Informazione

(italiano / srpskohrvatski)

SKOJ i NKPJ: Izjave o različitim temama

1) Bruxelles, Incontro Comunista Europeo 2014: Contributo del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ)
2) POKRAJINSKA KONFERENCIJA NKPJ ZA VOJVODINU
3) СЕКРЕТАР СКОЈ-а: Фашисти и либерал-демократе су две стране истог новчића
4) NKPJ: ХОЏАЈ НЕМА ШТА ДА ТРАЖИ У БЕОГРАДУ
5) NKPJ: ТРИЛАТЕРАЛА, ОРГАН ЕКСПЛОАТАТОРА РАДНОГ НАРОДА
6) SKOJ: PODRŠKA STUDENTIMA U BORBI PROTIV FAŠISTA


VIDEO:
SKOJ - JEDINI IZLAZ
http://www.youtube.com/watch?v=aJIAp9-8Gx4
NIKAD U EU (22/gen/2014)
GOVOR NA MEĐUNARODNOJ KONFERENCIJI POVODOM 15. GODIŠNJICE NATO AGRESIJE NA SRJ


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http://www.resistenze.org/sito/te/pe/mc/pemcel16-015159.htm
www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 16-10-14 - n. 516

ECM 2014 - Incontro Comunista Europeo 2014

"L'Europa a 100 anni dalla Prima guerra mondiale: crisi, fascismo, guerra. La lotta dei partiti comunisti e operai per l'Europa del socialismo, della pace, della giustizia sociale"

Contributo del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ)

NPC di Jugoslavia | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Bruxelles, 2 Ottobre 2014

Cari compagni,

Vi saluto calorosamente a nome del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia, ed esprimo gratitudine al Partito Comunista di Grecia per l'organizzazione del Meeting Europeo dei Partiti comunisti e operai.

Esattamente cento anni fa, durante gli ultimi giorni di giugno del 1914, l'Impero austro-ungarico attaccò la Serbia, e ciò condusse allo scoppio della prima guerra mondiale, al momento la guerra più terribile che sia stata mai combattuta sul nostro pianeta. Il conflitto durò quattro lunghi anni, durante i quali la Serbia visse momenti di altissima gloria ma nello stesso tempo sperimentò la più grande sofferenza possibile.

Nel 100° anniversario della prima guerra mondiale è impossibile non ricordare, con profondo rispetto, Dimitirje Ticovic, sotto la cui guida il partito socialdemocratico serbo si manifestò come uno dei partiti dei lavoratori più progressisti e rivoluzionari di quel tempo in Europa. Tucovic ha dedicato la sua intera vita alla lotta per i diritti dei lavoratori, per la giustizia sociale e per i  diritti umani e civili. Con Lenin, Tucovic è stato uno dei rari marxisti, rigorosi e fermi nelle loro convinzioni, che si sono scagliati ed hanno combattuto contro l'opportunismo dei membri della Seconda Internazionale. La sua convinzione, che "i conflitti, i venti di guerra e le guerre non sono causati dall'ostilità e dall'odio tra i popoli, ma dai tentativi della classe capitalista di assoggettare e sfruttare altri popoli e nazioni", è ancora oggi innegabilmente vero.

Da quando, nel 1848, il capitalismo diventò egemone, le guerre sono state una malattia cronica del genere umano, una condizione permanente reiterata e costante. Oggi le guerre sono diventate la regola, e la pace un'eccezione. Invero, sappiamo che oggi non c'è pace ma solo la temporanea sospensione della guerra. Le guerre sono dettate dai primari interessi del capitalismo, ha scritto Dimitirje Tucovic alla vigilia della prima guerra mondiale.

Nel corso degli ultimi 25 anni il territorio della Jugoslavia è stato il banco di prova per le tattiche e le strategie degli USA e della NATO.

Gli Stati Uniti hanno causato l'84% di tutte le guerre e le crisi internazionali avvenute dopo la Seconda Guerra Mondiale, in qualità di promotori e partecipanti nelle aggressioni che hanno apportato alle lobby affaristiche militari ed industriali americane profitti su scala che va dal 50% al 500%.

L'economia americana è quasi totalmente dipendente e interconnessa col militarismo americano. Il bilancio militare degli Stati Uniti è superiore a quello di tutti i paesi del mondo messi insieme. L'esistenza in vita della maggior parte delle compagnie statunitensi è in gran parte dipendente dalle commesse dell'apparato militare degli Stati Uniti. Il budget militare di 250 miliardi di dollari è l'unica parte del bilancio americano, che non è mai stata tagliata.

Se il capitalismo è la madre della crisi economica, il fascismo ne è la figlia. Il fascismo è lento a espandersi e si nutre di pregiudizi e stereotipi finché, quando è troppo tardi, finiamo per perdere i nostri diritti democratici e ci troviamo affogati in una dittatura. Da quel momento in poi affrancarsi richiederà una sanguinosa lotta di liberazione. Questa è la grande lezione del tragico XX secolo. Ecco perché dobbiamo resistere e fermamente condannare il fascismo e denunciare anche i suoi segnali più deboli non appena appaiono. Non basta essere consapevoli del rischio che il fascismo pone in campo: dobbiamo costruire continuamente alleanze antifasciste, anche quando il pericolo sembra essere lontano. L'ascesa del neofascismo in Grecia, Ungheria, e nell'Ucraina è un promemoria permanente di tale fenomeno.

Fino a che milioni di esseri umani rimarranno disoccupati o lavoreranno per salari decurtati, sebbene debbano sopportare il peso delle politiche di riduzione della spesa, le classi superiori non hanno motivo di essere preoccupate. La ricerca ha inoltre dimostrato, che esse sono consapevoli che l'attuale situazione andrà avanti per molto tempo. Dall'inizio della crisi nel 2009, i miliardari hanno raddoppiato la loro ricchezza. La ricchezza totale di quella manciata di super-ricchi supera il patrimonio di qualsiasi paese del mondo, con l'eccezione degli Stati Uniti e della Cina. L'elite della classe superiore vantava un patrimonio di 3,1 miliardi di dollari nel 2009 ma oggi tale importo è cresciuto sino alla cifra di 6,6 miliardi. La maggior parte della ricchezza è concentrata nel settore bancario (17%) che viene "salvato" attraverso l'intervento degli USA e dell'Europa mentre la ricchezza concentrata nella produzione ammonta solo all'8%. Nel momento in cui questi dati vengono separati, diventa chiaro a tutti che la ricchezza dei lavoratori è stata assorbita e trasferita alle banche. I media e gli "economisti" hanno assistito e favorito questa razzia convincendo il popolo della necessità di questo pernicioso percorso, affinché si affermasse silenziosamente sulle sue vittime.

Il movimento comunista è attualmente di fronte a un bivio. Il movimento comunista mondiale è stato per quasi tre decenni in profonda crisi ideologica, organizzativa ed economica. Ci troviamo di fronte alla situazione in cui molti partiti comunisti avevano attraversato ed adottato la linea del revisionismo e del conformismo. Hanno cessato di praticare la lotta di classe ed hanno accettato il cosiddetto dialogo sociale con la classe dirigente. I cortei e gli scioperi dei lavoratori sono stati sostituiti con confortevoli sedie ed armadi di rappresentanza. Tuttavia, "Quali che siano le difficoltà della rivoluzione e le sue eventuali sconfitte temporanee, quali che siano le ondate della controrivoluzione, la vittoria del proletariato è immancabile" (Lenin)

Lenin scrisse che sarà la lotta di classe, e non i bei desideri, che determineranno la forma della nuova Russia.  In questo spirito il nostro obiettivo dovrebbe essere la lotta, la lotta e solo la lotta, fino alla vittoria finale. Non c'è vittoria senza lotta. Nonostante gli ostacoli immensi, dobbiamo credere nel potere dell'unità della classe dei lavoratori e rimaniamo fedeli alla lotta per la lotta, per un mondo nuovo e libero - il mondo del socialismo. La nuova Europa socialista dei popoli sostituirà la vecchia Europa della borghesia. Questa è la lotta della libertà contro la schiavitù, la lotta del patrimonio sociale contro i vecchi privilegi, la vittoria delle nuove idee sul vecchio ordine.

Stiamo entrando oggi nell'ultima fase del capitalismo / imperialismo ed è nostra responsabilità quella di trasformare la lotta tra la borghesia e il proletariato nella vittoria del proletariato, e - così facendo - salvare l'umanità.

Dopo la sanguinosa esperienza che il genere umano ha avuto con il capitalismo nel XX secolo, è ovvio che la responsabilità per il destino dell'umanità non può essere consegnata a questo distruttivo sistema. Su questa base, diviene obbligatorio per il movimento comunista affrontare criticamente i suoi decenni di storia, con tutto il carico dei propri errori, sconfitte e successi duraturi, al fine di aprire, sulla base della propria esperienza, liberi dal fardello del dogmatismo, dell'opportunismo e del revisionismo, la nuova pagina di lotta per la liberazione dell'uomo, al fine di essere la guida e dimostrare a tutti che la costruzione del socialismo è possibile e realizzabile.

Con la speranza che questi incontri continueranno a contribuire a rafforzare il principio rivoluzionario marxista-leninista della nostra azione comune, nonché le attività dei partiti politici individualmente, sia grandi che piccoli, sia quelli che sono al potere sia quelli che lavorano nell'oscurità, continuiamo la lotta per la giustizia sociale mondiale e progrediamo in direzione di un mondo socialista e comunista.

Cari compagni, vi auguriamo il successo di questo meeting e delle nostre altre azioni future, fino alla vittoria finale!


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http://www.nkpj.org.rs/clanci-la/clanak_id=137.php


POKRAJINSKA KONFERENCIJA NKPJ ZA VOJVODINU: ZA PARTIJU REVOLUCIONARNE AKCIJE, ZA VLAST RADNIČKE KLASE

U Novom Sadu je održana Pokrajinska konferencija Nove komunističke partije Jugoslavije (NKPJ) za Vojvodinu.


Konferenciju je pozdravnim govorom otvorio generalni sekretar NKPJ, drug Batrić Mijović, koji je poželeo uspešan rad Pokrajinske konfenecije i izrazio zadovoljstvo što se na delu u praksi ostvaruju ciljevi i zadaci koji su postavljeni na generalnoj konferenciji NKPJ "Nastavljamo liniju – jačamo partiju", ukazavši da stalno kadrovski jačanje i podmlađivanje Partije mora biti jedan od osnovnih prioriteta daljeg rada Partije. Drug Batrić Mijović izrazio je posebno zadovoljstvo što upravo članovi NKPJ i SKOJ-a sa teritorije Vojvodine daju značajan doprinos u konkretnim akcijama i ostvarenju Programskih ciljeva NKPJ na teritoriji cele Srbije. U izveštaju koji je o radu Pokrajinskog komiteta NKPJ za Vojvodinu pročitan naglašeno je da je u proteklom periodu Pokrajinski komitet NKPJ za Vojvodinu prevladao krizu rukovođenja i delovanja koja je nastala u periodu između dve pokrajinske konferencije čime su stvorene zdrave osnove i polazne pretpostavke za prevazilaženje svih organizacionih nedostataka koji su do sada negativno uticali na normalan rad i funkcionisanje NKPJ na teritoriji Vojvodine i grada Novog Sada. 

Pred Pokrajinski komitet NKPJ za Vojvodinu postavljen je važan zadatak: organizaciono i kadrovsko jačanje partije, mobilizacija članstva i simpatizera . U tom smeru osnovan je posebni petočlani organizacioni komitet koji je na sebe preuzeo obaveze ostvarenja svih zadataka koji su stavljeni pred Pokrajinski komitet NKPJ za Vojvodinu. 

Organizacioni komitet, kao izvršno i operativno telo, do izbora svih pokrajinskih partijskih organa koordiniraće rad partijskih organizacija na teritoriji Vojvodine. Osnovni cilj je da se sve partijske organizacije, svaki pojedini član i simpatizer povežu i ostvare funkcionalne unutar-partijske veze koje će doprineti boljoj informisanosti o radu Partije i SKOJ-a, omogućiti bolja informisanost organa Partije o neposrednim, svakodnevnim, lokanim, problemima i mogućnostima za njihovo rešenje.

Organizacioni komitet je pred sebe stavio konkretne zadatke, kao i konkretne vremenske okvire za njihovo ostvarenje usmeravajući svoje snage u pravcu njihovog punog ostvarenja. 

U završnom dokumentu Pokrajinske konferencije NKPJ za Vojvodinu naglašeno je da je komunistički pokret u svojoj suštini duboko humani društveni pokret preobražaja klasnog društva usmeren ka ukidanju vlasti čoveka nad čovekom, razrešavanju društvene protivurečnosti, stvaranju mogućnost za razvoj proizvodnih snaga društva, omogućavanju svestranog razvoja ličnosti, oslobođanju čoveka individualnog i klasnog egoizma i eksploatacije, stvaranju novog sistema vrednosti, i kao takav predstavlja most prelaska u humanije društvo, udara temelje novom društvu, evolutivno, skokovito i uvek progresivno. Kao takva ideja socijalizma je istorijski aktivna , usmerena ka stvaranju novog sveta i ka oslobođenju radničke klase. Sledeći ideje socijalne pravde naš osnovni zadatak je stvaranje širokog antikapitalističkog fronta za ostvarenje socijalističke perspektive, kraju svakog surovog fnansijskog ataka na čoveka i njegovoj ekploataciji. 

Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije

Novi Sad,

11. oktobar 2014. godine


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http://srbin.info/2014/11/01/sekretar-skoj-a-za-srbin-info-fasisti-i-liberal-demokrate-su-dve-strane-istog-novcica-video/

СЕКРЕТАР СКОЈ-а ЗА СРБИН.ИНФО: 
Фашисти и либерал-демократе су две стране истог новчића


Да ли левичар-марксиста значи бити против Србије и српских националних интереса? Живимо ли у времену када су „модерној“ левици важнија геј права од радника и породице?

О овим питањима, али и стању у Украјини, НАТО окупацији Балкана и положају студената у Србији, наша редакција је разговарала са Првим секретаром Савеза комунистичке омладине Југославије (СКОЈ) Александром Ђенићем.

 Шта нам можете рећи о Вашој организацији – када је настала и са којим циљем?

Данашњи СКОЈ је реоснован 1992. у Београду као марксистичко-лењинистичка омладина Нове комунистичке партије Југославије (НКПЈ). Он је настао инспирисан револуционарним традицијама предратног СКОЈ-а, који је на својим плећима изнео антифашистичку борбу и социјалистичку револуцију, основаног 1919. године у Загребу, а који је укинут након резолуције Информбироа 1948. године.

СКОЈ је реоснован у ситуацији када је наша социјалистичка домовина Југославија била разбијана од стране западног империјализма, у времену велике антикомунистичке хистерије, управо са циљем да око себе окупи младе људе који ће бити кадри да бране тековине социјализма и одупру се империјалистичкој агресији и пљачки којима је наша земља била изложена, а нажалост им је изложена и данас. Недавно смо одржали Трећи конгрес (крајем 2013.) под паролом „Борбено – доследно – с оптимизмом“, на ком смо донели нови програм, у складу са садашњим историјским околностима. Изабрали смо ново руководство, и зацртали нове циљеве. СКОЈ се у својој свакодневној борби залаже за изградњу социјалистичке алтернативе и комунистичке перспективе.

Ми сматрамо да сва средства за производњу морају бити у рукама друштва, а не појединаца. Залажемо се за национализацију предузећа. Против смо приватизације, уласка Србије у НАТО и ЕУ, ревизије историје из Другог светског рата, примене Болоњске декларације у образовању.

2. У имену СКОЈ-а налази се одредница Југославија. Да ли то значи да се Ваш покрет залаже за обнову Југославије? И какав је став Вашег покрета у вези националног питања јужнословенских народа?

СКОЈ је реоснован 1992. године док је Југославија још постојала, управо као реакција једног дела омладине на империјалистичко разбијање исте. Ми се залажемо за обнову Југославије, али не из носталгичарских осећања, већ из разлога што сматрамо да је она најбоље решење за све јужнословенске народе. Свакако, свесни смо да је грешака било, како у самој изградњи социјализма, тако и у функционисању Југославије, јер да их није било, не бисмо данас живели у сателитима насталим из ње, али то не искључује чињеницу, да је она била најбоље решење, за све њене народе. Садашње државе које су настале из ње нам то најбоље показују, јер су све марионете Брисела и Вашинготона.

Југославија се показала у пракси уз све своје мане као најбоље решење за све националности које живе на том простору, а од њеног растурања корист је једино имао западни империјализам, док су сви народи који су живели у њој губитници. Ми смо свесни историјских околности у којима живимо, односно да Југославије нема, али је нема не зато што је то била воља њених народа, већ воља западног империјализма, који ју је разбио у крвавом братоубилачком рату, уз помоћ својих пијуна и домаће пете колоне. Југославије више нема, али процес њеног разбијања још увек траје. Западни империјализам тај процес наставља једностраним проглашењем Косова и Метохије. Када бисмо се ми, као комунисти, одрекли Југославије, то би значило да бисмо признали њено разбијање као легитимно.

Наравно, важно је напоменути да се ми залажемо за обнову социјалистичке Југославије, јер увек постоји могућност да у будућности крупни капитал обнови капталистичку Југославију, али у таквој држави национални и економски проблеми не би били решени. Што се тиче јужнословенских народа, то се може проширити на читав Балкан. Наш став по том питању је јасан: „НАТО напоље са Балкана – Балакан припада балканским народима.“

3. Како коментаришете чињеницу да се данашња званична левица више залаже за геј права уместо за права радника? Да ли је апсурдно да се партије левице у Србији залажу за империјалне интересе Запада и њених мега корпорација?

У капитализму влада диктатура мањине над огромном већином. Огромна већина људи било које сексуалне оријентације је у капитализму експолатисана. Многе такозване леве партије и организације су финансиране од крупног капитала како би акценат са горућих економских проблема скренуле и ту борбу усмериле на мање битне или потпуно небитне проблеме. То није ништа ново. То су старе методе о којима је још Маркс говорио – да буржоазија оснива разне еколошке покрете, покрете за права животиња и многе друге, како би пажњу скренула са класне борбе. Ми сматрамо да су партије које се залажу за империјалне интересе Запада и њихових мултинационалних корпорација – партије крупног капитала и оне никако не могу бити леве, већ партије екстремне деснице. Ако нека партија за себе говори да је лева, има левичарско име, и иконографију, то не значи да она у пракси није десна.

4. Ко су данас највећи противници марксистичке левице? Да ли су фашистичко-екстремистички покрети или либерално – демократске снаге које се заправо залажу за очување и јачање капитализма и капиталистичких односа у савременом друштву?

Највећи противници комуниста су сви они који се залажу за одбрану крупног капитала. Сам фашизам као најекстремнији облик капитализма и одбране крупног капитала је управо највећи свој зенит достигао у историјским околностима које су сличне данашњим, а то је криза капитализма. Управо зато није чудо што фашистичке групације данас доживљавају своју ренесансу, као последњи бедем буржоазије против народа. Најочигледнији нам је пример данас у Украјини, али опасност од фашизма буја у читавој Европи.

Што се тиче либерално-демократских снага, оне су либералне у економском смислу, а њихова политика ширења слободног тржишта од колонијалних освајања, па до данашње агресивне политике према слободољубивим народима се није променила. Та политика је освајачка. То је сасвим природно са становишта капитализма који је у својој бити пљачкашки и присваја туђи рад. Демократија на коју се позивају либерали је само једна шарена лажа, јер у таквој демократији може да учествује само онај ко има паре. То нам најбоље показује наш изборни систем, који поред чињенице да је противуставан, учествовање на изборима омогућује само онима који имају паре, јер поред сакупљања 10 000 оверених потписа поређаних по азбучном реду, морате да платите таке у вредности од 50 000 евра.

За разлику од оне буржоазије која је била прогресивна у рушењу феудализма, данашња буржоазија представља конзервативне снаге, јер се она бори против прогресивних снага, које могу укинути експолатацију. Стога, данашње либерално-демократске снаге не либе се да да уђу у коалицију са отворено фашистичким снагама, као што данас видимо на примеру Украјине. Са сигурношћу можемо рећи да су данас фашисти и либералне-демократе две стране истог новчића, финансиране од стране крупнога капитала, тако да подједнако представљају претњу по комунисте.

5. Да ли се слажете са мишљењем многих домаћих интелектуалца да је Србија окупирана земља; и ако јесте ко су њени окупатори? Ваш став по питању Косова и Метохије?

Србија данас јесте окупирана земља. Она је окупирана од стране западног империјализма. На њеној територији се налази највећа НАТО база Бонстил, док на Косову и Метохији постоји протекторат са постављеним марионетским режимом у Приштини, који ради све по диктату Брисела и Вашинготона. Други проблем је тај што је Србија потписала неометано кретање НАТО снага по њеној територији, а да оне не сносе никакву одговорност, што свакако доводи у питање суверенитет наше земље. Србија води континуирану вазалску политику према Бриселу и Вашинготону од 2000. година, на даље.

Наш став по питању Косова и Метохије је јасан. Он је у складу са међународном комунистичким покретом. Косово и Метохију сматрамо саставним делом Србије, у ком треба да постоје једнака права, како за Србе и Албанце, тако и за све друге народе који живе у Јужној српској покрајини. Мишљења смо да је проблем на Косову и Метохији немогуће решити док је оно под НАТО окупацијом. Важно је напоменути чињеницу да на Косову и Метохији не постоји никаква жеља албанског народа за самоопредељење, већ иза такве политике постоји тежња западног империјализма да заокружи процес разбијања Југославије одвајањем Косова и Метохије од Србије.

Такође, албанск народ има своју националну државу Албанију, а прављењем још једне би се изазвао сукоб, не само на Балкану, већ широм света. Од тога радни народ не би имао никакве користи, већ само крупни капитал. Сви народи Балкана треба да се уједине у заједничку борбу против НАТО окупатора, јер Балкан треба да припада балканским народима.

6. У 21. веку класне разлике су сваким даном све веће. Какав је одговор СКОЈ-а на те околности; и да ли је могуће, да у 21. веку, свет опет доживи социјалистичке револуције?

Ми сматрамо да ће 21. век бит век социјализма. Решавање социјалне правде, националног питања, економске независности и слободе је немогуће остварити у капитализму. Капитализам је систем који се заснива на експолатацији мањине над огромном већином. То је систем који задовољава потребе малог броја људи. Ми данас живимо у свету капитализма који је достигао свој највиши стадијум – империјализам, у ком владају монополи империјалистичких земаља који бране интересе мулитинациоланих компанија. Сам капитализам се заснива на бројним противречностима, а једна од њих ствара цикличне кризе. У таквој кризи ми данас живимо. Капитализам је систем који не може да реши основне егзистенцијалне потребе огромној већини становништва.

Искуство социјалистичких земаља, како оних у којима је социјализам привремено сломљен, тако и оних које данас граде социјализам, нам показује да он може, уз све своје мане, да обезбеди основне потребе човеку. Социјализам је само за неколико деценија решио проблеме незапослености, неписмености, здравствене заштите, културног просперитета, што капитализам није могао вековима да реши. Довољан показатељ да је социјализам ефикаснији од капитализма је и тај да и поред технолошког напретка све земље у источној Европи у којима је социјализам привремено сломљен производе 30 посто онога што су производиле 1989. године. Србија ће овим темпом економског раста своју производњу из 1989. године, стићи за 100 година.

Ми, као марксисти-лењинисти, прилазимо са научне стране развоју људског друштва. Стога сматрамо да су социјализам и комунизам неминовне етапе у његовом развоју. Такође сматрамо да истинске социјалне правде нема без социјализма, а социјализма без револуционарне теорије марксизма-лењинизма. Можда је социјализам имао и има сто мана, али он има милион врлина, док капитализам има милион мана, а ниједну врлину. Социјализам ће у 21. веку тријумфовати, јер за то постоји потреба огромне већине људи.

7. Да ли је СКОЈ глобалистички или антиглобалистички покрет; и каква је ваша сарадња са левичарским марксистичким снагама ван Србије?

СКОЈ наступа са позиција пролетерског инетернационализма, залаже се за интегрално социјалистичко и комунистичко друштво, сматра сваку победу комунистичких и прогресивних снага као своју победу из разлога што те победе слабе капитализам, тако да са те стране јесмо глобалистички покрет. Но, ми смо против глобализма који намећу мулитинационалне корпорације, глобализма који жели да пороби мале и прогресивне народе, глобализма који намеће тржишне принципе у економији, глобализма у ком се за све питају лихварске институције као што су ММФ и Светска банка, глобализма у ком је капитализам доминантан економски систем. Стога, ми можемо рећи да припадамо антиглобалистичком покрету, али припадамо и глобалном покрету који је алтернатива садашњем глобализму.

НКПЈ је чланица Међународног комунистичког покрета чији велики број чланица представља значајан фактор у својим земљама,. Неке од њих су на власти на пример у Куби и Вијетнама, неке су снажне као у Индији, Грчкој, а неке су у коалицијама као у Венецуели и Сирији. СКОЈ је чланица Светске федерације демократске омладине, која окупља све комунистичке омладине из читавог света, као и друге прогресивне и студентске организације.

8. У Русији и Латинској Америци појавили су се покрети на десници који се залажу за друштва у којима ће владати социјална правда и класна солидарност, у којима би била државна и јавна имовина доминатна, који се противе америчкој хегемонији у свету и залажу се за мултиполаран свет. С друге стране то су религиозни покрети, са изразито националном свешћу. Да ли мислите да је могућа сарадња левих марксистичких покрета са таквим групама на десници када је у питању класна борба и борба против англосаксонског империјализма?

Наша организација је увек отворена за сарадњу са свим патриотским, антифашистичким, антиимперијалистичким, студентским, синдикалним и свим другим организацијама са којима се може наћи заједнички именитељ по неком питању. Комунисти су како данас, тако и у прошлости, сарађивали и правили коалиције са оним снагама које су у датом тренутку прогресивне. Тако су за време Другог светског рата правили антихитлеровску коалицију, са националослободилачким покретима се заједно борили у Африци и Азији против колонијализма, док данас сарађују са антиимперијалистичким покретима у Украјини и Сирији против империјализма. То показује да ми нисмо догматска организација и да наша идеологија разуме одређене историјске околности, односно да из тактичких разлога можемо сарађивати и са организацијама другачијег политичког опредељења, ако су у датом тренутку прогресивне. Једино не можемо имати никакву сарадњу са фашистичким организацијама.

Што се тиче класне солидарности, она не може постојати јер ће капиталисти увек желети да буду још богатији, на рачун огромне већине људи. Комунисти могу да сарађују са свима који су у одређеном тренутку прогресивни и одупиру се империјализму, а свакако је да је антиимперијалистичка борба саставни део класне борбе.

9. Какав је Ваш став по питању Украјине. Ко је у Украјини агресор?

Данас у Украјини влада војно-фашистичка хунта, која је дошла на власт у класичном пучу уз помоћ Брисела и Вашинготона. Управо први на удару у Украјини су били комунисти који су убијани, а био је и покушај атентата на Генералног секретара Комунистичке Партије Украјине, друга Петра Симоненка. Након тога покренут је посуптак о забрани КПУ, а све је кулминирало бруталном крађом на изборима. Огроман број становника Доњецка и Луганска, који су традиционална упоришта комуниста, био је спречен да на њих изађе. Агресор у Украјини је западни империјализам, који уз помоћ војно-фашистичке хунте у Кијеву жели да уништи све демократске, прогресивне, антифашистичке и антиимперијалистичке снаге. НКПЈ и СКОЈ ће се и даље солдарисати и организовати низ активности подршке са КПУ, народом Украјине и Доњецком и Лугнаском републиком.

10. Какав је Ваш став у вези Болоњског система и шта мислите о актуелном студентском протесту и захтевима студената.

СКОЈ се у свом програму залаже за укидање Болоњске декларације, као и за бесплатно и свима доступно образовање. Циљ Болоњске декларације је да знање претвара у робу, што значи да суштина образовања није знање, већ стицање дипломе, која се купује као свака друга роба. Самим тим се дискримишу особе које потичу из сиромашних породица, које не могу да плате скупе школарине, циљ Владе је да из године у годину доноси измене закона који има за циљ да у потпуности усклади високо школство са Болоњском декларацијом. У прилог ставу да Болоња треба да се одбаци говори чињеница да ниједан озбиљан Универзитет, као што су Ломоносов, сам Болоњски, Кембриџ и Оксфорд, као и други, нису прихватили ову декларацију. Такође, издвајамо светли пример Белорусије, једине земље у Европи чији ниједан Универзитет није прихватио ову декларацију. На иницијативу активиста СКОЈ-а 2010. године, основан је Студентски фронт, са циљем да окупи све прогресивне студенте у борби против Болоњске декларације и у борби за бесплатно образовање. Од 2011.

Студентски фронт је препознат као лидер студентских протеста и управо захваљујући овој организацији спречена је даља комерцијализација образовања. Ове године проимперијалистичка буржоаска власт, предвођена СНС-ом, је у сред септембарског испитног рока, само неколико дана пред упис у нову школску годину, донела измене Закона о високом образовању, које су антистудентске. Студентски фронт је одмах позвао све студентске организације на јединство у борби за материјалне интересе студената и заказао велики студентски збор за 1. октобар.

Након великог студентског збора, организована је протестна шетња, а велике студентске демонстрације су заказане за 15. октобар. СКОНУС, организација која је блиска власти, био је приморан да изађе на протесте, али су покушали да направе забуну међу студентима, заказавши протест за 7. октобар. Студентски фронт, у циљу студентског јединства, позвао је своје активисте и заједно са СКОНУС-ом изашао на протест 7. октобра. Након половично прихваћених захтева од стране Владе, СКОНУС је одустао од даљих протестних активности, али Студентски фронт и Савез Студената Беогада су наставили припреме за 15. октобар. 15. октобра су студенти показали своје јединство, организовавши највећи протест у последњих 10 година, где је неколико хиљада студената изашло на улице. Важно је напоменути да су ове године били блокирани Филозофски факултет и Факултет Политичких Наука.

Још 15. октобра Студентски фронт је подржан од стране репрезентативног синдиката Конфедерације слободних синдиката Србије, док је председник удружених синдиката Србије Слога, лично присуствовао протесту и обратио се студентима. Министар Вербић није желео да прими студентске представнике, тако да су Студентски Фронт и Савез Студената Београда дали рок Министарству да одговоре да до 21. октобра. Тада су студенти дошли по своје захтеве, а Влада је под притиском следећег дана морала да их усвоји. Значај студентских протеста 2014. је у томе што је показано студентско јединство. Студентски фронт је постао најзначајнији фактор, јер је политика Студентског фронта, добила широку подршку међу студентима. Студентски фронт ће кренути у кампању за доношење новог Закона о високом образовању, који ће подразумевати укидање Болоњске декларације. Студентски фронт је овогодишње протесте оценио као малу победу, а велики корак у борби за материјална права студената.



Објављено:  1. новембар 2014. 



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2 novembre 1975-2014

"Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso... Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come."

Pierpaolo Pasolini
(5 marzo 1922 – 2 novembre 1975)

Fonte: pagina FB dell'A.N.P.I.



(francais / english / italiano)

Impressioni e testimonianze dal Donbass

1) LINKS
2) In Ukraine and Donbass, class contradictions come to the fore (By Greg Butterfield / WW, on October 14, 2014)
3) I precedenti storici dell'indipendenza del Donbass (Cultura Bolchevique, 24/09/2014)
4) Le parole della Carovana: intervista ad un compagno di ritorno dal Donbass (21 ottobre 2014)
5) Io, la Banda Bassotti e un viaggio ai confini dell’Ucraina (di Maurizio Vezzosi, 31 ottobre 2014)



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Intervista con Ramiro Gomez, antifascista al rientro da Lugansk (30/9/2014)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=KwTMQY5dr5w

Gli effetti della guerra a Pervomaisk, Ucraina orientale. Video di Eliseo Bertolasi
Dal cuore di una città ridotta in macerie la testimonianza di un'abitante di Pervomaisk, dove le scuole, gli asili, le case dei civili sono stati bombardati. Grazie a questa videotestimonianza inviataci da Eliseo Bertolasi possiamo dare uno sguardo agli effetti devastanti della guerra in Ucraina orientale, realtà che oggi non tutti conoscono…

Donbass: le armi fai da te dei miliziani (VIDEO di Eliseo Bertolasi, 9/10/2014)

Reportage dal Donbass (di Eliseo Bertolasi, 11 ottobre 2014)

Donbass: distruzione e sofferenza. 
Eliseo Bertolasi ha realizzato una preziosa testimonianza video dalle città bombardate nelle regioni di Donetsk e Lugansk…
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=cEV6IZjlbfQ

Testimonianza oculare dal Donbass. Parte 1 (intervista a Eliseo Bertolasi di Tatiana Santi, 18/10/2014)
http://italian.ruvr.ru/2014_10_18/Testimonianza-oculare-dal-Donbass-Parte-1-0304/

Testimonianza oculare dal Donbass. Parte 2 (intervista a Eliseo Bertolasi di Tatiana Santi, 22/10/2014)
http://italian.ruvr.ru/2014_10_22/Testimonianza-oculare-dal-Donbass-Parte-2-5962/

Sangue e lacrime dell'Ucraina - Blood and tears of Ukraine - Italiano (Fronte Sud - 1/nov/2014)
"Blood and tears of Ukraine - Sangue e lacrime dell'Ucraina" - è un video documentario realizzato da un team di Cassad-TV sul genocidio della popolazione Russofona del Donbass e sui crimini delle autorità di Kiev contro il loro stesso popolo. Il film si basa su fatti reali e sulla testimonianza dei partecipanti diretti - i civili e l'esercito ucraino che li sta combattendo. I creatori del film hanno mostrato l'ordine cronologico degli eventi che precedono l'ascesa al potere del governo fantoccio Ucraino dopo il colpo di stato ed i crimini che le truppe ucraine stanno commettendo nel corso della grande operazione punitiva nel sud-est del paese, dove i residenti si sono ribellati alle autorità golpiste di Kiev. Nell'operazione punitiva, su ordine delle autorità di Kiev, l'artiglieria pesante e gli aerei da guerra sono usati contro la popolazione civile della regione. I civili, tra cui donne e bambini, vengono massacrati. L'obiettivo principale perseguito dal governo ucraino di oggi è quello di distruggere il popolo del Donbass, applicando la tattica della "terra bruciata" contro il sud-est.
Questo non può essere giustificato, né perdonato e né dimenticato.

Un camionista slavo lascia tutto per combattere il fascismo in Donbass
24/set/2014 - Un camionista slavo lascia tutto per combattere il fascismo in Donbass, messaggio-testimonianza dal volontario Rihard Branizkij

SUCCEDE A DONETSK: LE MUSE ZITTISCONO I CANNONI (di Nina Bouklan, 6 ottobre 2014)
http://voltideldonbass.wordpress.com/2014/10/06/succede-a-donetsk-le-muse-zittiscono-i-cannoni/
Ultima intervista al Direttore d'orchestra, morto d'infarto due giorni dopo

La prima fabbrica occupata nel Donbass - Un esempio da seguire (24 Ottobre 2014)
Ukraine : une première usine occupée et autogérée dans le Donbass – un exemple à suivre ! (lundi 27 octobre 2014)



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In Ukraine and Donbass, class contradictions come to the fore

By Greg Butterfield on October 14, 2014 

October 8 is the Day of the Heroic Guerrilla, honoring the sacrifice of Latin American communist revolutionary Che Guevara. It is also the date of the founding congress of the Communist Party of the Donetsk People’s Republic, held in the capital city of Donetsk.

About 100 people attended the founding meeting, including parliamentarians, anti-fascist activists, trade unionists and members of the people’s militias, representing an initial 1,000 members.

The Communist Party becomes the first registered political party established in the newly independent Donetsk and Lugansk People’s Republics of the Donbass mining region, formerly part of southeastern Ukraine.

The Communist Party of the DNR is headed by Boris Litvinov, who also chairs the Donetsk Supreme Soviet, the young republic’s parliamentary body. At a news conference announcing the party’s founding, Litvinov said it will participate in elections to the Supreme Soviet, currently scheduled to take place on either Nov. 2 or Nov. 9. (Lenta.ru)

Litvinov noted that this is the first step in establishing a United Communist Party of the People’s Republics — a project supported by a wide array of pro-communist forces, not only in Donbass but in other areas of southeast Ukraine that hope to join the people’s republics.

Groups participating in this movement include former members of the Communist Party of Ukraine, Union Borotba (Struggle) and the Workers’ Front of Lugansk. In addition are many unaffiliated activists and members of the volunteer people’s militia, including some who belong to Russian communist organizations.

“The communists stood at the cradle of the revolution in southeast Ukraine — the uprising against the fascist coup [in Kiev],” said Litvinov in an interview published by the Communist Party of the Russian Federation.

“Although we have formed two People’s Republics, and the process from our point of view is irreversible, the state originated in a political vacuum. Although the whole revolution was based on the ground of leftist ideas, it lacked a powerful political party which could become the ideological core and driving force behind this movement.

“In our view, the Communist Party must become one of the leading political forces in the construction of the DNR … . Therefore, on the eve of the elections, it was decided to create the Communist Party. … Everyone is expecting a left turn, the movement of our country in the direction of socialism.”

In Ukraine, anti-communist witch hunt

The contrast with events in the Ukrainian capital couldn’t be starker. In Kiev, an anti-communist coalition of oligarchs, neoliberal politicians and fascists illegally seized power last February with Washington’s support.

The rump parliament there recently supported a proposal by the openly neo-Nazi Svoboda Party to vote Oct. 14 on a measure formally banning “communist ideology” in the former Soviet republic.

The vote will take place amidst campaigning for early parliamentary elections called by the junta for Oct. 26. All the pro-coup political forces are jockeying for position to be the most anti-communist and pro-war against the Donbass republics and Russia.

Communist Party of Ukraine members who had been elected to their seats were banished from parliament under a law signed by oligarch President Peter Poroshenko in July. A case brought by the Interior Ministry to ban the Communist Party on charges of “separatism” and “terrorism” is currently being heard before a Kiev court.

October 14 has special significance for the far right. It is the anniversary of the founding in 1942 of Nazi collaborator Stepan Bandera’s Ukrainian Insurgent Army (UPA), which carried out ethnic cleansing and anti-communist massacres during the World War II German occupation of Ukraine. The red-and-black flag of today’s violent fascist gang Right Sector is based on the UPA banner.

That day is expected to see violent actions by neo-Nazi gangs across Ukraine, especially in the embattled cities of the southeast, where fascist National Guard battalions retreated after their humiliating defeat by the Donbass people’s militias in August.

“Tomorrow there will be a pogrom in Kharkov,” Ukraine’s second-largest city, declared the independent newspaper Verb on Oct. 13. “The initiators of the so-called ‘March of Heroes’ … were the Azov Battalion and the Social-National Assembly. …

“Local monuments to Lenin have already been demolished as hindering the current regime’s efforts to inculcate ‘new European values.’ It is possible that targets of the ultra-right on Oct. 14 will be the mayor’s office, the regional committee of the Communist Party, and the Orthodox churches.

“Activists of the Resistance, who went underground, urged supporters not to conduct activity on the streets of Kharkov Oct. 14 and not put themselves in danger. …

“Neither the local authorities nor the police are trying to relieve the tension or defuse the disturbing atmosphere in the city,” Verb reports. “The demolition of the monument to Lenin in the central square was followed by similar acts of vandalism in other areas of the city and the region. Police officials encouragingly wink at the ongoing destruction of monuments.”

Assassination attempt on governor

Pavel Gubarev, a leader of the anti-fascist resistance in Donetsk popularly known as the “people’s governor,” was seriously injured in an assassination attempt on the night of Oct. 12. Gubarev’s vehicle was attacked and run off the road. He suffered a brain trauma in the ensuing crash and was shot in the hand. His driver escaped with a mild concussion.

As of the evening of Oct. 13, he was hospitalized in Rostov-on-Don, Russia, unconscious and breathing with the aid of a ventilator. (Rusvesna.ru)

Gubarev had been scheduled to formally announce his candidacy for the post of prime minister of the DNR. He is challenging current Prime Minister Alexander Zaharchenko, whose reputation has been tarnished by his signing of the lop-sided Minsk Accords with Ukraine, brokered by the Organization of Security and Cooperation in Europe and the Russian Federation.

On Oct. 10, Zaharchenko announced that the DNR had signed an agreement with Kiev on territorial demarcation that would leave some cities, including Slavyansk, Kramatorsk and Mariupol, under Ukrainian military occupation. (Verb, Oct. 10)

The demarcation agreement was criticized by the Supreme Council of the Donetsk Supreme Soviet, said Litvinov. The council passed a resolution noting that “negotiations with the authorities of other states and international organizations [must be] guided solely by the Declaration of Sovereignty of the People’s Republic of Donetsk.” The declaration includes the following: “The territory of the republic cannot be changed without the consent of its citizens.” (NovorosInform.org)

Gubarev is closely allied with Igor Strelkov, the former DNR defense minister who was removed from his post in August along with other leading “hardliners” in Donetsk and Lugansk in exchange for Russian humanitarian aid. He is probably the only political figure who could seriously challenge Zaharchenko at this time.

Strelkov, Ghost Brigade commander Alexey Mozgovoy and other militia leaders, voicing the opinions of many ordinary militia fighters and Donbass residents, have openly criticized the Minsk Accords, which they say have given the Ukrainian military “breathing room” to regroup and rearm after the people’s militia reportedly had them on the run in late August.

They note that Ukrainian forces have violated the ceasefire continually since it was inked in early September, with an average of eight civilians being killed each day in the Donetsk capital region. The militias expect that open hostilities could resume at any time — before or after the Ukrainian elections.

They also say the snap elections called by Donetsk and Lugansk officials do not offer sufficient time for other political forces to organize and register their candidates. Some have called for a three-month delay in the elections for prime ministerial posts and the Supreme Soviet.

In this tense situation, when contending class forces in the Donbass republics are measuring each other under wartime conditions, anti-fascists have cautioned against provocations by U.S. imperialism and the Ukrainian junta. They note, for example, the hush-hush visit of U.S. State Department official Victoria Nuland, one of the architects of the coup, to Kiev on Oct. 6. (RIA Novosti, Oct. 7)

Katerina Gubarev stated after the assassination attempt on her spouse: “Now the media and the Internet spread mass speculation and outright lies. Enemies of the DNR and Novorossia try to use any excuse to sow discord between the commanders and political leaders of the country.

“On the eve of the first democratic elections in the country, it is first of all the work of former Donetsk oligarchs and the Ukrainian government. They could not beat us by force, and now attempt to split us. Anyone who spreads panic in the networks, and supports the unfounded accusations by taking sides, gives grist to the mill of Kiev fascists.” (Novorossia.su)



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www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 28-09-14 - n. 513

I precedenti storici dell'indipendenza del Donbass

Cultura Bolchevique | culturabolchevique.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

24/09/2014

Il colpo di Stato in Ucraina ha dato luogo a una maggiore contestazione nelle regioni orientali che in quelle occidentali. Questo si deve alle grandi differenze che vi sono tra le "due Ucraine" [...]. Ma dove maggiormente vi è stata la resistenza al governo di Kiev è stato nelle province di Donetsk e Lugansk, dove la lotta è passata da politica a scontro armato. Queste due province formano il bacino del Donbass che insieme ad altre regioni orientali formano quella che viene definita la Novorossiya. Ma la Repubblica Popolare di Donetsk e Lugansk o l'indipendenza del Donbass hanno i loro precedenti nei tempi rivoluzionari della Rivoluzione d'Ottobre.

L'idea dell'unificazione amministrativa del Donbass ebbe origine nel XIX secolo, quando era uno dei centri industriali dell'impero russo. Le sue miniere di carbone, le fabbriche di acciaio e per la costruzione di macchinari rappresentavano quasi un terzo dell'economia russa di quegli anni. Fu il Congresso dei minatori del sud della Russia a promuovere questa idea.

Nemmeno la tradizione rivoluzionaria del bacino è nuova. Fu uno dei principali nuclei della rivoluzione del 1905. Il 6 dicembre di quell'anno, nella città di Gorlovka, la polizia aprì il fuoco contro i lavoratori in sciopero, assassinando decine di persone. Il giorno seguente, circa 4.000 lavoratori delle miniere e fabbriche nelle vicinanze della città riuscirono a sottomettere la polizia e prendere le loro armi. Come un esercito omogeneo, furono capaci di resistere per ore al reggimento zarista incaricato di fermare la ribellione. Furono centinaia coloro che morirono difendendo la dignità della classe operaia.

Dopo la Rivoluzione di febbraio del 1917, l'idea di creare una Repubblica nel margine destro del fiume Dniéper prese forza. In aprile si riunì a Kharkov il primo Congresso dei Soviet delle regioni di Krivoy Rog e Donetsk. Kharkov era stata considerata in forma ufficiosa e negli anni come la capitale di quelle regioni che ritenevano di avere poco in comune con il resto dell'Ucraina. Approssimativamente un centinaio di delagati eletti nelle fabbriche e nelle miniere accorsero al Congresso. Il tessuto industriale e le condizioni materiali di queste regioni erano molto simili tra loro e allo stesso tempo molto distanti dal resto dell'Ucraina. Questo Congresso approvò la creazione di un area territoriale con capitale Kharkov, che comprendeva il bacino di Donetsk (economicamente dipendente dal carbone) e il bacino di Krivoy Rog (dipendente dall'estrazione del ferro).

Nel novembre del 1917, i bolscevichi ucraini si trovano totalmente divisi. A Kiev si celebrò il Congresso dei bolscevichi ucraini mentre che a Kharkov si riunirono in forma separata i bolscevichi di Krivov Rog e Donetsk. In questi congressi cruciali si produsse un intenso dibattito tra i bolscevichi incentrato sul fatto che Donetsk dovesse o no far parte dell'Ucraina. Nel dicembre del 1917, di fronte all'avanzamento delle truppe tedesche e dell'Esercito Bianco, si creò a Kharkov la Repubblica Popolare Ucraina.

Nel febbraio 1918, e dopo un accalorato dibattito si decise di proclamare la Repubblica Sovietica di Donetsk e Krivoy Rog o semplicemente Repubblica del Donbass, presieduta da Fiodor Sergeyev (compagno Artiom), il principale promotore dell'idea. Con quasi tutto il territorio ucraino occupato dalle truppe tedesche e austriache, si decise la formazione dell'Esercito Popolare del Donbass, composto principalmente da minatori e operai delle fabbriche. Questo esercito contenne l'avanzamento tedesco, senza però riuscire a bloccarlo. Prima cadde Kharkov, poi Donetsk e per ultima Lugansk.

Dopo la pace di Brest, la decisione sull'Ucraina fu presa a Mosca. Così, si riunirono le parti discordanti e sotto la presidenza di Lenin, il governo sovietico decise la creazione di una grande Ucraina, senza indipendenza per Donetsk. Questo venne fatto per rispetto della minoranza ucraina alla quale si concesse l'opportunità di creare una grande Ucraina, all'interno del quadro della questione nazionale.

Quella Repubblica del Donbass durò appena 11 mesi. Le discordanze tra i bolscevichi dovevano esser sepolte per affrontare la grande sfida dell'edificazione del socialismo e vincere le minacce degli eserciti stranieri. Si decise di integrare il Donbass alla Repubblica Sovietica d'Ucraina per far fronte a un nemico maggiore. I bolscevichi del Donbass rinunciarono alle loro aspirazioni indipendentiste per difendere il socialismo di fronte al nemico esterno.

Oggi il Donbass reclama l'indipendenza per mera sopravvivenza. Non riconosce il governo illegittimo di Kiev. Nel 1918, l'esercito del Donbass lottò contro l'invasione tedesca; oggi i loro discendenti lottano per una causa simile. Non avrebbero problemi ad unirsi al resto dell'Ucraina a condizione che si rispetti il loro modo di vivere e la loro integrità. Hanno già dimostrato che se è necessario lottare, lotteranno.


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Le parole della Carovana: intervista ad un compagno di ritorno dal Donbass


Di seguito, riportiamo un colloquio che abbiamo avuto con un compagno della rete Noi Saremo Tutto, di ritorno dalla Carovana Antifascista nel Donbass. Una specie di intervista che speriamo possa servire a rispondere a quelle domande, sospetti e più o meno legittimi dubbi sulla lotta antifascista in Ucraina e sulla natura della Carovana Antifascista. Un’opinione che non vuole essere né un report della Carovana, né la posizione ufficiale di NST, quanto delle impressioni a mente fredda sulla delicata iniziativa di cui siamo stati protagonisti e co-organizzatori. L’opinione informale di un compagno che ha potuto vedere con i propri occhi, sentire con le proprie orecchie, toccare con le proprie mani, una lotta antifascista nel cuore dell’Europa liberista. Un contributo in più, secondo noi importante, per farsi un’idea più precisa di quello che sta avvenendo nel Donbass. Buona lettura…

 

 

  • Anzitutto, vorremmo avere una tua impressione generale, a mente fredda, della carovana per il Donbass. Ci piacerebbe capire che sensazioni ti ha lasciato questa esperienza, se la giudichi positiva o sono più i limiti che hai riscontrato in un approccio di questo tipo alla situazione ucraina. 

L’ultimo frame che ho in testa è il viaggio notturno verso l’aeroporto da cui avrei preso l’aereo la mattina successiva… Una coppia di compagni antifascisti di Mosca mi hanno gentilmente portato in macchina, attraversando l’immensa periferia della Capitale. Ad un certo punto mi hanno detto di un loro amico che è andato a combattere in Donbass, scomparso da mesi e probabilmente morto, che aveva saputo della Carovana ed era entusiasta di potere ascoltare la Banda, tra l’altro desideroso di poterla scortare lui steso, insieme agli altri miliziani, all’interno della Novorossia.

Ogni qual volta sentirò: “Figli della stessa rabbia”, penserò a lui…

Ecco, la nostra breve e per niente semplice iniziativa è stata costellata di queste esperienze che ti entrano sotto-pelle, ti fanno dimenticare le notti pressoché insonni, i lunghi viaggi, le estenuanti e infruttuose attese vicino alla frontiera, i continui sbalzi climatici di un paese che è un continente, le difficoltà a stare tutti uniti, quando è un impresa comunicare il più possibile in tempo reale con l’esterno, ed è veramente impegnativo cercare di fare sempre la scelta più adeguata per sé e per gli altri…

La carovana ci ha dato modo di approcciarci alla complessità di un contesto politico-sociale specifico che ha bisogno di un solido impianto analitico per potere essere compreso, ci ha fatto conoscere tra compagni provenienti da differenti luoghi dell’Europa del Sud (penisola iberica, Italia e Grecia) e tra compagni italiani stessi, ci ha fatto incontrare e confrontare con una gamma di persone molto vasta: dall’uomo della strada al deputato comunista cosacco, dall’antifa al miliziano monarchico che ha studiato a Cuba, dall’ex ufficiale dell’Armata Rossa di stanza in Afghanistan al chirurgo di un ospedale locale…

Soprattutto attraverso la nostra iniziativa la “tendenza alla guerra” in quel quadrante geografico è stata al centro dell’attenzione di un numero consistente di compagne e compagne in quei giorni non solo in Italia…

Poi la serata con gli ex-miliziani e miliziane, ora esercito regolare della Novorossia è stata una più unica che rara occasione di confronto e di condivisione e di una performance musicale collettiva davvero notevole e culminata con un abbraccio in cerchio sulle note di “bandito senza tempo”…

I limiti direi che sono stati dovuti alla situazione “oggettiva” in cui ci siamo trovati e in cui penso che ci siamo districati, ai tempi “ristretti” che questo tipo di iniziativa ti costringe e che devi ottimizzare al meglio, alla possibile “estemporaneità” se il lavoro che ha preceduto e che ha accompagnato questa iniziativa si esaurisce solo in un bilancio e in qualche aneddoto da raccontare ad amici e compagni.

Pensare che poi uno striscione fatto dalla Rete Noi Saremo Tutto, concepito mesi fa per una iniziativa importante ma che non andava al di là della valenza di testimonianza etico-politica del tipo “una goccia nell’oceano”, ha fatto tanta strada divenendo una sorta di “cristallizzazione rappresentativa” a livello internazionale della solidarietà con il Donbass ed ora è nelle mani di coloro a cui la nostra solidarietà era indirizzata non è proprio una cosa di poco conto…

  • Sappiamo che vi siete confrontati con le varie organizzazioni comuniste presenti sia in Russia che in Ucraina: puoi darci una rapida sintesi delle organizzazioni presenti al fianco della lotta antifascista, e le loro varie posizioni? Soprattutto, le differenze sostanziali che hai potuto notare tra le sinistre europee e quelle russe o ucraine? Ci viene in mente il ruolo del KPFR di Zijuganov, da molte parti criticato in Europa per i suoi cedimenti pan-slavisti e la sua sostanziale a-conflittualità verso il potere di Putin. 

Diciamo che il tratto  che accomuna le varie esperienze della sinistra russa e ucraina, ma direi di una parte cospicua e visibile della popolazione, è la solidarietà con la Novorossia, che comunque interessa un arco molto vasto di organizzazioni politiche (clero ortodosso, veterani dell’esercito, filo-monarchici)  tranne naturalmente quelle legate agli oligarchi filo-occidentali e ai fascisti…

Vi è la percezione di essere soggetti ad una aggressione a tutto campo da parte dell’ Occidente, Europa e Usa, senza cadere in una retorica sciovinista che identifica “i governanti” con “i governati”, attribuendo alle singole popolazioni europee le responsabilità di chi le “rappresenta”.

Vi è una grandissima attenzione da parte dei media russi ad ogni manifestazione di dissenso rispetto alle politiche belliciste europee, per esempio e la nostra iniziativa ha avuto un risalto notevole sui mezzi d’informazione russi. Poi gli sguardi commossi delle persone alle nostre risposte quando incuriositi dalla nostra presenza ci domandavano cosa fossimo andati a fare lì, dicono molto di più di ogni “posizionamento” ufficiale di qualsiasi organizzazione politica a  sinistra.

Non si può liquidare su due piedi la questione delle differenze tra le varie esperienze della sinistra russa, che vanno da una organicità con l’attuale blocco governativo con tutte le sue contraddizioni, rappresentandone l’ala più “socialdemocratica” in senso welfaristico e “patriottica” nel senso della tradizione Grande Guerra Patriottica contro il nazismo (1941-45), come il KPFR, che ha percentuali elettorali non proprio insignificanti, fino alla critica più serrata che però riguarda una piccola porzione politica “a sinistra” e che è del tutto ininfluente a livello sociale. Compagni con cui magari ci si ritrova maggiormente a livello di analisi e che è giusto sostenere, ma che non riescono a sviluppare, per tutta una serie di ragioni, tra cui tra l’altro margini di azione politica limitati, un intervento che coaguli una porzione sociale significativa.

Per farvi un esempio, l’estrema sinistra con posizioni e un linguaggio più simile a noi in senso lato, a Mosca non riesce a costruire mobilitazioni che superano un centinaio di persone, stando a ciò che ci ha riferito un compagno ucraino “esule” che vive a Mosca ed è vicino a queste posizioni, e su quella più “libertaria” tanto cara ad una cospicua parte del movimento in Italia che scende in piazza con fascisti ed oligarchi ultra-liberisti meglio stendere un velo pietoso…

Certo non solo a “sinistra”, nessuno a quella latitudine ha la minima fiducia nell’edificio politico europeo.

In Ucraina il quadro è ancora più complesso: è una notizia recente la creazione del Partito comunista nel Donetsk, che tra l’altro sta intavolando una trattativa elettorale (e non di fusione politico-organizzativa) con il raggruppamento marxista indipendente Borotba, come ci è stato confermato da un loro esponente in questi giorni, partito che ha dichiarato che sosterrà la candidatura di Zakharchenko alle prossime elezioni, che diciamo abbiamo delle difficoltà ad includere nell’album di famiglia.

Capite la complessità della situazione…

Diciamo che è assolutamente indispensabile ricostruire un ponte tra noi e le organizzazioni della sinistra sia russa che ucraina, anche perché le menzogne di guerra sono il pane quotidiano dell’intossicazione mediatica di cui in ogni modo, anche se indirettamente e criticamente siamo succubi…

  • Che impressione hai avuto, se avete avuto modo di farvi un’opinione in merito in così pochi giorni, del ruolo della Russia nella vicenda Ucraina in generale e rispetto alla carovana in particolare? C’è stato da parte russa un sostegno attivo, una sostanziale indifferenza o addirittura un tacito fastidio per la presenza nel suo territorio di una carovana antifascista?

Penso che il margine stretto entro cui ci siamo mossi sia stato essere ben accetti fino al momento in cui non fossimo divenuti un “caso diplomatico” strumentalizzabile dall’Occidente, mostrando come la Russia stessa non rispettasse i termini del cessate il fuoco di Minsk da lei stessa proposti, in particolare rispetto al controllo dei confini.

Abbiamo avuto la sensazione di essere stati continuamente “accompagnati”, ma difficilmente nelle forme che ha preso l’iniziativa poteva essere altrimenti, d’altronde non siamo stati mai apertamente ostacolati, né sconsigliati: diciamo che nessuno ci ha voluto autorizzare per ciò che concerne la parte controllata dalla Russia ad attraversare il confine…

Poi per ciò che riguarda l’attraversamento collettivo del confine ci sono in ballo tutta una serie di questioni immaginabili e della oggettive difficoltà della “presa in carico” da parte dell’esercito della Novorossia pertinenti allo stato di guerra e alla nostra sicurezza, e non è immaginabile per un battaglione di neo-nazisti, di cui una buona parte provenienti dall’estero, un bersaglio più appetibile di un autobus con una cinquantina di antifascisti giunti dall’Europa, anche solo, per così dire disincentivare la solidarietà internazionalista.

Nel bene e nel male la Russia da alla Novorossia quella “profondità strategica” e quella legittimità politico-diplomatica che altri fronti di resistenza hanno perso e non possiedono al mondo, e le sorti delle giovani repubbliche popolari sono decise anche ed in buona parte dall’appoggio fattivo della popolazione, non solo del governo, russo… Non dimentichiamoci che circa 5-6 mila combattenti, stando a quanto riportano le stesse repubbliche popolari provengono dalla Russia, e che la raccolta di beni per la popolazione del Donbass ha veramente un “ampio” raggio e una vasta gamma, come dimostrano gli stessi volantini con i beni richiesti che si trovano in punti chiave di Mosca…

  • Uno dei dati che più ci ha colpito della natura delle Repubbliche Popolari del Donbass è il loro carattere di classe. Dai minatori agli operai delle fabbriche agli strati più poveri della popolazione, le Repubbliche Popolari ci sono subito sembrate il risultato politico di una spinta di classe, magari in combinazione con altri interessi più direttamente legati alle oligarchie filo-russe, ma che non è possibile negare o minimizzare. Hai avuto anche tu questa percezione, o è una visione legata più all’immagine che ce ne siamo fatti qui in Italia?

Natura di classe e “spontaneamente” socialista, come l’ha definita un compagno, nonostante le varie anime che la compongono e le identità che la attraversano… Comunque basta guardare alla struttura produttiva e ai suoi riflessi sulla composizione di classe del Donbass per rendersene conto, cosa che gli stessi giornali borghesi sono stati talvolta costretti ad ammettere. Ricordo nitidamente un articolo di Repubblica di alcuni mesi fa, in stile reportage, che narrava la storia di questo operaio che finito il turno in miniera indossava la mimetica e imbracciava un fucile, divenendo miliziano, per poi il giorno successivo ritornare tra le viscere della terra. Direi che una delle chiavi di volta per comprendere il conflitto sia proprio la concentrazione in unità di lavoro del tutto significative anche a livello numerico di una parte della popolazione, la sua natura prevalentemente urbana, la disponibilità al combattimento storicamente radicata in una parte della classe operaia del Donbass. La forma miliziana inziale è stata una conseguenza dell’armamento popolare, mentre le capacità tecniche e organizzative riversate in ambito bellico da un proletariato altamente qualificato, ne hanno determinato anche un certo grado di autonomia nella traiettoria delle Repubbliche Popolari, che al contrario probabilmente non avrebbero avuto.

  • Molto si è scritto sulla presunta partecipazione di organizzazioni o individualità fasciste o nazionaliste all’interno della lotta antifascista per il Donbass. Che impressione hai avuto in merito? Hai potuto conoscere o percepire la presenza o il ruolo di queste organizzazioni o individualità? 

A parte che la parola “nazionalismo” in questo caso risulta fuorviante… Se parliamo di “nazisti” russi tout court questi hanno storicamente rapporti con gli ucraini che costituiscono i battaglioni di volontari neo-nazisti. La cosa che ho percepito è che in un paese dove il russo è praticamente l’unica lingua parlata, a parte quella del proprio gruppo etnico di provenienza, tutti, ma proprio tutti,  conoscono almeno due termini di una lingua europea, e le due parole sono: No Pasaran! Con questo non voglio negare la probabile presenza di singoli individui fascisti che sono andati a combattere dalla parte delle Repubbliche Popolari. Ricordo di aver letto in una biografia degli stragisti neo-fascisti Mambro e Fioravanti che durante la guerra civile in Libano, mentre la maggior parte dei fascisti italiani sostenevano i Falangisti, altri “simpatizzavano” o addirittura combattevano per la parte avversa: naturalmente è una cosa che dovrei ricontrollare e verificare, ma quando la lessi mi colpì molto, e alla luce della continuità di una certa corrente del neo-fascismo italiano che arriva fino all’attuale “rosso-brunismo” mi sembrerebbe verosimile allora per il Libano come adesso per il Donbass. Poi della presenza di camerati nessuno di coloro che abbiamo conosciuto che c’è stato più tempo quest’estate e dopo ci ha detto nulla… Se poi la presenza di un singolo individuo è presa a pretesto per “delegittimare” una resistenza popolare chiaramente anti-fascista anche nella simbologia “ostentata” è sintomatico di una totale assenza di motivazioni per sostenere dignitosamente la propria posizione di mancato sostegno alle Repubbliche Popolari…

  • In conclusione, cosa è possibile trarre da questa esperienza per le sorti della sinistra di classe in Italia? Avete avuto modo di confrontarvi con compagni di tutta Europa che hanno partecipato alla carovana, e poi con i compagni russi e ucraini effettivamente in lotta contro il golpe nazi-liberista ucraino. E’ possibile riportare in Italia una sintesi politica di questa esperienza, o più prosaicamente il tutto si ridurrà a una bella avventura che però non avrà la forza di seminare coscienza nelle lotte di classe in Italia? 

Penso che sia l’inizio della possibilità di costruzione di una concreta politica internazionalista, questa iniziativa ha dato la chance di aprire una porta che non dobbiamo richiudere, né tanto meno dobbiamo gestire gelosamente le sue chiavi solo tra coloro che hanno già un posizionamento politico ideologico di aperto sostegno alla Resistenza del Donbass, limitandoci a “predicare ai convertiti”. Dobbiamo dare continuità, strumenti organizzativi ed efficacia pratica, parlando sia a quella parte di proletariato russo e ucraino nel nostro paese che sempre meno sotto traccia, esprime la sua volontà di “mobilitarsi”, sia a tutte quelle situazioni che sentono la tendenza alla guerra manifestarsi pesantemente nei propri territori per la nefasta presenza di strutture militari NATO o USA, o UE.

Tutto questo senza dimenticare che si tratta del primo esempio “vittorioso” di sollevazione ai confini dell’Europa contro l’imperialismo dell’UE e degli USA, e contro la “fascistizzazione” del conflitto sociale.

E questa rivolta contro USA e UE ha molto da insegnarci.


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http://popoffquotidiano.it/2014/10/31/io-la-banda-bassotti-e-un-viaggio-ai-confini-dellucraina/

Io, la Banda Bassotti e un viaggio ai confini dell’Ucraina

31 ottobre 2014 
Il viaggio della Banda Bassotti e della Carovana antifascista al confine tra Russia e Ucraina. I concerti, la solidarietà, la frontiera da non oltrepassare.

di Maurizio Vezzosi

È domenica pomeriggio, e camminando quasi si suda: fa caldo a Donetsk, cittadina di cinquantamila abitanti del sudovest russo, omonima della più nota Donetsk nei territori dell’Ucraina orientale al centro delle contese tra esercito di Kiev e milizie popolari della Nuova Russia. Nonostante a pochi chilometri di distanza si combatta l’atmosfera appare quella di un piacevole fine settimana quasi estivo. Niente a che fare con il già severo autunno moscovita. Nel piccolo centro del meridione russo a ridosso del confine è arrivata da qualche giorno la carovana antifascista promossa dalla Banda Bassotti, che alloggia in un complesso un tempo utilizzato dai Pionieri del Pcus per i campi estivi ed altre attività.

Ad accogliere la carovana all’entrata del complesso c’è un grande cartellone di epoca brezneviana: «La salute è la nostra principale ricchezza». Appena il tempo di assaporare questa madelaine che la nostra mente è già alla ricerca del tempo perduto. Tempo che non ritorna, cantava qualcuno. Un tempo da alcuni mai vissuto, ma che ha avuto per tutti il sapore amaro della sconfitta, dentro una Storia di cui si è decretato la fine un paio di decenni or sono, facendo sprofondare le vecchie e le nuove generazioni in un sonno senza sogni.

Eppure, poco distante come a migliaia di chilometri, si combatte.

L’arredamento del posto è quello originale, probabilmente con la sola differenza delle singolari tinte (rosa e celeste) utilizzate per il rinnovo delle pareti. Originale è anche la nostra colazione, non esattamente mediterranea: uova fritte, pane col burro, cetrioli e wurstel accompagnati da tè o succo ai frutti rossi.

Mentre facciamo per allontanarci dal complesso sopraggiunge una chiassosa comitiva, che precede di poco l’arrivo di una sfarzosa macchina nunziale: salutiamo i due giovani sposi venuti a celebrare il loro pittoresco matrimonio nella chiesetta adiacente. Fuori cani, gatti, anatre e galline fanno da padroni, talvolta anche in mezzo alla strada, senza creare particolari problemi a nessuno. Poco distante una piazzetta: al centro un memoriale ai caduti dell’Armata Rossa. Qualcuno porta a spasso i bambini, altri discutono animatamente e gruppi di ragazzini improvvisano spericolate gare di velocità con le biciclette.

La piazzetta è ad appena dodici chilometri dalla frontiera: una riga grigia, crudele, tirata tra popoli legati da secoli di storia comune. Una frontiera che il 13 luglio scorso non ha impedito che alcuni colpi d’artiglieria dell’esercito ucraino cadessero in territorio russo, centrando un’abitazione della cittadina con il grave ferimento di due persone e la morte di un’altra. Una frontiera tra le più affollate sul confine orientale, dalle quali sono transitati centinaia di migliaia di profughi verso la Russia.

A Donetsk, non tutti sanno della carovana antifascista, e la nostra presenza suscita una certa curiosità tra la gente per strada.

Fermiamo il primo taxi che passa: alla guida un uomo come tanti, sulla cinquantina. Un’effige ortodossa sul cruscotto, il nastro di San Giorgio legato allo specchietto retrovisore. «Siamo italiani, siamo qui per sostenere la resistenza antifascista». Tace, annuisce, pur rimanendo pressoché impassibile dietro gli occhiali da sole. Ma non ci sfugge la sua emozione.

Dopo una serie di tortuosi sali-scendi sulle aride colline fuori città capiamo di essere arrivati a destinazione cominciando a scorgere una fila chilometrica di veicoli incolonnati. Furgoni, Volga, vecchie Lada, qualche utilitaria occidentale o asiatica di nuova generazione: ma sul lato destro della strada più che il modello dei veicoli salta all’occhio la quantità di oggetti che questi trasportano. Taniche di carburante, acqua, cibo.

A Lugansk, meno di venti chilometri dalla frontiera, la vita è dura.

Il tassista supera velocemente tutta la fila per arrivare davanti al punto di frontiera: «Voinà» (guerra), dice volgendo il capo al serpentone d’acciaio. Tira il freno a mano e ci ringrazia: «Spasiba». Obbiettiamo di non aver ancora pagato la corsa, ma fa cenno di no con la testa: gli occhi quasi gli brillano. Ci impuntiamo, e dopo una breve discussione buttiamo duecento rubli sul cruscotto. Accenna un sorriso, ma torna subito serio. Chiudiamo gli sportelli con i finestrini ancora abbassati, e questa volta il tassista lascia libero il suo sorriso, e ci saluta con la voce grossa: «No pasaran!». Attoniti per un istante replichiamo a nostra volta: «No pasaran!».

Una manovra, due colpi di clacson, e se ne va. Qualcuno alza il pugno chiuso, finendo per richiamare l’attenzione della gente in fila. «Italiani? Che ci fate qui?». Spieghiamo le nostre ragioni, e lo sforzo linguistico viene ricompensato da un immenso calore umano, a volte con abbracci e sorrisi, altre con la schietta sincerità degli sguardi induriti dalla sofferenza e dal dolore.

«La mia casa appena fuori Lugansk è nelle mani dei fascisti del battaglione Azov», ci racconta Vladimir, quarantasette anni, mentre tiene in mano un coltello serramanico e ne accarezza il filo della lama. Come tanti altri per guadagnarsi da vivere si è improvvisato tassista: dalla frontiera porta in città chi arriva a piedi o chi deve tornare indietro dopo aver fatto provviste.

Risaliamo il serpentone di mezzi incolonnati tra gas di scarico e la polvere delle colline dalle quali da secoli si estraggono minerali. Dietro una vecchia Lada carica di provviste e con alcuni pneumatici legati sul portapacchi spuntano i corni di una capra. Eccone un’altra, e un’altra ancora. E qualche metro più in là c’è Lisa, una vecchia contadina del posto: un fazzoletto legato intorno al viso coperto di solchi profondi che non coprono la dolcezza dei suoi tratti. «Che Dio vi benedica», esclama porgendoci il cesto di frutta che tiene in mano. Insiste, convincendoci a prendere con noi quattro o cinque delle mele che ha faticosamente raccolto. La salutiamo riprendendo a camminare di fianco alla fila di mezzi.

Il riflesso del sole che si abbassa sui vetri dei veicoli non copre la stanchezza e lo scoraggiamento di chi attende da ore di ritornare nell’inferno di casa propria.

Prendiamo un altro taxi, che ci accompagna nella piazza principale della cittadina, dove sta per suonare la Banda Bassotti. Sul lato destro della piazza il monumento di Lenin, la cui mano indica proprio il punto in cui viene allestito il palco: «Deduska Lenin» (nonno Lenin), ci dice qualche ragazzo ridendo. Il concerto viene accolto da un incredibile entusiasmo popolare.

Donne, uomini, ragazzi, vecchi e bambini. Nikolaj, sessantacinque anni, ci racconta la sua storia: è un chirurgo. Negli anni Settanta è stato inviato in Niger per una missione umanitaria. Colpito dalla nostra presenza, sul momen

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(english / italiano)

Ucraina, UE: fosse comuni, stupri etnici, cecchini

1) Le fosse comuni di Kiev
2) Nel Donbass rinvenuti i corpi di centinaia di donne stuprate dai paramilitari ucraini
3) Il massacro dei cecchini sul Maidan di Kiev / The “Snipers’ Massacre” on the Maidan in Ukraine
4) I crimini di guerra commessi in Ucraina: VIDEO "Ukraine Crisis: War Crimes/Atrocities committed by Ukrainian Army"


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LINKS:

PTV News 24 settembre 2014 (IIa edizione) – Scoperte fosse comuni in Ucraina / Sanzioni? contro l’Italia

Ucraina orientale, i filorussi continuano a scoprire fosse comuni (Voce della Russia, 25 settembre 2014)
http://italian.ruvr.ru/news/2014_09_25/Ucraina-orientale-i-filorussi-continuano-a-scoprire-fosse-comuni-9743/

Mass graves reveal torture and executions in eastern Ukraine (By Christoph Dreier / WSWS, 30 September 2014)

Mass graves uncovered as retreating neo-Nazis terrorize southeastern Ukraine (By Greg Butterfield / WW, on October 2, 2014)

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http://italintermedia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=74820&typeb=0&Loid=226&Le-fosse-comuni-di-Kiev

Le fosse comuni di Kiev

Mosca mostra le prove del genocidio compiuto nell'est dell'Ucraina dall'esercito Kiev (che ieri uccide un uomo della Croce Rossa) mentre non si ferma la corsa al riarmo

AdminSito -venerdì 3 ottobre 2014

Sono due le uniche certezze a cui la comunità internazionale oggi può fare riferimento nell'analisi della crisi ucraina. La prima è che la tregua firmata a Minsk lo scorso 5 settembre dai rappresentati dei governi di Kiev e Mosca e dai leader dei ribelli separatisti non hai mai realmente retto. La seconda è che questa guerra civile, che va avanti ormai da sei mesi e che sinora ha causato oltre 3.500 vittime - mandando al collasso l'economia ucraina e mettendo a serio rischio le forniture di gas per tutta l'Europa occidentale - non avrà fine fin quando non si farà chiarezza su una serie di questioni. 
L'ennesima prova si é avuta ieri: un nuovo bombardamento delle truppe governative ha colpito il centro di Donetsk, roccaforte dei miliziani separatisti nell'Ucraina sud-orientale e questa volta oltre a diversi civili é morto anche un operatore svizzero della Croce Rossa, Laurent Etienne Du Pasquiet. Molte responsabilità dunque sono da rideinire, acominciare dal presunto genocidio di cui secondo Mosca si sarebbero macchiate le forze di sicurezza ucraine nell'area del Donbass, tra le regioni di Donetsk e Luhansk.

Il fatto che nell'Ucraina orientale le armi non sono mai state realmente deposte è dimostrato dagli scontri a fuoco che da giorni proseguono senza sosta attorno all'aeroporto di Donetsk. Secondo l'ultimo bilancio fornito dall'esercito ucraino solo nella giornata di ieri, mercoledì 1 ottobre, i morti sono stati circa una dozzina. Nella lista dei caduti non ci sarebbero solo miliziani separatisi ma anche civili, uccisi nel corso di una sparatoria avvenuta nei pressi di una scuola. Le versioni su quanto sta accadendo, come è ovvio che sia in un'area di guerra a cui difficilmente possono accedere giornalisti stranieri, sono diametralmente opposte. L'esercito di Kiev dichiara di avere il pieno controllo dello scalo, mentre i ribelli affermano che la conquista definitiva dell'aeroporto è ormai questione di ore.

Intanto entra nel vivo il procedimento penale avviato da un comitato investigativo incaricato dal Cremlino di indagare sulla presenza di fosse comuni nel Donbass dove i militari dell'esercito di Kiev, in combutta con gruppi della destra ultranazionalista ucraina, avrebbero occultato decine di cadaveri di civili e miliziani russofoni. In cima alla lista degli indagati sono finiti tra gli altri il ministro della Difesa ucraino, Vitaly Geletey e il capo di Stato maggiore delle forze armate di Kiev ,Viktor Muzhenko

Secondo la commissione guidata da Vladimir Markin, ci sono prove inconfutabili che dimostrano la loro responsabilità per l'omicidio di centinaia di persone. Prove che sono state ottenute dalle testimonianze di centinaia di profughi fuggiti dalle zone colpite dal conflitto. Le accuse di Mosca assumono sostanza ogni giorno che passa, considerato che la presenza di almeno tre fosse comuni è stata confermata anche da funzionari dell'OSCE.. Il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov dichiara che nella regione del Donesk sono stati esumati più di 400 corpi " E questo con tutta evidenza è un crimine di guerra : adesso speriamo che le capitali occidentali non nascunderanno questo fatto terribile ". 

Sulla questione ucraina è intervenuto ieri nel giorno del suo insediamento il nuovo segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ex primo ministro norvegese succeduto ad Anders Fogh Rasmussen. Stoltenberg ha dichiarato ieri che la NATO è intenzionata a ripristinare legami costruttivi con la Russia, ma solo se Mosca dimostrerà di voler cambiare atteggiamento in Ucraina rimettendosi in linea con il rispetto del diritto internazionale.

Eppure sarà quantomeno complicato per la NATO arrivare a una distensione dei rapporti con il Cremlino se a pochi chilometri dai confini russi continuano ad assembrarsi mezzi e militari degli eserciti dei Paesi alleati. Solo gli Stati Uniti sono pronti a schierare nei territori dei Paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e in Polonia altri 700 soldati e 20 carri armati M1A1 Abrams, inviati nell'est dell'Europa da una base militare situata nel Texas. Con questa operazione denominata "Ironhorse" viene dato il cambio alle brigate di paracadutisti inviate dagli USA nel marzo scorso dopo l'annessione della Crimea alla Federazione Russa.

Secondo Reuters si tratta della prima volta che gli USA inviano rinforzi corazzati pesanti in Europa dalla fine della Guerra Fredda. Non il modo migliore, insomma, per provare a stemperare gli animi e favorire una soluzione diplomatica del conflitto.

A questo quadro sconfortante si aggiungono i disastrosi effeti delle sanzioni economiche:"Le sanzioni imposte dall'occidente stanno provocando danni immensi a entrambe le parti, invito tutti ad uscire da questa spirale". l' appello proviene da una personalità che ha grande credito sia ad Est che ad Ovest, ovvero l'ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, che é anche un amico di Vladimir Putin e presidwente del consiglio di sorvelianza del gasdotto "South Stream". 

In una conferenza tenuta a Rostock, Schroeder si é rivolto ai 400 partecipanti ad una conferenza sulle relazioni economiche russo-tedesche. "Richiamo la politica europea e quella russa ad uscire fuori dalla spirale di sanzioni economiche sempre più dure, il diallgo rappresenta l'unico modo per ricostruire la fiducia Nel nostro continente la pace e la stabilità possono regnare solo se vi è un forte partenariato con la Russia", ha aggiunto, sottolineando che non si dovrebbe isolare Mosca. Lo scorso aprile, Gerhard Schröder aveva festeggiato il suo 70 ° compleanno in compagnia di Vladimir Putin con un'iniziativa che venne fortemente criticata in Germania, nella crisi ucraina. Schröder inoltre ha adottato due bambini russi. 

(Fonti: Lookout, Agenzie) 

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3/10/2014

Crisi Ucraina: la finta tregua, le fosse comuni, l’espansione Nato

Le accuse di genocidio. La presenza di almeno tre fosse comuni è stata confermata anche da funzionari dell’Osce

Mosca mostra le prove del genocidio compiuto nell’est dell’Ucraina dall’esercito di Kiev. Il nuovo segretario generale della NATO Stoltenberg prova a minimizzare. L’arrivo di corazzati americani al confine con la Russia fa salire la tensione. A chi serve l’escalation e dove converrà fermarsi

La tregua firmata a Minsk tra Kiev e Mosca e dai leader dei ribelli separatisti non hai mai realmente retto. Un finzione politica utile per consentire a tutte le parti in causa di continuare a fare ciò che volevano con un po’ meno di attenzioni internazionali addosso. Sola certezza in più acquisita da allora, le oltre 3.500 vittime in sei mesi di guerra civile, e il collasso l’economia ucraina che mette a serio rischio le forniture di gas per tutta l’Europa occidentale. Poi il genocidio di cui secondo Mosca si sarebbero macchiate le forze di sicurezza ucraine nell’area del Donbass, tra Donetsk e Luhansk.
Che nell’Ucraina orientale si sia sparato già dal primo giorno di tregua è noto. Come si sa dalla battaglia ininterrotta per il controllo dell’aeroporto di Donetsk. L’esercito di Kiev dichiara di avere il pieno controllo dello scalo, mentre i ribelli affermano che la conquista dell’aeroporto è ormai questione di ore. La sola cosa certa sono le vittime che continuano a salire. Secondo l’esercito ucraino, solo mercoledì 1 ottobre -ultimo comunicato-, i morti sarebbero stati circa una dozzina. Nella lista dei caduti anche dei civili uccisi nel corso di una sparatoria avvenuta vicino a una scuola.
 
Diventa intanto molto più circostanziata ed imbarazzante per Kiev e suoi alleati, l’accusa di stragi. Le accuse di Mosca assumono sostanza ogni giorno che passa, considerato che la presenza di almeno tre fosse comuni è stata confermata anche da funzionari dell’OSCE. Si indaga su sepolture di massa nel Donbass dove i militari dell’esercito di Kiev e i miliziani della destra ultranazionalista ucraina, avrebbero occultato decine di cadaveri di civili e miliziani russofoni. In cima alla lista degli indagati, il ministro della Difesa ucraino Geletey e il capo di Stato maggiore di Kiev Muzhenko.
 
Ma le tensioni vere vengono dal riarmo della Nato ai confini con la Russia. A pochi chilometri dai confini russi stanno concentrandosi mezzi e militari degli eserciti dei Paesi alleati. Esisbizione di forza della Nato. Solo gli Stati Uniti sono pronti a schierare nei Paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e in Polonia altri 700 soldati e 20 carri armati Abrams, inviati nell’est dell’Europa da una base militare nel Texas. Operazione “Ironhorse” con cui viene anche dato il cambio alle brigate di paracadutisti inviate dagli USA nel marzo scorso dopo l’annessione della Crimea alla Russia.
Quei carri armati dal Texas: la prima volta che gli USA inviano rinforzi corazzati pesanti in Europa dalla fine della Guerra Fredda. Non il modo migliore per provare a stemperare gli animi e favorire una soluzione diplomatica del conflitto. Ci tenta il nuovo segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, ex primo ministro norvegese succeduto a Fogh Rasmussen. Stoltenberg racconta a Mosca che la Nato è intenzionata a ripristinare legami costruttivi, ma solo se Mosca dimostrerà di voler cambiare atteggiamento in Ucraina rimettendosi in linea con regole internazionali imprecisate.

Ennio Remondino


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Nel Donbass rinvenuti i corpi di centinaia di donne stuprate dai paramilitari ucraini

31 ottobre 2014

A Krasnoarmeysk, nella regione di Donetsk, durante l'occupazione delle forze di sicurezza ucraine sono scomparse circa 400 donne di età compresa tra i 18 e i 25 anni.
Recentemente in città, dove era dislocato il battaglione "Dnepr-1", e nei sobborghi sono stati trovati 286 corpi di donne: su tutti sono stati rilevati segni di violenza. Lo ha dichiarato il primo ministro del governo separatista di Donetsk Alexander Zakharchenko.


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IL MASSACRO DEI CECCHINI SUL MAIDAN DI KIEV

Condividiamo questo ottimo documento di indagine realizzato da Ivan Katchanovski, Ricercatore al Dipartimento di Comunicazione dell'Università di Ottawa. 
Il documento è stato presentato presso l'Università di Ottawa il 1° Ottobre 2014. Katchanovski cerca di rispondere a molte delle logiche domande posta da chi si chiede chi ci fosse dietro "il massacro dei cecchini" avvenuto durante gli eventi del Maidan.

https://www.academia.edu/8776021/The_Snipers_Massacre_on_the_Maidan_in_Ukraine

Il documento è inglese ma speriamo possa comunque essere utile a sbugiardare le tante menzogne e le tante verità non dette in proposito anche dai media italiani.

Di seguito riportiamo la parte finale del documento di Katchanovski:

CONCLUSIONI

L'analisi e le prove presentate in questa inchiesta accademica mettono l'Euromaidan ed il conflitto in Ucraina sotto una nuova prospettiva. L'uccisione apparentemente irrazionale dei manifestanti e dei poliziotti avvenuta il 20 febbraio sembra invece essere sensata se vista sotto la prospettiva di chi ha avuto un proprio razionale interesse nel preparare questa azione. Questo include quanto segue: i capi del Maidan hanno guadagnato il potere a seguito della strage ed il presidente Yanukovich e gli altri alti funzionari del governo sono fuggiti da Kiev e poi dall'Ucraina il 21 febbraio 2014, insieme al parallelo ritiro da parte della polizia. 
Gli stessi manifestanti del Maidan venivano mandati sotto il fuoco mortale che arrivava da direzioni inaspettate. Allo stesso modo, i cecchini uccidevano i manifestanti disarmati e prendevano di 
mira i giornalisti stranieri, ma non i leader del Maidan, ne il quartiere generale dell'auto-difesa del Maidan e di Pravy Sektor. 
Mentre tali azioni sono razionalmente dettate dalla scelta di strumentalizzare la situazione, il massacro si è concluso non solo con la perdita di molte vite umane, ma ha anche minato la democrazia, i diritti umani, e lo stato di diritto in Ucraina. 
Il massacro dei manifestanti e della polizia ha rappresentato un rovesciamento violento del governo in Ucraina e una grande barbarie contro i diritti umani. Questo rovesciamento violento non ha costituito un cambiamento democratico del governo. Ha dato inizio a un violento conflitto su larga scala che si è trasformato in una guerra civile nell'Ucraina orientale, ad un intervento russo in sostegno dei separatisti in Crimea e nel Donbass e di fatto ad una distruzione dell'Ucraina. Ha anche portato ad una escalation internazionale con un conflitto tra l'Occidente e la Russia. L'evidenza indica che un'alleanza tra elementi del Maidan e l'estrema destra ucraina è stata utilizzata per compiere l'uccisione di massa sia dei manifestanti che della polizia, mentre il coinvolgimento delle unità speciali di polizia nelle uccisioni di alcuni dei manifestanti non può essere del tutto esclusa sulla base delle evidenze disponibili al pubblico. 
Il nuovo governo che è salito al potere ha in gran parte coperto e falsificato le indagini sul massacro, mentre i media ucraini hanno contribuito a mistificare il fatto. 
L'evidenza indica che l'estrema destra ha avuto un ruolo chiave nel rovesciamento violento del governo in Ucraina. 
Questa indagine accademica porta anche nuove ed importanti questioni che devono essere affrontate.

The “Snipers’ Massacre” on the Maidan in Ukraine 
by Ivan Katchanovski – Paper presented at the Chair of Ukrainian Studies Seminar at the University of Ottawa, Ottawa, October 1, 2014 

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Vedi anche / see also:

Reuters investigation exposes ‘serious flaws’ in Maidan massacre probe (RT, October 10, 2014)
http://rt.com/news/195004-ukraine-maidan-sniper-investigation/

In Ucraina il cecchino più ricercato dai russi: «Combatto insieme a soldati italiani» [SIC] (Testo e video di Ilaria Morani e Salvatore Garzillo)
http://www.corriere.it/reportage/esteri/2014/cecchino-svedese-ucraina/

Strategia della tensione targata NATO a Kiev / "GLADIO" IN KIEV (JUGOINFO 8/3/2014)

Snipers Maidan - who hired them? (5/mar/2014)
Estonian Foreign Minister to Lady Ashton. In speaking clear - snipers on the Maidan have been hired by the reactionary forces. They shot all the people. Needed blood. This blood has been shown to the West. "Democracy". Snipers who were shooting at people on the Maidan, belonged to the organization "Ukrainian National Assembly." Organization belongs to the United States. Provocators Maidan shot by order of the United States.


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Un video per mostrare i crimini di guerra commessi in Ucraina

22 settembre 2014

«È un incubo. Perché ci uccidono? Perché?». L’offensiva dell’esercito ucraino nel Donbass va avanti da cinque mesi. Bombardamenti continui sulle città che stanno mietendo migliaia di vittime. Donne, bambini, anziani. Un video ha messo insieme tante sequenze di presunti crimini di guerra.

 

di Franco Fracassi


«Che cosa abbiamo fatto di male. Siamo persone pacifiche. Non ho parole. È un incubo. Perché dobbiamo abbandonare le nostre case nel nostro Paese. Noi siamo persone come loro. Perché ci uccidono? Perché?». Mentre parla la ragazza piange a dirotto. Il suo paese (Staraja Kondrashovka) è stato appena bombardato pesantemente dall’esercito ucraino. «Qui non ci sono mai stati miliziani, né separatisti, né terroristi. Qui ci sono tutte persone pacifiche. Hanno distrutto tutta la strada», urla un vicino di casa. A Staraja Kondrashovka sotto le bombe è morto anche un bambino che aveva compiuto cinque anni il giorno prima. Si chiamava Vanya Ermilov. Sono cinque mesi che l’Ucraina orientale (conosciuta anche come Donbass) è sotto assedio da parte dell’esercito ucraino. Ufficialmente Kiev sta facendo la guerra a un manipolo di terroristi. In realtà, la stragrande maggioranza delle vittime sono civili. I morti tra i miliziani separatisti si contano a decine, a fronte di oltre duemila complessivi. I media occidentali non ne parlano mai, ma in Donbass è in corso un vero e proprio massacro.

 

«Heil Ucraina! Heil agli eroi!». Così termina il giuramento fatto dai paramilitari del battaglione Azov prima di partire per il fronte. Il ministero della Difesa ucraino ha integrato tra le fila della guardia nazionale anche diversi battaglioni composti da miliziani del partito nazista Pravy Sektor e di volontari fascisti e nazisti provenienti da tutta Europa. Sono loro a usare il pugno più duro tra i civili delle città dell’est. Esistono molti filmati che li ritraggono mentre compiono soprusi, picchiano, minacciano, uccidono persone per motivi futili.

 

Un gruppo di avvocati ucraini ha deciso di raccogliere le prove per sperare di riuscire ad aprire un processo alla Corte internazionale dell’Aja per «crimini di guerra». Finora i legali non hanno trovato nessuna sponda politica in Occidente. Gli Stati Uniti sono apertamente schierati dalla parte del governo ucraino, e quindi implicitamente alleati dei paramilitari. L’Italia e l’Europa hanno seguito Washington in questa impresa.

 

Popoff ha deciso di mostrarvi un video che raccoglie alcuni di questi presunti crimini di guerra. Giudicate voi.

VIDEO: Ukraine Crisis: War Crimes/Atrocities committed by Ukrainian Army [ENG] (Banned on mainstream media)


Alcune indicazioni sul time code del video per aiutarvi nella visione:

0’00” Giuramento del battaglione Azov: «Heil Ucraina! Heil agli eroi!».

3’12” Rastrellamento.

4’11” Arresti per strada con assassinio.

5’20” Cittadini si ribellano a una banda di paramilitari del battaglione Dnepr, che iniziano a sparare, ferendo e uccidendo due persone. Volevano impedire ai cittadini di votare al referendum.

6’50” Attacco a civili a Novoaidar. Senza motivo.

9’00” La guardia nazionale bombarda Slavyansk. Danni e vittime in città.

14’10” Civili uccisi da cecchini vicino all’aeroporto di Donetsk.

15’15” L’esercito ucraino bombarda Slavyansk con i suoi cannoni.

16’20” Il risultato bombardamenti: case a fuoco e distrutte. Un uomo: «Stare qui seduti a vedere la propria casa bruciare». Una donna piange perché la sua casa è stata distrutta: «Bastardi!».

20’20” Quarantacinquenne ucciso fuori da un caffè colpito da una granata. Un uomo: «Adesso ci proteggiamo vivendo tutti nelle cantine o nei rifugi».

21’40” Un’auto colpita da una granata. Una vittima.

22’20” Rifugio sotterraneo. «Ecco come viviamo». Un’anziana signora: «Vogliamo la pace, non la guerra. Ditelo alla gente di tutta l’Ucraina. Noi vogliamo la pace».

24’10” Centro di Kramatorsk. Una donna dilaniata da una granata, poi il cadavere di un uomo.

25’20” Bombardamenti notturni.

26’25” Ospedale psichiatrico colpito dall’esercito ucraino. Rifugio.

27’15” Soldati dell’esercito ucraino scaricano corpi da un blindato, nei pressi di Slavyansk.

28’15” Kramatorsk. Due persone morte per strada e una donna dentro un pullmino.

30’40” Kramatorsk. Un’auto bucherellata di colpi. All’interno il cadavere del conducente.

31’25” L’esercito bombarda il villaggio di Dobropillia usando missili Bm-21 Grad.

32’10” Vittime e distruzioni dopo un bombardamento aereo a Staraja Kondrashovka. Un uomo: «Qui non ci sono mai stati miliziani, né separatisti, né terroristi. Qui ci sono tutte persone pacifiche. Hanno distrutto tutta la strada». Un uomo: «Mio nipote è morto in ospedale». Un uomo piange: «Ma quali terroristi. Hanno ucciso un uomo di sessantasette anni. E laggiù altre cinque persone». Una ragazza piange: «Che cosa abbiamo fatto di male. Siamo persone pacifiche. Non ho parole. È un incubo. Perché dobbiamo abbandonare le nostre case nel nostro Paese. Noi siamo persone come loro. Perché ci uccidono? Perché?».

33’55” Un uomo sotto shock: «Hanno ucciso tre persone, tra cui un bambino di cinque anni». Vanya Ermilov aveva compiuto cinque anni il giorno prima della sua morte a Staraja Kondrashovka.

34’25” Lugansk. L’aviazione bombarda la piazza centrale della città, dove si trova la sede dell’amministrazione regionale: morti e distruzione.

36’00” Slavyansk. Un gruppo di genitori salutano i propri figli che fuggono (in pullman) in Crimea. Un’anziana: «Vorrei prendere quest seguaci di Bandera e… non so che cosa gli farei». Una donna: «In televisione fanno passare il messaggio che siamo terroristi, che tutti i bambini sono terroristi, gli adulti, gli anziani, e che bisogna spararci».

37’15” Un gruppo di persone abbandona in pullman il villaggio di Snezhnoe.

37’30” Bambini di Slavyansk raggiungono la Crimea. Una bambina: «Ho avuto molta paura. C’erano spari, esplosioni. Sono molto contenta di essermene andata. Qui siamo protetti». Testimonianze di persone fuggite perché avevano figli (mamme e bambini). Un uomo: «Per Kiev le nostre città non esistono, né Kramatorsk, né Donetsk e nemmeno Lugansk. Che cosa dobbiamo fare?». Una coppia di anziani piangenti: «È un incubo. Chiudo gli occhi, ma l’incubo non se ne va via. Tutte le cose belle sono sparite». Una bambina, piangente: «Non voglio tornare a casa. Mi manca solo il cane».

42’30” Egor Aleksandrov aveva dieci mesi quando è stato ucciso durante il bombardamento di Antratsyt. È il quinto bambino morto in zona dall’inizio del conflitto. Sua madre piange e si dispera sul cadavere del figlio.