Informazione

IL MIO GIORNALE

Qualche anno fa, in una piccola edicola di provincia
entrai per comprare il mio giornale:
"Mi dà Liberazione?" chiesi.
"Liberazione non è arrivata, c'è Libero, è uguale?"
rispose con candore la giovane giornalaia.
"No, grazie, prendo il Vernacoliere..."
e uscii sorridendo e scuotendo la testa.

In questi anni ho letto sul mio giornale
di Cuba e della Cina, i veri inferni in terra
della speranza che viene dall'America del nord
di Togliatti con le mani insanguinate
e giù dalla torre ci vola Berlinguer.

Non bisogna mai scuotere la testa
di fronte alle giovani giornalaie di provincia.




PREMIO A BORIS TADIC PER L'UNITA'... TEDESCA


Boris Tadic vincitore del premio tedesco Quadriga    
www.glassrbije.org - 21. agosto 2008. 

Il presidente della Serbia Boris Tadic è uno dei vincitori del premio “Quadriga” di quest’anno, che il 3 ottobre, Giornata dell’unità tedesca, viene consegnato agli individui per il coraggio, le visioni, la responsabilità e l’ingaggio con cui il mondo diventa migliore. Il riconoscimento viene consegnato dall’Associazione “Officina Tedesca” di cui membri sono rinomati politici, economisti ed artisti tedeschi. Nella spiegazione viene rilevato che Tadic è stato premiato per il coraggio e la tenacia. Si valuta che il suo “compasso è puntato verso l’Europa”, e che l’associazione all’Unione europea si trova al vertice della lista degli scopi che il presidente serbo desidera realizzare entro il 2014. Boris Tadic applica in modo coerente e fermo la propria politica di modernizzazione e democratizzazione nel suo paese nei Balcani, il quale sta ancora lottando per l’identità, viene riportato nel comunicato. Oltre a Tadic, il riconoscimento per il 2008 è stato consegnato ai frati francescani e al direttore dell’organizzazione umanitaria che aiuta i poveri in Brasile e nell’America del Sud Eckart Hoefling, al musicista rock e combattente per i diritti umani Peter Gabriel, e ai creatori dell’enciclopedia internet Wikipedia. 



(sulla questione dei criminali di guerra italiani torniamo a segnalare il recente, prezioso testo di Davide Conti "L'Occupazione italiana dei Balcani" che contiene tra l'altro:
- approfondimenti sul lavoro della Commissione Gasparotto, menzionata anche nell'articolo che segue
- elenco di 422 persone ricercate dalle autorità alleate 
- stralcio della "Relazione n.45" della Commissione di Stato jugoslava (Grgic-Nedeljkovic) per la constatazione dei crimini degli occupatori italiani e dei loro coadiuvatori, riguardante l'internamento dei familiari dei partigiani nel campo sito nell'isola di Melara (Zara) e la richiesta di estradizione ei militari e dei fascisti accusati di crimini contro i civili (6 aprile 1945)
- e numerosa altra documentazione d'archivio spesso inedita)


il manifesto
12 Agosto 2008


http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Agosto-2008/art22.html

Armadio della vergogna 2, arrivano le prime prove

La documentazione nel palazzo dove fu occultato per 60 anni il primo

Franco Giustolisi

Un vecchio faldone scuro, alto una decina di centimetri. Roso dal tempo, sbrecciato, polveroso. Ha un'età ragguardevole, poco meno di 60 anni. A fatica si legge l'intestazione: «Criminali di guerra - Proced. (sta per procedimenti, ndr) contro Roatta ed altri» (seguono i nomi di altri 32 imputati, ndr). Altra documentazione che si scova nel cinquecentesco palazzo di via degli Acquasparta, in Roma, dove hanno sede i vertici della giustizia militare e dove fu trovato, nel giugno del 1994, l'armadio della vergogna, che nascondeva i fascicoli delle stragi commesse dai nazifascisti, nel nostro paese, dall'8 settembre del 1943 al 25 aprile del '45. Decine e decine di migliaia di morti, all'enorme maggioranza dei quali si deve ancora giustizia, che la memoria tende a dimenticare e che la storia fatica ancora ad inserire nel suo tabellino di marcia.
Ora di questo secondo armadio della vergogna di cui ho già parlato sul manifesto di circa un mese fa, e che è figlio o padre del primo, come cercherò di spiegare più avanti, si individuano le prime tracce per via di questo faldone. Contiene riferimenti alla Commissione d'inchiesta presieduta dal senatore, antifascista di lunga data, Luigi Gasparotto. Fu nominata il 6 maggio del 1946 da un governo che oggi chiameremo di centrosinistra e che più di un anno dopo un governo di formazione opposta, un berlusconiano di destra diremmo oggi, si incaricò di annullare in ogni modo, nascondendo i risultati agghiaccianti. Riguardavano le imprese compiute dai generali fascisti nei territori aggrediti dal fascismo: Jugoslavia, Albania, Grecia, Unione Sovietica, Etiopia. Fu una gara, tra loro e i nazisti, SS comprese, a chi si distinguesse in bieca crudeltà.

I due armadi

Italiani brava gente? No: italiani brutta gente. Ho alluso ad una stretta parentela tra i due armadi perché in quegli anni il primo governo che si richiamava alla Resistenza e alla lotta partigiana, quello presieduto da Ferruccio Parri, voleva rendere giustizia alle vittime dei nazifascisti. Ma anche jugoslavi, greci, albanesi, sovietici esigevano giustizia per i massacri compiuti dalle truppe inviate da Mussolini per «conquistare terre al sole». Allora un governo che non aveva fascisti in senso organico nel suo seno, ma che fascista era d'animo, e che io ho individuato nel mio libro «L'armadio della vergogna», nel primo o nel secondo governo De Gasperi di centrodestra, si distinse per uno sporco lavaggio di mani: si vogliono perseguire gli aguzzini nazifascisti responsabili degli eccidi in Italia, non si possono non perseguire coloro che hanno commesso crimini della stessa natura all'estero. La decisione finale: tutto fu annullato, tutto fu occultato, tutto fu fatto dimenticare. Ma alla fine i nodi, come si usa dire, vengono al pettine. E' vero, c'è voluto più di mezzo secolo, ma che vogliamo farci, questa è l'Italia. Nell'immediato dopoguerra faceva sparire brutalmente quel che serviva a bloccare la giustizia, oggi uomini che vengono dal niente si inventano il lodo, che è un dolo, per arrivare agli stessi risultati. Bisogna dare atto ai «nuovi» della loro maggiore eleganza rispetto ai «vecchi»: ci mettono persino l'avallo del Parlamento.

Dove sono le carte?

Torniamo all'armadio della vergogna numero due, la cui esistenza fu prospettata al Consiglio della magistratura militare dall'ex procuratore militare di Padova Sergio Dini, ora passato, come circa la metà dei suoi colleghi, alla magistratura ordinaria. Dini poneva il problema: dove sono finite le carte della Commissione Gasparotto? S'è voluto eludere la giustizia? Misteri, ancora misteri, sempre misteri. «La prego, perlomeno per quel che riguarda l'oggi, non mi riferisco evidentemente ad un lontano passato, che lei ha illustrato nel suo libro, non usi il termine misteri - dice Alfio Massimo Nicolosi, procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione, in breve la massima autorità della giustizia in stellette - lei dice misteri, ma per quel che ci riguarda non ce ne sono. Non appena ho ricevuto l'esposto del procuratore Dini ho immediatamente incaricato il qui presente capo della segreteria, dottor Alessandro Bianchi, di cercare per ogni dove quello che lei ha definito l'armadio della vergogna numero 2. Ma la montagna, e lo dico senza facile ironia, ha scoperto solo un topolino, cioè il faldone di cui stiamo parlando. Conteneva soltanto o prevalentemente corrispondenza sul tema crimini di guerra asseritamente compiuti dall'esercito italiano in terre straniere. Da una prima sommaria e superficiale visione ho accertato che si tratta di documentazione che potrebbe avere solo un valore storico. C'erano timbri di riservatezza, di segretezza, eccetera. Ne ho chiesto l'eliminazione ai ministeri competenti, la Difesa ha già acconsentito, debbono ancora rispondere gli Esteri e gli Interni: Ed io sto provvedendo ad inviare tutto questo materiale al Consiglio della magistratura militare che deciderà cosa farne e se, eventualmente, aprire un'altra inchiesta come fece tra il 1996 e il 1999 per l'armadio della vergogna numero uno». Ma dove sono finite le conclusioni dell'inchiesta condotta da Gasparotto? «Ah, questo proprio non lo so, può fare tutte le ipotesi che vuole... Un momento, dimenticavo una cosa: in quel faldone c'è anche una sentenza, mi sembra che risalga al 1951. E trattandosi di una sentenza che non può essere soggetta ad alcun segreto, ne può fare richiesta ed ottenerla». Dottor Bianchi, lei che è il ritrovatore degli armadi, individuò quello che conteneva i fascicoli delle stragi commesse dai nazifascisti con già annotati i nomi dei criminali che le avevano compiute, ha faticato più questa volta o la precedente? «Senz'altro la prima volta, chi poteva pensare, così, di prima intenzione, che quell'armadio seminascosto potesse contenere carte così interessanti: girai, girai, sinchè alla fine mi decisi a vedere anche lì... Questa volta è stato molto più semplice. Ho pensato che poteva trovarsi, quel materiale, soltanto nell'archivio dell'ex procura generale presso il tribunale supremo militare, che ormai non c'è più. E alla fine, ho trovato quel faldone inserito tra tanti altri in una delle incastellature metalliche...». Ma non è possibile che le risultanze della Commissione Gasparotto siano occultate da qualche altra parte in questo enorme palazzo? «Tenderei ad escluderlo perché tutti i locali sono stati rinnovati e, poi, dopo la ricerca dell'armadio che lei ha definito della vergogna, ogni angolo era stato ispezionato. Se c'è, è da qualche altra parte, non da noi». Dove, per esempio? «Presumo al ministero della Difesa, il cui ministro a suo tempo nominò la Commissione ed è logico pensare che i risultati siano stati consegnati allo stesso ministero...».

«Condanniamoli tutti, poi...»

Ma non è da escludere, e questa è una mia supposizione, che sia finito al ministero degli Esteri, dato che dalla documentazione del passato emerge la sua presenza più di una volta nello scambio di informazioni con la procura generale militare in tema di stragi nazifasciste e il suo interesse d'ufficio nelle richieste degli stati invasi dal fascismo di ottenere l'estradizione dei criminali di guerra italiani. Ricordo una lettera, scovata dagli storici Filippo Focardi e Lutz Klinkammer, in cui l'allora ambasciatore a Mosca Pietro Quaroni suggeriva al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, con il massimo possibile del cinismo, questa via d'uscita: «Condanniamoli tutti, a morte, all'ergastolo, poi li faremo uscire alla chetichella...». «Non mi sembra - spiega Bianchi - che ci sia corrispondenza di questo tipo. In quel faldone ci sono soprattutto lettere inviate e ricevute dal procuratore generale del tempo, credo Umberto Borsari, ai ministeri della Difesa, degli Esteri, degli Interni e viceversa. Fanno riferimento al problema dei crimini di guerra di cui furono accusati molti generali e altri ufficiali italiani».
In attesa che il «malloppo» sbuchi fuori da qualche parte passiamo alla sentenza di cui ho detto e che mi è stato relativamente facile ottenere al prezzo di cancelleria di euro 4,65, compreso il diritto d'urgenza. Una sentenza curiosa per vari motivi. Anzitutto perché, con mia relativa sorpresa, viene vistata dal vice procuratore generale militare Tringali, lo stesso, se ben ricordo, che aveva inviato una sorta di circolare sulla strage delle Ardeatine, per quel che riguardava gli altri colpevoli, oltre a Kappler, questa la conclusione: «...non sembrando conveniente turbare ancora una volta l'opinione pubblica riportando alla ribalta il triste episodio...». Nella sostanza: lasciamo perdere, non facciamo piangere ancora chi ha già pianto. E la giustizia? Non aveva ingresso. Come capita oggi, del resto, per altri versi. Fu quella circolare che mi arrivò in forma anonima nei primi mesi del '96 al giornale dove allora lavoravo, fogli ingialliti dal tempo, sbrecciati, in parte illeggibili, a convincermi ad iniziare l'inchiesta sull'armadio della vergogna.
Ma la sorpresa maggiore mi è venuta perché nella sentenza non ci sono i fatti cui conseguirono le imputazioni, solo alcune date che non si comprende a cosa si riferiscano. Non credo che si tratti di motivi di sintesi: la burocrazia se si è distinta in questo campo, lo ha fatto sempre per il motivo opposto. Quindi tacere, nascondere, far finta di niente. Vengono riportati soltanto i motivi di carattere generale delle imputazioni: «Concorso in uso di mezzi di guerra vietati, concorso in rappresaglie ordinate fuori dai casi consentiti dalla legge (mi sfuggiva che alcune rappresaglie erano legislativamente consentite, ndr). La premessa si riferisce alle «relazioni del nuovo governo jugoslavo contenenti un lungo elenco di persone ritenute criminali di guerra. Queste relazioni inviate in Italia, vennero esaminate da una Commissione d'inchiesta per i presunti crimini di guerra (leggi Commissione Gasparotto, che aveva ritenuto queste relazioni, quanto meno, fondate, ndr) istituita presso il ministero della Guerra. Accogliendo le proposte di tale Commissione d'inchiesta, il ministero presentava le seguenti richieste di procedimento...». Segue un elenco di 33 nomi, tanti evidentemente, ma assai inferiore agli oltre ottocento denunciati dalle nazioni aggredite dal fascismo. In questa sentenza, come si vedrà, quasi tutti gli imputati avrebbero dovuto rispondere dei loro crimini commessi in Jugoslavia. Mancano però, i nomi di tutti gli altri, non si sa se per loro sono state emesse sentenze di altri tribunali militari dopo le inchieste della Commissione Gasparotto. «Roatta Mario, Comandante della II. Armata; Robotti Mario, comandante dell'XI. Corpo d'Armata e, successivamente della II. Armata; Bastianini Giuseppe, governatore della Dalmazia; Magaldi Gherardo, presidente di un Tribunale Straordinario in Dalmazia; Serrentino Vincenzo, membro di detto Tribunale; Giunta Francesco, governatore della Dalmazia, Alacevich Giuseppe, segretario del Fascio di Sebenico; Rocchi Armando, comandante della sezione di Sabbioncello; Pirzio Biroli Alessandro e Zani Francesco, il primo Governatore del Montenegro ed il secondo comandante di una grande unità in Montenegro; Gambara Gastone, comandante dell'XI Corpo d'Armata; Coturri Renato, comandante del V. Corpo d'Armata; Grazioli Emilio, Alto commissario per la provincia di Lubiana; Dal Negro Pier Luigi, Sestili Gualtiero, Fais Giovanni, Sartori Giuseppe, Viscardi Giuseppe, Delogu Giuseppe, già in sevizio in Jugoslavia; Barbara Gaspero, prefetto di Zara, Brunelli Roberto e Spitalieri Salvatore, già in servizio in Montenegro; Testa Temistocle, prefetto di Fiume; Fabbri Umberto, comandante del V. Raggruppamento g.a.f.; Roncoroni Alfredo e Gaetano Giuseppe, in servizio alle dipendenze del Comando dei Carabinieri della Dalmazia; Viale Carlo, comandante la Divisione "Zara"; Manutello Fabio, ufficiale della Divisione "Bergamo", David Tommaso, comandante della 28. Compagnia M.v.a.c.; Scalchi Ivan, comandante della 107. Legione M.v.s.n. in Zara; Mauta Eugenio, Commissario civile di Cabar; Cassanego Emilio, Commissario civile del Distretto di Ornomeli; Giorleo Armando, comandante del I. battaglione del XXVI. G.a.f; Magaldi Gherardo, quale presidente di un tribunale militare in Atene».
Ma di questa sentenza quel che più colpisce è la chicca finale: «Tutti non punibili per mancanza di parità di tutela penale da parte dello stato nemico (dimenticando persino un ex davanti a quel nemico, ndr)». Il tutto sulla base di una «comunicazione del ministero degli Esteri», espressamente citata: «Gli stati ex nemici di cui trattasi non garantiscono la parità di tutela penale allo Stato italiano ed in pratica ciò ha portato ad assicurare l'impunità a molti stranieri responsabili di gravi delitti contro combattenti e prigionieri italiani», che non va dimenticato, erano gli invasori. Il tutto firmato da: «Giudice istruttore militare, ten. gen. B. Olivieri». Sembrano affermazioni di leghisti e fascisti che dicono: nei paesi islamici non vogliono far costruire chiese e noi non faremo costruire moschee. Quella comunicazione del ministero è datata 2 luglio 1951, la sentenza è del 30 luglio dello stesso anno, esattamente 29 giorni dopo. Nessuno mi toglierà dalla testa che i giudici militari prima di esprimersi hanno atteso il «la» politico del governo attraverso il ministero degli Esteri. E appena sette giorni dopo, precisamente il 6 agosto, una grande scritta, a margine della sentenza, con tanto di firme e timbri, annuncia: «La presente sentenza è definitiva». Una specie di lodo Alfano, insomma, che io preferisco chiamare dolo.



http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Agosto-2008/art21.html

I DOCUMENTI SCOMPARSI
Armadio o «cassonetto», è sempre una vergogna
f. g.

Dino Messina sul Corriere della sera del 7 agosto, riprendendo il mio articolo apparso sul manifesto del 27 giugno intitolato «L'armadio della vergogna 2», dà la parola al procuratore militare di Roma il quale dice: «Si tratta di una invenzione giornalistica che non corrisponde alla realtà delle cose». Lo vuol chiamare comodino, etagere, cassapanca, comò, armadietto, si accomodi ma sempre della vergogna è. Comunque, come avrà potuto leggere in questo articolo, altri suoi colleghi non sono d'accordo con i suoi concetti. In più il «carrello con alcuni faldoni che portano il segno degli anni», come scrive Messina, non contiene i risultati della commissione Gasparotto bensì alcune carte di processi, da cui ho ricavato quello che pubblico. Il procuratore cerca, su quel carrello, le carte della strage di Domenikon in Tessaglia, dopo l'esposto inviatogli dal suo ex collega Sergio Dini che gli ha fornito anche i nomi degli storici che diligentemente lui cita. Un tempo la magistratura militare era al servizio del potere, poi, dal 1980, non più. Come mai tanta cautela? Riemerge il fetido odore del passato?



http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Agosto-2008/art20.html

STRAGI NAZIFASCISTE E MISTERI

Un faldone scuro e polveroso intestato «Criminali di guerra» riguarda 33 imputati, ma è pieno di omissis e timbri di segretezza. Fa riferimento alla commissione d'inchiesta Gasparotto del '46, i cui atti furono fatti sparire per nascondere le «imprese» compiute
dai generali fascisti in Jugoslavia, Albania, Grecia, Unione Sovietica ed Etiopia. E intanto oggi si ricorda l'anniversario dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema


http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Agosto-2008/art23.html

GLI IMPUTATI
Da Roatta a Biroli, le gesta dei comandanti fascisti

Mario Roatta, grande amico di Galeazzo Ciano, direttore del Sim, il servizio segreto militare che ideò e attuò l'assassinio dei fratelli Carlo e Nello Rosselli. Comandante della II Armata in Croazia, ordina ai suoi uomini di «applicare le mie disposizioni senza falsa pietà». E' rimasta famosa la sua invettiva contro le popolazioni aggredite da Mussolini: «Non dente per dente, ma testa per dente». Arrestato nel dopoguerra per l'omicidio dei fratelli Rosselli, evase con l'aiuto del Sim e dei carabinieri. Mario Robotti, successore di Roatta nel comando della seconda Armata in Croazia. Spronava i suoi ufficiali con questa frase: «Qui ne ammazziamo troppo pochi». Di croati, s'intende. Gastone Gambara, comandante dell'XI Corpo d'Armata. Invitava i suoi sottoposti a distinguere: «Questi sono campi di concentramento non di ingrassamento». Alessandro Pirzio Biroli, governatore del Montenegro. Durante l'invasione dell'Etiopia si distinse per il «giochino» che ordinava ai suoi: faceva legare una pietra al collo dei capitribù ribelli per poi farli gettare nel lago Tana.





U.S.-NATO’s war in Georgia: Who wins,who loses?

1) U.S.-NATO’s war in Georgia: Who wins,who loses?
2) IAC Petition: U.S. Hands Off Georgia and Russia - END NATO NOW!


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U.S.-NATO’s war in Georgia: Who wins,who loses?

By Sara Flounders 
Published Aug 20, 2008 10:47 PM

The Georgian army’s assault on the small nation of South Ossetia this August, backed and armed by the U.S., will have widespread repercussions, including here in the U.S. The attack immediately caused great suffering to tens of thousands of people in South Ossetia and Georgia. It was the topic of a top-level meeting at NATO headquarters in Brussels and will impact on the struggle against placing U.S. missile bases in Poland and the Czech Republic.

While there were many losers, the war has boosted the expected profits of the giant U.S. military corporations. The long-term cost for the war and for the expansion of NATO—if it is allowed to happen—will contribute to the further deterioration of cities across the U.S. and will diminish the lives of working people here.

The war in the Caucasus was “a bell-ringer for defense stocks.” (Wall Street Journal, Aug. 16) Big U.S weapons programs costing billions of dollars, like the F-22 Raptor fighter jet and high-tech destroyers, will have an easier time getting ensured long-term funding if the news media focus on alleged threats from Russia or China.

The Georgian war comes at a time of record profits and sales in the military industries, wrote the Journal. “Now the Russia situation makes the debate over the equipping of the U.S. military a front-burner issue. ‘The threat always drives procurement,’ said a defense industry official. ‘It doesn’t matter what party is in office.’”

The U.S. stake in Georgia

Georgia’s attack was a devastating blow to the Ossetian people, who maintained their national identity and culture as a distinct autonomous region for 70 years when they were part of the Soviet Union and have resisted Georgia’s attempt to grab the autonomous enclave since 1991.

Georgia’s Aug. 7 attack destroyed Tskhinvali, the capital of South Ossetia, with bombs hitting the university, parliament, hospital and many other buildings. More than 1,400 people died and thousands were wounded and traumatized. Tens of thousands were left homeless.

Russian troops responded to the devastating attack that destroyed much of South Ossetia, driving back the attackers. Under this counterattack, the Georgian army, trained and equipped by U.S. and Israeli advisers, totally collapsed and abandoned its new high-tech weapons, tanks and missiles on the roads.

“Israelis were stationed at bases throughout [Georgia] to carry out battalion-level infantry and reconnaissance training,” reported the Israeli daily Ha’aretz on Aug. 10.

“The United States, Britain, France, Israel, the Czech Republic, Poland and a number of other countries have been supplying Georgia with the latest in offensive weapons, including tanks, planes, strike helicopters and armored personnel carriers.”

The collapse humiliated the Georgian military, whose U.S.-supplied defense budget has grown by 60 percent annually since 2004 and is currently at $1 billion. (Stockholm International Peace Research Report) U.S. Marines had just finished three weeks of military exercises with the Georgian military before the attack.

The U.S. government’s National Endowment for Democracy and multibillionaire George Soros had funded the 2003 project, called the Rose Revolution, that installed Georgia’s current regime. The U.S. also instigated a similar regime change called the Orange Revolution in Ukraine in 2004-2005, installing a government compliant with U.S. wishes.

Escalation and setback to U.S. plans

Following Georgia’s frantic retreat and appeals for NATO intervention, Washington escalated tensions by pushing the Polish government to agree to station U.S. missiles in Poland. Earlier, the pro-U.S. Polish government had hesitated to agree to this base. Poland’s population had expressed, in polls, overwhelming opposition to this aggressive and dangerous military escalation.

NATO members Germany, France and Italy had also publicly opposed this U.S. anti-missile base, which could make a U.S. nuclear first strike against Russia feasible. The base could escalate tension between NATO and Russia and begin a new Cold War-type arms race.

Washington had called the Aug. 19 emergency NATO meeting to press for united anti-Russian action. The Bush administration used the week’s heavy anti-Russian propaganda to try to push through Georgia and Ukraine’s NATO membership. Instead, European NATO members said, as they had at the Bucharest meeting in April, that the two countries’ memberships would be discussed in December.

Following the Georgian army collapse, the Bush administration claimed it had told the Georgians that they must not use force in Ossetia or in Abkhazia, another autonomous region bordering Georgia. But Secretary of State Condoleezza Rice had visited Georgia less than a month before the attack, at which time she made clear that the Bush administration fully supported Georgian claims to the two regions.

Georgia would hardly have dared to move hundreds of millions of dollars of U.S.-supplied equipment without Washington’s backing. Nor could they move such equipment secretly.

South Ossetian officials publicly warned, two days before the Georgian offensive, that such a Georgian attack would occur before September. (RIA Novosti News, Aug. 6)

Problems for NATO expansion

NATO has expanded from a U.S.-commanded military alliance of Western imperialist powers active in Europe. It has more than doubled its original 12-country membership and has intervened from Afghanistan to the countries surrounding China as part of the drive to ensure U.S. corporate domination of the globe.

Each new member of NATO must go into debt and dependency to equip its military with U.S.-supplied weapons. Like the anti-Russia drive, this is great for a handful of U.S. corporations and bad for everyone else.

From Iraq to Afghanistan and now in Georgia, the Pentagon’s plans are creating problems and meeting resistance.

Major demonstrations in Ukraine last spring opposed NATO membership, while polls show 70 percent in Poland and the Czech Republic oppose the U.S. bases, which the parliaments in both countries must pass. Putting any of the agreements to a popular vote could set back these right-wing, pro-U.S. regimes.

In Georgia, President Mikheil Saakashvili’s humiliating defeat following his adventurous aggression may lead to his downfall. This New York-trained lawyer, who had worked at the well-connected top law firm of Patterson, Belknap, Webb, and Tyler, is Washington’s best friend in the region.

Economic crisis and militarism

While the Pentagon is the largest military machine on the planet, paying to maintain this global war machine is worsening the economic meltdown in the U.S.

The U.S military budget is now larger than all other national states’ military budgets combined. Just the supplementary budget to pay for the current wars in Iraq and Afghanistan, not part of the official defense budget, is itself larger than the combined military budgets of Russia and China. According to the Friends Committee on National Legislation, U.S. military spending has doubled in the last decade, with the Pentagon budget alone set for over $600 billion in 2009.

This budget is a giant subsidy to the largest and most powerful corporations in the U.S. today, which pay top dollar to their executives and multibillion-dollar profits to their shareholders. Meanwhile more than 2 million people are losing their homes in foreclosures.

It is the responsibility of the anti-war, progressive and working-class movements in the U.S. to expose and mobilize against these dangerous and aggressive war plans that threaten life on the entire planet. And it is equally essential to connect the exorbitant costs of militarism and the fantastic profits for a handful of the super-rich to the cuts in social programs, health care and education for the rest of the population.


Articles copyright 1995-2008 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 

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PHOTO:
Anti-war forces from the International Action Center gathered in New York’s Times Square Aug. 18 to protest the expansion of NATO and the U.S.-backed Georgian regime’s provocation that led to the war in the Caucasus. The IAC is also circulating a petition protesting U.S.-NATO aggression. See iacenter.org.
WW photo: Sue Harris



=== 2 ===From : "Sara Flounders" Date : Sat, 16 Aug 2008 12:04:31 -0400 Subject : Please FORWARD to your Lists: US/NATO Hands Off Georgia and Russia - Sign petition to Bush, Cheney, Congress and U.N.Please take a minute and sign this message and help by if possible forwarding it on to your lists or interested friends.There is such a flood of U.S. war propaganda on this issue that it is important to try to break through with a clear explanation of what is at stake.Many Thanks, Sara



U.S. Hands Off Georgia and Russia - END NATO NOW!


TELL BUSH, CHENEY, RICE AND CONGRESS: U.S. HANDS OFF GEORGIA AND RUSSIA - NO NEW WAR - END NATO NOW!


It is with growing concern that we observe that the U.S. government is threatening new military moves that carry the danger of another war-this time against Russia.

The Bush regime and the corporate U.S. news media have launched an anti-Russia hate campaign. Yet just as with the occupations of Iraq and Afghanistan and the threats on Iran, the threatened military confrontation with Russia is also based on a lie.

The truth, hidden by most of the corporate news media, is that Georgia's President Mikheil Saakashvili, unleashed his U.S.- and Israeli-armed and-trained forces on the tiny autonomous region of South Ossetia, murdering civilians and attacking Russian peacekeeping troops stationed there. Only then did Russian troops respond.

Saakashvili is the president who sent 2,000 Georgian youth to join the U.S.-led occupation of Iraq. The U.S. supplies the weapons to his army. U.S. Special Forces and Israeli advisers and mercenary contractors direct the Georgian military, which just held three weeks of joint exercises with the U.S. Army and Marine Corps in July. We must take note that like Iraq and Iran, Georgia itself is a prize for U.S. oil companies, as it is a major transit point for Central Asian oil.

There is little doubt that U.S. arming of Georgia and its push to get Georgia into NATO set the scene for the Georgian invasion of South Ossetia and created the threat of a new major war. Now Washington also threatens Russia by placing missile bases  in Poland and the Czech Republic against the wishes of the overwhelming majority of the people there. Surrounding Russia with this military alliance of new NATO members is the greatest danger to peace and stability on a global scale.

It is time to remember that NATO was established as an anti-USSR military alliance aimed at reinforcing capitalist control and preventing socialist revolutions in the colonialist powers of Europe weakened by World War II. Since the end of the Soviet Union and the dissolution of the Warsaw Pact, the U.S. has attempted to vastly expand NATO and turn it into a military instrument to consolidate U.S. corporate power, surround Russia and China and re-conquer the former colonial world.

Consider these examples:

Yugoslavia. Based on the lie that NATO was defending small nations, U.S.-NATO intervention and bombing destroyed multinational Yugoslavia and turned the Balkans into a collection of dependent ministates ruled by the U.S. and Western Europe powers.

Afghanistan. Based on the lie that this was a police action against terrorists, U.S.-NATO have carried out a seven-year occupation leaving the country in ruins and enslaved.

Iraq. Here the lie about weapons of mass destruction was so blatant, and the U.S. position so weak, that most NATO countries refused to join the occupation and utter destruction of Iraq.

No one can believe Bush is promoting peace in Georgia. It is time not only to stop this expansion but to end the NATO war machine completely by dissolving NATO.

It is encouraging to anti-war people worldwide that Georgians themselves have issued a statement condemning the Saakashvili machine. "The entire responsibility for this fratricidal war," the Georgian Peace Committee says, "for thousands of children, women and elderly dead people, for the inhabitants of South Ossetia and of Georgia falls exclusively on the current president, on the Parliament and on the government of Georgia." (Aug. 11)

We cannot do less than the people of Georgia who oppose the current president and want no part of NATO. We demand from Washington:

(1) Stop interfering in 
Georgia and the Caucasus

(2) Stop attempting to expand the NATO military organization into the countries of Eastern Europe and those that border on Russia.

(3) End the aggressive NATO military alliance

(4) No new wars!




International Action Center

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