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Ungheria: il punto di vista delle sinistre

1) Ungheria. “Mosca o Bruxelles? Protesta contro l’imbroglio politico” (Organizzazioni Della Sinistra Ungherese, 2017)
2) FLASHBACKS:
– 2014: Intervista a Vilmos Hanti, leader del Measz, l’Alleanza dei resistenti e degli antifascisti ungheresi
– 2012: Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese propone la sua valutazione su quanto sta accadendo nel suo paese
– 2007: Caccia alle streghe politica e legale contro i comunisti ungheresi! / La direction des communistes hongrois a été condamnée / The leadership of the Hungarian communists sentenced


Altri link consigliati:

Pusztaranger - Neues aus Ungarn
http://pusztaranger.wordpress.com


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http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/05/07/ungheria-mosca-bruxelles-protesta-limbroglio-politico-091617

Ungheria. “Mosca o Bruxelles? Protesta contro l’imbroglio politico”

di Organizzazioni Della Sinistra Ungherese *

Le sottoscritte organizzazioni civili invitano la società ungherese a protestare per smascherare la politica sciocca di manipolazione e di ricerca del nemico. Anziché risolvere i veri problemi della società ungherese il governo ungherese e la sua opposizione liberale ci costringono a una lotta menzognera e pericolosa. Ci vogliono mettere di fronte alla scelta senza senso “Bruxelles o Mosca.”

Il governo punta il dito contro Bruxelles, mentre è lui che ha prodotto la soppressione della democrazia, un nuovo tipo di sistema autoritario, che strangola un terzo della società ungherese in una eterna povertà, che non è capace di diminuire la disoccupazione e delle ineguaglianze senza precedenti nella storia moderna, il sistema da loro gestito è estremamente corrotto e immorale. Mentre il governo in modo demagogico prende pubblicamente l’Unione Europea (simbolicamente Bruxelles) come capro espiatorio, nascostamente dal pubblico serve in tutto le istituzioni dell’Unione Europea, i requisiti economici della burocrazia di Bruxelles, le necessità del capitale internazionale, e ha appeso al collo del popolo una borghesia oligarchica, della quale dobbiamo pagare il mantenimento.

Nonostante ciò, l’opposizione politica liberale si accorge solo degli interessi degli strati più alti della classe media. Da una parte, giustamente, vuole ristabilire i diritti e le libertà democratiche. Dall’altra invece distoglie l’attenzione dai veri problemi dell’Ungheria indicando Mosca come un nemico.

Missionari” auto-dichiarati, demagoghi semi-istruiti si accostano alla russofobia, una particolare, ma vecchia arma del razzismo, che sinora non era stata tipica del liberalismo locale, anziché lottare contro il capitalismo oligarchico esteuropeo e russo nello specifico.

Non parlano dell’ulteriore stretta antidemocratica allo Statuto dei Lavoratori Ungherese, non della povertà insopportabile, non criticano le ineguaglianze sociali, ma prendono la Russia come capro espiatorio. Fanno come se l’Ungheria, paese membro della NATO fosse minacciato da chissà quale intervento straniero, sebbene l’Ungheria prenda parte alle operazioni militari criminali della NATO come tutti i suoi membri. In realtà il vero problema la situazione privilegiata dei nuovi strati dominanti, e la loro politica di oppressione, espropriazione e immiserimento. Ma l’opposizione liberale non parla di questo, ma usa la ricerca di nemici come mezzo per soddisfare le sue ambizioni di potere. Così facendo entra la via selciata dal governo, nella quale l’Ungheria può diventare il territorio dei servizi segreti delle grandi potenze rivali.

Perciò protestiamo contro la politica manipolatoria, ingannatrice del popolo e oppressiva delle elite del nostro paese!!!

5 maggio 2017

Firmato da:

Partito di Sinistra

Unione ATTAC Ungheria

Redazione della rivista “Eszmélet”

Sinistra Unita Ungherese

Società Karl Marx

Fronte Popolare

 

http://eszmelet.hu/brusszel-vagy-moszkva-tiltakozas-a-politikai-atveres-ellen/


=== 2: FLASHBACKS ===

http://ilmanifesto.it/il-modello-di-riferimento-oggi-e-il-regime-di-miklos-horthy/

«Il modello di riferimento oggi è il regime di Miklós Horthy»

Guido Caldiron, 31.1.2014

Ungheria. Intervista a Vilmos Hanti, leader del Measz, l’Alleanza dei resistenti e degli antifascisti ungheresi


«Il ritorno dell’estrema destra riguarda l’intera Europa, ma in nes­sun altro paese si vive un clima para­go­na­bile a quello dell’Ungheria. Nor­mal­mente i governi cer­cano di argi­nare le atti­vità dei gruppi fasci­sti, da noi invece le sostengono».

Vil­mos Hanti sa bene ciò che dice, lea­der del Measz, l’Alleanza dei resi­stenti e degli anti­fa­sci­sti unghe­resi, solo pochi mesi fa è stato aggre­dito per le strade di Buda­pest da una banda di neo­na­zi­sti dopo che aveva denun­ciato per l’ennesima volta le con­ni­venze tra gli estre­mi­sti e il governo ultra­con­ser­va­tore di Vik­tor Orbán. Ferito leg­ger­mente alla testa e agli occhi, Hanti, un ex inse­gnante cre­sciuto in una fami­glia ebraica che ha preso parte alla Resi­stenza, non si è però fatto inti­mi­dire. Nei giorni scorsi ha par­te­ci­pato a Roma a un incon­tro pro­mosso dall’Anpi e dalla Fir, la Fede­ra­zione inter­na­zio­nale dei resi­stenti che riu­ni­sce gli ex par­ti­giani di tutto il con­ti­nente, di cui è pre­si­dente, per fare il punto sullo stato dell’antifascismo europeo.«Si deve agire prima che sia troppo tardi», ha sot­to­li­neato in quest’occasione Carlo Smu­ra­glia, pre­si­dente dell’Anpi, annun­ciando anche nuove ini­zia­tive dell’associazione par­ti­giana in vista delle ele­zioni europee.

Signor Hanti, quali sono i punti di con­tatto tra il governo di Buda­pest e l’estrema destra?

Da un lato ci sono le leggi con­tro le libertà demo­cra­ti­che, dall’altro la col­la­bo­ra­zione a più livelli con il movi­mento Job­bik. Pub­bli­ca­mente que­sto tipo di rap­porto viene negato, ma non per que­sto è meno forte. Le isti­tu­zioni con­trol­late dalla destra sosten­gono sia sul piano eco­no­mico che poli­tico gli estre­mi­sti. Del resto, il par­tito di Orbán, il Fidesz, dispone di una forte mag­gio­ranza in par­la­mento e per­ciò potrebbe impe­dire ogni mani­fe­sta­zione fasci­sta se solo lo volesse. Invece accade l’esatto contrario.

Che ruolo ha il revi­sio­ni­smo sto­rico in que­sta svolta autoritaria?

È una parte impor­tante di que­sta stra­te­gia, pur­troppo spesso soste­nuta anche da espo­nenti della Chiesa che par­te­ci­pano in prima per­sona alle mani­fe­sta­zioni nostal­gi­che. L’obiettivo del governo sem­bra essere quello di dare vita a un “nuovo hor­thi­smo”, qual­cosa di simile al regime fasci­sta che instaurò negli anni Venti l’ammiraglio Miklós Hor­thy e che portò il paese a com­bat­tere a fianco della Ger­ma­nia nazista.

Job­bik è cre­sciuto all’ombra di Orbán, oggi potrebbe far­gli con­cor­renza sul piano elettorale?

Non si deve dimen­ti­care mai come Orbán si sia ser­vito fino a ora dei gruppi estre­mi­sti per distrarre l’opinione pub­blica dai temi sociali e dirot­tarla invece verso il nazio­na­li­smo e la xeno­fo­bia, spe­cie nei con­fronti dei rom. Il risul­tato è che Job­bik si è raf­for­zato a tal punto da diven­tare sem­pre più rile­vante anche in par­la­mento. In realtà si tratta però di un movi­mento che è nato da una costola del Fidesz e che ne con­ti­nua a rap­pre­sen­tare una sorta di appen­dice radi­cale ed estre­mi­sta. Il con­fine tra col­la­bo­ra­zione e con­cor­renza resta per­ciò molto sottile.


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Cosa sta accadendo in Ungheria? Cosa ne pensano i comunisti ungheresi


6 Gennaio 2012

da www.solidnet.org traduzione a cura di Marx21.it

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese propone la sua valutazione su quanto sta accadendo in questi giorni nel suo paese all'attenzione e alla riflessione dei partiti comunisti e operai di tutto il mondo.

 

Dal 1 gennaio una nuova costituzione è entrata in vigore in Ungheria. In relazione a ciò, la stampa occidentale ha pubblicato molti materiali che parlano di ciò che sta accadendo ora in Ungheria, sul fatto che “si sta riducendo l'Ungheria alla povertà” e che “si sta minacciando la democrazia e che si sta stringendo la morsa del governo sui media e sul sistema giudiziario nonostante le critiche di Europa e Stati Uniti”. Il 2 gennaio una grande manifestazione ha avuto luogo presso il Teatro dell'Opera di Budapest. Gli organizzatori ufficiali della dimostrazione, il neo costituito movimento di Solidarietà, ha un vertice di una decina di membri. Il suo leader è l'ex presidente del sindacato dell'esercito e dei funzionari di polizia, ed egli stesso è un ex ufficiale addestrato insieme ad altri nelle istituzioni militari USA. 
Alla testa dimostrazioni si trovano il Partito Socialista Ungherese, forze liberali e anche organizzazioni “civili”, formate da costoro. Alla dimostrazione non ha preso parte nessuna organizzazione civile che lotti realmente contro la povertà, per proteggere le famiglie, contro le discriminazioni, o ad esempio le organizzazioni studentesche tradizionali. Neppure i movimenti dei lavoratori dell'agricoltura o i sindacati erano presenti. Tra gli slogans della dimostrazione non ce n'era uno solo in merito al nuovo codice del lavoro, nessuna protesta è stata avanzata nei confronti delle pressioni e gli interventi del FMI. La reazione dei media occidentali a tali eventi si basa sulle stesse fonti che in periodi precedenti avevano sostenuto il vecchio governo socialista-liberale e la sua politica di austerità.

 

Ma che cosa sta realmente accadendo in Ungheria?

 

1. Nell'aprile 2010, il partito conservatore Fidesz- Unione Civica Ungherese ha vinto le elezioni parlamentari e rimpiazzato il vecchio governo delle forze socialiste-liberali guidato dal Partito Socialista Ungherese (MSZP).

 

I partiti parlamentari considerano le elezioni del 2010 come un punto di svolta nella storia ungherese.Il Fidesz sostiene che si è trattato dell' “inizio di una nuova rivoluzione”. I socialisti e i loro alleati ritengono che esse hanno rappresentato “l'inizio dell'autocrazia e della dittatura”.

 

2. Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese è dell'opinione che il reale cambiamento storico ha avuto luogo non nel 2010 ma 1989-1990 quando il socialismo venne distrutto in Ungheria. Si è trattato di una controrivoluzione capitalista. Il potere della classe operaia è stato sostituito con il potere delle forze capitaliste. Le aziende industriali e le banche possedute dallo Stato, le fattorie agricole collettive sono state privatizzate. L'Ungheria ha aderito alla NATO nel 1999 ed è entrata nell'Unione Europea nel 2004. E' stato instaurato il sistema capitalista basato sulla proprietà privata e sulla democrazia borghese.

 

E' stato il cambiamento dal socialismo al capitalismo che ha provocato il generale impoverimento del popolo ungherese. L'Ungheria ha una popolazione di 10 milioni di abitanti. 1,5 milioni di ungheresi vive sotto il livello della povertà, il che significa vivere con un reddito di meno di 200 euro al mese. Il numero ufficiale dei disoccupati è 500.000, ma in realtà è circa 1 milione di persone a non avere alcuna possibilità di trovare un lavoro.

 

La limitazione della democrazia non è iniziata nel 2010 ma nel 1989-1990. Le forze politiche che lottano contro il sistema capitalista, prima fra tutte il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non hanno accesso al sistema di comunicazione pubblico. La stella rossa, la falce e il martello - “in quanto simboli della tirannia” - sono stati banditi nel 1993. Nel 2007, l'intera leadership del PCLU è stata accusata di “oltraggio fatto in pubblico”. Le campagne anticomuniste sono state scatenate indipendentemente da quale partito borghese fosse al potere.

 

3. La classe capitalista ungherese ha diversi partiti che esprimono i suoi interessi. Da un lato c'è Fidesz-Unione Civica Ungherese che esprime gli interessi della classe capitalista conservatrice, di orientamento nazionalista. E' tradizionalmente orientato verso la Germania.

 

Sull'altro lato ci sono il Partito Socialista Ungherese ed il Partito “i politici possono essere diversi” che rappresentano la parte liberale e socialdemocratica della classe capitalista. Essi sono vicini agli Stati Uniti.

 

La lotta tra le due parti della classe capitalista ungherese ha profonde radici storiche. Prima del 1989 esistevano due principali correnti del movimento di opposizione anti-socialista. Quella conservatrice orientata in senso nazionalista e la tendenza liberale. Nel 1990, il primo governo fu formato dai conservatori. Allo stesso tempo i liberali concordarono una cooperazione di lungo termine con il Partito Socialista Ungherese, un partito socialdemocratico di destra. Molti dei dirigenti di questo partito provengono dal precedente periodo socialista ma hanno cambiato completamente posizione e molti di loro sono diventati ricchi capitalisti.

 

Dopo aver distrutto il sistema socialista le forze capitaliste hanno creato una nuova struttura politica che è esistita fino al 2010. Essa era fondata sui seguenti principi:

 

- Le forze conservatrici di orientamento nazionalista si avvicendano al potere con i socialisti.

 

- Nessuna di queste forze ha il potere assoluto.

 

- Esse impediscono a qualsiasi forza anticapitalista di entrare in Parlamento.

 

- Tutte rispettano gli obblighi nei confronti della NATO e dell'UE e non mettono in discussione le posizioni internazionali.

 

Tutte le elezioni parlamentari dal 1990 al 2006 hanno evidenziato un perfetto equilibrio tra i due gruppi di partiti. La situazione è cambiata radicalmente dopo il 2006. E' apparso chiaro che il capitalismo ungherese versa in una profonda crisi. Tre sono le ragioni principali. Primo, l'economia ungherese dipende totalmente dal capitale straniero. Secondo, il popolo ungherese è povero, ed ha esaurito le sue riserve. Terzo, La corruzione è diventata un serio problema, che paralizza il normale funzionamento dello Stato.

 

Dal 2010 le forze capitaliste hanno compreso che le forze socialiste-liberali non garantivano la stabilità interna del capitalismo, e non erano in grado di prevenire le esplosioni sociali. Ecco perché hanno deciso di sostituire la coalizione socialista-liberale e di aprire la strada a Fidesz.

 

L'obiettivo principale del conservatore Fidesz e del suo governo capeggiato da Viktor Orban era quello di prevenire qualsiasi sviluppo simile agli eventi in Grecia. Il Fidesz ha vinto le elezioni con parole d'ordine sociali (pieno impiego, sicurezza sociale, ecc.). La maggioranza della popolazione era profondamente insoddisfatta del governo socialista-liberale. Il Fidesz ha potuto facilmente manipolarla e ottenere la maggioranza dei due terzi nel nuovo parlamento.

 

4. Il governo conservatore ha realizzato cambiamenti in diverse direzioni:

 

Ha rafforzato la sua base di classe. IL Fidesz ha collocato propri uomini in tutte le postazioni della vita politica, nei media, negli ambienti della cultura. Ha dichiarato la sua intenzione di creare una nuova classe media.

 

Ha dato soddisfazione alle forze nazionaliste in Ungheria, introducendo la doppia cittadinanza per le persone di nazionalità ungherese che vivono all'estero e introducendo nuove commemorazioni che fanno riferimento al trattato del Trianon del 1920.

 

Ha operato un netto ritorno alle tradizioni conservatrici e nazionaliste nella politica, nella cultura e nell'educazione.

 

Ha deciso di prevenire l'esplosione sociale con metodi diversi. Primo, ha introdotto un nuovo Codice del Lavoro che dà vasti diritti ai proprietari capitalisti e praticamente trasforma i lavoratori in schiavi. Secondo ha diviso la classe operaia concedendo aumenti consistenti ai ferrovieri e alzando il salario minimo. Terzo, ha concluso un accordo con le principali confederazioni sindacali. Ha potuto salvare i propri privilegi e allo stesso tempo limitare gli effetti di una autentica lotta di classe.

 

Il nuovo governo ha lanciato una generalizzata campagna anticomunista. Nel 2010 è stato cambiato il Codice Penale. Si è dichiarato che il comunismo e il fascismo sono la stessa cosa e che coloro che sostengono i “crimini del comunismo e del fascismo” possono essere condannati fino a 3 anni di reclusione. (fino ad ora non c'è stata alcuna sentenza legale)

 

Negli ultimi giorni del 2011 è stata varata una nuova legge che regola il processo di transizione alla nuova costituzione. Tra l'altro essa afferma che il periodo del socialismo (1948-1990) è stato illegittimo e pieno di crimini. Personalità dirigenti del periodo socialista sono state accusate e condannate. Le loro pensioni sono state ridotte. La legge afferma anche che l'attuale Partito Socialista Ungherese, in quanto successore legale del partito al potere nel periodo socialista, è responsabile per tutto quanto è successo in quei tempi. Non è ancora chiaro quali conseguenze ne deriveranno.

 

5. Le forze socialiste-liberali hanno lanciato recentemente un serio contrattacco contro il governo

 

Il Partito Socialista ha fatto propri molti slogans sociali e rivendicazioni del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese.

 

I socialisti e i liberali hanno cominciato a creare nuove organizzazioni e movimenti civili. Nell'ottobre 2011 è stato creato il movimento Solidarietà con un chiaro orientamento filo-socialista.

 

E' stata avanzata una nuova richiesta: abbasso il governo Orban! Il programma è creare un nuovo governo socialista-liberale.

 

6. Gli Stati Uniti d'America hanno apertamente interferito negli affari interni dell'Ungheria.L'ambasciatore USA a Budapest ha criticato apertamente il governo ufficiale e sostiene la posizione delle forze socialiste-liberali. La Segretaria di Stato Clinton ha fatto la stessa cosa nella sua lettera del 23 dicembre 2011. La lettera è stata pubblicata dalla stampa liberale.

 

7. Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese ritiene:

 

Il capitalismo ungherese è in crisi. La crisi generale del capitalismo in Europa rende la situazione ungherese ancora peggiore e imprevedibile.

 

La classe capitalista ungherese sa che se il sistema Euro e la stessa UE collassassero, ciò condurrebbe ad un'esplosione sociale ancora più drammatica che in Grecia. Capisce che il popolo è scontento e che molti oggi pensano che il socialismo sia stato meglio dell'attuale capitalismo.

 

Sia i gruppi conservatori che quelli socialisti-liberali della classe capitalista vogliono prevenire qualsiasi esplosione sociale. Essi non divergono sugli obiettivi di fondo ma sui metodi da usare.

 

Ciò che ora sta avvenendo in Ungheria è da un lato l'ordinaria lotta della classe capitalista contro le masse lavoratrici, dall'altro una lotta tra due gruppi della classe capitalista. E' anche una lotta tra le potenze guida capitaliste, gli USA e la Germania, per il dominio dell'Europa.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non sostiene nessuno dei partiti borghesi. Dichiariamo che i problemi principali del popolo lavoratore sono la disoccupazione, i bassi salari, gli alti prezzi, lo sfruttamento e il futuro incerto. Tali problemi sono conseguenze del capitalismo. I governi capitalisti non possono e non vogliono risolverli.

 

L'unica soluzione dei problemi del popolo lavoratore è la lotta conseguente contro il capitalismo e per una prospettiva socialista.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non sostiene le dimostrazioni di massa delle forze socialiste e liberali. Il loro obiettivo non è cambiare il capitalismo. Il loro obiettivo è cambiare il governo capitalista conservatore con un governo capitalista socialista-liberale.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non sostiene neppure il Fidesz. Il suo obiettivo non è creare una società socialista ma riformare e rafforzare il capitalismo.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese considera suo dovere spiegare al popolo che esiste solo una strada per risolvere i suoi problemi. Dobbiamo lottare contro il capitalismo.

 

Saremo presenti ovunque ci siano i lavoratori. Vogliamo aiutarli nelle piccole cose allo scopo di conquistare la loro fiducia per le grandi cose.

 

Smaschereremo tutti i tentativi delle forze revisioniste e opportuniste che intendono manipolare il popolo lavoratore e batterle in nome della democrazia sociale.

 

Non c'è una situazione rivoluzionaria in Ungheria. Ma le cose possono peggiorare in Europa e in Ungheria. Ecco perché prepariamo il partito, i nostri militanti e le organizzazioni a una più radicale lotta di classe che potrebbe manifestarsi in ogni momento.

 

Siamo convinti che ciò corrisponde alla posizione comune assunta al 13° Incontro dei Partiti Comunisti e Operai

 

Il Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese


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www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 06-11-07 - n. 201

Mentre ci accingevamo a chiudere questo numero di Resistenze.org, abbiamo appreso che i dirigenti del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese sono stati condannati a due anni di carcere con la condizionale.
I compagni ungheresi, che ricorreranno in appello, non vanno in prigione, ma per qualunque reato dovessero in futuro essere condannati, saranno costretti a scontare anche i due anni di questa condanna.

 

Nei prossimi giorni, nelle prossime ore, si svilupperà a livello internazionale una campagna di protesta contro questo inqualificabile gesto delle autorità ungheresi, che ci auguriamo raccolga la generale riprovazione di tutta l'opinione pubblica democratica anche nel nostro paese.
E’ bene che ognuno dia il proprio sostegno a questa campagna, a seconda della propria disponibilità e collocazione politica e istituzionale.
Noi cercheremo di fare la nostra parte.

 

La redazione di Resistenze.org

 

La petizione internazionale in solidarietà con i comunisti ungheresi in http://1917.solidnet.org

 

Aderite!

 

 

Cessi la caccia alle streghe politica e legale contro i comunisti ungheresi!

 

Appello dei partiti comunisti e operai

 

01/11/2007

 

I partiti firmatari di questo appello, che partecipano all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai a Minsk il 3-5 novembre 2007, constatano con grande preoccupazione che un tribunale di stato sta minacciando di imprigionare tutta la direzione del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese (PCLU) per aver commesso “diffamazione pubblica”.

 

Siamo convinti che voler sottoporre a giudizio leader politici e proibire i loro partiti sia un comportamento degno delle dittature e non delle democrazie. L’azione delle autorità ungheresi viola tutte le norme democratiche.

 

Condanniamo fermamente la persecuzione politica diretta dalle autorità giudiziarie contro il PCLU, come parte della caccia alle streghe anticomunista contro i comunisti d’Europa e contro tutti quelli che lottano contro la privatizzazione massiccia degli ospedali, delle scuole, contro il taglio delle spese sociali ed altre forme della politica neoliberale.

 

Riteniamo che questa chiara manovra delle autorità ungheresi rappresenta un attacco vendicativo contro i comunisti ungheresi, e facciamo appello alla solidarietà internazionale in difesa dei diritti legali e politici del PCLU.

 

Esigiamo l’immediata cessazione del processo legale contro i dirigenti dei comunisti ungheresi.

 

Facciamo appello al Primo Ministro Gyurcsany e al governo dell’Ungheria perché facciano un passo indietro e mantengano le loro promesse di libertà politica, ritirando tutte le accuse contro la direzione del PCLU.

 

I partiti:

 

Communist Party of Albania
Communist Party ofArgentina
Progressive Tribune Bahrein
Communist Party of Bangladesh
Communist Party of Belarus
Communist Party of Brazil [PCdoB]
Workers’ Party of Belgium
Communist Party of Bolivia
Workers Communist Party of Bosnia and Herzegovina
Communist Party of Britain
New Communist Party of Britain
Communist Party of Canada
Socialist Workers´ Party of Croatia
Communist Party of Cuba
Communist Party ofBohemia and Moravia, Czech Republic
AKEL, Cyprus
Communist Party in Denmark, KPiD
Communist Party of Finland
French Communist Party
German Communist Party
Communist Party of Greece
Hungarian Communist Workers’ Party
Communist Party of India
Communist Party of India [Marxist]
Tudeh Party, Iran
Iraqi Communist Party
Communist Party of Ireland
Communist Party of Israel
Party of the Italian Communists, PdCI
Jordanian Communist Party
Socialist Party of Latvia
Socialist Party of Lithuania
Lebanese Communist Party
Communist Party of Luxembourg
Party of the Communists, Mexico
New Communist Party of the Netherlands
Communist Party of Norway
Party of the People, Panama
Peruan Communist Party
Communist Party of Poland
Portuguese Communist Party
PKP-1930, the Philippine Communist Party
Socialist Alliance Party, Romania
Communist Party of the Russian Federation
New Communist Party of Yugoslavia, Serbia
Communist Party of Slovakia
Party of the Communists of Cataluna, Spain
Communist Party of Peoples of Spain
Communist Party of Sri Lanka
Sudanese Communist Party
South African Communist Party
Communist Party of Sweden
Syrian Communist Party
Syrian Communist Party
Communist Party of Turkey
Party of Labour, Turkey [EMEP]

Traduzione di Mauro Gemma per www.resistenze.org

 


Solidali con il Partito Comunista Ungherese condannato a 2 anni di reclusione

 

Apprendiamo che oggi - martedì 6 novembre 2007 - il gruppo dirigente del Partito Comunista Operaio Ungherese ("Munkaspart") è stato condannato (ufficialmente per "diffamazione pubblica", in realtà per reato d'opinione) a 2 anni di detenzione con la condizionale: ciò vuol dire che, se alla dirigenza comunista fosse addebitata un'altra "violazione", essa finirebbe in prigione.
Riteniamo tale condanna particolarmente grave ed inquietante: essa è il segno di un attacco portato non solo contro i comunisti e le forze di sinistra, ma contro lo stesso stato di diritto.
Esprimiamo la nostra solidarietà al gruppo dirigente e ai comunisti ungheresi.


APRILSKE TEZE


Sedmog aprila po Julijanskom kalendaru, a dvadestog po Gregorijanskom, Vladimir Ilič Uljanov odnosno Lenjin– vođa boljševika, stigao je na Finsku stanicu u Petrogradu i izgovorio "teze", koje će značiti ne samo najveći zaokret u historiji dvadesetog stoljeća, već i u historiji revolucija, tadašnje u Rusiji, kao i svih budućih. Lenjina je na Finskoj stanici dočekala i opkolila radnička masa, uglavnom pripadadnika boljševičke partije, odnosno većinski (ruski "boljšoj") dio Sveruske socijaldemokratske partije, poslije rascjepa, koji se dogodio na Kongresu u Bruxellesu i Londonu još 1903 godine. Rascijep je izbio naizgled oko nevažnih formulacija, ali su boljševici, uz jevrejski Bund, predvođeni Lenjinom, zahtijevali da revolucinarna aktivnost postane najvažnija aktivnost članova te partije. Umjereniji dio partije, u suštini građanski (menjševici) neće pristati na krute formulacije i na stroge zahtjeve Lenjina i boljševika.

Ipak, vlakom koji je stigao preko Njemačke (diplomatskim uplitanjem Parvusa, njemačkog koliko i ruskog marksiste, koji je postao bogataš) nisu doputovali samo boljševički vođe, već i menjševici i socijalisti-revolucionari i svi on,i koji su se zbog poltičkih progona carskog samodržavlja našli u inozemstvu, najčešće u Baselu.

Taj aprilski dan bio je na sjeveru, u Petrogradu, (do I svjetskog rata Sankt Petersburg) prohladan. Iz vlaka je izašao četrdesetsedmogodišnji Lenjin, jednostavan, topao, razveseljen riječima supruge Nadežde Krupske, koja se divila revolucionarnoj Rusiji, svečano ukrašenoj i uljepšanoj vijorenjem crvenih zastava. Na Lenjinovo iznenađenje, na trgu nasuprot Finske stanice dočekali su ga, osim grupe radnika i partijskih drugova i dva odreda boljševičke garde. Kad je Lenjin krenuo među radnike dotada skromna gomila iznenada se jako uvečala te je Lenjin, da bi ga se čulo, morao izgovoriti svoje historijske Aprilske teze, najinspirativniji i najodlučniji govor protiv imperijalističkog rata, sa platforme bornih kola – na koja se morao popeti, kako bi ga okupljena masa vidjela i čula. Tekst, koji je, kako je potvrdio sam Lenjin, nastao u vlaku, što je prolazeći preko neprijateljske zemlje, žurio u Rusiju, boljševički vođa izgovorio je vrlo polagano toga dana nekoliko puta. Ne samo na Finskoj stanici, već prvo u krugu boljševika, a zatim pred Konferencijom radničkih i vojničkih deputata cijele Rusije.

Evo ukratko teksta, koji će značiti ne samo nastavak i pobjedu Revolucije u Rusiji, već suštinu revolucionarnih zahtjeva za sva vremena. Da se uspio ispuniti, značio bi slobodu cijelog čovječanstva.

Izgovorena prije stotinu godina ta sjajna nada, inspirirala je i inspirirat će revolucionare cijelog svijeta i onda i danas i u svim budućim vremenima. Naravno, konkretne prilike su se ubrzo promijenile, one su danas stubokom drugačije. Stotinu godina je prohujalo, ali suština ostaje ista i mutati mutandis Aprilske teze ostaju najnadahnutiji i najljepši tekst za sve društvene pregaoce i revolucionare.

Evo u ponešto skraćenom obliku teksta Aprilskih teza:


Dolje imperijalistički rat!

  1. U našem stavu prema ratu nije dopustivo tobožnje "revplucionarno obranaštvo"!

    To drugim riječima znači Dole rat!

  2. Originalnost sadašnjeg trenutka u Rusiji sastoji se od prelaska iz prve revolucionarne faze u drugu revolucionarnu fazu, koja će dati vlast proletarijatu i siromašnim slojevima seljaštva.

  3. Ne podržavati na bilo koji način Privremenu vladu /..../

  4. Priznati da je naša partija u manjini/.../ Objasniti masama da su Sovjeti jedini mogući oblik revolucionarne vlasti/.../

  5. Nikakva parlamentarna republika – vratiti se na nju nakon Sovjeta deputata značilo bi korak nazad. – Organiziranje vlasti znači davnje vlasti Sovjetima radničkih deputata kao i sovjetima svih, koji rade za nadnicu odnosno plaću, od težaka do sovjeta seljaka u cijelojzemlji, i to odozdo prema gore. Ukinuti policiju i stajaću vojsku i cijeli činovnički stalež. Plaće državnih funkcionera – koji moraju biti birani odozdo i biti smjenjivi u svakom trenutku – ne smiju biti veće od prosječne radničke plaće.

  6. Konfiscirati sve zemljoposjede. Nacionalizirati svu zemlju u državi i staviti je na raspolaganje lokalnih sovjeta radničkih i seljačkih deputata.

  7. Spajanje svih banaka u zemlji u jednu jedinu Nacionalnu banku, koja će biti pod kontrolom Sovjeta radničkih deputata.

  8. Naš neposredni zadatak nije "uspoostavljanje" socijalizma, već prelazak na kontrolu prozvodnje i na njezinu raspodjelu pod kontrolom Sovjeta radničkih deputata.

  9. Zadaci partije:

    a) smjesta sazvati kongres partije

    b) modificirati partijski program

    c) promijeniti ime partije

  10. Obnoviti Internacionalu.


Tri su najvažnije točke Aprilskih teza: odbacivanje produžetka rata na strani Antante; čvrsta namjera da se nastavi revolucija odnosno da se prijeđe na njenu drugu odnosno proletersku fazu; načiniti od partije, koja će se od sada zvati "komunistička" vodeću snagu nove revolucionarne tvorevine, u cilju da se za sve komuniste izgradi "zajednička matična kuća", koja će nastati 1919 stvaranjem III Internacionale (Kominterne).

Model na koji izravno gleda Lenjin jeste Pariška komuna, naročito što se tiče oblika države, ukidanja vojske i policije, te stalna izbornost svih državnih funkcionera, kao i mogućnost njihovog opoziva u svakom času. Sva vlast sovjetima, što ustvari znači demokraciju odozdo, nasuprot reprezentativnoj parlamentarnoj demokraciji. Stajaću vojsku po potrebi zamijenit će narodna milicija.

Otada će Petrogradom odjekivati pjesma:"Mi donijeli smo manifest za vlast sovjeta i život ćemo dati u borbi za to " ("Mi vidali manifest dlja vlast sovjetov i žizn mi dadim v borbe pro eto!"


Već je Lenjin, zbog teških prilika u Rusiji, izbijanja građanskog rata, intervencije protiv boljševičke revolucije, morao, u cilju spasavanja revolucije – ili se bar tako mislilo – odustati od ekih točaka Aprilskih teza ili su one jednostavno bile nesprovodive. Naročito ne među polunomadskim Baškirima ili uzgajvačima konja Kirgizima (među kojima se našao u zarobljeništvu u Prvom svjetskom ratu i Josip Broz Tito) i sličnim stanovništvom poludivljeg Sibira. Ipak ostaje kao osnovni zahtjev demokracija odozdo. No da ne bi došlodo pogrešnih i katkad okrutnih odluka "odozdo" Lenjin je zauzdao Sovjete čeličnom uzdom Komunističke partije. U zemlji u kojoj se vodio surov građanski rat, a kao njegovaposljedica zavladala nestašica i glad, užasne boleštine i neopisiva pometnja u prometu, možda nije bilo moguće postupiti drugačije. To je doduše spriječilo mnoga izvitoperavanja i okrutnoosti, ali je na kraju diktaturu proletariata pretvorilo u diktaturu partije, koja se i faktički i moralno izdigla iznad Sovjeta i značila daleko više od vlasti Sovjeta. Ovo odustajanje od osnovne vlasti u rukama Sovjeta dovelo je do onih tragičnih i krvavih grešaka i zastranjenja, koja će pored mnogih ne malih uspjeha i pobjeda, na koje se danas namjerno zaboravilo, odvesti tu revoluciju na stranputicu i na kraju prouzročiti katastrofu devedesete godine: survavanja Sovjetskog Saveza i radničke borbe na cijeloj planeti, kako su se nadali kapitalisti, u bezdan iz kojeg nikad više neće izaći.

No historija nikada ne stoji u mjestu i poobjeda i slava koliko i propast jedne generacije ne mora to značiti za nova i nadolazeća pokoljenja. Treba se sjetiti samo Napoleonove garde i njenog tragičnog kraja. Ili Spartakovog ustanka kad je na Via Apia bilo razapeto na križ sedamdeset tisuća pobunjenih robova, koji su dopali ropstva kao barbari. I onoga što su samo za mekoliko stoljećabarbari učinili Rimu i ogromnoj rimskoj civilizaciji i kulturi! Kako je napisaoo Croce, historija je dragocijena kutija sa altom, koji pomaže ljudima da se snađu u novim vremenima.

Kad se nađe rješenje da se uspostavi "sva vlast Sovjetima", a da ovi bez partijskog kaveza i "ratnog komunizma", s posljedicom gladi i neimaštine, bez svske suvišne okrutnosti, a sa neophodnom pravednošću i moralom donose odluke, koje vuku naprijed, vode ljude u progresivnom pravcu, bit će riješena kvadratura kruga, odnosno svjetska revolucija može računati s konačnom pobjedom. Nije to samo pitanje svijesti, pitanje shvaćanja političkog momenta, već pitanje upravljanja njime uz podršku volje masa, bez nepotrebnog prolijevanja krvi, surovosti, grubosti i ograničavanja slobode. Jer konačni cilj svih pobuna i revolucija, od one Spartakove do Lenjinove, bila je i ostaje sloboda. To se nikada ne smije smetnuti s uma. Sloboda se ni u kojem slučaju ne smije ograničavati ispod onog minimuma, koju je zahtijevla već Francuska revolucija, ali isto tako ne može se dozvoliti da se u ime nje razaraju već dostignute tekovine revolucije ili da se ljudi podjarmljuju, ugnjetavaju i izrabljuju ili ograničavaju u stvaralaštvu, kretanju i međusobnom miješanju i ispreplitanjju.

Sve nabrojeno, kako rekoše Rusi je "vređanje čovjeka", znači uvredu njegove ljudske biti.

U rodilištu su sva novorođenčad jednaka. Kojom će to odlukom dobrih ili zlih vila jedni biti predodređeni da rade najteže poslove u vatri talionica, fabrika i rudnika ili danas da lutaju za nesigurnim i prekarnim zaposlenjima uprkos visokih kvalifikacija, dok će drugi provoditi život u "kulama od ebanovine" i neće ni znati za postojanje ovih drugih, niti za uslove njihovog života i rada.

U okolici kolikih turističkih rajeva, što se reklamiraju brojnim prospektima, nalaze se gomile otpada, brižno sakrivene od očiju gostiju, po kojima plaze paraziti i štakori, a žena i djeca prevrću, da nađu otpadke hrane ili pak željeza, koje mogu unovčiti, dok njihovi muževi i očevi rade u rudnicima zlata i dragulja? Nije to slučaj samo u Africi, već u mnogim krajevima svijeta, gotovo na cijelom globusu. U najmoćnijoj državi svijeta samo nekolicina milionera posjeduje polovinu cijelog bogatstva zemlje! Danas to više nisu samo milioneri pojedinci, već moćne multinacionalne kompanije, ali situacija se time nije u biti promijenila. Samo nekolicina moćnih multinacionalnih kompanija posjeduje polovinu bogatstva cijelog svijeta! Partije su šuplje, od demokracije se pravi sprdnja, a proizvodnja zombija postala je masovna, putem ne samo medija u rukama vlada, već i elektronskim igačkama pogrešno korištenim, kao što je uostalom ogromno omasovljena proizvodnja materijalnih i nematerijalnih dobara, što utječu na formiranje svijesti.

Pobjedom buržoaske demokracije ljude vrijđaju na sve strane, a negdje ih pretvaraju doslovno u robove ili još gore, u robu, koja se nakon upotrebe izbacuje na smetlište.

Kasnije su svi zapanjeni luđačkim potezima dešperatera, koje su sami proizveli, odnosno kji su plod prilika u koje su bačeni očajnici. Sigurno, iza njihovih očajnih gestova stoje snage, koje se njima koriste u političke svrhe. Prije svega krivi su oni koji im doturaju sredstva i oružje, a kojima se ne zna ništa i ne govori nikada.


Marx i marksizam

Pozivajući se uvijek i samo na Marxa, tvrdio je talijjanski filozof Norberto Bobbio, dolazi se kušnju da se zapostave veliki problemi, koje Marx nije sebi postavio, jednostavno zato što u njegovo vrijeme nisu postojali.

Drugim riječima ne treba optuživati Marx, razmišljajući o rješenjima, što će biti primjenjiva u socijalizmu, jer Marx nikada nije napisao zbirku recepata za gostionicu "Budućnost". Marx je dao s analizu proizvodnih društvenh odnosa i kapitalističke eksploatacije u vlastitom vremenu, analizu događaja kojima je bio suvremenik i iznio ono što je iz njih mogao zaključiti. Prorokom su ga predstavili drugi, najčešće oni kooji ga nisu shvatili i čak nisu bili u stanju da ga shvate. Ili još gore, iz njegovog složenog mišljenja uzeli su samo ono što im je u datom trenutku učinilo kao neophodno. Optuživati Marxa za sve promašaje u zemljama socijalizma, bez obzira na okolnosti, nije samo nepravedno nego i smiješno. Marx se nije izdavao za proroka niti za iskupitelja poput Isusa Krista. On je ocrtao (i to u nedovršenom obliku) logiku funkcioniranja kapitala. Treću i četvrtu knjigu Kapitala uredili su, prema njegovim bilješkama, Englels i Kautsky.

Današnji razvoj kapitalizma u mnogome je, uprkos suštinskoj istovjetnosti, prevazišao kraj XIX stoljeća, kad su izišla Marxova djela te doveo do novih revolucija tehnoloških, proizvodnih, komunikacionih kao i na području psihologije, klimatologije itd. Doveo je i do revolucija na desnici, kakva je na primjer bila fašistička revolucija Benita Mussolinija.

Konačnu pobjedu je danas iznio neoliberizam, ali njegov moto nije više "laisser faire, laisser passer", već on svojim ratnim aparatom nastoji uvesti liberalnu demokraciju u zemlje za koje za takav poredak i način mišljenja i ponašanja ne postoje ni najmanji uvijeti, i tako on neprestano ratuje i troši vlastito oružje, kako bi proizvodio novo, dok je niz naroda bukvalno istrijebljen ili pretvoren mučenike, a njihove zemlje u meksikansku mesnicu. Eto divne pobjede liberalizma!

No, kako kaže Bobbio, iako predskazivanje danas ne uživa velik ugled, nije istina da je posve napušteno. Evo dva primjera. Luciano Canfora u knjizi "Marx prebiva u Calcuti" obnavlja vrijednost marksizma, pišući: "Historiju nagone naprijed 'utopistički pokušaji': kršćanska utopija osveopćeg iskupljenja, iluministička utopija "stalnog mira /.../ komunistička utopija". Nepotrebno je primijetiti da je takvo tvrđenje suprotno onom Marxa, koje je sintetizirao Engels. Sada više nismo kod "socializma od utopije do nauke", već smo u totalnoj inverziji i u povratku na izvore: "od naučnog socijalizma do utopije".

U jednom intervjuu "Stampi" Barbare Spinelli francuskom filozofu i književnom krtičaru Emmanuelu Lewinasu, ovaj je kazao ."Čini mi se da su demokracije padom SSSR-a izgubile i to mnogo. Uprkos svim ekscesima i užasima, komunizam ipak predstavlja iščekivanje. Iščekivanje da se isprave krivice nanesene slabijima, iščekivanje pravednijeg društvenog poretka. Ne tvrdim da su komunisti imali gotovo rješenje, čak ni da su ka pripremali. Sasvim sigurno nisu. No postojala je ideja da hstorija ima neki smisao. Da život ne znači besmisao življenja. Tu su ideju u zapadnoj Evropi posjedovli već od sedamnaestog stoljeća, a Marx ju je ukorijenio u XX stoljeću. Do jučer smo znali, kamo ide historija, koju vrijednost dati vremenu. Ne mislim da izgubiti tu vjeru zauvjek predstavlja veliku duhovnu vrijednost. Sada lutamo, izgubljeni, pitajući se svakog trenutka: "Koliko je sati?" Fatalno, kako to običavaju pitati Rusi. Koliko je sati? A nitko više ne zna?"

Ili da se podsjetimo riječi velikog pjesnika i revoulucionara, Vladimira Majakovskog i na vremena kad je pisao: "Ragu historije šibasmo /..../" I dokle se stiglo?

Dokle je stigao sam Majakovski? Ubio se 30 prila 1930. Možda su s njim sahranili i Lenjinove i njegove nade u revoluciju. Lenjin je umro u januaru 1924, a već je više od godinu dana bio nesposoban za rad. Njegovi nasljednici u prvom redu Staljin, ali i svi koji su ga podržavali, ućutkali su Trockog i izmislili "socijalizam u samo jednoj zemlji" s čim se Lenjin jakoo teško mirio i što je bilo prvi kamen spoticanja proleterske revolucije.


Završna razmatranja

Vratimo se ponovo na rasprave između boljševika i menjševika. Ukolliko je Martov – jedan od glavnih menjševičkih vođa - vidio socijaldemokratsku partiju kao široku jezgru aktivsta, oko koje se okuplja još šira masa simpatizera, nije predlagao ništa drugo do li ono što je postojalo u zapadnoj Evropi (gdje su se tada mnoge od tih partija – Francuska, Italija – zvale socijalističkim). Lenjin pak misli na krutu organizaciju, koju bi činili isključivo odani borci. Ispušta iz vida aktivnu ulogu masa, koju podrazumijeva Martov. A još više u mase vjeruje Trocki. Trocki je uvjeren da mase mogu i moraju igrati aktivnu štavišepresdnu ulogu. Taj čvor predstvljao je osnovicu sukoba Lenjina i Rose Luxemburg. Rosa Luxemburg neće masama pripisivati samo važnu i presudnu ulogu, već će odbiti Lenjinovu koncepciju da partija treba biti avangarda klase i da ona mora u mase ulijevati pravu revolucionarnu i političku svijest, jer same radne mase nisu u stanju nadvladati "tradeunionističku" odnosno sindikalnu koncepciju. To je ne samo centrlna već i suštinska tematika. O njoj će Rosenberg – njemački marksist - napisati da je Lenjin bio dovoljno empiričar da primjeni teoriju zaokretima historije, uspostavljajući jednu vrstu permanentne suprotnosti između ortodoksne teorije – respektiranjem Marxa – i interpretativne linije, inspirirane njemačkim marksistom Karlom Korschom, koja ga je navela, da izašavši u Petrogradu naFinskoj stanici, proglasi, usprkos mišljenja većine boljševika, pa i samog Staljina (koji će suštinu stvari upropastiti) kako se revolucija nastavlja i to proleterska revolucija.

Rosa Luxemburg je pisala:"Znam da i boljševici nisu bez mana, čudni su, pretjerano su kruti, ali ih razumijem i u potpunosti opravdavam; ne može se ne biti krut pred amorfnom, želatinoznom masom menjševičkog oportunizma..."

Danas je od tih događaja prošlo stotnu godina, a ta pitanja su još uvijek otvorena. Kako dati svu vlast sovjetima i to odozdo, a da ne počine krvave i kobne greške, kao evropska često izdajnička socijaldemokracija, kriva u neku ruku za dva svjetska rata i za danšnji očajni polažaj svih onih koji ne posjeduju ništa oim vlastite radne snage, ako joj se ne nametne kruta košulja jednopartijske disciplin?. I kako postići da se ta pancirna košulja, koja bi trebala da sačuva tekovine revolucije, ne pretvori u luđačku košulju, koja će revoluciju odnosno njene domete izručiti, "con armi e bagagli" (sa svim oružjem i prtljagom - po talijanskoj uzrečici) pravo u krilo neprijatlja, kako smo to vidjeli devdesetih godina? I kako spriječiti kapitalizam, opijen pobjedom, da sasvim ne podivlja i dosegne karikaturna obličja te dođe do granice kolektivnog ludila, kako to gledamo ovih dana i godina? Jedan od odgovora, možda nepotpun, svakako se nalazi u Lenjinovim Aprilskim tezama. Drugi dio odgovora – na parolu "Sva vlast sovjetima" i to odozdo, ostavlja se, da je pronađu generacije koje nadolaze. Ni Galileo Galilei nije znao sve. A danas znamo mnogo.

"Doći će nova mladost, doneti nove dane i nastaviti naše pesme, nedopevane..."

Odgovore na postavljena pitanja donijet će novo vrijeme odnosno mladii ljudi vremena što dolazi.


Jasna Tkalec



(english / italiano / русский)
 
Odessa 2 Maggio 2014--2017
 
0) LINKS
1) TRE ANNI DOPO (F. Poggi)
– La censura continua (2.5.2017)
– Ancora sulla strage (4.5.2017)
2) ESULI E PERSEGUITATI POLITICI
– Alexej Albu, sopravvissuto alla strage (Contropiano, 10.12.2016)
– Campagna internazionale per la liberazione di Alexander Kushnarev, padre di una delle vittime del pogrom


Cronache della Carovana Antifascista 2017 in Donbass

2017: Link, brevi e commenti in ordine cronologico
2014--2016: Flashbacks


APPUNTAMENTI:

– Roma, lunedì 8 maggio 2017
alle ore 12 si terrà una conferenza stampa della delegazione rientrata in Italia presso la sede del parlamento europeo in via IV Novembre

– Roma, martedì 9 maggio 2017
dalle ore 16:30 a Piazzale Verano
REGGIMENTO DEGLI IMMORTALI
Il 9 maggio in tutti i paesi dell'ex Unione Sovietica si festeggia il GIORNO DELLA VITTORIA. Questa manifestazione è stata organizzata per la prima volta a Tomsk nel 2012 e da allora si svolge in moltissime città in Russia e dallo scorso anno, anche in molte città europee. Il 9 maggio 2017 vogliamo organizzare anche qui a Roma un appuntamento per questo giorno. Vogliamo ringraziare il Popolo Russo che ha sconfitto il nazifascismo, ricordando anche i caduti della Guerra di Liberazione. 
Ci daremo appuntamento ai giardini di Piazzale del Verano e poi tutti insieme porteremo dei fiori al Sepolcreto dei Caduti nella Lotta per la Liberazione.
Evento facebook: https://www.facebook.com/events/174656103051633/


=== 2017: Link, brevi e commenti in ordine cronologico ===

Parte la carovana antifascista per il Donbass. Intervista all’onorevole Eleonora Forenza (PandoraTV, 28 apr 2017)
Eleonora Forenza, europarlamentare nelle fila del GUE, eletta nella Lista Tsipras - L’Altra Europa, partecipa alla terza carovana antifascista per il Donbass. La carovana, organizzata dalla Banda Bassotti, si recherà a Donetsk e a Lugansk per portare farmaci e aiuti di prima necessità alle popolazioni del Donbass...

"Perché io, eurodeputata, parteciperò alla terza carovana antifascista in Donbass" (Maurizio Vezzosi, 28/04/2017)
Intervista ad Eleonora Forenza, Eurodeputata del PRC

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Primo maggio a Lugansk. Per la pace, per il lavoro!

Coordinamento Ucraina Antifascista, 1 Maggio 2017

I comunisti di Lugansk, assieme agli internazionalisti della Carovana Antifascista, giunta ieri assieme alla Banda Bassotti, hanno celebrato il Primo Maggio nella città che da tre anni resiste all'aggressione eurofascista di Kiev. 
"Non dovremmo dimenticare che il 1 Maggio, è soprattutto un giorno di lotta per i diritti dei lavoratori. E' per questo che c'è bisogno di parlare di più acuti e complessi temi che sono fonte di preoccupazione per tutti. Gli stipendi, le pensioni, i posti di lavoro, problemi di utilità delle città, prezzi e tariffe - davanti alla nostra gente ci sono molti problemi che devono essere affrontate " ha commentato all'evento il segretario dei comunisti di Lugansk, Maxim Chalenko.
La compagna Ekaterina Popova, membro del consiglio comunale di Lugansk , ha aggiunto:
"Il primo maggio ci ricorda la cosa principale - a proposito di solidarietà. Quando migliaia di persone si trovano nella stessa piazza, riconoscono di essere una enorme forza. Questa forza deve essere il punto di partenza dell' azione di qualsiasi autorità, che solo nel popolo può trovare legittimazione. Se la loro vita diventa migliore, la legittimazione sarà effettiva, altrimenti irrilevante ".


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Ultime dalla Carovana antifascista in Donbass

Pubblicato il 2 mag 2017

Si trova in questi giorni nel Donbass una delegazione composta dall’eurodeputata Eleonora Forenza, Andrea Ferroni, coordinatore dei Giovani Comunisti/e, Massimiliano Voza, sindaco di Santomenna, Antonio Perillo, con la terza edizione della Carovana antifascista promossa dalla Banda Bassotti e dall’Usb, con l’obiettivo di portare la solidarietà, anche concreta, alle popolazioni.
La carovana ha già avuto incontri con esponenti dei sindacati, in particolare nella giornata e in occasione della parata del Primo maggio, lavoratori, movimenti, e nelle prossime ore ci sarà anche quello con il presidente della Repubblica di Lugansk.
#DonbassResiste 


COMUNICATO STAMPA

Rifondazione Comunista e  Giovani Comunisti/e partecipano alla Terza Carovana Antifascista nel Donbass promossa dal gruppo musicale “Banda Bassotti”. La delegazione del partito della Rifondazione Comunista che si unirà alla terza carovana oltre a comprendere uno dei due portavoce nazionale dei Giovani Comunisti/e, Andrea Ferroni, vedrà la partecipazione della nostra eurodeputata Eleonora Forenza. Eleonora sarà la prima eurodeputata a recarsi nel Donbass, allo scopo di «riaccendere il più possibile i riflettori su un conflitto che continua a mietere vittime e nel quale continuano ad essere calpestati i diritti umani delle persone e di un popolo». La terza carovana antifascista – dal 30 aprile al 5 maggio – farà tappa, tra l’altro, a Lugansk e Donetsk, dove incontrerà esponenti delle Repubbliche popolari, delle organizzazioni antifasciste e delle realtà associative locali. Il primo maggio è previsto un concerto internazionalista.  Lo scopo della Carovana Antifascista è quello di portare la propria solidarietà concreta alle popolazioni martoriate dalla guerra voluta dalle potenze occidentali, con a capo UE, USA e NATO, che vogliono estendere il proprio dominio politico, economico e militare verso est. In quanto comunisti, e quindi internazionalisti, sentiamo il dovere di esprimere la nostra solidarietà attiva prendendo parte a questa spedizione. Questa decisione è frutto di una presa di coscienza e di un duro lavoro politico da parte di molti nostri compagni e compagne che fin dall’inizio, ancora prima del golpe dal carattere nazifascista, denunciavano quali fossero i piani dell’occidente imperialista nei confronti dell’Ucraina e della Russia. Contro ogni forma di fascismo, sempre dalla parte del popolo che lotta!
#DonbassResiste
Acerbo Maurizio Segretario Nazionale Rifondazione Comunista 
Ferroni Andrea Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e
29 aprile 2017


Report del primo giorno della Carovana antifascista in Donbass 

Arrivati all’ aeroporto di Rostov sul Don, si è composta pian piano la 3° Carovana antifascista, composta da compagni Antifascisti della Catalogna, della Grecia ed in particolare da compagne e compagni Italiani provenienti da più realtà politiche. Oltre ai compagni della Banda Bassotti, è presente una delegazione della USB e ci sono altri compagni e compagne di altre organizzazioni provenienti da tutta Italia.
A rappresentare Rifondazione Comunista c’è Eleonora Forenza, la prima europarlamentare a recarsi in Donbass, uno dei due Portavoce nazionale dei Giovani Comunisti/e, Andrea Ferroni, il sindaco di Santomenna Massimiliano Voza, Vincenzo Bellantoni della federazione di Roma ed Antonio Perillo della federazione di Napoli.
Dopo essere stati fermati per controlli per circa 5 ore alla frontiera tra la Russia e il Donbass, siamo riusciti a passare in direzione Lugansk! Lungo i circa 150 km di strade spesso non in perfette condizioni anche per gli scontri che le hanno attraversate in questi anni, siamo stati scortati dalla polizia e dall’esercito della repubblica indipendente.
Ci si accorge subito della difficoltà ed isolamento che vive questo popolo, ma è immediatamente evidente che anche in mezzo a mille problemi non è minimamente disposto a tornare indietro! Lungo la strada, in ogni luogo pubblico, che sia una scuola oppure un parco, si possono vedere i simboli dell’ orgoglio di questo popolo, dal classico nastro colorato di nero ed arancione, in ricordo del 9 maggio 1945, la giornata della vittoria sul nazifascismo da parte della gloriosa armata rossa, fino al carrarmato sottratto dalle milizie popolari all’esercito ucraino invasore e ora pieno di fiori freschi a ricordare il riscatto del popolo del Donbass in quello che fu il punto massimo di avanzamento dell’esercito ucraino!
Abbiamo concluso la giornata recandoci a Kirovsk ad incontrare il comandante in capo Alexey Markov della brigata comunista “Prizrak”, “la brigata fantasma”. Markov si è mostrato molto contento ed emozionato nell’incontrare i compagni/e della Carovana Antifascista ricevendoci all’interno del quartier generale della Brigata. Nel confronto con tutta la delegazione e soprattutto nella discussione con la nostra delegazione, ha tenuto a sottolineare lo spirito che dall’inizio lì ha guidati ed ancora lì guida. Per quei compagni non si tratta di una guerra nazionalista, non c’è necessità di conquistare territori ma quella di resistere in nome dell’antifascismo contro gli oligarchi neonazisti dell’attuale governo ucraino che provano a cancellare cultura e tradizione di questo popolo! Ha voluto anche sottolineare che la brigata non è composta da militari di professione, ma da militanti che hanno dovuto imbracciare le armi per poter resistere ma che si auspicano che il conflitto termini al più presto.

Andrea Ferroni Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e
1 maggio 2017

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Da Eleonora Forenza, 3 maggio 2017:


Sono appena intervenuta a nome del Partito della Rifondazione Comunista al Forum Antifascista Internazionale a Donetsk, organizzato dai Partiti comunisti delle due repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.
Ho ribadito che la loro lotta contro il fascismo è la nostra lotta. Il fascismo è un problema complessivo dell'Unione Europea. La rappresentante della politica estera europea è italiana e socialista, Federica Mogherini, e sostiene il regime fascista di Kiev. 
L'imperialismo Usa sta portando il confine della Nato e della guerra in queste terre. 
Il loro confine è il nostro confine. 
Distruggeremo il fascismo qui ed in tutto il mondo.
#DonbassResiste


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Partito della Rifondazione Comunista, 3 maggio 2017

COMUNICATO STAMPA

DONBASS - ACERBO (PRC): «ORGOGLIOSI PER GLI ATTACCHI RICEVUTI DALL'AMBASCIATA UCRAINA, ORGOGLIOSI DELLA NOSTRA DELEGAZIONE, CON L'EURODEPUTATA ELEONORA FORENZA, IN QUESTI GIORNI IN DONBASS PER COSTRUIRE PONTI DI PACE»
Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dichiara:
«L'ambasciata d'Ucraina in Italia in una nota attacca la delegazione di Rifondazione Comunista che con la Carovana Antifascista promossa dalla Banda Bassotti sta visitando le repubbliche del #Donbass per una missione di #pace e #solidarietà. Ci riempie d'orgoglio essere oggetto di attacchi da parte di un governo anticomunista che ha approvato vergognose leggi liberticide e ha riabilitato e celebrato i complici dei crimini nazisti. Siamo orgogliosi che sia una nostra compagna, Eleonora Forenza, la prima parlamentare europea a visitare le regioni sotto attacco da parte del governo di Kiev e dei paramilitari nazifascisti. Purtroppo è vero quel che scrive l'ambasciata: la nostra presenza è in contrasto con l'orientamento del governo italiano, dell'UE e della NATO che fanno finta di non vedere quali caratteristiche pericolose abbiano i gruppi di potere che stanno supportando sul piano politico, economico e militare. E' assurdo invece che l'ambasciata d'Ucraina lamenti violazioni del loro codice penale in quanto noi siamo già dei fuorilegge per quel governo filonazista. Infatti in Ucraina i comunisti sono stati messi al bando ed è vietato persino sventolare una bandiera rossa o cantare l'Internazionale.
La nostra delegazione è in Donbass per costruire ponti di pace rifiutando la logica della nuova guerra fredda e del riarmo che ha condotto all'escalation del conflitto armato in Ucraina.
Per favorire un processo di pace chiediamo al governo italiano di riconoscere le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e di porre fine alle sanzioni economiche alla Russia».

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Forenza e Bassotti clandestini in Donbass. L’ira ucraina

di Giulio AF Buratti, 3 maggio 2017

La carovana antifascista della Banda Bassotti, con la partecipazione dell’europarlamentare Eleonora Forenza, irrita l’ambasciata di Kiev: «Atto provocatorio»

«L’ambasciata d’Ucraina in Italia in una nota attacca la delegazione di Rifondazione Comunista che con la Carovana Antifascista promossa dalla Banda Bassotti sta visitando le repubbliche del Donbass per una missione di pace e solidarietà». Così Maurizio Acerbo, segretario del Prc, dopo la lettura del post dell’ambasciata ucraina che stigmatizza l’ingresso della delegazione nel settore fuori controllo dal governo di Kiev composto anche da ministri dichiaratamente nazisti ma fedeli amici del governo italiano e dell’Ue. E’ molto probabile che le “repubbliche popolari” non siano il paradiso socialista che pensano i novelli campisti ma il governo di Kiev è certamente il primo a vantarsi di ministri che si rifanno espressamente al Terzo Reich e occupano posti chiave. Riportava Infoaut:

Vice primo ministro, ministro della Difesa, segretario e vice segretario del Consiglio nazionale di Sicurezza e Difesa, ministro dell’Istruzione, ministro dell’Ambiente, ministro dell’Agricoltura, ministro della Gioventù e dello Sport, procuratore generale dell’Ucraina, presidente della commissione Anticorruzione.  

 
E non è tutto. Due di queste persone sono legate a Doku Khamatovich Umarov (conosciuto col nome islamico di Dokka Abu Usman), uno dei più feroci comandanti dei ribelli ceceni, nonché autoproclamatosi ex Emiro dell’Emirato del Caucaso. Abu Usman ha rivendicato sia l’attentato del 29 marzo 2010 alla metropolitana di Mosca (quarantuno morti), sia quelo all’aeroporto di Mosca del 2011 (trentasette morti). L’Emirato islamico del Caucaso è iscritto dalle Nazioni Unite come organizzazione appartenente alla galassia di Al Qaida. Uno di questi due politici ha anche personalmente combattuto in Cecenia contro i russi.

Ecco la nota dell’ambasciata: 

«In riferimento alla recente visita dei rappresentanti del partito comunista italiano nel territorio occupato dell’Ucraina del Donbass, l’ambasciata dell’Ucraina in Italia condanna con fermezza questa provocazione e la violazione della sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina.
La visita di cittadini stranieri nella regione dell’Ucraina nel Donbass, di essere in contrasto con le norme del diritto internazionale, è una grave violazione del regolamento di procedura che norma di ingresso e di uscita temporaneamente occupato il territorio dell’Ucraina con l’eventuale responsabilità penale per violazione Della legislazione vigente in Ucraina (art. 332, comma 1 del codice penale dell’Ucraina).
Anche questa visita è in contraddizione con la posizione aperta sul tema da parte del governo italiano, e le norme e le decisioni delle organizzazioni internazionali.
Nonostante sia un grave atto provocatorio, questa pagina vergognosa di certo non avrà ripercussioni sui successi conseguiti nei rapporti tra l’Italia e l’Ucraina sul fronte degli scambi culturali, commerciali e gli esseri umani che hanno arricchito le due nazioni da sempre uniti da amicizia e valori condivisi».

«Ci riempie d’orgoglio essere oggetto di attacchi da parte di un governo anticomunista –  riprende Acerbo – che ha approvato vergognose leggi liberticide e ha riabilitato e celebrato i complici dei crimini nazisti. Siamo orgogliosi che sia una nostra compagna, Eleonora Forenza, la prima parlamentare europea a visitare le regioni sotto attacco da parte del governo di Kiev e dei paramilitari nazifascisti. Purtroppo è vero quel che scrive l’ambasciata: la nostra presenza è in contrasto con l’orientamento del governo italiano, dell’UE e della NATO che fanno finta di non vedere quali caratteristiche pericolose abbiano i gruppi di potere che stanno supportando sul piano politico, economico e militare. E’ assurdo invece che l’ambasciata d’Ucraina lamenti violazioni del loro codice penale in quanto noi siamo già dei fuorilegge per quel governo filonazista. Infatti in Ucraina i comunisti sono stati messi al bando ed è vietato persino sventolare una bandiera rossa o cantare l’Internazionale.
La nostra delegazione è in Donbass per costruire ponti di pace rifiutando la logica della nuova guerra fredda e del riarmo che ha condotto all’escalation del conflitto armato in Ucraina.
Per favorire un processo di pace chiediamo al governo italiano di riconoscere le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e di porre fine alle sanzioni economiche alla Russia».


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Intervista all'eurodeputata Eleonora Forenza dopo i gravi fatti del 2 maggio 2017 (MIA Napoli, 4 mag 2017)

Carovana / Il governo di Kiev chiede l’arresto della delegazione italiana nel Donbass (di Redazione Contropiano, 5 maggio 2017)
Incredibile ma vero. L'Ucraina di Poroshenko rende noto che chiederà l'arresto e l'estradizione di Eleonora Forenza e dei delegati della carovana antifascista nel #Donbass (tra cui Giorgio Cremaschi, Paola Palmieri della Usb, Banda Bassotti, il nostro Marco Santopadre ed altre decine di attivisti. Il governo di Kiev vuole processarli con l'accusa di violazione delle leggi anti-terroristiche ucraine. Il governo ucraino, per bocca del ministro degli Esteri, chiede alle autorità dell'Unione europea di arrestare i delegati al loro ritorno in Italia per consentire poi l'estradizione.
Il ministero degli Esteri italiano, dicono da Kiev, ha ricevuto il 28 aprile circa, la loro nota: «Abbiamo chiesto che sia arrestata e che il suo gruppo sia fermato prima di arrivare fisicamente al Donbass», ha detto la portavoce del ministro degli Esteri Maryana Betsa. E «come risultato di questi contatti, il ministero degli Esteri italiano ha inviato alle autorità competenti e agli organizzatori di questa provocazione le informazioni sulla responsabilità penale per violazione della legge ucraina. L'Italia ha sottolineato che il suo governo sostiene l'integrità territoriale e la sovranità dell'Ucraina e questa posizione rimane invariata».
Lunedì 8 maggio alle ore 12, si terrà una conferenza stampa della delegazione rientrata in Italia presso la sede del parlamento europeo in via IV Novembre.

Bentornati a Roma (ANPI ROMA, 6 maggio 2017)
Solidarietà all'europarlamentare Eleonora Forenza, alla Banda Bassotti e alla carovana antifascista di ritorno dal Donbass, ridicolmente accusati di terrorismo dal governo Ucraino che ne ha chiesto all'Italia l'estradizione per accusarli di aver incontrato le popolazioni, i partiti, i sindacati, gli atenei, di aver portato medicine, materiale scolastico e giocattoli...

Forenza (Eurodep. PRC): "Accusata di terrorismo da Kiev perché antifascista" (Maurizio Vezzosi, 7 mag 2017)
Intervista di Maurizio Vezzosi. Roma, 6 Maggio 2017. Eleonora Forenza replica all'accusa di terrorismo ed alla richiesta di estradizione inviata dal Ministero degli Esteri ucraino al governo italiano in seguito alla sua partecipazione alla carovana di solidarietà con la popolazione del Donbass promossa dalla Banda Bassotti.

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Poroshenko chiede l’estradizione per noi, ma a meritare la galera sono lui e i fascisti di Kiev

di Giorgio Cremaschi, 6 maggio 2017

In un loro comunicato i governanti del regime di Poroshenko e delle bande armate neonaziste chiedono l'arresto di tutti noi che abbiamo portato solidarietà alle popolazioni martoriate del Donbass. Nelle specifico dovrebbero essere arrestati per violazione delle leggi antiterrorismo di quel paese la Banda Bassotti, la parlamentare europa Eleonora Forenza con i compagni di Rifondazione comunista, le compagne e i compagni della USB, e l'intera delegazione di cui sono parte come Eurostop.
Attendiamo un segno di vita da parte del governo italiano a cui vogliamo solo ricordare che tutto il governo che egli vergognosamente riconosce dovrebbe essere arrestato e condotto al tribunale de L'Aia per i loro crimini di guerra. Questi crimini noi li abbiamo visti ed è per questo che i signori di Kiev si sono inalberati. Abbiamo visto in ogni centro abitato delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk le foto delle donne, degli uomini, dei bambini uccisi dalle loro bombe. Abbiamo visto le case, le scuole e le università, la vie del passeggio crivellate dai colpi delle loro artiglierie, che continuano ogni giorno a terrorizzare la popolazione, anche noi li abbiamo sentiti. Siamo stati testimoni scomodi e in più abbiamo commesso un reato gravissimo per Kiev, abbiamo portato giocattoli e medicinali, quest'ultimo è una colpa per cui le bande fasciste del governo ucraino possono uccidere chi la commette.
Tell the truth, dite la verità ci hanno detto i cittadini delle repubbliche del Donbass ovunque li abbiamo incontrati. Anche coloro che sanno solo il russo, la lingua che tutti parlano da sempre lì, oggi sanno due frasi in lingue estere: No Pasaran e Tell the truth. La verità è che quella del regime di Kiev è una guerra di sterminio condotta ai fini della pulizia etnica e per questo non vogliono testimoni. Noi siamo prima di tutto questo, semplici testimoni di verità a cui speriamo si aggiungano molti altri. In modo di distruggere la bolla di fakenews con la quale UE e NATO giustificano il loro sostegno alla guerra dei golpisti ucraini, che devono finire nel solo posto che meritano: la galera.

[Nelle foto: L'università bombardata e gli studenti uccisi; e la festa del Primo Maggio a Lugansk:

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Altre cronache e fotografie: 
https://www.facebook.com/bandabassottiband/


=== 2014--2016: Flashbacks ===


*** 2014:

LA PRIMA CAROVANA ANTIFASCISTA PROMOSSA DAL GRUPPO BANDA BASSOTTI


*** 2015:

La SECONDA CAROVANA ANTIFASCISTA promossa dal gruppo musicale Banda Bassotti (maggio 2015)

8 maggio a Lugansk: i comunisti da tutto il mondo per sostenere il Donbass (11 aprile 2015)


*** 2016: 

Comunicato della Banda Bassotti (9 Maggio 2016)
9 maggio 2016 - 71° anniversario della Vittoria dell'Unione Sovietica sul nazifascismo. Il 23 maggio ricorrenza dell'assassinio del Com. Mozgovoy e della sua scorta, saremo presenti con una delegazione della Carovana Antifascista, in Donbass. 
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/area-ex-urss/26865-comunicato-della-banda-bassotti
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=pLrwyKN-H0c

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STATEMENT FROM BANDA BASSOTTI, 24.10.2016
English/espanol/euskera/german/french
https://www.facebook.com/bandabassottiband/videos/10153795759516574/

Since May 2nd 2014 we are active supporting the fight of the Donbass Antifascist, we share this fight with several other comrades that in such hard time haven’t left us alone.
Since the beginning of this war, Western media - like in many further cases - stand out for the silence and the falsification of the reality covering the crimes of the central Government of Kiev.
The truce of Minsk have not been enforced by the puppet Ukrainian Government; Bombs keep falling and kill civilians. Commanders and fighters of the Novorossia resistance are brutally killed. People keep living with the constant fear of bombs and of a new aggression of the nazi-fascist troups of Poroscenko Government.
The population of Donbass urges us to organize a new Antifascist Caravan to bring humanitarian aid.
We plan to visit them on the 1st of May, International Labor day. In that day we will deliver food and medicines to the population of the two Republic and we will play two concerts in Donetsk and Lugansk. With this statement, we invite all the Comrades that in Europe and in the World helped us and the Antifascist fight to collect food, medicines, copybooks, pens and pencils for children.

IN SOLIDARITY OF THE ANTIFASCIST NOVOROSSIA
BANDA BASSOTTI – Roma -
PLANET EARTH OCTOBER 2016
NO PASARAN!



(srpskohrvatski / français / english / italiano)

Impunità assoluta

1) Arresto, squallido teatrino ed ovvio rilascio del criminale UCK-NATO Ramush Haradinaj in Francia 
– Р. Крсмановић: Застрашујућа победа неправде 
– SUBNOR: Зауставите ратне хушкаче!
– RT: Ex-Kosovo PM arrested in France on Serbian warrant 
– Ramush Haradinaj subito rilasciato su cauzione
– Links
2) Le ultime vergogne di UNMIK ed EULEX
– EULEX e il caso dei giornalisti scomparsi
– Kosovo, EULEX continua con poteri ridotti
– 2016: Cronaca di “ordinarie” violenze in Kosovo Metohija 


Su precedenti arresti e rilasci di Haradinaj si vedano: 
2010: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/topics/6808 (con numerosi link per un profilo di Haradinaj)
Sullo stato di illegalità cronica vigente in Kosovo si veda anche: https://www.cnj.it/documentazione/interventi/dirittorovescio2015.htm


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Arresto, squallido teatrino ed ovvio rilascio del criminale UCK-NATO Ramush Haradinaj in Francia 

In ordine cronologico inverso:

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Ратко Крсмановић  

ЗАСТРАШУЈУЋА ПОБЕДА НЕПРАВДЕ 

Истражно веће Апелационог суда у Колмару одбацило је захтев Србије за изручење Рамуша Харадинаја, којег српско тужилаштво терети за ратне злочине на Косову и Метохији 1998. и 1999. и укинуло му меру забране напуштања територије Француске. 
Бивши лидер терористичке ОВK, а данас лидер Алијансе за будућност Kосова, Рамуш Харадинај је одлуком суда на коју Србија више нема право жалбе, ослобођен и вратио се на Kосово. То су најновији показатељи вишедеценијске стратегије једне од водећих чланица НАТО и ЕУ. Француска је оглушивши се о начела права и правде, искористила политичке полуге да настави са понижавањем Србије и са вређањем жртава злочина једног од вођа терористичке ОВК.  
Тиме се директно охрабрују екстремисти међу Албанцима, а девалвира и слаби утицај Србије као политичког и економског фактора на Балкану. Истовремено се награђују албански екстремисти за послушност у улози реметилачког фактора на Балкану и асистента глобалних империјалистичких пројеката. Само славље поводом овакве одлуке суда у Колмару, било је подстицајно за еуфоричну најаву оживотворења „Велике Албаније“ и скорашњег споразума из Тиране, за реафирмацију примитивне етно-спаситељске балистичке демагогије у којој се једном рађао и развијао фашизам у свом најсвирепијем лику, односно покретање новог балканског сукоба.  
Отуда је оправдано питање - да ли ће Србија и даље пристајати на таква лицемерства водећих чланица ЕУ, истрајавајући на својој безрезервној „европској“ политици, и наставити поводљиву политику самопонижавања, самообмањивања и бесконачних уступака на рачун животних националних и државних интереса? Према реакцијама премијера Александра Вучића и официјалних структура, Србија је одлучна да истраје у одбрани истине, правде, права и националног достојанства. То и није увек у сагласности са праксом ЕУ. 
Француска се на овај начин сврстала у ред оних држава које дискриминишу жртве када су у питању сукоби на КиМ и оних који селективно прилазе кажњавању починилаца најтежих ратних злочина. Није сувишно подсетити да се сам фашизам зачиње, рађа и живи као велика лаж. У Колмару је страдала истина а награђена лаж и злочин.  
Француска је овим поступком открила део свог лица, за које, неспорни злочини, убијање, насиље, криминал, пљачка и тероризам, постају природан начин социјалне егзистенције. Иако смо веровали да су такви, деструктивни обрасци понашања цивилизацијски поражени, они и даље пулсирају и делују као прикривена опција. Да су радикални елементи Космета у минуле три деценије имали тајну подршку Француске, за већину и није неко посебно откриће, али је сада свака рукавица дугих француских руку поцепана.  
Нама је стало до жртава, до истине о ратним злочинима, до правде, до међународног правног поретка... Тако су реаговали српски званичници, суочени са болном чињеницом, да право и правда нису успели да надвладају политику. 
Французи су своје милосрђе према терористима ОВК показивали и кроз понашања Кушнера, Ширака и других званичника, који су директни саучесници почињених злочина на Косову и Метохији. Одлука Истражног већа Апелационог суда у Колмару се показала као наставак непромењене улоге француске политике на Балкану и њеног тријумфа над правдом и истином. Отуда су била илузорна очекивања да ће француско правосуђе проговорити језиком великог Де Гола, Сартра или Митерана, док савремена Француска носи терет кршења међународног права у виду НАТО агресије на Србију (СРЈ) 1999. године, етничког чишћење које је уследило и проглашења независности Косова.  
Заиста је било илузорно очекивање да ће таква Француска признати своје грешке, јер то и није њој својствена особина и поред одговорности за многа страдања, ратове и милионе жртава широм света. 

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Општи апел – Објављено под Актуелно |  28. априла 2017.

ЗАУСТАВИТЕ РАТНЕ ХУШКАЧЕ!

Председништво СУБНОР-а Србије, традиционалне и антифашистичке организације са преко 130.000 чланова, са огромном забринутошћу прати ратнохушкачка кретања на Балкану и оштро се супротставља поновном ширењу ратног пожара у организацији и спонзорисању  гарнитура на власти у Албанији и других  који сањају као у кошмарним ноћима прекрајање граница и стварања неких нових држава по националистичком рецепту.
Изазивање немира у Македонији прети и осталим државама у региону, а уље на ватру долио је суд у француском Колмару који је одбио крајње објективан захтев државе Србије да изручи ратног злочинца Харадинаја. Та одлука је још један доказ непринципијелности појединих европских држава и кршење међународних прописа и правила и у исто време прети, као опасан преседан, читавом европском континенту да се претвори у зону безакоња и легализовања најтежих злочина попут оних што су албански терористи током деведесетих година прошлог века починили српском и другим народима на Косову и Метохији.
СУБНОР Србије, као активни и уважени учесник најважнијих светских ветеранских организација, обавестио је о овој тешкој и крајње забрињавајућој ситуацији челнике тих организација са седиштем у Паризу и Берлину, као и пријатељска удружења попут Сверуског савеза ветерана Руске Федерације.
СУБНОР Србије је уверења, остајући привржен антифашизму и миру и разумевању међу народима и државама, да ће и сродне ветеранске организације у том погледу реаговати и дати допринос стабилизовању стања у интересу човечанства.

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KOSOVO : LA JUSTICE FRANÇAISE REPORTE ENCORE SON VERDICT SUR L’EXTRADITION DE RAMUSH HARADINAJ VERS LA SERBIE (Par Laurent Geslin / CdB, 6 avril 2017)
La justice française a, pour la troisième fois, reporté son verdict dans l’affaire Ramush Haradinaj. La Cour d’appel de Colmar a annoncé cet après-midi qu’une nouvelle audience aurait lieu le 27 avril...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-la-justice-francaise-reporte-encore-son-verdict-sur-l-extradition-de

JUSTICE : RAMUSH HARADINAJ SERA FIXÉ LE 2 MARS PROCHAIN SUR SON SORT (Courrier des Balkans, 9 février 2017)
Lors de l’audience du jeudi 9 février, la Cour d’appel de Colmar a expliqué qu’elle rendrait sa décision sur l’extradition de Ramush Haradinaj vers la Serbie le 2 mars prochain...

Kosovo stato (inventato) canaglia (PandoraTV, 5 gen 2017)

France : arrestation d'un criminel de guerre kosovar - Pour un juste procès ! (Daniel Salvatore Schiffer)
Un important criminel de guerre Kosovar, Ramush Haradinaj, ancien Premier Ministre du Kosovo, vient d'être appréhendé en France suite à un mandat d'arrêt international lancé par la Serbie. C'est là l'une des conséquences de la terrible guerre qui ravagea en 1999, avant l'intervention de l'OTAN, l'ex-Yougoslavie...
Cet article a été publié aussi à la "une " du site d'information français "AgoraVox". En voici le lien:

KOSOVO : RAMUSH HARADINAJ ARRÊTÉ EN FRANCE SUR LA BASE D’UN MANDAT SERBE (CdB, 4 janvier 2017)
Ramush Haradinaj, ancien commandant de l’UÇK et ancien Premier ministre du Kosovo, a été arrêté mercredi après-midi dans la partie française de l’aéroport international de Bâle-Mulhouse-Fribourg, sur la base d’un mandat d’arrêt international émis par la Serbie en 2004...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/kosovo-ramush-haradinaj-arrete-en-france-sur-la-base-d-un-mandat-serbe.html

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Ex-Kosovo PM arrested in France on Serbian warrant

5 Jan, 2017 – French police arrested former Kosovo Prime Minister Ramush Haradinaj on an international warrant filed by Serbia in 2004. Haradinaj is wanted for alleged war crimes committed during his late-nineties insurgency campaign in the southern Serbian province.
Haradinaj, a former commander in the ‘Kosovo Liberation Army’ (KLA) turned politician, was charged with atrocities during the 1998-1999 conflict. Serbia considers the KLA a terrorist organization.
French police detained Haradinaj on arrival at Basel-Mulhouse airport from Pristina, according to sources who spoke to Reuters. He was reportedly travelling on his diplomatic passport.
A statement by Kosovo’s foreign ministry, cited by Reuters, said Haradinaj “was stopped by French authorities based on an arrest warrant issued by Serbia in 2004, which for us is unacceptable.” The ministry added it was doing everything in its power to secure Haradinaj’s release.
"With these primitive acts, Serbia is not only hurting the spirit of the dialogue to have good neighborly relations, but is proving that it is a destabilizing factor in the whole region”, Edita Tahiri, Kosovo's minister for dialogue with Serbia, is quoted as saying by Reuters.
Haradinaj will remain in custody until Serbia makes a formal extradition request, a French appeal court said on Thursday.
“Our prosecutor's office has numerous pieces of evidence against Mr. Haradinaj," Serbia’s Prime Minister Aleksandar Vucic said on Thursday, as quoted by AP.
“He is accused of so many [crimes] that they are impossible to list,”he added. Vucic also noted that West European countries would have to stop "patronizing" his country on judicial reforms for EU accession if Paris fails to extradite Haradinaj.
Haradinaj, who currently heads the opposition party Alliance for the Future of Kosovo (AAK) was previously detained in Slovenia in 2015, but released two days later after diplomatic pressure from the EU.
The former prime minister has already been tried twice before the war crimes tribunal in The Hague but was acquitted both times, as witnesses against him turned up dead or unwilling to talk.
 He served as prime minister of Kosovo in 2004-2005, while the southern Serbian province was occupied by NATO and under UN administration.
NATO attacked Serbia in 1999 to aid the ethnic Albanian insurgency in Kosovo. The breakaway province unilaterally declared independence from Serbia in 2008, with the backing of Western powers.

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Ramush Haradinaj è stato rilasciato su cauzione, ma ha l’obbligo di non lasciare la Francia. 

L’ex premier kosovaro era stato arrestato all’aeroporto di Mulhouse in vrtù di un mandato di cattura internazionale richiesto dalla Serbia che lo vuole processare per crimini di guerra. Haradinaj deve restare a disposizione in attesa dell’esame della richiesta di estradizione presentata da Belgrado. L’ex leader delle milizia kosovara Uck è tra l’altro accusato dell’uccisione di 60 civili, di atti di tortura e rapimenti. Per i kosovari, invece, è un eroe.

[Fonte: da Intopic . Si decidessero, gli articolisti, definire chi sono, questi "kosovari"...! Ivan]

KOSOVO : LA JUSTICE FRANÇAISE ORDONNE LA REMISE EN LIBERTÉ DE RAMUSH HARADINAJ (Courrier des Balkans | Par la rédaction | jeudi 12 janvier 2017)
La Cour d’appel de Colmar a ordonné ce jeudi la remise en liberté de Ramush Haradinaj, arrêté le 4 janvier en France à la suite d’un mandat d’arrêt international émis par la Serbie, une décision qui avait provoqué la colère dans le monde albanais...
LA SERBIE MET EN GARDE LA FRANCE CONTRE TOUTE IMPUNITÉ ACCORDÉE À RAMUSH HARADINAJ (Courrier des Balkans | vendredi 13 janvier 2017)
La réaction de Belgrade à l’annonce de la libération, jeudi, de Ramush Haradinaj par la justice française ne s’est pas faite attendre. La Serbie menace de « réciprocité » la France, notamment pour les affaires de terrorisme, si l’ancien commandant de l’UÇK n’est pas extradé...


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Le ultime vergogne di UNMIK ed EULEX

In ordine cronologico inverso:

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En français: KOSOVO : EULEX ET L’ÉTRANGE AFFAIRE DES JOURNALISTES DISPARUS
Osservatorio Balcani e Caucaso | European Center for Press and Media Freedom | Traduit par Béranger Dominici |vendredi 10 mars 2017
« Il n’existe aucune archive secrète, aucun document relatif aux enlèvements et aux assassinats commis au Kosovo qui ne soit déjà entre les mains d’Eulex. » C’est en tout cas ce que soutient la Mission des Nations unies au Kosovo (Minuk). Pourtant, sur les douze cas de journalistes disparus durant la guerre de 1999 ou juste après, ni la Minuk ni Eulex n’ont traduit le moindre suspect en justice...



Eulex e il caso dei giornalisti scomparsi

Dopo più di quindici anni dai fatti, né Unmik né Eulex sono riuscite a fare chiarezza sulla scomparsa di 12 tra giornalisti e operatori dell'informazione serbi durante e subito dopo il conflitto in Kosovo

02/03/2017 -  J. L. Petković

(Originariamente pubblicato da Vesti  , il 19 febbraio 2017, titolo originale Euleksu dokazi kucaju na vrata, nema ko da otvori  )

"Non c'è alcun archivio 'segreto', nessun documento relativo alle indagini su rapimenti e omicidi contro la popolazione civile in Kosovo che non sia già in mano ad Eulex" sostengono alla missione UNMIK. Fino ad oggi però né Eulex né Unmik sono riuscite a portare davanti alla giustizia nemmeno un sospettato del sequestro e omicidio di 12 tra giornalisti e operatori dell'informazione scomparsi durante o subito dopo il conflitto in Kosovo.

Da Unmik a Eulex e ritorno 

La Commissione consultiva per i diritti umani (Human Rights Advisory Panel), istituita nel 2006 sotto l'egida dell'Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), divenne operativa nel 2008, anno in cui tutta la documentazione prodotta nel corso dell'attività investigativa di questa amministrazione provvisoria, ovvero le sue competenze in materia di tutela dello Stato di diritto furono trasferite all'Eulex (European Union Rule of Law Mission in Kosovo). Lo scopo della Commissione era quello di esaminare le denunce mosse dai familiari di persone uccise o scomparse, che erano convinti che la missione dell'Onu in Kosovo non avesse fatto nulla per scoprire la verità su quanto accaduto.

A rivolgersi a questa Commissione erano soprattutto i familiari delle vittime di nazionalità serba, tra cui anche quelli di quattro giornalisti e operatori dell'informazione scomparsi o uccisi in Kosovo. Dal momento che tutta la documentazione prodotta sia dall'Unità per le persone scomparse che dall'Ufficio legale dell'Unmik era già stata consegnata alla Procura di Eulex, la Commissione, ogni volta che doveva esaminare una denuncia, era costretta a chiederla indietro.

Come affermato dagli ex dipendenti del Segretariato della Commissione, il cui mandato è scaduto nel 2016, “nell'assoluta maggioranza dei casi relativi a persone scomparse, i documenti esaminati dalla Commissione sono stati ottenuti da Eulex, innanzitutto dall'Ufficio del procuratore speciale per i crimini di guerra. Non esiste nessun archivio 'segreto' dell'Unmik, che conterebbe documenti della cui esistenza Eulex non è a conoscenza. A prescindere da quali fossero state le conclusioni della Commissione consultiva – senza eccezione rese pubbliche e contenenti, tra l'altro, un resoconto delle attività investigative con informazioni dettagliate su possibili sospettati – Eulex è in possesso di tutti questi documenti, sia che si tratti di originali o di copie“.

Informazioni “non disponibili“ si trovano sul web

Queste affermazioni sono in netto contrasto con quanto dichiarato dall'attuale capo della missione Eulex Alexandra Papadopoulou durante una recente conferenza sulla sicurezza dei giornalisti organizzata dall'OSCE. In quell'occasione la Papadopoulou ha precisato che, per quanto riguarda i quattro casi di giornalisti rapiti e uccisi, Eulex non dispone di nessuna informazione, aggiungendo che nel loro archivio non vi è nessun dato su Mile Buljević, dipendente della RTV Pristina scomparso nel 1999. Il fatto che la Commissione consultiva, nel prendere posizione sulla denuncia presentata nel 2013 dalla sorella di Mile, Ljubica Buljević, si era avvalsa di informazioni fornitele proprio da Eulex, solleva però molte questioni. Innanzitutto quella di una presunta “sparizione“ di documenti dall'archivio di Eulex.

Il 13 dicembre 2013 la Commissione ha reso pubblica la propria posizione su questo caso, dopodiché, più precisamente il 2 aprile 2014, il Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in Kosovo ne ha ufficialmente informato Eulex.

“Dopo che la Commissione ha constatato che l'Unmik non aveva adeguatamente indagato su questo caso, chiedendo al Rappresentante speciale di porgere pubbliche scuse alla famiglia [di Buljević] nonché di sollecitare Eulex a provvedere allo svolgimento di opportune indagini, egli ha accolto positivamente tali raccomandazioni, il 6 gennaio 2014 inviando una lettera di scuse alla famiglia della vittima e qualche tempo dopo, il 2 aprile 2014, informando Eulex dell’intera vicenda”, ha spiegato, fornendo documentazione al riguardo, Andrey Antonov, ex responsabile del Segretariato della Commissione.

Da alcune testimonianze, integralmente riportate nei documenti dell'Unmik, emerge che Buljević fu rapito in pieno giorno nel centro di Pristina: il 25 giugno del 1999, verso mezzogiorno e mezzo, nei pressi di un centro per i rifugiati, Buljević fu fermato da alcune persone che gli chiesero di aiutarle a caricare della merce su un camion. Pochi istanti dopo, apparve una jeep nera con dentro tre uomini e una donna che indossavano uniformi dell'Uçk (Esercito di liberazione del Kosovo). Questi aggredirono fisicamente Buljević e, dopo avergli fatto perdere i sensi, lo buttarono dentro alla macchina, insieme a M. J, marito di una testimone. Stando al racconto della donna, suo marito venne buttato fuori dalla macchina fermatasi a circa 50 metri dall'accaduto, mentre Buljević rimase dentro. La testimone e suo marito avevano immediatamente informato il fratello di Mile nonché la Kfor di quanto era avvenuto.

Diversi sospettati, nessuna indagine

Stando alle parole di Alexandra Papadopoulou, nemmeno sul caso del rapimento del giornalista Ljubomir Knežević, di cui i media hanno più volte parlato (appellandosi proprio alle conclusioni della Commissione consultiva, risalenti al 2014), ci sarebbero informazioni disponibili. Tuttavia, il testo del parere emesso dalla Commissione consultiva in merito a questo caso, e consultabile sul suo sito ufficiale, contiene un resoconto delle attività investigative svolte dall’Unità per le persone scomparse che include informazioni su due possibili colpevoli.

Nello stesso testo si fa riferimento anche ad altra documentazione prodotta nel corso delle indagini su questo caso, dalla quale emergono indizi su almeno altri nove possibili sospettati. Tra i vari documenti citati vi è un elenco, originariamente redatto dal Centro di coordinamento per il Kosovo e Metohija, contenente i nomi delle persone legate all’Uçk presumibilmente coinvolte in crimini contro la popolazione civile. Tra queste vi sono due membri dell’unità dell’Uçk di Vučitrn, un certo G.I. sospettato di aver preso parte al rapimento di 23 persone di nazionalità non albanese, tra cui anche Ljubomir Knežević, e un tale S.S., anch’egli sospettato del “rapimento e omicidio” di Knežević.

Giustizia inerte

Per quanto riguarda il caso di Aleksandar Simović, soprannominato Sima, giornalista di Media Action International e traduttore, sia l’Ufficio del procuratore speciale del Kosovo sia il capo di Eulex hanno confermato che l’indagine sul suo rapimento è stata sospesa il 22 luglio 2009. Entrambi i garanti dello stato di diritto in Kosovo hanno dichiarato che le indagini saranno riaperte qualora dovessero emergere nuove prove.

Aleksandar Simović fu rapito a Pristina il 21 agosto 1999 e da allora si perde ogni sua traccia. Suo padre Stevan ne aveva immediatamente denunciato la scomparsa a tutte le autorità internazionali, chiedendo una scorta che lo accompagnasse dal comandante dell’Uçk, presumibilmente coinvolto nel sequestro. Le autorità si rifiutarono di ottemperare a tale richiesta.

Nel corso delle indagini svolte dall’Unmik è emersa la testimonianza di V.S., che raccontò di aver visto Simović nel jazz bar “Ćafa”, dove era in compagnia di una donna che lo avvertì di essere prudente perché al tavolo accanto a loro erano seduti tre membri dell’Uçk che lei aveva “già visto a Tetovo, in Macedonia”. Simović fu rapito nel bar “Pikaso” a Pristina, insieme ad un amico albanese, che poi fu rilasciato. Una parte delle sue ossa venne trovata nel villaggio di Obrinje, nei pressi di Glogovac.

Nella parte conclusiva del suo parere in merito a questo caso, reso pubblico il 24 ottobre 2015, la Commissione consultiva ha chiesto all’Unmik di riconoscere pubblicamente, anche tramite i media, la propria responsabilità per il mancato svolgimento di adeguate indagini sul rapimento e l’omicidio di Simović, nonché di rendere pubbliche scuse alla sua famiglia, sollecitando inoltre Eulex ad avviare opportune indagini. Cosa, quest’ultima, che fino ad oggi non è avvenuta.

Lacune nell’operato dell’Unmik

Quanto invece al caso della scomparsa del giornalista Marjan Melonaši, esso è stato inoltrato al Tribunale di primo grado di Pristina il 3 maggio 2011. Melonaši, giornalista della redazione serba della Radio Televisione Kosovo, fu visto per l’ultima volta il 9 settembre 2000 nel centro di Pristina, mentre saliva su un taxi. Da quel momento di lui si perde ogni traccia. Nonostante sua madre avesse immediatamente avvisato (dell’accaduto) tutti gli organi competenti, l’Unmik ha aspettato cinque anni per avviare un’indagine. Nel frattempo nessuno fu indagato né furono eseguite perquisizioni nella casa e nel luogo di lavoro della vittima.

Fu solo nel 2005 che le informazioni sulla scomparsa di Melonaši vennero inserite nella banca dati della polizia, ma il caso fu subito chiuso. Resta ignoto se qualcuno ne fosse stato ritenuto responsabile. Il capo dell’Unmik ha informato Eulex riguardo a questo caso, seguendo le raccomandazioni della Commissione consultiva che, nel suo parere del 14 ottobre 2014, ha ritenuto che la polizia dell’Onu in Kosovo non si fosse dimostrata pronta a fare chiarezza sui crimini che si sospettava fossero stati commessi dai membri dell’Uçk.


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Kosovo, EULEX continua con poteri ridotti

La missione EULEX rimane sul campo in Kosovo fino al 2018, ma con responsabilità largamente ridotte. Per le istituzioni locali il passo indietro dell'UE è un'opportunità e una sfida


19/07/2016 -  Violeta Hyseni Kelmendi Pristina 

Sebbene sia stata duramente criticata per i risultati ottenuti nel processo di rafforzamento dello stato di diritto e nella lotta alla corruzione in Kosovo, la missione europea EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) continuerà ad operare nel paese almeno fino al giugno 2018. Il suo mandato è stato infatti rinnovato dal Consiglio Europeo per la terza volta, ma la missione avrà meno competenze nei prossimi due anni.

L'UE ha accolto le richieste del Kosovo di ridurre la portata di lavoro di EULEX, che da ora si limiterà al ruolo di controllore, guida e di consulenza delle istituzioni locali, pur mantenendo alcune responsabilità esecutive. Lanciata nel 2008 sulla scia dell'indipendenza del Kosovo, EULEX prevede di continuare a lavorare ai processi più delicati ancora in corso, relativi a crimini di guerra, terrorismo, criminalità organizzata e corruzione, e affronterà nuovi casi solo in circostanze eccezionali, con l'approvazione della magistratura del Kosovo.

Attraverso la sua funzione esecutiva, la missione sosterrà le decisioni della giustizia costituzionale e civile, così come il perseguimento e il giudizio delle cause penali selezionate. Allo stesso tempo, i casi EULEX saranno continuamente valutati e riqualificati come casi comuni, impegnando ulteriormente i tribunali kosovari, le procure e le autorità investigative al fine di migliorare le capacità del Kosovo in questi settori.

Missione a poteri ridotti

"In linea di principio, tutte le indagini e i nuovi processi penali saranno condotti da autorità kosovare, in camere giurisdizionali composte da giudici kosovari. Solo in circostanze eccezionali un caso può essere assegnato ad un procuratore dell'EULEX o ad una camera composta da una maggioranza di giudici EULEX", spiega un comunicato emesso dalla stessa missione in seguito alla decisione di estenderne il mandato.

La missione inoltre, in stretta cooperazione con il Rappresentante Speciale dell'UE in Kosovo, fornirà sostegno al dialogo tra Belgrado e Pristina al fine di facilitare l'attuazione di accordi riguardanti lo stato di diritto.

L'Ufficio UE in Kosovo/Rappresentante speciale dell'UE ha sottolineato che con il nuovo mandato EULEX, il Kosovo sarà responsabile dello stato di diritto e della lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. L'Ufficio UE afferma: "Le autorità devono utilizzare il nuovo mandato per continuare il chiaro passaggio di proprietà e di responsabilità da EULEX al Kosovo. Dal momento che questo richiederà ancora del tempo, è importante che il cambiamento sia graduale, in modo da non mettere a repentaglio ciò che è stato realizzato finora per il rafforzamento dello stato di diritto".

Il Kosovo prende responsabilità

Dren Ajeti, ricercatore del Gruppo di Studi Giuridici e Politici a Pristina ha sottolineato che con le due nuove leggi introdotte, approvate dall'Assemblea del Kosovo, la nuova Missione EULEX dovrebbe essere soggetta alla perdita di diverse competenze, che saranno reindirizzate alle istituzioni giudiziarie del Kosovo, vale a dire, l'azione penale e i tribunali.

"EULEX continuerà a partecipare alla gestione di tali casi, tuttavia non avrà il ruolo principale nel processo. Secondo la nuova legge che regola il mandato di EULEX (che tra l'altro ha esteso il mandato della Missione in Kosovo fino al 2018), i tribunali saranno costituiti principalmente da giudici kosovari. Lo stesso vale anche per il pubblico ministero. In linea di principio, tutti i casi saranno oggetto d'indagine da parte del Procuratore di Stato, a meno che, con la richiesta del capo della Procura, il Consiglio giudiziario permetta che i casi siano oggetto di indagine da parte di EULEX. Quindi, il ruolo di EULEX è stato limitato tanto da poter prevedere che, dopo il 2018, la Missione potrà essere ulteriormente limitata o cessare di esistere", dice Ajeti.

Missione sotto accusa

EULEX è accusata di aver fallito nel soddisfare le aspettative della popolazione del Kosovo considerando sopratutto le centinaia di milioni spesi dall'UE per questa missione. La sua reputazione è stata danneggiata particolarmente nel 2014, quando un procuratore britannico di EULEX, Maria Bamieh, ha sostenuto che alcune prove di potenziale corruzione all'interno della Missione siano state insabbiate. EULEX veniva continuamente accusata di ignorare i casi relativi a personaggi di alto profilo e invece di concentrarsi su casi di basso livello. Ma la missione ha negato ogni accusa.

Nonostante il diffuso giudizio negativo dei cittadini sui risultati della missione EULEX, secondo le istituzioni del Kosovo il ritiro totale della missione sarebbe prematuro. Gli esperti legali concordano sul fatto che la presenza di EULEX in Kosovo sia ancora indispensabile. L'avvocato Kujtim Kerveshi ha detto a OBC che il ruolo di EULEX è un'occasione per far sopravvivere lo stato di diritto in Kosovo. "Nel corso degli ultimi anni alcune accuse sono state presentate alla corte di Pristina per reati gravi, tuttavia le indagini sono state condotte per lo più da EULEX, prima che il mandato venne rivisto. Credo che EULEX continuerà completando i casi in corso, tra cui quelli dei reati gravi ".

Dopo oltre 17 anni di amministrazione internazionale del Kosovo e dei poteri esecutivi esercitati da missioni come l'UNMIK prima e EULEX poi, la situazione dello stato di diritto, secondo gli esperti legali, rimane debole. Si ritiene che le istituzioni giudiziarie del Kosovo non siano ancora in grado di condurre indagini indipendenti contro alti funzionari presumibilmente coinvolti in casi di corruzione e nella criminalità organizzata.

"Ho paura che le missioni internazionali abbiano provocato un gap delle realtà locali nell'assumere competenze forti e fondamentali. Le istituzioni locali dello stato di diritto dipendono dalla missione EULEX ed è un dato di fatto che le istituzioni locali non siano attive nei casi di gravi reati come invece fa EULEX, anche se EULEX non ha più le ampie competenze che aveva prima. Credo che le istituzioni locali stiano usando la Missione EULEX come scudo di protezione per la loro mancanza di attività nell'esecuzione dei casi di corruzione e di criminalità organizzata, nascondendosi dietro la copertura di EULEX ", dice l'esperto legale Kujtim Kerveshi.

Dren Ajeti, del Gruppo di Studi Giuridici e Politici, concorda sul fatto che, anche se EULEX ha una cattiva immagine agli occhi dell'opinione pubblica kosovara, i cittadini del Kosovo considerano la presenza internazionale come necessaria per il processo di state building. "Inoltre il nostro sistema giudiziario ha bisogno del sostegno e dell'esperienza dei giudici internazionali in quanto è ancora ritenuto incapace di occuparsi di reati come la tratta di esseri umani, droga, ecc. per non parlare di crimini come la corruzione o l'abuso di potere".

Gli esperti avvertono che ora, con la riduzione delle responsabilità di EULEX, nessuna delle attività principali sarà condotta dalla missione dell'Unione europea e a partire da adesso, i nuovi potenziali fallimenti del sistema giudiziario kosovaro non potranno venire attribuiti ad altri, ma solo alle autorità locali.


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Cronaca di “ordinarie” violenze in Kosovo Metohija 

Scritto da Enrico Vigna

Assaltata con bombe e armi automatiche una sala pubblica a Zubin Potok 

A Zubin Potok il 2 aprile alle tre della notte, nella sala dove il giorno dopo doveva parlare il Primo Ministro serbo A. Vucic, è stata lanciata una bomba e sono state sparate raffiche di armi automatiche da una macchina. Nella sala al momento dell’attacco si trovavano dieci persone, che stavano preparando la sala, ma non ci sono stati feriti. 


Da sei settimane bloccati i camion di merci della Serbia

Al confine di Merdare è stato bloccato l'accesso ai camion e agli autisti diretti dalla Serbia centrale verso le enclavi del Kosovo, con il pretesto che le leggi kosovare di Pristina non riconoscono i certificati ADR per il trasporto delle merci.
Il Primo Ministro del Kosovo Isa Mustafa ha confermato che agli autocarri della Serbia non sarà permesso di entrare in Kosovo fino a quando non verrà raggiunto un accordo.
Prima della decisione del governo del Kosovo arrivavano ogni giorno ​​tra 15 e 20 camion.
Il Kosovo, secondo i dati ufficiali locali, perde ogni giorno oltre centomila euro, la Serbia tra i 20 e i 70 mila euro.
Il Kosovo nei giorni scorsi ha aumentato il prezzo del petrolio tra i sette e i dieci centesimi al litro.

 

Militanti del Movimento Vetevendosje (Autodeterminazione) kosovaro, hanno assaltato e rovesciato un altro camion serbo

L’11 marzo attivisti del Movimento albanese Vetevendosje (Autodeterminazione) hanno assaltato e fatto andare fuori strada un secondo camion serbo, dopo quello attaccato 3 marzo.
Esponenti di Vetevendosje hanno detto che i suoi attivisti hanno sequestrato l'autocarro con targhe serbe su una strada in Kosovo, come protesta contro le politiche di Belgrado in Kosovo. 
"Per questo motivo, gli attivisti del movimento Vetevendosje hanno ribaltato un camion con prodotti serbi sulla strada nazionale. Tali azioni proseguiranno fino a quando il governo della Serbia non cambierà la sua posizione nei confronti del Kosovo, e non smetterà di negare i diritti della nostra nazione", ha avvertito Vetevendosje.
Vetevendosje pratica simili azioni di protesta dal 2012, con diversi camion dalla Serbia rovesciati nel tentativo di impedire alle merci serbe di entrare in Kosovo.

 

La polizia EULEX ha arrestato dieci serbi e li ha portati a Pristina

22 aprile 2016 

La polizia EULEX ha arrestato nella mattinata del 22 aprile (poco prima delle 11) dieci serbi e li ha portati a Pristina.

Nota soprattutto per le continue pressioni sui serbi e per la corruzione nel suo governo, emersa nello scandalo dello scorso anno, la polizia dell'Unione europea in Kosovo, EULEX, ha fermato e arrestato dieci serbi, verso le 11 del mattino. Il fatto è avvenuto nella zona di Leska, vicino al confine amministrativo di Vracevo.

Come riportato dai media locali, EULEX ha intercettato un pulmino di una ditta di trasporti proveniente da Kragujevac; il veicolo non era passato attraverso i confini amministrativi, controllati dalla polizia albanese kosovara. Con un dispiegamento di molte jeep, EULEXha arrestato i viaggiatori serbi che erano sul pulmino e li ha portati a Pristina.

Sul furgone fermato c'era anche il medico Aleksandra Djukic, che vive a Kragujevac e lavora nel centro di salute a Zubin Potok.

Gli arrestati sono accusati di essere "entrati illegalmente" nel territorio del Kosovo, perché non volevano rispettare i controlli della polizia kosovara ai valichi amministrativi tra Belgrado e Pristina, stabiliti in seguito dell'attuazione degli accordi di Bruxelles del 2013.






(srpskohrvatski / english / italiano)

I bombardamenti di Belgrado  1941--1999

*** Primavera 1999... 2017 ***
1) NKPJ i SKOJ obeležili godišnjicu NATO agresije
2) Srbin usred Ciriha pretukao NATO pilota koji je bombardovao Srbiju! 
[Picchia l'inglese, ex pilota della NATO che si vanta di aver bombardato i "fucking Serbs" ]
3) Ricordo di Ljiljana Žikić - Karadjordjević, Miss Serbia nel 1978, uccisa il 1. aprile 1999 dai bombardamenti NATO 
4) NATO used doctored video to justify bombing of passenger train
*** 16 aprile 1944 ***
5) The British and Americans started bombing Belgrade on Easter Sunday, April 16, 1944
*** 6 aprile 1941... 2017 ***
6) Epistola serba 1941 B. Brecht - Enrico Vigna


Also to read:
Washington Post thinks Russian radio, not NATO bombing, turned Serbs against the Alliance (26 Sep, 2016 – Bryan MacDonald)
The Washington Post expects its readers to believe Serbia’s lack of enthusiasm for NATO membership is because of “Russian disinformation.” Naturally, it has nothing to do with the “defensive alliance” bombing the country seventeen years ago...

=== 1 ===


NKPJ I SKOJ OBELEŽILI GODIŠNJICU NATO AGRESIJE

NKPJ i SKOJ su obeležili 18. godišnjicu NATO bombardovanja na skupu koji je održan ispred spomenika Večne vatre. Na skupu su bili prisutni predstavnici ambasada Kube, Venecuele, Belorusije i Rusije.


Spomenik „Večna vatra“ je podignut u slavu i spomen svim žrtvama NATO agresije, a danas je u razočaravajuće zapuštenom stanju. Ovo stanje realno oslikava odnos koji buržoaske vlasti u Srbiji imaju prema velikoj tragediji i nepravdi koja je zadesila naš narod i našu zemlju. Podsećamo da su oni koji su najodgovorniji za brojna zlodela počinjena tokom i posle NATO agresije, i posle sedamnaest godina, i dalje na slobodi, da niko nije osuđen, a da su marionete zapadnog imperijalizma, buržoaske vlasti u Srbiji, povukle optužnicu pred Međunarodnim sudom pravde za zlodela koja su njihove gazde počinile.

Pored komemorativnog, ovaj skup je imao i jasan antiimperijalistički karakter jer su na njemu kritikovane i današnje okolnosti u kojima se nalazi naša država, koje su proizašle iz bombardovanja i kasnijeg poslednjeg udarca imperijalizma kojim smo potpuno pokoreni, petooktobarskim promenama.

Kritikovane su imperijalističke institucije kao što su MMF, Svetska banka, Evropska unija i NATO. 

Naši aktivisti su delili novi broj Glasnika SKOJ-a i držali transparent sa porukom "Ne zaboravljamo, ne opraštamo, ne u NATO!"

Sekretarijat NKPJ,

Sekretarijat SKOJ-a,

24. 03. 2017.



=== 2 ===

Fonte: http://www.informer.rs/vesti/drustvo

Si vendica per il 1999! Il serbo Rade Stančić in un caffe' di Zurigo malmena l' inglese, ex pilota della NATO che si vanta di aver bombardato i "fucking serbian"...


OSVETIO SE ZA 1999! Srbin usred Ciriha pretukao NATO pilota koji je bombardovao Srbiju!

Rade Stančić u kafiću u centru Ciriha prebio Engleza, bivšeg NATO pilota, koji se hvalio kako je bombardovao 'jebene Srbe' 1999. Sad kad se pogledaš u ogledalo, setićeš se Srba, rekao mu je Stančić

M. D. 31. 03. 2017. 20:21

Rade Stančić, rodom iz Loznice, juče ujutru je u švajcarskom gradu Cirihu brutalno pretukao engleskog pilota u jednom kafiću, jer ga je čuo kako za susednim stolom s ponosom priča da je bombardovao Srbiju 1999. godine! Nakon što ga je dobro naučio pameti, Stančić mu je rekao: "Od sada kad god se pogledaš u ogledalo, setićeš se Srba koje si ubijao!"
Ubrzo nakon toga Stančić je napustio Švajcarsku.

Psovao žrtve

Kako saznajemo od našeg gastarbajtera iz Ciriha, koji je prisustvovao incidentu u centru Ciriha, Rade je sa jednim prijateljem iz BiH sedeo za stolom i razgovarao o poslu.

- Englez je za susednim stolom sedeo sa jednim lokalnim političarem iz Ciriha, razgovarali su o svemu i svačemu. U jednom trenutku Englez je kazao da je bio vojni pilot, a njegov prijatelj ga je upitao da li je učestvovao u nekim ratnim operacijama - navodi naš sagovornik.

Maliciozni Englez je, kaže on, s ponosom pričao kako je 1999. bombardovao "jebene Srbe".
- U tom trenutku Rade i njegov drugar su prestali da pričaju, jer mu se učinilo da Englez pored njega pominje Srbe i 1999. godinu. Pre toga su bili nasmejani jer su dogovarali neki posao oko posete nekih srpskih pevača koje su hteli da dovedu u Švajcarsku. Međutim, Rade je zaćutao kad je čuo šta priča Englez i načuljio uši - priča on.

Zatim je Stančić ustao i krenuo ka Englezu i njegovom prijatelju.
- Lepo mu se obratio, ljubazno. Izvinio se i rekao da je slučajno načuo da su pričali o bombardovanju Srbije i da je jedan od njih učestvovao u toj vojnoj akciji. Kada je Britanac rekao da je to tačno, Rade mu je rekao: "E sada ćeš dobro zapamtiti Srbe." Počeo je da ga udara šakama, a zatim je zgrabio staklenu posudu za šećer, pa ga je i njome izudarao u glavu. Englez je bio sav krvav, a njegov prijatelj je sve to gledao u potpunom šoku - ispričao je očevidac.

Gledali u šoku

Avijatičar NATO pakta je, prema njegovim rečima, za to vreme zapomagao i urlao od bolova, ali niko u kafiću nije smeo da se umeša u tuču.
- Tad mu je Rade rekao: "Kad god se budeš pogledao u ogledalo, setićeš se svih Srba i nedužne dece koje si pobio" - navodi naš sagovornik.

Nakon toga, Stančić je izašao iz kafića i pobegao. Nezvanično saznajemo da je odmah nakon toga napustio Švajcarsku.
Redakcija Informera je uspela da stupi u kontakt sa njim, ali on nije želeo da priča detaljnije o obračunu sa Englezom. Samo nam je kratko rekao: "Živela Srbija!"
Englez je sa brojnim podlivima i rasekotinama po licu završio u bolnici.

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RADE STANČIĆ, SRBIN KOJI JE NAUČIO PAMETI BAHATOG ENGLEZA: Prebio sam NATO pilota kad je rekao da smo go*na! (M. Dobromirović 01. 04. 2017.)
Taj Englez je u kafiću u Cirihu najstrašnije vređao Srbiju, hvalio se kako nas je bombardovao. Kad je rekao da su Srbi govna koja samo silu razumeju, nisam mogao da prećutim, kaže Rade...
http://www.informer.rs/vesti/drustvo/126857/RADE-STANCIC-SRBIN-KOJI-NAUCIO-PAMETI-BAHATOG-ENGLEZA-Prebio-sam-NATO-pilota-kad-rekao-smo

SRBIN KOJI JE PREBIO NATO PILOTA STIGAO U BEOGRAD: Pao mi je mrak na oči kad sam se setio male Milice! (T. I. 03. 04. 2017.)
Rade Stančić, koji je pretukao NATO pilota što se u švajcarskom kafiću hvalio da je bombardovao Srbiju, kaže da se ne kaje zbog toga što je "patosirao" Engleza... Moja deca su ponosna na mene i pružaju mi podršku...


=== 3 ===

Ljiljana Žikić - Karadjordjević, nata a Kragujevac. E' stata eletta Miss Serbia nel 1978. Laureatasi all' Universita' di Belgrado in qualita' di Ingegnere di scienze organizzative.

Morta il 1. di aprile 1999 sotto i bombardamenti NATO vicino il villaggio di Ljubenić. 

Nella poesia "Difendero' la Serbia anche da morta", pubblicata il 26 aprile 1999, avverte il suo popoloche e' importante salvaguardare almeno un grano di vergogna in noi. La raccolta delle sue poesie "Kako ti je" (Come stai) e' dedicata ai suoi sei bambini. 


Ona je u pesmi "Braniću Srbiju i kad budem mrtva" koja je objavljena 26. aprila 1999. godine u listu "Svet" opomenula svoj narod da je važno da sačuvamo barem zrno stida u nama. Njena zbirka pesama "Kako ti je" posvećena je njenoj deci. 

Braniću Srbiju i kad budem mrtva

I kad umrem ja ću nogom opet stati 

da stojim k'o hrabra i visoka stena 

pogled će večno granicu da prati 

ni grob mi neće reći da me nema. 

Izniknuću svuda gde se miče cveće 

gde vazduha ima i gde nema, tamo 

za sve ću biti i za šta se ne zna 

i za ono kol`ko možemo da znamo. 

Stražar ću biti surovi i strašni 

tuđin i lopov da stalno plaši 

jer Srbin ne može da se zove robom 

Srbija tu su svi vekovi naši. 

Čuvaću granicu srpske zemlje moje 

oprost za grumen neću dati nikom. 

Moje će ruke hleb svakom da nude, 

al` Srbiju nikad, to je sve što imam! 

Ni ognjišta, groblja, ni dedove moje, 

zbog njih će pogača i otrov da bude. 

I kad umrem ja ću nogom opet stati 

da stojim k`o hrabra i visoka stena 

pogled će večno granicu da prati, 

ni grob mi neće reći da me nema 

Uspomenu na Ljiljanu, njen život i hrabrost čuva njeno šestoro dece. Postoji inicijativa da neka ulica u Kragujevcu dobije njeno ime.




=== 4 ===


How Frankfurter Rundschau exposed another US/NATO lie
NATO used doctored video to justify bombing of passenger train 

January 19, 2017 by Grey Carter

This has passed almost unnoticed and suppressed by global media: January  2000 German newspaper Frankfurter Rundschau  exposing the lies of NATO commander in Europe, General Wesley Clark after the bombing of a passenger train on the bridge across the South Morava in Grdelica Gorge in April 1999, when at least 15 civilians have been killed.
In the Frankfurter Rundschau reporter Arnd Festerling documented how NATO used ‘ediited’ video recordings to justify its conduct of the war against Serbia.
[VIDEO: Nato Bombing on Grdelica Bridge - first strike

At least 15 people died on April 12, 1999 when a US Airforce bomber fired on a railway bridge near the Serbian village of Grdenicka just as a passenger train was crossing the bridge. Following the initial strike of the train, the pilot returned to make a second sweep of the burning bridge and dropped a bomb on a carriage that had not been hit by the first assault.

[VIDEO: Nato Bombing on Grdelica Bridge - second strike

At the time NATO described the bombing of the commuter train as a tragic accident. NATO’s presentation of events, it now emerges, was based on doctored video recordings and misleading descriptions of what took place aboard the fighter plane.

[VIDEO: Nato bombardovanje voza

One day after the strike, in an effort to demonstrate that the attack was a case of inadvertent “collateral damage”, General Wesley Clark, the Supreme Commander of NATO forces, called a press conference and showed two video films taken by cameras located in the noses of the remote control-guided bombs. According to Clark, the films made clear that the passenger train was approaching too fast for the pilot, who was concentrating on the difficult business of guiding the bombs, to react. The pilot had “less than a second” to abort the strike, Clark asserted.

Of course, this version of events did not explain why the plane turned round and dropped a second bomb. But the official NATO account given by Clark was misleading in two further respects.
First, the video film sped up the actual sequence by a factor of at least three. Second, the fighter plane used in the attack—type F15E—had a crew of two, a pilot and a weapons systems officer. The pilot played no role in directing the bombs and could not have been diverted by that task. In this type of plane the bombs find their own way to the target as soon as the target co-ordinates have been set by the weapons systems officer, who can, however, intervene to stop or divert them.
Festerling pointed out that status signals giving technical information and a running clock normally shown on such videos did not appear on the videos shown to the press public by Clark. Festerling explained:
“According to the video 2.3 seconds elapse from the time the train clearly enters the field of vision to the time the bomb strikes home. This implies the train was travelling at 300 kilometres per hour. If one assumes, for the purpose of making calculations, that the train was actually travelling at 100 kilometres per hour (a figure which is probably far too high, bearing in mind the antiquated state of the Serbian rail system) the video [shown by Clarke] is running at least three times faster than real time. This means the weapons systems officer had at least 6.9 seconds to react, instead of 2.3 seconds—which Clark, in his presentation, had reduced to ‘less than a second’.
“NATO therefore showed a film which was totally unreliable with regard to the crucial question of when the attack took place. On the basis of these unreliable videos and a misleading choice of words, the NATO Supreme commander in Europe led the public to believe that the attack on the train was unavoidable because of time pressure.”
NATO has now largely conceded that this is, in fact, what happened.
Festerling quoted an official of Shape, the central NATO command in Europe, who said, “Yes, the video ran considerably faster.” The headquarters of the US Air Force in Europe, located in Ramstein, Germany, also confirmed this fact, but then went on to speak of a regrettable hardware error, which they attributed to the firm of Sun Microsystems.
According to their account, the speeding up of the film took place unnoticed as the video was being transformed into mpeg-format. The main concern was to make the material available to the public as soon as possible, and therefore a supposedly arduous stage in the conversion of the film was neglected. The status signals did not appear on the video because, for some unexplained reason, the film taken came from the accompanying plane and not the plane responsible for the attack. The bombing videos from the attack plane itself are no longer available.
This whole explanation is extremely dubious. One can only assume that anybody with experience working with of this type of weapons technology would have been able to immediately identify the speeding up of the tape. Furthermore, the technology necessary for the supposedly arduous conversion of the film into mpeg-format takes, in fact, just a few minutes. At a cost of a few hundred dollars it can be loaded onto any standard personal computer. NATO’s explanation assumes that it possesses technology inferior to that at the disposal of the average video amateur.
The revelations concerning the bombing of the passenger train are only the latest exposure of NATO lies and distortions in connection with the Kosovo War. Last October the British newspaper Observerpublished reports detailing the NATO bombardment of the Chinese embassy in Belgrade. The reports made clear that, contrary to NATO’s version of events, the bombing was deliberate.

[Sources: 


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The British and Americans started bombing Belgrade on Easter Sunday, April 16, 1944 

Posted on April 16, 2017 by Grey Carter

Poet Charles Simic was 3 years old when Nazi forces targeted his city for destruction, and when he was  6,  allies Americans and Brits bombed it on Orthodox Easter 1944.
In an excerpt from his new memoir, A Fly in the Soup, Simic returns to the days when the Allied bombs rained on Belgrade. Excerpts from A Fly in the Soup, ©University of Michigan Press, 2000.

[PHOTO: Simic and his mother during German bombardment of  Belgrade 1941.  Three years later, they will be bombed by so called Allies as well] 
The official version from the United States Air Force speaks about heavy bombers “conducting strikes against Luftwaffe in occupied Serbia and aviation targets” with “approximately 397 tons of bombs.” It also says: “According to one report, these operations of 17 of April resulted in some damage to a residential area northwest of Belgrade/Zemun airdrome. Most of the destruction wrought by the two days’ activities, however, appears to have been military in nature.” It’s that word appears, judiciously inserted in the report, that is the crux of the matter.
It was just before lunchtime. The dining room table was already set in a festive way with our best china and silverware when the planes came. We could hear them drone even before the sirens wailed. The windows were wide open, since it was a balmy spring day. “The Americans are throwing Easter eggs,” I remember my father shouting from the balcony. Then we heard the first explosions. We ran down to the same cellar, where today some of the original cast of characters are still cowering. The building shook. People covered their ears. One could hear glass breaking somewhere above. A boy a little older than I had disappeared. It turned out that he had slipped out to watch the bombs fall. When the men brought him back, his mother started slapping him hard and yelling she’s going to kill him if he ever does that again. I was more frightened of her slaps than of the sound of the bombs.
[PHOTO: Easter 1944. –  Belgrade under bombs  – victims. Anglo Americans new know mercy]
At some point it was all over. We shuffled out. The enthusiasts of aerial bombardment either lack imagination for what happens on the ground, or they conceal their imaginings. The street was dark with a few flames here and there. With all the dust and smoke in the air, it was as if the night had already fallen. A man came out of the gloom covered with fallen plaster, telling us that a certain neighborhood had been entirely leveled. This was typical. One heard the most outrageous rumors and exaggerations at such times. Thousands of deaths, corpses lying everywhere, and so forth. It was one of the poorest parts of the city he was talking about. There were no military objects there. It didn’t make any sense even to a child.

[PHOTO: After 1941. Nazi bombardment and years long occupation and sufferings, surprisingly the so called Allies decided to finish off with the single anti nazi state in Balkans.  They didn’t bomb  neither of Nazi allied states . monstrous  clerofascist Independent State of Croatia, nor Albania, Bulgaria, Romania, Hungary.]

The day after the first raid in 1944, the planes came again, and it was more of the same. “They dropped about 373 tons of bombs on the Belgrade/Save marshalling yards,” the official report continues. “This assault resulted in major destruction of freight and passenger cars, large fires, gutted warehouses, severe damage to the main passenger station, equally severe damage to the Railroad Bridge over the Sava River, etc. No report on this mission refers to the bombing of other than military objectives.” Actually, a bomb landed on our sidewalk in front of our building. It spun around but didn’t explode.

[PHOTO: Kicevska street, Belgrade]

In 1972, I met one of the men who bombed me in 1944. I had just made my first trip back to Belgrade after almost twenty years. Upon my return to the States, I went to a literary gathering in San Francisco, where I ran into the poet Richard Hugo in a restaurant. We chatted, he asked me how I spent my summer, and I told him that I had just returned from Belgrade.
Oh yes,” he said, “I can see that city well.”
Without knowing my background, he proceeded to draw on the tablecloth, among the breadcrumbs and wine stains, the location of the main post office, the bridges over the Danube and Sava, and a few other important landmarks. Without a clue as to what all this meant, supposing that he had visited the city as a tourist at one time, I inquired how much time he had spent in Belgrade.
“I was never there,” he replied. “I only bombed it a few times.”
When, absolutely astonished, I blurted out that I was there at the time and that it was me he was bombing, Hugo became very upsetIn fact, he was deeply shaken. After he stopped apologizing and calmed down a little, I hurried to assure him that I bore no grudges and asked him how is it that they never hit the Gestapo headquarters or any other building where the Germans were holed up. Hugo explained that they made their bombing runs from Italy, going first after the Romanian oil fields, which had tremendous strategic importance for the Nazis and were heavily defended. They lost a plane or two on every raid, and with all that, on the way back, they were supposed to unload the rest of the bombs over Belgrade. Well, they didn’t take any chances. They flew high and dropped the remaining payloads any way they could, anticipating already being back in Italy, spending the rest of the day on the beach in the company of some local girls.
I assured Hugo that this is exactly what I would have done myself, but he continued to plead for forgiveness and explain himself. He grew up in a tough neighborhood in Seattle, came from poor, working-class folk. His mother, a teenager, had to abandon him after his birth. We were two befuddled bit players in events beyond our control. He at least took responsibility for his acts, which of course is unheard of in today’s risk-free war, where the fashion is to blame one’s mistakes on technology. Hugo was a man of integrity, one of the finest poets of his generation, and, strange as it may appear, it did not occur to me to blame him for what he had done. I would have probably spat in the face of the dimwit whose decision it was to go along with Tito’s request and have the Allies bomb a city on Easter full of its own allies. Still, when Hugo later wrote a poem about what he did and dedicated it to me, I was surprised. How complicated it all was, how inadequate our joint attempt to make some sense of it in the face of the unspoken suspicion that none of it made a hell of a lot of sense.
Letter to Simic from Boulder
Dear Charles: And so we meet once in San Francisco and I learn
I bombed you long ago in Belgrade when you were five.
I remember. We were after a bridge on the Danube
hoping to cut the German armies off as they fled north
from Greece. We missed. Not unusual, considering I
was one of the bombardiers. I couldn’t hit my ass if
I sat on the Norden or rode a bomb down singing
The Star Spangled Banner. I remember Belgrade opened
like a rose when we came in. Not much flak. I didn’t know
about the daily hangings, the 80,000 Slav who dangled
from German ropes in the city, lessons to the rest.
I was interested mainly in staying alive, that moment
the plane jumped free from the weight of bombs and we went home.
What did you speak then? Serb, I suppose. And what did your mind
do with the terrible howl of bombs? What is Serb for “fear”?
It must be the same as in English, one long primitive wail
of dying children, one child fixed forever in dead stare.
I don’t apologize for the war, or what I was. I was
willingly confused by the times. I think I even believed
in heroics (for others, not for me). I believed the necessity
of that suffering world, hoping it would learn not to do
it again. But I was young. The world never learns. History
has a way of making the past palatable, the dead
a dream. Dear Charles, I’m glad you avoided the bombs, that you
live with us now and write poems. I must tell you though,
I felt funny that day in San Francisco. I kept saying
to myself, he was on the ground that day, the sky
eerie mustard and our engines roaring everything
out of the way. And the world comes clean in moments
like that for survivors. The world comes clean as clouds
in summer, the pure puffed white, soft birds careening
in and out, our lives with a chance to drift on slow
over the world, our bomb bays empty, the target forgotten,
the enemy ignored. Nice to meet you finally after
all the mindless hate. Next time, if you want to be sure
you survive, sit on the bridge I’m trying to hit and wave.
I’m coming in on course but nervous and my cross hairs flutter.
Wherever you are on earth, you are safe. I’m aiming but
my bombs are candy and I’ve lost the lead plane. Your friend, Dick.

(From 31 Letters and 13 Dreams by Richard Hugo [New York: Norton, 1977])


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Bertolt Brecht ”Epistola serba”, in occasione del bombardamento di Belgrado il 6 aprile 1941

di Enrico Vigna, marzo 2017

…..Per NON dimenticare i bombardamenti NATO sulla Jugoslavia del 1999

 

Per ricordare e NON dimenticare questo 18° triste anniversario, ho ritrovato tra mille carte, queste righe che il grande scrittore tedesco scrisse nel lontano 1941.                                              

Tragico è che dopo 56 anni, la tragedia si è ripetuta e ancora una volta ha lasciato, come in ogni guerra di aggressione: tragedie, morte, miserie, devastazioni sociali e odio.

Qualcuno dice che è il prezzo per la “democrazia occidentale”…                                                                          

Forse quel qualcuno in quelle terre non ci va, o ci va da turista distratto e opulento.                     

Per chi ha vissuto sotto le bombe del ’99 e oggi continua in un legame senza fine con quelle genti fiere, dignitose e tenaci…nonostante tutto e tutti, la realtà è un'altra. 

Vorrei portare quei “qualcuno” a conoscere, parlare, ascoltare le nostre vedove di guerra, le nostre madri dei rapiti del Kosovo Methoija, i figli dei disoccupati della Serbia, gli sventurati malati di sclerosi del Kosmet, i mutilati e i loro figli della guerra subita, i Padri del Monastero ortodosso di Decani, le donne, i bambini, gli anziani che vivono nelle enclavi…

Ma quei “qualcuno” ormai hanno altro da fare, altro su cui informare, altro di cui  giudicare circa “democrazia”, “diritti umani”, “sviluppo”. 

A loro delle condizioni di vita materiale della pena quotidiana del vivere delle persone, dei popoli, delle loro anime affrante, violentate ma non ancora dome…non interessa. 

Forse sono gli stessi che si sono poi occupati, di Libia, Siria, Donbass, Yemen…ed i risultati sono davanti i nostri occhi…Situazioni terrificanti. 

Eppure sono tutti popoli in ginocchio ma non piegati, neanche nella dignità. 

E questo non fa dormire sonni leggeri ai potenti e ai dominatori del mondo.

…Eppure si prova una tristezza profonda quando si riflette su tutto questo, e  ogni volta lascia buchi neri nell’anima. Perché in questa notte non c’è posto per sogni o illusioni, e la gente semplice e onesta non ha  un rifugio per scappare da questi scenari di vampiri e avvoltoi, non ha ripari, trincee, ma quel che è più triste …. neanche con un sogno si va via, perché oggi in quelle terre è anche sempre più difficile sognare oltrechè  ridere.                                                                                                                            

…Eppure con questo straordinario e fiero popolo si riesce ancora, qualche volta, a sorridere e a piangere, con l’anima ed il cuore, come si faceva “normalmente” non tanto tempo fa…., e come, forse, altri torneranno…un giorno, normalmente, a fare. 

E come si diceva allora nelle strade  e sui ponti della RFJ: 

FORSE CI VINCERANNO. MA NON CI CONVINCERANNO!

 

 “ Per attaccare i loro vicini,

i rapinatori hanno bisogno del petrolio
E purtroppo noi siamo sulla strada
che li porta ad esso ...


Il loro naso annusando il serbato del petrolio,

ha visto il nostro piccolo paese ...

  Hanno chiamato i nostri capi: dopo due ore di discussione

Essi ci hanno  venduto per una macchina da cucire e un assegno

Ma, quando siamo tornati, in carcere li abbiamo scaraventati  ...

Una mattina, abbiamo sentito il rombo degli aerei su di noi
e il cielo è diventato nero;
il rumore era così forte
che non abbiamo potuto nemmeno sentire le parole dei nostri addii ...

 

  Le bombe cadevano e alla sera davanti alle nostre case

  c’erano crateri più grandi delle stesse case,

  le nostre donne ei nostri bambini in fuga 
  ma i loro aerei volavano bassi su di loro e li braccavano

 

  per tutto il giorno tutta la nostra terra,

  le nostre colline e i campi venivano falciati;
  ma nello stesso tempo hanno anche scavato la loro fossa ...

Ma su queste colline si è scolpito il vostro volto, la vostra immagine,
 e i fiumi usciranno dalla vostra museruola 
finchè non avrete stritolato tutto con i vostri denti bestiali!”

.............


Bertold Breht            Srpska poslanica 

 



Dosi massicce di propaganda slavofoba

1) A chi giova la tensione con la Russia? (di Mauro Gemma, 12 aprile 2017)
2) Sulla “russofobia” (di Fosco Giannini, 26 aprile 2017)
3) Letteratura razzista slavofoba sul "Fatto Quotidiano" (V. Tomassini, C. Cernigoi)


(Sulla russofobia si vedano anche:

Guy Mettan 
Russofobia. Mille anni di diffidenza
Roma: Sandro Teti editore, 2016

Russofobia: intervista a Guy Mettan


EURODIPUTADO JAVIER COUSO (I.U.) DENUNCIA LA "RUSOFOBIA" DEL PARLAMENTO EUROPEO (tena carlos, 18 feb 2016)
El organismo continental debatía este jueves qué estrategias debe adoptar para defenderse en la guerra mediática, mencionando "la propaganda rusa" como una de las principales amenazas a las que tiene que hacer frente...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uB9xNWf-TF0

Liste di proscrizione a Bruxelles e Strasburgo per escludere i russi

Robert Charvin: FAUT-IL DÉTESTER LA RUSSIE ? Nouveau livre des éditions Investig'Action
http://www.michelcollon.info/boutique/fr/livres/39-faut-il-detester-la-russie-.html
Pour organiser débats ou interviews, contacter: relations@...
VIDEO: Regarder la présentation vidéo (1’): https://www.youtube.com/watch?v=PNAifAYfHg0

Hannes Hofbauer: FEINDBILD RUSSLAND. Geschichte einer Dämonisierung
ProMedia Verlag – ISBN 978-3-85371-401-0, br., 304 Seiten, 19,90 Euro
Buchvorstellung! Wann und Wo? am Dienstag, 10. Mai 2016 um 19.30 Uhr
im Saalbau Bornheim, Clubraum 1, Arnsburger Str. 24, 60385 Frankfurt am Main
Näheres zum Buch unter: http://www.mediashop.at/typolight/index.php/buecher/items/hannes-hofbauer---feindbild-russland )


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A chi giova la tensione con la Russia?

di Mauro Gemma, 12 Aprile 2017

In merito all'irresponsabile dichiarazione del responsabile esteri di “Sinistra Italiana”, mentre è in corso la visita di Mattarella a Mosca con lo scopo dichiarato di allentare le tensioni con la Russia.

La Rada ucraina (il parlamento) ha decretato la definitiva riabilitazione dei collaborazionisti hitleriani, approvando il 4 aprile scorso la legge “Sulla riabilitazione delle vittime della repressione politica” insieme alla concessione di vitalizi ai veterani dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini  - Esercito insorgente ucraino (OUN-UPA), molto più semplicemente i collaboratori e complici dei nazisti.

Il testo della legge è stato letto dalla tribuna da Yury Shukhevych, deputato della feccia nazi-fascista ucraina, che altri non è che il figlio di quel Roman Shukhevych che, per chi ne fosse all'oscuro, è stato, insieme a Stepan Bandera, uno dei più feroci comandanti delle bande "repubblichine" ucraine, responsabili del massacro di decine di migliaia di partigiani e civili e dei terribili pogrom di ebrei avvenuti nella repubblica allora sovietica, sotto l'occupazione di Hitler.

Ce ne sarebbe abbastanza per sollevare l'indignazione e la protesta di tutti gli antifascisti del nostro paese e dell'Europa intera.

E invece, una settimana dopo, nel parlamento italiano, un deputato di "Sinistra Italiana - Possibile", Erasmo Palazzotto (vice presidente della Commissione esteri della Camera e responsabile esteri di SI), che di quanto avviene in Ucraina evidentemente se ne frega (anche se, vista la sua collocazione nella Commissione esteri, dovrebbe esserne ampiamente informato) e il cui “antifascismo” sembra manifestarsi a corrente alternata, diffonde una dichiarazione sulla base di fantasiose e non meglio precisate “notizie di stampa”, battendo tutti in fatto di russofobia esasperata e falsificazioni, di cui è facile capire la provenienza: quella degli stessi che anni fa presentavano i terroristi ceceni come “eroi” di una guerra di liberazione e che oggi sono impegnati nell'ennesimo tentativo di “rivoluzione colorata”, secondo lo stesso copione applicato a Kiev nel 2014. Sono, del resto, gli stessi, identici argomenti che la propaganda dei nazisti ucraini usa quotidianamente nella sua guerra dell'informazione contro la Russia e a supporto della sua guerra criminale di aggressione nel Donbass.

Palazzotto getta altra benzina sul fuoco attizzato da chi sta inasprendo lo scontro con la Russia, negli Stati Uniti, nell'UE e in Italia. E lo fa proprio, con un tempismo che non può passare inosservato, nello stesso momento in cui il presidente della Repubblica si trova a Mosca, con il compito dichiarato di contribuire ad allentare la tensione con la Russia, che tanti danni ha già procurato al nostro paese, in particolare dopo le sanzioni.  

Questa è la notizia ANSA: "ROMA, 11 APR - "Notizie di stampa trapelate dall'estero hanno rivelato che in Cecenia alcune ex caserme militari sono state trasformate per "correggere uomini dall'orientamento sessuale non tradizionale o sospetto", veri e propri campi di concentramento per gay. Un orrore che si ripete a distanza di 70 anni". Lo afferma Erasmo Palazzotto, deputato di Sinistra Italiana-Possibile e Vicepresidente della commissione Esteri di Montecitorio. "L'Italia e l'Europa, prosegue Palazzotto, non possono restare in silenzio davanti a questo livello di violazione dei diritti umani. Il presidente Mattarella in visita a Mosca non può ignorare ciò che sta accadendo e dovrebbe manifestare la preoccupazione e la condanna del nostro Paese davanti a crimini di questa natura. La violazione dei diritti umani, le torture protratte nei confronti di gay, lesbiche e trans in Russia e Cecenia ci impongono di non chiudere gli occhi e di lanciare con forza un segnale a tutta la comunità' internazionale per fermare tali aberrazioni", conclude Palazzotto. (ANSA)."

Si resta letteralmente senza parole! Ma davvero questo è il destino della sinistra nel nostro paese?


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Sulla “russofobia”


di Fosco Giannini*, 26 aprile 2017

Lo scorso 12 aprile il direttore del sito “ Marx XXI”, il compagno Mauro Gemma, pubblica un suo indignato commento in merito ad una “irresponsabile” dichiarazione rilasciata il giorno prima da Erasmo Palazzotto, vice presidente della Commissione Esteri della Camera e responsabile esteri di Sinistra Italiana.

Il direttore di “Marx XXI”, ricordando, in apertura del proprio commento, che il quattro aprile ultimo scorso la Rada ucraina ( il Parlamento) ha decretato – fatto politicamente, culturalmente e moralmente inquietante – la definitiva riabilitazione dei collaborazionisti hitleriani ucraini; che il testo della legge è stato letto alla Rada da Yury Shukhevych, deputato nazi-fascista e figlio del massacratore di comunisti, di partigiani, di civili ed ebrei Roman Shukhevych; che rispetto a tale, raccapricciante, notizia non vi è stata, in Italia, nel Parlamento italiano, nella sinistra politica e istituzionale italiana nessuna reazione e solo silenzio; ricordando tutto ciò, Mauro Gemma rimarca, con giustificata indignazione, appunto, il fatto che invece – al posto di una condanna della riabilitazione dei filo nazisti nell’Ucraina filo-Usa e filo UE- il deputato di “SI” Erasmo Palazzotto diffonde alla Camera una dichiarazione secondo la quale “Notizie di stampa trapelate dall’estero hanno rivelato che in Cecenia alcune caserme militari sono state trasformate per correggere uomini dall’orientamento sessuale non tradizionale o sospetto…”. Naturalmente, rispetto a ciò, rispetto all’ambigua “credulità” con la quale si fanno proprie le più strampalate e feroci “fake news”, la stigmatizzazione di Gemma è tagliente: “Erasmo Palazzotto… che di quanto avviene in Ucraina evidentemente se ne frega (anche se, vista la sua collocazione nella Commissione esteri, dovrebbe esserne ampiamente informato) e il cui “antifascismo” sembra manifestarsi a corrente alternata, diffonde una dichiarazione sulla base di fantasiose e non meglio precisate “notizie di stampa”, battendo tutti in fatto di russofobia esasperata e falsificazioni, di cui è facile capire la provenienza: quella degli stessi che anni fa presentavano i terroristi ceceni come “eroi” di una guerra di liberazione e che oggi sono impegnati nell'ennesimo tentativo di “rivoluzione colorata”, secondo lo stesso copione applicato a Kiev nel 2014. Sono, del resto, gli stessi, identici argomenti che la propaganda dei nazisti ucraini usa quotidianamente nella sua guerra dell'informazione contro la Russia e a supporto della sua guerra criminale di aggressione nel Donbass. Palazzotto getta altra benzina sul fuoco attizzato da chi sta inasprendo lo scontro con la Russia, negli Stati Uniti, nell'UE e in Italia. E lo fa proprio, con un tempismo che non può passare inosservato, nello stesso momento in cui il presidente della Repubblica si trova a Mosca, con il compito dichiarato di contribuire ad allentare la tensione con la Russia, che tanti danni ha già procurato al nostro paese, in particolare dopo le sanzioni”.

La critica di Gemma non ha bisogno di ulteriori rafforzamenti e commenti, tanto è chiara, netta e condivisibile. Vogliamo invece, da questa critica, enucleare una parola: “russofobia” e il senso di questa parola indagare.

Innanzitutto: esiste la russofobia? Si, esiste: essa è un “sentimento”, una “forma dell’anima occidentale”, un delirante “bovarismo” pseudo culturale e pseudo politico borghese e piccolo borghese, una perversione ideologica che oggi – come un tempo – striscia nel corpo dell’ intero occidente capitalistico; una lucida follia che un tempo nacque in Europa per poi trasferirsi, espandersi endemicamente, nel nord America. 

E che cos’è, la russofobia? Essa è qualcosa di più, come suggerisce lo stesso suffisso utilizzato ( fobia) di una semplice paura della Russia; è molto di più: è il panico, la repulsione (dal greco φόβος, phóbos), l’irrazionale terrore verso la storia, la cultura, verso “l’anima russa”, il popolo russo e – dunque – verso il potere politico russo, dell’altro ieri storico, della storia russa di ieri e dell’oggi. 

In una famosa copertina di “The Economist” ( febbraio 2015, titolo: Putin’s war on the West), Putin – a tutta pagina e su sfondo ovviamente oscuro – appare come un uomo dal viso tanto algido quanto feroce, mentre con la mano destra – il grande e maligno Burattinaio – manovra i fili del mondo; in un’altra, altrettanto nota, successiva copertina della rivista britannica, la natura di Putin è ancora più definita: egli appare ( eloquente titolo “Putinism”, occhi rossi e infernali e sguardo terrorizzante ) direttamente nelle sembianze di Dracula.

Se, dunque, la russofobia esiste e ancora – come per le invasioni napoleoniche ed hitleriane – agisce nella storia ed è funzionale all’attacco ( culturale, politico, militare) occidentale contro la Russia, da dove essa trae origine, come e da dove nasce, come si riproduce ?

Affidiamoci, per comodità espositiva, all’incipit di una recente recensione che Eugenio Di Rienzo fa del libro di Guy Mettan “Russofobia, Mille anni di diffidenza”, Teti Editore. Scrive Di Rienzo: “La Russia è l’incarnazione del male assoluto, tutto il suo popolo ha lavorato nel corso dei secoli per la rovina degli altri popoli”. Questa frase non è tratta dalla sceneggiatura Doctor Strangelove di Stanley Kubrick… Questa frase, invece, è stata detta a chi scrive da un valoroso studioso di storia dell’Europa orientale nel corso di un’accesa discussione sulla crisi ucraina avvenuta poco più di un anno fa. Benvenuta allora, per avere a disposizione un efficace contro-veleno contro tali perversioni mentali, la traduzione italiana del volume del politico e giornalista Guy Mettan Russofobia”. 

Partendo dal Medioevo, fino ad arrivare al recente confronto tra Mosca e Kiev, Guy Mettan ricostruisce le linee di forza religiose, geopolitiche e ideologiche di cui si nutre la russofobia europea (britannica, francese polacca, tedesca) e americana. Attraverso una serrata discussione critica delle fonti, Mettan pone in luce le debolezze e le mistificazioni del pregiudizio che ancora oggi porta l’Occidente a demonizzare la Russia e a temere, anche contra evidentiam, il suo presunto imperialismo. La russofobia è un male antico radicatosi nella coscienza europea già alla fine del XVI secolo, quando, nel 1591, il letterato inglese Philip Sydney scriveva: “I Moscoviti, nati-schiavi, godono nel vivere sotto la tirannia e a opprimere le altre nazioni”. Parole cui avrebbe fatto eco, nel 1835, il giudizio del poligrafo francese Saint-Marc Girardin, secondo il quale se la Russia fosse riuscita a sottoporre al suo gioco tutti gli Slavi per servirsi di essi in modo da arrivare a dominare l’Europa, il Vecchio continente avrebbe perso ineluttabilmente la sua libertà, la sua cultura, la sua anima”.

 

Ma dopo Di Rienzo sentiamo le parole dello stesso Guy Mettan. In un’intervista rilasciata a Tatiana Santi nel 2016, Mettan afferma: “Può sembrare paradossale, ma la russofobia occidentale è più antica della Russia! In effetti, è iniziata con le rivalità politiche e religiose che hanno contrapposto l'Impero di Occidente, fondato dal Carlo Magno nell'anno 800, all'Impero d'Oriente basato a Costantinopoli; la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Carlo Magno era un principe che si ribellò contro il sovrano legittimo dell'Impero romano d'Oriente che regnava a Bisanzio. I suoi successori, che hanno creato il Sacro romano Impero Germanico alla fine del X secolo, sono riusciti ad imporre ai Papi delle riforme religiose contro l'opinione delle Chiese greche d'Oriente, che si erano opposte perché ritenevano tutto ciò un colpo di Stato e non una decisione democratica presa in seno ad un concilio ecumenico universale. In seguito a questo scisma, ufficialmente risalente all'XI secolo, a Roma ebbe luogo una propaganda antiortodossa e antigreca con lo scopo di denigrare gli Orientali sia sul piano politico sia religioso. Quando gli Ottomani conquistarono Bisanzio nel 1453 questi pregiudizi negativi si trasposero sui russi, i quali avevano rivendicato l'eredità politica e religiosa di Bisanzio.

 I pregiudizi occidentali sono di due ordini. Innanzitutto i greci, e quindi i russi, sono dei barbari e i loro sovrani sono dei despoti e dei tiranni. Inoltre sono degli espansionisti, degli annessionisti, delle persone aggressive, le quali non fanno altro che sognare di conquistare e sottomettere l'innocente e virtuoso Occidente…Sono gli stessi pregiudizi che ritroviamo oggi sotto la piuma dei giornalisti occidentali antirussi. È da notare che la russofobia moderna è cominciata in Francia alla fine del XVIII secolo, quando il Gabinetto segreto del re Luigi XV ha forgiato un falso "Testamento di Pietro il Grande", nel quale il grande zar russo avrebbe comandato ai suoi successori di conquistare l'Europa. Napoleone lo fece pubblicare nel 1812 con lo scopo di giustificare meglio la sua invasione preventiva della Russia nel 1813. Gli inglesi tradussero il libro e lo usarono per giustificare la loro invasione della Crimea nel 1853. Questo pseudo testamento è stato denunciato come falso solo alla fine del XIX secolo, dopo aver ispirato decenni di russofobia francese e inglese…Si tratta della stessa manipolazione che gli americani hanno utilizzato nel 2003 per giustificare l'invasione dell'Iraq. Le false armi di distruzione di massa di Saddam Hussein ci rivelano la stessa mistificazione. Solo una volta commesso il crimine, la verità esplode. La storia è ancora troppo recente per vederci chiaro, ma potremmo scommettere che gli avvenimenti di Maidan in Ucraina a febbraio 2014 rilevano la stessa tecnica di manipolazione. Il putsch che ha permesso di travolgere il governo legale ucraino è stato saggiamente preparato durante lunghi anni da delle campagne finanziate da miliardi versati dagli Stati Uniti, come è stato ammesso dal segretario di Stato aggiunto Victoria Nuland davanti al Congresso (i famosi 5 miliardi di dollari), per essere attivati in favore delle manifestazioni popolari contro il governo, d'altronde legittime data la corruzione diffusa. Il risultato è che il governo attuale si rivela altrettanto corrotto che quello precedente, ma questo non interessa alcun media occidentale…Il discorso occidentale antirusso si appoggia sui due principi di cui parlavo prima: l'Occidente incarna il Bene, i valori universali, la democrazia, i diritti dell'uomo, la libertà (soprattutto economica), mentre la Russia rappresenta l'autocrazia, il nazionalismo revanscista, la negazione delle libertà dell'individuo. Questo discorso bianco-nero strumentalizza senza vergogna l'opinione pubblica, perché questa sostenga la rimilitarizzazione dell'Europa e il rafforzamento della NATO, che non ha smesso di allargarsi in 20 anni con l'integrazione di tutta l'Europa dell'Est, e ora del Montenegro. Senza parlare del vassallaggio dell'Ucraina, della Svezia, della Georgia e anche della Svizzera "neutra" che partecipa alle sue esercitazioni in nome di un "partenariato per la pace", che in realtà è solo un giro di parole…Più che dei professionisti interessati ad informare, i giornalisti dei principali media occidentali sembrano dei registi. L'opposizione fra i "buoni", gli Occidentali, e i "cattivi", i russi, nonché la demonizzazione della Russia, presentata come una minaccia per l'Occidente, diventano così degli elementi essenziali del discorso mediatico occidentale”.

La citazione di Guy Mettan è lunga, ma di grande efficacia e poiché, come diceva Balzac “ L’originalità è un mito della piccola borghesia”, è meglio utilizzare la compiuta chiarezza di Mettan, per far luce sui primordi e sulle degenerazioni della russofobia, piuttosto che rubargli le parole e intestarcele.

Certo è che la russofobia impiega, per costituirsi e radicarsi come una sorta di inconscio nella struttura psicologica e culturale dell’ “uomo occidentale” (non diciamo appositamente “europeo”, poiché sposiamo l’affermazione razionale di Charles De Gaulle: “L’Europa va dall’Atlantico agli Urali”, constatazione che tanto servirebbe, oggi, a chi, dalle postazioni dell’Unione Europea, demonizza sia la Russia che Putin e demonizza sino a giungere all’embargo economico e alle minacce di guerra) impiega, dicevamo, diversi secoli e si organizza su mille pregiudizi, travisamenti e falsità. Affermazione, questa, che peraltro non ha nulla di assolutamente nuovo: basterebbe rievocare l’opera di Edward Said ( “Orientalism”, del 1978) per capire come l’Occidente ha storicamente letto l’Oriente. Muovendo dalle riflessioni, tra gli altri di Antonio Gramsci e Michel Foucault, Said ha messo per sempre in luce il carattere mistificatorio della nozione occidentale di “Oriente”, funzionale – per Said – sia alla costruzione, per forzata contrapposizione ontologica, alla costruzione della stessa concezione di “Occidente”, sia per rinchiudere le cosiddette culture orientali in stereotipi e generalizzazioni che potevano giungere al “disumano” ( pensiamo alla demonizzazione e alla de-storicizzazione disumanizzante di Attila, di Ivan il Terribile o di Stalin, ad esempio…) e – infine – per fornire le basi materiali al dominio, sull’ “Oriente”, dell’imperialismo occidentale. 

Centinaia sarebbero le tappe della via crucis “culturale”, “filosofica”, “ideologica” occidentale lungo la quale è stata infine crocifissa la Russia e lungo la quale ha preso corpo la russofobia e le sue ramificazioni degenerative.

Di notevole importanza, ad esempio, è ciò che rievoca Eugenio Di Rienzo: “Subito dopo la fine della prima guerra mondiale, l’Ucraina divenne il perno del progetto Prometeizm, elaborato dal maresciallo Józef Piłsudski fin dal 1904 e perseguito dai suoi successori ancora alla vigilia del secondo conflitto mondiale con l’obiettivo di mettere la Polonia a capo di un movimento destinato ad emancipare le nazionalità non russe (ucraina, caucasiche, di etnia turca), un tempo sottomesse a San Pietroburgo e in seguito a Mosca. Il Prometeizm doveva portare alla creazione di una Federazione politico-militare (Międzymorze), diretta a provocare la distruzione della potenza economica e militare russa, estesa dal Mare del Nord, al Golfo di Botnia, al Baltico, al Mar Nero, al Mediterraneo, comprensiva in primo luogo dell’Ucraina e poi di Cecoslovacchia, Ungheria, Paesi scandinavi e baltici, Italia, Romania, Jugoslavia, Grecia.

Questo programma, significativamente riproposto nel 2012 in una versione solo leggermente modificata, all’attenzione del Dipartimento di Stato statunitense, ha dato luogo, in coincidenza con la crisi ucraina, al cosiddetto progetto Intermarium. Un patto di mutua assistenza, promosso dal Pentagono, esteso dal Baltico al Mar Nero al Caspio, che avrebbe dovuto essere sottoscritto da Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia, Moldavia, Romania, Georgia, Azerbaigian, Turchia, indirizzato a rendere possibile lo smembramento della  Federazione Russa e la sua definitiva liquidazione come potenza eurasiatica. Si avverava così l’auspicio formulato da un altro polacco, Zbigniew Brzezinski (già consigliere della Sicurezza nazionale sotto la presidenza di Jimmy Carter), nel 1997, nel 2004 e ancora nel 2012, che puntava all’obiettivo di “una Russia frammentata in una Repubblica europea, una Repubblica di Siberia e una Repubblica asiatica, più idonee ad assicurare lo sfruttamento delle risorse e del potenziale economico di quella terra, troppo a lungo dilapidati dall’ottusa burocrazia moscovita”.

E serve ricordare con quali argomentazioni razziste ( “il bestiale popolo russo”) la Francia di Napoleone Bonaparte, nel 1812, prepara l’invasione in Russia? Un’invasione pari solo, nella sua spropositata forza militare ( 700 mila soldati, una Grande Armata di uomini provenienti da tutte le regioni e da tutti gli Stati dell’Impero), all’odio ideologico antirusso dell’intellighenzia imperialista francese. Ma ciò è conosciuto, mentre meno conosciuta, poiché strumentalmente rimossa dalla cultura egemonica occidentale, è la risposta “filosofica” ( la stessa che muoverà il popolo russo contro l’invasione hitleriana) con la quale la Russia resiste a Napoleone: Отечественная война, Otečestvennaja vojna, termine col quale ci si riferisce al carattere nazionale e popolare russo messo in campo contro l’invasore straniero. Quello spirito già identificato da Puskin (“il vasto, profondo, inestirpabile spirito popolare russo”) che il grande scrittore mette in contrapposizione alla coscienza che le “elite” intellettuali, sia russe che, soprattutto, occidentali, puntano a mettere in campo per formare “ la coscienza di una società sradicata, senza più terra”. Cioè, “traducendo” Puskin, una coscienza borghese senza più anima, se non quella segnata dall’egemonia del narcisismo individuale di carattere totalmente borghese. Muovendo da Puskin, peraltro, si potrebbe azzardare ( ma non è certo questo lo spazio consono per sviluppare la tesi) un confronto tra la profonda e ancora in gran parte inalterata spiritualità del pensiero religioso ortodosso russo e il pensiero religioso cattolico d’Occidente, molto attraversato ( come lo stesso Papa Francesco denuncia) dagli stessi violenti processi di mercificazione che segnano di sé l’ intera società capitalistica. E anche questo per capire la vasta provenienza delle continue ondate russofobiche.

La stessa “Operazione Barbarossa”, l’invasione da parte di Hitler dell’Unione Sovietica, fu, non a caso, la più grande operazione militare della storia, organizzata dal nazifascismo a nome dell’intero occidente capitalistico e antirusso.

E certo è che agli occhi dell’Occidente capitalistico, già pieni d’odio ontologico verso la Russia, la Rivoluzione d’Ottobre rappresentò la ratifica finale della stessa “diversità umana” della Russia e del popolo russo. Scrisse incredibilmente (ma non tanto incredibilmente, a ben vedere) nel 1932 l’economista democratico, John Maynard Keynes che “l’oppressione dittatoriale dei Soviet non era altro che il logico risultato della bestialità della natura russa e di quella giudaica, ora fusesi insieme”, essendo “la crudeltà e la follia della “Nuova Russia” (comunista) del tutto identiche a quelle della “Vecchia Russia” (zarista)”. 

La descrizione delle tante tappe che hanno formato la via crucis alla fine della quale, nell’immaginario collettivo occidentale, è stata crocifissa la Russia e tutta l’Europa dell’Est e sulla quale si è sostanziata la russofobia, potrebbe prendere lo spazio di un lungo libro e, qui, non è il caso di farlo.

Riprendiamo, però, la copertina del “The Economist” già citata, quella in cui appare il viso di Putin con gli occhi iniettati di sangue alla Dracula. Vedremo come ciò non sia affatto casuale. Nel 1987 lo scrittore irlandese Bram Stoker scrive, appunto, il romanzo “Dracula”. Il Vampiro sanguinario uscito dalla penna di Stoker diverrà, attraverso la letteratura, il cinema e l’intera struttura mediatica occidentale, un vero e proprio personaggio mitologico, volto ad incarnare – in modo, insieme, esplicito e inconscio – “l’orrore insito nell’ oscurità – come scriveva lo stesso Stoker- della Transilvania” e, per estensione mitologica, in tutta l’Europa dell’Est ( demonizzazione di un’intera area geografica e storica funzionale alla successiva demonizzazione del “socialismo realizzato” e, oggi, degli immigrati albanesi o rumeni). La cosa singolare, tuttavia, è che il Dracula di Stoker ( e tutti i vampiri successivi della sterminata letteratura e filmografia che si sono ispirati al suo romanzo) – che tutta la letteratura occidentale individua nel personaggio storico del Principe Vlad, della Transilvania – è una totale invenzione letteraria e una terribile mistificazione della storia, dai caratteri platealmente razzisti e colonialisti. In verità – come si studia normalmente in ogni liceo di Bucarest- Dracula, il Principe Vlad Tepes della “tenebrosa” Transilvania, altri non era che un grande intellettuale e un grande rivoluzionario – un insieme di Mazzini e Garibaldi, ma rumeno – che tutta la vita lottò contro l’oppressione dell’impero ottomano, per l’indipendenza, l’unità e la libertà del popolo della Romania. Ma l’imposizione della figura mitologica del Dracula vampiro da parte della cultura colonialista occidentale spiega bene il perché, oggi, il “The Economist” tratteggia Putin con le sembianze del Dracula di Stoker e anche il perché Stalin sia stato trasformato anch’esso in un Dracula sovietico.

E il comunismo come “male assoluto”, nella propaganda occidentale; gli orrori antidemocratici del maccartismo USA; la gigantesca rimozione storica e culturale in relazione al contributo determinante dell’Armata Rossa per la vittoria sul nazifascismo; i manifesti della Democrazia Cristiana del secondo dopoguerra, in cui i bolscevichi mangiavano, letteralmente, i bambini e molti ci credevano; la funzione dell’anticomunismo viscerale nelle vittorie berlusconiane? Non sono anch’esse derivazioni, almeno in buona parte, della stratificazione ideologica della russofobia?

Un dogma reazionario e imperialista – la russofobia- che in questa fase storica e per ragioni palesemente legate agli interessi imperialisti, sembra di nuovo esplodere. Scrive Gennaro Sangiuliano, sul “Sole 24 Ore” ( non sulla Pravda!) del 19 giugno 2016: “ Molte vicende, negli ultimi anni sono state raccontate con una prospettiva molto parziale. L’Occidente definì brutale l’intervento russo in Cecenia; ora che i ceceni si sono dimostrati i più feroci tagliagole che operano in Siria e in Iraq, molti analisti convergono nel ritenere che forse Putin ha evitato l’insorgere di un pericoloso califfato nel Caucaso. Allo stesso modo, va riconsiderata la posizione di Putin che, nel 2003, non volle aderire all’operazione per spodestare Saddam Hussein in Iraq, giudicandola avventata. Così abbiamo urlato per la distruzione di Palmira ma poi è toccato ai russi liberarla, come già fecero con il grande tributo di sangue nella lotta al nazismo”. E prosegue ancora Sangiuliano nello stesso articolo del “Sole 24 Ore”: “L’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines è stato addossato ai separatisti filorussi, prima ancora delle verifiche degli organismi internazionali. L’intera vicenda Ucraina è stata raccontata secondo lo schema lineare e un po’ banale dell’aggressione russa, senza valutare la memoria di un passato lacerante, le nostalgie filonaziste dell’estremismo ucraino, gli eccessi della classe dirigente locale, gli assetti della geopolitica. Mettan (il già citato autore del libro “Russofobia”, n.d.r.) esamina il referendum in Crimea: “il fatto che il 95% degli abitanti si sia pronunciato a favore dell’Unione con la Russia non ha avuto alcuna importanza”. E pochi hanno ricordato che un analogo referendum si svolse nel gennaio del 1991, con lo stesso risultato”.

Un punto alto del ritorno militante della russofobia è senza dubbio la Risoluzione n° 758 del 4 dicembre 2015, passata alla Camera dei Rappresentanti USA con 411 voti favorevoli e 10 (10!) contrari. Rispetto a questa Risoluzione scrive il “Der Spiegel” ( la rivista tedesca di maggior tiratura, non certo un terribile foglio rivoluzionario) il successivo 12 dicembre: “La Camera dei Rappresentanti ha portato il mondo un passo più vicino alla tragedia. La risoluzione accusa la Russia di scatenare un'aggressione militare contro l'Ucraina, la Georgia e la Moldavia e chiede aiuti militari e di intelligence per l'Ucraina. Il documento chiede agli alleati della NATO, ai partner degli Stati Uniti in Europa e alle nazioni in tutto il mondo «di sospendere ogni forma di cooperazione militare con la Russia e di vietare la vendita al governo russo di materiale militare letale e non letale”. La Camera dei Rappresentanti vuole che l'Ucraina e l’Unione europea frenino l'interazione con la Russia e inaspriscano le sanzioni. Inoltre, si invitano l'Ucraina e l'Unione europea a respingere le forniture energetiche russe. I rappresentanti minacciano direttamente la Federazione russa e la accusano di violare il trattato INF, Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty. Infine, la Camera suggerisce che gli Stati Uniti intensifichino la guerra d'informazione con la Russia. Nel documento si “ invitano il Presidente e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti a sviluppare una strategia di coordinamento multilaterale per la produzione o comunque la diffusione di notizie e informazioni in lingua russa nei paesi con significative minoranze di lingua russa”. E il “Der Spegel”, nello stesso articolo, ricorda che in un’intervista allo stesso giornale di una settimana prima, ( un’intervista dal titolo eloquente: “Una guerra è l'unica cosa che può salvare un dollaro morente?) il 91 enne Kissinger aveva già evocato il pericolo e la follia di una tale Risoluzione da parte degli USA.

L’intervento USA-UE-NATO in Ucraina che costruisce sul campo, in funzione anti russa, un esercito nazi fascista; la lunga guerra in Afghanistan volta a dislocare basi NATO ai confini russi; le provocazioni anti russe in Cecenia; le sanzioni economiche dell’occidente capitalistico contro Mosca; le ultime provocazioni anti Putin di Trump in Siria; la demonizzazione caricaturale di Putin e l’ enfatico appoggio occidentale ad ogni contestazione interna anti Putin: tutto ci dice che, di nuovo, la russofobia è tornata in campo a servire gli interessi imperialisti. Scrive Sergio Romano sulla sua biografia politica di Putin ( Longanesi editore, 2016) : “L’intervento russo in Siria non sembra aver cambiato, se non in peggio, la percezione della Russia in Occidente

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Iniziative segnalate

* Viterbo, 26 aprile: DRUG GOJKO
Trieste, 27 aprile: LE DUE RESISTENZE DI TRIESTE
* Onna (L'Aquila), fino al 30 aprile: mostra TESTA PER DENTE
* Bologna, venerdì 5 maggio: INTERNAZIONALISMO PARTIGIANO. Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna


=== Viterbo, mercoledì 26 aprile 2017

alle ore 18:30 presso la Libreria Etruria, Via Matteotti 67

DRUG GOJKO
La storia di Nello Marignoli, gommista viterbese classe 1923 e partigiano italiano in Jugoslavia, narrata sotto forma di monologo da Pietro Benedetti.
Spettacolo ideato da Giuliano Calisti e Silvio Antonini, consulenza letteraria Antonello Ricci.

altre info sullo spettacolo: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm


=== Trieste, giovedì 27 aprile 2017 

alle ore 18 presso la Casa del Popolo di Sottolongera (via Masaccio 24) 

presentazione del dossier:
LE DUE RESISTENZE DI TRIESTE

Chi ha veramente liberato Trieste dal nazifascismo?
Perché il Partito comunista triestino non faceva parte del CLN giuliano?
Quali rapporti ebbe il CLN giuliano, nazionalista ed anticomunista, con i collaborazionisti triestini?
Cosa accadde al momento dell’insurrezione di Trieste?
E’ vero che gli Jugoslavi arrestarono anche gli antifascisti?
Quali dirigenti del CLN triestino entrarono nella struttura Gladio?

Incontro con l'autrice Claudia Cernigoi, ricercatrice storica


=== Onna (L'Aquila), 22-30 aprile 2017

presso Casa Onna (nuova sede municipale)

esposizione della mostra
TESTA PER DENTE
crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945

orari di apertura
sabato e giorni festivi 11:00-13:00 / 17:00 - 19:30
giorni feriali 17:00 - 19:30
info e visite concordate con gruppi e scolaresche tel. 3466720638

organizzano: IASRIC, ANPI, ANPPIA, Jugocoord Onlus , Diecifebbraio.info, L'Aquilantifa



=== Bologna, venerdì 5 Maggio 2017

dalle ore 17:45 alle ore 20:00 presso la sala Tassinari (Palazzo D'Accursio, Piazza Maggiore 6)

ANPI com. prov. Bologna
Jugocoord Onlus
con la partecipazione di:
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
Associazione culturale Russkij Mir (Torino)
Associazione culturale Portico delle Parole / corsi di russo, Bologna

organizzano il convegno:

INTERNAZIONALISMO PARTIGIANO
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna


presiede: Anna Cocchi (ANPI prov. Bologna)

Ermenegildo Bugni "Arno" (partigiano): saluti

Anna Roberti (Ass. Russkij Mir): partigiani sovietici in Italia e in Emilia-Romagna
Ivan Serra (Jugocoord Onlus): sovietici caduti a Casteldebole e Casalecchio
Mirco Carrattieri (Museo della Resistenza di Montefiorino): il battaglione russo nella Repubblica di Montefiorino

Stralci dal video Bello Ciao sul Comandante Pereladov

Andrea Martocchia (Jugocoord Onlus): la presenza jugoslava sul territorio
Jadranka Bentini (ANPI Bologna): Ricordo di Vinka Kitarovic
Franco Sprega (Museo della Resistenza Piacentina): jugoslavi nel Piacentino

Eric Gobetti (storico): I partigiani italiani all'estero

per informazioni e contatti:
Jugocoord Onlus – jugocoord @ tiscali.it / C.P. 13114 (Uff. Roma 4), 00100 Roma
ANPI com. prov. Bologna – info @ anpi-anppia-bo.it / Via San Felice, 25, 40122 Bologna (BO)
scarica la locandina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/bologna050517.pdf
evento facebook: https://www.facebook.com/events/1617502824943742/




Le nostre prossime iniziative

* Onna (L'Aquila), 22-30 aprile 2017: mostra TESTA PER DENTE
inaugurazione sabato 22 aprile ore 11
* Bologna, martedì 25 Aprile 2017: Jugocoord Onlus a PRATELLO R'ESISTE
* Bologna, venerdì 5 maggio 2017: INTERNAZIONALISMO PARTIGIANO
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna


=== Onna (L'Aquila), 22-30 aprile 2017

presso Casa Onna (nuova sede municipale)

esposizione della mostra
TESTA PER DENTE
crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945

presentazione:
sabato 22 aprile ore 11
interventi:
Giustino Parisse, Andrea Martocchia , Sandi Volk

orari di apertura
sabato e giorni festivi 11:00-13:00 / 17:00 - 19:30
giorni feriali 17:00 - 19:30
info e visite concordate con gruppi e scolaresche tel. 3466720638

organizzano:
IASRIC – Istituto abruzzese per la Storia della Resistenza e dell'Italia Contemporanea
ANPI
ANPPIA
Jugocoord Onlus
Diecifebbraio.info
L'Aquilantifa



=== Bologna, martedì 25 Aprile 2017

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS sarà presente con un proprio banchetto martedì 25 Aprile 2017, Festa della Liberazione, in occasione del meeting antifascista Pratello R'Esiste a Bologna. Presso il banchetto, allestito in Via del Pratello all'altezza del civico 23/2, sarà possibile conoscersi, scambiare informazioni e acquistare libri e bandiere.

Il nostro Coordinamento (JUGOCOORD ONLUS) sostiene e collabora con il Comitato Ucraina Antifascista Bologna, impegnato a far conoscere le ragioni della opposizione al regime sciovinista-revanscista russofobo e filonazista instaurato in Ucraina a seguito del colpo di stato del febbraio 2014. In particolare, sarà possibile visitare il banchetto del Comitato Ucraina Antifascista Bologna vicino al nostro in Via del Pratello.


=== Bologna, venerdì 5 Maggio 2017

dalle ore 17:45 alle ore 20:00 presso la sala Tassinari (Palazzo D'Accursio, Piazza Maggiore 6)

ANPI com. prov. Bologna
Jugocoord Onlus
con la partecipazione di:
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
Associazione culturale Russkij Mir (Torino)
Associazione culturale Portico delle Parole / corsi di russo, Bologna

organizzano il convegno:

INTERNAZIONALISMO PARTIGIANO
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna


presiede: Anna Cocchi (ANPI prov. Bologna)

Ermenegildo Bugni "Arno" (partigiano): saluti

Anna Roberti (Ass. Russkij Mir): partigiani sovietici in Italia e in Emilia-Romagna
Ivan Serra (Jugocoord Onlus): sovietici caduti a Casteldebole e Casalecchio
Mirco Carrattieri (Museo della Resistenza di Montefiorino): il battaglione russo nella Repubblica di Montefiorino

Stralci dal video Bello Ciao sul Comandante Pereladov

Andrea Martocchia (Jugocoord Onlus): la presenza jugoslava sul territorio
Jadranka Bentini (ANPI Bologna): Ricordo di Vinka Kitarovic
Franco Sprega (Museo della Resistenza Piacentina): jugoslavi nel Piacentino

Eric Gobetti (storico): I partigiani italiani all'estero

per informazioni e contatti:
Jugocoord Onlus – jugocoord @ tiscali.it / C.P. 13114 (Uff. Roma 4), 00100 Roma
ANPI com. prov. Bologna – info @ anpi-anppia-bo.it / Via San Felice, 25, 40122 Bologna (BO)
scarica la locandina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/bologna050517.pdf
evento facebook: https://www.facebook.com/events/1617502824943742/





... Nel frattempo "Igor il russo" è diventato "Norbert il serbo" – sic, come se "Norbert" fosse un nome serbo! Vale allora la pena ricordare la cronaca dei primi anni Novanta...


Da Manolo lo “slavo” a Igor il “russo”: il nemico sulla porta di casa

di Leonardo Casetti, 18 aprile 2017

Qualcuno storcerà il naso come ai tempi della UNO bianca ma ciò che sta accadendo in queste ultime settimane in Emilia presenta alcune analogie con quel periodo dei primi anni 90. E' bene non esser fraintesi: stiamo parlando di alcune analogie perchè allora eravamo agli inizi di un percorso tutto in costruzione della “rivoluzione” del capitale dall'alto che doveva ridefinire ruoli e funzioni dopo il crollo dell'89.
La banda della UNO bianca era composta da poliziotti legati ai servizi segreti militari; una verità provata già dai tempi della controinformazione fatta da Lotta Continua sulla strage dell'Italicus in cui si parla chiaramente dell'esistenza di una struttura terroristica parallela all'interno della polizia.
La Uno bianca si macchiò di decine di omicidi e ferimenti contro obiettivi apparentemente diversi fra di loro: benzinai, tabaccai, passanti e testimoni; inoltre zingari e immigrati senza neanche il pretesto di pochi spiccioli da rapinare.
Il periodo di massima attività si colloca nella delicata fase di transizione dalla prima alla seconda repubblica (anticipata però già dalla fine degli anni'80 da diverse rapine con morti da parte della “banda delle coop”). Siamo in un momento di scontri senza esclusione di colpi fra apparati e servizi segreti legati alla vecchia classe politica (che subisce una sorte di golpe mediatico e giudiziario) e quelli legati ai poteri sovra-nazionali che spingono sull'acceleratore delle “riforme”.
E' proprio in questo periodo che cominciano ad apparire come funghi decine di “serial -killer”, mostri protagonisti di tanti eventi criminali di una ferocia inaudita e sempre come se fossero azioni coordinate fra loro. Ciò che li accomuna sono uno spropositato uso della violenza accompagnati dalla mancanza di moventi plausibili e l'indignazione popolare che riescono a scatenare. Ma su questo e meglio fermarsi perchè andrebbe aperto un altro capitolo .
Fra questi “serial” ce ne ricordiamo uno in particolare di quel periodo che coincide con la disgregazione della Yugoslavia e l'inizio di una guerra di aggressione da parte della NATO. Era il momento in cui si stavano gettando le basi propagandistiche di costruzione del “nemico” : i serbi . I serbi erano i “cattivi” ovunque e comunque. Il mantra della dis-informazione mondiale cominciava la sua inarrestabile nenia. Persino nei fumetti di Dylan Dog i serbi venivano raffigurati mentre uscivano dai tombini di Sarajevo con i denti da vampiro…
Come ai tempi dell'aggressione fascista all'Etiopia in cui la stampa italiana raccontava delle mogli dell'Imperatore che facevano il bagno in tinozze dorate colme di sangue caldo di povere ragazze vergini uccise…
E' proprio in questo momento che entra in scena “Manolo lo slavo” che riesce a fuggire misteriosamente dal carcere di Rimini e si mette a terrorizzare le campagne del Nord Italia vestito con pantaloni mimetici e anfibi . Proprio come Igor il russo…
Usa una 357 magnum per compiere rapine balorde presso case isolate di agricoltori “terminando” le sue vittime ; 9 morti ammazzati. Una volta catturato in Serbia confesserà di essere riuscito a fuggire dal carcere di Rimini grazie a “quelli della UNO bianca”.
(Consigliamo la bellissima inchiesta di Avvenimenti di allora su questa vicenda.)
Questo  evento associato al clima di propaganda guerrafondaia di allora contro i serbi suscitò per diversi mesi la psicosi collettiva su bande di serbi che scorrazzavano anche nella pianura Padana sgozzando e trucidando inermi contadini, così come stavano facendo in Bosnia e Croazia…
Se in quegli anni l'obiettivo era neutralizzare un'ostacolo , neanche piccolo, come poteva esserlo una Yugoslavia unita in quello che era la prospettiva di costruzione e allargamento della UE sotto il rigido controllo NATO oggi la posta in gioco è l'esistenza stessa di un sistema politico, militare ed ideologico e la sua inarrestabile caduta tendenziale del saggio di profitto di fronte a due elementi: la Russia e la Cina niente affatto disposti a rinunciare alla loro quota di capitalismo.
Stiamo attenti a non sottovalutare l'impegno e le forze che lo Stato sta impiegando sugli omicidi del “russo” (che poi russo non è) e delle operazioni in corso con i migliori reparti speciali della contro-guerriglia dell'Esercito Italiano. Non stanno giocando o addestrandosi: questa è vera puzza di guerra. E' lo squillo di tromba per gli addetti ai lavori per qualcosa di “grosso” che è in gestazione. E' un passaggio forzato per una uscita dalla crisi che non può essere né democratica né comprensiva di ragioni altrui. Forse è il momento, per tutti, di fermarsi un attimo e aprire una rapida fase di riflessione per capire seriamente se c'è un pericolo imminente e reale a breve di un conflitto di proporzioni indefinite e se si come possiamo anticipare le prossime mosse del capitale affinchè questo non avvenga ammesso che ciò sia possibile.


Il giorno 05 apr 2017 'Coord. Naz. per la Jugoslavia' ha scritto:


L'ARMATA ROSSA IN AZIONE IN FRAZIONE DI BUDRIO

Il quotidiano slavofobo e anticomunista Il Resto del Carlino non si è fatto sfuggire l'opportunità offerta dalla rapina in una tabaccheria presso Budrio (BO), terminata in tragedia con l'uccisione del proprietario, per ciurlare nel manico con i paginoni dedicati a "LA PISTA DELL'EST", come di rito. 
Il sospettato, un russo nato in Uzbekistan quaranta anni fa, vi è reiteratamente definito "ex soldato dell'Armata Rossa" – addirittura in un titolo a caratteri cubitali sul numero del 4 aprile 2017 a pagina 7. Peccato che l'Armata Rossa abbia cessato di esistere come denominazione formale dal 1946 e non esista più nemmeno per estensione, cioè nel significato di esercito dell'Unione Sovietica, dal 1991, vale a dire quando il sospettato aveva 13 anni.

(a cura di I.S.; su segnalazione di O.M., che ringraziamo)




(srpskohrvatski / castillano / italiano)

Altre note sull'Anniversario dei bombardamenti NATO

1) Bombardamenti N.A.T.O. sulla Jugoslavia: alcune note bibliografiche (Andrea Martocchia)
2) Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia
DECLARACIÓN SOBRE EL INTERVENCIONISMO GLOBAL Y LA AGRESIÓN DE LA OTAN SOBRE YUGOSLAVIA /
ДЕКЛАРАЦИЈA О ГЛОБАЛИСТИЧКОМ ИНТЕРВЕНЦИОНИЗМУ И НАТО АГРЕСИЈИ НА СР ЈУГОСЛАВИЈУ


Si vedano anche:

24 Marzo 1999 - Marzo 2017 : NOI NON DIMENTICHIAMO (di Enrico Vigna e Forum Belgrado Italia, 24 marzo 2017)

Un 24 Marzo, diciotto anni fa (di Gianmarco Pisa, 24 mar 2017)
Ebbero inizio proprio il 24 Marzo, nel 1999, diciotto anni fa, i bombardamenti su Belgrado e sulla Jugoslavia dell’epoca, da parte degli Stati Uniti e della Alleanza Atlantica, la NATO. Fu il primo di 78 giorni di guerra, una guerra che ha rappresentato un vero e proprio “paradigma”...


=== 1 ===

BOMBARDAMENTI N.A.T.O. SULLA JUGOSLAVIA: ALCUNE NOTE BIBLIOGRAFICHE

Il 24 marzo di quest'anno è caduto il 18.mo anniversario dall'inizio dell'attacco della N.A.T.O. contro la Repubblica Federale di Jugoslavia (1999). La ricorrenza continua ad essere celebrata e commentata in Serbia: si svolgono infatti ogni anno cerimonie – soprattutto deposizioni di fiori ai monumenti eretti alle vittime, civili e militari, nelle tante località colpite – e si organizzano conferenze di tema geopolitico e di analisi militare. 

Particolarmente attivo su quest'ultimo fronte è stato in tutti questi anni e continua ad essere il "Forum di Belgrado per un mondo di eguali" (1), organizzazione non governativa presieduta dall'ex Ministro degli Esteri jugoslavo Zivadin Jovanović. Il Forum, nato durante l'ultima presidenza di Milošević per promuovere una rete di collegamenti e solidarietà internazionale attorno al paese subito dopo i bombardamenti, ha prodotto una significativa mole di Atti di tali conferenze ed ha promosso la pubblicazione di alcuni studi e saggi tematici, che dalla fattispecie della aggressione della N.A.T.O., delle sue cause e delle sue conseguenze, estendono la ricerca in altre direzioni contigue: il problema politico-strategico del Kosovo, l'"impazzimento" della politica occidentale e la crisi di identità delle sinistre, la storia militare della Serbia (spec. con riferimento alla I Guerra Mondiale), i rapporti con la N.A.T.O. e la "nuova guerra fredda", la genesi della crisi jugoslava in generale. Su quest'ultimo tema merita di essere segnalato ad esempio il volume del 2016 "Sul carattere delle guerre per la distruzione della Jugoslavia" del prof. Radovan Radinović, generale dell'esercito in pensione (2).
Il Forum di Belgrado si è soprattutto cimentato nella collaborazione a livello internazionale. Il suo presidente Jovanović è diventato un assiduo frequentatore della Cina, dove partecipa a conferenze di geopolitica e macroeconomia e dove rilascia interviste agli organi di stampa principali opportunamente analizzando le trasformazioni in atto verso un mondo multipolare. Da qualche anno, inoltre, il Forum registra l'interessamento e coinvolgimento crescente del mondo russo, segno della nuova fase sotto la presidenza di Putin. È stato costituito a Mosca un "Centro per lo studio della crisi balcanica contemporanea" all'interno dell'Istituto di Studi Slavi della Accademia Russa delle Scienze, animato dalla professoressa Elena Guskova, che con il suo fluente serbocroato assiduamente interviene alle conferenze organizzate dal Forum. Mentre a Belgrado gli interventi della professoressa sono fortemente apprezzati e applauditi dall'uditorio, a Mosca si infittiscono le iniziative editoriali e giornalistiche su questi temi. È di pochi mesi fa, ad esempio, l'uscita di un volume di più autori – "La crisi balcanica" – curato dalla stessa Guskova, contenente contributi di autori serbi e russi (3). 

Quello che però viene lamentato anche in Serbia è la difficoltà a produrre studi specifici sulle conseguenze materiali dei bombardamenti. Dopo le sintesi pubblicate in medias res (cioè già durante quella funesta primavera 1999) o subito dopo (4), non è stato dato seguito con opere di saggistica che potessero fornire un bilancio onnicomprensivo, soprattutto relativamente ai numeri delle vittime sul medio e lungo termine, dovute alle ferite e alle malattie spec. oncologiche. Con il colpo di Stato dell'ottobre 2000, che usufruendo della "manovalanza" di Otpor e affini ha cercato di imporre, con relativo successo, un nuovo corso liberista ed euro-atlantico al paese, è mancata la volontà politica di organizzare i necessari studi epidemiologici, che evidenziassero gli aumenti dei decessi per malattie da stress post-traumatico, spec. cardiovascolari, ma soprattutto per cancro. Ricordiamo che la N.A.T.O. nel '99 ha intenzionalmente colpito depositi di materiali chimici venefici, come il cloruro di vinile monomero delle raffinerie di Pančevo, ed ha cosparso Kosovo, Serbia e Montenegro di uranio depleto, usato per rendere più perforanti i proiettili, con sicuro grave effetto cancerogeno. Sugli aumenti dei decessi esistono pochi articoli sparsi e provvisori, soprattutto in lingua inglese, insufficienti a rendere il quadro definitivo.

In Italia l'interesse per questi argomenti è costantemente e fortemente scemato negli anni, parallelamente al moltiplicarsi delle aggressioni della N.A.T.O. contro i paesi e i popoli "canaglia", che hanno costretto i militanti anti-guerra a disperdere l'attenzione e le informazioni tra troppi scenari diversi; d'altronde, ha pesato e pesa drammaticamente la stessa crisi del movimento contro la guerra, che ha accompagnato la crisi delle sinistre e della politica più in generale. In ambito accademico – contesto che è di per sé in grave crisi per ragioni che esulano dalle tematiche che stiamo affrontando, e su cui non ci soffermiamo – in tutti questi anni sono state prodotte poche tesi e non è stata promossa alcuna attività pubblica a livello istituzionale; a testimonianza di un momento felice dell'impegno e del cimento scientifico che fu, restano i volumi e le iniziative del Comitato Scienziate/i contro la guerra, che però interruppe le attività, per divergenze interne, appena dopo la aggressione all'Iraq (5).

A parte il lavoro scientifico e di saggistica, sui bombardamenti della N.A.T.O. esiste una produzione, meno rilevante, di carattere memorialistico e letterario, prevalentemente segnata dalle prospettive individuali-personali e da una scarsa qualità di scrittura. In lingua italiana sotto questo profilo sono state pubblicate alcune cose interessanti spec. dalle edizioni La Città del Sole di Napoli (6), che comunque non sono focalizzate solamente su quella drammatica primavera, bensì di solito spaziano su archi temporali ben più ampi: si tratta in ogni caso di testimonianze dirette. 
Recentemente siamo venuti a conoscenza della pubblicazione di un romanzo di uno scrittore serbo, tale Saša Stojanović (7), che non abbiamo potuto leggere ma che viene presentato sui siti mainstream di informazione sulla situazione nel sud-est europeo, come Osservatorio Balcani Caucaso, in maniera da rendercelo subito indigesto e sgradito: la difesa dalla aggressione della N.A.T.O. del 1999 è liquidata come una ingiustificata avventura voluta da un "governo che li aveva mandati a uccidere ed essere uccisi" e che "non si prende briga dei suoi uomini". Non è tentata alcuna spiegazione o analisi degli eventi se non "la totale mancanza di senso in quello che accade"... Complimenti! Un simile qualunquismo è un pessimo servizio reso alle vittime: se il romanzo davvero contiene questo, non possiamo che sconsigliarne fortemente l'acquisto.

Andrea Martocchia


(2) Radovan Radinović: "Karakter ratova za razbijanje Jugoslavije". Beograd: Beogradski Forum za svet ravnopravih, 2016 (in cirillico).
(3) Elena Guskova (a cura di): "Balkanska kriza". Moskva: Slovenski institut Ruske akademije nauka (RAN), Centar za izućavanje cabremene balkanske krize, 2016 (ref. in serbocroato ma il libro è in russo).
(4) Ci riferiamo ovviamente innanzitutto ai "Libri bianchi" di fonte governativa ("NATO Crimes in Yugoslavia - Documentary Evidence") e poi alle altre opere edite "a caldo", anche in Italia, delle quali è possibile trovare tutti i riferimenti alla pagina: https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm#biblio
(5) Copia del vecchio sito del Comitato è disponibile all'indirizzo: https://www.cnj.it/scienzaepace/ .
(6) In merito si consiglia di scorrere la pagina https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm .
(7) Saša Stojanović: "Var". Ensemble edizioni, 2015 (trad. Anita Vuco).


=== 2 ===

Mreža intelektualaca, umetnika i društvenih pokreta za odbranu čovečanstva


ДЕКЛАРАЦИЈA

О ГЛОБАЛИСТИЧКОМ ИНТЕРВЕНЦИОНИЗМУ И НАТО АГРЕСИЈИ НА СР ЈУГОСЛАВИЈУ

I

Већ три деценије у свету се успоставља и све чешће примењује модел  глобалног интервенционизма. Инструмент који се користи у свим агресијама, од Србије (СР Југославије), Авганистана, Ирака, Либије, до Малија и Сирије, представља НАТО алијанса. Ова стратегија је званично инаугурисана на састанку НАТО-а у Вашингтону 25. априла 1999. године, у време агресије на СРЈ. Са том чињеницом је отпочео двадесет први век и трећи миленијум. 

Уместо прогресивне мобилизације, човечанству се намећу глобалистички монизам, неоимперијализам и колонијализам, где НАТО преузима освајачку улогу и улогу  заступника интереса мултинационалног капитала и војно-индустријског комплекса глобалне олигархије. Упоредо са порастом броја и обима интервенција, одвија се експанзија НАТО-а према Истоку. Иза сваке НАТО интервенције остајали су стравични призори, жртве, миграције, разарања привреде и културне баштине, девастирана друштва, унутрашњи сукоби, пљачке и неописиве патње људи. Научне дисциплине попут међународног права, историје дипломатије, спољне политике или ратоводства и интелектуални кругови показале су фрапантну инертност за разумевање настајућих интервенционизама, динамичних промена међународних односа и противуречности савремене глобализације, а повремено су и сами стављани у службу обликовања јавног мњења сагласно империјалистичким интересима. 

II

Мрежа интелектуалаца, уметника и друштвених покрета за одбрану човечанства – огранак у Србији, изражава своју забринутост због  гажења успостављених међународних норми, урушавања суверених држава које се опиру наметнутој глобалистичкој матрици, експанзије насиља, тероризма и на тим основама раста антизападног расположења. Зато, желимо учинити доступним основне чињенице о ратним злочинима и тешким повредама међународног права  почињених у периоду од 24. марта до 10. јуна 1999. године од стране НАТО алијансе, пред којом је капитулирао део светских интелектуалаца одричући се жеље за разумевањем карактера, циљева и последица агресије.

III

Агресија НАТО против Србије (СР Југославије), марта 1999. године, предтавља  прекретницу употребе ове војне алијансе у међународним односима. Наметнут је рат независној, сувереној европској држави, на самој граници НАТО зоне, грубим кршењем основних принципа међународног права, а пре свега, Повеље УН и Завршног документа из Хелсинкија. Aгресија je изведена без сагласности и супротно мандату СБ УН, чиме је извршен атентат на темеље саме ОУН и негирање њихове улоге. Наређење америчком генералу Веслију Кларку о нападу на СР Југославију, у то време команданту савезничких снага, дао је генерални секретар НАТО Хавијер Солана, попримивши карактеристике  терористичке кампање усмерене против српског народа и његовог политичког вођства. Такав поступак представља злочин против мира и човечности, који је за последицу имао низ других злочина. Овим преседаном је успостављен  модел интервенционизма који се примењује у свим агресијама ради отимања државне територије , успостављања војних база за даљу експанзију и освајање, за контролу и коришћење стратешких праваца, природних ресурса и главних енергетских токова. Отимањем Косова и Метохије од Србије створени су услови убрзане експанзија САД/НАТО/ЕУ на исток и милитаризацију Европе. Тиме је обесмишљено свако образложење агресије и позивање на „хуманитарне разлоге“ или алтруизам Запада на челу са САД.

Током агресије уз ангажовање 19 чланица НАТО алијансе, убијено је око 3.500, а рањено 12.500 грађана. Од тога, према званичном, објављеном списку, у редовима војске и полиције погинуло је 1.008 бораца, од којих 659 војника и 349 полицајаца. Ракетама и бомбама НАТО оштећено је 25.000 кућа и стамбених зграда и уништено 470 километара путева и 595 километара железничких шина. Оштећено је 14 аеродрома, као и 19 болница, 20 домова здравља, 18 вртића, 69 школа, 176 споменика културе и 44 моста, док је још 38 мостова било потпуно уништено. Потпуно је разорио 7 индустријских и привредних објеката, 11 енергетских постројења, 28 радио и ТВ-репетитора, 29 манастира и 35 цркава. Изведено је 2.300 налета у нападима на 995 објеката по Србији, док је 1.150 борбених авиона испалило скоро 420.000 пројектила укупне масе од 22.000 тона. НАТО је испалио 1.300 крстарећих ракета, бацио 37.000 касетних бомби које су убиле око 200 људи и повредиле још неколико стотина.

 Коришћени су пројектили пуњени осиромашеним уранијумом који трајно угрожава земљиште, воду и ваздух, улази у ланац исхране и изазива далекосежне последице по здравље људи и живих бића уопште. Србија је током бомбардовања засипана и другим отровима а контаминацији су допринела и оштећења индустријских постројења. Дејство загађивача резултирало је чињеницом  да је данас Србија прва у Европи по броју оболелих и умрлих од малигних болести у дечијем узрасту.  Ово је био тихи атомски рат, чије последице ћемо сагледати за 600 година.

 Уништена је једна трећина електроенергетских капацитета у земљи, бомбардоване су две рафинерије нафте, у Панчеву и Новом Саду, а снаге НАТО употребиле су први пут и такозване графитне бомбе нарушавајући функционисање електроенергетског система. НАТО је свесно лишавао снабдевања струјом домаћинства, болнице, породилишта, дечје вртиће, пекаре...

IV

Како се ради о неспорном и грубом кршењу основних норми међународног права, земље чланице НАTO сносе сваку одговорност за ту агресију, укључујући и одговорност за накнаду штете, процењену на износ од преко 100 милијарди САД долара. Одговорни су за коришћење оружја са осиромашеним уранијумом и других недозвољених средстава за масовно уништавање. У вези с тим, сматрамо да Србија има сва права да, пред одговарајућим међународним институцијама, покрене поступак против НАTO пакта и држава чланица, које су учествовале у  агресији, у циљу остваривања права на надокнаду ратне штете, као и појединцима који су били жртве агресије. Тај процес би представљао допринос  демократизацији међународних односа, ојачао улогу Уједињених нација и поштовања принципа суверенитета и равноправности народа.

Мреже за одбрану човечанства – огранак за Србију, очекује подршку својој оцени израженој у овој декларацији, од стране свих независних и слободољубивих удружења и друштвених покрета широм света, као одговор на све облике међународног насиља и кршења међународног и националног права и цивилизацијских тековина. 

Београд 24.фебруар 2017.године

 

                                                                                      ПРЕДСЕДНИК ИО МОЧ

                                                                                           Ратко Крсмановић

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La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia

 
 

DECLARACIÓN

SOBRE EL INTERVENCIONISMO GLOBAL Y LA AGRESIÓN DE LA OTAN SOBRE YUGOSLAVIA

 

I

Durante tres décadas se aplica el modelo del intervencionismo global. El instrumento usado en todas las agresiones, desde Serbia (ex Yugoslavia), a través de Afghanistán, Iraq, Libia, hasta Mali y Siria, es la OTAN. Esta estrategia fue oficialmente inaugurada en la reunión de la OTAN en Washington, el 25 de abril de 1999, durante el bombardeo de Yugoslavia. Este hecho marcó el inicio del tercer milenio y el siglo XXI.

En vez del progreso, a la humanidad se impone el monismo global, neoimperialismo y colonialismo, donde la OTAN se convierte en un conquistador, defendor de los intereses del capitalismo multinacional y en el complejo militar de la oligarquía global. Junto con el aumento en el número y las proporciones de las intervenciones, se realiza la expansión de la OTAN hacia el Este. Cada intervención de la OTAN fue marcada por las escenas horribles, víctimas, migraciones, la industria y la cultura devastada, sociedad destruida, los conflictos internos, saqueos y el sufrimiento humano inenarrable.

II

La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia expresa su preocupación por la violación de normas internacionales establecidas, la destrucción de los estados soberanos que se oponen a opresión de la matriz globalista, la expansión de violencia y terrorismo. Por lo tanto queremos hacer disponibles los hechos básicos sobre los crímenes de guerra y las violaciones  graves del derecho internacional, cometidos por la OTAN en el periodo entre 24 de marzo hasta el 10 de junio del 1999, frente la que se entregaron los intelectuales mundiales y renunciaron del deseo para entender el carácter, el objetivo y las consecuencias de la agresión.

III

La agresión de la OTAN contra Serbia en el mes de marzo de 1999 representa un hito histórico en el uso de esta alianza militar en las relaciones internacionales. Violando flagrantemente todos los principios del derecho internacional, y, en primer lugar, la Carta de las Naciones Unidas y el Acta Final de Helsinki, las fuerzas occidentales impusieron la guerra a un estado europeo independiente y soberano que se encontraba en la frontera de la zona de la OTAN. Esta agresión se llevó a cabo sin el consentimiento y en contra del mandato del Consejo de Seguridad de la ONU,  lo cual constituye  un asesinato de los cimientos de la propia ONU, asi como la negación del papel que juega esta organización. El secretario General de la OTAN, Javier Solana, dio la orden para atacar Serbia al general estadounidense, Wesley Clark, quien desempeñó el cargo de Comandante de las Fuerzas Aliadas, convirtiendo esta decisión en una campaña terrorista dirigida contra el pueblo serbio y su liderazgo político. Ese hecho representa un crimen contra la humanidad y la paz, lo cual dio lugar a una serie de otros delitos. Debido a este precedente histórico, fue establecido el modelo intervencionista que se aplica a todas las agresiones que pretenden despojar a los pueblos soberanos de su territorio nacional, y también se hizo posible la creación de bases militares con la finalidad de conquistar, controlar y aprovecharse de los puntos estratégicos importantes, asi como de los recursos naturales y energéticos de dichos pueblos. La violenta e inconstitucional separación de Kosovo y Metohija del territorio serbio creó condiciones para una rápida expansión los EE.UU, la OTAN y la Union Europea hacia el este de Europa y para la militarización del “viejo continente”, por lo cual se hizo imposible justificar dicha agresión por razones “humanitarias o altruistas”.

Durante la agresión que contó con la participación de 19 miembros de la alianza de la OTAN, fueron asesinados alrededor de 3.500 ciudadanos serbios, y hubo más de 12.500 personas heridas. Según los datos oficiales, en las filas del ejército y de la policía murieron 1.008 luchadores, entre los cuales 659 soldados y 349 oficiales de la policía. Las bombas y misiles de la OTAN causaron daño a más de 25.000 casas y edificios, y destruyeron 470 kilómetros de carreteras y 595 kilómetros de vías férreas. Aparte de eso, 14 aeropuertos, 19 hospitales, 20 centros de salud, 18 guarderías infantiles, 69 colegios, 176 monumentos culturales y 44 puentes sufrieron un daño siginicativo, mientras que 38 puentes fueron completamente destruidos en el bombardeo, asi como 7 complejos industriales y comerciales, 11 centrales eléctricas, 28 transmisores de radio y televisión, 29 monasterios y 35 iglesias. Se llevaron a cabo 2.300 ataques contra diferentes instalaciones a lo largo del territorio serbio. Cerca de 1.150 aviones de combate pertenecientes a la OTAN  dispararon  más de 1.300 misiles de crucero y lanzaron 37.000 bombas de racimo que mataron a 200 personas e hirieron a cientos más.

Fueron también utlizados los proyectiles cargados con uranio empobrecido, el cual permanentemente contamina la tierra, el agua y el aire, entrando en la cadena de alimentación y dejando consecuencias de largo alcance para los seres vivos y la salud humana en general. El resultado de esta intoxicación se ve reflejado en el hecho de que hoy en dia Serbia ocupa el ptimer lugar en Europa en el número de pacientes con cáncer y personas fallecidas por enfermedades malignas en la infancia. Esta fue una guerra nuclear silenciosa, cuyas consecuencias se mostrarán en los próximos 600 años.

IV

Dado que se trata de una violación grave e indiscutible del derecho internacional, los países miembros de la OTAN llevan la responsabilidad para esa agresión, incluyendo la indemnización por daños de guerra estimada en más de 100 mil millones de dólares. Son responsables para el uso de armas de uranio empobrecido y otras armas de destrucción masiva ilícitas. En este sentido consideramos que Serbia tiene todo el derecho a, previo a las instituciones internacionales pertinentes, iniciar un procedimiento contra la OTAN y sus países miembros, que participaron en la agresión, con el fin de ejercer el derecho a una indemnización por daños de guerra, así como por las personas que fueron víctimas de la agresión. Ese proceso representaría una contribución a la democratización de las relaciones internacionales y fortalecería el papel de la ONU y el respeto a los principios de la soberanía y la igualdad entre pueblos.

La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia espera el apoyo, para sus posturas expresadas en esta declaracion, de todas las organizaciones independientes y amantes de la libertad y de los movimientos sociales de todo el mundo, en respuesta a todas las formas de violencia internacional y violaciónes del derecho internacional y nacional y del patrimonio de la civilización.

 

Belgrado, 24 de febrero de 2017

 
Presidente de la RedH-capítulo Serbia
Ratko Krsmanovic




CRONACA DI UNA MANIFESTAZIONE

A proposito del corteo contro la Unione Europea tenuto con successo a Roma il 25 marzo 2017 nonostante la accuratissima "copertura" da parte dei media e del Ministero dell'Interno ("copertura" in senso stretto...) 

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Cosa ci gridano i media? “Tremate lo stesso, cacateve addosso…”

di Alessandro Avvisato, 24 marzo 2017

Sabato previsti settordicimila tra Ostrogoti, Tervingi e Vandali pronti a calare su Roma e porla a ferro et foco…

Giornali e tv mainstream in questi giorni sembrano menestrelli medioevali impegnati nel cantare le epiche gesta di un signorotto un po’ infingardo, che non vince una guerra da secoli e il massimo successo militare che può vantare è la fustigazione pubblica dei sudditi. Naturalmente, se il committente è di così basso lignaggio militare, bisognerà esaltare le virtù guerriere de lo inimico, in modo che la sicura vittoria risalti maggiormente. Il fascino della divisa soccorre il redattore in crisi di fantasia, che si esalta perciò anche per i black bloc. 

Un briciolo di rassegna stampa serve a dare l’idea.

L’oscar della compassione è vinto alla grande da La Stampa, quotidiano di casa Fiat amichevolmente soprannominata dai torinesi doc la busiarda. Titolo raccapricciante: Roma, scatta l’allerta terrorismo, ma fanno più paura i black blocSe si potesse usare la logica, con una frase simile, dovremmo chiedere un Tso urgente per il titolista, perché nessuno può seriamente avere più “paura” di quattro sciamannati di incerta provenienza, abili al massimo in danneggiamenti di poco conto (un bancomat, un’automobile, qualche vetrina, molto fumo e poco arrosto), rispetto a soggetti determinati a seminare il più alto numero di morti possibile.

Ma nel quotidiano diretto da Maurizio Molinari nulla è impossibile. Infatti nel catenaccio ci rivela che “In campo anche Scotland Yard”. E dire che la Gran Bretagna in questo vertice europeo non c’è più (ha vinto la Brexit, le procedure ufficiali partiranno mercoledì prossimo)… 

L’apice dell’ignoranza viene però toccato nel secondo pezzo, dedicato alla “galassia antagonista, timori per i duri del Nord-Est”. Solito elenco di “centri sociali”, No Tav, ecc, e improvvisamente uno scoop: “Un nutrito gruppo è attesa da Venezia: Cacciari e Rivolta più frange anarchiche”. Il Cacciari citato non è infatti un “centro sociale”, ma un noto esponente dell’area Global Project. Ma chissenefrega della qualità dell’informazione, vero? Tanto stiamo soltanto pompando un clima “da paura” per giustificare qualsiasi operazione politica la polizia vorrà mettere in atto…

Non vanno meglio giornali che si pretendono “d’opposizione”, come Il Fatto Quotidianoche nella sua versione online sembra fagocitato dalla sua antica vena manettara: “Trattati di Roma, il corteo di Eurostop e il rischio per la fontana simbolo di Testaccio”Forse pesava il ricordo della Barcaccia di piazza di Spagna, danneggiata da tifosi olandesi in trasferta, ma fa comunque ridere l’immagine dei giornalisti costretti a spremersi il cervello per individuare una bene archeologico importante da “salvare dai barbari”… Più sobria la versione cartacea, che almeno dà conto del messaggio agli abitanti di Testaccio diffuso ieri da Eurostop.

Alla pari con il “dramma della fontana” c’è forse soltanto il post dal sito della questura di Roma – ripreso anche nell’articolo – che parla di “clima di piena collaborazione” con gli organizzatori accompagnandola però con una foto “da paura”

Lo schema imposto dal ministero dell’interno – mescolare nella stessa notizia il pericolo “terrorismo” e quello dei black bloc – è assunto con entusiasmo anche da Repubblica: “Misure antiterrorismo e l’incubo dei black bloc. Sorvegliati speciali i social”. Nel pezzo, la volenterosa cronista riprende scrupolosamente le veline che parlano di agenti e riprese sui tetti, i tavoli tecnici con le autorità del I Municipio, e a un certo punto viene infilata un’operazione in cui “agenti della Dia hanno smantellato un’organizzazione criminale impegnata nel traffico di esseri umani”. Notizie di un certo interesse, certamente, ma che in questo modo si perde in un “pastone” immondo che neanche all’ufficio stampa della Digos avranno apprezzato…

Andiamo avanti. Da giorni tutti parlano di “200 black bloc in arrivo”. La cifra è stata del resto fatta dalla Questura e nessuno ha ritenuto utile modificarla. Fa eccezione la cronaca romana del Corriere della sera, che ritiene di dover dare un contributo originale alla “fabbrica della paura” sparandola più grossa degli altri: “Sabato in arrivo 800 black bloc”. Attendiamo pazientemente il rilancio di qualcun altro in questa singolare asta della cazzata. E siamo certi che ci sarà…

Qualche nota di merito? Una volta tanto per il manifesto, che si smarca dalla canea e dedica quasi una pagina alla manifestazione di Eurostop: "Sul corteo creato ad arte un clima di paura".

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Due parole sul corteo di sabato

di Carlo Formenti, 26 marzo 2017

Due parole sul corteo contro la Ue indetto da Eurostop ieri a Roma (in attesa di tornare con più calma sull'argomento) . Tutti i media hanno sostenuto la tesi della polizia, secondo cui le cose sono andate bene solo grazie alla loro azione di prevenzione mentre vi sono le prove che esisteva un piano per "devastare la città". 
E' vero, ma quel piano lo avevano studiato loro: il mostruoso schieramento di forze, le ripetute provocazioni (dal "sequestro" di più di cento manifestanti, trattenuti per ore in un centro di identificazione, alla rottura in due spezzoni del corteo alla fine del percorso: al primo dei quali si è cercato di impedire di defluire pacificamente secondo gli accordi, mentre il secondo veniva circondato e bloccato senza che fosse stato lanciato nemmeno un tappo di bottiglia – e solo grazie alla pazienza e all'atteggiamento collaborativo degli organizzatori la situazione si è sbloccata senza incidenti) stanno lì a dimostrare che esisteva una precisa volontà di provocare lo scontro, trasformando gli annunci di sventura che i media avevano lanciato nei giorni precedenti all'evento in una profezia autoavverantesi (centinaia di telecamere ci hanno accompagnato nella speranza di poter documentare il sangue versato e i danni alla città). 
Ciò detto va sottolineato il comportamento ignobile dei media del giorno dopo: a partire dai numeri falsi, per esempio si è parlato di fallimento della mobilitazione, dicendo che i manifestanti erano 2000 o 3000 (con ridicole contraddizioni, tipo che erano stati effettuati duemila controlli e che nel secondo spezzone c'erano duemila facinorosi pronti alla devastazione: insomma duemila carri armati di Mussolini che giravano avanti e indietro ricoprendo tutti i ruoli?) mentre la verità è che il corteo non aveva meno di 8/10.000 persone: tantissime ove si consideri la campagna terroristica di dissuasione e comunque assai di più di quelli dei rachitici cortei pro euro di destra (federalisti) e "sinistra" (Sinistra Italiana e altri). 
Una bellissima giornata di mobilitazione in una città desertificata per creare una vasta area protetta a tutela dei 27 signori racchiusi nel palazzo per firmare una nuova sacra alleanza contro i rispettivi popoli. 

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Manifestazione Eurostop: cronaca di una provocazione non raccolta

di Redazione Contropiano, 27 marzo 2017 / da http://www.perunaltracitta.org – Firenze

Il 25 marzo Roma è stata messa sotto assedio, non dal pericoloso blocco nero – che sempre torna alla ribalta delle testate giornalistiche quando c’è una manifestazione di protesta – ma dalle forze dell’ordine, utilizzate in maniera a dir poco spropositata. Da giorni gran parte dei mass media hanno iniziato una campagna di terrore sul presunto arrivo del terribile blocco nero nella manifestazione di protesta organizzata da Eurostop.

Già al concentramento a Piramide si susseguono voci tra i manifestanti: controlli serratissimi e daspo cittadini dati nella notte, pullman fermati per controlli e manifestanti portati ad un centro di identificazione perché trovati in possesso di “indumenti atti ad occultare l’identità ed impedire l’identificazione”. Felpe, kway e giubbotti, per dirlo fuor di metafora.

Il concentramento inizia ad infoltirsi e tuttavia non parte: l’intervento di Nicoletta Dosio, militante dei Notav arrivata in treno dalla Val di Susa spiega il perché: tre pullman sono stati fermati e – senza che fossero stati trovati effettivi motivi per procedere ad un fermo – più di centocinquanta persone sono state portate in un centro d’identificazione a Tor Cervara. A loro sarà di fatto negato il diritto di manifestare, perché nonostante non ci fosse nessun motivo valido, saranno rilasciati solo dopo la fine della manifestazione.

Si decide di non partire prima che ai manifestanti in stato di fermo sia restituito il diritto di esprimere il dissenso e mentre avvocati e una delegazione di manifestanti, tra cui Nicoletta Dosio e l’europarlamentare Eleonora Forenza, si reca a Tor Cervara, il corteo aspetta di poter partire: attesa, incertezza per quanto stava effettivamente accadendo e per la sorte dei compagni e delle compagne fermate non hanno contribuito certo a distendere il clima.

Quando finalmente il corteo si muove, con due ore di ritardo, attraversa il quartiere di Testaccio: negozi serrati, nessuno in strada e soprattutto ogni strada laterale a quella del percorso del corteo chiusa da agenti in assetto antisommossa: uno schieramento di forze dell’ordine smisurato.

Il corteo tuttavia prosegue senza problemi: molte persone alle finestre registrano, scattano foto, qualcuna applaude e sostiene il corteo, che arriva sul Lungotevere Aventino. È da qui è ancora più chiaro che poliziotti, carabinieri, guardia di finanza sono molti più di quanti si potesse immaginare: dall’altra sponda del Tevere, infatti, c’è un concentramento di agenti, camionette, idranti che assomiglia ad un esercito in attesa, c’è persino qualche gommone della polizia che attraversa il Tevere.

Il corteo arriva senza nessuna tensione dall’interno a Piazza Bocca della verità, ma nessuna uscita dalla piazza è libera: tutte le strade sono sbarrate da polizia in assetto antisommossa. E mentre gli organizzatori cercano di capire in che modo sciogliersi, con una manovra gli agenti chiudono anche la parte della piazza da cui la prima parte dei manifestanti è entrata, spezzando così in due il corteo. Infatti lo spezzone dei movimenti e dei centri sociali era qualche centinaio di metri dietro.

Una provocazione gratuita, ma non nuova (basti pensare a quanto successo durante il corteo dei licenziati Almaviva, sempre a Roma) messa in atto dalla polizia che ha approfittato che i due spezzoni fossero distanti, per provare a separare e caricare l’ultima parte e dare finalmente vita ad copione già scritto – quello dei manifestanti cattivi che devastano la città e della macelleria messicana che ne consegue – che stava tardando a concretizzarsi: gli scontri non ci sono stati, perché nessuno ha raccolto questa vergognosa provocazione anche grazie all’intervento degli organizzatori, che non hanno permesso che il corteo venisse diviso.

Non è servita la campagna mediatica di paura, non sono servite le provocazioni e la presunzione di colpevolezza con cui è stato impedito a centinaia di cittadini di esercitare il proprio diritto a manifestare. Non è servito l’uso delle forze dell’ordine per reprimere il legittimo dissenso: la manifestazione si è conclusa senza che i manifestanti rispondessero alle provocazioni. Con la delusione abbastanza evidente di un altro piccolo esercito presente in piazza, quello dei giornalisti, molti di loro più in attesa dello scoop che seriamente interessato alle motivazioni della manifestazione.

Ed infatti, come spesso accade, la paura degli scontri, le dichiarazioni dei politici contro chi usa la violenza, il tentativo mediatico fallito di dividere la piazza in buoni e cattivi, ha tolto spazio ai contenuti della piazza, al grido di protesta di migliaia di persone che tutte insieme hanno detto no all’Europa dei poteri forti e trasversali, dei muri contro i flussi di migranti, dell’impoverimento della classe lavoratrice, e che chiedono la libera circolazione delle persone, non delle merci.

Celebrare i 60 anni dell’Unione Europea, scrivere una dichiarazione dai toni trionfalistici in cui si celebra la costruzione di “[…] una comunità di pace, libertà, democrazie, diritti umani e governo della legge, un potere economico senza precedenti e un livello impareggiabile di protezione sociale e welfare” e farlo asserragliati in un palazzo, mentre nel resto della città si assiste alla sospensione del diritto di manifestare portandosi con sé un kway in caso di pioggia. Questo è quello che hanno fatto i 27 capi di stato europei e questo significa essere completamente scollati dal paese reale, non ascoltare assolutamente la voce di chi vive sulla propria pelle tutte le ingiustizie e le contraddizioni di un’Europa che nonostante i tentativi di presentarsi pulita, democratica, serena mostra invece le sue storture con i trattati di Dublino che umiliano i migranti, le politiche di austerity che schiacciano lavoratori e cittadini, le politiche di guerra che la rendono complice nei teatri di guerra del mondo.

Noi, insieme alle migliaia che hanno sfilato per le strade di Roma il 25 marzo, sappiamo da che parte stare e siamo solidali con chi è stato trattenuto e identificato solo per voler esercitare il diritto a manifestare il proprio dissenso.

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SI VEDANO ANCHE:

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https://www.lacittafutura.it/interni/eurostop-quel-fattaccio-di-tor-cervara.html
 
I VIDEO:

LIVE: ‘Eurostop’ rally to take place in Rome (RT, 25 mar 2017 – 3h40m)

Manifestazione no euro roma 2017 (la Città Futura, 1 apr 2017)
il 25 marzo si è tenuta una partecipata manifestazione NO EURO. questo breve video racconta in sintesi la giornata...