Informazione
3) Obiezione slovena al revisionismo storico in Consiglio Comunale a Trieste: scatta linciaggio bipartisan
di Marco Barone, 26 agosto 2014
di Marco Barone, 31 agosto 2014
Simone Cristicchi è di nuovo in tournee (anche nella nostra Regione) con il suo Magazzino 18.
Già l'anno scorso abbiamo fatto uno studio critico non solo dello spettacolo in quanto tale, ma dei contenuti politici e delle mistificazioni storiche che esso porta avanti.
Ne riparliamo assieme ad alcuni degli autori dei saggi raccolti nel testo "Da San Remo alle foibe" pubblicato dalla Kappa Vu nello scorso febbraio.
Trieste, Lunedì 3 novembre 2014
alle ore 17.00 presso la Libreria Knulp, via Madonna del Mare 7/a
Analisi critica dello spettacolo Magazzino 18 di Cristicchi e Bernas. Partecipano Claudia Cernigoi, Piero Purini, Sandi Volk.
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/335084223331212/
Spunti di riflessione storica e culturale sullo spettacolo Magazzino 18
Udine: Kappa Vu edizioni, 2014
Collana ResistenzaStorica - ISBN 9788897705451 - euro 7,50
il libro contiene interventi di:
Andrea Martocchia e Tamara Bellone, Claudia Cernigoi, Sandi Volk, Piero Purini, Wu Ming, Francesco Cecchini, Paolo Consolaro, Gilberto Vlaic
Trieste: alcune considerazioni sulla mozione 1954/2014 del Consiglio Comunale. Come si reinventa la storia
Che questi tempi siano turbolenti è un dato di fatto incontestabile, ma a volte capita che in questa società i sentimenti nazionalistici riescono ad andare oltre ogni surrealismo, oltre ogni intento visionario, perché semplicemente riscrivono la storia inventandola ex novo. Il 21 luglio del 2014, il Consiglio Comunale di Trieste,ha approvato il seguente testo, come proposto da area di destra :
MOZIONE URGENTEOggetto: 26 ottobre 1954-2014
I sottoscritti consiglieri comunali
Preso atto che il 26 ottobre 2014 ricorre il sessantesimo anniversario del ritorno definitivo di Trieste all’Italia; Ricordato che il 2014 è l’anno delle celebrazioni dell’inizio della Prima Guerra Mondiale e del lungo Novecento che ha visto Trieste contesa fino al Memorandum di Londra che la riunificò alla Madre Patria; Evidenziato che in un anno ricco di celebrazioni non si può dimenticare questa data simbolo di tutto il Novecento per l’Italia, per Trieste e per tutto il confine orientale, compiendo atti di “giustizia storica” anche nei confronti di quanti si sacrificarono e morirono per l’italianità della Città;
IMPEGNANO
il Sindaco e la Giunta a commemorare degnamente l’anniversario ed i suoi protagonisti attraverso:
• la convocazione di un Consiglio comunale straordinario che commemori l’evento;
• il conferimento della Cittadinanza Onoraria all’VIII Reggimento Bersaglieri di cui facevano parte i reparti italiani che per primi giunsero in Città il 26 ottobre 1954; .l’intitolazione di una via cittadina o l’apposizione di una targa che commemori la fine dell’occupazione jugoslava il 12 giugno 1945 e la fine della seconda guerra mondiale per Trieste
Si scrive che si vuole conferire la cittadinanza onoraria all’VIII Reggimento Bersaglieri di cui facevano parte i reparti italiani che per primi giunsero in Città il 26 ottobre 1954. Su una rivista periodica dello Stato Maggiore della difesa si legge quanto segue: "Nell’Ottobre del 1954, presso il Distretto Militare a S. Giusto, era operante il Centro Assistenza Personale Aeronautico costituito da circa dieci Sottufficiali dell’A.M. Questo gruppo, già presente in città da tempo, operava, con il consenso delle Autorità Militari Alleate in abiti borghesi ed in comune accordo, avrebbero preso il controllo dell’Idroscalo alle ore 00.00 del 26 Ottobre 1954, momento dell’annessione ufficiale di Trieste alla Madre Patria. Quel gruppo di uomini, erano i primi soldati italiani presenti in città”. E si dimenticano comunque sia le forze di polizia e carabinieri che entrarono in città prima di quel reggimento. Si scrive poi anche che si realizzerà l’intitolazione di una via cittadina o l’apposizione di una targa che commemori la fine dell’occupazione jugoslava il 12 giugno 1945 e la fine della seconda guerra mondiale per Trieste. Sulla questione dei 42 giorni di Trieste e sulla targa della falsa liberazione ho già scritto, in passato evidenziando che i partigiani jugoslavi hanno liberato Trieste dal nazifascismo ed hanno amministrato la città provvisoriamente sino al 12 giugno 1945, dopo 42 giorni di amministrazione jugoslava ci sarà un semplice passaggio di consegne alle truppe alleate e dunque anche loro diventeranno amministratori sino alla notte del 25 ottobre 1954, dunque o entrambi sono amministratori od entrambi sono occupanti, voler ricordare nello specifico solo la fine dell'amministrazione jugoslava è un mero atto fazioso e di falsità storica e pretestuoso per evidenti fini ideologici nazionalistici anti-jugoslavi. Rinvio a tal proposito a due miei precedenti interventi in materia:
Sul fatto che le truppe alleate venivano definite come occupanti, cosa che a qualcuno continua ancora a sfuggire, ciò non è un mistero, basta vedere i titoli dei giornali di quel tempo od i dibattiti emersi anche in sede istituzionale.
Dunque si omette volutamente un pezzo di storia in modo chiaro fazioso ed inequivocabile. Ma la cosa più grave è il voler fare coincidere la fine della seconda guerra mondiale per Trieste con il 12 giugno 1945, o con il 26 ottobre del 1954. Invenzione faziosa e nazionalistica di sana pianta della storia che comunque non lascerà certamente indifferenti.
Ciò su cui ci deve invece interrogare è quanto può ancora essere accettato che il PD, o parte di esso, comunque la parte più rilevante, che vede anche una buona parte dei propri iscritti essere iscritti all'ANPI, sostenere una prospettiva della storia che non può coincidere proprio per nulla con quella difesa dall'ANPI?
Insomma un nuovo esempio di memoria condivisa, nata a Trieste e che probabilmente troverà morte anche a Trieste, irrispettosa verso chi ha realmente lottato per la nostra libertà, sovversiva rispetto alla reale storia fattuale e non solo, folle e barbaricamente irrispettosa delle vittime dei carnefici italiani brava gente. Vittime che si continuano a dimenticare, o meglio volutamente a rimuovere dalle pagine di storia rientranti nella operazione memoria condivisa, condivisa dall'oblio, condivisa nella voluta ignoranza di fatti ed atti che minerebbero l'immagine postrisorgimentale dell'italiano eroe, dell'italiano vittima, dell'italiano che non ha mai colpe, perché le colpe sono sempre degli altri.
Ed attenzione, perché la memoria condivisa, con la scusante artificiosa del superamento di ogni ideologia, come se questa non fosse operazione ideologica, porterà presto alla riabilitazione degli aspetti più rilevanti fondanti il fascismo o di parte di esso.
E diciamolo pure, il vero scopo di tutto ciò, della mozione ora commentata, è strumentalizzare il 26 ottobre 1954 per demonizzare i 42 giorni di amministrazione provvisoria di Trieste dei liberatori della città dal nazifascismo, è demonizzare il comunismo jugoslavo, è demonizzare i partigiani jugoslavi per santificare il nazionalismo italiano, è chiaro sentimento di ostilità ed avversità verso la Jugoslavia, condannando ex ante ogni processo rientrante nella contestualizzazione storica di quel periodo e rimuovendo ogni causa, plasmando nella mente del tempo delle generazioni che verranno l'idea che gli italiani non erano fascisti, ma povera umile ed innocente ed ingenua ed anche martire gente che hanno subito il fascismo; falsità storica tanto incredibile quanto credibile perché vicina al suo compimento.
Certo, molti furono indotti ad avere la tessera del PNF per non morire di fame, come diranno alcuni, ma la maggior parte degli italiani hanno sostenuto attivamente il fascismo, perché fascisti dentro e fuori. Poi da buoni opportunisti, quando il vento del potere è mutato, molti di loro diventeranno antifascisti, tradendo i propri alleati, per l'ennesima volta, unendosi, alcuni di loro, alla battaglia con i veri antifascisti, i partigiani, per poi realizzare e concretizzare, con operazioni mirate e studiate, quel distacco che prevede da un lato la totale equiparazione tra il secondo fascismo (perché è in corso l'assoluzione del primo fascismo) nazismo, prodotti reazionari del capitalismo, con il nemico assoluto del capitalismo, quale l'idea del comunismo, e dall'altro il senso del vittimismo di chi ha subito, da buon martire, solamente il fascismo con lo scopo finale di assolvere gli italiani. Italiani mai puniti per i crimini contro l'umanità compiuti durante il fascismo.
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/09/16/news/si-celebra-anche-il-12-giugno-45-associazioni-partigiane-in-rivolta-1.9937935
Iztok Furlanic (Prc) e Igor Svab (Pd) sostengono che i tempi sono maturi per rivedere il regolamento e introdurre la traduzione simultanea. Scettico il sindaco Cosolini: «Esiste un problema di compatibilità economica»
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/10/09/news/introduciamo-lo-sloveno-in-consiglio-comunale-1.10078050
10 ottobre 2014
Franco Bandelli (Un’Altra Trieste), stavolta, prova a parlare seriamente: «Non manca che Bella ciao all’inizio del Consiglio comunale con il coro partigiano. Lo sloveno simultaneo o l’incongruenza di Bertoli non possono essere i problemi di questa città. Il sindaco Cosolini deve prendere atto che la maggioranza non c’è più. Trovi lui un’alternativa a se stesso o è meglio andare a votare. Non è possibile andare avanti così. Esistono diverse formule. Basta ispirarsi al governo di Renzi».
E pure a sinistra, Marino Sossi, capogruppo di Sel, sceglie un approccio pratico. «Non ho nessun problema con lo sloveno, ma non mi sembra la priorità. Io sono per superare i muri. È un dato di civiltà. Se questo serve per costruire un sistema di dialogo da entrambe le parti si può discutere. Non so però se la traduzione simultanea in Consiglio comunale sia lo strumento più adatto».
Gli articoli che seguono sono tratti dal quotidiano “Il Piccolo” di giovedì 16, venerdì 17 e sabato 18 ottobre 2014:
1) Il presidente del Consiglio Iztok Furlanič non cambia idea sullo sloveno in aula: «È un diritto garantito dalla legge. I soldi ci sono ed è stupido non prenderli».
«La Liberazione? A Trieste l’ha fatta l’esercito di Tito»
2) Le opposizioni reclamano la testa del presidente “filotitino” dell’aula di piazza Unità con una mozione di Un’altra Trieste. Pure il senatore Pd Russo ne chiede le dimissioni. Le firme di 15 consiglieri per la sfiducia a Furlanič
Alla fine, dopo un incontro con il sindaco Roberto Cosolini, il compagno Iztok si è reso disponibile a marcare visita e a farsi sostituire dal vicepresidente Alessandro Carmi (Pd). Magari a farsi domenica in giro per il Carso («A contare le foibe» come suggerisce un capogruppo di maggioranza). Alla fine la mediazione diplomatica del primo cittadino è riuscita a evitare il corto circuito istituzionale. «La sua presenza domenica, dopo le recenti dichiarazioni, non sarebbe stata un elemento di unità» spiega Cosolini. Un modo per “abbassare i toni” e “svelenire il clima”. «Non ho ancora preso una decisione definitiva. L’importante è che la mia assenza non venga strumentalizzata. Non si dica che a Furlani› non interessa questa cerimonia. Sia chiaro, io non ho alcun problema a presiedere la seduta. Ma se questo significa rovinare la festa, sono disposto a farmi da parte» spiega il presidente del Consiglio che non ha in programma, per ora, nessuna retromarcia, nessuna autocritica e tantomeno un passo indietro. «Se aspettano le mie
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Oggetto: Il lavoro delle guardie ucraine
Data: 29 marzo 2014 01:23:54 CET
Nei giorni di ricorrenza delle Fosse Ardeatine e di altre stragi naziste, ho trovato due pagine sulle atrocità commesse nel Durchgangslager di Bolzano (campo di transito). In esse troviamo riferimenti alla città di Verona, nel recente processo della Procura scaligera a Misha Seifert (1924-2010) detto "il boia di Bolzano" e in alcuni protagonisti - due antifascisti veronesi come Berto Perotti e Egidio Meneghetti; quest'ultimo ha scritto sui fatti una poesia in dialetto veronese riportata nel blog del giornalista campano Rotondi.
Singolare che le "guardie ukraine" in questione siano i personaggi che alcuni partiti (Svoboda, Pravi Sektor) finiti al governo dall'attuale rivoluzione ucraina a Kiev sostenuta da Obama (come cambia il mondo!) intendono riabilitare e celebrare…
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l'Italia ha ottenuto l'estradizione dal Canada ponendolo a disposizione della Procura militare di Verona.
Condannato all'ergastolo in via definitiva, Miša, nato in Ucraina, risiedeva da oltre 50 anni a Vancouver in Canada, dove conduceva una vita tranquilla, frequentando la locale chiesa il cui parroco decise di stanziare dei fondi per la difesa del parrocchiano nazista.
"Anche Cristo fu condannato da un tribunale. Vuol dire forse che era colpevole? Sono passati 55 anni, le accuse contro Seifert sono incredibili"
Così ha cercato di giustificarsi l'ineffabile prete "benefattore" di Vancouver.
Misha compì i suoi brutali eccidi nei lager assieme al connazionale ucraino Otto Sein, tuttora latitante, così come liberi e impuniti rimangono tanti nazisti, quali gli autori della strage di Sant'Anna di Stazzema, condannati all'ergastolo in Italia e mai estradati dalla Germania.
Egidio Meneghetti, che incontrò Misha e Otto durante la sua detenzione a Bolzano
http://drna.di.univr.it/index.php/chi-siamo/egidio-meneghetti
dedicò loro una poesia in dialetto veneto (veronese), "Bortolo e l'ebreeta", che rievoca il martirio di Bartolo Pezzutti, che uccisero squarciandogli il ventre, e quello di una giovane ebrea, violentata e poi inchiodata in una cassa.
i du Ucraini,
Miša e Oto,
che iè del'Esse-Esse.
comanda i Ucraini Miša e Oto:
el tormento de tuti ghe va drio
e quando i ciama tuti se fa avanti
e quando i parla scolta tuti quanti
e quando i tase tuti quanti speta
e le done spaise le le fissa
come pàssare fa co la siveta. (...)
co' na bocheta rossa da butina:
l'avea tentà de scapàr via dal campo
e l'é finido nela cela nera.
Miša e Oto,
tri giorni l'à sigà
"No voi morìr",
tri giorni l'à ciamado
la so mama.
s'à sentido là drento un gran rovejo,
come de gente
che se branca in furia
e un sigo stofegado in rantolar.
che 'n ansemàr
pesante e rauco e ingordo
come quando a le
bestie del seraglio
i ghe dà carne cruda da màgnar.
lungo tirado
duro come 'l giasso:
ocio sbarado
nela facia nera,
nuda la pansa, co la carne in basso
ingrumada de sangue e rosegà.
Imobili. De piera.
E nela cela nera
tase el pianto de Bortolo Pissuti. (...)
Stanote s'è smorsada l'ebreeta
come 'na candeleta
de seriola
consumà.
ià butà
nela cassa
du grandi oci in sogno
e quatro pori osseti
sconti da pele fiapa.
E adesso nela cassa
ciodi i pianta
a colpi de martèl
e de bastiema
(drento ale cele tuti i cori trema
e i ciodi va a piantarse nel çervèl).
E a caval dela cassa
adesso i canta
esequie e litanie:
ora pro nopis,
zum Teufel Schweinerei
ora pro nopis "
Stanote s'è smorsada l'ebreeta
come 'na candeleta
de seriola
consumà.
Quel giorno che l'è entrada nela cela
l'era morbida, bela
e per l'amor
maura,
ma nela facia, piena
de paura,
sbate du oci carghi de'n dolór
che'l se sprofonda in secoli de pena.
sora l' tavolasso,
i l'à lassada sola,
qualche giorno,
fin tanto che 'na sera
Miša e Oto
i s'à inciavado nela cela nera
e i gh'è restà per una note intiera.
straco un lamento de butìn che more.
da quela note no l'à più magnà.
L'è là, cuciada in tera, muta, chieta,
nel scuro dela cela
che la speta
de morir.
Sempre più magra la deventa e picola,
sempre più larghi ghe deventa i oci.
TRADUZ. E sempre notte e giorno i due Ucraini Misha e Otto, che sono delle SS. Nel blocco delle celle come Dio comandano gli Ucraini Misha e Otto: il tormento di tutti li seguono, e quando chiamano tutti si fanno avanti, e quando parlano tutti ascoltano, e quando tacciono tutti aspettano, e le donne disorientate li fissano come passeri fanno con la civetta.
Un friulano magro biondo con una bocchetta rossa da bambina aveva tentato di fuggire dal campo ed è finito nella cella nera. Tre giorni ha implorato Misha e Otto, tre giorni ha pianto “non voglio morire” tre giorni ha chiamato la sua mamma. E nella notte prima della Pasqua, si è sentito là dentro un gran trambusto, come di gente che insegue in furia e un urlo soffocato in rantolo.
Ma poi non si sente che un ansimo pesante e rauco e ingordo, come quando alle bestie del serraglio danno carne cruda da mangiare. E’ Pasqua. Di mattina. E lui in terra lungo tirato, duro come il ghiaccio: occhio sbarrato nella faccia nera, nuda la pancia con la carne in basso raggrumata di sangue e consunta.Nella pace di Pasqua tutti tacciono. Immobili. Di pietra. E nella cella nera tace il pianto di Bortolo Pissuti.
Stanotte si è spenta l’”ebreetta” come una candelina di cera consumata. Stanotte Misha e Otto han buttato nella cassa due grandi occhi in sogno e quattro poveri ossicini nascosti dalla pelle rattrapita. E adesso nella cassa piantano chiodi a colpi di martello e di bestemmie (dentro alle celle i cuori tremano e i chiodi vanno a piantarsi nel cervello). E a cavallo della cassa adesso cantano esequie e litanie: “sacro porco giudeo prega per noi, al diavolo porcheria prega per noi…”
Quel giorno che lei è entrata nella cella era morbida e bella, e matura per l’amore, ma nel viso piena di paura, sbatte i due occhi carichi di un dolore che si sprofnda in secoli di pena. L’hanno buttata sopra a un tavolaccio, l’hanno lasciata sola qualche giorno, finché una sera Misha e Otto si sono chiusi nella cella nera e rimasti per una intera notte. E dalla cella esce per ore e ore stanco un lamento di un bimbo che muore. Da quella notte non ha più parlato né più mangiato. E’ la risucchiata in terra, muta e quieta, nell’oscurità della cella a aspettare di morire.
Diventa sempre più magra e piccola, sempre più larghi gli occhi.
Scampoli di storia: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba (1943-1945)
Inseriti organicamente nell’ “Einsatzkommando Reinhardt” operarono criminali di guerra alcuni dei quali non sono mai stati non dico condannati, ma nemmeno inquisiti. Un interessante articolo de “La Nuova Alabarda” ne identifica alcuni. “Dimenticati” o in parte protetti dalle autorità italiane, almeno nove importanti criminali di guerra hanno vissuto o forse ancora vivono in Italia. Un particolare agghiacciante: per rifarsi una vita, spesso protetti solo da una nuova identità , molti hanno scelto proprio le città dove nel 1944 e nel 1945 avevano commesso i loro crimini. Ecco le loro storie. Ecco nove misteri di cui anche l’ Italia dovrebbe rispondere. Raja, l’ imprenditore. Fino al 1963 abitava a Milano in corso Concordia 8. L’ ufficio era in via Bianca Maria 31. Aveva una bella villa a Melide, dintorni di Lugano. La sua coscienza, invece, aveva altri indirizzi: in Cecoslovacchia e in Olanda le deportazioni di migliaia di ebrei (compresa Anna Frank), poi il ghetto di Poznan in Polonia, poi Auschwitz, poi il lager di Nisko in Galizia dove era il comandante, infine la Risiera di San Sabba, dove nel 1944 venne chiamato come “specialista” in massacri. L’ ingegner Erico Raja, austriaco, titolare della società di import export “Enneri”, è stato per vent’ anni un facoltoso imprenditore di Milano, molto introdotto sui mercati dell’ Est. Il suo vero nome era Erich Rajakowitsch. Era stato un capitano delle SS, uno dei più stretti collaboratori di Eichmann. Raja scomparve da Milano il 6 aprile 1963. Poi la solita sequenza: arrestato in Jugoslavia, inspiegabilmente rilasciato. E morto a Graz alcuni anni fa da uomo libero. “Ha continuato a visitare l’ Italia per turismo e per affari. Ne aveva mantenuti molti a Trieste”, dicono due fonti diverse. I quattro della Risiera. Con quei nomi, si facevano passare per emigranti della vicina Jugoslavia. Josip Susanski, Jan Griska, Alexander Mihalic e Misha Komalsky, invece, erano ucraini. Di professione erano calzolaio, bracciante, operaio e impiegato in un salumificio. Ma a Trieste erano arrivati con una specializzazione ben diversa: “laureati” al lager di Treblinka insieme a John Demjanjuk, facevano parte di uno speciale squadrone di “macellai” che le SS del famigerato squadrone “Einsatzkommando Reinhard” nel 1944 trasferirono da Treblinka alla Risiera di San Sabba per sterminare più velocemente quattromila mila tra ebrei, partigiani e handicappati. “Hanno sempre vissuto tranquilli a Trieste, alcuni li ho interrogati come testimoni al processo della Risiera negli anni Settanta”, racconta un magistrato. Tranquilli e per nulla pentiti. Durante le prime udienze, Komalsky venne addirittura sorpreso a tracciare svastiche in città . Conseguenze ? Nessuna. I quattro non vennero nemmeno imputati. “Qualcuno in alto li proteggeva”, dice il magistrato. Poco dopo un paio scomparvero. Destinazione: USA e Australia. Mihalic, invece, è morto a Trieste nel 1985. Anche lui da uomo libero. Ma gli ucraini della Risiera erano decine, qualcuno è forse ancora vivo. Naturalmente a Trieste. Geng, il più spudorato, era arrivato a Trieste nel 1943 con lo stato maggiore delle SS. Per due anni, in Veneto e in Lombardia, Conrad Geng aveva lavorato per il T 4, uno speciale nucleo di SS incaricato dell’ “Operazione eutanasia” (eliminazione di deformati, handicappati e malati).
Ma nella motivazione si sottolinea che i guardiani del lager come Demanjuk, i cosiddetti "trawniki" partecipavano a tutte le fasi all'interno dei campi, «giocando un ruolo decisivo nello sterminio». È probabilmente lo stesso ruolo che Demjanjuk esercitò in Risiera dove del resto è stato anche riconosciuto da un calzolaio che aveva lavorato a San Sabba. Ma questa testimonianza era stata contraddetta da altre, in particolare da quella della fiumana Maria Dudek che aveva detto di aver conosciuto in Risiera Ivan il boia, il cui cognome però era Marchenko. É l'ambiguità sfruttata dai parenti di Demjanjuk per discolpare il congiunto. Il genero Ed Nishnic disse di aver scovato documenti del Kgb sovietico in base ai quali Ivan il Terribile era Marchenko che a Trieste sarebbe alla fine riuscito a saltare dall'altra parte passando con i partigiani di Tito.
Le sue tracce si perdono poco dopo in un bordello di Fiume. Eppure Demjanjuk non solo arrivò a Trieste, ma qui probabilmente rimase fino al 1952 quando decise di dileguarsi andando a fare l'operaio a Cleveland. Con le Ss dell'Einsatzkommando Reinhard si era trasferito da Treblinka a Trieste uno squadrone di "macellai" ucraini. Di essi Josip Susanski, Jan Griska e Misha Komalski vissero poi per anni tranquilli e indisturbati in città. Alexander Mihalic è morto solo qualche anno fa in un appartamento del rione di Rozzol sebbene Simon Wiesenthal in persona lo avesse indicato come uno dei boia della Risiera.
Forse le responsabilità di tutti loro non erano inferiori a quelle di Demjanjuk che già nel 1988 era stato condannato a morte in Israele, ma poi assolto in appello. Nel 2009 però gli Usa hanno concesso l'estradizione per il processo in Germania. Ieri l'ucraino è stato condannato, ma causa l'età avanzata, 91 anni, è stato subito liberato.
http://www.marx21.it/italia/antifascismo/24628-lantifascismo-atlantico-dellimperialismo-lurgenza-di-una-riflessione.html
Riceviamo dal compagno Bertozzi una sua nota pubblicata su facebook che proponiamo come contributo alla discussione
Uno dei segnali della sconfitta subita dalla sinistra e dai comunisti in Italia (e non solo) è rappresentato dalla sorte subita, a livello simbolico, dall’ ”antifascismo”, ormai utilizzato con libera disinvoltura dalla propaganda imperialista come strumento di consenso, in ambito Nato, in grado di creare egemonia anche in un campo pacifista - e in senso più generale nella sinistra europea - attraversato da divisioni e contraddizioni. L’assenza di un serio e vasto movimento di opposizione alle tante aggressioni che si sono dispiegate negli ultimi lustri è indicativo del successo ottenuto in questo senso.
L’ultimo rapporto di “Human Rights First” (1) sul riemergere del fascismo in Europa è l’ennesima operazione orientata allo stravolgimento dell’antifascismo storico al fine di legittimare l’espansione della Nato ad Est e bollare con infamia ogni opposizione e ogni voce coraggiosamente critica.
Ovviamente, nel rapporto, non vengono presi in considerazione i tanti finanziamenti che da occidente arrivano alle forze politiche anti-Putin o alle tante operazioni di “rivoluzione colorata” che hanno visto in campo l'impegno economico di tante agenzie e ong.
Ed ecco che il cerchio si chiude: il fascista del XXI secolo è colui che cerca di comprendere le ragioni della Russia e denuncia il colpo di Stato in Ucraina come ennesima marcia della Nato nei sobborghi di Mosca. Più semplicemente: è “fascista” chi appoggia gli Stati - i “regimi” nel discorso dominante - che resistono al dispositivo militare ed economico dell’unilateralismo imperialista di Usa e alleati (con il seguito di istituzioni finanziare come il FMI).
La lunga pratica storica dell’utilizzo del fascismo - e di regimi che ad esso si ispiravano - da parte dell’imperialismo occidentale è ormai “orwellianamente” cancellata. Ricordare il passato ingresso nel dispositivo Nato della Spagna franchista e del Portogallo salazarista - in funzione del contenimento della “marea rossa” bolscevica - altro non è che bieca propaganda anti-americana. Il sacrificio sull’altare dell’anticomunismo dei tanti antifascisti spagnoli è un ricordo ormai sopito. Nell'Asia dell'immediato secondo dopoguerra, sempre per bloccare l'influenza rossa, l'Occidente “democratico” ricorse ai tanti collaborazionisti del fascismo nipponico, per riorganizzare i nuovi governi: su tutti il caso di Manuel Roxas, subito piazzato alla presidenza delle Filippine.
La riduzione dell’antifascismo a utile strumento della nuova “guerra fredda” deve indurci a riflettere seriamente, per andare finalmente oltre una stanca e autocelebrativa retorica, per non subire una lunga fase terminale di piena e completa subalternità.
Cos’è l’antifascismo se non la denuncia delle guerre di aggressione, dei bombardamenti indiscriminati, della sovversione violenta, dell’utilizzo (vedi Ucraina) dello squadrismo nazistoide per disfarsi di governi scomodi?
Cos’è l’antifascismo se non la contrapposizione più netta all’azione dei “cingolati” del liberismo - sempre pronti a seguire con puntualità le avventure belliche della Nato - a difesa di una compiuta democrazia (progressiva) dei diritti sociali e dell’inclusione? Cos’è l’antifascismo se non la conquista della democrazia nei luoghi di lavoro? Il diritto universale a progettare la propria vita oltre l’angusto orizzonte della sopravvivenza da strumento bipede da lavoro? Ebbene, ora l’antifascismo dominante è l’opposto di tutto questo; è l’orrenda creatura partorita dall’odierno “fascismo”. Moriremo del loro “antifascismo”?
1) Il rapporto è consultabile dal link http://www.humanrightsfirst.org/sites/default/files/HRF-report-We-Are-Not-Nazis-But.pdf
E. Gobetti: La Jugoslavia nella tempesta (1941-1945)
Chi inventò il "mito" della "foiba"?
Cosa accadde veramente nei "40 giorni" di amministrazione jugoslava a Trieste?
Ma soprattutto: di quali violenze si resero responsabili gli irredentisti che volevano riportare Trieste sotto sovranità italiana? E chi li finanziò e protesse?
Ne parleremo sabato 25 ottobre alle ore 17, presso il Knulp di via Madonna del Mare 7,
con Claudia Cernigoi, giornalista e ricercatrice storica, e Marco Barone, ricercatore storico e blogger.
La Carovana Antifascista ha rotto il muro del silenzio imposto dai media occidentali sullo scontro imperialista in atto in Ucraina. Accendendo i riflettori sull'esperienza delle Repubbliche Popolari della Novorossiya, baluardo oggi contro il fascismo e contro le oligarchie in lotta che calpestano quotidianamente la dignità umana, sfruttando i lavoratori e portando la guerra tra le strade. Ha messo in luce la vera natura dell'Unione Europea e dei governi, come quello italiano, che non hanno alcun timore ad ostentare il sostegno alle organizzazioni naziste che oggi guidano il governo europeista ucraino. Ad un secolo dallo scoppio della prima guerra mondiale, che inghiottì milioni di lavoratori in nome degli interessi imperialisti, si stanno determinando nuovamente le stesse dinamiche per effetto di identici interessi.
La guerra è di nuovo in Europa, che i media ce lo raccontino o meno.
Sabato 25 Ottobre - ore 18 - CSOA Spartaco, via Selinunte 57 (metro A, Numidio Quadrato).
Seguirà cena sociale
Il Manifesto in rete Marx XXI
Presentano nell’ambito della rassegna “un libro un menù”
venerdì 31 ottobre 2014 ore 20.30
sala del Quartiere Porto
Via dello Scalo 21 Bologna
Anschluss
L’annessione
L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa
di Vladimiro Giacchè
ne discutono con l’autore
Susanna Kuby germanista (ex univ. di Udine e Venezia)
Giorgio Gattei docente universitario Bologna
Modera
Lorenzo Battisti economista
Al termine gustoso spuntino con birra (contributo 10 euro)
“mangiamoci la Germania”
Per informazioni
Tel Sergio 349 0886312 Mauro 347 4900039
La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo
- Scritto da FalceMartello
- Pubblicato: 22 Ottobre 2014
La guerra civile in Ucraina rappresenta un punto di svolta della situazione politica mondiale.
Il rovesciamento di Yanokovick, l'insediamento a Kiev di un nuovo governo, la coalizione tra l'oligarchia e i partiti neonazisti (descritti come combattenti per la democrazia e la libertà), la rivolta delle regioni orientali e l'intervento dell'esercito ucraino sono solo gli episodi principali dello scontro in atto. La resistenza al governo di Kiev, che ha un carattere composito, ha visto manifestarsi un sentimento antifascista e di classe.
Nonostante la tregua di questi giorni la situazione non è per niente pacificata. Ma quale potrà essere l'esito di questo scontro? Quali saranno le conseguenze di questo conflitto nei rapporti internazionali?
Vogliamo chiarire la reale natura del conflitto e delle forze in campo e facciamo appello a una chiara presa di posizione del movimento operaio in Italia e a livello internazionale, che abbia come assi centrali l'antiimperialismo e l'indipendenza di classe.
Ne discutiamo con Sergei Kirichuk a
Roma
Mercoledì 5 novembre, ore 17
Napoli
Giovedì 6 novembre, ore 16,30
Firenze
Venerdì 7 novembre
Reggio Emilia
Sabato 8 novembre
Pavia
Domenica 9 novembre
Varese
Domenica 9 novembre, ore 21
Crema
Lunedì 10 novembre
Rovato (Bs)
Lunedì 10 novembre
C.S 28 maggio
Bologna
Martedì 11 novembre, ore 17
Facoltà di Scienze politiche
Modena
Martedì 11 novembre, ore 21
Sala G. Ulivi, Via Ciro Menotti 137