Informazione


IL PARLAMENTO DELLA REPUBBLICA ITALIANA OSPITA ANCHE UN PEZZO DI MERDA


16:54  Ambasciatore francese: "Dichiarazioni di Calderoli inaccettabili"

L'ambasciatore di Francia in Italia, Yves Aubin De La Messuziere, ha detto che "le dichiarazioni di Calderoli a proposito della multietnicità della squadra francese sono inaccettabili". L'esponente leghista e vicepresidente del Senato ha detto ieri subito dopo la partita che l'Italia "ha vinto contro una squadra che ha perso, immolando per il risultato la propria identità, schierando negri, islamici e comunisti". L'ambasciatore francese si è detto sicuro che "ad essere rimasti scioccati sono stati soprattutto gli italiani per le esternazioni di Calderoli".




From: gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it
Subject: Gruppo folk di studenti di Kragujevac a Trieste
Date: July 7, 2006 3:44:59 PM GMT+02:00

Care amiche, cari amici,

Sono lieto di informarvi, come gia’ preannunciato circa due mesi fa,
che il gruppo folk della Scuola Superiore di Meccanica di Kragujevac
sara’ presente a Trieste la settimana prossima.
Abbiamo superato non poche difficolta’ per poterli avere tra di noi.
Ringrazio di cuore tutte le persone e gli enti che a vario titolo ci
hanno aiutato.

Si tratta di un gruppo di 15 studenti (tra 15 e 18 anni) che hanno
preparato per noi con molta cura uno spettacolo di danze, musica e
canti tradizionali serbi della durata di circa un’ora, e che hanno
voluto intitolare "L’anima della Serbia".
Spero che avremo occasione di vederci!


Ecco di seguito le date delle loro esibizioni.

Giovedi 13 luglio ore 21 al parco di Prebenico (San Dorligo della Valle)

Venedi’ 14 luglio ore 20 e 30 nel salone della Comunita’ Serbo-
Ortodossa di Trieste

Sabato 15 luglio ore 19 alla festa di Liberazione a Mattonaia (San
Dorligo).

Inoltre la sera di mercoledi’ 12 luglio ci sara’ una cena di
solidarieta’ (costo 15 euro) organizzata dalla Casa del Popolo di
Sottolongera e dal Circolo Primo Maggio presso la Casa stessa, Via
Masaccio 24, Trieste.


Arrivederci a presto, in una di queste occasioni.

Saluti a tutte/i
Gilberto Vlaic
Non bombe ma solo Caramelle - ONLUS
e
Gruppo Zastava Trieste

(ovaj tekst na srpskohrvatskom:

Surovo vreme / Misljenje Centra Tito o pitanju Kosova

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5004 )


Tempi crudeli

L'opinione del Centro Tito riguardo al problema del Kosovo


La realtà che riguarda la Serbia è crudele. Non si può continuare "a nascondere la testa sotto la sabbia" e trattenere il popolo con delle questioni e problemi meno importanti (colloqui sulla stabilizzazione e adesione all'EU, arresto di Mladić, referendum in Montenegro, Partenariato per la pace, ecc.), mentre invece, su temi importanti come è quello del Kosovo, si esprimono supposizioni e si fantastica su "cosa sarebbe stato se fosse stato possibile". Oppure si usa il linguaggio dei rebus e del mistero, come fa Vuk Drašković: "Più autonomia, meno indipendenza". Oppure, si continua a ripetere l'argomentazione, ormai logora, per cui "il problema del Kosovo non può essere risolto violando i principi basilari delle leggi internazionali e distruggendo un paese sovrano, trasformando un'intera regione in un buco nero ed in un problema per l'Europa", creando l'impressione che si stia lavorando su un tema seriamente, mentre purtroppo i risultati non arrivano, visto che nel mondo d'oggi tutte le liti si risolvono con la violenza!

Alla gente bisogna dire come realmente stanno le cose e cosa faremo per riuscire a difendere il Kosovo.

Risposte semplici e concrete sono l'unica opzione in queste circostanze. Le possiamo trovare nei pensieri e nelle parole della gente comune di strada, nelle numerose inchieste e sondaggi dell'opinione pubblica, e soprattutto nell'opinione della gente che ancora vive in Kosovo oppure nei campi profughi in Serbia.



Avrà la Serbia la volontà di "difendere il Kosovo con tutti i mezzi"?

Nel conflitto riguardo al Kosovo la questione principale odierna non si pone in merito al suo "status definitivo", perché gli Stati Uniti hanno già deciso che esso dovrebbe diventare indipendente, ma piuttosto se la Serbia avrà la volontà di "difendere il Kosovo con tutti i mezzi" e, in fin dei conti, quale sia il significato di questi "tutti i mezzi"? E questo significherà che difenderemo i 10.000 chilometri quadrati più preziosi del nostro territorio perfino con le armi? Sono pronti i Serbi a sparare? Questo rappresenta un enigma per gli Americani e perciò loro posticipano il rendere pubblica questa decisione, si destreggiano e ci girano attorno. Questo dimostra che, dopo le esperienze con l'11 Settembre, i talebani ed i guerriglieri iracheni, temono per la vita dei loro soldati in Kosovo.  Dovranno tenere i loro soldati in Kosovo per lungo tempo ancora. Soltanto questa paura può costringerli a modificare la loro decisione sul Kosovo indipendente. 
Nella ricerca di una soluzione per il problema kosovaro, i Serbi del Kosovo, con la loro fermezza nel difenderlo, rappresentano il nostro argomento principale.

Per quanto riguarda la guerra, esaminando meglio la situazione, la Serbia ed i Serbi sono già in guerra. Senza volerla e senza una propria intenzione. Gli Americani indussero una situazione di guerra tramite la rivolta armata dei balisti (dal nome del movimento “Balli Kombetaer”, nazionalista pan-albanese e collaborazionista delle truppe occupanti, sorto nel corso della II Guerra Mondiale, dnt) a Drenica in 1998 - e questa, senza interruzioni, dura tuttora. Meglio di ogni altro, questo lo sanno i Serbi del Kosovo i quali non hanno dubbi sul fatto se le circostanze in cui si trovano siano la manifestazione di una guerra che è in corso o meno. Il livello della lotta armata varia tra l'alta intensità (rivolta, soffocamento della rivolta, evacuazione di popolazione albanese verso Albania e Macedonia, effettuata da americani e UCK, combattimenti dell'esercito jugoslavo di frontiera con le forze introdotte dall'Albania, bombardamento della RF di Jugoslavia, nuovo trasferimento di popolazione albanese da Albania e Macedonia verso il Kosovo, fuga di popolazione serba dal Kosovo verso Serbia, massiccio attacco dei balisti contro la popolazione serba e la Chiesa avente come obiettivo l'espulsione del resto di Serbi - marzo 2004 – come condizione nella soluzione dello status finale per il Kosovo) e periodi, più lunghi, di tregua, spesso interrotti con singoli assalti armati contro i Serbi e i loro beni.

Questa è una strana guerra – c'è soltanto una parte che assale ed uccide, la parte albanese, mentre la parte serba sopporta le perdite, si lamenta e protesta durante manifestazioni e funerali. Solo nel marzo del 2004 i Serbi dimostrarono di possedere armi e di saperle usare. Secondo i dati dei giornali, gli Albanesi hanno così subito le perdite più grandi: 11 Albanesi uccisi in confronto con 8 Serbi (nel marzo 2004, ndt).



Una mentalità succube del potere

Fino ad oggi non abbiamo saputo che cosa pensi il governo della Serbia riguardo alla guerra per la difesa del Kosovo.  La dichiarazione "difenderemo il Kosovo con tutti i mezzi" è incomprensibile, perché con il termine "tutti i mezzi" questo governo non intende le armi, che normalmente, da che mondo è mondo, sono contemplate. Il suo ultimo asso nella manica è la diplomazia. Esaminando chi sta alla guida del nostro coro diplomatico, ci viene voglia di smettere di pensare al Kosovo. Non ho intenzione di affermare che questi altri mezzi (negoziati, lobbying internazionale, ricerca delle alleanze) non siano necessari ed importanti, però sono esauriti come tali. Ci troviamo dinanzi al fatto che gli Stati Uniti, alla fine del 2006, proclameranno lo Stato indipendente del Kosovo, e noi dovremo dare una risposta concreta a questo.

Nessuno intende negare il detto secondo cui soltanto uno stupido "tira subito" con l'arma e trova piacere nello stato di guerra. Però, colui il quale, mentre gli sparano, reagisce con un commento o con una manifestazione, è uno stupido ancor più grande. 
Questi dovranno tenersi lontani dal Kosovo. Ancora più lontano bisognerebbe cacciare quelli che dicono che "i Serbi hanno già combattuto loro guerre" (G. Svilanović), oppure che "sul Kosovo non decide il nostro popolo, ma le grandi potenze" (B. Tadić), oppure che "è prevalsa l'opinione che questa volta il più forte detterà le leggi, la giurisdizione sarà determinata dalla forza" (V. Drašković). Con tali esempi perderemo molto di più che non il solo Kosovo.

Sono dell'opinione che il nostro governo abbia una mentalità suddita, il che è una regolare caratteristica di nostra classe borghese, dalla quale proviene anche questo governo. Saprà esso trovare la forza per mostrare un comportamento statale oppure capitolerà e tradirà come quello nel 1941? Ho il presentimento che si verificherà la seconda possibilità! Gli Americani già tengono la loro "quinta colonna" al vertice della Serbia. Non c'è bisogno di nominarli – con le loro dichiarazioni arrendevoli, li  sentiamo quotidianamente.

Nel pieno fervore della battaglia per il Kosovo, questo governo si dimostra imbelle e disfattista. Emana la Legge per l'amnistia delle reclute (2000 di numero) che erano sfuggite al servizio militare; invece di strombazzare ai quattro venti la celebrazione del 9 Maggio, Giorno della Vittoria, ricordando la liberazione del Kosovo dagli occupatori e dai balisti alla fine del 1944 e la sua restituzione alla madre Serbia, il governo ci ha "dormito sopra"; e così via.

Ecco perché io ritengo che a questa decisione, su come difendere il Kosovo, dovranno arrivare i Serbi del Kosovo, e  sono dell'opinione che in tale impresa li dovrà appoggiare la Serbia tutta intera.



Banditismo giuridico, militare e giornalistico

Per avere successo in una guerra, è di fondamentale interesse conoscere il nemico, le sue qualità e difetti. Se non le conosci, hai poche possibilità di successo. Te la passerai ancora peggio se non sei neanche capace di identificare il nemico. Questo è il nostro caso. Il nostro Comando supremo, nel caso lo abbiamo davvero, sembra non sapere nemmeno questo.

Con chi, dunque, sarebbe in guerra la Serbia? Molti pensano che lo sia con gli Albanesi. Risposta sbagliata! Anche loro sono vittime. Neppure questa UCK ha granchè di combattenti. Sono stati loro i primi a fuggire in Albania nel 1998, prima ancora della popolazione civile. Il loro ultimo eroe, A. Jašari, giace nel cimitero del villaggio di Prekazi. Loro sono figurine sul "campo di battaglia", che vengono mosse dal Pentagono come dimostra la dichiarazione di Madeleine Albright ("Welt", settembre 2005): "La guerra in Kosovo è la nostra guerra. Clinton ed io la volevamo. Dovevamo utilizzare la forza militare americana per fermare la pulizia etnica e far tornare i Musulmani in patria". Lo stesso, naturalmente, diceva la dichiarazione dell'allora Ministro della Difesa degli Stati Uniti, V. Cohen, prima del bombardamento della RF di Jugoslavia: "Mancano 100.000 uomini... Probabilmente sono stati uccisi." Gli Albanesi a loro non importano un corno. Hanno sfruttato la situazione in questa regione per collaudare un nuovo tipo d'intervento armato senza approvazione del Consiglio di Sicurezza ONU, e per distruggere, utilizzando la guerra come metodo, la parte rimanente, e neanche tanto piccola, della precedente RFS di Jugoslavia, paese socialista autogestito, guida autorevole del movimento dei paesi Non Allineati, che rappresentò un spina nell'occhio di questa gente per decenni.

Alexander Cobery, analista politico americano, avrebbe scritto alcuni anni più tardi: "Il banditismo giuridico, militare e giornalistico, che ha accompagnato l'avventura irachena sin dal suo inizio, è stato sperimentato nei Balcani alla fine degli anni Novanta".


Perché gli Americani si sono accaniti contro la Serbia?

Si tratta di ragioni ideologiche. La Serbia è una parte della ex-RFSJ. Il socialismo ha realizzato i suoi risultati più alti proprio nella RFSJ: non soltanto nella sfera economica (con la proprietà sociale) e politica (autogestione), ma anche nei rapporti tra le nazioni (federazione jugoslava), e nei rapporti internazionali (paese non allineato).  Il socialismo ha messo le sue radici più profonde proprio da queste parti, e la maggioranza dei cittadini, dal Monte Triglav in Slovenia fino alla Gevgelia in Macedonia, ritengono che "il socialismo era meglio" del capitalismo di oggi.

La Serbia (la repubblica con due province autonome) copre una considerevole parte del territorio dell'ex-RFSJ, ed in essa in gran parte sono preservati i numerosi valori dell'ex-paese socialista, innanzitutto nella mente della popolazione. Per esempio, le previsioni americane sui vincitori nelle prime elezioni pluripartitiche nel 1990 erano decisivamente ferme sul fatto che in Serbia, Montenegro e Macedonia avrebbero vinto i comunisti, il che è effettivamente avvenuto (le Leghe comuniste di Serbia e Macedonia avevano cambiato i loro nomi poco prima delle elezioni, ma questo non fa diminuire l'esattezza della previsione americana). Queste sono le ragioni per le quali questo bastione del comunismo, chiamiamolo così, non è sfuggito all'attenzione dell'amministrazione americana. Sono già 15 anni che stanno provando ad abbatterlo. Ora, dopo che la situazione in Macedonia e Montenegro, dove le tracce del comunismo sono ugualmente molto forti, si è stabilizzata  (prima erano state messe sotto controllo Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina), costoro si sono rovesciati con tutte le forze sulla Serbia, utilizzando tutti i postulati della loro dottrina per la lotta contro il comunismo. Il Kosovo rappresenta il punto più debole nella difesa della Serbia, e loro infliggono il loro colpo principale laggiù.

In base ai loro calcoli, è in questo periodo che va portato a termine questo conflitto strategico. Perché sarebbe così importante che anche il Kosovo si disgreghi e si decontamini dall'illuminismo socialista? Perché il Kosovo, che una volta è stato il posto più arretrato d'Europa, rappresenta per molti versi il migliore esempio dell'efficacia del sistema comunista, e nella sfera dei rapporti interetnici in particolare: rappresenta tutto ciò che gli Americani non riescono a realizzare nel loro paese multietnico, sin dalla fondazione (con gli Indiani, gli Afro-americani, i sud-Americani).


L'esaurimento psicologico dei Serbi

Perché gli americani subito dopo i bombardamenti nel 1999 non proclamarono immediatamente l'indipendenza del Kosovo? Per il timore di una rivolta armata dei Serbi. Da allora, essi "ammorbidiscono" i Serbi preparandoli psicologicamente ad accettare la indipendenza di fatto. Con quella gente che ha scelto di rimanere in Kosovo, questo metodo non poteva avere successo. Quelli sono Serbi di fibra forte. Nel contempo, a Belgrado aumentano quelli che dichiarano che "il Kosovo è perduto". Scontenti per il ritmo con cui i Serbi “duri” abbandonano il Kosovo, gli Americani hanno spronato gli Albanesi nel marzo 2004 perché spingessero i Serbi alla fuga, ma di nuovo senza successo. I Serbi hanno opposto resistenza, anche armata, in certe occasioni. Loro non cedono, mentre invece gli altri, oltre i confini del Kosovo, sono un po’ esausti.

La "quinta colonna", nella Serbia ed in Kosovo, aiuta gli Americani nella guerra psicologica contro i Serbi. Essa consiglia che si accetti l'indipendenza del Kosovo pacificamente. Molta gente comune è ugualmente confusa, però la maggioranza dei Serbi è ancora decisa a difendere il Kosovo. Il primo compito degli Americani sarà di spezzare questo spirito, operazione per cui la "quinta colonna" serba da tutto di se (i partiti: DS, SPO, G-17).

Spero che questi fatti bastino per capire come i Serbi dovrebbero comportarsi in questa situazione, in particolare l'esercito ed i giornalisti, la cui penna ha una rilevanza pari al fucile del militare!


I negoziati

I negoziati a Vienna equivalgono al tentativo di "mettere la nebbia dentro al sacco", cosicché si dica infine: "Ecco, come vedete, su questo noi dobbiamo decidere per voi". Si capisce, vogliono decidere che il Kosovo diventi indipendente! Una tipica furberia di guerra. Nel contempo si costituiscono e si stabilizzano il potere legislativo, esecutivo e giuridico di un nuovo Stato albanese, con la sua polizia, l'esercito, le strutture finanziarie, eccetera. Non si può dire che gli albanesi abbiano tanto interesse per i negoziati o per la loro preparazione. Ma sul territorio agiscono a tutto vapore.

La nostra squadra nei negoziati da il massimo di se, e bisogna congratularsi con loro. Tuttavia, il risultato sarà un pezzo di carta e Ahtisaari lo cestinerà non appena i negoziati finiranno. Lui ha già la decisione in tasca e la porterà a compimento. E così, loro vanno dritti ai risultati, mentre il nostro governo si intrattiene inutilmente nei negoziati, con i temi dell'accettazione nell'EU e della cattura di Mladić. Anche il premier Koštunica dovrebbe agire in maniera simile. Come prima cosa, dovrebbe dir loro che "non potranno ottenere il Kosovo al tavolo verde".



L'esperienza della lotta per la sopravvivenza dei Serbi e della Chiesa in Kosovo dal 1999 – una risorsa per una nuova strategia e tattica in Kosovo

La Serbia deve cambiare la strategia e la tattica della difesa del Kosovo, spostando il centro delle operazioni, da Belgrado e dall'estero, sul territorio: nel Kosovo, nel sud della Serbia e nelle regioni dove è collocata la maggioranza dei Serbi profughi dal Kosovo. Sono del parere che, in questa situazione grave, dobbiamo costruire la nostra strategia e tattica sull'opinione del popolo, anziché sull'opinione dei partiti politici; innanzitutto sull'opinione di quei Serbi che si trovano in Kosovo anche ora, ed hanno dimostrato quale sia la loro opinione con la pratica, nel marzo 2004, quando difendevano i loro cortili ed abitazioni anche con le armi. Ecco, questo significa "difendere il Kosovo con tutti i mezzi". Questo è il loro punto di differenza dalla posizione di Belgrado che rinuncia a priori a qualunque possibilità di lotta armata.

Belgrado non possiede una sensibilità potenzialmente diversa, nel conflitto con i sequestratori del Kosovo, a parte la retorica. Da lì parte subito il lamento: "e se ci bombardano?" Certo, sarebbe una pazzia combattere contro di loro come si faceva nel 1999. Ma ci sono tantissimi modi per infliggere sofferenze a queste, che sono grandi potenze, e di grande vulnerabilità. L'Afghanistan e l'Iraq, o l'Uragano Katrina, il confronto con i pericoli che pesavano sui loro cittadini, hanno svelato tutta l'impotenza e la disorganizzazione dello Stato più potente nel mondo. Loro sono superiori quando attaccano e infliggono dolore agli altri, però, nei casi che ho citato, sono stati sopraffatti dal terrore. La sensazione del terrore dall'11.9.2001 in poi non li ha più abbandonati. Il Presidente degli Stati Uniti non ha osato visitare il centro città di New Orleans per timore dei cecchini e delle bande armate che saccheggiavano la città deserta.

Non usare l'argomento della forza nella propria strategia politica, mentre nel mondo, oggi più che mai, tutte le liti ed i conflitti internazionali si risolvono con forza, equivale al suicidio. Questo è il segno della incapacità e sfiducia nella forza del popolo.
Questo spiega perché il nostro esercito e la determinazione del popolo nella difesa del Kosovo debbano integrarsi nella nostra strategia statale. Al presente, il Kosovo è l'unico compito dell'esercito. Soltanto che l'esercito non può difendere il Kosovo da solo.
La cura del livello morale, organizzativo e materiale dei Serbi in Kosovo, al fine di resistere al saccheggio, rappresenta il compito più importante del governo. Organi ed enti provvisori, la Chiesa e le organizzazioni non governative, sono sempre d'aiuto in queste situazioni. Bisogna da subito prendere le distanze da quelle persone che in Kosovo pensano e propagandano apertamente che, nel caso il Kosovo diventasse indipendente, si verificherà l'esodo dei Serbi rimasti! Questa è la propaganda della CIA. Al contrario, in tal caso nessun patriota lascerà il Kosovo.

Spero che i Serbi che sono fuggiti dal Kosovo nel 1999, pensando che l'opinione pubblica mondiale si sarebbe commossa e che gli Americani li avrebbero mandati indietro come hanno fatto prima con gli Albanesi, si rendano conto di questo loro grande errore. Bisogna correggerlo al più presto. Evitare di tornare per via del pericolo delle persecuzioni ed aggressioni dei balisti (pericolo che oggettivamente esiste) non è un'argomentazione sostenibile. Questa è codardia. Il pericolo esiste, eppure i Serbi in Kosovo lo sopportano - come mai? Le manifestazioni e le proteste in Serbia, in cui si esclama "Non diamo via il Kosovo", possono soltanto piacere agli Americani ed ai balisti, per dire: "Questi non sono pericolosi: fanno solo baccano."

Tutti quelli che diffondono propaganda del tipo: "il Kosovo è perduto", "salviamo la gente ed i monasteri, il territorio non importa", fanno parte della "quinta colonna" degli Stati Uniti in Serbia. La gente ed i monasteri in uno Stato albanese non possono stare al sicuro, mentre nello Stato serbo si.



L'esercito e la Chiesa

La generalizzata diminuzione dell'esercito e delle sue parti operative in particolare, il pre-pensionamento del corpo degli ufficiali (maggiori – colonnelli) con maggiore esperienza e capacità, sono in stretta correlazione con la proclamazione dell'indipendenza del Kosovo alla fine del 2006. Gli Americani temono ancora, e questo timore non è privo di fondamento, che l'esercito, nel caso di un fallimento del governo civile, non permetterà la secessione del Kosovo. Questo spiega perché privano l'esercito di quadri operativi (tutte le decisioni importanti sul nostro esercito si prendono al Pentagono, sin dai tempi in cui Boris Tadić era Ministro della Difesa), mentre l'ambasciatore americano M. Polt si comporta come se lui fosse il Ministro della Difesa.

Invece di copiare la dottrina americana, nel suo Quadro Strategico della Difesa l'esercito dovrebbe avere il Kosovo come punto fondamentale.
Credo che i vertici militari si renderanno conto di che cosa si tratta, e che non parteciperanno alla capitolazione ed al tradimento che si sta preparando.

Mentre riguardo al Kosovo l'esercito è estromesso in misura tale da perdere il collegamento con il popolo, laddove questo legame era l'elemento più importante per il suo morale e spirito combattivo, la Chiesa agisce ancora come nei secoli passati, quando il popolo nel Kosovo era in pericolo. Per tutti quei soggetti che in Serbia sono in qualche misura responsabili per la questione del Kosovo, la Chiesa rappresenta il modello di come bisogna lottare. In questo modo essa rimedia ai peccati commessi nel 1991, quando appoggiò i nazionalisti serbi diventando loro complice, nella guerra fratricida e nell'aver gettato il Kosovo nelle condizioni odierne. Almeno, loro, ora cercano di correggere l'errore commesso.



24. Maggio 2006.

Stevan Mirkovic,
Presidente del CENTRO TITO, Belgrado

(traduzione a cura di DK)


Le cinque banche della Bosnia

Il settore bancario della Bosnia Erzegovina verso una sempre maggiore
concentrazione, sotto il controllo di pochi grandi gruppi europei. In
base ai dati del 2005, l'italiana Unicredito sarebbe il primo gruppo
del settore

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5857/1/51/

Le cinque banche della Bosnia

27.06.2006 - Il settore bancario della Bosnia Erzegovina verso una
sempre maggiore concentrazione, sotto il controllo di pochi grandi
gruppi europei. In base ai dati del 2005, l'italiana Unicredito
sarebbe il primo gruppo del settore
Di Damir Hrasnica, DANI http://www.bhdani.com/ , 16 giugno 2006 (tit.
orig. Raiffeisen zvanično, a UniCredit grupa nezvanično najveća
banka u BiH)

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak


Secondo i risultati preliminari delle attività commericiali per il
2005, la Raiffeisen BiH continuerebbe ad essere la banca leader nel
nostro paese, con un attivo complessivo di 2,49 miliardi di KM
[marchi convertibili, ndt.]. L'anno che è trascorso, tuttavia, sarà
ricordato per il fatto che la stessa Raiffeisen, dopo un lungo
periodo, ha (in realtà) perso la sua posizione di leader nella Bosnia
Erzegovina (BiH).

Nonostante la Raiffeisen ufficialmente fosse infatti la più grande
banca, nel 2005 in BiH, grazie ai movimenti globali, è stata superata
dalla UniCredit Zagrebacka banca Mostar. Il gruppo italiano UniCredit
ha comprato l'anno scorso la HVB tedesca e la Bank Austria
Creditanstalt, e in queste banche in BiH rientravano la HVB Central
Profit banka Sarajevo e la Nova Banjalucka Banka Banja Luka.

[...] Queste tre banche - UniCredit Zagrebacka, HVB Central Profit e
Nova Banjalucka Banka - insieme hanno un attivo del valore di 2,96
miliardi KM, il che praticamente significa che la Raiffeisen è già
stata scalzata dalla posizione di leader del settore. Bisogna ancora
solo aspettare l'acquisizione della HVB Central Profit e della Nova
Banjalucka Banka da parte della UniCredit Zagrebacka Banka, per
avere, ufficialmente, la più grande banca bosniaco-erzegovese.

Ad ogni modo, questo non è l'unico colpo alla fino ad ora intoccabile
Raiffeisen. Nonostante abbia un attivo di poco superiore a quello del
gruppo Hypo Alpe Adria in BiH (2,24 miliardi KM), composta dalle
omonime banche di Mostar e di Banja Luka, la Raiffeisen è alle spalle
di questa banca austriaca quanto a quota di crediti complessivi e
depositi totali in Bosnia Erzegovina. Il gruppo Hypo ha infatti una
quota di crediti in BiH del 22,01 per cento, rispetto al 18,07
percento della quota della Raiffeisen. Discorso simile per quanto
riguarda i depositi: il gruppo Hypo controlla il 28,5 per cento dei
depositi totali in BiH, la Raiffeisen il 24,12.

Il quarto grande gruppo bancario comparso sul mercato della Bosnia ed
Erzegovina nel 2005 è il gruppo Nova Ljubljanska Banka (NLB). NLB
possedeva già da prima in BiH la banca CBS Sarajevo e la banca LHB
Banja Luka, e durante l'anno scorso al gruppo di acquisizione sono
state unite anche la Banca di sviluppo del Sud est europeo Banja Luka
e la Tuzlanska Banka di Tuzla. Nel 2006 è iniziato il processo di
accorpamento della Tuzlanska Banka, della CBS, della LHB e della
Banca di sviluppo. Il gruppo NLB in BiH attualmente controlla un
attivo del valore di 1,08 miliardi di KM e con questo importo si
trova in quarta posizione.

Il quinto grande attore, entrato alla fine dell'anno scorso sul
mercato della BiH, è il gruppo italiano Banca Intesa. Intesa alla
fine del 2005 ha comprato la banca UPI di Sarajevo. Siccome l'attivo
della UPI, di 439 milioni di KM, era comunque troppo basso per una
seria competizione sul mercato, ci si potrebbe aspettare che Intesa
nel corso di quest'anno cerchi di comprare alcune delle restanti
banche libere in BIH e di unirle in un gruppo.

Nei circoli finanziari si specula sul fatto che l'acquisizione della
LT Gospodarska banca da parte di Intesa è praticamente già deciso.
Rimangono ancora libere di essere acquisite la ABS Banka Sarajevo, la
IKB Banka Zenica e la Nova Banka Bijeljina. A dire il vero, l'anno
scorso il fondo di investimento sloveno Poteza ha terminato la
capitalizzazione della Nova Banka e ne è diventato il proprietario di
maggioranza, ma si suppone che i pragmatici sloveni rivenderanno la
banca ad alcuni dei grandi attori, e lo faranno a chi offrirà di più.

Che nel periodo a venire ci si possa aspettare una guerra per la ABS
e la IKB Banka, lo testimonia anche il fatto che la Raiffeisen
Zentralbank Osterreich di Vienna durante il 2005 ha acquistato il
dieci per cento delle azioni di entrambe le banche. La Raiffeisen
dovrà crescere ulteriormente a causa della UniCredit, la Hypo a causa
della Raiffeisen, e l'Intesa e la NLB a causa di tutti gli altri, e
così sarà interessante osservare l'ulteriore sviluppo degli
avvenimenti sul mercato bosniaco erzegovese. Comunque, non bisogna
trascurare anche la possibilità che le grandi banche concorrenti alla
fine si metteranno d'accordo sulle acquisizioni e sulla divisione del
mercato in modo civile e democratico.

Delle altre banche presenti sul mercato della BiH ulteriori
acquisizioni potrebbero esserci anche da parte della Volksbank BiH
Sarajevo, i cui i proprietari di Vienna hanno assicurato una quota in
due miliardi di euro per nuove acquisizioni nell'Europa centrale e
nell'Europa orientale. Inoltre, nel corso di quest'anno è possibile
l'ingresso della Credit Agricole francese sul mercato bancario della
BiH. Si tratta di una delle più grandi banche europee, che ha già
espresso interesse per comprare la problematica Privredna Banka
Sarajevo. Seconda banca francese per dimensioni, la Societe General
l'anno scorso ha svolto una due dilligence della banca UPI, fatto che
dimostra anche il suo interesse per il mercato della BiH, ma gli
italiani, comunque, alla fine erano pronti ad offrire di più.
Ricordiamo che anche la Volksbank ha svolto una due dilligence della
UPI.

Dunque, il processo di ingrandimento del sistema bancario in Bosnia
ed Erzegovina, iniziato lo scorso anno, probabilmente sarà terminato
in questo o nel prossimo anno. A quel punto, come molti analisti
hanno previsto correttamente, in Bosnia ed Erzegovina avremo in tutto
cinque grandi banche e alcuni “attori” più piccoli, e gli
stranieri controlleranno la maggior pare del nostro sistema bancario.