Informazione


SI RIFIUTAVANO DI ESSERE S'CIAVI 


<< Gli abitanti di quella regione di confine non hanno mai accettato di essere chiamati slavi e tantomeno s'ciavi, ma semplicemente sloveni. >>

Se ne meraviglia Andreina Bresciani, goriziana, "compagna di studi" di Norma Cossetto e figlia dell'imprenditore Carlo Bresciani (di nascita Bressan), intervistata nel libro "Nel nome di Norma" (Solfanelli 2010, a pag. 57). Evidentemente la signora Andreina ha condiviso e tuttora condivide l'ideologia di suo padre e della sua compagna di studi, entrambi fieramente fascisti (*): gli sloveni avrebbero dovuto riconoscere di essere s'ciavi, cioè - letteralmente - schiavi, senza fare tante storie.

(*) Carlo Bresciani << era convinto fascista e volle modificarlo [il cognome] per essere più italiano >> (ibidem); Norma Cossetto era invece militante della Gioventù Universitaria Fascista e figlia di un ricco possidente a sua volta segretario del Fascio a Santa Domenica di Visinada. Sono entrambi annoverati tra gli "infoibati".




Può l’Italia fare la fine della Jugoslavia?

TERZO FRONTE - 
Italia
Scritto da Moreno Pasquinelli   
Mercoledì 28 Aprile 2010 12:22

Il leghismo, la casta e il destino dell’Italia come stato-nazione


Ha suscitato scalpore l’intervista di Enzo Bettiza al Corriere della sera  del 26 aprile. Non solo e non tanto perché il prestigioso intellettuale di area liberal-conservatrice ha ammesso di aver votato per la Lega Nord, quanto per le ragioni di questo sostegno. Premesso che Bettiza vede nel leghismo, oramai messi da parte i riti celtici alle sorgenti del Po, un erede della “buona amministrazione asburgica”, ha confessato di non considerare disdicevole il commiato dall’Italia come stato unitario e la rinascita del Lombardo-Veneto come entità geopolitica a sé stante.
Tutto assurdo? Meno di quanto si pensi. 
Quantomeno un campanello d’allarme per la casta politica romana (una casta che ha assunto da tempo tutte le caratteristiche della curia cardinalizia vaticana, decisa a conservare il monopolio nella scelta del clero politico, dal Papa fino ai vescovi delle diocesi) perché mostra che i “buzzurri” della Lega stanno facendo proseliti tra le élites culturali e intellettuali.

Che il sopraggiungere della globalizzazione e del turbo-capitalismo abbiano minato alle fondamenta gli stati-nazione, questo lo si sapeva. Decisive prerogative vennero sottratte alla potestà degli stati per essere sequestrate da gruppi oligopolistici transnazionali che poterono infine porre gli stati sotto tutela grazie alla trasformazione delle élites politiche nazionali in loro comitati d’affari. La nascita dell’Unione europea, pur sorta per opporre agli oligopoli un contropotere di pari consistenza, ha tuttavia finito per rafforzare la tendenza sovranazionalista, togliendo agli stati-nazione ulteriori decisive prerogative per affidarle ai (renani) centri nevralgici di Francoforte, Bruxelles e Strasburgo. A questo va aggiunto che l’Italia si è presentata agli appuntamenti con la globalizzazione e l’Unione come stato-nazione-zoppo, visto che uscì dalla seconda guerra, al di là della retorica repubblicana e  antifascista, col sigillo di uno stato a sovranità limitata, ovvero sottoposto al rispetto della giurisdizione imperiale nord-americana.

Non è il leghismo quindi che ha determinato la crisi dello stato-nazione italiano ma, al contrario quest’ultima che ha causato il leghismo. Non è forse vero che se l’Europa riuscisse a trasformarsi in una solida costruzione politica gli stati-nazione evaporerebbero? E in questo caso non sorgerebbero forse al loro posto delle macro-regioni proprio come certe frazioni “progressiste” del grande capitale teorizzavano agli inizi degli anni ’90? 
C’è quindi una malcelata ipocrisia negli anatemi che la curia romana lancia contro il leghismo e la sua spinta anti-nazionale: si tratta dello stesso centro oligarchico di potere che ha cantato le sorti progressive della globalizzazione e che perorava e tutt’ora apertamente invoca la fondazione di un’Europa come definitiva unione statuale che rimpiazzi l’attuale sgangherata configurazione. Il dissidio tra la Lega Nord e la curia, non consiste dunque che gli uni vorrebbero sbarazzarsi dello stato-nazione mentre gli altri ne sarebbero indefessi paladini. Il dissidio, entrambi essendo interni all’orizzonte strategico europeista ed euro-atlantico, consiste solo in due differenti visioni dell’oltrepassamento.

Per essere più precisi il contrasto dipende da diverse considerazioni riguardo alla distribuzione dei costi e dei ricavi che l’unificazione europea implica (di qui le tensioni sul “federalismo fiscale”). Il capitalismo padano, di cui la Lega è oramai l’interfaccia politico, punta all’integrazione europea, da cui avrebbe teoricamente tutto da guadagnare non avesse la palla al piede del Mezzogiorno. L’orizzonte strategico padano-leghista è quello di agganciarsi alla motrice euro-renana come macro-regione fortemente autonomizzata da Roma. Una prospettiva che la curia romana potrebbe  accettare ove ciò non implicasse la sua marginalizzazione, visto che il peso di Roma, privata di Milano, sarebbe prossimo al nulla o, se vogliamo, di poco superiore a quello di Atene o Lisbona.

Non fosse sopraggiunta questa crisi epocale del capitalismo occidentale, non sarebbe stato da escludere un compromesso, un accordo d’interesse tra la borghesia padana e la casta politica sacerdotale romana (di cui Fini si pone ormai come alto cardinale). C’è chi lo ritiene ancora possibile, ovvero ritiene probabile, visto il crepuscolo del berlusconismo, un nuovo salto della quaglia di Bossi e un accordo di reciproca convenienza con la curia. La qual cosa avrebbe una sua plausibilità, poiché non si vede perché la Lega dovrebbe impiccarsi per salvare Berlusconi rinunciando ad un accordo vantaggioso col centro-sinistra, il quale non vedrebbe l’ora di siglarlo. 
In effetti, se facessimo finta per un attimo che la crisi economico-sistemica non ci fosse, e quindi la tendenza all’unificazione europea, pur tra alti e bassi, marciasse, la Lega avrebbe solo dei vantaggi a siglare un patto con la curia. La mossa di Fini cosa dimostra a Bossi? Che i cardinali, che non hanno mai digerito Berlusconi, ovvero che gli fosse sottratta la prerogativa di eleggere il Papa, stanno schierando le loro truppe per la battaglia finale per defenestrarlo. La curia, con alle spalle i grandi gruppi economici oligarchici, va infatti conformando un CLN, una Santa alleanza, nella  quale appunto spera di agganciare la borghesia padana, quindi la lega. 
Attenti dunque alla fronda finiana: la lotta per spezzare l’asse Berlusconi-Bossi, condotta apparentemente in nome di un italianismo anti-padano, è in realtà una lotta per far fuori il cavaliere e  costringere la Lega ad un compromesso. Chi ritiene che non ci siano margini di accordo per un modello federale condiviso tra il blocco oligarchico e curiale di centro-sinistra e la borghesia padana si sbaglia di grosso. Il collegio cardinalizio, da Fini a D’Alema, conosce infatti molto bene i suoi “polli capitalisti padani” e sa che questi non rinuncerebbero ad un accordo vantaggioso e Bossi, che  li conosce meglio di tutti, non avrebbe altra scelta che adeguarsi, cantando vittoria come gli si addice, magari pagando lo scotto di qualche fibrillazione interna.

Alla domanda di Maurizio Tropeano: “Presidente cosa vorrebbe mettere in risalto del dossier 150esimo?» Il Neoeletto presidente della regione Piemonte Cota risponde: «Il federalismo che avevano in testa Cavour e Minghetti e che non è mai stato realizzato da allora. Mi piacerebbe mettere in evidenza quella parte del pensiero di Cavour, su cui solo oggi si stanno alzando i veli di un’interpretazione a senso unico, che parla di una gestione della macchina burocratica basata sul decentramento visto come strumento per eliminare le differenze. (…) La repubblica partigiana dell’Ossola è un messaggio più che attuale perché solo il federalismo può tenere unito questo stato». (LA STAMPA del 25 aprile)
Chi ha orecchie per intendere intenda. Non più secessionismo, e nemmeno il federalismo di Cattaneo, bensì quello… di Cavour. Con queste premesse anche gli ultimi seguaci del neoguelfismo cattolico (fatta salva l’eliminazione di Berlusconi) potrebbero trovare un accordo, ovvero un modello federativo che veda Roma, alleata di Milano, ben salda come capitale di uno Stato formalmente unitario. Bossi si riallaccia non a caso ad Alberto da Giussano, che fu, a difesa della supremazia milanese sul resto della Lombardia, combattente guelfo e filo-papalino. Si potrebbe risalire alla “Pataria” del secolo precedente e che ebbe Milano come epicentro. Movimento popolare ribelle che prese sì di mira la “canina stercora” dell’alto clero locale, i suoi privilegi, la sua corruzione ma, cattolico quant’altri mai, invocò e ottenne l’appoggio del Papa e di Roma, per poi diventare carburante prezioso alla grande riforma restauratrice e centralista gregoriana.

Ma… c’è un ma. La sopraggiunta crisi storico-sistemica del capitalismo occidentale, e anzitutto di quello europeo. Una crisi che mette in forse sia l’unificazione europea che la “dolce morte” degli stati nazione tutti. E’ sotto gli occhi di tutti che le forze centrifughe, a causa di questa crisi globale, sono oggi decisamente più forti di quelle centripete. Lo sconquasso finanziario e monetario mondiale, il molto probabile scoppio del bubbone greco e l’eventualità che con i “Piigs” tutta l’Eurozona venga travolta, ingarbugliano terribilmente le cose a tutti i protagonisti della scena italiana, Bossi compreso. Checché ne dica Tremonti-Pinocchio, il debito pubblico italiano continua a crescere e la possibilità che l’Italia venga da un giorno all’altro declassata da qualche agenzia di rating per essere poi aggredita dal capitalismo predatorio internazionale, diventa altamente probabile. E ove davvero la barca economica nazionale rischiasse di affondare, salterebbero non solo i disegni della curia romana, ma verrebbe interdetta alla Lega la possibilità di ottenere un accordo vantaggioso con un nuovo salto della quaglia a sinistra. Salterebbero perché a quel punto le forze sociali che stanno dietro alla Lega, precisamente il blocco corporativo che vede uniti padroni, operai e bottegai padani, sarebbe davvero tentato di compiere lo strappo, ovvero abbandonare la barca italiana in affondamento per salire sul vascello carolingio franco-tedesco (ammesso che questo resista al terremoto tenendo fermo l’Euro come moneta forte).

Nell’eventualità di una catastrofe nazionale lo scenario che evoca Bettiza, del risorgere di un’entità lombardo-veneta sarebbe tutt’altro che peregrina. Ma a quel punto nulla sarebbe indolore, un simile esito implicherebbe passare attraverso la porta stretta dello scontro civile, o di un conflitto che deciderebbe in modo cruento le sorti dell’Italia come stato unitario. Non diversamente, appunto, della Jugoslavia, dove certo i fattori di attrito tra le diverse nazionalità covavano da tempo, ma dove l’innesco della disgregazione fu rappresentato dalla profondissima crisi economica e dal peso di un debito estero e pubblico stellare che ogni repubblica cercava di scaricare sulle spalle degli altri. La Jugoslavia è stata cancellata e al suo posto abbiamo sì una serie di staterelli, ma con la Slovenia nell’Unione europea e la Croazia in procinto di entrarci, mentre le altre repubbliche sono sprofondate nel pantano balcanico.

Si spiega così perché il tatticista Bossi non abbia ancora mollato Berlusconi. Egli se lo tiene ancora stretto poiché gli è funzionale in entrambi i casi. E’ un’arma di ricatto per strappare il massimo risultato (federalismo fiscale) al tavolo negoziale con la curia. Ma potrebbe essere un alleato indispensabile ove la crisi, conoscendo una precipitazione, facesse saltare il tavolo della trattativa e spingesse il paese verso il redde rationem.




Un articolo sulle collaborazioni tra CLN e nazifascisti a Trieste alla fine del secondo conflitto mondiale.


ARRESTATI SOL PERCHÉ ITALIANI?

Riprendiamo qui una delle affermazioni del professor Raoul Pupo (ripresa peraltro dalla maggior parte degli storici e divulgatori che si occupano di questi argomenti) relativa agli arresti operati dalle autorità jugoslave a Trieste nel maggio 1945 nei confronti di alcuni esponenti del CLN locale, arresti che sarebbero stati motivati, secondo questa interpretazione (forse più politica che non storica), dal fatto la “repressione jugoslava” avrebbe colpito “tutti coloro che non volevano collaborare con l’esercito del nascente stato jugoslavo”. In realtà bisognerebbe considerare le cose da un altro punto di vista: l’esercito jugoslavo, giunto a Trieste come esercito alleato contro l’Asse (da considerare quindi alla stessa stregua degli altri eserciti alleati, britannici e statunitensi) aveva tutto il diritto (sancito dalle regole dell’armistizio firmato dall’Italia, che era solo “cobelligerante”, ricordiamo), di chiedere “collaborazione”, (nel senso che dovevano consegnare le armi e porsi a disposizione) alle forze armate ed alle organizzazioni partigiane presenti sul territorio dove arrivavano.
A Trieste il CVL (che già era uscito dal CLN Alta Italia perché si rifiutava di collaborare con la resistenza jugoslava), forse per un malinteso senso di patriottismo, o forse per altri motivi, non volle consegnare le armi all’esercito jugoslavo, così come le guardie di finanza (incorporate all’ultimo momento nel CVL) in alcuni casi non si misero a disposizione degli jugoslavi o addirittura spararono loro contro, probabilmente perché ordini sbagliati erano stati loro impartiti dall’alto (e qui potremmo aprire tutta una lunga dissertazione sul “piano Graziani” che teorizzava le provocazioni contro gli Alleati in modo da creare disordine ed incidenti).
Che i membri del CLN triestino fossero informati di questo è dimostrato da quanto scritto dal capitano Luigi Podestà (l’emissario della “missione Nemo” inviato dal Regno del Sud come ufficiale di collegamento con il CLN triestino): il 1° maggio il CLN gli disse che “Tito era un alleato” e che “bisognava evitare scontri con l’esercito jugoslavo” (relazione conservata in archivio IRSMLT 867). Tutti i membri del CLN che rifiutarono di collaborare con l’esercito jugoslavo, quindi, non avevano soltanto disatteso gli ordini degli Alleati, ma avevano anche disobbedito ad un ordine del loro stesso comando di piazza.
Tornando alla vicenda di Podestà, che risulta (assieme ai suoi collaboratori Arturo Bergera e Mario Ponzo) tra i membri del CLN arrestati dalle autorità jugoslave, ne ricordiamo la collaborazione con il commissario Gaetano Collotti dell’Ispettorato Speciale di PS, collaborazione che provocò l’arresto di diversi esponenti del CLN triestino, compresi i più stretti collaboratori di Podestà.
Ricapitoliamo i fatti così come risultano dalla citata relazione di Podestà, che dal Regno del Sud era stato inviato nel territorio della RSI. Giunto a Trieste nel gennaio 1945 dopo avere preso accordi a Milano con Riccardo De Haag, uno dei dirigenti della “missione Nemo” (una organizzazione di cui non si sa molto, definita dall’agente dell’OSS Peter Tompkins nel suo “L’altra resistenza” “la più efficiente e la più estesa rete di spionaggio in Italia (…) col ruolo di informatore sulle attività politiche e militari del Clnai”), il capitano prese alloggio presso i Gesuiti di via del Ronco 12. 
Prendiamo nota che la chiesa di via del Ronco era quella in cui il commissario Collotti si recava a messa ogni mattina prima di iniziare il “lavoro” nella sede dell’Ispettorato in via Cologna.
Dopo avere preso contatti con diverse persone (tra i quali membri della Marina, come Arturo Bergera, e della X Mas, come Stelio Montanari, e Luigi Poletta; il colonnello del Genio Navale Mario Ponzo; gli esponenti del CLN Giuliano Girardelli e Mario Maovaz e l’ex tenente dei Carabinieri Armando Lauri), in seguito alle manovre di un delatore, Giorgio Bacolis (responsabile anche dell’arresto di altri antifascisti, tra cui Mario Maovaz, corriere del Partito d’Azione, che fu fucilato il 28/4/45), Podestà fu arrestato da quattro agenti di Collotti il 6/2/45. Nella relazione Podestà scrive di essere stato condotto in auto in via Cologna e mentre si trovava nella “sala degli agenti”, proprio di fronte all’ufficio di Collotti, sarebbe riuscito ad eludere la sorveglianza delle guardie e nascondere “dietro un mobile” un’agenda nella quale “proprio quella mattina” aveva “appuntato il nuovo indirizzo di Nemo” (Nemo era Enrico Elia, il dirigente la rete che da lui prese il nome).
In sintesi Podestà scrive che la sua intenzione era di “trasformare in mio collaboratore il Collotti stesso”, e per giungere a questo risultato si intrattenne a parlare con il commissario di spiritismo e di italianità. Alla fine si accordarono che Collotti non avrebbe infierito sui collaboratori di Podestà, né avrebbe indagato presso altre persone sulla presenza di Podestà a Trieste. Però dato che Collotti non voleva far capire alla SS che collaborava con Podestà, aveva bisogno di una copertura e quindi doveva fingere di trattare il capitano come un qualunque arrestato. Per portare avanti la finzione, spiega Podestà, egli diede a Collotti delle informazioni, cioè che abitava presso la famiglia Rocco, conosciuta tramite Bergera (il che provocherà l’arresto di queste persone, alcune delle quali furono anche torturate); e fece poi anche il nome di Girardelli.
A metà febbraio Podestà chiese un incontro con Collotti nel corso del quale gli propose di “diventare mio collaboratore promettendogli di far valere i suoi meriti all’arrivo degli Alleati”, al che Collotti gli fece capire che “doveva aver fatto assegnamento dentro di sé su qualcosa di simile fin dal nostro primo colloquio”.
Gli accordi cui arrivarono sarebbero stati che Collotti avrebbe chiesto a Podestà di fornire informazioni relative agli slavi, ed a sua volta avrebbe fornito a Podestà “agevolazioni per lo svolgimento del mio compito anche mettendo a disposizione la macchina dell’Ispettorato”. Dopo questo accomodamento Podestà fu inviato alla sede della SS, dove il maresciallo Hibler gli chiese di scrivere una relazione sulla sua attività e la mattina dopo, dopo avere letto lo scritto, accettò la proposta di Collotti di prenderlo come collaboratore nella lotta antislava.
Si potrebbe quindi pensare che nel maggio 1945 Podestà, Bergera e Ponzo siano stati arrestati dalle autorità jugoslave perché Podestà si era accordato con la SS e con Collotti di fornire loro informazioni sulle attività antinazifasciste, ma il motivo probabilmente è un altro, molto meno ideologico, da quanto traspare dalla stessa citata relazione di Podestà.
Il capitano scrive che era stato incaricato dal CLN triestino di organizzare la Regia Marina in previsione dell’arrivo degli alleati (ricordiamo che a Trieste, sottoposta al governo germanico, c’era la Marina Repubblicana) “per poterla rimettere nelle mani di chi di diritto”, e così il 30 aprile Podestà prese, in nome del CLN, il comando dei reparti della Marina, compresa la X Mas, dalla caserma della quale portarono via “tutto il vettovagliamento”, spostandolo nel comando della Marina. Podestà, consapevole degli ordini del CLN di evitare scontri con l’esercito jugoslavo, ma non volendo d’altra parte consegnare allo stesso i fondi del comando della Marina, ne prelevò la maggior parte dalla cassa ed affidò la somma a Lorenzo Maniscalco (un sottonocchiero della Decima inquadrato nell’Ispettorato Speciale), che avrebbe dovuto portarli a casa di Ponzo. Maniscalco però fu coinvolto in una sparatoria ed ucciso durante il tragitto; i soldi rimasero all’obitorio dove Podestà non poté recuperarli perché nel frattempo era stato arrestato dagli Jugoslavi assieme a Bergera in casa di Ponzo, perché trovato in possesso del documento firmato da loro tre nel quale veniva verbalizzato l’asporto della somma di denaro dal Comando Marina. Ponzo fu arrestato un paio di giorni dopo e successivamente i tre furono portati in carcere a Lubiana, dove Ponzo morì (sembra fosse ammalato già al momento dell’arresto), mentre gli altri rientrarono a Trieste nel 1947.
Non è dato sapere se i tre a Lubiana subirono un processo, né tantomeno gli esiti di questo, ma da quanto abbiamo letto appare abbastanza chiaramente che il motivo del loro arresto sarebbe stato una \"banale\" questione di appropriazione indebita di fondi dell’esercito, senza andare alla ricerca di motivazioni di equilibri politici.
Questo, aggiunto al fatto che Podestà aveva deciso (per motivi di intelligence non chiari alla luce della documentazione da noi finora reperita) di collaborare col nazifascismo tradendo gli alleati (l’esercito jugoslavo) dello Stato che lui rappresentava come ufficiale di collegamento inviato dal Regno del Sud ed il CLN triestino, e che, sempre nell’ottica di ottenere questa collaborazione con Collotti e la SS, aveva causato gli arresti e le torture dei suoi stessi più stretti collaboratori, dovrebbe portare quantomeno ad un ridimensionamento della sua figura finora considerata positivamente dagli storici.

ottobre 2010


I DIMENTICATI FRA I DIMENTICATI

1) Roma 7/10: Paul Polansky ed altri a proposito de "I DIMENTICATI FRA I DIMENTICATI"

2) Ultima puntata ed Epilogo di "Negligenza mortale", di Paul Polansky


=== 1 ===

I DIMENTICATI FRA I DIMENTICATI
"Rom e Sinti dalla persecuzione nazi-fascista di ieri alla negazione dei diritti attuale"

giovedì 07 ottore 2010
ore 18.00
Roma, “La Città dell'Utopia”
via Valeriano 3F


Nell'ambito della seconda edizione del progetto "I dimenticati tra i dimenticati" si terrà, un evento-dibattito con rappresentanti delle comunità Rom ed esperti ed attivisti internazionali.  Video, musica ed aperitivo-cena a conclusione della conferenza. 

Programma della serata:

dalle ore 18.00 - Dibattito "Rom e Sinti dalla persecuzione nazi-fascista di ieri alla negazione dei diritti attuale"

intervengono:

Paul Polansky (Antropologo e poeta, autore di Black Silence e One Blood – One Flame)
Luca Bravi (Professore Università telematica Leonardo da Vinci)
Riccardo Carraro (Servizio Civile Internazionale)
Graziano Halilovic (RomaOnlus)
Licia Porcedda (Ricercatrice presso L'École des hautes études en sciences sociales)
Lorenzo Romito (Ass. Cult. Stalker e ON/Osservatorio Nomade)

 
Modera Stefania Pizzolla (Servizio Civile Internazionale)


a seguire:
musica, aperitivo-cena a cura del catering di cucina rom “Romano Hape”, video con testimonianze di Milka Goman ed altri rappresentanti della comunità Rom e Sinti


Il progetto "I dimenticati tra i  dimenticati 2" (“The forgotten among the forgotten 2”), promosso dal Servizio Civile Internazionale in collaborazione con Romà Onlus e finanziato dalla Commissione Europea, è incentrato sulla memoria delle persecuzioni nazi-fasciste di Rom e Sinti. Attraverso la conoscenza di quanto accaduto nel passato, si vuole analizzare quello che sta avvenendo ancora oggi, in Italia ed all’estero, a queste persone, vittime di espulsioni, violenze, razzismo, negazioni di diritti. 

L’evento si inserisce in un programma iniziato il 29 settembre con la partecipazione di attivisti internazionali impegnati in seminari e workshop sulle condizioni del popolo Rom supportati da una parte studio sulla memoria delle persecuzioni nazi-fasciste di Rom e Sinti e sulla loro situazione attuale. In coordinamento con la comunità di Agnone, gli attivisti si recheranno anche in visita alle scuole del paese che hanno realizzato un progetto sulla memoria e l’internamento di famiglie Rom rastrellate in tuta Italia e internate nel convento di S. Bernardino. 

I volontari nel corso del progetto incontreranno esperti, professori e operatori sociali legati alla comunità Rom e Sinti e realizzeranno interviste, video ed articoli oltre ad una mostra fotografica ed una rassegna stampa internazionale che verranno diffusi al pubblico.

Per informazioni: info@..., tel. 06.5580661-644, web: www.sci-italia.it

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Per informazioni sulla serata: lacittadellutopia@... ; tel. 06 59648311 - 346 5019887.


La Città dell’Utopia

Via Valeriano, 3f (San Paolo) / 0659648311 / 3465019887 / http://www.lacittadellutopia.it / Chiuso: sab. dom. a parte per iniziative / Aperto: 11-19,30 / Locale non climatizzato / Non accessibile a sedie a rotelle / Entrata GRATIS 

Il progetto “La Città dell’Utopia” dell’associazione Servizio Civile Internazionale, con il patrocino del Municipio XI, è un progetto laboratorio di Cittadinanza attiva e sviluppo territoriale che propone all’interno dell’antico Casale Garibaldi corsi e laboratori sociali, iniziative culturali (serate tematiche, incontri dibattito, concerti, mostre, video-proiezioni), mercatino contadino, giardino sperimentale e minicampi e campi di volontariato internazionali.

=== 2 ===


Negligenza mortale (XV puntata)

by Paul Polansky

[continua]


EULEX

(immagine da daylife.comIl generale in pensione Yves de Kermabon mentre prega (spero) per salvare (spero) i bambini rom e askali di Mitrovica dai soldati francesi, dal dr. Bernard Kouchner, dall'ONU, dal governo del Kosovo e... dall'EULEX.


IL PREMIO IN-GIUSTIZIA: disgrazia questa Missione dell'Unione Europea in Kosovo sul Ruolo della Legge che rivendica il suo scopo principale nell'assistere e supportare le autorità del Kosovo sul ruolo della legge e si riserva il diritto di perseguire i seri crimini che il governo del Kosovo ignora. EULEX viene disonorata con questo premio per avere rifiutato di considerare "la negligenza di massa verso l'infanzia" nei campi di Mitrovica come un "serio crimine", nonostante le 86 morti sino ad oggi.

Dato che era risultato impossibile durante quasi undici anni di coinvolgere qualsiasi agenzia ONU o il governo del Kosovo, soprattutto il Ministro della Salute, nel salvare i bambini che muoiono di avvelenamento da piombo negli ex campi UNHCR, inviai una mail a Yves de Kermabon, capo della missione EULEX, chiedendogli un incontro per discutere su cosa EULEX potesse fare.

Ex generale francese, che una volta comandava la Legione Straniera in Cambogia e poi le forze NATO in Kosovo, Kermabon rifiutò di vedermi.

Con l'aiuto di amici impegnati nel salvare questi bambini, facemmo ricorso al suo capo UE, la baronessa Catherine Ashton, ed alla fine ottenemmo un appuntamento per vedere il procuratore capo del generale Kermabon, Theo Jacobs, e tre componenti della sua squadra. Non fu un ricevimento caloroso. Erano troppo ritrosi per ricevermi o soltanto riluttanti di dovermi vedere.

Il procuratore capo Jacobs non fece nessun tentativo di dare inizio alla riunione, così gli chiesi se avesse ricevuto il nostro promemoria legale che gli avevo inviato per posta elettronica il giorno precedente. Con riluttanza mi disse di sì ma non fece nessun commento. Così tirai fuori tutti gli altri documenti che avevo portato e iniziai a passarglieli.

Il primo era un comunicato OMS del settembre 2009 che ancora una volta chiedeva l'immediata evacuazione e cure mediche. Dissi che l'OMS ne chiedeva l'evacuazione dal novembre 2000 e che da allora aveva inviato richieste simili. Nessuna risposta da EULEX: nessuna domanda, nessun commento.

Ho poi consegnato il rapporto del difensore civico al primo ministro del Kosovo inviato ad aprile 2009, in cui il difensore civico chiedeva l'immediata evacuazione e chiedeva una risposta entro 30 giorni. Non venne mai ricevuta nessuna risposta da parte del primo ministro. Dissi che il nuovo difensore civico il giorno prima aveva visitato i campi ed avrebbe inviato un rapporto simile chiedendo l'evacuazione e cure mediche. Nessun barlume di vita da parte dei convocati EULEX seduti davanti a me.

Poi consegnai loro il rapporto di Thomas Hammarberg, il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, che chiedeva l'evacuazione dei campi e cure mediche. Uno dello staff di Jacobs seduto di fronte a me disse che la settimana seguente avrebbe posto maggior pressione al governo del Kosovo perché facesse qualcosa.

Allora diedi loro il rapporto di Human Rights Watch (77 pagine) e per finire un'altra copia del nostro memorandum legale di 46 pagine.

Dissi che avevamo fatto pressioni sull'UNMIK per un'evacuazione e cure mediche già dal novembre 2000 e naturalmente senza ottenere niente. Eravamo ora a febbraio 2010. Dissi che probabilmente era impossibile portare in giudizio lo staff ONU a causa della loro immunità, ma volevamo comunque farlo per gli amministratori del campo, Norwegian Church Aid e KAAD. Fornii allora loro degli esempi di "negligenza premeditata" commessa da entrambi gli amministratori del campo, enfatizzando il rifiuto di NCA di riportare le morti nel campo e mai chiedendo alimenti o trattamento medico per avvelenamento da piombo; e KAAD, che oltre a ciò aveva colpevolmente interrotto la dieta speciale per Ergin e suo fratello.

Dissi che ci doveva essere giustizia. Per quello ero venuto da loro.

Jacobs disse che un'azione sotto il loro mandato era impossibile. Loro erano lì essenzialmente per monitorare il sistema giudiziario del Kosovo. EULEX si incaricava personalmente di pochissimi seri crimini. Anche se il nostro caso fosse stato possibile sotto il loro mandato, non l'avrebbe accettato perché sarebbero occorsi anni per trovare se qualcuno fosse responsabile. Dissi che avevamo tutte le prove che servivano. Dissi che l'OMS si era offerto di fornire tutti gli elementi di prova e che io ed i nostri avvocati potevamo fornire nomi e prove della negligenza criminale.

Jacobs disse che non si trattava di un caso criminale, ma di una questione politica. Disse che l'unica maniera per noi era di mettere più pressione politica sul governo del Kosovo per risolvere questa questione politica.

Non ero d'accordo e parlai a lungo sulla storia di questo caso: il dr. Kouchner che mette i Rom su di un terreno contaminato, promettendo che sarebbero stati spostati entro 45 giorni; dissi che la squadra medica ONU aveva raccomandato l'evacuazione nel novembre 2000 e la disintossicazione in Polonia, ma che Kouchner aveva opposto il veto; dissi a Jacobs che il mio team aveva portato la famiglia di Mustafa in Germania, sottoponendo a TAC tutti i bambini, che trovò Denis di 7 anni col fegato di un sessantenne alcolizzato, a causa dell'avvelenamento da piombo secondo i dottori tedeschi; dissi di come io e il mio staff avessimo raddoppiato i livelli di piombo che causano danni cerebrali e che anche noi avessimo dovuto essere disintossicati. Menzionai come tutti stessero rimproverando ai Rom di avvelenarsi da soli smaltendo le batterie delle auto, ma che i campioni su 66 bambini del campo mostravano di avere 36 altri metalli pesanti che non si trovavano nelle batterie delle macchine. Continuai ma non vidi nessun barlume di interesse nelle persone sedute di fronte a me. Era ovvio che non mostravano alcuna compassione per la sofferenza di questa gente... questi zingari.

Parlai per 50 minuti, raccontando loro ogni tragedia che era successa nei campi dal 1999. Se fosse dipeso da loro, il meeting sarebbe finito dopo cinque minuti.

Alla fine, Jacobs era abbastanza esasperato con me che cercavo di rendere questo un caso criminale. Continuò a dire che era una perdita di tempo. Quella era una questione politica e io dovevo trovare un modo di fare pressione sul governo del Kosovo, non su EULEX.

Alla fine gli chiesi se non fosse stato un serio crimine. Mi rispose di no. Disse che era un serio problema, ma perché lui lo definisse un serio crimine prima avrebbe dovuto investigare e questo avrebbe preso anni. Anche così, disse, sarebbe stato difficile trovare i responsabili di persona. Dissi che se questa situazione fosse avvenuta in qualsiasi città europea ed il sindaco, il capo della polizia e gli incaricati alla sanità pubblica non avessero immediatamente evacuato l'area, sarebbero finiti in prigione per negligenza verso l'infanzia. Il procuratore capo si limitò a fissare davanti a sé.

Il suo staff concordò con lui. Questa era una questione politica e dovevamo porre maggiore pressione sul governo del Kosovo. Dal 1999 al 2008 non era possibile. Ora che il Kosovo aveva l'indipendenza, dovevano mostrare di meritarsela.

La donna seduta di fronte a me continuò a ripetere che Thomas Hammarberg sarebbe venuto la settimana prossima. Era molto alterato perché il governo del Kosovo non aveva seguito le sue raccomandazioni di sei mesi prima, quando era stato lì l'ultima volta, di evacuare i campi. Disse che avrei dovuto incontrarlo durante la sua visita.

Lasciai loro due nostri DVD: Kosovo Blood e la manifestazione del campo di Osterode ad aprile 2009. Lascia anche loro due copie del mio libro UN-Leaded Blood che immediatamente loro coprirono con le loro carte, nel caso qualcuno potesse vederne la copertina.

Fui molto educato nel ringraziarli per avermi ricevuto, ma spero di aver mostrato con la mia espressione quanto frustrato io fossi dalla loro mancanza di umanità e compassione, e soprattutto dalla loro mancanza di interesse nel cercare giustizia per questa povera gente che aveva sofferto la peggiore tragedia di ogni minoranza in Europa nell'ultima decade. Così come non c'è misericordia per i nostri bambini romanì negli affari targati Mercy Corps, né nessun interesse nel salvare i nostri bambini da parte dell'OnG Save the Children... non c'è nemmeno nessun interesse nella giustizia per questi ragazzi del Dipartimento Giustizia di EULEX.



Riconoscimenti


Durante questi undici anni per portare l'attenzione sulla sofferenza e la tragedia dei Rom/Askali scaricati dall'ACNUR e dall'UNMIK su terreni contaminati, non molte persone od organizzazioni sono state con noi durante la lunga tirata. Quelli che hanno iniziato con noi e tuttora stanno contribuendo: Argentina e Miradija Gidzic, e Jacky Buzoli. Tutti e tre sono Rom e sentono una dedizione profonda per aiutare la loro gente. Sono anche stati curati per avvelenamento da piombo, a causa del loro lavoro nei campi. Nel 2005, si è aggiunta Dianne Post, un avvocato americano che non solo ha dedicato il suo tempo (gratuitamente) per difendere questi bambini rom/askali, ma ha anche offerto il proprio denaro per comprare aiuti. Lo stesso anno, Yechiel Bar Chain donò dei fondi per comprare le prime medicine per curare quanti avevamo fatto uscire dai campi. Il dr. Bader di Milwaukee, WI, si unì quell'anno per finanziare i nostri viaggi a Belgrado. Inoltre comprò un pezzo di terra per la famiglia di Jenita Mehmeti e finanziò la pubblicazione di UN-Leaded Blood e la realizzazione del documentario Gipsy Blood. Dan Lanctot che fece il film donò il proprio lavoro. Anche il dr. Klaus Runow si unì a noi nel 2005 per raccogliere i primi campioni di capelli dei bambini nel campo, registrando che [i bambini] non solo erano avvelenati da piombo, ma soffrivano anche di altri 36 metalli pesanti. Per strada sono arrivati contributi ed appoggio dalla Società per i Popoli Minacciati, JDC, Mary Ellen Salinas, Linda Johnson, Jennifer Clayton-Chen ed il suo gruppo a Monaco (Germania), Fed Didden, Nidhi Trehan, ed il dr.Sasha Maksutovic. I contributi a questo libro includono: Bernie e Suzie Sullivan, John Munden, Graham Crame e Dianne Post.

Due anni fa la nostra campagna navigava in cattive acque finché Bernie Sullivan organizzò il KMEG (Gruppo di Emergenza Medica del Kosovo) ed introdusse nuovi attivisti, in particolare Valerie Hughes che spinse il senatore irlandese David Norris a parlare (e continua a farlo) a favore dei nostri bambini zingari. Molti giornalisti e media importanti come Bild Zeitung, Aljezzera, BBC, ZDF, ARTE TV, la TV australiana (Dateline), The Sun, The Guardian, l'International Herald Tribune, ed il Washington Times hanno informato il pubblico su questi bambini che stanno morendo. Sono arrivati in aiuto due altri avvocati: Bob Golten, professore in Diritto Umanitario all'Università di Denver, che ha scritto lettere a Mercy Corps e ad NCA, richiamandole alle loro responsabilità; e Nichola Marshall, in rappresentanza dello studio legale Leigh Day di Londra, che si è unito a Dianne Post nel richiedere un risarcimento dall'ONU per i campi rom/askali.

Ironicamente, non molte organizzazioni romanì si sono unite alla nostra lotta ma recentemente due hanno vigorosamente raggiunto la causa: l'Associazione Britannica delle Donne Zingare e Patrin GB. Sono certo di essermi dimenticato di menzionare molti altri che ci hanno aiutato in questo percorso e chi ora sta contribuendo. Ma loro sanno nel loro cuore che cosa hanno fatto. Tristemente, la nostra campagna di undici anni non ha salvato molti bambini. Quando abbiamo iniziato c'era una possibilità di salvare la maggior parte di loro da danni irreversibili al cervello. Ora tutti ce li hanno. Un dottore mi ha detto che abbiamo perso un'intera generazione di bambini dei campi. Forse anche una seconda generazione dato che molti di questi bambini non vivranno abbastanza da avere dei bambini a loro volta. Ma ancora stiamo combattendo per loro, per un risarcimento e per la giustizia. Sfortunatamente, non possono mangiare la giustizia.


Titolo originale: DEADLY NEGLECT
di Paul Polansky
Prima edizione
71 pagine
Tiratura: 1.000 copie
Editore: Kosovo Roma Refugee Foundation (KRRF)
traduzione in italiano di Fabrizio Casavola


www.paulpolansky.nstemp.com 
Email: pjpusa5040@... 
www.toxicwastekills.com

Fine quindicesima e ultima puntata


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Negligenza Mortale (epilogo)

Importante: Chi ha avuto la ventura nei mesi scorsi di leggersi le 15 puntate di "Negligenza Mortale" (e chi non le ha lette), ha ora la possibilità di vederle unite in un unico file .pdf, da scaricarsi QUI gratuitamente: http://www.sivola.net/download/Negligenza_Mortale.pdf .

Un'opportunità unica per i lettori della Mahalla, dato che il volume originale di Paul Polansky, in inglese, è stato stampato in sole 1.000 copie, circolate in Kosovo ed in piccoli circoli ristretti fuori da quel paese.