Informazione

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L'ULTIMO FERAL

Il 16 giugno scorso usciva l'ultimo numero dello storico settimanale
spalatino "Feral Tribune". I motivi della chiusura in questa
intervista del settimanale sarajevese "Dani" al redattore
responsabile del Feral, Viktor Ivančić. Nostra traduzione
Di Vildana Selimbegović, DANI, (http://www.bhdani.com/ - titolo
orig. «Nismo svi ista govna»)
Traduzione per Osservatorio Balcani: Maria Elena Franco


Veramente "La strada sotto ai piedi" è stato l'ultimo numero del
Feral?

Sì, è stato l'ultimo.

Perfino i colleghi benintenzionati hanno rimproverato al Feral di
non essersi impegnato a vendere pagine di pubblicità. Vorrei che
riuscissimo a spiegare le modalità con cui il Feral è «morto di
eutanasia»

Queste critiche dei benintenzionati in realtà non hanno fondamento.
Ci può essere imputata la colpa di aver avuto poca agilità e
incapacità in qualsiasi altra cosa, ma non nella ricerca degli
annunci: per molti anni abbiamo pagato diverse agenzie di marketing
affinché lo facessero per noi, abbiamo aumentato le provvigioni fino
al 50% per ogni annuncio procacciato, ma il risultato è stato
nullo... Il boicottaggio del Feral da parte dell'industria
pubblicitaria è un fatto oggettivo, e il Feral di questo non ha
colpa. Sì, il Feral è colpevole, ma per la sua politica di
redazione, non per incapacità professionale.
È legittimo affermare che il Feral non ha adeguato la sua politica
redazionale di «mercato», e per questo è fallito. Questo è evidente.
Ma allo stesso modo è legittimo - se sappiamo qual è stata la
politica gestionale del Feral – parlare delle caratteristiche di
questo «mercato». Perché non ci si dovrebbe interrogare sul fatto
che il «mercato» croato stabilisce criteri inviolabili? Io credo che
questi criteri siano perversi e dannosi, in quanto generano un
giornalismo castrato e servile, e le corporazioni dei media lo
sostengono, per via del profitto e per danneggiare la concorrenza
indipendente, costringendo i loro giornalisti a sottostare a tali
regole di gioco senza opporre resistenza. Se il "mercato" del
marketing fissa un cordone sanitario per un giornale che vende 13-14
mila copie alla settimana, perché affronta temi che sono
politicamente scomodi e non c'è rispetto nei confronti delle lobby
dei nuovi ricchi – allora io qui vedo un modo di agire da
Commissariato, non di standard liberali. Capiamoci, a me non importa
nulla degli annunci. Preferisco i giornali che non ne hanno.
Solamente pongo l'attenzione – invano, lo so – sulla tendenza
generale che è già giunta ad un punto tale per cui il giornalismo
diventa un volgare imballaggio di annunci. Non riuscirete a leggere
in un giornale croato qualcosa che non sia un elogio, ad esempio,
dei proprietari di «Agrokor» o «T-com», o di tutta una serie di
altri «soggetti», perché senza le loro pubblicità i giornali non
possono sopravvivere. Così il «mercato», dietro la maschera di un
falso liberalismo, restringe continuamente lo spazio alla libertà.
La censura diventa capillare, e si capisce che è semplicemente
necessario accettarla, perché se non lo fai ti scaverai la fossa da
solo e sarai sconfitto di fronte al «mercato». In realtà si tratta
del più semplice dei racket trasposto nel sistema.

Forse anche a causa della sua lunga agonia sembra che quest'estate
il Feral si sia spento sotto voce – sono mancate le reazioni, sia
dei media che delle diverse associazioni e difensori dei diritti
umani, per i quali proprio il Feral rappresentava un rifugio, dal
momento che per anni ha dato loro la possibilità di far sentire la
propria voce. Perché ?

È vero, questa volta noi non ci siamo sforzati di fare chiasso,
anzi, abbiamo deciso di chiudere l'ultima pagina e andarcene,
mettendo a tacere tutti, come si dice. Tutto ciò che dovevamo dire
l'abbiamo scritto nel nostro testo di accomiato sul Feral. Perfino
questa intervista è un «di più» che faccio un po' contro voglia. Per
quanto riguarda i media, non sono più così ingenuo da non
riconoscere i «programmi» e le «strategie». Le pubblicazioni EPH
[Europapress holding], ad esempio, guidata dallo "Jutarnji List" -
che comprende il 60% della stampa del paese – non solo hanno
boicottato qualsiasi racconto sul Feral, ma non hanno nemmeno dato
la notizia che il Feral non sarebbe più uscito, così come la mancata
reazione dell'Associazione dei giornalisti croati sulla chiusura del
Feral. Non dare la notizia sulla fine della pubblicazione del Feral
è infine poco professionale – dal punto di vista del nostro mestiere
perfino imperdonabile – ma è evidente che esistono delle ragioni che
sono più importanti della professione, e che la professione serve
solo per soddisfare queste ragioni più alte, e così in sostanza ha
lavorato alla sua autodistruzione.
Con questo piccolo esempio, per me assolutamente poco importante, si
vede bene il sistematico utilizzo della censura. È sempre più
frequente che i giornali non si redigano nelle redazioni, a cui è
stata tolta qualsiasi autonomia, ma nei centri corporativi del
potere, a loro volta collegati con i loro partner politici ed
economici. I mezzi di comunicazione non sono qui per informare
veramente o, Dio ci guardi, per essere criticamente almeno un po'
scomodi, ma per produrre l'«opinione pubblica», o
l'appetibile «umore della società», combinando metodi di riduzione
radicale e pura propaganda. È sempre meno necessaria la forza
politica, per raggiungere ciò è sufficiente l'abuso del «mercato» e
della proprietà privata, e i risultati sono molto più evidenti.
Žižek lo definirebbe "violenza invisibile".
Temo che la maggior parte delle organizzazioni non governative sia
in una situazione del tutto simile a quella del Feral, e in base a
ciò, la loro presenza in "pubblico" dipende sempre meno da loro. Qui
si è anche arrivati a significative ridistribuzioni. Il Comitato di
Helsinki croato, per esempio, funziona già da molto tempo come
singolare succursale del governo, organo parastatale per l'attività
dell'abbellimento sociale, mentre il Comitato cittadino per i
diritti umani – che ha sempre agito in modo più concreto e di
successo rispetto al Comitato di Helsinki – d'ufficio è messo ai
margini.

Se non sbaglio, sembra che la fine del Feral fosse attesa con un
certo sollievo, e questo da parte dell'intero spettro politico – da
destra a sinistra...

Credo che abbia ragione. Questo cavallo alla fine è morto, e in
qualche modo si respira più facilmente. Se fosse morto dieci anni fa
sarebbe stato ancora meglio, e ugualmente si sarebbe sentito uno
certo sollievo. La verità è che il Feral e la Croazia non sono mai
andati d'amore e d'accordo. Siamo esistiti solo perché creiamo
problemi e parliamo di cose che la maggior parte vuole mettere a
tacere. Per fortuna non abbiamo fatto questo giornale per interessi
nazionali, ma per il nostro interesse e dei nostri lettori. Così chi
a perderci sarà solo un limitato gruppo di persone. In generale, non
dubito che la vita in Croazia sarà più confortevole e piacevole
senza Feral: si vive sempre meglio quando si sa meno.

Nell'introduzione in cui voi del Feral vi siete accomiatati dai
lettori è stata fatta una chiara analisi dei rapporti tra i
pubblicitari, le oligarchie di governo e le politiche di redazione:
tutto sottostà al diktat della politica. Si tratta solo di un
problema dei paesi in transizione o di un trend generale?

Il trend è generale, ovvio, non c'è alcun dubbio che al mondo –
almeno nella sua parte occidentale – governi l'ideologia dello
status quo e che i media siano i principali produttori di questi
prodotti ideologici. Ciò significa conservare e promuovere il valore
del capitalismo liberale come "il migliore di tutti i mondi", e
seguire la messa in scena dei presunti "cambiamenti" che di fatto
simulano la fede collettiva nel "progresso" e la "riparazione della
situazione"; e infine è brutto porre domande radicali e mettere in
discussione il sistema. Tutto ciò che è fuori dall'assoluta lealtà
al vigente sistema neoliberale è ritenuto politicamente scorretto e
odioso. I media si rivolgono sempre di più ai consumatori e sempre
meno ai cittadini, in quanto l'intenzione è che i cittadini si
trasformino il più possibile in consumatori, ovvero nella classe che
sarà corrotta con false possibilità di scelta e di fiducia in una
vita più confortevole.
La transizione, invece, ha le sue irresistibili particolarità, e
queste si notano soprattutto nella mancanza di scrupoli. Lì dove in
Occidente interviene la chirurgia, qui si lavora con l'accetta. Le
democrazie occidentali stabiliscono enormi infrastrutture per
attuare e "scagionare" nella maniera più scrupolosa il dominio di
gruppi politici ed economici, e al contempo è possibile che tali
infrastrutture vengano loro in mente, perché è necessario almeno
rispettare le regole del gioco. Qui non ci sono tali riferimenti.
Qui l'associazione di potere politico, economico e dell'informazione
si realizza in organizzazioni criminali nel senso più classico di
queste parole. Con le stesse manovre e lealtà reciproche vincono le
elezioni parlamentari, ricomprano terreni edificabili e vendono
patate geneticamente modificate.
Oltre a questo, nei piccoli paesi in transizione si superano i
limiti. I "mercati" funzionano sulla base del principio o tutto o
niente, non è riservato nemmeno un ghetto per un'alternativa, e al
contempo questi "mercati" sono talmente piccoli che si possono
completamente distruggere davvero in poco tempo. Nei grandi mercati
si mantiene ancora la tradizione della buona scrittura e dei
cosiddetti giornali seri che non hanno una finalità solamente
commerciale e di divertimento, se non in alcune enclave limitate.
Qui, invece, si mette in pratica lo sfratto generale della ragione
dal giornalismo, alla radice e urgentemente. La voracità è il
carburante combustibile della transizione e a nessuno importa cosa
resterà quando nella generale devastazione si consumerà la sostanza
della materia, ciò che noi chiamiamo autenticità. Forse questo è
pretenzioso e patetico, ma davvero penso che la fine del Feral sia
più triste come sintomo piuttosto che come fatto stesso della
scomparsa di un giornale.

Lo scorso anno per salvare il Feral si adoperò anche il capo del
governo croato Ivo Sanader. Quest'estate sulle pagine del Nacional
glielo si è seriamente rinfacciato insieme all'intera lista di
accuse sul suo conto, sulla caporedattore Heni Erceg e sul direttore
del giornale per "appropriazione indebita" , come ha insinuato il
redattore di Slobodna Bosna, l'equivalente del Nacional a Sarajevo.
Quali appartamenti possedete?

Io e mia moglie abbiamo un appartamento di 60mq a Spalato e uno di
53mq a Zagabria. Quello di Spalato è un appartamento sociale,
ottenuto ancora durante il socialismo, poi lo abbiamo riscattato.
Rispetto a 20 anni fa, quindi, siamo più "ricchi" di questi 53 mq di
Zagabria.
Ho superato cose decisamente peggiori nella mia vita, e l'attacco
del Nacional personalmente non mi ha sorpreso, e conosco bene la
mentalità da avvoltoi di cui in Croazia si ha pedante cura. Per
molti il Feral è stato una spina nell'occhio, sia a destra che a
sinistra, e in particolare per i giornalisti perché in un periodo
significativo è servito come specchio delle loro puttanate. Il
tentativo di screditarci moralmente – e questo con sporchi inganni,
nel momento in cui abbiamo chiuso il giornale – ha quel noto
significato patriottico: "Ecco, vedete che eravamo tutti la stessa
merda!" Ma non lo siamo, maledizione, eravamo una merda
completamente differente. Come se fosse semplice essere un
escremento come Pukanić o Avdić. Al Nacional, comunque, ho mandato
la risposta, ma loro – tipicamente vigliacchi – non l'hanno voluta
pubblicare, e propongo a "Dani"che lo faccia.

Ci sono possibilità per il giornalismo indipendente dalle nostre
parti? Dove? Da anni la stampa è stata portatrice di sconquassati
temi tabù: potrà essere così anche più avanti?

Il giornalismo sta diventando sempre più un'attività di produzione
di divertimento, cambiano anche i suoi scopi e le sue regole: tutto
è più superficiale, più ottimistico, sempre più privo di criticità,
e nell'attività c'è un rapporto abbastanza irrispettoso nei
confronti dei fatti, che un tempo erano considerati "cose sacre". Il
solo fatto di "informare" presuppone una presentazione quotidiana ai
lettori sotto il fuoco di sbarramento delle sensazioni, di cui
nessuna ha la priorità, e la maggior parte sono mera costruzione
degli stessi media. I maghi delle compagnie dei media predicano "un
prodotto di contenuti" in cui prima di tutto bisogna riconoscere la
negazione della paternità, e il "contenuto" risulta come un chicco
di granturco o una crema di cioccolato alle nocciole: facilmente
digeribile, gustoso per il palato, ma del tutto facoltativo. Visto
che si cerca la quantità, si impegna una forza lavoro economica, con
un alfabetismo che ora è già spaventosamente basso. L'intera storia
diventa molto, molto economica. Ciò che nel vecchio stile si
chiamava "impegno" ora è diventato sgradito, ma ben celato, e
l'odierno ruolo del giornalismo si potrebbe meglio definire – usando
la stessa lingua vetusta – reazionario.

Non sono proprio sicuro che il giornalismo cambierà – non in meglio -
in base al carattere dei soli media. Mi sembra che sia fondamentale
l'intenzione, non la tecnologia che la mette in pratica. Invece, ci
saranno sempre coloro che sanno scrivere e coloro che sanno leggere.
Questi troveranno canali di comunicazione tra di loro, solo che sarà
probabilmente fuori dalle correnti principali. E questo è forse un
bene.

La Croazia è ad un numero infinito di passi davanti alla Bosnia
Erzegovina: come si vede dalla Croazia la disperazione politica
bosniaca?

Non vedo la Croazia di oggi tanto migliore rispetto alla Bosnia
Erzegovina. Semplicemente la Croazia usa un trucco di qualità, i
suoi cittadini hanno in percentuale una paga un po' più alta. La
Croazia coltiva l'illusione della sua importanza e qualità, e questo
è proprio l'essenza della politica imperante. Tutto ciò che abbiamo
è il marketing al potere, è quindi logico che i media, quelli
obbedienti, siano straordinariamente importanti per la politica. Ma
quando un dichiarato neofascista tiene un concerto nella piazza
principale di Zagabria, e persino con l'organizzazione del governo,
allora la Bosnia Erzegovina mi sembra un paese in cui vale la pena
immigrare.

Cosa farà ora, di cosa si occuperà e di cosa vivrà Viktor Ivančić e
i suoi colleghi del Feral?

Davvero non lo so. Visto che non ho un'età per riqualificarmi,
probabilmente sarò condannato a scrivere.

Solidarietà con la casa editrice La Città del Sole

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia viene a conoscenza con
preoccupazione e indignazione dei gravi danneggiamenti subiti dalla
Casa Editrice La Città del Sole.
Vittima di questa azione è una tra le rare case editrici che nello
squallido panorama politico-culturale europeo di questi anni hanno
avuto la costanza ed il coraggio di proporre o riproporre testi di
fondamentale importanza per comprendere la natura profonda del sistema
dello sfruttamento e della guerra imperialista. In Italia La Città del
Sole ha pubblicato alcuni tra i pochissimi libri utili a comprendere la
tragedia jugoslava e le responsabilità dei "sepolcri imbiancati"
occidentali nell'instaurazione del regime di guerra in cui i popoli
sono attualmente costretti a vivere.
Nonostante i gravi danni subiti, ad opera di una criminalità che non
fatichiamo ad immaginare politicamente motivata, siamo certi che
potremo contare anche in futuro sul prezioso ruolo de La Città del Sole
nelle battaglie per la conoscenza, la giustizia e la pace.
Alla Casa Editrice, al suo responsabile Sergio Manes ed a tutti i
compagni che ci lavorano da anni con grande e generoso impegno va tutta
la nostra solidarietà.

CNJ ONLUS
16 agosto 2008

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From : "La Città del Sole" info@...
Date : Fri, 15 Aug 2008 20:10:52 +0200
Subject : Un grave atto di vandalismo

Nelle prime ore del mattino del 13 agosto il magazzino delle Edizioni
La Città del Sole è stato oggetto di una grave azione di effrazione,
furto e devastazione.

Ad una prima sommaria ricognizione nell´indescrivibile caos in cui è
stato lasciato il luogo, è apparso evidente che l´intento
delinquenziale degli autori era finalizzato al danneggiamento della
casa editrice piuttosto che alla sottrazione di beni. Infatti, insieme
con la documentazione amministrativa - relativa alle spedizioni e alla
movimentazione del magazzino - l´azione vandalica si è concentrata sui
titoli di più recente pubblicazione e, tra questi, soprattutto su
quelli di contenuto politico-culturale più qualificato. Centinaia e
centinaia di volumi sono stati distrutti o irrimediabilmente
danneggiati, mentre soltanto poche copie, apparentemente di un solo
titolo - "stranamente" il Volume XXII delle Opere complete di Marx ed
Engels - sono state asportate. Altra circostanza singolare per un furto
con scasso è che anche le attrezzature tecniche di un qualche valore
non sono state rubate ma distrutte.

Non abbiamo, al momento, alcun elemento concreto per precisare e
indirizzare i legittimi sospetti che si sia trattato di un´iniziativa
volta a danneggiare e intimidire pesantemente la nostra iniziativa
editoriale in un momento particolare della sua crescita in cui, con la
pubblicazione di alcuni titoli - e, in particolare, con la
continuazione delle Opere complete di Marx ed Engels -, è stato
precisato con chiarezza il ruolo che la casa editrice può e vuole
assumere nel dibattito politico-culturale e nelle dinamiche della
società contemporanea.

Una circostanza, tuttavia, merita di essere verificata: giovani
abitanti del quartiere hanno riferito di aver tempestivamente avvertito
le forze di polizia di quanto stava accadendo senza che la segnalazione
avesse alcun seguito. Sarebbe grave e significativo che, mentre - in
nome di una fantomatica "sicurezza" - vengono distratte risorse
preziose alla ricerca, alla formazione e alle politiche sociali, con la
militarizzazione del territorio e l´istituzione di ronde con l´impiego
anche dell´esercito, le "forze dell´ordine" ritengano di non procedere
neppure ad una verifica della segnalazione di un possibile reato.

In ogni caso questa azione delinquenziale, se ci ha molto pesantemente
danneggiato, non ci farà certamente deviare dalla nostra linea di
politica editoriale.

15 agosto 2008

Le Edizioni La Città del Sole



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(srpskohrvatski/italiano)

 

--- srpskohrvatski ---

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Hrvatske muke s prošlošću

07.08.2008    Da Osijek, scrive Drago Hedl

Hrvatska na udaru međunarodne kritike zbog načina na koji je pokopan nekadašnji zapovjednik ustaškog logora u Jasenovcu, Dinko Šakić, te zbog euforičnog dočeka Zvonka Bušića, Hrvata koji je u SAD-u zbog terorističkog čina, u zatvoru odležao 32 godine
Hrvatska se u tjedan dana ponovno našla na udaru međunarodne kritike – zbog načina na koji je pokopan nekadašnji zapovjednik ustaškog logora u Jasenovcu, Dinko Šakić, te zbog euforičnog dočeka Zvonka Bušića, Hrvata koji je u SAD-u zbog terorističkog čina, u zatvoru odležao 32 godine.

Efraim Zuroff, direktor Centra Simon Wiesenthal iz Jeruzalema, izrazio je hrvatskom predsjedniku Stjepanu Mesiću ogorčenost načinom na koji je organiziran pokop Dinka Šakića, nekadašnjeg zapovjednika Jasenovca.

"Ideja da bivši zapovjednik Jasenovca, nedvojbeno jednoga od najstrašnijih koncentracijskih logora u Europi u vrijeme Drugoga svjetskog rata, u kojemu su sustavno pobijeni mnogi nevini Srbi, Židovi, Hrvati-antifašisti i Romi, može biti pokopan u svojoj ustaškoj uniformi, te da ga pri tome svećenik hvali kao uzor svim Hrvatima, teška je uvreda za sve one koji su bili žrtve ustaša, kao i za ljude koji imaju savjest širom svijeta", kaže Zuroff u pismu Mesiću.

Zuroff je reagirao na skandalozni govor patera Vjekoslav Lasić, koji je tokom Šakićevog pogreba o njemu govorio kao o nacionalnom heroju. Lasić je tako ustvrdio da je sud koji je osudio Dinka Šakića osudio Hrvatsku i hrvatski narod i dodao kako bi se "svaki pošteni Hrvat trebao ponositi Šakićevim imenom".

Udruga mladih antifašista iz Zagreba uputila je i otvoreno pismo kardinalu Josipu Bozaniću u kojem prosvjeduje zbog govora patera Lasića na Šakićvu grobu i traži da mu onemogući daljnje djelovanje. "Pokažite da se Katolička Crkva odrekla svog tereta iz prošlosti i da ne tolerira svećenike koji veličaju ustaške zločince i tzv. NDH", stoji u pismu na koje nije stigao odgovor.

No, iz Ureda hrvatskog predsjednika Mesića rečeno je kako je on "do sada nebrojeno puta krajnje jasno osudio ustaške zločine, označavajući ustaški režim kao zločinački". "Kako svećenici pri obavljanju vjerskih obreda ne nastupaju kao privatne osobe, nemoguće je tumačiti riječi izgovorene na Šakićevom pokopu kao osobno stajalište svećenika koji su ga vodili", kaže se u priopćenju iz Ureda predsjednika Mesića.

Šakić (87) umro je 20. srpnja u jednoj zagrebačkoj bolnici kamo je s izdržavanja zatvorske kazne u trajanju od 20 godina bio prebačen zbog pogoršanog zdravstvenog stanja. Do 1998. skrivao se u Argentini, a kada je izručen Hrvatskoj suđeno mu je za ratne zločine i na Županijskom sudu u Zagrebu u listopadu 1999. proglašen je krivim i osuđen na tada maksimalnu moguću zatvorsku kaznu. Sud je utvrdio da je kao zapovjednik jasenovačkog logora provodio zlostavljanja, mučenja i ubijanja, propustio spriječiti i kazniti počinitelje, te da je osobno, hicima iz pištolja, ubio četvoricu i naredio vješanje 22 logoraša.

Drugi skandal izazvao je povratak u Hrvatsku Zvonka Bušića, osobe koja je s grupom hrvatskih emigranata u Sjedinjenim Američkim Državama u rujnu 1976. oteo putnički zrakoplov sa 76 putnika na liniji New York - Chicago. Prije otmice podmetnuo je bombu u podzemnoj željeznicu u New Yorku, koja je prilikom deaktiviranja ubila jednog američkog policajca i ranila drugog. Bušić je zbog toga 1977. bio osuđen na doživotnu robiju, ali je u srpnju ove godine pomilovan i pušten iz američkog zatvora.

U Hrvatskoj, međutim, Bušić je među dijelom stanovništva doživljen kao heroj. Tome su podlegli i neki mediji predstavivši ga kao "borca za hrvatsku nezavisnost i slobodu" i "hrvatskog Mandelu". Naime, u javnosti Bušić je predstavljan kao osoba koja je svojim činom željela upozoriti svijet na težak položaj Hrvatske i Hrvata u bivšoj Jugoslaviji, tako što je iz aviona kojeg je oteo namjeravao nad Londonom i Parizom izbaciti letke u kojima je želio zahtijevati neovisnost Hrvatske.

Iako je to objašnjenje jednako smiješno koliko i neprihvatljivo, dio ljudi i danas ga tako doživljava. Na zagrebačkom aerodromu euforično ga je dočekao petstotinjak ljudi, među kojima i nekadašnji potpredsjednik Vlade i predsjednik Hrvatsko socijalno liberalne stranke (HSLS), Dražen Budiša. Na dočeku je bio i kontroverzni pjevač Marko Perković Thomspon, protiv koga su ovog tjedna nevladine udruge podigle kaznenu prijavu jer na svojim koncertima potiče mlade na veličanje nacizma i ustaškog pokreta u Hrvatskoj. Viđen je i nekadašnji savjetnik za nacionalnu sigurnost predsjednika Tuđmana, Ivić Pašalić.

No, najdalje su otišli čelnici zagrebačkih ratnih veterane zahtijevajući da se Bušiću prizna status hrvatskog branitelja, kakav imaju i sudionici Domovinskog rata u Hrvatskoj (1991- 1995). "Jaser Arafat dobio je Nobelovu nagradu za mir, članovi grupe Bader Meinhof pušteni su na slobodu, Che Gueara se i danas slavi. Po čemu su oni drukčiji i veći borci za svoja uvjerenja i ideologije od borbe za Hrvatsku", pita se predsjednik te udruge, Ivan Pandža.

Smatrajući da bi označavanje Bušićevog čina kao terorističkog akta moglo naškoditi njihovom rejtingu kod tijela birača, vodeći ljudi vladajuće Hrvatske demokratske zajednice (HDZ) Ive Sanadera, ili se uopće nisu izjašnjavali o tome, ili su strogo vagali riječi. "Najoštriji" je bio glavni tajnik HDZ-a, Iva Jarnjak rekavši kako se Bušić jest borio za Hrvatsku, no, parafrazirajući Machiavellija, dodao: "Sako sredstvo ne opravdava cilj".

 

--- italiano ---

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Criminali di guerra

07.08.2008    Da Osijek, scrive Drago Hedl

Critiche alla Croazia per i funerali di Dinko Šakić, responsabile del campo di concentramento ustaša di Jasenovac. Scandalosa omelìa del sacerdote durante il rito funebre. Silenzio della Chiesa, condanna di Mesić


Nel giro di una settimana la Croazia è stata di nuovo investita da critiche internazionali per le modalità con cui si sono svolti i funerali di Dinko Šakić, ex responsabile del campo di detenzione degli ustaša a Jasenovac, e per il benvenuto euforico tributato a Zvonko Bušić, dopo 32 anni passati in carcere negli Stati Uniti a causa di atti terroristici.

Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, ha espresso la propria amarezza al presidente croato Stjepan Mesić per il modo in cui sono stati organizzati i funerali di Dinko Šakić, il responsabile del campo di Jasenovac.

“L’idea che l’ex capo di Jasenovac, indubbiamente uno dei peggiori campi di concentramento attivi in Europa durante la Seconda guerra mondiale, dove sistematicamente venivano uccisi molti innocenti (serbi, ebrei, croati antifascisti e rom) possa essere sepolto in divisa ustaša, nonché lodato da un prete come modello per tutti i croati, è un’offesa a tutte le vittime degli ustaša e alle persone di coscienza in tutto il mondo”, ha affermato Zuroff nella sua lettera a Mesić.

La reazione di Zuroff si è concentrata sullo scandaloso discorso del sacerdote Vjekoslav Lasić, che ha parlato di Šakić come di un eroe nazionale. Lasić ha dichiarato che la corte che ha condannato Dinko Šakić ha condannato anche la Croazia e il suo popolo, e inoltre ha aggiunto che “ogni croato onesto dovrebbe onorare il nome di Šakić”.

L’associazione dei giovani antifascisti di Zagabria ha inviato una lettera aperta al cardinale Josip Bozanić, protestando contro il discorso del padre Lasić sulla tomba di Šakić, e chiedendo inoltre il ritiro del suo permesso a svolgere le funzioni pastorali. “La Chiesa cattolica dovrebbe dimostrare che si è davvero liberata degli oneri del passato, e che non tollera più sacerdoti che celebrano i crimini commessi dagli ustaša, né la cosiddetta NDH (Nezavisna Država Hrvatska, Stato Indipendente della Croazia) di Ante Pavelić”, riporta la lettera, che non ha ricevuto alcuna risposta.

L'ufficio del presidente Mesić ha diramato un messaggio che ricorda “la netta condanna [da parte del presidente] dei crimini degli ustaša, espressa già innumerevoli volte, e la sua condanna del regime ustaša come criminale”. Il messaggio del presidente ricorda poi che “poiché i preti durante i servizi religiosi non si presentano come semplici privati cittadini, è impossibile interpretare le parole enunciate ai funerali di Šakić come un’opinione personale del sacerdote che ha svolto il servizio“.

Šakić (87 anni) è morto il 20 luglio scorso in un ospedale di Zagabria, nel quale è stato trasportato, a causa della sua salute precaria, dal carcere dove scontava una condanna a 20 anni. Fino al 1998 Šakić si nascondeva in Argentina. E' stato poi estradato in Croazia e processato per crimini di guerra e in seguito, nell’ottobre del 1999, il Tribunale circoscrizionale di Zagabria l’ha giudicato colpevole e l’ha condannato al massimo della pena prevista.

Il Tribunale ha accertato che Šakić ha commesso violazioni, torture e omicidi nel periodo in cui era a capo del campo di Jasenovac, e che inoltre non aveva fatto nulla per impedire tali violazioni e punirne i responsabili, ma aveva ucciso di persona, a colpi di pistola, quattro detenuti del campo oltre ad aver ordinato l’impiccagione di altre 22 persone.

Un altro scandalo è stato provocato dal ritorno in Croazia di Zvonko Bušić, l’uomo che, insieme ad un gruppo di immigrati croati negli Stati Uniti, nel settembre del 1976 aveva dirottato un aereo sulla linea New York – Chicago che trasportava 76 passeggeri. In precedenza, Bušić aveva collocato una bomba nella metropolitana di New York che aveva ucciso un poliziotto e ne aveva ferito un altro. Per questi reati nel 1977 Bušić è stato condannato all’ergastolo, ma nel luglio di quest’anno è stato graziato e rilasciato dalle carceri americane.

In Croazia una parte della popolazione lo considera un eroe. Di conseguenza, alcuni media si sono lasciati andare definendolo come “una persona che ha lottato per l’indipendenza e la libertà della Croazia” oppure chiamandolo il “Mandela croato”. Al pubblico Bušić è stato presentato come uomo che con i sui atti voleva attirare l'attenzione del mondo sulla difficile posizione della Croazia e dei croati all’interno dell’ex Jugoslavia, perché intendeva, sorvolando Londra e Parigi, lanciare dall’aereo dirottato manifesti che rivendicavano l’indipendenza della Croazia.

Anche se questa spiegazione è tanto ridicola quanto inaccettabile, ancor oggi una parte della popolazione ne rimane convinta. All’aeroporto di Zagabria Bušić è stato accolto da circa cinquecento persone, tra le quali Dražen Budiša, ex vicepresidente del governo e segretario del Partito social-liberale croato (Hrvatsko socijalno liberalna stranka, HSLS). All'aeroporto si è presentato anche il controverso cantante Marko Petrović Thompson, contro il quale nelle passate settimane alcune ONG hanno sollevato una denuncia, con l'accusa di incitare i giovani a glorificare il nazismo e il movimento ustaša in Croazia durante i suoi concerti. Era presente anche Ivić Pašalić, ex consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Tuđman.

A spingersi ancora più in là sono stati i rappresentanti delle associazioni dei veterani di guerra di Zagabria, che hanno chiesto per Bušić lo status di difensore della Croazia, titolo assegnato a chi ha combattuto nella guerra croata dell’indipendenza (1991-1995). “Yasser Arafat ha ottenuto il premio Nobel per la pace, i membri del gruppo Bader Meinhof sono stati rilasciati, Che Guevara viene tutt’oggi glorificato. Perché sarebbero diversi o migliori, grazie alle loro convinzioni e ideologie, rispetto a chi ha lottato per la Croazia?”, ha chiesto il presidente della suddetta associazione, Ivan Pandža.

Il vertice dell’HDZ di Sanader (Hrvatska demokratska zajednica, Unione democratica croata), partito attualmente al potere, non si è espresso sulla vicenda e, quando l’ha fatto, ha usato parole molto caute, visto che condannare gli atti di Bušić come terroristici avrebbe potuto danneggiare il proprio consenso tra gli elettori. La reazione più dura è stata quella del segretario generale dell’HDZ, Iva Jarnjak, che ha dichiarato che Bušić lottava sì per la Croazia, ma, parafrasando Machiavelli, ha aggiunto: “Il fine non giustifica ogni mezzo”.

 

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[ na srpskohrvatskom:
"Mladi veličaju nacističke simbole"
Kazna koju je zbog isticanja nacističkih simbola dobio jedan mladić
dogodila se samo desetak dana iza skandala u jednoj srednjoj školi u
Makarskoj, gradiću na jadranskoj obali, gdje se 12 maturanata za
školski godišnjak slikalo ispod kukastog križa...
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/9843/1/218/ ]


(In passato abbiamo avuto numerose occasioni di segnalare l'uso
della simbologia nazista in Croazia, anche ma non solo da parte del
cantante rock Marko Perkovic. Finalmente oltre a noi qualcun altro
in Italia si è accorto del problema, anche se preferisce usare toni
cauti e fiduciosi verso il sistema croato, di cui evidentemente non
ha ben compreso il carattere intrinsecamente nazista, come si vede
nell'articolo riportato più sotto.
Tra i materiali diffusi negli scorsi anni segnaliamo:

Zagreb : le concert de Thompson se transforme en parade oustachie
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6072

Vjisnjica broj 358
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3186

Visnjica broj 648
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5461

Manifestazione nazista di massa in Croazia
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5532
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5635

Fascist Rock Star's US Tour (Part 1)
http://emperors-clothes.com/croatia/tour.htm#part1
or: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5731

Neo-Nazi Band Set To Play Amid Protests
http://www.nysun.com/article/65117

Croat Nazi Rocker to Tour North America
http://www.serbianna.com/news/2007/02770.shtml
or: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5711

Simon Wiesenthal asks Croats to cancel Nazi rocker
http://www.serbianna.com/news/2007/02784.shtml

`Slightly Fascist'? The New York Times Prods Croatia. Gently.
http://emperors-clothes.com/croatia/times1.htm

Fascist Overtones From Blithely Oblivious Rock Fans
http://groups.yahoo.com/group/Roma_ex_Yugoslavia/message/1943

A Croatian rock star flirts with the Nazi past
http://www.iht.com/articles/2007/07/01/europe/croatia.php

Debate on Croatian Fascist Rock Star's Upcoming Australia Tour
http://tenc.net/croatia/ajn.htm

Fascist Rock Star's Australian Tour
Croatian Ustashe (clerical-fascists) in Australia?
http://emperors-clothes.com/milte.htm
Urgent Request to Rescind Marko Perkovic Thompson's Visa to Enter
Australia (3 January 2008)
http://tenc.net/sen.htm
Croatian Ustashe (clerical-fascists) in Australia? So what else
is new? (1 January 2008)
http://tenc.net/sonew.htm
Oppose Fascist Rock Star's US Tour with the Truth - Part 2
http://emperors-clothes.com/croatia/tour2.htm
or: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6002

Thompson singing antisemitic song in Cleveland
http://www.clevelandleader.com/node/3386#comment-5115
video: http://youtube.com/watch?v=nXC2vlJtPsM or
http://www.tenc.net/a/yt.htm

A cura di Italo Slavo per JUGOINFO)



http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/9842/1/44/

Esaltazione del nazismo tra i giovani croati

10.07.2008 Da Osijek, scrive Drago Hedl


Sempre più diffusa tra i giovani croati l'esaltazione dei simboli
nazisti e del movimento ustascia della Seconda guerra mondiale.
Secondo molti, complici del fenomeno sono le performance del
cantante Marko Perkovic Thompson, appoggiato da politici e da
circoli della Chiesa

La scorsa settimana presso il Tribunale di Zagabria, uno studente di
ventun'anni è stato condannato con la condizionale ad una pena di 25
giorni di carcere e al pagamento di 1.600 kune (circa 220 euro),
perché durante il concerto del controverso cantante Marko Perkovic
Thompson, tenutosi a Zagabria il 30 maggio scorso, aveva indossato
un cappello con lo stemma di una grande "U", simbolo del movimento
filonazista ustascia della Croazia, al tempo della Seconda guerra
mondiale.

Dal momento che la Croazia non dispone di una legge con cui si possa
condannare l'esaltazione dei contrassegni e dei simboli nazisti, il
giovane è stato condannato in base alla Legge sul disturbo
dell'ordine e della quiete pubblica e in base alla Legge sui raduni
in pubblico. Finirà in carcere solo se compirà un gesto simile
nell'arco del prossimo anno. Si tratta comunque della prima volta
che in Croazia viene comminata una pena per un gesto del genere, e
nell'ultimo periodo di atti simili ce ne sono stati parecchi.

La pena inflitta al giovane, motivata dall'istigazione di simboli
nazisti, è ritenuta da alcuni analisti croati, tra cui l'ex
presidente del Comitato di Helsinki per i diritti umani in Croazia,
Zarko Puhovski, come un segnale positivo della risolutezza del
potere nel prendere di petto la situazione.

Altri, però, come l'ex ministro degli Esteri al tempo di Franjo
Tudjman, Zvonimir Separovic, dicono che la stessa pena andrebbe
inflitta anche per chi inneggia alla stella a cinque punte, simbolo
comunista, sotto il quale in Croazia - afferma Separovic - sono
state uccise alcune centinaia di migliaia di persone.

La sentenza dello studente ventunenne è giunta solo una decina di
giorni dopo lo scandalo in una scuola di Makarska, cittadina sulla
costa adriatica, dove 12 maturandi per la festa dell'ultimo anno si
sono fatti fotografare sotto la svastica. I loro volti sorridenti,
dietro i quali si vede bene la svastica, sono diventati uno scandalo
di prim'ordine, mentre le foto sono finite anche sulle prime pagine
dei giornali.

Il direttore del ginnasio di Makarska, Slavko Gudelj, ritiene però
che tutta la faccenda abbia ricevuto una pubblicità inutile e che
all'incidente sia stata data un'importanza immeritata.

"Si tratta di un colpo di testa e della mancanza di informazione di
giovani generazioni non appesantite dalle vecchie ideologie", ha
detto il direttore della scuola. Ma il giorno successivo, quando la
polizia ha iniziato ad indagare sul caso, il direttore ha in qualche
modo cambiato il tono della risposta: "Nessuna persona con un po' di
senno potrebbe appoggiare l'ideologia che sta dietro a quei
simboli", ha affermato Gudelj.

"Questi ragazzi sono il prodotto di una società che dagli anni
novanta in avanti è diventata parzialmente ustascia, solo che questo
non viene dichiarato pubblicamente e ad alta voce", ha detto al
quotidiano "Slobodna Dalmacija" il professor Tvrtko Jakovina,
esperto della Seconda guerra mondiale.

Dopo le reazioni negative dell'opinione pubblica, anche gli studenti
si sono scusati, affermando che si è trattato solo di "un brutto
scherzo", mentre altri di loro hanno cercato di relativizzare la
questione dicendo che sulla foto non c'era la svastica, ma bensì "il
simbolo indiano della pace e dell'amore".

Tuttavia, l'indagine condotta dimostra che la vicenda non è andata
in modo così ingenuo. Prima di farsi fotografare davanti alla
svastica, gli studenti della stessa classe del ginnasio avevano
indossato delle magliette con scritto "Über alles", e alcuni di loro
avevano proposto come "inno della loro generazione" la canzone
ustascia "Jasenovac e Gradiska Stara", che inneggia all'uccisione di
serbi, ebrei e rom nei due campi di concentramento ustascia durante
la Seconda guerra mondiale.

Solo alcuni giorni dopo quanto accaduto, la Lega calcistica della
Croazia è stata multata con 12.500 euro per il comportamento tenuto
dai tifosi croati durante la partita Croazia – Turchia del 20 giugno
a Vienna, che la Commissione disciplinare della UEFA ha valutato
come xenofobo e razzista.

Reagendo alla sempre più diffusa esaltazione del nazismo tra i
giovani croati, il presidente della comunità ebraica di Zagabria
Ognjen Kraus ha inviato una lettera al ministro dell'Educazione
Dragan Primorac nella quale, con amarezza, dice: "Mi congratulo con
lei per la riforma della scuola, che ha conseguito nel suo mandato,
ma che ha dato come esito lo spiacevole episodio dei maturandi di
Makarska, cui non è stato da meno l'episodio dei giovani sulla
piazza Ban Jelacic".

Sulla piazza principale di Zagabria, un mese fa, si era tenuto il
concerto del cantante Marko Perkovic Thompson, le cui canzoni,
secondo molti, tanto per le parole usate che per l'iconografia
scenica, invitano i giovani ad esaltare il movimento ustascia. Tra
il pubblico dei suoi concerti si possono vedere regolarmente dei
giovani con indosso i simboli ustascia, e il noto cantante non li ha
mai invitati una sola volta a non farlo.

Thompson è appoggiato da molti politici in Croazia, i quali
ritengono che la sua vicinanza possa portar loro i voti
dell'elettorato. È interessante che il suo concerto di Zagabria, al
quale erano presenti circa 60.000 persone, perlopiù giovani, sia
stato organizzato dalla città di Zagabria, a capo della quale c'è
Milan Bandic, membro del Partito socialdemocratico.

Anche nei circoli della Chiesa cattolica Thompson gode di un certo
appoggio. L'ordinario militare, il vescovo di Zagabria Juraj
Jezerinac, ha letto alcune righe delle sue canzoni durante la
liturgia a Vukovar, e quando i giornali hanno pubblicato la notizia,
ha detto di non sapere che fosse Thompson l'autore di quegli
scritti.

Dal momento che le cose evidentemente sono iniziate a sfuggire di
mano, e dal momento che al premier Ivo Sanader di certo non serve
questa immagine della Croazia alla vigilia dei negoziati per
l'ingresso in Unione europea, ecco che per l'esaltazione dei simboli
nazisti iniziano ad arrivare anche le prime sanzioni.