Informazione


CASTA DIVA


Tale era Norma secondo Vincenzo Bellini ed il suo librettista, Felice Romani. << Fiore strappato dalla zolla, quando era sul punto di sbocciar >> è invece Norma nel periodare, non meno melodrammatico, dei revanscisti istro-dalmati:
http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=9888&Itemid=111

Ma chi era Norma?

...Norma Cossetto (...) era anche un alto gerarca del regime fascista, esponente del GUF (Gioventù Universitaria Fascista), figlia di un ricco possidente a sua volta segretario del Fascio a Santa Domenica di Visinada. La Cossetto fu vittima di atrocità perpetrate da un manipolo di cosiddetti "cani sciolti", che furono catturati dai fascisti e giustiziati assieme ad altre quattordici persone da fascisti repubblichini. Per quanto atroce sia stata la sua morte, per Norma Cossetto furono prese ben 17 vite. Quello che dai documenti e dalle testimonianze storiche risulta evidente è che Norma Cossetto morì da fascista, inneggiando al Fascio. Sicuramente un esempio di coerenza e di militanza politica, ma siamo sicuri che meriti una medaglia dall'Italia Repubblicana?...

(Igor Canciani, segretario provinciale PRC Trieste
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=7784 )

COSSETTO Norma, Istria 1943, infoibata a Villa Surani.
"Giovane vita tutta dedicata allo studio e alla Patria", leggiamo nel necrologio apparso sul "Piccolo" del 16/12/43. La vicenda di Norma Cossetto è però controversa. La giovane, figlia di Giuseppe Cossetto, era stata attiva nelle organizzazioni giovanili fasciste, e delle sevizie cui sarebbe stata sottoposta l'unica "testimonianza" che viene
citata è quella di una donna, della quale non viene mai fatto il nome, che avrebbe visto, dall'interno della propria casa in cui stava nascosta con le finestre sbarrate, quello che accadeva nella scuola di fronte a casa sua, anch'essa con le finestre chiuse. Dal verbale redatto dal maresciallo Harzarich dei Vigili del Fuoco di Pola, che aveva diretto i recuperi dalle foibe istriane, il corpo della giovane non appare essere stato oggetto delle mutilazioni di cui parlano le "cronache", né sarebbe stato possibile stabilire, con le conoscenze mediche dell'epoca, se fosse stata violentata prima di essere uccisa.

(da "La Nuova Alabarda", n. 203 - 2/2006)

Norma Cossetto pag. 32-33 ..... i vigili del fuoco di Pola, al comando del maresciallo Harzarich recuperarono la sua salma: era caduta nuda, supina.....; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate.
Al Rocchi piace le descrizioni crude, non per niente nell'intervista dice che è un uomo violento o qualcosa del genere.
Strano che il rapporto di Harzarich dica: "e il suo corpo non presentava a prima vista segni di sevizie. Sembrava dormire  e neppure lontanamente si poteva immaginare che fosse morta da diverse settimane (... .... la salma non era per niente in putrefazione, era ancora intatta." Arch. IRSMLT n. 346
Come è possibile che un corpo possa rimanere intatto per 44 giorni?
Ci sono parecchi dubbi sul fatto. Dicono cha accanto al corpo siano state trovate 17 bustine con la stella rossa (Il Piccolo, 16/12/43). Strano ancora che Rocchi parli di "17 torturatori" (pag. 34) esattamente quante erano le bustine trovate nella foiba. Era proprio nella foiba da 44 giorni??? 

(fonte: N.L. sulle falsificazioni contenute nel libro di Padre Flaminio Rocchi, si veda: 
https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/medaglie_infoibati.htm#cossetto )



I crociati della menzogna


"La prima libertà della stampa consiste nel non essere un’industria, un mestiere" CARLO MARX

Non da oggi la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica. Mai, però, come oggi, il malcostume della stampa capitalista si è manifestato in forme così volgari e abiette. Vi fu un'epoca, agli inizi dell'età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d'ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev'essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita. Non si deve sottovalutare il pericolo rappresentato dalla propaganda e dalle menzogne del nemico. La menzogna, anche la più grossolana riesce sempre, soprattutto quando è insistentemente ripetuta, a ingannare una parte dell'opinione pubblica. La ripetizione sino all'abbrutimento su quasi tutti i giornali e alla radio della stessa notizia falsa, riesce quasi sempre a disorientare, a creare confusione, a falsare il giudizio non solo degli ingenui, ma anche di molte persone di spirito. Quanti, ad esempio, il 25 giugno u.s. e dopo, hanno finito per credere che i coreani del nord avessero aggredito i coreani del sud! Non l'hanno detto e ripetuto ogni giorno, ogni ora con esasperante monotonia la radio e il 90 per cento dei giornali? Ciò che è stampato, nero su bianco, ha sempre agli occhi del grande pubblico un valore di verità. Questa tecnica della menzogna ereditata dall’hitlerismo e dal fascismo è applicata e monopolizzata dalla propaganda americana. La stampa è diventata, nei paesi del Patto atlantico, un'industria di montaggio coi produzione standardizzata. I temi ideologici arrivano dall'America assieme ai carri armati: si tratta della parte ideologica del piano Marshall. Veramente non so se si possa parlare di ideologia, giacchè non si tratta mai di argomentazione seria, ma di disinformazione, di propaganda subdola che non tende a convincere i più intelligenti, ma che ha lo scopo dichiarato di conquistare la parte più arretrata, di influire sulla parte meno esperta del pubblico e di soddisfare i gusti più bassi. Tutta la “propaganda” organizzata in tutti i paesi capitalisti dall’imperialismo americano e dalle sue agenzie è un cumulo di menzogne. Basta dare uno sguardo alla stampa dei vari paesi per accorgersi che gli stessi temi vengono trattati in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Belgio, con le stesse parole d'ordine, gli stessi slogan vengono lanciati dappertutto contemporaneamente. Ultima e più recente, la crociata della verità è stata iniziata da Truman e condotta per suo ordine in tutti i paesi alleati dal Patto atlantico. In Italia come in Inghilterra, come in Francia viene condotta la stessa campagna, sugli stessi temi, nella stessa forma, con gli stessi argomenti, con eguali parole: quinte colonne, traditori della patria, ecc. ecc. Gli scioperi vengono presentati come sabotaggio, le lotte sociali come complotti, l'opposizione alla politica di guerra come tradimento. I temi trattati in questi anni dalla stampa americanizzata sia in Francia che in Italia, sono principalmente i seguenti: 1) La riabilitazione in Francia dei collaborazionisti, degli uomini di Petain e di Vichy, e in Italia dei vecchi gerarchi fascisti e anche dei fascisti repubblichini; l'apologia delle imprese e dell'assoluzione di Borghese, di Graziani e degli altri eroi del tradimento e della disfatta. 2) La sistematica diffamazione della Resistenza. Si falsifica la storia della guerra di liberazione nazionale; si vuol far dimenticare che la classe operaia, i lavoratori sono stati la forza motrice e decisiva della Resistenza e della guerra partigiana; che i partiti comunisti sono stati alla testa di quella lotta, l'hanno diretta e organizzata, hanno inviato al combattimento contro lo straniero, per la libertà della patria, le loro forze migliori; si tenta di insinuare, con l’orchestrazione di insistenti campagne, che la guerra di liberazione è stata condotta in Francia dai gaullisti, e in Italia dai conservatori borghesi, dai ‘democristiani’ e si presentano i comunisti come delinquenti che hanno cercato di approfittare della lotta per scopi criminali. 3) La diffamazione e la lotta contro i partiti comunisti, condotta quotidianamente in modo sempre più bestiale. 4) La diffamazione sistematica dell’Unione Sovietica. Quest’ultimo è il tema centrale. Su di esso la stampa americana e filoamericana ritorna continuamente negli articoli, nel notiziario, nell’informazione falsa, nel commento tendenzioso. Lo scopo è evidente. L’imperialismo americano prepara la guerra contro l’Unione Sovietica e contro i paesi a democrazia popolare. La campagna ideologica e propagandistica ha quindi soprattutto per obiettivo l’Unione Sovietica. A dire il vero dal 1917 ad oggi la campagna di calunnie e diffamazione contro l’Unione Sovietica non è mai cessata un istante. Nessun paese del mondo è mai stato sottoposto ad un attacco denigratorio di questa durata. La fabbrica delle invenzioni non è mai in crisi. La stessa merce, le stesse menzogne vengono rimesse in circolazione con esasperante monotonia. Gli stessi argomenti ritornano, abbandonati oggi sono ripresi domani. Vi sono alcune idee fisse alle quali la propaganda del dollaro ritorna senza posa: l’aggressività dell’URSS, l’assenza di democrazia, di partiti, di libertà. Ma queste idee fisse sono ogni giorno accompagnate da un cumulo di notizie false, di testimonianze inventate, di interpretazioni tendenziose. L'antisovietismo e l'anticomunismo sono stati i mezzi più efficaci impiegati da Hitler e Mussolini per ingannare i loro avversari, ubriacare l'opinione pubblica e creare una psicosi di guerra. Non è sempre facile per il grande pubblico comprendere che cosa si cela di falso e di tendenzioso dietro a certe notizie. I fatti s'incaricano poi di ristabilire la verità, ma occorre del tempo e spesso è necessaria una dura esperienza. Quanti prima del 1941 in Italia e negli altri paesi erano convinti che l'Esercito Rosso era tecnicamente arretrato e mal equipaggiato, guidato di capi ignoranti, tenuto assieme solo da una disciplina terroristica, incapace di tener testa ai grandi eserciti moderni! Persino Hitler e Mussolini finirono col credere alle menzogne da essi stessi fabbricate: pensarono seriamente alla conquista di Mosca e dell'intiera Russia. Oggi non è più possibile far credere che l'esercito sovietico è un'accozzaglia di pezzenti e la propaganda antisovietica ha rettificato il tiro. I giornali del Patto atlantico ripetono a sazietà che l'esercito sovietico è una forza immensa, terribile, fanatizzata, pronta a lanciarsi, ad un segnale di Stalin e con l'aiuto delle quinte colonne, alla conquista dell'Occidente e che i cosiddetti “popoli liberi” devono stringersi in un patto di difesa sotto la paterna protezione degli Stati Uniti. Nel campo dell'azione ideologica e propagandistica gli imperialisti americani agiscono in Italia direttamente e indirettamente senza risparmio di mezzi : direttamente con l'invio in Italia di una abbondante letteratura che va dal quotidiano, al settimanale a rotocalco, al romanzo a fumetti, ai giornaletti per fanciulli, alle edizioni italiane del Reader Digest, del Life, del New Week, del Time, ecc.; indirettamente col progressivo accaparramento, pel tramite del partito clericale dominante, di tutta la stampa italiana. Milioni di italiani che ogni giorno leggono Il Messaggero, Il Corriere della Sera, Il Giornale d’Italia, La Stampa, Il Tempo, ecc., ignorano che tutte le notizie provenienti dal mondo intiero e pubblicate su questi giornali vengono cucinate nelle cucine di Hearst e degli altri agenti dell’imperialismo americano. Attualmente si pubblicano in Italia 105 quotidiani dei quali 50 di partito o cosiddetti politici e il rimanente chiamati comunemente “indipendenti” o “di informazione” nonostante la loro smaccata faziosità. Complessivamente questi 105 quotidiani hanno una diffusione giornaliera di tre milioni di copie, ma i due terzi di essi non superano le 30 mila copie di tiratura. I quotidiani democratici non sono più di quindici (il più diffuso di tutti è l’Unità) con una tiratura complessiva di un milione di copie al giorno. Poiché una copia di giornale, specie nelle classi popolari, è letta in media da 3-4 persone, si può ragionevolmente stimare il numero complessivo di lettori quotidiani in 10-12 milioni, concentrati soprattutto nell’Italia settentrionale. Vi sono ancora, specie nell’Italia meridionale, molti comuni dove non arriva alcun giornale, o dove arriva solo un giornale reazionario. Per quanto riguarda la diffusione dei giornali comunisti e democratici il grafico segue la stessa linea discendente dal Nord al Sud, anzi la curva si abbassa ancora di più perché nell'Italia meridionale e nelle isole sono più diffusi i giornali democristiani e di destra che non quelli democratici. Però, se la tiratura dei quotidiani comunisti e democratici corrisponde ad un terzo della tiratura complessiva di tutti i quotidiani, il numero dei loro lettori è proporzionalmente superiore a quello dei giornali di destra e si può calcolare corrisponda non ad un terzo ma al 40-45 per cento del numero totale dei lettori. Nel campo dei settimanali il rapporto è assai più sfavorevole per la stampa democratica, perchè oltre a 150 settimanali politici, l'avversario dispone di una fitta rete di giornaletti parrocchiali nonchè di numerosi settimanali a rotocalco che vanno dall’Europeo, ad Oggi, all’Elefante, alla Settimana Incom e via via sino alla Domenica del Corriere, alla Tribuna Illustrata e simili, molti dei quali a grande tiratura. Per contro il solo settimanale democratico a grande tiratura è oggi Vie Nuove. Subito dopo la liberazione la situazione era molto più favorevole per la stampa democratica, ma progressivamente il grande capitale italiano e americano, per mezzo del partito dominante, delle banche e di alcune imprese editoriali è venuto impossessandosi della grande maggioranza dei giornali decidendo della loro vita e della loro morte. Il Corriere della Sera è tornato ai Crespi, Il Messaggero di Roma e Il Secolo XIX appartengono ai Fratelli Perrone, Il Tempo ad Angiolillo ed a Campilli, Il Giornale d’Italia alla Banca dell’Agricoltura e al conte Armenise, La Stampa alla Fiat, Il Risorgimento, Il Roma e Il Mattino di Napoli all’armatore Lauro e al Banco di Napoli, la Gazzetta del popolo alla società Idroelettrica piemonte, Il Corriere Lombardo all’industriale Cella, Il Gazzettino di Venezia già del conte Volpi di Misurata, al senatore Mentasti e così via. La libertà di stampa sancita dall’art.21 della Costituzione, tende così a diventare una beffa. Quale libertà di stampa vi può essere in un paese dove la grande maggioranza dei giornali sono proprietà monopolistica del partito clericale, del Vaticano e dei grandi industriali dei quali esprimono la politica e gli interessi? Che cosa fare? Noi non possiamo certamente proporci di battere la stampa del Vaticano e dell’America in una gara per l’acquisto di nuovi giornali, di tipografie, ecc.. Saremmo sconfitti in partenza. Ma i dati in nostro possesso ed i pochi più sopra esposti testimoniano che possiamo e dobbiamo battere la stampa reazionaria, clericale e guerrafondaia sul terreno della diffusione. Le sperequazioni che si riscontrano nella diffusione della stampa democratica anche tra province che hanno caratteristiche analoghe - eguale livello politico e culturale, eguale forza del movimento operaio e democratico -–dimostrano che un maggiore sforzo organizzativo può dare risultati considerevoli. I difetti che ogni giorno rileviamo in questo campo, sono dovuti alla sottovalutazione della grande importanza che ha la stampa comunista e democratica in tutte le lotte della classe operaia, dei lavoratori e del popolo italiano soprattutto nella situazione attuale. Ad esempio, milioni di lavoratori si sentono impegnati a lottare contro il trasporto del materiale da guerra, ma non si preoccupano di frenare la circolazione e la diffusione del materiale ideologico che prepara la guerra e nessuna campagna sistematica viene condotta contro la stampa dei guerrafondai e dei reazionari; non lavorano ancora con tutto l'impegno necessario per diffondere più largamente la stampa comunista, socialista e democratica, per farla rientrare in tutti gli ambienti sociali, per immettere nell'ambiente avvelenato dalla politica clerico-americana l'aria fresca della nostra concezione della vita. “La diffusione del giornale comincerebbe di per sé a creare un legame effettivo. Il lavoro organizzativo acquisterebbe un’ampiezza cento volte maggiore e i successi ottenuti in un luogo incoraggerebbero a perfezionare continuamente il lavoro, inciterebbero i militanti di altre regioni del paese ad approfittare dell’esperienza. Il lavoro locale migliorerebbe infinitamente in ampiezza ed in varietà”. (Lenin, Che fare?). Questi insegnamenti di Lenin sulla funzione del giornale non solo come agitatore e propagandista collettivo, ma anche come organizzatore collettivo sono sempre attuali e validi soprattutto per le organizzazioni dell’Italia meridionale, per un certo numero di quelle del Veneto e del Piemonte, poiché la funzione dell’Unità e della stampa comunista e democratica in generale non è solo di far conoscere la verità, ma di dirigere politicamente e ideologicamente le grandi masse della popolazione. I giornali comunisti devono essere sempre più un mezzo effettivo di direzione del partito e delle masse nelle lotte del lavoro e nelle lotte politiche per la pace e per l’avvenire del Paese, uno strumento di organizzazione e di applicazione della linea politica del partito, di educazione dei compagni e dei lavoratori. La preparazione dei quadri dirigenti del partito e delle organizzazioni di massa è un problema essenziale per il partito e per le forze democratiche, e questo problema non può essere risolto senza l’ausilio della nostra stampa. I compiti della nostra stampa nel campo dell’educazione sono anzi oggi più complessi di ieri perché il livello politico dei compagni e dei lavoratori è più elevato che in passato. Il giornale comunista deve perciò distinguersi non solo per la passione che lo anima, ma per il suo alto livello educativo. Dobbiamo dunque migliorare la stampa del partito, renderla più interessante per tutti gli strati della popolazione, per tutte le famiglie, per gli uomini e le donne di tutte le età, e di tutte le condizioni, dall’operaio all’ingegnere, dal contadino e dal bracciante, all’artista e allo scienziato, eliminare ogni residuo di settarismo. Non si tratta solo di risolvere un problema di diffusione e di organizzazione, per quanto questi problemi siano oggi essenziali. Si tratta anche di migliorare i giornali democratici. E la critica è l’arma più efficiente non solo per smantellare le menzogne e le argomentazioni dell’avversario, ma anche per mettere a nudo e correggere i difetti del nostro lavoro.

PIETRO SECCHIA
(articolo pubblicato su Rinascita nr.8-9, a.VII, agosto-settembre 1950, pp.388/390)



GOTT MIT UNS - SU RADIO VATICANA

Nel corso di una trasmissione dedicata alla Croazia, andata in onda su Radio Vaticana ii pomeriggio del 27 settembre 2010, sono intervenuti tre sacerdoti nazionalisti, che non hanno mancato di spendere parole di elogio e simpatia per il cantante nazista Marko Perkovic Thompson. 

Perkovic, che ha combattuto per la secessione dalla Jugoslavia e la pulizia etnica dei serbi dalla Croazia, usa slogan razzisti e simbologie ustascia nei suoi concerti. Evidentemente però ha buone entrature in Vaticano: era già trapelata infatti la sua participazione, il 12 novembre 2009, a un'udienza pubblica di papa Ratzinger assieme a un monsignore croato. 

Sulla tetra figura di Perkovic si veda anche, ad esempio: 
Croazia: esaltazione del nazismo tra i giovani - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6135
Zagreb : le concert de Thompson se transforme en parade oustachie - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6072
Manifestazione nazista di massa in Croazia -
L'UOMO GIUSTO PER COMMEMORARE WOJTYLA - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5461



Con una dozzina di anni di ritardo, qualche nota dal Kosovo

E' raro ed è tardi, ma qualcosa ogni tanto trapela: mentre sul sito de "La Stampa" è in corso la pubblicazione di un diario a puntate dal Kosovo, Amnesty International chiede all'Ue di sospendere i rimpatri forzati dei rom in Kosovo. Toni prudenti e verità frammentarie, labili e tardivi segnali di denuncia del regime di apartheid instaurato nella regione dalla NATO e dai suoi alleati terroristi e mafiosi dell'UCK. A rompere la censura dei media di regime sulla situazione in Kosovo, in questi anni, finora era stato solo Iacona con il suo ottimo documentario "Nove anni dopo", che torniamo a segnalare: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia2.htm#iacona08


1) Amnesty International chiede all'Ue di sospendere i rimpatri forzati dei rom in Kosovo

2) Un diario di viaggio dal Kosovo, sul sito de La Stampa
a cura di Domenico Di Tullio e Alexandra Javarone


=== 1 ===

---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: <press@...>
Date: 28 settembre 2010 12:59
Oggetto: [Stampa] Amnesty International chiede all'Ue di sospendere i rimpatri forzati dei rom in Kosovo
A: stampa@...


COMUNICATO STAMPA                                                                                                                                     
CS85-2010 

AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE ALL’UNIONE EUROPEA DI SOSPENDERE I RIMPATRI FORZATI DEI ROM IN KOSOVO 

In occasione del lancio di un nuovo rapporto intitolato ‘Benvenuti da nessuna parte: stop ai rimpatri forzati dei rom in Kosovo’, Amnesty International ha chiesto ai paesi dell’Unione europea (Ue) di sospendere il rimpatrio forzato dei rom e di altre minoranze etniche in Kosovo. 

Il rapporto descrive come rom e appartenenti ad altre minoranze, anche coi loro bambini, siano costretti con la forza a rientrare in Kosovo, spesso coi soli vestiti che indossano, verso un possibile futuro di discriminazione e violenza. 

‘I paesi dell’Ue rischiano di violare il diritto internazionale rinviando persone verso paesi dove potrebbero subire persecuzione. L’Ue, invece, dovrebbe continuare a dare protezione internazionale ai rom e alle altre minoranze kosovare, fino a quando non potranno tornare in condizioni di sicurezza’ – ha dichiarato Sian Jones, esperto di Amnesty International sul Kosovo. ‘Le autorita’ del Kosovo, a loro volta, devono garantire che i rom e le altre minoranze possano rientrare in modo volontario e reintegrarsi a pieno nella societa’’. 

Nel rapporto, Amnesty International descrive come molte persone rimpatriate in Kosovo siano state fermate dalla polizia alle prime luci del giorno e trasferite spesso coi soli vestiti che indossavano. Una volta rientrate in Kosovo, poche ricevono assistenza e molte incontrano problemi nell’accesso all’istruzione, alle cure mediche, agli alloggi e ai servizi sociali. 

Sono pochissimi i rom in grado di trovare un lavoro e il livello di disoccupazione in questa comunita’ raggiunge il 97 per cento. All’interno del 15 per cento della popolazione kosovara che vive in condizioni di poverta’ estrema, i rom costituiscono il doppio degli altri gruppi etnici. 

La violenza interetnica in Kosovo continua e la discriminazione contro i rom rimane massiccia e sistematica, anche a causa della percepita associazione di questi con i kosovari di etnia serba. Poiche’ la maggior parte di loro parla il serbo e spesso vive nelle aree serbe, i rom sono visti come alleati della comunita’ serba. 

‘Nonostante il governo del Kosovo abbia recentemente introdotto alcune misure destinate a migliorare le condizioni in cui i rom vengono rimpatriati e reintegrati, le autorita’ non hanno fondi, capacita’, risorse e volonta’ politica per assicurare loro un ritorno sostenibile’ – ha precisato Jones. 

Si stima che il 50 per cento delle persone rimpatriate a forza lascera’ nuovamente il Kosovo. 

Questi rimpatri forzati avvengono sulla base di accordi bilaterali negoziati, o in corso di negoziazione, tra le autorita’ del Kosovo e gli stati dell’Ue piu’ la Svizzera. Le autorita’ della Germania hanno intimato di lasciare il paese a quasi 10.000 rom, che sono dunque a rischio di rimpatrio forzato. 

Anche se non si puo’ escludere che vi siano stati casi di rimpatrio volontario, Amnesty International si e’ detta preoccupata per le notizie secondo cui l’assenso sia stato ottenuto solo con la minaccia del rimpatrio forzato. 

‘Fino a quando le autorita’ del Kosovo non saranno in grado di garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali dei rom e delle altre minoranze, queste persone andranno incontro a un clima di violenza e di discriminazione’ – ha concluso Jones. 

Due casi 

Irfan aveva lasciato il Kosovo, insieme alla sua famiglia, nel 1992, all’eta’ di 5 anni. Quest’anno ad aprile la polizia tedesca si e’ presentata senza preavviso alle 3.30 di mattina, lo ha ammanettato, fatto salire su un furgone e portato all’aeroporto di Baden Baden. Non ha fatto in tempo a prendere alcun oggetto personale. Ha ricevuto 300 euro da un’organizzazione non governativa. Arrivato all’aeroporto, e’ stato registrato, gli sono stati dati 50 euro e una stanza d’albergo per due notti. Giunto in Kosovo, si e’ recato dove una volta c’era la casa di famiglia, a Plemetina, e ha tentato di renderla abitabile. Ha rimosso le macerie ma non aveva denaro per sostituire tetto, finestre e porte di casa. ‘E adesso che devo fare?’- ha chiesto ad Amnesty International. 

Anche Luli, 20 anni, fuori dal Kosovo da quando ne aveva due, e’ stato rimpatriato dalla Germania nell’aprile di quest’anno. Svegliato dalla polizia in piena notte, gli sono stati concessi solo 10 minuti per vestirsi e radunare le sue cose. Non parla serbo ne’ albanese e coi pochi rudimenti di romanes non riesce a comunicare neanche col fratello maggiore, rimpatriato in Kosovo diversi anni prima. Gli sono stati forniti sei mesi di assistenza, 350 euro e un appartamento in affitto. Nessuno si e’ offerto di aiutarlo ad apprendere il serbo o l’albanese. 

Ulteriori informazioni 

Dopo la guerra del 1999, molti serbi e rom hanno lasciato il Kosovo diretti in Serbia, in paesi dell’Ue e in Svizzera. Nel marzo 2004, i serbi e i rom sono stati di nuovo costretti alla fuga, a seguito delle violenze interetniche tra albanesi e serbi, che hanno interessato anche le comunita’ rom. 

Molti di coloro che ora subiscono rimpatri forzati hanno lasciato il Kosovo persino all’inizio degli anni ’90, quando scoppio’ la guerra nell’allora Repubblica federale socialista di Jugoslavia. 

Dopo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del febbraio 2008, le autorita’ del Kosovo hanno subito pressioni sempre piu’ insistenti da parte degli stati membri dell’Ue affinche’ accettassero i rientri dei rom e delle altre minoranze. 

FINE DEL COMUNICATO                                                                 
Roma, 28 settembre 2010 

Il rapporto ‘Benvenuti da nessuna parte: stop ai rimpatri forzati dei rom in Kosovo’ e’ disponibile in lingua inglese all’indirizzo: http://www.amnesty.it/Unione-europea-rimpatria-forzatamente-rom-in-Kosovo e presso l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia. 

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: 
Amnesty International Italia - Ufficio stampa 
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@... 


=== 2 ===

DIARIO DI VIAGGIO DAL KOSOVO - SUL SITO DE LA STAMPA

Indice cronologico degli articoli:

MAPPA DEL TOUR

GLI AUTORI
---

MEMORIE IN CONFLITTO

LA BIRRA ETNICAMENTE CORRETTA

video:

IL DECANO DELL'INFORMAZIONE

INGANNO NAZIONALISTA

VILLAGGIO ITALIA E PEC

L'IMAM DI PEC
video:

LJEVOSA, SACCHEGGIATE QUATTRO CASE DEI PROFUGHI SERBI CHE RITORNANO

WAHABITI IN KOSOVO?

MEMORIE ETNICHE E MINORANZE NEL KOSOVO

I ROM DIMENTICATI



video:
IL PATRIARCATO DI PEC

PATTUGLIA NOTTURNA
video:

ARRIVO A PRISTINA

GRACANICA
video di Rada Traikovic con gli esempi quotidiani della vita a Gracanica. 
http://www.youtube.com/watch?v=YXaPtbq1WmU

IL MONASTERO DI SOKOLICA
PADRE ANDREJ E LA DIASPORA SERBA

PRIZREN E DRAGASH
video:

KOSOVO: INTERRUZIONE DELLA RETE TELEFONICA SERBA


SI DIMETTE IL PRESIDENTE KOSOVARO


GATE 31
video:

video:

---

FOTOGRAFIE:


Storia di un villaggio Rom

Kosovo: scene di vita quotidiana