Informazione



Libia: e se fosse tutto falso?


In questo Dossier un po' di buoni argomenti per riflettere sulla guerra, sulla missione Nato e sugli obiettivi dell'intervento militare.




La madre di tutte le bugie


14/06/2011

La guerra della Nato in Libia (operazione “Protettore unificato”), alla quale l’Italia sta partecipando, è presentata all’opinione pubblica internazionale come un intervento umanitario “a tutela del popolo libico massacrato da Gheddafi”.In realtà la Nato e il Qatar sono schierati, per ragioni geostrategiche, a sostegno di una delle due parti armate nel conflitto, i ribelli di Bengasi (dall’altra parte sta il Governo). E questa guerra, come ha ricordato Lucio Caracciolo sulla rivista di geopolitica Limes, sarà ricordata come un “collasso dell’informazione”,  intrisa com’è di bugie e omissioni. 

     Le sta studiando la Fact Finding Commission (Commissione per l’accertamento dei fatti) fondata a Tripoli da una imprenditrice italiana, Tiziana Gamannossi, e da un attivista camerunese, con la partecipazione di attivisti da vari Paesi. 

      La madre di tutte le bugie: “10 mila morti e 55 mila feriti”. Il pretesto per un intervento dalle vere ragioni geostrategiche (http://globalresearch.ca/index.ph p?context=va&aid=23983) è stato fabbricato a febbraio. Lo scorso 23 febbraio, pochi giorni dopo l’inizio della rivolta, la tivù satellitare Al Arabyia denuncia via Twitter un massacro: “10mila morti e 50mila feriti in Libia”, con bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi e fosse comuni. La fonte è Sayed Al Shanuka, che parla da Parigi come membro libico della Corte penale internazionale – Cpi (http://www.ansamed.info/en/libia/news/ME.XEF93179.html). 

     La “notizia” fa il giro del mondo e offre la principale giustificazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza e poi della Nato: per “proteggere i civili”. Non fa il giro del mondo invece la smentita da parte della stessa Corte Penale internazionale: “Il signor Sayed Al Shanuka – o El Hadi Shallouf – non è in alcun modo membro o consulente della Corte”(http://www.icc-cpi.int/NR/exeres/8974AA77-8CFD-4148-8FFC-FF3742BB6ECB.htm). 

     Ci sono foto o video di questo massacro di migliaia di persone in febbraio, a Tripoli e nell’Est? No. I bombardamenti dell’aviazione libica su tre quartieri di Tripoli? Nessun testimone. Nessun segno di distruzione: i satelliti militari russi che hanno monitorato la situazione fin dall’inizio non hanno rilevato nulla (http://rt.com/news/airstrikes-libya-russian-military/). E la “fossa comune” in riva al mare? E’ il cimitero (con fosse individuali!) di Sidi Hamed, dove lo scorso agosto si è svolta una normale opera di spostamento dei resti (http://www.youtube.com/watch?v=hPej4Ur_tz0). E le stragi ordinate da Gheddafi nell’Est della Libia subito in febbraio? Niente: ma possibile che sul posto nessuno avesse un telefonino per fotografare e filmare? 

     L’esperto camerunese di geopolitica Jean-Paul Pougala (docente a Ginevra) fa anche notare che per ricoverare i 55 mila feriti non sarebbero bastati gli ospedali di tutta l’Africa, dove solo un decimo dei posti letto è riservato alle emergenze (http://mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=24960).  

(1.continua)

Marinella Correggia


Mercenari, miliziani e cecchini


14/06/2011

L’opera di demonizzazione del nemico, già suggerita con successo dall’agenzia Wirthlin Group agli Usa per la guerra contro l’Iraq, è riuscita ottimamente nel caso della Libia. “Gheddafi usa mercenari neri”. I soldati libici sono sempre definiti “mercenari”, “miliziani”, “cecchini”. In particolare i media sottolineano la presenza, fra i combattenti pro-governativi, di cittadini non libici del Continente Nero; i ribelli a riprova ne fotografano svariati cadaveri. Ma moltissimi libici delle tribù del Sud sono di pelle nera. 

     “I mercenari, i miliziani e i cecchini di Gheddafi violentano con il Viagra”.  Il governo libico imbottirebbe di viagra i soldati dando loro via libera a stupri di massa, è stata l’accusa della rappresentante Usa all’Onu Susan Rice. Ma Fred Abrahams, dell’organizzazione internazionale Human Rights Watch, afferma che ci sono alcuni casi credibili di aggressioni sessuali (del resto il Governo libico e alcuni migranti muovono le stesse accuse ai ribelli) ma non vi è la prova che si tratti di un ordine sistematico da parte del regime. Ugualmente fondata solo su contradditorie testimonianze (e riportata solo da un giornale scandalistico inglese (http://www.dailymail.co.uk/news/article-1380364/Libya-Gaddafis-troops-rape-children-young-eight.html) l’accusa di sterminio di intere famiglie e di violenze su bambini di otto anni. 

     “Gheddafi ha usato le bombe a grappolo a Misurata”.  Sottomunizioni dei micidiali ordigni Mat-129 sono stati trovati nella città da organizzazioni non governative e dal New York Times.  Tuttavia,secondo una ricerca diHuman Rights Investigation (Hri) riportata da vari siti (http://www.uruknet.de/?l=e&p=-6&hd=0&size=1) potrebbero essere stati sparati dalle navi della Nato. 

     “Strage di civili a Misurata”. Negli scontri fra lealisti e ribelli armati sono certo morti decine o centinaia di civili, presi in mezzo. Ma ognuna delle due parti rivolge all’altra accuse di stragi e atrocità.

(2.continua)

Marinella Correggia


Oltre 750 mila sfollati


14/06/2011

Decine di migliaia di vittime civili…effetti collaterali dei “missilamenti” Nato. Oltre alle centinaia di morti civili nei bombardamenti aerei iniziati in marzo (oltre 700, secondo il Governo libico), e a centinaia di feriti tuttora ricoverati negli ospedali, la guerra ha provocato oltre 750 mila fra sfollati e rifugiati: dati forniti da Valerie Amos dell’Ufficio umanitario delle Nazioni Unite, ma risalente al 13 maggio. Si tratta di cittadini libici trasferitisi in altre parti del Paese e soprattutto di moltissimi migranti rimasti senza lavoro e timorosi di violenze (solo nel poverissimo Niger sono tornati oltre 66 mila cittadini: (http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=24959). Oltre 1.500 migranti sarebbero già morti nel mar Mediterraneo dall’inizio dell’anno.   

     Atrocità commesse ai danni di neri e migranti. Secondo le denunce di Governi africani, di migranti neri in Libia, e le testimonianze raccolte da organizzazioni umanitarie come la Fédération internationale des droits de l’homme – Fidh (www.lexpress.fr/actualite/monde/libye-des-exactions-anti-noirs-dans-les-zones-rebelles_994554.html), nell’Est libico – controllato dai ribelli - innocenti lavoratori migranti sono stati accusatidi essere “mercenari di Gheddafi”e linciati, torturati, uccisi o comunque fatti oggetto di atti di razzismo e furti. I ribelli, come proverebbero diversi video, hanno giustiziato e seviziato soldati libici in particolare neri (http://fortresseurope.blogspot.com/search/label/Rivoluzionari%20e%20razzisti%3F%20I%20video). La comunità internazionale ha finora ignorato queste denunce. 

     Fatte cadere tutte le proposte negoziali. Fin dall’inizio della guerra civile libica, sono state avanzate diverse proposte negoziali, prima da Governi latinoamericani e poi dall’Unione Africana (Ua), che prevedevano il cessate il fuoco ed elezioni a breve termine.  Sono state tutte ignorate dalla Nato e dai ribelli.

(3.fine)

Marinella Correggia





DÉJÀ VU

(Come nel 1992 per la Bosnia, di nuovo nel 2011 sulla Libia notizie false di "stupri di massa" vengono costruite e date in pasto alle "anime candide" dell'opinione pubblica occidentale, così: più sei femminista e "di sinistra" e più aderisci alla cagnara guerrafondaia... a cura di I. Slavo)
 
http://www.voltairenet.org/Propagande-de-guerre-viols-de

Propagande de guerra: viols de masse en Libye

L’accusation de viol de masse est parfois une réalité, c’est aussi un classique de la propagande de guerre.
En l’occurrence, un mensonge de cette nature a été soigneusement bâti par les services de l’OTAN contre le colonel Kadhafi. Rappelons sa chronologie :
 Le 29 mars 2011, la jeune Iman al-Obeidi (29 ans) s’introduit dans le hall de l’hôtel Rixos de Tripoli où logent de nombreux journalistes occidentaux. Elle assure avoir été arrêtée deux jours auparavant à un check point, puis avoir été séquestrée et violée par 15 hommes pro-Kadhafi. Elle montre ses blessures aux journalistes duNew York Times et de Reuters avant d’être embarquée par les services de sécurité. La jeune femme devient vite une icône et donne divers interviews à la presse occidentale. En définitive, elle quitte la Libye le 5 mai, via la Tunisie avec l’aide des services secrets français et se rend d’abord au Qatar, puis obtient l’asile politique aux USA grâce à l’intervention de la secrétaire d’État Hillary Clinton.
 Maître Salwa Fawzi El-Deghali, une avocate devenue ministre des droits des femmes du Conseil national de transition, affirme avoir envoyé par courrier postal des milliers de questionnaires aux femmes de Cyrénaïque et avoir reçu 259 témoignages de viols.
 Le 28 avril, lors d’une réunion à huis clos du Conseil de sécurité, l’ambassadrice Susan Rice (USA) accuse le colonel Kadhafi d’avoir fait distribuer du viagra à ses troupes pour que la soldatesque viole en masse les rebelles.
 Lors d’une conférence de presse organisée le 8 juin au siège des Nations Unies, le Procureur de la Cour pénale internationale (CPI), Luis Moreno-Ocampo indique « qu’un nouveau chef d’accusation pourrait être fondé sur le recours à des viols en série pour tenter de contenir les manifestations. Ces viols pourraient être au nombre de plusieurs centaines, a-t-il précisé. L’enquête devait déterminer si ces viols avaient été ordonnés ou non par Mouammar Kadhafi lui-même, comme certaines informations l’ont indiqué. De même, le Procureur a fait état d’informations pouvant attester que le pouvoir libyen aurait fait distribuer aux soldats des stimulants sexuels de type viagra », rapporte le département de l’Information de l’ONU.
Cependant, le professeur Mahmoud Cherif Bassiouni, chef de la Commission d’enquête de l’ONU (pas du Tribunal) sur la Libye, met en doute les accusations du procureur. Il rappelle que sa Commission a été informée de ces allégations lors de sa mission à Benghazi. Il a alors demandé à Maître Salwa Fawzi El-Deghali de lui fournir une copie du questionnaire et des 259 réponses reçues et n’a jamais rien obtenu. En outre, il souligne l’invraisemblance de cette version dans la mesure où aucun service postal ne fonctionne depuis le début de l’insurrection.

RÉSEAU VOLTAIRE | 12 JUIN 2011


Questo articolo in formato PDF: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=get_filearticolo&IDArticolo=21084

http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21087


Pristina-Bengasi e ritorno. Requiem per la Unione Europea


di Andrea Martocchia* per l'ernesto Online

su l'Ernesto Online del 10/06/2011

*segretario, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

I meccanismi della comunicazione di massa che accompagnano la nuova guerra di aggressione cui partecipa il nostro paese - quella contro la Libia - ricalcano pedissequamente quelli già attivati nel corso di altre aggressioni degli ultimi anni - Iraq, Jugoslavia, Afghanistan. Nel caso libico dobbiamo però, in aggiunta, prendere atto che certi settori democratici, quelli del frequente richiamo alla "difesa della Costituzione", si comportano come se non avessero imparato assolutamente *niente* dalle guerre precedenti. Ci è capitato ad esempio di essere avvicinati da un cronista di una emittente del circuito di Radio Popolare, il quale ci ha allungato il microfono chiedendo: "Allora in che altro modo si doveva intervenire?" (intendendo al posto della guerra di aggressione, per "spezzare le reni" al dittatore di turno). Abbiamo replicato che la domanda era posta male ed era rivelatrice di come venti anni di guerre imperialiste costruite sulla disinformazione strategica non abbiano insegnato niente nemmeno ai giornalisti "di sinistra".

Il caso di Rossana Rossanda è da questo punto di vista il più emblematico ed il più scandaloso, anche perché era stato raccontato che Rossanda aveva fatto ammenda per avere sostenuto i bombardamenti della NATO contro la Repubblica Serba di Bosnia nel 1995. Pure il "circuito" di Michele Santoro dimostra di avere subito una pesante involuzione per quanto riguarda questi temi. Su AnnoZero del 5 maggio 2011, il leader della opposizione Bersani ha rivendicato la giustezza dei bombardamenti presenti e passati, con esplicito riferimento ai bombardamenti sulla Jugoslavia comandati dal suo compagno di partito D'Alema nel 1999, senza alcun contraddittorio.

A spiegare non solo questa degenerazione della "opinione pubblica" di sinistra in Italia, ma il più generale declino delle attività del movimento contro la guerra (1), si potrebbero portare alcune motivazioni specifiche. Un dato di fatto è la strumentalizzazione delle questioni libiche per finalità di politica interna, che dura da quasi tre anni. Ad avviso di chi scrive, se c'è una sola cosa buona che ha fatto il governo Berlusconi ebbene questa è stata la chiusura del contenzioso di epoca coloniale con la Libia in modo onorevole per quest'ultima, attraverso il Trattato di Amicizia (2); eppure, gli accordi - poi traditi - tra Roma e Tripoli sono stati fatti oggetto di veementi contestazioni da settori ben più preoccupati per la sorte dei migranti nei centri di accoglienza in Libia, che non per la sorte degli stessi nei CIE, nelle carceri, nelle periferie, nei cantieri o nei campi di pomodori in Italia. Quelle veementi contestazioni hanno sempre eluso tanto l'analisi del contesto internazionale, che vedeva la Libia alla guida di un movimento di emancipazione politica ed economica dell'Africa (Unione Panafricana: non è che per caso la aggressione militare c'entra qualcosa con questo?) quanto la memoria dei crimini pregressi dell'Italia su quei territori.

Una seria analisi delle cause della aggressione alla Libia dovrebbe certo considerare il quadro geopolitico più complessivo e ci porterebbe molto lontano, ben più lontano dei confini del nostro imperialismo straccione. Chiudiamo invece qui questa doverosa premessa, per passare al tema principale che ci siamo prefissati, e cioè alla questione del Kosovo.

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Lo abbiamo detto e scritto in più occasioni, e dobbiamo tornare a ripeterlo: paradigmatico degli "interventi umanitari" post-Ottantanove è proprio il caso jugoslavo. E, nell'ambito della complessa vicenda jugoslava, per ferocia e sprezzo di ogni legalità vanno rammentati quei bombardamenti del 1999, finalizzati a imporre un "regime change" a Belgrado, a spaccare la Federazione jugoslava (allora composta da Serbia e Montenegro) cancellando ogni residuo riferimento alla "Jugoslavia" dalle mappe geografiche e da ogni altro consesso formale (persino da internet, hanno voluto abolire il dominio ".yu"), e miranti a strappare alla Serbia la regione cui essa più teneva per ragioni storico-culturali ed economico-strategiche: il Kosovo.

Mentre scriviamo cade il dodicesimo anniversario dalla conclusione di quei bombardamenti (7 giugno 1999), e siamo prossimi al ventesimo anniversario dall'inizio della crisi jugoslava più generale (25 giugno 1991: secessioni di Slovenia e Croazia).

Il Kosovo dal giugno 1999 – con l'occupazione totale del territorio da parte degli eserciti stranieri – e ancora oggi, nonostante la dichiarazione di "indipendenza" (3), è a tutti gli effetti un protettorato coloniale. Il suo "status" è controverso al punto che la sua "indipendenza" finora è stata riconosciuta solamente da 75 dei 192 Stati che compongono le Nazioni Unite. "Arbitrio al posto del diritto internazionale" è l'eloquente titolo di una analisi del Centro di informazioni sulla militarizzazione (IMI), con sede a Tubinga, dedicata allo scandalo dei riconoscimenti internazionali e della omertà garantita dalla Corte di Giustizia dell'ONU (Wagner 2011).

La forzata ridefinizione dei confini interni balcanici è stata conseguita anche attraverso l'instaurazione di un regime di apartheid e terrore all'interno del Kosovo, che ha comportato la fuga di centinaia di migliaia di abitanti di etnia non-albanese o albanesi progressisti e anti-secessionisti (4), la distruzione o l'espropriazione dei loro beni oltreché di tutte le strutture, le infrastrutture e persino dei luoghi di culto e di quello straordinario patrimonio artistico che rimandava ad identità storico-culturali diverse da quella islamica. (5)

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Tra i paesi che non hanno riconosciuto il Kosovo come Stato indipendente ce ne sono alcuni aderenti alla UE: Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro si sono... avvalse della facoltà concessa dal balordo ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner : tra i paesi della UE « ognuno è libero di fare la scelta che vuole circa il riconoscimento dello Stato del Kosovo » (sic). Alla faccia di una politica estera comune europea!

La non ricomponibile differenziazione tra i paesi europei a proposito del Kosovo ha svelato dunque agli osservatori più attenti già in quella occasione (2008) il sostanziale fallimento dei progetti di unificazione politica europea. Tale fallimento appare oggi conclamato: persino Romano Prodi, l'europeista per antonomasia, che ancora nel febbraio scorso lamentava l'impossibilità di concordare regole comuni e condivise in sede UE a causa della tendenza franco-tedesca a prevaricare imponendo di fatto un modello di "Europa germanica" (6), in una importante intervista a Bianca Berlinguer agli inizi della crisi libica ha intonato un esplicito requiem funebre: « Io, guardi, non ci penso neanche più, nella politica estera, ad azioni comuni dell'Europa! » (7).
Nessuno potrebbe dargli torto, visto che l'azione unilaterale di parte francese contro la Libia ha spaccato persino quell'asse franco-tedesco di cui sopra.

Quello che però forse sfugge, non solo a Prodi, è che le basi di quella politica estera comune europea che è oggi completamente naufragata erano state poste a Maastricht il 17 dicembre 1991 sacrificando cinicamente l'unità jugoslava e con essa la pace e l'amicizia fra popoli che abitano nel cuore del continente. In quella sede infatti, compiacendo il cancelliere tedesco Helmut Kohl, si decise di sancire lo squartamento della Jugoslavia come prezzo da pagare proprio per l'unificazione europea (8). E' un dato di fatto che oggi sono sfumate sia l'unità jugoslava, sia l'unità europea. Sono passati venti anni: anche in questo caso, siamo prossimi ad un anniversario molto importante.

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Lo status coloniale del Kosovo è soprattutto evidente dal punto di vista economico. Dopo i bombardamenti del 1999, nella regione serba sotto occupazione da parte delle truppe internazionali si è aperta la grande partita della alienazione del patrimonio pubblico (o in incipiente privatizzazione) incluse le importantissime ricchezze del sottosuolo.

Già nel 2000 F. Marenco scriveva: « Alle truppe francesi è stato affidato il settore settentrionale, specializzato nella metallurgia non-ferrosa; la zona centrale della provincia, nella quale sono ubicate numerose centrali elettriche ed installazioni petrolifere, è invece stata affidata agli inglesi. (...) I Tedeschi, i quali hanno occupato il distretto meridionale in compagnia di Russi e Canadesi, hanno invece potuto prendere possesso della Balkanbelt, industria della gomma con una tradizione di collaborazione con la Deutsche Kontinental e fortemente indebitata nei confronti dei tedeschi. Quanto agli Italiani, essi hanno prontamente piantato la loro bandiera nel distretto occidentale di Pe?, al confine con l'Albania, prendendo sede nei locali della Zastava-Iveco, ditta che produce parti di camion e che è stata al centro di un progetto pluriennale di cooperazione internazionale » con la Fiat (9). « Le accuse che sono state fatte ai nuovi colonizzatori sono molteplici. Si parla per esempio della chiusura forzata di alcuni stabilimenti industriali, passati direttamente sotto il controllo dei militari, nell'ambito della competizione fra Francia e Inghilterra per il controllo della società mineraria Trepca (piombo, zinco, cadmio, oro e argento): uno dei principali volani dell'economia jugoslava, considerato dal New York Times "il più prezioso bene immobile dei Balcani". Nel novembre 1999, in un impianto produttivo della Trepca di Kosovska Mitrovica il generale francese Ponset si è autosostituito al direttore, cacciandone via gli operai serbi, sostituendoli con albanesi (...) Nell'agosto del 2000, con il pretesto di preservare l'inquinamento atmosferico il capo della missione dell'Onu Kouchner, francese, ha ordinato ai soldati dell'Alleanza di evacuare l'industria della Trepca. (...) Nel distretto di Pristina, invece, il 14 luglio 1999 le truppe inglesi hanno fatto irruzione nella miniera "Kisnica", sempre facente capo alla Trepca, sostituendone il direttore con uno di loro scelta e rimandando a casa 400 dipendenti » (Marenco 2000).

Come in Serbia e in gran parte dei territori jugoslavi smembrati nonché degli altri paesi ex-socialisti "in transizione", anche in Kosovo è stata creata una agenzia, la KTA (10), che ha lavorato in strettissima collaborazione con le autorità coloniali (UNMIK). Ma ancora oggi, dopo la fine delle attività della KTA, la situazione è instabile e la "liberalizzazione" dell'economia è fallimentare. Secondo la stampa locale (11) « nove anni di privatizzazioni orchestrate dall'UNMIK » e dalla KTA hanno prodotto solamente « una popolazione impoverita, servizi pubblici che colano a picco e infrastrutture inoperanti ». I giornali sintetizzano così il severissimo rapporto dell'Istituto Norvegese per le Relazioni Internazionali (14/9/2010), che ricorda come 70mila persone abbiano perso il lavoro a causa della chiusura forzata delle più grandi aziende statali e autogestite. Il momento clou di questa devastazione è stato proprio negli anni di reggenza di Bernard Kouchner, particolarmente zelante nell'ordinare il sequestro dei beni collettivi jugoslavi – e quindi anche la paralisi delle aziende - in vista della loro privatizzazione. Gli "internazionali" (soprattutto gli USA) hanno persistito « a voler praticare una privatizzazione rapida e totale » e la ossessiva « liberazione dal fardello dello Stato dichiarando che questo era il solo modo per garantire la sopravvivenza a lungo termine di un Kosovo indipendente ».

Tutti gli osservatori lamentano anche numerose irregolarità nelle procedure con cui i privati saccheggiano le risorse del Kosovo: e non c'è da sorprendersene, poichè è cosa nota (12) che la classe dirigente assurta al potere nella provincia non è solamente quella del terrorismo di matrice razzista dell'UCK, ma è anche quella mafiosa dei traffici di droga, armi ed esseri umani. Oltre alle malversazioni, comunque, bisogna considerare le condizioni della società kosovara, oggettivamente incompatibili con una vita economica "regolare", di qualunque segno essa sia. Il territorio è sotto massiccio controllo militare e sempre a rischio di esplosioni di violenza, e già questo scoraggerebbe qualsiasi investitore serio; inoltre, l'assetto proprietario dei beni immobili e delle aziende è suscettibile di contestazioni e revisioni, soprattutto da parte di quei soggetti pubblici e privati serbi che sono stati espropriati in maniera illegale e violenta negli ultimi dieci anni. Nel rapporto norvegese si evidenzia come gli espropri siano stati condotti senza concludere alcun regolare iter di messa in liquidazione (che comporterebbe un pagamento ai precedenti proprietari), di solito dichiarando solo "fallimento" manu militari. Dobbiamo poi ricordare che la distruzione della documentazione catastale e anagrafica a partire da giugno 1999 è stata una delle brutali consuetudini nel corso delle manifestazioni secessioniste-irredentiste, assieme al saccheggio e all'incendio di moltissimi edifici e strutture pubbliche e private.

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Il 2 giugno scorso, il presidente serbo Tadic non ha partecipato alla parata che cadeva nel 150.mo dell'Unità d'Italia perchè alla cerimonia era stata invitata, ed era presente, anche la cosiddetta presidentessa della cosiddetta Repubblica del Kosovo, Atifet Jahjaga.

La elezione della Jahjaga è l'esito di un percorso rocambolesco che illustra bene i conflitti politici interni alla leadership nazionalista-panalbanese e la crisi istituzionale apertasi lo scorso anno nell'entità kosovara, a seguito di svariati arresti tra cui quello del "governatore" della "banca centrale" Hashim Rexhepi (per corruzione) e le dimissioni del "presidente" Fatmir Sejdiu (per asserita incompatibilità con responsabilità di partito).

Le "elezioni politiche", conclusesi il 22 febbraio 2011 dopo alcune ripetizioni, sono state segnate da pesanti irregolarità. Il "parlamento" così insediato ha dapprima eletto a nuovo "presidente" - solo al terzo tentativo e con un margine risicato - il magnate Behgjet Pacolli dell'AKR (Alleanza per un Nuovo Kosovo), dopodiché ha votato la fiducia ad un "governo" nuovamente guidato dal criminale di guerra Hashim Thaci, del PDK (Partito Democratico del Kosovo, di maggioranza relativa), con l'appoggio dell'AKR e di svariati partitini - quelli falsamente rappresentativi delle "minoranze etniche" e quello di Uke Rugova, il figlio del "padre della patria" Ibrahim, storico promotore della politica del separatismo etnico. (13)

Se ci riferiamo ad Hashim Thaci come ad un criminale di guerra è, tra le altre cose, per il suo coinvolgimento nello scandalo dei "desaparecidos" serbi e della cosiddetta "casa gialla". La "casa gialla" è un edificio nella località di Burrell, in Albania a poca distanza dal Kosovo, dove vennero deportati centinaia di prigionieri che, in una sala operatoria fatiscente, subirono l'espianto di organi, utilizzati per finanziare l'UCK. Il crimine, che vede Thaci tra i principali responsabili nella "catena di comando", è stato tenuto insabbiato finché Carla Del Ponte era procuratrice al "tribunale ad hoc" dell'Aia, dopodiché è stata lei stessa a volerlo denunciare, forse per risciacquarsi la coscienza, parlandone nel suo libro «La caccia» (Del Ponte 2008). Di qui è partita una investigazione condotta da Dick Marty per conto del Consiglio d'Europa (CoE), sfociata in uno scottante Rapporto pubblicato nel dicembre 2010 e in una Risoluzione dello stesso CoE (gennaio 2011) che ha richiesto un approfondimento nelle sedi competenti. Attualmente ogni azione è impantanata in sede ONU perché gli Stati Uniti e i loro alleati si oppongono a che l'indagine sia proseguita da un organismo imparziale della stessa ONU. (14)

Torniamo alla geografia politica kosovaro-albanese. L' "opposizione parlamentare" è lì rappresentata dai partiti LDK, AAK (dell'altro criminale Ramush Haradinaj, anch'egli ex "premier" da anni protagonista di un balletto tra dentro e fuori le carceri dell'Aia) e dal movimento super-nazionalista Vetevendosje.
E' molto significativo che la polemica politica in Kosovo si incentri talvolta su chi è più o meno legato agli interessi stranieri: mentre il quotidiano Koha Ditore ha pubblicato una serie di foto in cui, sulla base degli sms scambiati tra Pacolli e l'ambasciatore Christopher Dell, si evincerebbe il ruolo decisivo degli Stati Uniti nella elezione dello stesso Pacolli, altri rimproverano piuttosto a questa figura di essere legato alla mafia russa. (15) Pacolli si è dovuto infine dimettere a causa dei brogli denunciati dalla "Corte costituzionale": a questo punto ha lui stesso denunciato che la nuova "presidente" Jahjaga - dapprima una illustre sconosciuta, impiegata in polizia come traduttrice per gli americani - era stata direttamente indicata dall'ambasciatore USA. (16) Ogni aspetto della vicenda kosovara ci riporta, insomma, alle pesanti e sfacciate ingerenze dell'imperialismo.

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Gli accostamenti che si possono fare tra la aggressione alla Libia e la aggressione alla Jugoslavia sono molti e clamorosi; in particolare, la strumentalizzazione della "fronda" etno-tribale della Cirenaica è simile, per molti aspetti, alla alleanza che i paesi NATO hanno stretto con l'estremismo pan-albanese in Kosovo.
La questione è stata affrontata da Diana Johnstone (16) che ha messo in evidenza il ripetersi dello stesso tipo di crimini contro la pace: « martellante campagna di menzogne mediatiche, demonizzazione del leader, ricorso al Tribunale Penale Internazionale, strumentalizzazione dei profughi, rifiuto dei negoziati » ... Nel caso libico abbiamo visto di nuovo "fosse comuni" inesistenti, "ribelli" filo-occidentali razzisti e criminali, bombe "umanitarie" a fermare un "genocidio" inventato, oltre alle ciniche operazioni "coperte" dei servizi segreti occidentali ed al vigliacco opportunismo della classe politica italiana.
A Pristina, lungo la strada che adesso porta il nome di Bill Clinton, da due anni svetta una enorme statua dello stesso Bill Clinton.
A Roma, lungo la via Nomentana, sul cancello dell'ambasciata libica presidiata da militari in assetto di guerra sventola di nuovo, come mezzo secolo fa, la bandiera della monarchia di re Idris.

I nuovi bombardamenti che sono oggi in corso contro la Libia, contro quello Stato e contro quel popolo, cadono nel centenario della colonizzazione italiana di quel paese (1911). Come nel caso jugoslavo, anche per la Libia gli anniversari scandiscono il tempo delle azioni e delle inazioni, delle bugie e delle rimozioni, delle responsabilità individuali e collettive, come rintocchi di campane. C'è chi ai rintocchi delle campane si abitua a tal punto da non sentirle più, e chi invece non riesce a non farci caso e quando rintocca una campana si ferma a pensare. Noi che non riusciamo a non sentire le campane quando suonano, crediamo ormai di essere in pochi e quasi ci vergogniamo di dire agli altri: le sentite anche voi, quelle campane? - perché sappiamo che è come richiamare tutti alle proprie responsabilità. E' così che, via via, ci isoliamo, diventiamo solipsistici, ci ritroviamo come dissidenti in questa società che non è più regolata secondo i valori ed i principi vergati sulla Carta Costituzionale, che non ha più memoria delle tragedie e dei crimini per scongiurare il cui ripetersi quella Carta era stata scritta. Dissidenti in una società totalitaria, nella quale guerre di conquista coloniale possono essere scatenate a forza di menzogne, anche contro l'opinione della maggioranza della popolazione.


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Fonti e Bibliografia:

Adem Bejzak e Kristin Jenkins, Un nomadismo forzato ...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia, Archeoares 2011 (Bejzak 2011)

Andrea Catone, FIAT Serbia. Un caso classico di imperialismo, su L'Ernesto n.3-4/2010 (Catone 2010)

Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano, Lupi nella nebbia, Jaca Book 2010 (Ciulla 2010)

Carla Del Ponte e Chuck Sudetic. La caccia. Io e i criminali di guerra, Feltrinelli 2008 (Del Ponte 2008

Alessandro Di Meo, L'urlo del Kosovo, ExOrma 2010

Jürgen Elsässer, Menzogne di guerra, La Città del Sole 2002

Antonio Evangelista, La torre di crani. Kosovo 2000-2004, Editori Riuniti 2007 (Evangelista 2007)

Hannes Hofbauer, Experiment Kosovo. Die Rückkehr des Kolonialismus, Promedia Verlag 2008

Diana Johnstone, Fools' Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions, Monthly Review Press 2003

Franco Marenco, I falchi e gli usurai, su L'Ernesto n.5/2000 (Marenco 2000)

Andrea Martocchia, La rimozione della Jugoslavia, su L'Ernesto nn.3-4/2003 -
https://www.cnj.it/documentazione/rimozione.htm

Sandro Provvisionato, UCK: l'armata dell'ombra, Gamberetti 2000 (Provvisionato 2000)

Uberto Tommasi, Mariella Cataldo, Kosovo Buco nero d'Europa, Achab 2004 (Tommasi 2004)

Jean Toschi Marazzani Visconti, Il corridoio, La Città del Sole 2005

Jürgen Wagner, Willkür statt Völkerrecht, IMI-Studie Nr. 09/2011 (21.4.2011) - http://www.imi-online.de/2011.php?id=2293 (Wagner 2011)

Luana Zanella (a cura di), L'altra guerra del Kosovo. Il patrimonio della cristianità serbo-ortodossa da salvare, Casadeilibri 2006 (Zanella 2006)


Note:

(1) Non si confondano però le attività del movimento contro la guerra, né tantomeno la sua - oggi quasi inesistente - rappresentanza pubblica, con i sentimenti prevalenti nella popolazione, che nonostante la continua propaganda guerrafondaia si è mantenuta in ampia maggioranza contraria alla guerra di aggressione contro la Libia, come mostrato dai sondaggi di opinione (cfr. ad es. "Quando l'antiberlusconismo fa male a certa sinistra" di F. Francescaglia, che menziona i significativi numeri di un sondaggio di Mannheimer - http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20803 ).

(2) Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 - http://it.wikisource.org/wiki/Trattato_Di_Amicizia,_Partenariato_E_Cooperazione_Tra_La_Repubblica_Italiana_E_La_Grande_Giamahiria_Araba_Libica_Popolare_Socialista .

(3) Sul crimine commesso con il riconoscimento della statualità della entità secessionista-razzista del Kosovo, fortemente voluto da Massimo D'Alema, si veda il Comunicato Stampa di CNJ-onlus del febbraio 2008 "Italia e Balcani: una perfetta continuità con le politiche del Fascismo" - https://www.cnj.it/POLITICA/cnj2008.htm - ed anche l'inascoltato appello di senatori e senatrici del dicembre 2007 "L'Italia non legittimi azioni unilaterali in Kosovo" - https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/apelsenato.htm .

(4) Della pulizia etnica compiuta in Kosovo a partire dal giugno 1999 dai secessionisti pan-albanesi sotto la supervisione delle truppe straniere di occupazione è soprattutto trascurato un aspetto: e cioè quello della presenza in Italia di numerose vittime, appartenenti a molte diverse "etnie" kosovare e generalmente rifugiati, in misere condizioni, nei cosiddetti "campi rom". Su questa questione tanto sconvolgente quanto ignorata si vedano ad esempio l'Appello del giugno 2007 al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, al Parlamento Europeo e al Governo italiano (https://www.cnj.it/INIZIATIVE/appello07kosovo_firenze.htm) nonché il recentissimo importante volume di testimonianze di uno di questi rifugiati, Adem Bejzak (Bejzak 2011): entrambi i documenti gettano soprattutto luce sulle vicende dei kosovari rifugiati in Toscana.

(5) Sul tema rimandiamo a Zanella 2006.

(6) « L'Europa e il direttorio zoppo. Se Germania e Francia decidono tutto e l'Italia tace », su Il Messaggero del 6 febbraio 2011.

(7) Su TG3 Linea Notte del 22/2/2011 - http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fc90c582-3539-4b49-86b1-df4b01cd9edd.html .

(8) Il documento UE numero 1342, seconda parte, del 6/11/1992 indicherà che a Maastricht l'unità europea era stata raggiunta proprio a scapito della Jugoslavia, con una cinica trattativa della quale ha raccontato anche Gianni De Michelis su Limes n.3/1996.

(9) Sul caso Zastava, più in generale, raccomandiamo la lettura dell'articolo di Andrea Catone "FIAT Serbia. Un caso classico di imperialismo", apparso su L'ERNESTO n.3/2010 e online: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20054 .

(10) http://kta-kosovo.org/html/ .

(11) Koha Ditore, 15 settembre 2010.

(12) Su questo tema rimandiamo a: Provvisionato 2000, Tommasi 2004, Evangelista 2007, Ciulla 2010.

(13) Da segnalare il penoso tentativo di riabilitazione della figura di Ibrahim Rugova da parte di ambienti "pacifisti di sua maestà", a Rovereto lo scorso 26 maggio 2011. Bizzarro caso di intellettuale-poeta di cui nessuno ha mai letto una poesia e di pacifista-ghandiano che dichiarò testualmente: « Noi kosovari dobbiamo ringraziare Dio per l'intervento della NATO » (ANSA 13/02/2003) e « La NATO è il nostro esercito privato... deve rimanere in Kosovo in eterno » (Der Spiegel 11/12/2000), Rugova alla sua morte nel gennaio 2006 è stato sepolto a Pristina nel "cimitero dei martiri", riservato solo agli eroi della guerriglia (ANSA 23/01/2006).

(14) Sul rapporto Marty ("Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo", 15/12/2010) e sugli sviluppi dello scandalo sui crimini di guerra commessi dalla leadership secessionista kosovara rimandiamo a tutta la documentazione richiamata dalla pagina https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/organi.htm , in corso di aggiornamento.

(15) Oltre al fatto che Pacolli, ex-marito di Anna Oxa, è attualmente sposato ad una russa, va ricordato che il suo nome fu di spicco nell'inchiesta Mabetex avviata e poi insabbiata da Carla Del Ponte. Essa riguardava malversazioni economiche in cui erano implicati anche membri della famiglia Eltsin.

(16) "Kosovo: New president handpicked by Americans, predecessor says", ADN Kronos International - April 11, 2011

(17) "Un altro intervento della NATO? Rifanno il colpo del Kosovo?", su www.globalresearch.ca del 16/03/2011 - http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20721

(italiano / english)


NATO applying Balkan scenario to Libya


1) NATO’s Libya 'hope' strategy is bombing 
Lewis MacKenzie, June 10, 2011

2) NATO Says It Is Broadening Attacks on Libya Targets
Thom Shanker / NYT, 26 April 2011  

3) U.S.-British covert operations exposed
Abayomi Azikiwe / Pan-African News Wire , Apr 7, 2011 

4) VoR: Will NATO apply the Balkan scenario to Libya? (P. Iskenderov), Attack on Libya indiscriminate, disproportionate (T. Blokhin)

5) Un comandante della CIA per i ribelli libici / A CIA commander for the Libyan rebels
P. Martin / WSWS, 28 March 2011

6) Il possibile successore di Gheddafi
E. Piovesana, 24 marzo 2011

7) Dibattito: Aldo Bernardini, Piera Tacchino


See also:

RECOMMENDED: Global Research's latest articles on Lybia and desinformation
http://www.globalresearch.ca/

Who are the Libyan Freedom Fighters and Their Patrons?
By Prof. Peter Dale Scott

The Euro-US War on Libya: Official Lies and Misconceptions of Critics
by James Petras and Robin E. Abaya


Some pictures of brand new guns and other arms in the posession of Libyan "revolutionaries". All of these arms were manufactured in NATO lands and in Libyan military magasines is not possible to find munitions for them. More pictures  with  commentary in Russian at
http://nstarikov.ru/blog/8569

Reports suggest French intelligence encouraged anti-Gaddafi protests
http://www.wsws.org/articles/2011/mar2011/inte-m28.shtml

“Il nostro uomo a Tripoli” – i terroristi islamici si uniscono all’opposizione democratica della Libia
Prof. Michel Chossudovsky - Global Research, 3 aprile 2011
http://aurorasito.wordpress.com/2011/04/04/“il-nostro-uomo-a-tripoli-i-terroristi-islamici-si-uniscono-allopposizione-libia-democratica-della-libia/
"Our Man in Tripoli": US-NATO Sponsored Islamic Terrorists Integrate Libya's Pro-Democracy Opposition
by Prof. Michel Chossudovsky

What you dont know about the libyan crisis

Washington funnels confiscated Libyan assets to "rebel" leadership
The illegality of the Obama administration's moves to use Libya's national wealth to keep the so-called rebel leadership afloat underscores the colonial character of the US-NATO war to oust Muammar Gaddafi...

Gli inglesi, tramite accordi segreti, spremono altri soldi dai leader del "Consiglio ribelle"
http://aurorasito.wordpress.com/2011/04/29/gli-inglesi-spremono-altri-soldi-dai-leader-del-consiglio-ribelle-con-accordi-segreti/


Ecco tutte le bugie che ci hanno raccontato sulla guerra libica
http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/5897-ecco-tutte-le-bugie-che-ci-hanno-raccontato-sulla-guerra-libica.html
http://www.youtube.com/watch?v=nFN14FeGVzk

No all'intervento in Libia! Dichiarazione di 58 partiti comunisti e operai

Appello - Fermiamo la guerra in Libia 
Per adesioni fermiamolaguerra@...
PRIME ADESIONI: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20771


=== 1 ===

http://www.theglobeandmail.com/news/opinions/opinion/natos-libya-hope-strategy-is-bombing/article2054254/

Globe and Mail - June 10, 2011

NATO’s Libya 'hope' strategy is bombing 

Lewis MacKenzie


We are now in the 84th day of the bombing campaign that the United Nations Security Council authorized to enforce a no-fly zone over Libya in a bid to protect civilians from Moammar Gadhafi’s forces. In a bizarre development, the North Atlantic Treaty Organization has said it will extend the campaign for 90 days, surely a first in the history of war when one side “extends the contract” for a set period. This presumably occurred because NATO’s strategy is still based on the flimsy hope that Colonel Gadhafi will see the error of his ways and capitulate before his surroundings and his supporters are bombed back to the Stone Age.

NATO’s obsession with its strategy of hope was tried once before in 1999, with the bombing of Serbia and the breakaway province of Kosovo. A myth that the 78-day bombing campaign persuaded Serbian leader Slobodan Milosevic to withdraw his forces from Kosovo continues to grow despite overwhelming facts to the contrary.

Before that war – and contributing to its start – the international community gathered in Rambouillet, France, and, on March 18, 1999, produced an accord that spelled out a peace plan to deal with the armed insurrection by the Kosovo Liberation Army (designated at the time by the CIA as a terrorist organization).

Unfortunately – but intentionally – the accord contained two poison pills that Mr. Milosevic could never accept, making war or at least the allied bombing of a sovereign state inevitable. The first pill demanded that NATO have freedom of movement throughout the entire land, sea and airspace of the former Federal Republic of Yugoslavia. In other words, NATO would have the right to park its tanks around Mr. Milosevic’s downtown office in Belgrade. The other pill required that a referendum be held within three years to determine the will of those citizens living in Kosovo regarding independence. The fact that Kosovo’s population was overwhelmingly Albanian Muslim guaranteed that the outcome of any such referendum would be a vote for independence and the loss of the Serbian nation’s historic heart.

Mr. Milosevic refused to sign the accord, and NATO began bombing Serbia on March 24, 1999, without a Security Council resolution, citing a “humanitarian emergency” – a decision still widely challenged by many international legal scholars. NATO said it would take only a few days of bombing to persuade Mr. Milosevic to withdraw his forces from Kosovo.

As the weeks dragged on, NATO’s strategy of hope appeared to be in serious trouble. Its aircraft, incapable of destroying to any significant degree the Serbian military’s personnel and equipment, had turned to bombing fixed infrastructure: bridges, roads, factories, refineries, TV stations. As in all wars conducted from thousands of feet above the target, mistakes were made and civilians were killed. In one town I visited during the campaign, a medical clinic and a 10-storey apartment building had been demolished, with no “legitimate” targets anywhere to be seen.

With no indication that Mr. Milosevic was going to give in, diplomacy was given a long overdue chance. Led by Russian envoy Vitaly Churkin, Mr. Milosevic was told that, if he withdrew from Kosovo, the two poison pills would be removed from the Rambouillet accord. Within days, Mr. Milosevic agreed.

Myth buster: Diplomacy, not bombing, played the key role in bringing a punitive bombing campaign based on hope to an end.

The same solution should be pursued in the case of Libya. The main obstacle is the rebel leadership. The UN envoy to Libya has requested that the rebels call for a ceasefire, but they have steadfastly refused to do so until Col. Gadhafi is gone. NATO leaders are no longer demanding Col. Gadhafi’s removal as a prerequisite for stopping the bombing. So where do the rebels get off refusing to accede to a request from the very organization that authorized the bombing in the first place? They should be told in no uncertain terms that, if they’re not prepared to negotiate with Col. Gadhafi’s representatives, NATO’s support in the air and at sea will cease.

Retired major-general Lewis MacKenzie was the first commander of UN peacekeeping forces in Sarajevo.


=== 2 ===

http://www.nytimes.com/2011/04/27/world/middleeast/27strategy.html

New York Times - April 26, 2011

NATO Says It Is Broadening Attacks on Libya Targets

Thom Shanker  


WASHINGTON: NATO planners say the allies are stepping up attacks on palaces, headquarters, communications centers and other prominent institutions supporting the Libyan government, a shift of targets that is intended to weaken Col. Muammar el-Qaddafi’s grip on power and frustrate his forces in the field. 

Officials in Europe and in Washington said that the strikes were meant to reduce the government’s ability...link by link, the command, communications and supply chains required for sustaining military operations. 

The broadening of the alliance’s targets comes at a time when the rebels and the government in Libya have been consolidating their positions along more static front lines, raising concerns of a prolonged stalemate....

Strikes on significant bulwarks of Colonel Qaddafi’s power over recent days included bombing his residential compound in the heart of the capital, Tripoli — an array of bunkers that are also home to administrative offices and a military command post — as well as knocking state television briefly off the air. 

(...)

Senior officers who served in NATO’s previous air war, fought in 1999...said that the current air campaign over Libya drew on lessons from Kosovo. 

Gen. John P. Jumper, who commanded United States Air Force units in Europe during the Kosovo campaign, recalled that allied “air power was getting its paper graded on the number of tanks killed” — even though taking out armored vehicles one by one was never going to halt “ethnic cleansing.” 

So NATO began to hit high-profile institutional targets in Belgrade, the Serbian capital, instead of forces in the field. While they were legitimate military targets, General Jumper said, destroying them also had the effect of undermining popular support for the Serbian leader, Slobodan Milosevic. 

“It was when we went in and began to disturb important and symbolic sites in Belgrade, and began to bring to a halt the middle-class life in Belgrade, that Milosevic’s own people began to turn on him,” General Jumper said. “They began to question why the whole thing in Kosovo was going on, because it was ruining the country.” 


=== 3 ===


CIA & MI6 in Libya

U.S.-British covert operations exposed


By Abayomi Azikiwe 
Editor, Pan-African News Wire 
Published Apr 7, 2011 8:01 PM


The New York Times, the Washington Post and other corporate news sources are now openly admitting that the opposition forces fighting the Libyan government are supported and coordinated by the U.S. Central Intelligence Agency and Britain’s MI6 with in-country special forces.

President Barack Obama in March signed an order dispatching CIA operatives to identify targets for bombing and to vet potential leaders within the rebel forces in the event of toppling the Libyan government.

Al Jazeera says in a recent article that both U.S. and Egyptian Special Forces are providing training to the rebel groups at a secret facility in eastern Libya. This adds greater clarity to the insistence on the part of the Obama administration that the current leader of Libya, Moammar Gadhafi, be forced from office. The U.S. wants a compliant regime in control of this oil-rich North African state of more than 6 million people.

Egypt’s military receives in excess of $1.5 billion a year from the U.S. for training, equipment and cooperation with Washington. An unidentified rebel fighter described being trained in military techniques by U.S. and Egyptian military forces.

“He told us that Thursday night (March 31) a new shipment of Katyusha rockets had been sent into eastern Libya from Egypt. He didn’t say they were sourced from Egypt, but that was their route through. He said these were state-of-the-art, heat-seeking rockets and that they need to be trained on how to use them, which was one of the things the American and Egyptian special forces were there to do.” (Al Jazeera, April 4)

The fact that the rebel forces are receiving arms and training from U.S., British and Egyptian intelligence and military units illustrates the hypocrisy of the naval blockade being imposed on Libya, under the guise of an arms embargo. The only arms embargo is against the Libyan government, while the imperialist states and their allies in the region are free to provide air and sea support for the rebels.

While Al Jazeera has been supportive of the military and political campaign against the Libyan government, it was forced to admit on April 4 that “since the rebels appear to be receiving covert support in terms of weaponry and training, it is not surprising that they are not inclined to criticize NATO openly.”

U.S. cover story falls apart

The Obama administration claims it does not know who the so-called “rebels” are in Libya. But Khalifa Haftar, officially appointed leader of the military campaign against the Libyan government, has for many years been financed and supported by the CIA. For two decades he lived in Virginia near CIA headquarters in Langley.

A report by the right-wing Jamestown Foundation declares, “Today as Colonel Haftar finally returns to the battlefields of North Africa with the objective of toppling Gadhafi ... he may stand as the best liaison for the United States and allied NATO forces in dealing with Libya’s unruly rebels.”

This same study revealed that Haftar played an important role in June 1998 in establishing the so-called Libyan National Army, the military wing of the National Front for the Salvation of Libya “with strong backing from the Central Intelligence Agency.” Not only did the CIA set up the LNA but it also created a training camp in Virginia where members of the group were taught counterinsurgency and destabilization tactics by the U.S. government.

The Nation magazine, in an April 3 article entitled, “The CIA, the Libyan rebellion, and the president,” concludes, “An event that Americans were led to believe was an autonomous rising on the model of Egypt turns out to have been deeply compromised from the start, and compromised by American meddling. All the external parties are in Libya for different reasons. Things could not have gotten this far without the CIA.”

The CIA and Africa

While the first clandestine operations of the CIA were directed against leftists in Europe after World War II, it soon focused on weakening oppressed nations, national liberation movements and socialist states. In 1953, the CIA engineered a coup against Mohammad Mossadegh, the elected leader of Iran, who had tried to nationalize the oil industry for the benefit of the people. He was replaced by the Shah, a U.S. puppet, who was finally overthrown in 1979.

The CIA was behind the 1954 overthrow of the progressive Arbenz government of Guatemala. In Cuba in 1961, CIA-trained exile forces landed at the Bay of Pigs in an attempt to topple the revolutionary government of Fidel Castro.

In 1966, the CIA was behind the destabilization and overthrow of the Pan-African and socialist-oriented government of President Kwame Nkrumah in Ghana. Nkrumah had supported national liberation movements throughout Africa and the world and formed close relations with the Soviet Union, China, Cuba and Yugoslavia.

In 1975, the CIA attempted to prevent the consolidation of national independence in the oil-rich Southern African nation of Angola. Agency operatives aided the racist South African Defense Forces and the counterrevolutionary UNITA and FNLA movements. Angola finally was liberated in 1994.

Importance of anti-imperialist perspective

An important role of the CIA has been to foster chaos in order to destabilize and overthrow governments in countries where U.S. imperialism wanted to intervene to protect its strategic interests. Thus it has a long track record of fomenting disinformation and psychological warfare.

The corporate media are always ready to build public support for U.S. imperialist aims and objectives, both domestically and internationally. As Washington sends the CIA, stealth bombers and “Tomahawk” missiles to engineer regime change in Libya, the media have framed this as an act of humanitarian relief designed to protect civilians. They have little to say when Libyans die and property is destroyed.

It is the duty of the anti-war and peace movements in the U.S. and throughout the Western industrialized countries to expose the role of the CIA and other intelligence services and uphold the right of oppressed, post-colonial and revolutionary governments to self-determination and sovereignty.

Any other approach strengthens the imperialists and their intelligence and military apparatuses. It only delays the struggle for international solidarity of the workers and oppressed inside the U.S. and around the world.


Articles copyright 1995-2011 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 

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=== 4 ===

http://english.ruvr.ru/2011/03/31/48262650.html

Voice of Russia - March 31, 2011

Will NATO apply the Balkan scenario to Libya?

Pyotr Iskenderov 

NATO is discussing the deployment of multinational forces in Libya, said Admiral James Stavridis, NATO’s supreme allied commander for Europe while testifying before the Senate Armed Services Committee. These forces will be under NATO command and will operate as they did in Bosnia-Herzegovina and Kosovo.
The statement by Admiral Stavridis shifts the possible development in Libya onto a new level. It seems that the U.S. and NATO do not consider rendering assistance to the opposition groups in ousting the Libyan leader Muammar Gaddafi as a priority. The Admiral believes that, clearly, there is a wide range of possibilities organizing a mission for stabilizing the situation in Libya under the aegis of NATO.
The West no longer considers the opposition groups as a means to oust Gaddafi for several reasons. Firstly, the opposition groups are very weak and divided. Secondly, according to Admiral Stavridis, al-Qaeda terrorists and pro-Iranian Hezbolla militants are among the rebels. In an interview with the NBC, President Barack Obama indirectly admitted this. He emphasized that there is no guarantee that there are no people who are unfriendly towards the U.S. and its interests among the rebels.
However, that the U.S. and NATO plan to carry out the operation in Libya in line with that of the Kosovo scenario has nothing to do with the state of affairs in the rebel camp. 
A deployment of multinational forces on a long-term basis under the aegis of NATO paves the way for Brussels to bypass the only restriction imposed by the UN Security Council on an operation in Libya. 
Resolution 1973 stipulates the use of all measures against the Gaddafi regime, except an occupation. The transition of the ongoing aerial operation to a multinational mission means, as shown by the Kosovo experience, a shift to an occupation under the peacekeeping slogans. 
Similar scenarios have been staged by the U.S., Britain and other Western countries also in Afghanistan and Iraq. "Their military presence remains despite of restrictions imposed by the U.N.," says Alexander Karasev, an expert at the Institute of Slavic Studies in an interview with our correspondent:
“The discussion of problems at the UN Security Council is aimed at finding a decision that will satisfy the international community and at the same time the interested parties. However, the latest developments show that the Western powers have lately learned to bypass formal restrictions imposed on them by the UN Charter and UN Security Council decisions. An allegedly humanitarian intervention by NATO against Yugoslavia in 1999 ended with the deployment of NATO forces in Kosovo and the setting up of the largest U.S. base Bondsteel Camp in the province. The U.S. and NATO may repeat this scenario in Libya,” Alexander Karasev said.
Speaking at the National Defence University, Barack Obama said that "we should not afraid to use our military swiftly and decisively, also unilaterally when there is a need to defend our people, our country, our allies and our innermost interests."
Commenting on the speech, an expert at the Centre for Strategic and International Studies in Washington, Stephen Flanagan, emphasized that the President’s speech had reminded him of the one that President Clinton gave during the Kosovo crisis explaining the reasons that led to the launch of the NATO operation in Yugoslavia. Both presidents emphasized the need for defending the American “innermost and other interests and values that were threatened”.
It’s unclear whether all this has anything to do with humanitarian aims and interests of the Libyan people as stated in by the authors of the UN resolution.

---

http://english.ruvr.ru/2011/03/20/47711252.html

Voice of Russia - March 20, 2011

Attack on Libya indiscriminate, disproportionate

Timur Blokhin

Russia, China and India have joined the African Union and the Arab League in denouncing the Western-led attack on Libya as disproportionate and indiscriminate. Indeed, reports speak about mounting civilian casualties in the offensive. At least 65 Libyan civilians are known dead and more than 150 wounded or injured.
One earlier victim of such attacks is Serbia, where NATO warplanes hit the Chinese Embassy in Belgrade and a passenger train during the bombing campaign of 1999.
Dr George Vukadinovic is a political analyst in Belgrade:
"Similarly to the 1999 NATO campaign over Kosovo, the offensive in Libya is fraught with unpredictable political and economic consequences for Europe and the Mediterranean. I believe the European Union showed poor judgment in joining the Libya attack. The Libya resolution of the UN Security Council was the result of haste and unilateral pressure on the members. In the vote on the resolution, the much-hyped European unanimity on major issues showed cracks, with Germany abstaining."
We have a similar opinion from another Serbian analyst, Dr Gostemir Popovic:
"The attack on Libya is a unilateral action led by the United States. Dubbing Gaddafi an aggressor is part of American efforts to justify this war. It has nothing to do with the truth, because it is the attacking force that is killing Libyan civilians and destroying their once prosperous country. This war blatantly flouts international agreements. It must be stopped, and its masterminds brought to international justice. If this is not done, the entire Mediterranean may degenerate into unfettered violence. In 1999, the United States was after separating Kosovo. This time, it appears to be after splitting Libya. The pattern is the same, as is the puppet master behind the scenes."
The anti-Gaddafi coalition claims to have already knocked out 20 of Libya’s 22 air defence installations. It says this improves security for Libyan civilians and creates conditions for bringing aid to them.
Gaddafi, meantime, stays defiant and pledges everything in his power to defeat what he calls a Western aggression against his country. Civilian volunteers on the Gaddafi side are welcome to take up arms and join a popular militia. Gaddafi hopes this force can grow to at least one million within the coming days.


=== 5 ===


A CIA commander for the Libyan rebels


28 March 2011


The Libyan National Council, the Benghazi-based group that speaks for the rebel forces fighting the Gaddafi regime, has appointed a long-time CIA collaborator to head its military operations. The selection of Khalifa Hifter, a former colonel in the Libyan army, was reported by McClatchy Newspapers Thursday and the new military chief was interviewed by a correspondent for ABC News on Sunday night.

Hifter’s arrival in Benghazi was first reported by Al Jazeera on March 14, followed by a flattering portrait in the virulently pro-war British tabloid theDaily Mail on March 19. The Daily Mail described Hifter as one of the “two military stars of the revolution” who “had recently returned from exile in America to lend the rebel ground forces some tactical coherence.” The newspaper did not refer to his CIA connections.

McClatchy Newspapers published a profile of Hifter on Sunday. Headlined “New Rebel Leader Spent Much of Past 20 years in Suburban Virginia,” the article notes that he was once a top commander for the Gaddafi regime, until “a disastrous military adventure in Chad in the late 1980s.”

Hifter then went over to the anti-Gaddafi opposition, eventually emigrating to the United States, where he lived until two weeks ago when he returned to Libya to take command in Benghazi.

The McClatchy profile concluded, “Since coming to the United States in the early 1990s, Hifter lived in suburban Virginia outside Washington, DC.” It cited a friend who “said he was unsure exactly what Hifter did to support himself, and that Hifter primarily focused on helping his large family.”

To those who can read between the lines, this profile is a thinly disguised indication of Hifter’s role as a CIA operative. How else does a high-ranking former Libyan military commander enter the United States in the early 1990s, only a few years after the Lockerbie bombing, and then settle near the US capital, except with the permission and active assistance of US intelligence agencies? Hifter actually lived in Vienna, Virginia, about five miles from CIA headquarters in Langley, for two decades.

The agency was very familiar with Hifter’s military and political work. AWashington Post report of March 26, 1996 describes an armed rebellion against Gaddafi in Libya and uses a variant spelling of his name. The article cites witnesses to the rebellion who report that “its leader is Col. Khalifa Haftar, of a contra-style group based in the United States called the Libyan National Army.”

The comparison is to the “contra” terrorist forces financed and armed by the US government in the 1980s against the Sandinista government in Nicaragua. The Iran-Contra scandal, which rocked the Reagan administration in 1986-87, involved the exposure of illegal US arms sales to Iran, with the proceeds used to finance the contras in defiance of a congressional ban. Congressional Democrats covered up the scandal and rejected calls to impeach Reagan for sponsoring the flagrantly illegal activities of a cabal of former intelligence operatives and White House aides.

A 2001 book, Manipulations africaines, published by Le Monde diplomatique, traces the CIA connection even further back, to 1987, reporting that Hifter, then a colonel in Gaddafi’s army, was captured fighting in Chad in a Libyan-backed rebellion against the US-backed government of Hissène Habré. He defected to the Libyan National Salvation Front (LNSF), the principal anti-Gaddafi group, which had the backing of the American CIA. He organized his own militia, which operated in Chad until Habré was overthrown by a French-supported rival, Idriss Déby, in 1990.

According to this book, “the Haftar force, created and financed by the CIA in Chad, vanished into thin air with the help of the CIA shortly after the government was overthrown by Idriss Déby.” The book also cites a Congressional Research Service report of December 19, 1996 that the US government was providing financial and military aid to the LNSF and that a number of LNSF members were relocated to the United States.

This information is available to anyone who conducts even a cursory Internet search, but it has not been reported by the corporate-controlled media in the United States, except in the dispatch from McClatchy, which avoids any reference to the CIA. None of the television networks, busily lauding the “freedom fighters” of eastern Libya, has bothered to report that these forces are now commanded by a longtime collaborator of US intelligence services.

Nor have the liberal and “left” enthusiasts of the US-European intervention in Libya taken note. They are too busy hailing the Obama administration for its multilateral and “consultative” approach to war, supposedly so different from the unilateral and “cowboy” approach of the Bush administration in Iraq. That the result is the same—death and destruction raining down on the population, the trampling of the sovereignty and independence of a former colonial country—means nothing to these apologists for imperialism.

The role of Hifter, aptly described 15 years ago as the leader of a “contra-style group,” demonstrates the real class forces at work in the Libyan tragedy. Whatever genuine popular opposition was expressed in the initial revolt against the corrupt Gaddafi dictatorship, the rebellion has been hijacked by imperialism.

The US and European intervention in Libya is aimed not at bringing “democracy” and “freedom,” but at installing in power stooges of the CIA who will rule just as brutally as Gaddafi, while allowing the imperialist powers to loot the country’s oil resources and use Libya as a base of operations against the popular revolts sweeping the Middle East and North Africa.


Patrick Martin


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Un comandante della CIA per i ribelli libici

APRILE 3, 2011 DI SITOAURORA LASCIA UN COMMENTO
Patrick Martin WSWS 28 marzo 2011

Il Consiglio nazionale libico, il gruppo di Bengasi che parla per conto delle forze ribelli che combattono il regime di Gheddafi, ha nominato un collaboratore di lunga data della CIA alla direzione delle operazioni militari. La scelta di Khalifa Hifter, un ex colonnello dell’esercito libico, è stata segnalata da McClatchy Newspapers Giovedi, e il nuovo capo militare è stato intervistato da un corrispondente di ABC News, nella notte di Domenica.
L’arrivo di Hifter a Bengasi è stato riportato da Al Jazeera il 14 marzo, seguito da un ritratto lusinghiero del tabloid britannico violentemente guerrafondaio Daily Mail del 19 marzo. Il Daily Mailha descritto Hifter come una delle “due stelle militari della rivoluzione“, che “era da poco tornato dal suo esilio negli USA per dare alle forze ribelli una certa coerenza tattica.” Il giornale non faceva riferimento ai suoi rapporti con la CIA.
Il quotidiano McClatchy ha pubblicato un profilo di Hifter, Domenica. Intitolato “Il nuovo leader dei ribelli ha trascorso gran parte degli ultimi 20 anni, nelle periferie della Virginia“, l’articolo osserva che una volta fu comandante superiore del regime di Gheddafi, fino “alla disastrosa avventura militare in Ciad, alla fine degli anni ’80.”
Hifter poi si avvicinò all’opposizione anti-Gheddafi, per emigrare infine negli Stati Uniti, dove ha vissuto fino a due settimane fa, quando è tornato in Libia per prendere il comando a Bengasi. Il profilo di McClatchy conclude: “Fin dal suo arrivo negli Stati Uniti, nei primi anni ’90, Hifter ha vissuto nella periferia di Washington, DC, in  Virginia.” Viene citato un amico che “si è detto non essere sicuro di quello che Hifter ha fatto esattamente per mantenere se stesso, e che Hifter ha avuto soprattutto l’obiettivo di aiutare la sua numerosa famiglia.
Per chi sa leggere tra le righe, questo profilo è una indicazione subdola del ruolo di Hifter come operativo della CIA. Come altro poteva, un alto ex comandante militare libico, entrare negli Stati Uniti nei primi anni ’90, pochi anni dopo l’attentato di Lockerbie, e poi stabilirsi nei pressi della capitale degli Stati Uniti, se non con il permesso e l’assistenza attiva delle agenzie di intelligence degli Stati Uniti? Hifter effettivamente ha vissuto per due decenni a Vienna, in Virginia, a circa cinque miglia dal quartier generale della CIA di Langley.
L’agenzia era molto familiare con il lavoro politico e militare di Hifter. Un articolo del Washington Post del 26 Marzo 1996 descrive una ribellione armata contro Gheddafi in Libia e utilizza una variante ortografia del suo nome. L’articolo cita testimoni della ribellione che segnalano che “il suo capo è il colonnello Khalifa Haftar, di un gruppo tipo contra, basato negli Stati Uniti è chiamato Libyan National Army“.
Il confronto è con le forze terroristiche “contra” finanziate e armate dal governo USA negli anni ’80, contro il governo sandinista in Nicaragua. Lo scandalo Iran-Contra, che ha scosso l’amministrazione Reagan nel 1986-87, riguardava la scoperta della vendita illegale di armi degli Stati Uniti all’Iran, e del loro ricavato utilizzato per finanziare i Contras, sfidando il divieto del Congresso. Democratici del Congresso coprirono lo scandalo e respinsero le richieste per mettere sotto accusa Reagan, per la sua sponsorizzazione delle attività palesemente illegali di una cricca di ex agenti dell’intelligence e di consiglieri della Casa Bianca.
In un libro del 2001, Manipulations africaines, pubblicato da Le Monde diplomatique, porta la connessione con la CIA ancora più indietro, al 1987, riferendo che Hifter, allora un colonnello esercito di Gheddafi, fu catturato in combattimento in Ciad durante la ribellione sostenuta dai libico contro il governo sostenuto dagli USA di Hissène Habré. Ha disertato aderendo al Fronte di Salvezza Nazionale libico (LNSF), il principale gruppo anti-Gheddafi che aveva l’appoggio della CIA statunitense. Ne organizzò la milizia, che operava in Ciad fino a quando Habré fu rovesciato dal rivale, supportato dai francesi, Idriss Déby, nel 1990.
Secondo questo libro, “la forza di Haftar, creata e finanziata dalla CIA, in Ciad, sparì nel nulla con l’aiuto della CIA, poco dopo che il governo fosse stato rovesciato da Idriss Déby.” Il libro cita anche un rapporto del Congressional Research Service del 19 dicembre 1996, secondo cui il governo degli Stati Uniti forniva aiuti finanziari e militari al LNSF e che un numero di membri del LNSF vennero trasferiti negli Stati Uniti.
Queste informazioni sono disponibili a chiunque conduca anche una sommaria ricerca su Internet, ma non è stata riportata dai mass media controllati dalle aziende negli Stati Uniti, fatta eccezione della notizia del McClatchy, che evita ogni riferimento alla CIA. Nessuna delle reti televisive, intenta a lodare i “combattenti per la libertà” della Libia orientale, si è preoccupato di segnalare che queste forze sono ora comandate da un collaboratore di lunga data dei servizi d’intelligence degli Stati Uniti.
Né i liberali né la “sinistra” entusiasta dell’intervento USA-Europa in Libia l’hanno notato. Essi sono troppo occupati nel salutare l’amministrazione Obama per il suo  approccio alla guerra multilaterale e “consultivo“, apparentemente così diversa da quello unilaterale e da “cowboy” di Bush in Iraq. Il risultato è lo stesso: la morte e la distruzione che piovono sulla popolazione, e la sovranità e l’indipendenza calpestate di un paese ex-coloniale non significano nulla per questi apologeti dell’imperialismo.
Il ruolo di Hifter, giustamente descritto 15 anni fa come leader di un “gruppo tipo contra“, dimostra le vere forze di classe al lavoro nella tragedia libica. Eventualmente ci sia stata una vera opposizione popolare espressa nella rivolta iniziale contro la dittatura corrotta di Gheddafi, la ribellione è stata sequestrata dall’imperialismo.
L’intervento degli Stati Uniti ed Europeo in Libia, è rivolto non a portare la “democrazia” e “libertà“, ma all’installazione al potere di tirapiedi della CIA che governano brutalmente come Gheddafi, consentendo anche alle potenze imperialiste di saccheggiare le risorse petrolifere del paese e d’utilizzare la Libia come base delle operazioni contro le rivolte popolari che spazzano il Medio Oriente e Nord Africa.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru

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24/03/2011

http://it.peacereporter.net/articolo/27574/Il+possibile+successore+di+Gheddafi


Dopo aver incontrato Sarkozy e la Clinton, Mahmoud Jibril è stato nominato ieri capo del governo provvisorio dei ribelli libici



Il Consiglio nazionale dei ribelli libici ha nominato ieri un governo di transizione guidato daMahmoud Jibril, il distinto signore ricevuto con tutti gli onori da Sarkozy all'Eliseo lo scorso 10 marzo e incontratosi pochi giorni dopo con la Clinton.
Questo anonimo tecnocrate sessantenne, finora sconosciuto alle cronache, è stato per anni l'uomo chiave di Washington e Londra all'interno del regime del Colonnello Gheddafi. In qualità di direttore dell'Ufficio nazionale per lo sviluppo economico (Nedb) del governo libico, Jibril lavorava per facilitare la penetrazione economica e politica angloamericana in Libia promuovendo un radicale processo di privatizzazione e liberalizzazionedell'economia nazionale.
Dopo aver studiato e insegnato per anni 'pianif

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