Informazione


Scritto da Gianandrea GaianiVenerdì 01 Marzo 2013

di Gianandrea Gaiani AnalisiDifesa.

A due anni dall’inizio della “rivoluzione” contro il regime di Muammar Gheddafi possiamo essere ben fieri dei progressi compiuti dalla Libia nel campo della libertà, della sicurezza, dei diritti umani e della civiltà. Grazie all’intervento politico e militare dell’Occidente è stato rovesciato un regime brutale e noi occidentali siamo stati bravi a non farci incantare dalle bugie del Colonnello che ci voleva convincere che tra i ribelli c’erano milizie islamiste e di al-Qaeda. Così come non abbiamo creduto agli ammonimenti dell’Unione Africana che sosteneva che il crollo di Gheddafi avrebbe trasformato la Libia in una Somalia sulle rive del Mediterraneo. Neppure quando il Consiglio Nazionale di Transizione, l’organismo politico dei ribelli assicurò che in Libia sarebbe stata imposta la sharìa abbiamo voluto riflettere su cosa stavamo facendo.  Infatti oggi la Cirenaica è in mano ai jihadisti e alle milizie che si richiamano ad  al-Qaeda, forze ben presenti del resto in tutto il Paese dove il governo di Tripoli non sembra controllare un granché considerato che ci sono almeno 70 milizie armate che hanno ormai feudalizzato la Libia.

 
 

E’ anche vero che le armi trafugate dalle caserme  di Gheddafi e i miliziani tuareg un tempo al servizio del Colonnello hanno permesso di scatenare i il caos in Malì dove l’intervento francese ha probabilmente solo dato il via a un nuovo conflitto insurrezionale che potrebbe anche coinvolgere di nuovo il sud della Libia.

Ma si tratta di bazzecole in confronto al progresso sociale e politico che la Libia ha compiuto da quando è stato seviziato e ucciso quel tiranno megalomane del Colonnello. Il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ci ha rasserenato nei giorni scorsi sostenendo che il tema della sicurezza in Libia ha una “priorità altissima” per l’Italia, perché “condiziona inevitabilmente lo sviluppo economico e sociale del paese” aggiungendo però che le condizioni della sicurezza non sono tali da contrastare la continuità della presenza imprenditoriale” italiana in Libia, “che prosegue ed è positiva anche se c’è ancora molto da fare”.

Dichiarazioni che Terzi ha rilasciato a margine di un seminario alla Farnesina sulla promozione delle libertà religiose. Per ironia della sorte, un tema di stretta attualità nella Libia democratica e pluralista che noi italiani abbiamo contribuito a costruire giungendo perfino a calpestare l’accordo di amicizia stipulato con Gheddafi.

Il 12 febbraio infatti quattro cittadini stranieri sono stati arrestati a Bengasi perché sospettati di essere missionari cristiani e di stampare libri sul Cristianesimo. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza libica precisando che i quattro sono un egiziano, un sudafricano, un coreano e uno svedese con un passaporto degli Stati Uniti.

”Sono stati arrestati nella sede di una casa editrice dove stavano stampando migliaia di libri sulla conversione al Cristianesimo – ha riferito Hussein Bin Hmeid, un ufficiale della sicurezza che ben  rappresenta lo spirito libertario che aleggia sulla nuova Libia. “Il proselitismo è vietato in Libia. Noi siamo un Paese al cento per cento musulmano e questo tipo di azioni interferisce sulla nostra sicurezza nazionale” ha aggiunto Hmeid aggiungendo che gli ”interrogatori stanno andando avanti” e che "i quattro saranno consegnati alla intelligence libica".

A Tripoli non tira un’aria migliore. “Non passa giorno senza che le tombe subiscano atti di vandalismo” ha denunciato Bruno Dalmasso, custode del cimitero italiano nella capitale libica dove i cristiani temono l’aumento dell’estremismo islamico.

“Sono state tirate fuori dalle tombe ossa umane e sparse nel cimitero: le autorità libiche sono venute e hanno scattato fotografie. Hanno promesso di prendere provvedimenti, ma non è stato fatto nulla”.

Dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi, nel 2011, i timori della piccola comunità cristiana libica sono aumentati, soprattutto dopo che una chiesa nel dicembre scorso è stata bombardata a Dafniya provocando due morti. 

Padre Dominique Rezeau sottolinea che in Libia c’erano 100mila cristiani prima della rivoluzione e “ora sono poche migliaia”. Un bel risultato davvero nel segno del progresso e dei diritti umani anche se il meglio della nuova Libia l’ha fatto vedere il 9 febbraio la sezione costituzionale della Corte Suprema di Tripoli che ha reintrodotto la poligamia, ribaltando una parte della legge sul matrimonio del regime di Muammar Gheddafi che vietava a un uomo di avere più mogli. Una legge modificata dalla Corte Suprema  perché contraria alla sharia, la legge islamica che oggi domina la Libia grazie alle bombe della Nato e al voltafaccia dell’Italia nei confronti “dell’amico e alleato” Gheddafi.

Da oggi un uomo potrà sposare una seconda moglie senza il consenso della prima o l’autorizzazione di un tribunale. Un bel passo avanti verso la civiltà non vi pare?

 

Fonte: http://www.analisidifesa.it/2013/02/liberta-e-democrazia-in-libia/.

http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/9874-liberta-e-democrazia-in-libia.html

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(deutsch / english.

La "Lega degli Esuli" - Bund der Vertriebenen - è la più potente organizzazione della lobby revanscista pangermanica. Analogamente alle organizzazioni degli esuli istriani e dalmati in Italia, essa svolge attività sotto copertura istituzionale, senza però disdegnare iniziative più o meno autonome fortemente destabilizzanti dei rapporti di buon vicinato, quali ad esempio la contestazione dell'accordo di confine tedesco-polacco del 1990. Originariamente costituita da elementi nazisti - si veda l'importantissimo reportage apparso sullo Spiegel lo scorso dicembre: http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-89672216.html - essa continua a sviluppare relazioni con ambienti di estrema destra o ad alimentare, dalle scissioni al suo interno, la formazione di organizzazioni secondarie con posizioni estremistiche, irredentiste e razziste. La "Lega degli Esuli" tedesca intrattiene per l'Italia un rapporto privilegiato con la revanscista "Unione degli Istriani" di Lacota - https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/romaberlinofoibe.htm ; allo stesso tempo però si muove in un terreno caratterizzato da posizioni spiccatamente anti-italiane, in particolare per quanto riguarda la questione sudtirolese... )


Merkel beim Bund der Vertriebenen


0) LINKS
1) Die Kanzlerin beim BdV 2013. Cohesive Force for Europe / Bindekraft für Europa.
2) Die Kanzlerin beim BdV 2012. Deutsch-Polnische Grenzfrage: Gespräch mit Prof. Dr. Christoph Koch (Deutsch-Polnischen Gesellschaft)
3) "Fremdbestimmt im eigenen Land". Der "Verein für deutsche Kulturbeziehungen im Ausland"


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SEE ALSO / AUCH ZU LESEN:

Die deutsche Ostsiedlung
Der Bund der Vertriebenen (BdV) kündigt ein neues PR-Projekt zur Werbung für das "Deutschtum" in Ost- und Südosteuropa an... (2009)

German Settlements in the East
The German Federation of Expellees (BdV) has announced a new PR-project to promote "Germandom" in East- and Southeast Europe... (2009)

Germany: The dispute over Erika Steinbach
By Justus Leicht / WSWS - 9 December 2009
Since taking office, the new German government has been involved in a conflict over the filling of one particular post... It concerns the membership of the supervisory board of the government foundation, “Flight, Expulsion, Reconciliation,” or, more precisely, the appointment of Erika Steinbach, president of the Association of Displaced Persons (Bund der Vertriebenen—BdV), onto the board of this otherwise insignificant body...

Expelled From Among the Living
A study on the history of the German League of Expellees (Bund der Vertriebenen - BdV) financed by the German government is relativizing the Nazi-activities of former "expellee" functionaries... (2010)

Weichen für die Zukunft
Die "Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung", die auf eine Initiative des "Bundes der Vertriebenen" zurückgeht, ist Gegenstand scharfer internationaler Kritik... (2010)

Historisch vermintes Gebiet
Der Bund der Vertriebenen (BdV) eröffnet seine bundesweiten Veranstaltungen zum diesjährigen "Tag der Heimat" mit neuen Forderungen und heftigen Attacken gegen mehrere osteuropäische Nachbarstaaten... (2011)

Historically Mined Terrain 
The League of Expellees (Bund der Vertriebenen, BdV) opened its annual national "Homeland Day" commemorations this year with new demands and strong attacks against several east European neighboring countries... (2011)

Die eigentliche Provokation
Proteste von NS-Opferverbänden begleiten die aktuelle Reise der Präsidentin des Bundes der Vertriebenen (BdV), Erika Steinbach, nach Polen... (2011)

Hausherren in spe 
Aktivisten der äußersten deutschen Rechten kündigen neue Prozesse gegen Polen auf Rückgabe ehemaligen "Vertriebenen"-Eigentums an. Der "Eigentümerbund Ost" und der "Zentralrats der vertriebenen Deutschen", extrem rechte Abspaltung des "Bundes der Vertriebenen"... (2012)

Proprietors in Waiting
Extreme rightwing German militants have announced new lawsuits against Poland to have former property of "expelled" Germans returned. The "Property Owners Association - East (EBO)" and the "Central Council of German Expellees," an extreme rightwing organization, which had split off from the "League of Expellees"... (2012)

Neben den Toten von Auschwitz 
Im Beisein der deutschen Kanzlerin hat der Bund der Vertriebenen (BdV) am gestrigen Dienstag an zentralem Ort im Herzen Berlins eine neue Ausstellung eröffnet... (2012)

Alongside the Dead of Auschwitz 
Yesterday the League of Expellees (BdV) opened a new exhibition right in the heart of Berlin with the German Chancellor in attendance... (2012)

Träger des Regimes
Von Wiegrefe, Klaus / Der Spiegel 19.11.2012
Das Institut für Zeitgeschichte hat die Vergangenheit des Bundes der Vertriebenen untersucht: An der Spitze des Verbands standen fast ausnahmslos NS-belastete Funktionäre...



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Cohesive Force for Europe
 
2013/03/13

BERLIN/BUDAPEST/SIBIU
 
(Own report) - With her appearance at yesterday's annual reception of the German League of Expellees (BdV), the German chancellor has again demonstrated her appreciation of its significance for Berlin's foreign policy. Already at last years BdV annual reception, the chancellor had declared that the resettled Germans serve as a "link" to their regions of origin in Eastern and Southeastern Europe and, along with the local German speaking minorities, as "an extraordinary cohesive force" in an increasingly integrated EU. Hungary is a current example. That country improved its bilateral relations by declaring a day of commemoration of the resettlement of Germans. On Monday, Norbert Lammert, President of the German Bundestag, participated in the commemoration ceremonies for the resettled Germans held in the Hungarian parliament. Unexpectedly, a prominent Germandom functionary has recently been appointed deputy chairperson of one of the ruling parties, in Rumania - in an effort to improve relations to Germany, according to observers. At the same time, extreme right wing forces remain active in the "expellees" associations. In late 2012, one of the largest homeland associations awarded its "Cultural Prize for Science" to a prominent publicist, who denies that Germany bears sole responsibility for World War II.

A Good Tradition

The German Chancellor's appearance at yesterday's annual German League of Expellees (BdV) reception has a long tradition. While still a member of the opposition, she had paid her respects by attending the event back in 2005. Last year, Merkel referred to her "participation at the Expellees annual reception as a good tradition." Only conflicting schedules - "something unexpected" - could thwart her participation.[1] Not only Merkel, but also the German Interior Minister was on hand at yesterday's reception.

Ethnic Integration

In her speech at last year's BdV reception, the chancellor underlined the resettled Germans' role for Berlin's foreign policy, a primary motive for the great attention paid by the German government to the "expellees'" associations. The resettled Germans serve as a "link" to their regions of origin in Eastern and Southeastern Europe, where German-speaking minorities are still living today. These minorities, while rooted in their countries, have again close links to Germany, with the active assistance of the German Interior Ministry and various private organizations. (german-foreign-policy.com reported.[2]) They are predestined to serve as "mediators (...) between the peoples," according to Merkel.[3] The German-speaking Eastern and Southeastern European minorities and their "rich cultural heritage" are "part of our German identity" and could, in the long run, develop as "a extraordinary cohesive force in Europe." With their close relations to the power centre on the continent, they "contribute to European integration."

Bridges to Germany

The meeting of a German-Rumanian government commission in Sibiu, Rumania, last week, is a current example of this "cohesive force" of Southeast European Germandom. The Parliamentarian State Secretary in the German Interior Ministry, Christoph Bergner, met with the State Secretary in the Rumanian Foreign Ministry, George Ciamba. The commission is meeting on a regular basis. Representatives of the German speaking minority are also participating. Since 2008, even associations of the resettled Germans - homeland associations with "Rumanian-German" roots - have also been involved. "The German and Rumanian sides" are aware "that it is of prime importance for the overall European interest," to "reinforce" Rumania's German-speaking minority's "identity and viability." Only then would it "be capable of building cross-border bridges," explained Bergner.[4] The "bridges" built by the German speaking minority are also comprised of German companies' investments, profiting from the double advantage, of low Rumanian wages and German speaking intermediaries in Sibiu. (german-foreign-policy.com reported [5]).

More than the Minimum Pension

According to a recent census, the minority, comprising less than 40,000 people, has always received comprehensive assistance from the German government. In 2013, it will be allocated 1.72 million Euros by the German Interior Ministry and 440,000 Euros by the foreign ministry. Even the government of poverty-stricken Rumania will support the German speaking "bridge builders" with approx. 1.45 million Euros in 2013. The support Rumania's German-speaking citizens receive, on an average, clearly surpasses the minimum pension of that country's more than 600,000 non-German-speaking pensioners.

Top Government Positions

The unprecedented financial support, as well as the important role played by German companies in and around Sibiu, home to a portion of the German-speaking minority, have significantly contributed to Klaus Johannis' success. Johannis, the longtime chairman of the minority organization "Democratic Forum of Germans in Rumania" (DFDR), has been mayor of the former Hermannstadt since 2000 and was confirmed in office last year by a clear majority. He has excellent relations with official and private bodies in Germany, and, in late 2009, he had already been in consideration for Rumania's interim prime minister.[6]. At the end of February 2013, he unexpectedly joined the PNL ruling party and was elected First Deputy Party Chairman later that month. Observers assume that PNL Chairman Crin Antonescu, who is seeking to embellish his image "on the European stage," initiated this move. His image was severely tarnished by antidemocratic manipulations. Antonescu is courting Berlin by announcing that he could envisage Johannis, who had been closely cooperating for decades with the German government, in top government positions, such as prime minister or even as president of Rumania.[7]

Memorial Day for the Germans

Another example of the "cohesive force" of German-speaking minorities and resettled Germans could be observed last Monday in Budapest. At a memorial service in the Hungarian parliament, attended by numerous parliamentarians and members of the government, the resettlement of a significant number of Hungary's German-speaking minority in the aftermath of World War II was commemorated. The presidents of the parliaments of both countries along with BdV President Erika Steinbach were among those, who held speeches and presented messages of greetings. Hungary is the first country in Eastern and Southeastern Europe to set aside a memorial day commemorating the resettled, which was observed January 19, 2013, for the first time.[8] According to the BdV, its association has been working "for a long time" very closely with the "top political level" of the Hungarian establishment. Back in 1995, Budapest expressed "its apologies for the banishment;" by 2006, one could at least point to "the creation of a national memorial and a monument in Budapest." Then in 2007, "a memorial conference" was held "in the Hungarian parliament, on the banishment of the Germans."[9] The cooperation with the German-speaking minority and the resettled Germans is certainly beneficial to Hungary. That country maintains close relations to Hungarian-speaking minorities in Slovakia, and especially in Rumania, for which there is identical support and, therefore, identical possibilities for influence as are being demanded for the German-speaking minority.[10]

Open-minded Reevaluation of History

Inside the associations of resettled Germans, being used by Berlin to create, in cooperation with the local minorities, the "cohesive force" for the Europe of the future, there are also other forces in action. These are using Germandom policy to make property claims or even openly put into question German guilt for the Second World War. For example, Rudi Pawelka is a member of the BdV National Committee, whose annual reception Chancellor Merkel honored yesterday. Pawelka is also the chair of the Silesian Homeland Association, in which the activities of ultra right-wingers have been tolerated. (german-foreign-policy.com reported.[11]) Hans-Günther Parplies, Chair of the North Rhine-Westphalian BdV Regional Association, is also a member of the BdV National Committee. He, along with Pawelka, is a member of the Supervisory Board of the "Prussian Trust Fund," which has initiated lawsuits to regain property rights over estates that once belonged to resettled Germans, but, became Polish property after World War II.[12] Stephan Grigat is Vice President of the BdV and speaker of the East Prussian Homeland Association, which awarded its "Cultural Prize for Science" to the publicist Ret. Maj. Gen. Gerd Schultze-Rhonhof. He received the prize for his "contribution toward an open-minded and truthful reevaluation of the preceding history and the causes leading up to the Second World War." His most famous piece of work - evaluating particularly Poland's role before September 1, 1939 - bore the programmatic title "The War, which had Many Fathers."

[1] Rede von Bundeskanzlerin Angela Merkel beim Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen am 20. März 2012 in Berlin
[2] see also Cultivating RelationshipsWertvolle Stützpunkte and Hintergrundbericht: Die Föderalistische Union Europäischer Volksgruppen
[3] Rede von Bundeskanzlerin Angela Merkel beim Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen am 20. März 2012 in Berlin
[4] 16. Sitzung der deutsch-rumänischen Regierungskommission in Sibiu/Hermannstadt; www.bmi.bund.de 06.03.2013
[5] see also Übernahme and The Germandom Prize
[6] see also The Impact of Germans in the East
[7] Ethnischer Deutscher erhält Spitzenamt in Regierungspartei; www.spiegel.de 23.02.2013
[8] see also Ansichten eines Mitteleuropäers
[9] Jährlicher Gedenktag im ungarischen Parlament für die vertriebenen Deutschen; www.bund-der-vertriebenen.de 07.03.2013. See also A Special Relationship andTragsäulen der Zukunft (II)
[10] see also Pillars of the Future and Tragsäulen der Zukunft (IV)
[11] see also Ostfahrten
[12] see also "Geklautes Land" and Proprietors in Waiting


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Bindekraft für Europa
 
13.03.2013

BERLIN/BUDAPEST/SIBIU
 
(Eigener Bericht) - Mit ihrem gestrigen Auftritt beim Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen (BdV) würdigt die deutsche Kanzlerin einmal mehr dessen Nutzen für die Berliner Außenpolitik. Die deutschen Umgesiedelten wirkten auch weiterhin als "Bindeglieder" in ihre Herkunftsgebiete in Ost- und Südosteuropa und sorgten gemeinsam mit den dort ansässigen deutschsprachigen Minderheiten für "eine einzigartige Bindekraft" in der zusammenwachsenden EU, hatte die Kanzlerin bereits auf dem BdV-Jahresempfang 2012 erklärt. Ein aktuelles Beispiel ist Ungarn, das die bilateralen Beziehungen mit der Einführung eines Gedenktages an die Umsiedlung der Deutschen aufbessert; an diesem Montag nahm Bundestagspräsident Norbert Lammert an einer Gedenkfeier für die deutschen Umgesiedelten im Parlament in Budapest teil. In Rumänien wurde jüngst ein prominenter Deutschtums-Funktionär aus dem Stand zum stellvertretenden Vorsitzenden einer Regierungspartei ernannt; Beobachter schreiben dies dem Bemühen zu, die Beziehungen zur Bundesrepublik zu verbessern. Gleichzeitig bleiben in den "Vertriebenen"-Verbänden Rechtsaußen-Kräfte aktiv: Ende 2012 ehrte eine der größten Landsmannschaften einen prominenten Leugner der deutschen Alleinschuld am Zweiten Weltkrieg mit ihrem "Kulturpreis für Wissenschaft".

Eine gute Tradition

Mit ihrem Besuch beim gestrigen Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen (BdV) setzt die deutsche Kanzlerin eine seit Jahren geübte Praxis fort. Bereits 2005 hatte sie - damals noch in der Opposition - die Zusammenkunft mit ihrer Anwesenheit beehrt. Es sei für sie "eine gute Tradition geworden, am Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen teilzunehmen", bekräftigte Merkel im vergangenen Jahr; allenfalls Terminkollisionen - "Unvorhergesehenes" - könnten ihr "einen Strich durch die Rechnung" machen.[1] Zusätzlich zu Merkel nahm an dem gestrigen Treffen auch der Bundesinnenminister teil.

Völkische Integration

In ihrer Rede beim letztjährigen BdV-Jahresempfang hatte die Kanzlerin die außenpolitische Rolle der Umgesiedelten hervorgehoben, die ein ganz zentrales Motiv für die große Aufmerksamkeit ist, die die Bundesregierung den "Vertriebenen"-Verbänden bis heute entgegenbringt. Demnach bilden die Umgesiedelten "Bindeglieder" in ihre Herkunftsgebiete in Ost- und Südosteuropa, in denen bis heute noch deutschsprachige Minderheiten leben. Diese Minderheiten, in ihren Staaten verankert, zugleich aber - mit tatkräftiger Unterstützung des Bundesinnenministeriums und diverser privater Organisationen - heute wieder recht eng an Deutschland angebunden (german-foreign-policy.com berichtete [2]), seien als "Vermittler (...) zwischen unseren Völkern" geradezu prädestiniert, urteilte Merkel.[3] Die ost- und südosteuropäischen Minoritäten deutscher Sprache und ihr "reichhaltige(s) Kulturerbe", das "Teil unserer deutschen Identität" sei, könnten auf lange Sicht "eine einzigartige Bindekraft in Europa" entfalten. Mit ihren engen Beziehungen zum Machtzentrum des Kontinents machten sie sich "um die europäische Integration verdient".

Brücken nach Deutschland

Ein aktuelles Beispiel für die "Bindekraft" des südosteuropäischen Deutschtums bietet die jüngste Sitzung einer deutsch-rumänischen Regierungskommission, die letzte Woche im rumänischen Sibiu stattfand. Der Parlamentarische Staatssekretär im Bundesinnenministerium Christoph Bergner traf dabei mit dem Staatssekretär im rumänischen Außenministerium George Ciamba zusammen. Die Kommission tagt regelmäßig unter Beteiligung von Vertretern der deutschsprachigen Minderheit; seit dem Jahr 2008 sind zudem die Umgesiedelten-Verbände in Gestalt der Landsmannschaften mit "rumäniendeutschem" Hintergrund involviert. "Sowohl die deutsche als auch die rumänische Seite" seien sich bewusst, "dass es im gesamteuropäischen Interesse außerordentlich wichtig" sei, die deutschsprachige Minderheit Rumäniens "in ihrer Identität und Lebensfähigkeit zu stärken"; sie sei nur dann "in der Lage, länderübergreifende Brücken zu bauen", äußerte Bergner.[4] Die "Brücken", die die deutschsprachige Minderheit baut, bestehen nicht zuletzt in Investitionen deutscher Firmen, die den doppelten Vorteil rumänischer Niedrigstlöhne sowie deutschsprachigen Kontaktpersonals in Sibiu mit Gewinn nutzen (german-foreign-policy.com berichtete [5]).

Mehr als die Mindestrente

Die Minderheit, die laut jüngsten Zählungen nicht einmal 40.000 Menschen umfasst, wird seit je von der Bundesregierung umfassend gefördert; 2013 soll sie vom Bundesinnenministerium rund 1,72 Millionen Euro und vom Auswärtigen Amt 440.000 Euro erhalten. Auch die Regierung des bitter armen Rumänien trägt zur Unterstützung der deutschsprachigen "Brückenbauer" bei - 2013 mit rund 1,45 Millionen Euro. Im Durchschnitt liegen die Fördermittel, die ein Deutschsprachiger in Rumänien erhält, rechnerisch klar über der Mindestrente, von der weit über 600.000 nicht deutschsprachige Rentner in dem Land leben müssen.

Höchste Staatsämter

Die beispiellose finanzielle Unterstützung sowie die wichtige Rolle deutscher Firmen in und bei Sibiu, wo ein Teil der deutschsprachigen Minderheit lebt, haben maßgeblich zum Erfolg von Klaus Johannis beigetragen. Johannis, der langjährige Vorsitzende der Minoritätenorganisation "Demokratisches Forum der Deutschen in Rumänien" (DFDR), amtiert seit dem Jahr 2000 als Bürgermeister des früheren Hermannstadt und ist letztes Jahr mit klarer Mehrheit erneut im Amt bestätigt worden. Er verfügt über beste Verbindungen zu staatlichen und privaten Stellen in der Bundesrepublik und war bereits Ende 2009 als rumänischer Übergangs-Ministerpräsident im Gespräch [6]; Ende Februar 2013 ist er überraschend in die Regierungspartei PNL eingetreten und noch im selben Monat zum Ersten Stellvertretenden Parteivorsitzenden gewählt worden. Beobachter vermuten, der Schritt sei vom PNL-Vorsitzenden Crin Antonescu initiiert worden, weil dieser sein wegen antidemokratischer Manipulationen stark ramponiertes Image "auf europäischer Bühne" verbessern wolle. Antonescu wirbt gegenüber Berlin mit der Ankündigung, er könne sich den seit Jahrzehnten aufs engste mit der Bundesregierung kooperierenden Johannis in höchsten Staatsämtern vorstellen, etwa als Premierminister oder gar als Staatspräsident Rumäniens.[7]

Gedenktag für die Deutschen

Ein weiteres Beispiel für die "Bindekraft" der deutschsprachigen Minderheiten und der deutschen Umgesiedelten konnte an diesem Montag in Budapest beobachtet werden. Bei einer Gedenkfeier im ungarischen Parlament, bei der zahlreiche Parlamentarier und Regierungsmitglieder zugegen waren, wurde der Umsiedlung größerer Teile der deutschsprachigen Minderheit Ungarns im Anschluss an den Zweiten Weltkrieg gedacht. Ansprachen und Grußworte hielten unter anderem die Präsidenten der Parlamente beider Länder sowie BdV-Präsidentin Erika Steinbach. Ungarn hat als erstes Land in Ost- und Südosteuropa einen Gedenktag für die Umgesiedelten eingerichtet, der am 19. Januar 2013 erstmals begangen wurde.[8] Beim BdV heißt es, man arbeite schon "seit langem" recht eng mit den "politischen Spitzen" des ungarischen Establishments zusammen. Bereits 1995 habe Budapest "eine Entschuldigung für die Vertreibung" geäußert, 2006 habe man immerhin "die Errichtung einer Landesgedenkstätte und eines Denkmals in Budapest" verzeichnen können. 2007 gab es dann "eine Gedenkkonferenz zur Vertreibung der Deutschen im ungarischen Parlament".[9] Für Ungarn lohnt sich freilich die Kooperation mit der deutschsprachigen Minderheit und den Umgesiedelten: Das Land unterhält enge Beziehungen zu den ungarischsprachigen Minderheiten in der Slowakei und vor allem in Rumänien, für die es eine identische Unterstützung und damit zugleich identische Einflussmöglichkeiten wie im Falle der deutschsprachigen Minderheit verlangt.[10]

Unvoreingenommene Geschichtsbetrachtung

In den Verbänden der deutschen Umgesiedelten, die Berlin nutzt, um in Zusammenarbeit mit den Minderheiten "Bindekraft" für das künftige Europa herzustellen, sind dabei weiterhin Kräfte aktiv, die aus der Deutschtums-Politik Eigentumsansprüche ableiten oder gar die deutsche Kriegsschuld offen in Frage stellen. Dem Bundesausschuss des BdV, dessen gestrigen Jahresempfang Kanzlerin Merkel mit ihrer Anwesenheit beehrt hat, gehört beispielsweise Rudi Pawelka an, der Vorsitzende der Landsmannschaft Schlesien, in deren Strukturen sich ultrarechte Aktivisten betätigen konnten (german-foreign-policy.com berichtete [11]). Mitglied im BdV-Bundesausschuss ist etwa auch Hans-Günther Parplies, der Vorsitzende des nordrhein-westfälischen BdV-Landesverbandes, der gemeinsam mit Pawelka dem Aufsichtsrat der "Preußischen Treuhand" angehört; diese sucht vor Gericht Liegenschaften, die einst deutschen Umgesiedelten gehörten, nach dem Weltkrieg aber zu polnischem Eigentum wurden, in deutschen Besitz zurückzuklagen.[12] Vizepräsident des BdV ist Stephan Grigat, Sprecher der Landsmannschaft Ostpreußen, die Ende 2012 ihren "Kulturpreis für Wissenschaft" an den Generalmajor a.D. der Bundeswehr und Publizisten Gerd Schultze-Rhonhof verliehen hat. Schultze-Rhonhof wurde von ihr für seine "Verdienste um die unvoreingenommene und wahrheitsgemäße Aufarbeitung der Vorgeschichte und der Ursachen des Zweiten Weltkrieges" geehrt. Der programmatische Titel seines bekanntesten Werks, das sich insbesondere mit der Rolle Polens vor dem 1. September 1939 befasst, lautet: "Der Krieg, der viele Väter hatte".

[1] Rede von Bundeskanzlerin Angela Merkel beim Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen am 20. März 2012 in Berlin
[2] s. dazu Beziehungen pflegenWertvolle Stützpunkte und Hintergrundbericht: Die Föderalistische Union Europäischer Volksgruppen
[3] Rede von Bundeskanzlerin Angela Merkel beim Jahresempfang des Bundes der Vertriebenen am 20. März 2012 in Berlin
[4] 16. Sitzung der deutsch-rumänischen Regierungskommission in Sibiu/Hermannstadt; www.bmi.bund.de 06.03.2013
[5] s. dazu Übernahme und Der Deutschtumspreis
[6] s. dazu Das Wirken der Deutschen im Osten
[7] Ethnischer Deutscher erhält Spitzenamt in Regierungspartei; www.spiegel.de 23.02.2013
[8] s. dazu Ansichten eines Mitteleuropäers
[9] Jährlicher Gedenktag im ungarischen Parlament für die vertriebenen Deutschen; www.bund-der-vertriebenen.de 07.03.2013. S. auch Ein besonderes Verhältnis undTragsäulen der Zukunft (II)
[10] s. dazu Tragsäulen der Zukunft und Tragsäulen der Zukunft (IV)
[11] s. dazu Ostfahrten
[12] s. dazu "Geklautes Land" und Hausherren in spe


=== 2 ===

Die Kanzlerin beim BdV
 
26.03.2012

BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Revisionistische Inhalte in der letzte Woche eröffneten Ausstellung "Heimatweh" des Bundes der Vertriebenen (BdV) stützen sich auf offizielle Rechtspositionen des deutschen Staates. Dies zeigt eine Analyse der Auffassungen, die die Bundesrepublik zu zentralen Völkerrechtsfragen vertritt. So können sich die BdV-Ausstellungsmacher mit der Behauptung, die Umsiedlung der Deutschen sei "Unrecht" gewesen, auf gleichlautende Stellungnahmen Berlins beziehen, die ihrerseits in der Nicht-Anerkennung des Potsdamer Abkommens von 1945 durch alle Bundesregierungen seit 1949 gründen. Auch Entschädigungsforderungen, wie sie immer wieder in den Verbänden der deutschen "Vertriebenen" gestellt werden, können an alte Rechtspositionen des bundesdeutschen Staates anknüpfen, die die "Eigentumsfrage" systematisch offenhalten. Selbst die deutsch-polnische Grenze sei nur durch einen "Grenzbestätigungsvertrag" bestätigt; bis heute fehle ihr die bedingungslose Anerkennung, erklärt der Vorsitzende der Deutsch-Polnischen Gesellschaft der Bundesrepublik Deutschland, Prof. Dr. Christoph Koch, im Gespräch mit dieser Redaktion. In den engen Kontakten zwischen BdV und Bundesregierung, die sich letzte Woche in der Teilnahme der Bundeskanzlerin an der BdV-Ausstellungseröffnung im Berliner Kronprinzenpalais zeigten, findet die inhaltliche Nähe eine adäquate Entsprechung.

Potsdamer Abkommen

Die Behauptung der Bundesrepublik, die Umsiedlung der Deutschen nach dem Zweiten Weltkrieg sei "Unrecht" gewesen, gründet sachlich in der Nicht-Anerkennung einer zentralen Übereinkunft der Nachkriegszeit - des Potsdamer Abkommens vom 2. August 1945. Das Abkommen sollte zur Grundlage für den Aufbau eines nicht-nazistischen Deutschlands werden. Neben Bestimmungen über die Entnazifizierung und die Entmilitarisierung des besetzten Gebietes enthielt es Beschlüsse über die "ordnungsgemäße Überführung deutscher Bevölkerungsteile". Sie sind im Abschnitt XIII festgehalten; darin heißt es: "Die drei Regierungen haben die Frage unter allen Gesichtspunkten beraten und erkennen an, daß die Überführung der deutschen Bevölkerung oder Bestandteile derselben, die in Polen, Tschechoslowakei und Ungarn zurückgeblieben sind, nach Deutschland durchgeführt werden muß." Die Passage begründet die Legalität der Umsiedlung, die dann jeweils in nationalen Ausführungsbestimmungen genauer geregelt wurde - in der Tschechoslowakei durch die Beneš-Gesetze, in Polen durch die Bierut-Dekrete. Sachlich knüpfen auch die jugoslawischen AVNOJ-Dekrete, die die Umsiedlung der Deutschen aus Jugoslawien festschrieben, daran an.

Niemals anerkannt

Die Bundesrepublik hat das Potsdamer Abkommen nie akzeptiert. "Die Potsdamer Beschlüsse", schrieb einer der einflussreichsten deutschen Völkerrechtler 1996, "waren für Deutschland eine res inter alios acta", ein unzulässiger Vertrag zu Lasten Dritter - und dementsprechend habe Bonn "die Rechtswirkung der Potsdamer Beschlüsse niemals anerkannt".[1] Aus genau diesem Grund nutzen zahlreiche deutsche Völkerrechtler bis heute die Bezeichnung "Beschlüsse" statt "Abkommen", da dies den angeblich nicht verbindlichen Charakter des Dokuments deutlich mache. Heute erklärt die Bundesregierung, das Potsdamer Abkommen sei "ein abgeschlossenes historisches Kapitel", daher könne es keinerlei Bindewirkung mehr entfalten.[2] Daraus ergibt sich, dass auch die Umsiedlung, die ihre Grundlage im Potsdamer Abkommen hat, nicht als legal anerkannt, sondern als "Unrecht" eingestuft wird. Demzufolge gelten zum Beispiel auch die Beneš-Gesetze der Bundesrepublik als verbrecherisch und werden von jeder Bundesregierung seit 1949 - mehr oder weniger aktiv - zurückgewiesen.

Ausdrücklicher Vorbehalt

Aus der Auffassung, die Umsiedlung sei "Unrecht", folgt die Ansicht, dass auch die Enteignung der Deutschen vor allem in Polen, Tschechien, Ungarn und Jugoslawien widerrechtlich geschehen sei - und grundsätzlich mit Restitution oder zumindest Entschädigung geahndet werden müsse. Bonn hat schon das Lastenausgleichsgesetz von 1952 "unter dem ausdrücklichen Vorbehalt" formuliert, "daß die Gewährung und Annahme von Leistungen" der Bundesrepublik zugunsten der Umgesiedelten "keinen Verzicht auf die Geltendmachung von Ansprüchen und Rückgabe des von den Vertriebenen zurückgelassenen Vermögens bedeutet". Die genannte Passage findet sich bis heute in der Präambel des zuletzt am 23. Mai 2011 geänderten Gesetzes. Die Auffassung, die Enteignung sei ungesetzlich gewesen, ist die Rechtsposition jeder Bundesregierung seit 1949 gewesen; darauf weist - zu Recht - regelmäßig der Bund der Vertriebenen (BdV) hin (german-foreign-policy.com berichtete [3]) Zum Thema gehört auch, dass bis heute jede Bundesregierung die Auffassung dezidiert zurückweist, das Münchner Diktat vom 30. September 1938 - im Unterschied zum Potsdamer Abkommen, das nach der bedingungslosen Kapitulation des NS-Reichs korrekt geschlossen wurde, in der Tat ein illegaler Vertrag zu Lasten Dritter - sei "ex tunc" (von Anfang an) "null und nichtig" gewesen. Dabei handelt es sich ebenfalls um einen juristischen Winkelzug, der bis heute Eigentumsansprüche deutscher Umgesiedelter offenhalten soll (german-foreign-policy.com berichtete [4]).

Entschädigungsforderungen

Inwieweit allerdings Entschädigungsforderungen heute durchsetzbar sind, das ist eine Frage, die unter den Umgesiedelten unterschiedlich beurteilt wird. Tatsächlich wären Entschädigungen nicht präzedenzlos. Ungarn hat - als erster Staat - schon im Jahr 1992 beschlossen, "Ungarndeutschen" Entschädigungen zu zahlen, und dies - in geringem Umfang - auch getan.[5] Derzeit sind vor allem in den Nachfolgestaaten Jugoslawiens Entwicklungen im Gang, die auf das gleiche Ergebnis zielen. Letztes Jahr hat Serbien ein neues Restitutionsgesetz beschlossen, das die Ansprüche umgesiedelter Deutscher erfüllen soll; vor allem österreichische Umgesiedeltenverbände beobachten die Situation mit großem Interesse. Lediglich Polen, Tschechien und die Slowakei, die von Entschädigungen am stärksten betroffen wären, beharren - in voller Übereinstimmung mit internationalen Normen - auf ihrem Recht. Unter den deutschen Umgesiedelten ist es umstritten, ob man konkrete Schritte gegen sie einleiten soll. Während die Spitze des BdV, die regelmäßigen Kontakt mit der Bundesregierung unterhält, wegen der fatalen außenpolitischen Konsequenzen dringend abrät, beschreiten Hardliner immer wieder den Rechtsweg. Erst kürzlich kündigte eine ultrarechte Initiative neue Schritte an.[6]

Grenzfragen

Nicht abschließend geklärt sind bis heute sogar Grenzfragen. Im Gespräche mit dieser Redaktion weist der Vorsitzende der Deutsch-Polnischen Gesellschaft, Prof. Dr. Christoph Koch, darauf hin, dass der Vertrag, den die Bundesrepublik Deutschland und die Republik Polen am 14. November 1990 über ihre Grenze schlossen, ein "Grenzbestätigungsvertrag" ist: Er "bestätigt" die zwischen den beiden Ländern faktisch bestehende Grenze und gewährt zusätzlich nur einen Gewaltverzicht. "Grenzbestätigung plus Gewaltverzicht" ergäben jedoch keine abschließende Grenzanerkennung, resümiert Koch, der warnt, dies könne durchaus relevant werden, sollten - keineswegs zum ersten Male in der Geschichte - unvorhersehbare Umstände zu einer Schwächung des polnischen Staates führen. Darüber hinaus lässt auch die sogenannte Deutschland-Doktrin, die das Bundesverfassungsgericht im Jahr 1973 für sämtliche Staatsorgane verbindlich festgelegt hat, eine Aushebelung des Grenzbestätigungsvertrages über eigentümliche staatsrechtliche Konstruktionen prinzipiell zu.[7] Wie Koch berichtet, ist der Deutsche Bundestag einem Appell der Deutsch-Polnischen Gesellschaft vom Frühjahr 2005 nicht nachgekommen, die "Deutschland-Doktrin", um Zweifel an der Anerkennung der deutsch-polnischen Grenze endgültig auszuräumen, in aller Form zurückzunehmen. (Unser Interview finden Sie hier.)

Staatshilfen

Der BdV, der letzte Woche im Beisein der deutschen Kanzlerin seine Ausstellung "Heimatweh" im Berliner Kronprinzenpalais eröffnet hat [8], kann sich bei seinen Revisionsaktivitäten zuverlässig auf die Rechtspositionen der Bundesrepublik stützen. Dass neben der Kanzlerin auch der deutsche Innenminister und Bundestagsabgeordnete bei der Ausstellungseröffnung zugegen waren und eine Vorläuferausstellung sogar im Bundestag gezeigt werden konnte, trägt diesem Sachverhalt ebenso Rechnung wie die Tatsache, dass die Umgesiedelten-Verbände bis heute jährlich mit zweistelligen Millionenbeträgen aus dem Bundeshaushalt subventioniert werden. Über die staatliche Politik, die die BdV-Aktivitäten begleitet, berichtet german-foreign-policy.com in wenigen Tagen.

Bitte lesen Sie auch unser Interview mit Prof. Dr. Christoph Koch sowie unseren Vorab-Bericht zur neuen BdV-Ausstellung: Neben den Toten von Auschwitz.

[1] Christian Tomuschat: Die Vertreibung der Sudetendeutschen. Zur Frage des Bestehens von Rechtsansprüchen nach Völkerrecht und deutschem Recht, Heidelberg 1996
[2] Deutscher Bundestag, Drucksache 13/4439 vom 23.04.1996
[3] s. dazu Neue Souveränität und Die eigentliche Provokation
[4] s. dazu Moralische Grundlage
[5] s. dazu Ein besonderes Verhältnis
[6] s. dazu Hausherren in spe
[7] s. dazu Nur bestätigt
[8] s. dazu Neben den Toten von Auschwitz

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KRAJINA Notizie - Marzo 2013

Scritto da CIVG

 A cura del Forum Belgrado Italia e CIVG

 

KRAJINA Notizie, è un impegno di informazione e solidarietà, non legato a partiti o ideologie, ma orientato ad una informazione ed a una solidarietà con il popolo sofferente, annichilito e da tutti ormai dimenticato, delle Krajine. Una informazione legata a dati, fatti, documentazioni ufficiali, ma spesso nascoste o eluse dai media occidentali.

Sarà uno spazio informativo di documenti, foto, segnalazioni di filmati, dichiarazioni, prove dei crimini commessi in quelle terre, nella storia e nel presente, e, al tempo stesso, portare informazioni aggiornate sulla situazione attuale. 

KRAJINA Notizie si propone il superamento di astiosità, della violenza, il rigetto dei conflitti interetnici e la diffusione di odio etnico, nazionale o razziale e dell'intolleranza.

Per realizzare questo è necessario un lavoro per la verità e la giustizia, che sveli interessi, obiettivi, strategie di chi su quelle tragedie ha costruito il suo dominio anche indiretto, in tutti i sensi.

Dal 1578la comunità serbasi stabilì in questa regione alloradesolatadella Krajina ( frontiera militare).

Da allora fu un luogo dibattaglia costanteei serbi dovettero affrontare secoli di lotte e battaglie per difenderla dalle invasioni, e con essa l’Europa.

Durantela seconda guerra mondialeper manodegli “Ustasha” croati guidati dall’alleato e protetto dal nazifascismo Ante Pavelic, un sanguinario e feroce dittatore,i serbifurono oggetto di un feroce genocidio.

[FOTO] Qui Pavelic saluta le sue truppe croate, armate e vestite dall’esercito nazista

Con la disgregazione della ex Jugoslavia, il rinascente nazifascismo croato, con il sostegnodelle potenze occidentali, il popolo serbo delle Krajine ha conosciuto nuovamente l’annientamento e la distruzione, come durante il tempodi Hitler e MussoliniLe genti serbe sono state cacciate dalle loro terreancestralie dalle loro case e proprietàDall'agosto 1995 la Krajinaè ancora una voltabruciatae desolata.

Da innumerevoli e insospettabili osservatori e rappresentanti internazionali , l’espulsionedeiserbi di Krajinaè stata innegabilmente definita la più grandepulizia etnica ed il più grande esodo di popolo in Europa, dopo lafine dellaseconda guerra mondiale, si tratta di una cifra tra le 250.000 e le 300.000 persone.

 
 

Sommario:

 

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[ORIGINALNI TEKST: Savo Štrbac, 28.11.2012., HAŠKA GORČINA

http://www.veritas.org.rs/28-11-2012-haska-gorcina/ ]


Il rancore verso l’Aja 22.11.2012

 

L’associazione "Veritas" si è costituita nello stesso anno del Tribunale dell'Aia, e in meno di 20 anni della loro esistenza, i loro percorsi si sono spesso incrociati.

A volte sembra che "Veritas" è sopravvissuta in tutti questi anni, proprio perchè ha trovato il significato del proprio lavoro, nella cooperazione molto con l'Ufficio del Procuratore ICTY, ma anche nella convinzione che la giustizia alla fine vincerà.

E non era né semplice né sicuro vivere tra i serbi e lavorare, in quegli anni di guerra, con "odiato" l'ICTY. Il Tribunale dell'Aia non è mai stato benvisto da parte dei Serbi, che sostenevano che era stato fondato con lo scopo di, attraverso un procedimento giudiziario formale, rinforzare nella comunità internazionale e nell'opinione pubblica mondiale, un giudizio precostituito che ritiene i serbi come aggressori e "cattivi". Quindi, il Tribunale doveva essere boicottato con tutti i mezzi.

Neanch'io avevo un'opinione migliore dei compiti e degli obiettivi del tribunale, ma pensai che i giudici sarebbero andati avanti e avrebbero continuato ad operare, nonostante il boicottaggio della Serbia. Già che non possiamo impedire il suo lavoro, dai, dissi a me stesso e agli altri, cerchiamo di lavorarci all'interno, attraverso una leale collaborazione, di modificare il suo scopo primario. E solo cosi vedremo come sarà la loro risposta alle nostre verità e potremo dare una valutazione valida delle loro funzioni.

Dal novembre 1994., quando ero a Knin e, rappresentando "Veritas", ho ricevuto la delegazione del Tribunale per la prima volta, al verdetto di primo grado nel caso "Oluja", ho lavorato, direttamente o indirettamente, con decine di ufficiali e funzionari del Tribunale, tra cui investigatori, pubblici ministeri e giudici. Molti di loro venivano da diverse parti del mondo. Con molte persone ho fatto amicizia e fraternizzato con alcuni. Altri come Nepalka Kabita, hanno pianto tantissimo ascoltando e scrivendo le testimonianze tragiche dei rifugiati di Krajina. Ho incontrato i procuratori capo Louise Arbour e Carla Del Ponte, e accordato con loro una strategia di indagine in cui le vittime erano la gente della Krajina. Ho parlato anche con il loro vice, l’austriaco Blewitt, che mi ha incoraggiato a continuare la collaborazione per portare giustizia per le vittime di Krajina, e anche con la loro portavoce, Artman, che mi ha spesso attaccato per aver interferito nel "suo lavoro".

Il risultato di questa collaborazione sono stati anni di intense ricerche nei casi di: "Gospić '91" (dopo l'inchiesta finita, il caso è stato consegnato alla magistratura croata, e si è concluso con il proscioglimento definitivo di tre dei cinque imputati), "Sacca di Medačk" (dopo l'atto d'accusa contro i tre generali croati , il caso è stato lasciato al sistema giudiziario croato, e si è concluso con il proscioglimento definitivo di uno degli imputati) e "Oluja".

Ci sono stata altre investigazioni episodiche come nei casi di: Pakračka poljana, Paulin Dvor, Osijek, Sisak, Vukovar, Laura, Kerestinac, Marino selo, Varivode, Gošić, Grubori, Dvor ... per i quali il Tribunale ha raccolto prove e le ha consegnate al sistema giudiziario croato. Queste prove hanno portato alla fine ad alcuni processi (con assoluzioni), mentre alcuni casi sono ancora in indagine, e alcuni non sono ancora stati cominciati.

 

Il caso dell’ "Oluja" è l'unico caso (in cui ci sono vittime di Krajina) che è stato processato all'Aia. Il procedimento di primo grado è finito con condanna di due generali croati per aver partecipato ad una "impresa criminale congiunta (UZP), guidata da Tuđjman come presidente del paese, con l'obiettivo dell’ uscita forzata ed espulsione permanente dei serbi dalla regione della Krajina", condannando uno (Gotovina) a 24 anni e un altro (Markač) a 18 anni di carcere.

Noi serbi di Krajina eravamo soddisfati della decisione che descriveva "Oluja" come UZP, perché per noi, questa è diventata un'opportunità reale di recuperare direttamente e ufficialmente quello che ci è stato tolto, come i nostri diritti personali, politici e di proprietà.

E se la Camera d'appello avesse confermato la sentenza di primo grado del UZP, i Serbi di Krajina avrebbero dato una valutazione positiva del Tribunale, che probabilmente sarebbe stata accettata anche dai serbi in generale.

Però, non è stato cosi. I cinque membri del gruppo d'Appello, presieduto dal giudice Meron, che è stato anche il presidente del Tribunale, con la maggioranza dei voti 3 a 2, ha adottato una assoluzione su tutti i fronti e di tutti le prove di accusa. Questo è stato qualcosa che non era mai successo nella pratica di questo Tribunale. Si è scatenata una gioia isterica dei croati, in tutta la nazione. Mentre i serbi sono infuriati e per la prima volta tutti uniti nella loro valutazione che questo verdetto è profondamente ingiusto.

E se solo un giudice della Sezione di Appello avesse cambiato la sua opinione, i ruoli sarebbero completamente cambiati. Per i serbi, l'unica scarsa consolazione è il fatto che cinque degli otto giudici della Camera di primo grado (3) e della Camera d'appello (2) hanno votato per la condanna.

Il fatto che noi serbi siamo indignati di questa decisione della maggioranza della Camera d'appello è del tutto comprensibile, e potrebbe essere interpretata tramite quel motto popolare "chi perde ha il diritto di essere arrabbiato." Ma come facciamo a capire la gravità senza precedenti di disaccordi tra i giudici della Camera d'appello? I giudici che sono rimasti in minoranza sostengono che i giudici hanno ignorato grossolanamente e apertamente mal interpretato la maggior parte dei risultati della Camera di primo grado (giudice Ađijus); il ragionamento della maggioranza lo chiamano "grottesco" e insinuano che questo ragionamento ha avuto motivi extralegali e descrivono il giudizio come "il contrario di qualsiasi concezione della giustizia" (giudice Pocar).

E dal giudizio di questi due giudici, si potrebbe dire, onorevoli giudici, che in conseguenza, la conclusione è che la notorietà del magistrati dell'Aia è completamente distrutta. Il suo presidente Theodor Meron (spero sia l'ultimo) ha certamente contribuito a questo, che nella spiegazione a quanto avvenuto, ha argomentato (su Politika, del 19/11/012,) dandogli un giudizio molto positivo, si potrebbe dire quasi da narcisista, con attributi ed essenze che, purtroppo, non sono stati confermati nei 20 anni della sua esistenza.

Eppure a me non rimane che, con molta amarezza, ammettere che il mio popolo aveva ragione quando affermava dal inizio che questo Tribunale, è davvero anti-serbo.

 


(english / deutsch.
Al di là della retorica, che porta ad innalzare monumenti alle vittime Rom dello sterminio praticato dai nazisti, la Germania è da anni capofila in Europa delle politiche di attacco ai diritti umani fondamentali di Rom e Sinti, a partire dal diritto alla libera circolazione...)



Das Ende der Freizügigkeit
 
11.03.2013

BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Schwere Vorwürfe gegen Politik und Medien in der Bundesrepublik erhebt der Vorsitzende des Zentralrats Deutscher Sinti und Roma. Wie Romani Rose erklärt, werde der aktuelle "Streit um die Freizügigkeit innerhalb der EU" in Deutschland "auf dem Rücken einer Minderheit geführt": "Armutsmigranten" würden pauschal als Roma identifiziert und "pauschal kriminalisiert". Die gegenwärtige Kampagne gegen "Zuwanderer aus Osteuropa" dürfe man "nicht unbefangen hinnehmen". In der Tat fördert die Kampagne, die von den Unionsparteien ebenso wie aus der SPD bedient wird, bereits in starkem Umfang bestehende rassistische Ressentiments gegen Roma. Gleichzeitig setzt sie die Berliner Abschiebe- und Abschottungspolitik gegenüber Roma aus den Staaten Südosteuropas fort, die mit rechtlich zumindest fragwürdigen Mitteln arbeitet und von Menschenrechtsorganisationen seit Jahren scharf kritisiert wird. Auf Widerstand stößt die deutsche Kampagne auch in der EU. Bei der Freizügigkeit handle es sich um einen Grundwert der EU, heißt es in der EU-Kommission mit Blick auf die Forderung Berlins, gegen angebliche "Sozialbetrüger" eine "Wiedereinreisesperre" verhängen zu dürfen. Diese richtet sich auch gegen Armutsflüchtlinge aus Krisenstaaten wie Griechenland, Portugal oder Spanien.

Pauschal kriminalisiert

Schwere Vorwürfe gegen Politik und Medien in der Bundesrepublik erhebt der Vorsitzende des Zentralrats Deutscher Sinti und Roma. Der aktuelle "Streit um die Freizügigkeit innerhalb der EU" werde "in Deutschland auf dem Rücken einer Minderheit geführt", äußert Romani Rose: Man rede von "Armutsmigranten", die "ausschließlich als Roma" identifiziert und "pauschal kriminalisiert" würden - "dass sie Sozialsysteme ausnutzen, dass sie Schmutz und Dreck vor die Haustür werfen und so weiter und so fort". Tatsächlich lebten Sinti und Roma "seit Jahrhunderten" in Deutschland und seien heute weitgehend "unauffällig und völlig integriert". Dass Roma jetzt - als "Zuwanderer aus Osteuropa" - ganz allgemein zur finanziellen Belastung erklärt würden, sei gefährlich.[1] Rose bekräftigt: "Im Rückblick auf die vergangenen Jahre - es gab die NSU-Mordserie, es gab mehr als 100 Morde mit rechtsextremem Hintergrund - kann ich das nicht unbefangen hinnehmen." Bereits vor 20 Jahren führte eine Politik- und Medienkampagne gegen "Armutsmigranten" (damals waren es Asylbewerber) in der Tat dazu, dass Neonazis vor dem Hintergrund der aufgeheizten Stimmung zu tödlicher Gewalt griffen; das Pogrom von Rostock (1992) und der Brandanschlag von Solingen (1993) waren einige der Resultate.

"Endlich gegensteuern!"

Ungeachtet aller Warnungen spitzt die Bundesregierung die Kampagne weiter zu. Schlagzeilen gemacht hatte unlängst der Deutsche Städtetag, der die Behauptung aufgestellt hatte, 2011 seien 147.000 "Armutseinwanderer" aus Rumänien und Bulgarien nach Deutschland gekommen. Zwar war schon die Statistik falsch - drei Fünftel der "Armutseinwanderer" waren nur für kurze Zeit in die Bundesrepublik gekommen, etwa um hier zu Niedrigstlöhnen sogenannte Saisonarbeiten zu verrichten -, doch bekräftigten Politiker umgehend, es müsse "gehandelt" werden: "Wenn nicht endlich gegengesteuert wird, spitzt sich die Situation nach dem 1. Januar 2014 zu", ließ sich der nordrhein-westfälische Sozialminister Guntram Schneider (SPD) zitieren.[2] Letzte Woche legte Bundesinnenminister Hans-Peter Friedrich in einem Presseinterview nach: "Wer (...) nur kommt, um Sozialleistungen zu kassieren (...), der muss wirksam davon abgehalten werden".[3] Am Donnerstag spitzte Friedrich die Debatte weiter zu und erklärte, es drohten ein "Flächenbrand und ein Sprengsatz für die europäische Solidarität".[4] In den Medien wird die Kampagne weitgehend auf Roma fokussiert; so heißt es immer wieder, "Roma aus Bulgarien und Rumänien" trieben "die Sozialausgaben der Kommunen in die Höhe".[5]

"Aus den Innenstädten verbannen"

Die Kampagne kann einerseits an bestehende rassistische Ressentiments gegen Roma anknüpfen - und fördert sie weiter. So zeigt eine Studie aus dem Jahr 2011, dass 27,7 Prozent der Deutschen der Aussage zustimmen: "Sinti und Roma sollten aus den Innenstädten verbannt werden". 40,1 Prozent bejahten den Satz: "Ich hätte Probleme damit, wenn sich Sinti und Roma in meiner Gegend aufhalten". "Bereits Kinder werden [in Deutschland, Anm. d. Red.] früh mit stereotypen 'Zigeuner'-Darstellungen vertraut gemacht", heißt es in einem aktuellen Gutachten über Ressentiments gegen Roma mit Blick auf beliebte Comics, Zeichentrickfilme und Kinderbuchserien.[6] Roma sind auch brutaler Gewalt ausgesetzt. In einer Umfrage von 2006 unter deutschen Roma hieß es in gut einem Zehntel der Antworten, die befragte Person habe schon "Bedrohungen und Beleidigungen" erlebt; die Mehrzahl von ihnen gab an, sogar von Neonazis attackiert worden zu sein. Am 26. Dezember 2009 brannte in Klingenhain (Sachsen) ein von Roma bewohntes Haus nach einem Brandanschlag vollständig aus. Das zitierte Gutachten nennt zahlreiche weitere Belege für brutale Aggression und pauschale Kriminalisierung von Roma in der Bundesrepublik.[7]

Pässe entzogen

Zugleich setzt die aktuelle Kampagne die Berliner Abschiebe- und Abschottungspolitik gegenüber den Roma aus Südosteuropa fort. Schon seit Jahren üben Menschenrechtsorganisationen scharfe Kritik an der Abschiebung von Roma in das Kosovo, wo ihnen massive Verelendung und schwere Diskriminierung droht; diverse deutsche Bundesländer haben die Abschiebungen selbst im Winter nicht ausgesetzt.[8] Wie der Menschenrechtskommissar des Europarats, Nils Muižnieks, unlängst bemängelte, übt Brüssel inzwischen auch Druck auf EU-Beitrittskandidaten wie etwa Mazedonien aus, Roma überhaupt nicht erst in Richtung EU ausreisen zu lassen. Ihm zufolge entziehen die Behörden Mazedoniens zahlreichen Roma die Pässe, um sie am Verlassen des Landes zu hindern; seit die Bürger des Landes kein Visum mehr benötigen, um die Schengen-Zone zu betreten, hätten auch mazedonische Roma selbstverständlich das Recht dazu. Gleichzeitig weist zum Beispiel die Flüchtlingsorganisation Pro Asyl darauf hin, dass Mazedonien, um die wichtige Visafreiheit nicht zu verlieren, deutsch-europäischem Druck gegenüber recht empfänglich geworden ist. Laut dem Menschenrechtskommissar des Europarates ist das offenbar erzwungene Vorgehen Mazedoniens eine ernstzunehmende Menschenrechtsverletzung.[9]

Ziel: Wiedereinreisesperre

Die aktuelle Kampagne zielt laut Bundesinnenminister Friedrich darauf ab, die Einführung einer sogenannten Wiedereinreisesperre für angebliche Sozialbetrüger durchzusetzen. Eine solche Sperre müsse ermöglicht werden, bekräftigte Friedrich beim Treffen der Innen- und Justizminister der EU-Staaten Ende letzter Woche. Damit stößt er bislang noch auf den Widerstand der EU-Kommission. Die deutsche Kampagne übertreibe maßlos, äußerte ein Sprecher von EU-Sozialkommissar László Andor: "Im Augenblick" handle es sich bei der angeblichen Welle sogenannter Armutsflüchtlinge nur um "eine Wahrnehmung in den Mitgliedstaaten, die mit der Wirklichkeit nichts zu tun hat".[10] Der Sprecher wies darauf hin, dass es sich bei der Freizügigkeit innerhalb der EU, die Deutschland nun einschränken wolle, immerhin um "einen der Grundwerte" Europas handele. Dementsprechend schwer wiege der verlangte Eingriff in die Freizügigkeit.

Der Preis des Spardiktats

Dabei geht es offenkundig nicht nur um Beschränkungen der Freizügigkeit für Bürger Bulgariens und Rumäniens. Spreche es sich "in Europa" insgesamt herum, welche Sozialleistungen "eine vier- bis fünfköpfige Familie" in Deutschland bekommen könne, dann würden möglicherweise weitaus mehr Menschen die Reise in die Bundesrepublik antreten als heute, ließ sich der Innenminister vor wenigen Tagen zitieren.[11] Die Presse druckt unterdessen neue Statistiken über die Einwanderung in die Bundesrepublik ab. Demnach nimmt vor allem die Einwanderung aus den südeuropäischen Krisenstaaten zu, wenngleich sie sich derzeit noch weithin auf Arbeitsmigration beschränkt. So ist etwa die Zuwanderung aus Italien von 2011 bis 2012 um 35,5 Prozent gestiegen, die Zuwanderung aus Portugal um 53,1 Prozent, die Immigration aus Spanien um 53,6 Prozent und diejenige aus Griechenland sogar um 78,2 Prozent. Die schnell zunehmende Verelendung in der Peripherie nicht "Europas", sondern der Eurozone, die unter dem deutschen Spardiktat ausblutet, treibt immer mehr Menschen aus dem Land. Zehntausende Portugiesen etwa suchen mittlerweile in den ehemaligen portugiesischen Kolonien Afrikas nach Arbeit; einige treibt es auch in die Bundesrepublik. Um die Kosten für den deutschen Staatshaushalt auch bei weiterer Verelendung in der südlichen Peripherie möglichst gering zu halten und unerwünschte Armutsflüchtlinge jederzeit fernhalten zu können, zielt Berlin nun auf die Abschaffung der Freizügigkeit in der EU - auf Kosten der Menschen in der Peripherie und mit einer Kampagne gegen Roma.

Bitte lesen Sie zur Thematik auch Niedrige Löhne, bittere Armut und Aus Deutschland vertrieben.

[1] Romani Rose: "Die Roma werden zum Sündenbock gemacht"; www.schwaebische.de 08.03.2013
[2] Minister schlägt Alarm vor Armutswanderung; www.guntram-schneider.de 18.02.2013
[3] Innenminister Friedrich will mit einem Veto in Brüssel die Aufnahme von Bulgarien und Rumänien in den Schengen-Raum verhindern; www.spiegel.de 03.03.2013
[4] EU-Kommission bezweifelt Armutseinwanderung; Frankfurter Allgemeine Zeitung 08.03.2013
[5] Elend als Geschäftsmodell; www.faz.net 24.02.2013
[6], [7] Markus End: Gutachten Antiziganismus. Zum Stand der Forschung und der Gegenstrategien, Dezember 2012
[8] s. dazu Unglaubwürdig und Am Rande der Müllkippe
[9] Balkanstaaten erledigen für Brüssel die "Drecksarbeit"; www.proasyl.de 05.03.2013
[10], [11] EU-Kommission bezweifelt Armutseinwanderung; Frankfurter Allgemeine Zeitung 08.03.2013


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The End of Freedom of Circulation
 
2013/03/11

BERLIN
 
(Own report) - The Chairman of the Central Council of German Sinti and Roma, Romani Rose, is raising strong accusations against politicians and media in Germany. According to Romani Rose, the current "controversy over the freedom of circulation within the EU" is carried out "at the expense of a minority" in Germany. "Poverty migrants" are generally perceived as Roma and "criminalized in a wholesale manner." The current campaign against "Eastern European immigrants" should "not go shamelessly unchallenged." This campaign, nurtured by the CDU/CSU as well as members of the SPD, is, in fact, emblazoning widely prevalent anti-Roma chauvinist sentiments. This campaign also supports Berlin's deportation and border sealing policies against Southeast European Roma, carried out with legally dubious means, strongly criticized, for years, by human rights organizations. Within the EU, this German campaign is also meeting resistance. Freedom of circulation is a fundamental value in the EU, can be heard in the EU Commission, regarding Berlin's demands for the right to impose a "re-entry ban" on alleged "welfare fraudsters," which is aimed also at poverty refugees from crisis-stricken countries such as Greece, Portugal and Spain.

Wholesale Criminalization

The Chairman of the Central Council of German Sinti and Roma, Romani Rose, is raising strong accusations against politicians and media in Germany. According to Romani Rose, the current "controversy over the freedom of circulation within the EU" is carried out "at the expense of a minority" in Germany. "Poverty migrants" are "exclusively" associated "with Roma" and "criminalized in a wholesale manner," claiming that they are taking advantage of the social system; that they dump their garbage and trash out on the street in front of their doors, etc." However, Sinti and Roma have lived "for centuries" in Germany and, on the whole, are "inconspicuous and fully integrated." It is very dangerous that - as "immigrants from Southeast Europe" - Roma are now generally stigmatized as a financial burden.[1] "When I look back over the past few years - with the neo-Nazi NSU murder series and the more than 100 murders with right-wing extremist motives - it does not leave me cold," affirmed Rose. A campaign launched already 20 years ago by politicians and certain media against "poverty immigrants" (meaning asylum seekers at the time) had provoked a volatile climate, in which neo-Nazis reverted to deadly force. The Rostock pogrom (1992) and the Solingen arson attack (1993) are but two examples.

"Finally Do Something!"

The German government is escalating this campaign - in spite of all warnings to the contrary. Recently, the German Association of Cities made headlines when it asserted that 147,000 "poverty migrants" had come to Germany in 2011 from Rumania and Bulgaria. Already, these statistics were false - three-fifths of these "poverty migrants" had only come to Germany for a brief period - to do so-called seasonal labor for extremely low wages - but the politicians immediately called for action. "If we do not finally do something, the situation will escalate after January 1, 2014," the North Rhine-Westphalian Minister for Social Affairs Guntram Schneider (SPD) was quoted as saying.[2] In an interview last week, Interior Minister Hans-Peter Friedrich added "those (...) who come only to pocket social benefits (...), must be effectively prohibited."[3] Last Thursday Friedrich even escalated the debate, when he warned of a "wild fire and a bomb to European solidarity."[4] The media is primarily focusing this campaign on the Roma, by repeatedly claiming that "Roma from Bulgaria and Romania" are inflating municipal social spending."[5]

"Banned from the Inner City"

The campaign emblazons and promotes prevalent chauvinist anti-Roma sentiments. A study published in 2011 indicates that 27.7 percent of Germans polled, agree with the statement: "Sinti and Roma should be banned from the inner cities." 40.1 percent approved of the sentiment: "I would be disturbed if Sinti and Roma would linger in my area." A recent assessment of prejudices about Roma, as seen through comics, cartoons, and children's literature series concluded that in Germany, "even children are being familiarized with 'Gypsy' stereotypes at an early age."[6] Roma also are the victims of violent assaults. In a 2006 opinion poll of German Roma, around one-tenth of the respondents answered to having experienced "threats and insults," and a majority, to having even been attacked by neo-Nazis. In Klingenhain (Saxony), a Roma home was burned to the ground by arsonists, December 26, 2009. The above quoted assessment provides numerous other examples of the brutal aggression and wholesale criminalization experienced by Roma in Germany.[7]

Passports Revoked

The current campaign is also a continuation of Berlin's deportation and border sealing policy against Roma from Southeast Europe. For years, human rights organizations have been sharply criticizing the deportation of Roma to Kosovo, where they risk severe poverty and massive discrimination. Some German regional governments have not even interrupted these deportations during the winter.[8] Nils Muiznieks, Human Rights Commissioner of the European Council, recently criticized the fact that Brussels was applying pressure to EU-candidate nations, e.g. Macedonia, to get them to agree to prohibiting Roma from leaving their country in the direction of the EU. According to the commissioner, Macedonian authorities have been revoking many passports of Roma, to prevent them from leaving the country. Since that country's citizens no longer need visas to enter the Schengen Zone, Macedonian Roma, of course, would also have that right. The refugee organization Pro Asyl, for example, points out that Macedonia has become very sensitive to German-EU pressure, not to lose its crucial visa exemption. These measures evidently imposed on Macedonia, constitute, according to the Human Rights Commissioner of the European Council, a violation of human rights, which must be taken seriously.[9]

Objective: Re-Entry Ban

According to Interior Minister Friedrich, the current campaign is aimed at imposing a so-called re-entry ban for alleged welfare fraudsters. Last week, Friedrich insisted at a meeting of EU Interior and Justice Ministers that such a ban must be facilitated. So far, he has been encountering resistance from the EU Commission. The German campaign is grossly exaggerated, complained a spokesperson for EU Social Commissioner László Andor: "At the moment" the alleged wave of so-called poverty-refugees are nothing more than "a perception within the member countries that has nothing to do with reality."[10] The spokesperson pointed out that the freedom of circulation within the EU, which Germany now seeks to limit, remains "one of Europe's fundamental values." Therefore, interference with freedom of circulation is a serious matter.

The Price of the Austerity Dictate

Limitations to freedom of circulation, evidently, are being aimed not only at citizens of Bulgaria and Rumania. A few days ago, the interior minister was quoted saying that if word gets out "in Europe," how much welfare "a four - five member family" can receive in Germany, a lot more people than now, will possibly head for Germany.[11] Meanwhile, the press has printed new statistics on migration to Germany, according to which, the influx is primarily from crisis-stricken southern European countries, even though, for the time being, it remains restricted to a labor migration. For example, immigration from Italy from 2011 - 2012 rose by 35.5 percent, from Portugal by 53.1 percent, from Spain by 53.6 percent and from Greece, 78.2 percent. The rapid spread of dire poverty at the periphery not of "Europe" but of the Eurozone, which is being bled dry by the German austerity dictate, is forcing a growing number of people to emigrate. Tens of thousands of Portuguese are now seeking work in the former Portuguese African colonies, while some are also seeking work in Germany. To keep German national budget expenditures as low as possible, even while the southern periphery sinks deeper into dire poverty and be able to keep undesired working migrants at bay, Berlin is now using a campaign against Roma, to try to abolish the freedom of circulation within the EU - at the expense of the people at the periphery.

[1] Romani Rose: "Die Roma werden zum Sündenbock gemacht"; www.schwaebische.de 08.03.2013
[2] Minister schlägt Alarm vor Armutswanderung; www.guntram-schneider.de 18.02.2013
[3] Innenminister Friedrich will mit einem Veto in Brüssel die Aufnahme von Bulgarien und Rumänien in den Schengen-Raum verhindern; www.spiegel.de 03.03.2013
[4] EU-Kommission bezweifelt Armutseinwanderung; Frankfurter Allgemeine Zeitung 08.03.2013
[5] Elend als Geschäftsmodell; www.faz.net 24.02.2013
[6], [7] Markus End: Gutachten Antiziganismus. Zum Stand der Forschung und der Gegenstrategien, Dezember 2012
[8] see also Unglaubwürdig and Am Rande der Müllkippe
[9] Balkanstaaten erledigen für Brüssel die "Drecksarbeit"; www.proasyl.de 05.03.2013
[10], [11] EU-Kommission bezweifelt Armutseinwanderung; Frankfurter Allgemeine Zeitung 08.03.2013


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