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L’escalation Usa, dall’incoronazione di Guaidò alla sospensione del Trattato Inf
Due settimane fa Washington ha incoronato presidente del Venezuela Juan Guaidò, pur non avendo questi neppure partecipato alle elezioni presidenziali, e ha dichiarato illegittimo il presidente Maduro, regolarmente eletto, preannunciando la sua deportazione a Guantanamo. La scorsa settimana ha annunciato la sospensione Usa del Trattato Inf, attribuendone la responsabilità alla Russia, e ha in tal modo aperto una ancora più pericolosa fase della corsa agli armamenti nucleari. Questa settimana Washington compie un altro passo: domani 6 febbraio, la Nato sotto comando Usa si allarga ulteriormente, con la firma del protocollo di adesione della Macedonia del Nord quale 30° membro.
Non sappiamo quale altro passo farà Washington la settimana prossima, ma sappiamo qual è la direzione: una sempre più rapida successione di atti di forza con cui gli Usa e le altre potenze dell’Occidente cercano di mantenere il predominio unipolare in un mondo che sta divenendo multipolare. Tale strategia – espressione non di forza ma di debolezza, tuttavia non meno pericolosa – calpesta le più elementari norme di diritto internazionale. Caso emblematico è il varo di nuove sanzioni Usa contro il Venezuela, con il «congelamento» di beni per 7 miliardi di dollari appartenenti alla compagnia petrolifera di Stato, allo scopo dichiarato di impedire al Venezuela, il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo, di esportare petrolio.
Il Venezuela, oltre a essere uno dei sette paesi del mondo con riserve di coltan, è ricco anche di oro, con riserve stimate in oltre 15 mila tonnellate, usato dallo Stato per procurarsi valuta pregiata e acquistare farmaci, prodotti alimentari e altri generi di prima necessità. Per questo il Dipartimento del Tesoro Usa, di concerto con i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche Centrali di Unione europea e Giappone, ha condotto una operazione segreta di «esproprio internazionale» (documentata da Il Sole 24 Ore). Ha sequestrato 31 tonnellate di lingotti d’oro appartenenti allo Stato venezuelano: 14 tonnellate depositate presso la Banca d’Inghilterra, più altre 17 tonnellate trasferite a questa banca dalla tedesca Deutsche Bank che li aveva avuti in pegno a garanzia di un prestito, totalmente rimborsato dal Venezuela in valuta pregiata. Una vera e propria rapina, sullo stile di quella che nel 2011 ha portato al «congelamento» di 150 miliardi di dollari di fondi sovrani libici (ormai in gran parte spariti), con la differenza che quella contro l’oro venezuelano è stata condotta segretamente. Lo scopo è lo stesso: strangolare economicamente lo Stato-bersaglio per accelerarne il collasso, fomentando l’opposizione interna, e, se ciò non basta, attaccarlo militarmente dall’esterno.
Con lo stesso dispregio delle più elementari norme di condotta nei rapporti internazionali, gli Stati uniti e i loro alleati accusano la Russia di violare il Trattato Inf, senza portare alcuna prova, mentre ignorano le foto satellitari diffuse da Mosca le quali provano che gli Stati uniti avevano cominciato a preparare la produzione di missili nucleari proibiti dal Trattato, in un impianto della Raytheon, due anni prima che accusassero la Russia di violare il Trattato. Riguardo infine all’ulteriore allargamento della Nato, che sarà sancito domani, va ricordato che nel 1990, alla vigilia dello scioglimento del Patto di Varsavia, il Segretario di stato Usa James Baker assicurava il Presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov che «la Nato non si estenderà di un solo pollice ad Est». In vent’anni, dopo aver demolito con la guerra la Federazione Jugoslava, la Nato si è estesa da 16 a 30 paesi, espandendosi sempre più ad Est verso la Russia.
"Non c'è un'Europa stabile, senza dei Balcani stabili e orientati verso la prosperità. Crediamo che diventare membri della Nato, mostrerà che i paesi balcanici fanno progressi. E che la regione dell'Europa sudorientale si sta pacificando e sta diventando più prospera".
L'esercito Macedone deve svolgere un delicato ruolo di integrazione delle componenti, nella storia a tratti antagoniste, di un paese dalla struttura multietnica variegata. Questa repubblica della ex Jugoslavia sfuggì per poco ai sanguinosi conflitti Balcanici degli anni '90, e questo, nonostante la sua complessità. È anche il risultato della cooperazione delle sue forze armate con la Nato, non appena divenne indipendente, ormai più che ventennale.
"La Macedonia è stata una partner della Nato per molti anni. E anche senza averne fatto parte abbiamo contribuito con oltre 4000 effettivi a diverse missioni guidate dalla Nato, queste unità rappresentano la metà del totale del nostro esercito. Anche i piccoli paesi possono dare il loro contributo" aggiunge la ministra.
Soldati macedoni hanno ad esempio partecipato alla missione Nato in Afghanistan, spiega il maggiore dell'esercito macedone Vlatko Shteriovski, che precisa:
"I membri dell'esercito della Macedonia del Nord, sono professionisti integri e responsabili, hanno dimostrato standard simili a quelli degli eserciti Nato e di altre forze armate".
Ora si attendono le ratifiche di tutti gli altri membri della Nato.
Ventotto anni dopo la dichiarazione di indipendenza della Macedonia dalla Jugoslavia, sembra finalmente giunta a conclusione la questione relativa al nome del paese. Il nome provvisorio di Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), adottato nel 1993 a causa dell’opposizione della Grecia all’utilizzo del nome Macedonia, considerato esclusivo della propria regione settentrionale, cesserà a breve di esistere. I due paesi hanno difatti raggiunto un compromesso che mette d’accordo (quasi) tutti: il nome ufficiale sarà Repubblica di Macedonia del Nord. Il raggiungimento dell’intesa ha aperto per Skopje le porte della NATO con la firma, mercoledì 6 febbraio, del protocollo di adesione.
I recenti sviluppi
Il 17 giugno 2018 il governo macedone e quello greco firmarono un accordo storico che apriva le porte alla risoluzione della lunga controversia legata al nome dell’ex repubblica jugoslava. L’intesa, conosciuta come Accordo di Prespa dal nome della località dove è stata firmata, prevedeva l’utilizzo del nome Repubblica di Macedonia del Nord. Nonostante il mancato raggiungimento del quorum nel referendum svoltosi a settembre in Macedonia, lo scorso 11 gennaio il governo socialdemocratico di Zoran Zaev ha ottenuto il voto favorevole del parlamento per la riforma della Costituzione necessaria a recepire il cambio di nome.
Il 25 gennaio il parlamento greco ha a sua volta approvato quanto previsto dall’Accordo di Prespa con il sostegno di 153 deputati su 300. I voti necessari alla ratifica sono arrivati dal partito di governo SYRIZA guidato dal premier Alexis Tsipras e da alcuni membri dell’opposizione appartenenti, o appena espulsi, al partito nazionalista ANEL e a quello centrista To Potami. In occasione del lungo dibattito parlamentare, durato ben tre giorni, non sono mancate le proteste, come quella che domenica 20 gennaio ha visto migliaia di manifestanti radunarsi a Piazza Syntagma, dove si sono verificati duri scontri con la polizia, seguita quattro giorni dopo da numerose manifestazioni in tutto il paese e al valico di Evzones al confine con la Macedonia, il cui passaggio è stato bloccato per diverse ore. Nonostante le proteste, con questo voto la Grecia si è impegnata a ritirare il veto che impediva alla Macedonia di dare avvio al processo di adesione all’Unione europea e alla NATO.
L’adesione alla NATO e all’UE
Superato lo scoglio relativo alla ratifica dell’Accordo di Prespa, la Macedonia del Nord può dare il via definitivo ai processi di adesione all’UE e alla NATO. Per l’accoglimento di nuovi membri nell’Alleanza atlantica è previsto l’accordo unanime di tutti gli Stati membri. Il primo passo è stato compiuto il 6 febbraio a Bruxelles dal Segretario generale Jens Stoltenberg e dal ministro degli Esteri Nikola Dimitrov con la firma del protocollo di adesione della Macedonia del Nord. Per il definitivo riconoscimento del paese come trentesimo membro della NATO è necessaria la ratifica del protocollo da parte di tutti gli altri paesi. A conferma dell’impegno preso, la prima ad approvarlo è stata la Grecia che venerdì 8 febbraio ha dato il proprio via libera con 153 voti favorevoli. In attesa che anche gli altri membri compiano questo passo, Skopje può partecipare ai lavori dell’Alleanza come paese invitato. Per Stoltenberg la firma ha segnato “una giornata storica che porterà stabilità e prosperità all’intera regione”.
Più lungo e complicato il percorso che dovrebbe portare all’adesione all’UE. Al prossimo summit dei ministri che si svolgerà a giugno dovrebbero essere avviate le trattative sui capitoli negoziali, i cosiddetti criteri di Copenaghen, necessari ad armonizzare la legislazione nazionale a quella europea. Questa rappresenta la fase più lunga e complicata di tutto il processo. La Croazia, ad esempio, ha impiegato ben otto anni prima di aderire ufficialmente mentre la Serbia, dopo cinque anni, si trova ancora a metà del percorso.
I prossimi passi
Per l’esordio del nuovo nome sullo scenario interno ed internazionale, al governo macedone spettano adesso solo alcuni adempimenti formali. Il primo e più importante è legato all’attuazione degli emendamenti costituzionali per rendere ufficiale il cambio di nome. Dopo il definitivo inserimento in Costituzione, il governo è tenuto a modificare le targhe delle auto governative, i nomi delle proprie istituzioni e ad utilizzare il nuovo nome in tutti i documenti ufficiali del paese, compresi quelli prodotti fino ad oggi. A livello internazionale, la nuova denominazione non richiede particolari procedure, spettando ai singoli Stati l’utilizzo o meno del nuovo nome. Dato il generale sostegno alla risoluzione della questione, appare scontato l’utilizzo del nuovo nome da parte della comunità internazionale.
Risolto definitivamente il problema del nome, per la Macedonia del Nord il successo del processo di adesione dipenderà ora dalla capacità di portare avanti le riforme in grado di adeguare il proprio sistema a quello europeo ma anche, e forse soprattutto, dallo stato di salute e dalle future evoluzioni dell’Unione stessa.
Roma, domenica 24 febbraio 2019
presso il Teatro di Porta Portese, Via Portuense 102
RESISTENZA JUGOSLAVA: FOIBE O FRATELLANZA?
Una conferenza di Sandi Volk e la pièce teatrale DRUG GOJKO. Per contrastare il revisionismo ed il negazionismo di chi getta fango sulla Lotta Popolare di Liberazione dei partigiani e sul suo carattere internazionalista
ore 16:30 Conferenza
– Andrea Martocchia: "Giorno del ricordo", dove sta il problema?
– Sandi Volk: "Giorno del ricordo", un bilancio
ore 17:45 Discussione
ore 18:30 Teatro
DRUG GOJKO di e con Pietro Benedetti
Monologo ispirato alle vicende di Nello Marignoli, partigiano nell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo
Promuove: Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS
ENTRATA A SOTTOSCRIZIONE LIBERA
LE REALTA' ANTIFASCISTE INTERESSATE AD ADERIRE E INTERVENIRE POSSONO CONTATTARCI FINO AL 20 FEBBRAIO: jugocoord@...
Eventuali aggiornamenti saranno riportati anche sulla pagina della iniziativa
Sullo spettacolo DRUG GOJKO si veda anche la nostra pagina dedicata
[[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/9002 ]]
alle ore 10:30 presso il Cinema Astra, Piazzale Volta 3
FOIBE E FASCISMO 2019
Conferenza di Sandi Volk, testimonianze e video
a cura del Comitato Antifascista Antimperialista e per la Memoria Storica con l'adesione di ANPI e ANPPIA
evento FB: https://www.facebook.com/events/227663108112168/
manifesto della iniziativa: https://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/parma100219.jpg
Nič novega v Trstu. Oziroma je vedno slabše!
Niente de novo a Trieste.. Anzi pezo del pezo con discriminazioni raziali a go-go.
Oggetto: 10 febbraio a Basovizza (Trieste) per i caduti antifascisti
Data: 7 febbraio 2019 22:42:09 CET
In data 10 febbraio dalle 10.00 alle 12.00 saremo perciò a Basovizza (Trieste) presso il monumento ai caduti della guerra di liberazione in via Gruden (di fianco alla chiesa, difronte alla gelateria) per un presidio-volantinaggio.
Chiediamo il contributo di tutti e tutte, anche solo con un fiore per i nostri caduti.
Ci vediamo il 10
saluti antifascisti
10 febbraio 2019: celebrazione della firma del Trattato di pace di Parigi determinante l'esistenza del Territorio Libero di Trieste e la sua internazionalità.
10 febbraio 1947: le Potenze "alleate ed associate" vincitrici della seconda guerra mondiale imposero il Trattato di pace di Parigi all'Italia (ex) fascista, riconosciuta responsabile assieme a Germania e Giappone dello scatenamento della seconda guerra mondiale.
Il 30 marzo 2004 l'Italia, caso unico in Europa, stravolgendo il chiaro significato di questa data, ha istituito per il 10 febbraio il "giorno del ricordo", in rievocazione "delle vittime delle foibe", sovrapponendo così dolore nazionale revanscistico al senso della sconfitta subita negli anni '40.
Per Trieste, quindi è giusto ricordare che il Trattato di pace di Parigi ha determinato invece, la Fine della Guerra, la Pace tra i Popoli e la costituzione ed il riconoscimento da parte dei 21 firmatari e di tutta la comunità internazionale, Italia compresa, del Territorio Libero di Trieste e del nostro Porto libero internazionale. Quanto di più lontano possa idealmente esserci dal nazionalismo italiano e dalla propaganda politica, con-cause della seconda guerra mondiale e della profonda crisi in cui dal 1954 ad oggi è sprofondata Trieste.
NON SOLO SALVINI E TAJANI A TRIESTE
10 FEBBRAIO: GIORNATA DEL RICORDO, MA DI TUTTE LE VITTIME E NELLA VERITÀ E NON SOLO FOIBE
Per non dimenticare, affinché i giovani sappiano!
Testimoniate con la vostra presenza
invito-vabilo
Il 10 febbraio alle 12 invitiamo la cittadinanza in piazza Oberdan accanto al “Cantico dei Cantici”, il celebre monumento di Marcello Mascherini le cui figure affusolate si allungano a toccare il cielo sovrastando le acque della fontana.
La gente chiama quest'opera il “monumento ai fidanzatini”, per un fatto accaduto durante la seconda guerra mondiale rimasto a ricordo e simbolo degli innumerevoli torturati e uccisi a Trieste dai fascisti e dai nazisti.
Il 19 marzo 1945 su quella piazza il giovane triestino Pino Robusti, che attende la sua fidanzata, viene fermato ed arrestato dalle SS e condotto alla Risiera di San Sabba, dove verrà assassinato. Verranno lette sotto il monumento le lettere che scrisse ai genitori ed alla fidanzata poco prima di morire.
Quanto alla vicenda delle foibe, cavità naturali delle regioni carsiche di queste terre, vennero usate come fosse comuni prima dai nazionalisti e dai fascisti italiani tra le due guerre mondiali, e poi durante la seconda guerra mondiale che contrappose qui a fascisti e nazisti le forze di liberazione slovene, croate e italiane.
Molti, in questi giorni, restano gli interrogativi: ma è giusto parlare solamente di foibe di un determinato periodo? quando si è iniziato a usare le foibe? Ancora oggi si discute su quante siano le vittime finite nelle foibe in un'area molto vasta che comprende Venezia giulia, Slovenia, Istria e Croazia
Come mai non c’è spazio per una documentazione o una volontà di ricerca credibile sull’effettivo numero di persone scomparse? La tecnologia odierna inoltre probabilmente consentirebbe un 'identificazione certa delle salme.
Come mai nonostante i mezzi a disposizione negli apparati civili e militari, non si prova giungere a una definitiva e riconosciuta conta su numeri e persone?
Perché la politica impegnata a trovare le verità storiche, non fa chiarezza e non insiste nel far richieste di questo tipo? E come mai a quasi 75 anni di distanza non l’ha attuata?
La repubblica nasce dalla resistenza antifascista e si basa su una costituzione fondata sul rispetto della dignità dell’uomo. Una vita vale il mondo, quindi il numero di vittime potrebbe essere relativo, ma non in questo caso data l’importanza e valenza politica e storica che questi numeri hanno avuto.
Apriamo le tombe! Il periodo buio che ha portato il fascismo in Italia con particolari caratteristiche ed eccessi in queste terre, ha istigato l'odio etnico e promulgato leggi razziali che assieme ad altri fattori ed intrecci di carattere internazionale hanno reso quest’area geografica la più esposta ai tragici eventi che qui si sono verificati, risiera compresa.
Ai piedi del monumento “cantico dei cantici”, verrà collocata una composizione floreale a simboleggiare il grande cuore di Trieste, città che nella sua storia è sempre stata d’accoglienza di genti di diversa provenienza.
Nel corso dell’evento verranno osservati tre motivati minuti di silenzio al suono della tromba fuori ordinanza.
In caso di maltempo l’evento si terrà sotto il porticato del palazzo al n. 4 della piazza, ex sede della Polizia SS che vi compiva interrogatori e torture.
p.s. verranno inoltre trattati argomenti d’attualità inerenti al decreto sicurezza.
Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci
fb: Comitato Pace Danilo Dolci – Trieste
"Lettera dello studente Pino Robusti ai genitori, dalle carceri del Coroneo di Trieste, pochi giorni prima di essere ucciso."
Pasqua 1945
Carissimi
Questa giornata è stata come una sorpresa per tutti noi "politici".
Ogni ceto, classe, età, accomunati in una sola vera fede, in una sofferenza unica e distinta per ognuno di noi eppure per tutti uguale. Ci siamo ritrovati tutti, stamane in chiesa, italiani, slavi, americani, russi tutti uguali dinanzi al cappellano, uomini e donne. Il discorso del prete è stato grandioso come grandioso il "grazioso" sorriso che da qualche giorno infiora la fetida bocca dei carcerieri. Si scusano di tenerci qui, ma come si fa… il dovere…!
Fifa, miei cari, fifa bella e buona! Poi in cortile, tutti insieme abbiamo cantato l’inno partigiano e gli slavi sono maestri del canto. Bisognava vedere la faccia del maresciallo tedesco che osservava la scena. Nulla ci è mancato, né vino, né sigarette e neppure fiori e che eleganza stamattina. Insomma la miglior dimostrazione di strafottenza più schietta e manifesta. Spero che anche voi avrete passato questo giorno con quella letizia che permettono le circostanze attuali (illeggibile) meglio non pensarci (illeggibile). State in pace e ricordatevi come io ricordo che l’ora del (illeggibile) è sempre più vicina per qualcuno che io conosco. Baci a tutti.
Pino
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"Lettera dello studente Pino Robusti alla fidanzata dalle carceri del Coroneo di Trieste il 5 aprile 1945. Il giorno dopo egli veniva ucciso e bruciato nel forno della Risiera."
Trieste, 5 aprile 1945
Laura mia,
mi decido di scrivere queste pagine in previsione di un epilogo fatale e impreveduto. Da due giorni partono a decine uomini e donne per ignota destinazione. Può anche essere la mia ora. In tale eventualità io trovo il dovere di lasciarti come mio unico ricordo queste righe.
Tu sai, Laura mia, se mi è stato doloroso il distaccarmi, sia pure forzatamente da te, tu mi conosci e mi puoi con i miei genitori, voi soli, giustamente giudicare. Se quanto temo dovrà accadere sarò una delle centinaia di migliaia di vittime che con sommaria giustizia in un campo e nell’altro sono state mietute. Per voi sarà cosa tremenda, per la massa sarà il nulla, un’unità in più in una cifra seguita da molti zeri. Ormai l’umanità si è abituata a vivere nel sangue. Io credo che tutto ciò che tra noi v’è stato, non sia altro che normale e conseguente alla nostra età, e son certo che con me non avrai imparato nulla che possa nuocerti né dal lato morale, né dal lato fisico. Ti raccomando perciò, come mio ultimo desiderio, che tu non voglia o per debolezza o per dolore sbandarti e uscire da quella via che con tanto amore, cura e passione ti ho modestamente insegnato.
Mi pare strano, mentre ti scrivo, che tra poche ore una scarica potrebbe stendermi per sempre, mi sento calmo, direi quasi sereno, solo l’animo mi duole di non aver potuto cogliere degnamente, come avrei voluto, il fiore della tua giovinezza, l’unico e più ambito premio di questa mia esistenza.
Credimi, Laura mia, anche se io non dovessi esserci più, ti seguirò sempre e quando andrai a trovare i tuoi genitori, io sarò là, presso la loro tomba ad aiutarti e consigliarti.
L’esperienza che sto provando, credimi, è terribile. Sapere che da un’ora all’altra tutto può finire, essere salvo e vedermi purtroppo avvinghiato senza scampo dall’immane polipo che cala nel baratro.
E’ come divenir ciechi poco per volta. Ora, con te sono stato in dovere di mandarti un ultimo saluto, ma con i miei me ne manca l’animo, quello che dovrei dire a loro è troppo atroce perché io possa avere la forza di dar loro un dolore di tale misura. Comprenderanno, è l’unica cosa che spero. Comprenderanno.
Addio, Laura adorata, io vado verso l’ignoto, la gloria o l’oblio, sii forte, onesta, generosa, inflessibile, Laura santa. Il mio ultimo bacio a te che comprende tutti gli affetti miei, la famiglia, la casa, la patria, i figli.
Addio
Pino
In occasione del Giorno del Ricordo, il 10 febbraio, la Regione Veneto, in collaborazione con lUfficio scolastico regionale, lassociazione Venezia Giulia e Dalmazia e la federazione delle associazioni degli esuli, distribuirà nelle scuole medie il fumetto Foiba Rossa, la storia a fumetti di Norma Cossetto, e un opuscolo di Guido Rumici. Liniziativa è finanziata con 15 mila euro dalla Giunta regionale. Responsabile e promotrice è Elena Donazzan, Assessore all’ Istruzione, Formazione, Lavoro, Trasporti nella Giunta Zaia.
Elena Donazzan figlia di repubblichini e nostalgica di anni neri, non è nuova ad iniziative del genere. Nel novembre del 2010 quando la Regione Veneto approvò la legge sulla valorizzazione dell’antifascismo e della Resistenza votò contro con motivazioni assurde. Nel settembre 2015 partecipò a Valdobbiadene a una cerimonia di inaugurazione di una lapide in onore della Decima Mas. Giacomo Vendrame segretario della CGIL commentò così: Credo che questa cerimonia si possa configurare come apologia del fascismo. Commemorare la Decima flottiglia Mas, in una sorta di bieco revisionismo storico, è vergognoso, una grave mancanza di rispetto per i nostri caduti della resistenza, coloro che si sono battuti contro la dittatura per la libertà e per la democrazia.” Ora Elena Donazzan ha chiesto al Presidente della Repubblica Mattarella di sciogliere l’ANPI, per la sua posizione su confine orientale, foibe ed esodo dalmata istriano, che l’ Assessore alla cutura falsifica. Il fumetto Foiba Rossa che la Donazzan distribuirà agli studenti veneti di scuola media distorce la drammatica vicenda di Norma Cossetto.
Norma Cossetto a 24 anni fu uccisa e infoibata ad Antignana, il 4 o 5 ottobre 1943. Qualsiasi tragica morte suscita orrore, e Norma Cossetto, per la sua orrenda morte, merita onore e ricordo. Concetto Marchesi, comunista e rettore dell’Università di Padova, conferendogli nel 1947 una laurea honoris causa e Azeglio Ciampi decorandola con una medaglia doro hanno onorato la sua memoria.
ANCHE LA VERITA’, PERO’, MERITA RISPETTO
Norma Cossetto era iscritta alla Gioventù Universitaria Fascista in Istria e figlia di Giuseppe Cossetto un ricco possidente fascista, che fu anche Commissario governativo delle Casse Rurali della Provincia dIstria, che espropiò centinaia contadini slavi dellIstria delle loro terre. Ad assassinarla non furono partigiani slavi, ma degli italiani. Il Circolo Norma Cossetto, qualche anno fa, pubblicò un documento nel quale si afferma che Norma fu invitata a presentarsi al Comando partigiano del luogo, fu interrogata e rilasciata. In seguito però cadde nelle mani di alcuni italiani, tre o quattro, dei cani sciolti, che la condussero a Parenzo, da dove fu portata ad Antignana, violentata, uccisa e infoibata. Costoro furono presi da fascisti italiani alla fine dellottobre 1943 e, insieme con altri, per lo più innocenti e tutti italiani, in tutto diciassette, furono massacrati a raffiche di mitra, senza alcun processo e furono gettati nella stessa foiba di Norma Cossetto. Il corpo di Norma Cossetto, stando al verbale dei Vigili del Fuoco di Pola che lo estrassero, si presentava intatto, senza segni di sevizie. Inoltre vi è la testimonianza di Arnaldo Harzarich Vigili del fuoco di Pola, che si trova in Foibe di Papo, ed è citata anche nel Bollettino dellUnione degli Istriani n. 28, sett. dic. 1998, pag. 5, che conferma il verbale dei Vigili del Fuoco di Pola. Soltanto dopo, in una serie infinita di ricostruzioni, peraltro contraddittorie, si cominciò a parlare di torture, di seni ed organi genitali straziati, etc., etc. Anche lo storico triestino Roberto Spazzali, nel suo lavoro Foibe, un dibattito ancora aperto edito nel 1996 dalla Lega Nazionale di Trieste, dunque da unassociazione non partigiana, ha scritto: Lampia letteratura di quegli anni e del dopoguerra dedicherà un consistente spazio alla morte e al rinvenimento di Norma Cossetto, intrecciando incontrollate fantasie e presunte testimonianze.
NORMA COSSETTO A MONTEBELLUNA
In occasione del 10 febbraio a Montebelluna verrà inaugurata ufficialmente una via dedicata a Norma Cossetto. La storia del 10 febbraio a Montebelluna non brilla per verità storica e democrazia. Il 10 febbraio 2012 l’amministrazione comunale sponorizzò un evento organizzato dal Comitato Provinciale di Treviso dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che parlava di genocidio (sic!)di istriani, giuliani e dalmati. Presentò l’avv. Maria Bortoletto. Il 10 febbraio 2013 l’amministrazione comunale impedì ,togliendo l’ Auditorium della Biblioteca Comunale precedentemente concesso, un convegno organizzato dallAnpi di Montebelluna su fascismo, confine orientale e foibe con la partecipazione delle storiche Monica Emmanuelli ed Alessandra Kersevan. Decisivo fu allora Claudio Borgia, collega politico di Elena Donazzan simpatizzante di Mussolini, che lo appoggia ed ora assessore all’istruzione e alle politiche familiari.
Oratori ufficiali saranno il sindaco Marzio Favero e Alma Brussi dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmati.
Il sindaco, obiettore di coscienza e antifascista, ha chiarito tempo fa in un’intervista dell’ aprile 2018 alla telvisione Antenna 3 la sua posizione su via Norma Cossetto. Vedere il video dell’intervista.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=_0l4rPZpFys
Alma Brussi, nata a Pola, di solito presenta un documentario Pola una città che muore e parla di esodo forzato. Pola, città cantata anche dalla canzone 1947 di Sergio Endrigo, non è morta, anzi, ed esodo forzato in ogni caso non è il genocidio di cui ha parlato l’avvocato Maria Bortoletto.
All’inaugurazione ufficiale è stata invitata l’ANPI di Montebelluna. Se l’ ANPI accetterà di essere presente sarà un’accasione per affermare qual’è la sua reale posizione sulle drammatiche vicende del confine orientale. Vedere dichiarazioni recenti ad Antenna 3 del presidente dell’ANPI provinciale di Treviso, Giuliano Varnier.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uhrkjxvfbuQ
Riportiamo di seguito la traccia scritta della nostra introduzione all’incontro Le foibe nelle complesse vicende del confine orientale (1920-1947), svoltasi presso la Casa del Popolo di Brugherio il 7 febbraio 2019.
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Questa è la prima assemblea pubblica della Rete antifascista Cologno. Siamo una rete composta da singoli cittadini, organizzazioni partitiche, sindacali, associazioni, liste civiche e singoli cittadine e cittadini. Ci siamo aggregati nell’aprile 2018 per dare una risposta popolare, di piazza, pacifica ma determinata alla cosiddetta “rievocazione storica” di un campo dell’esercito della Germania nazista voluta dall’amministrazione comunale della nostra città e svoltasi a giugno scorso (prevista inizialmente a ridosso del 25 aprile e con esplicito riferimento alla Liberazione).
Pensiamo che oggi, in Italia e in Europa ci sia bisogno di antifascismo.
Intendiamoci, non pensiamo che il fascismo storico, inteso come regime (1922-1945), possa facilmente tornare. Intendiamo il fascismo come il “fascismo perenne” di cui parlava Umberto Eco, un fascismo come visione del mondo, discorso pubblico e pratiche politiche conseguenti. Elementi oggi vivi e vegeti anche in leader e formazioni politiche che vanno oltre il perimetro della galassia della destra neo-fascista (che comunque è aggressiva, pericolosa e va contrastata).
L’Amministrazione Comunale di Cologno ha dato prova di essere infetta da questo “virus” attraverso una serie di atti concreti tra cui la concessione di spazi pubblici a formazioni neofasciste e l’adozione di provvedimenti a sfondo razzista come la chiusura della Scuola di Italiano per Stranieri e l’ordinanza discriminatoria sull’ospitalità ai migranti per cui il Comune di Cologno è stato recentemente condannato dal Tribunale di Milano.
Per fermare il “fascismo perenne” occorre andare oltre un antifascismo ingessato e rituale, quello dei discorsi e delle cerimonie. Serve sporcarsi le mani con iniziative di piazza e se occorre di protesta; serve anche fare battaglia di idee. Ed è per questo che siamo qui.
Negli ultimi tre anni e mezzo, l’amministrazione comunale di Cologno ha enfatizzato il Giorno del ricordo delle vittime delle foibe. Spettacoli teatrali, conferenze, persino un monumento davanti al municipio. A cui si aggiunge l’attivismo del consigliere comunale di Casapound (ex capogruppo della Lega), che ha preso parola due-tre volte in consiglio comunale, di cui una per chiedere di intitolare una via ai “martiri delle foibe” e un’altra per stigmatizzare la presenza dell’ANPI nelle scuole colognesi (in cui la giunta ha incoraggiato nell’anno scolastico 2018-19 conferenze solo dell’ANVGD-Associazione nazionale Venezia Giulia Dalmazia). Quest’anno, in più, la giunta ha deciso di proiettare al cineteatro comunale “Red Land/Rosso Istria”, un film assurto all’onore delle critiche per le evidenti falsità storiche . Ci sembra
significativo che nel 2019 ci siano state tre iniziative istituzionali per il Giorno della Memoria per le vittime degli stermini nazifascisti e quattro per il Giorno del Ricordo.
Perché questa enfasi? La nostra idea è che, da circa 15 anni (2004, legge che istituisce il Giorno del ricordo), le vicende del confine orientale tra il 1943 e il 1945 (assassinii e sepolture di fortuna nelle cavità carsiche) siano state strumentalizzate per ragioni politiche.. Per cancellare la responsabilità storica e i crimini compiuti dal regime fascista italiano e dai suoi sostenitori. Nulla nasce nel vuoto. Le reazioni alla repressione di circoli, scuole, organizzazioni (spesso di lavoratori) di lingua slava, le reazioni all’italianizzazione forzata (cambio nomi e toponimi) e allo squadrismo, non nascono nel vuoto, ma sono appunto una risposta al razzismo e alle violenze dei fascisti (dagli anni ’20) e dei nazisti (dal 1943).
Intorno al tema foibe si sono scatenate una gran quantità di narrazioni tossiche che confondono volutamente le acque: diluiscono la categoria di fascisti e collaborazionisti in quella generica di “italiani”, solleticando un vittimismo irrazionale e il vecchio stereotipo (storicamente falso) degli “italiani brava gente” durante occupazioni e regimi coloniali. I crimini del fascismo, nelle terre del confine orientale così come in Africa orientale, Jugoslavia, Grecia, Albania sono un gigantesco rimosso di cui si deve tornare a parlare.
A che scopo? Secondo noi per una sorta di vendetta storica che parli al presente: attaccare la Resistenza e la lotta antifascista di Liberazione, dipingere i partigiani (soprattutto se jugoslavi e/o comunisti) come belve assetate di sangue, ritagliare spazi di agibilità politica e presunta autorevolezza storico-morale per organizzazioni post/para/neo fasciste.
Questa strategia di confusione e riscrittura della storia, però, ha un punto debole: la ricerca storiografica fatta come si deve. Quella che non gonfia i numeri delle vittime, quella che usa i documenti processuali e le testimonianze dell’epoca (e non di figli e nipoti che raccontano storie filtrate dai decenni, dai racconti, dal vissuto emotivo familiare), quella che inquadra i singoli episodi in cornici storiche più ampie, quella che non
mescola eventi storici diversi e complessi. Non si inventa nulla e non si guarda solo a quel che si vuole vedere, insomma. Non si nega, non si giustifica ma si contestualizza.
Per questo siamo qui stasera. Per dare alla nostra cassetta degli attrezzi una serie di strumenti per la battaglia di idee che vogliamo portare avanti. Con l’orizzonte contribuire a costruire città accoglienti, senza razzismo, fascismo, sessismo né alcuna forma di ingiustizie e oppressione.
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