Informazione

Riceviamo e giriamo, segnalando ai nostri fini in particolare:

*** domenica 4.12.05 ore 14.30
MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA - Vicenza
"KOZARA L'ULTIMO COMANDO"
(1962) di Veljko Bulaijic, 90' ***

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Da: "Iniziativa PARTIGIANI! Roma"
Data: Mar 11 ott 2005 15:52:52 Europe/Rome
Oggetto: Continuano le iniziative nel 60.mo della Liberazione!


Continuano le iniziative nel 60.mo della Liberazione!

( 1 ) presentazioni libri e spettacolo a MILANO, 14 e 21 ottobre 2005
( 2 ) iniziativa-dibattito a MILANO, 22 ottobre 2005
( 3 ) rassegna cinematografica ed altre iniziative a VICENZA e
DUEVILLE, 13-20-27 ottobre, 3-11-13-18-20-25-27 novembre, 2-4-9-16
dicembre 2005
( 4 ) rassegna cinematografica a BASSANELLO (PD), 18 ottobre, 8-22
novembre, 6-13 dicembre 2005
( 5 ) presentazioni a PADOVA, 11-25 ottobre e 15 novembre


---( 1 )---

Casa della Cultura
via Borgogna, 3 - MILANO

Venerdì 14 ottobre 2005 ore 21

In occasione del Sessantesimo della Liberazione

La storia del Novecento tra testimonianza e impegno civile

presentazione dei volumi editi tutti dall'editore
La Città del Sole, Napoli:

# Giovanni Pesce - Fabio Minazzi,
Attualità dell'antifascismo

# Vincenzo Tonelli,
Un comunista, combattente dell'antifascismo europeo ,
a cura di Fabio Minazzi

# Onorina (Nori) Brambilla, Mario Ferro, Eolo Morenzoni, Giovanni
Pesce, Anello Poma, Vincenzo Tonelli,
La lotta antifascista dei comunisti in Europa,
a cura di Fabio Minazzi

partecipano

Alessandra Chiappano
INSMLI e Fondazione Memoria della deportazione

Alfonso Botti
Università di Urbino

On. Antonio Panzeri
Europarlamentare

Sarà presente il curatore e coautore Fabio Minazzi

con il patrocinio di:

Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia

Fondazione Memoria della Deportazione

---

Casa della Cultura
via Borgogna, 3 - MILANO

Venerdì 21 ottobre 2005 ore 17.30

Piero Martinetti filosofo ed antifascista

presentazione del volume di

Guido Bersellini,
La fede laica di Piero Martinetti. Appunti sul confronto religioso e
politico (in Italia e nel villaggio globale) ,
Manni Editore, San Cesario di Lecce

partecipano

Fulvio Papi - Università di Pavia

Fabio Minazzi - Università di Lecce

Amedeo Vigorelli - Università di Milano

Sarà presente l' Autore

Al termine lo spettacolo promosso dal Teatro delle Selve

Il filosofo con la pistola. Una storia quasi dimenticata

con Franco Acquaviva , regia di Simone Capula

con il patrocinio della

Federazione Italiana Associazioni Partigiane


---( 2 )---

A.N.P.I. (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA)
Sezione Barona – Via Modica 8 – 20143 Milano.
Telefono 028135271 – E.mail anpibarona @ fastwebnet.it

SESSANTESIMO DELLA LIBERAZIONE - 1945-2005

Dalla RESISTENZA
libertà, legalità, giustizia, solidarietà,
la DEMOCRAZIA

Nori Brambilla Pesce – Direttivo ANPI Provinciale Milano
Livia Pomodoro – Presidente tribunale per i minorenni Mi.
Antonio Lareno – Segretario camera del lavoro CGIL Mi.
Gherardo Colombo – Consigliere Corte Cassazione.
Franco Rositi – Direttore scuola sup. Università di Pavia.
Un rappresentante del centro sociale ORSO Milano.
Moderatore: Jury Bogogna Radio Popolare Milano

Teatro EDI. Barrio's – Via Barona ang. Via Boffalora. Milano
ore 16.00 sabato 22 Ottobre 2005

ingresso libero

Coordinamento sezioni ANPI Milano Sud e Provincia


---( 3 )---

il Centro Studi Ettore Luccini ( www.centrostudiluccini.it ) ci segnala:

Rassegna Cinematografica in occasione del 60° anniversario della
liberazione d'Europa
MEMORIA RESISTENTE

MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA di VICENZA
13.10.2005 - 16.12.2005

rassegna in occasione del 60° anniversario della liberazione d'europa

Comune di Vicenza
Museo del Risorgimento e della Resistenza
Nanook circolo di cultura cinematografica
Circolo Cineforum Dueville

ingresso gratuito


# giovedi 13.10.2005 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Paolo Gioli
Il muro dei fucilati di Villamarzana (RO)
esposizione fotografica (1997)

Bartolomeo Costantini
IMPUNITÀ E RIMOZIONE DEI CRIMINI DI GUERRA
le stragi nazifasciste in Italia
conferenza

L'armadio della vergogna – impunità e rimozione dei crimini di guerra
nazifascisti
Conferenza di Bartolomeo Costantini, procuratore militare di Verona,
sulle stragi nazifasciste in Italia
Bartolomeo Costantini è il procuratore militare della Repubblica a
Verona. Dal 1993 al 1997 ha fatto parte del Consiglio della
magistratura militare, che nel 1996 avviò le indagini
sull'archiviazione dei fascicoli per crimini di guerra irritualmente
disposta nel 1960 e scoperta nel 1994 (c.d. armadio della vergogna).
Dal 1996 ha svolto personalmente tutte le indagini nate dalla
trasmissione dei relativi fascicoli alla sua procura, compresi quelli
per gli omicidi commessi nel Lager di Bolzano dal dicembre 1944
all'aprile 1945. Il processo nei confronti del caporale delle SS
Michael Seifert si è concluso con la condanna all'ergastolo ed è in
corso la procedura di estradizione dal Canada.

ANATOMIA DI UN MASSACRO
di A. Prandstaller
proiezione

Anatomia di un massacro (2005) di Andrea Prandstaller, 52'
La storia che questo film racconta comincia a Pedescala, un piccolo
paese del Nord-Est d'Italia il 30 Aprile 1945. Quel giorno un reparto
dell'esercito tedesco in ritirata entra in paese e massacra 82 civili
innocenti fra cui donne e bambini. Le ragioni di quella rappresaglia
sono rimaste sconosciute.
Il massacro di Pedescala ha almeno due particolarità. La prima è
quella di essere stato fatto a guerra praticamente finita. Anche se la
data ufficiale della resa delle truppe del Reich in Italia è il 2
maggio 1945, il 30 aprile, giorno dell'inizio della carneficina,
l'Italia intera aveva già festeggiato la cacciata dei nazisti e la
fine della guerra. E', per così dire, una strage fuori tempo massimo.
La guerra era finita.
La seconda particolarità della strage di Pedescala è che la sua storia
non ha mai visto la parola fine. Per capire il perché dobbiamo per un
momento saltare al 1960 quando il procuratore generale militare Enrico
Santacroce mise sui fascicoli delle inchieste svolte dagli
anglo-americani nel dopoguerra sui crimini di guerra nazisti in Italia
il timbro "Archiviazione provvisoria". I fascicoli vennero chiusi in
un armadio con le ante rivolte contro il muro nella sede degli Uffici
Centrali Militari a Roma. Un insabbiamento perfettamente riuscito. Li
ha ritrovati nel 1994 il procuratore generale Intelisano che indagava
sui massacratori delle Fosse Ardeatine.


# giovedi 20.10.05 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Emilio Franzina
LA MEMORIA BREVE - FASCISMO E RESISTENZA
Conferenza

Emilio Franzina è professore ordinario di storia contemporanea
all'Università di Verona. Ha collaborato con diversi istituti
universitari in Francia, Brasile e Stati Uniti. Si occupa di storia
sociale e di storia dei movimenti migratori di massa oltre che, in
ambito italiano, di storia regionale e di storia delle scritture
popolari. Presidente dell'Istituto Veronese per la Storia della
Resistenza e dell'Età Contemporanea e membro dei comitati scientifici
di vari istituti, è titolare di una vasta bibliografia su temi di
storia prevalentemente dell'Otto-Novecento.

GIORNI DI GLORIA
proiezione
(Italia, 1945) di Mario Serandrei, Luchino Visconti, Marcello
Pagliero, Giuseppe De Santis, 68'

Il documentario inizia con le riprese di alcune azioni partigiane. I
sabotaggi provocano la violenta reazione dei nazisti che divengono
sempre più sanguinosi. Viene rievocato da Pagliero con immagini di
cruda e tragica evidenza il massacro delle Fosse Ardeatine. Serandrei
e De Santis montarono in questo film le immagini girate da Visconti,
dopo la liberazione per conto dell'esercito alleato, sul processo
contro l'ex questore di Roma Pietro Caruso e l'aiutante Occhetto, e le
drammatiche sequenze della fucilazione di Caruso, del delatore
Scarpato e del seviziatore Pietro Koch. Visconti filma inoltre il
linciaggio di Carretta, l'ex direttore di Regina Coeli , strappato
dalla folla al tribunale. Il film è costruito usando immagini girate
da diversi operatori. In alcuni casi le immagini non sono documentarie
ma ricostruite con una messa in scena; i partigiani cioè nei momenti
di calma rifanno alcune scene di azione o recitano la cattura di un
prigioniero. Questo perchè non esisteva un servizio cinematografico
nelle bande e per questa ragione sono molto rare le immagini di guerra
partigiana e ci sono soprattutto immagini di riposo, marce e
trasferimenti.


# giovedi 27.10.05 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


L'ORECCHIO FERITO DEL PICCOLO COMANDANTE
proiezione
di Daniele Gaglianone, 1994, 9'

Autunno 1943. Un bambino accompagna la madre da un gruppo di
partigiani che per gioco lo nominano comandante. Il bambino si
allontana; il suo ritorno sarà tragico. 1° premio al festival di
Bastia 1995, menzione speciale al Festival di Locarno 1995.

Paride Brunetti (Comandante Bruno)
testimonianza

Nato nel 1916, ufficiale di carriera partecipa alla campagna di
Russia, dopo l'8 Settembre 1943 va nel bellunese e successivamente
diventa comandante della brigata garibaldina "Gramsci". E' stato
insignito della medaglia Bronze Star Medal dal comandante delle forze
alleate e medaglia d'argento al valor militare. E' cittadino onorario
di Feltre.

ANNAROSA NON MUORE
proiezione
(2002) di Mirco Melanco, 38'

Questa è la storia del partigiano Alfredo, nome di battaglia di
Giovanni Melanco che nella primavera del 1944 (all'età di 19 anni)
decide di andare in montagna a lottare per la libertà, la difesa della
propria terra e per il raggiungimento della giustizia sociale, insieme
ad Annarosa, Bruno, Orso, anch'essi protagonisti di questa vicenda
narrata tra presente e passato, dove i fatti di ieri, nel contesto del
paesaggio di oggi, si compensano testimoniando che "è sempre il tempo
per resistere all'ignoranza e alle barbarie".


# giovedi 3.11.05 ore 21 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


DOCUMENTI D'ARCHIVIO DALL'IMPERIAL WAR MUSEUM
SULLA LIBERAZIONE DI ALCUNE CITTÀ VENETE
(1945), 45'

introduzione e commento di Alessandro Faccioli, Università di Padova

Sonorizzazione sperimentale dal vivo eseguita dal gruppo Haxan:
Renato Ercego-piano, Roberto Ercego- contrabbasso e strumenti
elettronici, Gi
Gasparin-chitarra elettrica

Presso gli archivi dell'Imperial War Museum di Londra è conservato un
fondo di materiali filmati editi ed inediti girati dagli alleati nel
Veneto durante la seconda guerra mondiale. Il confronto fra le
pellicole montate per essere fruite come cinegiornali e quelle mai
circolate sugli schermi e subito archiviate consente di capire quali
strategie di comunicazione e propaganda vennero attivate per
rappresentare il territorio veneto nel 1945, nei giorni cruciali che
seguirono la liberazione. Nel corso della serata verranno mostrate
immagini girate dai cineoperatori britannici che per primi entrarono a
Verona, Padova e Venezia.


# venerdi 4.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


UN CONDANNATO A MORTE È FUGGITO
proiezione
(1956) di Robert Bresson, 102'
v.o. francese, sott. italiano

È la storia vera (il tenente André Devigny la pubblicò nel 1954 sul
"Figaro Litéraire") della fuga di un partigiano dalle prigioni
naziste. Devigny scappa una prima volta, lo riprendono e lo
rinchiudono nel forte di Montluc a Lione. Qui apprende la sua condanna
a morte. Con pazienza prepara una nuova evasione che stavolta gli farà
guadagnare la libertà. Una semplice didascalia,
«Lyon 1943», inquadra cronologicamente i fatti. Tutto qui: nessun
altro riferimento esplicito alla storia («alla verità della vicenda
reale che ha ispirato la sceneggiatura – dirà Bresson – si è
sovrapposta una verità interna al film»). Il film ha una concezione
severa e spoglia del linguaggio cinematografico: una gelida,
distaccata osservazione del mondo degli uomini.

RESISTENZA: UNA MEMORIA DIFFICILE
conferenza di Santo Peli, Università di Padova

Santo Peli insegna Storia Contemporanea all'Università di Padova. Ha
pubblicato diversi volumi, tra i quali: "La Resistenza in Italia.
Storia e critica", "La Resistenza difficile" e "L'altro esercito. La
classe operaia durante la Grande Guerra".


# venerdi 11.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


IL TERRORISTA
proiezione introdotta dal regista
(1963) di Gianfranco De Bosio, 100'

Copia proveniente dalla Fondazione Centro Sperimentale di
Cinematografia - Cineteca Nazionale
A Venezia, verso la fine del `43, Renato Braschi (Gian Maria Volonté)
e un gruppo di partigiani compiono atti di sabotaggio contro i
tedeschi. Sotto la vernice di un film d'azione è un dibattito politico
ed etico, un'analisi storica delle varie forze che, tra contraddizioni
e attriti, si coagularono nel C.L.N. (Comitato di Liberazione
Nazionale) nella lotta antifascista durante la Resistenza.
Gianfranco De Bosio e il suo sceneggiatore Luigi Squarzina sono
riusciti a calare idee e conflitti nei personaggi, in un dialogo che
diventa traino dell'azione drammatica. Asciutto, essenziale, profondo
come tanta filmografia neorealista questo film, che si avvale di un
cast eccellente, espone didascalicamente un binomio centrale della
lotta di Liberazione: attendismo e azione.


# domenica 13.11.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


IL FASCISMO QUOTIDIANO
proiezione
(URSS, 1965) di Michail Romm, 128'
V.o. tedesco, sott. italiano
traduzione e sottotitoli a cura di Linda Rossato, Università di Bologna

presenta il film Carlo Saletti, Università di Mantova

Il fascismo quotidiano è un montaggio di documenti capace di evitare
una storia del fascismo o una ricostruzione dei grandi avvenimenti :
mostra il fascismo come situazione che si svela a partire da
comportamenti comuni e ordinari, avvenimenti quotidiani, atteggiamenti
del popolo o gesti dei capi colti nel loro contenuto psicologico, come
momenti di una coscienza alienata ( in Gilles Deleuze,
L'immagine-movimento). Suddiviso in quindici brevi capitoli, questo
straordinario documentario è costruito a partire da materiali
d'archivio di varia provenienza e variandone il sonoro. La nascita del
fascismo, il bagno di sangue in cui il fascismo ha immerso i popoli, i
crimini perpetrati. Il film mostra i metodi impiegati da Hitler per
condurre il popolo tedesco sulla via della violenza, e ne illustra gli
effetti: la Polonia devastata, il ghetto di Varsavia, i campi di
concentramento. Le ultime immagini cercano di rispondere alla domanda:
siamo sicuri che il fascismo sia stato veramente estirpato dal mondo?

Carlo Saletti: ricercatore e regista teatrale, tra le sue
pubblicazioni "Testimoni della Catastofe. Deposizioni di prigionieri
dei Sonderkommando ebraico di Auschwitz" Per L'editore Ombre Corte
dirige la collana di scritti storici "Documenta".


# venerdi 18.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


L'INFANZIA DI IVAN
(1962) di Andrej Tarkovskij 90'. v.o. russo, sott. italiano
proiezione

Il dodicenne Ivan, persi i genitori durante l'invasione nazista
dell'URSS, diventa un prezioso collaboratore dapprima dei partigiani
ed in seguito dell'esercito, impegnandosi in una serie di pericolose
missioni esplorative oltre le linee. Rientrato da una di queste, viene
accolto dagli uomini del tenente Galcev, che in un primo momento lo
sospetta essere una spia nazista. In seguito alle rimostranze del
ragazzo, lo mette in contatto con il capitano Cholin ed il colonnello
Grjazanov, ai quali fornisce importanti informazioni sulla
dislocazione del nemico. Inviato alla scuola di guerra, Ivan riesce a
fuggire e viene raggiunto da Cholin, che decide di portarlo con sé.
Tornato al fronte, Ivan scompare durante una sortita. A guerra
terminata il tenente Galcev scoprirà che il ragazzo, catturato dai
tedeschi, è stato ucciso.

Maria Bacchi
I TRAUMI DELL'INFANZIA IN GUERRA
conferenza

Maria Bacchi dirige l'Istituto Mantovano di Storia Contemporanea e fa
parte del Comitato Scientifico della Fondazione Villa Emma di
Nonantola. È autrice di "Cercando Luisa. Storie di bambini in guerra
1938-1945", e di "Morire d'agosto. Vita breve di una partigiana"; con
Fabio Levi ha scritto "Auschwitz, il presente, il possibile. Dialoghi
sulla storia tra infanzia e adolescenza". Ha curato con Melita Richter
"Le guerre cominciano a primavera. Soggetti e genere nel conflitto
jugoslavo". Fa parte del Comitato Scientifico della collana "Letture
d'Archivio" della Casa Editrice Franco Angeli. Collabora con la
rivista "Cooperazione Educativa".


# domenica 20.11.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


1943: LA SCELTA
proiezione
regia di Mimmo Calopresti, 30', 1995

Documentario che contiene l'intervista a Nuto Revelli, che con
semplicità e grande capacità comunicativa racconta le vicende cruciali
di quegli anni e la necessità di fare la scelta: contro i fascisti o
con i fascisti.

Testimonianza di
Giulio Vescovi (Leo):
storia e memoria della guerra partigiana nell'alto vicentino.

Giulio Vescovi, nato nel 1921, presidente dell'Associazione Volontari
della Libertà, è stato comandante partigiano, medaglia d'argento al
valor militare. Laureato in pedagogia, direttore didattico a Vicenza e
colonnello degli alpini. Tra i suoi scritti si trovano i libri
"Resistenza nell'alto vicentino" e "La notte dei fuochi - racconti
della resistenza".


# venerdi 25.11.05 ore 21 - CINEMA BUSNELLI - DUEVILLE (via Dante 30)


Virgilio Biei
testimonianza

Nato a Torino nel 1924, partigiano nella 5° G.L. e gappista a Torino.
Ha combattuto contro la dittatura fascista e ha vissuto l'allucinante
vicenda narrata nel film di Daniele Gaglianone "I nostri anni".

I NOSTRI ANNI
proiezione
i(2000) di Daniele Gaglianone, 90'

Alberto (interpretato nel film da Virgilio Biei) e Natalino sono due
vecchi che, durante la guerra, hanno condiviso l'esperienza partigiana
sulle montagne piemontesi. Con loro era anche Silurino, caduto vittima
delle brigate nere. Natalino vive ancora in montagna, in un antico
borgo disabitato, mentre Alberto, rimasto vedovo, trascorre l'estate
in un pensionato dove incontra Umberto, un anziano costretto sulla
sedia a rotelle. A poco a poco le memorie del passato riaffiorano in
tutta la loro drammaticità.


# domenica 27.11.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Franco Busetto
testimonianza

Franco Busetto, presidente regionale ANPI, è stato comandante
partigiano e deportato nel lager di Mauthausen.

BULOW
proiezione
(1999) di Fausto Pullano e Silvia Savorelli, 54'

Bulow è il nome di battaglia di Arrigo Boldrini, organizzatore delle
prime formazioni partigiane e gappiste in Romagna, medaglia d'oro al
valor militare, deputato all'Assemblea Costituente e vicepresidente
della Camera. Nel documentario sono ricostruiti alcuni significativi
momenti storici che hanno segnato la vita democratica italiana: la
guerra partigiana, la "pianurizzazione", le buche come rifugi, le
staffette, la difesa del grano e delle macchine, gli alleati fermi
sulla linea gotica. Il dopoguerra; l'uscita delle sinistre dal governo
provocata da De Gasperi nel 1947; Scelba, gli 800 uomini della
sinistra estromessi dalla polizia; il numero di prefetti e questori
che vengono dal fascismo nel 1960; la democrazia in pericolo e i
discorsi pubblici di Boldrini.


# venerdi 2.12.05 ore 21 - SALA EX LARIS - DUEVILLE (via Rossi 31)


Introduce la serata Erwin Fusato

FRAMMENTO INTERVISTA A MARY ARNALDI
( 2005) di Vincenzo Mancuso, 10'
proiezione

LOTTA PARTIGIANA
proiezione
(1975) di Paolo Gobetti e Giuseppe Risso, 62'

Diviso in brevi capitoli su momenti, fasi, tattiche, modi di vivere e
problemi della lotta partigiana in Italia e in Europa, il film
costituisce una efficace testimonianza dal vivo, commentata nella
colonna sonora da una serie di interventi di partigiani che completano
e arricchiscono le immagini. Contiene sequenze di immagini rare e poco
viste, come quelle girate da don Giuseppe Pollarolo con la Pathè-baby,
una piccola macchina da presa tascabile per dilettanti. Alcuni brani
sono tratti dai film "Aldo dice 26 x 1", "Giorni di Gloria",
"Partizanski documenti" , "Au coeur de l'orange " di Le Chanois, "La
libération de Paris".
La musica di questo film è di Luigi Nono.


# domenica 4.12.05 ore 14.30 - MUSEO DEL RISORGIMENTO E RESISTENZA


Sirio Luginbühl
UNA FAMIGLIA NELLA BUFERA DELLA GUERRA
testimonianza

KOZARA L'ULTIMO COMANDO
proiezione
(1962) di Veljko Bulaijic, 90'

Bosnia,1942. Il monte Kozara è difeso dai partigiani jugoslavi e il
generale Von Sthal riceve l'ordine di circondare e rastrellare la
montagna avendo a disposizione trentacinque mila nazisti e ustascia.
Mentre il villaggio di Dragojevo viene distrutto dai tedeschi, un
commando di partigiani agli ordini del capitano Vukscia rompe
l'accerchiamento. Ma soltanto una parte della popolazione civile
riesce a seguire i partigiani. Per soccorrere gli altri il commando
torna indietro; Vukscia viene gravemente ferito ma i suoi uomini non
si arrendono e continuano a lottare fino a quando i tedeschi non si
ritirano.


# venerdi 9.12.05 ore 21 - SALA EX LARIS - DUEVILLE (via Rossi 31)


VA E VEDI
proiezione
i(1985) di Elem Klimov, 123'

Florya, un giovane russo che vive in un remoto villaggio della
Bielorussia, si ritrova casualmente tra le fila dei partigiani e
partecipa alla difesa dalla brutale aggressione dei nazisti durante la
seconda guerra mondiale. I soldati tedeschi distrussero 626 villaggi
uccidendone gli abitanti, bruciati vivi negli edifici dove venivano
rinchiusi: municipi, chiese o taverne. Attraverso gli occhi di Florya,
testimone involontario sempre più ottenebrato e devastato nelle sue
percezioni fisiche e psicologiche, assistiamo agli orrori delle
vicende storiche cogliendo la realtà delle distruzioni e degli
stermini di massa.


# venerdi 16.12.05 ore 21 - SALA EX LARIS - DUEVILLE (via Rossi 31)


TRENI STRETTAMENTE SORVEGLIATI
proiezione
i(1966) di Jan Nemec, 88'

Il giovane Milos, ferroviere nella Cecoslovacchia occupata dai
nazisti, non riesce a dimostrare la sua virilità con la donna che ama.
Avvicinato alla Resistenza da un collega di lavoro, riesce finalmente
a scoprire l'amore con una staffetta partigiana, ma morirà il giorno dopo.
Uno dei film più interessanti della Novà Vlna cecoslovacca perchè
rifiuta le mitologie dell'atto eroico e della politica collocando il
tema resistenziale in una vicenda assolutamente non retorica .


### MEMORIA RESISTENTE ###

Comune di Vicenza
Museo del Risorgimento e della Resistenza
Nanook circolo di cultura cinematografica
Circolo Cineforum Dueville

In collaborazione con:
Provincia di Vicenza - Assessorato alla cultura
Comune di Dueville - Assessorato alla cultura
Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico - Roma
Archivio nazionale cinematografico della resistenza - Torino
Associazione Volontari della Libertà - Vicenza
ANPI Vicenza
Cineteca Codarri - Cesate (MI)
Dedalofurioso - società cooperativa
Dokumenta film - Bolzano
Imperial War Museum - Londra
Istituto storico della resistenza e dell'età contemporanea "Ettore
Gallo" - Vicenza
Lab 80 - Bergamo
Mezza Nota noleggio impianti - Montecchio Maggiore (VI)
Fondazione Scuola Nazionale di Cinema - Cineteca Nazionale, Roma
Pablo film, Roma
Veneri Fabio videoproduzioni, Monteforte d'Alpone (VR)

informazioni:
Nanook circolo di cultura cinematografica
via bortolan, 24 – 36100 Vicenza tel. 349.5514459 circolo_nanook @
virgilio.it

Museo del Risorgimento e della Resistenza
viale X giugno, 115 – 36100 Vicenza tel. 0444.322998

museorisorgimento @ comune.vicenza.it
Rassegna a cura di Moreno Menarin
Grafica Andrea Rosset

Comune di Vicenza
Provincia di Vicenza


---( 4 )---

il Centro Studi Ettore Luccini ( www.centrostudiluccini.it ) ci segnala:

Rassegna cinematografica a Bassanello (PD)

1° spettacolo ORE 16.00 - 2° spettacolo ORE 21.00
Tutte le proiezioni avverranno presso

la Sala del Quartiere 4 Sud - Est
c/o Multisala Porto Astra
Via S. M. Assunta, 2
Bassanello—Padova

INGRESSO GRATUITO

Il partigiano Johnny - 18 ottobre 2005

I nostri anni - 8 novembre 2005

Annarosa non muore - 22 novembre 2005

Achtung banditi - 6 dicembre 2005

Le quattro giornate di Napoli - 13 dicembre 2005


---( 5 )---

il Centro Studi Ettore Luccini ( www.centrostudiluccini.it ) ci segnala:

Martedì di storia

Ciclo di presentazioni

Presso la sala L. Paladin-P.zo Moroni, Padova


# Martedì 11 Ottobre Ore 17.00

"La storia della Repubblica di Mussolini. Salò: il tempo dell'odio e
della violenza"

di Aurelio Lepre; edito da Mondatori nel 1999

interviene dott. Marco Borghi
direttore Ist. veneziano per la storia della Resistenza e dell'Età
Contemporanea


# Martedì 25 Ottobre Ore 17.00

"L'altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania"

di Alessandro Natta; edito da Einaudi nel 1997

"Gli internati militari italiani in Germania 1943-45"

di Gabriele Hammermann; edito da il Mulino nel 2004

interviene dott.ssa Elisabetta Novello
dell'Università di Padova


# Martedì 15 Novembre Ore 17.00

"Le 2 guerre. Guerra fascista e guerra partigiana"

di Nuto Revelli; edito da Einaudi nel 2003

dott. Alessandro Casellato
ricercatore in storia contemporanea presso il
Dipartimento di Studi storici dell'Università di Venezia


=== * ===

P A R T I G I A N I !
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm

Per contatti: PARTIGIANI! c/o RCA/CNJ,
Via di Casal Bruciato 27, I-00159 Roma
partigiani7maggio @ tiscali.it
FAX +39-06-43589503

=== * ===

Parti communiste de Grèce (KKE) – Comité central

Tél. : (+30) 210 2592111 • Fax : (+30) 210 2592298
e-mail : cpg @ int.kke.gr
145 Leof.Irakliou, GR-14231 ATHèNES . http://www.kke.gr


Athènes, le 21 septembre 2005.

Chers camarades,

Par la présente, nous aimerions vous donner un peu plus de détails sur
notre position vis-à-vis du « Parti de la Gauche européenne » (PGE)
qui, comme vous en avez sans doute été informés, va tenir son premier
congrès à Athènes, ces 29 et 30 octobre 2005.

Les raisons pour lesquelles notre parti ne participe pas à ce projet
sont très bien connues : elles ont trait au contexte même de
l'existence de ce parti, aux relations qu'il entretient ou préconise
avec les institutions de l'Union européenne et, naturellement, à sa
plate-forme politique et idéologique.


Chers camarades,

La coopération et l'action commune entre les partis communistes et
ouvriers ainsi que les forces, mouvements et partis anti-impérialistes
en général est une condition essentielle au développement des luttes
et au basculement de l'équilibre négatif des forces en Europe et dans
le reste du monde. Cette coopération doit absolument s'améliorer et
reposer sur le respect de la souveraineté et de l'égalité dans les
relations entre partis.

Autant cela est essentiel et vital, à notre avis, autant il est
dangereux et néfaste pour l'état futur et actuel du mouvement de
constituer un rassemblement de forces différentes au sein d'un seul
parti, avec sa hiérarchie et ses partis « prépondérants », sous
l'égide et les lignes de conduite du centre impérialiste qui se nomme
Union européenne.

La création du PGE exprime, selon nous, la tendance à la capitulation
absolue face à l'équilibre négatif actuel des forces, tendance qui va
déboucher sur une nouvelle voie sans issue pour le mouvement ouvrier
et de gauche en Europe. Elle prône objectivement, sans tenir compte
des intentions et déclarations subjectives, l'acceptation fataliste
des limites posées par la « légitimité » impérialiste. Le PGE,
apparaît-il à la lecture de son manifeste et de ses statuts, rejette
les traditions communistes et l'expérience des révolutions socialistes
du 20e siècle, de même que la théorie du socialisme scientifique.

Dès sa fondation et jusqu'à présent, divers développements et
évidences, qui étayent cette position, se sont fait jour :

# Le programme du PGE ne fait en aucun cas référence au socialisme
comme étant son objectif.

# D'après ses documents, il est clair que sa fondation a été la
résultante d'un processus on ne peut plus opaque. Ces documents
établissent clairement sa relation avec la déviation en faillite
totale de l'« eurocommunisme » et son hostilité au mouvement
communiste et de libération.

# Il déclare ouvertement son hostilité au socialisme tel que nous
l'avons connu en Europe et en URSS au 20e siècle. Il rabaisse et
calomnie la contribution et le rôle de ce même socialisme. Il minimise
fortement les responsabilités de l'impérialisme dans le fascisme et la
guerre tout en dépréciant tout aussi fortement le rôle d'avant-garde
des partis communistes dans la résistance des peuples.

# Il reprend la position anticommuniste éculée affirmant que les
partis communistes étaient patronnés par des forces extérieures à
leurs pays respectifs et, plus particulièrement, par Moscou. Il
développe toute la discussion concernant la « condamnation du
stalinisme » et, simultanément, il reprend l'offensive anticommuniste
des classes dirigeantes à propos du 60e anniversaire de la victoire
sur le fascisme. Cela montre bien à quel point la composition de son
orientation idéologique est impliquée dans le courant anticommuniste
contemporain.

# Son absente choquante dans toute initiative visant à résister aux
machinations anticommunistes et antidémocratiques et son absence de
soutien à la lutte anti-impérialiste ne sont aucunement dues au
hasard. Il n'y a donc aucune réaction de sa part au fait que plusieurs
partis communistes en Europe sont illégaux. Aucune réaction à la
motion anticommuniste proposée à l'assemblée parlementaire du Conseil
de l'Europe en vue de l'exclusion des communistes aux élections. Pas
le moindre soutien non plus à l'un des événements anti-impérialistes
mondiaux parmi les plus importants, à savoir le 16e Festival mondial
de la Jeunesse et des Etudiants.

# Le PGE réfute le principe de base de l'égalité, du respect de la
souveraineté et de la non-intervention dans les affaires internes des
partis. Il prévoit l'« affiliation individuelle », discute « de la
façon dont les partis-membres nationaux garantissent la démocratie et
l'indépendance dans la formation des opinions en leur sein même ». Nul
ne sera étonné, dès lors, si l'on connaît déjà trois cas, jusqu'à
présent, où le PGE est intervenu dans les affaires internes de
certains partis-membres.

# À une époque où le traité constitutionnel est mort et qu'une
nouvelle dynamique positive émerge au sein de l'Europe en réfutant les
arguments prétendant que les peuples devraient « accepter l'Europe en
tant que réalité », le PGE est le premier à relancer cet argument et
parle de la nécessité de « propositions d'alternatives concrètes en
vue d'une autre constitution européenne ». Voilà qui remet la question
sur la table avant même que les dirigeants de l'UE osent la relancer.


Nous sommes d'avis que les éléments repris ci-dessus consolident notre
point de vue disant que le PGE emprunte la voie – l'impasse –
dangereuse menant à l'extinction de l'identité communiste et à
l'incorporation au sein des structures de l'UE. De la sorte, il
torpille les efforts de coordination et de coopération sur base
égalitaire des partis communistes, ouvriers et autres de gauche dans
leur opposition au centre impérialiste européen et, plus généralement,
au système capitaliste.


Chers camarades,

Durant cette période, dans notre pays ainsi qu'en Europe, des luttes
de classes acharnées se développent contre les lignes politiques
réactionnaires prônées par la stratégie de Lisbonne et la direction
générale de l'UE. La mise sur pied de ce congrès et la poursuite du
renforcement de cette formation pro-UE n'ont rien de positif à offrir
aux luttes qui se développent. Au contraire, cette formation va entrer
en conflit avec les espoirs et attentes placés par les travailleurs et
les jeunes dans les partis et forces communistes et anticapitalistes.


Avec nos salutations tout empreintes de camaraderie,

Dimitris Koutsoumpas,

membre du BP du CC du KKE

(traduit par Jean-Marie Flémal)

[ Di seguito il testo della relazione di W. Blum alla Conferenza sul
Diritto Internazionale umanitario, svoltasi a Parigi nei giorni 22-24
settembre 2005; il titolo della relazione può essere
approssimativamente tradotto: "Liberare il mondo fino alla morte".
William Blum è autore tra l'altro dell'opera "Killing Hope : US
military and CIA interventions since World War II (Uccidere la
speranza: l'apparata militare USA e gli interventi della CIA dopo la
II Guerra Mondiale - www.killinghope.org) ]

Bill Blum:

Freeing the world to death: How the United States gets away with it

(talk held at the CONFERENCE ORGANISEE PAR L'ASSOCIATION POUR LA
DEFENSE DU DROIT INTERNATIONAL HUMANITAIRE -ADIF- "Droit International
Humanitaire et impunité des États puissants, le cas des États-Unis" -
Paris 22-24 septembre 2005, Palais Bourbon)


This conference is about impunity, which is the exemption from
punishment or penalty. The impunity of powerful states – the case of
the United States.
It's not just those of us on the left who are concerned about impunity
and it's not just the impunity of powerful states. Here is the
American Secretary of War, Donald Rumsfeld, in 2002, about six months
before the US invasion of Iraq. He was speaking about the American
and British flights over Iraq, which had been going on for 11 years,
often dropping bombs, often killing Iraqi citizens. Iraq had been
firing at these planes for a long time without getting close, but
lately they had been getting closer. And Mr. Rumsfeld was very upset.
He declared: "It bothers the hell out of me that American and British
air crews are getting fired at day after day after day with impunity."

Most Americans would see nothing wrong with that statement. They
would not see the irony or the hypocrisy. Most of them would not even
have known that the United States had been invading Iraqi airspace and
bombing the country since 1991. And most of those who did know about
this were convinced that it was all being done at the request of the
UN Security Council, when in fact it was just something thought up by
Washington and London with no international approval.

This is the main reason that the United States can get away with what
it does all over the world – the lack of awareness of the American
people about US foreign policy. These Americans are not necessarily
stupid, but there are all kinds of intelligence in this world: there's
musical intelligence, scientific, mathematical, artistic, academic,
literary, and so on. Then there's political intelligence, which might
be defined as the ability to see through the bullshit which every
society, past, present and future, feeds its citizens from birth on to
assure the continuance of the prevailing ruling class and its ideology.

Months after the invasion of Iraq, polls showed that significant
portions of Americans believed that Iraq had a direct involvement in
what had happened on 11 September 2001, most of them being certain
that Iraqis were among the 19 hijackers; most believed that Saddam
Hussein had close ties to al Qaeda; more than 40 percent were
convinced that weapons of mass destruction had recently been found in
Iraq or they were not sure if such weapons had been found; one fourth
believed that Iraq had used chemical or biological weapons against
American forces in the war, many others were not sure if Iraq had used
such weapons.

The public was asked: "If Iraq had no significant weapons of mass
destruction and no close link to Al Qaeda, do you think we were misled
by the government?" Only half said yes.

Many Americans, whether consciously or unconsciously, actually pride
themselves on their ignorance. It reflects their break with the
overly complicated intellectual culture of "old Europe". I might also
point out that it's a source of satisfaction for them that they have a
president who's no smarter than they are.

This, then, is a significant segment of the audience the American
anti-war and progressive movements have to reach.
Friedrich Schiller wrote: Mit der Dummheit kämpfen Götter selbst
vergebens." "With stupidity even the gods struggle in vain."

I believe that the main cause of this ignorance about foreign policy
among Americans has to do with the deeply-held belief that no matter
what the US does abroad, no matter how bad it may look, no matter what
horror may result, the United States means well. American leaders may
make mistakes, they may blunder, they may even on the odd occasion
cause more harm than good, but they do mean well. Their intentions
are always noble. Of that Americans are certain. They genuinely
wonder why the rest of the world can't see how kind and generous and
self-sacrificing America has been. Even many people who take part in
the anti-war movement have a hard time shaking off some of this idée
fixe; they think that the government just needs to be given a push to
return it to its normal benevolent self.

Here is George W. Bush, speaking a month after the attacks of 11
September: "How do I respond when I see that in some Islamic countries
there is vitriolic hatred for America? I'll tell you how I respond:
I'm amazed. I'm amazed that there's such misunderstanding of what our
country is about that people would hate us. Like most Americans, I
just can't believe it because I know how good we are."
When I speak before American university students I say this to them:
If I were to write a book called The American Empire for Dummies, page
one would say: Don't ever look for the moral factor. US foreign
policy has no moral factor built into its DNA. Clear your mind of
that baggage which only gets in the way of seeing beyond the clichés
and the platitudes they feed us.

It's not easy for most Americans to take what I say at face value.
It's not easy for them to swallow my message. They see their leaders
on TV and their photos in the press, they see them smiling or
laughing, telling jokes; they see them with their families, they hear
them speak of God and love, of peace and law, of democracy and
freedom, of human rights and justice and even baseball ... How can
such people be moral monsters?
They have names like George and Dick and Donald, not a single Mohammed
or Abdullah in the bunch. And they all speak English. Well, George
almost does. People named Mohammed or Abdullah sometimes cut off an
arm or a leg as punishment for theft. We know that that's horrible.
Americans are too civilized for that. But people named George and
Dick and Donald go around the world dropping cluster bombs on cities
and villages, and the many unexploded ones become land mines, and
before very long a child comes by, picks one up or steps on one of
them, and loses an arm or a leg, or both arms or both legs, and
sometimes his eyesight.

What makes this low level of awareness about foreign policy even worse
is that there's no real opposition party in the United States. There
are some small differences between the Republicans and the Democrats
on domestic issues, but when it comes to foreign policy the two
parties are absolutely indistinguishable. They both strongly support
American imperialism, at least in practice and are proud of their
country's immense military power. The Democrats argue that they would
be tougher on terrorism than the Republicans.

And all this is the way it was during the Cold War as well. So you
should not make the mistake of thinking that George Bush and his
neo-conservatives are unique in the manner in which they relate to the
world. Don't think for a moment that no previous American government
has ever exhibited such arrogance and deceit; such murderous
devastation, violation of international law, and disregard of world
opinion.
No, we've seen all this wickedness before, many times. If not packed
quite as densely in one regime as it is under Bush, then certainly
abundant enough to earn the animosity of millions at home and abroad.
A short sample would include Truman's atom bomb and manipulation of
the UN that led to bloody American warfare in Korea; Eisenhower's
overthrow of democratically elected governments in Iran, Guatemala and
the Congo and his unprincipled policies which led to the disaster
known as Vietnam; Kennedy's attempts to crush the Cuban revolution and
his abandonment of democracy in the Dominican Republic; Ford's giving
the okay to Indonesia's genocide against East Timor and his
instigation of the horrific Angola civil war; Reagan's tragic
Afghanistan venture and unprovoked invasion of Grenada; Clinton's war
crimes in Yugoslavia and vicious assault upon the people of Somalia.

When the United Nations overwhelmingly voted its disapproval of the
Grenada invasion, President Reagan responded: "One hundred nations in
the UN have not agreed with us on just about everything that's come
before them where we're involved, and it didn't upset my breakfast at
all." George W. could not have said it better.

For those who think the United States has been shockingly brutal to
detainees in Iraq, here's how the US handled them in Vietnam. This is
from the New York Herald Tribune: "Two Vietcong prisoners were
interrogated on an airplane flying toward Saigon. The first refused
to answer questions and was thrown out of the airplane at 3,000 feet.
The second immediately answered all the questions. But he, too, was
thrown out."
It would be difficult to find a remark made today by an American
official about Iraq, no matter how illogical, arrogant, lying, or
Orwellian, which doesn't have any number of precedents during the
Vietnam War period, that constantly had those opposed to that war
shaking their heads or rolling their eyes, as we all do now with Bush.
Here is President Lyndon Johnson in 1966: "The exercise of power in
this century has meant for all of us in the United States not
arrogance but agony. We have used our power not willingly and
recklessly ever, but always reluctantly and with restraint."
And here is Vice President Hubert Humphrey in 1967: "I believe that
Vietnam will be marked as the place where the family of man has gained
the time it needed to finally break through to a new era of hope and
human development and justice. This is the chance we have. This is
our great adventure -- and a wonderful one it is."
Former US Senator William Fulbright, a critic of the Vietnam War,
later observed:

The causes of the malady are not entirely clear but its recurrence is
one of the uniformities of history: power tends to confuse itself with
virtue and a great nation is peculiarly susceptible to the idea that
its power is a sign of God's favor, conferring upon it a special
responsibility for other nations -- to make them richer and happier
and wiser, to remake them, that is, in its own shining image.

Fulbright wrote those words about the Johnson regime in the 1960s, not
the Bush regime in the 21st century.

Does anything done by Bush and his neo-conservatives compare to
Operation Gladio? From 1947 until 1990, when it was publicly exposed,
Gladio was essentially a CIA/NATO/MI6 operation in conjunction with
other intelligence agencies and an assortment of the vilest of
right-wing thugs and terrorists. It ran wild in virtually every
country of Western Europe, kidnaping and/or assassinating political
leaders, exploding bombs in trains and public squares with many
hundreds of dead and wounded, shooting up supermarkets with many
casualties, trying to overthrow governments ... all with impunity,
protected by the most powerful military and political forces in the
world. Even today, the beast may still be breathing somewhere in
Europe. Since the inception of the Freedom of Information Act in the
United States in the 1970s, the CIA has repeatedly refused requests
for information concerning Gladio, refusing not only individual
researchers, but some of the governments involved, including Italy and
Austria. Gladio is one of the CIA's family jewels, to be guarded
fervently.
The rationale behind it was your standard cold-war paranoia and
propaganda: There was a good chance the Russians would launch an
unprovoked invasion of Western Europe. And if they defeated the
Western armies and forced them to flee, certain people had to remain
behind to harass the Russians with guerrilla warfare and sabotage, and
act as liaisons with those abroad. The "stay-behinds", as they were
called, would be provided with funds, weapons, communication equipment
and training exercises.
As matters turned out, in the complete absence of any Russian invasion
(surprise, surprise), the operation was used almost exclusively to
inflict political and lethal damage upon the European Left, be it
individuals, movements or governments, and heighten the public's fear
of "communism". To that end, violent actions like those I just
mentioned were made to appear to be the work of the Left.

It may be that President Bush is held in such low esteem as much for
his character defects as for his policies, for the man comes off as
woefully crass, uninformed, insufferably religious, dishonest, and
remarkably insensitive.
Bill Clinton, by contrast, could be rather charming and very
articulate. This may have helped him get away with bombing the people
of Yugoslavia for 78 consecutive days and nights without mercy, and
that's still regarded by most people, including many on the left, as
an act of humanitarianism. And the United States was able to set up
the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia in The
Hague.
All participants in the war were supposedly subject to this court, but
only former Yugoslavians, mainly Serbs, have been indicted. A group of
international-law professionals from Canada, the United Kingdom,
Greece, and the United States filed complaints with the Hague Court,
charging leaders of NATO countries and officials of NATO itself with
crimes similar to those for which the court had issued indictments
against Serbian leaders. These lawsuits names 68 leaders, including
Clinton, Madeleine Albright, William Cohen, and Tony Blair.
Their complaints were ignored for a long time, but they kept the
pressure up on the chief prosecutor of the court, Carla Del Ponte.
Eventually, in an interview with The Observer of London, Del Ponte was
asked if she was prepared to press charges against NATO personnel.
She replied: "If I am not willing to do that, I am not in the right
place. I must give up my mission."
The court then announced that it had completed a study of possible
NATO crimes as a response to public concerns about NATO's tactics.
The court declared: "It is very important for this tribunal to assert
its authority over any and all authorities to the armed conflict
within the former Yugoslavia."
This was in late December 1999, and one could wonder if this was a
sign from heaven that the new millennium was going to be one of more
equal justice. Could this really be?
No, it couldn't. From official quarters, military and civilian, of
the United States and Canada, came disbelief, shock, anger, denials
... "appalling", they said ... "unjustified". Carla Del Ponte got the
message. Four days after her Observer interview appeared, her office
issued a statement: "NATO is not under investigation by the Office of
the Prosecutor of the International Criminal Tribunal for the former
Yugoslavia. There is no formal inquiry into the actions of NATO
during the conflict in Kosovo." And there wouldn't be, it was
unnecessary to add.

I think what has distinguished the Bush foreign policy from that of
its predecessors has been its unabashed and conspicuously overt
expressions of its imperial ambitions. They flaunt it, publicly and
proudly declaring their intention -- nay, their God-inspired right and
obligation -- to remake the world and dominate outer space as well;
"full-spectrum dominance", a term coined by the military, well
captures the Bush neo-conservatives style and ambition. And they have
not hesitated to put their dominance master plans into print on a
regular basis, beginning with their now-famous 1992 Defense Planning
Guidance, which stated: "We must maintain the mechanisms for deterring
potential competitors from even aspiring to a larger regional or
global role," and in the White House National Security plan of 2002
which read: "To forestall or prevent ... hostile acts by our
adversaries, the United States will, if necessary, act preemptively."

"Preemptive" military action is an example of what the post-World War
II International Military Tribunal at Nuremberg called "a war of
aggression"; the invasion of Poland was a case in point. US Supreme
Court Justice Robert Jackson, the Chief US Prosecutor at the Tribunal,
said:

We must make clear to the Germans that the wrong for which their
fallen leaders are on trial is not that they lost the war, but that
they started it. And we must not allow ourselves to be drawn into a
trial of the causes of the war, for our position is that no grievances
or policies will justify resort to aggressive war. It is utterly
renounced and condemned as an implement of policy.

The Tribunal's final judgment stated: "To initiate a war of
aggression, therefore, is not only an international crime, it is the
supreme international crime, differing only from other war crimes in
that it contains within itself the accumulated evil of the whole."

The bombing and invasion of Afghanistan and Iraq by the US government
are wars of aggression and international crimes, but legally and
morally no worse than many other US bombings and invasions, such as
against Vietnam, Laos, Cambodia, Cuba, Grenada, Panama, and
Yugoslavia. Nobody has ever suggested that Serbia was preparing to
attack a member of NATO, and that is the only event which justifies a
reaction under the NATO constitution.

In recent years, one of the most stunning examples of the United
States acting with impunity is the CIA and other American agents
carrying out what they call "rendition". These agents have given
themselves the right to go anywhere in the world, kidnap anyone they
want, while the person is walking to work or on his way home; it could
be anywhere, any time, anyone; all laws, domestic or international, be
damned. They grab the man, throw him into a car, tie him up,
blindfold him, and drive right to an airport to fly him to a country
where he will be tortured.
And no one dares to stop them. They've done this more than a hundred
times, in dozens of countries, and so far the only country to complain
angrily about it is Italy, which in June issued arrest warrants
against 13 American agents involved in a rendition and asked
Washington for "judicial assistance".

One of the most remarkable examples of rendition occurred in Bosnia.
In 2001, the United States informed the Bosnian government of an
alleged plot by a group of five Algerians and a Yemeni living in
Bosnia to blow up the American and British embassies in Sarajevo. The
Bosnians held the men for three months, during which time an
investigation failed to substantiate any criminal charges against
them. In January 2002, the Bosnian Supreme Court ruled that they
should be released. As the men left prison, they were grabbed and
thrown into waiting unmarked cars by masked men. They wound up at the
US prison in Guantánamo Bay, Cuba.
Guantánamo is where, a few months ago, one of the American military
judges said: "I don't care about international law. I don't want to
hear the words 'international law' again. We are not concerned with
international law."

Robert Baer, a former CIA officer who was active in the war on terror,
has described the renditions as such: "They are picking up people
really with nothing against them, hoping to catch someone because they
have no information about these terrorist networks."
It's very good news that Italy is complaining about the rendition in
their country, but this is a rare exception to the norm. Apart from
China, North Korea, Cuba and Venezuela, and to a much lesser extent,
Russia, who dares to challenge American imperialism? Who dares to
call it by its right name? Who else loudly and strongly and
undiplomatically condemns the empire's flagrant abuses of human rights
and international law and its plan for world domination? Most
Americans are convinced that France is an implacable enemy of US
foreign policy. I'm sure you've heard about "french fries" being
changed to "freedom fries". But in actuality, in recent years, the
French government has given in to Washington on crucial issues more
often than not, for example agreeing to compromises in the language of
Security Council resolutions which have enabled the United States to
pretend that it's gotten approval for its military adventures. In
France, Germany and Canada, government officials who said something
insulting about George Bush have all been forced to resign. It's hard
to imagine an American official being fired because of saying
something insulting about Jacques Chirac.

Do you know that the White House arranged for several Republican Party
loyalists who are enthusiastic supporters of US foreign policy to be
officials at the United Nations? And they have been promoting Bush's
political agenda at the UN. Here is one of them speaking to the
Washington Post: "I came here at the request of the White House. It's
my duty to make the UN more effective. My primary loyalty is to the
United States of America." He said this despite having taken an oath
of loyalty to the United Nations. And of course, making the UN "more
effective" means simply making it cooperate more with the aims of US
foreign policy.
Has France or any other country complained about this subversion of
the UN? Did France or any other country vehemently condemn the US and
the UK for its 12 years of flying over and bombing Iraq? The United
States can act with impunity because the opposition from other
governments and from the UN is as weak as from the Democratic Party in
the US. And I would urge all of you who live here in France to put
more pressure on your government to take a strong moral stand against
Washington's continuing crimes against humanity. Such statements by
foreign governments are actually reported in the American media, and
when that happens even arrogant neo-conservative government leaders
can be put on the defensive.

Although in general, the American media is not much help in
challenging their government's impunity.
For example, I do not think there was a single American daily
newspaper that unequivocally opposed the US bombing of Iraq in 1991.
Nor a single American daily newspaper that unequivocally opposed the
US bombing of Yugoslavia in 1999.
Nor a single American daily newspaper that unequivocally opposed the
US bombing of Afghanistan in 2001.
Nor a single American daily newspaper that unequivocally opposed the
US bombing of Iraq in 2003.
In a supposedly free society, with a supposedly free press, with about
1500 daily newspapers, it should be very unlikely that this is the
case. But that's the way it is.

Much of what I've discussed here this evening is the result of the
so-called War on Terrorism. I say "so-called" because the War on
Terrorism is primarily a means for expanding the American empire.
If I were the president, I could stop terrorist attacks against
American targets in a few days. Permanently. I would first apologize
-- very publicly and very sincerely -- to all the widows and the
orphans, the impoverished and the tortured, and all the many millions
of other victims of American imperialism. Then I would announce that
America's global interventions -- including the awful bombings -- have
come to an end. And I would inform Israel that it is no longer the
51st state of the union but -– oddly enough -– a foreign country. I
would then reduce the military budget by at least 90% and use the
savings to pay reparations to the victims and repair the damage from
the many American bombings and invasions. There would be more than
enough money. Do you know what one year of the US military budget is
equal to? One year. It's equal to more than $20,000 per hour for
every hour since Jesus Christ was born.
That's what I'd do on my first three days in the White House. On the
fourth day, I'd be assassinated.

(comments may be sent to: BBlum6[at]aol.com)

Se Prodi va al governo

Fonte: http://www.lernesto.it

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Prodi: "La politica estera la fa il premier, non Bertinotti. Resteremo
in Afghanistan"

di Franco Venturini

su Corriere della Sera del 06/10/2005

Intervista a Prodi: «La politica estera la farà il premier, non
Bertinotti» «Resteremo in Afghanistan» «Mi ispirerò alla
discontinuità, ma da quando Fini è alla Farnesina le cose sono migliorate»

Nel suo studio di Piazza Santi Apostoli il candidato premier Romano
Prodi ostenta una assoluta tranquillità. L'ultimatum di Berlusconi che
potrebbe anticipare le elezioni? «Non ci credo, e se poi accade meglio
così». Il ritorno al proporzionale? «Se vinco io si torna al
maggioritario». Ma poi non si può parlare agli italiani sempre e
soltanto delle stesse beghe, esiste il mondo, esiste la necessità di
avere una politica estera per difendere i nostri interessi e quelli
della pace. Ecco, è di questo che Prodi vuole conversare. Viene
spontaneo ricordargli che in politica estera tutti i governi italiani
usano proclamare la «continuità».
Se andrà a Palazzo Chigi, lui farà altrettanto?

«No davvero, la mia sarà una discontinuità. La linea in cui mi
riconosco è multilateralista e fortemente europea, dunque ben diversa
da quella dell'attuale governo anche se da quando Fini è alla
Farnesina le cose sono un po' migliorate. Dico subito che non si
tratta di essere filoamericano o antiamericano, questo è un dibattito
totalmente inventato. La mia politica estera certamente sarebbe una
politica estera prioritariamente europea ma questo non impedirebbe
all'Italia di essere il miglior alleato degli Usa».

Eppure sull'Iraq i problemi ci sono...

«L'Iraq rappresenta un grande punto di dissenso ma non compromette
l'insieme del rapporto con Washington. In tanti altri settori, come la
lotta al terrorismo, si può e si deve lavorare con gli Stati Uniti e
io l'ho fatto a lungo quando ero presidente della Commissione a
Bruxelles. L' Iraq è stato semplicemente un colossale errore. Del
resto da parte americana e inglese il problema oggi è come uscirne.
Certo non era infondata l'analisi che facevamo alla vigilia della
guerra: oggi più che mai si vede che lo strumento militare non
risolve, che occorre una soluzione politica».

A proposito di uscirne, se lei andrà al governo quando e come ne
usciremo noi italiani?

«Intanto diciamo che il ritiro lo ha già cominciato Berlusconi facendo
rientrare una certa quantità di truppe combattenti, non di supporto
logistico, e questo riduce fortemente la nostra capacità operativa.
Per quanto mi riguarda un giorno dopo aver vinto le elezioni io
fisserò un calendario preciso di ritiro militare, consultandomi sì con
le varie parti in causa ma senza ripensamenti. Rimarrà invece un
impegno per la ricostruzione e per gli aiuti. Anzi, con le risorse
risparmiate questo impegno potrà essere più forte».

Fausto Bertinotti la vede diversamente, lui vorrebbe il ritiro
immediato dall'Iraq e anche dall'Afghanistan e dai Balcani. Come
farete a governare insieme?

«Questo è uno dei motivi per cui ho voluto le primarie. Il che non
vuol dire che chi le vincerà potrà poi fare tutto da solo, ma le
questioni fondamentali devono essere chiare sulla base del programma
che è stato discusso e che ognuno avrà portato alle primarie. Del
resto le visioni diverse non sono rare nelle coalizioni, anzi, si
potrebbe dire che esistono sempre».

Ma Rifondazione non ha mai lasciato intendere di essere disposta a
cambiare idea...

«Ho parlato molto con Bertinotti, con reciproco rispetto. Ma certo su
temi di questo tipo le diversità esistono. Ritengo che la soluzione
stia nelle regole democratiche: anche chi non è d'accordo è chiamato
ad accettare il programma comune della coalizione. Noi andremo alle
elezioni con una linea, non con più linee».

Se capisco bene ci sarà il presidente del Consiglio e la politica
estera sarà la sua. Giusto?

«Esattamente, perché sarà la politica democraticamente decisa dall'
Unione. E io credo che Bertinotti sia un democratico. Il che non
esclude che il capo del governo tenga conto delle posizioni esistenti
nella sua coalizione. Ma quando una linea diventa patrimonio comune,
resta patrimonio comune».

Dunque in Afghanistan e nei Balcani i militari italiani resteranno?

«Certamente. Anche se, per quanto riguarda i Balcani, mi sembra ormai
giunto il momento di una riflessione profonda a dieci anni dagli
accordi di Dayton».

Dietro la questione irachena c'è il problema irrisolto dell'uso
legittimo della forza, e nel centrosinistra italiano non mancano
riflessioni nuove. Lei cosa ne pensa?

«Il punto di partenza deve essere l'articolo 11 della nostra
Costituzione che rifiuta la guerra. Stabilito questo, però, occorre
definire quali tipi di intervento armato possano essere considerati
giustificati. Stiamo parlando di genocidio, guerra civile, aggressione
a uno Stato sovrano, atti di terrorismo. In nessun modo l' uso della
forza può essere giustificato per risolvere una controversia
internazionale o determinare un cambio di regime in un altro Stato. In
alcune circostanze, pensiamo al genocidio, può essere giusto anche l'
intervento preventivo, e il metodo più ovvio è quello che fa dipendere
la legittimità dall'approvazione dell'Onu. Soltanto per il Kosovo non
è stato così, ma c'è stato il mandato della Nato. Certo, l'intervento
in Iraq non rientra in queste categorie, e va considerato tanto
ingiustificato quanto illegittimo. A differenza da quello in
Afghanistan, anche se pure lì nel post-intervento la politica ha fallito».

Quando si parla di esportazione della democrazia lei sottoscrive?

«Beninteso, purché si tratti di una esportazione pacifica. Come potrei
non essere a favore, del resto, sapendo bene che nessuno ha esportato
tanta democrazia quanto l'Unione Europea. L'allargamento della Ue è
stata l'esperienza più emozionante dei miei anni a Bruxelles.
Certamente noi avevamo a che fare con Paesi che tutti più o meno
avevano avuto una esperienza democratica, e la situazione è diversa
nella grandissima parte del mondo arabo-islamico. La difficoltà è
maggiore ma non può comunque appoggiarsi alla forza, occorre avviare
un dialogo politico e soprattutto economico, e capire che fenomeni
tanto profondi non possono che essere graduali. Ecco un terreno sul
quale europei e americani possono e devono collaborare strettamente
nell'interesse comune. Sottolineo collaborare, perché in non pochi
casi, per esempio nel "Quartetto" per il Medio Oriente, finora ha
suonato soltanto il primo violino. Anche per colpa della frantumazione
europea, beninteso».

Lei ha parlato spesso di «pari dignità» tra europei e americani. Cosa
intende, nella realtà d'oggi?

«È vero, non ho mai detto pari forza ma pari dignità sì. Oggi non
posso nascondermi che una nostra capacità di partecipare in quanto
europei a decisioni comuni con l'America è lontana nel tempo. Serve a
questo punto una intelligente politica americana, perché il mondo sta
cambiando e ridiventerà multipolare restituendo all'Europa un ruolo di
primo piano. Questo la Cina lo ha già compreso. Con Bill Clinton ne ho
parlato parecchie volte, lui aveva una visione positiva del futuro.
Non solo, la sua amministrazione ci aiutò non poco al momento
dell'introduzione dell'euro. Oggi le cose sono un po' diverse, ma
resta il fatto che all' America una Europa forte dovrebbe interessare
più di una Europa soltanto economica, debole e frammentata».

Parliamo appunto di Europa. Come si esce dalla crisi?

«Le rispondo con qualche proposta: gruppo di saggi che prepari il
rilancio sotto presidenza tedesca nel 2007; nuova conferenza
intergovernativa che adotti le necessarie modifiche al testo della
Costituzione bocciata in Francia e Olanda; nuovo referendum in
contemporanea alle elezioni europee del 2009; utilizzare da subito lo
strumento delle cooperazioni rafforzate, anche nel Consiglio di
sicurezza dell'Onu, anche nel Fondo monetario, anche nella
rappresentanza esterna dell'euro».

Da capo del governo, cosa cambierebbe nella lotta al terrorismo?

«Sulla difesa della sicurezza i metodi tradizionali sono comuni a
tutti. Metterei l'accento sulla cooperazione tra i servizi
d'informazione e sul controllo dei flussi finanziari: in entrambi
questi campi si può fare di meglio. Esiste inoltre un Islam moderato
con il quale occorre dialogare concretamente, e io riproporrei l'idea
di una Banca del Mediterraneo. Più in generale, visto che la miseria
aiuta il terrorismo, ho intenzione di creare una agenzia o un
ministero per gli aiuti allo sviluppo. E per quanto riguarda la
società italiana, gli islamici vanno trattati sulla base del rispetto
della legge come tutti gli altri immigrati. Scuola parificata
compresa, se ci sarà. In ogni caso ho intenzione di cambiare la legge
Bossi-Fini, responsabilizzando gli enti locali e creando un percorso
che deve poter portare alla cittadinanza».

Qual è il principale rimprovero che rivolge al governo Berlusconi,
l'errore che lei non ripeterebbe?

«Con Berlusconi l'Italia ha perso il suo tradizionale equilibrio tra
Usa e Europa. Oggi l'Italia è politicamente assente a Bruxelles. Io
intendo riequilibrare la posizione italiana senza per questo
rinunciare alla stretta alleanza con l'America e sperando che il
grande coraggio mostrato da Sharon abbia seguiti tali da portare la
pace tra israeliani e palestinesi. La politica estera non può essere
fatta solo di rapporti personali, e per questo, se vinceremo le
elezioni, nascerà un Consiglio per la sicurezza nazionale presso la
Presidenza del Consiglio. Un po' come in America, guarda caso».

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Bruno Steri: "Prodi, il dominus: l'ultima parola vuole che sia la sua"

di Simone Oggionni

su redazione del 07/10/2005

L'intervista a Romano Prodi del 5 ottobre sul Corriere della Sera è
particolarmente significativa, innanzitutto per quell'apertura in cui
egli assicura che, in caso di una vittoria del centrosinistra, si
tornerebbe al maggioritario.

Sì, la prima affermazione importante di Romano Prodi è questa: «se
vinco io si torna al maggioritario». Non è più, quindi, soltanto di
D'Alema l'impostazione oltranzista dal punto di vista della opzione
bipolarista. E' anche il candidato dell'intera coalizione che dice
chiaramente che se vince il centrosinistra si torna al maggioritario.
Ma osteggiare e contrastare la proposta di riforma in senso
proporzionale avanzata dalle destre in forza dell'argomentazione di
una sua strumentalità nasconde la volontà precisa di difendere e
mantenere questa legge maggioritaria. È dunque una posizione
insostenibile dire che delle ipotesi di riforma in senso proporzionale
si tornerà a parlare dopo le elezioni con la vittoria del
centrosinistra: è una posizione che reputo ingenua, nel migliore dei
casi, ed ipocrita nel peggiore.

Il cuore dell'intervista di Prodi affronta una serie di questioni
internazionali sulle quali è bene soffermarsi.

Mi pare che una frase di Prodi sintetizzi l'intera intervista: «Noi
andremo alle elezioni con una linea, non con più linee». Se ancora ce
ne fosse il bisogno, Prodi ribadisce chi è il dominus: il dominus è
colui il quale vincerà le primarie, cioè egli stesso. È chiaro che chi
vince le primarie avrà il dovere di compattare la coalizione ma
l'ultima parola sarà la sua e dunque, sulla base della disciplina di
coalizione, anche chi è riottoso si dovrà adeguare.
Nel merito delle questioni affrontate: Prodi afferma, con ragione, che
grazie al governo Berlusconi i rapporti del nostro Paese con l'Europa
da un lato e con gli Stati Uniti dall'altro sono stati sbilanciati
nettamente a favore degli USA. Questo è vero ed ovvio. Aggiunge poi
che è necessario un riequilibrio della politica estera a favore
dell'Unione Europea. Sta di fatto che Prodi aggiunge un "però": non a
danno dei rapporti transatlantici. Questo riequilibrio è del tutto
formale, quindi, perché non se ne vede traccia concreta.
Prodi si dice, per esempio, entusiasta dell'allargamento dell'Unione
Europea a venticinque, quando, nei fatti, questo allargamento è stato
un cuneo, un cavallo di Troia dell'influenza nordamericana nel cuore
dell'Unione Europea, per non parlare della Turchia che, come ha
scritto giustamente Giulietto Chiesa su il manifesto, è il sigillo
dell'impronta del tallone USA sul progetto europeo. Anche di questo
Prodi non parla.

Come non parla del ruolo della NATO e del rapporto del nostro Paese
con la NATO…

Sì. Anche rispetto alle basi NATO e USA in Italia il silenzio di Prodi
è colpevole. Questo delle basi è un problema che sempre più sta
esplodendo: anche i nostri presidenti di Regione più illuminati
chiedono un ridimensionamento della presenza militare straniera per
invertire una tendenza che va esattamente nella direzione opposta (si
pensi al raddoppio della Maddalena e di Camp Darby e delle ingenti
dotazioni di armi non convenzionali e nucleari di cui dispongono
queste basi).
Se quando si parla di non dipendenza nei confronti degli Stati Uniti
non si entra poi nel merito si rimane, ripeto, colpevolmente reticenti.

Un'altra questione che mi pare rilevante è il passaggio in cui Prodi
affronta il tema della legittimità dell'utilizzo della forza.

Prodi dice apertamente che esistono le possibilità perché un
intervento armato possa ritenersi giustificabile, per esempio in
presenza di «atti di terrorismo» o di «genocidio», e cita il caso del
Kosovo. Non troviamo nell'intervista una sola riga di
ri-problematizzazione dell'accaduto, non dico di autocritica, anche se
quella vicenda, che ha inquinato i governi di centrosinistra,
imporrebbe quantomeno un ravvedimento.
Vorrei del resto ricordare che in Kosovo ancora oggi è in atto una
pulizia etnica ai danni di serbi e rom e le nostre truppe sono lì.
Ogni tanto qualcuno deve ricordarlo…
Anche su questo punto il riequilibrio di cui parlavamo è del tutto
formale perché non si sostanzia affatto di prese di posizioni chiare e
coraggiose, anche minime, come Zapatero in Spagna. Questo
atteggiamento pontificale di Prodi nasconde in realtà reticenze
gravissime.

Parlando di Europa, Prodi puntualizza l'esigenza di "alcune modifiche"
nella carta costituzionale…

E cosa vuol dire? Non si tratta di mettere qualche correzione qua e là
a quel testo perché è l'intero impianto ad essere inaccettabile.
Quella Costituzione è stata bocciata, insieme all'impianto generale e
all'impostazione di fondo delle politiche europee.

Un'ultima battuta sull'Iraq.

Ovviamente l'Iraq è la patata bollente. L'Italia impegna diecimila
soldati per le missioni cosiddette "umanitarie" che in realtà sono
missioni di guerra. In Iraq abbiamo tremila soldati italiani, il
movimento contro la guerra in questi anni ha espresso chiaramente,
nonostante il bombardamento mediatico, la propria contrarietà, così
come la maggioranza dei popoli.
Sull'Iraq il centrosinistra non è neanche in grado di parlare di
ritiro immediato perché traccheggia. Il quadro non è solo
insoddisfacente, è preoccupante.
A questo si aggiunge un ultimo elemento che reputo sconcertante e che
attiene all'idea che sia possibile esportare la democrazia. Prodi
rivendica questo aspetto, anche se in modo pacifico. È sconcertante
perché apre un varco enorme ad un atteggiamento di tipo neo-coloniale.
Qual è il tribunale della Storia che decide chi deve esportare il
proprio modello di organizzazione politica e come? Chi ha stabilito
che l'Occidente capitalistico è la civilizzazione? In base a quale
principio?


[Nota del CNJ: Bruno Steri è tra gli aderenti al nostro Coordinamento]