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Gli amanti della pace, gli amici della solidarietà e dell'amicizia fra i popoli, gli internazionalisti, i democratici, gli antifascisti festeggiano oggi il 70.mo Anniversario dalla stipula, a Parigi nel 1947, del Trattato di Pace tra i paesi alleati e cobelligeranti, tra i quali anche la Jugoslavia, da un lato, e l'Italia in veste di paese aggressore nella II Guerra Mondiale dall'altro. 

Istituendo (con Legge n.92/2004) la celebrazione del «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo nella stessa data dell'Anniversario del Trattato, la Repubblica Italiana ha scelto di passare da quello spirito di riconciliazione a nuove stagioni di recriminazione revanscista. Non tutti i cittadini italiani sono d'accordo su questo "nuovo corso". Noi non lo siamo.

Del Trattato riportiamo di seguito alcuni stralci – per il testo integrale: http://www.diecifebbraio.info/2012/01/trattato-di-pace-con-litalia-10-febbraio-1947-3/



Dal testo del Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate e cobelligeranti:

Preambolo

L’Unione delle Repubbliche  Socialiste Sovietiche, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, gli Stati Uniti d’America, la Cina, la Francia, l’Australia, il Belgio, la Repubblica Socialista Sovietica  di Bielorussia, il Brasile, il Canada, la Cecoslovacchia, l’Etiopia, la Grecia, l’India, i Paesi Bassi, la Nuova Zelanda, la Polonia, la Repubblica Socialista Sovietica d’Ucraina, l’Unione del Sud Africa, la Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia, in appresso designate “Le Potenze Alleate ed Associate” da una parte  e l’Italia dall’altra parte:

PREMESSO CHE l’Italia sotto il regime fascista ha partecipato al Patto Tripartito con la Germania ed il Giappone, ha intrapreso una guerra di aggressione ed ha in tal modo provocato uno stato di guerra con tutte le Potenze Alleate ed Associate e con altre fra le Nazioni Unite e che ad essa spetta la sua parte di responsabilità della guerra; e

PREMESSO CHE a seguito delle vittorie delle Forze alleate e con l’aiuto degli elementi democratici del popolo italiano, il regime fascista venne rovesciato il 25 luglio 1943 e l’Italia, essendosi arresa senza condizioni, firmò i patti d’armistizio del 3 e del 29 settembre del medesimo anno; e

PREMESSO CHE dopo l’armistizio suddetto Forze Armate italiane, sia quelle governative che quelle appartenenti al Movimento della Resistenza, presero parte attiva alla guerra contro la Germania, l’Italia dichiarò guerra alla Germania alla data del 13 ottobre 1943 e così divenne cobelligerante nella guerra contro la Germania stessa; e

PREMESSO CHE le Potenze Alleate ed Associate e l’Italia desiderano concludere un trattato di pace che, conformandosi ai principi di giustizia, regoli le questioni che ancora sono pendenti a seguito degli avvenimenti di cui nelle premesse che precedono, e che costituisca la base di amichevoli relazioni fra di esse, permettendo così alle Potenze Alleate ed Associate di appoggiare le domande che l’Italia presenterà per entrare a far parte delle Nazioni Unite ed anche per aderire a qualsiasi convenzione stipulata sotto gli auspici delle predette Nazioni Unite;

HANNO PERTANTO CONVENUTO di dichiarare la cessazione dello stato di guerra e di concludere a tal fine il presente Trattato di Pace ed hanno di conseguenza nominato i plenipotenziari sottoscritti, i quali dopo aver presentato i loro pieni poteri, che vennero trovati in buona e debita forma, hanno concordato le condizioni seguenti:

PARTE I 

CLAUSOLE TERRITORIALI 


SEZIONE I -FRONTIERE

(...)

Art. 3.

Le frontiere fra l’Italia e la Jugoslavia saranno determinate nel modo seguente:

  1. Il nuovo confine seguirà una linea che parte dal punto di congiunzione delle frontiere dell’Austria, Italia e Jugoslavia, quali esistevano al 1º gennaio 1938 e procederà verso sud, seguendo il confine del 1938 fra la Jugoslavia e l’Italia fino alla congiunzione di detto confine con la linea di demarcazione amministrativa fra le province italiane del Friuli (Udine) e di Gorizia;
  2. da questo punto la linea di confine coincide con la predetta linea di demarcazione fino ad un punto che trovasi approssimativamente a mezzo chilometro a nord del villaggio di Memico nella Valle dell’Iudrio;nikolic.mica1
  3. abbandonando a questo punto la linea di demarcazione, fra le province italiane del Friuli e di Gorizia, la frontiera si prolunga verso oriente fino ad un punto situato approssimativamente a mezzo chilometro ad ovest del villaggio in Vercoglia di Cosbana e quindi verso sud fra le valli del Quarnizzo e della Cosbana fino ad un punto a circa 1 chilometro a sud-ovest del villaggio di Fleana, piegandosi in modo da intersecare il fiume Recca ad un punto a circa un chilometro e mezzo ad est del Iudrio, lasciando ad est la strada che allaccia Cosbana a Castel Dobra, per via di Nebola;
  4. la linea quindi continua verso sud-est, passando immediatamente a sud della strada fra le quote 111 e 172, poi a sud della strada da Vipulzano ad Uclanzi, passando per le quote 57 e 122, quindi intersecando quest’ultima strada a circa 100 metri ad est della quota 122, e piegando verso nord in direzione di un punto situato a 350 metri a sud-est della quota 266;
  5. passando a circa mezzo chilometro a nord del villaggio di San Floriano, la linea si estende verso oriente al Monte Sabotino (quota 610) lasciando a nord il villaggio di Poggio San Valentino;
  6. dal Monte Sabotino la linea si prolunga verso sud, taglia il fiume Isonzo (Soca) all’altezza della città di Salcano, che rimane in Jugoslavia e corre immediatamente ad ovest della linea ferroviaria da Canale d’Isonzo a Montespino fino ad un punto a circa 750 metri a sud della strada Gorizia-Aisovizza;
  7. allontanandosi dalla ferrovia, la linea quindi piega a sud-ovest, lasciando alla Jugoslavia la citttà di San Pietro ed all’Italia l’ospizio e la strada che lo costeggia ed a circa 700 metri dalla stazione di Gorizia-S. Marco, taglia il raccordo ferroviario fra la ferrovia predetta e la ferrovia Sagrado-Cormons, costeggia il Cimitero di Gorizia, che rimane all’Italia, passa fra la Strada Nazionale n. 55 fra Gorizia e Trieste, che resta in Italia, ed il crocevia alla quota 54, lasciando alla Jugoslavia le città di Vertoiba e Merna, e raggiunge un punto situato approssimativamente alla quota 49;
  8. di là, la linea continua in direzione di mezzogiorno attraverso l’altipiano del Carso, a circa un chilometro ad est della Strada Nazionale n. 55, lasciando ad est il villaggio di Opacchiasella ed a ovest il villaggio di Iamiano;
  9. partendo da un punto a circa 1 chilometro ad est di Iamiano, il confine segue la linea di demarcazione amministrativa fra le province di Gorizia e di Trieste fino ad un punto a circa 2 chilometri a nord-est del villaggio di San Giovanni ed a circa mezzo chilometro a nord-ovest di quota 208, che segna il punto di incontro fra le frontiere della Jugoslavia, dell’Italia e del Territorio Libero di Trieste.

La carta, alla quale la presente descrizione si riferisce, fa parte dell’Allegato I.

Art. 4.

I confini fra l’Italia ed il Territorio Libero di Trieste saranno fissati come segue:

  1. la linea di confine parte da un punto situato sulla linea di demarcazione amministrativa fra le province di Gorizia e di Trieste, a circa 2 chilometri a nord-est del villaggio San Giovanni ed a circa mezzo chilometro a nord-ovest della quota 208, che segna il punto d’incontro, delle frontiere della Jugoslavia, dell’Italia e del Territorio Libero di Trieste e corre in direzione di sud-ovest fino ad un punto adiacente alla Strada Nazionale n. 14 ed a circa un chilometro a nord-ovest della congiunzione fra le strade Nazionali n. 55 e 14, che conducono rispettivamente da Gorizia e da Monfalcone a Trieste;
  2. la linea si prolunga quindi in direzione di mezzogiorno fino ad un punto nel golfo di Panzano, che è equidistante dalla Punta Sdobba alla foce del fiume Isonzo (Soca) e da Castel Vecchio a Duino, a circa chilometri 3,3 a sud dal punto dove si allontana dalla linea costiera, che è ad approssimativamente 2 chilometri a nord ovest dalla città di Duino;
  3. il tracciato quindi raggiunge il mare aperto, seguendo una linea situata ad eguale distanza dalla costa d’Italia e da quella del Territorio Libero di Trieste.

La carta alla quale la descrizione presente si riferisce, fa parte dell’allegato I.

Art. 5.

  1. Il preciso tracciato di confine delle nuove frontiere fissate negli articoli 2, 3, 4 e 22 del presente Trattato sarà stabilito sul posto dalle Commissioni confinarie composte dei rappresentanti dei due Governi interessati.
  2. Le Commissioni inizieranno i loro lavori immediatamente dopo l’entrata in vigore del presente Trattato e li porteranno a termine al più presto possibile e comunque entro un termine di sei mesi.
  3. Qualsiasi questione sulla quale le Commisioni siano incapaci di raggiungere un accordo sarà sottoposta ai quattro Ambasciatori a Roma della Unione Sovietica, del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America e della Francia, i quali, procedendo nel modo previsto all’articolo 86, la risolveranno in modo definitivo, seguendo i metodi che piacerà loro di determinare, ivi compreso, occorrendo, quello della nomina di un terzo Commissario imparziale.
  4. Le spese della Commissione confinaria saranno sopportate in parti eguali dai due Governi interessati.
  5. Al fine di determinare sul posto le esatte frontiere fissate dagli articoli 3, 4 e 22, i Commissari avranno facoltà di allontanarsi di mezzo chilometro dalla linea di confine fissata nel presente Trattato per adeguare la frontiera alle condizioni geografiche ed economiche locali, ma ciò alla condizione che nessun villaggio o città di più di 500 abitanti, nessuna ferrovia o strada importante, e nessuna importante sorgente di energia elettrica o d’acqua venga ad essere sottoposta in tal modo ad una sovranità che non sia quella risultante dalle delimitazioni stabilite dal presente Trattato.

(...)

SEZIONE IV – REPUBBLICA FEDERALE POPOLARE DI JUGOSLAVIA (CLAUSOLE SPECIALI)

Art. 11.

  1. L’Italia cede, mediante il presente Trattato, in piena sovranità alla Jugoslavia il territorio situato fra i nuovi confini della Jugoslavia, come sono definiti dagli articoli 3 e 22 ed i confini italo-jugoslavi, quali esistevano il 1º gennaio 1938, come pure il comune di Zara e tutte le isole e isolette adiacenti, che sono comprese nelle zone seguenti:
    • La zona delimitata:
      • al nord dal parallelo 42º50’N;
      • al sud dal parallelo 42º42’N;
      • all’est dal meridiano 17º10’E;
      • all’ovest dal meridiano 16º25’E;
    • La zona delimitata:
      • al nord da una linea che passa attraverso il Porto del Quieto, equidistante dalla costa del Territorio Libero di Trieste e da quella della Jugoslavia, e di là raggiunge il punto 45º15’N – 13º24’E.
      • al sud dal parallelo 44º23’N;
      • all’ovest da una linea che congiunge i punti seguenti:
        1. 45º15’N – 13º24′ E
        2. 44º51’N – 13º37′ E
        3. 44º23’N – 14º18’30E
      • ad oriente dalla costa occidentale dell’Istria, le isole ed il territorio continentale della Jugoslavia.

Una carta di queste zone figura nell’Allegato I.

2.     L’Italia cede alla Jugoslavia in piena sovranità l’Isola di Pelagosa e le isolette            adiacenti.
L’Isola di Pelagosa rimarrà smilitarizzata.
I pescatori italiani godranno a Pelagosa e nelle acque circostanti degli stessi diritti di cui godevano i pescatori jugoslavi prima del 6 aprile 1941.

Art. 12.

  1. L’Italia restituirà alla Jugoslavia tutti gli oggetti di carattere artistico, storico, scientifico, educativo o religioso (compresi tutti gli atti, manoscritti, documenti e materiale bibliografico) come pure gli archivi amministrativi (pratiche, registri, piani e documenti di qualunque specie) che, per effetto dell’occupazione italiana, vennero rimossi fra il 4 novembre 1918 ed il 2 marzo 1924 dai territori ceduti alla Jugoslavia in base ai Trattati firmati a Rapallo il 12 novembre 1920 ed a Roma il 27 gennaio 1924. L’Italia restituirà pure tutti gli oggetti appartenenti ai detti territori e facenti parte delle categorie di cui sopra, rimossi dalla Missione italiana di armistizio che sedette a Vienna dopo la prima guerra mondiale.
  2. L’Italia consegnerà alla Jugoslavia tutti gli oggetti aventi giuridicamente carattere di beni pubblici e facenti parte delle categorie di cui al paragrafo 1 dell’articolo presente, rimossi a partire dal 4 novembre 1918 dal territorio che, in base al presente Trattato, viene ceduto alla Jugoslavia e quelli, relativi al detto territorio, che l’Italia ricevette dall’Austria e dall’Ungheria per effetto dei Trattati di pace firmati a St. Germain il 10 settembre 1919 ed al Trianon il 4 giugno 1920 ed in base alla Convenzione fra l’Austria e l’Italia firmata a Vienna il 4 maggio 1920.
  3. Se, in determinati casi, l’Italia si trovasse nell’impossibilità di restituire o consegnare alla Jugoslavia gli oggetti di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, l’Italia consegnerà alla Jugoslavia oggetti dello stesso genere e di valore approssimativamente equivalente a quello degli oggetti rimossi, in quanto siffatti oggetti possano trovarsi in Italia.

Art. 13.
L’approvvigionamento dell’acqua per Gorizia ed i suoi dintorni sarà regolato a norma delle disposizioni dell’Allegato V.

(...)

PARTE II 

CLAUSOLE POLITICHE 


SEZIONE I -CLAUSOLE GENERALI

Art. 15.
L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, di godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà d’espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione.

Art. 16.
L’Italia non incriminerà né altrimenti perseguiterà alcun cittadino italiano, compresi gli appartenenti alle forze armate, per solo fatto di avere, durante il periodo di tempo corrente dal 10 giugno 1940 all’entrata in vigore del presente Trattato, espressa simpatia od avere agito in favore della causa delle Potenze Alleate ed Associate.

Art. 17.
L’Italia, la quale, in conformità dell’articolo 30 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà, in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche, militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici.

(...)

SEZIONE II – NAZIONALITA’ – DIRITTI CIVILI E POLITICI

Art. 19.

  1. I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato subentrante.
  2. Il Governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, perché tutte le persone di cui al paragrafo 1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è l’italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si considererà avere acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito. L’opzione esercitata dal marito non verrà considerata opzione da parte della moglie. L’opzione esercitata dal padre, o se il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai diciotto anni.
  3. Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell’opzione, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata.
  4. Lo Stato al quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle sue leggi fondamentali, a tutte le persone che si trovano nel territorio stesso, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica, e di pubblica riunione.

Art. 20.

  1. Entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato, i cittadini italiani di oltre 18 anni di età (e quelli coniugati, siano essi al disotto od al disopra di tale età), la cui lingua usuale è una delle lingue jugoslave (serbo, croato o sloveno) e che sono domiciliati in territorio italiano, potranno, facendone domanda ad un rappresentante diplomatico o consolare jugoslavo in Italia, acquistare la nazionalità jugoslava, se le autorità jugoslave accetteranno la loro istanza.
  2. In siffatti casi il Governo jugoslavo, comunicherà al Governo italiano, per via diplomatica gli elenchi delle persone che avranno così acquistato la nazionalità jugoslava. Le persone indicate in tali elenchi perderanno la loro nazionalità italiana alla data della suddetta comunicazione ufficiale.
  3. Il Governo italiano potrà esigere che tali persone trasferiscano la loro residenza in Jugoslavia entro il termine di un anno dalla data della suddetta comunicazione ufficiale.
  4. Ai fini del presente articolo varranno le medesime norme, relative all’effetto delle opzioni rispetto alle mogli ed ai figli, contenute nell’articolo 19, paragrafo 2.
  5. Le disposizioni dell’Allegato XIV, paragrafo 10 del presente Trattato, che si applicano al trasferimento dei beni appartenenti alle persone che optano per la nazionalità italiana, si applicheranno egualmente al trasferimento dei beni tenenti alle persone che optano per la nazionalità jugoslava, in base al presente articolo.

SEZIONE III – TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

Art. 21.

  1. È costituito in forza del presente Trattato il Territorio Libero di Trieste, consistente dell’area che giace fra il mare Adriatico ed i confini definiti negli articoli 4 e 22 del presente Trattato. Il Territorio Libero di Trieste è riconosciuto dalle Potenze Alleate ed Associate e dall’Italia, le quali convengono, che la sua integrità e indipendenza saranno assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
  2. La sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste, così come esso è sopra definito, cesserà con l’entrata in vigore del presente Trattato.
  3. Dal momento in cui la sovranità italiana sulla predetta zona avrà cessato d’esistere il Territorio Libero di Trieste sarà governato in conformità di uno Strumento per il regime provvisorio, redatto dal Consiglio dei Ministri degli Esteri e approvato dal Consiglio di Sicurezza. Detto Strumento resterà in vigore fino alla data che il Consiglio di Sicurezza determinerà per l’entrata in vigore dello Statuto Permanente, che dovrà essere stato da esso Consiglio approvato. A decorrere da tale data, il Territorio Libero sarà govemato secondo le disposizioni dello Statuto Permanente. I testi dello Statuto permanente e dello Strumento per il regime provvisorio sono contenuti negli Allegati VI e VII.
  4. Il Territorio Libero di Trieste non sarà considerato come territorio ceduto, ai sensi dell’articolo 19 e dell’Allegato XIV del presente Trattato.
  5. L’Italia e la Jugoslavia s’impegnano a dare al Territorio Libero di Trieste, le garanzie di cui all’Allegato IX.

Art. 22.

La frontiera fra Jugoslavia ed il Territorio Libero di Trieste sarà fissata come segue:

  1. Il confine parte da un punto situato sulla linea di demarcazione amministrativa che separa le province di Gorizia e di Trieste, a circa 2 chilometri a nord-est del villaggio di S. Giovanni e a circa mezzo chilometro a nord-ovest di quota 208, che costituisce il punto d’incontro delle frontiere della Jugoslavia, dell’Italia e del Territorio Libero di Trieste; segue la detta linea di demarcazione fino a Monte Lanaro (quota 546); continua a sud-est fino a Monte Cocusso (quota 672) passando per le quote 461, Meducia (quota 475), Monte dei Pini (quota 476) e quota 407, che taglia la Strada Nazionale n. 58, che va da Trieste a Sesana, a circa 3,3 chilometri a sud-ovest di detta città e lasciando ad est i villaggi di Vogliano e di Orle e a circa 0,4 chilometri ad ovest, il villaggio di Zolla.
  2. Da Monte Cocusso, la linea, continuando in direzione sud-est lascia ad ovest il villaggio di Grozzana, raggiunge il Monte Goli (quota 621), poi, proseguendo verso sud-ovest, taglia la strada tra Trieste e Cosina alla quota 455 e la linea ferroviaria alla quota 485; passa per le quote 416 e 326, lasciando i villaggi di Beca e Castel in territorio jugoslavo, taglia la strada tra Ospo e Gabrovizza d’Istria a circa 100 metri a sud-est di Ospo; taglia poi il fiume Risana e la strada fra Villa Decani e Risano ad un punto a circa 350 metri ad ovest di Risano, lasciando in territorio jugoslavo il villaggio di Rosario e la strada tra Risano e San Sergio. Da questo punto la linea procede fino al crocevia situato a circa 1 chilometro a nord-est della quota 362, passando per le quote 285 e 354.
  3. Di qui, la linea prosegue fino ad un punto a circa mezzo chilometro ad est del villaggio di Cernova, tagliando il fiume Dragogna a circa 1 chilometro a nord di detto villaggio, lasciando ad ovest i villaggi di Bucciai e Truscolo e ad est il villaggio di Tersecco; di qui, procede in direzione di sud-ovest a sud-est della strada che congiunge i villaggi di Cernova e Chervoi, lasciando questa strada a 0,8 chilometri a est del villaggio di Cucciani; prosegue poi in direzione generale di sud, sud-ovest, passando a circa 0,4 chilometri ad est del monte Braico e a circa 0,4 chilometri ad ovest del villaggio di Sterna Filaria, lasciando ad oriente la strada che va da detto villaggio a Piemonte, passando a circa 0,4 chilometri ad ovest della città di Piemonte e a circa mezzo chilometro ad est della città di Castagna e raggiungendo il fiume Quieto ad un punto a 1,6 chilometri circa, a sud-ovest della città di Castagna.
  4. Di qui il tracciato segue il canale principale rettificato del Quieto fino alla foce, e, passando attraverso Porta del Quieto, raggiunge il mare aperto, seguendo una linea ad eguale distanza dalla costa del Territorio Libero di Trieste e da quella della Jugoslavia.

La carta alla quale la descrizione presente si riferisce, fa parte dell’Allegato I.

(...)

PARTE III

 CRIMINALI DI GUERRA 

Art. 45.

  1. L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare l’arresto e la consegna ai fini di un successivo giudizio:
    1. delle persone accusate di aver commesso od ordinato crimini di guerra e crimini contro la pace o l’umanità, o di complicità in siffatti crimini;
    2. dei sudditi delle Potenze Alleate od Associate, accusati di aver violato le leggi del proprio paese, per aver commesso atti di tradimento o di collaborazione con il nemico, durante la guerra.
  2. A richiesta del Governo delle Nazioni Unite interessata, l’Italia dovrà assicurare inoltre la comparizione come testimoni delle persone sottoposte alla sua giurisdizione, le cui deposizioni siano necessarie per poter giudicare le persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
  3. Ogni divergenza concernente l’applicazione delle disposizioni dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo sarà sottoposta da uno qualsiasi dei Governi interessati agli Ambasciatori a Roma dell’Unione Sovietica, del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America e della Francia, i quali dovranno raggiungere un accordo sulla questione oggetto della divergenza.
(...)

SEZIONE VII – AZIONE PREVENTIVA CONTRO IL RIARMO DELLA GERMANIA E DEL GIAPPONE

Art. 68.

L’Italia s’impegna a prestare alle Potenze Alleate e Associate tutta la sua collaborazione, allo scopo di mettere la Germania e il Giappone in condizione di non poter adottare, fuori dei territori della Germania e del Giappone, misure tendenti al proprio riarmo.

Art. 69.

L’Italia s’impegna a non permettere l’impiego o l’allenamento in Italia di tecnici, compreso il personale dell’aviazione militare o civile, che siano o siano stati sudditi della Germania o del Giappone.

Art. 70.

L’Italia s’impegna a non acquistare e a non fabbricare alcun apparecchio civile che sia di disegno tedesco o giapponese o che comporti importanti elementi di fabbricazione o di disegno tedesco o giapponese.

(...)

PARTE VI

INDENNITA’ IN CONSEGUENZA DELLA GUERRA

SEZIONE I – RIPARAZIONI

Art. 74.

(...)

Riparazioni a favore dell’Albania, dell’Etiopia, della Grecia e della Jugoslavia.
  1. L’Italia pagherà riparazioni a favore dei seguenti Stati:
    • Albania, per un ammontare di 5.000.000 di dollari;
    • Etiopia, per un ammontare di 25.000.000 di dollari;
    • Grecia, per un ammontare di 105.000.000 di dollari;
    • Jugoslavia, per un ammontare di 125.000.000 di dollari.

    Tali pagamenti saranno effettuati nello spazio di 7 anni, a decorrere dall’entrata in vigore del presente Trattato. Durante i primi due anni non si farà luogo a prestazioni tratte dalla produzione italiana corrente.

(...)

SEZIONE III – RINUNCIA A RAGIONI DA PARTE DELL’ITALIA

Art. 76.

  1. L’Italia rinuncia a far valere contro le Potenze Alleate ed Associate, ogni ragione di qualsiasi natura, da parte del Governo o di cittadini italiani, che possa sorgere direttamente dal fatto della guerra o dai provvedimenti adottati a seguito dell’esistenza di uno stato di guerra in Europa, dopo il 1º settembre 1939, indipendentemente dai fatto che la Potenza Alleata o Associata interessata fosse o non fosse in guerra non l’Italia a quella data. Sono comprese in tale rinuncia:
    1. le domande pel risarcimento di perdite o danni subiti in conseguenza di atti delle Forze Armate o delle autorità di Potenze Alleate o Associate;
    2. le ragioni risultanti dalla presenza, dalle operazioni o dalle azioni delle Forze Armate od autorità di Potenze Alleate o Associate in territorio italiano;
    3. le doglianze rispetto a decreti ed ordinanze dei tribunali delle Prede di Potenze Alleate o Associate, impegnandosi l’Italia a riconoscere come validi e aventi forza esecutiva tutti i decreti e le ordinanze di detti tribunali emessi alla data del 1º settembre 1939 o successivamente e concernenti navi italiane, merci italiane o il pagamento delle spese;
    4. le ragioni risultanti dall’esercizio o dall’asserto esercizio di diritti di belligeranza.
  2. Le disposizioni del presente articolo precluderanno, completamente e definitivamente, ogni domanda della specie di quelle a cui questo articolo si riferisce, che rimarrà da questo momento estinta, quali che siano le parti interessate. Il Governo italiano accetta di corrispondere equa indennità in lire alle persone che abbiano fornito, a seguito di requisizione, merci o servizi a favore delle Forze Armate di Potenze Alleate o Associate in territorio italiano e per soddisfare le domande avanzate contro le Forze Armate di Potenze Alleate o Associate relative a danni causati in territorio italiano e non provenienti da fatti di guerra.
  3. L’Italia rinuncia ugualmente a fare valere domande della specie di quelle previste dal paragrafo 1 del presente articolo, da parte del Governo o cittadini italiani contro una qualsiasi delle Nazioni Unite, che abbia rotto le relazioni diplomatiche con l’Italia e che abbia adottato provvedimenti in collaborazione con le Potenze Alleate ed Associate.
  4. Il Governo italiano assumerà piena responsabilità della valuta militare alleata emessa in Italia dalle autorità militari alleate, compresa tutta la valuta in circolazione alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato.
  5. La rinuncia da parte dell’Italia, ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, si estende ad ogni domanda nascente dai provvedimenti adottati da qualunque delle Potenze Alleate ed Associate nei confronti delle navi italiane, tra il 1º settembre 1939 e la data di entrata in vigore del presente Trattato e ad ogni domanda o debito risultante dalle Convenzioni sui prigionieri di guerra, attualmente in vigore.
  6. Le disposizioni del presente articolo non dovranno essere interpretate nel senso di recare pregiudizio ai diritti di proprietà sui cavi sottomarini, che, allo scoppio delle ostilità, appartenevano al Governo italiano od a cittadini italiani. Il presente paragrafo non precluderà l’applicazione, nei riguardi dei cavi sottomarini, dell’articolo 79 e dell’Allegato XIV.

(...)

PARTE VII

BENI, DIRITTI ED INTERESSI

(...)

SEZIONE II – BENI ITALIANI SITUATI NEL TERRITORIO DELLE POTENZE ALLEATE E ASSOCIATE

Art. 79.

  1. Ciascuna delle Potenze Alleate e Associate avrà il diritto di requisire, detenere, liquidare o prendere ogni altra azione nei confronti di tutti i beni, diritti e interessi, che, alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato si trovino entro il suo territorio che appartengano all’Italia o a cittadini italiani e avrà inoltre il diritto di utilizzare tali beni o proventi della loro liquidazione per quei fini che riterrà opportuni, entro il limite dell’ammontare delle sue domande o di quelle dei suoi cittadini contro l’Italia o i cittadini italiani, ivi compresi i crediti che non siano stati interamente regolati in base ad altri articoli del presente Trattato. Tutti i beni italiani od i proventi della loro liquidazione, che eccedano l’ammontare di dette domande, saranno restituiti.
  2. La liquidazione dei beni italiani e le misure in base alle quali ne verrà disposto, dovranno essere attuate in conformità della legislazione delle Potenze Alleate o Associate interessate. Per quanto riguarda detti beni, il proprietario italiano non avrà altri diritti che quelli che a lui possa concedere la legislazione suddetta.
  3. Il Governo italiano s’impegna a indennizzare i cittadini italiani, i cui beni saranno confiscati ai sensi del presente articolo e non saranno loro restituiti.
  4. Il presente articolo non pone l’obbligo per alcuna delle Potenze Alleate o Associate, di restituire al Governo italiano od ai cittadini italiani, diritti di proprietà industriale, né di contare tali diritti nei calcolo delle somme, che potranno essere trattenute, ai sensi del paragrafo 1 del prese

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"Il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti è di 323... inferiore persino alla cifra di 471 “martiri delle foibe” riportata dalla stampa fascista... Coloro i cui corpi sono stati gettati in una foiba sono 33 (10,22%) ..."


Inizio messaggio inoltrato:

Da: Dieci Febbraio <diecifeb @ diecifebbraio.info>
Oggetto: Lettera Aperta al MIUR - Ogg. Giorno del Ricordo
Data: 9 febbraio 2017 12:33:41 CET
A: urp @ istruzione.it, valeria.fedeli @ senato.it


In allegato Lettera Aperta a più firme, che si prega di trasmettere alla Ministra Valeria Fedeli.
Distinti saluti,
i promotori


Lettera Aperta al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 

alla vigilia del 10 febbraio “Giorno del Ricordo”

 

Gentile Ministro, 

 

a fine febbraio dell’anno scorso sono stati prorogati per dieci anni i termini per il conferimento di riconoscimenti e medaglie a vittime (ai loro congiunti) delle foibe del ’43 e del ’45, in base alla legge 92 del 2004 che ha istituito il «Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale» per il 10 febbraio di ogni anno.

Ma quanti e chi sono stati coloro che hanno ricevuto riconoscimenti e medaglie nei primi dieci anni di applicazione della legge? 

La domanda è tanto più importante alla luce del “caso Mori”, il caso del parmense Paride Mori fascista repubblichino volontario al confine nordorientale col grado di capitano del Battaglione Bersaglieri “Mussolini” ucciso nel ’44 con armi da fuoco dai partigiani jugoslavi, al quale le massime autorità della Repubblica il 10 febbraio 2015 hanno conferito la medaglia da vittima delle foibe e poi l’hanno revocata in seguito alle proteste antifasciste. 

Non esiste un elenco ufficiale centrale; secondo ricerche e studi storici recenti (in particolare di Sandi Volk, all’indirizzo web www.diecifebbraio.info/2017/01/truffe-fuffe-e-fascisti-i-premiati-del-giorno-del-ricordo-un-bilancio-provvisorio/) le persone insignite di medaglie, pur nell’accezione molto ampia del termine “infoibato” introdotto nella legge 92/2004, risultano appena poco più di trecento, 323, un numero assai inferiore a quello delle migliaia e decine di migliaia di “infoibati” sostenuto dai promotori della legge 92, di cui la gran parte, 250 (77%), sono state appartenenti a formazioni armate dell’Italia fascista e personale politico fascista.

Sulla base di questi numeri - ma anche ipotizzando l’esistenza di altre vittime non presenti fra i beneficiari del riconoscimento, dispersi, scomparsi o fatti prigionieri dagli jugoslavi al momento della Liberazione (maggio’45), anche considerando il fenomeno stesso dell’esodo da Istria e Dalmazia in Italia, che ha riguardato 200.000÷250.000 persone compresa una parte per quanto piccola di sloveni e croati, è avvenuto nel corso di oltre un decennio, e (a differenza di fenomeni analoghi avvenuti altrove) non è stato imposto dalle autorità jugoslave con provvedimenti di espulsione - è insostenibile la tesi che vi sia stato nei confronti dell’Italia e degli italiani un «disegno annessionistico slavo» che «assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica» come disse il Presidente Napolitano il 10 febbraio 2007.

Semmai disegno annessionistico e sprezzante razzismo nei confronti delle popolazioni slave vi fu da parte del fascismo e di  Mussolini. Con la guerra d’aggressione e d’occupazione della Jugoslavia, che nulla aveva fatto all’Italia, condotta al fianco dell’alleato nazista, con l’italianizzazione forzata nel corso del ventennio precedente di zone del confine abitate da sloveni e croati, con le violenze squadriste dei primi anni ’20 nei loro confronti. Il razzismo del fascismo si manifestò la prima volta, quasi vent’anni prima delle leggi contro gli ebrei, nel ’20 a Pola con le parole di Mussolini: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone».

Con la legge 92/2004 che ha attribuito medaglie della Repubblica immeritate, che ha istituito un giorno di solennità civile nazionale il 10 febbraio, che ha introdotto anche nelle scuole racconti del passato parziali e incompleti, si è generato un revisionismo storico del tutto inaccettabile. I soggetti vengono considerati in modo rovesciato rispetto alla realtà storica, in definitiva facendo dell’aggressore, l’Italia fascista, la vittima, e dell’aggredito, le popolazioni dell’ex Jugoslavia, il carnefice.

Nella scuola della Repubblica vanno fatte ricostruzioni storiche corrette, ben più documentate e complete di quanto è stato negli ultimi dieci anni in occasione del 10 febbraio.

Alla vigilia del 10 febbraio alle autorità scolastiche e a Lei stessa sig. Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca chiediamo: che nelle scuole rievocazioni e iniziative sui fatti e i temi oggetto della legge 92/2004 non siano lasciate in modo esclusivo alle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, alle quali in questi anni sono stati dati consistenti finanziamenti pubblici, ma vedano coinvolti anche studiosi, storici, associazioni culturali, istituti storici, ecc., impegnati nel dibattito e nella ricerca in merito; che vengano non più sottaciuti ma adeguatamente fatti conoscere i crimini dell’Italia fascista nei Balcani e in Jugoslavia (con morti delle popolazioni jugoslave non solo precedenti i morti delle foibe ma di numero di più ordini di grandezza superiore a questi); che venga proiettato l’istruttivo al riguardo film documentario inglese della BBC «Fascist Legacy» acquistato dalla RAI; che vengano ricordate e commemorate le tante migliaia di soldati italiani, i quarantamila soldati italiani, che in Jugoslavia l’indomani dell’8 settembre ’43 scelsero di combattere come partigiani insieme con la Resistenza Jugoslava contro il nazifascismo e in ventimila morirono in questa guerra di liberazione transnazionale, così riscattando l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata.    

 
 

 

Giuseppe Aragno                 storico, Napoli

Boris Bellone                       Segretario ANPPIA provinciale Torino 

Andrea Catone                     Direttore della rivista “MarxVentuno”                                                                           

Claudia  Cernigoi                 giornalista e ricercatrice storica, Trieste

Serena Colonna                    Segretaria Nazionale ANPPIA

Davide  Conti                       storico e consulente dell’Archivio Storico del Senato, Roma

Angelo Del Boca                  storico, Università di Torino 

Angelo D'Orsi                      storico, Università di Torino

Sante Giovannetti                 partigiano, Roma

Eric Gobetti                          storico freelance, Torino

Alexander Hobel                  ricercatore di storia contemporanea e saggista, Roma   

Alessandra Kersevan            storica ed editrice, Udine 

Umberto Lorenzoni              partigiano, Presidente ANPI provinciale Treviso

Gabriella Manelli                 già Preside Liceo Classico ed ex Presidente ANPI provinciale Parma

Rita Martufi                          ricercatrice, direttrice CESTES

Raul Mordenti                      docente, Università Tor Vergata Roma

Carla Nespolo                       membro del Comitato Nazionale ANPI

Miriam Pellegrini Ferri        partigiana, Roma 

Vito Francesco Polcaro        ricercatore, Roma 

Giacomo Scotti                     scrittore e storico, Fiume - Trieste

Roberto Spocci                     Presidente ANPPIA Parma

Luciano Vasapollo                docente, Università La Sapienza Roma

Alessandro (Sandi) Volk      storico, Trieste

 
  

Roma,   9 febbraio 2017 

 

per contatti:   diecifeb @ diecifebbraio.info




IL POLIGRAFICO DI STATO OLTRAGGIA LE VITTIME DELLE GUERRE EUROPEE


Da: "donbass @ libero.it
Oggetto: Il Poligrafico di Stato oltraggia le vittime delle guerre europee
Data: 6 febbraio 2017 18:18:45 CET

Apprendiamo dalla stampa che il Poligrafico di Stato ha ricevuto un riconoscimento internazionale per le monete celebrative dei "70 anni di pace in Europa", un progetto vergognoso e oltremodo offensivo per tutte le vittime dei conflitti che hanno insanguinato questo continente da dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Come si può parlare di 70 anni di pace agli jugoslavi che hanno visto il loro paese distrutto anche grazie ad alcuni stati europei? Ai greci che ancora pagano il prezzo di una infinita guerra contro la Turchia? Agli spagnoli che solo grazie ad un eroica resistenza sono riusciti a porre fine alla dittatura franchista?


Questa iniziativa ci porta a pensare che lo Stato italiano abbia un'idea alquanto malsana di pace: sicuramente la intende come "nessuna scocciatura in casa propria". Ma anche un bambino sa bene che pace significa "non fare la guerra". Eppure gli stati europei ne hanno fatte moltissime di guerre negli ultimi 70 anni, ma sempre in altri stati. Per l'Italia basti ricordare: Somalia, 2 volte in Iraq, Yugoslavia, Afganistan, Libia, ecc.

Se guardiamo ad altri partner europei lo scenario è ancora peggiore, ad esempio la Croazia ha attuato una feroce pulizia etnica di matrice fascista massacrando migliaia di persone.

Invece la Francia oltre alle guerre a cui ha partecipato insieme all'Italia ha fatto: l'intervento in Indocina, la criminale permanenza in Algeria, la guerra in Siria, la guerra in Mali e tanti altri interventi in Africa.

Analogo discorso vale per tutti gli altri stati europei con un passato coloniale che si è trascinato (più o meno esplicitamente) oltre il secondo conflitto mondiale: Regno Unito, Belgio, Portogallo, ecc.

Se si fa la guerra in altri paesi e si sostiene di stare in un periodo di pace, si è degli ipocriti.


Le guerre europee non sono tutte finite. L'eurocentrismo porta a pensare che l'Europa sia solo l'Unione Europea, ma ovviamente non è così, quindi nella lista dei conflitti del vecchio continente va inserito anche quello attualmente in corso nell'ex-Ucraina. Proprio in questi giorni l'artiglieria di Kiev ha ripreso a bombardare insistentemente i civili delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, un bagno di sangue che si sta consumando in un assordante silenzio.


Pertanto chiediamo al Ministero delle Finanze di presentare delle pubbliche scuse per l'emissione di queste oltraggiose monete.


Se si deve fare una moneta celebrativa di qualcosa, si scelga un altro tema. La si può dedicare al popolo del Donbass che da tre anni eroicamente resiste alla violenza fascista, oppure a tutte le vittime delle guerre sferrate dagli stati europei negli ultimi 70 anni.



Comitato Donbass Antinazista




VOCE JUGOSLAVA ★ JUGOSLAVENSKI GLAS / "Od Vardara do Triglava - Dal fiume Vardar al monte Triglav"
La nuova puntata del 7.2.2017, interamente dedicata al "Giorno del Ricordo", è ascoltabile online alla pagina: 


Roma giovedì 9 febbraio 2017 
alle 11:30 alla SALA STAMPA della Camera dei Deputati
CONFERENZA STAMPA: IL GIORNO DEL RICORDO
L’INSUFFICIENZA STORICA E CULTURALE DELLE PAROLE CHE LO ISTITUISCONO E LO CELEBRANO
iniziativa organizzata dalla deputata Serena Pellegrino (S.I.). Intervengono:
dott.ssa Alessandra Kersevan, studiosa e coordinatrice del Gruppo di lavoro Resistenza Storica
dott.  Davide Conti, ricercatore e consulente presso l'Archivio Storico del Senato della Repubblica
http://www.serenapellegrino.it/conferenza-stampa-9-febbraio-il-giorno-del-ricordo-linsufficienza-storica-culturale-delle-parole-che-lo-istituiscono-lo-celebrano/
I dettagli per l'accesso non sono ancora noti, sarà probabilmente necessario accreditarsi come giornalisti; agli ambienti della Camera si accede con abbigliamento adeguato (giacca cravatta ecc.).


Parma, giovedì 9 febbraio 2017
alle ore 21 presso il Cinema Astra – Piazzale Volta 3
FOIBE E FASCISMO: manifestazione antifascista alternativa al "giorno del ricordo" del 10 febbraio (XII ed. – 2017)
ore 21:00 conferenza: Crimini e criminali fascisti nei Balcani e in Jugoslavia
con DAVIDE CONTI, storico, consulente Archivio Storico Senato della Repubblica
ore 22:00 filmato: sequenze dal documentario della BBC "FASCIST LEGACY" sui crimini dell'Italia fascista in Jugoslavia
ingresso gratuito – promuovono: ANPI, ANPPIA, Comitato Antifascista Antimperialista e per la Memoria Storica
evento FB: https://www.facebook.com/events/1190804784369909/
scarica la locandina: https://www.cnj.it//INIZIATIVE/PARMA/controm2017.pdf


Pavia, giovedì 9 febbraio 2017 
alle ore 21.00 presso l'Aula Magna dell'Università degli Studi
GIORNO DEL RICORDO: GENESI DI UNA RICORRENZA E USI POLITICI DELLA STORIA
interventi di Piero Purini e Federico Tenca Montini


Pordenone, venerdì 10 febbraio 2017
alle ore 20.30 alla Casa del Popolo di Torre, via Carnaro 10
I GIORNI DEI RICORDI: STORIA, STORIOGRAFIA E MANIPOLAZIONI SULLE FOIBE E IL CONFINE ORIENTALE
intervento di Federico Tenca Montini
sulle polemiche attorno all'iniziativa si vedano anche: 
L'iniziativa si svolgerà alla Casa del Popolo di Torre
PORDENONE: CHI HA PAURA DELLE FOIBE ? (PNREBEL e NEA, 6/2/2017)
... Maldestro tentativo di censura a Pordenone, dove il Comune sta pesantemente sabotando l’incontro... Gli organizzatori ... dopo il diniego del Comune si erano indirizzati verso il ridotto del vicino Teatro Verdi (regolarmente concesso pagando l’affitto della sala in anticipo) ma il 5 febbraio ecco arrivare la revoca della concessione della sala anche da parte del Teatro...


Orvieto (TR), sabato 11 febbraio 2017
alle ore 16.30 nella Sala consiliare del Comune
FOIBE E CONFINE ORIENTALE (titolo provvisorio)
interventi di Alessandra Kersevan
e Angelo Bitti, ricercatore I.S.U.C. 
letture di Laura Ricci 
introduzione a cura del Centro di Documentazione Popolare


Vittorio Veneto (TV), sabato 11 febbraio 2017
dalle ore 16.00 presso la Biblioteca Civica
I GIORNI DEI RICORDI: STORIA, STORIOGRAFIA E MANIPOLAZIONI SULLE FOIBE E IL CONFINE ORIENTALE
intervento di Federico Tenca Montini


Genzano (RM), sabato 11 febbraio 2017
dalle ore 17 presso l'ex Enoteca Comunale
ore 17:00 presentazione del libro di Davide Conti: CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI
ore 18:30 spettacolo teatrale: DRUG GOJKO di e con Pietro Benedetti
promuove: ANPI


Arcore (MI), domenica 12 febbraio 2017
alle ore 10.30 nella sede A.N.P.I.
OPERAZIONE FOIBE TRA STORIA E MITO
intervento di Claudia Cernigoi


Modena, domenica 19 febbraio 2017
alle ore 15.30 nella Sala Ulivi dell'Archivio Storico della Resistenza, Viale Ciro Menotti 137
FOIBE E CONFINI ORIENTALI: LE AMNESIE DELLA REPUBBLICA
intervento di Alessandra Kersevan
organizza: Rete Antifascista Modenese





INIZIATIVE SEGNALATE

Roma 3/2: I SOLDATI ITALIANI IN ALBANIA
Padova 4/2: NOI RICORDIAMO TUTTO
Portogruaro 4/2: I GIORNI DEI RICORDI
Bologna 5/2: PRESIDIO in solidarietà alla popolazione del Donbass colpita dalla guerra
Parma 9/2: FOIBE E FASCISMO


=== Roma, venerdì 3 febbraio 2017
dalle ore 9:30 alle 18:00 presso la Fondazione Gramsci, Via Sebino 43a

Convegno
I SOLDATI ITALIANI IN ALBANIA: DA OCCUPATORI A COMBATTENTI PER LA LIBERTÀ

organizzano:
Ambasciata d'Albania
Istituto del Nastro Azzurro - CESVAM
Ass. "Occhio Blu"
Fondazione Gramsci



=== Padova, sabato 4 febbraio 2017
alle ore 16 alla Marzolo Occupata, Via Marzolo 4 (rione Portello)

NOI RICORDIAMO TUTTO
Foibe, revisionismo, Resistenza

incontro-dibattito con lo storico Sandi Volk 

Inoltre dal 1 febbraio alla Marzolo Occupata è allestita la mostra 
TESTA PER DENTE: crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945
a cura di Pol Vice


=== Bologna, domenica 5 febbraio 2017
dalle ore 15 in Piazza del Nettuno

PRESIDIO 
in solidarietà alla popolazione del Donbass colpita dalla guerra

Dal gennaio 2017 la situazione in Donbass si è aggravata. La guerra infuria con morti e feriti, case distrutte, danni ingenti alle infrastrutture con persone al freddo a 25 gradi sotto zero: i bombardamenti hanno distrutto acquedotti, fabbriche, infrastrutture civili, scuole e ospedali. Mentre in Ucraina si celebrano gli “eroi” collaborazionisti dei nazisti come Bandera, mentre le burocrazie europee si voltano dall’altra parte, il martellamento ucraino colpisce Makeevka, Jasinovataja e Gorlovka. IL COORDINAMENTO UCRAINA ANTIFASCISTA INVITA TUTTI GLI ANTIFASCISTI AD ESPRIMERE SOLIDARIETA' AL DONBASS.
PACE NELL'UCRAINA COLPITA DALLE BOMBE DI UN GOVERNO NATO DA UN GOLPE SOSTENUTO DA FORZE FASCISTE E NAZIONALISTE CON L'AVALLO DELLA NATO

Comitato Ucraina Antifascista Bologna
(aderente al Coordinamento Ucraina Antifascista)

per adesioni e contatti: ucraina.antifascista.bo@...
evento FB: https://www.facebook.com/events/243817632731380/


=== Portogruaro (VE), sabato 4 febbraio 2017
ore 17:30, Villa Comunale

I GIORNI DEI RICORDI
storia, storiografia e manipolazioni sulle foibe e il confine orientale

Quali processi comunicativi costruiscono una «narrazione» sostitutiva della storia? Quale finalità politica sottende a una operazione di questa natura? A queste domande proviamo a rispondere grazie al lavoro di Piero Purini, e al suo libro "Metamorfosi etniche: i cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria, 1914-1975", (Edizioni Kappa VU), un testo che affronta le cause politiche e le implicazioni sociologiche delle memorie e degli esodi del confine orientale.
Grazie agli studi di Piero Purini tutto diventa più comprensibile: partiremo dell'annessione dei territori del confine orientale avvenuta tra le due guerre mondiali, della successiva espulsione delle moniranze, del dominio di questi territori da parte dell'Italia fascista e delle conseguenze a cui questi eventi hanno portato. Lo sguardo sarà rivolto anche alla contemporenaità: alla propaganda revisionista sempre più intensa e portata a tutti i livelli da organizzazioni neofasciste e dalle istituzioni - come la recente vicenda della "foiba volante"di Rosazzo, archiviata con un nulla di fatto dalla Procura di Udine - ha evidenziato.

IL PROGRAMMA:

incontro con
- Piero Purini/storico
Autore di "Metamorfosi etniche: i cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria, 1914-1975"

seguirà dibattito

sarà presente un banchetto con libri e dossier sul tema

Organizzano
NEA (Osservatorio Antifascista del Nord-Est)
Collettivo Stella Rossa - Nordest



=== Parma, giovedì 9 febbraio 2017
alle ore 21 presso il Cinema Astra – Piazzale Volta 3

FOIBE E FASCISMO
manifestazione antifascista alternativa al "giorno del ricordo" del 10 febbraio
dodicesima edizione – 2017

ore 21:00 conferenza
Crimini e criminali fascisti nei Balcani e in Jugoslavia
DAVIDE CONTI
storico, consulente Archivio Storico Senato della Repubblica

ore 22:00 filmato
sequenze dal documentario della BBC
FASCIST LEGACY
sui crimini dell'Italia fascista in Jugoslavia

ingresso gratuito
promuovono: ANPI, ANPPIA, Comitato Antifascista Antimperialista e per la Memoria Storica

evento FB: https://www.facebook.com/events/1190804784369909/
scarica la locandina: https://www.cnj.it//INIZIATIVE/PARMA/controm2017.pdf





Il velo “umanitario” sulle missioni militari all’estero va strappato


di Sergio Cararo

Il vice presidente della Commissione Difesa, on. Massimo Artini (ex M5S), ha replicato con un lungo e articolato commento al nostro articolo di venerdi – ovviamente e fortemente critico – verso la legge approvata a luglio 2016 ed entrata in vigore il 31 dicembre 2016. Ci contesta una lettura negativa di un impianto legislativo a suo dire positivo. A noi così non sembra affatto, e non sembra esserlo stato neanche per 41 senatori che si sono astenuti o votato direttamente contro (al Senato l'astensione vale come voto contrario, ndr).

La legge quadro sulle missioni militari all'estero, infatti è stata approvata al Senato con 194 sì, un no e 40 astenuti, tra questi ultimi i senatori del M5S e alcuni del gruppo misto. Il voto contrario alla legge e' stato della senatrice Paola De Pin (anche lei ex M5S).

La legge disciplina (art. 1) «la partecipazione delle forze armate, delle forze di polizia … e dei corpi civili di pace a missioni internazionali istituite nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) o di altre organizzazioni internazionali cui l'Italia appartiene» (in particolare, come ben si comprende, la NATO e la Ue), toglie (art. 2) al Parlamento, che può intervenire solo con generici “atti d'indirizzo”, la facoltà di approvare o respingere, in modo vincolante, le missioni militari, e dà, viceversa, al Governo (art. 2 e art. 3), pieni poteri nella realizzazione e nella conduzione delle missioni di guerra del nostro Paese. 

All'apparenza la Legge prevede che la decisione di spedire militari in teatri di guerra adottata dal governo, vada inviata al Parlamento, il quale con appropriati atti di indirizzo, può dare luce verde o meno alla missione. Tale autorizzazione può essere sottoposta a condizioni. Dal momento che si è in presenza del totale coinvolgimento dei due rami del Parlamento, se non venisse dato l’assenso dai deputati e senatori, la missione internazionale non si potrebbe realizzare. Probabilmente, su questo impianto, a luglio 2016, quando la legge è stata approvata, il governo già riteneva che il Senato non ci sarebbe più stato in base alla controriforma costituzionale che il paese ha respinto a maggioranza il 4 dicembre con il referendum. Avevano insomma fatto i conti senza l'oste e venduto la pelle dell'orso prima di averlo ucciso.

Un risultato è stato comunque raggiunto dal governo. Le missioni militari all'estero non dovranno essere rinnovate (anche economicamente) ogni sei mesi ma saranno una decisione strategica che può essere revocata solo con un atto politico del governo. Nè ci sembra che la gravità della Legge sulle missioni militari possa essere attenuata da una delle operazioni più insidiose che abbiamo denunciato negli anni scorsi: i cosiddetti Corpi civili di pace che potranno affiancare le missioni militari vere e proprie. Su questo vedi un articolo pubblicato tempo addietro.

E' una lettura catastrofista e pregiudiziale della legge? Per dimostrare che su questo pesano e fanno la differenza i presupposti di partenza, è interessante vedere come invece i “laboratori” legati agli apparati di potere hanno dato la loro lettura delle legge stessa.

Ad esempio secondo la fondazione Astrid:“La legge quadro in questo senso costituisce un vero e proprio salto di qualità nella governance della nostra politica estera e di difesa”. Prendiamo ancora a prestito le valutazioni positive espresse dall'Astrid che, come noi coglie il dato secondo cui questa legge cerca di sanare le molteplici contraddizioni manifestatesi nella politica militare italiana dalla prima guerra del Golfo nel 1991. “L’importanza della cooperazione internazionale nelle missioni di peace-keeping, peace-making e peace-enforcement si è andata affermando soprattutto negli ultimi venti anni. Lo spartiacque può essere considerato la prima guerra del Golfo chevide operare, sotto l’egida di una risoluzione Onu, una coalizione di 34 nazioni, tra cui l’Italia, guidata dagli Stati Uniti”. Non solo. Lo stesso think thank ammette che quelle contraddizioni andavano sanate con un apparato legislativo che adeguasse la proiezione militare dell'Italia al nuovo scenario nelle relazioni internazionali: “Da allora, a causa di contesti internazionali sempre più complessi e di vincoli costituzionali molto stringenti, tale paradigma cooperativo si è rapidamente imposto come la principale modalità di intervento delle nostre Forze armate all’estero. Di fronte al moltiplicarsi degli eventi che hanno richiesto una partecipazione dell’Italia a missioni internazionali si è dunque reso necessario il rinnovamento di un quadro normativo che rimaneva troppo legato alle logiche rigide e bipolari della guerra fredda”.

L'on. Artini, di cui apprezziamo l'attenzione per il nostro articolo, ragiona su un presupposto diverso e distante dal nostro. In questa legge vede una razionalizzazione dell'impianto legislativo sulle missioni militari all'estero, noi ci siamo battuti sistematicamente contro l'idea e le decisioni di partecipare alle missioni militari italiane nei teatri di guerra. Perchè di questo si è trattato. Adesso ci sono 300 militari in Libia “per proteggere la costruzione di un ospedale a Misurata” e 1300 militari in Iraq “per proteggere la ristrutturazione della diga a Mosul”. Tremiamo all'idea che una azienda italiana vinca l'appalto per la costruzione di una autostrada in Siria o in qualche altro paese in guerra.

Negli anni scorsi, la cortina fumogena “umanitaria” in Jugoslavia, Libia, ha nascosto orrori e decisioni politicamente vergognose dei nostri governi. Quella poi dell'intervento militare in Afghanistan e Iraq è quanto ha somigliato di più ad una partecipazione vera e propria ad una guerra di aggressione ad altri Stati. E su questo non c'è alcuna mediazione possibile, né in parlamento né fuori. Su questo presupposto, e proprio per questo, abbiamo fatto a sportellate e poi rotto con i senatori e i deputati della sinistra al tempo del secondo governo Prodi. Purtroppo e per fortuna abbiamo buona memoria e senso della coerenza.

18 gennaio 2017



Il giorno 13 gen 2017, alle ore 18:00, 'Coord. Naz. per la Jugoslavia' ha scritto:

http://contropiano.org/news/politica-news/2017/01/13/litalia-si-dota-della-legge-la-guerra-087877

L’Italia si dota della Legge per la guerra


di Sergio Cararo

Piuttosto in sordina, il 31 dicembre scorso è entrata in vigore la Legge quadro sulle missioni militari all'estero. La legge era già stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale fin dal 1̊ agosto; ma ne era stata rimandata l'attuazione a fine anno, tranne che per la disposizione all'integrazione del Copasir, cioè dell'organismo di controllo sulle attività dei servizi segreti (venuto fuori come problema in occasione delle “missioni coperte” in Libia), anche se valido solo per la legislatura in corso.
L'Italia si è così dotata di una legge organica dello Stato per l'invio di contingenti militari all'estero che dovrebbe azzerare le contraddizioni di incostituzionalità sul ricorso alle azioni militari contro, verso o in altri paesi vincolate al rispetto dell'art.11. Infatti il nostro ordinamento fino ad oggi prevedeva solo la disciplina della "guerra". Ma lo stato di guerra deve essere deliberato dalle Camere, che conferiscono al Governo i poteri necessari (art. 78 Cost.), mentre la dichiarazione di guerra è prerogativa del Presidente della Repubblica (art. 87, 9° comma). ll tutto nei limiti sanciti dall'art. 11 Cost., che vieta la guerra di aggressione e consente l'uso della violenza bellica solo in ipotesi ben determinate (la difesa).
La storia di questi ultimi venticinque anni, con numerose operazioni militari all'estero e il coinvolgimento dell'Italia in teatri di guerra (Iraq, Afghanistan, Jugoslavia ma anche Somalia, Libano etc.), ha reso inevitabile una legge organica che legittimasse sul piano legale la partecipazione dei militari italiani a guerre e operazioni militari in altri paesi.
La Legge individua la tipologia di missioni, i principi generali da osservare e detta disposizioni circa il procedimento da seguire. La newsletter Affari Internazionali ne offre una sintesi molto utile:


a) Le missioni militari all'estero, sia di peace-keeping che di peace-emforcement, sono in primo luogo quelle con il mandato delle Nazioni Unite, ma aadesso lo sono anche quelle istituite nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è membro, comprese quelle dell'Unione Europea;


2) La Nato non è menzionata espressamente, ma è automaticamente inclusa. La Legge poi si riferisce anche alle missioni istituite nelle coalition of willing, cioè coalizione create su una crisi specifica sulla base di decisioni unilaterali dei paesi che vi aderiscono, infine si riferisce alle missioni "finalizzate ad eccezionali interventi umanitari".


3) La Legge specifica che l'invio di militari fuori dal territorio nazionale può avvenire in ottemperanza di obblighi di alleanze, o in base ad accordi internazionali o intergovernativi, o per eccezionali interventi umanitari, purché l'impiego avvenga nel rispetto della legalità internazionale e delle disposizioni e finalità costituzionali (che a questo punto vengono aggirate dalla legge stessa)


“Resterebbe da chiarire il significato di accordi intergovernativi e come questi si differenzino dagli accordi internazionali. Si tratta di accordi sottoscritti dall'esecutivo o addirittura di accordi segreti?” si interroga Affari Internazionali. “In parte tali dubbi dovrebbero essere fugati dai paletti volti a scongiurare una deriva interventista. Le missioni devono avvenire nel quadro del rispetto: a) dei principi stabiliti dall'art. 11 Cost., b) del diritto internazionale generale, c) del diritto internazionale umanitario, d) del diritto penale internazionale”.
Quanto al procedimento per la partecipazione alle missioni internazionali, viene reso centrale il ruolo del Parlamento, razionalizzando una prassi, qualche volta in verità disattesa, che faceva precedere l'invio del contingente militare all'estero da una discussione parlamentare. Ma spesso la ratifica parlamentare avveniva a posteriori, in occasione della conversione in legge del decreto-legge (DL) di finanziamento della missione.
L'iter disegnato dalla L. 145/2016 è il seguente: la partecipazione alle missioni militari è deliberata dal Consiglio dei ministri, Cdm, previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed eventuale convocazione del Consiglio supremo di difesa.
La Legge quadro mette mano anche ad un'altra spinosa questione, ossia se ai militari impegnati nelle missioni debba essere applicato il codice penale militare di pace o il codice penale militare di guerra. Anche la soluzione indicata lascia aperta tutte le strade. La nuova legge dispone che sia applicabile il codice penale militare di pace, ma il governo potrebbe deliberare l'applicabilità di quello di guerra per una specifica missione. In tal caso è però necessario un provvedimento legislativo e il governo deve presentare al Parlamento un apposito disegno di legge. 

 

E' dalla partecipazione alla prima Guerra del Golfo (1991) che si pone il problema di conformare la legislazione italiana al ripetuto ricorso alla guerra "nella risoluzione delle controversie internazionali" che di volta in volta è stata mascherata con acronimi sempre più improbabili: operazione di polizia internazionale, guerra umanitaria, protezione di civili, difesa preventiva etc. etc. Operazioni militari che hanno visto negli anni migliaia e migliaia di soldati italiani prendere parte a guerre in altri paesi e miliardi di euro spesi per parteciparvi. Quando le furberie sulla guerra diventano una Legge organica dello Stato, vuole dire che il punto di non ritorno si è avvicinato ancora di un altra spanna.
 

13 gennaio 2017




EUROPEI BRAVA GENTE


Parrebbe un'anima candida, un innocuo uccellino, pacata e saggia guida di decine di milioni di innocenti, che sono peraltro le uniche persone per bene in un mondo di cattivoni.
Stiamo parlando di Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, che è molto preoccupato per le sorti della civilissima Unione, circondata da barbari da ogni lato: «una Cina prepotente» sul mare, la Russia «aggressiva verso l’Ucraina e i suoi vicini», la nuova Amministrazione statunitense che disgraziatamente «sembra rimettere in questione gli ultimi 70 anni di politica estera americana» – 70 anni tutti rose e fiori, grazie alla NATO... E poi terrore e anarchia in Medio Oriente e Africa, situazioni gravissime soprattutto in Siria e in Libia, delle quali l'Unione Europea non porta assolutamente nessunissima responsabilità (ci mancherebbe). Infine, l'Unione è minacciata pure al suo interno dai secessionismi di chi non accetta la sacra guida tedesca e dai populismi di ogni genìa.
L'Unione Europea è inerme tra tante sciagure, anzi è una pura vittima, ed ha sempre ragione. Su tutto.

Nel frattempo, il regime ucraino, incoraggiato dalla Unione Europea con la quale ha stipulato il Patto di Associazione a seguito del golpe razzista e neonazista del 2014, ha ripreso i bombardamenti contro le popolazioni civili sul suo stesso territorio, causando un centinaio morti solo negli ultimi giorni.
E la Germania ha piazzato 200 veicoli militari, tra i quali 30 carri armati, e 450 soldati in Lituania al confine con la Russia, nemico storico, a scopo intimidatorio.


A cura di Italo Slavo. Fonti:

IT: Donbass. Un bombardamento dal vivo... (1.2.2017)

EN: Germany begins tank deployment to Lithuania as part of NATO commitment to Baltics (RT News, 31.1.2017)

IT: Guerre, armi e armati sul “fronte russo” (di Fabrizio Poggi, 31.1.2017)
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/01/31/guerre-armi-armati-sul-fronte-russo-088434

IT: L’allarme Ue: da Trump alla Libia «le sfide più pericolose di sempre». Tensione Usa-Ue su «euro debole» (Redazione CdS, 31 gennaio 2017)

IT: Ucraina fiaccolata neonazisti: bruciano bandiera rossa (Senza Tregua 31.1.2017)
In Ucraina le forze filo-governative bruciano la bandiera rossa dell'Ucraina sovietica durante una fiaccolata a Kharkov, due giorni fa. Fra gli slogan spicca “impiccare i comunisti”

IT: Precipita la situazione nel Donbass (PandoraTV news 30 Gennaio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/JOP8qFk2Z9U?t=9m23s

IT: Continuano i bombardamenti ucraini sulle repubbliche popolari (di Fabrizio Poggi, 30 gennaio 2017)

EN: In the Name of Europe (Germany appeals for the EU to close ranks against the U.S. – GFP 2017/01/30)
DE: Im Namen Europas (Berlin dringt auf Geschlossenheit der EU gegen Trump – GFP 30.01.2017)

IT: Il governo ucraino ha paura della risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa. Dichiarazione di Petro Simonenko, leader del Partito Comunista di Ucraina, 30.1.2017
N.B. Il Consiglio d'Europa è una istituzione pan-europea e non va confuso con il Consiglio Europeo presieduto da Tusk, che invece rappresenta solamente i paesi dell'Unione a guida tedesca

IT: Il mancato “Nobel per la pace” a Petro Porošenko (di Fabrizio Poggi, 29.1.2017)
... Attacchi a ripetizione delle forze ucraine sui quartieri nordoccidentali di Donetsk: impiegato ogni tipo di arma pesante a eccezione, per ora, dell'aviazione. Abitazioni cannoneggiate e distrutte a Makeevka; intensi martellamenti su Avteevka e Jasinovataja; attacchi di reparti neonazisti di Pravyj Sektor sui punti di controllo per l'accesso a Donetsk. L'offensiva iniziata la notte appena trascorsa è tuttora in corso... 
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/01/29/mancato-nobel-la-pace-petro-porosenko-088365


EN: Leader and Followers (Germany posing as the "leader of the free world" – GFP 2017/01/26)
DE: Führer und Gefolgschaft (Deutsches Dominanzgehabe in der EU – GFP 26.01.2017)

DE: Europas Fahnenträger (Traditionen der deutschen Europapolitik: gegen die USA – GFP 30.11.2016)





I “PREMIATI” DEL GIORNO DEL RICORDO

1) PROSSIME INIZIATIVE SEGNALATE a Trieste, Monfalcone, Parma
2) TRUFFE, FUFFE E FASCISTI... I “PREMIATI” DEL GIORNO DEL RICORDO. UN BILANCIO PROVVISORIO, di Sandi Volk
3) Petizione per l'intitolazione di una via alle “VITTIME DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI ARBE”


=== 1 ===

Trieste, martedì 31 gennaio 2017
alle ore 17.30 presso Libreria Antico Caffè San Marco - via Battisti, 18

presentazione del libro di Nerina Fontanot, Anna Digianantonio e Marco Puppini

CONTRO IL FASCISMO OLTRE OGNI FRONTIERA. 
I Fontanot nella guerra antifascista europea

Kappa Vu Storia (2016)
[scheda del libro: https://www.cnj.it/PARTIGIANI/fontanot.htm ]

Dialogherà con gli autori Franco Cecotti dell'I.R.S.M.L. FVG
Incontro promosso dal Circolo di Studi politico-sociali "Che Guevara" e da A.N.P.I. - V.Z.P.I. di Trieste

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Monfalcone (GO), giovedì 2 febbraio 2017
alle ore 18.00 presso Sede ANPI - via Valentinis, 84

presentazione del libro di Nerina Fontanot, Anna Digianantonio e Marco Puppini

CONTRO IL FASCISMO OLTRE OGNI FRONTIERA. 
I Fontanot nella guerra antifascista europea

Kappa Vu Storia (2016)

Introdurrà l'editrice Alessandra Kersevan
Incontro promosso dall'A.N.P.I. provincia di Gorizia

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Parma, giovedì 9 febbraio 2017
presso il Cinema Astra

FOIBE E FASCISMO
manifestazione antifascista alternativa al "giorno del ricordo" del 10 febbraio
dodicesima edizione – 2017

ore 21:00 conferenza
Crimini e criminali fascisti nei Balcani e in Jugoslavia
DAVIDE CONTI
storico, consulente Archivio Storico Senato della Repubblica

ore 22:00 filmato
sequenze dal documentario della BBC
FASCIST LEGACY
sui crimini dell'Italia fascista in Jugoslavia

ingresso gratuito
promuovono: ANPI, ANPPIA, Comitato Antifascista Antimperialista e per la Memoria Storica



=== 2 ===

TRUFFE, FUFFE E FASCISTI… 
I “PREMIATI” DEL GIORNO DEL RICORDO. UN BILANCIO PROVVISORIO 

di Sandi Volk

http://www.diecifebbraio.info/2017/01/truffe-fuffe-e-fascisti-i-premiati-del-giorno-del-ricordo-un-bilancio-provvisorio/

Il 30 marzo del 2004 il Parlamento istituiva il Giorno del Ricordo (Legge 30 marzo 2004, n. 92) quale solennità civile da tenersi ogni 10 febbraio al fine della conservazione della memoria “...della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra...” (nonché “delle più complesse vicende del confine orientale”)... In occasione di ogni 10 febbraio la legge prevede iniziative “per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado”, nonché “la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti” e stabilisce che nella data della ricorrenza vengano assegnati dei riconoscimenti (una medaglia di metallo con la scritta “L'Italia ricorda” e una pergamena) ai parenti (fino al 6° grado) di persone “soppresse e infoibate” e di quelle soppresse “mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati...” “in Istria, in Dalmazia o nelle province dell'attuale confine orientale” nel periodo tra l'8 settembre 1943 ed il 10 febbraio del 1947 (data di entrata in vigore del Trattato di Pace degli Alleati con l'Italia che ha sancito il passaggio di una serie di territori appartenuti allo Stato italiano a Jugoslavia, Francia e Grecia, nonché più tardi a Somalia, Etiopia, Eritrea e Libia), ovvero di coloro che persero la vita tra il 10 febbraio del '47 ed il 21 dicembre del 1950 per le conseguenze di deportazioni, torture o maltrattamenti. Il termine entro cui si poteva presentare le domande per i riconoscimenti è stato fissato in 10 anni ed è scaduto nel 2015, ma nel 2016 il parlamento lo ha prorogato al 2025. ...
Il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti è di 323. Un numero estremamente deludente, inferiore persino alla cifra di 471 “martiri delle foibe” (per di più riferentesi agli uccisi nel solo periodo immediatamente seguente l'8 settembre) riportata dalla stampa fascista in occasione di quello che è stato in realtà il primo Giorno del Ricordo, cioè il 30 gennaio 1944, quando per decreto di Mussolini in tutto il territorio della RSI si tennero celebrazioni ufficiali di questi “martiri” della “barbarie slavobolscevica”... civili sono 63, ovvero poco più del 19% del totale. Va tenuto presente che tale definizione va presa con cautela perché nei pochi casi in cui ho avuto a disposizione fonti diverse è risultato che le persone in questione non erano affatto dei semplici ed innocui civili... in concreto sono due possibili antifascisti su 323 premiati (lo 0,62% del totale!), e per giunta si tratta di indipendentisti fiumani, quindi evidentemente non catalogabili come persone uccise perché difendevano l'appartenenza della città all'Italia. Ci sono poi 9 persone (il 2,79% del totale) di cui non ho potuto trovare dati di una qualche affidabilità su data e circostanze della scomparsa, né sulle loro appartenenze e qualificazioni. In tre casi la scomparsa è invece avvenuta per mano nazista, e una delle tre vittime è addirittura caduta da partigiano. ...
Coloro i cui corpi sono stati gettati in una foiba sono 33 (10,22%) ... 
per un totale di 61 persone (18,89%) la [] scomparsa non è attribuibile alle formazioni della Resistenza e/o jugoslave... 
per ben 18 (5,54%) persone non abbiamo alcun dato sul luogo della scomparsa... 
... 3 persone ... vengono definite fasciste, mentre negli elenchi e nelle motivazioni del riconoscimento due vengono presentate come semplici civili... Ci sono poi le 6 persone ritenute responsabili di crimini di guerra da parte della Commissione statale jugoslava per l'accertamento dei crimini di guerra. Il caso più noto è quello di Vincenzo Serrentino... responsabile, in qualità di componente del Tribunale straordinario per la Dalmazia, della morte di almeno 18 persone a Sebenico e dintorni... A Serrentino gli jugoslavi imputarono anche la responsabilità, proprio nella sua qualità di “ultimo Prefetto di Zara italiana”, degli arresti, delle uccisioni, delle torture e di quant'altro subito dalla popolazione civile della zona... ci sono anche diversi appartenenti alle più famigerate formazioni fasciste: 9 Camicie Nere, 2 Brigatisti Neri e 1 squadrista “della prima ora”...
... Fortunato Matiassi (di Pisino): la stessa motivazione dice che fu fucilato a Pisino il 4 ottobre dalle truppe tedesche... Antonio Ruffini [fu] “impiccato, quale partigiano, dalle truppe naziste, il 31 marzo 1944 a Gragarske Ravne (Slovenia)...”.



=== 3 ===

LETTERA APERTA AL COMUNE DI TORINO

Petizione per l'intitolazione di una via: “Vittime del campo di concentramento di Arbe”

Probabilmente ben pochi sanno che a Torino esiste una via dedicata all'isola di Arbe. Quasi certamente anche chi la conosce, ci passa regolarmente o addirittura ci abita, non deve aver mai percepito niente di strano in quella intitolazione. D'altra parte alla maggior parte dei torinesi - e degli italiani in genere – il nome di Arbe non dice nulla, semplicemente non richiama alcun significato metaforico o simbolico. Eppure nel corso della seconda guerra mondiale proprio sull'isola di Rab (Arbe in italiano) era stato creato il peggior campo di concentramento italiano. Una pagina nera della nostra storia, una pagina che non ha mai trovato spazio nei manuali scolastici e nelle celebrazioni ufficiali. 
Nel 1941 l'Italia, alleata con la Germania hitleriana, partecipa all'attacco e allo smembramento della Jugoslavia, finendo per annetterne o occuparne almeno un terzo del territorio. In seguito alla rivolta partigiana gli italiani reagiscono con estrema durezza, commettendo crimini di guerra di varia natura (tra cui la cattura di ostaggi, le fucilazioni per rappresaglia, la distruzione di interi villaggi...) e creando un vero e proprio sistema di campi di concentramento. Qui finiscono circa centomila cittadini jugoslavi, soprattutto civili, donne e bambini. In questi lager - che pur non sono campi di sterminio, non hanno camere a gas o forni crematori - muoiono migliaia di civili innocenti, perlopiù a causa delle insostenibili condizioni igieniche e alimentari. Il più terribile di questi campi si trova proprio ad Arbe, una piccola isola della Dalmazia, tra Fiume e Zara, una specie di paradiso terrestre che si rivela un inferno per le trentamila persone che vi sono rinchiuse. Circa mille e cinquecento persone muoiono di fame e di stenti, nei quattordici mesi in cui il campo è attivo, tra il giugno del 1942 e il settembre del 1943. 
C'è un'anomalia storica nel nostro paese, che riguarda la memoria della seconda guerra mondiale. Per una serie di ragioni - storiche, politiche, psicologiche - abbiamo rimosso gran parte dell'esperienza di conflitto precedente all'Armistizio dell'8 settembre 1943. Nell'immaginario pubblico gli italiani appaiono come vittime della guerra e del regime, e tutto il Ventennio precedente viene riscattato dall'esperienza partigiana che ricrea dalle ceneri del Fascismo un'Italia nuova e democratica. Solo così si può comprendere il clamoroso oblio che circonda i crimini commessi dagli italiani negli anni del fascismo, non solo in Jugoslavia, ma anche in Grecia, in Libia, in Etiopia. 
A settant'anni dalla fine del conflitto e nel contesto di riconciliazione proprio dell'Unione Europea, sarebbe forse ora di ripensare con più consapevolezza anche le responsabilità storiche del nostro nazionalismo. Il campo di concentramento di Arbe, in particolare, dovrebbe avere un posto di primo piano nella memoria collettiva italiana, dovrebbe rappresentare il luogo della colpa, il luogo della responsabilità di un regime e di un esercito che ha commesso crimini, come il nazismo, in nome di un espansionismo aggressivo e di una pretesa superiorità razziale. 
In prossimità delle date memoriali scelte dalla Repubblica per ricordare i drammi della seconda guerra mondiale (Giorno della Memoria e Giorno del Ricordo), e nello spirito di rinnovamento proprio di questa nuova amministrazione, chiediamo al Comune di Torino un gesto simbolico di presa di coscienza di questo dramma storico rimosso. A partire dalla toponomastica.
Come studiosi di storia e figure professionali impiegate nella conservazione attiva della memoria della seconda guerra mondiale, domandiamo dunque all'amministrazione comunale di avviare le procedure per rinominare “via Arbe”: 
“Via vittime del campo di concentramento di Arbe”. 

FIRME

Eric Gobetti 
Angelo del Boca 
Giovanni De Luna 
Marco Buttino
Giorgio Rochat 
Gianni Oliva
Lucio Monaco 
Gianni Perona
Aldo Agosti
Bruno Maida
Claudio Della Valle
Luciano Boccalatte
Barbara Berruti
Riccardo Marchis
Andrea D’Arrigo
Enrico Manera
Flavio Febbraro
Carlo Greppi
Valentina Colombi
Cristian Pecchenino
Victoria Musiolek 
Chiara Colombini
Fiammetta Balestracci






http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/lenti-bifocali-su-washington-amatrice.html

LUNEDÌ 23 GENNAIO 2017

LENTI BIFOCALI su Washington, Amatrice, Belgrado



E tu onor di pianti Ettore avrai
ove fia sacro e lacrimato il sangue per la patria versato
e finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane

(Ugo Foscolo, I Sepolcri)

“Finchè l’inganno scorreva silenzioso e monotono, tutti ci siamo lasciati ingannare, avallandolo per incoscienza, o forse per codardia”.
 (William Faulkner)

Dedicato a Milosevic, Karadzic, Mladic. E al Corpo Forestale dello Stato.


E’ capitato ultimamente che qualcuno abbia profferito rampogne sul blog e su FB, sia a me, direttamente, sia alla senatrice 5Stelle Ornella Bertorotta che, con un’apprezzabile mozione contraria, aveva bloccato la mozione di una camarilla di ratti a stelle e strisce, guidata da Casini e da miserandi fuorusciti o giustamente espulsi dei 5 Stelle, che pretendeva di far votare al Senato un documento di contumelie e calunnie al Venezuela. Iniziativa sulla falsariga del colpo di coda del rettile Obama che, implicando le solite misure delinquenziali della sua amministrazione, aveva dichiarato il Venezuela “Grave e straordinario pericolo imminente alla sicurezza degli Stati Uniti”. L’oggetto della rampogna era che sia la senatrice, occupandosi della diffamazione di un degnissimo paese sovrano e fornendo ragioni inconfutabili in contrario, che il sottoscritto, pur nelle drammatiche temperie del momento nazionale, deviavamo dalle cose vicine per occuparci di cose lontane, secondarie rispetto ai problemi di casa.
A me pare una visione un tantino provinciale, non infrequente nel nostro paesello affollato da chi ritiene il cosmopolitismo costume dei merluzzi in viaggio tra Golfo del Messico e Artico, o da chi a scuola non va oltre Massimo d’Azeglio e quando sente parlare di Bismarck pensa a uova al tegamino. A ma pare anche lo strabismo di chi si affanna a riparare il rubinetto di cucina che perde, mentre trascura la falla apertasi nell’acquedotto fuori casa. 

Sappiamo che è una degenerazione del visus vedere male da vicino, miopia, o da lontano, presbiopia, o addirittura da entrambe le distanze. Ci inducono a ciò l’avanzare del decadimento fisico e, nella metafora, l’educazione a vedere soltanto fino alla punta del naso, o soltanto oltre. Per rimediare a questi difetti esiste un rimedio meraviglioso: le lenti bifocali. Alzi lo sguardo verso il settore superiore della lente e vedi nettissimi i cipressi sul crinale; lo abbassi e i caratteri dello stampato che leggi ti balzano nitidi agli occhi. E così, un po’ guardi lontano e vedi che succede dietro “questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude”, e ti “sovvien l'eterno”. Ma poi accorci lo sguardo e attorno a te ritrovi “le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei”. 

Intendendo, l’amico Giacomo, che in questo modo connetti l’eterno al passato e al presente, il lontano al vicino, la luna al pastore errante e, se il poeta mi consente, il modello politico-economico, autocratico-predatore-mafioso, imposto dalla più grande potenza del mondo, alla sciagurata situazione del nostro territorio e di chi ci formicola sopra cercando di scansare gli effetti locali di quel modello. In poche parole, cari soloni, per capire qualcosa, tocca conoscere il contesto e constatare che “tout se tien”.

Quando il diavolo e l’acqua santa fanno festa insieme

Azzardiamo un accostamento ardito. Le megamanifestazioni contro l’insediato presidente, preannunciate da roboanti proclami di guerra al duo satanico Trump-Putin, hanno visto affiancati i “dimostranti del Bene”, donne in testa, e quanti fino a ieri erano definiti i massimi esponenti del Male (Cia, i Clinton, i neocon, i padrini di tutti i terrorismi, gli armaioli). Tout se tien. E’ l’ unità ritrovata, anche se la disparità era già più esibita che giustificata, corrisponde a livello globale a quell’”unità nazionale”, ieri “larghe intese”, che oggi s’invoca da noi a copertura della sciagurata incompetenza, inefficienza, indifferenza, delinquenza, che stanno marchiando d’infamia l’intervento, non intervento, delle autorità a difesa e salvezza degli esseri viventi aggrediti dalla natura manomessa e offesa. Considerazioni che non ci impediranno di certo, una volta sistemati i suoi predecessori nella discarica della Storia, di manifestare e lottare contro l’ ennesimo burattino imperiale e le sue aberrazioni ambientali, geopolitiche, filo talmudiste, scioviniste, razziste.

A Washington, Berlino, Tokio, ovunque il pifferaio talmudista ungherese, CdA della camarilla dei necrofori imperiali, abbia fatto risuonare il suo richiamo, amplificato da esemplari femministi come la novella Santa Giovanna d’Arco, Madonna Ciccone, donne si sono mosse credendo di opporsi a chissà quali future nefandezze di Trump e non facendo altro che obbedire, l’ennesima volta dagli anni del ’68, a nemici di classe, imperialisti, guerrafondai, ladri e genocidi, che depistano dai propri crimini verso la guerra tra poveri, tra subalterni, tra generi. La guida è affidata a machofemministe maternaliste che, insieme a Madeleine Albright, avevano votato per Hillary, il plauso arriva dagli amici del giaguaro. Difatti coloro che ti ci hanno mandato, in piazza, sono i giaguari (chiedo scusa all’animale a cui rubo la metafora) con tra le zanne ancora i resti dei milioni di donne (e altri) sbranate in giro per il mondo. Particolare bello che accantonato.

Faccio contenti i miopi, quelli del rubinetto di cucina, e ricordo che un po’ più di vent’anni fa, allertati da uno di quei comitati di cittadini che sono l’estremo presidio del paese, perforando con la Guardia Forestale dello Stato le colline del Golfo dei Poeti a Pitelli (La Spezia), sprofondammo in un oceano di veleni, lì sepolti da una consorteria di farabutti (politici PCI, poi PD, ammiragli ‘ndranghetisti, imprenditori, banchieri, servizi segreti), che avevano intossicato e ucciso esseri umani e non da Pitelli alla Somalia, compresi la mia collega al TG3 Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e il capitano Natale De Grazia che, anche lui, aveva messo il naso nel business. Noi, le Guardie Forestali sotto lo straordinario maresciallo Gianni Podestà, alcuni PM di La Spezia e soprattutto il PM Luciano Tarditi di Asti, che inchiodò i delinquenti uno per uno, tirammo fuori quelle porcherie assassine e le sventolammo sotto il naso ai responsabili. Noialtri ce la siamo cavata. Ma la magistratura, nei tempi della nostra evoluzione politica, s’è evoluta pure lei: vent’anni dopo, tutti assolti e i veleni sono ancora là.


Un corpo di polizia che fa pulizia

Rai, Tg3, magistratura, tutti normalizzati. Anche in Abruzzo, dove l’Edison della centrale di Bussi ha avvelenato per vent’anni 400mila persone. Altro delitto, altri criminali scoperti dalla Guardia Forestale.Tutti assolti. E poi Seveso, la Centrale a carbone della Tirreno Power di Vado Ligure, assassina di almeno 400 persone, la Terra dei Fuochi, alluvioni, frane, incendi. Il Corpo di polizia sicuramente più preparato e prezioso in un paese che prolifera di polizie come nessun altro al mondo, ma, ahiloro, non militarizzato. Vicino a quella che suol dirsi società civile, al territorio. Fondato nel 1822 da chi non pensava a repressione dei subalterni, ma a salvaguardia e promozione di chi non ha voce, animali, terra, piante, acque, faceva la cosa più importante di tutte, quella che nessuno nel Belpaese fa: prevenzione. Ed era composto da gente preparata, onesta, appassionata. E che perciò dava fastidio e doveva morire.

Hanno iniziato a ucciderla a fine anni ’80. Ricordo un mio servizio sul Parco Nazionale dello Stelvio, il primo d’Italia, uno dei più antichi d’Europa. Ci arrivai che, con lacrime invisibili negli occhi, i Forestali svuotavano armadi, impacchettavano dossier, chiudevano gli uffici, partivano. Un decreto gli aveva tolto il compito di vegliare sul parco e l’aveva affidato ai palazzinari e bracconieri delle tre province che ambivano a saccheggiarlo: Lombardia, Trentino, Alto Adige. Oggi è rimasto integro solo questo’ultimo pezzo, sudtirolese. 

A decretarne la morte definitiva è stata la superesperta di ambiente e amministrazione pubblica Marianna Madìa. Il decreto Sblocca Italia aveva già tolto di mezzo le soprintendenze ai beni culturali, a che servivano nel paese del 40% del patrimonio artistico mondiale, essendoci una Madia? E, per la valorizzazione, un Briatore, un Ciancimino, un Fuksas? La messa a disposizione delle solite torme di ratti, tipo costruttori all’Aquila, viene completata dalla Madia che, all’insaputa di ogni principio di razionalità ed efficienza, ma alla saputa di speculatori e predatori, elimina il CFS incorporandolo nei più “affidabili” carabinieri. Con i Vigili del Fuoco sotto organico perenne e gravemente sottodotati, i due corpi a cui è affidata la salvaguardia del nostro territorio violato e sgretolato, sono ridotti alla ragione di Stato, di questo Stato. E così i geologi, scienziati di cui l’Italia avrebbe bisogno più dei perfettamente inutili suoi 322mila soldati. Sono troppi, costano troppo. Possiamo spendere 15 miliardi di euro per 90 scarcassoni chiamati F35, che tutti gli altri cancellano. Possiamo regalare 20 miliardi alle banche perché si salvino dalle proprie ruberie e regalie. Sarebbero 35 miliardi con i quali si riaggiusterebbe metà del nostro territorio dissestato e reso stragista. Se i nostri burattini scegliessero diversamente, chi li farebbe lavorare più appesi ai fili?

La meglio Protezione Civile

E così non solo prevenzione nulla e abusi a gogò, allarmi ignorati da prefetti, ritardi surreali nei soccorsi, turbine antineve rotte e non riparate, strade vitali per le emergenze sepolte e nè manotenute, né sgomberate (le province che se ne occupavano abolite pure quelle), gente in tenda sotto tonnellate di neve e tra macerie non rimosse a cinque mesi dal primo sisma, tramvate contro la realtà cialtronesca di regime di un capo dello Stato che biascica “non vi abbandoneremo”. Ma nulla ricorda degli 8000 km di ferrovia, della rete allora migliore d’Europa, tagliati come rami secchi per far posto alla gomma e ai carburanti dei compari. Treni che, aprendosi la strada con i rostri anche nella neve, collegavano tutti quei borghi che oggi si sono visti irraggiungibili. Ma anche tre elicotteri della Guardia Forestale che avrebbero potuto intervenire sull’albergo-tomba di Rigopiano, ma sono rimasti fermi perché la Madia non aveva ancora provveduto a emanare i decreti attuativi necessari l passaggio di consegne ai carabinieri. E tutti ad applaudire gli “eroici vigili del Fuoco e il Soccorso Alpino”, compresi quelli che non fanno che togliere di mezzo l’importuno intralcio alle magnifiche sorti e progressive di crescita e sviluppo.

Spasmi di rabbia e crampi di pena a vedere vagolare in una panorama tutto bianco che, solo al suo apparire sullo schermo cerchi una coperta, animali morituri. Mucche, pecore, maiali, conigli, che non sono solo l’economia della regione, senza i quali la regione si spopola e muore e poi viene giù. Sono creature senzienti, affettive, sofferenti, moriture, disperate, morte di freddo, di fame, di solitudine. Questa combutta di inetti e irresponsabili, cui le nevicate straordinarie erano state anticipate, non ha saputo predisporre, mica casette di legno o container attrezzati, ma semplicemente stalle, quattro assi e una tettoia, per salvare chi vive soffrendo l’indicibile e chi ne vive e annega nella disperazione. Siamo una landa desolata, un paese desertificato nella natura, nell’intelligenza, nell’onestà. A che servono i Forestali in un deserto?

Serbi da morire. Stavolta li ammazziamo di migranti

Se sollevo lo sguardo, passo attraverso la parte delle lenti bifocali che fa vedere lontano. Capita che si veda fino a Belgrado. Come, dopo tre lustri di pudica, prudente, cecità sul corpo di reato, sta succedendo in questi giorni a tutti. Vedono fino a Belgrado. Ma non vedono Belgrado. Vedono migranti al freddo. L’ho già ricordato altre volte, ma oggi c’è lo spunto per ripercorrere il ricordo: era la mattina del 24 marzo 1999, con il concorso di pacifinti alla Sofri e Langer, preti, dirittumanisti, giornalisti venduti o imbecilli, furbacchioni, mercenari Nato di Al Qaida, spie e delinquenti, avevano già sbranato la massima parte della Jugoslavia e si apprestavano all’esecuzione di quanto restava, nonostante tutto, orgogliosamente in piedi. La Serbia. Avevano già fatto pulizia etnica a migliaia di morti ammazzati e centinaia di migliaia di sradicati, in Kosovo, Bosnia, Krajine e si erano coperti inventando stragi serbe a Racak, Srebrenica, Vukovar.

Quella notte criminali di guerra, tra i quali il caporale di giornata D’Alema, avevano iniziato i bombardamenti su Belgrado la cui gente si ostinava a mettersi un ponte con un bersaglio sul petto a cantare canzoni. Quella mattina, in riunione di redazione, ci esaltarono l’opera di Giovanna Botteri portavoce simultaneamente di UCK e Nato e ci dissero che tutti dovremmo riferire così sull’ “intervento umanitario”. Come sempre, prima e dopo, nulla era vero, il dittatore Milosevic, gli stupri, la pulizia etnica in Kosovo, la repressione, le carceri piene di politici. Era vero il contrario. E la Serbia poteva dare esempi di democrazia e moderazione a tutta la sedicente “comunità internazionale”. Quel giorno fu il mio ultimo in Rai e il primo tutto solo e da indipendente.

A Belgrado la notte del nostro arrivo le macerie fumavano, nell’ospedale trovammo le incubatrici spente dalle bombe, così la TV di Stato, come in tutti i paesi che diffondono “fake news”, l’albergo accanto al nostro squartato da un missile, l’ambasciata cinese di fronte affettata da tre bombe, le strade ridotte in torrenti congelati di macerie. E la gente sul ponte con il Target, a cantare. Ne feci un documentario “Il popolo invisibile”. E poi un altro, “Serbi da morire”. E poi un altro, “Popoli di troppo”. Ma i miei reportage a Liberazione dopo un po’ vennero bloccati dal caporedattore Cannavò, ora a “Il Fatto Quotidiano”, e dalla vicedirettrice sotto Sandro Curzi , chihuahua di Bertinotti, Rina Gagliardi. Troppo squilibrato verso Milosevic. L’ultimo pezzo cestinato era sulle bombe a grappolo Usa su Nis e, peggio, un racconto di come bene i serbi accogliessero i rom. Rifiutarono perfino, grandi professionisti, la mia intervista con Slobo, l’ultima prima che lo arrestassero. Uscì poi sul Corriere.
Da allora, la Serbia sparì in un buco nero. Conveniva. La vergogna sotto sotto si faceva sentire. Un’Europa unita che ci dà 60 anni di pace e poi si amputa un arto. Ma la vergogna, il senso di colpa, in fondo al pozzo nero dell’anima di tutti coloro che hanno collaborato alla distruzione di Jugoslavia e Serbia, o l’hanno tollerata, riemerge adesso. E prova ad arrampicarsi dal buio della cattiva coscienza verso la luce di una maleodorante solidarietà. Quella per i profughi. Un uragano di compassione per chi agonizza al freddo, come Enrico IV, nel 1077 per tre giorni e tre notti nella neve, anche allora di gennaio, davanti al portone del castello di Gregorio VII e Matilde. Una bufera di indignazione verso “i serbi che sbarrano le porte”. Serbi come Orban, il “nazista ungherese” che, sia detto tra i denti, governa un paese che, in proporzione alla popolazione, ha il più alto numero di profughi d’Europa e il cui “muro” è un cancelletto rispetto a quello eretto in Palestina o a Calais. Lui però è cattivo, ha cacciato tutte le buone Ong di Soros, ama più Putin di Juncker. Cattivi anche i serbi una volta di più vittime di menzogne e calunnie. Come dal 1990. Come anche prima, quando Tito e Milosevic si ostinavano a tenere il paese fuori dalla camicia di forza delle superpotenze.


Una cattiva coscienza che si nasconde nella solidarietà

Sarete rimasti atterriti dall’uragano di immagini, lacrime, geremiadi, anatemi, che i media di mezzo mondo, hanno scaricato dagli schermi a proposito della tempestivamente re-innescata (ovviamente contro Trump e accoliti che schifano i migranti) rotta balcanica. Come Enrico IV, alle porte di Belgrado, o al confine serbo-ungherese, nel gelo, colonne di fuggiaschi in stracci, senza protezione, assistenza, conforto, attorno a focarelli che lottano contro bufera e nevischio, che si fanno la doccia all’aperto, con acqua di bidoni ghiacciati, bambini e donne (meticolosamente rintracciati tra un 90% di giovani maschi). Una roba, come suggerisce un acuto commentatore al mio blog, che dovrebbe evocare paragoni con l’olocausto, con le turbe di moribondi in marcia dal treno blindato alle presunte camere a gas. Ovviamente, su questa strada, Furio Colombo e la lobby sono sempre in testa.

Diversamente che da noi, anche a Roma, non c’è stato nessuno sgombero forzato, si è negoziato per trovare una soluzione che non ferisse nessuno, si sono messe a disposizione tre caserme (da noi stanno vuote), si è provveduto a fornire vestiario, cibo, calore. I cittadini di Belgrado, cui abbiamo lasciato gli occhi per piangere, si sono mossi in soccorso individuale e collettivo, come li avevo visti fare quando dal Kosovo, lacerato dalle bombe Nato e dai briganti dell’UCK, arrivavano in fuga serbi e rom. 

Non hanno parlato di integrazione, di assimilazione di meticciato, e altri trucchi neocolonialisti, coloro che facevano parte del migliore esperimento di integrazione tra etnie e confessioni di una famiglia geografica e storica dallo stesso destino e progetto politico. Ma hanno fatto quel che potevano, da gente stanca, disillusa, sfiancata, mal governata (come piace ai suoi giustizieri), impoverita, demoralizzata, per continuare ad avere il mondo contro. Il mondo che gli ha troncato le gambe e chiuso il futuro. E che oggi pretende di dare lezioni di umanità. Appunto, lo stesso mondo dell’intervento umanitario a forza di bombe e bugie.

Quanto a noi, a quelli che marciano contro Trump per la soddisfazione di Obama, Hillary, signori delle guerre, dei diritti umani, dei LGBTQ, delle donne (bombardate escluse), che magnifica occasione, quella dei poveri rifugiati davanti alle mura dei soliti serbi, per nascondere i carcinomi della nostra coscienza. Per lavarla, questa coscienza, con la candeggina dell’ipocrisia.


(hrvatskosrpski / italiano)

Kitarović - Mesić, due facce della stessa medaglia

La attuale presidentessa della Repubblica di Croazia, Kolinda Grabar Kitarović, leader della destra di derivazione tudjmaniana, e l'ex presidente Stipe Mesić, storico rappresentante della "sinistra" europeista-atlantista, in realtà anche lui legato al nazionalismo anti-jugoslavo ed alla sporca figura di Franjo Tudjman. Sono le due facce della stessa inadeguatezza politica e aspirazione revisionista-revanscista della classe politica croata uscita dalla guerra "patriottica". Mentre infuria la polemica sulla Grabar Kitarović che usa soldi pubblici per farsi viaggetti privati a Capodanno, Mesić appare in un video del 1992 in cui afferma che "chi entrava a Jasenovac [il famigerato lager ustascia] era salvo" – sic: tanto per celebrare in-degnamente ia Giornata della Memoria... (a cura di Italo Slavo e Ivan Istrijan)

1) Kolindin put u Ameriku / Il viaggio di Kolinda negli USA (V. Kapuralin / SRP)
2) La (visita-) vacanza negli Stati Uniti della Presidentessa croata, coronamento di una serie di gaffes! / 'Američka turneja' kruna serije Kolindinih gafova (Boris Rašeta / express.hr)
3) "Tko je došao u Jasenovac, bio je spašen" – VIDEO I TEKST (Sergej Županić / express.hr)


Pročitaj isto:
SUMRAK CIVILIZACIJE: Anna Frank ponovno deportirana (22. Siječanj 2017. / SRP)
Socijalistička radnička partija (SRP) izražava zgražanje nad sramnim i neciviliziranim činom  ravnatelja Tehničke škole u Šibeniku, Josipa Belamarića, zbog naprasno prekinute izložbe o holokaustu i tragičnom stradanju djece u ratnim sukobima Drugog svjetskog rata, a koje simbolizira zla sudbina male Židovke Anne Frank, ubijene u nacističkom logoru Bergen-Belsen...


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KOLINDIN PUT U AMERIKU

Čitav je niz detalja koji priču Kolinde Grabar Kitarović, trenutno na radnom mjestu predsjednice, nazovimo države, Hrvatske, kojom pokušava novogodišnji odlazak u Sjedinjene Američke Države iz osobne sfere svrstat u službenu sferu i time, naravno, pravdati trošak putovanja, čine krajnje neuvjerljivom.

Pa, da krenemo redom. Vrlo je neuobičajeno da se državnički posjeti na najvišoj razini, onoj šefa države ili vlade, organiziraju i sprovode za vrijeme Novogodišnjih praznika. To je vrijeme kada i državni dužnosnici najčešće provode u krugu svojih obitelji. Tome treba dodati da je u Americi za manje od dva tjedna smjena vlasti. Zaista moraju biti jako ozbiljni razlozi koji bi opravdali potrebu službenog posjeta.

Informacija o posebnim razlozima takve prirode nije objavljena.

Državničke posjete dogovaraju obje strane i realiziraju se prema protokolu koji se sastavlja na osnovu utvrđenih diplomatskih uzanci. Javnost obiju strana biva informirana o vrsti posjete: da li se radi o prvom posjetu ili je posjet uzvratan; da li se radi o pozivu države domaćina ili inicijativi države posjetioca.

U konkretnom slučaju, nijedna strana ništa slično nije navela.

Protokol predviđa da zemlja gostitelj na adekvatan način dočeka gosta i to: šef države šefa države, šef vlade šefa vlade, resorni ministar kolegu ministra. Naravno, u slučaju spriječenosti gosta može dočekat i netko od zamjenika. Po završetku službenog dijela, obično obe strane daju izjave za medije i procjenu uspješnosti razgovora.

U konkretnom slučaju nije javno prikazan nikakav doček niti smo imali prilike vidjeti s kim je gošća razgovarala, nismo čuli ni izjave za medije, ako izuzmemo gospođino pojavljivanje u Dnevniku u četvrtak 5. siječnja.

Ukupni dojam tog pojavljivanja, jedinog do tada, bio je razočaravajući. Gospođa se uslikala ispred željezne ograde koja dijeli prostor oko Bijele kuće od prostora za znatiželjnike. Izjava koju je tom prilikom dala o ambiciji da utječe na formiranje američke vanjske politike lišena je osjećaja za političku realnost. Hrvatska kao vazalna kvazi država ne kreira niti vlastitu politiku, već sprovodi politiku svojih gospodara, a kamoli da može utjecati na nekog poput Amerike.

Dakle, radi se o jednom amaterskom nemaštovitom pokušaju kokošarenja koji će ostati upamćen po lošoj, samovoljnoj i nesinkroniziranoj izvedbi i ljazi koju je bacila na sebe, svoju porodicu, koju se razvlači po fasadama, i društvenim mrežama i društvu u cjelini.

 

http://dalmatinskiportal.hr/sport/prica-o-jakovu-se-sa-stadiona-preselila-na-ulice/14827

https://www.facebook.com/hajduckevijesti/photos/pb.300243256779260.-2207520000.1470548970./798113760325538/?type=3

http://net.hr/danas/hrvatska/ovog-naseg-su-bar-pustili-u-dvoriste-i-srbi-i-hrvati-zbijaju-sale-na-racun-boravka-predsjednice-u-sad/

https://www.facebook.com/disupareka/photos/a.223413837782301.1073741828.223412531115765/464952466961769/?type=3&theater

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U Puli, 8. I. 2017.

Vladimir Kapuralin


--- TRAD.:

Il viaggio di Kolinda negli USA

Ci sono tutta una serie di dettagli nel racconto di Kolinda Grabar Kitarović, attuale presidente del (per così dire) Stato croato, volti a spostare il suo viaggio di Capodanno negli USA dalla sfera privata a quella  ufficiale e così, naturalmente, a giustificarne il costo, i quali non sono del tutto convincenti. 

Ma andiamo con ordine. È molto insolito che le visite di Stato al più alto livello, quelle dei capi di Stati o governi, si organizzino ed effettuino durante le feste di Capodanno. Questo è il periodo che, sovente, anche i funzionari statali passano insieme alla propria famiglia. A ciò bisogna aggiungere che in America tra meno di due settimane ci sarà un cambio di leadership. Davvero ci devono essere motivi molto importanti per giustificare la necessità di questa visita ufficiale.

Informazione su tali motivi speciali non sono circolate.

Le visite di Stato vengono concordate da ambedue le parti e realizzate secondo il protocollo che viene composto in base a usanze diplomatiche prestabilite. Il pubblico da ambedue le parti viene informato del tipo di visita: se si tratta di una prima visita o è una visita di reciprocità; se si tratta in un invito da parte dello Stato ospitante o avviene su iniziativa dello Stato ospite. 

Nel caso specifico, nessuna delle due parti ha indicato niente in proposito.

Il protocollo prevede che il paese ospitante accolga l'ospite nella maniera adeguata, cioè: il capo di Stato viene ricevuto dal capo di Stato, il capo del governo dal capo del governo, il ministro dal corrispondente collega. Naturalmente, in caso di impedimento l' ospite può essere ricevuto anche  da qualcuno dei sostituti. Alla fine dell'incontro ufficiale, di solito, ambedue le parti rilasciano alla stampa dichiarazioni e valutazioni sull'incontro.

Nel caso specifico, non è stato pubblicizzato alcun benvenuto e nemmeno abbiamo avuto l'occasione di sapere con chi l'ospite abbia parlato, non abbiamo sentito nessuna dichiarazione attraverso i media, a parte la sola apparizione della signora al Telegiornale di giovedì 5 gennaio.

L'impressione ricavata da questa apparizione, unica fino a quel momento, è stata totalmente deludente. La signora si è fatta fotografare davanti alla recinzione in ferro che divide la Casa Bianca dal pubblico curioso. L'ambiziosa dichiarazione fatta in tale momento, di poter influire sugli orientamenti della politica estera USA, non ha alcun rapporto con la politica reale. La Croazia, in quanto quasi-Stato vassallo, non elabora nemmeno una propria politica, bensì esegue la politica dei suoi padroni, figuriamoci perciò come possa influire su qualcuno come gli Stati Uniti d'America.

Si tratta quindi di un tentativo dilettantesco, privo di fantasia, da pollaio, che sarà ricordato in futuro come una povera esibizione velleitaria e fuori tempo, e marchierà perciò lei stessa, la sua famiglia, propagandosi nelle piazze come nelle reti sociali e nella società tutta.

Vladimir Kapuralin
Pola, 8 gennaio 2017

Fonti:
http://dalmatinskiportal.hr/sport/prica-o-jakovu-se-sa-stadiona-preselila-na-ulice/14827
https://www.facebook.com/hajduckevijesti/photos/pb.300243256779260.-2207520000.1470548970./798113760325538/?type=3
http://net.hr/danas/hrvatska/ovog-naseg-su-bar-pustili-u-dvoriste-i-srbi-i-hrvati-zbijaju-sale-na-racun-boravka-predsjednice-u-sad/
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=== 2 ===


La (visita-) vacanza negli Stati Uniti della Presidentessa croata, coronamento di una serie di gaffes!

Prometteva "mari e monti" e nascondeva:
Nascondeva l' accordo con la alleanza NATO
"Appena vinco, trasloco a Visoka" (ufficio dove risiedeva prima di diventare Presidente)
"No, non faccio traslocare soltanto Josip Broz..."
L'inchiesta sul cioccolato serbo
"Donald Trump viene troppo sottovalutato"
"Eccomi, e dove sta Jakovina?" (dopo esser venuta nell' Ufficio del Ministro senza preavviso)
"Noi siamo un piccolo paese, ma siamo un grande paese" (dopo le vacanze di Capodanno negli USA, irritata di essere in un certo senso snobbata)
"Il Canada non ha risorse, ma gli va lo stesso bene"
Dal prato alla leadership
 (Aggiungeva sul prato davanti all'inferriata che divide la Casa Bianca dal luogo riservato ai turisti, che la Croazia dovrebbe esser leader (e dare consigli a gli USA... Vedere l'articolo di Kapuralin). Il senatore Marco Rubio su Twiter ha pubblicato la foto con Kolinda...
"Faremo parte del paese più sviluppato d' Europa e del mondo"
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http://www.express.hr/top-news/americka-turneja-kruna-serije-kolindinih-gafova-8729

'Američka turneja' kruna serije Kolindinih gafova

15. siječnja 2017.
Obećala je smanjiti Ured za dvije trećine, jednako toliko smanjiti troškove i preseliti ga u Visoku. Jamčila je da će se voziti tramvajem, biti bliska običnom čovjeku...

Predsjednica je “američkom turnejom” okrunila dugu seriju lapsusa, gafova, komunikacijskih i političkih akrobacija...

Obećala je smanjiti Ured za dvije trećine, jednako toliko smanjiti troškove i preseliti ga u Visoku. Jamčila je da će se voziti tramvajem, biti bliska običnom čovjeku.

U euforiji pobjede rekla je da će Hrvatsku uvrstiti među najrazvijenije zemlje Europske unije i svijeta. Obećala je otvoriti Ured za mlade. Dokinuti ideološke podjele i razviti zajedništvo. Nakon pobjede otišla je u šator u Savskoj 66, gdje je obećala Ustavni zakon o pravima branitelja.

"Od srca vam želim puno zdravlja i sve najbolje u novoj godini, da se izborite za svoja prava, da svi zajedno ‘proguramo’ Ustavni zakon o pravima hrvatskih branitelja i izborimo se da branitelji konačno dobiju ono što zaslužuju", rekla je predsjednica.

Sljedeće nove godine predsjednica provodi u Americi, a na pitanje Branke Slavice s kim je ovaj put razgovarala, može li reći imena, odgovorila je:

"Pa naravno, niz članova Kongresa, niz članova Kongresa u smislu administracije koja je republikanska, ali isto tako i demokratska jer, naravno, mi želimo raditi u smislu da vodimo politiku s novom Trumpovom administracijom, ali isto tako vodimo politiku, isto tako i s ljudima koji će biti tu, bez obzira na to koje su, da li su, demokratske ili republikanske provenijencije."

Tajila ugovor s NATO savezom

Kolinda Grabar Kitarović imala je ugovor s NATO savezom tijekom kampanje za predsjednicu Hrvatske. Htjela je biti sigurna da će je dočekati stari posao ako izgubi od Josipovića. To je malo tajila, ali su do informacije došli novinari.

Čim pobijedim, selim se u Visoku

Preselit ću rezidenciju, i to u Visoku ulicu, gdje sam i počela raditi 1993. godine. To je sasvim primjerena lokacija, a ne koristi se i zjapi prazna. Pantovčak ću otvoriti za građane, za osobe s invaliditetom, djecu s poteškoćama u razvoju ili sličnu namjenu.

Ne, selim samo Josipa Broza...

Iz Ureda je kratko nakon dolaska iselila bistu Josipa Broza Tita. Značajno je smanjila broj slika Ede Murtića, slikara ljevičarske reputacije, mada je bio proljećar. Ivo Josipović je otkrio da je on jedini predsjednik koji u Uredu nema svoj portret u ulju, što je tradicija Pantovčaka.

Istraga zbog srpske čokolade

”Mi smo već napravili istragu što se dogodilo. Nažalost, jedna od hrvatskih tvrtki iz Vukovara pakirala je tu košaru. Međutim, razgovarali smo s našim djelatnicima i napravili istragu”.

‘U toj košari su se našli proizvodi koji nisu bili hrvatske proizvodnje. Ispričat ćemo se roditeljima’
Čokolinda, prosinac 2016.

Donalda Trumpa jako podcjenjuju

Mislim da se Trumpa podcjenjuje kad je riječ o vanjskoj politici, a Hrvatska ima jako puno prostora da kao saveznica SAD-a napravi puno.

“Kabinet za mlade u okviru Savjetničkog vijeća nije ustrojen, iako je to bilo obećano mladima”
Priznanje Ureda iz studenog 2016.

Evo me, a gdje je Jakovina

U lipnju 2015. godine nenajavljeno je upala u Ministarstvo poljoprivrede Tihomira Jakovine s prosvjednicima. Ministar ju je primio.

Mi smo mala zemlja, ali smo velika zemlja

Iz SAD-a je poručila kako “ne smijemo kao mala zemlja čekati da nam netko nametne agendu”. Po povratku je rekla da joj “smeta kad kažu da je Hrvatska mala država, jer to nije ni geografski ni po potencijalima”.

Kanada baš nema resursa, ali ide im

Kanada je, bez obzira na nedostatak prirodnih resursa, stvorila uvjete za ostanak svojih i dolazak mladih iz cijeloga svijeta, rekla je tijekom posjeta toj zemlji i izazvala podsmijeh.

“Moj ured je naručio četiri tone ribe? Kakve ribe? Lososa? Ne znam stvarno...”
U prosincu 2016. ovo ju je pitanje jako zbunilo

S travnjaka do liderstva

U SAD je, tijekom novogodišnjih praznika, otišla kako bi omogućila Hrvatskoj “sudjelovanje u kreiranju američke vanjske politike”. Dodala je da bi Hrvatska trebala biti lider. Te je izjave davala ispred ograde Bijele kuće, na prostoru po kojemu se šeću turisti. Senator Marco Rubio na Twitteru je objavio slikicu s predsjednicom.

Ući ćemo u najrazvijenije zemlje Europe i svijeta

Ne dam da mi itko kaže da Hrvatska neće biti prosperitetna i bogata jer bit će Hrvatska među najrazvijenijim zemljama EU i svijeta, to vam obećajem. Dosta je bilo podjela! Dragi moji hrvatski građani, idemo zajedno. Idemo Hrvatsku odvesti u blagostanje!

“Varaždin je bio u vrijeme Banovine Hrvatske glavni grad i na simboličan način to vraćamo danas”
Izjava iz prosinca 2016. godine

da www.express.hr



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Pogledaj i video:

STIPE MESIĆ: Jasenovac je bio radni logor, a radio je do 1947. godine (Marko Marković, 23 gen 2017)
STIPE MESIĆ: Jasenovac je bio radni logor kakvih je bilo i u ostalom dijelu Europe. Ta ubojstva nisu istinita, prošlo bi po 15, po mjesec dana da nitko nije umro niti je ubijen. Kad bi došao u Jasenovac zatočenik je praktično bio spašen jer je bio potreban kao radnik.

Stipe Mesic velica NDH (acko82, 15 giu 2007)
Stipe Mesic, predsednik republike Hrvatske, velica ustase i proglasenje ustaske tvorevine 10. aprila 1941. godine

MESIC NISAM JA USTASA (ARHIVIST, 18 dic 2006)
NAKON PRVE OBJAVE PRECJEDNIK MESIC OBRATIO SE NACIJI NA DRZAVNOJ TELEVIZIJI GOVORECI KAKO ON NIJE TAKO MISLIO I DA JE SVE IZVUCENO IZ KONTEKSTA ALI NIJE MISLIO TAKO U OSTALOM SNIMKA JE TU

Pogledaj i dalje:

Mesicev ustaski govor u Sidnej-u, Australiji, 1992 

Mesicev ustaski govor u Novoj Gradisci, 1992

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http://www.express.hr/top-news/tko-je-dosao-u-jasenovac-bio-je-spasen-8837


"Tko je došao u Jasenovac, bio je spašen"


24. siječnja  2017.  

Na Yotubeu je osvanula nova snimka Stipe Mesića u kojoj iznosi čitav niz notornih gluposti o Jasenovcu

Prvo na YouTubeu, potom po opskurnim mjestima poput emisije "Bujica" Velimira Bujanca, a zatim i u onom civliziranijem dijelu hrvatske medijske scene, pojavila se snimka bivšeg hrvatskog predsjednika Stjepana Mesića na kojoj tvrdi da Jasenovac nije bio logor smrti tijekom NDH.

Snimka je, navodno, nastala u Novskoj 4. siječnja 1992. Prikazuje Mesića u opuštenijem raspoloženju u manjoj prostoriji s desetak ljudi, očito lokalnih dužnosnika u ratnim uvjetima. Društvo na početku ismijava broj ubijenih Srba u logoru u Jasenovcu, nakon čega Mesić preuzima riječ i navodi da je jasenovački logor radio sve do 1947., da je bila riječ isključivo o radnom logoru, da treba dovesti "svjetsku komisiju i to raskrinkati"...

Mesić je govorio stvari potpuno na tragu snimke s puta u Australiju iz 1991. na kojoj je tvrdio da su Hrvati u Drugom svjetskom ratu pobijedili dvaput, misleći i na uspostavu NDH, te da se za Jasenovac nemaju što ispričavati. Ovaj put bila je riječ upravo o Jasenovcu. "Ljudi su umirali, kao što su ljudi u ratu i inače umirali, od tifusa od dizenterije... Ali to su bili radni pogoni. Bilo je glupo nekoga naučiti da radi u kožari, pa ga nakon toga ubiti... Ljudi su bili ubijani, ali prije dolaska u Jasenovac. Kad je došao u Jasenovac, on je bio praktično spašen, jer je onda bio kao radnik potreban... Prošlo je po 15 ili mjesec dana da nitko nije ubijen. Ali, umirali su ljudi. Djeca su umirala, s materama bi došla, iscrpljena, pa bi umirala", govorio je Mesić.

Iako je savršeno jasno da je snimka u javnost puštena kao način posebnog obračuna sa Stjepanom Mesićem, zapravo je vrlo lako zamisliti dozu zadovoljstva notornog desničarskog Bujanca dok je najavljivao snimku u "Bujici", ovime je nedvojbeno da je Stjepan Mesić u 1990-ima podilazio ekstremno nacionalističkim, zapravo proustaškim krugovima u vrijeme rata u Hrvatskoj.

Tvrdnje o trostrukom logoru u Jasenovcu, predstavljanju logora kao radnog do 1945., a tek potom logora smrti do 1947., tvrdnje o "spašavanju" logoraša nakon što bi bili dovedeni na mjesto povijesno ozloglašeno kao mjesto na kojem se ubijalo noževima, maljevima, kolcima, sličnim stvarima, danas se u javnom prostoru, pa i privatno, mogu čuti isključivo u ekstremnim krugovima, zapravo i izvan rubova političke scene.

Skandal sa snimkom iz Australije, otkrivenom 2006., Stjepan Mesić je tada objasnio kao "taktički ustupak, pogrešan i promašen, onima koji su Hrvate u otporu velikosrpskoj politici i četništvu kao njezinu osloncu, nastojali mobilizirati na koketiranju s ustaštvom". Jasno je rekao da je bila riječ o takvoj razini političkog oportunizma kojem nije smio pribjeći, bez obzira na to kakva su vremena vladala. Istaknuo je da je upravo on kasnije redovito posjećivao Jasenovac i osuđivao politiku NDH, što doista jest istina.

Činjenica je, međutim, da mu je iz ormara sada izvučen još jedan kostur s koketiranjem ustaštvom, ovaj put isključivo na temu najgore klaonice ljudi koju je organizirao ustaški režim u Drugom svjetskom ratu. Stjepan Mesić će se stoga i ovaj put morati ispričavati i objašnjavati da je pogriješio, da čak niti politika ne trpi sva raspoloživa sredstva. Bar ne u društvu u kojem se drži makar do tragova civilizacije.

Na kraju krajeva, koliko god Hrvatska povijesno bila sljednica antifašističke pobjede nad fašizmom i nacizmom u Drugom svjetskom ratu, koliko god iskrvarila u borbi protiv okupatora, i za nju vrijedi ono što tradicionano vrijedi u Njemačkoj. U toj perjanici borbe protiv fašizma, nacizma i rasne isključivosti u slobodnoj Europi, iz tragičnih i nepodnošljivo bolnih povijesnih razloga svaka tolerancija na političku trgovinu i slične stvari prestaje u onom trenutku kad se spomene Holokaust.