Informazione


Si vedano anche i recenti scandalosi provvedimenti polacchi, accolti con acquiescente silenzio dalle istituzioni della UE:

Pologne : une offense à la mémoire de la Résistance (JACQUES KMIECIAK, 11 Jul 2017)
... Elle vise à effacer de la mémoire collective toute référence à la Pologne populaire (1944 – 1989) et aux indéniables avancées sociales dont elle a été porteuse (pouvoir ouvrier dans les entreprises, accès à l’éducation et à la culture, santé gratuite, redistribution des terres aux paysans)...

Il presidente polacco cancella e stravolge la storia della 2° guerra mondiale (PTV News 18.07.17)

Upozorenje Varšavi: “Rušenje spomenika Crvenoj armiji neće proći bez posljedica” (19/07/2017 – SAŠA F.)
Rusko Ministarstvo vanjskih poslova je usvajanje zakona o uklanjanju spomenika i spomen obilježja sovjetskim vojnicima koji su oslobodili zemlju od nacističke okupacije tijekom 1944. i 1945. u Poljskoj nazvalo pretjeranom provokacijom...

Débaptisations de rues en Pologne : une atteinte à la mémoire des luttes (22 Jul 2017)
Enseignant-chercheur à l’Institut national des langues et civilisations orientales (INALCO / Paris), historien, géopolitiste, Bruno Drweski, revient sur le processus dit de « décommunisation » en cours en Pologne...

Qualcuno, a Varsavia, si ricorda ancora dei nazisti (PandoraTV News – No Comment 04.08.17)

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I partiti comunisti contro le vergognose provocazioni anticomuniste della presidenza dell\'UE

28 Agosto 2017

Le dichiarazioni di condanna della “Giornata Europea” all\'insegna dell\'anticomunismo e della falsificazione della storia

Traduzione di Marx21.it

Sull\'iniziativa anticomunista dell\'Unione Europea del 23 agosto in Estonia
Comunicato del Partito Comunista Portoghese (PCP)

Il Partito Comunista Portoghese denuncia e condanna con forte indignazione la promozione, da parte della presidenza estone dell\'Unione Europea, il 23 agosto, a Tallin, capitale dell\'Estonia, un\'altra grave manifestazione di anticomunismo e revisionismo storico.

Con il pretesto della celebrazione dell\'autoproclamata e provocatoria “Giornata europea della memoria delle vittime di tutti i regimi autoritari e totalitari”, l\'Unione Europea promuove, identificandosi con esse, le più reazionarie concezioni e falsificazioni della storia contemporanea, calunnia senza scrupoli le esperienze del socialismo e in modo deplorevole equipara fascismo e comunismo, assolvendo e passando sotto silenzio i crimini del nazifascismo e le responsabilità delle grandi potenze capitaliste che – con il Trattato di Monaco, che aveva legittimato l\'annessione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista – hanno aperto la strada all\'inizio della Seconda Guerra Mondiale e all\'invasione dell\'Unione Sovietica da parte delle orde hitleriane.

Si tratta di un\'iniziativa ancor più deplorevole, in quanto in paesi che fanno parte dell\'Unione Europea – come nel caso dell\'Estonia – crescono il razzismo e la xenofobia, si perseguitano e proibiscono i partiti comunisti e si criminalizza l\'ideologia comunista, si riabilitano criminali fascisti, si distruggono simboli della lotta antifascista e della vittoria ottenuta, con il contributo determinante dell\'Unione Sovietica, sul nazi-fascismo – senza dimenticare che in Ucraina l\'elogio del fascismo e dell\'anticomunismo è diventato la politica del potere golpista.

Il PCP ritiene necessario non passare sotto silenzio tutto ciò e protestare energicamente contro una così grave manifestazione di oscurantismo anticomunista, tanto più quando questa è promossa da un\'entità che, pretendendo di dare al mondo lezioni di “democrazia” e “diritti umani”, si pone al servizio del grande capitale e delle grandi potenze e pratica la politica delle imposizioni sovranazionali, dell\'aggressione e limitazione della sovranità nazionale e della democrazia, dell\'intensificazione dello sfruttamento, dell\'attacco ai diritti sociali e lavorativi, e in cui si stanno sviluppando tendenze e pratiche repressive di limitazione di diritti e libertà fondamentali, e militariste.

Il PCP, che pretende dal governo portoghese una chiara presa di distanze da questo tipo di operazioni di falsificazione della storia e anticomuniste, non permetterà che si copra di candore il fascismo e si criminalizzi l\'ideale e il progetto comunista, si penalizzi il decisivo contributo dei comunisti e del sistema socialista alla sconfitta dei tenebrosi progetti del nazi-fascismo e alle grandi avanzate progressiste e rivoluzionarie nel XX secolo

I Partiti Comunisti e Operai di tutto il mondo denunciano l\'evento anticomunista organizzato dalla presidenza estone dell\'Unione Europea

solidnet.org

I Partiti Comunisti e Operai denunciano l\'evento anticomunista organizzato dalla presidenza estone dell\'Unione Europea, nell\'ambito della cosiddetta “Giornata europea della memoria delle vittime dei regimi totalitari”, che l\'Unione Europea, negli ultimi anni, ha stabilito per il 23 agosto.

L\'incontro anticomunista si propone di calunniare il socialismo e le sue conquiste senza precedenti per i lavoratori, di falsificare la storia, di equiparare inaccettabilmente e senza alcun fondamento storico il comunismo con il mostro del fascismo e le sue atrocità.

L\'equiparazione provocatoria del fascismo con il comunismo significa assolvere il fascismo e il ventre che lo genera e alimenta, vale a dire il sistema di sfruttamento capitalista. E per questo che, mentre i comunisti sono perseguitati e condannati, mentre i partiti comunisti di diversi paesi dell\'UE vengono proibiti, allo stesso tempo si rende onore e si concedono pensioni ai collaboratori dei nazisti e ai loro eredi politici.

I lavoratori e i popoli possono già trarre conclusioni dal fatto che l\'intensificazione dell\'anticomunismo è il segnale del rafforzamento delle misure antipopolari, della restrizione dei diritti dei lavoratori, dello scatenamento di nuove guerre imperialiste.

La verità presto si farà luce. 100 anni dopo la Grande Rivoluzione Socialista d\'Ottobre, la superiorità del sistema socialista non può essere nascosta, anche se oggi esso è investito da tonnellate di fango. I popoli, attraverso le loro lotte, troveranno il cammino per conquistare una società in cui la ricchezza appartenga a chi la produce, il socialismo e il comunismo.

I Partiti della rete Solidnet (in attesa di ulteriori adesioni):

 

Partito Comunista dell\'Albania
Partito Algerino per la Democrazia e il Socialismo (PADS)
Partito Comunista di Australia
Partito del Lavoro dell\'Austria
Partito Comunista dell\'Azerbaigian
Partito Comunista del Bangladesh
Partito Comunista Brasiliano
Partito Comunista del Brasile
Partito Comunista della Gran Bretagna
Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia
AKEL, Cipro
Partito Comunista di Boemia e Moravia
Partito Comunista della Danimarca
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista dell\'Estonia
Partito Comunista della Finlandia
Partito Comunista Tedesco
Partito Comunista Unificato della Georgia
Partito Comunista di Grecia
Partito Operaio Ungherese
Partito Comunista dell\'India
Partito Comunista dell\'India (Marxista)
Partito Tudeh dell\'Iran
Partito Comunista di Irlanda
Partito dei Lavoratori dell\'Irlanda
Partito Comunista di Israele
Partito Comunista (Italia)
Movimento Socialista del Kazakistan
Partito Socialista della Lettonia
Partito Comunista del Lussemburgo
Partito Comunista di Malta
Partito Comunista del Messico
Partito Socialista Popolare del Messico
Partito Comunista della Norvegia
Nuovo Partito Comunista dei Paesi Bassi
Partito Comunista Palestinese
Partito Comunista Paraguayano
Partito Comunista Peruviano
Partito Comunista Filippino (PKP-1930)
Partito Comunista della Polonia
Partito Socialista della Romania
Partito Comunista della Federazione Russa
Unione dei Partiti Comunisti - Partito Comunista dell\'Unione Sovietica
Partito Comunista Russo dei Lavoratori
Partito Comunista dello Sri Lanka
Partito Comunista dei Popoli di Spagna
Partito Comunista della Svezia
Partito Comunista Siriano
Partito Comunista del Tagikistan
Partito Comunista della Turchia
Partito comunista di Ucraina
Unione dei comunisti in Ucraina
Partito Comunista del Venezuela

Altri partiti

Partito Comunista dei Lavoratori Bielorusso - Sezione del CPSU
Partito dei Lavoratori Comunisti per la Pace e il Socialismo (Finlandia)
Palo di Rinascita Comunista in Francia
Partito Comunista Rivoluzionario (Francia)
Partito Rivoluzionario Comunista di Francia
Partito Comunista del Kazakistan - sezione del CPSU
Partito Comunista del Kirghizistan
Partito Comunista della Lettonia - sezione del CPSU
Partito Comunista della Moldova - Sezione del CPSU
Partito Comunista di Puerto Rico
Partito Comunista Romeno
Partito Comunista Romeno XXI Secolo
Unione del Popolo Galiziano
Partito comunista della Transnistria-sezione del CPSU
Partito dei Comunisti USA



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di Bruno Guiguedocente di filosofia e analista politico

Initiative Communiste, mensile del Polo di Rinascita Comunista in Francia

Traduzione di Marx21.it

Nel 1973, il colpo di stato del generale Pinochet contro il Governo di Unità Popolare in Cile provocò unondata di indignazione senza precedenti nei settori progressisti del mondo intero. La sinistra europea ne fece il simbolo del cinismo delle classi dominanti che avevano appoggiato questo pronunciamiento. Accusò Washington, complice del futuro dittatore, di aver ucciso la democrazia armando le braccia assassine dei militari golpisti. Nel 2017, al contrario, i tentativi di destabilizzazione del potere legittimo in Venezuela hanno raccolto nel migliore dei casi un silenzio infastidito, un sermone moralizzatore, quando non una diatriba antichavista da parte degli ambienti di sinistra, che si trattasse di responsabili politici, di intellettuali che godono di appoggi o di organi di stampa a grande tiratura.

Dal Ps allestrema sinistra (ad eccezione del Pôle de renaissance communiste en France, che ha le idee chiare), si rimesta, si mette insieme capra e cavoli, si rimprovera al Presidente Maduro il suo autoritarismo il tutto mentre si accusa lopposizione di mostrarsi intransigente. Nel caso migliore, si chiede al potere legale di fare dei compromessi, nel peggiore si esige che si dimetta. Manuel Valls, ex primo ministro socialista, denuncia la dittatura di Maduro. Il suo omologo spagnolo, Felipe Gonzalez, trova scandaloso lappello alle urne, e incrimina il montaggio truccato della Costituente. Il movimento diretto dalla deputata della France Insoumise, Clementine Autain, Ensemble condanna il caudillismodel potere chiavista. Eric Coquerel, anche lui deputato della France Insoumise e portavoce del Parti de Gauche (il partito fondato da Mélenchon NdT) mette fianco a fianco i violenti che sarebbero dai due lati, pur avvertendo ingenuamente che non vuole criticare Maduro.

Cosè successo tra il 1973 e il 2017? Mezzo secolo fa, la sinistra francese ed europea era generalmente solidale  almeno a parole  con i progressisti e i rivoluzionari dei paesi del Sud. Senza ignorare gli errori commessi e le difficoltà impreviste, non sparava alla schiena dei compagni latinoamericani. Non distribuiva responsabilità ai golpisti e alle loro vittime con giudizi salomonici. Si schierava, a costo di sbagliare, e non praticava, come fa la sinistra attuale, lautocensura codarda e la concessione allavversario a mo di difesa. Non diceva: tutto questo è molto brutto, e ognuno ha la sua parte di responsabilità in queste violenze riprovevoli. La sinistra francese ed europea degli anni 70 era certamente ingenua, ma non aveva paura della sua ombra, e non beatificava a ogni piè sospinto quando si trattava di analizzare una situazione concreta. È incredibile, ma pure i socialisti, come Salvador Allende, pensavano di essere socialisti al punto da rimetterci la vita.

A guardare lampiezza del fossato che ci separa da quellepoca, si hanno le vertigini. La crisi venezuelana fornisce un comodo esempio di questa regressione perché si presta a un confronto con il Cile del 1973. Ma se si allarga lo spettro dellanalisi, si vede bene che il decadimento ideologico è generale, che attraversa le frontiere. Nel momento della liberazione di Aleppo da parte dellesercito nazionale siriana, nel Dicembre 2016, gli stessi progressisti che facevano gli schizzinosi davanti alla difficoltà del chavismo, hanno cantato insieme ai media detenuti dalloligarchia per accusare Mosca e Damasco delle peggiori atrocità. E la maggior parte dei partiti di sinistra francese (Ps, PCF, Parti de Gauche, Npa, Ensemble, i Verdi) hanno organizzato una manifestazione davanti allambasciata russa a Parigi, per protestare contro il massacrodei civili presi in ostaggio nella capitale economica del paese.

Certo, questa indignazione morale a senso unico nascondeva il vero significato di una presa di ostaggiche cè stata, in effetti, ma da parte delle milizie islamiste, e non da parte delle forze siriane. Lo si è visto non appena sono stati creati i primi corridoi umanitari da parte delle autorità legali: i civili sono fuggiti in massa verso le zone governative, a volte sotto le pallottole dei loro gentili protettori in casco bianco che giocavano ai barellieri da una parte, e ai jihadisti dallaltra. Per la sinistra, il milione di siriani di Aleppo Ovest bombardata dagli estremisti abbigliati da ribelli moderati di Aleppo Est non contano, la sovranità della Siria nemmeno. La liberazione di Aleppo resterà negli annali come un tornante della guerra per procura combattuta contro la Siria. Il destino ha voluto che, purtroppo, segnasse un salto qualitativo nel degrado cerebrale della sinistra francese.

Siria, Venezuela: questi due esempi illustrano le devastazione causati dalla mancanza di analisi unita alla codardia politica. Tutto avviene come se le forze vive di questo paese fossero state anestetizzate da chissà quale sedativo. Partito dalle sfere della sinistra di governo, lallineamento alla doxa diffusa dai media dominanti è generale. Convertita al neoliberismo mondializzato, la vecchia socialdemocrazia non si è accontentata di sparare alla schiena degli ex compagni del Sud, si è anche sparata nei piedi. Trasformata in corrente minoritaria  socialiberale  dentro una destra francese più devota che mai al capitale, il Ps si è lasciato sbranare da Macron, il tutto fare delloligarchia capitalista euroatlantica. Negli anni 70, la stessa destra francese chiaramente liberale, con Giscard dEstaing, era più a sinistra del Ps di oggi, e di questo residuo verminoso la cui unica funzione è quella di distribuire scranni ai fuggitivi dellhollandismo.

Una volta voltata la pagina di Via Solferino (la sede del Ps NdT), si poteva sperare che la sinistra radicalene avrebbe raccolto il testimone, saldando il conto con gli errori passati. Ma la France Insoumise, nonostante il suo successo elettorale del 23 Aprile 2017, è un grande corpo molle, senza colonna vertebrale. Si trovano alcuni che pensano che Maduro è un dittatore e altri che pensano che difende il popolo. Quelli che denunciano ladesione della Francia alla Nato piangevano lacrimoni per la sorte dei mercenari wahabiti di Aleppo. Con la mano sul cuore, si proclama contro lingerenza straniera e larroganza neocoloniale in Medio Oriente, ma vuole mandare Assad davanti alla Corte Penale Internazionale, questo tribunale speciale riservato ai paria del nuovo ordine mondiale. Il Presidente siriano, ci hanno detto, è un criminale, ma ci si affida comunque al sacrificio dei suoi soldati per eliminare lIsis e Al-Qaeda. Queste contraddizioni sarebbero risibili, se non testimoniassero un decadimento più profondo, un vero collasso ideologico.

Potrà anche rompere con la socialdemocrazia, ma questa sinistra aderisce alla visione occidentale del mondo e al suo dirittumanismo a geometria variabile. La sua visione delle relazioni internazionali è direttamente importata dalla doxa pseudo-umanista che divide il mondo in simpatiche democrazie (i nostri amici) e abominevoli dittature (i nostri nemici). Etnocentrica, guarda dallalto lantimperialismo lascito del nazionalismo rivoluzionario del Terzo Mondo e del movimento comunista internazionale. Invece studiare Ho Chi Min, Lumumba, Mandela, Castro, Nasser, Che Guevara, Chavez, Morales, legge Marianne(una sorta di lEspresso francese NdT) e guarda France 24 (la rainews 24 francese NdT). Pensa che ci siano i buoni e i cattivi, che i buoni ci somigliano e che bisogna bastonare i cattivi. È indignata  o disturbata quando un capo della destra venezuelana, formata negli Usa dai neoconservatori per eliminare il chavismo, viene incarcerato per aver tentato un colpo di stato. Ma è incapace di spiegare le ragioni della crisi economica e politica del Venezuela. Per evitare le critiche, è restia a spiegare come il blocco degli approvvigionamenti sia stato provocato da una borghesia importatrice che traffica con i dollari e organizza la paralisi delle reti di distribuzione sperando di abbattere il legittimo presidente Maduro.

Indifferente ai movimenti di fondo, questa sinistra si contenta di partecipare allagitazione di superficie. In preda a una sorta di scherzo pascaliano che la distrae dallessenziale, essa ignora il peso delle strutture. Per lei, la politica non è un campo di forze, ma un teatro di ombre. Parteggia per le minoranze oppresse di tutto il mondo dimenticando di domandarsi perché certe sono visibili e altre no. Preferisce i curdi siriani ai siriani tout court perché sono una minoranza, senza vedere che questa preferenza serve alla loro strumentalizzazione da parte di Washington che ne fa delle suppellettili e prepara uno smembramento della Siria conformemente al progetto neo-conservatore. Rifiuta di vedere che il rispetto della sovranità degli Stati non è una questione accessoria, che è la rivendicazione principale dei popoli di fronte alle pretese egemoniche di un occidente vassallo di Washington, e che lideologia dei diritti umani e la difesa del LGBT serve spesso come paravento per un interventismo occidentale che si interessa soprattutto agli idrocarburi e alle ricchezze minerarie.

Si potrebbe cercare a lungo, nella produzione letteraria di questa sinistra che si dice radicale, degli articoli che spieghino perché a Cuba, malgrado il blocco, il tasso di mortalità infantile sia inferiore a quello degli Usa, la speranza di vita è quella di un paese sviluppato, lalfabetizzazione è al 98% e ci sono il 48% di donne allAssemblea del potere popolare. Non leggeremo mai, nemmeno perché il Kerala, questo stato di 33 milioni di abitanti diretto dai comunisti e dai loro alleati dagli anni 50, ha lindice di sviluppo umano di lunga più elevati dellUnione Indiana, e per quale ragione le donne giocano qui un ruolo sociale e politico di primo piano. Perché le esperienze di sviluppo autonomo e di trasformazione sociale costruiti lontano dai riflettori in angoli esotici non interessano affatto i nostri progressisti, affascinati dalla spuma televisiva e dalle peripezie del circo politico.

Drogata di moralina, intossicata da formalismo piccolo-borghese, la sinistra radical-chic firma petizioni, intenta processi e lancia anatemi contro i capi di stato che hanno la brutta abitudine di difendere la sovranità del proprio paese. Questo manicheismo le impedisce il compito di analizzare ciascuna situazione concreta e di guardare oltre il proprio naso. Pensa che il mondo sia uno, omogeneo, attraversato dalle stesse idee, come se tutte le società obbedissero agli stessi principi antropologici, evolvessero secondo gli stessi ritmi. Confonde volentieri il diritto dei popoli allautodeterminazione e il dovere degli stati di conformarsi ai requisiti di un Occidente che si erge a giudice supremo. Fa pensare allabolizionismo europeo del XIX secolo, che voleva sopprimere la schiavitù presso gli indigeni, portando la luce della civiltà con la canna del fucile. La sinistra dovrebbe sapere che linferno dellimperialismo oggi, come il colonialismo ieri, è sempre lastricato di buone intenzioni. Nel momento dellinvasione occidentale dellAfghanistan, nel 2001, non abbiamo mai letto tanti articoli, nella stampa progressista, sulloppressione delle donne afghane e sullimperativo morale della loro liberazione. Dopo 15 anni di emancipazione femminile al cannone 105, queste sono più coperte e analfabete che mai.



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Riceviamo e volentieri diffondiamo:

VENT\'ANNI... SENZA IMPREVISTI...

Su un quaderno di \"letteratura operaia\" veniva citata una frase di un vecchio contadino : \"Tu sai la storia dei Savoia, ma quella dei poveri cani nessuna te la dice, noi stessi vogliamo dimenticarla...\"

La razza padrona del capitale, purtroppo ritornata imperante nelle terre rumene dal golpe nazifascista dell\'anno 1989, ha rinchiuso la vita di Alexandru Visinescu dietro le sbarre di una galera, e i carcerieri hanno dato una triplice mandata alla porta blindata della sua cella.
\"L\'Alta Corte di Giustizia e di Cassazione\" di Bucarest ha condannato definitivamente il tenente colonnello Alexandru Visinescu a venti anni di prigione nel febbraio del 2016, a pagare trecentomila euro come compensazione alle parti civili, e all\'umiliazione del degrado militare. 

Neanche l\'età di Visinescu, nato nel 1925, ha impedito che la sentenza venisse subita eseguita e che venisse portato nella prigione a Jilava, comune nelle immediate vicinanze di Bucarest.
Un anno e mezzo di galera al quasi novantaduenne  Visinescu hanno aggravato le sue già precarie condizioni di salute e presa la consapevolezza del vicino baratro della fine l\'hanno portato a chiedere umanamente ai suoi carcerieri di poter far ritorno nelle quattro mura di casa.
La \"classe\" medica ha subito dato però parere negativo, facendo rivoltare nella tomba Ippocrate, affermando che la salute di Alexandru Visinescu è \"scrupolosamente\"...monitorata anche nella sua ora d\'aria e gode, anche per la sua \"tenera età\"..., di una discreta salute.

Mostro Alexandru Visinescu! hanno scritto  i pennivendoli parolai prezzolati, lacchè del sistema imperiale, commentando la sua condanna.
Hanno \"sbattuto il mostro in prima pagina\" pure i media imperialisti internazionali, tra gli altri Washington Post, BBC, Reuters, The Economist, FoxNews, ABC News, e per concludere in \"bellezza\"... con Al Jazeera.
L\'europeista \"Osservatore Balcani e Caucaso\" riassumendo usa  toni più \"discreti\"... - Alexandru Visinescu Boia!
Una presunta storica rumena , tal Georgeta Filitti, senza un minimo di pudore , ha dichiarato: \"Un momento storico. Alexandru Visinescu è stato una delle grandi bestie prodotte dal nostro popolo\".

Alexandru Visinescu, oggi nell\'elenco dei \"dannati della terra\", è stato condannato perché ritenuto colpevole di \"crimini contro l\'umanità\", torturatore e aguzzino sui detenuti incarcerati, quando è stato comandante del carcere di Ramnicu Sarat dal 1956 al 1963.

Alexandru Visinescu  è stato condannato per la morte di Ion Mihalache, come sostengono i suoi accusatori avvenuta nel 1963 proprio nel carcere di Ramnicu Sarat per le azioni disumane del suo comandante Visinescu.
Alexandru Visinescu, tenendo un comportamento assolutamente dignitoso in tutte le fasi del processo, ha sostenuto che Ion Mihalache non avesse subito nessuna tortura o privazione ed è morto in carcere per la vecchiaia.
Come dargli torto...dato che Ion Mihalache è morto alla \"verde età\".. di 81 anni.

Dubito che gli accusatori togati sono andati indietro nel tempo e si sono interrogati per quali motivazioni quel \"eroe della nazione\"...di Ion Mihalache fosse stato incarcerato.
Ion Mihalache, vicepresidente del \"Partito Nazionale dei Contadini\" era stato arrestato nel luglio del 1947 all\'aeroporto della località di Tamadou, dove con altri compari stava tentando di fuggire dalla Romania e di raggiungere la Turchia.
Il tentativo di fuga era per formare un governo reazionario in esilio per minare il governo socialista di democrazia popolare  passando documenti riservati a qualche potenza straniera.
I loro piani furono poi confermati dai documenti che furono trovati nella sede del Partito. Questi documenti dimostravano che il presidente  Iuliu Maniu e tutto il direttivo del Partito Nazionale dei Contadini avevano stretti collegamenti con i servizi segreti della \"Perfida Albione\".

Il traditore Iuliu Maniu, è stato riabilitato nell\'anno 1998 dalla \"Corte Suprema Giustizia Rumena\", che ha anche deciso la restituzione dei beni agli eredi, che erano stati confiscati, permettendo la nascita di una \"casa memoriale\" in un paesino della Transilvania. 
Ai visitatori spiegheranno come chi ha tradito la patria socialista viene oggi premiato con tutti gli onori dall\'attuale capitale?
Il commento del Primo ministro Petru Groza, fu di piena soddisfazione \"per avere assicurato alla giustizia questi criminali, prima che minassero la sicurezza della Repubblica Popolare di Romania\".
Ion Mihalache sarebbe penso da inserire, secondo il \"Tribunale della Storia\" nell\'elenco delle spie e dei traditori a libro paga dell\'imperialismo per compiere sabotaggi e minare all\'interno l\'opera di edificazione del socialismo.

Ricorderei a proposito la scoperta di una centrale di spionaggio a Bucarest.
Il processo svoltosi nel settembre del 1951 ha rivelato i piani degli agenti degli imperialisti, tra cui alte autorità del clero e funzionari della rappresentanza diplomatica Italiana. Rovesciato oggi pure anche questo giudizio dalla \"cupola\" del Vaticano.

Il terrorista Gheorghe Pasca, appartenente alle oltre duecento organizzazioni anticomuniste attive fino a circa all\'\'anno 1960 , responsabile dell\'assassinio di agenti di sicurezza nel 1956, oggi viene spacciato come partigiano, combattente per la libertà...
Oggi, senza vergogna, il maggiore Nicolae Pabija, decorato dai nazisti con la \"Croce di Ferro\" per aver partecipato all\'\'aggressione all\'\'Unione Sovietica oggi viene definito \"eroe del fronte orientale\", fu fondatore, subito dopo la fine della II guerra mondiale, dell\'organizzazione anticomunista \"Fronte di Difesa Nazionale\".

Questo fascismo presente, che fagocita le radici e la storia con la sua verità, si è fabbricato gli accusatori che hanno fatto condannare Alexandru Visinescu.
IICCMER (Istituto per l\'indagine dei Crimini del Comunismo e per la memoria dell\'Esilio Rumeno) é il \"nome altisonante\" che si sono attribuiti gli accusatori a senso unico di questo \"obiettivo\"...Istituto, gramigne infestate dai padroni, nato nel 2005 e interamente finanziato dalle casse pubbliche e coordinato dal Primo Ministro.

Il principale partner dell\'IICCMER è la \"Fondazione Konrad Adenauer\", nata nel 1956 su spinta della CIA come strumento della \"guerra fredda\", finanziata dallo Stato tedesco ogni anno con 100 milioni di euro.
Questa Fondazione diede un notevole contributo all\'assassinio di Salvador Allende, e oggi è schierata con i fascisti venezuelani, ed è tanto stimata da Giorgio Napolitano.

Annoterei che dall\'anno 2014 il presidente dell\'IICCMER  è il teologo Radu Preda, docente presso la facoltà di Teologia ortodossa dell\'università di Cluj-Napoca.
Le religioni con i loro multiformi \"eserciti ecclesiastici\", a cui non mancano né ori e né denari, sono sempre schierati con le forze della reazione imperialiste nella \"battuta di caccia\" contro lo \"spretto\" che si potrebbe aggirare ancora per l\'Europa.
Radu Preda è nello loro \"truppe cammellate\", perché leggendo lo sterminato curriculum vitae del teologo, si legge che ha collaborato alla radio della CIA \"Radio Free Europe\" negli anni 1993-1994 a Monaco di Baviera.

Le \"indagini\"... dell\'IICCMER sono instancabili, febbrili e siccome è risaputo che i \"comunisti mangiano i bambini\" affermano che il sistema socialista in Romania ha causato la morte per trattamenti disumani  di 771 minori (calcolo provvisorio) in tre orfanotrofi rumeni dal periodo che va dal 1966 al 1990.
Dimenticando lor \"signori\"...che attualmente la \"democratica\"...Romania ha il più alto tasso di mortalità infantile di tutti gli Stati membri dell\'Unione Europea, ed è quello che spende meno per la salute e l\'istruzione dei suoi cittadini, e il 49% dei bambini rumeni è nella soglia di povertà, non riuscendo a soddisfare neanche le necessità quotidiane di base.

L\'IICCMER \"massimo esperto\".... in materia \"non poteva non essere invitato\"...anche dal mondo accademico del \"bel paese\".
Rappresentato  con la relazione \"I mai dimenticati bambini rumeni. Minori rumeni in cerca della famiglia d\'origine\" di Luciana Jinga, direttrice esecutiva dell\'IICCMER, alla \"Conferenza Internazionale sui bambini in movimento dal 20 secolo al 21 secolo. Prospettiva biopolitica\" tenuta il 9 e 10 giugno 2017 presso il \"Dipartimento di Scienze Politiche, Giurisprudenza e Relazioni Internazionali\" presso l\'Università di Padova.
Relatori alla conferenza anche ben tre \"insigni\" accademici economisti dell\'Università di Padova che si son ben degnati di ricordare a questi bari e spacciatori di menzogne, che nell\'anno 2012 proprio l\'IICCMER aveva condotto in prima persona un sondaggio che aveva stabilito che \"il 60% della popolazione rumena \"da un punto di vista economico, viveva meglio sotto il socialismo\".

Crudeltà della visione e dolore profondo sulla piattaforma web YouTube sulle brutali aggressioni con microfoni e telecamere, come cacciatori dietro agli alberi, subite dall\'indifeso, ma non ancora sconfitto, Alexandru Visinescu, da parte delle \"squadracce dell\'informazione indecente del fango\". Alla macchina tritacarne mediatica tutto ciò non è sufficiente, perché vorrebbero stroncare Alexandru Visinescu. Studiano a tavolino come quando si progetta un omicidio, ingaggiano anche  un \"attore\"... che in diversi video impersona la sua figura, trasportandolo ai giorni nostri, come direttore in un liceo di Bucarest o preparatore atletico della nazionale di calcio rumena, ma sempre nelle vesti del  \"torturatore\" Visinescu.

Identica amara sorte ha subito il colonnello, ma pure lui degradato, Ion Ficior condannato, anche lui alla \"tenera età\"...di 89 anni, a vent\'anni...senza imprevisti... nel marzo 2017  sempre dalla \"Alta Corte di Cassazione e Giustizia\" di Bucarest, e subito portato a scontare la pena nel carcere di \"massima sicurezza\", ma di insicurezza per i detenuti...,di Rahova a Bucarest. Ion Ficior è stato condannato sempre per \"crimini contro l\'umanità\" quando era direttore del campo di lavoro  di Periprava dal 1958 al 1963,.anche se per dovere di precisione dal 1958 al 1960 era solo vicedirettore, e ritenuto responsabile della morte di oltre 100 detenuti. Sul chi fossero questi detenuti lo svela, da non crederci, nientepopodimeno il Procuratore Generale nella sua requisitoria contro Ion Ficior  - \"detenuti con la preponderanza di controrivoluzionari...\".

\"È impossibile che fuori non c\'è più nessuno, che non si sente più una voce, un rumore, un respiro. Dove siete, ci sentite, non vi sento e non sento più nessuno. Fuori le sbarre, un muro è impossibile che fuori non c\'è più un respiro....\" è il testo di una canzone per chiedere la libertà di Silvia Baraldini, allora detenuta in un carcere di massima sicurezza negli Stati Uniti.
Nessuna voce, nessun rumore, nessun respiro, nessun cartello, nessuna bandiera, nessun tamburo percosso, nessun alza il pugno alto verso il cielo rosso, ma nemmeno un appello o una petizione online contro la condanna e la detenzione in galera di Alexandru Visinescu e Ion Ficior da parte di Amnesty International (sempre pronta a denunciare le violazioni dei diritti umani nelle democrazie popolari dell\'Est Europa e fu definita ufficialmente dalla Repubblica Democratica Tedesca come \"una parte costitutiva essenziale della base personale, intellettuale-ideologica e psicologica dell\'ideologia imperialista), da Avaaz, da Pax Christi.

Dalle loro feritoie Alexandru Visinescu e Ion Ficior si guardano intorno, tra muri a secco dell\'indifferenza, chiamano ma risponde che l\'eco, non abbandonando però un ombra che segnerà nuove ore di lotta, nel tic-tac della storia, per i giorni che verranno.


Stefano Contena Valsecchi - Craiova (Romania)



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TOH, IN KOSOVO C\'È IL SEPARATISMO ETNICO. NON LO SAPEVAMO!

Ci voleva \"una ricerca ... supportata dalla Kosovo Foundation for Open Society [di Soros] come parte del progetto \'Building Knowledge of New Statehood in bla bla bla\' \" firmata nientedimeno che da una \"Senior Associate Fellow presso l’Istituto Albanese di Studi Internazionali\" perché scoprissimo che in Kosovo \"l\'università rafforza la divisione etnica\":


In realtà, solo degli squallidi buffoni possono cascare dalle nuvole. La situazione descritta nell\'articolo non è altro che l\'esito logico ed estremo della campagna dl boicottaggio delle scuole di ogni ordine e grado, avviata sin dalla alla fine degli anni Ottanta dal movimento panalbanese e fomentata in particolare dall\'allora suo leader Ibrahim Rugova – il cui nome è giustamente caduto nel dimenticatoio qui da noi, in quanto primo ispiratore dell\'attuale regime di apartheid kosovaro.
La guerra di secessione del 1998-1999, appoggiata dalla aviazione della NATO, era precisamente mirata a realizzare in pieno tale apartheid. 

Con la creazione di una loro università a Mitrovica (\"Università di Pristina temporaneamente in esilio\" o anche \"Università di Pristina in Kosovska Mitrovica\", UPKM), i serbi del Kosovo non hanno fatto altro che cercare di preservare il loro diritto a una formazione accademica nella loro lingua e con programmi in linea con gli standard internazionali.

Il sistema universitario jugoslavo, che aveva concesso alta formazione e valorizzazione delle specificità culturali di tutte le componenti nazionali o \"etniche\" (momento topico fu proprio la fondazione della Università di Priština nel 1969), era l\'unico nel quale tali componenti potessero convivere e integrarsi virtuosamente. A distruggere tutto in Kosovo sono stati il separatismo razzista panalbanese ed i suoi alleati, da Schröder a Clinton passando per D\'Alema.

(a cura di Italo Slavo)



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FALSI VIDEO FALSI

Sul ripugnante video della “sceneggiata di Barcellona” 

(Di Francesco Santoianni, 24.8.2017) È l’ultima frontiera dell’intossicazione mediatica: promuovere o, addirittura, commissionare video che “smascherano” complotti utilizzando “prove” così palesemente false o inconsistenti da neutralizzare ogni pur serio tentativo di mettere in dubbio la Verità ufficiale. Una strategia già segnalata, anni fa, dall’ottimo Massimo Mazzucco e che ha cominciato a marciare a pieno regime con la diffusione di un falso-falso video attribuito allo staff del senatore McCain e soprattutto con i falsi-falsi video della strage al Bataclan... la stragrande maggioranza dei commenti grida allo scandalo e invoca la rimozione del video dalla Rete. Insomma, invoca una censura stile Boldrini. Un colpo da maestro per i Padroni dell’Informazione. E se tutto va secondo i loro piani, tra un po’ su Facebook troverete solo gattini.

Leggi l\'articolo e guarda i video:



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(srpskohrvatski / deutsch / english / italiano)

Il nazismo alle radici dell\'integrazione euro-atlantica

1) Нацизам као покретачка снага евроатланских интеграција / Il nazismo contemporaneo come forza motrice delle integrazioni euroatlantiche (P. Iskenderov, 2015)
2) Hitler e il nazismo \"padri\" della Ue? Lo dicono storici, non solo Johnson (Alessandro Gnocchi, Il Giornale, 2016)
3) Verehrte Faschisten (von Jörg Kronauer, Junge Welt, 2016)
4) ‘Perversion of history’: Russian officials blast NATO film glorifying Nazi collaborators / La NATO glorifica i collaboratori nazisti baltici (2017)


Si vedano anche:

I nazisti ucraini addestrano la nuova Hitlerjugend (video) (di Partito Comunista di Ucraina – kpu.ua –, traduzione dal russo di Mauro Gemma)
Un agghiacciante documentario della rete statunitense NBC. Giornalisti americani hanno rivelato l\'esistenza di un campo estivo del gruppo neonazista “Azov” nei pressi di Kiev, dove i bambini vengono educati nello spirito della Hitlerjugend. I giovani ucraini vengono formati alle attività militari e all\'odio verso altri popoli. In sostanza, gli autori dell\'inchiesta riconoscono che in Ucraina è in corso una guerra civile, nel corso della quale si uccidono i propri connazionali. E che il compito essenziale degli istruttori è evidentemente quello di attizzare l\'odio,  diffondendolo tra le giovani generazioni. Il film è stato progettato per raggiungere il più vasto pubblico negli Stati Uniti. E\' stato girato nel contesto della nuova programmazione di documentari della NBC: cortometraggi destinati in particolare ad essere diffusi nelle reti sociali.  
Ukraine\'s Hyper-Nationalist Military Summer Camp for Kids | NBC Left Field (NBC News, 13 lug 2017)
In 2014, a group of armed Ukrainian civilians known as the Azov Battalion banded together to fight pro-Russian separatists for control of the country. Three years later, they’ve been absorbed by the National Guard of Ukraine, and when they’re not engaged in the ongoing conflict, they run an annual children’s summer camp featuring pro-Ukrainian campfire songs, rigorous military drills, and a hardline stance on national identity...

In Ucraina il Reggimento Immortale attaccato dai neonazisti (PTV news 10 Maggio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/sthXujIU7E0?t=5m47s

La tradizione nazista dell’Ucraina golpista (di Fabrizio Poggi, 27 febbraio 2017)
... Teliga e Mannerheim: accanto ai Bandera, ai Šukhevič, alle divisioni SS “Galizia” e “Nachtigall”, sono questi, oggi, gli eroi dell\'Ucraina golpista. Pronta per l\'ingresso nella UE.

Giochi di potere in Ucraina e commemorazioni naziste in Lettonia (di Fabrizio Poggi, 13.11.2016)
... si è svolta nei giorni scorsi in Lettonia, al memoriale di Lestenes Brāļu kapi, (inaugurato in pompa magna nel 2000; si trova a una settantina di km a sudovest di Riga) in cui sono sotterrati i legionari SS lettoni che qui, nel 1944, furono liquidati nella cosiddetta sacca di Curlandia, in cui rimase intrappolato il Gruppo di armate “Nord”, due terzi del quale era costituito, appunto, da legionari lettoni della Wehrmacht. Per la “democratica” Lettonia non è certo questa una novità, ma si inserisce in tutta una serie di iniziative ufficiali tese a celebrare il passato filonazista, mentre si adottano provvedimenti sempre più segregazionisti e di marca xenofoba, soprattutto nei confronti delle centinaia di migliaia di persone di lingua russa considerate “non cittadini” e private dei più elementari diritti...

I comunisti ucraini contro la glorificazione del nazismo
Intervento di Pëtr Simonenko al seminario “Glorificazione del nazismo – reato o diritto”, nel quadro della 32° sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo (Ginevra, 29 Giugno 2016)

Ucraina: un passo avanti e tre indietro (di Fabrizio Poggi, 13 maggio 2016)
... in questi giorni, in varie città ucraine, hanno bruciato bandiere russe e nastri di San Giorgio della vittoria sul nazismo, imbrattato i pochi monumenti al soldato sovietico ancora in piedi, preso a bastonate i gruppi di anziani che si erano azzardati a celebrare l’anniversario della vittoria. Tanto che, di fronte agli episodi che rischiano comunque di venire allo scoperto, perché riguardanti giornalisti, anche l’Osce è stata costretta a far sentire un flebile lamento...
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/05/13/ucraina-un-passo-avanti-tre-indietro-079052

La Lettonia (presidente dell’Ue) celebra i nazisti (di Marco Santopadre, 22 Marzo 2015)
http://contropiano.org/internazionale/item/29808-la-lettonia-presidente-dell-ue-celebra-i-nazisti
Latvia: March in Riga commemorating veterans of Waffen SS (RuptlyTV, 16 mar 2015)
Supporters and former members of the Latvian Legion of the Waffen SS marched through the capital of Riga on Monday in honour of those who lost their lives fighting on the German side during World War II. Hundreds turned out at the Cathedral of St. John before marching from the Dome Square towards the Freedom Monument to commemorate a battle with the Red Army back in 1943... 
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=TCUfORLodOY

Ivanov: se non si interviene la minaccia del neonazismo crescerà (RIA Novosti, 28 Gen 2015)
\"In alcuni casi in alcuni stati, spero che tutti voi mi capirete bene, i neonazisti vengono adoperati come un ariete per l\'attuazione di colpi di stato. E questo alla luce del sole, per questo la situazione è sufficientemente grave\", ha dichiarato il capo dell\'Amministrazione del Cremlino...
ORIG. РИА Новости: http://ria.ru/politics/20150127/1044606487.html

Putin Says Legal Initiative to Counter Nazism Timely (RIA Novosti, 3.7.2014) 
... On May 5, Putin signed a bill introducing a punishment of up to five years in jail for the rehabilitation of Nazism, denying facts established by the Nuremberg trials and dissemination of false information about the Soviet Union’s activities during World War II...

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ПЕТАР ИСКЕНДЕРОВ:

Нацизам у Украјини може натерати владе суседних земаља ЕУ да се умешају у сукобе

Пораст нацизма у Европи, чији смо сведоци последњих година, као и активирање фашистичких групација и култивисање фашистичке идеологије на нивоу вођстава појединих држава, скрива иза себе дубоке узроке. Ова појава не може да се своди само на „несмотреност” западног јавног мњења и политичких елита и њихову неспособности да извлаче поуке из историје. Тежња западних граитеља Новог светског поретка да искористе савремени нацизам у својству европских интеграција (које су се већ практично слиле у евроатлантске интеграције) игра кључну улогу у овом процесу, који представља својеврсну ревизију резултата Другог светског рата и дезавуисање одлука Нирнбершког трибунала.
Ради се о тежњи да се, као прво, на подобан начин мобилише јавно мњење земаља и читавих региона под паролама евроатлантизма и русофобије, а, као друго, да се испровоцирају опоненти на одговарајућу реакцију како би са своје стране њих оптужили за дестабилизацију ситуације.
Поменути механизам први пут је испробан током деведесетих година на простору бивше Југославије. Тада је акценат стављен на националистичке и отворено фашистичке партије, покрете и организације, прво у Хрватској, потом у Босни и Херцеговини, а онда и у албанском табору на Косову и Метохији. Тим снагама је додељена улога катализатора антисрпског расположења на њиховим територијама у циљу стварања повољног сценарија за западно јавно мњење. Био је то први ниво коришћења нацизма и његових савремених носилаца. Други ниво је пуштен у погон после очекиване реакције Београда. Оваква реакција, независно од њене оправданости и конкретних пројава, проглашена је залагањем за великодржавље и покушај дестабилизације региона. То је омогућавало западној политици да се попне на трећи степен интервенције, стварајући неопходну пропагандистичку основу за оружане акције под окриљем УН (у Босни и Херцеговини) или чак и без њега (СР Југославија 1999. године). Поред тога, сличан приступ омогућио је да се развије широка обрада локалног јавног мњења, стављајући га пред дилему: или Србија… (Русија, Исток…) или Европска Унија (НАТО, западна цивилизација).

НАЦИСТИ БОРЦИ ЗА ЕВРОПСКЕ ВРЕДНОСТИ

Такав сценарио се у овом тренутку Запад реализује и у односу према Украјини. Било би наивно веровати да западни лидери, организације цивилног друштва и медији немају информације о деловању Десног сектора и других снага које су захватиле власт у Кијеву пре више од годину дана. Поготово што активност украјинских националиста представља директну претњу за опстанак и самог постојања многобројних етничких група које имају тесне везе са својим сународницима у Мађарској, Словачкој, Румунији, Грчкој и другим земљама-чланицама ЕУ. Међутим, западни сценарио захтева од ЕУ да затвори очи пред овом апсолутно очигледном опасношћу, како би искористила отворено националистичке и фашистичке снаге за максималну мобилизацију антиросијског и антируског фактора у Украјини, све под тим истим евроатлантистичким паролама. Овакав приступ предвиђа позиционирање савремених нациста у својству „бораца за демократију и европске вредности”, а њихових опонената у виду становника источне Украјине као присталица тоталитаризма, руске пете колоне и чак отворених терориста. Истовремено се апсолутно законита дејства Руске Федерације по питању пружања политичке и хуманитарне помоћи становништву Донбаса проглашавају за антиукрајинске акције и акт мешања у унутрашње послове суверене и притом демократске државе.

Сличан сценарио реализује се не само у Украјини него и на другим постсовјетским просторима. Од почетка деведесетих година вођство САД и ЕУ непрекидно жмуре пред акцијама фашистичких покрета и неонацистичких организација у прибалтичким земљама. А сваки покушај Русије да привуче пажњу светског јавног мњења и међународних организација на обнову нацизма и кршењу права рускојезичког становништва у прибалтичким земљама – квалификује се поново као руско „мешање у унутрашње послове”. Чак ни амерички конгресмен Дана Роранбахер, који је познат по доста уравнотеженој позицији, није се уздржао од сличне схеме у интервјуу који је дао руском часопису Коммерсант, позвавши Русију да се уздржи од „мешања у унутрашње послове балтичких држава”. [1]
Јасно је да је од Брисела и Вашингтона наивно очекивати да ће одустати од коришћења нацизма у својству покретачке силе и пропагандног обезбеђења евроинтеграцијских процеса у условима када идеје европских интеграција очигледно губе политичку, социјално-економску и финансијску привлачност, а у самој ЕУ се умножавају сукоби и правци унутрашњих раскола. Ипак, раст антибриселског расположења у земљама чланицама ЕУ сада приморава западне центре да почну са кориговањем својих позиција.

ЧЕШКО ДИСТАНЦИРАЊЕ

Други важан фактор је објективна способност фашистичких и неонацистичких снага да временом излазе изван контроле својих покровитеља и повереника. Чак и сада, поједини кораци власти у Кијеву почињу да изазивају забринутост у низу европских престоница. Поготово у Чешкој, која је већ затражила од украјинских власти објашњење у вези са прихватањем закона о хероизацији ОУН-УПА [2] од стране Врховне Раде, припретивши да у супротном она неће ратификовати споразум о асоцијацији Украјине са ЕУ.

Још пре самита у Риги у Праг је требало да слети украјински министар иностраних послова Климкин и објасни како стоје ствари са бандеровцима итд.”, изјавио је с тим у вези министар иностраних послова Чешке Љубомир Заоралек. [3]
Подразумева се да се од шефа ресора иностраних послова земље која је 1938. године постала жртва Минхенског договора Запада са Хитлером могла очекивати још жешћа формулација поводом догађаја у Украјини, поготово поводом одлука власти у Кијеву да изједначе Хитлерову Немачку са СССР. Ево како је то, на пример, описао шеф израелског Визентал центра Ефраим Зуроф: „Одлука да се забране нацизам и комунизам представља изједначавање најстрашнијег режима геноцида у историји људског рода са режимом који је ослободио Аушвиц и помогао да се оконча режим страха Трећег рајха”. [4]
Чак и у западним медијима већ се могу срести објективне оцене. Тако шведски часопис Aftonbladet подсећа да се „руководству и народу Совјетског Савеза не може порећи једно – жеља да се разбије Хитлеров режим… Ради тога је Црвена армија морала истерати Немце из окупираних земаља. Руси су чак морали освојити и саму Немачку. У том смислу Црвена армија се заиста реално борила за ослобођење источне Европе од фашизма”… [5]
Било како било, даље харање нацизма у Украјини прети да породи оружане сукобе не само на истоку него и на западу земље. А то са своје стране може натерати владе суседних земаља ЕУ да се умешају у сукобе. Наравно, под условом да су интереси сународника за њих важнији од наставка геополитичког играња са савременим нацистима у име евроантлантизма.
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Упутнице:
[1] Коммерсантъ, 27.04.2015
[2] ОУН-УПА – Украјинска устаничка армија и Организација украјинских националиста – две пронацистичке организације у Украјини из периода Другог светског рата (примедба преводиоца).
[3] http://www.fondsk.ru/news/2015/04/28/chehia-trebuet-razjasnenij-ot-ukrainy-po-povodu-zakona-o-geroizacii-oun-upa-33012.html
[4] The Jerusalem Post, 14.04.2015
[5] http://inosmi.ru/world/20150428/227758531.html#ixzz3Yg4ALiTZ


--- IN ITALIANO:

IL NAZISMO CONTEMPORANEO COME FORZA MOTRICE DELLE INTEGRAZIONI EUROATLANTICHE


Petar Iskenderov

30/4/2015


Negli ultimi anni siamo stati testimoni di una crescita senza precedenti del nazismo in Europa, con il riemergere di gruppi fascisti militanti e la coltivazione dell\'ideologia fascista addirittura da parte dei vertici di certi paesi. Questo fenomeno nasconde dietro di sé cause profonde; non può ridursi soltanto alla “incoscienza”, all\'incapacità di trarre lezioni storiche, da parte dell\'opinione pubblica occidentale e delle sue dirigenze politiche. L\'aspirazione dei costruttori occidentali del “Nuovo ordine mondiale” di trarre beneficio dal nazismo contemporaneo per accelerare l\'integrazione europea (ormai in pratica riversata nell\'integrazione euroatlantica) – gioca un ruolo chiave in questo processo, il quale rappresenta una sorta di revisione del risultato della Seconda guerra mondiale e il disconoscimento delle decisioni del tribunale di Norimberga. Si tratta di un\'aspirazione che, come prima cosa, mobiliti in modo adatto l\'opinione pubblica di paesi e di intere regioni dietro slogan euroatlantisti e russofobi, e come seconda cosa, provochi gli avversari ad una risposta adeguata per poterli accusare di destabilizzare la situazione.

Il meccanismo menzionato è stato testato per la prima volta durante gli anni \'90 sul territorio dell\'ex-Jugoslavia. Allora l\'accento era posto su partiti politici, movimenti e organizzazioni nazionaliste ed apertamente fasciste, prima in Croazia, poi in Bosnia ed Erzegovina, ed infine nel campo albanese del Kosovo e Metochia. A queste forze era assegnato il ruolo di catalizzatore dell\'umore anti-serbo presente sui loro territori, con l\'obiettivo di creare uno scenario favorevole all\'opinione pubblica occidentale. Questa era la prima fase dell\'utilizzo del nazismo e dei suoi proponitori contemporanei. La seconda fase è stata messa in funzione a seguito della prevedibile reazione di Belgrado. Tale reazione, independentemente dalla sua giustificazione e manifestazione concreta, è stata accusata di essere un progetto di grande Serbia e di destabilizzazione della regione. Questo aveva a sua volta permesso alla politica occidentale di mettere in moto la terza fase dell\'intervento, creando la necessaria base propagandistica per l\'azione armata sotto l\'ombrello dell\'ONU (in Bosnia ed Erzegovina) o addirittura senza di esso (RF Jugoslavia nel 1999). Inoltre, un simile approccio ha permesso lo sviluppo di un\'ampia forgiatura dell\'opinione pubblica locale, mettendole di fronte il dilemma: “O la Serbia … (Russia, Oriente) o l\'Unione Europea (NATO, civiltà occidentale).

Uno scenario del genere si sta realizzando in questo momento da parte dell\'Occidente anche nei confronti dell\'Ucraina. Sarebbe ingenuo credere che le dirigenze occidentali, le organizzazioni della società civile e i mezzi d\'informazione non abbiano informazioni sull\'operato del “Settore Destro” e di altre forze al potere a Kiev dal 2014. Soprattutto considerato che l\'attività dei nazionalisti ucraini rappresenta una minaccia diretta per la sopravvivenza e l\'esistenza stessa di numerosi gruppi etnici aventi legami stretti con i propri connazionali in Ungheria, Slovacchia, Romania, Grecia e in altri paesi membri dell\'UE. Cionostante, il piano d\'azione occidentale richiede dall\'UE di chiudere gli occhi davanti a questa minaccia assolutamente evidente, per poter sfruttare le forze apertamente nazionaliste e fasciste in modo da mobilitare al massimo il fattore antirusso ucraino. Il tutto sempre sotto gli stessi slogan euroatlantisti. Tale approccio prevede il posizionamento dei nazisti contemporanei nella funzione di “combattenti per la democrazia e i valori europei”, e i loro avversari, nella forma dei cittadini dellUcraina orientale, come sostenitori del totalitarismo, quinte colonne russe e addirittura veri e propri terroristi. Allo stesso tempo, l\'assolutamente legale azione della Federazione Russa sulla questione della fornitura degli aiuti politici e umanitari agli abitanti del Donbass, viene etichettata come azione antiucraina e atto di ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano e democratico. In un\'intervista alla rivista russa Kommersant, pure la parlamentare americana Dana Rohrabacher, nota per le sue posizioni bilanciate, ha invitato la Russia ad astenersi dal \"immischiarsi negli affari interni dei paesi baltici\" (Kommersant, 27/4/2015).

Uno scenario analogo si realizza non solo in Ucraina, ma anche in altri territori postsovietici. Dall\'inizio degli anni \'90, le dirigenze degli USA ed UE chiudono ininterrottamente gli occhi di fronte alle azioni dei movimenti fascisti e delle organizzazioni neonaziste nei paesi baltici. E tutti i tentativi della Russia di attrarre l\'attenzione dell\'opinione pubblica mondiale e delle organizzazioni internazionali in merito al ripristino del nazismo e la violazione dei diritti della popolazione russofona nei paesi baltici, vengono nuovamente qualificati come “ingerenza negli affari interni” da parte della Russia.

È chiaro come da Bruxelles e Washington è ingenuo aspettarsi la rinuncia all\'uso del nazismo come forza trainante e difesa propagandistica dei processi di integrazione europea, mentre l\'idea di questa integrazione sta palesemente perdendo attrazione politica, finanziaria e politico-sociale, e nella stessa UE si moltiplicano i conflitti e possibili scismi interni. Ad ogni modo, la crescita del sentimento anti-Bruxelles nei paesi membri dell\'UE forza i centri dell\'occidente ad iniziare a correggere le proprie posizioni.

Bisogna anche notare l\'oggettiva capacità delle forze fasciste e neonaziste di fuoriuscire dal controllo dei propri finanziatori e mandanti. Pure ora, una serie di capitali europee inizia ad esprimere preoccupazione verso singoli passi delle autorità di Kiev. Soprattutto in Germania, la quale ha già richiesto dal governo ucraino una spiegazione a riguardo dell\'adozione della legge sulla “eroizzazione” dell\'OUN-UPA (il collaborazionismo ucraino del III Reich) da parte della Vrhovna Rada, minacciando che in caso contrario la Germania non ratificherà l\'accordo di associazione dell\'Ucraina all\'UE. “Ancora prima, il ministro degli esteri ucraino Klimkin sarebbe dovuto venire a Praga e riferire come stanno le cose con i banderisti” – aveva dichiarato in merito il ministro degli esteri ceco Ljubomir Zaoralek (Fondo della Cultura Strategica – fondsk.ru, 28/4/2015).

Si assume che dal ministro degli esteri di quel paese che nel 1938 fu vittima dell\'accordo di Monaco tra l\'Occidente e Hitler, ci si sarebbe potuto aspettare una formulazione più dura, specie per quanto riguarda la decisione delle autorità di Kiev di “equiparare” la Germania di Hitler con l\'URSS. Ecco come ha commentato il direttore del centro Simon Wiesenthal, Efraim Zurof: “La decisione di proibire sia il fascismo che il comunismo rappresenta l\'equiparazione del regime genocida più terribile della storia, con il regime che ha liberato Auschwitz e contribuito alla fine del regime del terrore del Terzo Reich (Jerusalem Post, 14/4/2015).

Pure nei mezzi di comunicazione occidentali si può incontrare dell\'obiettività. Il giornale svedese Aftonbladet ricorda che “alla dirigenza dell\'Unione Sovietica non può essere negata una cosa – il desiderio di distruggere il regime di Hitler … l\'Armata Rossa ha dovuto pertanto cacciare i tedeschi dai territori occupati. I russi avevano dovuto addirittura conquistare la Germania stessa. In questo senso, l\'Armata Rossa ha combattuto davvero per la liberazione dell\'Europa orientale dal fascismo” (Inosmi.ru, 28/4/2015).

Ad ogni modo, il continuo saccheggio nazista in Ucraina minaccia di far rinascere conflitti armati non solo all\'est, ma anche all\'ovest del paese. Ciò a sua volta può spingere i governi dei paesi dell\'UE ad intervenire nei conflitti. A condizione che gli interessi dei loro compatrioti residenti in Ucraina siano più importanti dei giochi geopolitici fatti con i nazisti contemporanei nel nome dell\'euroatlantismo.


(Traduzione di Andrea Degobbis)


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Hitler e il nazismo \"padri\" della Ue? Lo dicono storici, non solo Johnson

L\'ex sindaco di Londra sostiene che l\'Unione europea sia un\'idea propagandata anche dal Terzo Reich. I media ridono ma la sua tesi non è isolata

Alessandro Gnocchi - Dom, 22/05/2016

Boris Johnson, ex sindaco di Londra, ha seminato lo scompiglio con un\'intervista al quotidiano Telegraph in cui spiega i motivi per cui la Gran Bretagna dovrebbe uscire dall\'Unione europea votando leave (lasciare) al referendum del 23 giugno.

«Tutto inizia con l\'Impero romano. Gli ultimi duemila anni sono stati segnati da tentativi - un po\' freudiani - di unificare l\'Europa per tornare all\'infanzia, all\'età dell\'oro vissuta sotto Roma, in pace e prosperità. Napoleone, Hitler e altri hanno cercato di fare una cosa del genere, ed è finita in modo tragico. L\'Unione europea è l\'ennesimo tentativo, con metodi diversi». Il leader conservatore ha aggiunto che manca «un\'autorità che goda del rispetto universale. Ciò sta causando un colossale vuoto di democrazia». Per sottolineare lo strapotere di Berlino, Johnson tira in ballo noi italiani: «L\'Italia, grande potenza manifatturiera, è stata del tutto distrutta dall\'euro, così come voleva la Germania». Winston Churchill ha salvato l\'Europa sconfiggendo i nazisti. Boris Johnson, suo biografo, spiega: «Aveva una visione della Gran Bretagna inconciliabile con la sottomissione a un Super-Stato europeo». In queste parole risuona anche la lezione di Margaret Thatcher.

L\'Europa, per i nostri media, è sacra per motivi a dire il vero oscuri ai cittadini. Johnson, quindi, è stato descritto come un demagogo, uno che gioca sporco e raschia il barile della propaganda. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha preso posizione: «Tesi così assurde dovrebbero essere fiduciosamente ignorate, se solo non fossero state formulate da uno dei più influenti politici del partito al potere. Johnson ha superato i limiti del discorso razionale, dimostrando amnesia politica, in qualche modo esprimendo il pensiero e le emozioni di molti europei, non solo dell\'Unione europea. In nessun modo, tuttavia, ciò può essere una scusa per questo pericoloso blackout».

Ne Il Quarto Reich. Come la Germania ha sottomesso l\'Europa (Mondadori) Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano ricordano un episodio. Nel 2002, quando era un giornalista dello Spectator, Boris Johnson «scrisse un editoriale in cui sosteneva che le origini di una moneta unica europea andavano fatte risalire a un progetto nazista. Il riferimento è al progetto Europäische Wirtschaftsgesellschaft, un piano, del 1942, di integrazione monetaria e industriale degli Stati europei, allora tutti sotto il tallone tedesco, messo a punto dal ministro dell\'Economia del Reich, Walther Funk, e dal collega titolare del dicastero degli Armamenti, Albert Speer. I ministri di Hitler avevano disegnato un\'area di mercato aperta, senza dazi doganali, basata su una moneta unica, con al centro la Germania quale Stato leader. La sconfitta militare impedì ai nazisti di realizzare il loro progetto, richiamato da Johnson nel suo articolo».

In Gran Bretagna, Boris Johnson non è certo l\'unico a pensarla così. Giovedì scorso è stato ripubblicato The Tainted Source di John Laughland (solo ebook, Sphere, pagg. 416, euro 7,49). Il titolo significa: La sorgente infetta. Il sottotitolo è questo: Le origini antidemocratiche dell\'idea europea. Il libro, edito per la prima volta nel 1997, ebbe un discreto successo e suscitò reazioni contrastanti. In Italia non è mai uscito, ma Riccardo Chiaberge fece comunque un\'interessante recensione sul Corriere della Sera. Scriveva Chiaberge: «Capovolgendo uno dei luoghi comuni più tenaci della vulgata federalista, Laughland cerca di dimostrare che il progetto di un\'Europa unificata non è figlio del pensiero liberale, ma delle ideologie totalitarie, naziste e fasciste, nelle loro molteplici varianti. E che lungi dal rappresentare una conquista di libertà, il superamento della sovranità nazionale mina alla base lo Stato di diritto e le garanzie fondamentali del cittadino». Insomma, secondo lo storico inglese, i «padri» dell\'Europa unita sono Hitler e Mussolini, anche se c\'è molta differenza tra i colpi di cannone e gli articoli di un trattato. Lo storico, a suffragio delle proprie tesi, porta un\'ampia documentazione. Ecco qualche esempio. Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich: «La tecnologia dei trasporti e delle telecomunicazioni sta accorciando le distanze tra i popoli e questo condurrà inevitabilmente all\'integrazione europea». Goebbels bis: «Tempo cinquant\'anni e la gente non penserà più in termini di nazione». Adolf Hitler: «Noi siamo più interessati all\'Europa di qualsiasi altro Paese. La nostra nazione, la nostra cultura, la nostra economia, sono cresciute entro un più ampio contesto europeo. Pertanto dobbiamo essere i nemici di ogni tentativo di introdurre elementi di discordia e distruzione in questa famiglia di popoli». Si potrebbe proseguire, aggiungendo discorsi e dichiarazioni dei ministri del Duce, di Quisling, dei collaborazionisti francesi.

Tutta propaganda per rendere «accettabile» l\'avanzata dei panzer? Secondo Laughland, i progetti per la creazione di una moneta unica all\'interno di una «Comunità europea» senza frontiere ma a trazione tedesca non erano estemporanei. Questa dunque sarebbe la sorgente infetta dell\'europeismo democratico del dopoguerra. Lo storico prosegue nell\'analisi. L\'ideologia europea prescrive l\'abolizione dello Stato nazionale al fine di creare un mercato unico (che non significa libero) affidato alle cure di una élite tecnocratico-finanziaria. Il nuovo ordine implica uniformità, cioè omologazione, come scriveva proprio nel 1997 Ida Magli in Contro l\'Europa (Bompiani). In nome di questa uguaglianza senza libertà si saldano gli interessi di tecnocrati e socialisti. Dobbiamo dunque abbattere le frontiere? Risposta a questo punto scontata di Laughland: «Senza sovranità territoriale non può esistere lo Stato liberale. La storia dello Stato di diritto e quella dell\'idea nazionale sono inseparabili. Lungi dall\'essere una minaccia per l\'ordine liberale, la nazione ne costituisce il fondamentale presupposto».

Si può concordare con Boris Johnson o dissentire dalle sue opinioni, ritenere fondate o immotivate le posizioni di John Laughland. Di certo le une e le altre non meritano di essere ignorate solo perché dure nei confronti di Bruxelles. Il dibattito non fa mai male. Il politicamente corretto impone già una censura di fatto su molti temi. Vogliamo introdurre anche il «reato intellettuale» di vilipendio all\'Europa?


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junge Welt (Berlin), Ausgabe vom 09.07.2016, Seite 12 / Thema

Verehrte Faschisten

In Osteuropa wird die Geschichtsschreibung revidiert. In vielen Ländern wird feierlich derer gedacht, die im Zweiten Weltkrieg mit den Nazis kollaboriert haben. Die BRD hat den Revisionismus nach Kräften gefördert

Von Jörg Kronauer

»Za dom – spremni!«, »Für die Heimat – bereit!« Unübersehbar prangt der traditionelle Gruß der kroatischen Ustascha-Faschisten auf der schwarzen Flagge, die über der Gedenkstätte im österreichischen Bleiburg im Wind flattert. Es ist Samstag, der 14. Mai 2016. Mehr als zehntausend Kroaten haben sich an dem Ort unweit der Grenze zu Slowenien versammelt, um wie jedes Jahr des »Massakers von Bleiburg« zu gedenken, bei dem zahlreiche Ustascha-Kämpfer und andere Nazikollaborateure Mitte Mai 1945 von der jugoslawischen Volksbefreiungsarmee getötet worden waren. Seit Jahrzehnten findet die Gedenkfeier statt. Zuweilen erhält sie größere Aufmerksamkeit. Neben den üblichen Verdächtigen, einschlägig bekannten Ustascha-Anhängern etwa oder kroatischen Kriegsverbrechern aus den jugoslawischen Zerfallskriegen der 1990er Jahre, ist seit geraumer Zeit immer wieder politische Prominenz zugegen. In diesem Jahr hat sogar Kroatiens Kulturminister Zlatko Hasanbegovic es sich nicht nehmen lassen, höchstpersönlich an der Ehrung getöteter kroatischer Faschisten teilzunehmen, und auch Tomislav Karamarko, Präsident der Zagreber Regierungspartei Hrvatska Demokratska Zajednica (Kroatische Demokratische Union, HDZ) war bei der Gedenkfeier anwesend, die zu fördern das kroatische Parlament zu Jahresbeginn beschlossen hatte. 

Szenenwechsel: Budapest, Ecke Üllői út/Páva utca, nur ein paar Meter vom Holocaust-Museum entfernt. Es ist Mittwoch, der 24. Februar 2016. Zum Gedenken an György Donáth, einen Politiker, der 1947 zum Tode verurteilt und hingerichtet wurde, soll eine Statue enthüllt werden. Donáth sei ein »Märtyrer«, er verdiene eine Ehrung, sagt Gergely Gulyás, einer von vier Vizepräsidenten der Regierungspartei Fidesz, der gemeinsam mit Péter Boross gekommen ist, um bei der Zeremonie eine Rede zu halten. Boross ist, anders als Gulyás, nicht mehr im politischen Betrieb Ungarns aktiv, amtierte allerdings von Dezember 1993 bis Juli 1994 als Ministerpräsident und gehörte noch bis 2009 dem ungarischen Parlament an. Donáth, der geehrt werden soll, hat seit Ende der 1930er Jahre verschiedenen Organisationen ungarischer Nazis angehört und von 1943 bis 1944 eine faschistische Zeitschrift herausgegeben. Er war – von 1939 bis 1944 sogar als Parlamentsabgeordneter – ein fanatischer Befürworter antisemitischer Gesetze, die den Nürnberger Rassengesetzen nachempfunden waren. Die Enthüllung seiner Statue endet im Eklat: Rund hundert Personen demonstrieren lautstark gegen die Ehrung für den Nazikollaborateur, Gulyás und Boross ziehen unverrichteter Dinge wieder ab. Die Statue wird nach wenigen Tagen entfernt, vermutlich von einem der Organisatoren, der um ihre Unversehrtheit fürchtet. Dennoch: Für das Gedenken an Donáth hat sich ein Stellvertreter des Fidesz-Vorsitzenden Viktor Orbán stark gemacht. Gegen den Willen des allmächtigen Partei- und Regierungschefs wäre das kaum denkbar gewesen. 

Eine Welle des Geschichtsrevisionismus erfasst diverse EU-Länder und solche, die mit der EU verbunden sind. Keines der oben beschriebenen Ereignisse ist ein peinlicher Einzelfall gewesen, alle reihen sich ein in eine Vielzahl ähnlicher Ehrungen für Nazikollaborateure, in allen betreffenden Ländern sind einflussreiche Politiker involviert. Und überall dort erstarkt der Revisionismus in den unterschiedlichsten gesellschaftlichen Milieus. Zuletzt konnte man das bei der Fußball-EM beobachten, bei der kroatische Fans Ustascha-Lieder anstimmten und ein ungarischer Hool seinen Arm zum Hitlergruß erhob. Wie ist es zu diesem Wiederaufleben der faschistischen Vergangenheit gekommen? Ein Blick zurück in die jüngere Geschichte zeigt: Auf die eine oder andere Weise sind solche Strukturen und dahinterstehende politische Konzepte, die sich auf mit den Nazis zusammenarbeitenden Kräfte berufen oder in deren Nachfolge stehen, von den westlichen Mächten, allen voran von der Bundesrepublik, zu außenpolitischen Zwecken instrumentalisiert und gefördert worden. Heute ernten also die Länder, in denen der Revisionismus grassiert, was insbesondere Deutschland wenn nicht gesät, so doch fleißig genährt und gefördert hat. 

Kroatien: Ustascha-Kult 

Zum Beispiel Kroatien. Dass die Ustascha-Tradition nie abgebrochen ist, verdankt sich auch der Bundesrepublik Deutschland. Ehemalige Funktionäre der kroatischen Faschisten konnten hier im Kalten Krieg überwintern und ihre politischen Aktivitäten fortsetzen – teilweise sogar mit staatlicher Förderung. Branimir Jelic etwa, einer der frühesten Aktivisten, der sich sogar rühmte, der »eigentliche« Gründer der Ustascha gewesen zu sein, leitete nach dem Zweiten Weltkrieg das in München ansässige Kroatische Nationalkomitee, das zeitweise von Theodor Oberländers Vertriebenenministerium gefördert wurde. Ustascha-Angehörige genossen in der BRD Freiräume, die es ihnen in den 1960er und 1970er Jahren gestatteten, dort regelrechten Terror gegen ihre Gegner zu entfachen; sie verübten zahlreiche Mordanschläge auf Jugoslawen. Bundesdeutsche Stellen sind auch tätig geworden, als in Kroatien selbst ein krasser Revisionismus erstarkte. Dieser war vor

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Segnaliamo anche:
I numerosi articoli sul Venezuela su Marx21
Il discorso che ha emozionato e fatto saltare in piedi tutta l\'Assemblea Costituente in Venezuela
Il Venezuela di Hugo Chavez 1998-2002 - filmato
Un film di Kim Bartley e Donnacha Ó Briain. Con Hugo Chavez, Pedro Carmona. Irlanda, Paesi Bassi, Germania, 2003.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=raqxkeLg7BI
Venezuela, rinnegati, bugiardi e smemorati

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http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/12/il-venezuela-e-noi-094695

Venezuela. La grande paura del “Socialismo del XXI Secolo”

di Angelo D\'Orsi, 10 agosto 2017

I nostri notiziari di regime, non li si può chiamare diversamente, uniti nella lotta alla verità, ci informano zelanti di una dichiarazione di 13 Stati latinoamericani che “non riconoscono” l’Assemblea Costituente voluta da Maduro in Venezuela. Al di là del dato privo di significato (“non riconoscono”! Che cosa vorrebbe dire? In base a quale diritto Stati esteri si permettono di disconoscere atti costituzionali di un Paese sovrano?), si rimane sbalorditi dalla menzogna sostanziale. In sintesi: 1. Si accetta come ovvio e legittima la presa di posizione dei 13 Stati. 2. Non si rileva che tali Stati che “non riconoscono” sono quelli che grazie a dubbie operazioni elettorali, o a veri e propri golpe anche quando variamente camuffati, sono tutti posti sotto l’ombrello USA, da cui in sostanza prendono ordini. 3. Si tace della contemporanea Dichiarazione (qui di seguito), di ben 57 Stati che, questa sì del tutto legittima, invitano a un processo di pace, e soprattutto chiedono che venga preservata la sovranità e l’integrità della Repubblica Bolivariana del Venezuela, davanti alle minacce neppure più troppo velate che giungono da Washington, in un coro a cui l’Unione Europea si è accodata tranquillamente, come sempre priva di una sua politica estera autonoma dagli USA.
Personalmente non sono un fanatico di Maduro (che è lontano dalla capacità politica e anche dal carisma di Hugo Chavez), e ritengo abbia commesso numerosi, e gravi errori, e certamente operato delle forzature istituzionali. Ma la questione è: ci si può difendere dalle azioni golpiste – quelle portate avanti da anni dal fronte delle opposizioni, con boicottaggio, guerra commerciale e forme di crescente estremismo violento, sostenuto dall’esterno, in particolare dalla Colombia, e soprattutto dagli USA – in modo “democratico”? la storia proprio non ci insegna nulla? Le questioni davanti alle quali ci si trova a me pare siano le seguenti: chi sono e cosa rappresentano le “opposizioni”? E che cosa è in gioco in Venezuela? La mia risposta è in primo luogo in una parola magica e maledetta: “petrolio”. Il controllo delle risorse petrolifere più estese del Pianeta è evidentemente un dato fondamentale, oggi più che venti o trent’anni fa. Ma la risposta deve altresì guardare al significato, reale e simbolico, di quella parola d’ordine del “socialismo del XXI secolo” lanciata con ardimento da Chavez, e che in qualche modo Maduro e i suoi cercano di portare avanti.
Non si tratta soltanto di slogan (che possono anche risultare fastidiosi), ma di una realtà importante: i progressi sociali del Venezuela sono documentati, e sono di straordinaria importanza. Chi non è in malafede farà presto a documentarsi. E quei progressi sono un messaggio sostanziale a tutto il Subcontinente latinoamericano e, oltre gli Oceani, a tutti i popoli della Terra soggiogati dagli imperialismi di Stati Uniti e dell’Unione Europea. Fa paura questo soprattutto, come faceva paura negli anni Novanta del secolo scorso “l’anomalia jugoslava”, un Paese che si proclamava orgogliosamente socialista nel cuore dell’Europa post-1989. Sappiamo come venne spenta quella anomalia, a suon di bombe, con una aggressione da parte di una “grande coalizione democratica” di ben 19 Stati (compresa l’Italia, guidata allora da Massimo D’Alema, che diede prova di una pronta, servile collaborazione alle potenze imperialistiche, USA in testa). Contro il Venezuela si sta delineando l’ennesima “Santa Alleanza”, come nel ’99, contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, o in forma meno estesa nel 2003 in Iraq, per detronizzare Saddam Hussein, riducendo il Paese, avanzato e laico, a un cumulo di macerie, divenuto la culla devastata e mostruosa dell’ISIS; o come nel 2011, in Libia, per eliminare Gheddafi e il socialismo della sua “Giamahiria Araba Libica”; e oggi la Libia risultato dell’azione dei “liberatori” è divenuto un vero inferno. E come si è tentato di fare nel corso degli ultimi anni con la Repubblica Siriana di Assad. Non ci piacciono i dittatori, sento ripetere. Ma quello che è venuto dopo ci piace di più? A chi attribuire le centinaia di migliaia di morti, le distruzioni di beni di economie di civiltà, in tutti questi Paesi? E chi ha il diritto di decidere sulle forme di governo degli Stati? Washington o Bruxelles? E quale, infine, sarebbe il modello da esportare, con le buone o le cattive? La nostra democrazia fallimentare? Ricordiamoci che in nome della tutela delle libertà “democratiche” abbiamo visto cadere regimi progressisti, nel passato remoto o nel passato prossimo. Quando il gioco si fa duro, ritengo che la causa del popolo vada difesa con ogni mezzo, anche al di là del galateo istituzionale. Se perde Maduro, perde il popolo, potremmo dire con uno slogan, e me ne scuso, ma la sostanza è quella. Se perde Maduro vincono i ricchi, gli evasori fiscali, le grandi multinazionali, e gli appetiti nordamericani.
Perciò, anche se abbiamo dubbi e riserve, mettiamoli da parte: oggi la causa che Maduro rappresenta non può non essere la causa di chi non accetta che Washington comandi il mondo; anche se siamo perplessi o peggio indifferenti, ma ci consideriamo “di sinistra”, se vogliamo tenere fede al principio primo e fondamentale del “Manifesto” di Marx ed Engels, quello espresso nell’appello finale (“Proletari di tutti i Paesi, unitevi!”), ossia l’internazionalismo proletario, oggi il nostro dovere è stare dalla parte della Repubblica Bolivariana del Venezuela e del suo presidente, Nicolás Maduro.

• storico, docente emerito dell’Università di Torino.
Membro del Comitato Scientifico-Artistico di Jugocoord Onlus



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The author is a well-known UK pundit who writes frequently on Russia.  He is currently running a crowdfunding to sue the Times, one of its writers, Oliver Kamm, and its publisher, Rupert Murdoch, for libel and stalking. If you like this article, please consider supporting his crowdfund.  He is one of the best out there on Russia.

For more info about that see:  The Times, RT and Oliver Kamm, an Obsessed Neocon Stalker  and  Creepy London Times Moron Cyber-Stalks Leading UK Russia Expert (Video)




The Beatification of John McCain

“All over this world, Mr. McCain is associated with freedom and democracy. He has championed human rights with verve and tirelessness — speaking out against repression and authoritarianism,” - The Washington Post in a recent pre-eulogy.

Neil Clark
Sat, Jul 29, 2017

The news the ultra-hawkish, pro-war US Senator John ‘Bomb, Bomb, Iran’ McCain has been diagnosed with a particularly aggressive form of brain cancer has led to gushing eulogies to a great ‘hero’ of ‘freedom’ in elite circles in the US and other Western countries.

Brain cancer is a terrible disease, and no humane person would wish it on anyone. But does McCain‘s illness mean we have to sanitize his record of relentless warmongering and portray him as a 21st Century version of Mahatma Gandhi? It’s one thing not to jump on people when they are fighting for their life, but it’s quite another to ludicrously distort the historical record.

Take the Washington Post. They ran a hagiographic article at the weekend entitled “What we can learn from John McCain.”

“All over this world, Mr. McCain is associated with freedom and democracy. He has championed human rights with verve and tirelessness — speaking out against repression and authoritarianism,” the neocon newspaper bellowed.

But McCain’s champion of human rights and ‘freedom and democracy’ has been highly selective, to say the least, and has involved him associating with and supporting some very dubious characters.

In Ukraine, he met with far-right forces who wanted the forcible overthrow of the democratically elected government.

He shared a platform with the ultra-nationalist Oleh Tyahnybohk, who in 2004 had attacked what he called “the Moscow-Jewish mafia ruling Ukraine.”

Imagine the furor if say, the British Labour leader Jeremy Corbyn had met with such a figure. But the very neocon gatekeepers who attack Corbyn 24-7 were silent when McCain did.

In 2011, McCain praised the ‘heroic’ rebels in Libya - having repeatedly called for the anti-government fighters to be armed. But the ‘rebellion’ against Gaddafi was dominated by hardcore jihadists, many with links to Al-Qaeda, such as the Libyan Islamic Fighting Group, which Manchester Arena bomber Salman Abedi and his father were associated with.

In one photograph, McCain can be seen presenting a gift to the former LIFG emir, Abdel Hakim Bel-Hadj. Again, just imagine if this had been Jeremy Corbyn.

In Syria, as in Libya, McCain repeatedly lobbied for ‘rebels’ to be given military aid by the US, as well as calling for cruise missile strikes on government positions.

In 2013, the man described as “America’s leading advocate of intervention in the Syrian crisis” met with Syrian ‘rebels’- crossing into Syria illegally (little things like national sovereignty don’t matter much to neocons like McCain).

Two years later, the great ‘human rights crusader’ led a delegation of US Senators to meet that other well-known champion of human rights, Crown Prince Salman of Saudi Arabia and the commander of Saudi Arabia’s Syrian ‘rebel’ training and equipment program.


Just think of the hundreds of thousands killed in Syria because of these McCain supported ‘training and equipment’programs.

Most members of the human race think of sex (or going to the toilet) when they first wake up in the morning. But not John McCain. War is always on his mind.

“When John wakes up in the morning the first thing he says is Air strikes!’’ his friend Sen. Dick Lugar once said.

Do we think this is normal- and something to cheer? If so, heaven help us.

Having played his part in keeping the fires burning in Syria McCain reacted to the presence of ISIS there- by outrageously claiming that Russia’s Vladimir Putin was a greater threat than Islamic State.

One wonders what the families and loved ones of those killed in ISIS terrorist atrocities in the Middle East, Africa and around the world thought of that statement.

Since 2016, McCain has become a poster boy for many liberals because of his implacable opposition to Donald Trump. Incredibly - and rather obscenely- bearing in mind the millions who have died in wars in global south countries that McCain has supported or propagandized; for ‘progressives’ have been lining up to praise a hard-right warmonger who makes the late Ronald Reagan look like a joss-stick waving peace-loving hippy. British Labour MP David Lammy described McCain as “one of the best Republican candidates” of his lifetime.

This is about a man who joked, in a very unpleasant way, about bombing Iran and in 1983 voted against creating a Martin Luther King national holiday. It’s one thing to wish McCain “Get well soon,” it’s quite another to say he’s the greatest thing since sliced bread and The Beatles.

[ Bomb bomb bomb, bomb bomb Iran (mckathomas, 19 apr 2007)

McCain loves to champion protesters and rebels in ‘Official Enemy’ countries but is less keen when Americans protest about the crimes of their government. “Shut up, or I’ll have you arrested,”he snarled at anti-war protesters who called in the Senate for the war crimes prosecution of the former Secretary of State Henry Kissinger. “Get out of here you low-life scum,” he added.

For McCain terrorists who blow up government forces and kill civilians in Libya and Syria are ‘heroes,\' but conscientious peaceful protesters in his own country are ‘scum.\'

Possibly the most laughably o.t.t. piece about the Arizona senator (and it’s a very crowded field) appeared in the National Review.

Entitled “Homo Americanus,” the article’s author argued that McCain is “as close to a great man as his generation has produced.” McCain’s illness is portrayed not just as a personal tragedy - but a national one.

“It is surely too much to say that McCain’s recovery will be America’s. But it is hard to envision America’s recovery without McCain’s.”

What utter rot. It’s the policies of endless war and ‘interventionism’which McCain espouses which have got the US into its current mess.

To recover, and to get its public finances back in order, the US must return to being a republic and not an empire. McCain’s policies have been disastrous for his country and ordinary American citizens. And around the world, they have caused absolute chaos, as well as leading to a refugee crisis of Biblical proportions and significantly increasing the global terror threat.

Alas, there’s no sign as yet that McCain’s illness will change him. On the day his diagnosis was announced, he issued a bellicose statement on Syria,blasting Trump’s decision to end the CIA’s $1 billion-a-year covert arm-and-train program for Syrian ‘rebels’ and calling again, (for what must be the five millionth time) for the overthrow of President Assad, which he said must be a ‘key pillar’ of US policy.

The best thing we can hope for is that McCain recovers (he’ll certainly get better cancer treatment than the Syrians whose public health system he has helped to destroy), and then uses whatever time he still has on this planet to atone for his sins. We shouldn’t wish the Senator dead, despite all the damage he has caused around the world, but pray that he’ll one day join us, the ‘low-life scum,‘ marching against illegal wars of aggression he would earlier have supported.

I know that’s a 1000-1 shot, but it’s the nicest thing to do.


Follow Neil Clark @NeilClark66





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(srpskohrvatski / italiano)

Venezuela, rinnegati, bugiardi e smemorati

Contro il Venezuela sono messi in campo gli stessi strumenti che jugoslavi e serbi hanno conosciuto troppo bene: disinformazione strategica, fondi stranieri ad organizzazioni eversive, demonizzazione del leader, sostegno politico aperto da Occidente ai settori golpisti e terroristi, minacce militari... Intristisce, a parte tutto e al di là del tradimento della ex-sinistra nostrana, il fatto che ogni volta che si presenta uno scenario simile i commentatori antimperialisti facciano la \"bella scoperta\" con apparente inedito stupore, come se fosse la prima volta, come se non imparassimo mai niente dal passato. In particolare, il paradigma jugoslavo – da Otpor alle notizie false sui media – è regolarmente rimosso e ignorato. (a cura di Italo Slavo)

1) Venezuela: cartina di tornasole della sinistra (di Fabio Marcelli)
2) Il Venezuela e la questione della difesa del potere rivoluzionario (di Fosco Giannini)
3) ”Revolucionari” u Caracasu su danju na ulicama, a noću u luksuznim barovima (N. Babić)
[I \"rivoluzionari\" di Caracas, di giorno per strada e di notte in ville e locali di lusso]
4) Da Geraldina Colotti, Caracas, sul risultato elettorale: l\'ultimo articolo censurato dal \"Manifesto\"


Si veda anche: Venezuela, ecco come Omero Cia(i) – Repubblica – risponde a Cremaschi (di Giorgio Cremaschi, 8 agosto 2017)


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Venezuela: cartina di tornasole della sinistra

di Fabio Marcelli, 9 agosto 2017

Quando la sinistra latinoamericana si difende e magari osa addirittura vincere sia sul piano politico che su quello militare, diventa “antidemocratica”, “autoritaria”, e via pontificando

Da sempre la sinistra evolve e si qualifica in relazione agli avvenimenti di portata internazionale. Così fu, tanto per fare l’esempio fu famoso, per il Partito Comunista d’Italia fondato nel gennaio del 1921 al Congresso di Livorno come scissione del Partito socialista che ebbe come motivazione determinante il diverso atteggiamento nei confronti della Rivoluzione sovietica e dell’URSS allo stato nascente. Dalla lotta al fascismo alla Resistenza  alla Costituzione repubblicana, per molti decenni forte e radicata in tutti i settori sociali, oggi, la sinistra in Italia è ridotta a ben poca cosa, per effetto della fine del PCI, che certamente ebbe basi obiettive ma che fu accelerata e condotta in modo inconsulto dalla scellerata direzione politica di Occhetto e dei suoi ancora peggiori successori. E per effetto della sua visione sostanzialmente subalterna alla classe dominante che ha impedito di elaborare una linea all’altezza delle trasformazioni epocali in atto oramai da lungo tempo.

Un’ulteriore dimostrazione di quanto sia oggi ridotta male la sinistra italiana è oggi costituita dal suo atteggiamento nei confronti di ciò che avviene in Venezuela. Abbiamo una vasta gamma di prese di posizione sostanzialmente liquidatorie. Pare quasi che la sinistra latinoamericana (il discorso non si ferma ovviamente al Venezuela, ma riguarda altre esperienze importantissime in corso, prima fra tutte la Bolivia di Evo Morales) piaccia a certi nostri sedicenti intellettuali, solo quando viene repressa sanguinosamente, sconfitta e costretta all’esilio. Parafrasando  quello che secondo alcuni disse una volta il generale Sheridan, secondo questi sedicenti intellettuali, l’unico militante di sinistra latinoamericano è quello morto, incarcerato e torturato, che ci mette in condizione di sembrare tanto buoni, compassionevoli e democratici. Quando invece la sinistra latinoamericana si difende e magari osa addirittura vincere sia sul piano politico che su quello militare, diventa “antidemocratica”, “autoritaria”, e via pontificando. Per non parlare di certi “specialisti” oramai babbioni incartapecoriti che misurano la temperatura ai “regimi”, scuotendo mesti e delusi il capoccione e concludendo che “non si tratta certo di socialismo”. Loro sanno bene di che parlano dato che in lunghe vite hanno accumulato fallimenti su fallimenti, di cui pagano oggi il prezzo le giovani generazioni in balia di un capitalismo neoliberista che non fa certo prigionieri ma distrugge costantemente il loro futuro e insieme quello del nostro e di altri Paesi.

Altro grosso equivoco riguarda il ruolo delle Forze Armate. Secondo certi geni, parrebbe che militari e poliziotti siano sempre e comunque dalla parte sbagliata, specialmente se operano in Paesi distanti dal “faro” della civiltà occidentale che, sempre secondo costoro, rappresenterebbe la democrazia per antonomasia.

Fortunatamente non è così. In Portogallo furono i militari a rovesciare la dittatura pluridecennale di Caetano. In Russia Lev Trotzky costruì l’Armata Rossa con il contributo determinante di reparti interi dell’esercito zarista che erano passati dalla parte giusta della barricata. In Italia negli anni Settanta le Forze armate e quelle di polizia, carabinieri compresi, furono attraversate da un grande movimento democratico di massa che si ispirava all’allora fortissimo e luminoso esempio della classe operaia. I militari bolivariani che in Venezuela hanno difeso con successo le loro basi dagli attacchi di mercenari e paramilitari dicono di sé, giustamente, di essere “popolo in armi”. E occorre augurarsi che costituiscano a loro volta un esempio per i colleghi di altri Paesi dell’America Latina e del Terzo Mondo e di altri mondi.

Domenica 30 luglio il popolo venezolano, nonostante i dubbi dei soloni del manifesto che hanno pensato bene di licenziare la loro redattrice militante Geraldina Colotti, ha fatto un passo importante verso la sconfitta definitiva delle destre e verso il socialismo. La spaccatura del Paese, che tanto preoccupa tali soloni, non è certo un fatto nuovo e deriva dalla dinamica stessa della lotta di classe sia sul piano nazionale che su quello internazionale. Dal 30 luglio però, e questo sono in molti a non capirlo, si è messa in moto una dinamica importante di riaggregazione popolare attorno all’Assemblea Nazionale Costituente.

Certamente l’hanno capito, molto meglio di quelli del manifesto, i caporioni del capitalismo internazionale, i funzionari messi dalla finanza a guida di Paesi importanti, come il nostro, che hanno scatenato una vera e propria guerra santa contro il Venezuela bolivariano, reo di voler continuare ad esistere, realizzando i diritti e le aspirazioni del suo popolo e mostrando nei fatti la possibilità di un’alternativa ai disastri del neoliberismo imperante. Chi anche in Italia non sta dalla parte di Maduro e del Venezuela bolivariano non è certamente degno di far parte della sinistra che dobbiamo rifondare. Si parli di questo, non di nomi, organigrammi e alchimie squallide, continuando l’atroce andazzo  che ha distrutto la sinistra più importante e forte del mondo occidentale e continua ad ipotecarne pesantemente ogni possibile rinascita. Sicuramente la sinistra deve conoscere anche altre importanti discriminanti, ad esempio sulla questione delle migrazioni, ma questa dell’appoggio alle esperienze rivoluzionarie è di natura fondamentale.



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Il Venezuela e la questione della difesa del potere rivoluzionario

di Fosco Giannini, segreteria nazionale PCI
8 agosto 2017

Il compagno Giorgio Langella, segretario regionale del PCI del Veneto e membro della Direzione Nazionale, qualche giorno fa ha fatto circolare un intervento del senatore Corsini (esponente di Articolo Uno–MDP) sulla questione del Venezuela. Riportiamo, per brevità, le parole con le quali Langella accompagna l’invio dell’intervento del senatore Corsini: “Su segnalazione del compagno Beccegato ho letto l’intervento del senatore Corsini sul Venezuela. Una cosa indecente, che evidenzia una sudditanza servile oltre che culturale nei confronti dell’imperialismo statunitense. Qua si confonde ‘il popolo venezuelano’ con la classe benestante, quelli che hanno perso i privilegi che avevano perché più ricchi, più simili a noi ‘civili occidentali’. E una posizione da colonialisti, intollerabile. Forse (anzi sicuramente) neppure i democristiani di destra ai tempi di Allende… Con gente come Corsini non possiamo avere nulla a che fare. Sono da un’altra parte. Penso che la questione Venezuelana, così come quella Ucraina, quella siriana, quella palestinese ecc. non possono essere messe da parte o considerate ininfluenti quando si parla di ‘alleanze’ e si dice che bisogna considerare le questioni territoriali o italiane. Sono, a mio avviso, questioni dirimenti. Non si può stare dalla parte dell’imperialismo in politica estera e fare i progressisti in Italia. Credono di rifarsi una verginità ponendosi dalla parte del vincitore. Non si pongono problemi, non analizzano le cose, dicono quello che più conviene loro, vanno dove tira il vento. Oggi è di moda, in questa ‘sinistra snob’ attaccare chi sta tentando di trasformare il sistema, chi combatte lo strapotere della ‘democrazia imperiale’, chi non accetta il ‘pensiero unico’. Questa è un’ambiguità non solo irritante ma estremamente pericolosa”.

Ma cos’aveva affermato Corsini, in Aula, per suscitare l’indignata – quanto giusta – reazione del compagno Langella? Ecco uno stralcio dell’intervento del senatore “bersaniano”: “Signor Presidente, è per me del tutto naturale associarmi alle dichiarazioni del presidente Casini e dei colleghi che mi hanno preceduto, anche perché in Commissione esteri, tempo fa, abbiamo proposto una risoluzione che è stata portata all’attenzione dell’Assemblea. In tale risoluzione denunciavamo il processo autoritario e totalitario che è appunto in corso in Venezuela.… Qual è il dato veramente impressionante? È il fatto che Maduro sta imponendo, non semplicemente un monopolio d’autorità, che espropria il Parlamento delle sue legittime funzioni di rappresentante della volontà popolare, ma che sta, come dire, imponendo un monopolio politico che estromette gli avversari e i contendenti dall’arena e dalla scena politica. Oltre al fatto che la storia di questi giorni è costellata di incidenti, di uccisioni, di sparatorie, di interventi che umiliano la dignità umana e la dignità dei singoli soggetti. Dobbiamo anche denunciare un fatto. È in corso, e molti parlamentari ne sono stati vittime, una sorta di mail bombing da parte di nostri connazionali, i quali si ostinano caparbiamente a negare la realtà dei fatti, cioè quella di un Paese martoriato che è sottoposto al processo di affermazione di una dittatura violenta e totalitaria. È per queste ragioni che noi oggi vogliamo riconfermare la nostra solidarietà al popolo venezuelano e trarre appunto auspici perché il Paese possa vedere rapidamente il ripristino della regola democratica nella sua pienezza”.

Questa di Corsini è una posizione coerentemente e pienamente controrivoluzionaria, oggettivamente (e soggettivamente) filo imperialista, completamente e dogmaticamente succube dell’ideologia conservatrice occidentale e capitalistica. Da questo punto di vista il compagno Langella, con il suo “j’accuse”, ha svolto con ogni probabilità un compito che è andato ben oltre la sua stessa denuncia della natura politica contingente dell’Articolo Uno–MDP, ponendo invece una questione politico–teorica di fondo che in troppi, anche a sinistra, vanno, a partire anche dalla “questione venezuela”, eludendo : la liceità o meno della difesa della rivoluzione attraverso la forza. 

Questione che si era già posta, ad esempio, con Gorbaciov, nella fase che precedette lo scioglimento dell’URSS e il conseguente cambio negativo del quadro mondiale: poteva Gorbaciov far sì che l’Armata Rossa salvasse l’unità sovietica? Si, teoricamente avrebbe potuto, ma non l’ha potuto fare in virtù di una, propria, degenerazione ideologica, di tipo liberale.

Che la rivoluzione possa difendersi o meno con la forza dalla consueta – rispetto ai moti rivoluzionari – reazione violenta dell’imperialismo (in America Latina quasi sempre USA) delle destre, del capitalismo e delle forze militari, è forse la questione centrale, quella dirimente, che separa – nel giudizio, nello schierarsi – le forze rivoluzionarie da quelle controrivoluzionarie o della sinistra moderata, quelle “interne” al sistema capitalistico. E’ il problema dei problemi: quello del potere. Ed è bene – una volta tanto – affrontare la “questione venezuelana” dal punto di vista anche teorico, politico–teorico. E’ bene – una volta tanto – approfittare del contingente per riaprire una riflessione profonda e di nuovo appropriarci della grandezza del nostro pensiero, del pensiero e della prassi della rivoluzione. Anche per sfuggire ai meschini, vischiosi ed intellettualmente mortificanti “pensierini” sul contingente.

La posizione assunta dal senatore Corsini non è, purtroppo, appartenente solo all’Articolo Uno–MPD: oltreché, naturalmente, la destra, in verità è quasi tutta la sinistra italiana (persino una parte comunista di essa) che oggi sposa le posizioni del senatore “bersaniano”. Tanto per dire: persino “il quotidiano comunista” il Manifesto (tranne la compagna Geraldina Colotti ) fa molta fatica a schierarsi completamente con Maduro, fa molta fatica ( e forse non ci arriva mai) a definire legittimo l’uso della forza per la difesa della rivoluzione chavista.

A questi tentennamenti, a queste posizioni di fatto utili e funzionali alla controrivoluzione dà una risposta di altissimo valore politico e teorico Domenico Losurdo, nel suo ultimo libro sul “Marxismo Occidentale”, marxismo uccisosi – secondo l’Autore – anche a partire dalla rinuncia alla presa del potere e alla sua difesa.

L’illegittimità” della difesa della rivoluzione anche con la forza è una categoria pseudo filosofica che ha segnato e segna di sé ogni involuzione moderata del pensiero comunista e della sinistra occidentale; un’involuzione che è speculare alla rinuncia della trasformazione rivoluzionaria e della presa del potere: questo è il punto centrale della discussione che il compagno Langella ha aperto.

Non è un caso, infatti, che il Partito Comunista Italiano, in quella sua lunga storia involutiva che l’ha portato dall’accettazione della NATO alla “Bolognina”, passando attraverso la rottura col movimento comunista mondiale e l’abbandono del leninismo, abbia scandito questo stesso, proprio, processo involutivo con vere e proprie ricusazioni dei punti storici alti delle rotture rivoluzionarie: il PCI che volgeva verso la “Bolognina” iniziò – ben prima di essa – a rompere teoricamente con il Terrore di Robespierre, poi con la Comune di Parigi, poi con la stessa Rivoluzione d’Ottobre, per non parlare dell’accusa dogmatica e pregiudiziale ad ogni difesa del socialismo con la forza, posizione che cresceva contemporaneamente – o che seguiva – alla scelta del passaggio al socialismo solamente attraverso la via parlamentare.

Quando Pietro Secchia, già da tempo in disgrazia nel PCI, andò in Cile nel gennaio del 1972 a sostenere il governo Allende e a Santiago, di fronte ad una piazza strapiena di popolo, chiese con forza, in un suo comizio, ai comunisti, ai socialisti cileni, allo stesso governo Allende e alle “forze patriottiche e popolari” di prepararsi a fronteggiare con le armi l’inevitabile reazione degli USA, della destra cilena e di Pinochet alla rivoluzione, il PCI rispose con uno sdegnato silenzio alle parole di Secchia, che poi, per le sue stesse parole, fu avvelenato dalla CIA nell’aereo che lo riportava in Italia, dove morì pochi mesi dopo.

L’abbandono dell’orizzonte rivoluzionario, la rinuncia alla difesa della rivoluzione con la forza ha sempre caratterizzato le forze già rivoluzionarie che imboccavano una discesa moderata. E’ stato così per la Socialdemocrazia tedesca della fine del 1800, quando essa, rompendo platealmente, teoricamente, con la Comune di Parigi, iniziò a trasformarsi in quella Socialdemocrazia che avremmo conosciuto, nella sua essenza di soggetto politico del sistema capitalistico, dal ‘900 ad oggi.

Ma anche nel Partito della Rifondazione Comunista, nella lunga monarchia bertinottiana, l’abbandono delle categorie marxiste e leniniste della rottura rivoluzionaria e dell’antimperialismo conseguente (che non può non sfociare negli atti rivoluzionari della rottura di sistema e della difesa con la forza del nuovo sistema socialista) sono stati i cavalli di Troia per l’abbandono, da parte del PRC bertinottizzato, della cultura comunista, materialista. Chi non ricorda il Bertinotti che giudica e liquida, attraverso una sua indegna (sul piano storico e teorico) commemorazione, a Livorno, nei primi anni ’90, dell’Ottobre e del “socialismo realizzato”, la lotta dei bolscevichi contro la guardia bianca e zarista come “anticipazione della degenerazione dello stalinismo”? Chi non ricorda il Bertinotti della “Resistenza angelicata”, un’accusa alla “violenza della Resistenza”, che si innalzava – assieme a quelle della destra, di Gianpaolo Pansa e dell’intero revisionismo di sinistra – proprio nel momento in cui la lotta armata e antifascista dei partigiani iniziava ad essere largamente demonizzata? Chi non ricorda il Bertinotti che negava – in un rigurgito pieno di filo occidentalismo – il carattere di Resistenza alla lotta del popolo iracheno contro gli invasori nord americani? E chi non ricorda l’ex segretario del PRC imperversare sui giornali, sulle televisioni, a favore della sua nuova idea della “non violenza”, ideuzza piccolo borghese che – consapevole o no Bertinotti – apriva le cateratte dell’abbandono della cultura comunista e rivoluzionaria per tutto il “nuovo” PRC?

In seguito alla vera e propria devastazione politica e teorica prodotta dalla lunga involuzione del PCI e poi dal bertinottismo, siamo in minoranza, oggi, a riconoscere la liceità storica della difesa del potere rivoluzionario anche con la forza; siamo una minoranza, dunque, a riconoscere il valore rivoluzionario della lotta, della Resistenza di Maduro contro la violenza dell’asse USA – destra capitalista venezuelana.

Ma la legittimità, politica ed etica, della difesa con la forza della rivoluzione è un cardine stesso di tutto il pensiero e della prassi della rivoluzione.

E qui, veniamo a Lenin, all’esigenza assoluta di rimettere in circolo e far rientrare, almeno nel senso comune dei comunisti e delle comuniste e di chi milita “a sinistra”, le categorie centrali del pensiero rivoluzionario.

Riappropriamoci del quanto mai attuale saggio di Lenin “La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky”.

Kautsky pubblica nell’agosto del 1918, sulla rivista “Sozialistische Auslandpolitik”, proprio durante la ripresa violenta della lotta controrivoluzionaria che puntava a sconfiggere l’Ottobre, un saggio dal titolo esplicito, che già in sé preannunciava la svolta antirivoluzionaria di Kautski: “Demokratie oder Diktatur” (Democrazia o Dittatura). Kautski, in pieno revisionismo controrivoluzionario, anticipa di diversi decenni le posizioni di quei comunisti e dirigenti e intellettuali della sinistra occidentale che, a partire dalla condanna della difesa rivoluzionaria del potere rivoluzionario, rinunciano di fatto alla stesso progetto della trasformazione socialista. Kautsky è esplicito sin da titolo del suo articolo: la “Democrazia” è in antitesi alla “Dittatura”, un giudizio apodittico attraverso il quale si rompe con Marx, con l’Ottobre, con Lenin per giungere alla divinizzazione della democrazia borghese come ultima spiaggia della democrazia della storia e alla conseguente demonizzazione del potere rivoluzionario, la Dittatura, che Kautsky intende non come il potere della grande classe lavoratrice e sfruttata sulla ristretta classe dei padroni e degli sfruttatori, ma in senso metafisico, come oppressione in sé, così come la borghesia ha giudicato essere, per ovvie ragioni, il potere proletario. 

Oggi è Maduro che difende il potere del popolo e gli USA, la destra venezuelana pagata da Washington, le destre di ogni parte del mondo e le sinistre pavide del mondo definiscono il potere rivoluzionario chavista “la dittatura”. E così, attraverso questa feroce mistificazione politico–semantica, i media dell’intero mondo occidentale fanno passare Maduro come un dittatore, in modo che tutti dimentichino che il vero problema, per il capitalismo occidentale e per l’imperialismo USA, è quello legato al fatto che il petrolio, l’oro, i diamanti, le terre, le ricchezza naturali venezuelane sono state da Chavez sottratte ai pochi padroni per riconsegnarle al popolo; far dimenticare che il vero problema per gli USA è di tipo prettamente geopolitico, nella misura in cui il Venezuela si libera dal potere imperialista offrendosi come punto di riferimento per i popoli e gli Stati che in America Latina vogliono sottrarsi alla dittatura economia, politica e militare imperialista nel momento in cui il Venezuela chavista rafforza il blocco che, a partire dai BRICS, si erge nel mondo come diga antimperialista.

Come risponde Lenin all’attacco controrivoluzionario di Kautsky? Dobbiamo rileggerlo, riassumerlo, anche questo Lenin, poichè solleva un punto centrale di tutto il pensiero rivoluzionario.

Lenin risponde all’articolo/saggetto di Kautsky con un proprio saggio: “La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky”. Dopo aver letto nella Pravda qualche estratto del saggio di Kautsky, Lenin, infuriato, scrivendo a Berzin, Joffe e Vorovski afferma: “Le vergognose sciocchezze, il balbettio infantile e il vilissimo opportunismo di Kautsky inducono a domandarsi: perché non facciamo niente contro lo svilimento teorico del marxismo da parte di Kautsky?”. Ma Lenin non perderà tempo e nel suo saggio di risposta ridicolizzerà Kautsky. Almeno per tutti i compagni e le compagne: è ora – ora – di rileggerlo.

Rispetto al potere rivoluzionario e la sua difesa, Lenin scriverà sul “Rinnegato Kautsky”: “Si può dire senza esagerazione che questo è il problema centrale di tutta la lotta di classe. Ed è quindi necessario esaminarlo attentamente”. 

Lenin lo farà e in relazione al distinguo che Kautsky introduce tra “democrazia e dittatura”, il capo dell’Ottobre scriverà: “Si tratta di una confusione teorica così mostruosa, di un’abiura così completa del marxismo che, bisogna ammetterlo, Kautsky supera di gran lunga Bernstein”. “Il nostro ciarlone – continua Lenin – ha riempito quasi un terzo del suo opuscolo, 20 pagine su 63, con una chiacchierata assai gradevole per la borghesia, perché equivale al tentativo di abbellire la democrazia borghese e di velare la questione della rivoluzione proletaria”. E ancora, scrive Lenin: “Del marxismo si ammette tutto, tranne i mezzi rivoluzionari di lotta…”. E in un passaggio incredibilmente contemporaneo e attuale, che davvero sembra parlare del ruolo che il Venezuela chavista già svolge e può ancor più svolgere nella lotta antimperialista mondiale (ed è soprattutto per questo che gli USA scatenano le iene reazionarie venezuelane contro Maduro) così scrive Lenin, in relazione alla distinzione operata da Kautsky su “rivolgimento pacifico” e rivolgimento violento”: “Sta qui il nodo della questione. Tutti sotterfugi, i sofismi, le falsificazioni truffaldine servono a Kautsky per scansare la rivoluzione violenta, per nascondere il fatto che egli la rinnega ed è passato alla politica operaia liberale, cioè dalla parte della borghesia. Lo storico’ Kautsky travisa così spudoratamente la storia che finisce per ‘dimenticare’ l’essenziale, cioè che il capitalismo premonopolistico – il quale aveva toccato l’apogeo negli anni ’70 – si distingueva, in virtù dei suoi tratti economici, manifestatisi in modo particolarmente tipico in Inghilterra e in America, per un amore relativamente più grande della pace e della libertà. Mentre l’imperialismo, cioè il capitalismo monopolistico giunto a definitiva maturità solamente nel secolo XX, si distingue, in virtù dei suoi tratti economici essenziali, per un amore assai meno forte della pace, della libertà, per un maggiore e generalizzato sviluppo del militarismo. Non avvedersi di questo, quando si esamina fino a qual punto sia tipico o probabile un rivolgimento pacifico o violento, significa degradarsi al livello del più volgare lacchè della borghesia”.

E’ la questione dell’imperialismo, della sua ferocia economica e militare che non prevede la possibilità che popoli e Stati ad esso già sottomessi possano liberarsi ( come, appunto, il Venezuela di oggi) quella che pone Lenin e che certo non può essere più presente nel pensiero addomesticato del senatore Corsini. E di troppi altri, anche a sinistra.

Quando Chavez iniziò a vincere, sul quotidiano ampiamente bertinottizzato “Liberazione” non andava giù il fatto che quel leader rivoluzionario era un militare: un altro di quei tanti “pregiudizi” del marxismo occidentale esausto che portano, infine, alla rinuncia della lotta rivoluzionaria. Oggi, in troppi, anche a sinistra, persino tra i comunisti (ma non nel nostro PCI) si insinua un tarlo devastante e borghese: Maduro non dovrebbe difendere la rivoluzione chavista con la forza. Dovrebbe consegnare il Venezuela a Trump e alla destra venezuelana, invece? Lenin consigliava e continua a dirci di no, per non essere dei rinnegati.



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”Revolucionari” u Caracasu su danju na ulicama, a noću u luksuznim barovima

01/08/2017    N. BABIĆ

Donald Trump je upravo izrekao sankcije predsjedniku Venezuele Nicolasu Maduru i svrstao ga u društvo ”diktatora” Bashara Al-Assada, Kim Jong-una, iranskih klerika i Raula Castra.

Mediji rade punom parom kako bi ”oporbu Venezuele” prikazali kao ”revolucionare koji se bore za pravo na bolji život i protiv režima”. Mnogi od njih opće nemaju novinar u Venezueli i samo kopiraju propagandu koju plasiraju CNN, Fox News, The Huffington Post i drugi.

Oni govore o Venezueli u kojoj ”vlada siromaštvo u koje je narod gurnula aktualna vlada”,  koju treba svrgnuti, iako je izabrana na demokratskim i slobodnim izborima. Gotovo svi krive Madura i vladu u Caracasu za ”pokolj nad civilnim stanovništvom”

Mnogi ”novinari” pišu članke u kojima stvaraju sliku o ”lijepoj idealističkoj mladeži, sanjarima na barikadama slobode koji s ovo vladom nemaju nikakvu budućnost.

I upravo u vrijeme ove bjesomučne propagande iz Caracasa za Bloomberg se javlja Andrew Rosati, koji je sve samo nije socijalist, ali je jedan od rijetkih koji svoj posao obavlja po svim pravilima struke i novinarske etike.

Rosati za Bloomberg otkriva društveni status čelnika prosvjeda, mladih i bogatih ljudi koji po danu stoje na barikadama, a noći provode u luksuznim stanovima i barovima na brdu Chacao u susjedstvu Caracasa, gdje se nalazi uporište takozvane ”demokratske oporbe”.

Pričao je s Lorenom (24), nakon što je cijeli dan prosvjedovala i navečer se vratila na ”Manhattan” Caracasa, kako bi proslavila rođendan u luksuznim lokalima u društvu lokalnih poduzetnika.

Za Bloomberg je izjavu dao i vlasnik restorana u elitnom dijelu Caracasa, a ono što je rekao je sušta suprotnost onome što čujemo u medijima.

Upravo ova priča Andrewa Rosatija bi trebala otvoriti oči onima koji u bandama huligana, predvođenih zlatnom mladeži Caracasa, žele vratiti status kojeg su izgubili 1999. i dolaskom Chaveza na vlast.

Njih nije briga za potomke Afrikanaca, ”campesinose”, radnike i proizvodni sektor koji je na izborima za Ustavotvornu skupštinu glasao od sreće, unatoč bojkotu i nasilnom protivljenju.

”Zlatna mladež” Caracasa i njihovi roditelji znaju da će padom Madura sve biti privatizirano, da će dobiti dio kolača, a bande huligana će dobiti zadovoljštinu u teritoriju na kojem će se slobodno moći baviti kriminalom.

Zašto nam mediji nesebično nam pojasne što se zapravo događa u Venezueli? Zašto su dva kandidata za Ustavotvornu skupštinu ubijena neposredno prije izbora? Ipak, na internetu postoje tisuće videa koji pojašnjavaju ovu priču.

Osim toga, europski političari su uglas osudili izabranu vlast, a zaboravili su osuditi brazilski institucionalni državni udar ili bombardiranje u Jemenu.

I na kraju dolazi Andrew Rosati, koji iz najbogatijeg dijela Caracasa piše za Bloomberg.

Razgovarao je s Tomásom Perezom, vlasnikom građevinske tvrtke koji je bio na zabavi na kojoj je DJ puštao house glazbu. Kaže da je otet dva puta i od tada kroz naselja u  prolazi u najnovijoj Toyoti 4Runner s neprobojnim oklopom.

”Ujutro u 7 ponovno na ulice, tako da se riješim mamurluka”

Na brdu Chacao možete jesti brzu hranu. Kuhar Carlos Garcia kaže da 10 tanjura venecuelanske hrane u restoranu ”Alto” košta u protuvrijednosti 20 američkih dolara.

”Evo, imate luksuz”, kaže Garcia (44), čiji je restoran jedini s Michelinovom zvjezdicom u zemlji.

”Taj luksuz si mogu priuštiti uglavnom oni koji imaju američku valutu. Više od deset godina stroge kontrole je dovelo do procvata crnog tržišta dolara, koji se razmjenjuju na stotine puta više od njegove službene vrijednosti. Mnogi građani su sakrio dolare za teške situacije, a neke multinacionalne tvrtke plaćaju u stranoj valuti. Neki Venecuelanci imaju ugovore s vladom s kojima imaju pristup dolarima”, piše Andrew Rosati.

”Venecuelanci koji nemaju ta sredstva će također naći načina da uživaju u životu. Jedna je skupina kupila likere u trgovinama na brdu Chacao, a ostale grupe u španjolskom stilu odlaze u pubove gledati sportske događaje”, nastavlja Rosati.

”Svatko je u potrazi za ispušnim ventilom i svatko na svojoj razini”, kaže Pedro Mezquita, kritičar i radijski voditelj.

Jose Cabrera, student od 22 godine koji je bio u baru smještenom na krovu, kaže da proučava ulogu svakog prosvjeda, ali ga njegovi prijatelji nekada kritiziraju zbog izlazaka.

”Gledajte, ja odlazim, bunim se, ispunjavam svoju dužnost za moju zemlju. Ali što da radimo noću? Blokiramo ulice? Marširamo na Palaču  Miraflores? Sutra ću se vratiti na ulicu u 7 sati i riješit ću se mamurluka”, kaže  Jose Cabrera.

Sličan je članak tijekom prosvjeda u Brazilu protiv Dilme Rousseff napisao novinar The Guardiana, koji je također primijetio kako su ”mladi revolucionari” bili sve djeca više srednje klase koja se obogatila za vrijeme diktature i tijekom neoliberalnih politika ’90-ih.

Oni žele povratiti izgubljeni status. Žele da se privatizira i uništi sve i da ne moraju biti ”elita” samo na brdu u blizini Caracasa. Zlatna mladež prosvjeduje jer želi na teret drugih imati jahte, još luksuznije vile, ali ne samo u Venezueli, nego i Europi, Americi ili negdje drugdje u svijetu. Zapravo ih možemo i razumjeti. Odrasli su kao egoisti i da doslovno preziru ”obojene”, pripadnike autohtonih naroda, ”campesinose” i radnike. No, neobjašnjiva je podrške koju kao ”revolucionari” imaju od strane europske socijaldemokracije i velikog dijela nevladinih udruga i ljevice iz galaksije trockističke ”4. Internacionale”.



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Venezuela, Caracas. Da Geraldina Colotti la cronaca di oggi, sul risultato elettorale di questa notte

da Geraldina Colotti, Caracas
1 agosto 2017 

Nelle file ai seggi c’è sempre chi fa musica, balla, ritma gli slogan. Una splendida ragazza afrovenezuelana danza e canta con una voce vibrante. Siamo all’interno del Poliedro, il grande spazio per gli eventi ora adibito a seggio elettorale. E’ uno dei 14. 515 seggi elettorali previsti per votare i 537 esponenti dell’Assemblea Costituente, più gli 8 rappresentanti indigeni che verranno decisi domani 1 agosto secondo le modalità comunitarie dei nativi. Questo seggio “addizionale” è stato allestito in emergenza, per consentire ai cittadini che vivono nelle zone colpite dalle violenze dei “guarimberos” di votare in sicurezza. Per questo è stato dichiarato perimetro sensibile per 500 metri.

Le forze armate lo presidiano, i funzionari del Consejo Nacional Electoral (Cne) forniscono informazioni e supporto a chi è venuto qui pensando di poter votare comunque anche se risiede in un altro comune. Invece qui può votare solo chi abita nell’est di Caracas: i quartieri benestanti, focolaio delle violenze che durano da tre mesi e che hanno provocato 116 morti. Ma in molti vogliono votare qui, pensano che il Poliedro sia un seggio per tutti. Alla fine firmano un registro testimoniale, che non ha valore ai fini del voto, ma che comunque dà conto dei 1500 testardi che non se ne sono voluti andare. Verso la mezzanotte, la presidente del Cne, Tibisay Lucena, leggerà i risultati della giornata elettorale, la cui chiusura si è protratta fino alle 19 e molti seggi hanno dovuto attendere per le molte persone in coda. Diversi centri, come il Poliedro, hanno tardato ad aprire per i ritardi dei presidenti dei seggi, ma la gente è rimasta in coda.

Intorno a Tibisay, le altre 3 dirigenti dell’organismo, particolarmente preso di mira dalle destre che ne disconoscono l’autorità.

Hanno votato – dice – 8.089.320 persone: il 41,53 % degli aventi diritto (19,5 milioni) su una popolazione di 30.620.404 persone.

Il sistema altamente informatizzato è stato nuovamente giudicato a prova di frodi dal gruppo di osservatori internazionali, che ha rilasciato una articolata dichiarazione. Eppure le destre hanno subito respinto i risultati del voto, sostenuti dalla “comunità internazionale”: che aveva invece avallato gli oltre 7 milioni di voti, sparati a tempo di record e a dispetto della stessa logica dopo il “plebiscito” organizzato dalle destre senza il Cne e senza controllo legale. Oltre agli Usa e alla Ue, che minacciano di estendere le sanzioni al Venezuela, 8 paesi – Argentina,Cile, Perù, Colombia, Brasile, Messico, Costa Rica e Panama – non hanno riconosciuto il voto, continuando ad appoggiare l’agenda violenta che le destre hanno mantenuto anche per oggi e che prevede la costituzione di un “governo parallelo” modello siriano. Anche il cosiddetto “chavismo critico” ha deciso di passare definitivamente in questo campo.

La testardaggine non è mancata a questo voto.

  • Oltre alla pioggia, i cittadini che sono arrivati al Poliedro hanno superato ostacoli di ogni tipo.
  • Hanno anche rischiato la vita nei quartieri in cui gli oltranzisti hanno giurato di bruciare vivo chi fosse intenzionato a votare. Dopo la trentina di persone date alle fiamme perché afro-venezuelane, chaviste o “presunto” tale, nessuno prende la minaccia sotto gamba.
  • Anche durante il voto vi sono stati scontri, seggi dati alle fiamme e 16 morti, tra i “guarimberos”, ma anche tra le forze di polizia.
  • Diversi chavisti sono stati feriti nel tentativo di difendere le urne, un candidato è stato ucciso nel Bolivar e una bomba nascosta nella spazzatura ha colpito una pattuglia nella Piazza Altamira, uno degli epicentri delle violenze.
  • Molti elettori hanno dormito nelle vicinanze del seggio, altri sono arrivati a piedi, altri ancora in bicicletta. Quasi tutti si fermeranno per la notte o verranno ospitati dagli amici dopo aver festeggiato in Piazza Bolivar fino a tarda notte insieme al presidente Maduro.

Data la fila chilometrica che si è protratta per tutta la giornata nei quartieri governati dalle destre, è logico pensare che tra i votanti, oltre ai chavisti c’erano anche moltissime persone di opposizione, sicuramente contrarie al governo, ma anche alle violenze xenofobe e squadriste. Avranno la loro voce nella Costituente, che si installerà tra 72 ore. Al Poliedro, sentiamo parlare italiano, pensiamo si tratti di antichavisti, com’è per gran parte degli italiani che vivono in Venezuela e che hanno fatto fortuna qui. Ma ci sbagliamo:

“Siete italiani?” chiediamo alla coppia. “Solo io – ci risponde una signora atletica inanellando il discorso senza prendere il respiro – mi chiamo Donatella e sono di Roma. Poco fa scorrevo le notizie dei giornali di lì. Ma di che parlano, quali menzogne raccontano, ma lo sanno quel che abbiamo subito in questi tre mesi di locura di questi fascisti… mercenari che taglieggiano e bruciano le persone? Vivo qui da tanti anni, ho appoggiato il proceso bolivariano fin dall’inizio, siamo passati attraverso mille prove, ma ne vale la pena. Siamo qui per esercitare un diritto che nessuno ci può negare: né Trump, né i guarimberos. Ditelo, ai politici italiani…”

Nel Tachira, per andare a votare schivando le trappole dei “guarimberos”, molti hanno guadato un fiume.  Un’immagine che non comparirà sui media mainstream, ma che sta rimbalzando sulle reti sociali insieme a quella di una giovane disabile che, priva di braccia, ha votato con un piede. Con il voto elettronico ha potuto farlo. Testardo e motivato, il popolo chavista:

“Quando un popolo decide di difendere la propria storia, diventa indistruttibile”, ha detto la candidata Delcy Rodriguez, ex ministra degli Esteri, promossa dal voto. Un voto “profondamente antimperialista”, ha aggiunto riferendosi alle ingiunzioni di Trump e dell’Europa. L’elettorato chavista è tornato in massa alle urne, motivato dalla possibilità di poter decidere anche fuori dalle pastoie burocratiche e per portare una critica a quello che finora non ha funzionato.





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Segnaliamo l\'importante inchiesta giornalistica prodotta dal canale televisivo LA7:

Medjugorje SPA

31/03/2017 – In questi giorni il Papa ha mandato un messo a Medjugorje per studiare il fenomeno. Mentre si attende una risposta cresce il dibattito nella Chiesa. Andrea Casadio tra i pellegrini che ogni giorno si recano lì per pregare...


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Sullo stesso argomento, e per una sua contestualizzazione storica, si veda la nostra pagina dedicata: https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/prebilovci.htm



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*** Nel 75.mo Anniversario della prima esecuzione della Settima Sinfonia \"Leningrado\" di Dimitri Shostakovich, 9 agosto 1942 ***


www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - urss e rivoluzione di ottobre - 15-06-17 - n. 636

L\'assedio di Leningrado, Shostakovich, e il revisionismo storico

Jenny Farrell - Socialist Voice | communistpartyofireland.ie
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

giugno 2017

La guerra fredda contro la Russia - e in precedenza contro l\'Unione Sovietica - continua. Ciò include la rimozione dalla memoria pubblica delle numerose atrocità commesse dalla Germania nazista sulla popolazione sovietica e il ruolo eroico di quest\'ultima nella sconfitta del fascismo.

Il 22 giugno 1941 la Germania invase l\'Unione Sovietica. Ciò portò a un massacro delle proporzioni dell\'Olocausto: 25 milioni di russi morirono, si tratta di oltre la metà dei morti della Seconda Guerra Mondiale.

Uno degli atti più orripilanti per barbarie fu l\'assedio tedesco di Leningrado. Per quasi 900 giorni, dall\'8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944, tutte le forniture vennero tagliate e la popolazione di Leningrado venne affamata. Trovarono la morte più di un milione di persone.

Con un balzo in avanti, arriviamo all\'aprile 2017 e al ferale attacco terroristico (di gruppi piuttosto che di stati) a San Pietroburgo (Leningrado). Dopo attacchi simili nelle altre città dell\'Europa occidentale, Berlino ha issato la bandiera nazionale del paese vittima sulla Porta di Brandeburgo come espressione di solidarietà ma non questa volta, perché San Pietroburgo non ha alcun \"rapporto speciale\" con Berlino, secondo il sindaco, nativo di Berlino Ovest. Forse nel revisionismo storico imperante non ha mai neanche sentito parlare di Leningrado.

L\'assedio di Leningrado è stato registrato non solo nei libri, ma nella musica. Un residente di Leningrado di quel periodo tremendo era il compositore Dimitri Shostakovich. Iniziò a lavorare su una sinfonia subito dopo l\'inizio dell\'attacco, esprimendo i suoi pensieri sulla vita sovietica e sulla capacità del suo popolo di sconfiggere i fascisti. Questa, la sua Settima sinfonia, è conosciuta come Leningrado.

Ha quattro movimenti. Il primo è intitolato \"Guerra\" e inizia con la musica lirica che descrive una vita pacifica nell\'URSS prima dell\'invasione fascista. Un violino solista viene interrotto da un tamburo lontano e dal \"tema dell\'invasione\", ripetuto dodici volte, con un numero crescente di strumenti che suonano sempre più forte e strillando creano un profondo senso di disagio. I tamburi militari punteggiano questa sezione, che si conclude con un\'espressione di dolore e di orrore. Segue un passaggio più tranquillo: un flauto solista e poi un fagotto compiangono i morti. L\'accompagnamento è frammentato: il lamento per i caduti. Domina la dissonanza.

Nel secondo movimento, \"Memorie\", lo stato d\'animo cambia ricordando tempi più felici, sono presenti alcune melodie da ballo, sebbene sia presente una nota triste.

La musica del terzo movimento, \"Ampie distese della nostra terra\", afferma l\'eroismo del popolo, il suo umanesimo e la grande bellezza naturale della Russia. Il movimento è un dialogo tra il coro, il sollievo dato dallo splendore della patria, e la voce solista, i violini, l\'individuo in tormento. Sia il secondo che il terzo movimento esprimono la convinzione di Shostakovich che \"la guerra non necessariamente distrugge i valori culturali\".

Riguardo il movimento finale, \"Vittoria\", Shostakovich ha commentato: \"La mia idea di vittoria non è qualcosa di brutale; è piuttosto la vittoria della luce sull\'oscurità, dell\'umanità sulla barbarie, della ragione sulla reazione\". Il movimento inizia descrivendo musicalmente il popolo in attività in tempo di pace, pieno di speranza e felicità, poi i tamburi e le armi di guerra sovrastano il quadro. La musica marcia, combatte e resiste.

La vittoria non è facile. Shostakovich inizia con il rullo dei timpani che han concluso il lento l\'adagio del terzo movimento raggiunto gradualmente da altre voci. Lentamente la musica si muove verso la sua conclusione, con gli ottoni e il cembalo. Forza la strada un luminoso Do maggiore: la chiave ottimale della vittoria. Eppure, gli accordi finali in questa magnifica chiave contengono un suono doloroso. Nel pieno riconoscimento della realtà, della sofferenza inimmaginabile della guerra, la sinfonia non può finire con un semplice trionfo.

Shostakovich compose la maggior parte della sinfonia mentre era sotto assedio a Leningrado. Dopo diversi mesi di assedio, e nonostante le sue obiezioni, il governo sovietico evacuò la famiglia Shostakovich, insieme ad altri artisti.

La Sinfonia di Leningrado è stata eseguita il 9 agosto 1942 nella sua città natale assediata. La partitura venne trasportata in aereo attraverso linee naziste. L\'orchestra contava solo quindici musicisti, ma altri vennero richiamati dal fronte.

Una clarinettista di questa storica performance, Galina Lelyukhina, ricorda delle prove: \"Avevano annunciato alla radio che tutti i musicisti viventi erano invitati. Era difficile muoversi. Ero stata ammalata di scorbuto e le mie gambe erano doloranti. All\'inizio eravamo in nove, ma arrivarono altri. Il direttore, Eliasberg, fu trasportato in slitta, perché la fame lo aveva reso molto debole\".

Il 9 agosto 1942 la sala era pronta, con porte e finestre aperte in modo che chi era all\'esterno potessero sentire. La musica venne trasmessa per le strade e al fronte per ispirare tutta la nazione. L\'armata Rossa prevenne i piani tedeschi di interrompere il concerto, bombardando il nemico in anticipo per assicurare il silenzio per le due ore necessarie al concerto.

Una sopravvissuta dell\'assedio, Irina Skripacheva, ricorda: \"Questa sinfonia ha avuto un enorme impatto su di noi. Il ritmo incitava una sensazione di elevazione, di volo... Al tempo stesso potevamo sentire il timore spaventoso delle orde tedesche. Fu indimenticabile e travolgente\".

Settantacinque anni più tardi, lungo il confine occidentale della Russia, i carriarmati e le truppe NATO (compresi i tedeschi) si preparano alla guerra.

La Settima Sinfonia di Shostakovich, Leningrado, è disponibile su Youtube.

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Dmitri Shostakovich: Symphony No.7 in C major, Op.60 \"Leningrad\"

I. Allegretto (00:00)
II. Moderato (poco allegretto) (26:56)
III. Adagio (37:04)
IV. Allegro non troppo (56:06)

Leningrad Philharmonic Orchestra
Yevgeny Mravinsky, conductor
February 26, 1953
Large Studio of Moscow Radio




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The author is a well-known UK pundit who writes frequently on Russia.  He is currently running a crowdfunding to sue the Times, one of its writers, Oliver Kamm, and its publisher, Rupert Murdoch, for libel and stalking. If you like this article, please consider supporting this writer.  He is one of the best out there on Russia.

For more info about that see:  The Times, RT and Oliver Kamm, an Obsessed Neocon Stalker  and  Creepy London Times Moron Cyber-Stalks Leading UK Russia Expert (Video)




Neocons Have Been Destroying Sovereign Nations for 20 Years

An excellent article from one of our favorite Russia authors pointing out similar patterns in the destruction of Yugoslavia, Libya, and Syria

Neil Clark 
Mon, Jul 17, 2017

A resource-rich, socialist-led, multi-ethnic secular state, with an economic system characterized by a high level of public/social ownership and generous provision of welfare, education and social services.

An independent foreign policy with friendship and good commercial ties with Russia, support for Palestine and African and Arab unity - and historical backing for anti-imperialist movements.

Social progress in a number of areas, including women’s emancipation.

The above accurately describes the Federal Republic of Yugoslavia, the Libyan Arab Jamahiriya and the Syrian Arab Republic. Three countries in three different continents, which had so much in common.

All three had governments which described themselves as socialist. All three pursued a foreign policy independent of Washington and NATO. And all three were targeted for regime change/destruction by the US and its allies using remarkably similar methods.

The first step of the imperial predators was the imposition of draconian economic sanctions used to cripple their economies, weaken their governments (always referred to as ‘a/the regime’) and create political unrest. From 1992-95, and again in 1998, Yugoslavia was hit by the harshest sanctions ever imposed on a European state. The sanctions even involved an EU ban on the state-owned passenger airliner JAT

Libya was under US sanctions from the 1980s until 2004, and then again in 2011, the year the country with the highest Human Development Index in Africa was bombed back to the Stone Age.

Syria has been sanctioned by the US since 2004 with a significant increase in the severity of the measures in 2011 when the regime change op moved into top gear.

The second step was the backing of armed militias/terrorist proxies to destabilise the countries and help overthrow these \"regimes\". The strategy was relatively simple. Terrorist attacks and the killing of state officials and soldiers would provoke a military response from ‘the regime, whose leader would then be condemned for ‘killing his own people’ (or in the case of Milosevic, other ethnic groups),  and used to ramp up the case for a ‘humanitarian intervention\' by the US and its allies. 

In Yugoslavia, the US-proxy force was the Kosovan Liberation Army, who were given training and logistical support by the West.

In Libya, groups linked to al-Qaeda, like the Libyan Islamic Fighting Group, were provided assistance, with NATO effectively acting as al-Qaeda’s air force 

In Syria, there was massive support for anti-government Islamist fighters, euphemistically labelled \'moderate rebels.\' It didn’t matter to the ‘regime changers’ that weapons supplied to ‘moderate rebels’ ended up in the hands of groups like ISIS. On the contrary, a declassified secret US intelligence report from 2012 showed that the Western powers welcomed the possible establishment of a Salafist principality in eastern Syria, seeing it as a means of isolating ‘the Syrian regime’.

The third step carried out at the same time as one and two involved the relentless demonisation of the leadership of the target states. This involved the leaders being regularly compared to Hitler, and accused of carrying out or planning genocide and multiple war crimes. 

Milosevic - President of Yugoslavia - was labelled a ‘dictator’ even though he was the democratically-elected leader of a country in which over 20 political parties freely operated.

Libya’s Muammar Gaddafi was portrayed as an unstable foaming at the mouth lunatic, about to launch a massacre in Benghazi, even though he had governed his country since the end of the Swinging Sixties. 

Syria’s Assad did take over in an authoritarian one-party system, but was given zero credit for introducing a new constitution which ended the Ba’ath Party’s monopoly of political power. Instead all the deaths in the Syrian conflict were blamed on him, even those of the thousands of Syrian soldiers killed by Western/GCC-armed and funded ‘rebels’.  

The fourth step in the imperial strategy was the deployment of gatekeepers - or ‘Imperial Truth Enforcers’ - to smear or defame anyone who dared to come  to the defence of the target states, or who said that they should be left alone.

The pro-war, finance-capital-friendly, faux-left was at the forefront of the media campaigns against the countries concerned. This was to give the regime change/destruction project a \'progressive’ veneer, and to persuade or intimidate genuine ’old school’ leftists not to challenge the dominant narrative.

To place them beyond the pale, Yugoslavia, Libya and Syria were all labelled ’fascist,’ even though their leadership was socialist and their economies were run on socialistic lines. Meanwhile, genuine fascists, like anti-government factions in Ukraine (2013-14), received enthusiastic support from NATO.

The fifth step was direct US/NATO-led military intervention against \'the regime\' triggered by alleged atrocities/planned atrocities of the target state. At this stage, the US works particularly hard to sabotage any peaceful solution to the conflicts they and their regional allies have ignited. At the Rambouillet conference in March 1999, for example, the Yugoslav authorities, who had agreed to an international peace-keeping force in Kosovo, were presented with an ultimatum that they could not possibly accept. Lord Gilbert, a UK defence minister at the time, later admitted \"the terms put to Milosevic (which included NATO forces having freedom of movement throughout his country) were absolutely intolerable … it was quite deliberate.\"

In 2011, the casus belli was that ‘the mad dog’ Gaddafi was about to massacre civilians in Benghazi. We needed a ‘humanitarian intervention’ to stop this, we were repeatedly told. Five years later, a House of Commons Foreign Affairs Committee report held that \"the proposition that Muammar Gaddafi would have ordered the massacre of civilians in Benghazi was not supported by the available evidence.\"

In 2013, the reason given for direct military intervention in Syria was an alleged chemical weapons attack by \'Assad\'s forces\' in Ghouta. But this time, the UK Parliament voted against military action and the planned ‘intervention’ was thwarted, much to the great frustration of the war-hungry neocons. They still keep trying though.

The recent claims of The White House, that they had evidence that the Syrian government was planning a chemical weapons attack, and that if such an attack took place it would be blamed on Assad, shows that the Empire hasn’t given up on Stage Five for Syria just yet. 

Stage Six of the project involves the US continuing to sabotage moves towards a negotiated peace once the bombing started. This happened during the bombing of Yugoslavia and the NATO assault on Libya. A favoured tactic used to prevent a peaceful resolution is to get the leader of the target state indicted for war crimes. Milosevic was indicted at the height of the bombing in 1999, Gaddafi in 2011.

Stage Seven is ‘Mission Accomplished’. It’s when the target country has been ‘regime-changed’ and either broken up or transformed into a failed state with strategically important areas/resources under US/Western control. Yugoslavia was dismantled and its socially-owned economy privatised. Montenegro, the great prize on the Adriatic, recently joined NATO.

Libya, hailed in the Daily Telegraph as a top cruise ship destination in 2010, is now a lawless playground for jihadists and a place where cruise ships dare not dock. This country, which provided free education and health care for all its citizens under Gaddafi, has recently seen the return of slave markets.

Syria, though thankfully not at Stage Seven, has still been knocked back almost forty years. The UNDP reported: \"Despite having achieved or being well under way to achieving major Millennium Development Goals targets (poverty reduction, primary education, and gender parity in secondary education, decrease in infant mortality rates and increasing access to improved sanitation) as of 2011, it is estimated that after the first four years of crisis Syria has dropped from 113th to 174th out of 187 countries ranked in the Human Development Index.\"

Of course, it’s not just three countries which have been wrecked by the Empire of Chaos. There are similarities too with what’s happened to Afghanistan and Iraq. In the late 1970s, the US started to back Islamist rebels to destabilise and topple the left-wing, pro-Moscow government in Kabul. 

Afghanistan has been in turmoil ever since, with the US and its allies launching an invasion of the country in 2001 to topple a Taliban \'regime\' which grew out of the ’rebel’ movement which the US had backed. 

Iraq was hit with devastating, genocidal sanctions, which were maintained under US/UK pressure even after it had disarmed. Then it was invaded on the deceitful pretext that its leader, Saddam Hussein, still possessed WMDs.

The truth of what has been happening is too shocking and too terrible ever to be admitted in the Western mainstream media. Namely, that since the demise of the Soviet Union, the US and its allies have been picking off independent, resource-rich, strategically important countries one by one. 

The point is not that these countries were perfect and that there wasn’t political repression taking place in some of them at various times, but that they were earmarked for destruction solely for standing in the way of the imperialists. The propagandists for the US-led wars of recent years want us to regard the conflicts as ‘stand alones’ and to regard the ‘problem\' as being the ‘mad dog’ leadership of the countries which were attacked. 

But in fact, the aggressions against Yugoslavia, Libya, Syria, Afghanistan and Iraq, and the threatening of Iran, North Korea, Russia and Venezuela are all parts of the same war. Anyone who hasn’t been locked in a wardrobe these past twenty years, or whose salary is not paid directly, or indirectly, by the Empire of Chaos, can surely see now where the ‘problem’ really lies.

The ‘New Hitlers’ - Milosevic, Hussein and Gaddafi - who we were told were the ‘biggest threats’ to world peace, are dead and buried. But guess what? The killing goes on.


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