Informazione


STRAGE DI BOLOGNA: IL DEPISTAGGIO PALESTINESE


di Germano Monti *


Per una Destra che non vuole solo governare, ma procedere ad una profonda ristrutturazione dell’assetto istituzionale del Paese, ripulire l’album di famiglia dalle immagini più imbarazzanti è una necessità. In altre parole, voler riscrivere la Costituzione repubblicana e antifascista richiede ineluttabilmente la riscrittura della propria storia politica… naturalmente, se si è o si è stati fascisti.
Lo stragismo rappresenta sicuramente la pagina più nera della storia italiana contemporanea, con il suo intreccio perverso fra manovalanza fascista, apparati – più o meno occulti - dello Stato e interferenze atlantiche. Fra tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia, quella alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 è stata la più feroce, ed anche l’unica in cui è stata raggiunta una verità giudiziaria, con la condanna definitiva dei fascisti Ciavardini, Fioravanti e Mambro.
La verità giudiziaria non coincide sempre e comunque con la realtà effettuale, e l’esercizio della critica anche nei confronti delle sentenze della magistratura è assolutamente legittimo, in certi casi persino doveroso, e questo vale anche per le sentenze sulla strage di Bologna. Tuttavia, quello che sta avvenendo non ha molto a che vedere con il garantismo e l’esercizio del diritto di critica, quanto con un tentativo di revisionismo storico particolarmente straccione, dettato dall’opportunità della contingenza politica.
I critici attuali delle sentenze sulla strage di Bologna non si limitano, come avveniva alcuni anni or sono, a rilevare quelle che per loro sono incongruenze degli investigatori e dei giudici, ma si spingono ad affermare che quelle incongruenze servirono – e servono tuttora – a coprire un’altra verità, sulla quale non si è voluto indagare. Questa “verità” consisterebbe nel coinvolgimento della resistenza palestinese, ed in particolare del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, nella strage, coinvolgimento che sarebbe stato tenuto nascosto in virtù dei patti intercorsi fra i governanti e i servizi segreti italiani di allora con i Palestinesi stessi. Il sostenitore più autorevole di questa tesi è l’ex Presidente Cossiga, cui si sono aggiunti i più alti esponenti della Destra ex fascista, fino all’attuale Presidente della Camera, Gianfranco Fini e, ancora più esplicitamente, l’attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sui cui trascorsi squadristi esiste una vasta letteratura.
Nel ventottesimo anniversario della strage, è proprio Alemanno, intervistato da la Repubblica, il più esplicito nel sostenere che quella della colpevolezza dei suoi ex camerati sia una “verità comoda”, mentre “
c'è un'altra pista, quella del vecchio terrorismo palestinese, che soltanto da poco si è cominciata a esplorare”, pista rispetto alla quale “ci sono una marea di riscontri”. Nell’intervista, poi, Alemanno ripropone un vecchio cavallo di battaglia dell’estrema destra, quello secondo cui “Nei '70 ci fu una guerra civile strisciante che peraltro cominciò dal maledetto slogan "Uccidere un fascista non è reato", urlato da vari gruppi dell'estrema sinistra che, falliti i loro obbiettivi rivoluzionari, decisero di convogliare tutta la loro energia nell'antifascismo militante. Suscitando ovviamente delle reazioni altrettanto dure da parte dell'estrema destra. E ciò fu un incubatore sia delle Br sia dei Nar”. E’ una vecchia tesi, cara agli squadristi fascisti e ai terroristi dei Nar; una smaccata bugia, ma qualcuno che Alemanno certamente conosce bene diceva: «Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità», specialmente se a ribadirla sono alte cariche istituzionali, come un ministro della propaganda ieri o un sindaco oggi.
Dunque, la strage di Bologna non fu opera di terroristi neri, bensì di Palestinesi. A sostegno di questa ipotesi, sia Alemanno che altri (fra i quali anche Andrea Colombo, ex giornalista del Manifesto ed ora di Liberazione) invitano ad indagare a fondo sulle dichiarazioni del guerrigliero venezuelano conosciuto come “Carlos”, detenuto in Francia, e, più in dettaglio, sulla presenza a Bologna, il giorno della strage, di Thomas Kram, cittadino tedesco attualmente detenuto nel suo Paese con l’accusa di appartenenza alle Cellule Rivoluzionarie.
Per quanto riguarda “Carlos”, l’intervista da lui rilasciata all’ANSA lo scorso 30 giugno, per il tramite del suo avvocato italiano, in realtà riguarda in massima parte il sequestro di Aldo Moro e quello che, a suo dire, fu un tentativo di mediazione dell’OLP, insieme ad una parte dei servizi segreti italiani, per ottenere la liberazione del presidente democristiano. Dopo aver fornito il suo punto di vista sulle contraddizioni esistenti fra diverse fazioni dei servizi italiani e su altre vicende di quegli anni, “Carlos” risponde alla domanda esplicita dell’intervistatore, Paolo Cucchiarelli, in merito alla strage di Bologna:

Domanda:

Una sola domanda sulla strage di Bologna visti i molti riferimenti fatti da lei nel tempo e che sembrano alludere ad una ipotesi da lei mai espressa ma  che potrebbe essere alla base delle sue osservazioni. Cioè agenti occidentali che fanno saltare in aria - con un piccolo ordigno - un più rilevante carico di materiale esplodente trasportato da palestinesi o uomini legati all’Fplp e alla sua rete con l’intento di far ricadere su questa ben diversa realtà politica tutta la responsabilità della strage alla stazione.

Risposta:

L’attentato contro il popolo italiano alla stazione di Bologna “rossa”, costruita dal Duce, non ha potuto essere opera dei fascisti e ancora meno dei comunisti. Ciò è opera dei servizi yankee, dei sionisti e delle strutture della Gladio. Non abbiamo riscontrato nessun’altra spiegazione. Accusarono anche il Dottor  Habbash, nostro caro Akim, che, contrariamente a molti, moriva senza tradire e rimanendo leale alla linea politica del FPLP per la liberazione della Palestina. Vi erano dei sospetti su Thomas C., nipote di un eroe della resistenza comunista in Germania dal febbraio 1933 fino al maggio 1945, per accusarmi di una qualsiasi implicazione riguardo ad un’aggressione così barbarica contro il popolo italiano: tutto ciò è una prova che il nemico imperialista e sionista e le sue “lunghe dita” in Italia sono disperati, e vogliono nascondere una verità che li accusa.

Insomma, “Carlos” non solo smentisce la “pista palestinese”, ma accusa direttamente gli apparati occulti americani, israeliani ed italiani di aver ordito e realizzato la strage. Il fatto che escluda anche la responsabilità dei fascisti, con la bizzarra postilla della stazione “costruita dal Duce”, non significa altro che il rafforzamento della sua convinzione di una pista internazionale, ma nella direzione opposta a quella indicata da Cossiga, Fini e Alemanno, da una parte, e da Andrea Colombo dall’altra. Del resto, in tutta la storia dello stragismo e dell’eversione nera, l’intreccio fra il sottobosco neofascista e apparati interni ed internazionali, particolarmente statunitensi, è sempre emerso con grande puntualità. Non si capisce, quindi, come le parole del detenuto nel carcere di Poissy possano essere utilizzate per dimostrare il contrario di ciò che dicono… ma questo bisognerebbe chiederlo ad Alemanno ed a quelli come lui.  
Sempre alle stesse persone, e ad un gran numero di giornalisti, bisognerebbe chiedere anche perché continuino a presentare in termini tanto misteriosi la figura di Thomas Kram, quasi che di lui non si sappia nulla, se non che da qualche tempo si trova nelle carceri tedesche. Ebbene, già nel giugno dello scorso anno, Saverio Ferrari si è occupato della pista palestinese e di Kram, in un suo articolo su “Osservatorio Democratico sulle nuove destre” dedicato al libro scritto da Andrea Colombo sulla strage di Bologna, libro accusato – per inciso – di voler accreditare l’innocenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini “omettendo deliberatamente le carte giudiziarie più scomode”.
A proposito della “pista palestinese” Ferrari scrive: “Colpisce, infine, l’ultimo capitolo in cui, si rilancia la stessa fantomatica pista palestinese sulla quale da qualche anno alcuni deputati di Alleanza nazionale si affannano, millantando la presenza del terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos, o di suoi uomini, a Bologna, in veste di stragisti al servizio del Fronte popolare per la liberazione della Palestina di George Habbash. È più che noto, infatti, che già all’epoca, non solo recentemente, si appurò che il terrorista Thomas Kram, esperto in falsificazione di documenti e non in esplosivi, fosse presente a Bologna nella notte fra tra l’1 e il 2 agosto, alloggiando nella stanza 21 dell’albergo Centrale di via della Zecca. Presentò nell’occasione la sua patente di guida non contraffatta. Fu precedentemente fermato e identificato al valico di frontiera sulla base di un documento di identità valido a suo nome. Non era al momento inseguito da alcun mandato di cattura. La questura di Bologna segnalò i suoi movimenti all’Ucigos che già in quei giorni conosceva tutti i suoi spostamenti. Un terrorista stragista, dunque, non in incognito che viaggiava e pernottava in albergo con documenti a proprio nome (!). Una pista vecchia, già archiviata data la comprovata mancanza di legami tra Thomas Kram e la strage. Per altro Kram risultò non aver mai fatto parte dell’organizzazione di Carlos. (…)”.
Ma c’è di più: il 2 agosto del 2007, proprio sul quotidiano in cui Andrea Colombo ha lavorato per anni, il Manifesto, il suo collega Guido Ambrosino pubblica un lungo articolo dal titolo “Bologna, l’ultimo depistaggio”, in cui il misteriosissimo Thomas Kram – a Berlino in libertà provvisoria, dopo essersi costituito nel dicembre 2006 - si lascia tranquillamente intervistare. Dall’intervista di Guido Ambrosino:
«Ho scoperto su internet che la bomba potrei averla messa io. Un'assurdità, sostenuta addirittura da una commissione d'inchiesta del parlamento italiano, o meglio dalla sua maggioranza di centrodestra, nel dicembre 2004. Deputati di An, e altri critici delle sentenze che hanno condannato per quella strage i neofascisti Fioravanti e Mambro, rimproverano agli inquirenti di non aver indagato sulla mia presenza a Bologna». Per Kram è una polemica pretestuosa: «Non sono io il mistero da svelare. Non lo credono nemmeno i commissari di minoranza della Mitrokhin. Viaggiavo con documenti autentici. La polizia italiana mi controllava, sapeva in che albergo avevo dormito a Bologna, il giorno prima mi aveva fermato a Chiasso. Come corriere per una bomba non ero proprio adatto»”.
L’articolo e l’intervista demoliscono l’impianto del libro di Colombo e, più in generale, la “pista palestinese”, anche con alcuni particolari che, se non si trattasse di fatti tanto drammatici, indurrebbero al sorriso. Secondo Ambrosino, il lavoro di Colombo “si riduce a un paio di forzature”, particolarmente per quanto riguarda la latitanza di Kram, che – secondo Colombo – sarebbe durata ben 27 anni, cioè dal 1979, quando lo stesso Kram è invece sempre stato reperibile almeno fino al 1987, quando contro di lui viene spiccato un mandato di cattura per appartenenza alle Cellule Rivoluzionarie. Nella pista palestinese sarebbe coinvolta anche un’altra militante dell’estrema sinistra tedesca, Christa Frolich, che – secondo la testimonianza di un cameriere di albergo – lavorava come ballerina nei pressi di Bologna e il primo agosto 1980 si sarebbe fatta portare una valigia alla stazione di Bologna, mentre il 2 agosto avrebbe telefonato (parlando italiano con accento tedesco) per accertarsi che i suoi figli non fossero stati coinvolti nell’esplosione. Scrive Ambrosino: “Christa Fröhlich ha ora 64 anni, insegna tedesco a Hannover. Confrontata con questa descrizione, non sa se ridere o piangere: «Non ero a Bologna. Non ho figli. Mai un ingaggio da ballerina. E nel 1980 non sapevo una parola di italiano»”.
Se pensiamo che uno dei cardini principali della “pista palestinese” è costituito dai lavori della “Commissione Mitrokhin”, anche noi non sappiamo se ridere o piangere. Addirittura nel dicembre 2005, sull’Espresso, l’operato di quella Commissione veniva già definito come
L'ennesimo polverone. Per far riaprire l'inchiesta sulla strage di Bologna e riabilitare gli estremisti di destra Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati per l’attentato”. Dal medesimo articolo si apprende anche, peraltro, che le stesse risultanze della Commissione Mitrokhin escludevano ogni coinvolgimento di Thomas Kram nella strage di Bologna.
La domanda, a questo punto, è: perché, contro ogni evidenza ed ogni riscontro, in questo agosto 2008 c’è chi tenta di riciclare vecchie bufale, magari contando sui riflessi appannati di un’opinione pubblica martellata da campagne sulla “sicurezza” minacciata da zingari ed immigrati, tanto da richiedere paracadutisti, alpini e bersaglieri per le strade delle nostre città? Probabilmente, la risposta è nella premessa: per mettere mano alla Costituzione, la Destra ha bisogno di svecchiare i propri armadi, facendone opportunamente sparire gli scheletri di troppo. Lo scheletro più ingombrante è senza dubbio quello datato 2 agosto 1980, rimosso il quale sarà assai più semplice rimuovere tutti gli altri… si, perché,se si riesce a convincere, contro ogni evidenza storica e giudiziaria, che la strage di Bologna è stata opera dei Palestinesi, domani si potrà legittimamente sostenere che quella di Piazza Fontana fu veramente opera degli anarchici e così via. Senza dimenticare che accollare proprio ai Palestinesi la più orrenda delle stragi consente alla fava revisionista di cogliere un secondo piccione: oltre alla definitiva legittimazione interna, la nuova Destra di governo rimedierebbe anche l’imperitura gratitudine di Israele e delle sue lobby, mentre a protestare per l’ennesima infamia commessa ai danni di un popolo sempre più martoriato rimarrebbero in pochi, come – effettivamente – sono in pochi, almeno ai livelli che contano, quelli che continuano a sostenere le ragioni e il diritto all’esistenza del popolo palestinese. Eppure, a dubitare della riuscita di un’operazione così spregiudicata ci aiuta la frase di un uomo importante, uno di quelli che, piaccia o no, la storia l’hanno fatta, non hanno solo cercato di riscriverla a proprio piacimento. Quell’uomo, che di nome faceva Abramo Lincoln e di mestiere il Presidente degli Stati Uniti, amava ripetere: “
Si può ingannare tutti a volte, qualcuno sempre, ma non è possibile ingannare tutti tutte le volte”. Sarà bene che Alemanno e quelli come lui lo tengano presente.

* Forum Palestina




False interviste su la Repubblica, la controsmentita non controsmentisce


Il caso delle interviste impossibili pubblicate dal supplemento Il Venerdì, di La Repubblica, a personalità come Gabriel García Márquez, Álvaro Uribe, Alfonso Cano, Fidel Castro e Hugo Chávez, e denunciate come inventate dal quotidiano il Manifesto, con la firma di Maurizio Matteuzzi, non solo non si chiarisce, ma anzi getta una luce ancora più vergognosa su La Repubblica, che a questo punto sarebbe pienamente complice dell’autore dei presunti scoop a firma Jordi Valle.

In questi giorni si era scomodato addirittura il Caporedattore de Il Venerdì, Attilio Giordano, per preannunciare un documento inoppugnabile sul supplemento Il Venerdì di ieri. Ieri era il gran giorno e la delusione è stata cocente.

A p. 128, c’è una letterina firmata dal discusso ambasciatore di Colombia a Roma, Sabas Pretelt (nella foto), di recente inquisito per lo scandalo di corruzione che portò alla rielezione di Álvaro Uribe, noto come Yidispolitica, dal nome della parlamentare Yidis Medina, condannata per essere stata corrotta da Pretelt stesso.

Ebbene Sabas Pretelt nella lettera non legittima in nessun modo l’articolo di Jordi Valle, che non viene neanche nominato, né smentisce in alcun modo la smentita del proprio governo che afferma esplicitamente che l’articolo sia falso. Si limita a dire che, in riferimento ad alcune affermazioni offensive contro Barak Obama attribuite al presidente colombiano, “il Signor Presidente Alvaro Uribe Vélez giammai si è riferito in termini squalificanti verso nessun candidato alla Casa Bianca.”

Quindi nella lettera, non disponibile online e pubblicata in un angolo marginale del supplemento, non c’è nessun documento inoppugnabile, nessuna pezza di appoggio, nulla che dimostri che l’intervista ad Uribe e tantomeno le altre siano vere. L’unica cosa che resta è il comunicato ufficiale del governo colombiano che afferma testualmente: “El Mandatario jamás se reunió con el señor Valle ni le concedió entrevista alguna”, ovvero, “Il presidente non ha mai incontrato il signor Valle né gli ha mai concesso un’intervista”. Ovvero Sabas Pretelt fa un magro favore a La Repubblica: contribuisce appena a creare una piccola cortina di fumo. Non può smentire il suo governo sul fatto che l’intervista sia falsa e allora, contestando un dettaglio di questa e senza fare riferimento alla smentita generale, fa credere che essendo un dettaglio falso, il resto possa essere vero.

La Repubblica, Jordi Valle, Attilio Giordano, dalla controsmentita tanto attesa escono ancora peggio di prima.


http://www.gennarocarotenuto.it/2838-false-interviste-su-la-repubblica-la-controsmentita-non-controsmentisce




CEREMONIAL RETURN

Friends Await Zvonko Busic
Around 500 citizens carried Croatian flags, sang patriotic songs, and chanted Busic’s name.


Around 500 friends, acquaintances and supporters greeted Zvonko Busic at Zagreb’s airport. Unfortunately, a few people managed to start chanting “Za dom spremni” ("ready for the homeland" (*)), but were soon hushed quiet, and Busic himself, upon arriving, asked those present to not shout Ustasha greetings.
"Do not let me be ashamed of you, but make me proud of you," said Busic clearly.
Amongst the many visitors were Frane Pesut, Slobodan Vlasic and Petar Matanic, participants of the hijacking of the American aircraft on a flight from New York to Chicago.
"What should I say to you, I am overjoyed, I hardly awaited this moment," said Frane Pesut with tears of joy in his eyes.
During a conversation, he stated that he knows nothing about the organization of the hijacking, because he believed Zvonko Busic and his associates that he was bringing a real bomb into the plane.
Marijan Bosnjak, somebody that knows and respects what he calls a selfless sacrifice by a Croatian hero, said that Busic decided to sacrifice himself for what he believes in.
"Zvonko wanted to attract the attention of the world to the suffering of one small people. Actions like those of Busic, raised the spirits of Croatians in the Diaspora. That event gained the attention of the whole world, and the punishment was absolutely too strict. They did not want anyone to get hurt, that action was the answer to the repression in Yugoslavia," considers Bosnjak.
"I am beside myself from happiness. The big thing is that he (Busic) can return to a independent country, and if it will remain independent is its own choice," said Benjamin Tolic.
The event was also attended by Father Vjekoslav Lasic, who before coming to the airport, paid respects to the remains of Dinko Sakic (**) at the crematorium.
"I came to greet the Croatian legend Zvonko Busic, who I visited a number of times in prison. The sentence was too strong, and he lay innocent in the USA," said Vjekoslav Lasic.
Marijan Buconjic, Busic’s roommate in New York, considers that Zvonko’s act was justified, and that he managed to show that Yugoslavia was repressive towards Croatians.
Drazen Budisa, the representative of the Busic family, held a welcoming speech in which he said that Zvonko and his associated deeply regretted the innocent victim, the police officer Brian Murray, but that they did not want anyone to get hurt. An unfortunate turn of events was in question. He wished Busic and his wife peace and freedom in their life in Croatia.
"I also fought for the independence of Croatia. I came as a Croatian convict, to greet a Croatian convict," said Anto Kovacevic who was also there.
Busic was protected by strong police security and bodyguards that were hired by the veterans’ associations. That security managed to, with great difficulty, restrain the many people gathered there to greet Busic.

(* Hystorical hymn of the fascist ustascia movement. "Pronti per la Patria", Inno del movimento nazifascista degli ustascia. NdCNJ)
(** A notorious, high-rank ustasha criminal in the 40ies. Tristemente noto criminale ustascia di alto livello negli anni '40. NdCNJ)


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ALTRA DOCUMENTAZIONE SUL TERRORISMO USTASCIA NEL CORSO DELLA GUERRA FREDDA / MORE DOCUMENTS ON USTASHI TERRORISM DURING THE COLD WAR PERIOD:
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On Jul 29, 2008, at 9:48 AM, Coord. Naz. per la Jugoslavia wrote:


RITORNA VINCITOR


Dopo 30 anni di detenzione negli USA, il terrorista ustascia Zvonko Busic è rientrato nella sua Croazia.
Nel 1976 si era reso responsabile di un tentativo di dirottamento aereo, causando la morte di un agente di polizia e l'accecamento di un altro all'aereoporto di New York.
L'azione - come tantissime altre commesse dagli ustascia esuli all'estero in quegli anni - aveva come obiettivo quello di attirare l'attenzione pubblica sulla causa croata.
Oggi Busic torna in Croazia da trionfatore, essendo stato conseguito l'obiettivo per cui lui ed i suoi camerati all'estero avevano commesso crimini nel corso della guerra fredda: la distruzione della Jugoslavia e la instaurazione di uno Stato etnico croato.
Come nel caso del Kosovo, anche nel caso della Croazia l'Occidente ha premiato il terrorismo fascista.
(a cura di Italo Slavo per JUGOINFO)

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http://www.cnj.it/documentazione/ustascia.htm

Croat terrorist back to Croatia after serving 30 years in US

Associated Press - July 24, 2008

ZAGREB, Croatia - A Croatian news agency says a
convicted plane hijacker is returning to Croatia after
serving 30 years in jail in the United States.

The state-run agency HINA quoted the wife of Zvonko
Busic as saying he would return Thursday after being
granted parole for hijacking a TWA flight in 1976.

Busic led the group of hijackers to draw attention to
Croatia's struggle for independence from communist
Yugoslavia and later surrendered.

But a bomb they stashed in a locker at New York's
Grand Central Terminal exploded when police tried to
defuse it, killing one officer and blinding a second.

Busic, revered by some in Croatia as a hero, was
convicted in 1977 of air piracy and granted parole
earlier this month.



(italiano / francais / english)


https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?Ref=CommDH(2008)18

Strasbourg, 28 July 2008
CommDH(2008)18 
Original version

MEMORANDUM 1

by Thomas Hammarberg Commissioner for Human Rights of the Council of Europe

Following his visit to Italy on 19-20 June 2008

Issues reviewed: Roma and Sinti; Immigration

PDF: 

https://wcd.coe.int/com.instranet.InstraServlet?Index=no&command=com.instranet.CmdBlobGet&InstranetImage=931687&SecMode=1&DocId=1290212&Usage=2

or

https://www.cnj.it/AMICIZIA/Italy_Rom_COE_report2008.pdf


=== ITALIANO ===

https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1328489&Site=DC&BackColorInternet=F5CA75&BackColorIntranet=F5CA75&BackColorLogged=A9BACE


Comunicato stampa - 558(2008)

Italia: “La politica sull’immigrazione deve tener conto dei diritti umani e non basarsi unicamente sulle preoccupazioni relative alla sicurezza pubblica”, ha dichiarato il commissario Hammarberg

Strasburgo, 29.07.2008 – “Una politica in materia di immigrazione non può basarsi solo sulle preoccupazioni relative alla sicurezza pubblica. Le misure adottate al momento in Italia non rispettano i diritti umani e i principi umanitari e rischiano di appesantire il clima di xenofobia”, con queste parole Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha commentato la pubblicazione del suo rapporto sulla missione speciale condotta a Roma il 19 e 20 giugno scorsi. Tale visita fa seguito alle manifestazioni, a volte molto violente, contro rom e sinti nel paese e rientra nel quadro dell’adozione o preparazione, in tempi relativamente brevi, di una legislazione che miri ad introdurre ulteriori controlli alla libertà di movimento di rom e sinti, la penalizzazione dell’immigrazione clandestina ed ulteriori restrizioni all’immigrazione.

Il Commissario ha inoltre espresso le sue preoccupazioni riguardo il ‘’pacchetto sicurezza” che sembra essere appositamente elaborato per gli immigrati rom nonché per la dichiarazione dello stato di emergenza in tre regioni italiane. “I rom ed i sinti hanno un urgente bisogno di una tutela effettiva dei loro diritti umani ed in particolare dei loro diritti sociali, come ad esempio il diritto ad un abitazione decente e all’istruzione”, ha aggiunto. “Adottare lo stato di emergenza e conferire maggiori poteri ai ‘commissari speciali’ e alle forze dell’ordine non è il giusto approccio al fine di rispondere ai bisogni dei popoli rom e sinti”. Alla consegna in data odierna del suo Memorandum, il Commissario si è detto preoccupato per l’estensione dello stato di emergenza su tutto il territorio nazionale.

Hammarberg ha anche criticato la decisione del governo italiano di considerare reato penale l’entrata ed il soggiorno irregolare di immigrati; lo considera un preoccupante allontanamento dai principi di diritto internazionale. “Queste misure possono complicare le richieste di asilo dei rifugiati e rischiano di accrescere la stigmatizzazione e l’emarginazione sociale di tutti gli immigrati – rom inclusi”, ha affermato.

Il Commissario Hammarberg è anche allarmato per il rimpatrio forzato di immigrati verso alcuni paesi dove è comprovato l’uso della tortura. Facendo particolare riferimento al caso di un cittadino tunisino espulso per ordine del Ministro degli Interni nel quadro della legge sulle misure d’urgenza per combattere il terrorismo, Thomas Hammarberg si è nuovamente opposto a decisioni di questo tipo, decisioni prese sulla base di assicurazioni diplomatiche. Ha ricordato inoltre che laddove individui che rischiano l’espulsione pesentino ricorso davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, gli stati devono attenersi a qualsiasi richiesta da parte di quest’ultima di sospendere la deportazione, in attesa di un’esame del caso. “Il diritto di ricorso individuale è un caposaldo del sistema europeo di tutela dei diritti umani”.

Il Commissario ha infine esortato le autorità italiane alla rapida creazione di un’efficace istituzione nazionale per i diritti umani, al fine di rafforzare il sistema di protezione nel paese.

…/.

Il rapporto è stato presentato al governo italiano sotto forma di bozza; quest’ultimo ha risposto con delle osservazioni. La risposta integrale del governo figura in allegato alla versione finale del rapporto del Commissario ed è disponibile sul sito Internet del Commissario.

Contatto stampa:

Stefano Montanari, tel: +33 (0)6 61 14 70 37, stefano.montanari@...

* * *

Il Commissario per i diritti umani è un’istituzione indipendente e non giudiziaria, il cui scopo è promuovere la sensibilizzazione e il rispetto dei diritti umani nei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Eletto dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, l’attuale commissario, Thomas Hammarberg, è in carica dal 1 aprile 2006.

Divisione della Stampa del Consiglio d’Europa
Tel: +33 (0)3 88 41 25 60
Fax:+33 (0)3 88 41 39 11

pressunit@...

www.coe.int/press



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Rassegna stampa ARCI Immigrazione:

 

 

v      Corriere della sera 30-07-08
            Il commissario: i rom? La polizia ha fatto raid non semplici sgomberi

 

v      Corriere della sera 30-07-08
            Ronchi: straparlano, pregiudizi contro di noi

 

v      Corriere della sera 30-07-08
            Immigrati, critiche europee  Maroni:accuse false

 

v      il manifesto 30-07-08
            Maroni finge di indignarsi e rilancia: più cpt, nessuna violenza di polizia

 

v      il manifesto 30-07-08
            In guerra contro i poveri

 

v      il manifesto 30-07-08
      Altri sette morti, sognando Lampedusa

 

v      Il Sole 24 Ore 30-07-08
            Rom, accuse dall'Europa  Maroni: falsità clamorose

 

v      La Nazione-Prato 30-07-08
            Il Cpt nell'area di Campi

 

v      La Repubblica 30-07-08
            L'Onu lancia l'allarme: situazione senza precedenti

 

v      La Stampa 30-07-08
            La mutua per i clandestini

 

v      La Stampa 30-07-08
            Se la società anticipa la legge

 

v      La Stampa 30-07-08
            Immigrati, scontro Europa Governo

 

v      Liberazione 30-07-08
            Il Consiglio d'Europa sui Rom: «L'Italia viola i diritti umani»

 

v      Liberazione 30-07-08
            Il Casilino 900 «è disumano» Alemanno si limita allo sgombero

 

v      l’Unità del 30-07-08
            Gli ultimi sempre più ultimi

 

v      l’Unità 30-07-08
            Napoli, i disperati-ribelli della Cattedrale: «Ci sono frange politiche che soffiano sul razzismo»

 

v      L'Unità-Firenze 30-07-08
            Molotov contro una carovana rom



=== ENGLISH ===


Press release - 558(2008)

Italy: “Immigration policy must be based on human rights principles and not only on perceived security concerns”, says Commissioner Hammarberg presenting a special report

Strasbourg, 29.07.2008 – “Concern about security cannot be the only basis for immigration policy. Measures now being taken in Italy lack human rights and humanitarian principles and may spur further xenopohobia,”. With these words, the Council of Europe Commissioner for Human Rights, Thomas Hammarberg, published a report based on his special visit to Rome 19 and 20 June. The visit took place following a series of anti-Roma and anti-Sinti protests, which were occasionally very violent, and the rapid adoption or preparation of legislation, which notably aimed to introduce further controls of the freedom of movement of Roma and Sinti, the criminalisation of irregular immigration and additional restrictions on immigration.

The Commissioner voiced strong concern at the “security package” that appears to target Roma immigrants, and at the declaration of states of emergency in three Italian regions. “Roma and Sinti are in urgent need of effective protection of their human rights, including their social rights, such as the right to adequate housing and to education” he said. “Adopting the state of emergency and providing greater powers to the “Special Commissioners” and the police is not the right approach to deal with the needs of Roma and Sinti populations.” In forwarding his Memorandum today, the Commissioner expressed his serious concern at the expected extension of the state of emergency to the whole territory.

Mr Hammarberg also criticised the decision to criminalise migrants’ entry and irregular stay. He sees this as a worrying departure from established international law principles. “These measures may make it more difficult for refugees to ask for asylum and is likely to result in a further social stigmatisation and marginalisation of all migrants - including Roma,” he said.

Commissioner Hammarberg also noted with grave concern that Italy had forcibly returned migrants to certain countries with proven records of torture. Referring in particular to the case of a Tunisian citizen expelled by order of the Minister of Interior, under the law on emergency measures to combat terrorism, Mr Hammarberg again opposed such decisions taken on the basis of diplomatic assurances. He also recalled that when individuals facing deportation have applied to the European Court of Human Rights, states must comply with any request by the Court to suspend deportation pending its examination of the case “The right of individual application is a cornerstone of the European system of human rights protection.” he said.

Finally, the Commissioner urged the Italian authorities to proceed promptly to the establishment of an effective national human rights institution, in order to reinforce the system of protection in the country.

The report has been submitted in draft form to the Italian government which in turn responded with comments. The full reply from the government is appended to the final version of the Commissioner’s report. It is available on the Commissioner’s website

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The Commissioner for Human Rights is an independent, non-judicial institution within the Council of Europe, mandated to promote awareness of, and respect for, human rights in the 47 member States of the Organisation. Elected by the Parliamentary Assembly of the Council of Europe, the present Commissioner, Mr Thomas Hammarberg, took up his function on 1 April 2006.

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Communiqué de presse - 558(2008)

Italie : « La définition d’une politique d'immigration doit prendre en compte les exigences des droits de l’homme et pas seulement des considérations sécuritaires », déclare le Commissaire Hammarberg

Strasbourg, 29.07.2008 – « Une politique d'immigration ne peut être seulement inspirée par des préoccupations sécuritaires. La valorisation des droits fondamentaux et des principes humanitaires est largement absente des mesures prises, en ce moment-même en Italie, qui risquent d’aggraver le climat de xénophobie ». C'est ainsi que Thomas Hammarberg, Commissaire aux droits de l'homme du Conseil de l'Europe, a commenté la publication de son rapport sur une mission spéciale menée à Rome les 19 et 20 juin derniers. Cette visite faisait suite à des manifestations, parfois très violentes, contre les Roms et les Sinti dans le pays. Elle s’inscrivait également dans le contexte de l’adoption ou de la préparation dans des délais très brefs d’une législation permettant d’introduire des contrôles renforcés de la liberté de mouvement des Roms et des Sinti, de pénaliser l’immigration irrégulière et de durcir les restrictions à l’immigration.

Le Commissaire a fait part de son inquiétude au sujet du “paquet législatif de sécurité”, qui donne toutes les apparences de viser les immigrés roms, et de la proclamation de l'état d'urgence dans trois régions d'Italie.  « Les Roms et les Sinti ont un urgent besoin d'une protection effective de leurs droits de l’homme, et en particulier de leurs droits sociaux tels que ceux à un logement décent et à l'éducation », a-t-il ajouté.  « Le recours à l'état d'urgence et les pouvoirs étendus conférés aux "commissaires spéciaux" et à la police ne sont pas la bonne approche pour répondre aux besoins des populations roms et sinti. » En remettant aujourd’hui son Memorandum, le Commissaire s’est dit préoccupé par la généralisation attendue de l’état d’urgence à tout le pays.

M. Hammarberg a par ailleurs critiqué la décision de qualifier en infraction pénale l’entrée et le séjour clandestins des immigrés. Il y voit un inquiétant éloignement des principes de droit international. « Ces mesures peuvent compliquer les demandes d’asile des réfugiés. De plus, elles risquent d’ajouter encore à la stigmatisation et à la marginalisation sociales des immigrés, y compris des Roms », a-t-il poursuivi.

Le Commissaire Hammarberg est également inquiet par le rapatriement de force d’immigrés vers certains pays où la torture est attestée. Evoquant en particulier l'affaire d’un ressortissant tunisien expulsé sur ordre du Ministre de l'Intérieur dans le cadre de la loi sur les mesures d’urgence pour combattre le terrorisme, M. Hammarberg s’est une nouvelle fois opposé à des décisions de ce type prises sur la base d’assurances diplomatiques. Il a rappelé par ailleurs que lorsque des individus risquant l’expulsion introduisent un recours devant la Cour européenne des droits de l’homme, les Etats doivent se soumettre à toute requête de la Cour de suspendre la déportation, dans l’attente d’un examen de la requête. « Le droit de recours individuel est un des fondements du système européen de protection des droits de l'homme».

Enfin, le Commissaire a pressé les autorités italiennes de rapidement mettre en place une institution nationale efficace des droits de l'homme, afin de renforcer le système de protection dans le pays.

Le rapport avait été soumis au gouvernement italien à l’état de projet. Ce dernier y a répondu en formulant ses commentaires. La réponse intégrale du gouvernement figure en annexe de la version finale du rapport du Commissaire. Ce dernier est disponible sur le site Internet du Commissaire.

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Le Commissaire aux droits de l’homme est une institution indépendante et non judiciaire du Conseil de l’Europe. Il a pour mandat de promouvoir la sensibilisation aux droits de l’homme et le respect de ces droits dans les 47 Etats membres. Elu par l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe, M. Hammarberg, l’actuel Commissaire, a pris ses fonctions le 1er avril 2006.

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