Informazione
Ucraina: aspettando Bruxelles (10/11/2016 - Paolo Bergamaschi)
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Ucraina-aspettando-Bruxelles-175198/
di Alessia Chiriatti | 18 maggio 2017
Sono accusati di terrorismo dal governo di Kiev, che ha chiesto per loro l’estradizione. Sono i membri di una delegazione italiana, che ha aderito alla Carovana Antifascista di solidarietàorganizzata dal gruppo musicale Banda Bassotti. I loro nomi: Eleonora Forenza, europarlamentare di Altra Europa; Giorgio Cremaschi, ex segretario Fiom; Andrea Ferroni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti e consigliere comunale di Torgiano, in provincia di Perugia.
Tutto nasce dal loro viaggio nel Donbass, nell’Ucraina Orientale: hanno deciso di seguire la Carovana Antifascista, alla sua terza edizione, dal 30 aprile al 5 maggio per portare solidarietà e sostegno alla popolazione e ai militanti ucraini “perseguitati dal governo di Poroshenko”. La regione del Donbass è contesa dal 2014, ossia da quanto i separatisti hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza da Kiev, attraverso un referendum popolare. Il governo centrale non ha mai però riconosciuto la sovranità agli indipendentisti, dichiarando illegale la consultazione e continuando a considerare il Donbass come parte del territorio nazionale.
Nella Carovana c’erano anche una cinquantina di ragazzi spagnoli e greci, tra gli altri. Con loro, 20 chili (per ciascun bagaglio a mano) di medicine, quaderni e giocattoli per i bambini, e in particolare per gli ospiti degli orfanotrofi del Donbass. Poi, dopo l’incontro con le popolazioni delle due repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, la Carovana ha incontrato, istituzionalmente, alcuni rappresentanti politici della zona e delle unità sindacali.
Al governo di Poroshenko l’iniziativa, per la quale le celebrazioni dell’1 maggio hanno fatto da cassa di risonanza, non è piaciuta. E’ stato lo stesso portavoce del governo a condannarla, accusando chi vi aveva partecipato della violazione delle leggi anti-terrorismo ucraine. Kiev ha così chiesto l’arresto dei membri della delegazione, la loro estradizione e dunque la consegna alle autorità del Paese.
Forenza, Ferroni e gli altri sono venuti a conoscenza dell’accusa mentre erano di ritorno in Italia, passando per Mosca, leggendo la notizia su alcuni giornali britannici. Poi la nota dell’ambasciata ucraina in Italia, che, si legge, “condanna fermamente tale provocazione e la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. La visita dei cittadini stranieri nella regione ucraina del Donbass essendo in contrasto con le norme del diritto internazionale costituisce una grave violazione del regolamento che norma l’ingresso e uscita nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina con l’eventuale responsabilità penale per violazione della legislazione vigente in Ucraina (art. 332, comma 1, codice penale ucraino). Inoltre tale visita è in aperta contraddizione della posizione assunta in merito alla questione dal Governo italiano, oltre che delle norme e delle decisioni delle organizzazioni internazionali”.
Tutte intenzioni, quelle della rappresentanza diplomatica, che si ritrovano e vengono ribadite dalle parole dell’Ambasciatore ucraino in Italia, Yevhen Perelygin, il quale, contattato da Il Fatto Quotidiano, ha dichiarato: “In riferimento a quanto affermato l’8 maggio dall’eurodeputata Eleonora Forenza (e dunque dopo la conferenza stampa tenutasi presso la rappresentanza della Commissione europea in via IV Novembre, ndr) ho il dovere di informare che il 28 aprile le Autorità ucraine hanno chiesto al Governo italiano di far presente alle persone che avevano l’intenzione di recarsi illegalmente nei territori ucraini del Donbass (temporaneamente occupati dalla Federazione Russa) sull’inammissibilità di una tale e grave provocazione contro l’integrità territoriale dell’Ucraina e, non da ultimo, sulla violazione del vigente regolamento circa le visite nei territori occupati. Tale violazione delle leggi dell’Ucraina porterà sicuramente a responsabilità di carattere penale per i trasgressori”.
Ad attendere in Italia la Carovana, all’aeroporto di Fiumicino, però, non c’era nessuno delle forze dell’ordine. Dal governo italiano tutto tace, esclusa una nota, in base a quanto riportato dal ministro degli Affari Esteri ucraino, inviata a Kiev da parte del capo della diplomazia italiana Angelino Alfano, con la quale la Farnesina ha dichiarato massimo appoggio all’integrità territoriale e alla sovranità di Poroshenko.
Dopo la richiesta di estradizione, “l’unità di crisi della Farnesina – ha raccontato Andrea Ferroni a Il Fatto Quotidiano – si è attivata, attraverso il nostro partito, per bloccare ogni richiesta da parte del governo di Kiev nei confronti della magistratura italiana. Il caso sembra essersi dissolto. Ci hanno avvertiti di non tornare in Ucraina, né nei paesi amici di quest’ultima. Ma noi non vogliamo fare nessun passo indietro: proseguiamo con quanto ci ha chiesto la popolazione ucraina e cercheremo, se possibile, di stipulare un gemellaggio tra le nostre istituzioni locali e quelle del Donbass”.
L’eurodeputata Forenza, dal canto suo, spiega: “Ciò che manca è una presa di posizione del governo Gentiloni rispetto al fatto che alcuni cittadini italiani e un’europarlamentare possano essere oggetto di un’estradizione da parte del governo ucraino. Si omette il fatto che abbiamo portato nel Donbass solidarietà concreta e il fatto che il governo di Poroshenko abbia collusioni con ambienti neonazisti. Chiediamo all’Alto Rappresentante Mogherini di mettere in discussione il rapporto dell’Europa con Poroshenko”. Nei giorni scorsi, Forenza aveva pubblicato una foto sulla sua pagina Facebook per testimoniare l’arrivo nel Donbass: tra i commenti, ci dice, non erano mancati insulti “deplorevoli e sessisti” contro di lei.
http://www.subnor.org.rs/slavlje-pobednika
Слободарска Шумадија је, као и цела Србија, достојанствено прославила Дан победе...
Поводом 9. маја, Дана победе, СУБНОР Крагујевац и Клуб акцијаша и волонтера (колективни члан СУБНОР-а) организовао је прву радну акцију у Крагујевцу...
Свечаном академијом у организацији Покрајинског одбора СУБНОР-а Војводине обележена је 72. годишњица велике победе...
http://www.subnor.org.rs/vojvodina-19
Поводом Дана победе су у Зајечару положени венци на Спомен-костурницу...
У оквиру „Мајских свечаности“ у Неготину је у организацији СУБНОР-а пригодно обележен Дан победе над фшизмом...
Поводом 72 године победе над фашизмом и у знак сећања на жртве одржана је комеморација уз полагање венаца на Партизанском гробљу у Ужицу...
Danas je u Splitu na Partizanskom spomen-groblju na Lovrincu svečanim skupom obilježen 9. maj – Dan pobjede nad fašizmom...
FULL VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=6MGj7CdLDds
https://www.rt.com/news/387635-russia-celebrates-victory-day/
https://www.facebook.com/vesti.ru/videos/1613994108635087
https://www.rt.com/news/387768-immortal-regiment-moscow-record/
9 maggio 2017. Mosca festeggia il 72esimo anniversario dalla vittoria del nazismo. La Russia ha perso nella seconda guerra mondiale 28 milioni di vite umane. 750mila persone hanno preso parte alla marcia ‘Reggimento Immortale’. Tra la folla anche il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, con la foto del padre, che prestò servizio come sommergibilista a Sebastopoli...
- Il “Reggimento immortale” celebrato a Strasburgo
Commemorazione a Kiev senza bandiere rosse e senza nastri di San Giorgio (vietati)
VIDEO: https://youtu.be/sthXujIU7E0?t=5m47s
Nikolai Alexandrovich Alexeyev, leader di GayRussia.ru (ma come, esistono organizzazioni Lgbtq legali nella Russia del "dittatore omofobo" Putin?) si dissocia dalla vicenda che ha visto protagonista Yuri Guaiana, l'attivista italiano fermato ieri a Mosca e poi rilasciato dopo poche ore. Alexeyev ricorda il trattamento che egli stesso ha subito, in un caso analogo, dalla polizia della "democratica" Francia. E poi chiude: "Sarebbe interessante sapere cosa sarebbe accaduto a quel gruppo di attivisti negli Stati Uniti. Gli avrebbero sparato direttamente".
Ricordiamo che Guaiana si trovava a Mosca proprio per presentare una raccolta di firme a supporto della suddetta fake news sulla Cecenia.
(ANSAmed) - BELGRADO, 10 MAG - Il filosofo francese Bernard-Henri Levy e' stato duramente contestato oggi a Belgrado da alcuni estremisti di sinistra che lo hanno accusato di posizioni antiserbe. L'incidente e' avvenuto al termine della proiezione del suo film 'Peshmerga' presentato nell'ambito del Festival del film documentario in corso nella capitale. Appena Levy ha preso la parola in sala tre militanti di estrema sinistra hanno urlato 'Assassino vai via da Belgrado' e 'Questo bastardo era favorevole a bombardare la Jugoslavia otto anni prima dei raid della Nato', prima di lanciargli in faccia una torta. Alcuni operatori tv sono intervenuti a difesa del filosofo, fermando uno dei contestatori, ma un altro e' salito sul palco dove era seduto il regista serbo Goran Markovic, pronto a colloquiare con Levy, srotolando uno striscione con la scritta in inglese 'Bernard Levy appoggia gli omicidi imperialistici'. Il pubblico e' intervenuto prendendo le difese dell'ospite, che ha parlato di 'azione fascista'.
Francuski filozof Bernar Anri Levi napadnut je u Dvorani kulturnog centra u Beogradu, kada je, u okviru programa "Beldoksa", trebalo da razgovara sa gledaocima posle projekcije njegovog filma "Pešmerga"...
(francais / english / italiano)
A TORTE IN FACCIA
... "You are close to President Petro Poroshenko. Have you shared this with him?"
"Let me say, first, that the more I see of President Poroshenko the more I am struck by his calm, his determination, and his independence..."
Beffa: quei due proposti sui grandi quotidiani come nobili difensori degli ideali liberal-democratici...
http://www.remocontro.it/2015/02/07/intransigenti-filo-ucraini-democratici-doccasione-bernard-levy-soros/
http://balkans.courriers.info/article25345.html
Les opinions en matière de droits de l'homme de Bernard-Henri Lévy sont marquées par le deux poids deux mesures, ne manquant jamais d'épouser les lignes de la politique internationale menée par le gouvernement fédéral des États-Unis et par l'Union européenne...
http://pusztaranger.wordpress.com
Ungheria. “Mosca o Bruxelles? Protesta contro l’imbroglio politico”
Le sottoscritte organizzazioni civili invitano la società ungherese a protestare per smascherare la politica sciocca di manipolazione e di ricerca del nemico. Anziché risolvere i veri problemi della società ungherese il governo ungherese e la sua opposizione liberale ci costringono a una lotta menzognera e pericolosa. Ci vogliono mettere di fronte alla scelta senza senso “Bruxelles o Mosca.”
Il governo punta il dito contro Bruxelles, mentre è lui che ha prodotto la soppressione della democrazia, un nuovo tipo di sistema autoritario, che strangola un terzo della società ungherese in una eterna povertà, che non è capace di diminuire la disoccupazione e delle ineguaglianze senza precedenti nella storia moderna, il sistema da loro gestito è estremamente corrotto e immorale. Mentre il governo in modo demagogico prende pubblicamente l’Unione Europea (simbolicamente Bruxelles) come capro espiatorio, nascostamente dal pubblico serve in tutto le istituzioni dell’Unione Europea, i requisiti economici della burocrazia di Bruxelles, le necessità del capitale internazionale, e ha appeso al collo del popolo una borghesia oligarchica, della quale dobbiamo pagare il mantenimento.
Nonostante ciò, l’opposizione politica liberale si accorge solo degli interessi degli strati più alti della classe media. Da una parte, giustamente, vuole ristabilire i diritti e le libertà democratiche. Dall’altra invece distoglie l’attenzione dai veri problemi dell’Ungheria indicando Mosca come un nemico.
“Missionari” auto-dichiarati, demagoghi semi-istruiti si accostano alla russofobia, una particolare, ma vecchia arma del razzismo, che sinora non era stata tipica del liberalismo locale, anziché lottare contro il capitalismo oligarchico esteuropeo e russo nello specifico.
Non parlano dell’ulteriore stretta antidemocratica allo Statuto dei Lavoratori Ungherese, non della povertà insopportabile, non criticano le ineguaglianze sociali, ma prendono la Russia come capro espiatorio. Fanno come se l’Ungheria, paese membro della NATO fosse minacciato da chissà quale intervento straniero, sebbene l’Ungheria prenda parte alle operazioni militari criminali della NATO come tutti i suoi membri. In realtà il vero problema la situazione privilegiata dei nuovi strati dominanti, e la loro politica di oppressione, espropriazione e immiserimento. Ma l’opposizione liberale non parla di questo, ma usa la ricerca di nemici come mezzo per soddisfare le sue ambizioni di potere. Così facendo entra la via selciata dal governo, nella quale l’Ungheria può diventare il territorio dei servizi segreti delle grandi potenze rivali.
Perciò protestiamo contro la politica manipolatoria, ingannatrice del popolo e oppressiva delle elite del nostro paese!!!
5 maggio 2017
Firmato da:
Partito di Sinistra
Unione ATTAC Ungheria
Redazione della rivista “Eszmélet”
Sinistra Unita Ungherese
Società Karl Marx
Fronte Popolare
http://eszmelet.hu/brusszel-vagy-moszkva-tiltakozas-a-politikai-atveres-ellen/
«Il modello di riferimento oggi è il regime di Miklós Horthy»
«Il ritorno dell’estrema destra riguarda l’intera Europa, ma in nessun altro paese si vive un clima paragonabile a quello dell’Ungheria. Normalmente i governi cercano di arginare le attività dei gruppi fascisti, da noi invece le sostengono».
Vilmos Hanti sa bene ciò che dice, leader del Measz, l’Alleanza dei resistenti e degli antifascisti ungheresi, solo pochi mesi fa è stato aggredito per le strade di Budapest da una banda di neonazisti dopo che aveva denunciato per l’ennesima volta le connivenze tra gli estremisti e il governo ultraconservatore di Viktor Orbán. Ferito leggermente alla testa e agli occhi, Hanti, un ex insegnante cresciuto in una famiglia ebraica che ha preso parte alla Resistenza, non si è però fatto intimidire. Nei giorni scorsi ha partecipato a Roma a un incontro promosso dall’Anpi e dalla Fir, la Federazione internazionale dei resistenti che riunisce gli ex partigiani di tutto il continente, di cui è presidente, per fare il punto sullo stato dell’antifascismo europeo.«Si deve agire prima che sia troppo tardi», ha sottolineato in quest’occasione Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi, annunciando anche nuove iniziative dell’associazione partigiana in vista delle elezioni europee.
Signor Hanti, quali sono i punti di contatto tra il governo di Budapest e l’estrema destra?
Da un lato ci sono le leggi contro le libertà democratiche, dall’altro la collaborazione a più livelli con il movimento Jobbik. Pubblicamente questo tipo di rapporto viene negato, ma non per questo è meno forte. Le istituzioni controllate dalla destra sostengono sia sul piano economico che politico gli estremisti. Del resto, il partito di Orbán, il Fidesz, dispone di una forte maggioranza in parlamento e perciò potrebbe impedire ogni manifestazione fascista se solo lo volesse. Invece accade l’esatto contrario.
Che ruolo ha il revisionismo storico in questa svolta autoritaria?
È una parte importante di questa strategia, purtroppo spesso sostenuta anche da esponenti della Chiesa che partecipano in prima persona alle manifestazioni nostalgiche. L’obiettivo del governo sembra essere quello di dare vita a un “nuovo horthismo”, qualcosa di simile al regime fascista che instaurò negli anni Venti l’ammiraglio Miklós Horthy e che portò il paese a combattere a fianco della Germania nazista.
Jobbik è cresciuto all’ombra di Orbán, oggi potrebbe fargli concorrenza sul piano elettorale?
Non si deve dimenticare mai come Orbán si sia servito fino a ora dei gruppi estremisti per distrarre l’opinione pubblica dai temi sociali e dirottarla invece verso il nazionalismo e la xenofobia, specie nei confronti dei rom. Il risultato è che Jobbik si è rafforzato a tal punto da diventare sempre più rilevante anche in parlamento. In realtà si tratta però di un movimento che è nato da una costola del Fidesz e che ne continua a rappresentare una sorta di appendice radicale ed estremista. Il confine tra collaborazione e concorrenza resta perciò molto sottile.
Cosa sta accadendo in Ungheria? Cosa ne pensano i comunisti ungheresi
APRILSKE TEZE
Sedmog aprila po Julijanskom kalendaru, a dvadestog po Gregorijanskom, Vladimir Ilič Uljanov odnosno Lenjin– vođa boljševika, stigao je na Finsku stanicu u Petrogradu i izgovorio "teze", koje će značiti ne samo najveći zaokret u historiji dvadesetog stoljeća, već i u historiji revolucija, tadašnje u Rusiji, kao i svih budućih. Lenjina je na Finskoj stanici dočekala i opkolila radnička masa, uglavnom pripadadnika boljševičke partije, odnosno većinski (ruski "boljšoj") dio Sveruske socijaldemokratske partije, poslije rascjepa, koji se dogodio na Kongresu u Bruxellesu i Londonu još 1903 godine. Rascijep je izbio naizgled oko nevažnih formulacija, ali su boljševici, uz jevrejski Bund, predvođeni Lenjinom, zahtijevali da revolucinarna aktivnost postane najvažnija aktivnost članova te partije. Umjereniji dio partije, u suštini građanski (menjševici) neće pristati na krute formulacije i na stroge zahtjeve Lenjina i boljševika.
Ipak, vlakom koji je stigao preko Njemačke (diplomatskim uplitanjem Parvusa, njemačkog koliko i ruskog marksiste, koji je postao bogataš) nisu doputovali samo boljševički vođe, već i menjševici i socijalisti-revolucionari i svi on,i koji su se zbog poltičkih progona carskog samodržavlja našli u inozemstvu, najčešće u Baselu.
Taj aprilski dan bio je na sjeveru, u Petrogradu, (do I svjetskog rata Sankt Petersburg) prohladan. Iz vlaka je izašao četrdesetsedmogodišnji Lenjin, jednostavan, topao, razveseljen riječima supruge Nadežde Krupske, koja se divila revolucionarnoj Rusiji, svečano ukrašenoj i uljepšanoj vijorenjem crvenih zastava. Na Lenjinovo iznenađenje, na trgu nasuprot Finske stanice dočekali su ga, osim grupe radnika i partijskih drugova i dva odreda boljševičke garde. Kad je Lenjin krenuo među radnike dotada skromna gomila iznenada se jako uvečala te je Lenjin, da bi ga se čulo, morao izgovoriti svoje historijske Aprilske teze, najinspirativniji i najodlučniji govor protiv imperijalističkog rata, sa platforme bornih kola – na koja se morao popeti, kako bi ga okupljena masa vidjela i čula. Tekst, koji je, kako je potvrdio sam Lenjin, nastao u vlaku, što je prolazeći preko neprijateljske zemlje, žurio u Rusiju, boljševički vođa izgovorio je vrlo polagano toga dana nekoliko puta. Ne samo na Finskoj stanici, već prvo u krugu boljševika, a zatim pred Konferencijom radničkih i vojničkih deputata cijele Rusije.
Evo ukratko teksta, koji će značiti ne samo nastavak i pobjedu Revolucije u Rusiji, već suštinu revolucionarnih zahtjeva za sva vremena. Da se uspio ispuniti, značio bi slobodu cijelog čovječanstva.
Izgovorena prije stotinu godina ta sjajna nada, inspirirala je i inspirirat će revolucionare cijelog svijeta i onda i danas i u svim budućim vremenima. Naravno, konkretne prilike su se ubrzo promijenile, one su danas stubokom drugačije. Stotinu godina je prohujalo, ali suština ostaje ista i mutati mutandis Aprilske teze ostaju najnadahnutiji i najljepši tekst za sve društvene pregaoce i revolucionare.
Evo u ponešto skraćenom obliku teksta Aprilskih teza:
Dolje imperijalistički rat!
U našem stavu prema ratu nije dopustivo tobožnje "revplucionarno obranaštvo"!
To drugim riječima znači Dole rat!
Originalnost sadašnjeg trenutka u Rusiji sastoji se od prelaska iz prve revolucionarne faze u drugu revolucionarnu fazu, koja će dati vlast proletarijatu i siromašnim slojevima seljaštva.
Ne podržavati na bilo koji način Privremenu vladu /..../
Priznati da je naša partija u manjini/.../ Objasniti masama da su Sovjeti jedini mogući oblik revolucionarne vlasti/.../
Nikakva parlamentarna republika – vratiti se na nju nakon Sovjeta deputata značilo bi korak nazad. – Organiziranje vlasti znači davnje vlasti Sovjetima radničkih deputata kao i sovjetima svih, koji rade za nadnicu odnosno plaću, od težaka do sovjeta seljaka u cijelojzemlji, i to odozdo prema gore. Ukinuti policiju i stajaću vojsku i cijeli činovnički stalež. Plaće državnih funkcionera – koji moraju biti birani odozdo i biti smjenjivi u svakom trenutku – ne smiju biti veće od prosječne radničke plaće.
Konfiscirati sve zemljoposjede. Nacionalizirati svu zemlju u državi i staviti je na raspolaganje lokalnih sovjeta radničkih i seljačkih deputata.
Spajanje svih banaka u zemlji u jednu jedinu Nacionalnu banku, koja će biti pod kontrolom Sovjeta radničkih deputata.
Naš neposredni zadatak nije "uspoostavljanje" socijalizma, već prelazak na kontrolu prozvodnje i na njezinu raspodjelu pod kontrolom Sovjeta radničkih deputata.
Zadaci partije:
a) smjesta sazvati kongres partije
b) modificirati partijski program
c) promijeniti ime partije
Obnoviti Internacionalu.
Tri su najvažnije točke Aprilskih teza: odbacivanje produžetka rata na strani Antante; čvrsta namjera da se nastavi revolucija odnosno da se prijeđe na njenu drugu odnosno proletersku fazu; načiniti od partije, koja će se od sada zvati "komunistička" vodeću snagu nove revolucionarne tvorevine, u cilju da se za sve komuniste izgradi "zajednička matična kuća", koja će nastati 1919 stvaranjem III Internacionale (Kominterne).
Model na koji izravno gleda Lenjin jeste Pariška komuna, naročito što se tiče oblika države, ukidanja vojske i policije, te stalna izbornost svih državnih funkcionera, kao i mogućnost njihovog opoziva u svakom času. Sva vlast sovjetima, što ustvari znači demokraciju odozdo, nasuprot reprezentativnoj parlamentarnoj demokraciji. Stajaću vojsku po potrebi zamijenit će narodna milicija.
Otada će Petrogradom odjekivati pjesma:"Mi donijeli smo manifest za vlast sovjeta i život ćemo dati u borbi za to " ("Mi vidali manifest dlja vlast sovjetov i žizn mi dadim v borbe pro eto!"
Već je Lenjin, zbog teških prilika u Rusiji, izbijanja građanskog rata, intervencije protiv boljševičke revolucije, morao, u cilju spasavanja revolucije – ili se bar tako mislilo – odustati od ekih točaka Aprilskih teza ili su one jednostavno bile nesprovodive. Naročito ne među polunomadskim Baškirima ili uzgajvačima konja Kirgizima (među kojima se našao u zarobljeništvu u Prvom svjetskom ratu i Josip Broz Tito) i sličnim stanovništvom poludivljeg Sibira. Ipak ostaje kao osnovni zahtjev demokracija odozdo. No da ne bi došlodo pogrešnih i katkad okrutnih odluka "odozdo" Lenjin je zauzdao Sovjete čeličnom uzdom Komunističke partije. U zemlji u kojoj se vodio surov građanski rat, a kao njegovaposljedica zavladala nestašica i glad, užasne boleštine i neopisiva pometnja u prometu, možda nije bilo moguće postupiti drugačije. To je doduše spriječilo mnoga izvitoperavanja i okrutnoosti, ali je na kraju diktaturu proletariata pretvorilo u diktaturu partije, koja se i faktički i moralno izdigla iznad Sovjeta i značila daleko više od vlasti Sovjeta. Ovo odustajanje od osnovne vlasti u rukama Sovjeta dovelo je do onih tragičnih i krvavih grešaka i zastranjenja, koja će pored mnogih ne malih uspjeha i pobjeda, na koje se danas namjerno zaboravilo, odvesti tu revoluciju na stranputicu i na kraju prouzročiti katastrofu devedesete godine: survavanja Sovjetskog Saveza i radničke borbe na cijeloj planeti, kako su se nadali kapitalisti, u bezdan iz kojeg nikad više neće izaći.
No historija nikada ne stoji u mjestu i poobjeda i slava koliko i propast jedne generacije ne mora to značiti za nova i nadolazeća pokoljenja. Treba se sjetiti samo Napoleonove garde i njenog tragičnog kraja. Ili Spartakovog ustanka kad je na Via Apia bilo razapeto na križ sedamdeset tisuća pobunjenih robova, koji su dopali ropstva kao barbari. I onoga što su samo za mekoliko stoljećabarbari učinili Rimu i ogromnoj rimskoj civilizaciji i kulturi! Kako je napisaoo Croce, historija je dragocijena kutija sa altom, koji pomaže ljudima da se snađu u novim vremenima.
Kad se nađe rješenje da se uspostavi "sva vlast Sovjetima", a da ovi bez partijskog kaveza i "ratnog komunizma", s posljedicom gladi i neimaštine, bez svske suvišne okrutnosti, a sa neophodnom pravednošću i moralom donose odluke, koje vuku naprijed, vode ljude u progresivnom pravcu, bit će riješena kvadratura kruga, odnosno svjetska revolucija može računati s konačnom pobjedom. Nije to samo pitanje svijesti, pitanje shvaćanja političkog momenta, već pitanje upravljanja njime uz podršku volje masa, bez nepotrebnog prolijevanja krvi, surovosti, grubosti i ograničavanja slobode. Jer konačni cilj svih pobuna i revolucija, od one Spartakove do Lenjinove, bila je i ostaje sloboda. To se nikada ne smije smetnuti s uma. Sloboda se ni u kojem slučaju ne smije ograničavati ispod onog minimuma, koju je zahtijevla već Francuska revolucija, ali isto tako ne može se dozvoliti da se u ime nje razaraju već dostignute tekovine revolucije ili da se ljudi podjarmljuju, ugnjetavaju i izrabljuju ili ograničavaju u stvaralaštvu, kretanju i međusobnom miješanju i ispreplitanjju.
Sve nabrojeno, kako rekoše Rusi je "vređanje čovjeka", znači uvredu njegove ljudske biti.
U rodilištu su sva novorođenčad jednaka. Kojom će to odlukom dobrih ili zlih vila jedni biti predodređeni da rade najteže poslove u vatri talionica, fabrika i rudnika ili danas da lutaju za nesigurnim i prekarnim zaposlenjima uprkos visokih kvalifikacija, dok će drugi provoditi život u "kulama od ebanovine" i neće ni znati za postojanje ovih drugih, niti za uslove njihovog života i rada.
U okolici kolikih turističkih rajeva, što se reklamiraju brojnim prospektima, nalaze se gomile otpada, brižno sakrivene od očiju gostiju, po kojima plaze paraziti i štakori, a žena i djeca prevrću, da nađu otpadke hrane ili pak željeza, koje mogu unovčiti, dok njihovi muževi i očevi rade u rudnicima zlata i dragulja? Nije to slučaj samo u Africi, već u mnogim krajevima svijeta, gotovo na cijelom globusu. U najmoćnijoj državi svijeta samo nekolicina milionera posjeduje polovinu cijelog bogatstva zemlje! Danas to više nisu samo milioneri pojedinci, već moćne multinacionalne kompanije, ali situacija se time nije u biti promijenila. Samo nekolicina moćnih multinacionalnih kompanija posjeduje polovinu bogatstva cijelog svijeta! Partije su šuplje, od demokracije se pravi sprdnja, a proizvodnja zombija postala je masovna, putem ne samo medija u rukama vlada, već i elektronskim igačkama pogrešno korištenim, kao što je uostalom ogromno omasovljena proizvodnja materijalnih i nematerijalnih dobara, što utječu na formiranje svijesti.
Pobjedom buržoaske demokracije ljude vrijđaju na sve strane, a negdje ih pretvaraju doslovno u robove ili još gore, u robu, koja se nakon upotrebe izbacuje na smetlište.
Kasnije su svi zapanjeni luđačkim potezima dešperatera, koje su sami proizveli, odnosno kji su plod prilika u koje su bačeni očajnici. Sigurno, iza njihovih očajnih gestova stoje snage, koje se njima koriste u političke svrhe. Prije svega krivi su oni koji im doturaju sredstva i oružje, a kojima se ne zna ništa i ne govori nikada.
Marx i marksizam
Pozivajući se uvijek i samo na Marxa, tvrdio je talijjanski filozof Norberto Bobbio, dolazi se kušnju da se zapostave veliki problemi, koje Marx nije sebi postavio, jednostavno zato što u njegovo vrijeme nisu postojali.
Drugim riječima ne treba optuživati Marx, razmišljajući o rješenjima, što će biti primjenjiva u socijalizmu, jer Marx nikada nije napisao zbirku recepata za gostionicu "Budućnost". Marx je dao s analizu proizvodnih društvenh odnosa i kapitalističke eksploatacije u vlastitom vremenu, analizu događaja kojima je bio suvremenik i iznio ono što je iz njih mogao zaključiti. Prorokom su ga predstavili drugi, najčešće oni kooji ga nisu shvatili i čak nisu bili u stanju da ga shvate. Ili još gore, iz njegovog složenog mišljenja uzeli su samo ono što im je u datom trenutku učinilo kao neophodno. Optuživati Marxa za sve promašaje u zemljama socijalizma, bez obzira na okolnosti, nije samo nepravedno nego i smiješno. Marx se nije izdavao za proroka niti za iskupitelja poput Isusa Krista. On je ocrtao (i to u nedovršenom obliku) logiku funkcioniranja kapitala. Treću i četvrtu knjigu Kapitala uredili su, prema njegovim bilješkama, Englels i Kautsky.
Današnji razvoj kapitalizma u mnogome je, uprkos suštinskoj istovjetnosti, prevazišao kraj XIX stoljeća, kad su izišla Marxova djela te doveo do novih revolucija tehnoloških, proizvodnih, komunikacionih kao i na području psihologije, klimatologije itd. Doveo je i do revolucija na desnici, kakva je na primjer bila fašistička revolucija Benita Mussolinija.
Konačnu pobjedu je danas iznio neoliberizam, ali njegov moto nije više "laisser faire, laisser passer", već on svojim ratnim aparatom nastoji uvesti liberalnu demokraciju u zemlje za koje za takav poredak i način mišljenja i ponašanja ne postoje ni najmanji uvijeti, i tako on neprestano ratuje i troši vlastito oružje, kako bi proizvodio novo, dok je niz naroda bukvalno istrijebljen ili pretvoren mučenike, a njihove zemlje u meksikansku mesnicu. Eto divne pobjede liberalizma!
No, kako kaže Bobbio, iako predskazivanje danas ne uživa velik ugled, nije istina da je posve napušteno. Evo dva primjera. Luciano Canfora u knjizi "Marx prebiva u Calcuti" obnavlja vrijednost marksizma, pišući: "Historiju nagone naprijed 'utopistički pokušaji': kršćanska utopija osveopćeg iskupljenja, iluministička utopija "stalnog mira /.../ komunistička utopija". Nepotrebno je primijetiti da je takvo tvrđenje suprotno onom Marxa, koje je sintetizirao Engels. Sada više nismo kod "socializma od utopije do nauke", već smo u totalnoj inverziji i u povratku na izvore: "od naučnog socijalizma do utopije".
U jednom intervjuu "Stampi" Barbare Spinelli francuskom filozofu i književnom krtičaru Emmanuelu Lewinasu, ovaj je kazao ."Čini mi se da su demokracije padom SSSR-a izgubile i to mnogo. Uprkos svim ekscesima i užasima, komunizam ipak predstavlja iščekivanje. Iščekivanje da se isprave krivice nanesene slabijima, iščekivanje pravednijeg društvenog poretka. Ne tvrdim da su komunisti imali gotovo rješenje, čak ni da su ka pripremali. Sasvim sigurno nisu. No postojala je ideja da hstorija ima neki smisao. Da život ne znači besmisao življenja. Tu su ideju u zapadnoj Evropi posjedovli već od sedamnaestog stoljeća, a Marx ju je ukorijenio u XX stoljeću. Do jučer smo znali, kamo ide historija, koju vrijednost dati vremenu. Ne mislim da izgubiti tu vjeru zauvjek predstavlja veliku duhovnu vrijednost. Sada lutamo, izgubljeni, pitajući se svakog trenutka: "Koliko je sati?" Fatalno, kako to običavaju pitati Rusi. Koliko je sati? A nitko više ne zna?"
Ili da se podsjetimo riječi velikog pjesnika i revoulucionara, Vladimira Majakovskog i na vremena kad je pisao: "Ragu historije šibasmo /..../" I dokle se stiglo?
Dokle je stigao sam Majakovski? Ubio se 30 prila 1930. Možda su s njim sahranili i Lenjinove i njegove nade u revoluciju. Lenjin je umro u januaru 1924, a već je više od godinu dana bio nesposoban za rad. Njegovi nasljednici u prvom redu Staljin, ali i svi koji su ga podržavali, ućutkali su Trockog i izmislili "socijalizam u samo jednoj zemlji" s čim se Lenjin jakoo teško mirio i što je bilo prvi kamen spoticanja proleterske revolucije.
Završna razmatranja
Vratimo se ponovo na rasprave između boljševika i menjševika. Ukolliko je Martov – jedan od glavnih menjševičkih vođa - vidio socijaldemokratsku partiju kao široku jezgru aktivsta, oko koje se okuplja još šira masa simpatizera, nije predlagao ništa drugo do li ono što je postojalo u zapadnoj Evropi (gdje su se tada mnoge od tih partija – Francuska, Italija – zvale socijalističkim). Lenjin pak misli na krutu organizaciju, koju bi činili isključivo odani borci. Ispušta iz vida aktivnu ulogu masa, koju podrazumijeva Martov. A još više u mase vjeruje Trocki. Trocki je uvjeren da mase mogu i moraju igrati aktivnu štavišepresdnu ulogu. Taj čvor predstvljao je osnovicu sukoba Lenjina i Rose Luxemburg. Rosa Luxemburg neće masama pripisivati samo važnu i presudnu ulogu, već će odbiti Lenjinovu koncepciju da partija treba biti avangarda klase i da ona mora u mase ulijevati pravu revolucionarnu i političku svijest, jer same radne mase nisu u stanju nadvladati "tradeunionističku" odnosno sindikalnu koncepciju. To je ne samo centrlna već i suštinska tematika. O njoj će Rosenberg – njemački marksist - napisati da je Lenjin bio dovoljno empiričar da primjeni teoriju zaokretima historije, uspostavljajući jednu vrstu permanentne suprotnosti između ortodoksne teorije – respektiranjem Marxa – i interpretativne linije, inspirirane njemačkim marksistom Karlom Korschom, koja ga je navela, da izašavši u Petrogradu naFinskoj stanici, proglasi, usprkos mišljenja većine boljševika, pa i samog Staljina (koji će suštinu stvari upropastiti) kako se revolucija nastavlja i to proleterska revolucija.
Rosa Luxemburg je pisala:"Znam da i boljševici nisu bez mana, čudni su, pretjerano su kruti, ali ih razumijem i u potpunosti opravdavam; ne može se ne biti krut pred amorfnom, želatinoznom masom menjševičkog oportunizma..."
Danas je od tih događaja prošlo stotnu godina, a ta pitanja su još uvijek otvorena. Kako dati svu vlast sovjetima i to odozdo, a da ne počine krvave i kobne greške, kao evropska često izdajnička socijaldemokracija, kriva u neku ruku za dva svjetska rata i za danšnji očajni polažaj svih onih koji ne posjeduju ništa oim vlastite radne snage, ako joj se ne nametne kruta košulja jednopartijske disciplin?. I kako postići da se ta pancirna košulja, koja bi trebala da sačuva tekovine revolucije, ne pretvori u luđačku košulju, koja će revoluciju odnosno njene domete izručiti, "con armi e bagagli" (sa svim oružjem i prtljagom - po talijanskoj uzrečici) pravo u krilo neprijatlja, kako smo to vidjeli devdesetih godina? I kako spriječiti kapitalizam, opijen pobjedom, da sasvim ne podivlja i dosegne karikaturna obličja te dođe do granice kolektivnog ludila, kako to gledamo ovih dana i godina? Jedan od odgovora, možda nepotpun, svakako se nalazi u Lenjinovim Aprilskim tezama. Drugi dio odgovora – na parolu "Sva vlast sovjetima" i to odozdo, ostavlja se, da je pronađu generacije koje nadolaze. Ni Galileo Galilei nije znao sve. A danas znamo mnogo.
"Doći će nova mladost, doneti nove dane i nastaviti naše pesme, nedopevane..."
Odgovore na postavljena pitanja donijet će novo vrijeme odnosno mladii ljudi vremena što dolazi.
Jasna Tkalec
REGGIMENTO DEGLI IMMORTALI
Il 9 maggio in tutti i paesi dell'ex Unione Sovietica si festeggia il GIORNO DELLA VITTORIA. Questa manifestazione è stata organizzata per la prima volta a Tomsk nel 2012 e da allora si svolge in moltissime città in Russia e dallo scorso anno, anche in molte città europee. Il 9 maggio 2017 vogliamo organizzare anche qui a Roma un appuntamento per questo giorno. Vogliamo ringraziare il Popolo Russo che ha sconfitto il nazifascismo, ricordando anche i caduti della Guerra di Liberazione.
Ci daremo appuntamento ai giardini di Piazzale del Verano e poi tutti insieme porteremo dei fiori al Sepolcreto dei Caduti nella Lotta per la Liberazione.
Evento facebook: https://www.facebook.com/events/174656103051633/
Eleonora Forenza, europarlamentare nelle fila del GUE, eletta nella Lista Tsipras - L’Altra Europa, partecipa alla terza carovana antifascista per il Donbass. La carovana, organizzata dalla Banda Bassotti, si recherà a Donetsk e a Lugansk per portare farmaci e aiuti di prima necessità alle popolazioni del Donbass...
"Non dovremmo dimenticare che il 1 Maggio, è soprattutto un giorno di lotta per i diritti dei lavoratori. E' per questo che c'è bisogno di parlare di più acuti e complessi temi che sono fonte di preoccupazione per tutti. Gli stipendi, le pensioni, i posti di lavoro, problemi di utilità delle città, prezzi e tariffe - davanti alla nostra gente ci sono molti problemi che devono essere affrontate " ha commentato all'evento il segretario dei comunisti di Lugansk, Maxim Chalenko.
La compagna Ekaterina Popova, membro del consiglio comunale di Lugansk , ha aggiunto:
"Il primo maggio ci ricorda la cosa principale - a proposito di solidarietà. Quando migliaia di persone si trovano nella stessa piazza, riconoscono di essere una enorme forza. Questa forza deve essere il punto di partenza dell' azione di qualsiasi autorità, che solo nel popolo può trovare legittimazione. Se la loro vita diventa migliore, la legittimazione sarà effettiva, altrimenti irrilevante ".
Pubblicato il 2 mag 2017
Si trova in questi giorni nel Donbass una delegazione composta dall’eurodeputata Eleonora Forenza, Andrea Ferroni, coordinatore dei Giovani Comunisti/e, Massimiliano Voza, sindaco di Santomenna, Antonio Perillo, con la terza edizione della Carovana antifascista promossa dalla Banda Bassotti e dall’Usb, con l’obiettivo di portare la solidarietà, anche concreta, alle popolazioni.
La carovana ha già avuto incontri con esponenti dei sindacati, in particolare nella giornata e in occasione della parata del Primo maggio, lavoratori, movimenti, e nelle prossime ore ci sarà anche quello con il presidente della Repubblica di Lugansk.
#DonbassResiste
COMUNICATO STAMPA
Rifondazione Comunista e Giovani Comunisti/e partecipano alla Terza Carovana Antifascista nel Donbass promossa dal gruppo musicale “Banda Bassotti”. La delegazione del partito della Rifondazione Comunista che si unirà alla terza carovana oltre a comprendere uno dei due portavoce nazionale dei Giovani Comunisti/e, Andrea Ferroni, vedrà la partecipazione della nostra eurodeputata Eleonora Forenza. Eleonora sarà la prima eurodeputata a recarsi nel Donbass, allo scopo di «riaccendere il più possibile i riflettori su un conflitto che continua a mietere vittime e nel quale continuano ad essere calpestati i diritti umani delle persone e di un popolo». La terza carovana antifascista – dal 30 aprile al 5 maggio – farà tappa, tra l’altro, a Lugansk e Donetsk, dove incontrerà esponenti delle Repubbliche popolari, delle organizzazioni antifasciste e delle realtà associative locali. Il primo maggio è previsto un concerto internazionalista. Lo scopo della Carovana Antifascista è quello di portare la propria solidarietà concreta alle popolazioni martoriate dalla guerra voluta dalle potenze occidentali, con a capo UE, USA e NATO, che vogliono estendere il proprio dominio politico, economico e militare verso est. In quanto comunisti, e quindi internazionalisti, sentiamo il dovere di esprimere la nostra solidarietà attiva prendendo parte a questa spedizione. Questa decisione è frutto di una presa di coscienza e di un duro lavoro politico da parte di molti nostri compagni e compagne che fin dall’inizio, ancora prima del golpe dal carattere nazifascista, denunciavano quali fossero i piani dell’occidente imperialista nei confronti dell’Ucraina e della Russia. Contro ogni forma di fascismo, sempre dalla parte del popolo che lotta!
#DonbassResiste
Acerbo Maurizio Segretario Nazionale Rifondazione Comunista
Ferroni Andrea Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e
29 aprile 2017
Report del primo giorno della Carovana antifascista in Donbass
Arrivati all’ aeroporto di Rostov sul Don, si è composta pian piano la 3° Carovana antifascista, composta da compagni Antifascisti della Catalogna, della Grecia ed in particolare da compagne e compagni Italiani provenienti da più realtà politiche. Oltre ai compagni della Banda Bassotti, è presente una delegazione della USB e ci sono altri compagni e compagne di altre organizzazioni provenienti da tutta Italia.
A rappresentare Rifondazione Comunista c’è Eleonora Forenza, la prima europarlamentare a recarsi in Donbass, uno dei due Portavoce nazionale dei Giovani Comunisti/e, Andrea Ferroni, il sindaco di Santomenna Massimiliano Voza, Vincenzo Bellantoni della federazione di Roma ed Antonio Perillo della federazione di Napoli.
Dopo essere stati fermati per controlli per circa 5 ore alla frontiera tra la Russia e il Donbass, siamo riusciti a passare in direzione Lugansk! Lungo i circa 150 km di strade spesso non in perfette condizioni anche per gli scontri che le hanno attraversate in questi anni, siamo stati scortati dalla polizia e dall’esercito della repubblica indipendente.
Ci si accorge subito della difficoltà ed isolamento che vive questo popolo, ma è immediatamente evidente che anche in mezzo a mille problemi non è minimamente disposto a tornare indietro! Lungo la strada, in ogni luogo pubblico, che sia una scuola oppure un parco, si possono vedere i simboli dell’ orgoglio di questo popolo, dal classico nastro colorato di nero ed arancione, in ricordo del 9 maggio 1945, la giornata della vittoria sul nazifascismo da parte della gloriosa armata rossa, fino al carrarmato sottratto dalle milizie popolari all’esercito ucraino invasore e ora pieno di fiori freschi a ricordare il riscatto del popolo del Donbass in quello che fu il punto massimo di avanzamento dell’esercito ucraino!
Abbiamo concluso la giornata recandoci a Kirovsk ad incontrare il comandante in capo Alexey Markov della brigata comunista “Prizrak”, “la brigata fantasma”. Markov si è mostrato molto contento ed emozionato nell’incontrare i compagni/e della Carovana Antifascista ricevendoci all’interno del quartier generale della Brigata. Nel confronto con tutta la delegazione e soprattutto nella discussione con la nostra delegazione, ha tenuto a sottolineare lo spirito che dall’inizio lì ha guidati ed ancora lì guida. Per quei compagni non si tratta di una guerra nazionalista, non c’è necessità di conquistare territori ma quella di resistere in nome dell’antifascismo contro gli oligarchi neonazisti dell’attuale governo ucraino che provano a cancellare cultura e tradizione di questo popolo! Ha voluto anche sottolineare che la brigata non è composta da militari di professione, ma da militanti che hanno dovuto imbracciare le armi per poter resistere ma che si auspicano che il conflitto termini al più presto.
Andrea Ferroni Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e
1 maggio 2017
Ho ribadito che la loro lotta contro il fascismo è la nostra lotta. Il fascismo è un problema complessivo dell'Unione Europea. La rappresentante della politica estera europea è italiana e socialista, Federica Mogherini, e sostiene il regime fascista di Kiev.
L'imperialismo Usa sta portando il confine della Nato e della guerra in queste terre.
Il loro confine è il nostro confine.
Distruggeremo il fascismo qui ed in tutto il mondo.
COMUNICATO STAMPA
Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dichiara:
«L'ambasciata d'Ucraina in Italia in una nota attacca la delegazione di Rifondazione Comunista che con la Carovana Antifascista promossa dalla Banda Bassotti sta visitando le repubbliche del #Donbass per una missione di #pace e #solidarietà. Ci riempie d'orgoglio essere oggetto di attacchi da parte di un governo anticomunista che ha approvato vergognose leggi liberticide e ha riabilitato e celebrato i complici dei crimini nazisti. Siamo orgogliosi che sia una nostra compagna, Eleonora Forenza, la prima parlamentare europea a visitare le regioni sotto attacco da parte del governo di Kiev e dei paramilitari nazifascisti. Purtroppo è vero quel che scrive l'ambasciata: la nostra presenza è in contrasto con l'orientamento del governo italiano, dell'UE e della NATO che fanno finta di non vedere quali caratteristiche pericolose abbiano i gruppi di potere che stanno supportando sul piano politico, economico e militare. E' assurdo invece che l'ambasciata d'Ucraina lamenti violazioni del loro codice penale in quanto noi siamo già dei fuorilegge per quel governo filonazista. Infatti in Ucraina i comunisti sono stati messi al bando ed è vietato persino sventolare una bandiera rossa o cantare l'Internazionale.
La nostra delegazione è in Donbass per costruire ponti di pace rifiutando la logica della nuova guerra fredda e del riarmo che ha condotto all'escalation del conflitto armato in Ucraina.
Per favorire un processo di pace chiediamo al governo italiano di riconoscere le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e di porre fine alle sanzioni economiche alla Russia».
«L’ambasciata d’Ucraina in Italia in una nota attacca la delegazione di Rifondazione Comunista che con la Carovana Antifascista promossa dalla Banda Bassotti sta visitando le repubbliche del Donbass per una missione di pace e solidarietà». Così Maurizio Acerbo, segretario del Prc, dopo la lettura del post dell’ambasciata ucraina che stigmatizza l’ingresso della delegazione nel settore fuori controllo dal governo di Kiev composto anche da ministri dichiaratamente nazisti ma fedeli amici del governo italiano e dell’Ue. E’ molto probabile che le “repubbliche popolari” non siano il paradiso socialista che pensano i novelli campisti ma il governo di Kiev è certamente il primo a vantarsi di ministri che si rifanno espressamente al Terzo Reich e occupano posti chiave. Riportava Infoaut:
Vice primo ministro, ministro della Difesa, segretario e vice segretario del Consiglio nazionale di Sicurezza e Difesa, ministro dell’Istruzione, ministro dell’Ambiente, ministro dell’Agricoltura, ministro della Gioventù e dello Sport, procuratore generale dell’Ucraina, presidente della commissione Anticorruzione.
E non è tutto. Due di queste persone sono legate a Doku Khamatovich Umarov (conosciuto col nome islamico di Dokka Abu Usman), uno dei più feroci comandanti dei ribelli ceceni, nonché autoproclamatosi ex Emiro dell’Emirato del Caucaso. Abu Usman ha rivendicato sia l’attentato del 29 marzo 2010 alla metropolitana di Mosca (quarantuno morti), sia quelo all’aeroporto di Mosca del 2011 (trentasette morti). L’Emirato islamico del Caucaso è iscritto dalle Nazioni Unite come organizzazione appartenente alla galassia di Al Qaida. Uno di questi due politici ha anche personalmente combattuto in Cecenia contro i russi.Ecco la nota dell’ambasciata:
«In riferimento alla recente visita dei rappresentanti del partito comunista italiano nel territorio occupato dell’Ucraina del Donbass, l’ambasciata dell’Ucraina in Italia condanna con fermezza questa provocazione e la violazione della sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina.
La visita di cittadini stranieri nella regione dell’Ucraina nel Donbass, di essere in contrasto con le norme del diritto internazionale, è una grave violazione del regolamento di procedura che norma di ingresso e di uscita temporaneamente occupato il territorio dell’Ucraina con l’eventuale responsabilità penale per violazione Della legislazione vigente in Ucraina (art. 332, comma 1 del codice penale dell’Ucraina).
Anche questa visita è in contraddizione con la posizione aperta sul tema da parte del governo italiano, e le norme e le decisioni delle organizzazioni internazionali.
Nonostante sia un grave atto provocatorio, questa pagina vergognosa di certo non avrà ripercussioni sui successi conseguiti nei rapporti tra l’Italia e l’Ucraina sul fronte degli scambi culturali, commerciali e gli esseri umani che hanno arricchito le due nazioni da sempre uniti da amicizia e valori condivisi».«Ci riempie d’orgoglio essere oggetto di attacchi da parte di un governo anticomunista – riprende Acerbo – che ha approvato vergognose leggi liberticide e ha riabilitato e celebrato i complici dei crimini nazisti. Siamo orgogliosi che sia una nostra compagna, Eleonora Forenza, la prima parlamentare europea a visitare le regioni sotto attacco da parte del governo di Kiev e dei paramilitari nazifascisti. Purtroppo è vero quel che scrive l’ambasciata: la nostra presenza è in contrasto con l’orientamento del governo italiano, dell’UE e della NATO che fanno finta di non vedere quali caratteristiche pericolose abbiano i gruppi di potere che stanno supportando sul piano politico, economico e militare. E’ assurdo invece che l’ambasciata d’Ucraina lamenti violazioni del loro codice penale in quanto noi siamo già dei fuorilegge per quel governo filonazista. Infatti in Ucraina i comunisti sono stati messi al bando ed è vietato persino sventolare una bandiera rossa o cantare l’Internazionale.
La nostra delegazione è in Donbass per costruire ponti di pace rifiutando la logica della nuova guerra fredda e del riarmo che ha condotto all’escalation del conflitto armato in Ucraina.
Per favorire un processo di pace chiediamo al governo italiano di riconoscere le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e di porre fine alle sanzioni economiche alla Russia».
Il ministero degli Esteri italiano, dicono da Kiev, ha ricevuto il 28 aprile circa, la loro nota: «Abbiamo chiesto che sia arrestata e che il suo gruppo sia fermato prima di arrivare fisicamente al Donbass», ha detto la portavoce del ministro degli Esteri Maryana Betsa. E «come risultato di questi contatti, il ministero degli Esteri italiano ha inviato alle autorità competenti e agli organizzatori di questa provocazione le informazioni sulla responsabilità penale per violazione della legge ucraina. L'Italia ha sottolineato che il suo governo sostiene l'integrità territoriale e la sovranità dell'Ucraina e questa posizione rimane invariata».
Lunedì 8 maggio alle ore 12, si terrà una conferenza stampa della delegazione rientrata in Italia presso la sede del parlamento europeo in via IV Novembre.
Solidarietà all'europarlamentare Eleonora Forenza, alla Banda Bassotti e alla carovana antifascista di ritorno dal Donbass, ridicolmente accusati di terrorismo dal governo Ucraino che ne ha chiesto all'Italia l'estradizione per accusarli di aver incontrato le popolazioni, i partiti, i sindacati, gli atenei, di aver portato medicine, materiale scolastico e giocattoli...
Intervista di Maurizio Vezzosi. Roma, 6 Maggio 2017. Eleonora Forenza replica all'accusa di terrorismo ed alla richiesta di estradizione inviata dal Ministero degli Esteri ucraino al governo italiano in seguito alla sua partecipazione alla carovana di solidarietà con la popolazione del Donbass promossa dalla Banda Bassotti.
di Giorgio Cremaschi, 6 maggio 2017
Attendiamo un segno di vita da parte del governo italiano a cui vogliamo solo ricordare che tutto il governo che egli vergognosamente riconosce dovrebbe essere arrestato e condotto al tribunale de L'Aia per i loro crimini di guerra. Questi crimini noi li abbiamo visti ed è per questo che i signori di Kiev si sono inalberati. Abbiamo visto in ogni centro abitato delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk le foto delle donne, degli uomini, dei bambini uccisi dalle loro bombe. Abbiamo visto le case, le scuole e le università, la vie del passeggio crivellate dai colpi delle loro artiglierie, che continuano ogni giorno a terrorizzare la popolazione, anche noi li abbiamo sentiti. Siamo stati testimoni scomodi e in più abbiamo commesso un reato gravissimo per Kiev, abbiamo portato giocattoli e medicinali, quest'ultimo è una colpa per cui le bande fasciste del governo ucraino possono uccidere chi la commette.
Tell the truth, dite la verità ci hanno detto i cittadini delle repubbliche del Donbass ovunque li abbiamo incontrati. Anche coloro che sanno solo il russo, la lingua che tutti parlano da sempre lì, oggi sanno due frasi in lingue estere: No Pasaran e Tell the truth. La verità è che quella del regime di Kiev è una guerra di sterminio condotta ai fini della pulizia etnica e per questo non vogliono testimoni. Noi siamo prima di tutto questo, semplici testimoni di verità a cui speriamo si aggiungano molti altri. In modo di distruggere la bolla di fakenews con la quale UE e NATO giustificano il loro sostegno alla guerra dei golpisti ucraini, che devono finire nel solo posto che meritano: la galera.
[Nelle foto: L'università bombardata e gli studenti uccisi; e la festa del Primo Maggio a Lugansk:
9 maggio 2016 - 71° anniversario della Vittoria dell'Unione Sovietica sul nazifascismo. Il 23 maggio ricorrenza dell'assassinio del Com. Mozgovoy e della sua scorta, saremo presenti con una delegazione della Carovana Antifascista, in Donbass.
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/area-ex-urss/26865-comunicato-della-banda-bassotti
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=pLrwyKN-H0c
STATEMENT FROM BANDA BASSOTTI, 24.10.2016
English/espanol/euskera/german/french
https://www.facebook.com/bandabassottiband/videos/10153795759516574/
Since May 2nd 2014 we are active supporting the fight of the Donbass Antifascist, we share this fight with several other comrades that in such hard time haven’t left us alone.
Since the beginning of this war, Western media - like in many further cases - stand out for the silence and the falsification of the reality covering the crimes of the central Government of Kiev.
The truce of Minsk have not been enforced by the puppet Ukrainian Government; Bombs keep falling and kill civilians. Commanders and fighters of the Novorossia resistance are brutally killed. People keep living with the constant fear of bombs and of a new aggression of the nazi-fascist troups of Poroscenko Government.
The population of Donbass urges us to organize a new Antifascist Caravan to bring humanitarian aid.
We plan to visit them on the 1st of May, International Labor day. In that day we will deliver food and medicines to the population of the two Republic and we will play two concerts in Donetsk and Lugansk. With this statement, we invite all the Comrades that in Europe and in the World helped us and the Antifascist fight to collect food, medicines, copybooks, pens and pencils for children.
BANDA BASSOTTI – Roma -
PLANET EARTH OCTOBER 2016
NO PASARAN!
Бивши лидер терористичке ОВK, а данас лидер Алијансе за будућност Kосова, Рамуш Харадинај је одлуком суда на коју Србија више нема право жалбе, ослобођен и вратио се на Kосово. То су најновији показатељи вишедеценијске стратегије једне од водећих чланица НАТО и ЕУ. Француска је оглушивши се о начела права и правде, искористила политичке полуге да настави са понижавањем Србије и са вређањем жртава злочина једног од вођа терористичке ОВК.
Тиме се директно охрабрују екстремисти међу Албанцима, а девалвира и слаби утицај Србије као политичког и економског фактора на Балкану. Истовремено се награђују албански екстремисти за послушност у улози реметилачког фактора на Балкану и асистента глобалних империјалистичких пројеката. Само славље поводом овакве одлуке суда у Колмару, било је подстицајно за еуфоричну најаву оживотворења „Велике Албаније“ и скорашњег споразума из Тиране, за реафирмацију примитивне етно-спаситељске балистичке демагогије у којој се једном рађао и развијао фашизам у свом најсвирепијем лику, односно покретање новог балканског сукоба.
Отуда је оправдано питање - да ли ће Србија и даље пристајати на таква лицемерства водећих чланица ЕУ, истрајавајући на својој безрезервној „европској“ политици, и наставити поводљиву политику самопонижавања, самообмањивања и бесконачних уступака на рачун животних националних и државних интереса? Према реакцијама премијера Александра Вучића и официјалних структура, Србија је одлучна да истраје у одбрани истине, правде, права и националног достојанства. То и није увек у сагласности са праксом ЕУ.
Француска се на овај начин сврстала у ред оних држава које дискриминишу жртве када су у питању сукоби на КиМ и оних који селективно прилазе кажњавању починилаца најтежих ратних злочина. Није сувишно подсетити да се сам фашизам зачиње, рађа и живи као велика лаж. У Колмару је страдала истина а награђена лаж и злочин.
Француска је овим поступком открила део свог лица, за које, неспорни злочини, убијање, насиље, криминал, пљачка и тероризам, постају природан начин социјалне егзистенције. Иако смо веровали да су такви, деструктивни обрасци понашања цивилизацијски поражени, они и даље пулсирају и делују као прикривена опција. Да су радикални елементи Космета у минуле три деценије имали тајну подршку Француске, за већину и није неко посебно откриће, али је сада свака рукавица дугих француских руку поцепана.
Нама је стало до жртава, до истине о ратним злочинима, до правде, до међународног правног поретка... Тако су реаговали српски званичници, суочени са болном чињеницом, да право и правда нису успели да надвладају политику.
Французи су своје милосрђе према терористима ОВК показивали и кроз понашања Кушнера, Ширака и других званичника, који су директни саучесници почињених злочина на Косову и Метохији. Одлука Истражног већа Апелационог суда у Колмару се показала као наставак непромењене улоге француске политике на Балкану и њеног тријумфа над правдом и истином. Отуда су била илузорна очекивања да ће француско правосуђе проговорити језиком великог Де Гола, Сартра или Митерана, док савремена Француска носи терет кршења међународног права у виду НАТО агресије на Србију (СРЈ) 1999. године, етничког чишћење које је уследило и проглашења независности Косова.
Заиста је било илузорно очекивање да ће таква Француска признати своје грешке, јер то и није њој својствена особина и поред одговорности за многа страдања, ратове и милионе жртава широм света.
Изазивање немира у Македонији прети и осталим државама у региону, а уље на ватру долио је суд у француском Колмару који је одбио крајње објективан захтев државе Србије да изручи ратног злочинца Харадинаја. Та одлука је још један доказ непринципијелности појединих европских држава и кршење међународних прописа и правила и у исто време прети, као опасан преседан, читавом европском континенту да се претвори у зону безакоња и легализовања најтежих злочина попут оних што су албански терористи током деведесетих година прошлог века починили српском и другим народима на Косову и Метохији.
СУБНОР Србије, као активни и уважени учесник најважнијих светских ветеранских организација, обавестио је о овој тешкој и крајње забрињавајућој ситуацији челнике тих организација са седиштем у Паризу и Берлину, као и пријатељска удружења попут Сверуског савеза ветерана Руске Федерације.
СУБНОР Србије је уверења, остајући привржен антифашизму и миру и разумевању међу народима и државама, да ће и сродне ветеранске организације у том погледу реаговати и дати допринос стабилизовању стања у интересу човечанства.
La justice française a, pour la troisième fois, reporté son verdict dans l’affaire Ramush Haradinaj. La Cour d’appel de Colmar a annoncé cet après-midi qu’une nouvelle audience aurait lieu le 27 avril...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-la-justice-francaise-reporte-encore-son-verdict-sur-l-extradition-de
Lors de l’audience du jeudi 9 février, la Cour d’appel de Colmar a expliqué qu’elle rendrait sa décision sur l’extradition de Ramush Haradinaj vers la Serbie le 2 mars prochain...
Ramush Haradinaj, ancien commandant de l’UÇK et ancien Premier ministre du Kosovo, a été arrêté mercredi après-midi dans la partie française de l’aéroport international de Bâle-Mulhouse-Fribourg, sur la base d’un mandat d’arrêt international émis par la Serbie en 2004...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/kosovo-ramush-haradinaj-arrete-en-france-sur-la-base-d-un-mandat-serbe.html
French police detained Haradinaj on arrival at Basel-Mulhouse airport from Pristina, according to sources who spoke to Reuters. He was reportedly travelling on his diplomatic passport.
A statement by Kosovo’s foreign ministry, cited by Reuters, said Haradinaj “was stopped by French authorities based on an arrest warrant issued by Serbia in 2004, which for us is unacceptable.” The ministry added it was doing everything in its power to secure Haradinaj’s release.
"With these primitive acts, Serbia is not only hurting the spirit of the dialogue to have good neighborly relations, but is proving that it is a destabilizing factor in the whole region”, Edita Tahiri, Kosovo's minister for dialogue with Serbia, is quoted as saying by Reuters.
Haradinaj will remain in custody until Serbia makes a formal extradition request, a French appeal court said on Thursday.
“Our prosecutor's office has numerous pieces of evidence against Mr. Haradinaj," Serbia’s Prime Minister Aleksandar Vucic said on Thursday, as quoted by AP.
Haradinaj, who currently heads the opposition party Alliance for the Future of Kosovo (AAK) was previously detained in Slovenia in 2015, but released two days later after diplomatic pressure from the EU.
The former prime minister has already been tried twice before the war crimes tribunal in The Hague but was acquitted both times, as witnesses against him turned up dead or unwilling to talk. He served as prime minister of Kosovo in 2004-2005, while the southern Serbian province was occupied by NATO and under UN administration.
NATO attacked Serbia in 1999 to aid the ethnic Albanian insurgency in Kosovo. The breakaway province unilaterally declared independence from Serbia in 2008, with the backing of Western powers.
L’ex premier kosovaro era stato arrestato all’aeroporto di Mulhouse in vrtù di un mandato di cattura internazionale richiesto dalla Serbia che lo vuole processare per crimini di guerra. Haradinaj deve restare a disposizione in attesa dell’esame della richiesta di estradizione presentata da Belgrado. L’ex leader delle milizia kosovara Uck è tra l’altro accusato dell’uccisione di 60 civili, di atti di tortura e rapimenti. Per i kosovari, invece, è un eroe.
[Fonte: da Intopic . Si decidessero, gli articolisti, definire chi sono, questi "kosovari"...! Ivan]
La Cour d’appel de Colmar a ordonné ce jeudi la remise en liberté de Ramush Haradinaj, arrêté le 4 janvier en France à la suite d’un mandat d’arrêt international émis par la Serbie, une décision qui avait provoqué la colère dans le monde albanais...
La réaction de Belgrade à l’annonce de la libération, jeudi, de Ramush Haradinaj par la justice française ne s’est pas faite attendre. La Serbie menace de « réciprocité » la France, notamment pour les affaires de terrorisme, si l’ancien commandant de l’UÇK n’est pas extradé...
« Il n’existe aucune archive secrète, aucun document relatif aux enlèvements et aux assassinats commis au Kosovo qui ne soit déjà entre les mains d’Eulex. » C’est en tout cas ce que soutient la Mission des Nations unies au Kosovo (Minuk). Pourtant, sur les douze cas de journalistes disparus durant la guerre de 1999 ou juste après, ni la Minuk ni Eulex n’ont traduit le moindre suspect en justice...
Dopo più di quindici anni dai fatti, né Unmik né Eulex sono riuscite a fare chiarezza sulla scomparsa di 12 tra giornalisti e operatori dell'informazione serbi durante e subito dopo il conflitto in Kosovo
(Originariamente pubblicato da Vesti , il 19 febbraio 2017, titolo originale Euleksu dokazi kucaju na vrata, nema ko da otvori )
"Non c'è alcun archivio 'segreto', nessun documento relativo alle indagini su rapimenti e omicidi contro la popolazione civile in Kosovo che non sia già in mano ad Eulex" sostengono alla missione UNMIK. Fino ad oggi però né Eulex né Unmik sono riuscite a portare davanti alla giustizia nemmeno un sospettato del sequestro e omicidio di 12 tra giornalisti e operatori dell'informazione scomparsi durante o subito dopo il conflitto in Kosovo.
Da Unmik a Eulex e ritorno
La Commissione consultiva per i diritti umani (Human Rights Advisory Panel), istituita nel 2006 sotto l'egida dell'Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), divenne operativa nel 2008, anno in cui tutta la documentazione prodotta nel corso dell'attività investigativa di questa amministrazione provvisoria, ovvero le sue competenze in materia di tutela dello Stato di diritto furono trasferite all'Eulex (European Union Rule of Law Mission in Kosovo). Lo scopo della Commissione era quello di esaminare le denunce mosse dai familiari di persone uccise o scomparse, che erano convinti che la missione dell'Onu in Kosovo non avesse fatto nulla per scoprire la verità su quanto accaduto.
A rivolgersi a questa Commissione erano soprattutto i familiari delle vittime di nazionalità serba, tra cui anche quelli di quattro giornalisti e operatori dell'informazione scomparsi o uccisi in Kosovo. Dal momento che tutta la documentazione prodotta sia dall'Unità per le persone scomparse che dall'Ufficio legale dell'Unmik era già stata consegnata alla Procura di Eulex, la Commissione, ogni volta che doveva esaminare una denuncia, era costretta a chiederla indietro.
Come affermato dagli ex dipendenti del Segretariato della Commissione, il cui mandato è scaduto nel 2016, “nell'assoluta maggioranza dei casi relativi a persone scomparse, i documenti esaminati dalla Commissione sono stati ottenuti da Eulex, innanzitutto dall'Ufficio del procuratore speciale per i crimini di guerra. Non esiste nessun archivio 'segreto' dell'Unmik, che conterebbe documenti della cui esistenza Eulex non è a conoscenza. A prescindere da quali fossero state le conclusioni della Commissione consultiva – senza eccezione rese pubbliche e contenenti, tra l'altro, un resoconto delle attività investigative con informazioni dettagliate su possibili sospettati – Eulex è in possesso di tutti questi documenti, sia che si tratti di originali o di copie“.
Informazioni “non disponibili“ si trovano sul web
Queste affermazioni sono in netto contrasto con quanto dichiarato dall'attuale capo della missione Eulex Alexandra Papadopoulou durante una recente conferenza sulla sicurezza dei giornalisti organizzata dall'OSCE. In quell'occasione la Papadopoulou ha precisato che, per quanto riguarda i quattro casi di giornalisti rapiti e uccisi, Eulex non dispone di nessuna informazione, aggiungendo che nel loro archivio non vi è nessun dato su Mile Buljević, dipendente della RTV Pristina scomparso nel 1999. Il fatto che la Commissione consultiva, nel prendere posizione sulla denuncia presentata nel 2013 dalla sorella di Mile, Ljubica Buljević, si era avvalsa di informazioni fornitele proprio da Eulex, solleva però molte questioni. Innanzitutto quella di una presunta “sparizione“ di documenti dall'archivio di Eulex.
Il 13 dicembre 2013 la Commissione ha reso pubblica la propria posizione su questo caso, dopodiché, più precisamente il 2 aprile 2014, il Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in Kosovo ne ha ufficialmente informato Eulex.
“Dopo che la Commissione ha constatato che l'Unmik non aveva adeguatamente indagato su questo caso, chiedendo al Rappresentante speciale di porgere pubbliche scuse alla famiglia [di Buljević] nonché di sollecitare Eulex a provvedere allo svolgimento di opportune indagini, egli ha accolto positivamente tali raccomandazioni, il 6 gennaio 2014 inviando una lettera di scuse alla famiglia della vittima e qualche tempo dopo, il 2 aprile 2014, informando Eulex dell’intera vicenda”, ha spiegato, fornendo documentazione al riguardo, Andrey Antonov, ex responsabile del Segretariato della Commissione.
Da alcune testimonianze, integralmente riportate nei documenti dell'Unmik, emerge che Buljević fu rapito in pieno giorno nel centro di Pristina: il 25 giugno del 1999, verso mezzogiorno e mezzo, nei pressi di un centro per i rifugiati, Buljević fu fermato da alcune persone che gli chiesero di aiutarle a caricare della merce su un camion. Pochi istanti dopo, apparve una jeep nera con dentro tre uomini e una donna che indossavano uniformi dell'Uçk (Esercito di liberazione del Kosovo). Questi aggredirono fisicamente Buljević e, dopo avergli fatto perdere i sensi, lo buttarono dentro alla macchina, insieme a M. J, marito di una testimone. Stando al racconto della donna, suo marito venne buttato fuori dalla macchina fermatasi a circa 50 metri dall'accaduto, mentre Buljević rimase dentro. La testimone e suo marito avevano immediatamente informato il fratello di Mile nonché la Kfor di quanto era avvenuto.
Diversi sospettati, nessuna indagine
Stando alle parole di Alexandra Papadopoulou, nemmeno sul caso del rapimento del giornalista Ljubomir Knežević, di cui i media hanno più volte parlato (appellandosi proprio alle conclusioni della Commissione consultiva, risalenti al 2014), ci sarebbero informazioni disponibili. Tuttavia, il testo del parere emesso dalla Commissione consultiva in merito a questo caso, e consultabile sul suo sito ufficiale, contiene un resoconto delle attività investigative svolte dall’Unità per le persone scomparse che include informazioni su due possibili colpevoli.
Nello stesso testo si fa riferimento anche ad altra documentazione prodotta nel corso delle indagini su questo caso, dalla quale emergono indizi su almeno altri nove possibili sospettati. Tra i vari documenti citati vi è un elenco, originariamente redatto dal Centro di coordinamento per il Kosovo e Metohija, contenente i nomi delle persone legate all’Uçk presumibilmente coinvolte in crimini contro la popolazione civile. Tra queste vi sono due membri dell’unità dell’Uçk di Vučitrn, un certo G.I. sospettato di aver preso parte al rapimento di 23 persone di nazionalità non albanese, tra cui anche Ljubomir Knežević, e un tale S.S., anch’egli sospettato del “rapimento e omicidio” di Knežević.
Giustizia inerte
Per quanto riguarda il caso di Aleksandar Simović, soprannominato Sima, giornalista di Media Action International e traduttore, sia l’Ufficio del procuratore speciale del Kosovo sia il capo di Eulex hanno confermato che l’indagine sul suo rapimento è stata sospesa il 22 luglio 2009. Entrambi i garanti dello stato di diritto in Kosovo hanno dichiarato che le indagini saranno riaperte qualora dovessero emergere nuove prove.
Aleksandar Simović fu rapito a Pristina il 21 agosto 1999 e da allora si perde ogni sua traccia. Suo padre Stevan ne aveva immediatamente denunciato la scomparsa a tutte le autorità internazionali, chiedendo una scorta che lo accompagnasse dal comandante dell’Uçk, presumibilmente coinvolto nel sequestro. Le autorità si rifiutarono di ottemperare a tale richiesta.
Nel corso delle indagini svolte dall’Unmik è emersa la testimonianza di V.S., che raccontò di aver visto Simović nel jazz bar “Ćafa”, dove era in compagnia di una donna che lo avvertì di essere prudente perché al tavolo accanto a loro erano seduti tre membri dell’Uçk che lei aveva “già visto a Tetovo, in Macedonia”. Simović fu rapito nel bar “Pikaso” a Pristina, insieme ad un amico albanese, che poi fu rilasciato. Una parte delle sue ossa venne trovata nel villaggio di Obrinje, nei pressi di Glogovac.
Nella parte conclusiva del suo parere in merito a questo caso, reso pubblico il 24 ottobre 2015, la Commissione consultiva ha chiesto all’Unmik di riconoscere pubblicamente, anche tramite i media, la propria responsabilità per il mancato svolgimento di adeguate indagini sul rapimento e l’omicidio di Simović, nonché di rendere pubbliche scuse alla sua famiglia, sollecitando inoltre Eulex ad avviare opportune indagini. Cosa, quest’ultima, che fino ad oggi non è avvenuta.
Lacune nell’operato dell’Unmik
Quanto invece al caso della scomparsa del giornalista Marjan Melonaši, esso è stato inoltrato al Tribunale di primo grado di Pristina il 3 maggio 2011. Melonaši, giornalista della redazione serba della Radio Televisione Kosovo, fu visto per l’ultima volta il 9 settembre 2000 nel centro di Pristina, mentre saliva su un taxi. Da quel momento di lui si perde ogni traccia. Nonostante sua madre avesse immediatamente avvisato (dell’accaduto) tutti gli organi competenti, l’Unmik ha aspettato cinque anni per avviare un’indagine. Nel frattempo nessuno fu indagato né furono eseguite perquisizioni nella casa e nel luogo di lavoro della vittima.
Fu solo nel 2005 che le informazioni sulla scomparsa di Melonaši vennero inserite nella banca dati della polizia, ma il caso fu subito chiuso. Resta ignoto se qualcuno ne fosse stato ritenuto responsabile. Il capo dell’Unmik ha informato Eulex riguardo a questo caso, seguendo le raccomandazioni della Commissione consultiva che, nel suo parere del 14 ottobre 2014, ha ritenuto che la polizia dell’Onu in Kosovo non si fosse dimostrata pronta a fare chiarezza sui crimini che si sospettava fossero stati commessi dai membri dell’Uçk.
La missione EULEX rimane sul campo in Kosovo fino al 2018, ma con responsabilità largamente ridotte. Per le istituzioni locali il passo indietro dell'UE è un'opportunità e una sfida
Sebbene sia stata duramente criticata per i risultati ottenuti nel processo di rafforzamento dello stato di diritto e nella lotta alla corruzione in Kosovo, la missione europea EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) continuerà ad operare nel paese almeno fino al giugno 2018. Il suo mandato è stato infatti rinnovato dal Consiglio Europeo per la terza volta, ma la missione avrà meno competenze nei prossimi due anni.
L'UE ha accolto le richieste del Kosovo di ridurre la portata di lavoro di EULEX, che da ora si limiterà al ruolo di controllore, guida e di consulenza delle istituzioni locali, pur mantenendo alcune responsabilità esecutive. Lanciata nel 2008 sulla scia dell'indipendenza del Kosovo, EULEX prevede di continuare a lavorare ai processi più delicati ancora in corso, relativi a crimini di guerra, terrorismo, criminalità organizzata e corruzione, e affronterà nuovi casi solo in circostanze eccezionali, con l'approvazione della magistratura del Kosovo.
Attraverso la sua funzione esecutiva, la missione sosterrà le decisioni della giustizia costituzionale e civile, così come il perseguimento e il giudizio delle cause penali selezionate. Allo stesso tempo, i casi EULEX saranno continuamente valutati e riqualificati come casi comuni, impegnando ulteriormente i tribunali kosovari, le procure e le autorità investigative al fine di migliorare le capacità del Kosovo in questi settori.
Missione a poteri ridotti
"In linea di principio, tutte le indagini e i nuovi processi penali saranno condotti da autorità kosovare, in camere giurisdizionali composte da giudici kosovari. Solo in circostanze eccezionali un caso può essere assegnato ad un procuratore dell'EULEX o ad una camera composta da una maggioranza di giudici EULEX", spiega un comunicato emesso dalla stessa missione in seguito alla decisione di estenderne il mandato.
La missione inoltre, in stretta cooperazione con il Rappresentante Speciale dell'UE in Kosovo, fornirà sostegno al dialogo tra Belgrado e Pristina al fine di facilitare l'attuazione di accordi riguardanti lo stato di diritto.
L'Ufficio UE in Kosovo/Rappresentante speciale dell'UE ha sottolineato che con il nuovo mandato EULEX, il Kosovo sarà responsabile dello stato di diritto e della lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. L'Ufficio UE afferma: "Le autorità devono utilizzare il nuovo mandato per continuare il chiaro passaggio di proprietà e di responsabilità da EULEX al Kosovo. Dal momento che questo richiederà ancora del tempo, è importante che il cambiamento sia graduale, in modo da non mettere a repentaglio ciò che è stato realizzato finora per il rafforzamento dello stato di diritto".
Il Kosovo prende responsabilità
Dren Ajeti, ricercatore del Gruppo di Studi Giuridici e Politici a Pristina ha sottolineato che con le due nuove leggi introdotte, approvate dall'Assemblea del Kosovo, la nuova Missione EULEX dovrebbe essere soggetta alla perdita di diverse competenze, che saranno reindirizzate alle istituzioni giudiziarie del Kosovo, vale a dire, l'azione penale e i tribunali.
"EULEX continuerà a partecipare alla gestione di tali casi, tuttavia non avrà il ruolo principale nel processo. Secondo la nuova legge che regola il mandato di EULEX (che tra l'altro ha esteso il mandato della Missione in Kosovo fino al 2018), i tribunali saranno costituiti principalmente da giudici kosovari. Lo stesso vale anche per il pubblico ministero. In linea di principio, tutti i casi saranno oggetto d'indagine da parte del Procuratore di Stato, a meno che, con la richiesta del capo della Procura, il Consiglio giudiziario permetta che i casi siano oggetto di indagine da parte di EULEX. Quindi, il ruolo di EULEX è stato limitato tanto da poter prevedere che, dopo il 2018, la Missione potrà essere ulteriormente limitata o cessare di esistere", dice Ajeti.
Missione sotto accusa
EULEX è accusata di aver fallito nel soddisfare le aspettative della popolazione del Kosovo considerando sopratutto le centinaia di milioni spesi dall'UE per questa missione. La sua reputazione è stata danneggiata particolarmente nel 2014, quando un procuratore britannico di EULEX, Maria Bamieh, ha sostenuto che alcune prove di potenziale corruzione all'interno della Missione siano state insabbiate. EULEX veniva continuamente accusata di ignorare i casi relativi a personaggi di alto profilo e invece di concentrarsi su casi di basso livello. Ma la missione ha negato ogni accusa.
Nonostante il diffuso giudizio negativo dei cittadini sui risultati della missione EULEX, secondo le istituzioni del Kosovo il ritiro totale della missione sarebbe prematuro. Gli esperti legali concordano sul fatto che la presenza di EULEX in Kosovo sia ancora indispensabile. L'avvocato Kujtim Kerveshi ha detto a OBC che il ruolo di EULEX è un'occasione per far sopravvivere lo stato di diritto in Kosovo. "Nel corso degli ultimi anni alcune accuse sono state presentate alla corte di Pristina per reati gravi, tuttavia le indagini sono state condotte per lo più da EULEX, prima che il mandato venne rivisto. Credo che EULEX continuerà completando i casi in corso, tra cui quelli dei reati gravi ".
Dopo oltre 17 anni di amministrazione internazionale del Kosovo e dei poteri esecutivi esercitati da missioni come l'UNMIK prima e EULEX poi, la situazione dello stato di diritto, secondo gli esperti legali, rimane debole. Si ritiene che le istituzioni giudiziarie del Kosovo non siano ancora in grado di condurre indagini indipendenti contro alti funzionari presumibilmente coinvolti in casi di corruzione e nella criminalità organizzata.
"Ho paura che le missioni internazionali abbiano provocato un gap delle realtà locali nell'assumere competenze forti e fondamentali. Le istituzioni locali dello stato di diritto dipendono dalla missione EULEX ed è un dato di fatto che le istituzioni locali non siano attive nei casi di gravi reati come invece fa EULEX, anche se EULEX non ha più le ampie competenze che aveva prima. Credo che le istituzioni locali stiano usando la Missione EULEX come scudo di protezione per la loro mancanza di attività nell'esecuzione dei casi di corruzione e di criminalità organizzata, nascondendosi dietro la copertura di EULEX ", dice l'esperto legale Kujtim Kerveshi.
Dren Ajeti, del Gruppo di Studi Giuridici e Politici, concorda sul fatto che, anche se EULEX ha una cattiva immagine agli occhi dell'opinione pubblica kosovara, i cittadini del Kosovo considerano la presenza internazionale come necessaria per il processo di state building. "Inoltre il nostro sistema giudiziario ha bisogno del sostegno e dell'esperienza dei giudici internazionali in quanto è ancora ritenuto incapace di occuparsi di reati come la tratta di esseri umani, droga, ecc. per non parlare di crimini come la corruzione o l'abuso di potere".
Gli esperti avvertono che ora, con la riduzione delle responsabilità di EULEX, nessuna delle attività principali sarà condotta dalla missione dell'Unione europea e a partire da adesso, i nuovi potenziali fallimenti del sistema giudiziario kosovaro non potranno venire attribuiti ad altri, ma solo alle autorità locali.
Scritto da Enrico Vigna
Assaltata con bombe e armi automatiche una sala pubblica a Zubin Potok
A Zubin Potok il 2 aprile alle tre della notte, nella sala dove il giorno dopo doveva parlare il Primo Ministro serbo A. Vucic, è stata lanciata una bomba e sono state sparate raffiche di armi automatiche da una macchina. Nella sala al momento dell’attacco si trovavano dieci persone, che stavano preparando la sala, ma non ci sono stati feriti.
Al confine di Merdare è stato bloccato l'accesso ai camion e agli autisti diretti dalla Serbia centrale verso le enclavi del Kosovo, con il pretesto che le leggi kosovare di Pristina non riconoscono i certificati ADR per il trasporto delle merci.
Il Primo Ministro del Kosovo Isa Mustafa ha confermato che agli autocarri della Serbia non sarà permesso di entrare in Kosovo fino a quando non verrà raggiunto un accordo.
Prima della decisione del governo del Kosovo arrivavano ogni giorno tra 15 e 20 camion.
Il Kosovo, secondo i dati ufficiali locali, perde ogni giorno oltre centomila euro, la Serbia tra i 20 e i 70 mila euro.
Il Kosovo nei giorni scorsi ha aumentato il prezzo del petrolio tra i sette e i dieci centesimi al litro.
Militanti del Movimento Vetevendosje (Autodeterminazione) kosovaro, hanno assaltato e rovesciato un altro camion serbo
L’11 marzo attivisti del Movimento albanese Vetevendosje (Autodeterminazione) hanno assaltato e fatto andare fuori strada un secondo camion serbo, dopo quello attaccato 3 marzo.
Esponenti di Vetevendosje hanno detto che i suoi attivisti hanno sequestrato l'autocarro con targhe serbe su una strada in Kosovo, come protesta contro le politiche di Belgrado in Kosovo.
"Per questo motivo, gli attivisti del movimento Vetevendosje hanno ribaltato un camion con prodotti serbi sulla strada nazionale. Tali azioni proseguiranno fino a quando il governo della Serbia non cambierà la sua posizione nei confronti del Kosovo, e non smetterà di negare i diritti della nostra nazione", ha avvertito Vetevendosje.
Vetevendosje pratica simili azioni di protesta dal 2012, con diversi camion dalla Serbia rovesciati nel tentativo di impedire alle merci serbe di entrare in Kosovo.
La polizia EULEX ha arrestato dieci serbi e li ha portati a Pristina
22 aprile 2016
La polizia EULEX ha arrestato nella mattinata del 22 aprile (poco prima delle 11) dieci serbi e li ha portati a Pristina.
Nota soprattutto per le continue pressioni sui serbi e per la corruzione nel suo governo, emersa nello scandalo dello scorso anno, la polizia dell'Unione europea in Kosovo, EULEX, ha fermato e arrestato dieci serbi, verso le 11 del mattino. Il fatto è avvenuto nella zona di Leska, vicino al confine amministrativo di Vracevo.
Come riportato dai media locali, EULEX ha intercettato un pulmino di una ditta di trasporti proveniente da Kragujevac; il veicolo non era passato attraverso i confini amministrativi, controllati dalla polizia albanese kosovara. Con un dispiegamento di molte jeep, EULEXha arrestato i viaggiatori serbi che erano sul pulmino e li ha portati a Pristina.
Sul furgone fermato c'era anche il medico Aleksandra Djukic, che vive a Kragujevac e lavora nel centro di salute a Zubin Potok.
Gli arrestati sono accusati di essere "entrati illegalmente" nel territorio del Kosovo, perché non volevano rispettare i controlli della polizia kosovara ai valichi amministrativi tra Belgrado e Pristina, stabiliti in seguito dell'attuazione degli accordi di Bruxelles del 2013.
NKPJ I SKOJ OBELEŽILI GODIŠNJICU NATO AGRESIJE
NKPJ i SKOJ su obeležili 18. godišnjicu NATO bombardovanja na skupu koji je održan ispred spomenika Večne vatre. Na skupu su bili prisutni predstavnici ambasada Kube, Venecuele, Belorusije i Rusije.
Spomenik „Večna vatra“ je podignut u slavu i spomen svim žrtvama NATO agresije, a danas je u razočaravajuće zapuštenom stanju. Ovo stanje realno oslikava odnos koji buržoaske vlasti u Srbiji imaju prema velikoj tragediji i nepravdi koja je zadesila naš narod i našu zemlju. Podsećamo da su oni koji su najodgovorniji za brojna zlodela počinjena tokom i posle NATO agresije, i posle sedamnaest godina, i dalje na slobodi, da niko nije osuđen, a da su marionete zapadnog imperijalizma, buržoaske vlasti u Srbiji, povukle optužnicu pred Međunarodnim sudom pravde za zlodela koja su njihove gazde počinile.
Pored komemorativnog, ovaj skup je imao i jasan antiimperijalistički karakter jer su na njemu kritikovane i današnje okolnosti u kojima se nalazi naša država, koje su proizašle iz bombardovanja i kasnijeg poslednjeg udarca imperijalizma kojim smo potpuno pokoreni, petooktobarskim promenama.
Kritikovane su imperijalističke institucije kao što su MMF, Svetska banka, Evropska unija i NATO.
Naši aktivisti su delili novi broj Glasnika SKOJ-a i držali transparent sa porukom "Ne zaboravljamo, ne opraštamo, ne u NATO!"
Sekretarijat NKPJ,
Sekretarijat SKOJ-a,
24. 03. 2017.
Si vendica per il 1999! Il serbo Rade Stančić in un caffe' di Zurigo malmena l' inglese, ex pilota della NATO che si vanta di aver bombardato i "fucking serbian"...
Ubrzo nakon toga Stančić je napustio Švajcarsku.
- Englez je za susednim stolom sedeo sa jednim lokalnim političarem iz Ciriha, razgovarali su o svemu i svačemu. U jednom trenutku Englez je kazao da je bio vojni pilot, a njegov prijatelj ga je upitao da li je učestvovao u nekim ratnim operacijama - navodi naš sagovornik.
Maliciozni Englez je, kaže on, s ponosom pričao kako je 1999. bombardovao "jebene Srbe".
- U tom trenutku Rade i njegov drugar su prestali da pričaju, jer mu se učinilo da Englez pored njega pominje Srbe i 1999. godinu. Pre toga su bili nasmejani jer su dogovarali neki posao oko posete nekih srpskih pevača koje su hteli da dovedu u Švajcarsku. Međutim, Rade je zaćutao kad je čuo šta priča Englez i načuljio uši - priča on.
- Lepo mu se obratio, ljubazno. Izvinio se i rekao da je slučajno načuo da su pričali o bombardovanju Srbije i da je jedan od njih učestvovao u toj vojnoj akciji. Kada je Britanac rekao da je to tačno, Rade mu je rekao: "E sada ćeš dobro zapamtiti Srbe." Počeo je da ga udara šakama, a zatim je zgrabio staklenu posudu za šećer, pa ga je i njome izudarao u glavu. Englez je bio sav krvav, a njegov prijatelj je sve to gledao u potpunom šoku - ispričao je očevidac.
Gledali u šoku
- Tad mu je Rade rekao: "Kad god se budeš pogledao u ogledalo, setićeš se svih Srba i nedužne dece koje si pobio" - navodi naš sagovornik.
Nakon toga, Stančić je izašao iz kafića i pobegao. Nezvanično saznajemo da je odmah nakon toga napustio Švajcarsku.
Redakcija Informera je uspela da stupi u kontakt sa njim, ali on nije želeo da priča detaljnije o obračunu sa Englezom. Samo nam je kratko rekao: "Živela Srbija!"
Englez je sa brojnim podlivima i rasekotinama po licu završio u bolnici.
---
http://www.informer.rs/vesti/drustvo/126857/RADE-STANCIC-SRBIN-KOJI-NAUCIO-PAMETI-BAHATOG-ENGLEZA-Prebio-sam-NATO-pilota-kad-rekao-smo
Ljiljana Žikić - Karadjordjević, nata a Kragujevac. E' stata eletta Miss Serbia nel 1978. Laureatasi all' Universita' di Belgrado in qualita' di Ingegnere di scienze organizzative.
Morta il 1. di aprile 1999 sotto i bombardamenti NATO vicino il villaggio di Ljubenić.
Nella poesia "Difendero' la Serbia anche da morta", pubblicata il 26 aprile 1999, avverte il suo popoloche e' importante salvaguardare almeno un grano di vergogna in noi. La raccolta delle sue poesie "Kako ti je" (Come stai) e' dedicata ai suoi sei bambini.
Braniću Srbiju i kad budem mrtva
I kad umrem ja ću nogom opet stati
da stojim k'o hrabra i visoka stena
pogled će večno granicu da prati
ni grob mi neće reći da me nema.
Izniknuću svuda gde se miče cveće
gde vazduha ima i gde nema, tamo
za sve ću biti i za šta se ne zna
i za ono kol`ko možemo da znamo.
Stražar ću biti surovi i strašni
tuđin i lopov da stalno plaši
jer Srbin ne može da se zove robom
Srbija tu su svi vekovi naši.
Čuvaću granicu srpske zemlje moje
oprost za grumen neću dati nikom.
Moje će ruke hleb svakom da nude,
al` Srbiju nikad, to je sve što imam!
Ni ognjišta, groblja, ni dedove moje,
zbog njih će pogača i otrov da bude.
I kad umrem ja ću nogom opet stati
da stojim k`o hrabra i visoka stena
pogled će večno granicu da prati,
ni grob mi neće reći da me nema
Uspomenu na Ljiljanu, njen život i hrabrost čuva njeno šestoro dece. Postoji inicijativa da neka ulica u Kragujevcu dobije njeno ime.
In an excerpt from his new memoir, A Fly in the Soup, Simic returns to the days when the Allied bombs rained on Belgrade. Excerpts from A Fly in the Soup, ©University of Michigan Press, 2000.
I bombed you long ago in Belgrade when you were five.
I remember. We were after a bridge on the Danube
hoping to cut the German armies off as they fled north
from Greece. We missed. Not unusual, considering I
was one of the bombardiers. I couldn’t hit my ass if
I sat on the Norden or rode a bomb down singing
The Star Spangled Banner. I remember Belgrade opened
like a rose when we came in. Not much flak. I didn’t know
about the daily hangings, the 80,000 Slav who dangled
from German ropes in the city, lessons to the rest.
I was interested mainly in staying alive, that moment
the plane jumped free from the weight of bombs and we went home.
What did you speak then? Serb, I suppose. And what did your mind
do with the terrible howl of bombs? What is Serb for “fear”?
It must be the same as in English, one long primitive wail
of dying children, one child fixed forever in dead stare.
I don’t apologize for the war, or what I was. I was
willingly confused by the times. I think I even believed
in heroics (for others, not for me). I believed the necessity
of that suffering world, hoping it would learn not to do
it again. But I was young. The world never learns. History
has a way of making the past palatable, the dead
a dream. Dear Charles, I’m glad you avoided the bombs, that you
live with us now and write poems. I must tell you though,
I felt funny that day in San Francisco. I kept saying
to myself, he was on the ground that day, the sky
eerie mustard and our engines roaring everything
out of the way. And the world comes clean in moments
like that for survivors. The world comes clean as clouds
in summer, the pure puffed white, soft birds careening
in and out, our lives with a chance to drift on slow
over the world, our bomb bays empty, the target forgotten,
the enemy ignored. Nice to meet you finally after
all the mindless hate. Next time, if you want to be sure
you survive, sit on the bridge I’m trying to hit and wave.
I’m coming in on course but nervous and my cross hairs flutter.
Wherever you are on earth, you are safe. I’m aiming but
my bombs are candy and I’ve lost the lead plane. Your friend, Dick.
…..Per NON dimenticare i bombardamenti NATO sulla Jugoslavia del 1999
Per ricordare e NON dimenticare questo 18° triste anniversario, ho ritrovato tra mille carte, queste righe che il grande scrittore tedesco scrisse nel lontano 1941.
Tragico è che dopo 56 anni, la tragedia si è ripetuta e ancora una volta ha lasciato, come in ogni guerra di aggressione: tragedie, morte, miserie, devastazioni sociali e odio.
Qualcuno dice che è il prezzo per la “democrazia occidentale”…
Forse quel qualcuno in quelle terre non ci va, o ci va da turista distratto e opulento.
Per chi ha vissuto sotto le bombe del ’99 e oggi continua in un legame senza fine con quelle genti fiere, dignitose e tenaci…nonostante tutto e tutti, la realtà è un'altra.
Vorrei portare quei “qualcuno” a conoscere, parlare, ascoltare le nostre vedove di guerra, le nostre madri dei rapiti del Kosovo Methoija, i figli dei disoccupati della Serbia, gli sventurati malati di sclerosi del Kosmet, i mutilati e i loro figli della guerra subita, i Padri del Monastero ortodosso di Decani, le donne, i bambini, gli anziani che vivono nelle enclavi…
Ma quei “qualcuno” ormai hanno altro da fare, altro su cui informare, altro di cui giudicare circa “democrazia”, “diritti umani”, “sviluppo”.
A loro delle condizioni di vita materiale della pena quotidiana del vivere delle persone, dei popoli, delle loro anime affrante, violentate ma non ancora dome…non interessa.
Forse sono gli stessi che si sono poi occupati, di Libia, Siria, Donbass, Yemen…ed i risultati sono davanti i nostri occhi…Situazioni terrificanti.
Eppure sono tutti popoli in ginocchio ma non piegati, neanche nella dignità.
E questo non fa dormire sonni leggeri ai potenti e ai dominatori del mondo.
…Eppure si prova una tristezza profonda quando si riflette su tutto questo, e ogni volta lascia buchi neri nell’anima. Perché in questa notte non c’è posto per sogni o illusioni, e la gente semplice e onesta non ha un rifugio per scappare da questi scenari di vampiri e avvoltoi, non ha ripari, trincee, ma quel che è più triste …. neanche con un sogno si va via, perché oggi in quelle terre è anche sempre più difficile sognare oltrechè ridere.
…Eppure con questo straordinario e fiero popolo si riesce ancora, qualche volta, a sorridere e a piangere, con l’anima ed il cuore, come si faceva “normalmente” non tanto tempo fa…., e come, forse, altri torneranno…un giorno, normalmente, a fare.
E come si diceva allora nelle strade e sui ponti della RFJ:
FORSE CI VINCERANNO. MA NON CI CONVINCERANNO!
“ Per attaccare i loro vicini,
i rapinatori hanno bisogno del petrolio
E purtroppo noi siamo sulla strada
che li porta ad esso ...
Il loro naso annusando il serbato del petrolio,
ha visto il nostro piccolo paese ...
Hanno chiamato i nostri capi: dopo due ore di discussione
Essi ci hanno venduto per una macchina da cucire e un assegno
Ma, quando siamo tornati, in carcere li abbiamo scaraventati ...
Una mattina, abbiamo sentito il rombo degli aerei su di noi
e il cielo è diventato nero;
il rumore era così forte
che non abbiamo potuto nemmeno sentire le parole dei nostri addii ...
Le bombe cadevano e alla sera davanti alle nostre case
c’erano crateri più grandi delle stesse case,
le nostre donne ei nostri bambini in fuga
ma i loro aerei volavano bassi su di loro e li braccavano
per tutto il giorno tutta la nostra terra,
le nostre colline e i campi venivano falciati;
ma nello stesso tempo hanno anche scavato la loro fossa ...
Ma su queste colline si è scolpito il vostro volto, la vostra immagine,
e i fiumi usciranno dalla vostra museruola
finchè non avrete stritolato tutto con i vostri denti bestiali!”
Bertold Breht Srpska poslanica
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8524
El organismo continental debatía este jueves qué estrategias debe adoptar para defenderse en la guerra mediática, mencionando "la propaganda rusa" como una de las principales amenazas a las que tiene que hacer frente...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uB9xNWf-TF0
http://www.michelcollon.info/boutique/fr/livres/39-faut-il-detester-la-russie-.html
Pour organiser débats ou interviews, contacter: relations@...
VIDEO: Regarder la présentation vidéo (1’): https://www.youtube.com/watch?v=PNAifAYfHg0
Hannes Hofbauer: FEINDBILD RUSSLAND. Geschichte einer Dämonisierung
ProMedia Verlag – ISBN 978-3-85371-401-0, br., 304 Seiten, 19,90 Euro
Buchvorstellung! Wann und Wo? am Dienstag, 10. Mai 2016 um 19.30 Uhr
im Saalbau Bornheim, Clubraum 1, Arnsburger Str. 24, 60385 Frankfurt am Main
Näheres zum Buch unter: http://www.mediashop.at/typolight/index.php/buecher/items/hannes-hofbauer---feindbild-russland )
La Rada ucraina (il parlamento) ha decretato la definitiva riabilitazione dei collaborazionisti hitleriani, approvando il 4 aprile scorso la legge “Sulla riabilitazione delle vittime della repressione politica” insieme alla concessione di vitalizi ai veterani dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini - Esercito insorgente ucraino (OUN-UPA), molto più semplicemente i collaboratori e complici dei nazisti.
Il testo della legge è stato letto dalla tribuna da Yury Shukhevych, deputato della feccia nazi-fascista ucraina, che altri non è che il figlio di quel Roman Shukhevych che, per chi ne fosse all'oscuro, è stato, insieme a Stepan Bandera, uno dei più feroci comandanti delle bande "repubblichine" ucraine, responsabili del massacro di decine di migliaia di partigiani e civili e dei terribili pogrom di ebrei avvenuti nella repubblica allora sovietica, sotto l'occupazione di Hitler.
Ce ne sarebbe abbastanza per sollevare l'indignazione e la protesta di tutti gli antifascisti del nostro paese e dell'Europa intera.
E invece, una settimana dopo, nel parlamento italiano, un deputato di "Sinistra Italiana - Possibile", Erasmo Palazzotto (vice presidente della Commissione esteri della Camera e responsabile esteri di SI), che di quanto avviene in Ucraina evidentemente se ne frega (anche se, vista la sua collocazione nella Commissione esteri, dovrebbe esserne ampiamente informato) e il cui “antifascismo” sembra manifestarsi a corrente alternata, diffonde una dichiarazione sulla base di fantasiose e non meglio precisate “notizie di stampa”, battendo tutti in fatto di russofobia esasperata e falsificazioni, di cui è facile capire la provenienza: quella degli stessi che anni fa presentavano i terroristi ceceni come “eroi” di una guerra di liberazione e che oggi sono impegnati nell'ennesimo tentativo di “rivoluzione colorata”, secondo lo stesso copione applicato a Kiev nel 2014. Sono, del resto, gli stessi, identici argomenti che la propaganda dei nazisti ucraini usa quotidianamente nella sua guerra dell'informazione contro la Russia e a supporto della sua guerra criminale di aggressione nel Donbass.
Palazzotto getta altra benzina sul fuoco attizzato da chi sta inasprendo lo scontro con la Russia, negli Stati Uniti, nell'UE e in Italia. E lo fa proprio, con un tempismo che non può passare inosservato, nello stesso momento in cui il presidente della Repubblica si trova a Mosca, con il compito dichiarato di contribuire ad allentare la tensione con la Russia, che tanti danni ha già procurato al nostro paese, in particolare dopo le sanzioni.
Questa è la notizia ANSA: "ROMA, 11 APR - "Notizie di stampa trapelate dall'estero hanno rivelato che in Cecenia alcune ex caserme militari sono state trasformate per "correggere uomini dall'orientamento sessuale non tradizionale o sospetto", veri e propri campi di concentramento per gay. Un orrore che si ripete a distanza di 70 anni". Lo afferma Erasmo Palazzotto, deputato di Sinistra Italiana-Possibile e Vicepresidente della commissione Esteri di Montecitorio. "L'Italia e l'Europa, prosegue Palazzotto, non possono restare in silenzio davanti a questo livello di violazione dei diritti umani. Il presidente Mattarella in visita a Mosca non può ignorare ciò che sta accadendo e dovrebbe manifestare la preoccupazione e la condanna del nostro Paese davanti a crimini di questa natura. La violazione dei diritti umani, le torture protratte nei confronti di gay, lesbiche e trans in Russia e Cecenia ci impongono di non chiudere gli occhi e di lanciare con forza un segnale a tutta la comunità' internazionale per fermare tali aberrazioni", conclude Palazzotto. (ANSA)."
Si resta letteralmente senza parole! Ma davvero questo è il destino della sinistra nel nostro paese?
Sulla “russofobia”
Lo scorso 12 aprile il direttore del sito “ Marx XXI”, il compagno Mauro Gemma, pubblica un suo indignato commento in merito ad una “irresponsabile” dichiarazione rilasciata il giorno prima da Erasmo Palazzotto, vice presidente della Commissione Esteri della Camera e responsabile esteri di Sinistra Italiana.
Il direttore di “Marx XXI”, ricordando, in apertura del proprio commento, che il quattro aprile ultimo scorso la Rada ucraina ( il Parlamento) ha decretato – fatto politicamente, culturalmente e moralmente inquietante – la definitiva riabilitazione dei collaborazionisti hitleriani ucraini; che il testo della legge è stato letto alla Rada da Yury Shukhevych, deputato nazi-fascista e figlio del massacratore di comunisti, di partigiani, di civili ed ebrei Roman Shukhevych; che rispetto a tale, raccapricciante, notizia non vi è stata, in Italia, nel Parlamento italiano, nella sinistra politica e istituzionale italiana nessuna reazione e solo silenzio; ricordando tutto ciò, Mauro Gemma rimarca, con giustificata indignazione, appunto, il fatto che invece – al posto di una condanna della riabilitazione dei filo nazisti nell’Ucraina filo-Usa e filo UE- il deputato di “SI” Erasmo Palazzotto diffonde alla Camera una dichiarazione secondo la quale “Notizie di stampa trapelate dall’estero hanno rivelato che in Cecenia alcune caserme militari sono state trasformate per correggere uomini dall’orientamento sessuale non tradizionale o sospetto…”. Naturalmente, rispetto a ciò, rispetto all’ambigua “credulità” con la quale si fanno proprie le più strampalate e feroci “fake news”, la stigmatizzazione di Gemma è tagliente: “Erasmo Palazzotto… che di quanto avviene in Ucraina evidentemente se ne frega (anche se, vista la sua collocazione nella Commissione esteri, dovrebbe esserne ampiamente informato) e il cui “antifascismo” sembra manifestarsi a corrente alternata, diffonde una dichiarazione sulla base di fantasiose e non meglio precisate “notizie di stampa”, battendo tutti in fatto di russofobia esasperata e falsificazioni, di cui è facile capire la provenienza: quella degli stessi che anni fa presentavano i terroristi ceceni come “eroi” di una guerra di liberazione e che oggi sono impegnati nell'ennesimo tentativo di “rivoluzione colorata”, secondo lo stesso copione applicato a Kiev nel 2014. Sono, del resto, gli stessi, identici argomenti che la propaganda dei nazisti ucraini usa quotidianamente nella sua guerra dell'informazione contro la Russia e a supporto della sua guerra criminale di aggressione nel Donbass. Palazzotto getta altra benzina sul fuoco attizzato da chi sta inasprendo lo scontro con la Russia, negli Stati Uniti, nell'UE e in Italia. E lo fa proprio, con un tempismo che non può passare inosservato, nello stesso momento in cui il presidente della Repubblica si trova a Mosca, con il compito dichiarato di contribuire ad allentare la tensione con la Russia, che tanti danni ha già procurato al nostro paese, in particolare dopo le sanzioni”.
La critica di Gemma non ha bisogno di ulteriori rafforzamenti e commenti, tanto è chiara, netta e condivisibile. Vogliamo invece, da questa critica, enucleare una parola: “russofobia” e il senso di questa parola indagare.
Innanzitutto: esiste la russofobia? Si, esiste: essa è un “sentimento”, una “forma dell’anima occidentale”, un delirante “bovarismo” pseudo culturale e pseudo politico borghese e piccolo borghese, una perversione ideologica che oggi – come un tempo – striscia nel corpo dell’ intero occidente capitalistico; una lucida follia che un tempo nacque in Europa per poi trasferirsi, espandersi endemicamente, nel nord America.
E che cos’è, la russofobia? Essa è qualcosa di più, come suggerisce lo stesso suffisso utilizzato ( fobia) di una semplice paura della Russia; è molto di più: è il panico, la repulsione (dal greco φόβος, phóbos), l’irrazionale terrore verso la storia, la cultura, verso “l’anima russa”, il popolo russo e – dunque – verso il potere politico russo, dell’altro ieri storico, della storia russa di ieri e dell’oggi.
In una famosa copertina di “The Economist” ( febbraio 2015, titolo: Putin’s war on the West), Putin – a tutta pagina e su sfondo ovviamente oscuro – appare come un uomo dal viso tanto algido quanto feroce, mentre con la mano destra – il grande e maligno Burattinaio – manovra i fili del mondo; in un’altra, altrettanto nota, successiva copertina della rivista britannica, la natura di Putin è ancora più definita: egli appare ( eloquente titolo “Putinism”, occhi rossi e infernali e sguardo terrorizzante ) direttamente nelle sembianze di Dracula.
Se, dunque, la russofobia esiste e ancora – come per le invasioni napoleoniche ed hitleriane – agisce nella storia ed è funzionale all’attacco ( culturale, politico, militare) occidentale contro la Russia, da dove essa trae origine, come e da dove nasce, come si riproduce ?
Affidiamoci, per comodità espositiva, all’incipit di una recente recensione che Eugenio Di Rienzo fa del libro di Guy Mettan “Russofobia, Mille anni di diffidenza”, Teti Editore. Scrive Di Rienzo: “La Russia è l’incarnazione del male assoluto, tutto il suo popolo ha lavorato nel corso dei secoli per la rovina degli altri popoli”. Questa frase non è tratta dalla sceneggiatura Doctor Strangelove di Stanley Kubrick… Questa frase, invece, è stata detta a chi scrive da un valoroso studioso di storia dell’Europa orientale nel corso di un’accesa discussione sulla crisi ucraina avvenuta poco più di un anno fa. Benvenuta allora, per avere a disposizione un efficace contro-veleno contro tali perversioni mentali, la traduzione italiana del volume del politico e giornalista Guy Mettan “Russofobia”.
Partendo dal Medioevo, fino ad arrivare al recente confronto tra Mosca e Kiev, Guy Mettan ricostruisce le linee di forza religiose, geopolitiche e ideologiche di cui si nutre la russofobia europea (britannica, francese polacca, tedesca) e americana. Attraverso una serrata discussione critica delle fonti, Mettan pone in luce le debolezze e le mistificazioni del pregiudizio che ancora oggi porta l’Occidente a demonizzare la Russia e a temere, anche contra evidentiam, il suo presunto imperialismo. La russofobia è un male antico radicatosi nella coscienza europea già alla fine del XVI secolo, quando, nel 1591, il letterato inglese Philip Sydney scriveva: “I Moscoviti, nati-schiavi, godono nel vivere sotto la tirannia e a opprimere le altre nazioni”. Parole cui avrebbe fatto eco, nel 1835, il giudizio del poligrafo francese Saint-Marc Girardin, secondo il quale se la Russia fosse riuscita a sottoporre al suo gioco tutti gli Slavi per servirsi di essi in modo da arrivare a dominare l’Europa, il Vecchio continente avrebbe perso ineluttabilmente la sua libertà, la sua cultura, la sua anima”.
Ma dopo Di Rienzo sentiamo le parole dello stesso Guy Mettan. In un’intervista rilasciata a Tatiana Santi nel 2016, Mettan afferma: “Può sembrare paradossale, ma la russofobia occidentale è più antica della Russia! In effetti, è iniziata con le rivalità politiche e religiose che hanno contrapposto l'Impero di Occidente, fondato dal Carlo Magno nell'anno 800, all'Impero d'Oriente basato a Costantinopoli; la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Carlo Magno era un principe che si ribellò contro il sovrano legittimo dell'Impero romano d'Oriente che regnava a Bisanzio. I suoi successori, che hanno creato il Sacro romano Impero Germanico alla fine del X secolo, sono riusciti ad imporre ai Papi delle riforme religiose contro l'opinione delle Chiese greche d'Oriente, che si erano opposte perché ritenevano tutto ciò un colpo di Stato e non una decisione democratica presa in seno ad un concilio ecumenico universale. In seguito a questo scisma, ufficialmente risalente all'XI secolo, a Roma ebbe luogo una propaganda antiortodossa e antigreca con lo scopo di denigrare gli Orientali sia sul piano politico sia religioso. Quando gli Ottomani conquistarono Bisanzio nel 1453 questi pregiudizi negativi si trasposero sui russi, i quali avevano rivendicato l'eredità politica e religiosa di Bisanzio.
I pregiudizi occidentali sono di due ordini. Innanzitutto i greci, e quindi i russi, sono dei barbari e i loro sovrani sono dei despoti e dei tiranni. Inoltre sono degli espansionisti, degli annessionisti, delle persone aggressive, le quali non fanno altro che sognare di conquistare e sottomettere l'innocente e virtuoso Occidente…Sono gli stessi pregiudizi che ritroviamo oggi sotto la piuma dei giornalisti occidentali antirussi. È da notare che la russofobia moderna è cominciata in Francia alla fine del XVIII secolo, quando il Gabinetto segreto del re Luigi XV ha forgiato un falso "Testamento di Pietro il Grande", nel quale il grande zar russo avrebbe comandato ai suoi successori di conquistare l'Europa. Napoleone lo fece pubblicare nel 1812 con lo scopo di giustificare meglio la sua invasione preventiva della Russia nel 1813. Gli inglesi tradussero il libro e lo usarono per giustificare la loro invasione della Crimea nel 1853. Questo pseudo testamento è stato denunciato come falso solo alla fine del XIX secolo, dopo aver ispirato decenni di russofobia francese e inglese…Si tratta della stessa manipolazione che gli americani hanno utilizzato nel 2003 per giustificare l'invasione dell'Iraq. Le false armi di distruzione di massa di Saddam Hussein ci rivelano la stessa mistificazione. Solo una volta commesso il crimine, la verità esplode. La storia è ancora troppo recente per vederci chiaro, ma potremmo scommettere che gli avvenimenti di Maidan in Ucraina a febbraio 2014 rilevano la stessa tecnica di manipolazione. Il putsch che ha permesso di travolgere il governo legale ucraino è stato saggiamente preparato durante lunghi anni da delle campagne finanziate da miliardi versati dagli Stati Uniti, come è stato ammesso dal segretario di Stato aggiunto Victoria Nuland davanti al Congresso (i famosi 5 miliardi di dollari), per essere attivati in favore delle manifestazioni popolari contro il governo, d'altronde legittime data la corruzione diffusa. Il risultato è che il governo attuale si rivela altrettanto corrotto che quello precedente, ma questo non interessa alcun media occidentale…Il discorso occidentale antirusso si appoggia sui due principi di cui parlavo prima: l'Occidente incarna il Bene, i valori universali, la democrazia, i diritti dell'uomo, la libertà (soprattutto economica), mentre la Russia rappresenta l'autocrazia, il nazionalismo revanscista, la negazione delle libertà dell'individuo. Questo discorso bianco-nero strumentalizza senza vergogna l'opinione pubblica, perché questa sostenga la rimilitarizzazione dell'Europa e il rafforzamento della NATO, che non ha smesso di allargarsi in 20 anni con l'integrazione di tutta l'Europa dell'Est, e ora del Montenegro. Senza parlare del vassallaggio dell'Ucraina, della Svezia, della Georgia e anche della Svizzera "neutra" che partecipa alle sue esercitazioni in nome di un "partenariato per la pace", che in realtà è solo un giro di parole…Più che dei professionisti interessati ad informare, i giornalisti dei principali media occidentali sembrano dei registi. L'opposizione fra i "buoni", gli Occidentali, e i "cattivi", i russi, nonché la demonizzazione della Russia, presentata come una minaccia per l'Occidente, diventano così degli elementi essenziali del discorso mediatico occidentale”.
La citazione di Guy Mettan è lunga, ma di grande efficacia e poiché, come diceva Balzac “ L’originalità è un mito della piccola borghesia”, è meglio utilizzare la compiuta chiarezza di Mettan, per far luce sui primordi e sulle degenerazioni della russofobia, piuttosto che rubargli le parole e intestarcele.
Certo è che la russofobia impiega, per costituirsi e radicarsi come una sorta di inconscio nella struttura psicologica e culturale dell’ “uomo occidentale” (non diciamo appositamente “europeo”, poiché sposiamo l’affermazione razionale di Charles De Gaulle: “L’Europa va dall’Atlantico agli Urali”, constatazione che tanto servirebbe, oggi, a chi, dalle postazioni dell’Unione Europea, demonizza sia la Russia che Putin e demonizza sino a giungere all’embargo economico e alle minacce di guerra) impiega, dicevamo, diversi secoli e si organizza su mille pregiudizi, travisamenti e falsità. Affermazione, questa, che peraltro non ha nulla di assolutamente nuovo: basterebbe rievocare l’opera di Edward Said ( “Orientalism”, del 1978) per capire come l’Occidente ha storicamente letto l’Oriente. Muovendo dalle riflessioni, tra gli altri di Antonio Gramsci e Michel Foucault, Said ha messo per sempre in luce il carattere mistificatorio della nozione occidentale di “Oriente”, funzionale – per Said – sia alla costruzione, per forzata contrapposizione ontologica, alla costruzione della stessa concezione di “Occidente”, sia per rinchiudere le cosiddette culture orientali in stereotipi e generalizzazioni che potevano giungere al “disumano” ( pensiamo alla demonizzazione e alla de-storicizzazione disumanizzante di Attila, di Ivan il Terribile o di Stalin, ad esempio…) e – infine – per fornire le basi materiali al dominio, sull’ “Oriente”, dell’imperialismo occidentale.
Centinaia sarebbero le tappe della via crucis “culturale”, “filosofica”, “ideologica” occidentale lungo la quale è stata infine crocifissa la Russia e lungo la quale ha preso corpo la russofobia e le sue ramificazioni degenerative.
Di notevole importanza, ad esempio, è ciò che rievoca Eugenio Di Rienzo: “Subito dopo la fine della prima guerra mondiale, l’Ucraina divenne il perno del progetto Prometeizm, elaborato dal maresciallo Józef Piłsudski fin dal 1904 e perseguito dai suoi successori ancora alla vigilia del secondo conflitto mondiale con l’obiettivo di mettere la Polonia a capo di un movimento destinato ad emancipare le nazionalità non russe (ucraina, caucasiche, di etnia turca), un tempo sottomesse a San Pietroburgo e in seguito a Mosca. Il Prometeizm doveva portare alla creazione di una Federazione politico-militare (Międzymorze), diretta a provocare la distruzione della potenza economica e militare russa, estesa dal Mare del Nord, al Golfo di Botnia, al Baltico, al Mar Nero, al Mediterraneo, comprensiva in primo luogo dell’Ucraina e poi di Cecoslovacchia, Ungheria, Paesi scandinavi e baltici, Italia, Romania, Jugoslavia, Grecia.
Questo programma, significativamente riproposto nel 2012 in una versione solo leggermente modificata, all’attenzione del Dipartimento di Stato statunitense, ha dato luogo, in coincidenza con la crisi ucraina, al cosiddetto progetto Intermarium. Un patto di mutua assistenza, promosso dal Pentagono, esteso dal Baltico al Mar Nero al Caspio, che avrebbe dovuto essere sottoscritto da Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia, Moldavia, Romania, Georgia, Azerbaigian, Turchia, indirizzato a rendere possibile lo smembramento della Federazione Russa e la sua definitiva liquidazione come potenza eurasiatica. Si avverava così l’auspicio formulato da un altro polacco, Zbigniew Brzezinski (già consigliere della Sicurezza nazionale sotto la presidenza di Jimmy Carter), nel 1997, nel 2004 e ancora nel 2012, che puntava all’obiettivo di “una Russia frammentata in una Repubblica europea, una Repubblica di Siberia e una Repubblica asiatica, più idonee ad assicurare lo sfruttamento delle risorse e del potenziale economico di quella terra, troppo a lungo dilapidati dall’ottusa burocrazia moscovita”.
E serve ricordare con quali argomentazioni razziste ( “il bestiale popolo russo”) la Francia di Napoleone Bonaparte, nel 1812, prepara l’invasione in Russia? Un’invasione pari solo, nella sua spropositata forza militare ( 700 mila soldati, una Grande Armata di uomini provenienti da tutte le regioni e da tutti gli Stati dell’Impero), all’odio ideologico antirusso dell’intellighenzia imperialista francese. Ma ciò è conosciuto, mentre meno conosciuta, poiché strumentalmente rimossa dalla cultura egemonica occidentale, è la risposta “filosofica” ( la stessa che muoverà il popolo russo contro l’invasione hitleriana) con la quale la Russia resiste a Napoleone: Отечественная война, Otečestvennaja vojna, termine col quale ci si riferisce al carattere nazionale e popolare russo messo in campo contro l’invasore straniero. Quello spirito già identificato da Puskin (“il vasto, profondo, inestirpabile spirito popolare russo”) che il grande scrittore mette in contrapposizione alla coscienza che le “elite” intellettuali, sia russe che, soprattutto, occidentali, puntano a mettere in campo per formare “ la coscienza di una società sradicata, senza più terra”. Cioè, “traducendo” Puskin, una coscienza borghese senza più anima, se non quella segnata dall’egemonia del narcisismo individuale di carattere totalmente borghese. Muovendo da Puskin, peraltro, si potrebbe azzardare ( ma non è certo questo lo spazio consono per sviluppare la tesi) un confronto tra la profonda e ancora in gran parte inalterata spiritualità del pensiero religioso ortodosso russo e il pensiero religioso cattolico d’Occidente, molto attraversato ( come lo stesso Papa Francesco denuncia) dagli stessi violenti processi di mercificazione che segnano di sé l’ intera società capitalistica. E anche questo per capire la vasta provenienza delle continue ondate russofobiche.
La stessa “Operazione Barbarossa”, l’invasione da parte di Hitler dell’Unione Sovietica, fu, non a caso, la più grande operazione militare della storia, organizzata dal nazifascismo a nome dell’intero occidente capitalistico e antirusso.
E certo è che agli occhi dell’Occidente capitalistico, già pieni d’odio ontologico verso la Russia, la Rivoluzione d’Ottobre rappresentò la ratifica finale della stessa “diversità umana” della Russia e del popolo russo. Scrisse incredibilmente (ma non tanto incredibilmente, a ben vedere) nel 1932 l’economista democratico, John Maynard Keynes che “l’oppressione dittatoriale dei Soviet non era altro che il logico risultato della bestialità della natura russa e di quella giudaica, ora fusesi insieme”, essendo “la crudeltà e la follia della “Nuova Russia” (comunista) del tutto identiche a quelle della “Vecchia Russia” (zarista)”.
La descrizione delle tante tappe che hanno formato la via crucis alla fine della quale, nell’immaginario collettivo occidentale, è stata crocifissa la Russia e tutta l’Europa dell’Est e sulla quale si è sostanziata la russofobia, potrebbe prendere lo spazio di un lungo libro e, qui, non è il caso di farlo.
Riprendiamo, però, la copertina del “The Economist” già citata, quella in cui appare il viso di Putin con gli occhi iniettati di sangue alla Dracula. Vedremo come ciò non sia affatto casuale. Nel 1987 lo scrittore irlandese Bram Stoker scrive, appunto, il romanzo “Dracula”. Il Vampiro sanguinario uscito dalla penna di Stoker diverrà, attraverso la letteratura, il cinema e l’intera struttura mediatica occidentale, un vero e proprio personaggio mitologico, volto ad incarnare – in modo, insieme, esplicito e inconscio – “l’orrore insito nell’ oscurità – come scriveva lo stesso Stoker- della Transilvania” e, per estensione mitologica, in tutta l’Europa dell’Est ( demonizzazione di un’intera area geografica e storica funzionale alla successiva demonizzazione del “socialismo realizzato” e, oggi, degli immigrati albanesi o rumeni). La cosa singolare, tuttavia, è che il Dracula di Stoker ( e tutti i vampiri successivi della sterminata letteratura e filmografia che si sono ispirati al suo romanzo) – che tutta la letteratura occidentale individua nel personaggio storico del Principe Vlad, della Transilvania – è una totale invenzione letteraria e una terribile mistificazione della storia, dai caratteri platealmente razzisti e colonialisti. In verità – come si studia normalmente in ogni liceo di Bucarest- Dracula, il Principe Vlad Tepes della “tenebrosa” Transilvania, altri non era che un grande intellettuale e un grande rivoluzionario – un insieme di Mazzini e Garibaldi, ma rumeno – che tutta la vita lottò contro l’oppressione dell’impero ottomano, per l’indipendenza, l’unità e la libertà del popolo della Romania. Ma l’imposizione della figura mitologica del Dracula vampiro da parte della cultura colonialista occidentale spiega bene il perché, oggi, il “The Economist” tratteggia Putin con le sembianze del Dracula di Stoker e anche il perché Stalin sia stato trasformato anch’esso in un Dracula sovietico.
E il comunismo come “male assoluto”, nella propaganda occidentale; gli orrori antidemocratici del maccartismo USA; la gigantesca rimozione storica e culturale in relazione al contributo determinante dell’Armata Rossa per la vittoria sul nazifascismo; i manifesti della Democrazia Cristiana del secondo dopoguerra, in cui i bolscevichi mangiavano, letteralmente, i bambini e molti ci credevano; la funzione dell’anticomunismo viscerale nelle vittorie berlusconiane? Non sono anch’esse derivazioni, almeno in buona parte, della stratificazione ideologica della russofobia?
Un dogma reazionario e imperialista – la russofobia- che in questa fase storica e per ragioni palesemente legate agli interessi imperialisti, sembra di nuovo esplodere. Scrive Gennaro Sangiuliano, sul “Sole 24 Ore” ( non sulla Pravda!) del 19 giugno 2016: “ Molte vicende, negli ultimi anni sono state raccontate con una prospettiva molto parziale. L’Occidente definì brutale l’intervento russo in Cecenia; ora che i ceceni si sono dimostrati i più feroci tagliagole che operano in Siria e in Iraq, molti analisti convergono nel ritenere che forse Putin ha evitato l’insorgere di un pericoloso califfato nel Caucaso. Allo stesso modo, va riconsiderata la posizione di Putin che, nel 2003, non volle aderire all’operazione per spodestare Saddam Hussein in Iraq, giudicandola avventata. Così abbiamo urlato per la distruzione di Palmira ma poi è toccato ai russi liberarla, come già fecero con il grande tributo di sangue nella lotta al nazismo”. E prosegue ancora Sangiuliano nello stesso articolo del “Sole 24 Ore”: “L’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines è stato addossato ai separatisti filorussi, prima ancora delle verifiche degli organismi internazionali. L’intera vicenda Ucraina è stata raccontata secondo lo schema lineare e un po’ banale dell’aggressione russa, senza valutare la memoria di un passato lacerante, le nostalgie filonaziste dell’estremismo ucraino, gli eccessi della classe dirigente locale, gli assetti della geopolitica. Mettan (il già citato autore del libro “Russofobia”, n.d.r.) esamina il referendum in Crimea: “il fatto che il 95% degli abitanti si sia pronunciato a favore dell’Unione con la Russia non ha avuto alcuna importanza”. E pochi hanno ricordato che un analogo referendum si svolse nel gennaio del 1991, con lo stesso risultato”.
Un punto alto del ritorno militante della russofobia è senza dubbio la Risoluzione n° 758 del 4 dicembre 2015, passata alla Camera dei Rappresentanti USA con 411 voti favorevoli e 10 (10!) contrari. Rispetto a questa Risoluzione scrive il “Der Spiegel” ( la rivista tedesca di maggior tiratura, non certo un terribile foglio rivoluzionario) il successivo 12 dicembre: “La Camera dei Rappresentanti ha portato il mondo un passo più vicino alla tragedia. La risoluzione accusa la Russia di scatenare un'aggressione militare contro l'Ucraina, la Georgia e la Moldavia e chiede aiuti militari e di intelligence per l'Ucraina. Il documento chiede agli alleati della NATO, ai partner degli Stati Uniti in Europa e alle nazioni in tutto il mondo «di sospendere ogni forma di cooperazione militare con la Russia e di vietare la vendita al governo russo di materiale militare letale e non letale”. La Camera dei Rappresentanti vuole che l'Ucraina e l’Unione europea frenino l'interazione con la Russia e inaspriscano le sanzioni. Inoltre, si invitano l'Ucraina e l'Unione europea a respingere le forniture energetiche russe. I rappresentanti minacciano direttamente la Federazione russa e la accusano di violare il trattato INF, Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty. Infine, la Camera suggerisce che gli Stati Uniti intensifichino la guerra d'informazione con la Russia. Nel documento si “ invitano il Presidente e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti a sviluppare una strategia di coordinamento multilaterale per la produzione o comunque la diffusione di notizie e informazioni in lingua russa nei paesi con significative minoranze di lingua russa”. E il “Der Spegel”, nello stesso articolo, ricorda che in un’intervista allo stesso giornale di una settimana prima, ( un’intervista dal titolo eloquente: “Una guerra è l'unica cosa che può salvare un dollaro morente?) il 91 enne Kissinger aveva già evocato il pericolo e la follia di una tale Risoluzione da parte degli USA.
L’intervento USA-UE-NATO in Ucraina che costruisce sul campo, in funzione anti russa, un esercito nazi fascista; la lunga guerra in Afghanistan volta a dislocare basi NATO ai confini russi; le provocazioni anti russe in Cecenia; le sanzioni economiche dell’occidente capitalistico contro Mosca; le ultime provocazioni anti Putin di Trump in Siria; la demonizzazione caricaturale di Putin e l’ enfatico appoggio occidentale ad ogni contestazione interna anti Putin: tutto ci dice che, di nuovo, la russofobia è tornata in campo a servire gli interessi imperialisti. Scrive Sergio Romano sulla sua biografia politica di Putin ( Longanesi editore, 2016) : “L’intervento russo in Siria non sembra aver cambiato, se non in peggio, la percezione della Russia in Occidente
(Message over 64 KB, truncated)
Spettacolo ideato da Giuliano Calisti e Silvio Antonini, consulenza letteraria Antonello Ricci.
Chi ha veramente liberato Trieste dal nazifascismo?
Perché il Partito comunista triestino non faceva parte del CLN giuliano?
Quali rapporti ebbe il CLN giuliano, nazionalista ed anticomunista, con i collaborazionisti triestini?
Cosa accadde al momento dell’insurrezione di Trieste?
E’ vero che gli Jugoslavi arrestarono anche gli antifascisti?
Quali dirigenti del CLN triestino entrarono nella struttura Gladio?
Incontro con l'autrice Claudia Cernigoi, ricercatrice storica
presso Casa Onna (nuova sede municipale)
esposizione della mostra
TESTA PER DENTE
crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945
orari di apertura
sabato e giorni festivi 11:00-13:00 / 17:00 - 19:30
giorni feriali 17:00 - 19:30
info e visite concordate con gruppi e scolaresche tel. 3466720638
organizzano: IASRIC, ANPI, ANPPIA, Jugocoord Onlus , Diecifebbraio.info, L'Aquilantifa
ANPI com. prov. Bologna
Jugocoord Onlus
con la partecipazione di:
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
Associazione culturale Russkij Mir (Torino)
Associazione culturale Portico delle Parole / corsi di russo, Bologna
organizzano il convegno:
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna
presiede: Anna Cocchi (ANPI prov. Bologna)
Ermenegildo Bugni "Arno" (partigiano): saluti
Anna Roberti (Ass. Russkij Mir): partigiani sovietici in Italia e in Emilia-Romagna
Ivan Serra (Jugocoord Onlus): sovietici caduti a Casteldebole e Casalecchio
Mirco Carrattieri (Museo della Resistenza di Montefiorino): il battaglione russo nella Repubblica di Montefiorino
Stralci dal video Bello Ciao sul Comandante Pereladov
Andrea Martocchia (Jugocoord Onlus): la presenza jugoslava sul territorio
Jadranka Bentini (ANPI Bologna): Ricordo di Vinka Kitarovic
Franco Sprega (Museo della Resistenza Piacentina): jugoslavi nel Piacentino
Eric Gobetti (storico): I partigiani italiani all'estero
per informazioni e contatti:
Jugocoord Onlus – jugocoord @ tiscali.it / C.P. 13114 (Uff. Roma 4), 00100 Roma
ANPI com. prov. Bologna – info @ anpi-anppia-bo.it / Via San Felice, 25, 40122 Bologna (BO)scarica la locandina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/bologna050517.pdf
evento facebook: https://www.facebook.com/events/1617502824943742/
RSS Feed
CNJ FeedJoš novih članaka
-
[9412] Per Zarko, Nevena, Mihailo, Djordje, Jovanka, Borislav, Borka, Alexander, Vesna e gli altri
(Jugoinfo)
[hrvatskosrpski / italiano] 1) 7 agosto 1995, strage di civili sulla via di Petrovac 2) Feste...
-
[9411] Espellere Israele dall'ONU
(Jugoinfo)
[slovenščina / srpskohrvatski / italiano] MEDNARODNI PRAVNIKI POZIVAJO NA IZKLJUČITEV IZRAELA IZ...
-
[9408] Lo show di Vučić / To je bio Vučićev šou
(Jugoinfo)
To je bio Vučićev šou (D.N. – Politika, 14.10.2024.)Predsednik Srbije iskoristio Samit u...
-
[9407] Belgrade Forum's Statement on Dayton Peace Agreement
(Jugoinfo)
[français / english]
-
[9406] Domenica 20/10 inaugurazione della cartellonistica nella Valle del Castellano + altre segnalazioni
(Jugoinfo)
– ALTRE SEGNALAZIONI:YUGOSLAV MEMORIALS IN ITALY / I SACRARI JUGOSLAVI IN ITALIACONVEGNO:...
-
[9405] Kragujevac, conto alla rovescia per l'avvio della produzione della "Fiat Panda"
(Jugoinfo)
Odbrojavanje do početka proizvodnje „fijata pande” (02.10.2024. – Marija Brakočević)U...
-
[9404] Il regime di Kurti elimina le rappresentanze serbe in Kosovo
(Jugoinfo)
[srpskohrvatski / italiano]
-
[9403] National Endowment for Democracy (NED): cosa è e cosa fa
(Jugoinfo)
Il 9 agosto, il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato...
-
[9402] TRIMARIUM. Porto di Trieste: da piattaforma infrastrutturale a bastione della NATO
(Jugoinfo)
Sulla presentazione del libro di Paolo Deganutti organizzata dalla Associazione Studentesca del...
-
[9401] Il precipizio ucraino
(Jugoinfo)
[english / italiano] Ukraine policy could break the European Union / Il tracollo dell’Ucraina...
-
[9399] In Croazia compagni sotto attacco per avere esibito la bandiera jugoslava
(Jugoinfo)
[Diffondiamo per conoscenza e contributo alla discussione questo interessante documento della RKS,...
-
[9398] Google, Amazon, Microsoft, META e l'ex-Twitter strumenti della tirannia imperialista
(Jugoinfo)
Fact-checker, Google e social coinvolti nel massacro di Gaza e in altre operazioni...
-
[9397] Kosmet: come rendere la vita impossibile ai serbi ma anche agli albanesi
(Jugoinfo)
[english / italiano] Pristina mette fuori legge il dinaro e la polizia del Kosovo effettua raid...
-
[9396] Chi ha portato Rio Tinto in Serbia?
(Jugoinfo)
[srpskohrvatski / italiano] 1) Breve storia del giacimento di litio di Loznica 2) Ana Brnabić:...
-
Capodimonte (VT) 25.7.2024: DRUG GOJKO
(Cultura)
In concomitanza con la tradizionale "pastasciutta antifascista"
-
[9395] Rivoluzioni colorate
(Jugoinfo)
Testi di Laura Ruggeri e dal Simposio internazionale tenuto a Banja Luka nel 2014
-
[9394] G. Merlicco: Una passione balcanica
(Jugoinfo)
Calcio e politica nell’ex Jugoslavia dall’era socialista ai giorni nostri
-
[9393] Videointervista ad A. Martocchia per La Città Futura [VIDEO]
(Jugoinfo)
Temi trattati: intervista al presidente serbo Vučić del settimanale svizzero Die Weltwoche /...
-
[9392] Aspettando Davor [Čekajući Davora, nestalog na Kosovu]
(Jugoinfo)
[srpskohrvatski / italiano] VIDEO sulla storia di Davor Ristic e la questione dei rapiti nel...
-
Roma 28.6.2024: DRUG GOJKO
(Cultura)
Con l'associazione Bosna u srcu / La Bosnia nel cuore
Dal giugno 2023 Jugocoord è Ente del Terzo Settore (ETS)
IL COMITATO SCIENTIFICO E ARTISTICO
operazione trasparenza: IL BILANCIO DI JUGOCOORD
attenzione! i trasferimenti di denaro via Paypal sono soggetti a commissioni salate! per evitarle usate piuttosto il CCP indicato in fondo a questa pagina!
info sulla deduzione o detrazione dei versamenti a Jugocoord