Informazione

(english / italiano)

Abolire il "premio Nobel per la Pace" 

1) Alcuni link
2) Il Nobel della guerra ai signori del «Nobel per la pace» / Perché Liu Xiaobo ha conseguito il «Premio Nobel per la pace» (D. Losurdo)
3) The Nobel Peace Prize at the service of imperialism (voltairenet.org)


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L'assegnazione del "Premio Nobel per la Pace" è completamente screditata oramai da molti anni. 

Tra i moltissimi esempi che si possono fare di conferimenti "sbagliati", a personaggi che stanno passando alla storia come criminali e guerrafondai, ricordiamo quello recente (2008) a Martti Ahtisaari - di famiglia nazista, responsabile della creazione di una nuova gabbia "etnica" nei Balcani. Si veda la documentazione raccolta al nostro link:

Giuseppe Zambon ci ricorda addirittura che << nel 1935 i signori di Stoccolma avevano attribuito al cancelliere tedesco Adolfo Hitler e a Mahatma Gandhi lo stesso numero di voti!! Il merito di Hitler? Aver riportato in Germania la pace sociale...
Peccato! Se avesse vinto Hitler anche i più sprovveduti potrebbero oggi comprendere quale ruolo gioca –al servizio dei potenti- la giuria del Nobel! >>.
 
Tra i commenti pervenutici in lingua italiana, a proposito dell'ultima scandalosa assegnazione (all'attivista anticinese Liu Xiaobo, propugnatore dello squartamento della Cina in senso etnico e fanatico liberista sostenitore della ri-privatizzazione dei latifondi agricoli nel paese) segnaliamo:

Il Premio Nobel diventa "dissidente"
di M. H. Lagarde - www.cubasi.cu - Traduzione di l'Ernesto online
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See also:

Nobel Prize: A Weapon in the Battle for Peace?
RIA Novosti political commentator Nikolai Troitsky    2010-10-12 19:15:21     


Newsletter 2010/10/11 - Federal Republic of China
BERLIN/BEIJING (Own report) - Berlin is unanimously cheering the fact that this year's Nobel Peace Prize was awarded to Liu Xiaobo. Already in the past, Chancellor Merkel has taken initiatives in favor of this Chinese "dissident" demanding his release from prison and will continue to do so, declared a spokesperson for the German government.
Liu received the prize for his "struggle for fundamental human rights in China", writes the German Ministry of Foreign Affairs. As a matter of fact, Liu is demanding nothing less than the overthrow of the People's Republic of China. Unlike petitions from other Chinese "dissidents", the "Charter 08," which he co-authored, is no human rights resolution, but rather a comprehensive political program, seeking a fundamental transformation of China. Among the demands is the creation of a federal state, such as the Federal Republic of Germany, a complete rupture with the Chinese state tradition covering several millennia. In addition the program calls for the reversal of all nationalization measures, taken since the founding of the People's Republic. This would mean rescinding the land reform that has assured the small farmers' existence to this day and the fulfillment of the demands of Western companies seeking to expand to China...

more: http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/57878

Newsletter 2010/10/07 - Germany Versus China (III)
BERLIN/BEIJING (Own report) - On the eve of the announcement of this year's Nobel Peace Prize laureate, German media have declared a Chinese "dissident" to be their favorite candidate. According to the German press, "it would be a courageous signal", if the Nobel Committee awards the prize to Liu Xiaobo, the Honorary President of the Chinese Pen Center. Liu has been calling, among other things, for the far reaching privatization of state property in China, including the land that had been reapportioned to small farmers under the land reform. Since the beginning of the 1990s, German government circles, party foundations and NGOs have increasingly been using the so-called dissidents as a means of applying pressure on Beijing. Regardless of their concrete political demands, "dissidents" are presented to the German public as "human rights activists" to stir up anti-Beijing sentiments. Even though they currently have no influence in their country, these "dissidents" are being kept at the ready, as potential cooperation partners for the case of a change of system in China. In this third part of the series on Germany's strategy towards China, german-foreign-policy.com describes the Chinese "dissidents'" role in Berlin's foreign policy...

more: http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/57877


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(en francais: Le Nobel de la guerre aux Messieurs du « Nobel de la paix »


Domenico Losurdo 

Il Nobel della guerra ai signori del «Nobel per la pace»

Nelle scorse settimane un acceso dibattito ha avuto luogo in Australia. In un saggio pubblicato su «Quarterly Essay» e parzialmente anticipato su «Australian», Hugh White ha messo in guardia contro inquietanti processi in atto: all’ascesa della Cina Washington risponde con la tradizionale politica di «contenimento», rafforzando minacciosamente il suo potenziale e le sue alleanze militari; Pechino a sua volta non si lascia facilmente intimidire e «contenere»; tutto ciò può provocare una polarizzazione in Asia tra schieramenti contrapposti e far emergere «un rischio reale e crescente di guerra di larghe proporzioni e persino di guerra nucleare». L’autore di questa messa in guardia non è un illustre sconosciuto: ha alle spalle una lunga carriera di analista dei problemi della difesa e della politica estera e fa parte in qualche modo dell’establishment intellettuale. Non a caso il suo intervento ha provocato un dibattito nazionale, al quale ha partecipato lo stesso primo ministro, la signora Julia Gillard, che ha ribadito la necessità del legame privilegiato con gli Usa. Ma i circoli australiani oltranzisti sono andati ben oltre: occorre impegnarsi a fondo per una Grande allenza delle democrazie contro i despoti di Pechino. Non c’è dubbio: l’ideologia della guerra contro la Cina fa leva su una ideologia di vecchia data che giustifica e anzi celebra le aggressioni militari e le guerre dell’Occidente in nome della «democrazia» e dei «diritti umani». Ed ecco che ora il «Premio Nobel per la pace» viene conferito al «dissidente» cinese Liu Xiaobo: un tempismo perfetto, tanto più perfetto se si pensa alla guerra commerciale contro la Cina minacciata questa volta in modo aperto e solenne dal Congresso statunitense.

La Cina, l’Iran e la Palestina

Tra i primi a compiacersi della scelta dei signori di Oslo è stata Shirin Ebadi, che ha subito rincarato la dose: «Non solo la Cina è un Paese che viola i diritti umani. È anche un Paese che appoggia e sostiene molti altri regimi che li violano, come quelli al potere in Sudan, in Birmania, nella Corea del Nord, in Iran...»; per di più, è un Paese responsabile del «grande sfruttamento degli operai». E dunque, occorre boicottare «i prodotti cinesi» e «limitare il più possibile gli scambi economici e commerciali con la Cina». E di nuovo: chiaro è il contributo all’ideologia della guerra condotta in nome della «democrazia» e dei «diritti umani» e aperta è la dichiarazione di guerra commerciale. Ma, allora, perché Shirin Ebadi ha conseguito nel 2003 il «Premio Nobel per la pace»? Il premio è stato conferito a una signora che ha una visione manichea delle relazioni internazionali; nella lista delle violazioni dei diritti umani non c’è posto per Abu Ghraib e Guantanamo, per i complessi carcerari in cui Israele rinchiude in massa i palestinesi, per i bombardamenti e le guerre scatenate sulla base di pretesti falsi e bugiardi, per l’uranio impoverito, per gli embarghi tendenzialmente genocidi messi in atto sfidando la stragrande maggioranza dei membri dell’Onu e della comunità internazionale... E per quanto riguarda il «grande sfruttamento degli operai» in Cina, Shirin Ebadi chiaramente parla a vanvera: nel grande paese asiatico centiniaia di milioni di donne e uomini sono stati sottratti alla fame a cui li avevano condannati in primo luogo l’aggressione imperialista e l’embargo proclamato dall’Occidente; e in questi giorni su tutti gli organi di informazione si può leggere che i salari operai stanno crescendo a ritmo assai rapido. In ogni caso, se l’embargo contro Cuba infierisce esclusivamente sugli abitanti dell’isola, un eventuale embargo contro la Cina provocherebbe una crisi economica planetaria, con conseguenze devastanti anche per le masse popolari occidentali e con tanti saluti per i diritti umani (almeno per quelli economici e sociali). Non c’è dubbio: nel 2003, a conseguire il «Premio Nobel per la pace» è stata una ideologa della guerra mediocre e provinciale. Si è voluto premiare una attivista che, se non sul piano internazionale, almeno sul piano interno all’Iran, intende difendere la causa dei diritti umani? Se questo fosse stato l’intento dei signori di Oslo, essi avrebbero dovuto premiare Mohammad Mosaddeq, che agli inizi degli anni ’50 del Novecento si impegnò a costruire un Iran democratico ma che, avendo avuto l’ardire di nazionalizzare l’industria petrolifera, fu rovesciato da un colpo di Stato organizzato da Gran Bretagna e Usa, dai paesi che oggi si ergono a campioni della causa della «democrazia» e dei «diritti umani». Oppure, i signori di Oslo avrebbero potuto premiare qualcuno dei coraggiosi oppositori della feroce dittatura dello Scià, sostenuta dai soliti, improbabili campioni della causa della «democrazia» e dei «diritti umani». Ma, allora, perché nel 2003 il «Premio Nobel per la pace» è stato conferito a Shirin Ebadi? In quel periodo di tempo, mentre conosceva un nuovo giro di vite l’interminabile martirio del popolo palestinese, si delineava con chiarezza la Crociata contro l’Iran. Un riconoscimento dato a un attivista palestinese sarebbe stato un reale contributo alla causa della distensione e della pace nel Medio Oriente. Mancano gli attivisti palestinesi «non-violenti»? E’ difficile definire «non- violento» Obama, il leader di un paese che è impegnato in varie guerre e che per gli armamenti spende da solo quanto tutto il resto del mondo messo assieme. In ogni caso, i «non-violenti» non mancano in Palestina, e comunque non-violenti sono gli attivisti che da vari paesi giungono in Palestina per cercare di difendere i suoi abitanti da una violenza soverchiante e che talvolta sono stati spazzati via dai carri armati o dai bulldozer dell’esercito di occupazione. Sennonché, i signori di Oslo hanno preferito premiare una attivista che da allora non si stanca di attizzare il fuoco della guerra in primo luogo contro l’Iran, ma ora anche contro la Cina.
Dopo la consacrazione e la trasfigurazione di Liu Xiaobo, è subito intervenuto il presidente statunitense, che ha chiesto l’immediato rilascio del «dissidente». Ma perché non liberare intanto i detenuti senza processo di Guantanamo o almeno premere per la liberazione degli innumerevoli palestinesi (talvolta appena adoloscenti) da Israele rinchiusi, come riconosce la stessa stampa occidentale, in complessi carcerari racccapriccianti?

I signori di Oslo, gli Usa e la Cina

Con Obama ci imbattiamo in un altro «Premio Nobel per la pace» dalle caratteristiche assai singolari. Quando l‘ha conseguito, lo scorso anno, egli aveva già chiarito che intendeva rafforzare in Afghanistan la presenza militare Usa e Nato e dare impulso alle operazioni di guerra. Confortato anche dal prestigioso riconoscimento conferitogli a Oslo, egli è stato fedele alla sua parola: sono ora ben più numerosi che ai tempi di Bush gli squadroni della morte che dall’alto dei cieli «eliminano» i «terroristi», i «terroristi» potenziali e i sospetti di «terrorismo», e questi elicotteri e aerei senza pilota che fungono da squadroni della morte infuriano anche in Pakistan (con le numerose vittime «collaterali» che ne conseguono); l’indignazione popolare è così forte e diffusa che anche i governanti di Kabul e Islamabad si sentono costretti a protestare contro Washington. Ma non si lascia certo impressionare Obama, che può sempre esibire il «Premio Nobel per la pace»! Nei giorni scorsi è trapelata una notizia raccapricciante: in Afghanistan non mancano i militari statunitensi che uccidono per divertimento civili innocenti, conservando poi qualche parte del corpo delle vittime come souvenir di caccia. L’amministrazione Usa si è subito affrettata a bloccare la diffusione di ulteriori particolari e soprattutto delle foto: scioccata, l’opinione pubblica americana e internazionale avrebbe potuto premere ulteriormente per la fine della guerra in Afghanistan; pur di continuarla e inasprirla, il «premio Nobel per la pace» ha preferito infliggere un colpo anche alla libertà di stampa.
Ma a questo proposito si può fare una considerazione di carattere generale. Nel Novecento sono gli Usa il paese che ha visto incoronato dal «Premio Nobel per la pace» il maggior numero di uomini di Stato: Theodore Roosevelt (per il quale l’unico indiano «buono» era quello morto), Kissinger (il protagonista del colpo di Stato di Pinochet in Cile e della guerra in Vietnam), Carter (il promotore del boicottaggio dei Giochi olimpici di Mosca del 1980 e del divieto di esportazione di grano all’Urss, intervenuta in Afghanistan contro i freedom fighters islamici), Obama (che ora contro gli ex- freedom fighters, nel frattempo divenuti terroristi, fa ricorso a un mostruoso apparato di guerra). Vediamo sul versante opposto in che modo i signori di Oslo si atteggiano nei confronti della Cina. Questo paese, che rappresenta un quarto dell’umanità, negli ultimi tre decenni non si è impegnato in nessuna guerra e ha promosso uno sviluppo economico che, liberandoli dalla miseria e dalla fame centinaia di milioni di donne e uomini, ha consentito loro l’accesso in ogni caso ai diritti economici e sociali. Ebbene, i signori di Oslo si sono degnati di prendere in considerazione questo paese solo per assegnare tre premi a tre «dissidenti»: nel 1989 viene conferito il «Nobel per la pace» al XIV Dalai Lama, che già da tre decenni aveva abbandonato la Cina; nel 2000 consegue il Nobel per la letteratura Gao Xingjan, uno scrittore che era ormai cittadino francese; nel 2010 il «Nobel per la pace» incorona un altro dissidente che, dopo essere vissuto negli Usa ed aver insegnato alla Columbia University, ritorna in Cina «di corsa» (Marco Del Corona, in «Corriere della Sera» del 9 ottobre) per partecipare alla rivolta (tutt’altro che pacifica) di Piazza Tienanmen. Ancora ai giorni nostri, egli così parla del suo popolo: «noi cinesi, così brutali» (Ilaria Maria Sala, in «La Stampa» del 9 ottobre). E così, agli occhi dei signori di Oslo, la causa della pace è rappresentata da un paese (gli Usa), che spesso si ritiene investito della missione divina di guida del mondo e che ha installato e continua a installare minacciose basi militari in ogni angolo del pianeta; per la Cina (che non detiene basi militari all’estero), per una civiltà millenaria che, dopo il secolo di umiliazioni e di miseria imposto dall’imperialismo, sta ritornando al suo antico splendore, a rappresentare la causa della pace (e della cultura) sono solo tre «dissidenti» che ormai poco o nulla hanno a che fare col popolo cinese e che vedono nell’Occidente il faro esclusivo che illumina il mondo. Non c’è dubbio che nella politica dei signori di Oslo vediamo riemergere l’antica arroganza colonialista e imperialista.
Mentre in Australia risuonano voci allarmate per i pericoli di guerra, a Oslo si ridà lustro a un’ideologia della guerra di infausta memoria: a suo tempo da J. S. Mill le guerre dell’oppio sono state celebrate come un contributo alla causa della «libertà» dell’«acquirente» oltre che del venditore (di oppio) e da Tocqueville come un contributo alla causa della lotta contro l’«immobilismo» cinese. Non sono molto diverse le parole d’ordine agitate in questi giorni dalla stampa occidentale, che non si stanca di denunciare l’immobile dispotismo orientale. Occorre prenderne atto: saranno pure ispirati da nobili intenzioni, ma col loro comportamento concreto i signori del «Nobel per la pace» meritano per ora soltanto il Nobel per la guerra.

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MARTEDÌ 12 OTTOBRE 2010


Perché Liu Xiaobo ha conseguito il «Premio Nobel per la pace»


di Domenico Losurdo

Nel 1988 Liu Xiaobo dichiarò in un’intervista che la Cina aveva bisogno di essere sottoposta a 300 anni di dominio coloniale per poter diventare un paese decente, di tipo ovviamente occidentale. Nel 2007 Liu Xiaobo ha ribadito questa sua tesi e ha invocato una privatizzazione radicale di tutta l’economia cinese.
Riprendo queste notizie da un articolo di Barry Sautman e Yan Hairong pubblicato sul «South China Morning Post» (Hong Kong) del 12 ottobre.
Non si tratta di un giornale allineato sulle posizioni di Pechino, che anzi in questo stesso articolo viene criticato per aver colpito un’opinione sia pure «ignobile» con la detenzione piuttosto che con la critica.
Da parte mia vorrei fare alcune osservazioni. Anche sui manuali di storia occidentali si può leggere che, a partire dalle guerre dell’oppio, inizia il periodo più tragico della storia della Cina: un paese di antichissima civiltà è letteralmente «crocifisso» – scrivono storici eminenti; alla fine dell’Ottocento, la morte in massa per inedia divene noioso affare quotidiano. Ma, secondo Liu Xiaobo, questo periodo coloniale è durato troppo poco; avrebbe dovuto durare tre volte di più! Il meno che si possa dire è che siamo in presenza di un «negazinionismo» ben più spudorato di quello rimproverato ai vari David Irving. Ebbene, l’Occidente non esita a rinchiudere in galera i «negazionisti» delle infamie perpetrate ai danni del popolo ebraico, ma conferisce il «Premio Nobel per la pace» ai «negazionisti» delle infamie a lungo inflitte dal colonialismo al popolo cinese! Purtroppo, in modo non molto diverso si atteggia spesso la sinistra occidentale, che si è ben guardata dal condannare l’arresto a suo tempo di David Irving e di altri esponenti della stessa corrente ancora in stato di detenzione, ma che in questi giorni inneggia a Liu Xiaobo.
Quest’ultimo, peraltro, non si è limitato a esprimere opinioni, sia pure «ignobili» (come riconosce il South China Morning Post»). Dopo aver invocato nel 1988 tre secoli di dominio coloniale in Cina, l’anno dopo è ritornato di corsa (di sua spontanea iniziativa?) dagli Usa in Cina, per partecipare alla rivolta di Piazza Tienanmen e impegnarsi a realizzare il suo sogno. E’ un sogno per la cui realizzazione egli continua a voler operare, come dimostra la sua celebrazione (in un’intervista del 2006 a una giornalista svedese) della guerra Usa per l’esportazione della democrazia in Iraq. Come si vede, siamo in presenza di un personaggio che contro il suo paese invoca direttamente il dominio coloniale e, indirettamente la guerra d’aggressione. E’ un sogno che gli ha procurato al tempo stesso la detenzione nelle galere cinesi e il «Premio Nobel per la Pace».


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(en francais: Le prix Nobel de la paix au service de l’impérialisme

The Nobel Peace Prize at the service of imperialism

In one of our French columns, Domenico Losurdo denounces the way in which the Nobel jury uses the peace prize in order to serve the imperialist agenda. A mere glance at the most recent laureates reveals the systematic character of this manipulation.

Nobel Peace Prize recipients after 9/11

2003
Shirine Ebadi
To increase pressure on Iran.

2004
Wangari Muta Maathai
To mount pressure against Kenya and other African states inching closer to China.

2005
AIEA et Mohamed ElBaradei
For having neutralized Hans Blix and cleared the way for the war against Iraq.

2006
Muhammad Yunus et la Grameen Bank
For cashing in on poverty by lending to the destitute at interest rates twice those of the market.

2007
GIEC et Al Gore
For having invented themillenium bug and legitimized the marketing of the environment and the trade of CO2 emissions.

2008
Martti Ahtisaari
For having derailed the negotiations with Serbia and justified the Kosovo war.

2009
Barack Obama
For having revamped the image of the United States while continuing its imperial wars.

2010
Liu Xiaobo
To increase pressure on China.



Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus
www.cnj.it

COMUNICATO STAMPA

Hooligans serbi? Sgombriamo il campo dagli equivoci

Gli incidenti provocati da elementi che ostentano simbologie e slogan "ultranazionalisti serbi", sia a Belgrado lo scorso 10 ottobre (manifestazione contro il "gay pride" svoltosi in contemporanea) sia a Genova ieri sera 12 ottobre (in occasione della partita Italia-Serbia, che perciò non si è potuta svolgere) contribuiscono ad accentuare l'immagine già negativa che è stata appiccicata addosso alla Serbia e ai serbi negli ultimi 20 anni.

Addirittura il presidente del Senato Renato Schifani ha dichiarato: "Quello che è accaduto ieri allo stadio di Genova (...) mostra il volto peggiore di un'Europa ancora troppe volte attraversata dalla violenza di chi rifiuta la civiltà, la dignità, il rispetto della persona". (1) Non ci vuole una particolare fantasia per associare tale "volto peggiore" alla Serbia e ai serbi, attribuendo così a tutto un popolo (etnia? razza?) il rifiuto della superiore "civiltà" di Schifani. Su questa linea si pone esplicitamente la associazione revanscista degli esuli istro-dalmati, che titola di "follia serba" e collega la violenza da stadio a "quell'odio di matrice balcanica" di cui sarebbero stati vittime le "comunità degli italiani" durante la Resistenza antifascista. (2)

Di fatto, tanti in Italia in queste ore si stanno sbizzarrendo a collegare, in buona o cattiva fede ma comunque impropriamente, le violenze degli "hooligans" con le presunte crudeltà dei partigiani jugoslavi, riassunte con la parolina in codice "foibe". Prima dunque di entrare nel merito della questione "hooligans serbi", è necessario sgombrare il campo dal primo e più penoso equivoco: tra i due argomenti - quello delle "foibe" e quello degli "hooligans" - non esiste alcun collegamento possibile se non quello dettato dal ben noto sillogismo razzista italiano, per cui slavi = barbari = infoibatori. (3)

Si pone tuttavia certamente la questione di quale significato dare, in termini sociali e politici, a questo fenomeno degli "hooligans serbi". Chi osserva le cose in superficie nota che gli "hooligans" agitano la questione del Kosovo - con striscioni, slogan, e richiami al 1389, anno della battaglia di Campo dei Merli. La questione è tuttavia sollevata in termini meramente "etnici" ("il Kosovo è serbo e non è albanese"), in maniera del tutto incongruente e contraddittoria dal punto di vista storico-politico. Infatti chi abbia voglia di informarsi e conoscere un po' di storia di quella regione scoprirà che un Kosovo completamente albanizzato - come è tornato ad essere oggi - fu il progetto, realizzato nel corso della II Guerra Mondiale, proprio del Fascismo e del Nazismo. (4) Dunque da un punto di vista storico-politico rigoroso, porre la questione del Kosovo in Serbia non è cosa priva di contraddizioni per chi si professa nazifascista e/o cetnico.

Ovviamente, chiedere rigore ideologico-storico-politico a degli "hooligans" può essere una pretesa eccessiva. Ma alla destra che è attualmente al potere in Serbia tale richiesta dovrebbe essere formulata, oppure no?

Questo è in effetti il problema che sussiste sicuramente. Con il golpe anti-jugoslavo, di cui proprio in questi giorni ricorreva il decimo anniversario, in Serbia è salita al potere una classe dirigente non solamente ultraliberista ed alleata del FMI, della NATO e della UE: a prendere il potere sono stati anche i diretti eredi di quella tradizione cetnica oscillante tra fedeltà alla integrità nazionale e fedeltà ai propri mentori e padroni stranieri. L'atteggiamento dei cetnici di allora non è diverso da quello dei cetnici di oggi (intendiamo quelli veri, dall'ex Ministro Vuk Draskovic in poi, e non gli "hooligans"): oggi come allora i collaborazionisti dell'occupante straniero hanno accettato lo squartamento della Jugoslavia e la secessione del Montenegro e del Kosovo (5) proprio mentre si gongolano tra simbologie reazionarie e nostalgiche, revisionismo storico anti-partigiano, e sciovinismo anti-islamico. (6)

Certamente, negli stadi e nelle piazze l'estremismo teppista trova anche alimento nei settori sociali sconfitti, delusi ed impoveriti dagli eventi balcanici degli ultimi 20 anni - inclusi ovviamente i profughi dallo stesso Kosovo. Ma non ci sembra questa la componente determinante, quanto piuttosto quella costituita dai numerosissimi provocatori infiltrati dai "servizi di sicurezza" che esistono in tutte le tifoserie, calcistiche o meno, e svolgono un ruolo ben preciso e prevedibile. (7)

Quale potrebbe essere la strategia provocatoria in questo caso? Ci sono almeno due funzioni "utili" che questi "hooligans" stanno svolgendo.

Innanzitutto, gli incidenti non sono affatto "destabilizzanti" per il governo serbo. Viceversa, con essi la stessa questione del Kosovo viene relegata a questione "di ordine pubblico" e definitivamente sepolta - assieme ai serbi-kosovari, che sono oggi o profughi oppure prigionieri nei "bantustan" della provincia.

L'unica destabilizzazione possibile che gli incidenti di Genova possono arrecare è quella dei rapporti tra Berlusconi e Tadic, il cui incontro previsto in questi giorni, in occasione di un summit bilaterale, era già stato rimandato. Ma se di questo si tratta, cioè di una strategia internazionale (degli USA) per allontanare la Serbia dai paesi "amici" continuando ad isolarla, allora bisognerebbe pure avere il coraggio di parlarne apertamente, in Serbia ma soprattutto in Italia, dove invece non sappiamo far altro che professare disprezzo verso i nostri vicini jugoslavi - di tutte le nazionalità.

Per CNJ- onlus, il Consiglio Direttivo
13 ottobre 2010


Note:
(1) http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/10/13/news/arresti_italia_serbia-7997211/index.html?ref=search
(2) http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=10010&Itemid=111 . Razzista è stata anche la prima risposta "di massa" alle violenze che gli "hooligans" stavano scatenando nello stadio di Genova: dalla gradinata nord sono partiti cori << Zingari, zingari di merda >>: http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=10009&Itemid=111 .
(3) In questo caso il primo termine di paragone è stato semplicemente "allungato": serbi = slavi, e dunque serbi = infoibatori. Il sillogismo non è solamente razzista e bugiardo nel merito delle "foibe" (si veda tutta la documentazione raccolta o citata alla nostra pagina: https://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm ), ma è insostenibile anche dal punto di vista strettamente storico e politico. Infatti, tra le popolazioni jugoslave, non sono i serbi ad essere stanziati al confine orientale italiano e dunque ad essere stati lì coinvolti nella Resistenza partigiana, ma casomai sloveni e croati. Gli "hooligans" di Belgrado e di Genova, per simbologia ed argomenti ostentati non possono essere da nessun punto di vista intesi come eredi dei partigiani. Ovunque sono visibili le foto del capo dei teppisti di Genova con il braccio teso nel saluto nazifascista e gli elementi grafici celtico-nazisti tatuati sul corpo; inoltre, tutti i commentatori parlano di "estremisti di destra" per quanto riguarda questi "hooligans", sia quelli di Belgrado che quelli di Genova.
(4) https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/foto.htm . L'opzione "nazionalista serba" in campo nazifascista fu a quel tempo minoritaria e perdente: i collaborazionisti serbi degli italiani e dei tedeschi (Nedic, Ljotic) *accettarono* l'amputazione del Kosovo dalla Serbia ed anzi contribuirono a metterla in atto. Sul fronte antifascista c'erano inizialmente gli ufficiali monarchici di Draza Mihajlovic - i cosiddetti cetnici - i quali però erano molto più ostili ai comunisti che non ai nazifascisti: cosicchè si mossero con tanta ambiguità da essere ben presto "scaricati" dagli Alleati angloamericani, che trovarono più affidabile appoggiarsi al patriottismo internazionalista jugoslavo dei partigiani di Tito. Nella fase finale della II Guerra Mondiale, quelli tra i cetnici che non si erano già sbandati combattevano al fianco dei nazifascisti.
(5) Si veda: https://www.cnj.it/POLITICA/serimo2003.htm , https://www.cnj.it/POLITICA/cnj2008.htm .
(6) Abolita nel 2001 la festa nazionale della Jugoslavia multinazionale - il 29 Novembre -, il nuovo inno nazionale della Serbia è oggi la litania bigotta "Boze Pravde" ("La giustizia divina"), le immagini di Draza Mihajlovic campeggiano ovunque ed il fatto che i giocatori in campo usino la simbologia delle "tre dita" è un qualcosa che ai tempi del tanto vituperato Milosevic era inconcepibile.
(7) << Il Pd chiede al ministro degli interni "di capire come sia stato possibile che questo gruppo di violenti sia potuto giungere in Italia, a Genova e dentro allo stadio con tutto il corredo di armi improprie senza che nessuno sia stato in grado nè di fermarli, nè di isolarli e nè di disarmarli. (...) "Non erano venuti soli a Genova", ha osservato da parte sua il presidente della Federcalcio serba, Tomislav Karadzic, confermando in sostanza quanto da lui detto ieri sera a Genova subito dopo la sospensione della partita: per Karadzic infatti si sarebbe trattato di un piano preordinato della tifoseria ultras per creare incidenti e far saltare l'incontro. (...) "Mi domando una cosa: chi ha permesso a questi disgraziati di entrare in Italia?". E' quanto si chiede il sindaco di Genova, Marta Vincenzi. (...) La Vincenzi rivela tra l'altro che (...) si era anche messo in contatto con la questura "e mi sono sentita dire che gli agenti erano lì ma che quelli erano dei delinquenti e si doveva evitare che finisse in tragedia. Ho capito che c'era una linea morbida per evitare la tragedia" >>. Sulla strana dinamica degli avvenimenti a Genova si veda: http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/10/13/news/arresti_italia_serbia-7997211/?ref=HREA-1 , http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/10/13/news/polemica_maroni-8010519 .


Firenze 13 maggio 1999: Grande manifestazione contro i bombardamenti della NATO, aggressione a sangue freddo contro i manifestanti, cinque gravemente feriti
Firenze 26 gennaio 2008: Processo politico e scandalose condanne contro i partecipanti a quella manifestazione
Firenze 5 novembre 2010: Nuova udienza per il riesame della sentenza

(si veda la documentazione, anche foto/video, raccolta alla pagina: https://www.cnj.it/24MARZO99/firenze.htm )


UNA SENTENZA VERGOGNOSA


Il 28 gennaio 2008 tredici imputati nel processo per i fatti del 13 maggio 1999 sono stati condannati in primo grado a sette anni di carcere per "resistenza aggravata". 

Per il 5 novembre 2010 la Corte d'Appello di Firenze ha fissato l'udienza di secondo grado che dovrà esaminare il ricorso presentato dalla difesa degli imputati.

Si presentano qui materiali e comunicati sulla vicenda.

Il 23 ottobre 2010 si tiene al CPAFiSud una giornata di solidarietà con gli imputati e di controinformazione. Alle 16.30 assemblea e dibattito con l' Avv. Giuseppe Pelazza. Alle 21.00 cena di solidarietà. Alle 22.30 concerto.

Le iniziative di solidarietà proseguono in autunno e nell'inverno 2008-2009 con cene e concerti, come quello del 
10 aprile.
La tarda primavera del 2008 è dedicata ad iniziative di solidarietà: la 
VI Tre Giorni di musica popolare, il concerto della Banda Bassotti, lo spettacolo teatrale Ingannati.
Manifestazione del primo marzo; millecinquecento partecipanti - 2 marzo 2008.
Solidarietà da Napoli da parte del Collettivo Internazionalista - 28 febbraio 2008.
Il re è nudo! il sito di processo al processo, con filmati e documentazione - 21 febbraio 2008.
Manifesto e comunicato di convocazione per la manifestazione del primo marzo - 21 febbraio 2008.
Solidarietà dal PRC - Università ai tredici condannati - 19 febbraio 2008. 
Comunicato di Peace and Justice, statunitensi contro la guerra (Roma) - 18 febbraio 2008.
Assemblea cittadina e mobilitazione contro le condanne - 15 febbraio 2008.
La notizia arriva in Germania: articolo dal 
Berliner Umschau - 13 febbraio 2008.
Solidarietà di delegati RSU all'Azienda Sanitaria di Firenze - 10 febbraio 2008. 
Solidarietà dagli Americani contro la Guerra - 9 febbraio 2008.
Solidarietà dalla RSU dell'Università di Firenze - 6 febbraio 2008.
Volantino / manifesto di solidarietà sottoscritto da CPAFiSud, Cantiere Sociale K100 Fuegos, Voci dalla Macchia, Rete degli studenti medi fiorentini, Collettivo Politico di Scienze Politiche, Collettivo di Economia FuoriLOGO, realtà ed individualità anarchiche fiorentine - 4 febbraio 2008.
Condannati a 7 anni per aver manifestato contro la guerrala feature di Indymedia Toscana sull'argomento; contiene anche il link per il video delle cariche e per le attestazioni di solidarietà. - 1 febbraio 2008.
Solidarietà della FLC-CGIL Firenze - 30 gennaio 2008.
Aggravante politica e sentenza collettivacomunicato del CPAFiSud sulla sentenza di primo grado - 30 gennaio 2008
Rassegna stampa (I), - 29 gennaio 2008
Solidarietà dalle RdB - CUB di Firenze, - 29 gennaio 2008
Comunicato di CoBas e M.A.T. sulla sentenza del 28 gennaio 2008 - 29 gennaio 2008
Concerto per gli imputati del maggio '99 - 27 gennaio 2008
La manifestazione del 26 gennaiotremila persone in piazza a Firenze contro la repressione e la criminalizzazione dell'opposizione di classe - 26 gennaio 2008
Mobilitazione per il 26 gennaiola manifestazione convocata a Firenze - 16 gennaio 2008
Sostegno ai processati per la lotta antimperialista! - 13 Gennaio 2008



(english / srpskohrvatski / italiano)

Suicida il pilota della NATO che uccise la piccola Milica Rakic

Si è tolto la vita un mese fa il diretto responsabile della morte di Milica Rakic, la piccola di tre anni che abitava nei pressi dell'aeroporto di Belgrado e fu colpita da frammenti di bombe "umanitarie" della NATO il 17 aprile 1999 alle ore 21:45. 
Il tenente colonnello Harold F. Myers era andato in pre-pensionamento da pochi mesi con una diagnosi di "stress da disordine post-traumatico", "beccata" in seguito a quei bombardamenti, secondo le dichiarazioni di sua moglie Elisabeth.

La piccola Milica appare oggi trasfigurata, tra le icone dei santi della chiesa ortodossa, negli affreschi realizzati dal diacono Nikola Lubardic - si veda:
Allo stesso indirizzo rimandiamo per l'elenco completo dei bambini morti ammazzati nell'operazione "umanitaria" della NATO, mirata a strappare il Kosovo alla Serbia per accelerare lo sventramento della Jugoslavia secondo criteri "etnici".

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U.S. fighter pilot, Lt. Col. Harold F. – Huc Myers, could not withstand the pressure of conscience and constant nightmares that have plagued him since 1999 and the bombing of Yugoslavia.
One of those whose bombs, among others, killed the 3 years young Milica Rakic of Batajnica.
Myers pressed a few days ago a gun to his temple and killed himself. He had retired a few months ago with a diagnosis of post-traumatic stress syndrome - also known as the “Vietnam syndrome", and severe depression, which he had got after the bombings:


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Dželatima iz „Milosrdnog anđela“ koji su bombardovali Srbiju proradila savest!

Ubio se ubica Srba!


Utorak - 21.09.2010
Američki borbeni pilot, potpukovnik Harold F. - Huč Majers, nije mogao da izdrži pritisak savesti i stalne noćne more, koje su ga mučile od 1999. godine i bombardovanja SRJ.


Jedan od onih čije su bombe, između ostalih, ubile i malu Milicu Rakić iz Batajnice, prislonio je pre nekoliko dana pištolj na slepoočnicu i izvršio samoubistvo, postavši još jedan u dugom nizu američkih vojnika koji su na ovaj način, pošto im je proradila savest, prekratili sebi muke.
Majers je pre nekoliko meseci penzionisan uz dijagnozu posttraumatskog stresnog sindroma, poznatog i kao „vijetnamski sindrom“, i teške depresije, koje je „pazario“ nakon bombardovanja SRJ. Tog 12. septembra, kako je izjavila njegova supruga Elizabet, ništa nije slutilo na najgore.
- Iako su se u medijima pojavile informacije da je njegovom samoubistvu prethodila naša svađa, to nije istina! Proveli smo predivan dan zajedno, bili smo na ručku, uživali... Ali je on ćutao više nego obično. Takav je bio stalno poslednjih nekoliko godina... A kada smo došli kući, ovde u Santa Barbari izvukao je iz fioke pištolj i rekao: „Izvini, ne mogu više da izdržim“, a onda ispalio hitac u slepoočnicu... A ja ne želim takvog da ga pamtim, već kao pravog, istinskog heroja, što on i jeste bio ne samo meni i porodici, već i mnogim drugim ljudima - rekla je uplakana Elizabet.
Kako su izjavili njegovi prijatelji kojima se poveravao, Majers je imao konstantne noćne more, koje nije mogao da odagna ni jakim lekovima.
- Sanjao je ljude kako gore od bombi... Čuo je njihovu vrisku, jauke... Pokušavali smo da ga smirimo pričajući mu da su to samo snovi, da on kao pilot ne može da vidi šta je bomba pogodila i da sigurno nije bilo tako kako je sanjao, ali je on stalno pričao da zna da je sve to istina. Sanjao je decu, starce, raskomadana tela... Najgore je bilo kada nije mogao da se probudi i pored takvih snova. To mu je očigledno došlo glave - rekao je jedan od njegovih prijatelja.
Majers je učestvovao u bombardovanju brojnih „kriznih tačaka“ u svetu. Pre NATO operacije nad SRJ, radio je na „neutralisanju srpskih pretnji“ u Bosni i Hercegovini, kao i u nekoliko misija u Iraku i Avganistanu. Za ove „zasluge“ je više puta nagrađivan i odlikovan.

 

Padaju kao muve!
Procenat samoubistava vojnika koji su učestvovali u ratnim dejstvima vojske SAD među pešadincima zvanično iznosi 24 na 100.000 vojnika, a avijatičarima 13,7. Čak 90 odsto samoubica čine muškarci bele rase.
Interesantno je da je, iako zvanični podaci ne postoje, u Iraku tokom prve polovine 2009. godine broj samoubica prešao broj vojnika koji su poginuli u vojnim akcijama - 817 prema 761.

E. A.