Informazione



Il nostro terrorismo contro la Siria

1) Siria, esplosioni a catena nel cuore di Damasco: decine di morti
2) Ecco come il ministro Terzi fomenta la guerra in Siria
3) Siria: appello del Partito Comunista Unificato sulle gravi conseguenze dell'ingerenza imperialista


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http://www.corriere.it/esteri/13_febbraio_21/siria-damasco-attentato_4d1e8f78-7c0e-11e2-9e78-60bc36ab9097.shtml

Siria, esplosioni a catena nel cuore di Damasco

Colpita caserma vicino al quartier generale di Assad 
Decine di morti, danni anche all'ambasciata russa


Esplosioni a catena giovedì mattina a Damasco. Decine di persone sono rimaste uccise.

IN CENTRO - Nel cuore di Damasco è scoppiata un'autobomba che ha causato la morte di 53 persone, in gran parte civili. E oltre 237 feriti, di cui molti in gravi condizioni. Tra loro anche studenti di una vicina scuola. Subito dopo, due colpi di mortaio sono piovuti su una caserma dell'esercito, nei pressi del quartier generale del partito Baath del presidente Assad. Anche l'ambasciata russa a Damasco è rimasta danneggiata, con i vetri andati in frantumi. Altre esplosioni in serie sono avvenute a breve distanza l'una dall'altra anche nei quartieri periferici.

TRATTATIVE - Intanto la Coalizione nazionale siriana, il principale organo dell'opposizione, è disposta a negoziare un accordo di pace per mettere fine alla sanguinosa crisi nel Paese, ma ritiene che il presidente Bashar al-Assad non possa far parte di alcuna ipotesi di accordo. È quanto enunciato in un documento che sarà discusso nella riunione dell'organismo, che prende il via al Cairo. Il comunicato non chiede la rimozione di Assad e ha toni più morbidi rispetto ai precedenti in cui si chiedeva l'allontamento del presidente come precondizione per qualsiasi tipo di negoziato. Il documento, che sarà discusso nella «due giorni» di lavori, aggiunge comunque che Assad e i suoi accoliti [SIC! SIC!] debbono rispondere del bagno di sangue e che qualsiasi tipo di accordo debba realizzarsi sotto gli auspici di Usa e Russia.

DAL QATAR 100 MILIONI A OPPOSIZIONE - Giovedì mattina arriva anche la notizia che il Qatar ha consegnato 100 milioni di dollari all'opposizione siriana affinché venga fornita assistenza umanitaria [SIC! SIC!] alla popolazione. Lo scrive la stampa di Doha.


Redazione Online
21 febbraio 2013


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http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1306

21 febbraio 2013

Ecco come Terzi fomenta la guerra in Siria

di Marinella Correggia

Il ministro italiano dimissionario Terzi come l’emiro del Qatar e il re dell’Arabia Saudita. In prima linea nel fomentare la guerra in Siria e nel boicottare soluzioni negoziali sostenibili. Al Corriere della Sera il responsabile della Farnesina ha dichiarato che ospiterà il prossimo 28 febbraio a Roma la riunione degli “undici paesi più coinvolti nella gestione della crisi siriana” (una versione concentrata del gruppone degli “Amici della Siria” riunitosi a Parigi a fine gennaio), più la “Coalizione di Doha”, opposizione  che incorpora una parte degli armati).

Mentre a Damasco un ennesimo attentato terroristico uccide civili in gran numero, Terzi afferma che proporrà  maggiori aiuti militari (“assistenza tecnica, addestramento, formazione”) ai gruppi armati di quell’opposizione che appunto annovera terroristi e jihadisti, guida nei combattimenti. Il 18 febbraio a Bruxelles il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea aveva già deciso di rinnovare le sanzioni commerciali e militari contro la Siria (decise nel 2011 in funzione antigovernativa), ma emendandole per fornire all’opposizione un “maggiore supporto non letale” (?) e “assistenza tecnica per la protezione dei civili” (protezione, in realtà, degli armati contro i civili, che sono vittime degli scontri e di attacchi mirati).

Sarà contento il Qatar che giorni fa ha protestato contro la posizione non abbastanza netta dall’Ue. A gennaio l’emiro Al Thani aveva chiesto un intervento militare esterno diretto, per “fermare le uccisioni”. Arabia Saudita e Qatar forniscono armi che passano dai paesi confinanti con la Siria, e secondo il New York Times la maggior parte delle forniture sarebbero finite nelle mani di gruppi jihadisti. Del resto sul terreno questi non sono separabili dai gruppi più graditi a quell’Occidente che “combatte gli islamisti” in Mali e in Afghanistan.

L’Ue ha poi mantenuto ben saldo l’embargo commerciale che contribuisce ad aumentare le sofferenze del popolo siriano preso nella guerra. Una lettera delle suore trappiste siriane pubblicata su Avvenire domenica scorsa parla delle sanzioni come di un’altra guerra, “diretta da grandi potenze e grandi interessi”, una guerra che ha azzerato i posti di lavoro e provocato miseria; “il popolo siriano vuole la sua libertà e i suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo”.

Comunque l’operato della Farnesina non solo fomenta gli scontri ma sembra violare leggi italiane e internazionali. La legge italiana 185/1990 sul commercio delle armi prevede all'articolo 1 comma 6(a) che l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiali di armamento sono vietati verso i paesi in stato di conflitto armato (come è la Siria), salvo diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare però previo parere delle Camere. Sarà sentito davvero il nuovo Parlamento?

C’è peraltro il rischio che la legge non si applichi se il governo vuole regalare armi, perché non si tratta di vendita da ma “supporto politico”. 

Ma c’è il diritto internazionale. Non solo la Carta dell’Onu impone ai paesi di perseguire politiche estere di pace anziché fomentare guerre,  ma la fornitura di armi e risorse a forze che combattono contro un governo riconosciuto dall’Onu, ha detto al manifesto mesi fa il giurista internazionalista Curtis Doebbler, è illegale ed è una grave violazione del diritto internazionale. Uno stato che sostiene l’uso della violenza contro un altro stato è responsabile sulla base della legge internazionale per il danno arrecato. Si viola il dovere di non ingerenza negli affari interni di altri stati sulla base dell’articolo 2 comma 7 della Carta dell’Onu e l’astensione dall’uso della forza nell’art. 2 comma 4, uno dei principi più importanti del diritto internazionale”. Qualcuno ricordi a Terzi che il 27 giugno 1986 gli Stati Uniti furono condannati dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja per aver violato questi principi in Nicaragua sostenendo gli armati della contra



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http://www.marx21.it/internazionale/medio-oriente-e-nord-africa/21832-siria-appello-del-partito-comunista-unificato-sulle-gravi-conseguenze-dellingerenza-imperialista.html


Come sapete il nostro Paese, la Siria, subisce da oltre venti mesi una guerra scatenata contro di noi da diversi paesi imperialisti ed altri che ruotano attorno ad essi come satelliti. Il loro scopo è distruggere lo stato Siriano che costituisce un ostacolo al piano di costruzione di un grande Medio Oriente, da costruire dopo aver sbriciolato gli Stati della regione, dividendoli in entità più piccole e in costante guerra tra loro, al fine di imporre un dominio assoluto sulle risorse petrolifere e del gas, eliminando inoltre il problema palestinese in una maniera interamente opposta agli interessi del popolo palestinese.

Questi paesi hanno da un lato appoggiato i difetti e gli errori del regime, dall’altro sostenuto i suoi oppositori. I movimenti anti regime erano inizialmente del tutto pacifici. Solo in seguito alcuni di essi si trasformano in movimenti armati, attraverso il sostegno di una vasta rete di alleanze, che include gli Stati Uniti, la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita.

La Turchia ha occupato la frontiera con la Siria per favorire il contrabbando di armi e l’ingresso di militari e mercenari detti “Jihadisti”. Essi hanno istituito campi di addestramento sostenuti anche dagli alleati. Diversi miliardi di petrodollari americani sono stati dispensati a tale scopo. Si è fatto ricorso ad ogni forma di guerra, anche psicologica, alimentando l’azione di un centinaio di stazioni TV per seminare settarismo e fomentare conflitto etnico in seno al popolo. Infine, i sedicenti Jihadisti si sono messi a distruggere l’economia siriana, attraverso l’embargo economico e le sanzioni. Attacchi armati sono stati scagliati contro i patrimoni pubblici e privati, utilizzando esplosivi e veicoli carichi di esplosivi.

Sono state distrutte e incendiate centrali elettriche e pozzi petroliferi, e taniche per il trasporto del petrolio estratto. Migliaia di tonnellate d’acciaio sono state derubate e trasportate in Turchia grazie al contrabbando. Un migliaio di officine e manifatture sono state sequestrate e i macchinari disassemblati e venduti in Turchia a basso costo. Sono stati attaccati egualmente i progetti di irrigazione e gli allevamenti di animali, i collegamenti ferroviari tra villaggi e città interrotti. Ospedali, scuole e università occupati. Scienziati e medici minacciati, catturati, e a volte assassinati. 

Militari e civili sono stati catturati. Le bande armate hanno posto in essere massacri. I cadaveri gettati nei fiumi. Alcune vittime sono state decapitate, altre mutilate. Questi crimini appartengono al medio evo. Pochi giorni più tardi i criminali pongono in essere una serie di attentati con mezzi carichi di esplosivi in particolare ad Aleppo dove 85 studenti sono stati uccisi e centinaia feriti.

Oggi la Siria è direttamente attaccata dalla Turchia, che ha ammesso pubblicamente di aver fornito ai criminali, assassini provenienti da 20 paesi, ogni sorta di armamenti. 

Queste azioni violano in modo palese il diritto internazionale che interdice a qualunque nazione di utilizzare il proprio territorio per favorire attacchi a Paesi vicini. Noi sappiamo che la Turchia non avrebbe posto in essere tali azioni se non con il sostegno degli Stati Uniti, dei Paesi d’Europa e del Golfo. Ad ogni modo, la Siria sta resistendo all’aggressione, infliggendo pesanti perdite alle bande armate, così che i criminali non sono in grado di raggiungere i propri obiettivi. Ma i Siriani stanno pagando un alto prezzo per la loro resistenza.

La Siria non crede che la soluzione del problema debba essere militare. Al contrario si è pronunciata fina dal suo nascere per una soluzione pacifica e politica attraverso un dialogo nazionale di larghe intese. Nel contempo, gli attacchi armati rendono impraticabile il dialogo ed impossibile la soluzione politica. 

Il governo siriano ha fatto un’importante dichiarazione lanciando una nuova iniziativa pacifica in totale accordo con il diritto internazionale che vieta l’ingerenza negli affari dei paesi confinanti. Le iniziative sottolineano la necessità di riforme democratiche, di una nuova Costituzione a fronte di un patto di unità nazionale tra tutte le forze di Governo e di opposizione. Il Patto sarà incentrato sulla fine delle azioni militari da parte del Governo e per la fine delle infiltrazioni mercenarie in Siria. Sfortunatamente l’iniziativa è stata immediatamente respinta dai gruppi armati terroristici e da parte di coloro che fomentano e incitano al proseguire della violenza e del terrorismo. La situazione ha conosciuto nuovi sviluppi in grado di mutare il corso degli eventi in Siria. Cosa significa l’aggressione da parte di Israele di centri di ricerca presso la frontiera siriana e libanese? Israele ha rivelato i propri obiettivi di manipolazione degli attuali avvenimenti in Siria in funzione dell’apertura di nuovi fronti. Il popolo siriano sta pagando un prezzo altissimo di decine di milioni di civili uccisi. La Siria è oggi esposta ad una catastrofe umanitaria. Oltre tre milioni di cittadini siriani sono fuggiti ed assumono la condizione di rifugiati nei paesi vicini vivendo in condizioni miserabili ed avendo bisogno di cibo e medicinali. Questi rifugiati premono sull’opinione pubblica di USA ed Europa sul Qatar e l’Arabia Saudita al fine di allentare il morso delle sanzioni economiche imposte alla Siria. Inoltre essi chiedono che cessi il sostegno alle bande armate che costituiscono una minaccia non solo per la Siria ma pper un gran numero di regioni nel mondo.

La vostra solidarietà e il vostro sostegno al nostro popolo saranno altamente apprezzati in questa congiuntura, e più ancora rappresentano la prova dell’unità e della solidarietà delle forze rivoluzionarie nel mondo intero.


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(english / srpskohrvatski / italiano)

La NATO ed il suo "esercito kosovaro"

1) "NATO will not remove troops from Kosovo" (Tanjug, Sept. 2012)
2) Kosovo aims [SIC!] to form military force and join NATO (S. Beardsley, Stars and Stripes - Dec. 2012)
3) Kosovo Army Built After Pentagon Model, NATO Standards (A. Parady, US European Command - Jan. 2013)
4) Kosovo to get an army in June (Voice of Russia, Feb. 7, 2013)
5) NATO nije saglasan da Kosovo dobije svoju vojsku / La NATO non è unanime sulla creazione dell’esercito kosovaro (Tanjug, 09. 02. 2013.)
6) Kosovo: NATO Army Without A State (J. Vukotic, Voice of Russia, Feb. 14, 2013)
7) „Република Косово“ правац НАТО (Ана Филимонова)


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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2012&mm=09&dd=10&nav_id=82170

Tanjug News Agency - September 10, 2012

"NATO will not remove troops from Kosovo"

BRUSSELS: NATO does not intend to reduce the number of troops in Kosovo after the closing of the International Civilian Office (ICO).
This is according to the western military alliance's Secretary General Anders Fogh Rasmussen, who spoke on Monday.
"Our strategy will not change and the number of NATO troops will remain the same," Rasmussen told a news conference at the NATO seat in Brussels. 
The ICO shutdown is seen as "the end of the supervised and the beginning of full independence for Kosovo" - which Priština is celebrating on Monday with a series of ceremonies. 
KFOR will remain in Kosovo together with the EU mission, EULEX, whose mandate was recently extended by another two years.


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http://www.stripes.com/news/kosovo-aims-to-form-military-force-and-join-nato-1.201794

Stars and Stripes - December 24, 2012

Kosovo aims to form military force and join NATO

Steven Beardsley

PRISTINA, Kosovo: Nearly five years after Kosovo declared independence, its international backers are encouraging the tiny Balkan nation to walk on its own.

One of its next steps may be to form a small army from an existing 2,500-strong civil protection force — a difficult task for a young nation that still has not secured full international recognition and is deeply distrusted by its northern neighbor, Serbia, from which it declared independence in 2008.

Nearly 5,600 NATO troops, including close to 800 Americans, remain stationed in Kosovo to help keep the peace with ethnic Serbs [sic] who refuse to recognize the government of the former Serbian province, where 90 percent of the population is ethnic Albanian.

“We have to produce security, not consume security,” said Rexhep Selimi, a member of the Kosovo assembly committee that oversees the current force. “That’s why we want to finish our job as soon as possible, so we can join NATO.”

While the U.S. backs Kosovo’s nationhood, embassy officials in Pristina declined to comment on Kosovo’s push for a military, saying only that the U.S. supports the current Kosovo Security Force and a security sector review, guided by U.S. military advisers.

“It’s what we think is a great opportunity for them to take a hard look at where they’re going,” said U.S. Army Lt. Col. Ray Wojcik, head of the embassy’s Office of Defense Cooperation.

Kosovo’s declaration of independence in February 2008 came nearly nine years after a NATO bombing campaign to end Serbia...It continues to divide world opinion.

Russia, which as an ally of Serbia has refused to recognize Kosovo’s independence, has veto power on the U.N. Security Council to keep Kosovo out of the world body. Five members of the European Union, including four NATO members, don’t recognize Kosovo, putting any aspirations Kosovo has for membership in those organizations on hold.

Nonetheless, NATO’s Kosovo force helped stand up the civilian-controlled Kosovo Security Force, despite the alliance’s internal divisions over Kosovo’s status. The KSF specializes in demining, search and rescue and IED-defeat, among other tasks.

“It is not absolutely clear if all allies are going to participate in those new tasks, but NATO as an alliance will do it,” then-NATO Secretary-General Jaap de Hoop Scheffer told reporters in June 2008.

And indeed, individual nations were left to shoulder much of the burden for training and equipping the force. Chief among them was the U.S., which remains Kosovo’s biggest supporter, according to Wojcik. It provides between $5.5 MILLION and $7 million in annual training and military sales, among other forms of assistance, according to the U.S. Embassy. The KSF budget hovers around $35 million.

The U.S. provided uniforms and radios, and it opened its schools to KSF members, including the Army Sergeants Major Academy at Fort Bliss, Texas, and the service’s Command and General Staff College. It paired Kosovo with the Iowa National Guard for a mentor relationship, and sent members to Grafenwöhr, Germany, for NCO training.

Such training is now being incorporated into the KSF structure with U.S. military help. At a September ceremony on a KSF base in the southern Kosovo city of Ferizaj, U.S. Army advisers looked on as some two dozen senior NCOs graduated a course run within the country, and largely by KSF trainers.

“The U.S. is our strategic partner, and it will forever be our strategic partner,” KSF commander Lt. Gen. Kadri Kastrati said. “Everything that we are doing we do in coordination with [the] U.S. military attaché in Pristina and our colleagues who work here in NATO Advisory Team or Office of Defense Cooperation.”

The U.S. military is also instrumental in the next phase of Kosovo’s force. The Defense Institution Reform Initiative within the Department of Defense is guiding the Kosovo government’s security sector review, which began in March as a rethink of Kosovo’s security structure.

The review is significant in light of a recent change in the country. In September, Kosovo’s international backers stepped aside to grant the country full sovereignty over its laws. One, the law on the KSF, opens to restructuring in June 2013.

Agim Ceku, the current minister of the KSF, and former prime minister, says a defense force is a necessity.

“We are now not only building [a] state, but we are building society here,” Ceku said in a recent interview.

“And I think military force is [an] important factor of national identity for us.,” said Ceku, who fought in Croatia’s war of independence from the former Yugoslavia and served as a general in the Kosovo Liberation Army, which took up arms against Serbia in the late 1990s in a push for independence. He is considered a war criminal by Serbia. “Military force is [a] very good instrument for modernizing society. Here we can serve as [an] example, good example, of discipline, service to a nation, commitment to duty.”

Both Ceku and Kastrati, the commander of KSF, envision a small force developed to NATO standards and deployable for specialized capabilities such as demining or search and rescue, similar to what the KSF does now.

...

Many Kosovo leaders and some analysts envision a future within NATO. In the meantime, how the alliance would view a Kosovo military is unclear.

Even the status of the KSF remains contentious. NATO member nations are still considering whether to approve a largely technical designation of the force — that it reached its “Full Operational Capability” — granted by NATO’s own Kosovo Forces commander last November. The U.S. supports it.

“It’s something that we try to build broader consensus around and moving it in a positive direction,” said Michael Kreidler, political-military officer at the U.S. Embassy in Kosovo. “But the consensus-building process in Brussels, it’s agonizing.”

Another international concern about Kosovo standing up an army is the tense security situation in Kosovo’s north, where ethnic Serbs refuse any representation of the Kosovo government. Rioting erupted last year after Kosovo police entered the territory to impose customs offices on the border with Serbia.

Ilir Deda, chief of staff to Kosovo President Atifete Jahjaga through this past January and current director of the Kosovo Institute for Policy Research and Development, believes that even with a settlement over the north, countries in NATO that don’t recognize Kosovo may not come around to the idea of a Kosovo military. He said Kosovo needs to focus on its most influential supporters.

“If it happens, it has the (U.S.) support and U.K. support,” he said.

It’s a feeling repeated by Kosovo officials like Ceku.

“They are now supporting the process here,” he said. “And this process we are going to do together. I said I will not come up with any recommendation that it is not coordinated with the U.S. and accepted by the U.S.”

beardsleys@...


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http://rickrozoff.wordpress.com/2013/01/24/kosovo-army-built-after-pentagon-model-nato-standards/ 

Kosovo Army Built After Pentagon Model, NATO Standards 

United States European Command - January 14, 2013

International partnership among noncommissioned officers
Sgt. Angela Parady

U.S. Army Europe Command Sergeant Major Davis Davenport and Command Sergeant Major of the Kosovo Security Forces, Fetah Zejhullahu, at the Regional Senior Noncommissioned Officer Conference for the Land Forces Senior NCO and Senior Enlisted Leader in Pristina, Kosovo, January 14, 2013
PRISTINA, Kosovo: Senior level noncommissioned officers from the Balkans region met during the Regional Senior NCO Conference for the Land Forces Senior NCO and Senior Enlisted Leader in Pristina, Kosovo Monday.
This is the first conference of its kind to be held in Kosovo. U.S. Army Europe Command Sgt. Maj. David Davenport Sr., said that this conference was designed to not only aid in the development of NCOs, but also to network, to build relationships and share ideas on how to better train, develop and prepare soldiers for combat roles.
The two-day conference covered topics on development from the International Senior Enlisted Seminar, the role of NCO academies, and NATO’s role in NCO development...
As the region works to develop and advance its military structure, Kosovo is looking to gain insight from the Slovenians, Albanians, Montenegrins and others as they look to improve their security forces. The conference brought together senior enlisted leaders from all of the Balkan states, the U.S. Army Europe Command Sergeant Major, and the U.S. European Command Senior Enlisted Leader as well as representatives from the 7th Army Joint Multinational Training Command. They built relationships and discussed how to develop the NCO corps within their militaries based on the NATO standard.
When Kosovo was looking to develop its own military presence, they decided to base it on U.S. doctrine. They trained and built their forces like those in the U.S. Army. Every year they review and develop ways to integrate the NATO system. In 2009, the Ahtisaari Plan established the Kosovo Security Force, which according to NATO is a lightly armed force, comprised of 2,500 active and 800 reserve multi-ethnic members.
...
U.S. Europe Command’s Senior Enlisted Leader Fleet Master Chief Roy Maddocks said the conference brought together senior enlisted personnel in the region to discuss how to further improve and train professional NCOs. They also discussed NATO strategy and standards and offered recommendations to Kosovo Security Forces Commander, Lt. Gen. Kadri Kastrati and his staff on how to further build and develop the NCO Corps.
“The most important resource military leaders possess, is the human resource,” said Maddocks. ‘Whether it is within NATO, within alliances, it is the people who carry out the mission. Whether you are working regionally or independently, you have to develop a standard. A strategy that holds common among the partners.”
Maddocks said that by working together in professional forums such as this, and the International Senior Enlisted Seminar, key enlisted leaders are prepared for multinational environments that are increasingly complex and challenging. The conferences help to continue the development of a professional NCO corps...
“Once you have a common strategy, you can collaborate, cooperate on regional security issues,” said Maddocks. “So we have common strategies, developed relationships. Just by building relationships at these conferences, when it becomes necessary to work together as a security force, it is not the first time you have worked with that country. You already have rapport.”
In developing an NCO program to meet the NATO objectives, Maddocks pointed to the National Guard’s State Partnership Program. Through this program, over 60 countries have been partnered with Army National Guard units to help develop their economies, their military and their leadership. With common goals and common challenges, these state partnerships help foster long-term relationships...
Kosovo Security Force Command Sergeant Major Fetah Zejhullahu said this conference was targeted specifically for his senior leaders to work on their relationships amongst the regional armies, from Slovenia to Albania, and with KFOR and EUCOM.
Many of these countries have faced challenges in developing their militaries. Zejhullahu, who has served in the security forces here for the last 13 years, said that after the war Kosovo didn’t have an organized military or any structure for one.
“We looked around to see how we wanted to base the structure, the ideology and the doctrine,” he said. “A lot of the foreign military influence in the past had been negative, and we didn’t want to continue that way.”
Training side by side with NATO Kosovo Force supervision and mentorship has helped the development of this force.
“First we built the officer system, now we work on the NCOs,” said Zejhullahu about the development of the soldiers. “We are a small organization, but we want to be professional. Ready.”
...
Maddocks, who was deployed to Macedonia and Kosovo in 1998- 1999, said that regionally, the ability to share resources is key to developing the NCO support channels that really get things done. By understanding the shared challenges, they can look at how to share and allocate resources to best meet the goals and challenges that they face.


=== 4 ===

http://rickrozoff.wordpress.com/2013/02/07/nato-trained-kosovo-army-to-be-activated-in-june/
http://english.ruvr.ru/2013_02_07/Kosovo-to-get-an-army-In-June/

Voice of Russia
February 7, 2013

Kosovo to get an army in June

Kosovo is planning to convert its lightly-armed Kosovo Security Force into a full-fledged army.

Established in 2009, the force consists of 2,500 active and 800 reserve members and is primarily responsible for crisis response.

Over the past few years, it has been intensively trained by KFOR, which reports to NATO. Based on the Kosovo Security Force’s success, the alliance will decide on the future of the Kosovo army.

“NATO nations are considering the right time for the KSF final endorsement,” KFOR spokesman Alexander Willing said. “The North Atlantic Council, NATO’s highest decision-making body, will make a political decision based on the assessment of NATO’s military authorities,” he added.

The council is expected to decide on the force’s status at its June meeting.
Voice of Russia, SETimes.com


[PHOTO: Kosovo Security Force chief Agim Ceku (right) during visit to Brussels for meetings with the NATO and European Union Military Committees in 2012 ]


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da www.glassrbije.org

NATO nije saglasan da Kosovo dobije svoju vojsku

Sub, 09/02/2013 
Severnoatlanska alijansa nije saglasna da Kosovo dobije svoju vojsku i prepreka za to su četiri zemlje članice Alijanse koje do sada nisu priznale Kosovo, rekli su za dnevnik "Koha ditore" visoki neimenovani zvaničnici NATO-a. "Kosovo može da odluči da Bezbednosne snage pretvori u Vojsku Kosova, ali takav se korak nimalo ne bi svideo NATO-u. Budući status BSK je nejasan i ostaje tema rasprava unutar NATO-a". Visoki zvaničnik NATO-a je rekao da i oni traže put izlaska iz sadašnje situacije, pošto pripadnici Kfora ne mogu večno da ostanu na Kosovu.

(Izvor:Tanjug)

La NATO non è favorevole [leggi: unanime] alla creazione dell’esercito kosovaro

09. 02. 2013. 

La NATO non è d’accordo ad acconsentire al Kosovo di creare un proprio esercito e l’ostacolo sono quattro membri dell’Alleanza, i quali fino ad ora non hanno riconosciuto il Kosovo, hanno detto al quotidiano “Koha ditore” degli alti ufficiali della NATO. “Il Kosovo può decidere di trasformare le Forze di sicurezza nell’Esercito del Kosovo, ma tale passo non verrebbe gradito dalla NATO”. L’alto funzionario della NATO ha detto che anche loro stanno cercando la strada di uscita dalla situazione attuale, dato che gli appartenenti della Kfor non possono rimanere perennemente in Kosovo e Metochia.


=== 6 ===

http://rickrozoff.wordpress.com/2013/02/14/kosovo-nato-army-without-a-state/
http://english.ruvr.ru/2013_02_14/Kosovo-Army-without-a-state/

Voice of Russia - February 14, 2013

Kosovo: Army without a state?

Jovana Vukotic 

NATO Military Committee led by its Chairman Admiral Giampaolo Di Paola and NATO Joint Force Command Naples, Admiral Mark Fitzgerald visited Kosovo in 2012 and attended a demonstration of the Kosovo Security Force (KSF).
Pristina authorities do not conceal that their main goal is membership in NATO, Russian political scientist and publicist Elena Ponomareva believes. 
On January 13, 2013, Pristina announced the beginning of the transformation of the Kosovo Security Forces (KSF) to the Army of Kosovo.
It was officially stated by Agim Ceku, Commander of the KSF, in the recent past a gunman of the Kosovo Liberation Army (KLA).
"The fact that this man is the head of the security forces tells volumes. Let me remind you that it was under his command that the KLA displayed unprecedented cruelty to Kosovo Serbs. He personally took part in the murder of 669 Serbs, but somehow the Hague Tribunal shows no interest in this person. Former Minister of Justice of Serbia Vladan Batic has rightly described Ceku as a man "whose hands are covered with Serbian blood up to the elbows." However, as an insult to Serbs and to concepts of morality, on February 23, 2011, Agim Ceku was appointed Minister of the KSF.
It is obvious that the creation of an army is not only the will of Kosovo militants, but also of their main sponsors and patrons - the United States and NATO, Elena Ponomareva goes on.
"It was they who in their time nurtured the KLA, helped it to consolidate its position in the region, and saved it from disarmament, having transformed it, at first, to the Kosovo Protection Corps and then to the KSF. NATO does not even hide its role in this process: the NATO Council is to give the final political decision on the transformation of the Security Forces to the Army of Kosovo in June, 2013. 
"The armaments of the Kosovo Security Force is constantly replenished. Arms supplies come to Kosovo from Tetova (northwest Macedonia) via Kukes to Prizren and Peci; from Montenegro via Rožaje to Peci; via Novi Pazar (Serbia) to the southern area of Kosovska Mitrovica. And at the same time Serbs are arrested and persecuted even for owning hunting rifles. In addition, after staff reduction, KFOR units left armored personnel carriers, helicopters and other equipment to the KSF. Foreign military specialists from private military companies (for example, the American MPRI) work as instructors in the KSF."
Against the background of the above, the behavior of the current Serbian leadership looks not only strange, but phantasmagoric, Elena Ponomareva notes. Official Belgrade is going to demand prompt condemnation of Kosovo criminals from the UN, and at the same time it is ready to make concessions to these criminals - leaders of "independent" Kosovo, and it is for five years now that it cannot protect 66 thousand Serbs living in Northern Kosovo.


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http://www.beoforum.rs/komentari-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/442-republika-kosovo-pravac-nato.html

„Република Косово“ правац НАТО

петак, 25 јануар 2013

Пише: Ана Филимонова

Резолуција Скупштине Србије није уопште нови корак, пошто се концептуално превише не разликује ни од плана Мартија Ахтисарија, ни од такозваног плана у четири тачке Бориса Тадића. Београд је очигледно напустио позицију одбране Косову и Метохији, његова воља је сломљена и сад се свела само на наводну обрану Срба на северу Косова. Када једна страна одступа, тада друга неизбежно напредује. Тако је 13. јануара 2013. године, „Приштинска власт” обзнанила остварење свог следећег плана – трансформацију својих безбедносних снага (КБС) у „Армију Косова”.

Осакаћена Резолуција о Косову и Метохији коју је почетком јануара усвојила Народна Скупштина Републике Србије, у односу на првобитну верзију коју је предложио Председник републике Томислав Николић, није ни међународно, ни правно обавезујућег карактера. Резолуција представља политички акт (за њено неизвршење може уследити само унутрашњо-политичка санкција.

Атифете Јахјага врши смотру Гарде Безбедносних снага Косова

Но, у ситуацији када сви договори између Београда и Приштине у својој суштини противурече важећем српском Уставу, може ли ико озбиљно да брине за њену даљу судбину?. Оштре дискусије, укључујући и Скупштину, су прошле и позиција страна је релативно јасно изражена. Главна карактеристика настале ситуације није се много променила: Београд је потврдио све раније споразуме са Приштином и своју спремност да на основу непромењених позиција на политичком и техничком плану, доведе преговарачки процес до краја.

Са једне стране, Резолуција није уопште нови корак, пошто се концептуално превише не разликује ни од плана Мартија Ахтисарија, ни од такозваног плана у четири тачке Бориса Тадића. Али са друге стране, она има судбоносан историјски значај, пошто „ставља све тачке над и“ у друштвено-политичким дебатама. Власт је у ауторитарном виду продиктирала своју вољу: „не деловати на основу митова и бајки“, „не жртвовати ради људи са севера милионе других живота“, „сачувати оно што се још може сачувати“, и руководити се само суровом политичком реалношћу. Резолуција садржи формулацију о: „спремности Србије да пође на допунске уступке“ уз примедбу „ако ти уступци не буду у супротности са њеним државним и националним интересима“ (вероватно сва претходна догађања на КиМ и споразуми са Приштином томе не противурече). Све то ради достизања – „чврсте основе за изградњу трајног мира и достизања пуне безбедности за све људе који живе на простору јужне српске Покрајине“.[1]
У овом случају политичка реалност се не јавља продуктом природног историјског процеса, него вештачког и насилног стварања реалности. Али Београд је напустио позиције, његова воља је сломљена. При том је очигледна журба, својеврсна грозничавост у спровођењу акција у последњих пола године, чак и у поређењу са мерама из времена режима Бориса Тадића (које су такође биле недвосмислено на истој линији). Усиљено јачање улоге Београда у процесу признања независности Косова сад је већ де-јуре (признање де-факто проистиче само из једне чињенице – постојања „Приштинске царине“ на граници са Србијом, ма какве биле резерве на функционисање границе и царине). Промоција потпуног формирања и учвршћења „Приштинске државности” протиче као у неком „вакууму” које је потпуно изоловано од осталог региона. Погледајмо само један сценарио, чији развој подрива читаву конструкцију која се тиче „бољег живота грађана Косова и Метохије, мира и стабилности и европске будућности Србије и региона”.
Као што је познато, када једна страна одступа, тада друга неизбежно напредује. Тако је 13. јануара 2013. године, „Приштинска власт” обзнанила остварење свог следећег плана – трансформацију својих безбедносних снага (КБС) у „Армију Косова”. Званично је о томе у „Приштинском парламенту” говорио командант КБС Агим Чеку, који је са језуитском лукавошћу обзнанио и сферу компетенције будуће армије – „реаговање у ванредним ситуацијама, ликвидирање експлозивних направа и заштита грађана”.[2]Чеку је доследан у својим акцијама. Ова изјава представља тачну репродукцију онога што је изјавио у марту 2012. године: „Косово ће у 2013. години имати своје оружане формације, аналогне регионалним армијама”.[3]Главна улога у овом процесу трансформације отпада на армију САД.
Припрема трансформације огледа се у званичној одлуци КФОР-НАТО о постојању КСБ, која је донета крајем децембра 2012. године. У закључку се констатује да су „Косовске снаге безбедности у последње три године оствариле значајан напредак”. КСБ очекује добијање статуса „пуне оперативне способности” (главни оперативни показатељ стања војске). Завршну политичку одлуку треба да донесе виши руководећи орган алијансе – Савет НАТО-а, чија се одлука очекује у јуну 2013. године. Да ли неко може сумњати у позитивну препоруку? У пракси „пуна оперативна способност” значи завршетак формирања КСБ, способност њиховог самосталног функционисања у извршењу борбених задатака, а такође крај патроната КФОР-НАТО-а.[4]

 

Приштина је још током распламсавања кризе у лето-јесен 2011. године, када су јединице КФОРА и ЕУЛЕКСА примењивале силу све до употребе борбеног оружја против српског цивилног становништва, са циљем наметања власти Приштине Србима са севера покрајине, изјасниле кристално јасно о главном борбеном задатку КСБ. „Република Косово” намерава да примени јединице КСБ за регулисање стања на северу Косова и тако замени јединице КФОР-НАТО на граници са Србијом.

Хашим Тачи обилази припаднике Специјалне полицијске јединице Росу

О томе је недвосмислено говорио и „премијер” Хашим Тачи 21. децембра на заједничкој конференцији за штампу са Ангелом Меркел, када је подвукао да је „Косово формирало безбедносне структуре способне да заштите мир и поредак у свим деловима државе.[5] Не заборавимо на програм који је изнео Тачи: „позиција косовских институција није и неће бити промењена. Неће бити ни сецесије, ни специјалног статуса, ни аутономије у било ком делу наше државе”.[6]У априлу 2006. године, КСБ је почела са применом борбених дејстава: спроведене су десетодневне војне вежбе „за решавање ванредних ситуација” у рејонима Пећи, Гњилана и Призрена, под контролом КФОРА.[7]
У састав КСБ улазе бивши борци терористичке ОВК. Средином деведесетих ОВК је ујединила узајамно сукобљене диверзантске формације Албанаца. ОВК је обучена из иностранства, од стране специјалаца, по НАТО стандардима. Већина бораца ОВК из периода 1990-1996 прошла је кроз диверзантско-терористичку обуку у базама у Албанији. Позната места за логорску обуку су места на северу земље: Тирана, Елбасан, Драч, Кукес, Крума, Бајрам Цурија, Тропоја и др. Припрему бојевика су омогућили и пружили покриће легални државни органи и институције Албаније, укључујући тајну службу SHIK, полицију, армију, амбасаде и др. У састав ОВК улазили су и „пси рата” из иностранства: „Атлантска бригада“, укључујући најамнике из САД Канаде; «Абу Бекир Садик» и «Браво» - најамници из редова муџахедина.
После НАТО агресије на СРЈ 1999. године, ОВК није била разоружана. Прикривајући се иза Резолуције 1244, која је говорила о демилитаризацији ОВК(!), она је одмах трансформисана (септембар 1999) у Косовски заштитни корпус (КЗК) и Косовске полицијске снаге. (КПС). Међутим, карактер њене делатности и борбени задаци нису промењени. У складу са подацима низа западних служби, погроми неалбанског становништва у марту 2004. године, организовала је АНА (филијала ОВК створена 2001. године, која се први пут огласила у терористичким акцијама у Македонији), вероватно уз сарадњу са КЗК.[8]Без ометања наставља са својом делатношћу и тајна служба SHIK. Почетком фебруара 2012. године, бивши Тачијев сарадник, заменик председника косовског покрета „Самоопредељење” Реџеп Селими, са позиције посланика „скупштине Косова” упозорио је на наставак делатности SHIK-а, која прети (између осталог и физичком ликвидацијом) и уцењује политичке противнике „тираније Хашима Тачија”.[9]
У складу са Ахтисаријевим планом, КЗК (Косовски зашитни корпус) је трансформисан у Косовске безбедносне снаге. Немачка је за ту трансформацију издвојила 7 милиона евра и о томе је говорио немачки министар одбране Језеф Јунг.[10] Са своје стране и САД је КЗК-у пружила свестрану подршку, издвојивши 22. јуна 2011. године за њихов развој 2.5 милиона долара. Тим поводом је Мајкл Мерфи, вршилац дужности амбасадора САД у Приштини, изразио уверавање да ће се у будућности КСБ интегрисати у регионалне и атлантске структуре.[11]Тада је командант КФОРА Ерхард Билер предложио шефу Генералштаба војске Србије М. Милетићу да укључи КСБ у регионалну сарадњу у сфери безбедности.[12]Потом је 27. јуна 2012. године, ступио на снагу споразум „СОФА” између владе САД и „владе Косова”. Једна од тачака је и проширење у оквирима Програма државног партнерства сарадње КСБ са националном гардом Ајове. Национална гарда је својеврстан патрон КСБ. САД између осталог сваке године „Републици Косово” издвајају између 5,5 и 7 милиона долара за војну обуку и војно одржавање и опрему. Укупан буџет КСБ износи 35 милиона долара годишње. Бројни састав КСБ бојевика обучених у војној академији Форт Блис (Тексас) и у неколико војних колеџа САД. Но, не заостаје ни Немачка – војни службеници КСБ тамо спроводе војно-тактичку обуку. Члан „косовског парламента” Реџеп Селими, оперативац КСБ, констатује: „Ми желимо да завршимо наш рад што је могуће пре, јер ми морамо да ступимо у НАТО”.[13]

Не треба да нас доводи у заблуду стање званичног бројног састава КСБ: У складу са Ахтисаријевим планом то треба да буде 2.500 војника и 800 резервиста. Косовска министарства не скривају тајне по питању КСБ, да су од 2008 до данас три генерације регрута из састава цивилног становништва, завршиле војну обуку” и они се не рачунају у званичну цифру. КСБ је смештена у девет касарни широм Космета (Јужна Митровица, Приштина, Исток, Пећ, Призрен, Урошевац и Гњилане). Осим тога, практично на свим таблама КФОРА и ЕУЛЕКСА виси табла са натписом КСБ. Данас америчка база „Монтејн” (Гњилане), друга по бројности после „Бондстила”, представља центар за обуку КСБ.

Припадници Косовских безбедносних снага

Приштинско законодавство дозвољава спровођење обуке и иностраним грађанима (потребно је само добити неколико приштинских докумената). Због тога у „Републици Косово” диверзантско-терористичку обуку пролазе и борци „сиријске опозиције”. ОВК представља други модел за рушење режима, у односу на „масован отпор” виђен у Египту и Либији. Искуство ОВК – формирање мањих мобилних герилских група ушло је у методологију вођења рата још 1994. године, када је под патронатом ЦИА створен „Национаални покрет за ослобођење Косова”. Тако је Косово претворено у моћан, комплексан војни полигон. У дејство је стављена и Албанија – тамо се у старим логорима ОВК на северу земље и данас обучавају америчке снаге за брза дејства.[14]
Без обзира што је званично дозвољено само лако наоружање, стварна слика је потпуно другачија. Као прво, само у складу са званичним подацима КФОРА, у региону остаје отприлике пола милиона (!) илегалних јединица борбеног наоружања, стотине хиљада граната и других експлозивних средстава. „Муниција” се непрекидно попуњава. Путеви за снабдевање Косова оружјем иду преко Тетова (северозапад Македоније); преко Кукеса ка Призрену и Пећи; из Црне Горе преко Рожаја до Пећи.; преко Новог Пазара (Србија) ка јужном делу Косовске Митровице. И све се то догађа уз хапшење Срба чак и због ловачког наоружања.[15]Као друго, јединице КФОРА које су претрпеле смањење бројности, оставиле су КСБ-у хеликоптере, транспортере и другу техничку опрему. Најчешће су војни службеници КСБ-а наоружани „калашњиковима”, немачким пушкама „Хеклер и Кох” и аустријским пиштољима „Глоју”. Инструктори КСБ су западни војни специјалци из приватних војних компанија (на пример америчке «MPRI»). Међу оружјем КСБ, како се истиче, знатан удео има и наоружање из Немачке, она снабдева будућу Приштинску армију војним транспортерима и џиповима.[16]
На тај начин, Србија у позадини не пушта на произвољност само косовске Србе, који се свакако не могу сами супротставити војној моћи НАТО и албанским терористичко-диверзантским јединицама. Иза нове границе формирају се нове војне снаге које не потпадају ни под какву контролу и рачуницу. Наступ друге фазе територијалне дезинтеграције Србије нипошто не може спречити послушничко „скидање косовског баласта”. Заборавити на „косметски кошмар” и „живети мирно и срећно”, чиста је илузија. Већ је под великим знаком питања и контрола Београда над јужним српским општинама Прешево, Бујановац и Медвеђа. АНА, још један клон ОВК, отворено прети војним дејствима у случају покушаја уклањања споменика у Прешеву, подигнутог у част палих бораца ОА ПБМ. Споменик је само врх леденог брега – у локалним органима власти и у државним институцијама дошло је до потпуног учвршћења позиција „албанског фактора”. Слични процеси одвијају се и у Рашкој области (тзв Санџаку). Као резултат свега, српско национално питање избија у оштром виду на дневни ред у Србији и њега у овом тренутку решава спољни фактор, стешњујући Србе и тако угрожавајући и сам опстанак српског народа.


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[1] http://fakti.org/srpski-duh/pergament/svesto-se-dogovori-sa-pristinom-bice-ustavnim-zakonom-preneto-organima-ap-kim
[2] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/284362/Prisina-zeli-armiju-Kosova
[3] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/125511/Ceku-Kosovo-dobija-vojsku-2013-godine
[4] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/280524/NATO-odlucuje-o-kosovskoj-vojsci
[5] http://www.b92.net/info/vesti/index.php?yyyy=2011&mm=12&dd=21&nav_category=206&nav_id=567724
[6] http://www.kurir-info.rs/taci-nema-specijalnog-statusa-za-sever-kosova-clanak-316085
[7] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/219230/KBS-vezba-za-vanredne-stiuacije
[8] Бецић Г. Настанак, развоjи перспектива косовских бдезбедносних снага на Косову и Метохиjи // Министарство одбране Републике Србије
http://www.odbrana.mod.gov.rs/odbrana-stari/vojni_casopisi/arhiva/VD_2012-prolece/14.
[9] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/199348/Tacijevi-tajni-agenti-prete-smrcu-protivnicima
[10] http://www.setimes.com/cocoon/setimes/xhtml/sr_Latn/features/setimes/features/2008/10/28/feature-02
[11] http://www.kosovahaber.com/?page=3,12,7173&offset=308
[12] http://www.blic.rs/Vesti/Politika/261400/Biler-predlozio-Mileticu-da-se-KBS-ukljuce-u-regionalnu-saradnju/print
[13] http://www.stripes.com/news/kosovo-aims-to-form-military-force-and-join-nato-1.201794
[14] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/222374/OVK-skoluje-teroriste-pred-ocima-Kfora
[15] http://www.vesti-online.com/Vesti/Hronika/145251/Kosmet-prepun-oruzja-
[16] http://www.vesti-online.com/Vesti/Srbija/189311/KBS-bivsi-OVK-pod-patronatom-Nemaca



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Giorno del Ricordo 2013

1) All'Università di Verona i nazisti sono al servizio del Rettore
2) Il giorno del Ricordo e la nota del MIUR (Marco Barone)
3) In difesa di Ivan Motika, accusato di essere un infoibatore (Claudia Cernigoi)
4) Un “infoibato” in meno, un partigiano trucidato dai nazifascisti in più: la vicenda di Antonio Ruffini (Alessandro -Sandi- Volk)
5) Resistenza al confine orientale e questione “foibe”: ricerca storica o disinformazione strategica? (Germano Raniero)
6) Le foibe sono un falso storico propagandato dai fascisti e usato dalla borghesia (Salvatore Vicario)
7) A Cervia, l'ANPI commette un errore che insulta le vittime dell’occupazione fascista della Slovenia


ALTRI LINK CONSIGLIATI: 

LA GIORNATA DELLA MENZOGNA 
Con una bellissima esposizione la storica Alessandra Kersevan dipinge un quadro completo dell’opera di revisionismo storico che la nostra classe politica, e non solo, porta ogni anno avanti attorno al tema dell’occupazione fascista in Jugoslavia e delle foibe.
trasmesso il 3 febbraio u.s., ora in podcast: 
http://www.radiazione.info/2013/02/la-giornata-della-menzogna/

IRREDENTIST ORGANIZATIONS
Pubblichiamo un capitolo del libro di Ive Mihovilović “Italian expansionist policy towards Istria, Rijeka, and Dalmatia (1945-1953) – Documents” pubblicato dall’Istituto di economia e politica internazionale di Belgrado nel 1954  riguardante le organizzazioni irredentiste italiane. Il libro è la traduzione in lingua inglese dell’originale in serbocroato “Italijanska ekspanzionistička politika prema Istri, Rijeci i Dalmaciji (1945-1953) – Dokumenti” Beograd, Institut za medunarođnu politiku i privredu, 1954.
SCARICA IN PDF IL CAPITOLO "IRREDENTIST ORGANIZATIONS":
http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/05/Org.-Irredent.4MB1_wm.pdf


=== 1 ===

Maggiori informazioni sullo squadrismo fascista al servizio del Rettore di Verona si trovano alla pagina internet:

Si veda in particolare il video:
http://www.youtube.com/watch?v=4H80voa9zhc

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13 febbraio 2013

una lezione di Storia tra l’ostruzionismo dell’ateneo e l’irruzione di Casa Pound. Che fine ha fatto la cultura?

di Luca Romeo

Penso che quanto successo ieri, 12 febbraio 2013, all’Università di Verona sia una gravissima interruzione di democrazia e che l’ateneo veneto abbia confezionato una pessima figura agli occhi del mondo universitario nazionale e non solo.

Un incontro-lezione di Storia Contemporanea, è terminato con un irruzione violenta tra le pareti dell’edificio, un clima di tensione e paura e l’arrivo della polizia a circondare l’ateneo e permettere l’uscita alla relatrice e agli studenti che stavano seguendo il dibattito.

Andiamo con ordine.

Da circa un mese un collettivo studentesco interno all’università ha organizzato un incontro con la storica Alessandra Kersevan, dal titolo “Foibe: tra mito e realtà“. Un titolo di per sé provocatorio per quanto riguarda la vicenda che ha visto migliaia di italiani morire nelle fosse scavate nelle terre slave confinanti al Friuli, ma che va contestualizzato. Nessuna apologia dei crimini di Tito: la lezione storica ha portato alla luce alcuni dei fatti precedenti all’8 settembre 1943, giorno del secondo armistizio italiano durante la seconda guerra mondiale e – nella pratica – momento in cui l’Italia è passata da paese aggressore (della popolazione slava) a paese aggredito (dai partigiani slavi unitisi ai comunisti di Tito).

La sera precedente l’incontro – ripeto, organizzato da circa un mese – il rettore dell’ateneo decide di revocare il permesso dell’aula e di annullare l’incontro considerato “revisionista” e “negazionista”, trovando ampi consensi dai quotidiani locali L’arena e Il corriere del Veneto e il plauso del sindaco di Verona Tosi(Lega Nord).

Increduli, i ragazzi che hanno organizzato l’incontro, decidono di svolgere ugualmente la lezione. Io tra loro, puntuale alle 16, mi trovo tra i corridoi dell’ateneo a cercare di capire dove portare la storica Kersevan e dove assistere a questa lezione. Le aule, sono quasi tutte chiuse a chiave.

Piccola precisazione: il sottoscritto è a Verona da pochi mesi e non appartiene ad alcun collettivo studentesco, né a particolari partiti politici. La mia unica colpa, ieri pomeriggio, era quella di essere appassionato di Storia Contemporanea e di conoscere in modo parziale la vicenda delle foibe (in realtà, molto di quanto detto dalla storica sono notizie reperibili in diversi manuali in materia).

Già dal primo pomeriggio, il clima intorno all’ateneo è teso. Alcuni professori e un amministratore dell’università fanno di tutto per far desistere gli organizzatori dell’incontro, i quali sono decisi a permettere alla Kersevan di parlare. La storica, dal canto suo, non si china all’assurdità imposta dall’alto: che cosa può esserci di male in un dibattito sulla Storia? Tutt’al più si può ascoltare senza essere d’accordo e porre domande alla relatrice sulle questioni che si ritengono più spinose. Da amante della Storia Contemporanea, mi preparo all’incontro con questo spirito: prendere appunti, pormi dei dubbi e cercare di scioglierli facendo domande pertinenti alla professoressa improvvisata.

Il clima di tensione, però, si alimenta quando fuori dall’ateneo comincia un piccolo siparietto di alcuni esponenti di Casa Pound e Blocco Studentesco (gli studenti di estrema destra), i quali espongono uno striscione contro l’attività proposta in ateneo (compare la scritta “Non farti infoibare dall’ignoranza“) e una ‘mostra’ fotografica che presenta alcuni degli italiani maltrattati dai partigiani slavi dopo l’8 settembre 1943.

Inizialmente penso che ognuno sia libero di pensarla come meglio crede, che in fondo anche questi esponenti di estrema destra (che non sembravano studenti, ma persone di età maggiore) avessero il diritto di non voler partecipare all’incontro, in quanto strenui difensori di un patriottismo italiano che vede nelle foibe un simbolo di martirio. Poi però penso che l’incontro non si basa affatto su temi negazionisti, nessuno mette in discussione la vicenda delle foibe, ma che gli studenti – come me – appassionati di Storia Contemporanea, abbiano tutto il diritto di sapere per quale motivo gli slavi operarono con tanta ferocia sugli italiani e che cosa fosse successo prima di quell’armistizio. Ignoranza sarebbe non porsi queste domande: tutt’al più – come dicevo prima – si può non essere d’accordo. In fondo, è solo una lezione di storia.

Alle 16.30 circa, si trova finalmente un’aula nella quale seguire l’incontro. I professori e l’amministratore, per tutta risposta, cercano di ostacolarci in ogni modo. Ben tre volte viene tolta la corrente all’aula, in modo che la Kersevan non potesse proiettare le fotografie raccolte e costringendoci a seguire la lezione nel buio totale. Visto che alcuni studenti riescono in qualche modo a ripristinare la corrente (agganciando una prolunga all’elettricità fornita alla macchinette del caffè), qualcuno decide di far saltare la corrente dell’intero piano terra dell’edificio. Faccio presente che a questo piano c’è anche l’aula degli studenti diversamente abili, anch’essi rimasti senza luce e computer.

Trovo assurdo che un’università e un rettore ‘magnifico’ possano consentire tutto questo. In fondo, si tratta solo di una lezione di storia, senza apologie di macellai, senza scuse per nessuna atrocità, ma incentrata sull’esposizione di fatti spesso occultati, relativi all’occupazione italiana in Jugoslavia e Slovenia nei primi anni ’40.

Ma – non l’avrei mai detto – il peggio doveva ancora arrivare.

Quando l’interessante lezione è ormai al termine e quando ho già raccolto due pagine di appunti e ho pronte alcune domande che potessero sciogliere i miei dubbi, le parole della Kersevan vengono interrotte da un’irruzione degli esponenti di Casa Pound in università. Parte un fuggi fuggi generale, in aula la paura è tanta, tutti scappano verso il cortile interno. Molte ragazze perdono il controllo, alcune piangono, alcuni cadono nel tentativo di fuggire. Le porte dell’aula vengono sbarrate, purtroppo noi appassionati di Storia Contemporanea non siamo assolutamente portati allo scontro fisico e la paura di un aggressione è davvero forte.

A un certo punto, da un’altra uscita, gli esponenti di Casa Pound raggiungono il cortile dove ci eravamo rifugiati, scandendo slogan come “Tito boia! Tito boia!“. Questo mi fa pensare a come non avessero nemmeno idea sul tema del nostro dibattito. Nessuno, in quell’aula ha mai parlato di Tito come un santo, si cercava solo di approfondire le ragione dell’odio slavo nei confronti degli occupatori italiani.

Ci precipitiamo di nuovo dentro e stavolta sbarriamo anche le porte che danno al cortile. Regna il caos. Ci sentiamo topolini in trappola. Fortunatamente, qualcuno avverte la polizia che interviene disperdendo gli esponenti di estrema destra e ci permette di uscire per strada, scortando la storica Kersevan, che non solo ha dovuto subire il danno e la beffa di tenere una lezione universitaria al buio totale, ma che si è vista interrompere da un’irruzione che puzza di squadrismo fascista degno del Ventennio.

Avete capito come funziona l’università? Gli studenti appassionati di Storia non hanno i permessi di svolgere una pacifica lezione su temi assolutamente non negazionisti, ma di puro approfondimento. I rettori hanno la facoltà di proibire senza motivo tali incontri. I sindaci applaudono le decisioni. I funzionari dell’ateneo, anziché proteggere gli studenti, staccano loro la corrente elettrica. Agli esponenti di Casa Pound è permesso fare irruzione all’interno dell’università per ostacolare una lezione di storia.

I giornali locali stanno dalla parte dell’università, del sindaco – ça va sans dire – e di chi ha staccato l’elettricità e in definitiva dei contestatori di estrema destra.

Che cosa leggo ora sui giornali? Che verrà chiesta la revoca dello spazio autogestito dagli studenti dei collettivi, quelli che hanno organizzato l’incontro. Uno spazio di quattro metri per quattro di per sé insufficiente e per il quale esiste un contratto che non ha motivo di essere sciolto. Quale sarebbe il motivo? Avere organizzato un incontro culturale?

Stiamo freschi, questa è l’università italiana. Poi piangiamo se ci sono 50 mila iscritti in meno rispetto agli anni scorsi.

Cosa racconterò ai miei genitori? Loro mi dicevano: “Vai all’università e fregatene dei voti che prenderai, bada solo a imparare tutto quello che puoi, segui ogni corso possibile, partecipa ai convegni, ascolta tutte le campane e poniti sempre dei dubbi. In seguito fatti un’idea”.

Me ne sono fregato dei voti, sto cercando di imparare il più possibile, sto seguendo tutti i corsi che riesco e partecipando a ogni convegno che sembra interessante, ascoltando ogni campana disponibile e ponendomi innumerevoli dubbi.

Da ieri, un’idea me la sono fatta: l’università italiana, forse, non è pronta per ospitare studenti come me, che vogliono imparare. Che pessima figura. Quante assurdità, quante contraddizioni.

Che vergogna.



=== 2 ===

Da: Marco Barone <marcusbarone@...>
Date: 31 gennaio 2013 15:35
Oggetto: [15-O Trieste] Il giorno del Ricordo e la nota del MIUR

 
Il 10 febbraio è il giorno del ricordo, come previsto dalla LEGGE 30 marzo 2004, n.92 , la quale all'articolo 1 afferma che la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della piu' complessa vicenda del confine orientale.
Il comma 2 invece rileva in particolar modo che nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado.
Come si evince dal testo di questa legge si dedica grande attenzione in via prevalente alla questione delle foibe e successivamente alla vicenda degli esuli.
E' giusto condannare le violenze contro ogni libertà di ogni persona, ma il giorno del ricordo è spesso “usato” per fini strumentali politici e nostalgici, affidando la memoria storica, che verrà tramandata alle nuove generazioni, ad una verità parziale, che dunque non è verità. Perché fino a quando non si parlerà compiutamente degli orroricommessi dal fascismo in Jugoslavia , fino a quando lo Stato Italiano non ricorderà e riconoscerà a dovere le fucilazioni di massa e distruzione di villaggi in Slovenia e Croazia avvenute sulla base di semplici sospetti di collusione con la Resistenza, fino a quando luoghi come il campo di concentramento di Visco (Ud), continueranno a rimanere nell'oblio, quale verità nel giorno del ricordo?
In questa società non si nasce liberi, lo si può però diventare. E per essere liberi si deve conoscere la verità.
Per condurre l'umanità verso la realizzazione della reale verità, si dovrà rifiutare ogni strumentalizzazione, ogni velo di ipocrisia, ogni parzialità per conquistare l' essenza dell'oggi utopica libertà. E' curioso notare come la  nota del MIUR n° 664 del 30 gennaio 2013, firmata dal Ministro Profumo, che invita le scuole ad intraprendere iniziative su tale giorno, sia integralmente, se non in via assoluta, incentrata sulla questione dell’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati come avvenuta nel secondo dopoguerra, dimenticandosi in sostanza di "tutte le vittime" delle foibe.



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http://www.diecifebbraio.info/2013/02/in-difesa-di-ivan-motika-accusato-di-essere-un-infoibatore/

IN DIFESA DI IVAN MOTIKA, ACCUSATO DI ESSERE UN INFOIBATORE



Claudia Cernigoi

Febbraio 2013

INTRODUZIONE.

Nell’operazione in atto da diversi anni della riscrittura della storia a scopo politico, nella fattispecie nella parte
che concerne la rivalutazione del fascismo operata passando attraverso la criminalizzazione della lotta partigiana, un ruolo di rilievo è ricoperto dalla propaganda costruita intorno alle inchieste per i cosiddetti “crimini delle foibe”.
Nonostante la propaganda sulla “questione foibe” parli di “migliaia di infoibati sol perché italiani”, alla fine la
Magistratura è arrivata ad individuare un numero ristretto di morti che (senza voler mancare di rispetto a chi è stato ucciso), se inseriti nel giusto contesto storico e politico, finiscono col rappresentare una parte molto limitata delle vittime complessive di quell’enorme massacro che fu la seconda guerra mondiale. Quindi un’analisi di queste risultanze processuali dovrebbe porre fine alla canea che da decenni contamina la storia politica delle nostre terre.
Eppure, nonostante si sia più volte dimostrato che gli “infoibati” non furono migliaia, che gli uccisi furono o
persone compromesse col regime fascista e collaborazionisti dei nazisti, oppure vittime di vendette personali che non possono essere imputate al movimento partigiano o all’esercito di liberazione jugoslavo, nonostante questo, dicevamo, la propaganda e la mistificazione continuano.
Tipico in questo contesto il modo di fare disinformazione piuttosto che informazione da parte di molta stampa: titoloni in grassetto ed articoli a tutta pagina nei momenti in cui venivano indicati i nomi dei possibili indagati, dipinti come “feroci infoibatori”, “boia” e via di seguito; mentre nel momento in cui le risultanze processuali sancivano le archiviazioni o le assoluzioni, gli stessi periodici si limitavano a darne notizia in trafiletti di poche righe.
Così è accaduto anche per il cosiddetto “processo per le foibe”, che ha visto un imputato (il fiumano Oskar
Piškulić) processato e prosciolto dall’accusa di tre omicidi commessi nel maggio ‘45 a Fiume (e che nulla avevano quindi a che fare con la questione delle “foibe” istriane), mentre la posizione dell’altra imputata per gli stessi reati, Avjanka Margitić, deceduta prima dell’inizio del dibattimento è stata archiviata per “morte del reo”. La stessa archiviazione è stata fatta per Ivan Motika, che era stato indicato quale responsabile degli “infoibamenti” dell’Istria del 1943, anch’egli morto prima dell’inizio del processo. Ma, mentre la questione di Fiume è stata alla fine in un certo qual senso chiarita in sede giudiziaria (e ad essa andrebbe dedicato uno studio a parte, data la complessità della vicenda), nessuna chiarificazione è stata fatta per quanto concerne le accuse rivolte ad Ivan Motika, morto con la nomea dell’“infoibatore” a causa della campagna stampa condotta sui giornali, nonostante contro di lui non vi fossero, come intendiamo dimostrare in queste pagine, elementi sufficienti per provarne la colpevolezza. Dato che Motika non ha avuto giustizia in vita, lo scopo di questa pubblicazione è di cercare di rendere giustizia quantomeno alla sua memoria, valutando da una parte le testimonianze presentate contro di lui in istruttoria e producendo d’altra parte quali elementi a suo discarico altre testimonianze e documenti storici che abbiamo raccolto. ...


continua a leggere e scarica in pdf      IN DIFESA DI IVAN MOTIKA: http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/02/IN-DIFESA-DI-IVAN-MOTIKA..pdf

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http://www.diecifebbraio.info/2013/02/un-infoibato-in-meno-un-partigiano-trucidato-dai-nazifascisti-in-piu-la-vicenda-di-antonio-ruffini/

UN “INFOIBATO” IN MENO, UN PARTIGIANO TRUCIDATO DAI NAZIFASCISTI IN PIÙ

La vicenda di Antonio Ruffini

di Alessandro (Sandi) Volk

Antonio Ruffini è nato a Termoli, in Molise, il 16 aprile 1921. Figlio di Donato, ferroviere, e di Concettina Mucci, nel 1927 rimane orfano del padre, morto in un incidente sul lavoro. La madre rimane sola con tre figli, Antonio, Cleofino e Maria. Antonio è il maggiore e nel 1928 viene accolto presso il Convitto nazionale di Veroli, dove rimane per 12 anni, fino al conseguimento del diploma magistrale (maestro elementare) nell’estate del 1940. Subito dopo si iscrive all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, ma già nel febbraio del 1941 viene richiamato alle armi. Pur avversando la guerra Antonio non può che rispondere alla chiamata e viene spedito in zona di guerra con il 31° reggimento fanteria. In settembre viene ammesso al corso ufficiali di complemento a L’Aquila. Nell’aprile del 1942 viene nominato sottotenente di complemento e il 16 aprile giunge al XVI deposito G.a.f. (Guardia alla Frontiera) di Tolmezzo. Nel maggio dell’anno seguente viene trasferito al 153° regg. Fanteria mobilitato a Trieste, che opera in territorio dichiarato in stato di guerra (nella zona tra Divača (Divaccia), Sežana (Sesana), Ilirska Bistrica (Villa del Nevoso) e Pula (Pola)).Nel giugno del 1943 viene trasferito al 53° regg. della divisione »Sforzesca«, in ricostruzione a Trieste dopo le gravissime perdite subite in Russia. Il 31 marzo 1943 la famiglia riceve la sua ultima cartolina, poi arriva l’8 settembre. Antonio, come centinaia di migliaia di soldati del Regio Esercito, si »sbanda«. Nel suo stato di servizio l’ultima annotazione è del 21 febbraio 1947: »Disperso a Capodistria (Istria) durante lo sbandamento nel marzo 1944«.

Ma perchè quel riferimento a Capodistria e al marzo del 1944? Si tratta del risultato delle ricerche che la madre di Antonio, rimasta sola con la figlia minore Maria (il figlio più giovane, Cleofino, è infatti caduto come armiere della torpediniera “Ciclone” della Regia Marina nell’agosto 1942 venendo insignito della medaglia d’argento al VM), inizia appena le è possibile farlo, all’indomani della liberazione di Termoli (3 ottobre 1943), per sapere che fine avesse fatto il suo figlio maggiore. Nel corso delle sue ricerche la signora Concettina entra in corrispondenza con un certo Carlo Nobile di Capodistria. Il Nobile è una persona importante a Capodistria: possidente, è uno dei maggiorenti della città ed è stato l’ultimo sindaco – socialista – liberamente eletto di Capodistria prima del fascismo. Il 27 luglio 1945 il Nobile manda una cartolina alla vedova Ruffini, in cui scrive tra l’altro: »… Le ripeto che Suo figlio, il 23 marzo 1944, verso le ore 21 fu costretto a lasciare casa mia assieme a Renato Castiglione di Napoli e Arturo Russo di Taranto da una pattuglia di partigiani che li invitarono seco loro. In quel medesimo periodo i partigiani fecero partire anche parecchi giovani del luogo. D’accordo con i partigiani i tre promisero di scriverci a un indirizzo convenuto. Nulla più ricevemmo, né allora né poi. Da informazioni qui attinte sembra che i tre sono stati fatti passare in Friuli con i garibaldini italiani, ma nulla purtroppo abbiamo potuto sapere di positivo. Può anche essere che durante il tragitto siano stati fatti prigionieri dai tedeschi e in quel caso – come nell’altro che siano rimasti con i partigiani in luoghi remoti – le notizie, e loro fatti potrebbero giungere di giorno in giorno. Ciò appunto fervidamente auguro a Lei, Distinta Signora, e a noi tutti….«.

CONTINUA A LEGGERE E SCARICA IL PDF COMPLETO: http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/02/UN-INFOIBATO-IN-MENO-UN-PARTIGIANO-T-RUCIDATO-DAI-NAZIFASCISTI-IN-PIÙ-112.pdf


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Da: gcraniero @ libero.it 
Inviato: martedì 12 febbraio 2013 17:51
A: lettere@...
Oggetto: FOIBE..ALCUNE RIFLESSIONI ...SULLA REALTA' E SULLA PROPAGANDA.
 

 

Resistenza al confine orientale e questione “foibe”: ricerca storica o disinformazione strategica?

Nella ricerca storica sulla questione delle “foibe” il primo periodo storico da esaminare è quello dell’immediato dopo 8 settembre 1943, quando, in seguito all’armistizio firmato con gli Alleati, i militari italiani furono abbandonati dai vertici dell’esercito e si trovarono allo sbando. In questo stato di vacanza del potere alcune zone dell’Istria passarono per breve tempo sotto il controllo delle formazioni partigiane; vi furono arresti di persone, in genere compromesse con il regime fascista, ed anche esecuzioni sommarie causate da vendette personali. Le vittime di questo periodo furono circa 300; i corpi di 200 di queste vittime furono riesumati da svariate “foibe”, ma su questi recuperi torneremo più avanti.
Consideriamo ora invece che per riprendere il controllo del territorio i nazifascisti causarono, tra fine settembre ed i primi di ottobre, migliaia di vittime nel territorio istriano: il fatto è che di questi morti non si parla mai, come se non esistessero, nonostante siano almeno dieci volte più numerosi degli “infoibati” nel periodo immediatamente precedente. 
Da subito iniziò l’uso strumentale delle foibe per nascondere i crimini commessi dai nazifascisti: si misero in evidenza esclusivamente le violenze operate dai partigiani tacendo della feroce repressione nazifascista. Esempio di questa manovra è la pubblicazione di un libello dal titolo “Ecco il conto!”, pubblicato sia in lingua italiana che in lingua croata, contenente alcune foto di esumazioni di salme e basato fondamentalmente su slogan anticomunisti. Si volle in tal modo creare un clima di terrore nella popolazione allo scopo di isolare il movimento partigiano, che veniva descritto come feroce e pericoloso per tutti i civili, e che lo scopo del potere era proprio quello di difendere la popolazione dalle violenze dei partigiani.
Per comprendere come iniziò la propaganda nazifascista : < I servizi della X Mas assieme a quelli nazisti organizzarono la riesumazione propagandistica degli uccisi, con ampio uso di foto raccapriccianti dei cadaveri semidecomposti e dei riconoscimenti da parte dei parenti. Le prime pubblicazioni organiche di propaganda sulle foibe sono due: “Ecco il conto!” edita dal Comando tedesco già nel 1943, ed “Elenco degli Italiani Istriani trucidati dagli slavo-comunisti durante il periodo del predominio partigiano in Istria. Settembre-ottobre 1943” redatto nel 1944 per incarico del Comandante Junio Valerio Borghese, capo della X Mas e dell’on. Luigi Bilucaglia, Federale dei Fasci Repubblicani dell’Istria, da Maria Pasquinelli con l’ausilio di Luigi Papo ed altri ufficiali dei servizi della X Mas >.

Un altro documento che dovrebbe servire a mettere fine alla querelle sul numero degli infoibati nel periodo in questione è una nota inviata al capitano Miani dal federale dell’Istria Bilucaglia, nell’aprile 1945, che accompagnava 500 pratiche relative a risarcimenti destinati a parenti di persone uccise dai partigiani dall’8/9/43 fino allora. È quindi una stessa fonte ufficiale fascista a dichiarare che, ad aprile 1945, gli “infoibati” in Istria non erano stati più di 500, comprendendo in questo numero anche gli uccisi per fatti di guerra nei 18 mesi successivi al breve periodo di potere popolare nella zona di Pisino.

II fase: dopo il maggio 1945: le foibe come “contraltare” ai crimini di guerra italiani.

La propaganda sugli infoibamenti e sui crimini che sarebbero stati commessi dai liberatori ricominciò dopo la fine della guerra. In tutta Italia (come del resto negli altri paesi d’Europa che furono occupati dai nazifascisti) si verificarono delle rese dei conti contro chi aveva collaborato con il nemico invasore, però (pur in presenza di operazioni come la corposa produzione letteraria sui “crimini dei liberatori”, della quale Giampaolo Pansa è uno dei capiscuola) la propaganda oggi sembra concentrarsi per la maggior parte sugli avvenimenti del confine orientale.

III fase, anni ’90, grandi manovre.

All’inizio degli anni ‘90, dopo il crollo del muro di Berlino e l’asserita “fine del comunismo”, con il contemporaneo sfascio della Jugoslavia, anche la pubblicistica sulle foibe ha conquistato nuova linfa.
Fondamentale in questa operazione il ruolo del pordenonese Marco Pirina, che negli anni ‘60 e ‘70 era stato un attivista di estrema destra (quale rappresentante del Fronte Delta fu coinvolto nelle indagini sul tentato golpe Borghese, e poi prosciolto), che iniziò una serie di pubblicazioni sulle vicende del confine orientale, finalizzate a dimostrare la “barbarie” dei partigiani, la violenza dei “vincitori”, ma usando a questo scopo metodi poco ortodossi, come il moltiplicare la quantità di “infoibati” inserendo negli elenchi delle “vittime dei titini” anche moltissimi nominativi di persone che non erano state uccise dai partigiani.
 Il dato è che solo una minima parte di coloro che morirono per mano partigiana durante e dopo la guerra furono effettivamente uccisi nelle foibe, mentre la maggior parte di coloro che persero la vita nel dopoguerra morirono nei campi di prigionia o dopo condanna a morte. Ma accettare a livello storicistico una tale definizione, che nell’immaginario collettivo ha sempre richiamato l’immagine di una morte terribile, significa soltanto voler perpetuare una generalizzazione mistificante che non fa certo un buon servizio alla realtà storica.

Punto finale, 2010: “colpire la memoria, riscrivere la storia”.

“Operazione foibe a Trieste” si apriva con la citazione di alcuni versi della canzone “Ruggine” degli Africa Unite: “colpire la memoria, riscrivere la storia”, parole che a distanza di 13 anni appaiono quanto mai appropriate. Nel 2004 fu approvata la legge per l’istituzione del Giorno del ricordo “della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale” (14), da celebrare il 10 febbraio, cioè nell’anniversario della firma del Trattato di pace del 1947. 

Sostanzialmente in tal modo viene lasciato ai propagandisti come Pirina di entrare nel merito concreto della questione (cioè i

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DALLA STIRPE DELLA "BALILLA"


[NB. Il nome "Lussino" richiama la nota isola e dunque l'origine istriano-dalmata di Sergio Marchionne da parte di madre. 
Sul sostegno di Marchionne alle attività della lobby degli "esuli" istriano-dalmati si veda ad esempio: 
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6969
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7281 ]

http://motoriblog.net/auto/7676/fiat-lussino-concept-librida-che-percorre-43-kmlitro

Lunedì 18 febbraio 2013

Fiat Lussino Concept, l'ibrida che percorre 43 km/litro
 
Il designer industriale Joseph Martinez propone la sua idea di vettura ibrida nello stile Fiat. Si nota qualcosa di retrò in questo rendering che mostra una vettura un pò più grande della Fiat 500, con il bagagliaio in cui alloggia la ruota di scorta, che si trova anteriormente ed il motore posizionato al posteriore.  
La piccola vettura ibrida potrebbe essere equipaggiata con un motore elettrico insieme ad un motore termico con sistema TwinAir 0.9 litri da 130 CV. L'unità elettrica è alimentata da un pacco batterie situato sotto i sedili posteriori. La ricarica può essere effettuata presso una stazione di ricarica.
La Fiat Lussino percorre 100 mpg (miglia per gallone americano corrisponde a 1,60 km per 3,79 litri), che sono circa 43 km/litro. Il prezzo della citycar ibrida, se entrasse in produzione, si aggirerebbe sui 26.000 dollari.
 
[FOTO: http://motoriblog.net/auto/7676/fiat-lussino-concept-librida-che-percorre-43-kmlitro ]


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