Informazione

Dall'archivio di Zivkica Nedanovska:


1.FONTE: Eko-forum Belgrado
2.TITOLO: Ancora ci sono  rifiuti pericolosi a Bor
3.AUTORE: “Politika”/S.Todorovic”
4.SITO INTERNET: http://www.ekoforum.org.yu/
5.NUMERO DI PAGINE:1
6.DATA: 14.12.2003.

I giornalisti sono stati informati due giorni fa che non è stato
trasportato tutto il piralene pericoloso in Francia, dalla stazione di
trasformatori elettrici “Bor 3”, distrutta durante l’agressione della
NATO, nel maggio del 1999. Nel camion specializzato sono stati
trasportati solo 149 condensatori non danneggiati, impacchettati nei
container e nel perimetro  del Combinato di Bor sono rimasti ancora 140
condensatori danneggiati, contenenti il veleno pericoloso con le
caratteristiche cancerogene. Ai  media di Bor è stato detto che questi
condensatori “saranno trasportati via da Bor nella seconda parte
dell’azione, nel corso dell’anno prossimo” e questo vuol dire che gli
abitanti di Bor ancora non si sono liberati dal veleno pericoloso, come
hanno pubblicato i media.  Loro ancora hanno paura  come quattro anni
fa quando si è ammalato di cancro al cervello uno degli operai che
hanno partecipato alla pulizia della stazione distrutta. Ancora adesso
i 14 operai devono fare le analisi complete, ogni anno, nell’Istituto
di medicina di lavoro “Dr Dragomir Karajovic”di Belgrado, sono cioè
sotto controllo permanente.
Gli esperti dell’UNEP danno un aiuto inestimabile agli operai
nell’immagazzinamento regolare di condensatori danneggiati con il
piralene e nel trasporto in Francia e gli abitanti di Bor ne sono molto
grati.


1.FONTE: Eko-forum Belgrado
2.TITOLO: Gli abitanti di Knjazevac non vogliono i rifiuti nucleari
3.AUTORE: “Politika”/S.Todorovic
4.SITO INTERNET: http://www.ekoforum.org.yu/
5.NUMERO DI PAGINE: 1
6.DATA:11.12.2003.

Nel cuore di Stara planina (la Montagna vecchia) in Serbia , proclamata
cinque anni fa (dalla parte serba e quella bulgara) parco naturale
internazionale, nella miniera abbandonata di uranio a Gabrovnica,
presso Kalne (comune di Knjazevac) qualcuno vorrebbe trasportare di
nuovo i rifiuti nucleari dall’Istituto”Vinca”. Se ne parla molto in
questi giorni e i giornali locali ne sono pieni. Gli abitanti sono
molto inquieti ma non sono passivi. La prima volta, nel 1993, dovettero
reagire perchè l’ispettore ecologico aveva trovato 11 botti “con
rifiuti attivi di bassa radioattività”, provenienti da Vinca. Dopo la
forte reazione nei media locali e sotto la pressione del pubblico, il
problematico carico ha lasciato questo bellissimo posto. Adesso i
montanari insieme alle autorità locali sono decisi a non lasciare
niente al caso e ad  opporsi  a questa idea folle.
“Il territorio di Stara planina è stato proclamato parco naturale
internazionale, dalla nostra parte e da quella bulgara. E’assolutamente
impossibile modificare quella decisione” - dice Milan Petrovic,
direttore della Municipalità di Knjazevac.”E' impensabile un “turismo
radioattivo”, nonchè cancellare il Piano territoriale di Serbia secondo
cui Stara planina ha avuto la priorità nello sviluppo del turismo
invernale di montagna “ - conclude Petrovic. Anche il direttore della
ditta ”Babin zub” che si occupa del turismo sulla Stara planina, dice
che i rifiuti nucleari e il turismo sono due cose completamente
incompatibili e che tutta la regione sarebbe condannata alla rovina se
la miniera abbandonata si trasformasse in un deposito di rifiuti
nucleari.

http://www.danas.co.yu/20040131/hronika2.html#0

DANAS (Beograd)
subota-nedelja, 31. januar-1. februar 2004

Uskoro publikacije o karakteristikama 29 etničkih manjina u Srbiji

Slovenci najstariji, Jevreji najobrazovaniji

Beograd - Pripadnici slovenačke etničke zajednice su najstarija lica u
populaciji stanovništa 29 manjinskih grupa, Jevreji su najobrazovanija
zajednica, najviše nepismenih je iz romske i populacije Aškalija. Među
licima sa nedovršenim osnovnim obrazovanjem najviše je Roma i Vlaha,
poljoprivredom se najviše bave Rumuni i Vlasi, među ženama koje nikada
nisu rađale najbrojnije su pripadnice lepšeg pola bošnjačke
nacionalnosti, a na privremenom radu u inostranstvu najviše je
Albanaca, Turaka i Vlaha. Ovo su samo neki od rezultata istraživanja
"Etnički mozaik Srbije" i "Izbeglički korpus u Srbiji" koje je, na
osnovu rezultata popisa stanovništa iz 2002.godine, uradilo
Ministarstvo za ljudska i manjinska prava SCG uz pomoć Republičkog
zavoda za statistiku i Centra za političku kulturu i obrazovanje.

- Prvi put u istoriji publicistike i statistike pojaviće se publikacija
u kojoj će na jednom mestu biti prezentovani svi kvantitativni podaci o
pripadnicima etničkih zajednica na prostoru Srbije - rekao je na
jučerašnjoj konferenciji za novinare ministar za ljudska i manjinska
prava SCG Rasim Ljajić. Publikacija sa kompletnim i raznovrsnim
podacima o etničkim zajednicama sa našeg područja, kako je najavio,
biće objavljena za desetak dana.
Od 29 etničkih zajednica, koliko ih ima na prostoru Srbije (bez
Kosova i Metohije), pripadnici 20 manjinskih zajednica su dosta stariji
u odnosu na državni prosek, a među najstarijom populacijom su Slovenci.
Prosečna starost pripadnika slovenačke nacionalnosti je 54,8 godina i u
toj etničkoj grupi ima i najviše penzionera. Prema statističarima, ova
populacija stanovništva svrstana je u kategoriju integrisanih lica,
odnosno lica koja zbog starosti teško menjaju mesto prebivališta. Među
najstarijim pripadnicima etničkih grupa su i Šokci sa prosečnom
starošću od 53,9 godina, dok je prosečni starosni vek Nemaca 53,02
godine.
Najmlađi su Egipćani sa prosekom od 26,3 godine, Romi (27,52) i
Aškalije (29). Najviše lica starijihi od 60 godina ima među Šokcima,
6,4 odsto, Slovencima (5,8) i Nemcima (4,5), dok najmanje ljudi
starijih od 60 godina ima u populaciji Egipćana - 0,12 odsto, Roma
(0,17) i Aškalija (0,19). U odnosu na ukupno stanovništvo,
poljoprivredom se najviše bavi rumunska populacija 35,6 odsto, Vlasi
(28,6) i Albanci, dok se tom vrstom delatnosti najmanje bave Egipćani
(0,37 odsto), Goranci i Jevreji.
Jevreja, Grka, Rusa, Slovenaca, Čeha, Cincara, Turaka, Ukrajinaca i
Šokaca nema u kategoriji nepismenih lica, dok su Jevreji
najobrazovanija etnička zajednica od kojih 48,5 od ukupnog broja
pripadnika te manjine ima više ili visoko obrazovanje. Žene koje
pripadaju etničkoj zajednici Bošnjaka, njih 33,6 odsto, nikada nisu
rađale decu, a na taj korak najmanje se odlučuju i žene iz zajednice
Aškalija, Crnogoraca i Albanaca. Sa po jednim detetom najviše ima žena
iz ruske etničke zajednice (32 odsto), vlaške i jevrejske. I. Vušković

--

Na privremenom radu najviše Albanaca

Od ukupnog broja stanovništva koje pripada jednoj nacionalnoj
zajednici, Albanci su populacija koja ima najviše svojih ljudi na
privremenom radu u inostranstvu. Van zemlje radi 26,1 odsto Albanaca,
17 odsto Turaka, 16,9 odsto Vlaha i 16,6 procenata Bošnjaka.

In merito a questo episodio sconvolgente, perfettamente censurato da
tutti i "nostri" mass-media, si veda anche:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2997
http://resistance.chiffonrouge.org/article.php3?id_article=291
http://groups.yahoo.com/group/decani/message/77934

e le foto su:
http://www.novosti.co.yu/zlocin.htm
http://www.antic.org/KLA
http://www.kosovo.com/kla_decapit.jpg
http://www.kosovo.com/kla_decapit.pdf

---

http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/pose4a21.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 21-01-04

Nuova testimonianza dei crimini  perpetrati dall’UCK in Kosovo

“Così, non temete la gente. Qualsiasi cosa sia ora coperta sarà
scoperta, ed ogni segreto verrà reso noto.” (Mt 10:26)

Il resoconto sconvolgente dei fatti qui descritti, che era stato
pubblicato dal Vecernje Novosti Daily il 3 novembre, era già stato
confermato all’ERP KIM Info Service dai più alti delegati della KFOR e
dell’UNMIK. A causa dell’indagine e della mancanza di informazioni
specifiche (nominativi dei perpetratori, vittime e foto) ERP KIM non ha
pubblicato questa notizia, in attesa del termine delle indagini e della
relazione ufficiale della polizia UNMIK. Tuttavia, pare che i
particolari della vicenda siano trapelati da fonti UNMIK al quotidiano
di Belgrado Vecernje Novosti, che ne ha pubblicato il testo, le
fotografie e altri dettagli specifici. Siccome la vicenda è divenuta
pubblica, giudichiamo importante presentare ai nostri lettori la
traduzione inglese.

Da quanto è stato appreso dall’ERP Kim, in seguito alla ricerca di una
delle case albanesi nel villaggio di Prilep nella municipalità Decani,
il team investigativo della polizia ONU ha rilevato un album di
fotografie del tempo di guerra, in parte risparmiato dalle fiamme di un
incendio. Parecchi fra questi documenti, lasciati intatti dal fuoco,
mostravano crimini perpetrati dall’UCK. Le fotografie-trofeo ritraevano
teste mozzate di serbi e corpi mutilati, la cui modalità di esecuzione
risultava analoga alle fotografie-trofeo dei moujaheddin provenienti da
Bosnia, Cecenia ed altrove. Purtroppo, la decapitazione in quanto
metodo omicida non era infrequente nei conflitti bosniaci e nemmeno in
quelli kosovari. Il corpo di Fr. Chariton Lukic, monaco del monastero
dei Santi Arcangeli rapito dai terroristi dell’UCK nel luglio 1999
nelle strade di Prizren è stato trovato un anno più tardi privo di
testa.

L’Info Service di RP KIM ha appreso che sulla base di tali documenti
fotografici lo speciale team investigativo ha varato un’inchiesta
approfondita, la quale ha condotto all’identificazione di gran parte
degli uomini in uniforme UCK. L’organizzazione per i serbi dispersi è
stata inoltre coinvolta nell’identificazione delle vittime serbe
comparse nelle fotografie. Pare che le fotografie sotto accusa siano
state scattate nei dintorni di Decani (in aprile o maggio 1999).
Secondo le affermazioni rilasciate all’ERP KIM da una fonte
internazionale che ha richiesto l’anonimato, alcuni banditi dell’UCK
apparsi in fotografia occupano tuttora posizioni nei Kosovo Protection
Corps, un’organizzazione capeggiata dal “Generale” Agim Checku, di
recente arrestato in Slovenia sotto mandato di cattura Interpol, ed
inspiegabilmente rilasciato il giorno seguente su istanza speciale del
capo dell’UNMIK Sig. Hari Holkeri.

Nell’area Decani-Pec, le Unità UCK operavano sotto il comando di Ramush
Haradinaj, leader politico in carica del Partito AKK. Suo fratello Daut
Haradinaj, che occupava una posizione di preminenza all’interno
dell’UCK (egli è infatti divenuto un “generale”) è stato condannato lo
scorso anno a parecchi anni di prigione, insieme ad alcuni altri membri
precedenti dell’UCK (il cosiddetto gruppo Dukagjini) per crimini
commessi contro gli albanesi dissidenti del Kosovo. I fratelli
Haradinaj sono anche sospettati di avere sostenuto la ribellione
dell’etnia albanese del 2001 nella confinante Macedonia. Negli ultimi
due anni, numerosi testimoni albanesi del Kosovo che hanno accettato di
cooperare con la polizia UNMIK sul caso Haradinaj sono stati
assassinati o vittime di minacce. Uno dei testimoni chiave è stato
Tahir Zemaj, appartenente ai leaders dell’etnia albanese ribelle e
rivale (FARK), e stretto alleato del presidente del Kossovo Ibrahim
Rugova. Zemaj è stato ucciso nel 2002. Non uno solo fra questi
assassinii misteriosi di potenziali testimoni contro gli “eroi”
dell’UCK è stato mai delucidato dalla polizia.

Non è un segreto che oltre ai numerosi serbi del Kosovo uccisi dall’UCK
nel corso e dopo il conflitto armato del 1999 vi furono anche albanesi
dissidenti del Kosovo, in gran parte sostenitori di gruppi politici
rivali e di clan mafiosi, che furono uccisi oppure rapiti. L’articolo
seguente, pubblicato dal Vecernje Novosti getta un’ulteriore luce sui
nefandi crimini commessi dall’”esercito di Liberazione Kosovaro”. L’ERP
KIM non è riuscito nell’impresa di venire a conoscenza di quanto le
indagini su questo specifico atto criminoso siano progredite, ma
risulta incontestabile che le strutture UNMIK e KFOR possiedono
evidenze e dimostrazioni più che sufficienti riguardo ai crimini
dell’UCK e sul loro successore post-bellico “Corpo di Protezione
Kosovaro”. Come l’Info Service dell’ERP KIM ha appreso da una fonte non
ufficiale dell’UNMIK, la ragione per cui tali informazioni non vengono
rese note è il timore di un possibile conflitto con le strutture
dell’UCK che operano tuttora in Kosovo sotto nomi e modalità differenti.

Rivelare la verità di questo crimine dell’UCK costituisce un’ulteriore
promemoria indirizzato al Tribunale dell’Aia ed alla comunità
internazionale della realtà dei molti crimini bellici e post-bellici in
Kosovo che richiedono indagini urgenti. Tale necessità richiede
particolare sollecitudine, poiché gli iniziatori e  gli ideologi di
questa campagna di terrore controllano tuttora la scena politica in
Kosovo, impedendo qualunque progresso tendente alla costituzione di una
società multietnica e democratica. Se tutto si svolgerà come
auspichiamo, sapremo un giorno la verità circa tutti i 960 serbi che
furono assassinati dopo il termine del conflitto armato, nonostante la
presenza della Missione ONU e la guida dei peacekeepers NATO.

Ufficio redazionale ERP KIM (Kosovo Methoija) - Novembre 2003

Traduzione a cura di Enrico Vigna ( Assoc. SOS Yugoslavia)

1. KFOR VERWEIGERT DEN MÖNCHEN IN PRIZREN LEBENSMITTEL, STROM UND
BEGLEITSCHUTZ

2. Abschied auf Raten: Die serbische Provinz Kosovo auf ihrem Weg in
die Unabhängigkeit (Von R. Göbel, Juni 2003)

=== 1 ===

> -----Ursprüngliche Nachricht-----
> Von: Gordana
> Gesendet: Donnerstag, 5. Februar 2004 19:56
> Betreff: Eilt sehr!
>
> Liebe Freunde,
>
> wie ihr dem beiliegenden Text entnehmen könnt, verschlechtert sich die
> Situation der noch wenigen verbliebenen Serben in Kosovo zunehmend.
> Der Terror nimmt immer perfidere Formen an. Die Friedensstifter aus
> Deutschland, dem Land, das aus aller Kraft mit der Fahne der
> Demokratie weht und auf Einhaltung der Menschenrechte insistiert,
> beteiligen sich rege an der Unterdrückung alles Serbischen.
> Ich weiß, dass ihr alle sehr in euren eigenen Vorhaben eingespannt
> seid. Trotzdem möche ich euch bitten, hier was zu unternehmen.
> Ihr seht, es eilt sehr.
>
> Lieben Gruß an alle,
> Gordana
>
>
> KFOR VERWEIGERT DEN MÖNCHEN IN PRIZREN LEBENSMITTEL, STROM UND
> BEGLEITSCHUTZ
>
> Prizren - Den Mönchen in Prizren und dem naheliegenden Kloster Sv.
> Arhangeli ( Hl. Erzengel ) verweigerte KFOR Lebensmittel, Strom und
> Begleitschutz, weil sie die Öffentlichkeit über den Angriff der
> Albaner, der kürzlich auf sie und eine "ARD"-TV-Gruppe verübt wurde,
> unterrichtet haben, berichtete heute die Eparchie von Ras-Prizren.
> Der Vorfall ereignete sich in Djakovica am 21.Januar dieses Jahres als
> eine Gruppe von etwa 30 Albanern die Fahrzeuge der deutschen KFOR
> überfielen, in denen die Mönche des
> Klosters Sv. Arhangeli und der deutsche TV-Sender "ARD", der die
> Ruinen des orthodoxen Klosters Sv. Trojice ( Hl. Dreifaltigheit ) im
> Zentrum der Stadt filmen wollte, saßen.
> Das Leben der Mönche im einzigen noch in der Verantwortlichkeitszone
> des deutschen KFOR - Kontigents verbliebenen Klosters hat sich "
> zunehmend verschlechtert", mit der sichtlichen Absicht , die Mönche zu
> bestrafen, weil sie die Öffentlichkeit unterrichtet haben, führt die
> Eparchie
> im Bericht an die BETA.
> "Dem Kloster wurde der Begleitschutz der KFOR untersagt mit der
> Erklärung, dass man sich zukünftig für den Begleitschutz an die
> Albaner bei der Kosovo-Polizei wenden muss ".
> Die Mönche sind nicht mehr in der Lage das deutsche militärische
> Aggregat, das zur Zeit genutzt wird zu nutzen und dem
> Bereitschaftspriester im Vladicin Dvor ( Bischofspalast ) in Prizren
> wurde die Nahrung verweigert".
>
> Der Sprecher der deutschen KFOR, Klaus Elers, der beim Überfall
> anwesend war, hat sein Unmut darüber ausgesprochen, dass die Nachricht
> vom Angriff der Albaner in die Öffentlichkeit gekommen ist, und hat
> sogar gegenüber dem deutschen "ARD"- Fernsehen negiert, dass es
> überhaupt zu einem Überfall kam, führte die Eparchie auf.
> Der Abt des Klosters Sv. Arhangeli German Vucicevic hat sich mit einem
> Brief an die Vertreter der deutschen KFOR mit der Bitte gewandt, wenn
> sie schon eine Untersuchung
> bezüglich des Überfalls nicht durchführen wollen, wenigstens eine
> offizielle Erklärung heraus zu geben.
> Vater German sagte, dass die "Antwort" schnell kam und dass "die
> deutschen Soldaten anfingen, sich anders zu benehmen. Sie haben uns
> unterrichtet, dass aus technischen Gründen die Nutzung ihres Aggregats
> nicht weiter erlaubt werden kann", übertrug German. Die Begründung
> war, dass das Aggregat, das bisher regelmäßig die Wache und das
> Kloster versorgte nicht die nötige Kapazität besitzt. Hauptmann der
> deutschen KFOR Maik Stillers hat während seines Besuchs im Kloster den
> Mönchen gesagt, dass sie in
> Djakovica nichts anderes erwarten konnten, in Anbetracht dessen, dass
> "da die Serben viele Albaner ermordet haben". Stillers hat bei dieser
> Gelagenheit Bischof Artemije beschuldigt" auf der Resolution 1244 und
> der Behauptung, dass Kosovo ein Teil Serbiens sei, beharrt zu haben".
> Die Mönche haben Stillers gesagt, dass die Kirche für das, was im
> Krieg passiert ist, nicht verantwortlich ist und dass, seiner Logik
> folgend, allein die Anwesenheit der Serben in
> Kosovo den gerechfertigten Grund zur unbestraften Lünchjustiz der
> unbändigen Massen auf der Straße liefert. Der Bereitschaftsprior im
> Gebäude von Vladicin Dvor in Prizren Benedikt Preradovic teilte mit,
> dass die deutschen Soldaten, die das Gebäude und den benachbarten Dom
> Sv. Djordje ( Hl. Georg ) absichern, ihn nach dem Überfall
> benachrichtigt haben, dass sie ihm nicht mal mehr ein Stück Brot geben
> dürfen, weil das "die geschriebene Anordnung
> des Kommandanten der deutschen Kampftruppe für Prizren, Kai Brinkmann"
> ist.
> Der Bereitschaftspriester kann aus Sicherheitsgründen das Bischofsamt
> nicht verlassen, und bisher haben ihm die deutschen Soldaten
> regelmäßig von ihrer Nahrung abgegeben, weil er sie anders nicht
> besorgen konnte, sagte Vater Benedigt. Vater German teilte mit, dass
> ihm Brinkmann auf seinen Einwand, dass die Einschränkung in Strom,
> Nahrung und Freiheit das Fortbestehen der Mönche gefährdet, gesagt
> hat, dass seine Aufgabe nicht darin bestehe die Mönche, sondern die
> Soldaten zu schützen.

=== 2 ===

Abschied auf Raten

http://www.artel.co.yu/de/izbor/jugoslavija/2003-07-02_1.html

Berlin, juni 2003

Vier Jahre nach dem NATO-Krieg: Die serbische Provinz Kosovo auf ihrem
Weg in die Unabhängigkeit.

Von Rüdiger Göbel

Vier Jahre nach dem Ende des NATO-Krieges gegen Jugoslawien ist das
Kosovo auf dem besten Weg in die staatliche Unabhängigkeit. Aller
Widerrede zum Trotz, nach der Auflösung Jugoslawiens wird nun Serbien
weiter zerlegt. Im Mai verabschiedeten die albanischen Abgeordneten im
Provinzparlament eine Resolution zur Anerkennung des "Befreiungskrieges
für Freiheit und Unabhängigkeit". Überschwenglich würdigten sie den
"gerechten Kampf" der
albanischen Terrorbande UCK und die internationale Unterstützung zur
Befreiung der südserbischen, seit 1999 von der UNO verwalteten Provinz.

Der deutsche Diplomat und Chef der UN-Verwaltung des Kosovo (UNMIK),
Michael Steiner, verurteilte die sezessionistische Entschließung. Seine
harschen Worte waren fürs Protokoll. Die Kritik galt offensichtlich dem
Zeitpunkt der
Resolution, nicht ihrem Inhalt. Obwohl er die Befugnis dazu hätte,
vermied es Provinzgouverneur Steiner, das insgesamt sechs Punkte
umfassende Papier zu annullieren. Im Gegenteil: Der mächtigste Deutsche
im Kosovo ließ es sich nehmen, tags darauf mit der Privatisierung der
über 400 staatlichen Firmen
zu beginnen. Entgegen der Resolution 1244, die im Juni 1999 vom
UN-Sicherheitsrat verabschiedet wurde, wird damit das serbische Staats-
und Volkseigentum geraubt und ausverkauft, wie selbst die prowestliche
Regierung in Belgrad unter Protest feststellte. Doch die serbische
Zentrale ist fern und hat weder die Macht noch den Willen, an den
Zuständen im Kosovo etwas zu ändern. Statt die deutsche Außenpolitik ob
ihrer antiserbischen Grundhaltung zu kritisieren lamentiert man in
Belgrad lieber über die offen bekundete Liaison Steiners mit einer
jungen Albanerin.

Die westliche Gemeinschaft hält derweil hartnäckig an der Illusion
fest, der Angriffskrieg 1999 habe größeres menschliches Elend im Kosovo
verhindert und der Stabilisierung der Balkanregion gedient. Dabei
setzte die wahre Katastrophe mit und nach den Bomben ein. Der
temporären Flucht der Kosovo-Albaner während der NATO-Aggression folgte
der UCK-Terror gegen Serben, Roma, Muslime, Juden und alle anderen
ethnischen Minderheiten in der Provinz. Unter Aufsicht der
NATO-geführten Kosovo-Truppe (KFOR) wurden in den Monaten nach Ende des
Krieges über 300.000 Menschen aus der Provinz vertrieben, systematisch
und effizient - ohne Aussicht auf Wiederkehr. Nur
ein Drittel der Serben ist geblieben, lebt überwiegend in drei
isolierten Regionen des Kosovo sowie in kleinen Ghettos gesperrt.
Pristina ist NATO sei dank bis heute judenfrei.

23.000 Soldaten der multinationalen KFOR-Truppe sind in der Provinz zur
Zeit im Einsatz, ab Oktober wieder unter deutschem Befehl. Unter ihren
Augen wachsen und gedeihen Illegalität und Kriminalität, wie kürzlich
selbst NATO-Generalsekretär George Robertson beklagte. UN-Kosovo ist
der Staat der Menschenhändler und Drogenbarone, subventioniert mit
Hunderten Millionen Dollar und Euro "Wiederaufbauhilfe".

In der internationalen Gemeinschaft spielt das Kosovo kaum noch eine
Rolle. Anhaltender Vertreibungsterror und eine neuerliche Massenflucht
der Serben sind allenfalls eine Randnotiz wert. Immerhin, die
Menschenrechtsorganisation Amnesty International zog kürzlich für das
von der UNO verwaltete Kosovo eine düstere Bilanz. Angehörige der
Minderheiten, Serben vor allem, oder Roma, seien seit vier Jahren
"Gefangene im eigenen Heim". Ihnen werden grundlegende Rechte wie
medizinische Versorgung und
Bildungschancen verweigert, heißt es in der im April veröffentlichten,
aber weitgehend ignorierten 60 Seiten umfassenden Studie "Prisoners in
our own homes".

Vier Jahre nach dem Ende des NATO-Krieges gegen Jugoslawien sind
Angehörige ethnischer Minderheiten noch immer Opfer von Entführung,
Vergewaltigung und Mord. Mitte Mai wurde im Dorf Vrbovac bei Vitina ein
serbischer Lehrer
erschossen. Für Schlagzeilen sorgte Anfang Juni der antiserbischer
Überfall in der Ortschaft Obilic unweit von Pristina. Die dreiköpfige
serbische Familie Stolic wurde nächtens brutal erschlagen. Grund für
die Tat war laut UNMIK "ethnischer Hass". Die Mörder haben ihr Ziel
erreicht. Statt der
geplanten Rückkehr von 23 serbischen Familien wollen aus Furcht vor
weiteren Angriffen nun 400 Serben den Ort verlassen. Sie unterrichteten
bereits die serbische Regierung in Belgrad über den bevorstehende
Massenexodus und baten
darum, man möge ihnen in Serbien eine Zeltstadt errichten!

Vrbovac und Obilic, zwei Beispiele nur im täglichen ethnischen Wahn des
befreiten Kosovo. Auch wenn das Ausmaß gewalttätiger Angriffe auf
Nicht-Albaner im Vergleich zur unmittelbaren Nachkriegszeit im Sommer
1999 deutlich zurückgegangen ist, der Terror gehört weiter zum Alltag -
der
Rückgang ethnisch motivierter Gewalt schließlich lässt sich vor allem
wohl damit erklären, dass der Großteil der potentiellen Opfer schlicht
nicht mehr im Kosovo weilt. Von den mehr als 300.000 Serben, Roma und
Muslimen, die seit 1999 aus dem Kosovo fliehen mussten, sind nur 5800
wieder zurückgekehrt.

Der albanische Terror hat kaum rechtliche Konsequenzen. Amnesty
moniert, dass das Gros der Täter im Kosovo weiterhin straffrei ausgeht
und Opfer vergeblich auf Entschädigung warten. Die Straflosigkeit führe
dazu, dass viele Serben, Bosnier, Roma und andere Angehörige ethnischer
Minderheiten sich nicht frei bewegen können, so ai. Sie seien auf
teilweise ständigen persönlichen Schutz durch die KFOR-Truppen
angewiesen und hätten kaum oder keinen Zugang zu medizinischer
Versorgung und Schulbildung. Sie fänden keine
Arbeit. Schätzungen zufolge seien 90 Prozent der Serben und Roma im
Kosovo arbeitslos. "Mit Straflosigkeit für früheren und andauernden
Missbrauch werden Minderheiten im Kosovo die grundlegenden Rechte
vorenthalten, die heimisches Gesetz und die auf das Kosovo
anzuwendenden internationalen Standards garantieren", so Amnesty.
Außerdem werden die Täter ermutigt, mit ihrem Terror munter
fortzufahren.

Der internationalen Übergangsregierung und -verwaltung (UNMIK) stellt
Amnesty ein miserables Zeugnis aus. Statt wie vom UN-Sicherheit in
Resolution 1244 gefordert Menschenrechtsverletzungen ernsthaft zu
bekämpfen und Minderheiten effektiven Schutz zu geben und ihre sozialen
Grundrechte zu garantieren, herrsche im Kosovo heute Straflosigkeit.
UNMIK habe nur wenig getan, Verantwortliche zur Rechenschaft zu ziehen.
Vor allem aber hat die Steiner unterstehende UN-Verwaltung versagt, den
Vertriebenen eine Rückkehr in Sicherheit und Würde zu ermöglichen.

Vor diesem Hintergrund mutet es einigermaßen absurd an, dass der
ehemalige UCK-Chef Hashim Thaci weiter von den NATO-Mächten hofiert
wird. Am 11. Juni referierte der zum Parlamentarier mutierte albanische
Terrorpate a.D. im honorigen Royal Institute of International Affairs
in London über den "Wiederaufbau der Zivilgesellschaft nach einem
Konflikt: Lehren aus dem Experiment Kosovo".

Trotz eigener PKW-Kennzeichen und Ausweispapieren gehört die
südserbische Provinz formal zu Belgrad. Noch, doch die Salamitaktik
verfängt. Der Internationale Tischtennisverband ITTF nahm im Mai das
Kosovo bereits als eigenständigen nationalen Mitgliedsverband auf. Auf
dem EU-Gipfel in
Thessaloniki spielte man schon mit größeren Bällen. Das Kosovo wurde
dort offiziell von UN-Gouverneur Steiner sowie "lokalen Repräsentanten
vertreten - die kosovo-albanischen Sezessionspolitikern wurden für das
internationale Parkett vom deutschen Statthalter persönlich
handverlesen.