Informazione


Impazzimento nazionalistico a Trieste

0) Simone Cristicchi da Sanremo alle foibe… passando per Trieste. INIZIATIVA PUBBLICA LUN 3/11/2014

1) Trieste: alcune considerazioni sulla mozione 1954/2014 del Consiglio Comunale. Come si reinventa la storia (di M. Barone, 2/9/2014)

2) Lingua slovena in Consiglio Comunale a Trieste: scatta il “no” bipartisan 

3) Obiezione slovena al revisionismo storico in  Consiglio Comunale a Trieste: scatta linciaggio bipartisan

4) Flashback/Curiosità: Lo shopping jugoslavo nelle piazze di Trieste. Una mostra a Pola dall'11/10 all'11/11/2014

ALTRI LINK:

Quando i 42 giorni Jugoslavi diventano i 40 giorni di martirio, una rivisitazione religiosa della storia
di Marco Barone, 26 agosto 2014

La CIA a Trieste: il TLT “doveva essere provvisorio” e Trieste italiana e le infiltrazioni nel Partito Comunista
di Marco Barone, 31 agosto 2014

Il terrorismo nazionalistico italiano nel confine orientale ed alcuni aderenti alla Lega nazionale
di Marco Barone, 07/10/14

Togliatti scrisse il 30 aprile del 1945: “il vostro dovere è accogliere le truppe di Tito come liberatrici”
di Marco Barone, 17/10/14

Togliatti: "tutte le campagne circa le persecuzioni degli italiani in Jugoslavia sono calunnie e menzogne"
di Marco Barone, 25/10/14


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Da San Remo alle foibe: fenomenologia di Simone Cristicchi

Simone Cristicchi è di nuovo in tournee (anche nella nostra Regione) con il suo Magazzino 18. 
Già l'anno scorso abbiamo fatto uno studio critico non solo dello spettacolo in quanto tale, ma dei contenuti politici e delle mistificazioni storiche che esso porta avanti. 
Ne riparliamo assieme ad alcuni degli autori dei saggi raccolti nel testo "Da San Remo alle foibe" pubblicato dalla Kappa Vu nello scorso febbraio.

Trieste, Lunedì 3 novembre 2014
alle ore 17.00 presso la Libreria Knulp, via Madonna del Mare 7/a

Analisi critica dello spettacolo Magazzino 18 di Cristicchi e Bernas. Partecipano Claudia Cernigoi, Piero Purini, Sandi Volk.

Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/335084223331212/


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Da Sanremo alle foibe
Spunti di riflessione storica e culturale sullo spettacolo Magazzino 18

Udine: Kappa Vu edizioni, 2014
Collana ResistenzaStorica - ISBN 9788897705451 - euro 7,50

il libro contiene interventi di:
Andrea Martocchia e Tamara Bellone, Claudia Cernigoi, Sandi Volk, Piero Purini, Wu Ming, Francesco Cecchini, Paolo Consolaro, Gilberto Vlaic




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http://xcolpevolex.blogspot.it/2014/09/trieste-alcune-considerazioni-sulla.html

Trieste: alcune considerazioni sulla mozione 1954/2014 del Consiglio Comunale. Come si reinventa la storia


di Marco Barone, 2 settembre 2014

Che questi tempi siano turbolenti è un dato di fatto incontestabile, ma a volte capita che in questa società i sentimenti nazionalistici riescono ad andare oltre ogni surrealismo, oltre ogni intento visionario, perché semplicemente riscrivono la storia inventandola ex novo. Il 21 luglio del 2014, il Consiglio Comunale di Trieste,ha approvato il seguente testo, come proposto da area di destra :

MOZIONE URGENTE
Oggetto: 26 ottobre 1954-2014
I sottoscritti consiglieri comunali

Preso atto che il 26 ottobre 2014 ricorre il sessantesimo anniversario del ritorno definitivo di Trieste all’Italia; Ricordato che il 2014 è l’anno delle celebrazioni dell’inizio della Prima Guerra Mondiale e del lungo Novecento che ha visto Trieste contesa fino al Memorandum di Londra che la riunificò alla Madre Patria; Evidenziato che in un anno ricco di celebrazioni non si può dimenticare questa data simbolo di tutto il Novecento per l’Italia, per Trieste e per tutto il confine orientale, compiendo atti di “giustizia storica” anche nei confronti di quanti si sacrificarono e morirono per l’italianità della Città; 

IMPEGNANO 

il Sindaco e la Giunta a commemorare degnamente l’anniversario ed i suoi protagonisti attraverso:

• la convocazione di un Consiglio comunale straordinario che commemori l’evento;

• il conferimento della Cittadinanza Onoraria all’VIII Reggimento Bersaglieri di cui facevano parte i reparti italiani che per primi giunsero in Città il 26 ottobre 1954; .l’intitolazione di una via cittadina o l’apposizione di una targa che commemori la fine dell’occupazione jugoslava il 12 giugno 1945 e la fine della seconda guerra mondiale per Trieste


Sul punto è già intervenuta Claudia Cernigoi, con puntuali osservazioni, e probabilmente seguiranno altri interventi in materia anche da altre realtà. Alle considerazioni già maturate, voglio però aggiungerne delle altre. Si parte scrivendo che il 26 ottobre ricorre l'anniversario del ritorno definitivo di Trieste all'Italia. Quella data può essere ritenuta come l'inizio della riannessione di Trieste all'Italia, certamente dal punto di vista storico e giuridico e globale non la si può intendere come la data del ritorno definitivo di Trieste all'Italia. Per esempio sarà con laistituzione della Regione del FVG che l'Italia inizierà ad esercitare la sovranità su Trieste, e parliamo dunque del 1963 ed il tutto si perfezionerà con il Trattato di Osimo del 1975 e ratificato solo nel marzo del 1977. E' dunque anche errato scrivere che Trieste risulterebbe essere stata contesa sino al Memorandum di Londra del 1954, intesa politica, non avente valore e forza di Legge e di Trattato internazionale, poiché la contesa di Trieste si è risolta definitivamente solo con il Trattato di Osimo del 1975 od eventualmente con la costituzione della Regione FVG. Certamente il 26 ottobre del 1954 è stata una data simbolo per Trieste, ciò è indiscutibile, ma è discutibile, invece, quando si scrive che il ricordo deve riguardare tutti coloro che si sacrificarono e morirono per l'italianità di Trieste. Siamo alle solite, si ricorda sempre e solo ciò che si vuole ricordare, senza dimenticare, a tal proposito, che molti di quelli che si "sacrificarono e morirono per l'italianità di Trieste" nei confronti dei quali, con tale mozione come approvata si vorrebbe realizzare un mero atto di "giustizia storica" furono anche fascisti, ovviamente non solo fascisti, ma vi erano anche loro, ed è chiaro che quando si propongono formule tanto generiche quanto astratte, come quella ora citata, vi rientreranno anche i fascisti tra i martiri per l'italianità di Trieste, e nel mentre di tutto ciò si censurano le violenze, ad esempio, delle tre giornate del settembre del 1947, le aggressioni fasciste e nazionaliste subite dagli sloveni e dai comunisti, con la complicità delle truppe occupanti. 

Si scrive che si vuole conferire la cittadinanza onoraria all’VIII Reggimento Bersaglieri di cui facevano parte i reparti italiani che per primi giunsero in Città il 26 ottobre 1954. Su una rivista periodica dello Stato Maggiore della difesa si legge quanto segue: "Nell’Ottobre del 1954, presso il Distretto Militare a S. Giusto, era operante il Centro Assistenza Personale Aeronautico costituito da circa dieci Sottufficiali dell’A.M. Questo gruppo, già presente in città da tempo, operava, con il consenso delle Autorità Militari Alleate in abiti borghesi ed in comune accordo, avrebbero preso il controllo dell’Idroscalo alle ore 00.00 del 26 Ottobre 1954, momento dell’annessione ufficiale di Trieste alla Madre Patria. Quel gruppo di uomini, erano i primi soldati italiani presenti in città”. E si dimenticano comunque sia le forze di polizia e carabinieri che entrarono in città prima di quel reggimento. Si scrive poi anche che si realizzerà l’intitolazione di una via cittadina o l’apposizione di una targa che commemori la fine dell’occupazione jugoslava il 12 giugno 1945 e la fine della seconda guerra mondiale per Trieste. Sulla questione dei 42 giorni di Trieste e sulla targa della falsa liberazione ho già scritto, in passato evidenziando che i partigiani jugoslavi hanno liberato Trieste dal nazifascismo ed hanno amministrato la città provvisoriamente sino al 12 giugno 1945, dopo 42 giorni di amministrazione jugoslava ci sarà un semplice passaggio di consegne alle truppe alleate e dunque anche loro diventeranno amministratori sino alla notte del  25 ottobre 1954, dunque o entrambi sono amministratori od entrambi sono occupanti, voler ricordare nello specifico solo la fine dell'amministrazione jugoslava è un mero atto fazioso e di falsità storica e pretestuoso per evidenti fini ideologici nazionalistici anti-jugoslavi. Rinvio a tal proposito a due miei precedenti interventi in materia:



Sul fatto che le truppe alleate venivano definite come occupanti, cosa che a qualcuno continua ancora a sfuggire, ciò non è un mistero, basta vedere i titoli dei giornali di quel tempo od i dibattiti emersi anche in sede istituzionale.

Dunque si omette volutamente un pezzo di storia in modo chiaro fazioso ed inequivocabile. Ma la cosa più grave è il voler fare coincidere la fine della seconda guerra mondiale per Trieste con il 12 giugno 1945, o con il 26 ottobre del 1954. Invenzione faziosa e nazionalistica di sana pianta della storia che comunque non lascerà certamente indifferenti. 

Ciò su cui ci deve invece interrogare è quanto può ancora essere accettato che il PD, o parte di esso, comunque la parte più rilevante, che vede anche una buona parte dei propri iscritti essere iscritti all'ANPI, sostenere  una prospettiva della storia che non può coincidere proprio per nulla con quella difesa dall'ANPI?

Insomma un nuovo esempio di memoria condivisa, nata a Trieste e che probabilmente troverà morte anche a Trieste, irrispettosa verso chi ha realmente lottato per la nostra libertà, sovversiva rispetto alla reale storia fattuale e non solo, folle e barbaricamente irrispettosa delle vittime dei carnefici italiani brava gente. Vittime che si continuano a dimenticare, o meglio volutamente a rimuovere dalle pagine di storia rientranti nella operazione memoria condivisa, condivisa dall'oblio, condivisa nella voluta ignoranza di fatti ed atti che minerebbero l'immagine postrisorgimentale dell'italiano eroe, dell'italiano vittima, dell'italiano che non ha mai colpe, perché le colpe sono sempre degli altri. 

Ed attenzione, perché la memoria condivisa, con la scusante artificiosa del superamento di ogni ideologia, come se questa non fosse operazione ideologica, porterà presto alla riabilitazione degli aspetti più rilevanti fondanti il fascismo o di parte di esso.

E diciamolo pure, il vero scopo di tutto ciò, della mozione ora commentata, è strumentalizzare il 26 ottobre 1954 per demonizzare i 42 giorni di amministrazione provvisoria di Trieste dei liberatori della città dal nazifascismo, è demonizzare il comunismo jugoslavo, è demonizzare i partigiani jugoslavi per santificare il nazionalismo italiano, è chiaro sentimento di ostilità ed avversità verso la Jugoslavia, condannando ex ante ogni processo rientrante nella contestualizzazione storica di quel periodo e rimuovendo ogni causa, plasmando nella mente del tempo delle generazioni che verranno l'idea che gli italiani non erano fascisti, ma povera umile ed innocente ed ingenua ed anche martire gente che hanno subito il fascismo; falsità storica tanto incredibile quanto credibile perché vicina al suo compimento.

Certo, molti furono indotti ad avere la tessera del PNF per non morire di fame, come diranno alcuni, ma la maggior parte degli italiani hanno sostenuto attivamente il fascismo, perché fascisti dentro e fuori. Poi da buoni opportunisti, quando il vento del potere è mutato, molti di loro diventeranno antifascisti, tradendo i propri alleati, per l'ennesima volta, unendosi, alcuni di loro, alla battaglia con i veri antifascisti, i partigiani, per poi realizzare e concretizzare, con operazioni mirate e studiate, quel distacco che prevede da un lato la totale equiparazione tra il secondo fascismo (perché è in corso l'assoluzione del primo fascismo) nazismo, prodotti reazionari del capitalismo, con il nemico assoluto del capitalismo, quale l'idea del comunismo, e dall'altro il senso del vittimismo di chi  ha subito, da buon martire, solamente il fascismo con lo scopo finale di assolvere gli italiani. Italiani mai puniti per i crimini contro l'umanità compiuti durante il fascismo.



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Si celebra anche il 12 giugno ’45 – associazioni partigiane in rivolta (di Silvio Maranzana, su Il Piccolo del 16 settembre 2014)
Dopo la mozione, condivisa dalla giunta, che accomuna la fine «dell’occupazione jugoslava» al 1954 La protesta: non è la strada della pacificazione. Cosolini: in quei 40 giorni non ci fu Liberazione
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/09/16/news/si-celebra-anche-il-12-giugno-45-associazioni-partigiane-in-rivolta-1.9937935

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«Ora lo sloveno in Consiglio comunale a Trieste» (9/10/2014)
Iztok Furlanic (Prc) e Igor Svab (Pd) sostengono che i tempi sono maturi per rivedere il regolamento e introdurre la traduzione simultanea. Scettico il sindaco Cosolini: «Esiste un problema di compatibilità economica»
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/10/09/news/introduciamo-lo-sloveno-in-consiglio-comunale-1.10078050

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http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/10/09/news/sloveno-in-consiglio-a-trieste-scatta-il-no-bipartisan-1.10084309

Sloveno in Consiglio a Trieste: scatta il “no” bipartisan 

Opposizione contro l’idea Furlanic-Svab. Sossi (Sel): altre priorità. Decarli (Lista Cosolini): mai parlato. Bandelli (Uats): maggioranza scomparsa

di Fabio Dorigo
10 ottobre 2014

Sloveno simultaneo? No, grazie. L’opposizione di centrodestra alza un muro e la maggioranza non sembra troppo convinta di abbatterlo. La fuga in avanti sul regolamento comunale del presidente del Consiglio Itztok Furlani› (Prc) e del consigliere Igor Švab (Pd) non trova grandi sostenitori. A partire dal sindaco la cui posizione («Meglio dare quei soldi a una biblioteca slovena) raccoglie molti estimatori nel campo avversario. E persino l’offerta di “un’altra” maggioranza che sostituisca la sinistra radicale e “bilingue”. Il punto di partenza, sostenuto sia Everest Bertoli (Fi), Roberto Decarli (Trieste Cambia) e Paolo Menis (Movimento 5 Stelle), è che l’argomento non è mai stato affrontato nella commissione dei capigruppo che si occupa della modifica del regolamento comunale. «In tre anni che stiamo revisionando il regolamento non si è mai parlato, neanche una volta, dello sloveno. Mai e poi mai» assicura Bertoli. Così pure Decarli: «Dal mio punto di vista non c’è alcun problema. Sono mezzo sloveno. Solo che non ne abbiamo mai parlato in questi due anni». E il grillino Menis conferma: «Sono due anni che facciamo riunioni per aggiornare il regolamento comunale, ma Furlani› non ha mai accennato allo sloveno. Mi sembra una cosa di nessuna utilità che incide economicamente e appesantisce i lavori dell’aula. Piuttosto cominciamo a parlare più lingue fuori dal Consiglio comunale».

Franco Bandelli (Un’Altra Trieste), stavolta, prova a parlare seriamente: «Non manca che Bella ciao all’inizio del Consiglio comunale con il coro partigiano. Lo sloveno simultaneo o l’incongruenza di Bertoli non possono essere i problemi di questa città. Il sindaco Cosolini deve prendere atto che la maggioranza non c’è più. Trovi lui un’alternativa a se stesso o è meglio andare a votare. Non è possibile andare avanti così. Esistono diverse formule. Basta ispirarsi al governo di Renzi».

Il più duro di tutti è il più a destra di tutti, Claudio Giacomelli, consigliere di Fratelli d’Italia An e coetaneo del presidente del Consiglio comunale: «Questa uscita alla vigilia del 60.mo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia è una provocazione. Furlani› dovrebbe dimettersi per fare il presidente del consiglio comunale di Sesana (Sežana)». Il forzista Bertoli pone un problema politico: «Il dibattito innescato dal presidente del Consiglio comunale sull'utilizzo dello sloveno in aula certifica definitivamente il fallimento della maggioranza di Cosolini. Bastano tre parole per questi signori: “Andate a casa!». Al voto pensa anche Michele Lobianco di “Impegno civico”: «L'ennesima prova che la campagna elettorale per le prossime elezioni comunali è iniziata sta anche nella proposta dei consiglieri Furlanic e Svab che a insaputa del sindaco e del capogruppo Pd Toncelli, propongono l'utilizzo della lingua slovena. Una proposta assurda viste tutte le emergenze del Comune. Consiglio ai proponenti di cambiare tema elettorale e a ciò che resta della maggioranza di parlarsi». Il consigliere circoscrizionale Roberto Dubs (Pdl/Fi) si trova «d’accordo al 100% con il sindaco Cosolini: se anche si trovassero le coperture finanziarie tramite la legge per la tutela delle minoranze linguistiche tali soldi andrebbero spesi in qualcosa di più utile e concreto. Una biblioteca ad esempio, come suggerito dal sindaco, sarebbe un servizio di cui beneficerebbero tutti i cittadini della minoranza linguistica slovena, mentre la traduzione simultanea in Consiglio comunale andrebbe solo a vantaggio di uno sparuto gruppo di consiglieri che si contano sulle dita di una mano». Una richiesta «“superata dalla storia” che certifica, invece, il fallimento della maggioranza» secondo i consiglieri circoscrizionali Alberto Polacco e Franco Brussi (Pdl). Una proposta senza senso «a meno che non si voglia spostare il Municipio sull'altipiano».

E pure a sinistra, Marino Sossi, capogruppo di Sel, sceglie un approccio pratico. «Non ho nessun problema con lo sloveno, ma non mi sembra la priorità. Io sono per superare i muri. È un dato di civiltà. Se questo serve per costruire un sistema di dialogo da entrambe le parti si può discutere. Non so però se la traduzione simultanea in Consiglio comunale sia lo strumento più adatto».


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Gli articoli che seguono sono tratti dal quotidiano “Il Piccolo” di giovedì 16, venerdì 17 e sabato 18 ottobre 2014:


1) Il presidente del Consiglio Iztok Furlanič non cambia idea sullo sloveno in aula: «È un diritto garantito dalla legge. I soldi ci sono ed è stupido non prenderli».

«La Liberazione? A Trieste l’ha fatta l’esercito di Tito»

Il modello Capodistria. Farei la firma per avere le stesse tutele della minoranza italiana in Slovenia e in Croazia. Mi basterebbe l’equiparazione

di Fabio Dorigo

«Il 12 giugno è una data inesistente. Lo dico da storico. L’esercito jugoslavo ha liberato Trieste dai nazisti. Altro che occupazione». Iztok Furlanič, presidente del Consiglio comunale, si è laureato in storia contemporanea a Lubiana. E non cambia idea sui soldi spesi dal Comune per «targhe a commemorare eventi inesistenti». E neppure sull’introduzione della lingua slovena in Consiglio comunale con la traduzione simultanea come a Gorizia. «Mi dispiace ma questo è un costo della democrazia che deve essere sostenuto». Ma come le è venuto in mente di introdurre lo sloveno nel Consiglio comunale di Trieste? Sono stato contattato dal Primorski per un commento dopo l’avvio della traduzione simultanea nel Consiglio comunale di Gorizia. E, in base alle leggi vigenti, si dovrebbe fare lo stesso a Trieste introducendo la possibilità di intervenire in sloveno. Ma è davvero convinto, come ha dichiarato al Primorski, che i tempi siano maturi? Ero più convinto alcuni giorni fa prima di vedere alcune reazioni. Ma credo che solo introducendolo la gente si abituerebbe. Devo sottolineare che le reazioni da parte di alcuni sono state spropositate. A cosa si riferisce? Il consigliere Igor Svab (Pd) è stato oggetto di telefonate minatorie. Il problema è che alcuni non saranno mai pronti. Attendere questi è inutile. È un motivo in più per andare avanti a rivendicare il diritto dei consiglieri sloveni a esprimersi nella propria madrelingua, come fanno gli italiani a Capodistria. Ma alla commissione capigruppo, che sta lavorando alla revisione del regolamento comunale, l’ha mai proposto? No, non l’ho mai proposto. Ma ho intenzione di farlo, visto che si tratta dell’attuazione di un diritto previsto per legge. Quindi lo proporrà? Assolutamente sì. Poi vedremo chi a parole si proclama progressista e chi lo è nei fatti. A partire dal sindaco che mi pare l’abbia profondamente deluso… Sono sdegnato. Non può far finta di non sapere che i fondi per la tutela dello sloveno sono altra cosa rispetto a quelli destinati alle biblioteche. Se il Comune non utilizza quei fondi li utilizzerà un altro comune. Non c’è nessuna spesa in più. In realtà chi è abbastanza furbo e intelligente utilizza quei fondi, gli altri no. «Furlanič ha preso cavoli per capuzi» ha dichiarato il sindaco… Magari. Le sue ulteriori precisazioni non cambiano la sostanza di una virgola. È stata l’uscita di un sindaco convinto che esprimendosi più apertamente a favore dell’uso dello sloveno avrebbe perso voti al centro. Sicuramente ne ha persi tra l’elettorato sloveno. Sono deluso, ma prendo atto della scelta. Meglio Ettore Romoli (sindaco di Gorizia, ndr) di Roberto Cosolini? Assolutamente. È la dimostrazione che i sindaci di centrodestra sono più aperti e meno timorosi su questo argomento. Il bilinguismo è ancora un tema sensibile. Non crede? Non lo nascondo. Ma Romoli a Gorizia ha fatto un altro ragionamento politico. La presa di posizione del segretario del Pd Stefan Cok? Mi sorprendo che uno sloveno si esprima in quel modo. Sono doppiamente deluso. Posso al massimo capire il sindaco, ma non un segretario politico che fa parte della minoranza slovena. Stiamo parlando di un diritto, non di un capriccio. Lei punta al modello Capodistria… A Capodistra tutti capiscono entrambe le lingue. La gente non ha idea di quello che succede oltreconfine. I diritti della minoranza italiana sono tutelati in modo molto ampio e dettagliato non da 20 ma da 60 anni. A me basterebbe che la tutela della minoranza slovena in Italia fosse uguale a quella della minoranza italiana in Slovenia e Croazia. Ben venga l’equiparazione. Ne guadagneremmo come sloveni. «Il Comune di Trieste trova i soldi per targhe a commemorare eventi inesistenti». A cosa si riferiva? Quando si parla del 12 giugno 1945 come fine del secondo conflitto mondiale a Trieste si parla di un evento inesistente. L’ho ribadito anche al consigliere Franco Bandelli quando ha chiesto chiarimenti in Consiglio comunale. Dal punto di vista storico è un fatto inesistente. Non vedo perché mi dovrei scusare con la città. C’è di mezzo il Primo Maggio di quell’anno? Una parte della città vede il Primo Maggio del 1945 come la Liberazione. L’esercito jugoslavo che entra in città era un esercito di liberazione. Così era considerato dagli anglo-americani. Non lo dico io. Lo dicevano Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill. Una parte della città si sente profondamente offesa dalla commemorazione del 12 giugno. Non c’è stata nessuna occupazione? Qualcuno forse dimentica che è stato l’esercito jugoslavo a liberare questa città dai nazisti. Io la considero una Liberazione. Se poi si vuole parlare di occupazione, Trieste non è stata liberata il 12 giugno 1945, ma il 26 ottobre 1954 visto che molti considerano come forza occupante gli angloamericani. La fine del Tlt come Liberazione? Sì, se consideriamo come forze occupanti gli eserciti stranieri. Nessun 12 giugno da commemorare? È un falso. Lo dico da storico visto che ho fatto il post laurea in storia contemporanea a Lubiana. Mi sa che stavolta non si scrollerà di dosso la fama di ultimo “titino”… Non mi considero titino, perché non mi piace il termine. La mia personale opinione sul maresciallo Tito è ben risaputa. È un personaggio che ha fatto la storia del Novecento creando i Paesi non allineati. Ci sono dei lati oscuri, ma è riuscito a trasformare un paese arretrato in uno dei più importanti al mondo. “Trst je nas!” “Trieste è nostra”. Non solo italiana, ma anche slovena. Tutto qua. Ma qual è la sua posizione rispetto alla giunta Cosolini? Esiste una disparità di vedute su tutta una serie di tematiche. Dall’operazione Acegas Hera (con l’ipotesi di usare le azioni come fidejussione per i lavori pubblici) al piano del traffico. “Non vedo tutta questa sinistra nella giunta Cosolini” ha dichiarato il capogruppo di Sel Marino Sossi… Il Pd, che ha la maggioranza relativa, non è di sinistra. Lo si è visto quando si è votata la mozione sull’articolo 18. A livello nazionale si sta attuando il programma di Berlusconi. Renzi lo sta addirittura superando a destra. Non vi tenta l’opposizione? Non lo escludo se verrà confermata l’operazione Acegas Hera con il prossimo bilancio. Come valuta la scelta del nuovo assessore alla Cultura? Non conosco Tassinari. Devo dire che rispetto al predecessore si nota la sua presenza. Il che è positivo. Non è positivo che in tre anni e mezzo si sia cambiato quattro volte. E l’assessore allo Sport? All’inizio c’era un assessore che si occupava di quello a tempo pieno. Solo che si chiamava Emiliano Edera? Non parlavo di nomi. Serve uno presente. Marino Andolina, il vostro capogruppo, è coinvolto pesantemente nell’inchiesta su Stamina. Nessun imbarazzo? Non sono mai stato giustizialista. Ci sono sentenze e sentenze, condanne e condanne. La battaglia di Andolina è giusta e sono al suo fianco.
 

2) Le opposizioni reclamano la testa del presidente “filotitino” dell’aula di piazza Unità con una mozione di Un’altra Trieste. Pure il senatore Pd Russo ne chiede le dimissioni. Le firme di 15 consiglieri per la sfiducia a Furlanič

di Piero Rauber

In 15 ne reclamano le dimissioni, poiché 15 sono le firme sulla mozione di sfiducia della coppia di Un’altra Trieste Bandelli-Rosolen, cui si sono accodati tutti gli esponenti delle opposizioni tranne l’ex leghista Maurizio Ferrara. Spuntassero altri sei favorevoli – non servirebbe che la firmino, basterebbe che la votino – si arriverebbe a 21 teste su 41. A quel punto Iztok Furlanic – protagonista di un’audace, diciamo così, intervista rilasciata sul Piccolo di ieri in cui rende grazie a Tito per la Liberazione di Trieste del ’45 – non sarebbe più il presidente del Consiglio comunale. Scenario remoto? Non lo è la discussione della mozione, che lo stesso Furlanic dovrà calendarizzare per regolamento non prima di dieci giorni dalla presentazione di ieri, e dopo non più di un mese. E potrebbe non esserlo, remoto, neanche un epilogo col benservito. Sarebbe sufficiente che al momento del voto prudesse la mano a qualcuno del Pd. Il partito di un sindaco, Roberto Cosolini, definito da Furlanic peggio del collega di centrodestra di Gorizia, Ettore Romoli, che le traduzioni simultanee sloveno-italiano in Consiglio comunale le ha già battezzate. Il partito, per giunta, di un senatore, Francesco Russo, che ieri è stato lapidario: «Furlanic non è all’altezza di rappresentare Trieste. Ha disonorato la sua carica. Spero che, spontaneamente e in tempi brevi, presenti le dimissioni prima che il Consiglio decida di votare una mozione di sfiducia. Al caso, mi auguro che tutti i consiglieri, compatti, scelgano di sollevarlo da un ruolo che non ha saputo interpretare nel modo corretto». Stavolta, dunque, il “dossier Furlanic” (ricordate la lista dei suoi “scheletri” nell’armadio filotitini che il centrodestra aveva raccolto tre anni fa alla vigilia della sua investitura come presidente del Consiglio?) lui se l’è costruito da solo. La giornata di ieri – a intervista-choc pubblicata – è stata una grandinata di reazioni indignate e pretese di dimissioni, con tanto di richiesta che sia Cosolini a intervenire. «Neanche il Pci di Vidali si spingeva a tanto, Furlanic può avere le sue idee da libero cittadino, ma da presidente del Consiglio comunale non può esprimersi in direzione opposta a quella in cui vanno documenti votati dal Consiglio stesso, come ad esempio la mozione sul 12 giugno, fine dell’occupazione titina, ora la palla passa a chi la mozione non l’ha firmata, il Pd e le civiche di centrosinistra», osserva Alessia Rosolen. «Fratelli d’Italia – scrive Claudio Giacomelli – non riconosce più Furlanic come presidente del Consiglio. Lo invitiamo quindi a trasferirsi in uno dei “paradisi comunisti” che ancora deturpano il mondo per un’esperienza “dal vivo” dell’ideologia che tanto ama». E di «dichiarazioni deliranti che portano pericolosamente indietro l’orologio» parla l’ex Fli Michele Lobianco, mentre il capogruppo di Fi Everest Bertoli sostiene che «il primo maggio ’45 ha inizio per la popolazione italiana un periodo di persecuzioni e terrore». «Per fare campagna elettorale – incalzano i grillini Paolo Menis e Stefano Patuanelli – ha riaperto ferite che erano rimarginate». «La storia Furlanic l’avrà pure studiata ma forse non l’ha pienamente compresa», così il segretario della Lega Pierpaolo Roberti. «C’è chi ancora in questa città pensa di vomitare simili idiozie», annota il consigliere provinciale di Un’altra Trieste Andrea Sinico coi colleghi circoscrizionali Francesco Clun, Paolo Silvari, Marco Ianza, Dario Lonzaric e Andrea Balanzin. I capigruppo circoscrizionali Pdl/Fi Roberto Dubs e Alberto Polacco, ancora, vogliono da Furlanic le «scuse a tutte quelle famiglie che hanno perso i loro cari nelle foibe». Scuse e dimissioni servono anche per Alternativa Tricolore mentre il coordinatore di Fi Giovani Piero Geremia spara più alto: pretende si faccia da parte pure Cosolini.

3) Malnati: offesa la storia di Trieste. Lacota indignato

«I 40 giorni della dominazione titina sono stati un incubo per Trieste. In quel periodo sono spariti quattromila cittadini mai più tornati. Oggi non si può accettare un revisionismo di ideologia vetero-comunista. Certo Togliatti ha applaudito questa occupazione ma non il mondo democratico». Ettore Malnati, vicario del vescovo e presidente dell’Associazione culturale Studium fidei, “scomunica” Furlanic. «Certe affermazioni – scrive il sacerdote – se vengono da istituzioni offendono la storia di questa città e la dignità della persona umana. Sono note e accettate le crudeltà sia naziste sia titine anche a Trieste. Su questo non è credibile alcun revisionismo. Falsare la storia non giova ad alcuno se non per riesumare vecchi rancori che strumentalizzati hanno impoverito il vivere civile». «Non possono stupire – interviene Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione Istriani – le affermazioni di Furlanic, le cui posizioni ideologiche sono ben note a tutti. Diventano inaccettabili quando a proferirle è una carica pubblica di una città che ha vissuto, senza possibilità di smentita alcuna, il periodo della “liberazione slavo-comunista” come una delle pagine più buie, forse la più buia, della sua storia. Sul 12 giugno non ci sono dubbi: fu quella la vera liberazione di Trieste dalla barbarie della Seconda guerra mondiale». (pi.ra.)

4) «Ha tenuto 38 riunioni senza mai proporre la traduzione». Savino (Fi): nodi di maggioranza al pettine 
Cosolini: «Per gli sloveni ho fatto più io di lui»

No. Le dimissioni, che il senatore del suo partito Russo pretende, non gliele vuole imporre, a Furlanic. Roberto Cosolini, però, si aspetta dal presidente (presidente per ora) del Consiglio comunale un’esame di maggioranza, più che di coscienza. «Non chiedo le dimissioni di nessuno a nessuno e non devo rispondere ai consiglieri di centrodestra – raffredda gli animi il sindaco – ma gli ricordo che quando uno viene eletto in certi ruoli prende un impegno ad essere super partes, ad assumere toni più contenuti, senza per questo rinunciare alle proprie convinzioni. Sta a lui però chiarirsi se intende far parte ancora di questa maggioranza». Uno zuccherino prima dell’assenzio: «Lui si sente sdegnato per la questione della traduzione simultanea in aula? Ma sono io a essere indignato. Sono quello che ha avviato rapporti col sindaco di Lubiana senza precedenti, che ha nominato un assessore sloveno (Edi Kraus, ndr), che ha concordato sull’elezione di uno sloveno alla presidenza della Commissione Bilancio in Municipio (Igor Svab, ndr), che ha messo ordine nel mondo dello sport, in cui un tempo le società della minoranza venivano sempre dopo. E intanto Furlanic ha convocato 38, dico 38 sedute della Conferenza capigruppo sul regolamento del Consiglio senza mai proporre l’inserimento della traduzione simultanea in aula, come prevederebbe la legge di tutela. Ritengo che in questi tre anni e mezzo ho fatto più io per gli sloveni che lui che sloveno lo è». «Ho l’impressione – insiste Cosolini – che Furlanic abbia posto una polemica inesistente ritenendola, presumo, potenzialmente interessante in chiave elettorale come strumento di demarcazione, più che altro col Pd nazionale, da cui il suo partito prende le distanze». Sì, ma Tito e il ’45? «Certi passaggi letti nell’intervista – attacca il sindaco – mi sembravano farina di un ottantenne, piuttosto che di un giovane. La giunta incaricherà, e aveva in mente di farlo a prescindere, un gruppo di storici affinché emerga un taglio rigoroso da dare a certi luoghi e certe date della nostra memoria. La politica deve misurarsi sul futuro. La storia la lasciamo agli storici». Però Furlanic dice di parlare da storico… «Io penso che storico è chi fa della ricerca storica una missione di vita. Lui si è laureato in storia, è vero, e mi pare che all’attivo abbia due pubblicazioni. Mah. Per autodefinirsi storico bisognerebbe avere nel curriculum un percorso più faticoso». Dal parlamento una stilettata proprio a Cosolini, più che a Furlanic, arriva dalla coordinatrice regionale di Forza Italia Sandra Savino: «Il pensiero estremista di Furlanic sui tragici eventi del dopoguerra era noto ben prima del suo insediamento alla presidenza del Consiglio comunale e quindi la responsabilità politica ricade in primo luogo sul Pd, che ha mirato più a tenere incollata una maggioranza disomogenea che ad individuare un profilo idoneo ad interpretare con la dovuta sensibilità le anime e la storia di Trieste». Ma ci sarà stato pure un outing alla rovescia, in questa giornata di “caccia al Furlanic”? Sì, uno sì. Quello della direzione provinciale del Pdci, il Partito dei comunisti italiani. E sloveni: «Esprimiamo – si legge in una nota – apprezzamento per il lavoro svolto dal presidente del Consiglio comunale, che si è sempre fatto garante del funzionamento delle istituzioni e dell’applicazione delle leggi. Respingiamo la richiesta di dimissioni della forze della destra fascista, cui si unisce coerentemente con quanto detto al Circo Massimo il Movimento 5 stelle». (pi.ra.)

5) L’ex sottosegretario sul caso Furlanic: bene la targa per il 12 giugno, ma i nazisti scapparono il primo maggio
Budin: «Due Liberazioni nella storia di Trieste entrambe da rispettare»
di Silvio Maranzana

«Vi sono due date della Liberazione di Trieste e sono il primo maggio e il 12 giugno 1945, rispettivamente l’arrivo e la partenza delle truppe jugoslave. Il superamento delle divisioni sta nel fatto che chi ne riconosce solo una, non condivida ma accetti le ragioni anche di chi crede solo nell’altra». Milos Budin, sloveno di Trieste ma anche ex sottosegretario della Repubblica italiana, oggi presidente del Teatro stabile si esprime così dopo la contestatissima uscita filotitina del presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic. Il 7 aprile 2009, Budin fece affermazioni “rivoluzionarie” in un confronto in cui scoprì molti punti in comune con l’allora presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth. «Il fascismo è un passato che non può tornare – affermò – il fascismo e la violenza proditoriamente subita oggi non possono più essere il riferimento per la nostra identità, per l’identità degli sloveni». Prosegue anche oggi su quella linea, ma senza spingere ancora più in là il “ribaltamento” dei vecchi valori. «Non sono contrario a una targa in ricordo del 12 giugno (una data che Furlanic ha negato abbia un neppur minimo valore, ndr.) – afferma – certo a patto che si misurino le parole dell’iscrizione. Non lo sono soprattutto perché la maggior parte della popolazione di Trieste, oggi come allora è italiana e visse o ricorda quella data con grande sollievo. Non si può però negare che un’altra parte, seppur minoritaria, della popolazione triestina composta soprattutto da sloveni accolse invece i titini il primo maggio come liberatori e in effetti fu l’arrivo della Quarta armata jugoslava che cacciò da Trieste i nazisti». Secondo Budin a distanza di 70 anni emettere sentenze su quale delle due parti abbia ragione è un esercizio puramente sofistico che non risolve nulla. «Sbaglia di sicuro chi – sostiene – fa dell’una o dell’altra data una bandiera da agitare a scopo politico. Ragionando in questo modo non ha alcun senso – continua – che io dia un giudizio personale su quale sia secondo me la vera data della Liberazione. Sono nato nel 1949 e intendo guardare avanti». Ma qui, secondo l’ex senatore, si svela anche un ruolo che la città potrebbe e dovrebbe svolgere in futuro con ricadute in ambito culturale e turistico. «Proprio perché ospita ancora oggi idee e sensibiltà così diverse, oltre ad essere purtroppo stata teatro di tragedie, Trieste risulta il luogo ideale per realizzare un grande Museo del Novecento che con le tecniche più avveniristiche affronti queste problematiche dai più diversi punti di vista, partendo dall’inizio del secolo per comprendere la Guerra fredda». Anche sull’uso dello sloveno in aula con traduzione simultanea o personale, Budin ha idee ben poco radicali: «Giusto utilizzarlo nella riunione di insediamento e in quelle solenni per conferirgli anche simbolicamente pari dignità rispetto all’italiano, ma volerlo usare nelle sedute di routine non farebbe altro che allungarle e appesantirle inutilmente». Ad attaccare Furlanic invece non ci sta anche se fa capire quale sia la sua idea: «Nella mia carriera ho presieduto diverse assemblee politiche e credo di aver sempre dimostrato nei fatti e nelle dichiarazioni un certo equilibrio».


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Furlanic pronto a saltare la cerimonia per i 60 anni d’Italia 

Il presidente del Consiglio comunale lascia guidare al vice Carmi la seduta straordinaria 

di Fabio Dorigo

Lo spettacolo per ora resta in cartellone, ma gli interpreti potrebbero essere sostituiti all’ultimo momento. Per indisposizione politica. Con gli sbalzi di temperatura di questi ultimi tempi, un raffreddore di stampo staliniano è sempre in agguato. Lo spettacolo in programma è di quelli da non perdere: il Consiglio comunale di domenica prossima per i 60 anni del ritorno di Trieste all’Italia con il “neotitoista” Itzok Furlani› (Federazione della Sinistra) che consegna la cittadinanza onoraria all’Ottavo bersaglieri. Il presidente comunista che presiede una sessione straordinaria sulla cui convocazione, assieme al compagno Marino Andolina, si era astenuto. E proprio di fronte ai 15 consiglieri comunali di centrodestra e MoVimento 5 Stelle che hanno firmato una mozione di sfiducia per la sua tesi su Trieste liberata (e non occupata) il Primo maggio 1945 dall’esercito jugoslavo di Tito.

Alla fine, dopo un incontro con il sindaco Roberto Cosolini, il compagno Iztok si è reso disponibile a marcare visita e a farsi sostituire dal vicepresidente Alessandro Carmi (Pd). Magari a farsi domenica in giro per il Carso («A contare le foibe» come suggerisce un capogruppo di maggioranza). Alla fine la mediazione diplomatica del primo cittadino è riuscita a evitare il corto circuito istituzionale. «La sua presenza domenica, dopo le recenti dichiarazioni, non sarebbe stata un elemento di unità» spiega Cosolini. Un modo per “abbassare i toni” e “svelenire il clima”. «Non ho ancora preso una decisione definitiva. L’importante è che la mia assenza non venga strumentalizzata. Non si dica che a Furlani› non interessa questa cerimonia. Sia chiaro, io non ho alcun problema a presiedere la seduta. Ma se questo significa rovinare la festa, sono disposto a farmi da parte» spiega il presidente del Consiglio che non ha in programma, per ora, nessuna retromarcia, nessuna autocritica e tantomeno un passo indietro. «Se aspettano le mie

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I boia ucraini

1) Misha, il "Boia di Bolzano" in Italia
2) Trieste: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba / Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»


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Da: Fabio Muzzolon 
Oggetto: Il lavoro delle guardie ucraine
Data: 29 marzo 2014 01:23:54 CET

Nei giorni di ricorrenza delle Fosse Ardeatine e di altre stragi naziste, ho trovato due pagine sulle atrocità commesse nel  Durchgangslager di Bolzano (campo di transito). In esse troviamo riferimenti alla città di Verona,  nel recente processo della Procura scaligera a Misha Seifert (1924-2010) detto "il boia di Bolzano" e in alcuni protagonisti  - due antifascisti veronesi come Berto Perotti e Egidio Meneghetti; quest'ultimo ha scritto sui fatti una poesia  in dialetto veronese riportata nel blog del giornalista campano Rotondi.
Singolare che le "guardie ukraine" in questione siano i personaggi che alcuni partiti (Svoboda, Pravi Sektor)  finiti al governo dall'attuale rivoluzione ucraina a Kiev sostenuta da Obama (come cambia il mondo!) intendono riabilitare e celebrare…

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DAL BLOG DI FRANCO ROTONDI sabato 16 febbraio 2008

Misha, il "Boia di Bolzano" in Italia (IL LAVORO DELLE GUARDIE UCRAINE)

Giunto in Italia Michael Seifert, detto Misha, criminale nazista noto come il "boia di Bolzano" (Oblast Ukraina, 16 marzo 1924 – Caserta, 6 novembre 2010)…

l'Italia ha ottenuto l'estradizione dal Canada ponendolo a disposizione della Procura militare di Verona.

Condannato all'ergastolo in via definitiva, Miša, nato in Ucraina, risiedeva da oltre 50 anni a Vancouver in Canada, dove conduceva una vita tranquilla, frequentando la locale chiesa il cui parroco decise di stanziare dei fondi per la difesa del parrocchiano nazista.

"Anche Cristo fu condannato da un tribunale. Vuol dire forse che era colpevole? Sono passati 55 anni, le accuse contro Seifert sono incredibili"

Così ha cercato di giustificarsi l'ineffabile prete "benefattore" di Vancouver.

Misha compì i suoi brutali eccidi nei lager assieme al connazionale ucraino 
Otto Sein, tuttora latitante, così come liberi e impuniti rimangono tanti nazisti, quali gli autori della strage di Sant'Anna di Stazzema, condannati all'ergastolo in Italia e mai estradati dalla Germania.

Egidio Meneghetti, che incontrò Misha e Otto durante la sua detenzione a Bolzano

http://drna.di.univr.it/index.php/chi-siamo/egidio-meneghetti

dedicò loro una poesia in dialetto veneto (veronese), "Bortolo e l'ebreeta", che rievoca il martirio di Bartolo Pezzutti, che uccisero squarciandogli il ventre, e quello di una giovane ebrea, violentata e poi inchiodata in una cassa.


E sempre, note e giorno,
i du Ucraini,
Miša e Oto,
che iè del'Esse-Esse.
Nel bloco dele cele come Dio
comanda i Ucraini Miša e Oto:
el tormento de tuti ghe va drio
e quando i ciama tuti se fa avanti
e quando i parla scolta tuti quanti
e quando i tase tuti quanti speta
e le done spaise le le fissa
come pàssare fa co la siveta. (...)
Un furlàn magro biondo
co' na bocheta rossa da butina:
l'avea tentà de scapàr via dal campo
e l'é finido nela cela nera.
Tri giorni l'à implorado
Miša e Oto,
tri giorni l'à sigà
"No voi morìr",
tri giorni l'à ciamado
la so mama.
E nela note avanti dela Pasqua
s'à sentido là drento un gran rovejo,
come de gente
che se branca in furia
e un sigo stofegado in rantolar.
Ma dopo no se sente
che 'n ansemàr
pesante e rauco e ingordo
come quando a le
bestie del seraglio
i ghe dà carne cruda da màgnar.
L'è Pasqua. De matina. E lu l'è in tera
lungo tirado
duro come 'l giasso:
ocio sbarado
nela facia nera,
nuda la pansa, co la carne in basso
ingrumada de sangue e rosegà.
Nela pace de Pasqua tase tuti.
Imobili. De piera.
E nela cela nera
tase el pianto de Bortolo Pissuti. (...)
***
Stanote s'è smorsada l'ebreeta
come 'na candeleta
de seriola
consumà.
Stanote Miša e Oto
ià butà
nela cassa
du grandi oci in sogno
e quatro pori osseti
sconti da pele fiapa.

E adesso nela cassa
ciodi i pianta
a colpi de martèl
e de bastiema
(drento ale cele tuti i cori trema
e i ciodi va a piantarse nel çervèl).

E a caval dela cassa
adesso i canta
esequie e litanie:
" heiliges Judenschwein
ora pro nopis,
zum Teufel Schweinerei
ora pro nopis "

Stanote s'è smorsada l'ebreeta
come 'na candeleta
de seriola
consumà.

Quel giorno che l'è entrada nela cela
l'era morbida, bela
e per l'amor
maura,
ma nela facia, piena
de paura,
sbate du oci carghi de'n dolór
che'l se sprofonda in secoli de pena.
I l'à butada
sora l' tavolasso,
i l'à lassada sola,
qualche giorno,
fin tanto che 'na sera
Miša e Oto
i s'à inciavado nela cela nera
e i gh'è restà per una note intiera. 


E dala cela vièn per ore e ore
straco un lamento de butìn che more.
Da quela note no l'à più parlà,
da quela note no l'à più magnà.

L'è là, cuciada in tera, muta, chieta,
nel scuro dela cela
che la speta
de morir.

Sempre più magra la deventa e picola,
sempre più larghi ghe deventa i oci.


La poesia, tradotta in inglese, e pubblicata sul Vancouver Sun desterà grande sconcerto nell'opinione pubblica canadese…

TRADUZ. E sempre notte e giorno i due Ucraini Misha e Otto, che sono delle SS. Nel blocco delle celle come Dio comandano gli Ucraini Misha e Otto: il tormento di tutti li seguono, e quando chiamano tutti si fanno avanti, e quando parlano tutti ascoltano, e quando tacciono tutti aspettano, e le donne disorientate li fissano come passeri fanno con la civetta.

Un friulano magro biondo con una bocchetta rossa da bambina aveva tentato di fuggire dal campo ed è finito nella cella nera. Tre giorni ha implorato Misha e Otto, tre giorni ha pianto “non voglio morire” tre giorni ha chiamato la sua mamma. E nella notte prima della Pasqua, si è sentito là dentro un gran trambusto, come di gente che insegue in furia e un urlo soffocato in rantolo.

Ma poi non si sente che un ansimo pesante e rauco e ingordo, come quando alle bestie del serraglio danno carne cruda da mangiare. E’ Pasqua. Di mattina. E lui in terra lungo tirato, duro come il ghiaccio: occhio sbarrato nella faccia nera, nuda la pancia con la carne in basso raggrumata di sangue e consunta.Nella pace di Pasqua tutti tacciono. Immobili. Di pietra. E nella cella nera tace il pianto di Bortolo Pissuti.

Stanotte si è spenta l’”ebreetta” come una candelina di cera consumata. Stanotte Misha e Otto han buttato nella cassa due grandi occhi in sogno e quattro poveri ossicini nascosti dalla pelle rattrapita. E adesso nella cassa piantano chiodi a colpi di martello e di bestemmie (dentro alle celle i cuori tremano e i chiodi vanno a piantarsi nel cervello). E a cavallo della cassa adesso cantano esequie e litanie: “sacro porco giudeo prega per noi, al diavolo porcheria prega per noi…”

Quel giorno che lei è entrata nella cella era morbida e bella, e matura per l’amore, ma nel viso piena di paura, sbatte i due occhi carichi di un dolore che si sprofnda in secoli di pena. L’hanno buttata sopra a un tavolaccio, l’hanno lasciata sola qualche giorno, finché una sera Misha e Otto si sono chiusi nella cella nera e rimasti per una intera notte. E dalla cella esce per ore e ore stanco un lamento di un bimbo che muore. Da quella notte non ha più parlato né più mangiato. E’ la risucchiata in terra, muta e quieta, nell’oscurità della cella a aspettare di morire.

Diventa sempre più magra e piccola, sempre più larghi gli occhi.



=== 2 ===


8 settembre 2010

Scampoli di storia: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba (1943-1945)





La storia della Risiera di San Sabba ebbe inizio con l’ arrivo a Trieste di Globocnik e dell’ “Einsatzkommando Reinhard” (E.K.R.) che aveva gestito i quattro lager di sterminio in Polonia. Molti ufficiali di fiducia furono posti a capo dell’ E.K.R. o formarono i quadri della locale articolazione dello R.S.H.A. e cioè del servizio di sicurezza. L’ “Einsatzkommando Reinhard” composto da novantadue uomini era arrivato a Trieste a scaglioni fra il settembre e il novembre 1943. Questi reparti operanti nell’ est dell’ Europa, erano reparti di élite, politicamente scelti, che avevano il compito, non solo di garantire la sicurezza delle retrovie del fronte, ma soprattutto quello di eliminare fisicamente gli avversari politici del Reich e i gruppi etnici e “razziali ” pericolosi o indegni di sopravvivere nell’ Europa nazista. “Einsatzkommando” significa infatti “comando speciale” e Reinhardt è il nome di battesimo del generale SS Heydrich, primo capo della Gestapo e Protettore di Boemia e Moravia, ideatore della “soluzione finale” ucciso in un attentato a Praga nel 1942. L’ E.K.R. aveva una discezionalità di comportamento pressochè totale nelle rappresaglie, nei massacri, nelle operazioni contro gli avversari del Reich. Globocnik, “Comandante superiore delle SS e della Polizia” della zona operativa del Litorale Adriatico era perciò il capo di tutto l’ apparato repressivo locale dello R.S.H.A. di cui il reparto faceva parte. Himmler dava direttamente istruzioni a lui.
Inseriti organicamente nell’ “Einsatzkommando Reinhardt” operarono criminali di guerra alcuni dei quali non sono mai stati non dico condannati, ma nemmeno inquisiti. Un interessante articolo de “La Nuova Alabarda” ne identifica alcuni. “Dimenticati” o in parte protetti dalle autorità italiane, almeno nove importanti criminali di guerra hanno vissuto o forse ancora vivono in Italia. Un particolare agghiacciante: per rifarsi una vita, spesso protetti solo da una nuova identità , molti hanno scelto proprio le città dove nel 1944 e nel 1945 avevano commesso i loro crimini. Ecco le loro storie. Ecco nove misteri di cui anche l’ Italia dovrebbe rispondere. Raja, l’ imprenditore. Fino al 1963 abitava a Milano in corso Concordia 8. L’ ufficio era in via Bianca Maria 31. Aveva una bella villa a Melide, dintorni di Lugano. La sua coscienza, invece, aveva altri indirizzi: in Cecoslovacchia e in Olanda le deportazioni di migliaia di ebrei (compresa Anna Frank), poi il ghetto di Poznan in Polonia, poi Auschwitz, poi il lager di Nisko in Galizia dove era il comandante, infine la Risiera di San Sabba, dove nel 1944 venne chiamato come “specialista” in massacri. L’ ingegner Erico Raja, austriaco, titolare della società di import export “Enneri”, è stato per vent’ anni un facoltoso imprenditore di Milano, molto introdotto sui mercati dell’ Est. Il suo vero nome era Erich Rajakowitsch. Era stato un capitano delle SS, uno dei più stretti collaboratori di Eichmann. Raja scomparve da Milano il 6 aprile 1963. Poi la solita sequenza: arrestato in Jugoslavia, inspiegabilmente rilasciato. E morto a Graz alcuni anni fa da uomo libero. “Ha continuato a visitare l’ Italia per turismo e per affari. Ne aveva mantenuti molti a Trieste”, dicono due fonti diverse. I quattro della Risiera. Con quei nomi, si facevano passare per emigranti della vicina Jugoslavia. Josip Susanski, Jan Griska, Alexander Mihalic e Misha Komalsky, invece, erano ucraini. Di professione erano calzolaio, bracciante, operaio e impiegato in un salumificio. Ma a Trieste erano arrivati con una specializzazione ben diversa: “laureati” al lager di Treblinka insieme a John Demjanjuk, facevano parte di uno speciale squadrone di “macellai” che le SS del famigerato squadrone “Einsatzkommando Reinhard” nel 1944 trasferirono da Treblinka alla Risiera di San Sabba per sterminare più velocemente quattromila mila tra ebrei, partigiani e handicappati. “Hanno sempre vissuto tranquilli a Trieste, alcuni li ho interrogati come testimoni al processo della Risiera negli anni Settanta”, racconta un magistrato. Tranquilli e per nulla pentiti. Durante le prime udienze, Komalsky venne addirittura sorpreso a tracciare svastiche in città . Conseguenze ? Nessuna. I quattro non vennero nemmeno imputati. “Qualcuno in alto li proteggeva”, dice il magistrato. Poco dopo un paio scomparvero. Destinazione: USA e Australia. Mihalic, invece, è morto a Trieste nel 1985. Anche lui da uomo libero. Ma gli ucraini della Risiera erano decine, qualcuno è forse ancora vivo. Naturalmente a Trieste. Geng, il più spudorato, era arrivato a Trieste nel 1943 con lo stato maggiore delle SS. Per due anni, in Veneto e in Lombardia, Conrad Geng aveva lavorato per il T 4, uno speciale nucleo di SS incaricato dell’ “Operazione eutanasia” (eliminazione di deformati, handicappati e malati). 
Dove decise di rifarsi una vita un uomo così ? A Milano, senza neppure cambiare nome e stipendiato dal governo di Bonn. Fino a metà degli anni Settanta, infatti, Geng fu un impiegato del consolato tedesco di Milano. Quando partono le prime indagini Geng non viene licenziato o processato; venne solo trasferito a Nancy, in Francia. Poi andò in pensione in Italia dove morì ignorato dalle nostre autorità nel 1980 a Valdobbiadene vicino a Treviso. Malloth ha vissuto sempre a Merano, in una villetta in via Petrarca. Prima cittadino austriaco, poi italiano, infine tedesco, è stato espulso dall’ Italia due volte, nel 1965 e nel 1972. Ma in entrambi i casi fu una farsa: Anton Malloth, ex maresciallo delle SS, condannato a morte in Cecoslovacchia per crimini del lager di Litomerice e noto aguzzino a Theresienstadt (lager tedesco), è sempre rientrato in Alto Adige: nel 1968 il consolato tedesco di Milano gli rilasciò un passaporto e il comune di Scena gli diede una carta d’ identità. E si potrebbe continuare …

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Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»

Il Tribunale di Monaco gli infligge però solo 5 anni per i massacri di Sobibor da dove sarebbe arrivato alla Risiera con il soprannome di Ivan il Terribile: possibile la riapertura del caso. Anche Trieste potrebbe processarlo

di Silvio Maranzana
su "Il Piccolo" del 13 maggio 2011

TRIESTE John Demjanjuk, sospettato di essere il boia ucraino soprannominato Ivan il Terribile al servizio dei nazisti anche all'interno della Risiera di San Sabba a Trieste, ieri è stato condannato a Monaco di Baviera per essere stato parte della «macchina dello sterminio» che a Sobibor in Polonia tra marzo e settembre del '43 uccise 27.900 persone. Solo cinque anni la condanna poiché nessuno dei superstiti di Sobibor l'ha riconosciuto e il tribunale non ha potuto imputargli un delitto specifico.
Ma nella motivazione si sottolinea che i guardiani del lager come Demanjuk, i cosiddetti "trawniki" partecipavano a tutte le fasi all'interno dei campi, «giocando un ruolo decisivo nello sterminio». È probabilmente lo stesso ruolo che Demjanjuk esercitò in Risiera dove del resto è stato anche riconosciuto da un calzolaio che aveva lavorato a San Sabba. Ma questa testimonianza era stata contraddetta da altre, in particolare da quella della fiumana Maria Dudek che aveva detto di aver conosciuto in Risiera Ivan il boia, il cui cognome però era Marchenko. É l'ambiguità sfruttata dai parenti di Demjanjuk per discolpare il congiunto. Il genero Ed Nishnic disse di aver scovato documenti del Kgb sovietico in base ai quali Ivan il Terribile era Marchenko che a Trieste sarebbe alla fine riuscito a saltare dall'altra parte passando con i partigiani di Tito.
Le sue tracce si perdono poco dopo in un bordello di Fiume. Eppure Demjanjuk non solo arrivò a Trieste, ma qui probabilmente rimase fino al 1952 quando decise di dileguarsi andando a fare l'operaio a Cleveland. Con le Ss dell'Einsatzkommando Reinhard si era trasferito da Treblinka a Trieste uno squadrone di "macellai" ucraini. Di essi Josip Susanski, Jan Griska e Misha Komalski vissero poi per anni tranquilli e indisturbati in città. Alexander Mihalic è morto solo qualche anno fa in un appartamento del rione di Rozzol sebbene Simon Wiesenthal in persona lo avesse indicato come uno dei boia della Risiera.
Forse le responsabilità di tutti loro non erano inferiori a quelle di Demjanjuk che già nel 1988 era stato condannato a morte in Israele, ma poi assolto in appello. Nel 2009 però gli Usa hanno concesso l'estradizione per il processo in Germania. Ieri l'ucraino è stato condannato, ma causa l'età avanzata, 91 anni, è stato subito liberato.

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Nazismo: morto il boia di Sobibor John Demjanjuk (17 marzo 2012)

BERLINO – E' morto in Germania, a Rosenheim, John Demjanjuk, una ex guardia carceraria di un campo di sterminio nazista, conosciuto come il boia di Sobibor, in Polonia. Aveva 91 anni. Ne ha dato notizia l'emittente radiofonica Bayerischen Rundfunk. La morte e' stata confermata dalla polizia locale. 




http://www.marx21.it/italia/antifascismo/24628-lantifascismo-atlantico-dellimperialismo-lurgenza-di-una-riflessione.html

L’antifascismo “atlantico” dell’imperialismo. L’urgenza di una riflessione

15 Ottobre 2014

di Diego Angelo Bertozzi

Riceviamo dal compagno Bertozzi una sua nota pubblicata su facebook che proponiamo come contributo alla discussione

Uno dei segnali della sconfitta subita dalla sinistra e dai comunisti in Italia (e non solo) è rappresentato dalla sorte subita, a livello simbolico, dall’ ”antifascismo”, ormai utilizzato con libera disinvoltura dalla propaganda imperialista come strumento di consenso, in ambito Nato, in grado di creare egemonia anche in un campo pacifista - e in senso più generale nella sinistra europea - attraversato da divisioni e contraddizioni. L’assenza di un serio e vasto movimento di opposizione alle tante aggressioni che si sono dispiegate negli ultimi lustri è indicativo del successo ottenuto in questo senso.

L’ultimo rapporto di “Human Rights First” (1) sul riemergere del fascismo in Europa è l’ennesima operazione orientata allo stravolgimento dell’antifascismo storico al fine di legittimare l’espansione della Nato ad Est e bollare con infamia ogni opposizione e ogni voce coraggiosamente critica.
Che una parola non venga dedicata alla lisciata di pelo amorevolmente concessa da Usa e Europa ai nazisti in Ucraina non può essere certo sorprendente in un rapporto che sussume nella categoria “fascismo” ogni critica agli interessi economici e strategici Usa: dall’allargamento della Nato, alla stipula del trattato di libero scambio, passando per la presenza di basi statunitensi. L'accusa di “fascismo” diventa così l’arma “assoluta”, soprattutto in ambito europeo, per condannare e discriminare – espellere senza scampo dal dibattito e dal consorzio civile - ogni radicale critica agli interessi Usa. Tanto più che posizioni simili vengono - in un quadro di vera e propria caccia alle streghe - collegate a subalternità nei confronti delle mire egemoniche della Russia di Putin, che finanzierebbe a piene mani i movimenti fascisti di tutta Europa.

Ovviamente, nel rapporto, non vengono presi in considerazione i tanti finanziamenti che da occidente arrivano alle forze politiche anti-Putin o alle tante operazioni di “rivoluzione colorata” che hanno visto in campo l'impegno economico di tante agenzie e ong.

Ed ecco che il cerchio si chiude: il fascista del XXI secolo è colui che cerca di comprendere le ragioni della Russia e denuncia il colpo di Stato in Ucraina come ennesima marcia della Nato nei sobborghi di Mosca. Più semplicemente: è “fascista” chi appoggia gli Stati - i “regimi” nel discorso dominante - che resistono al dispositivo militare ed economico dell’unilateralismo imperialista di Usa e alleati (con il seguito di istituzioni finanziare come il FMI).

La lunga pratica storica dell’utilizzo del fascismo - e di regimi che ad esso si ispiravano - da parte dell’imperialismo occidentale è ormai “orwellianamente” cancellata. Ricordare il passato ingresso nel dispositivo Nato della Spagna franchista e del Portogallo salazarista - in funzione del contenimento della “marea rossa” bolscevica - altro non è che bieca propaganda anti-americana. Il sacrificio sull’altare dell’anticomunismo dei tanti antifascisti spagnoli è un ricordo ormai sopito. Nell'Asia dell'immediato secondo dopoguerra, sempre per bloccare l'influenza rossa, l'Occidente “democratico” ricorse ai tanti collaborazionisti del fascismo nipponico, per riorganizzare i nuovi governi: su tutti il caso di Manuel Roxas, subito piazzato alla presidenza delle Filippine.

La riduzione dell’antifascismo a utile strumento della nuova “guerra fredda” deve indurci a riflettere seriamente, per andare finalmente oltre una stanca e autocelebrativa retorica, per non subire una lunga fase terminale di piena e completa subalternità.

Cos’è l’antifascismo se non la denuncia delle guerre di aggressione, dei bombardamenti indiscriminati, della sovversione violenta, dell’utilizzo (vedi Ucraina) dello squadrismo nazistoide per disfarsi di governi scomodi?

Cos’è l’antifascismo se non la contrapposizione più netta all’azione dei “cingolati” del liberismo - sempre pronti a seguire con puntualità le avventure belliche della Nato - a difesa di una compiuta democrazia (progressiva) dei diritti sociali e dell’inclusione? Cos’è l’antifascismo se non la conquista della democrazia nei luoghi di lavoro? Il diritto universale a progettare la propria vita oltre l’angusto orizzonte della sopravvivenza da strumento bipede da lavoro? Ebbene, ora l’antifascismo dominante è l’opposto di tutto questo; è l’orrenda creatura partorita dall’odierno “fascismo”. Moriremo del loro “antifascismo”?

1) Il rapporto è consultabile dal link http://www.humanrightsfirst.org/sites/default/files/HRF-report-We-Are-Not-Nazis-But.pdf




Prossime iniziative segnalate

1) Ancona 24/10: UCRAINA: L'ORRORE FASCISTA
2) Trieste/Trst 25/10: LE VIOLENZE PER TRIESTE ITALIANA
3) Roma 25/10: DI RITORNO DAL DONBASS. Appunti di un viaggio internazionalista
4) Bologna 31/10: ANSCHLUSS / L’ANNESSIONE. Iniziativa con Vladimiro Giacchè
5) Pisa 7/11: UOMINI E NON UOMINI. Presentazione del libro di Goran Jelisić
6) ASSEMBLEE CON SERGEI KIRICHUK (BOROTBA) in tutta Italia dal 5 al 12 novembre 2014:
Roma / Napoli / Firenze / Reggio Emilia / Pavia / Varese / Crema / Rovato (Bs) / Bologna / Modena / Milano


Ricordiamo/Segnaliamo anche:

VERONA, 25 ottobre 2014
GIORNATA ANTIFASCISTA E ANTIRAZZISTA

PISA: LE GUERRE D’AGGRESSIONE CONTRO I POPOLI DELL’EST E DEL MEDIO ORIENTE PARTONO DA PISA. FERMIAMOLE!
sabato 25 ottobre: presidio – conferenza stampa
giovedì 30 ottobre: assemblea – dibattito
martedì 4 novembre: mobilitazione antimilitarista
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/DISARMIAMOLI.htm#pisa2014

TRIESTE, 29 ottobre 2014
E. Gobetti: La Jugoslavia nella tempesta (1941-1945)

NOVARA, 2 novembre 2014
INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO AL DISERTORE (MOVIMENTO NO F-35 DEL NOVARESE)
Piazza delle Erbe ore 16:00. Per info: www.noeffe35.org


=== 1 ===

Ancona, 24 ottobre 2014

alle ore 17:00 presso la Sala ANPI in Via Palestro

UCRAINA: L'ORRORE FASCISTA

Testimonianze da Kharkov (Ucraina centro-orientale)
Nel corso del convegno saranno proiettate fotografie relative alle persecuzioni e agli orrori dei nazifascisti in Ucraina

introduce
Stefania Giacomini - presidente ANPI Ancona
intervengono
Fosco Giannini - segretario regionale PdCI Marche
Veronika Yukhnina - del movimento di solidarietà con gli antifascisti ucraini


=== 2 ===

Trieste/Trst, 25 ottobre 2014
alle ore 17.00 presso la libreria Knulp, via Madonna del Mare 7

LE VIOLENZE PER TRIESTE ITALIANA

Nazionalismo sanguinario al confine orientale

Quando iniziarono le violenze nazionaliste al confine orientale?
Chi inventò il "mito" della "foiba"?
Cosa accadde veramente nei "40 giorni" di amministrazione jugoslava a Trieste?
Ma soprattutto: di quali violenze si resero responsabili gli irredentisti che volevano riportare Trieste sotto sovranità italiana? E chi li finanziò e protesse?
Ne parleremo sabato 25 ottobre alle ore 17, presso il Knulp di via Madonna del Mare 7, 
con Claudia Cernigoi, giornalista e ricercatrice storica, e Marco Barone, ricercatore storico e blogger.




=== 3 ===

Roma, 25 ottobre 2014
alle ore 18:00 presso il CSOA Spartaco – Via Selinunte 57

Appunti di un viaggio internazionalista

Di ritorno dal Donbass il racconto dei protagonisti della Carovana Antifascista.

La Carovana Antifascista ha rotto il muro del silenzio imposto dai media occidentali sullo scontro imperialista in atto in Ucraina. Accendendo i riflettori sull'esperienza delle Repubbliche Popolari della Novorossiya, baluardo oggi contro il fascismo e contro le oligarchie in lotta che calpestano quotidianamente la dignità umana, sfruttando i lavoratori e portando la guerra tra le strade. Ha messo in luce la vera natura dell'Unione Europea e dei governi, come quello italiano, che non hanno alcun timore ad ostentare il sostegno alle organizzazioni naziste che oggi guidano il governo europeista ucraino. Ad un secolo dallo scoppio della prima guerra mondiale, che inghiottì milioni di lavoratori in nome degli interessi imperialisti, si stanno determinando nuovamente le stesse dinamiche per effetto di identici interessi.
La guerra è di nuovo in Europa, che i media ce lo raccontino o meno.

Sabato 25 Ottobre - ore 18 - CSOA Spartaco, via Selinunte 57 (metro A, Numidio Quadrato).

Seguirà cena sociale



=== 4 ===

http://www.marx21.it/internazionale/europa/24651-bologna-31-ottobre-2014-presentazione-del-libro-qanschlussq-di-vladimiro-giacche.html


Il Manifesto in rete Marx XXI

Presentano nell’ambito della rassegna “un libro un menù”

venerdì 31 ottobre 2014 ore 20.30

sala del Quartiere Porto

Via dello Scalo 21 Bologna


Anschluss

L’annessione

L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa


di Vladimiro Giacchè

ne discutono con l’autore

Susanna Kuby germanista (ex univ. di Udine e Venezia)

Giorgio Gattei docente universitario Bologna

Modera

Lorenzo Battisti economista

Al termine gustoso spuntino con birra (contributo 10 euro)

mangiamoci la Germania

Per informazioni

Mail ilmanifestoinrete@...

Tel Sergio 349 0886312 Mauro 347 4900039



=== 5 ===

Pisa, venerdì 7 novembre 2014

In occasione del Pisa Book Festival 2014
Palazzo dei Congressi di Pisa (Via Matteotti 1)
(venerdì 7 novembre l'ingresso è gratuito)

dalle ore 14:00 alle ore 14:45

UOMINI E NON UOMINI
La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo

Presentazione del libro di Goran Jelisić

presentano:
Jean Toschi Marazzani Visconti - giornalista e saggista, curatrice del libro
Manlio Dinucci - membro del Comitato scientifico del Coord. Naz. per la Jugoslavia Onlus

(cfr. la recensione di A. Martocchia: 


=== 6 ===



Scritto da FalceMartello
 
Pubblicato: 22 Ottobre 2014

La guerra civile in Ucraina rappresenta un punto di svolta della situazione politica mondiale.


Il rovesciamento di Yanokovick, l'insediamento a Kiev di un nuovo governo, la coalizione tra l'oligarchia e i partiti neonazisti (descritti come combattenti per la democrazia e la libertà), la rivolta delle regioni orientali e l'intervento dell'esercito ucraino sono solo gli episodi principali dello scontro in atto. La resistenza al governo di Kiev, che ha un carattere composito, ha visto manifestarsi un sentimento antifascista e di classe.
Nonostante la tregua di questi giorni la situazione non è per niente pacificata. Ma quale potrà essere l'esito di questo scontro? Quali saranno le conseguenze di questo conflitto nei rapporti internazionali?

Vogliamo chiarire la reale natura del conflitto e delle forze in campo e facciamo appello a una chiara presa di posizione del movimento operaio in Italia e a livello internazionale, che abbia come assi centrali l'antiimperialismo e l'indipendenza di classe.

Ne discutiamo con Sergei Kirichuk a

Roma
Mercoledì 5 novembre, ore 17

 

Napoli
Giovedì 6 novembre, ore 16,30

 

Firenze
Venerdì 7 novembre

 

Reggio Emilia
Sabato 8 novembre

 

Pavia 
Domenica 9 novembre

Varese
Domenica 9 novembre, ore 21

 

Crema
Lunedì 10 novembre

Rovato (Bs)
Lunedì 10 novembre
C.S 28 maggio

 

Bologna
Martedì 11 novembre, ore 17
Facoltà di Scienze politiche

 

Modena
Martedì 11 novembre, ore 21
Sala G. Ulivi, Via Ciro Menotti 137

 

Milano
Mercoledì 12 novembre, ore 15