Parigi, per protestare contro il massacrodei civili presi in ostaggio nella capitale economica del paese.

Certo, questa indignazione morale a senso unico nascondeva il vero significato di una presa di ostaggiche cè stata, in effetti, ma da parte delle milizie islamiste, e non da parte delle forze siriane. Lo si è visto non appena sono stati creati i primi corridoi umanitari da parte delle autorità legali: i civili sono fuggiti in massa verso le zone governative, a volte sotto le pallottole dei loro gentili protettori in casco bianco che giocavano ai barellieri da una parte, e ai jihadisti dallaltra. Per la sinistra, il milione di siriani di Aleppo Ovest bombardata dagli estremisti abbigliati da ribelli moderati di Aleppo Est non contano, la sovranità della Siria nemmeno. La liberazione di Aleppo resterà negli annali come un tornante della guerra per procura combattuta contro la Siria. Il destino ha voluto che, purtroppo, segnasse un salto qualitativo nel degrado cerebrale della sinistra francese.

Siria, Venezuela: questi due esempi illustrano le devastazione causati dalla mancanza di analisi unita alla codardia politica. Tutto avviene come se le forze vive di questo paese fossero state anestetizzate da chissà quale sedativo. Partito dalle sfere della sinistra di governo, lallineamento alla doxa diffusa dai media dominanti è generale. Convertita al neoliberismo mondializzato, la vecchia socialdemocrazia non si è accontentata di sparare alla schiena degli ex compagni del Sud, si è anche sparata nei piedi. Trasformata in corrente minoritaria  socialiberale  dentro una destra francese più devota che mai al capitale, il Ps si è lasciato sbranare da Macron, il tutto fare delloligarchia capitalista euroatlantica. Negli anni 70, la stessa destra francese chiaramente liberale, con Giscard dEstaing, era più a sinistra del Ps di oggi, e di questo residuo verminoso la cui unica funzione è quella di distribuire scranni ai fuggitivi dellhollandismo.

Una volta voltata la pagina di Via Solferino (la sede del Ps NdT), si poteva sperare che la sinistra radicalene avrebbe raccolto il testimone, saldando il conto con gli errori passati. Ma la France Insoumise, nonostante il suo successo elettorale del 23 Aprile 2017, è un grande corpo molle, senza colonna vertebrale. Si trovano alcuni che pensano che Maduro è un dittatore e altri che pensano che difende il popolo. Quelli che denunciano ladesione della Francia alla Nato piangevano lacrimoni per la sorte dei mercenari wahabiti di Aleppo. Con la mano sul cuore, si proclama contro lingerenza straniera e larroganza neocoloniale in Medio Oriente, ma vuole mandare Assad davanti alla Corte Penale Internazionale, questo tribunale speciale riservato ai paria del nuovo ordine mondiale. Il Presidente siriano, ci hanno detto, è un criminale, ma ci si affida comunque al sacrificio dei suoi soldati per eliminare lIsis e Al-Qaeda. Queste contraddizioni sarebbero risibili, se non testimoniassero un decadimento più profondo, un vero collasso ideologico.

Potrà anche rompere con la socialdemocrazia, ma questa sinistra aderisce alla visione occidentale del mondo e al suo dirittumanismo a geometria variabile. La sua visione delle relazioni internazionali è direttamente importata dalla doxa pseudo-umanista che divide il mondo in simpatiche democrazie (i nostri amici) e abominevoli dittature (i nostri nemici). Etnocentrica, guarda dallalto lantimperialismo lascito del nazionalismo rivoluzionario del Terzo Mondo e del movimento comunista internazionale. Invece studiare Ho Chi Min, Lumumba, Mandela, Castro, Nasser, Che Guevara, Chavez, Morales, legge Marianne(una sorta di lEspresso francese NdT) e guarda France 24 (la rainews 24 francese NdT). Pensa che ci siano i buoni e i cattivi, che i buoni ci somigliano e che bisogna bastonare i cattivi. È indignata  o disturbata quando un capo della destra venezuelana, formata negli Usa dai neoconservatori per eliminare il chavismo, viene incarcerato per aver tentato un colpo di stato. Ma è incapace di spiegare le ragioni della crisi economica e politica del Venezuela. Per evitare le critiche, è restia a spiegare come il blocco degli approvvigionamenti sia stato provocato da una borghesia importatrice che traffica con i dollari e organizza la paralisi delle reti di distribuzione sperando di abbattere il legittimo presidente Maduro.

Indifferente ai movimenti di fondo, questa sinistra si contenta di partecipare allagitazione di superficie. In preda a una sorta di scherzo pascaliano che la distrae dallessenziale, essa ignora il peso delle strutture. Per lei, la politica non è un campo di forze, ma un teatro di ombre. Parteggia per le minoranze oppresse di tutto il mondo dimenticando di domandarsi perché certe sono visibili e altre no. Preferisce i curdi siriani ai siriani tout court perché sono una minoranza, senza vedere che questa preferenza serve alla loro strumentalizzazione da parte di Washington che ne fa delle suppellettili e prepara uno smembramento della Siria conformemente al progetto neo-conservatore. Rifiuta di vedere che il rispetto della sovranità degli Stati non è una questione accessoria, che è la rivendicazione principale dei popoli di fronte alle pretese egemoniche di un occidente vassallo di Washington, e che lideologia dei diritti umani e la difesa del LGBT serve spesso come paravento per un interventismo occidentale che si interessa soprattutto agli idrocarburi e alle ricchezze minerarie.

Si potrebbe cercare a lungo, nella produzione letteraria di questa sinistra che si dice radicale, degli articoli che spieghino perché a Cuba, malgrado il blocco, il tasso di mortalità infantile sia inferiore a quello degli Usa, la speranza di vita è quella di un paese sviluppato, lalfabetizzazione è al 98% e ci sono il 48% di donne allAssemblea del potere popolare. Non leggeremo mai, nemmeno perché il Kerala, questo stato di 33 milioni di abitanti diretto dai comunisti e dai loro alleati dagli anni 50, ha lindice di sviluppo umano di lunga più elevati dellUnione Indiana, e per quale ragione le donne giocano qui un ruolo sociale e politico di primo piano. Perché le esperienze di sviluppo autonomo e di trasformazione sociale costruiti lontano dai riflettori in angoli esotici non interessano affatto i nostri progressisti, affascinati dalla spuma televisiva e dalle peripezie del circo politico.

Drogata di moralina, intossicata da formalismo piccolo-borghese, la sinistra radical-chic firma petizioni, intenta processi e lancia anatemi contro i capi di stato che hanno la brutta abitudine di difendere la sovranità del proprio paese. Questo manicheismo le impedisce il compito di analizzare ciascuna situazione concreta e di guardare oltre il proprio naso. Pensa che il mondo sia uno, omogeneo, attraversato dalle stesse idee, come se tutte le società obbedissero agli stessi principi antropologici, evolvessero secondo gli stessi ritmi. Confonde volentieri il diritto dei popoli allautodeterminazione e il dovere degli stati di conformarsi ai requisiti di un Occidente che si erge a giudice supremo. Fa pensare allabolizionismo europeo del XIX secolo, che voleva sopprimere la schiavitù presso gli indigeni, portando la luce della civiltà con la canna del fucile. La sinistra dovrebbe sapere che linferno dellimperialismo oggi, come il colonialismo ieri, è sempre lastricato di buone intenzioni. Nel momento dellinvasione occidentale dellAfghanistan, nel 2001, non abbiamo mai letto tanti articoli, nella stampa progressista, sulloppressione delle donne afghane e sullimperativo morale della loro liberazione. Dopo 15 anni di emancipazione femminile al cannone 105, queste sono più coperte e analfabete che mai.



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Riceviamo e volentieri diffondiamo:

VENT\'ANNI... SENZA IMPREVISTI...

Su un quaderno di \"letteratura operaia\" veniva citata una frase di un vecchio contadino : \"Tu sai la storia dei Savoia, ma quella dei poveri cani nessuna te la dice, noi stessi vogliamo dimenticarla...\"

La razza padrona del capitale, purtroppo ritornata imperante nelle terre rumene dal golpe nazifascista dell\'anno 1989, ha rinchiuso la vita di Alexandru Visinescu dietro le sbarre di una galera, e i carcerieri hanno dato una triplice mandata alla porta blindata della sua cella.
\"L\'Alta Corte di Giustizia e di Cassazione\" di Bucarest ha condannato definitivamente il tenente colonnello Alexandru Visinescu a venti anni di prigione nel febbraio del 2016, a pagare trecentomila euro come compensazione alle parti civili, e all\'umiliazione del degrado militare. 

Neanche l\'età di Visinescu, nato nel 1925, ha impedito che la sentenza venisse subita eseguita e che venisse portato nella prigione a Jilava, comune nelle immediate vicinanze di Bucarest.
Un anno e mezzo di galera al quasi novantaduenne  Visinescu hanno aggravato le sue già precarie condizioni di salute e presa la consapevolezza del vicino baratro della fine l\'hanno portato a chiedere umanamente ai suoi carcerieri di poter far ritorno nelle quattro mura di casa.
La \"classe\" medica ha subito dato però parere negativo, facendo rivoltare nella tomba Ippocrate, affermando che la salute di Alexandru Visinescu è \"scrupolosamente\"...monitorata anche nella sua ora d\'aria e gode, anche per la sua \"tenera età\"..., di una discreta salute.

Mostro Alexandru Visinescu! hanno scritto  i pennivendoli parolai prezzolati, lacchè del sistema imperiale, commentando la sua condanna.
Hanno \"sbattuto il mostro in prima pagina\" pure i media imperialisti internazionali, tra gli altri Washington Post, BBC, Reuters, The Economist, FoxNews, ABC News, e per concludere in \"bellezza\"... con Al Jazeera.
L\'europeista \"Osservatore Balcani e Caucaso\" riassumendo usa  toni più \"discreti\"... - Alexandru Visinescu Boia!
Una presunta storica rumena , tal Georgeta Filitti, senza un minimo di pudore , ha dichiarato: \"Un momento storico. Alexandru Visinescu è stato una delle grandi bestie prodotte dal nostro popolo\".

Alexandru Visinescu, oggi nell\'elenco dei \"dannati della terra\", è stato condannato perché ritenuto colpevole di \"crimini contro l\'umanità\", torturatore e aguzzino sui detenuti incarcerati, quando è stato comandante del carcere di Ramnicu Sarat dal 1956 al 1963.

Alexandru Visinescu  è stato condannato per la morte di Ion Mihalache, come sostengono i suoi accusatori avvenuta nel 1963 proprio nel carcere di Ramnicu Sarat per le azioni disumane del suo comandante Visinescu.
Alexandru Visinescu, tenendo un comportamento assolutamente dignitoso in tutte le fasi del processo, ha sostenuto che Ion Mihalache non avesse subito nessuna tortura o privazione ed è morto in carcere per la vecchiaia.
Come dargli torto...dato che Ion Mihalache è morto alla \"verde età\".. di 81 anni.

Dubito che gli accusatori togati sono andati indietro nel tempo e si sono interrogati per quali motivazioni quel \"eroe della nazione\"...di Ion Mihalache fosse stato incarcerato.
Ion Mihalache, vicepresidente del \"Partito Nazionale dei Contadini\" era stato arrestato nel luglio del 1947 all\'aeroporto della località di Tamadou, dove con altri compari stava tentando di fuggire dalla Romania e di raggiungere la Turchia.
Il tentativo di fuga era per formare un governo reazionario in esilio per minare il governo socialista di democrazia popolare  passando documenti riservati a qualche potenza straniera.
I loro piani furono poi confermati dai documenti che furono trovati nella sede del Partito. Questi documenti dimostravano che il presidente  Iuliu Maniu e tutto il direttivo del Partito Nazionale dei Contadini avevano stretti collegamenti con i servizi segreti della \"Perfida Albione\".

Il traditore Iuliu Maniu, è stato riabilitato nell\'anno 1998 dalla \"Corte Suprema Giustizia Rumena\", che ha anche deciso la restituzione dei beni agli eredi, che erano stati confiscati, permettendo la nascita di una \"casa memoriale\" in un paesino della Transilvania. 
Ai visitatori spiegheranno come chi ha tradito la patria socialista viene oggi premiato con tutti gli onori dall\'attuale capitale?
Il commento del Primo ministro Petru Groza, fu di piena soddisfazione \"per avere assicurato alla giustizia questi criminali, prima che minassero la sicurezza della Repubblica Popolare di Romania\".
Ion Mihalache sarebbe penso da inserire, secondo il \"Tribunale della Storia\" nell\'elenco delle spie e dei traditori a libro paga dell\'imperialismo per compiere sabotaggi e minare all\'interno l\'opera di edificazione del socialismo.

Ricorderei a proposito la scoperta di una centrale di spionaggio a Bucarest.
Il processo svoltosi nel settembre del 1951 ha rivelato i piani degli agenti degli imperialisti, tra cui alte autorità del clero e funzionari della rappresentanza diplomatica Italiana. Rovesciato oggi pure anche questo giudizio dalla \"cupola\" del Vaticano.

Il terrorista Gheorghe Pasca, appartenente alle oltre duecento organizzazioni anticomuniste attive fino a circa all\'\'anno 1960 , responsabile dell\'assassinio di agenti di sicurezza nel 1956, oggi viene spacciato come partigiano, combattente per la libertà...
Oggi, senza vergogna, il maggiore Nicolae Pabija, decorato dai nazisti con la \"Croce di Ferro\" per aver partecipato all\'\'aggressione all\'\'Unione Sovietica oggi viene definito \"eroe del fronte orientale\", fu fondatore, subito dopo la fine della II guerra mondiale, dell\'organizzazione anticomunista \"Fronte di Difesa Nazionale\".

Questo fascismo presente, che fagocita le radici e la storia con la sua verità, si è fabbricato gli accusatori che hanno fatto condannare Alexandru Visinescu.
IICCMER (Istituto per l\'indagine dei Crimini del Comunismo e per la memoria dell\'Esilio Rumeno) é il \"nome altisonante\" che si sono attribuiti gli accusatori a senso unico di questo \"obiettivo\"...Istituto, gramigne infestate dai padroni, nato nel 2005 e interamente finanziato dalle casse pubbliche e coordinato dal Primo Ministro.

Il principale partner dell\'IICCMER è la \"Fondazione Konrad Adenauer\", nata nel 1956 su spinta della CIA come strumento della \"guerra fredda\", finanziata dallo Stato tedesco ogni anno con 100 milioni di euro.
Questa Fondazione diede un notevole contributo all\'assassinio di Salvador Allende, e oggi è schierata con i fascisti venezuelani, ed è tanto stimata da Giorgio Napolitano.

Annoterei che dall\'anno 2014 il presidente dell\'IICCMER  è il teologo Radu Preda, docente presso la facoltà di Teologia ortodossa dell\'università di Cluj-Napoca.
Le religioni con i loro multiformi \"eserciti ecclesiastici\", a cui non mancano né ori e né denari, sono sempre schierati con le forze della reazione imperialiste nella \"battuta di caccia\" contro lo \"spretto\" che si potrebbe aggirare ancora per l\'Europa.
Radu Preda è nello loro \"truppe cammellate\", perché leggendo lo sterminato curriculum vitae del teologo, si legge che ha collaborato alla radio della CIA \"Radio Free Europe\" negli anni 1993-1994 a Monaco di Baviera.

Le \"indagini\"... dell\'IICCMER sono instancabili, febbrili e siccome è risaputo che i \"comunisti mangiano i bambini\" affermano che il sistema socialista in Romania ha causato la morte per trattamenti disumani  di 771 minori (calcolo provvisorio) in tre orfanotrofi rumeni dal periodo che va dal 1966 al 1990.
Dimenticando lor \"signori\"...che attualmente la \"democratica\"...Romania ha il più alto tasso di mortalità infantile di tutti gli Stati membri dell\'Unione Europea, ed è quello che spende meno per la salute e l\'istruzione dei suoi cittadini, e il 49% dei bambini rumeni è nella soglia di povertà, non riuscendo a soddisfare neanche le necessità quotidiane di base.

L\'IICCMER \"massimo esperto\".... in materia \"non poteva non essere invitato\"...anche dal mondo accademico del \"bel paese\".
Rappresentato  con la relazione \"I mai dimenticati bambini rumeni. Minori rumeni in cerca della famiglia d\'origine\" di Luciana Jinga, direttrice esecutiva dell\'IICCMER, alla \"Conferenza Internazionale sui bambini in movimento dal 20 secolo al 21 secolo. Prospettiva biopolitica\" tenuta il 9 e 10 giugno 2017 presso il \"Dipartimento di Scienze Politiche, Giurisprudenza e Relazioni Internazionali\" presso l\'Università di Padova.
Relatori alla conferenza anche ben tre \"insigni\" accademici economisti dell\'Università di Padova che si son ben degnati di ricordare a questi bari e spacciatori di menzogne, che nell\'anno 2012 proprio l\'IICCMER aveva condotto in prima persona un sondaggio che aveva stabilito che \"il 60% della popolazione rumena \"da un punto di vista economico, viveva meglio sotto il socialismo\".

Crudeltà della visione e dolore profondo sulla piattaforma web YouTube sulle brutali aggressioni con microfoni e telecamere, come cacciatori dietro agli alberi, subite dall\'indifeso, ma non ancora sconfitto, Alexandru Visinescu, da parte delle \"squadracce dell\'informazione indecente del fango\". Alla macchina tritacarne mediatica tutto ciò non è sufficiente, perché vorrebbero stroncare Alexandru Visinescu. Studiano a tavolino come quando si progetta un omicidio, ingaggiano anche  un \"attore\"... che in diversi video impersona la sua figura, trasportandolo ai giorni nostri, come direttore in un liceo di Bucarest o preparatore atletico della nazionale di calcio rumena, ma sempre nelle vesti del  \"torturatore\" Visinescu.

Identica amara sorte ha subito il colonnello, ma pure lui degradato, Ion Ficior condannato, anche lui alla \"tenera età\"...di 89 anni, a vent\'anni...senza imprevisti... nel marzo 2017  sempre dalla \"Alta Corte di Cassazione e Giustizia\" di Bucarest, e subito portato a scontare la pena nel carcere di \"massima sicurezza\", ma di insicurezza per i detenuti...,di Rahova a Bucarest. Ion Ficior è stato condannato sempre per \"crimini contro l\'umanità\" quando era direttore del campo di lavoro  di Periprava dal 1958 al 1963,.anche se per dovere di precisione dal 1958 al 1960 era solo vicedirettore, e ritenuto responsabile della morte di oltre 100 detenuti. Sul chi fossero questi detenuti lo svela, da non crederci, nientepopodimeno il Procuratore Generale nella sua requisitoria contro Ion Ficior  - \"detenuti con la preponderanza di controrivoluzionari...\".

\"È impossibile che fuori non c\'è più nessuno, che non si sente più una voce, un rumore, un respiro. Dove siete, ci sentite, non vi sento e non sento più nessuno. Fuori le sbarre, un muro è impossibile che fuori non c\'è più un respiro....\" è il testo di una canzone per chiedere la libertà di Silvia Baraldini, allora detenuta in un carcere di massima sicurezza negli Stati Uniti.
Nessuna voce, nessun rumore, nessun respiro, nessun cartello, nessuna bandiera, nessun tamburo percosso, nessun alza il pugno alto verso il cielo rosso, ma nemmeno un appello o una petizione online contro la condanna e la detenzione in galera di Alexandru Visinescu e Ion Ficior da parte di Amnesty International (sempre pronta a denunciare le violazioni dei diritti umani nelle democrazie popolari dell\'Est Europa e fu definita ufficialmente dalla Repubblica Democratica Tedesca come \"una parte costitutiva essenziale della base personale, intellettuale-ideologica e psicologica dell\'ideologia imperialista), da Avaaz, da Pax Christi.

Dalle loro feritoie Alexandru Visinescu e Ion Ficior si guardano intorno, tra muri a secco dell\'indifferenza, chiamano ma risponde che l\'eco, non abbandonando però un ombra che segnerà nuove ore di lotta, nel tic-tac della storia, per i giorni che verranno.


Stefano Contena Valsecchi - Craiova (Romania)



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TOH, IN KOSOVO C\'È IL SEPARATISMO ETNICO. NON LO SAPEVAMO!

Ci voleva \"una ricerca ... supportata dalla Kosovo Foundation for Open Society [di Soros] come parte del progetto \'Building Knowledge of New Statehood in bla bla bla\' \" firmata nientedimeno che da una \"Senior Associate Fellow presso l’Istituto Albanese di Studi Internazionali\" perché scoprissimo che in Kosovo \"l\'università rafforza la divisione etnica\":


In realtà, solo degli squallidi buffoni possono cascare dalle nuvole. La situazione descritta nell\'articolo non è altro che l\'esito logico ed estremo della campagna dl boicottaggio delle scuole di ogni ordine e grado, avviata sin dalla alla fine degli anni Ottanta dal movimento panalbanese e fomentata in particolare dall\'allora suo leader Ibrahim Rugova – il cui nome è giustamente caduto nel dimenticatoio qui da noi, in quanto primo ispiratore dell\'attuale regime di apartheid kosovaro.
La guerra di secessione del 1998-1999, appoggiata dalla aviazione della NATO, era precisamente mirata a realizzare in pieno tale apartheid. 

Con la creazione di una loro università a Mitrovica (\"Università di Pristina temporaneamente in esilio\" o anche \"Università di Pristina in Kosovska Mitrovica\", UPKM), i serbi del Kosovo non hanno fatto altro che cercare di preservare il loro diritto a una formazione accademica nella loro lingua e con programmi in linea con gli standard internazionali.

Il sistema universitario jugoslavo, che aveva concesso alta formazione e valorizzazione delle specificità culturali di tutte le componenti nazionali o \"etniche\" (momento topico fu proprio la fondazione della Università di Priština nel 1969), era l\'unico nel quale tali componenti potessero convivere e integrarsi virtuosamente. A distruggere tutto in Kosovo sono stati il separatismo razzista panalbanese ed i suoi alleati, da Schröder a Clinton passando per D\'Alema.

(a cura di Italo Slavo)



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