Informazione

(italiano / deutsch / english)

"NUOVA SERBIA" OVVERO "BELGRADO RIDE"


SERBIA: CHIUSI TERMINI RESTITUZIONE BENI ESPROPRIATI DA TITO
BELGRADO - Scadono oggi i termini previsti dal governo della nuova
Serbia per la restituzione dei beni espropriati nel Paese a suo tempo
dal vecchio regime comunista jugoslavo del maresciallo Tito. Lo
riferisce l'agenzia Vip, citando fonti ufficiali.
La data ultima per le procedure di risarcimento, avviate negli ultimi
anni secondo il medesimo schema applicato in altri Paesi ex
socialisti dell'Europa centro-orientale, era stata fissata sin
dall'inizio.
Secondo il Direttorato governativo per le proprieta', le attuali
autorita' di Belgrado hanno riconosciuto finora i diritti lesi a
quasi 23.000 soggetti, danneggiati dalla legge di confisca e
nazionalizzazione di beni privati varata dal regime di Tito il 9
marzo 1945.
30/06/2006 13:55


SERBIA: SI' A LEGGE PER RESTITUZIONE BENI A CHIESA ORTODOSSA
(ANSA-AFP) - BELGRADO, 25 MAG - Il Parlamento serbo ha oggi adottato
una legge che assicura alla Chiesa ortodossa serba e ad altre
comunita' religiose la restituzione dei beni sequestrati dal regime
comunista dopo la Seconda guerra mondiale. Con 126 voti (sui 250 del
Parlamento serbo), i deputati hanno deciso la restituzione alle
Chiese di terre, coltivabili o no, immobili e beni culturali che si
trovano sull'insieme del territorio della Serbia, compresa la
provincia del Kosovo, attualmente sotto amministrazione dell'Onu.
Tali proprieta' - precisa il testo - saranno restituite nello stato
in cui si trovavano al momento del sequestro, o dovranno essere
versati risarcimenti secondo il loro valore di mercato. La legge
istituisce un organismo speciale per la restituzione di tali beni,
incaricato di esaminare le domande (che dovranno essere presentate
entro settembre 2008). Dopo la Seconda guerra mondiale, Serbia,
Montenegro, Croazia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina e Macedonia
divennero una Federazione comunista. Le autorita' jugoslave
adottarono all' epoca una serie di decreti che nazionalizzavano le
proprieta' private, tra cui quelle della Chiesa ortodossa. Il
ministro dell'Economia serbo Milan Parivodic ha annunciato altresi'
che il governo ha preparato un progetto di legge sulla
privatizzazione - che dovrebbe essere presentato al Parlamento in
settembre - per la restituzione ai legittimi proprietari dei beni
nazionalizzati. Alcuni esperti stimano che le proprieta' appartenute
alla Chiesa ortodossa e ad altre Chiese in territorio serbo
costituiscano il 3% di quelle che furono nazionalizzate dai
comunisti. Secondo dati non ufficiali citati dalla televisione B92,
la Chiesa ortodossa serba ha gia' chiesto a Belgrado la restituzione
di proprieta' per un valore di 2 miliardi di euro e di 250.000 ettari
di terre coltivabili. (ANSA-AFP). DIG
25/05/2006 23:28


Newsletter vom 26.06.2006 - Flurbereinigung / IMPRENDITORI
TEDESCHI ALLA CONQUISTA DELLA COLONIA SERBA
BELGRAD/SKOPJE/TIRANA/BERLIN (Eigener Bericht) - Kurz nach der
Sezession Montenegros und wenige Monate vor der endgültigen
Abspaltung des Kosovo forciert Berlin die Unterstellung des
serbischen Kernlandes unter deutsche Unternehmensinteressen. Der
"serbische Markt" biete "große Absatz- und Investitionschancen für
deutsche Firmen", urteilt das Bundeswirtschaftsministerium nach einem
zweitägigen Arbeitsaufenthalt seines Staatssekretärs Joachim
Wuermeling in Belgrad. Zu den Branchen, die dort derzeit staatlicher
Kontrolle entzogen und an privatem Gewinn orientierten Interessenten
übertragen werden, gehört insbesondere der strategisch wichtige
Energiesektor. In ganz Südosteuropa erwarten Fachleute in den
nächsten 15 Jahren Investitionen in die Strom- und Gas-Infrastruktur,
die einen Umfang von rund 21 Milliarden Euro erreichen dürften - ein
"attraktive(s) Terrain", heißt es in Wirtschaftskreisen. Deutsche
Unternehmen sind bereits jetzt in der Branche aktiv und bedienen sich
für ihre Expansion gelegentlich österreichischer Firmen. Deren offene
Übernahme wird für die kommenden Jahre nicht ausgeschlossen...
mehr: http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/56413


US TAKES LEAD IN INVESTING IN SERBIA / GLI USA PRIMI NELLA GARA
COLONIALE PER IL SACCHEGGIO DELLA SERBIA
Once seen as Serbia's biggest foreign foe, the United States is now
spearheading its economic revival.
By Senita Slipac in New York (Balkan Insight, 12 Apr 06)
Some 14 years after pressing for the United Nations to impose
sanctions on Belgrade, the United States has become Serbia and
Montenegro's biggest foreign investor. The World Bank says American
firms accounted for roughly one-third of the 3.5 billion US dollars
of foreign money invested between 2002, when the sanctions were
eventually lifted, and the end of 2004...
Read more: http://www.birn.eu.com/insight_30_5_eng.php


SERBIA: ESULTA PER SBLOCCO TRANCHE PRESTITO FMI
(ANSA) - BELGRADO, 7 FEB - Il ministro delle finanze serbo, Mladjan
Dinkic, ha definito oggi ''un successo'' per il suo Paese la
decisione assunta nelle scorse ore a Washington dal board del Fondo
monetario internazionale (Fmi) a favore dello sblocco dell'ultima
tranche di un prestito da 937 milioni di dollari. Tranche di un
finanziamento concesso a Belgrado dopo la caduta (nel 2000) del
regime di Slobodan Milosevic. Secondo Dinkic, citato dall'agenzia
Tanjug, la decisione del Fondo corona una fase quinquennale di
cooperazione tra il Fmi e la Serbia-Montenegro, inserita tra i Paesi
in via di transizione e di ricostruzione postbellica dopo
l'isolamento degli anni '90. Lo sblocco della rata rappresenta
inoltre la precondizione verso un imminente ulteriore sconto da parte
del Club di Parigi (il sodalizio che rappresenta gli Stati creditori)
sull'ammontare del debito estero di Belgrado, pari a 700 milioni di
dollari. Queste concessioni vengono interpretate dagli analisti come
un riconoscimento agli sforzi di politica economica intrapresi -
malgrado le contraddizioni della transizione serba e talune
congiunture sfavorevoli - dall'attuale governo del premier liberal-
conservatore Vojislav Kostunica, l'uomo attorno al quale si raccolse
nel dicembre del 2000 il grande movimento di piazza che scalzo'
Milosevic dal potere. Esse segnalano d'altra parte il peso relativo
che le istituzioni finanziarie internazionali sembrano attribuire
alle inadempienze imputate tuttora alla Serbia-Montenegro dal
tribunale penale dell'Aja (Tpi), dall'Ue e da vari governi
occidentali in materia di mancata cattura di latitanti per crimini di
guerra come i famigerati capi serbo-bosniaci Ratko Mladic o Radovan
Karadzic.(ANSA). COR-LR
07/02/2006 18:49

(english / con brevissimi titoli in italiano;

fonte della stragrande maggioranza dei testi sono

Rick Rozoff, attraverso la lista yugoslaviainfo @yahoogroups.com

ed il sito internet http://www.slobodan-milosevic.org/ )



NEVERENDING POGROMS IN KOSMET (3)



# LINKS / collegamenti a notizie fino all'inizio di giugno



# NEWS / agenzie di stampa e brevi articoli:

- Serbs attached 186 times since beginning of talks / 186 ATTENTATI
ANTISERBI DALL'INIZIO DEI "COLLOQUI" DI VIENNA

- Slavica Dejanovic wounded outside her house / FERITA UNA DONNA SERBA

- Serb leaders in Kosovo rebel / I LEADER SERBO-KOSOVARI ROMPONO CON
L'AMMINISTRAZIONE LOCALE

- Kosovo premier congratulates Montenegrins, thanks them for
support / SECESSIONISTI KOSOVARI GIOISCONO PER SECESSIONE MONTENEGRINA

- Moscow city govt donates USD 2 bln to Serbian refugees / DONAZIONI
DALLA RUSSIA PER LE VITTIME SERBE DEI POGROM

- Council of Europe on Kosovo / IL CONSIGLIO D'EUROPA SUL KOSOVO

- Province is human rights' "black hole" / IL BUCO NERO DEI DIRITTI
UMANI È AL CENTRO DELL'EUROPA

- United Nations vehicle attacked near Kosovska Mitrovica / VEICOLO
ONU PRESO DI MIRA

- UNHCR acknowledges plan for Serb evacuation / L'UNHCR (ONU) RENDE
NOTO IL PROPRIO PIANO PER CANCELLARE LA PRESENZA SERBA DALLA PROVINCIA

- Shots fired at returnees / PROFUGHI RIENTRATI IN KOSOVO PRESI DI MIRA

- Serbs in northern Kosovo say they have formed own security units /
FORMATE UNITÀ DI AUTODIFESA SERBE AL NORD

- Kosovo Serbs report 70 incidents to UN envoy / 70 "INCIDENTI"
DENUNCIATI

- Billboards and Posters Against Serbian Goods Spring up in Kosovo /
CAMPAGNA RAZZISTA PER IL BOICOTTAGGIO DEI PRODOTTI SERBI

- Another Serb municipality in northern Kosovo introduces emergency
measures / MISURE DI EMERGENZA NELLA MUNICIPALITÀ SERBA

- Bomb damages Kosovo customs vehicle / ORDIGNO CONTRO VEICOLO UNMIK

- Kosovo Albanians open fire at car with British tourists / SCAMBIATO
PER SERBO, TURISTA BRITANNICO RISCHIA LA VITA

- Kosovo: UN refugee agency remains concerned at persecution risk for
minorities / UNHCR PREOCCUPATA PER ROM ED ALTRE MINORANZE

- Serbia demands independence for Republika Srpska / DOPO IL KOSOVO
LA REPUBBLICA SERBA DI BOSNIA

- Terror on rise / AUMENTA IL TERRORE NELLA PROVINCIA "LIBERATA"
DALLA NATO DI D'ALEMA

- Church vandalised in Obilić / CHIESA VANDALIZZATA

- Serb found dead at his home in Kosovo, police confirm / SERBO
TROVATO MORTO AMMAZZATO

- Kosovo Serbs Recruit Former Soldiers for Defense / I SERBI
ORGANIZZANO L'AUTODIFESA CONTRO IL NEONAZISMO PANALBANESE APPOGGIATO
DA "EUROPA" ED USA

- Serbian church in northern Kosovo attacked again / NUOVO ATTACCO
CONTRO CHIESA

- Serb cemetery desecrated in Kosovo / ANCORA UN CIMITERO PROFANATO

- Bomb thrown on bus in Serb village / ORDIGNO CONTRO BUS SERBO

- German General Kater assumes KFOR command / COME NEL 1943: GENERALE
TEDESCO RIMPIAZZA ITALIANO ED ASSUME IL COMANDO DELLE TRUPPE DI
OCCUPAZIONE

- Blair warns Serbs to accept different vision for Kosovo / TONY
BLAIR AI SERBI: VOI SUL KOSOVO FARETE QUELLO CHE DICIAMO NOI

- Vecerne Novosti: Agim Ceku Certain that Washington and London Back
Kosovo’s Independence / IL "PREMIER" CRIMINALE DI GUERRA: WASHINGTON
E LONDRA CI APPOGGIANO

- Balkan Web: Albania and Kosovo Will Intensify Cooperation in all
Spheres / SI STRINGONO I LEGAMI PAN-ALBANESI

- Serbia warns of break with west over Kosovo / DETERIORAMENTO DELLE
RELAZIONI TRA SERBIA ED OCCIDENTE

- Kosovo Albanians arrested for attack on police in divided town -
TV / 5 PAN-ALBANESI ATTACCANO POLIZIA A MITROVICA NORD E SONO ARRESTATI

- Politika: Russia hints veto over Kosovo / LA RUSSIA POTREBBE USARE
IL VETO ALL'ONU CONTRO LA SECESSIONE KOSOVARA

- Putin warns against double standards in separatist republics /
PUTIN CONTRO I "DUE PESI DUE MISURE"



=== LINKS: ===



SHOTS FIRED AT SERBIAN CLERGYMAN IN KOSOVO
FoNet - May 8, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/fonet050706.htm

SERBS ATTACKED BY ALBANIAN MOB IN KOSOVO
Mina (Montenegro) - May 9, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/mina050906.htm

U.S. MILITARY ADVISOR WARNS THAT AN INDEPENDENT KOSOVO WOULD BE
CRIMINAL STATE SIMILAR TO AFGHANISTAN UNDER THE TALIBAN
The Washington Times - May 10, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/wt050906.htm

TWO SERBS SHOT IN KOSOVO
Radio-Television Serbia - May 11, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/rts051106.htm

GERMANY ARRESTS KOSOVO-ALBANIAN FOR ATROCITIES IN KOSOVO
Blic - May 12, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/blic051206.htm

ANOTHER SERBIAN CHURCH DESECRATED IN KOSOVO
FoNet - May 13, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/fonet051106.htm

BUS CARRYING SERBS ATTACKED BY ALBANIANS IN KOSOVO
FoNet - May 14, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/fonet051206.htm

SERB-OWNED BUSINESS DESTROYED BY ROCKET PROPELLED GRENADE IN KOSOVO
Radio-Television Serbia - May 16, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/rts051606.htm

ITALIAN POLICE CATCH KOSOVO-ALBANIAN MOBSTERS BOASTING ABOUT THE
DESTRUCTION OF SERBIAN CHURCHES IN WIRETAP OPERATION
Vecernje Novosti - Wednesday, May 18, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/vn051706.htm

SEVERAL INJURIES IN FIGHTING AFTER ALBANIAN MAN OPENS FIRE ON SERBIAN
REFUGEE OFFICE IN NORTHERN MITROVICA
SRNA - May 19, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/srna051906.htm

SERBIAN POLICE NAB KOSOVO HEROIN TRAFFICKER ON CROATIAN BORDER
UPI - May 21, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/upi051906.htm

KOSOVO INDEPENDENCE WOULD LEAD TO FORMATION OF ISLAMIC TERROR STATE
Vecernje Novosti - May 22, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/vn052106.htm

SQUAD OF UN POLICE AND TWO SERBIAN LAWYERS ATTACKED BY ALBANIAN
"WOMEN AND CHILDREN" IN KOSOVO
AFP - May 26, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/afp052505.htm

MONTENEGRIN SOVEREIGNTY ENDANGERED BY ALBANIAN TERRORISTS
Defense & Foreign Affairs Special Analysis - May 29, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/dfasa052606b.htm

KOSOVO INDEPENDENCE WILL PRECIPITATE INDEPENDENCE REFERENDUM IN
REPUBLIKA SRPSKA
SRNA - June 1, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/srna052806.htm

BRIDGE LINKING TWO KOSOVO-SERB COMMUNITIES DESTROYED BY BOMB
B92 - June 2, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/b92060106.htm

PUTIN: KOSOVO INDEPENDENCE WILL DESTROY EUROPE
Agence France Presse - June 3, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/afp060206.htm

UNMIK PLANNING FOR EXPULSION OF 70,000 KOSOVO-SERBS IF KOSOVO GAINS
INDEPENDENCE
Deutsche Presse-Agentur - June 5, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/dpa053106.htm




=== NEWS: ===



http://www.slobodan-milosevic.org/news/kp060106.htm

SERBIAN OFFICIAL: SERBS ATTACKED 186 TIMES SINCE GREEN LIGHT FOR
KOSOVO TALKS

BBC Monitoring International Reports - June 1, 2006, Thursday
Text of report by Serbia-Montenegrin radio Kontakt Plus on 1 June

[Announcer] The [Serbian] Coordination Centre for Kosovo-Metohija's
press centre in Kosovska Mitrovica said that barricades made of
branches had been set up on the Zvecan-Zitkovac road [where body of
Kosovo Serb was found early this morning with three gunshot wounds],
adding that a number of 7.65-mm calibre shells had been found at the
scene. This is the third serious incident in the area in the past
month. Before that, a vehicle carrying a Serbian Orthodox Church
priest with his family had been fired at, and then two ethnic Serb
youths were gravely injured in an armed attack at a petrol station.
The Coordination Centre for Kosovo-Metohija chairwoman, Sanda
Raskovic-Ivic, today most harshly condemned the incident in the
vicinity of Zvecan, describing the event as a tragedy. In a statement
for Kontakt Plus radio, Raskovic-Ivic recalled that there had been
186 incidents since 24 October 2005, when the decision was taken to
begin talks about the future of Kosmet [Kosovo-Metohija].

[Raskovic-Ivic] I made a point of mentioning this date because it was
the date set for the beginning of negotiations about the future
status of Kosovo. In this way we see that in Kosovo, nothing has
changed in practice. We see that the police are not doing their job,
that the Albanians attacked the Serbs 186 times before the very nose
of the international community, incidents in which we had two fatal
outcomes and over 20 persons suffering grave injuries. All this
provides very serious cause for concern, a two-fold concern. The
first is what happens when the international community leaves Kosovo-
Metohija, and the other is that the police are not doing their job,
whether it is the UNMIK [UN Interim Administration Mission in Kosovo]
police or the Kosovo Police Service [KPS].

[Announcer] Raskovic-Ivic concluded that the latest incident near
Zvecan was yet another story whose ending is not yet known.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/fonet060406.htm

KOSOVO SERB WOMAN SAYS SHOTS FIRED AT HER FROM ALBANIAN VILLAGE

BBC Monitoring International Reports - June 4, 2006, Sunday
Text of report by Serbian independent news agency FoNet

Kosovska Mitrovica, 4 June: The life of Slavica Dejanovic, who was
wounded outside her house in the village of Priluzje near Kosovo
Polje at around 1400 [1200 gmt] today, is not in danger, the Kosovska
Mitrovica hospital director Marko Jaksic has confirmed for FoNet.
According to him, her shoulder was injured and, following surgery,
she is stable.
Jaksic said that Slavica had told doctors that she had been shot at
from the direction of the Albanian village of Donje Trnovce.
---

http://www.iht.com/articles/2006/06/05/news/kosovo.php

International Herald Tribune
Reuters, The Associated Press
June 6, 2006

Serb leaders in Kosovo rebel

ZVECAN - Serbia Serbian leaders in north Kosovo said
Monday that they had cut off all contact with the
province's ethnic Albanian authorities, a new sign of
resistance as the Albanian majority pushes for
independence from Serbia this year.
At a protest in the town of Zvecan, leaders of the
50,000 Serbs in north Kosovo declared a "state of
emergency" in response to a spate of shootings that
they attribute to Albanian separatists.
They demanded the return of the Serbian police, who
were forced to leave the province in 1999 with the
Yugoslav Army under an agreement to end 78 days of
NATO bombing.
UN Security Council Resolution 1244 provides for the
return of up to 1,000 Serbian police.
....
The United Nations has contingency plans for an exodus
of Serbs in the event the 90-percent ethnic Albanian
majority gets its own state, while NATO said last week
that it planned to bolster patrols in the north by
reopening a military base.
In another development Monday, the Serbian Parliament
proclaimed the Balkan republic a sovereign state,
following Montenegro's decision to declare
independence from their union and dissolve what was
left of Yugoslavia.
The 126 lawmakers who voted unanimously acknowledged
that their state was the heir to the union of Serbia
and Montenegro - the last shred of what was once a
six-member Yugoslav federation. Parliament has 250
deputies, but the opposition boycotted the vote,
walking out just beforehand.

---

http://kosovareport.blogspot.com/2006/06/kosovo-premier-
congratulates.html

KohaVision TV (Kosovo)
June 5, 2006

Kosovo premier congratulates Montenegrins, thanks them for support

[Text of report by Kosovo Albanian television
KohaVision TV on 5 June]

[Announcer] By saying Yes to independence, Montenegro,
our neighbour in the West, has fulfilled its
aspiration to break away from Serbian control and
become an equal member of the family of sovereign and
independent nations of the world, Kosova [Kosovo]
Premier Agim Ceku said in his weekly radio address to
the nation.
The birth of this new country in the Balkans, on the
periphery of Europe is, according to the prime
minister, the *penultimate* act of Yugoslavia's
disintegration....
Our relations with Montenegro have shown signs of
improvement since the Dayton accords [US-brokered 1995
Bosnian peace agreement] and gradually culminated in
our liberation war....
The Kosova people will never forget the hospitality
the Montenegrin government and people showed during
1998-99 when they sheltered hundreds of thousands of
Albanians...the Kosova prime minister said.
....
It is time for the Montenegrin minority to come out
openly and help strengthen our institutions, our
common Kosova.
Kosova is awaiting a definition of its status,
independence and sovereignty.
We will then move faster towards Europe.
Until then we wish the Montenegrin government and the
people a good journey, prosperity and peace, assuring
them that we will soon meet in a united Europe, Kosova
Premier Ceku underlined in his weekly address.

---

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=9585128&PageNum=0

Itar-Tass
June 6, 2006

Moscow city govt donates USD 2 bln to Serbian refugees

BELGRADE - Moscow city government has donated two
million U.S. dollars to build housing for Serbian
refugees returning to Kosovo, a source at the
Coordinating Center for Kosovo and Metohija said on
Tuesday.
A delegation of the Moscow city government has arrived
in Belgrade to meet with the Coordinating Centre’s
head Sanda Raskovic-Ivic to discuss “technical
implementation of the project.”
The funds will be earmarked for building 75 homes in
Ljug and Blagaca, northeast of Kosovo.
Serbian families who fled from the region in 1999 will
be able to return to Kosovo by the end of the year.
“Construction work is already in progress,” the source
said.
Raskovic-Ivic expressed to the Moscow city government
“sincere gratitude for fraternal help for the Serbians
refugees returning to Kosovo.”
She pointed out that this process requires “long-term
comprehensive efforts and the Moscow city government
helped us a lot in this sense.”

---

From: tim fenton
Subject: [yugoslaviainfo] Council of Europe on Kosovo
Date: June 7, 2006 10:17:45 PM GMT+02:00

Not surprisingly the CIA has found the legal limbo of Kosovo &
Metohija suits their nefarious requirements to mistreat suspects
perfect. The Council of Europe paper published recently has the
following comments:

http://assembly.coe.int/Main.asp?Link=/CommitteeDocs/
2006/20060606_Ejdoc162006PartII-FINAL.htm#P1163_244624

264. Legality and fairness by no means preclude firmness, but confer
genuine legitimacy and credibility on a state’s inevitable preventive
actions. In this respect, some of the international community’s
attitudes are disturbing. I have already mentioned the unacceptable
practice involving the application of UN Security Council sanctions
on the basis of black lists. Another example is the situation in
Kosovo, where the international community intervened to restore
peace, justice and democracy: the inhabitants of this region are
still the only people in Europe – with the exception of Belarus –
not
to have access to the European Court of Human Rights; its prisons are
a virtual black hole, not open for inspections or monitoring by the
Committee for the Prevention of Torture. In the name of what
legitimacy, and with what credibility, is this same international
community entitled to lecture Serbia? Examples are more effective
than threats (Corneille).

[...]

291. The international community is finally urged to create more
transparency in the places of detention in Kosovo, which to date
qualify as ‘black holes’ that cannot even be accessed by the CPT.
This is frankly intolerable, considering that the international
intervention in this region was meant to restore order and lawfulness.
---

http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?
cat=Security&loid=8.0.307207490&par=0

ADN Kronos Internatioal (Italy)
June 6, 2006

KOSOVO: PROVINCE IS A HUMAN RIGHTS "BLACK HOLE" FOR SERBS, OFFICIAL
WARNS

Belgrade - The ethnic Albanian majority southern
province of Kosovo's tiny Serb minority is facing
annihilation, a senior Serb official on Tuesday warned
the UN chief representative in Kosovo, Soren Jessen
Petersen.
The Serbian government's coordinator for Kosovo, Sanda
Raskovic Ivic, told Jessen Petersen that Kosovo is a
‘black hole’ when it comes to human rights, blaming
the international community for not doing its job
there.
Since the continuing talks on Kosovo's final status
started last October, 186 ethnically motivated
incidents against Serbs have taken place, including
two murders and 20 serious injuries.
There will soon be no Serbs in Kosovo if the present
situation continues, Raskovic Ivic told Jessen
Petersen in a letter.
She pointed out that 140,000 remaining Serbs in Kosovo
live in isolated ghettos, without freedom of movement
and basic human rights, including the “right to live”.
Serb officials have previously accused Petersen of
bias in his support for the ethnic Albanian drive for
independence.
Serbs in Kosovo were the victims of constant
harassment and even murders by the majority ethnic
Albanians, Raskovic Ivic stated.
“Today, Kosovo and Metohija (the Serbian name for the
province) is a ‘black hole’ when it comes to human
rights, and many democratic countries keep assaulting
the territorial integrity of Serbia through their
officials and lobbyists,” said Raskovic.
"Serbs are the most endangered ethnic group in Europe.
Today an ethnocide is being carried out on its soil in
front of the international police force, which simply
looks the other way, not wishing to see the reality,”
she said.
Raskovic Ivic blamed the United Nations Mission in
Kosovo (UNMIK) for "killing even the Serbian word" by
censuring its press. "Only this time the gunshot did
not come from an Albanian sniper, it was fired from
UNMIK’s office,” Raskovic concluded.
The dramatic letter, distributed to the press, was
written on the eve of the seventh anniversary of
Kosovo being put under UN control in June 1999 and
ahead of Petersen’s imminent report to the UN Security
Council on the situation in Kosovo.
Over 3,000 Serbs have been killed or listed as missing
since the province was put under United Nations
control in 1999.
Belgrade and local Serbs oppose Kosovo's independence,
which they regard as the birthplace of their state,
preferring a form of broad autonomy for the province.
According to signals from world powers, the
international community is now moving towards granting
Kosovo independence - wanted by most of its 1.7
million ethnic Albanians.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/b92060806.htm

KOSOVO ALBANIANS ATTACK UN VEHICLE NEAR MITROVICA

BBC Monitoring International Reports - June 8, 2006, Thursday
Text of report in English by Belgrade-based Radio B92 text website on
8 June

Kosovska Mitrovica, 8 June: A group of Albanians attacked a United
Nations vehicle near Kosovska Mitrovica today.
"About 15 Albanians, slightly older than the age of 20, jumped out
onto the road. I had to slow down the bus to make sure that I would
not run anyone over. They used this move to approach the bus, kick it
and hit it with sticks and throw rocks at it. I was able to get the
bus out somehow, by swerving on the road and trying to escape," said
bus driver Aleksandar Trajkovic.
The back window of the vehicle was broken during the attack, but no-
one was injured.
This same bus had already been attacked twice in the same village of
Rudnik, once on 9 May and another time on 12 May. Since these
incidents, Kosovo police have been escorting the vehicle on its
trips, though today the police were, for unknown reasons, not present.
---

http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?
cat=Politics&loid=8.0.308264568&par=0

ADN Kronos International (Italy)
Jun 8, 2006

KOSOVO: UNHCR ACKNOWLEDGES PLAN FOR SERB EVACUATION

Pristina - The United Nations High Commission for
Refugees (UNHCR) has acknowledged the existence of a
contingency plan to evacuate 70,000 Serbs from the
southern Kosovo province if the region became
independent as expected this year.
In an interview with Belgrade daily Vecernje novosti,
Sandra Mitchell, an official of the UN administration
in Kosovo (UNMIK), played down the significance of the
plan, saying: "Such plans are prepared everywhere
where political processes with possible incidents are
taking place, which may influence the displacement of
people."
"The UNHCR plan for the acceptance of some 70,000
refugees from Kosovo is nothing unusual, but an
obligation of the organisation," said Mitchell.
But she added she was convinced the exodus would not
take place should the international community cede to
ethnic Albanian majority demands for Kosovo's
independence.
Mitchell said that several thousand Serbs have shown
interest in returning to Kosovo, after some 250,000
fled the province when it was put under UN control in
1999.
"Unfortunately, the number of returnees of Serb and
other non-Albanian communities is much smaller than
expected. According to UNHCR data, about 14,500 people
have returned, of which 40 percent are Serbs, which is
still a very small number," Mitchell said.
UNMIK this week announced it was sending some 500 new
international peackeepers to Kosovo to stem the rise
in inter-ethnic incidents that has occurred as Kosovo
appears to be moving closer towards independence.
UNMIK said that the reinforcements would be stationed
in northern Kosovo, populated mostly by Serbs, raising
speculations in Belgrade press that the purpose was
actually to prevent the partitioning of Kosovo if it
became independent.
Belgrade opposes Kosovo's independence, favouring
instead broad autonomy for the province's 1.7 million
ethnic Albanians.
However, ethnic Albanian leaders have said they will
settle for nothing short of independence.
UNMIK chief Soren Jessen Petersen is expected on 20
June to deliver a report to the UN Security Council on
the situation in the province.
Petersen’s term expires at the end of June and
Pristina media reported on Thursday that he would
leave the post, which would temporarily be taken over
by his deputy, American general Steven Shuck.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/b92060906.htm

SHOTS FIRED AT KOSOVO SERB RETURNEES, SAYS OFFICIAL

BBC Monitoring International Reports - June 9, 2006, Friday
Text of report by Belgrade-based Radio B92 text website on 9 June

Ljug, 9 June: Automatic rifle shots were fired last night at a house
in the settlement of Ljug, which is being used by Serb returnees
until their homes are ready.
Rados Vulic from the Kosovo Coordination Centre said that the attack
occurred at 0030 [2230 gmt] while there were 10 people in the house,
who are waiting for the completion of building work on their houses
in Ljug.
No-one was injured in the attack. "The aim of the assailants was to
intimidate Serbs, thereby dissuading them from settling down in their
new homes. Two days ago unknown perpetrators cut the power cable and
took away the electrical fittings from one of the houses, as well as
putting up an Albanian flag on another house also under
construction," Vulic said.
The incidents have been reported to the Kosovo Police Service.
---

http://kosovareport.blogspot.com/2006/06/serbs-in-northern-kosovo-say-
they-have.html

Associated Press
June 12, 2006

Serbs in northern Kosovo say they have formed own security units

KOSOVSKA MITROVICA - Serbs in tense northern Kosovo
said Monday they have formed neighborhood security
units following a recent spate of attacks in the area.
The U.N. police said they had no knowledge of such
units.
The Serb Coordination Center said in a statement that
the self-styled observation posts and vigilante groups
were set up at "potentially dangerous points" last
week to stave off possible attacks against the Serbs
in northern Kosovo.
"Constant attacks on the Serbs and their property,
from robberies to murders, have forced us to organize
ourselves," the statement said. It added that the
units were formed with the help of members of the
Kosovo police and former Serb police. No other details
were given.
There was no immediate comment from the U.N.
authorities in Kosovo, who have run the province since
a 1999 war. The U.N. police in Kosovska Mitrovica -
the divided city that is the center of northern Kosovo
- said they were not aware that the units were formed.
The Serbs last week have complained of growing
incidents in the region, and the U.N. authorities
promised to send additional police to step up
security.
Forming of Serb-only units could fuel tensions in
Kosovo, amid the ongoing U.N.-brokered negotiations
that will decide whether the province will gain
independence or remain part of Serbia.
Kosovo now formally is a Serbian province, but it has
been run by the United Nations and NATO since 1999,
when a NATO air war against Serbia forced Belgrade to
end a crackdown against Kosovo's ethnic Albanian
separatists and pull out of the province.
Ethnic Albanians in Kosovo insist on gaining
independence, while the minority Serbs and Belgrade
want the province to remain within Serbia.
Also Monday, Serbia's president Boris Tadic warned
that "any form of independence" for Kosovo would
destabilize the Balkans. Serbia has offered Kosovo
full autonomy from Belgrade's government, but not
territorial independence.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/fonet061106.htm

Kosovo Serbs report 70 incidents to UN envoy

BBC Monitoring Europe (Political) - June 11, 2006
Excerpt from report by Serbian independent news agency FoNet

Kosovska Mitrovica, 11 June: UN envoy for Kosovo status talks Marti
Ahtisaari has held talks in Kosovska Mitrovica with representatives
of the Serb National Council [SNV] of northern Kosovo who warned him
that democratic standards are not being achieved in Kosovo despite
UNMIK [UN mission in Kosovo] claims to the contrary.
SNV chairman Milan Ivanovic told a news conference that Ahtisaari was
informed about 70 ethnically-motivated incidents which had recently
taken place in the Mitrovica region.
Ivanovic said that the Finnish diplomat was warned that
representatives of Kosovo institutions were trying to conceal the
background to crimes against Kosovo Serbs.
"We told Ahtisaari in no uncertain terms that an independent Kosovo
is unacceptable for the Serbs and that it would lead to ethnic
cleansing of the Serb community," Ivanovic said. [Passage omitted]
---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=90104&ch=0

Focus News Agency
June 10, 2006

Billboards and Posters Against Serbian Goods Spring up in Kosovo

Kosovska Mitrovica - Billboards and posters appeared
all around Kosovo calling for a boycott of Serbian
goods in the region, the Serbian news agency TANJUG
reports.
The goods in question are products of Serbian
companies that produce building materials, foods,
medicine, etc.
According to the Serbian Statistical Institute in 2005
Serbia marketed in Kosovo goods amounting to EUR 144,4
million while Kosovo marketed on the Serbian market
goods amounting only to EUR 3,3 million.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/kp061406.htm

Another Serb municipality in northern Kosovo introduces emergency
measures

BBC Monitoring Europe (Political) - June 14, 2006, Wednesday
Text of report by Serbia-Montenegrin radio Kontakt Plus on 13 June

[Announcer] Leposavic municipal deputies decided today [13 June] to
introduce emergency measures in this northern Kosovo municipality and
to cut all ties with Kosovo interim institutions. Zeljko Tvrdisic
reports.
[Tvrdisic] This is the third municipality in northern Kosovo,
following Zvecan and Zubin Potok, which decided to cut ties with the
Kosovo government due to, as it was stated, alarmingly-worsened
security situation in this part of Kosovo. Besides the decision that
Serbs refuse to receive salaries and all other dues from Kosovo
institutions, the deputies also supported a general petition from
last week's rally in Zvecan, that they get self-organized for
security reasons. It was also mentioned that the Leposavic
municipality was prepared, if the previous petition is not met, to
take part in employing and financing 999 Serb policemen. The measure
passed by the Leposavic deputies stepped took immediate effect and
shall be implemented until perpetrators of numerous crimes have been
found, i.e. until the security situation in northern Kosovo has
stabilized.
---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/srna061506.htm

Bomb damages Kosovo customs vehicle

BBC Monitoring Europe (Political) - Jun 15, 2006
Excerpt from report by Bosnian Serb news agency SRNA

Zubin Potok, 15 June: Unknown persons hurled a bomb at a Kosovo
Customs Administration vehicle in front of the UNMIK [UN Interim
Administration Mission in Kosovo] building in Zubin Potok in northern
Kosovo at about 1600 [1400 gmt], Kosovo Police Service spokesman
Ranko Stanojevic has told SRNA.
"There were no casualties or injuries, although considerable material
damage was caused to the vehicle," Stanojevic said.
He said that a Kosovo police investigating unit immediately came to
the scene and started an on-site investigation. [Passage omitted]
---

KOSOVO-ALBANIANS OPEN FIRE AT BRITISH TOURISTS FOR DRIVING A CAR WITH
BELGRADE LICENSE PLATES
Itar-Tass - June 17, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/it061506.htm

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=10257893&PageNum=4

Itar-Tass
JUne 16, 2006

Kosovo Albanians open fire at car with British tourists

BELGRADE - Albanians opened fire at a car with British
tourists near the town of Jakovica in the west of
Serbia’s much-troubled province of Kosovo, diplomats
at the British mission in Kosovan capital Pristina
said.
A total of two British nationals were traveling around
Kosovo in a car rented in Belgrade.
The misfortunate incident occurred when they
encountered an automobile cortege with a wedding
procession.
Upon seeing an automobile with a Belgrade number
plate, the Albanians opened sporadic fire at it from
pistols and hunting guns, which inflicted heavy damage
on the car.
Kosovan mass media indicate the Britons had a narrow
escape – they jumped out of the automobile and took
hiding in a nearby forest until police arrived at the
scene.
Kosovo law enforcement agencies launched an inquiry
into the incident.

---

http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=18892&Cr=kosovo&Cr1=

UN News Centre
June 16, 2006

Kosovo: UN refugee agency remains concerned at persecution risk for
minorities

While removing two Roma communities from the list of
people considered at risk in Kosovo, the United
Nations refugee agency remains concerned for more than
400,000 Serbs, other Roma and Albanians who could face
persecution if they returned to places where they are
a minority in the multi-ethnic Serbian province.
“The fragile security environment and serious
limitations these people face in exercising their
fundamental human rights shows they should continue to
be considered at risk of persecution and should
continue to benefit from international protection in
countries of asylum,” UN High Commissioner for
Refugees (UNHCR) spokesman Ron Redmond told a news
briefing in Geneva.
“Return of these minorities should be strictly
voluntary, based on fully informed individual
decisions,” he added of UNHCR’s latest position paper
aimed at guiding states and others making decisions
about whether people from Kosovo should continue to
receive international protection in an asylum country.
The Ashkaelia and Egyptian Roma communities were taken
off the list thanks to positive developments within
the inter-ethnic environment, but the paper says their
returns should still be approached in a phased manner
due to the limited absorption capacity of Kosovo,
where Albanians outnumber Serbs and others by 9 to 1.
There are still more than 200,000 refugees and persons
of concern to UNHCR from Kosovo in western European
and other countries, with an equal number of
internally displaced persons (IDPs) in Serbia, and
some 18,000 persons of concern in neighbouring
Montenegro.
The report notes that although the overall security
situation in Kosovo has progressively improved over
the past year, it remains fragile and unpredictable.
Minorities continue to suffer from ethnically
motivated or criminal incidents. Many incidents remain
unreported as the victims often fear reprisals from
perpetrators.
Serbs and Roma continue to face serious obstacles in
accessing essential services in health, education,
justice and public administration.
Discrimination as well as low representation of
minorities in the administrative structures further
discourages minorities from exercising their basic
rights.
The UN has administered Kosovo ever since North
Atlantic Treaty Alliance (NATO) forces drove out
Yugoslav troops in 1999....Talks are now underway to
determine its future status and the return of Serb
refugees is seen as a crucial factor in reaching a
decision. Independence and autonomy are among options
that have been mentioned. Serbia rejects independence.

---

http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=26619&NrIssue=54&NrSection=20

MakFax (Macedonia)
June 16, 2006

Serbia demands independence for Republika Srpska

Belgrade - If Kosovo gains independence, then the
Republka Srpska (RS) should be granted the same right,
the President of the Coordination Center for Kosovo,
Sanda Raskovic-Ivic told RS television.
"If Kosovo and Metohija gain independence, then the
same right should be granted to RS, the Trans-Dneister
region, Abkhazia, Catalonia...", said Ivic for TRS.
According to her, there are around 50 locations
undergoing frozen conflicts but they are only "frozen
on the surface, while beneath is boiling".
"If we want to have, indeed, a short fuse for the
planet, and if someone from the international
community refuses to see it, to create a common
confusion everywhere and to open 50 more conflicts,
then the best way to do that is to grant independence
to Kosovo", said Raskovic-Ivic.

---

http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?
cat=Politics&loid=8.0.312217506&par=0

ADN Kronos International (Italy)
June 19, 2006

KOSOVO: TERROR ON RISE AHEAD OF SECURITY COUNCIL MEETING, SERBS WARN

Belgrade - Ahead of a United Nations Security Council
session on Kosovo, local Serbs warned on Monday of
growing “ethnic Albanian terrorism” in the province
which has been under UN administration since 1999.
The warnings came the same day as Kosovan police told
the SRNA news agency they had found a powerful
explosive device on a road some 2.5 kilometres from
the Kosovan capital, Pristina, near the building
housing offices of a number of international
organisations and a Serb police office.
Security for Serbs and other non-Albanians has
worsened in the last few months as the international
community neared a decision on the final status of the
province whose overwhelmingly ethnic Albanian majority
demands independence, Milan Ivanovic, a Kosovo Serb
leader, told a press conference in the Serbian
capital, Belgrade.
In the northern district of Kosovska Mitrovica alone,
there have been 70 incidents directed against Serbs,
including several murders and woundings, as well as
bombings, said Ivanovic, ascribing these to "Albanian
terrorism."
Ivanovic accused the departing UN chief in Kosovo,
Soren Jessen Petersen, of lobbying for the Albanian
cause and of misinforming UN secretary general Kofi
Annan on the situation in the province.
Petersen, a Danish diplomat who leaves his post this
month, will submit his final report to the UN Security
Council - the UN's top decision-making body - on
Tuesday.
Serbian officials, who oppose Kosovo's independence,
suspect that Petersen will present what they see as a
false picture of the situation in the province in
order to enhance the case for independence.
Annan has already submitted his report to the Security
Council, saying that the situation in Kosovo has
improved, Ivanovic told reporters. Annan's report was
based on a "false report by Jessen Petersen," said
Ivanovic.
Another Kosovo Serb leader, Marko Jaksic, said
two-thirds of Kosovan Serbs have left the province
since 1999, with just 100,000 having remained in the
province, living in isolated enclaves without basic
security and freedom of movement.
Serbs and other non-Albanians in Kosovo live in
conditions that are "ten times worse than those of
Albanians during the rule of (late Serbian president)
Slobodan Milosevic,” Jaksic said.
Serbian Orthodox Church Kosovo bishop Artemije pointed
out that 150 Orthodox churches have been damaged and
destroyed since 1999, and the "Serbian church heritage
in Kosovo has been endangered to the point of
destroying all traces."
The influential German daily Die Welt also criticised
Petersen in an article on Monday, saying he has become
increasingly aggressive in supporting the ethnic
Albanian cause before his departure at the end of
June.
Belgrade has disputed Petersen's claim that great
progress has been made in the Kosovo in last two
years, saying that barely 10,000 Serbs of the 230,000
who have fled the province since 1999 have returned
there.
In a strongly worded letter to Jessen Petersen earlier
this month, the Serbian government's coordinator for
Kosovo, Sanda Raskovic Ivic, told him the province is
a 'black hole' for Serb human rights and that Serbs
there risk annihilation.
Since the continuing talks on Kosovo's final status
started last October, more than 180 ethnically
motivated incidents against Serbs have taken place.
Some 3,000 Serbs and other non-Albanians have been
killed or listed as missing since UN took control of
the province.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/beta061906.htm

Church vandalised in Obilić

Beta - June 19, 2006
OBILIĆ -- Unknown vandals demolished a church in the centre of
Obilić, Kosovo and Metohija Radio reported.
According to reports, four crosses were removed from the church and
taken, as was the chimney on the right side of the church and part of
the roofing.
Municipal Coordinator in Obilić Mirče Jakovljević said that this is
yet another attack on everything that is Serbian in Obilić.
Jakovljević said that the church vandalism is yet another argument
that proves that the international community cannot and does not have
the power to stop such acts.
“This is further evidence that Serbs need new municipalities in
order to stay here. If this does not happen, then villages such as
Obilić will be ethnically clean very soon. We are questioning whether
KFOR is prepared to secure safety and security for us and our
children.” Jakovljević said.
No one from the Kosovo Police Service was willing to comment on the
incident. This same church in Obilić was set on fire on March 18, 2004.
---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/fonet062006.htm

Serb found dead at his home in Kosovo, police confirm

BBC Monitoring Europe (Political) - June 20, 2006, Tuesday
Excerpt from report by Serbian independent news agency FoNet

Gracanica, 20 June: Dragan Popovic from Klina was found dead today,
Pec police officer on duty Zef Krasniqi has confirmed for [Gracanica-
based] KiM radio.
He could not give more details regarding Popovic's cause of death,
and he only stated that Popovic was born in 1938.
Klina municipal coordinator Stojan Doncic has told KiM radio that
Popovic was killed in his house yesterday [19 June] evening, adding
that he was shot in the head.
---

http://www.defensenews.com/story.php?F=1882361&C=europe

Reuters - June 20, 2006

Kosovo Serbs Recruit Former Soldiers for Defense

By BRANISLAV KRSTIC

MITROVICA, SERBIA - Serbs in northern Kosovo have
recruited hundreds of former Yugoslav army soldiers to
defend them from attacks by ethnic Albanians pushing
for independence for the province, Serb officials said
on June 20.
It is the latest sign of resistance among the Serb
minority in the United Nations-run province to the
drive for independence by the two million ethnic
Albanian majority.
U.N.-led talks look likely to give Kosovo some form of
independence before year-end.
Officials in the north, home to 50,000 Serbs, said 385
former Yugoslav reservists had been employed by
municipalities to "organize defense in the event of
extremist violence."
"We have been forced into such a move because of
police ineffectiveness, and the cover-up of crimes and
their perpetrators," Zvecan mayor Dragisa Milovic told
Reuters. Officially, the "Civil Defence Service" will
not be armed.
The north, adjacent to central Serbia, cut ties last
month with Albanian authorities in the capital - a
move some analysts said was a precursor to a Serb bid
to partition the province.
The Serb police and army, then the Yugoslav army under
late [president] Slobodan Milosevic, were forced from
Kosovo in 1999 when NATO bombed...in a two-year war
with separatist guerrillas.
Around half the Serb population fled a wave of revenge
[sic] attacks. The 100,000 who stayed live on the
margins of society.
Kosovo’s outgoing U.N. governor, Soren
Jessen-Petersen, will tell the U.N. Security Council
on June 20 that Kosovo Albanian leaders have made
strides in improving the rights and security of the
remaining Serbs - something U.N. and Western diplomats
say is key to clinching independence.
The Serbs say this is a lie and blame a recent spate
of violence on Albanians bent on driving them out.
Jessen-Petersen, in a report seen in advance by
Reuters, will say the rate of ethnically-motivated
crime is falling. [As the number of remaining
potential victims decreases.]
Direct talks on Kosovo’s fate began in February in
Vienna under U.N. mediation. The crunch issue of
status should be on the table in late July, with
Western powers determined to end seven years of limbo
in Kosovo by the end of the year.
Diplomats say the West favors independence, but fear a
bid by Serbs in the north to partition Kosovo, a move
seen certain to spark Albanian retaliation and force
thousands to flee.
The U.N. has contingency plans for the exodus of
50,000 Serbs if Kosovo splits from Serbia.
The 17,000-strong NATO peace force said this month it
would bolster mobile units in the north by reopening a
military base there.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/kp062106.htm

Serbian church in northern Kosovo attacked again

BBC Monitoring Europe (Political) - June 21, 2006, Wednesday
Excerpt from report by Serbia-Montenegrin radio Kontakt Plus on 21 June

[Announcer] Unidentified persons have repeatedly damaged the church
of the Holy Apostle Andrew in Podujevo, KiM [Kosovo-Metohija] Info
Service today said. The church was demolished during the March
violence in Kosmet [Kosovo-Metohija] in 2004, but also on 2 April
this year when unknown persons broke into the church and smashed 15
windows. The attackers repeatedly broke into the church early in May
when two other windows were smashed in addition to the doors. Similar
demolition incident took place last week. Jasmina Scekic has the report:
[Reporter] This time the attackers again smashed the windows and
wrote fresh scandalous graffiti on the church walls. The Kosovo
police also confirmed that the church was repeatedly attacked this
month, which is the third registered case of attacks against this
church this year. Bishop Teodosije, a member of the committee for the
renewal of Serb holy sites in Kosmet, most vehemently condemned this
latest brutal attack against the church of the Holy Apostle Andrew in
Podujevo. The repeated attack against the church of the Holy Apostle
Andrew, only a month after the last attack, as well as the
desecration of the church in Obilic two days ago, shows that Serbian
Orthodox Churches are constantly targeted by hooligans and
extremists, and the municipal authorities and the Kosovo Police
Service [KPS] are neither willing nor capable of protecting Serbian
Orthodox churches under threat, Teodosije said.
As far as the very renewal is concerned, we are fully determined that
such attacks will not bother us, because giving up further renewal of
our holy sites would be the greatest concession, a gift to those who
wish to erase traces of the Serb people and our church in these
regions, the bishop said.
These days, a tender has been invited to repair the roof of Ljeviska
Mother of God in Prizren removed after an act of vandalism in
December last year. We will not accept the beginning of the works
unless 24-hour police protection is organized around this church,
Bishop Teodosije said.
---

ALBANIAN TERRORISTS VANDALIZE; PLANT LANDMINES IN KOSOVO-SERB CEMETERY
Radio-Television Serbia - June 22, 2006
http://www.slobodan-milosevic.org/news/rts062006.htm

http://mdn.mainichi-msn.co.jp/international/news/
20060620p2g00m0in033000c.html

Associated Press
June 20, 2006

Serb cemetery desecrated in Kosovo

PRISTINA, Serbia - Vandals have damaged tombstones in
a Serb cemetery in central Kosovo, police and a Serb
government center said Tuesday.
Sixteen graveside monuments were damaged in the Serb
village of Staro Gracko, 20 kilometers south of the
province's capital, Pristina, said police spokesman
Veton Elshani.
Police were at the scene investigating. Elshani said
it was not clear when the damage was done.
But a Serb government-run center in Kosovo, quoting
local Serb representatives, said a group got into the
cemetery early Tuesday and vandalized the monuments,
leaving behind broken crosses, benches and pots for
flowers and candles.
Kosovo has been run by a United Nations mission since
1999, when a NATO air war halted Serb forces'
crackdown on independence-seeking ethnic Albanians.
U.N.-brokered talks will determine whether Kosovo will
become an independent state, as the ethnic Albanians
demand, or remain attached to Serbia, as the
province's minority Serbs insist.

---

http://www.slobodan-milosevic.org/news/mina062106.htm

Bomb thrown on bus in Serb village near Kosovo's divided town of
Mitrovica

BBC Monitoring Europe (Political) - June 21, 2006, Wednesday
Text of report by Montenegrin Mina news agency

Kosovska Mitrovica, 21 June: An unidentified person has thrown an
explosive device on a bus of the Interturs company owned by Nebojsa
Radojcic of the village of Leposavic.
No-one was injured in the explosion which took place last night when
a hand grenade - of the so-called kasikara bomb make - was thrown and
caused damage to the bus.
Kosovo police members have inspected the scene but have not made the
details of the search public.
The village of Leposavic is populated mainly by Serbs. The garage
where the bus was parked at the time is situated near the Kosovska
Mitrovica-Raska [town in southern Serbia] main road.
---

http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?
cat=Security&loid=8.0.313738836&par=0

ADN Kronos International (Italy)
June 22, 2006

KOSOVO: GERMAN GENERAL KATER ASSUMES KFOR COMMAND

Belgrade - German general Roland Kater will replace
Italian general Giuseppe Valotta as commander of the
international forces in Kosovo (KFOR), Serbian media
reported on Thursday, quoting German defence ministry
sources.
Kater, 57, will be the third German to command KFOR
since Kosovo was put under United Nations control in
1999.
He will replace Valotta on September 1, when his one
year term expires.
Kater had already served in Kosovo in 1999/2000, when
he was a commander of a German contingent in the
province whose majority ethnic Albanians demand
independence.
Germany has 2,300 soldiers serving in the 17,000
strong international peacekeeping force in Kosovo.
Kater will take the command of KFOR at a crucial
moment as the international community is moving
towards determining the final status of the province.
Belgrade opposes Kosovo independence, but ethnic
Albanian leaders have said they would settle for
nothing less.
The international community, which safeguards peace in
Kosovo, fears a fresh outbreak of violence as the
status talks move to a close and has already beefed up
the international police in the province.

---

http://www.ft.com/cms/s/6a3a1564-04b0-11db-8981-0000779e2340.html

Financial Times
June 26, 2006

Blair warns Serbs to accept different vision for Kosovo

By Neil MacDonald in Belgrade and Mark Turner at the United Nations

Serbia must accept a "different vision" for the future
make-up of south-east Europe or face increasing
isolation and diminishing prospects of closer
relations with the European Union, Tony Blair, the UK
prime minister, will tell Vojislav Kostunica, his
Serbian counterpart, tomorrow
At a London meeting at which Belgrade is likely to be
pressed to meet its international obligations, such as
catching indicted war criminals, Mr Kostunica would
also be urged to accept the inevitability of
independence for Kosovo, the breakaway Serbian
province under United Nations administration, by the
end of this year, British officials said.
The warning comes amid increased diplomatic activity
as UN-mediated negotiations in Vienna over the status
of Kosovo approach their decisive political phase.
Six rounds of technical meetings have failed to
produce any breakthrough on the basic status question.
Belgrade is under pressure from the UK, US and the UN
administration in Kosovo to accept independence as the
"least problematic solution".
However, Mr Kostunica faces formidable domestic
pressure not to abandon Serbia's historical claims to
the province, now dominated by ethnic Albanians.
Belgrade continues to offer "the widest possible
autonomy" without conceding sovereignty.
The 100,000 remaining Kosovo Serbs have sounded alarm
bells about renewed ethnic violence aimed at driving
them out. Serbs who have returned to northern Kosovo
say they will pack up and go to central Serbia again
unless the UN interim administration tracks down the
murderer of Dragan Popovic, a 68-year-old Serb killed
last week on the doorstep of his home, to which he
returned last year after abandoning it in 1999.
While an autopsy showed a gunshot wound to the back of
his head, the UN administration refused to confirm an
ethnic motive for the killing.
UN officials warned Serbs against "any unilateral
security measures not within the bounds of law", such
as forming local militias.
Guaranteeing the rights and safety of the ethnic
minorities who make up 10 per cent of Kosovo's
population is the main test for the ethnic Albanian
leadership negotiating independence.
Roughly 200,000 people - including at least half of
the province's Serb population - from ethnic minority
groups fled Kosovo in the wake of the 1999 war.
Only around 5 per cent of those Serbs have returned,
despite a UN-brokered protocol on returns.
Soren Jessen-Petersen, chief UN administrator in
Kosovo, told the UN Security Council last week that
many Kosovo Serbs "feel confused, exposed and
isolated, and they do not know what to think about the
future".
But he also accused Belgrade of keeping them from
engaging in local democratic politics.
Serbian state-run newspapers recently exposed internal
UN plans for dealing with a "new Serb exodus" of
70,000 people from Kosovo in the event of
independence.
UN officials in Belgrade confirmed the existence of
emergency evacuation plans, but cautioned against
citing these as a "scare tactic".

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=144&newsid=91203&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria)
June 28, 2006

Vecerne Novosti: Agim Ceku Certain that Washington and London Back
Kosovo’s Independence

Pristina - “It is realistic to expect that the Kosovo
status might be determined by the end of the year, but
the possibility of a certain delay should not be ruled
out. The decision will probably meet our expectations,
which are related to independence”, Kosovo Prime
Minister Agim Ceku said, the Serbian Vecerne Novosti
newspaper reported.
According to him, the government in Pristina backs a
long-term solution of the Kosovo status, which means
that it should not be limited in time, as Belgrade has
proposed.
“I’m sure that in Washington and London, Kostunica
will be asked to prepare the Serb society for the
inevitable independence of Kosovo”, Ceku said.

---

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=128&newsid=91170&ch=0

Focus News Agency (Bulgaria)
June 27, 2006

Balkan Web: Albania and Kosovo Will Intensify Cooperation in all Spheres

Tirana - The encouragement of bilateral cooperation in
all spheres was the topic of today’s meeting in Tirana
between the Kosovo President Fatmir Sejdiu and the
Albanian Prime Minister Sali Berisa, Balkan Web
reports.
After the meeting Berisa evaluated the enormous
progress reached from Kosovo and announced that the
visit of Sejdiu in Tirana comes in very important
moment for Kosovo and for the region.
On his hand Fatmir Sejdiu pointed out that Kosovo will
take lesson from Tirana’s experience in process of
European integration.

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http://www.ft.com/cms/s/baff7c76-0642-11db-9dde-0000779e2340.html

Financial Times
June 28, 2006

Serbia warns of break with west over Kosovo

By Daniel Dombey in London and Neil Macdonald in Pristina

Serbia yesterday warned it could break with the west
unless the international community took a more
conciliatory approach over the issues of Kosovo and
the apprehension of an indicted war criminal.
Vojislav Kostunica, the Serbian premier, said that
Belgrade would not accept an imposed solution for the
majority ethnic Albanian province that many western
diplomats believe should be put on the path to
independence by the end of the year.
Speaking in London after meeting Tony Blair, his UK
counterpart, Mr Kostunica also labelled as "absurd"
the European Union's decision to halt negotiations on
closer ties with Serbia because of Belgrade's failure
to apprehend Ratko Mladic, a war crimes indictee.
But he did say that Serbia would draw up an "action
plan" on improving co-operation with the United
Nations tribunal on the former Yugoslavia, a step the
EU has called for.
An "imposed solution" would "certainly be rejected by
Serbia's parliament, and "that would inevitably mark
the turning point [for] . . . Serbia's relations with
the rest of the world," he said.
Within Serbia, support for the... Radical party is
rising and Mr Kostunica said the country was "becoming
tired of the constant pressure".
He singled out the EU's decision to halt talks on a
stabilisation and association agreement - a waystation
to membership - because Mr Mladic remains free.
"We have, in fact, ended up in a position where the
survival of an entire European democracy directly
depends on bringing to justice one single indictee,
which . . . is absurd," hesaid.
Mr Blair called for Serbia to comply with the wishes
of Kosovo's people and also to step up its
co-operation with the UN tribunal.
The UK has been at the forefront of calls for Belgrade
to live up to its obligations, while other
governments, notably France, have taken a more
conciliatory approach, concerned that Serbia could be
alienated from the EU.

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http://www.slobodan-milosevic.org/news/rts070106.htm

Kosovo Albanians arrested for attack on police in divided town - TV

BBC Monitoring Europe (Political) - July 1, 2006 Saturday
Text of report by Serbian TV on 1 July

Police have arrested five [ethnic] Albanians who attacked a Kosovo
Police Service patrol last night in the northern [Serb-populated]
part of Kosovska Mitrovica, agencies have reported.
The five Albanians first beat up two Serb members of the Kosovo
police, followed by their two Albanian colleagues on the Kosovska
Mitrovica - Suvi Do road.
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http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=29018&NrIssue=71&NrSection=20

MakFax (Macedonia)
July 5, 2006

Politika: Russia hints veto over Kosovo

Belgrade - Russia for the first time hinted at a
possibility to exercise its veto rights at the UN
Security Council provided that the Western countries
imposed independence for Kosovo, Belgrade's daily
Politika said.
The paper says Russia presented its stands to the
Contact Group members, and had for the first time
mentioned the possibility to veto a resolution
granting Kosovo independence.
Politika daily says at the Contact Group meeting, held
on 30 June in Brussels, Russian representative put on
the table an unofficial document containing four
paragraphs reflecting Russia's position on Kosovo
status talks.

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http://en.rian.ru/russia/20060706/51000794.html

Russian Information Agency (Novosti)
July 6, 2006

Putin warns against double standards in separatist republics

MOSCOW - Russian President Vladimir Putin warned
Thursday against any double standards in regard to
unrecognized republics in Georgia and Moldova.
South Ossetia and Abkhazia in Georgia and Transdnestr
in Moldova declared independence in the early 1990s
following the collapse of the Soviet Union. Russian
troops assisted ceasefire agreements in these
republics and have helped maintain a ceasefire since
then.
However, West-leaning central authorities in Moldova
and Georgia have recently been seeking expulsion of
Russian forces from the conflict zones.
"We will call on the international community to avoid
dangerous trends of applying double standards in
approaches to these republics' problems," Putin told a
Web cast.
When asked whether it was possible to hold
independence referenda in the breakaway republics, the
president said Russia respected territorial integrity
of Georgia and Moldova.
"But it is also important to respect the opinion of
people living in these territories," he said.
Putin said there had always been a contradiction in
the principles of international law and it remained at
present.
"[Russia] wants and will insist on such decisions to
be based on a universal principle to prevent such
cases when approaches to the regions like Kosovo are
different from those to Abkhazia or South Ossetia,
which is incorrect," Putin said.


( Le texte de Ed Herman: " Le nettoyage ethnique d'Israël - Comment l'Ouest et la Presse Libre Ont Accepté, Approuvé, et Occulté l'Interminable Nettoyage Ethnique d'Israël et son Racisme Institutionnalisé, en Violation de Toutes les Prétendues Valeurs des Lumières, Sous l'Image Hypocrite d'un Drame Cornélien " - http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2006-02-16%2008:49:01&log=invites -, paru dans le numéro de mars 2006 de Z Magazine, a été diffusé aussi par JUGOINFO le 17 fevrier 2006 )

Z Magazine, marzo 2006

 

Come l’Occidente e la stampa libera hanno potuto accettare, approvare e sottoscrivere la pulizia etnica e il razzismo istituzionalizzato di Israele, in violazione di tutti i pretesi valori illuministici e con un’ipocrisia che fa inorridire.

 

Edward S. Herman

 

Tradotto dall'inglese da Manno Mauro, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (tlaxcala@...). Questa traduzione è in Copyleft.

 

 

Uno dei più dubbi stereotipi degli intellettuali, editorialisti e sapientoni che sostengono l’interventismo umanitario è che i diritti umani, nei recenti decenni, sono diventati per gli Stati Uniti e le altre potenze della NATO molto più importanti di un tempo ed esercitano una grande influenza nella loro politica estera. David Rieff scrive che i diritti umani “sono diventati non un principio retorico soltanto ma un principio operativo nelle principali capitali occidentali”, e il suo virtuoso compagno d’armi Michael Ignatieff sostiene che i nostri accresciuti (superiori) «istinti morali» hanno rafforzato “la pretesa di intervento quando il massacro e la deportazione diventano politica di stato”.[1] Questa prospettiva è stata costruita in buona parte sulla base dell’esperienza – e della sua scorretta interpretazione – degli sviluppi durante lo smantellamento della Yugoslavia negli anni ’90 durante i quali la linea propagandistica è stata che la Nato era entrata in ritardo e con riluttanza nel conflitto per fermare la pulizia etnica e il genocidio perpetrato dai serbi, ma alla fine aveva avuto successo. L’intervento aveva le sue radici, secondo il pretesto addotto, nell’umanesimo di Blair-Clinton-Kohl-Schroeder, ed era sostenuto anzi quasi imposto a questi dirigenti da giornalisti e protagonisti dei diritti umani.

 

C’erano molti fatti che non quadravano con queste spiegazioni e analisi della recente storia dei Balcani, uno tra i più importanti, era che l’intervento Nato non era avvenuto in ritardo – era avvenuto invece piuttosto presto ed era stata la causa principale della pulizia etnica successiva, infatti l’intervento Nato aveva incoraggiato la divisione della Yugoslavia ma aveva lasciato senza protezione ampie minoranze nelle repubbliche appena proclamate per cui il conflitto etnico ne era risultato inevitabile; inoltre aveva sabotato accordi di pace tra i nuovi stati negli anni 1992-1994 ed aveva fatto sperare alle minoranze non-serbe un aiuto militare della Nato per giungere a soluzioni definitive, aiuti che poi alla fine esse ottennero. Le potenze della Nato giunsero a sostenere attivamente o passivamente le pulizie etniche più radicali delle guerre balcaniche,  e cioè quella avvenuta nella regione della Krajina in Croazia e quella nel Kosovo occupato dalla Nato a partire da giugno del 1999, a danno dei serbi.[2]
Altri problemi non si accordavano con la spiegazione che l’intervento Nato avesse fondamenti ed effetti umanitari, ma è altrettanto importante capire la selettività in questo centro di interessi e le radici politiche di questa selettività. Gli interventisti umanitari, per esempio, se ne stettero quasi completamente in silenzio durante i massacri e le deportazioni compiuti in Timor Est dall’Indonesia negli anni ‘90, lo stesso avvenne per i massacri e per il rogo dei villaggi curdi da parte della Turchia, per le uccisioni e l’enorme esodo di rifugiati in Colombia, e infine per il Congo dove massacri su larga scala furono realizzati in buona parte da invasori provenienti dal Ruanda e Uganda. Per qualche ragione l’«istinto morale» dei politici umanitari non si occupò di questi casi, in cui gli assassini erano alleati di questi politici ed ottennero armi, aiuti militari e formazione da parte loro. Altrettanto interessante è il fatto che l’istinto morale degli intellettuali e giornalisti interventisti umanitari non riuscì a non tenere in conto (vincere) l’attenzione interessata dei loro dirigenti politici ma invece lavorò in parallelo con quelle inclinazioni. Questo aiutò i loro dirigenti politici a colpire con violenza ancora maggiore (inseguire) i cattivi (malvagi) che avevano preso di mira, in parte stornando l’attenzione dai cattivi da sostenere e dai danni che essi stavano infliggendo alle loro (implicitamente indegne) vittime.

 

Il caso straordinario di Israele

 

L’esempio più interessante e forse il più importante di «istinto morale» abortito è quello che riguarda Israele, dove lo Stato è stato impegnato, per decenni, in una sistematica politica di spoliazione e pulizia etnica dei palestinesi nella Cisgiordania e Gerusalemme Est, non solo senza una risposta significativa da parte del Mondo Libero, ma anzi con inflessibile sostegno degli Stati Uniti e sprizzi (scatti) di approvazione e sostegno dei suoi alleati democratici. L’abilità (capacità) dei dirigenti politici occidentali, dei Media e degli intellettuali umanitari di infiammarsi contro cattivi da perseguitare come Arafat, Chavez o Milosevich, mentre  trattavano con gentilezza personaggi come Begin, Netanyahu e Sharon, considerati statisti meritevoli di aiuti militari, diplomatici ed economici, costituisce un piccolo miracolo di auto-inganno, di sfacciato uso di due pesi e due misure e di turpitudine morale.

 

Ciò che fa di tutto questo un miracolo è che le premesse così come pure le realizzazioni dello stato israeliano saltano in faccia all’intera gamma dei valori illuministici che si presuppone diano alla base della civiltà occidentale.

 

Prima di tutto si tratta di uno stato razzista per la sua ideologia e le sue leggi. Si proclama ufficialmente uno stato ebraico, il 90% della terra del paese è riservata ai soli ebrei, i palestinesi sono stati esclusi dalla possibilità di affittare o comprare terre possedute dallo Stato e occupate nel 1948 e successivamente, e gli ebrei che vengono da fuori hanno il diritto di immigrare (in Israele) e diventare cittadini  con privilegi superiori a quegli dei nativi non-ebrei. Questo genere di ideologia e legge era considerato inaccettabile quando a praticarlo era lo Stato di apartheid del Sud Africa, sebbene è interessante sapere che Reagan era «impegnato costruttivamente» con quello Stato, Margaret Thatcher lo trovava del tutto accettabile e le «operazioni anti-terroristiche» del Sud Africa venivano integrate in quelle del Mondo Libero.[3] Il trattamento degli ebrei in Germania da parte dei Nazisti, anche prima dell’organizzazione dei campi della morte, veniva ed è ancora considerato oltraggioso; il maltrattamento della popolazione ebraica in Unione Sovietica portò addirittura a una legislazione punitiva da parte degli USA (la legge Jackson-Vanik, ancora in vigore). Ma le leggi israeliane analoghe a quelle di Nurenberg e la costruzione di uno Stato fondato sulla discriminazione razziale è accettato dall’Occidente erede dell’Illuminismo. Il «popolo eletto» sostituisce la «razza dominatrice» e ciò non solo viene accettato ma Israele è addirittura considerato una democrazia modello e una «luce tra le nazioni del mondo» (Anthony Lewis). Per implicazione, anche la creazione da parte di Israele di un gruppo di esseri umani che sono cittadini di seconda classe per legge (o di una classe ancora più in basso nei territori occupati), legalmente e politicamente degli «untermenschen», diventa accettabile. Questo è un unico sistema di «razzismo privilegiato».

 

In secondo luogo, allo Stato israeliano è stato concesso di ignorare numerose Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza  e la Quarta Convenzione di Ginevra riguardanti l’occupazione della Cisgiordania, così pure la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sul suo muro dell’apartheid il quale deruba i palestinesi di una buona quantità della loro terra e acqua, demolisce migliaia di loro case, abbatte molte migliaia di loro ulivi, distrugge le loro infrastrutture e crea, in tutta la Cisgiordania occupata, una moderna rete di strade per soli ebrei mentre impone seri ostacoli al movimento dei palestinesi nei territori occupati. [4] Questa pulizia etnica sistematica è stata realizzata da un esercito estremamente ben addestrato e ben equipaggiato che opera contro una popolazione indigena praticamente disarmata, per fare spazio a coloni ebrei e in violazione della legalità internazionale riguardo al comportamento che una potenza occupante è tenuta a rispettare. Questo è un sistema unico di «pulizia etnica privilegiata», «violazione privilegiata della legalità» e «eccezioni privilegiate alle decisioni del Consiglio di Sicurezza e della Corte Internazionale».

 

In terzo luogo, Israele ha attraversato periodicamente i suoi confini per far la guerra ai suoi vicini – l’Egitto, la Siria, e il Libano – ha effettuato bombardamenti supplementari o atti di terrorismo contro questi tre paesi e inoltre anche contro la Tunisia, per molti armi ha mantenuto un esercito terrorista per procura in Libano mentre conduceva numerosi raid terroristici in quei paesi (in quel paese) con la sua politica del pugno di ferro, infliggendo pesanti perdite civili. [5] Mentre si dichiarava che l’invasione del Libano del 1982 avveniva in risposta di attacchi terroristici, in realtà essa avvenne senza che ci fossero attacchi terroristici (malgrado un certo numero di deliberate provocazioni israeliane) e la paura di dover negoziare con i palestinesi piuttosto che continuare con la pulizia etnica nei loro riguardi. [6] Naturalmente non ci furono punizioni o sanzioni contro Israele per queste azioni, dal momento che Israele beneficia del «privilegio del diritto all’aggressione, al terrorismo di Stato, e sponsorizzazione del terrorismo», che non è unico ma deriva dallo status del paese come alleato degli Stati Uniti e stato cliente.

 

In quarto luogo, dato il diritto concesso a Israele di effettuare la pulizia etnica dei palestinesi, di terrorizzarli in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e la legalità internazionale, ne consegue che le sue vittime non hanno diritto a resistere. Possono essere cacciate dalla loro terra, le loro case possono essere demolite, gli ulivi sradicati, e la gente uccisa dall’IDF [Israeli Defense Force, esercito israeliano, ndt] o dalla violenza dei coloni, ma la resistenza armata da parte loro è inaccettabile «terrorismo», da deplorare profondamente. Circa un migliaio di palestinesi furono uccisi dagli israeliani durante la prima fase non violenta di resistenza nella prima Intifada (1987-1992), ma la loro resistenza passiva non ha avuto effetti sull’occupazione illegale, la comunità internazionale non fece nulla per alleviare le loro disgrazie, e Israele  aveva il tacito accordo con gli Stati Uniti che esso sarebbe stato sostenuto nella violenta risposta all’Intifada fino a quando la resistenza non fosse stata sconfitta. Il rapporto di palestinesi assassinati in quegli anni rispetto agli israeliani era di 25 a 1 o addirittura più alto, ma dato il diritto di terrorizzare concesso a Israele, erano ancora i palestinesi che venivano definiti terroristi.

 

In quinto luogo, gli israeliani, essendo stato loro concesso il diritto di non rispettare la Legalità Internazionale, di terrorizzare i palestinesi e di effettuare la pulizia etnica contro di loro, si sono sentiti liberi di eleggere alla testa del governo un uomo responsabile di una serie di attacchi terroristici contro i civili e, a Sabra e Chatila, di un massacro di un numero di civili palestinesi stimato tra 800 e 3000. Ironicamente, il tribunale dell’Aia sulla Yugoslavia ha sostenuto che l’intenzione di commettere genocidio può essere dedotta da una singola azione tesa ad uccidere tutte le persone di un determinato gruppo in una piccola regione, anche se quell’azione non fa parte di un piano generale di sterminio dell’intera etnia ovunque essa si trovi, e lo ha fatto citando la loro precedente decisione e inoltre una risoluzione dell’Assemblea dell’ONU del 1982 che definiva il massacro di 800 / 3000 palestinesi a Sabra e Chatila «un atto di genocidio».[7] Ma, naturalmente, quel tipo di sentenza del Tribunale fu applicata soltanto per colpire i Serbi – non solo non fu applicata dall’Occidente nei confronti di Sharon, ma nemmeno ebbe l’effetto di impedirgli di diventare un onorato capo di governo.

 

In sesto luogo, fu fatto in modo che quelle offensive parole («un atto di genocidio», ndt) non si potessero applicare alle azioni degli israeliani, proprio in virtù del diritto loro concesso di terrorizzare ed effettuare la pulizia etnica. Furono invece applicate con grande sfogo di indignazione alle operazione serbe in Kosovo, che altro non erano se non manifestazioni di una guerra civile (aizzata da fuori) e non lo furono nel caso israeliano in cui quello Stato è impegnato a rimuovere e sostituire la popolazione indigena con un diverso gruppo etnico. Non solo Israele è stato esentato dall’uso di quelle parole perfettamente adatte al suo caso, ma ha anche ottenuto il beneficio del privilegio di poter usare a suo vantaggio le parole «sicurezza» e «violenza». I palestinesi possono essere di gran lunga meno al sicuro degli israeliani e sottoposti ad un livello di violenza molto più alto e durevole, ma ancora una volta sono i palestinesi che devono ridurre il ricorso alla violenza e il problema è sempre come fare per rendere Israele ancora più sicuro. La sicurezza palestinese non viene presa in considerazione in Occidente, perché il fatto che siano delle vittime non interessa nessuno e perché la loro insicurezza è il risultato del loro rifiuto di accettare la pulizia etnica e della loro volontà di resistenza. Essi sono «vittime indegne», a causa di una profonda parzialità politica a loro sfavore.

 

Il processo di pulizia etnica, che comporta terrorismo all’ingrosso, ed è la causa che ha provocato in risposta un terrorismo al dettaglio da parte di palestinesi, viene in realtà presentato (insieme al muro) non come un programma deliberato per «redimere la terra» per il popolo eletto ma come una necessaria «risposta legittima di  Israele al terrorismo».[8] E così i primi e principali terroristi se la passano liscia!

 

In settimo luogo, Israele è l’unico stato mediorientale che ha accumulato uno stock di armi nucleari, e in questo è stato aiutato non solo dagli Stati Uniti ma anche dalla Francia e dalla Norvegia. [9] Questo è avvenuto malgrado i 39 anni di pulizia etnica, le continue e insuperate violazioni delle richieste del Consiglio di Sicurezza e della Legalità internazionale, e le periodiche invasioni dei paesi confinanti. Questo privilegio di aver diritto ad armi nucleari accompagnato dall’esenzione dal rispetto della legislazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e del Trattato di Non-Proliferazione (TNP) deriva dagli altri privilegi di cui sopra e in ultima analisi dalla protezione e copertura della potenza statunitense.

 

In ottavo luogo, il Mondo Libero è rimasto inorridito all’idea che l’Iran possa mettersi in condizione di acquisire armi nucleari in un prossimo futuro. L’Iran, naturalmente, è stato minacciato di «cambiamento di regime», di bombardamenti ed altri attacchi sia dagli Stati Uniti, sia da Israele, ma il comportamento dell’Iran si contrappone al regime di privilegio secondo il quale solo Israele (e la superpotenza che lo finanzia) hanno un problema di sicurezza e il diritto all’autodifesa; gli altri, come i palestinesi della Cisgiordania, devono accettare una posizione di inferiorità, forte insicurezza, la pulizia etnica e muri e  politiche di apartheid. Altri ancora, come l’Iran, devono vedersela con le minacce di attacchi e sanzioni per essersi impegnati in azioni legali e forse per cercare di dotarsi di mezzi nucleari di autodifesa, senza l’aiuto del Mondo Libero che segue attivamente una politica di appeasement nei confronti degli Stati Uniti e del suo cliente mediorientale. E così Israele non solo ha un privilegio nucleare, è riuscito anche a fare in modo che il Mondo Libero lo aiuti a monopolizzare quel privilegio nel Medio Oriente, il che, naturalmente, gli dà ancora più ampia libertà di continuare la pulizia etnica.

 

In nono luogo, Il Mondo Libero è stato sconvolto dalla vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi del 26 gennaio 2006. Si ritiene diffusamente che questo può disturbare il «processo di pace» e George Bush non è pronto a negoziare con un gruppo che usa la «violenza»! La violenza, tuttavia, è la specialità di Bush e degli Stati Uniti, con tre importanti aggressioni negli ultimi sette anni e un programma apertamente annunciato di dominio basato sulla superiorità militare; in quanto alle operazioni di Israele in Palestina, esse sono violente ben al di là di qualsiasi cosa siano riusciti a fare in risposta i palestinesi, sebbene secondo la ridicola partigianeria  dell’Occidente l’«attentato suicida» è orripilante mentre le «uccisioni mirate non lo sono, (se invece i palestinesi avessero la capacità di uccidere in modo mirato i dirigenti israeliani chi dubita che anche questo non sarebbe orripilante?) Ma così come la parola «terrorismo» non si può applicare alle azioni degli Stati Uniti e del suo cliente israeliano, allo stesso modo non può essere fatto per l’offensiva parola «violenza». Questi Stati si limitano a fare «ritorsioni» e usano la violenza in modo riluttante per «autodifesa» e sempre con le migliori intenzioni al servizio della loro «sicurezza» e dei loro fini umanitari  - e l’Occidente si beve tutto questo.

 

Hamas ha visto crescere la sua popolarità perché Fatah e i suoi dirigenti non son riusciti a fermare il processo di pulizia etnica e si sono dimostrati incapaci di fermare la progressiva miseria dei palestinesi, con Israele che non ha dovuto far altro che calpestare i dirigenti di Fatah e far fallire completamente il periodo in cui sono stati in carica. Hamas in verità ricevette dei fondi da Israele anni fa, il quale perseguiva l’obiettivo di dividere i palestinesi e indebolire il partito laico di Fatah. Israele riuscì in questo, ma ora che un gruppo islamico ha preso il potere lo stato ebraico e il suo protettore troveranno un’altra ragione per evitare di giungere a qualsiasi accordo finale negoziato con i palestinesi, che hanno votato per un partito che non rifugge dalla violenza come hanno fatto Sharon e Bush! Hamas si rifiuta anche di disarmarsi e insiste sul diritto di difendere il suo popolo contro una occupazione finalizzata ad una spietata pulizia etnica, ma in Occidente questo è irragionevole dal momento che solo una parte ha il diritto di armarsi, di auto-difendersi e di preoccuparsi per la propria «sicurezza». Non c’è diritto alla resistenza in questo caso di avvizziti istinti morali.

 

Il «processo di pace» è il supremo sviluppo dell’assurdo Orwelliano; io così lo definii qualche anno fa, in un dizionarietto del Doublespeak: E’ processo di pace “qualsiasi cosa il governo americano si trovi a fare o sostenere in una regione di conflitto in un determinato momento. Non è necessario che si concluda con la cessazione del conflitto o che si sviluppi, nel breve o lungo periodo, in durature operazioni di pacificazione.” Così il «processo di pace» in Palestina, accettato fermamente o sostenuto attivamente dal governo americano, è stato caratterizzato dall’intensificarsi della pulizia etnica, la distruzione dell’infrastruttura palestinese, lo stanziarsi di circa 450 000 coloni ebraici in Cisgiordania, la costruzione di un muro di apartheid e l’impossessarsi da parte di Israele di gran parte di Gerusalemme Est – in altre parole: l’imposizione per mezzo di terrorismo di stato di «fatti sul terreno» sufficienti a rendere impensabile qualsiasi tipo di efficiente Stato palestinese. Ma per gli organi di propaganda del Mondo Libero, vi è stato un «processo di pace» significativo in marcia, un processo che l’elezioni vinte da Hamas potrebbero interrompere! [10]

 

Come possiamo spiegare l’abominio di questa ipocrisia?
 
Tutto questo è successo perché la dirigenza israeliana ha voluto conquistare un lebensraum per il popolo eletto, gli indigeni palestinesi si sono opposti e si è dovuto cacciarli, gli israeliani sono stati in grado di fare ciò grazie al decisivo aiuto militare e diplomatico degli Stati Uniti. Questo processo si è alimentato da sé. Cioè, ogni eventuale resistenza violenta dei palestinesi, insieme alla relativa debolezza e vulnerabilità del popolo palestinese, ha esacerbato la base razzista del progetto di pulizia etnica, facendo crescere la sua crudeltà nel corso degli anni, sostenuta dalla scelta recente da parte degli israeliani di un grande criminale di guerra alla testa del governo. Il sostegno e la protezione americana di questo progetto sono stati decisivi, dal momento che hanno impedito qualsiasi efficace risposta internazionale ad una politica che viola i principi basilari della morale e della legge, che qualora fosse condotta da uno stato preso di mira porterebbe a bombardamenti e processi per crimini di guerra. [11]

 

Il ruolo degli Stati Uniti, e la neutralizzazione di qualsiasi «istinto morale» negli stessi Stati Uniti, deriva in parte da considerazioni geopolitiche e dal ruolo di Israele come agente per procura, che fa rispettare gli interessi americani, e in parte dall’abilità della lobby pro-israeliana e del suo elettorato di base e dai sostenitori della destra cristiana di intimorire i Media e la politica affinché sostengano tacitamente o apertamente il progetto di pulizia etnica. Le tattiche della lobby includono lo sfruttamento del senso di colpa, in riferimento all’Olocausto, l’equazione che ogni critica alla pulizia etnica israeliana equivale ad «antisemitismo» insieme a intimidazioni dirette e tentativi di soffocare critiche e dibattito[12] - sforzi che si intensificano quando il processo di pulizia etnica aumenta in malvagità.

 

Questi sforzi sono stati favoriti dai fatti dell’11 settembre e dalla «guerra contro il terrore», che hanno contribuito a demonizzare gli arabi e a rendere la politica di Israele parte di quella cosiddetta guerra.  La lobby e i suoi rappresentanti nell’amministrazione Bush sono stati gli entusiasti sostenitori dell’aggressione contro l’Iraq ed ora lottano con forza per ottenere una guerra contro l’Iran – in realtà la lobby è l’unico settore della società americana che chiede a gran voce un confronto armato con l’Iran ed è già da tempo impegnata in una grande campagna per convincere Bush e il Congresso affinché gli Stati Uniti prendano l’iniziativa. La guerra contro l’Iraq ha fornito un’eccellente copertura ad Israele per l’intensificazione della pulizia etnica in Palestina, e un’altra guerra, malgrado i seri rischi che comporta, potrebbe aiutare a compiere un’ulteriore balzo nella pulizia etnica è forse anche il «trasferimento» di una popolazione che pone una «minaccia demografica».

 

Il modo di comportarsi della «comunità internazionale» di fronte al progetto di pulizia etnica è stato vergognoso. Favorevolissimo ad una guerra e al processo dei cosiddetti cattivi nella ex-Yugoslavia, dove gli Stati Uniti si erano accontentati di opporsi, selettivamente, alla pulizia etnica,  l’Unione Europea, Kofi Annan, la maggior parte delle ONG, e gli Stati arabi, si sono comportati da vigliacchi quando si trattava di sanzionare Israele; il loro «istinto morale» è stato paralizzato dall’attaccamento che gli Stati Uniti hanno per Israele, dalla forza di Israele e della sua diaspora, dallo sfruttamento del senso di colpa per l’Olocausto e, nell’UE, dal pregiudizio razzista sopravvissuto al suo passato coloniale ed esacerbato dalle ondate di propaganda che mettevano al primo posto gli «attentati suicidi» e all’ultimo le uccisioni mirate, la massiccia, illegale e brutale oppressione dei palestinesi, il furto della loro terra.

 

La negazione dell’Olocausto è riprovevole, ma nell’attuale contesto politico è confinata ad elementi marginali e non ha un impatto reale, eccetto che fornisce forse un diversivo per coloro che sono impegnati nella «negazione della pulizia etnica», la quale, per quanto riguarda Israele, è un’operazione reale e diffusa tra le elite occidentali ed ha serie conseguenze.

 

Conclusioni

 

La Palestina è un’area di crisi di suprema importanza, dove un popolo praticamente indifeso è stato oppresso, umiliato, ridotto in miseria e sottoposto ad un processo di dislocazione in favore di coloni protetti da una mastodontica macchina militare, protetta e rifornita, volta a volta, dagli Stati Uniti, con il tacito consenso, se non di più, del resto del Mondo Libero. La grossa preoccupazione per il Mondo Libero ora è la seguente: vorrà Hamas starsene buona e accettare la pulizia etnica (ancora attivamente in opera) ed un eventuale status di bantustan, nella migliore delle ipotesi? o metterà in pratica la sua minaccia di resistere e si darà al «terrorismo»?  Il potere e il razzismo hanno neutralizzato in Occidente l’«istinto morale» nei confronti di questo caso molto importante.

 

La Palestina è effettivamente un caso molto importante; in parte perché diversi milioni di palestinesi vengono ridotti alla miseria in un tragico sistema di violenza a cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale potrebbero porre un termine molto facilmente con un semplice «basta!» rivolto a Israele, ponendo fine agli aiuti e minacciando eventuali sanzioni. Ma nel Mondo Libero le cause del problema non sono considerate l’occupazione e la pulizia etnica, piuttosto invece la resistenza ai soprusi. Questa prospettiva è stupida e immorale; è in realtà una giustificazione del sostegno razzista e politicamente opportunista che l’Occidente dà al progetto di pulizia etnica.

 

La situazione in Palestina è molto importante anche perché centinaia di milioni di arabi e oltre un miliardo di persone di fede islamica, e miliardi altre persone, interpretano il trattamento che l’Occidente riserva ai palestinesi come il riflesso di un atteggiamento razzista e colonialista verso gli arabi, i musulmani e più in generale i popoli del Terzo Mondo. E’ un magnifico congegno che produce terrorismo anti-occidentale, ma anche, cosa più importante, un congegno che produce profonda rabbia, odio e sfiducia verso l’Occidente e la sua causa. E’ un cancro che fa presagire disgrazie per il futuro della condizione umana.

 



[1] David Rieff, A New Age of Liberal Imperialism?, World Policy Journal, estate 1999, Ignatieff è citato da Rieff.
[2] Vedi Susan Woodward, Balkan Tragedy, Brookings, 1995; Diana Johnstone, Fools’ Crusade, Pluto and Monthly Review, 1999; David Owen, Balkan Odyssey, Harcourt Brace, 1995; Leonard J Cohen, Serpent in the Bosom: The Rise and Fall of Slobodan Milosevic,Westview, 2001.
[3] L’integrazione dei servizi segreti occidentali e degli «esperti», inclusi quelli del Sud Africa dell’apartheid, è descritta nel libro di Edward Herman e di Gerry O’Sullivan The Terrorism Industry, Pantheon, 1990.
[4] Per una buona illustrazione di questo processo di spoliazione, brutalizzazione e immiserimento vedi Noam Chomsky, The Fateful Triangle, South End, 1999, cap. 8; Kathleen Christison, The Wound of Dispossession, Ocean Tree Book, 2003; Norman Finkelstein, Beyond Chutzpah, University of California, 2005, Part 2; Michel Warschawsky, Toward an Open Tomb, Monthly Review, 2004, Jeff Halper, Despair: Israel’s Ultimate Weapon, Center for Policy Analysis on Palestine, 28 marzo 2001, ( http://www.thejerusalemfund.org/carryover/pubs/20010328ib.html ); e Jeff Halper, The 94 Percent Solution: A Matrix of Control, Middle East Report, ( http://www.merip.org/mer/mer216/216_halper.html ), autunno 2000.
[5] Noam Chomsky, Pirates &Emperors, Claremont Research, 1986, Cap. 2; Noam Chomsky, The Fateful Triangle, South End, 1999, cap. 9.
[6] Yehoshua Porath, un esperto israeliano del movimento nazionale palestinese, ha scritto in Ha’aretz il 25 giugno del 1982 “Mi sembra che la decisione del governo [di invadere il Libano] ... è la conseguenza proprio del fatto che il cessate il fuoco è stato rispettato [dai palestinesi]”. Per maggiori dettagli, vedi Noam Chomsky, The Fateful Triangle, South End, 1999, p. 198-209.

[7] Nel giudizio richiesto dal Pubblico Accusatore Radislav Krstich del 2 agosto 2001 (IT-98-33-T), ( http://www.un.org/icty/krstic/TrialC1/judgement/index.htm ), Sezione G, «Genocidio»
(http://www.un.org/icty/krstic/TrialC1/judgement/krs-tj010802e-3.htm#IIIG ), approx. pars. 589-595, ed anche nota 1306, il Tribunale si richiamò a una “Risoluzione del 1982 dell’Assemblea Generale dell’ONU che l’assassinio di almeno 800 palestinesi nei campi profughi di Sabra e Chatila quell’anno fu «un atto di genocidio».” La Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU era denominata «La situazione in Medio Oriente» (A/RES/37/123), Sezione D, 16 dicembre 1982 ( http://www.un.org.documents/ga/res/37/a37r123.htm ).
[8] Citazione di Gerald Steinberg, studioso della politica israeliana, in Chris Mc Greal, Worlds Apart, Guardian, 6 febbraio 2006 ( http://www.guardian.co.uk/israel/Story/0,,1703245,00.html ). Un recente articolo di Ha’aretz basato su un rapporto dei gruppi per i diritti umani B’tselem e Bimkom afferma e dimostra che “la principale considerazione per il tracciato di numerosi segmenti del muro è solo l’espansione degli insediamenti” ( http://www.haaretz.com/hasen/spages/685938.html )
[9] In realtà anche dalla Gran Bretagna. Recentemente anche la Germania ha contribuito ad armare ancora più pericolosamente Israele, fornendogli sottomarini capaci di portare missili con testate nucleari (ndt).
[10] Vedi Washington’s Peace Process,  in Chomsky, The Fateful Triangle, capitolo 10.
[11]  Slobodan Milosevic fu incriminato dal Tribunale sulla Yugoslavia, il 22 maggio 1999, per responsabilità di dirigente, per la morte di 344 albanesi kosovari, quasi tutti uccisi in seguito all’inizio di una guerra di bombardamenti da parte della NATO il 24 marzo 1999; Sharon, invece, fu considerato, persino da una commissione israeliana, responsabile del massacro di Sabra e Chatila, nel quale furono massacrati più del doppio di palestinesi, per la maggior parte donne, bambini ed anziani. Ma come abbiamo già notato in questo articolo, Sharon è soggetto a sistemi diversi di giudizio e trattamento.
[12] Vedi Johan Wallach Scott, Middle East Studies Under Siege, The Link, gennaio-marzo 2006.

 

 


NO ALLA DISTRUZIONE DEL TERRITORIO!
NO A NUOVI INSEDIAMENTI MILITARI!

IN CONCOMITANZA CON LA RIUNIONE A ROMA DEL TAVOLO TECNICO CHE DOVREBBE DECIDERE L’APPROVAZIONE DEL PROGETTO, L’OSSERVATORIO CONTRO LE SERVITU’ MILITARI PROMUOVE

 

MERCOLEDI 5 LUGLIO
ORE 18.30
SIT-IN DAVANTI ALL’AEREOPORTO
DAL MOLIN

 

(INGRESSO AEREOPORTO CIVILE V. S. ANTONINO)
 
PER DIRE NO AD UN PROGETTO CHE PREVEDE UNA NUOVA, IMMENSA COLATA DI CEMENTO
 
PER DIRE NO AD UNA STRUTTURA CHE DOVREBBE OSPITARE TRUPPE AEREOTRASPORTATE DESTINATE AI VARI TEATRI DI GUERRA
 
PER DIRE NO AD UN PROGETTO TENUTO FINORA NASCOSTO A TUTTA LA CITTA’!
 
TUTTA LA CITTADINANZA E’ INVITATA A PARTECIPARE

 

 

Osservatorio contro le servitù militari di Vicenza

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Promemoria, per chi vuol sentire 
(per gli altri ha ragione il proverbio: non c’è peggior sordo…)

Baghdad, Kabul, Teheran... Dal Molin: Vicenza in guerra?


La “nuova strategia”

Cominciamo dall’Iraq. Si parla di piani di rientro. C’è stato il cambio e la riduzione del contingente: la brigata Garibaldi al posto della Sassari, 1.600 uomini al posto di un numero circa doppio, che staranno sul posto “presumibilmente fino alla conclusione della missione, fissata entro l’autunno”, si legge in un riquadro de La Repubblica del 29 giugno. La missione citata è quella chiamata “Antica Babilonia”, iniziata nel giugno 2003, tre mesi dopo che la 173.esima Brigata aviotrasportata USA, di stanza alla caserma Ederle di Vicenza, aveva “aperto la strada” nel Kurdistan iracheno. “Il dimezzamento del contingente entro giugno era stato calendarizzato dal precedente governo” conclude il trafiletto “e mantenuto dall’attuale esecutivo”. Ma non è ancora chiaro quali siano i piani di ritiro di tutto il contingente, cioè quando finirà la nostra partecipazione a quella guerra sempre più sbagliata e tragica. 
Ricordiamo che meno di un mese fa, commentando l’ultima (finora) morte di un militare italiano a Nassiriya, il Presidente Romano Prodi ha ribadito nelle aule parlamentari che “i terroristi non detteranno l’agenda del rientro”. Di quali “terroristi” stava parlando? Chi attacca un convoglio militare di un esercito di occupazione, secondo le norme di diritto internazionale, deve essere definito un “resistente” che agisce legittimamente per liberare la propria terra dagli aggressori, non un “terrorista”. 
Saranno invece i terroristi istituzionali, coloro che bombardano e devastano intere regioni con armi che provocano, oltre ai morti immediati, effetti letali nel lungo periodo sulla vita e l’ambiente (uranio impoverito, fosforo bianco ecc.), coloro che imprigionano e rapiscono e torturano in nome della “democrazia e della libertà” (Abu Ghraib, Guantanamo ecc.), coloro che davanti ai consessi internazionali hanno mentito e spudoratamente ancora mentono, che detteranno l’agenda del rientro italiano?! Queste non sono invenzioni dei “soliti arrabbiati e sospettosi”. Basta leggere il titolo di un articolo de Il Giornale del 22 giugno: “Washington striglia il governo Prodi: il ritiro dall’Irak è tutto da discutere”. “Gli Stati Uniti” si legge nel testo “ hanno inviato a Roma Barbara Stephenson, deputy senior advisor del Dipartimento di Stato, esperto di pianificazione e ricostruzione, per guidare un gruppo di lavoro che dovrà incontrare gli esponenti del governo italiano. La dichiarazione della Stephenson arriva dall’ambasciata americana a Roma e non lascia dubbi, parla di una “presenza italiana in Irak” che “è stata e continua ad essere importante per il successo del processo di stabilizzazione e ricostruzione”, loda “gli esperti italiani che hanno contribuito all’avanzamento della democrazia e della libertà in Irak”, annuncia che guiderà “un gruppo misto che si incontrerà con esponenti del governo italiano per discutere queste questioni” e infine “continueremo la discussione su come meglio venire incontro ai bisogni dell’Irak”. 
Nello stesso articolo si accenna anche a “l’allargamento della base Usa in quel di Vicenza. Rutelli ha spiegato” assicura ai suoi lettori Il Giornale “che la nuova base nell’aeroporto Dal Molin serve “alla rimodulazione della 173ª Airborne Brigade”, cioè, oltre al trasferimento a Vicenza anche del contingente attualmente in Germania (per arrivare a un totale di oltre 4.000 effettivi), alla sua trasformazione in Unità d’Azione, i cui uomini cioè devono essere pronti in poche ore a trasferirsi nei teatri di guerra.
Sarà bene ricordare inoltre che anche Bush e Blair desiderano convincere i loro elettori che ormai la guerra in Iraq è “quasi” vinta ed ora bisogna pensare a un’occupazione (pardon: missione) “pacifica” in quel Paese, per concentrare gli attacchi altrove. La notizia, così ben orchestrata, dell’uccisione di Al Zarkawi (l’immagine locale del “terrorismo internazionale”) è un chiaro segnale di “svolta” in questo senso. E’ altrettanto chiaro però che “l’esportazione della democrazia in Iraq” è un falso obiettivo, come già i precedenti, clamorosamente proclamati e falliti: le armi di distruzione di massa mai trovate, i presunti legami fra Saddam Hussein e Osama Bin Laden assolutamente inesistenti. I risultati reali finora raggiunti sono la frammentazione del territorio iracheno, la morte di quasi 40.000 civili vittime della guerra, conflitti interni sempre più laceranti, un crescendo di attacchi della resistenza, di massacri per rappresaglia e di azioni terroristiche degli squadroni della morte. Il fantasma nero della guerra civile fra sunniti, sciiti, curdi, aleggia ed incombe su tutto l’Iraq, manovrato dall’esperto “proconsole” John Negroponte (l’ambasciatore USA ben noto per i suoi precedenti in Honduras dove organizzava e addestrava i “contras” del Nicaragua) e dai suoi specialisti della cosiddetta “guerra a bassa intensità”.

Quanto al “disimpegno” italiano, il mese scorso il ministro degli esteri Massimo D’Alema è volato a Baghdad per prendere contatti e accordi con il governo iracheno “garantito” dalle potenze occupanti e sottoposto alla loro “tutela” - basti dire che a tutt’oggi il  governo di “unità nazionale” di Al Maliki rimane privo dei fondamentali ministri degli interni, della difesa e della sicurezza nazionale -. 
Dalle frammentarie notizie diffuse allora, sembrava trasparire che il “piano di ritiro” fosse in sostanziale sintonia con quanto già proposto dal governo Berlusconi e ben espresso da Antonio Martino, che nella sua ultima dichiarazione da ministro della Difesa a Nassiriya, il 17 maggio 2006 “ha ribadito il progetto destinato a ‘coprire’ con la nostra bandiera il protettorato USA sulla Mesopotamia: riduzione da 2.600 a 1.600 uomini entro giugno e a fine anno il passaggio da “Antica Babilonia” a “Nuova Babilonia” lasciando a Nassiriya circa 600 uomini” (Stefano Chiarini sul Manifesto). L’ex ministro Martino era stato molto chiaro: ““Intendo ancora una volta rassicurare le autorità irachene: noi non ce ne andiamo, non scappiamo, non ci ritiriamo. Cambia solo la natura della missione: finora è stata prevalentemente militare, dall’inizio dell’anno prossimo sarà prevalentemente civile”. In altri termini, “un semplice cambiamento di pelle””, commentava Chiarini. “La nuova missione italiana ruoterà attorno ad una micidiale miscela di “civile e militare” facente capo al Team di Ricostruzione Provinciale (PRT) di Nassiriya, costruito sul modello degli analoghi organismi messi in piedi in Afghanistan dalla NATO”.
A fine giugno, invece, sembra che questo progetto sia stato definitivamente abbandonato, ma sarà bene fare attenzione ai prossimi sviluppi, anche in relazione al polverone sollevato con la questione del rifinanziamento della missione in Afghanistan (appunto).
Scrive a questo proposito Nino Sergi, Segretario Generale di INTERSOS, in una nota indirizzata ai ministri degli Esteri e della Difesa, D'Alema e Parisi, e alla vice ministra per la Cooperazione, Sentinelli: “Abbiamo accolto con soddisfazione la decisione del Governo italiano di rinunciare alla formazione di un PRT a Nassiriya in Iraq. Non si sarebbe trattato, come è stato detto, di una missione di civili tutelata da militari, ma di una vera e propria componente della missione militare internazionale. Si sarebbe trattato inoltre di un inganno, data la decisione di uscire militarmente dall'Iraq sancita anche dal voto popolare”. I PRT, infatti, sono parte integrante della struttura militare e operano sotto il suo comando, come dimostrato dall'esperienza in Afghanistan nell'ambito dell'Operazione Enduring Freedom (OEF) per combattere il terrorismo e dell'International Security Assistence Force (ISAF) per garantire la sicurezza, alle quali il nostro Paese partecipa. Non si tratta in realtà di squadre miste di civili e militari ma di militari che svolgono, in modo strumentale e finalizzato ad obiettivi militari, compiti che dovrebbero essere svolti da civili. “Si tratta dello sviluppo di una nuova strategia dovuta al cambiamento dei teatri operativi della NATO nei nuovi contesti internazionali di crisi. Strategia che viene attuata tramite e con il supporto di una nuova struttura di comando, che va sotto il nome di CIMIC, cooperazione civile - militare”. 
Dopo aver evidenziato, nel rapporto fra i due tipi di “missione” (OEF e ISAF), “la priorità data al mantenimento dell'opzione unilaterale dell'Amministrazione americana e alle “mani libere” nella guerra al terrorismo”, la nota precisa che lo scopo dei PRT “è quello di estendere l'influenza della NATO nella propria area, usando strumentalmente e subordinatamente le “attività umanitarie”(...) Capita perfino che in alcune aree dell'Afghanistan i militari si presentino alle popolazioni in abiti civili e su automezzi non identificabili come militari. Si presentano cioè come operatori umanitari, falsando così e inquinando la sfera dell'azione e dei principi umanitari.” “Da qui nasce l'ambiguità e la confusione che le ONG umanitarie hanno denunciato e continuano a denunciare, fino ad esprimere gesti estremi come decidere di rinunciare a svolgere attività nei paesi o nelle aree in cui operano i PRT.” Sergi fa appello al senso di responsabilità del governo: “Procedere solo per dovere di alleanza, in una probabile escalation militare “di contrattacco e di difesa” che potrebbe non avere limiti prevedibili, (...) potrebbe portare ad una dolorosa e catastrofica fine. A pagarne le conseguenze sarebbe, ancora una volta e prima di tutti, la popolazione afgana.”.
(da www.vita.it/ articolo Afghanistan: civile funzionale al militare? - si veda anche  www.osservatorioiraq.it).
In buona sostanza, in ambito NATO si sta mettendo a punto  una nuova polizia internazionale, col compito di proseguire il “lavoro” svolto dalle truppe d’occupazione, a difesa del dominio strategico e della rapina economica mondiale da parte delle potenze alleate USA ed (in subordine) europee, ma presentandola come agenzia di “peace keeping” e di “cooperazione allo sviluppo”- col doppio vantaggio (se il trucco riesce) di tranquillizzare le false coscienze pacifiste, smorzando le mobilitazioni di sostegno alla resistenza, nonché di scaricare sui “ribelli” locali tutte le responsabilità della violenza “terroristica” e consolidare il potere dei capi “amici”. Ma perché il piano riesca bisogna usare personale specializzato (operatori e spie), “incapsulare” nella struttura militare (mascherata da civile) le ONG disponibili e sbarazzarsi di quelle troppo “indipendenti”. I “banchi di prova” sono, per ora, l’Afghanistan e l’Iraq. In Europa l’addestramento a questi nuovi compiti internazionali di “controllo e collaborazione” (in realtà di “intelligence” e “sicurezza”) a quanto pare è affidato alle strutture della “Gendarmeria europea”, il cui comando è stato posto a Vicenza.

“Non scappiamo”, ha detto l’ex ministro della Difesa Martino. Così si è espresso il 6 giugno 2006 anche il neo segretario del Partito della Rifondazione Comunista, Franco Giordano: “Non si vuole abbandonare l’Iraq, ma oggi vanno pensati interventi civili concertati con tutta la comunità internazionale”. Una convergenza per nulla rassicurante! Questi sono anche i progetti di politica estera espressi dall’attuale ministro D’Alema, in sintonia col programma elettorale dell’Unione. Il  “cambiamento di strategia” politica e militare dell’Italia nello scacchiere asiatico (sempre più instabile) sembra dunque tutto qui: camuffare da “missioni di pace” (meglio di quanto si sia fatto finora) i contingenti di sostegno alle occupazioni, a guardia delle risorse e delle vie di collegamento strategiche, sotto l’indiscussa egemonia USA (anche se con maggiori legami coi partner dell’area Euro). Se per ora ciò è difficile in Iraq (per mancanza di copertura diretta ONU – NATO) è invece obbligatorio in Afghanistan. Le truppe italiane, senza nemmeno più quelli che gli esperti militari chiamano “requisiti minimi di sicurezza” (sostituiti da addestramenti  “in stile Negroponte”) saranno sempre più coinvolte in conflitti  “fuori controllo”, oltre che del tutto fuori dalla nostra Costituzione!
Al rifinanziamento della “missione” militare in Afghanistan hanno annunciato il loro voto favorevole tutti i gruppi parlamentari del centrosinistra, compresi Verdi, PDCI e PRC – al di là delle “sceneggiate” che in questi giorni continuano ad animare le pagine dei giornali e i TG in cerca di “scoop” parlamentari. Ci ha pensato il neo presidente della Camera Bertinotti a rassicurare i camalli di Genova e tutti i “compagni col mal di pancia”, con una frase tanto sibillina nella forma quanto univoca nel contenuto: “I militari svolgono una funzione che la Costituzione prevede sia di pace” lasciando “le scelte sulle missioni ai partiti e alla maggioranza”. Una elegante ma falsa deduzione  - la maggioranza parlamentare è costituzionale, la Costituzione non prevede la guerra, dunque le missioni militari decise in Parlamento non sono di guerra !! - con la quale da un lato egli aggira lo stesso articolo 11 della Costituzione, mentre dall’altro dichiara l’inutilità del movimento contro la guerra, che è stato uno dei suoi “trampolini di lancio”. Povero Fausto!  Il “realismo politico” continua a mietere vittime illustri fra gli ex comunisti.

Quanto alla prossima prevedibile “missione NATO per la sicurezza internazionale” a cui l’Italia sarà chiamata a partecipare con gli alleati europei, al seguito degli interessi imperiali degli Stati Uniti (non certo disposti a rinunciare alla loro leadership assoluta), ci affidiamo a un “guru” italiano della geopolitica: Lucio Caracciolo. Su  La Repubblica del 29 giugno egli afferma senza mezzi termini che “ora tocca all’Iran”, dove l’Italia ha molti più interessi diretti che in Afghanistan (è il primo importatore e il secondo esportatore europeo) e dove è possibile tentare (secondo il nostro stratega) di svolgere un ruolo più “autonomo” accanto alla Germania. Caracciolo consiglia caldamente (al governo Prodi) un intervento “attivo e intelligente” delle “forze di pace” italiane in quel Paese, facendo esplicito riferimento (guarda caso) ai PRT, ma lasciando nel vago le motivazioni che renderebbero così importante tale intervento. Non sarà perché il regime di Ahmadinejad è nel mirino di Bush, più che per i progetti nucleari e per le affermazioni più o meno bellicose nei confronti di Israele, per l’annunciata apertura al pagamento in Euro del mercato petrolifero persiano?...

Comunque, per venire a noi, è chiaro che il ruolo attuale della NATO in Europa (come nel resto del mondo) è di garantire la stabilità nell’alleanza per il dominio globale fra l’UE e gli USA, con l’egemonia di questi ultimi. In questo senso vanno intese le affermazioni della Casa Bianca: “la Nato, come garante della sicurezza europea, deve svolgere un ruolo dirigente nel promuovere una Europa più integrata e sicura”. Le forze armate dei Paesi europei partecipano attivamente alla costituzione dei suoi reparti stanziali e dei contingenti nelle “missioni” congiunte (l’Italia è al secondo posto). Ma al governo degli Stati Uniti d’America tutto ciò non basta. Infatti, per contribuire alla stabilità Europea, per sostenere i vitali legami transatlantici, e per conservare il loro predominio, gli Stati Uniti devono mantenere direttamente in Europa quasi 100.000 militari in basi opportunamente dislocate, collegate fra loro da “corridoi” che consentano spostamenti ad “Alta Velocità”.
Le forze armate statunitensi sono in una fase di ridislocazione dall’Europa settentrionale e centrale a quella orientale e meridionale, e quindi le basi USA e Nato in Italia sono in uno stadio di ristrutturazione e potenziamento della loro funzione di trampolino per la “proiezione di potenza” dell’impero americano verso gli Stati dell’Africa e dell’Asia da cui proverrebbe (secondo la propaganda e il quadro delle provocazioni) il fantomatico “nemico globale” (il cosiddetto “terrorismo internazionale”). 
Il rapporto ufficiale del Pentagono “Base Structure Report “ del 2003 descrive nei dettagli le dimensioni della presenza militare statunitense nel nostro Paese: l’esercito USA possiede in Italia oltre 2.000 edifici su una superficie di più di un milione di metri quadrati e ha in affitto circa 1.100 edifici, con una superficie di 780 mila metri quadrati. Il personale si aggira sulle 20.000 unità, fra 16.000 militari e 4.000 civili. 
L’Aeronautica USA ha base soprattutto ad Aviano (Pordenone, Friuli-Venezia Giulia). In questa base sono depositati ordigni nucleari di tipo convenzionale, e il nostro governo dovrebbe imporre il loro smantellamento, ma non lo fa e non ci sono positive prospettive a riguardo, e vi sono schierate la 31.esima Fighter Wing e la 16.esima Air Force, con in dotazione i caccia F-16 e F-15. Da Aviano vengono pianificate e condotte operazioni di combattimento aereo anche in Medio Oriente.
La Marina USA ha trasferito il suo quartier generale in Europa da Londra a Napoli, con area di responsabilità che comprende i tre continenti Europa, Asia ed Africa, il Mar Nero e il Mar d’Azov, su cui si affaccia la Russia. La Marina statunitense ha una base aeronavale a Sigonella e una alla Maddalena, base di appoggio per i sottomarini di attacco nucleare (oggi ufficialmente in via di smantellamento). 
A Taranto esiste il quartier generale della High Readiness Force Maritime, una forza marittima di rapido spiegamento inserita nella catena di comando del Pentagono. Sempre a Taranto è presente un centro di comando e di intelligence del Pentagono, un centro della marina USA per la “inter-operabilità dei sistemi tattici”, nodo dei sistemi di comando, controllo, comunicazioni, e spionaggio. Sembra previsto un ulteriore potenziamento della base di Taranto.
L’Esercito USA ha proprie basi in Toscana e in Veneto. A Camp Darby, presso Livorno, vi è la base logistica di rifornimenti per le forze terrestri e aeree impegnate nelle zone del Mediterraneo e del Medio Oriente. A Vicenza, alla Caserma Ederle è stanziata la 173.esima Brigata aviotrasportata. Tutte queste forze e basi statunitensi, pur essendo in territorio italiano, sono inserite nella catena di comando del Pentagono e quindi sottratte a qualsiasi meccanismo decisionale italiano. Da mezzo secolo siamo un Paese a sovranità limitata!


Che succede a Vicenza? 

Come abbiamo visto, Vicenza è al centro dei progetti di ristrutturazione delle forze USA e NATO in Europa. In particolare, il settore civile dell’aeroporto “Dal Molin” è in procinto di passare sotto il controllo delle forze armate statunitensi, che hanno già pronto il progetto di costruzione di abitazioni, uffici e magazzini per trasferirvi le attività di circa 2000 militari che si aggiungeranno a quelli già di stanza alla caserma Ederle (con rispettive famiglie), in una città di 100.000 abitanti già con gravi problemi di “assedio” da parte dei comuni del circondario e di inquinamento da traffico. 
Una enorme colata di cemento, che coprirebbe anche l’attuale campo di rugby, su una superficie di quasi mezzo milione di metri quadri e una cubatura calcolata di circa 600.000 metri cubi, sfondando tutti i parametri previsti dall’attuale regolamento urbanistico cittadino.
Una stima approssimativa, di fonte Setaf, degli stanziamenti necessari a costruire il nuovo complesso militare e le strutture complementari (abitazioni e uffici) è pari a circa 800 milioni di dollari.
Questo progetto, che l’amministrazione locale ha tenuto riservato per quasi due anni (alla  cittadinanza sono giunte solo indiscrezioni sulla stampa, e le risposte a interrogazioni sia locali che nazionali erano reticenti, fino a quando le stesse autorità americane hanno dato notizie più dettagliate) avrebbe un impatto devastante in termini sociali, ambientali e di sicurezza, in un territorio che vede già una consistente presenza di presidi militari.
Inoltre il governo Usa corrisponderebbe una cifra di circa 40 milioni di euro al Comune di Vicenza, che dovrebbe essere utilizzata per opere di viabilità, in particolare per il prolungamento di via Moro, in modo da collegare funzionalmente il “Dal Molin” alla caserma Ederle. Una manna per il sindaco Hüllweck (forzitaliota, grande amico di Berlusconi) e per l’assessore alla viabilità Cicero (AN), ma non per i cittadini di Vicenza, che se il progetto andrà in porto si vedranno circondati da una cintura di traffico militare che da est (Ederle), passando a nord (Dal Molin) andrebbe a ovest (scalo ferroviario) per chiudersi a sud con le già esistenti ferrovia e autostrada, per non parlare della prevista galleria di venti chilometri sotto i colli Berici per l’Alta Velocità - il famoso “corridoio 5”, anch’esso forse più d’interesse militare che commerciale, oltre che di enorme impatto ambientale a spese dei contribuenti (ma a vantaggio degli speculatori sulle “grandi opere”).
 Ma perché proprio Vicenza?
Vicenza is the right place”. Vicenza è il posto giusto, dicono gli americani, per sviluppare le loro infrastrutture militari. Così la pensa Jason Kamiya, generale a due stelle, che ha fatto visita al sindaco Enrico Hüllweck il 30 maggio 2006, preoccupato delle polemiche politiche seguite alla fuga di notizie [sic!] dei giorni precedenti.
Evidentemente il contesto di Vicenza, un contesto dove “il dollaro” è sempre stato apprezzato dalla piccola borghesia artigiana, commerciale e dei servizi che prevale in città, con orientamento tradizionalmente moderato e ‘centrista’, deve far sentire gli statunitensi assai sicuri, come a casa loro, per concentrare in quest’area tante loro attività e tanta logistica. Così, in un clima di sostanziale indifferenza (a volte di simpatia, magari motivata da piccoli interessi di bottega), capita che gli Americani non solo restano, anzi raddoppiano la loro presenza, provocando bensì le sacrosante proteste dei cittadini dei quartieri limitrofi, riuniti in comitati che hanno raccolto oltre un migliaio di firme. Ma fa fatica a generalizzarsi quella indignazione che altrove sarebbe più probabilmente sorta e scoppiata al motto “not in my name”. In certi ambienti vicentini sembra ancora prevalere una logica del tipo “non nel mio giardino”: non vogliamo nuove caserme sotto casa al posto del campo di rugby, ma per il resto potete andare tranquilli a fare i vostri massacri nel grande Medio Oriente. 
Tanto a noi che ci frega: abbiamo lo spritz! 
Non si tratta insomma solo di evitare un enorme impatto ambientale imposto da accordi fra autorità militari e governi più o meno “amici”, che passano arrogantemente sopra la testa (e sulla pelle) dei cittadini), ma di cominciare anche ad invertire il percorso che “per qualche dollaro in più” (sporco e maledetto) sta portando Vicenza a vendersi completamente alle logiche della guerra globale.
Ora la formalizzazione dell’accordo spetta al governo Prodi, che incontrerà la autorità militari americane il 5 e 6 luglio. L’Osservatorio contro le servitù militari di Vicenza da mesi sta lavorando per proporre questi temi in modo organico e approfondito sia a livello locale che nazionale: ha sollecitato l’interrogazione del senatore Bulgarelli (Verdi), ha mandato una petizione al Presidente del Consiglio Prodi, ha organizzato la presenza critica al Consiglio comunale che si è svolto sul tema, ed ha seguito con interesse le iniziative dei comitati, invitando tutti (nell’assemblea del 25 giugno a Festambiente) a partecipare al sit-in di mercoledì 5, alle ore 18.30, davanti all’ingresso dell’aeroporto Dal Molin in via S. Antonino. Ciò non appare in alternativa, ma a sostegno delle altre iniziative dei comitati, ai quali l’Osservatorio propone solo di allargare e approfondire questa tematica fondamentale per tutti.

Questo documento è stato scritto autonomamente da Paolo Consolaro, che intende con esso dare un contributo personale al tema e alla mobilitazione (sulla base di materiali forniti da Curzio Bettio, dall’Osservatorio contro le servitù militari e dai comitati contro la militarizzazione USA del Dal Molin).

Vicenza, 1 luglio 2006.